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> anno_i:[1940 TO 1970}
Totò ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Ho passato una serata con Totò , nel camerino di Totò , fra le quinte con Totò e , dopo lo spettacolo , a pranzo con Totò . L ' ho lasciato alle quattro del mattino davanti alla porta del suo albergo . Quando sono andato a casa e mi sono spogliato , ho pensato che in quello stesso momento anche Totò si spogliava , rimboccava il lenzuolo , sistemava il cuscino . Da questo pensiero sono nate , prima che prendessi sonno , alcune considerazioni che adesso metto sulla carta , in ricordo della serata passata con l ' attore comico più popolare d ' Italia e , certamente , fra i più singolari del mondo . L ' attore comico , quando il carattere delle sue occasioni lo ha portato a raggiungere lo stile e la fissità della grande maschera , non si appartiene più . Il pubblico continua a modo suo a svolgere mentalmente la vita del personaggio che l ' attore gli ha portato innanzi . Il sipario cala sull ' ultima passerella di Totò , e Totò non ritorna padrone di se stesso . La nostra immaginazione lo segue , come seguirebbe Charlie Chaplin o il grande clown , e lo fa vivere in modo e nelle situazioni che , con il normale repertorio di quella maschera , non hanno nessuna apparente attinenza . Quando il grande attore tragico si strucca e rientra nella penombra della sua vita privata , la nostra fantasia non lo segue . Ruggero Ruggeri depone i fascini di Aligi e l ' immagine di Aligi resta staccata dalla vita del suo interprete . Io non ho mai pensato , dopo una recita di Ruggeri o dopo una recita di Lucien Guitry , all ' andare a letto di Ruggeri o di Guitry come ad un pretesto per continuare , nella fantasia , la vita del personaggio che essi avevano creato innanzi al pubblico . Gandusio può avermi fatto ridere ma non mi fa ridere la possibilità di immaginarmi Gandusio in trattoria , dopo teatro , davanti a una cotoletta . Dopo un film di Charlot , continuerò a vedere Charlot in tram , a cena o mentre cerca le chiavi di casa o mentre preme il bottone dell ' ascensore . Ha creato una maschera identica alla sua figura umana ed egli , in quanto maschera , non è più padrone di se stesso . Lo stesso mi accade se penso a Totò nella sua camera d ' albergo , dopo che ha passato quasi otto ore davanti a me scrittore che cerco di scoprire i lineamenti del suo ritratto segreto . Totò non è più padrone di nulla , nemmeno di andare a dormire in santa pace . Se i suoi milleduecento spettatori di ogni sera pensano , dopo teatro , a lui che va a letto , tutti milleduecento si mettono a ridere . Totò dorme ? La gente ride . Totò si rivolta nel letto ? Totò perde una coperta ? Totò cerca le pantofole ? Totò non trova il bottone del campanello ? L ' immagine di Totò non appartiene più a Totò . Come il protagonista del racconto di Chamisso che ha perduto la sua ombra , l ' attore comico , costruendo di se stesso , per mostruose ispirazioni , una maschera , ha perduto la propria immagine , l ' ha ceduta a qualcuno che se ne è fatto padrone e che può muoverla a suo piacimento , tirannicamente . Totò può , per questo , guadagnare quanto vuole : sarà sempre povero , di quella strana povertà dell ' uomo che non appartiene più a se stesso . Credo che per questo , per una sia pure imprecisa coscienza di questo , Totò , appena esce dal rettangolo di luce della ribalta , sia l ' uomo più serio che ho avvicinato : il meno ciarliero , il più misurato nella parola e nel gesto . Totò , fra le quinte , non fa ridere nemmeno un momento . La conversazione con lui è piuttosto difficile perché , in genere , non si pensa mai troppo al carattere degli uomini e alla loro posizione davanti al proprio destino . Con un poco più di preventiva meditazione sul tema « Totò fra le quinte » , sarebbe stato facile immaginare che , appunto , per la violenza estrema dei colori della maschera Totò , tanto più tenui dovevano essere i colori dell ' uomo Totò . Non si pensa mai abbastanza alle cose : i nostri diplomi di « fine psicologo » meriterebbero spesso di esser fatti a pezzi . Com ' è possibile pensare che Totò uomo , appena tra le quinte , non debba istintivamente reagire al Totò maschera ? Totò non ha bisogno di continuare il suo personaggio , quando cala il sipario . Il suo personaggio continua a vivere nella memoria e nella fantasia . Egli torna immediatamente Totò uomo . A differenza anche di molti che non sono attori e che , per essere assunti nell ' arte e nella storia al ruolo di personaggi storici , continuano in ogni ora , solo che li si guardi , solo che pensino di essere osservati , a sforzarsi di assomigliare al loro personaggio o di disegnare un contrario di se stessi , mi pare che Totò non si curi nemmeno di costruire un antiTotò . Egli non è il contrario di se stesso : non è il « pagliaccio che pranza dopo aver fatto ridere » o la maschera che ammicca per far intendere che , sotto il cerone del trucco , c ' è l ' uomo . È una creatura molto differente che sembra non abbia , di Totò , mai sentito parlare e che per Totò abbia una estrema indifferenza . Il Totò della scena resta placidamente attaccato a un gancio dell ' attaccapanni . Padrone chiunque di immaginarlo per le vie del mondo con il suo stretto tubino , la sua lunga mascella , il suo riso sgangherato , il suo collo da disossato ballerino fantoccio . Nella vita , Totò è quasi impacciato , quando sorprende che il nostro sguardo insiste a cercare nel suo viso una maschera che non è più sua e che ormai appartiene alla favola del nostro tempo . Il camerino di Totò è , come il teatro , sottoterra , e vi si arriva per complicati labirinti . Quando si è là dentro , il palcoscenico sembra lontanissimo . Ho pensato spesso , mentre parlavo con Totò durante i momenti in cui si cambiava tra una scena e l ' altra , a certe mie esperienze di sommergibilista oceanico . Non solo l ' aria è quella , stanca e viziata , del piccolo quadrato di un sommergibile alla massima immersione : ma è quello , in un certo senso , anche il silenzio . Il pubblico bisogna ricordarselo , come ci si ricorda , a cento metri sott ' acqua , della superficie azzurra e ondosa del mare . Non si sente la sua voce . Si cerca istintivamente il periscopio . Questo accade perché qui non arriva nulla , nemmeno il risucchio della grande ondata spettacolare della rivista che svolge intanto , nel golfo di luce del palcoscenico , le sue grandi manovre di colori , di luci , di piume , di danze , di vive morbide statue di donne . La rivista non arriva al camerino di Totò che come l ' eco , se potesse giungerci , di un pianeta lontano . Lo spettacolo , per chi se ne sta seduto nel camerino , è come avvenisse sulla luna . Su una parete è attaccato un piccolo altoparlante . Basta toccare un bottone e l ' altoparlante si mette a parlare e a cantare : parole e suoni un po ' confusi , quasi da segnalazioni medianiche . Anche nelle navi da guerra in navigazione e in battaglia , imperiosi altoparlanti ripetono , nei vari ponti , alle macchine , alle stive , ai depositi di munizioni e alle torri dei cannoni le voci del comando , i rumori della battaglia . Totò mentre si trucca per la nuova scena , segue , ogni tanto , alla voce roca e lievemente sinistra , fredda e incorporea dell ' altoparlante , la manovra e la battaglia . La presenza di quelle voci è come la presenza del destino , è come il monito al personaggio per dirgli : « Ricordati che sei Totò » . Nessuno può entrare . Il retroscena di una rivista è uno dei luoghi più segreti del mondo . Una soubrettina o una ballerinetta possono sfilare sulla passerella con venti centimetri quadrati di stagnola per tutto vestito , sotto la luce implacabile dei proiettori , ma nell ' ombra delle quinte la bellezza e la nudità sono elementi di lavoro , accanto ai quali non ci si può fermare come fa il nottambulo che passa un quarto d ' ora a guardare gli operai che riparano le rotaie del tram . Il camerino di Totò , con il lungo corridoio buio che lo precede , mi fa anche per questo pensare alle navi da guerra dove non ci sono donne . Una serata dietro le quinte con Totò è una serata fra uomini : uno dei quali si spoglia e si riveste ogni momento davanti alla propria immagine riflessa in due specchi . L ' immagine è quieta , quasi assorta , fondamentalmente malinconica , al limite del doloroso . Non si ride , non v ' è motivo od occasione di ridere . Sembra che Totò non abbia quasi ricordi o che non voglia averne , stanco dell ' infinita proiezione di se stesso nella lunga prospettiva del tempo , dall ' infanzia ad oggi . L ' altoparlante porta musiche più o meno indiavolate . Totò è sfigurato dal trucco , si incolla sulla fronte un ridicolo parrucchino , indossa una goffa camiciola . Parla di quand ' era bambino a Napoli e aveva delle crisi mistiche e riempiva la casa di altarini . Poi voleva fare l ' ufficiale di marina . Solo a venti anni vide , per la prima volta , un attore e da allora scoprì la sua vocazione . Se , in strada , incontrava quel vecchio attore , lo seguiva timido e lo sopravanzava varie volte per guardarlo in faccia . Parla della commedia dell ' arte e di Pulcinella . E veramente Totò è il Pulcinella moderno , senza maschera , con la faccia lavata , complicato con tutto il grottesco e forse anche con tutte le malinconie geometriche del nostro tempo . Quando l ' altoparlante lo avverte che è l ' ora di salire in palcoscenico , nel praticabile che , visto dalla platea , rappresenta un interno di vagone - letto , interrompe il racconto e va verso il suo lavoro per il corridoio buio , verso il palcoscenico buio . Adesso dal piano del palcoscenico , lo vedo in luce , nella scatola del vagone - letto , dalla vita in su , come da una ribalta di teatro di burattini . Dalla parte dove sono io , il silenzio è alto come è fitta l ' ombra rotta qua e là dagli spiragli di luce dei camerini . La maschera è là , come nei tempi antichi , come alla piccola ribalta delle piazze napoletane , inquadrata nell ' immaginario finestrone del treno . Tira invisibili fili e un ' invisibile umanità ride , di là dalla ribalta , come per un comando sovrumano , in una misura infallibile . Alla comicità di Totò si possono trovare molte origini , come sempre si fa quando si parla di un attore comico o , meglio , del creatore di una maschera , sia esso Charlot , Max Linder , Prince , Ridolini , Buster Keaton . Pochi argomenti come quello del creatore di maschere moderne per il teatro , per il cinema o per il circo ( pensate al clown Giacomino , amato parimenti da Kuprin , da Andreew e da Gorkij ; pensate ai Fratellini e a Grock ) si sono prestati a saggi lunghi e seri . Petrolini è stato commentato filosoficamente da Bontempelli . Su Charlot esiste una biblioteca e sui Fratellini un mezzo scaffale di libri . Quella di Totò è all ' inizio una comicità da invertebrato ; la sua prima immagine è un metro snodato , di quelli gialli da falegname . Partendo da qui , la sua comicità , ubbidiente ad una macabra geometria , si è sviluppata e complicata anche con certi ghigni sinistri che sembrano rubati a una pittura di Ensor o a certe diaboliche incisioni di Goya . Il tubino e la redingote sono quelli di Charlot , certe intonazioni sono ancora di Ettore Petrolini , il naso e il mento sono quelli di Pulcinella . Da questo incrocio è nato Totò . Totò il buono come lo ha chiamato Zavattini : un po ' uomo , un po ' angelo , un po ' marionetta e un po ' clown , come del resto ai suoi tempi è stato Charlie Chaplin . Un comico che fa ridere con le ossa , muovendo gli angoli più imprevisti dello scheletro . Si muove , nei momenti di parossismo , come si muovono sulla lavagna i quadrati costruiti sui lati del triangolo del teorema di Pitagora . Data la sua origine napoletana , non è forse ingiusto ricordare la geometria di certi gesti dei mimi greci , tramandati nella pittura dei vasi ellenici . A questa violentissima capacità di pantomima si accompagna , per contrasto , l ' alta mestizia degli occhi più disillusi del mondo . La bocca sorride e si illude , bonaria ; gli occhi non credono alla favola gaia entro la quale vivono ; il corpo balla e si scompone come nel grottesco di una danza macabra . Un personaggio che sarebbe piaciuto ai Goncourt , per il suo verismo e , per la sua fantasia , a Théophile Gautier . Nelle cronache del teatro francese del Secondo Impero , c ' è la storia di qualche comico spettrale che piacque anche a Victor Hugo . Non è , del resto , Zavattini profeta letterario di Totò , il romantico degli angeli e dei poveri ? Anche se , nella prospettiva teatrale , la mimica facciale più sottile deve diventare smorfia violenta e l ' attore deve moltiplicare le dosi della virtù comica per ottenere « l ' onda lunga » che lo metta in contatto con lo spettatore lontano , il suo migliore segreto Totò lo ha nelle sfumature : un millimetrico flettersi delle sopracciglia , un velarsi improvviso dell ' occhio , un intimo ammiccare forse furbesco e forse di mestizia . Alla una e mezzo di notte , un uomo di media statura esce dal teatro . Ha in testa un cappello color noisette , un paltò dello stesso colore , una camicia di seta con le due punte del colletto fermate da una spilla . La strada è quasi deserta . Nessuno si ferma e nessuno ci guarda . « Non ho avuto » , dice , « una carriera difficile , non ho vissuto molto , non ho avuto nemici . Ho avuto una vita come tutti gli altri . Sono come tutti gli altri . » In trattoria , mangia un piatto di prosciutto e un piatto di spaghetti . Il fotografo , naturalmente , vuole riprenderlo con la forchetta in mano . Totò non è padrone , l ' ho visto , della sua immagine . Quando , chiamandolo per nome , l ' ho salutato sulla porta dell ' albergo , l ' autista del tassì notturno si è affacciato al suo sportello , per vederlo . Probabilmente avrà pensato che io avessi scherzato .
Il nostro lavoro nella scuola ( Bianchi Bandinelli Ranuccio , 1951 )
StampaPeriodica ,
Come in tutti i congressi , anche nel VII Congresso del P.C.I. testé tenutosi a Roma , nonostante la ottima organizzazione , sono rimasti in fondo al sacco alcuni interventi , che i limiti di tempo e le esigenze generali non hanno consentito di tenere . Tra questi anche un intervento sulla scuola , che sarebbe stato opportuno per porre in evidenza , dinanzi ai quadri del partito , soprattutto a quelli delle province , il problema del lavoro politico che noi possiamo e dobbiamo fare nella scuola , per il bene della scuola stessa e per realizzare , anche in questo settore , quell ' azione di ampia presa di contatto e di accordo , indicata al Congresso , nella sua relazione fondamentale , da Togliatti . Anche il lavoro nella scuola , come tutto il nostro lavoro nel campo culturale , si presenta sotto tre aspetti : 1 ) maggior diffusione della cultura in sé ; 2 ) maggior diffusione della nostra ideologia , miglioramento della preparazione ideologica nei quadri intellettuali del partito e approfondimento del marxismo - leninismo ; 3 ) azione di alleanza con strati intellettuali non politicizzati o appartenenti ad altri partiti politici . Il nostro compito , in questi tre suoi aspetti , si trova posto innanzi a noi in ogni ordine e grado di scuole : dalle elementari , alle medie ( tecniche , classiche , artistiche ) , all ' Università . Naturalmente , il modo nel quale si svolgerà la nostra azione sarà diverso a seconda del tipo di scuola ; ma , più che entrare in dettaglio , ritengo che possa essere utile accennare i motivi principali che giustificano il nostro interessamento . Da un punto di vista immediato , non vi è dubbio che la Scuola elementare assume un posto importantissimo per il vasto raggio di azione e per la sua capillarità . Ben lo ha riconosciuto l ' avversario , che si è inserito immediatamente con un ' azione vastissima nell ' organismo della Scuola elementare . Ma , per le mie personali esperienze , preferisco prendere le mosse dall ' Università , e con particolare riguardo alle possibilità che si presentano di creare un largo fronte democratico della cultura . Proprio questo , del resto , era stato il compito indicato da Togliatti , già nel VI Congresso , come obiettivo generale dell ' attività culturale del partito . Ma occorre , questo obiettivo , affermarlo di nuovo oggi e inserirlo nel quadro dei nostri compiti di oggi , cioè nella lotta per la pace , per la libertà e per il lavoro , nella lotta per l ' applicazione integrale della Costituzione , rendendoci al tempo stesso conto delle deficienze non lievi che ci sono state da parte nostra in questo campo . Più che errore c ' è stata scarsità di impegno da parte nostra , non giustificata sufficientemente dalle particolari difficoltà di questo lavoro . Se noi rileggiamo oggi la risoluzione del Convegno dei professori universitari comunisti del marzo 1949 , che indicava certe deficienze e certi obiettivi , noi ci accorgiamo che potremmo ripeterla quasi tale e quale : e questo non è certo un buon segno , a distanza di due anni . Soprattutto , dovremmo , mi pare , ripetere l ' esigenza di periodiche riunioni degli insegnanti iscritti al partito , esigenza che fu avanzata allora , ma che poi non ha avuto seguito . In conseguenza , dovremmo anche ripetere ciò che fu lamentato già allora , cioè che il lavoro nel campo della scuola rimane praticamente abbandonato a iniziative individuali . E questo è un male : perché oserei dire che gli intellettuali hanno particolarmente bisogno di avere delle linee direttrici alla loro azione , dato che , per la loro formazione mentale , essi hanno abitudine di derivare la propria azione da concetti , assai più che da impulsi pratici . Linee direttrici , aggiungo subito a scanso di equivoci , che possono scaturire solo da uno scambio frequente di discussioni tra istanze puramente o prevalentemente politiche e istanze puramente o prevalentemente culturali . Solo con queste discussioni frequenti noi arriveremo a far sì che in tutti i nostri compagni intellettuali , che lavorano nella scuola , l ' istanza politica e quella culturale giungano a combaciare , giungano a identificarsi . Perché solo con tale identificazione completa , il lavoro dei nostri compagni intellettuali potrà veramente arrivare ad essere un contributo importante alla creazione di una cultura nuova e cioè di una società nuova anche nel nostro Paese , e quindi anche di nuove condizioni politiche generali . E se qualche compagno intellettuale trova faticoso esplicare un lavoro culturale e al tempo stesso un lavoro politico , vuol dire che non ha ancora saputo raggiungere quella identificazione e che l ' uno o l ' altra delle due attività gli rimane in certo modo estranea . Ma forse sarà opportuno dare qualche precisazione , perché ritengo che non tutti i lettori abbiano una idea di quello che sia oggi lo stato della Scuola italiana , di ogni grado . È uno stato che non esito a definire disastroso . Vi si sommano , oggi , tutti gli effetti e le condizioni negative dei diversi aspetti assunti dalla crisi in cui si dibatte la civiltà borghese . Abbiamo infatti le conseguenze : primo della inadeguatezza economica , che grava su tutto l ' apparato scolastico e che va dalla insufficienza degli stipendi degli insegnanti alla insufficienza dell ' attrezzatura edilizia , didattica , scientifica ; secondo , conseguenza della corruzione morale largamente operata dal fascismo nell ' ambiente scolastico e trionfalmente ripresa dal governo clericale ; terzo , conseguenze del dissolvimento della classe borghese , alla quale appartiene , almeno per origine , la totalità degli insegnanti superiori e la quasi totalità degli studenti . Queste tre conseguenze e condizioni si sommano e si esplicano in vario modo . Non è certo il caso di prospettare qui i difetti dell ' attuale ordinamento scolastico e di quello promesso da una ormai famigerata « riforma » , né i possibili rimedi . Ma non posso non sottolineare il fatto che l ' Università italiana oggi assume spesso l ' aspetto , non di un centro di lavoro intellettuale e scientifico , ma quello di una agenzia , alla quale si pagano determinate quote sotto forma di tasse scolastiche , e presso la quale ci si reca in determinati periodi ( o , possibilmente , quando più faccia comodo ) per ottenere , attraverso una formalità che si chiama esame , un foglio di carta che si chiama diploma di laurea e che ipoteticamente potrebbe anche servire a trovare un qualsiasi impieguccio , dove non morire di fame . Il guaio è che poi , spesso , questo impieguccio è proprio quello di trasmettere ad altre generazioni di giovani una cultura non appresa , non intesa , e che spesso non è né da apprendersi né da intendersi , perché è ridotta a sua volta ormai a una cosa puramente formale , a una facciata dietro alla quale non c ' è più nulla . Ora , in questo vuoto , noi possiamo e dobbiamo inserire la nostra cultura . Qualcuno certamente potrà insorgere conclamando che la nostra Università ha non soltanto glorie passate , ma anche presenti , e citando casi di docenti che fanno sul serio il proprio dovere . D ' accordo . Ma ciò non toglie che l ' atmosfera generale delle Università , e particolarmente delle maggiori , sia sul tono che ho delineato . Per rendersene conto , basterebbe interrogare i migliori studenti . Ma anche molti insegnanti sono d ' accordo a costatare il decadimento dei nostri istituti di insegnamento superiore . In genere , però , le diagnosi che essi fanno di questi mali sono sbagliate , i rimedi che essi propongono sono inefficaci . Uno dei fenomeni più lamentati , per esempio , è quello del numero , che si conclama eccessivo , degli studenti , anche se ogni anno è rilevante il numero di coloro che debbono abbandonare gli studi iniziati perché non possono economicamente sostenerli più oltre . Ma il fenomeno della accresciuta affluenza all ' Università non può essere considerato in sé un male , se non da coloro che sarebbero d ' accordo con quel vecchio agrario di mia conoscenza che diceva che tutto il male era venuto dall ' aver insegnato ai contadini a leggere , scrivere e far di conto . Se poi si guardano recenti statistiche , si vede che la percentuale di studenti universitari in rapporto alla popolazione , che è di 21 in Italia , è di 21 anche in Svizzera , di 19 in Olanda e di ben 30 in Francia . L ' aumento proporzionale di studenti è stato , sì , assai più forte in Italia che in altri paesi dell ' Europa occidentale ( facendo il 1930-31 = 100 , si ha 363 in Italia rispetto a 164 in Francia , per il 1949 ) ; ciò significa che prima il livello era eccessivamente basso . E noi non potremo mai persuaderci , che l ' accresciuto desiderio di elevazione delle masse italiane sia da considerarsi un male contro il quale si debbano escogitare rimedi e provvedimenti . Provvedimenti occorrono per venire incontro a questo desiderio , e perché la scuola vi si adegui e vi corrisponda la struttura generale della società italiana . ( Nell ' Unione Sovietica , prima della rivoluzione vi erano 91 scuole superiori ; oggi ve ne sono 864 , e gli studenti da 112.000 sono passati a oltre 1.200.000 , secondo un rapporto del prof. Nesmeianov ) . Le condizioni di disagio della scuola , da tutti avvertite , costituiscono un campo sul quale noi possiamo innestare una vasta azione di alleanza , ponendoci coi nostri insegnanti alla testa di un movimento per il rinnovamento della scuola . Ma perché l ' azione dell ' insegnante comunista possa essere valida , occorre che egli abbia acquistata la fiducia personale degli altri insegnanti e degli studenti . Perciò la prima esigenza dell ' azione di un insegnante commista è quella di essere un buon docente , di essere , anzi , il migliore dei docenti di quella scuola : il migliore per preparazione tecnica , per impegno , per assiduità e puntualità nell ' insegnamento . Questo sarà un suo preciso obbligo politico , oltre che morale , perché solo così avrà efficacia il suo insegnamento o ogni altra sua azione . Non è vero che gli studenti cercano il professore di manica più larga : gli studenti cercano il professore di manica più larga quando si trovano dinanzi a una serie di insegnanti dai quali sentono di non poter imparare nulla di sostanziale , nulla di più di quanto sia scritto nel libro di testo o nei manuali . Ma quando un docente ponga esigenze vive , sappia far aderire il proprio insegnamento , per astratta o tecnica che sia la materia che svolge , a problemi concreti , e quando si affermi con la propria personalità e umanità , i giovani accorrono pronti a cimentarsi con ogni difficoltà , e proprio i giovani migliori , qualunque possa essere la loro iniziale pregiudiziale politica contro il professore comunista . In gran parte , l ' atteggiamento fascista di molti studenti universitari deriva dallo stato di scetticismo e di sfiducia provocato in essi dalla insufficienza della scuola che né muove idee né assicura il pane . Bisogna tener presente questa necessità di un serio impegno professionale e il valore politico del semplice fatto che un compagno esplichi in pieno la sua attività di docente . Così , quando un docente partecipa a un congresso scientifico e interviene con la sua personalità di studioso , ma anche di comunista , tra gli altri studiosi , anche so parla di cose lontane dalla politica , egli compie una azione di smantellamento dell ' anticomunismo , egli compie quindi quell ' azione politica fuori dal nostro partito , alla cui necessità hanno fatto richiamo i più autorevoli degli interventi al VII Congresso . Bisogna tener conto di questo . L ' azione avversaria infatti tenta soprattutto , oggi , l ' isolamento dei comunisti , sia con le dirette persecuzioni , sia con le minacce a chi si mostri propenso a un dialogo con noi . Oggi la parola d ' ordine lanciata dai centri Oggi , anche intellettuali antigovernativi , sulla cui buona fede non voglio dubitare ( preferisco in questo caso dubitare della loro capacità di comprendere ciò che sta avvenendo nel mondo ) , si propongono come compito principale e più urgente di svolgere , come essi scrivono , « un ' opera di recupero » degli intellettuali iscritti al Partito comunista . Perciò oggi l ' azione contraria , di contatto , di alleanza , che i nostri intellettuali , particolarmente nella scuola , possono e debbono fare , ha un valore politico che mi sembra di primo piano , perché spezza il tentativo di accerchiamento proprio diffusi da una agenzia jugoslava . Non so se sia stata rilevata , a questo proposito , la coincidenza immediata di una serie di articoli , apparsi un po ' dovunque , e volti a dimostrare questa impossibilità di colloquio , dopo che questa era stata proclamata sopra un bollettino , che evidentemente seguendo il motto dell ' UNESCO che « le guerre si preparano nelle menti degli uomini » , compie larga azione velenosa e settaria propaganda tra gli intellettuali , sotto la maschera della cultura liberale . Questo bollettino si intitola Notiziario culturale , e viene largamente distribuito da un sedicente Centro italiano di studi e informazioni (C.I.S.I., Roma , via Condotti , 61 ) , che tre anni fa si chiamava più onestamente Comitato di divulgazione del piano Marshall : da notarsi che , per singolare coincidenza , esso è pubblicato nello stesso stabilimento tipografico che stampa i foglietti di propaganda dove è più accanito , proprio nell ' ambiente nel quale viene coltivato più diligentemente il verbo dell ' anticomunismo . Il quale anticomunismo , di fronte all ' evidenza dei successi economici e costruttivi dell ' Unione Sovietica e , relativamente , dei Paesi di democrazia popolare , si riduce sempre più a motivi fraudolentemente morali e a motivi culturali . ( Con ciò i nostri intellettuali non fraintendano , e non ritengano di essere elementi decisivi nella lotta che combattiamo ; elemento decisivo sono e saranno le forze del lavoro ; ma l ' azione nel campo intellettuale può spianare non poche difficoltà alla loro avanzata ) . Per tutto quanto abbiamo accennato , la scuola è stata , non a caso , uno dei campi di maggior sforzo della reazione . Trasferimenti di presidi , imposizioni di libri di testo nelle scuole medie ; riviste e ancora intimidazioni per i maestri elementari ; commissioni ammaestrate nei concorsi universitari ; inserimento d ' autorità di uomini di fiducia in posti direttivi , ecc . : tutto questo è all ' ordine del giorno . Tra le forme più tipiche di intimidazione va segnalata quella costituita dal fatto che quasi il 50% degli insegnanti medi vengono mantenuti nella condizione di supplenti o incaricati , sempre soggetti pertanto a perdere il posto , appena mostrino di non lasciarsi imbrigliare o inquadrare nelle organizzazioni confessionali dotate sempre di larghi mezzi . Oltre a tutto , poi , questo tenere gli insegnanti fuori ruolo , rappresenta un supersfruttamento , del tutto paragonabile al sistema di far eseguire agli operai industriali un maggior numero di ore straordinarie . Occorre popolarizzare le condizioni reali nelle quali si trova la scuola italiana .. Non dimentichiamo , infatti , che il ministro Gonella conquistò il ministero della Pubblica Istruzione con un anno e mezzo di anticipo sul 18 aprile , e che perciò il campo della scuola è stato esposto prima degli altri alla influenza della demagogia democristiana . In nessun campo dell ' impiego statale l ' azione di intimidazione da un lato , di penetrazione clericale e americana dall ' altro è stato condotto con altrettanta sistematicità , in nessun altro la rivalutazione degli elementi fascisti fu precoce . Questo stato di cose non è abbastanza noto , anche se è stato sovente denunciato in Parlamento , da noi e da altri , provocando sempre delle risposte vergognose e veramente degradanti per chi le ha escogitate . Val tuttavia la pena di rilevare che , malgrado questa azione di intimidazione , di pressione e di scardinamento della nostra scuola , esiste ancora , nella scuola italiana , uno spirito di indipendenza e una viva Insofferenza verso la penetrazione clericale , perché secolari esperienze hanno valso a screditarla , moralmente e culturalmente . In questo terreno di insofferenza è possibile una vasta intesa tra persone di diverso orientamento , ma ugualmente preoccupate di salvare la scuola , la cultura e l ' orientamento delle giovani generazioni . Tale azione d ' intesa , oltre a giovare alla scuola , potrebbe anche servire a far comprendere , anche agli insegnanti chiusi nel più idiota anticomunismo , che in questo , come su ogni altro campo , la nostra azione è a vantaggio di tutti , e non solo nostro e che noi ci battiamo veramente per tutti i cittadini Italiani che sperano di poter giungere a costruire una nazione italiana degna delle proprie qualità e liberata dai suoi tradizionali malanni sociali . Ma per poter promuovere questa azione di intesa , occorre che prima di tutto noi alerai abbiamo la consapevolezza che occorre fare del problema della scuola un problema politico di partito . Occorre una azione coerente e continua nel campo della cultura , che rechi ben chiara ed esplicita la nostra fisionomia , e che sappia avviare un rinnovamento della cultura italiana . Noi siamo l ' unico partito che possa avviare questo rinnovamento ; e questo dobbiamo farlo capire a tutte le forze sane della cultura Italiana , impegnando al lavoro produttivo i nostri intellettuali . Lavoro volto a una difesa da un lato , contro l ' incoltura e l ' oscurantismo clericale e fascista ; a uno smontaggio , dall ' altro , pezzo per pezzo , delle dottrine idealistiche , che sono tuttora quelle che danno l ' impronta alla nostra cultura universitaria . Il nostro partito ha saputo far comprendere , per esempio , alle masse contadine , che esso è il solo che possa risolvere i problemi dell ' agricoltura italiana ; e perciò le masse contadine lo seguono . Dobbiamo arrivare a far comprendere ugualmente a tutti coloro che sono interessali al buon funzionamento della scuola , insegnanti , studenti e famiglie , che noi siamo i soli che possano risolvere il problema della scuola italiana , la cui gravità è generalmente avvertita . Anche nella scuola , la nostra azione deve e può in pieno essere svolta a tutela della libertà , del lavoro , della pace . Sempre i governi della borghesia italiana hanno , in passato , trovato nella scuola , tra studenti e tra insegnanti , gli inneggiatori alla guerra , in nome di un incosciente e retorico patriottismo . Triste destino della scuola , avvilita ad una interpretazione della storia italiana che è stata , sin qui , in netto contrasto con i veri interessi del popolo italiano . Noi dobbiamo agire , perché dalla scuola sorgano non più gli inneggiatori alla guerra , ma i sostenitori della pace . Particolarmente ai compagni che lavorano nella scuola è affidato il compito di dimostrare a tutti che il Partito comunista , proprio perché è il partito dei lavoratori , il partito della classe operaia , il partito che vuole l ' emancipazione e l ' elevazione del popolo italiano , è anche il grande partito della cultura .
StampaPeriodica ,
Elena , tu sei una testolina un po ' troppo romantica ; oggi non è più tempo di codeste tue fantasie avventurose . I cavalieri prodi nelle loro custodie di acciaio arabescato , armati di lancia spada ed azza , lo scudo sul braccio , la celata in testa , non li trovi più che nei vecchi romanzi . Oggi siamo tutti molto più pratici , e le belle immaginazioni che piacciono a te le lasciamo a ... La fanciulla scrollò la bella testa bionda con un deciso gesto negativo . È inutile ripetermi sempre le stesse cose , che ormai so a memoria . Pretendete di cambiarmi come se fossi ancora una bambina ? ... Ho vent ' anni , ho le mie idee ... e ... sì , sì , ditelo pure , i miei capricci . Mi piacciono gli uomini cavallereschi e mi piace il brivido che dà il pericolo , mi piacciono le emozioni che procurano le avventure inattese , improvvise e piene di rischi . Ne ho colpa io se son fatta così ?...Sei fatta male ... O bene o male , son quella che sono e mi sembra che ciò potrebbe bastare ... L ' arrivo di Massimo , il fidanzato , interruppe il colloquio fra la giovane donna e suo zio Raimondo , un uomo di gran buon senso , che voleva un bene dell ' anima a quella sua nipote bella gentile ricca , ma guastata dalle fisime romantiche . Trentenne , simpaticissimo ed elegante , Massimo , ingegnere nella miniera del Gringo Perduto , si era invaghito di Elena , fin dal primo giorno in cui l ' aveva conosciuta in casa del signor Raimondo , dove ella era ospite . Lo zio aveva molta stima del giovanotto , che sapeva serio , intelligente , ricco anch ' egli , e di grande avvenire , e lo aveva aiutato con i suoi consigli a far breccia nel cuore della fanciulla : Inventate qualche vostra impresa audace , mostratevi una specie di cavaliere errante sopravvissuto al tempo scomparso . Ingannarla così ? ... No , mai ... Allora vuol dire che non le volete bene abbastanza . Conosco mia nipote : non c ' è altra via per conquistarla . E allora , per paura di perderla , Massimo aveva fatto forza a se stesso e lavorando un po ' d ' inventiva si era messo indosso la pelle del leone , pur senza oltrepassare i limiti . Ed Elena era cascata nell ' innocuo tranello , con gran gioia dello zio che era sicuro di fare la sua felicità . Venne il momento in cui Elena dovette ritornare a casa , in una città lontana una sessantina di chilometri . Per andarvi non esistevano comunicazioni ferroviarie , e l ' automobile cominciava appena ad apparire in quella regione ancora semiselvaggia . Il signor Raimondo si serviva per tali viaggi di una carrozza . Per il ritorno in famiglia Elena attese un giorno che lo zio non poteva assolutamente accompagnarla ma poiché non era prudente viaggiare sola , con un cocchiere , senza avere accanto una persona fidata e pronta a difenderla in caso di necessità , ella stessa suggerì : Potrebbe venire con me Massimo ; la mamma lo rivedrà volentieri . Ottima idea . L ' ingegnere ne fu felicissimo . E i due partirono . Il tempo era ottimo , e la strada si snodava piana e facile , ora attraverso immense savane , ora incassata fra montagne dense di selve profonde , vero nido di banditi . Ed ecco in una di queste strette un gruppo di uomini balzare improvvisamente addosso ai due viaggiatori e al cocchiere , con rapida violenza . Massimo tenta di fare scudo col suo corpo alla fidanzata , ma viene abbattuto con un colpo di calciolo sulla testa , prima che possa estrarre la rivoltella , mentre il cocchiere salta giù di sella e si dà alla fuga , nascondendosi dietro una folta siepe vicina . Elena , afferrata dal capo della banda , e tratta fuori , viene depositata a terra senza che le sia torto un capello . Bravo capo , ella dice , avete fatto le cose a dovere , proprio secondo il mio desiderio ... e vi siete meritato il compenso pattuito . L ' agguato non poteva essere disposto meglio . Ora so che pensare del signor Massimo , ingegnere delle miniere e falso eroe ... Ecco in quale modo ha saputo difendermi fingendosi per lo meno morto ! ... Orsù , lasciatemi ritornare in carrozza e richiamate il mio cocchiere . Il capo - banda ha un riso sardonico . Signorina , risponde io non comprendo che cosa vogliate significare con le vostre parole . Non dite troppo male del vostro cavaliere perché , se non è spacciato certo vi manca poco , col tremendo colpo buscatosi sulla testa ... Quanto a voi , avrete la cortesia di seguirci , senza protestare , nel più assoluto silenzio , a scanso di maggiori guai . Ma voi scherzate ... Io vi ho assoldati per fingere questo assalto ... Siete voi che volete scherzare ancora , signorina . Noi siamo dei bravi banditi che facciamo il nostro ... chiamiamolo pure mestiere , e acciuffiamo le buone occasioni quando capitano . Mi sono spiegato ? ... Orsù in marcia . E ad onta delle sue proteste e delle sue smanie , dei suoi tentativi di resistenza , Elena deve lasciarsi tirar sopra la sella dal capo , e portar via , così , romanticamente , ma anche brutalmente , come ella aveva tante volte sognato . Quando Massimo riprese i sensi si trovò accanto il cocchiere che , appena visti allontanarsi i banditi , era ritornato alla carrozza . Egli aveva udito tutto , e riferì all ' ingegnere quanto era successo . Oh , povera Elena mia ... esclamò egli , stringendo fra le mani la fronte indolenzita . È perduta , è perduta ... Ma ad un tratto ebbe un lampo nella mente . Se ella avesse predisposto un agguato da burla , per mettermi alla prova , la gente assoldata non deve essere lontana di qua , e noi possiamo raggiungerla e indurla , con promesse di larghi compensi , ad aiutarci a rintracciare gli assalitori , e a liberare la prigioniera . Su , in carrozza , e sferza il cavallo . Ripartirono . Alcune centinaia di metri più oltre , appostati dietro un folto di piante , essi vennero fermati dai complici assoldati che speravano di trovare . Poche parole bastarono per metterli al corrente dell ' accaduto . Eran tutti uomini di fegato , armati , a cavallo . Si mostrarono felici di dar la caccia ai banditi autentici che avevano fatto mancar loro un buono e onesto affare . Massimo si fece cedere il cavallo e le armi da uno di essi e , postosi alla testa degli altri , partì di galoppo alla ricerca dei rapitori , che un ' ora dopo venivano scoperti e affrontati . Lo scontro , breve sanguinoso violento , terminava con la fuga dei banditi superstiti , e Massimo si stringeva fra le braccia Elena sana e salva . E quel che pure conta , guarita dal mio stupido romanticismo , ma felice di diventare la moglie ... di un eroe che m ' ha salvata !
Trilussa ( Vergani Orio , 1950 )
StampaQuotidiana ,
Non mi sembra che il ricordo di Trilussa possa dividersi da quello della sua casa romana , dove mi pare ch ' egli abbia abitato sempre . La casa fu costruita , molti anni fa , da un certo Corrodi , che la destinò tutta a studi di artisti . I lavori del Lungotevere , che erano stati tanto a cuore di Garibaldi , erano finiti da poco tempo ; a quel tratto del Lungotevere - da cui già si scopriva , non ancora nascosto dalle nuove costruzioni del quartiere di Prati , là , in fondo a via Cola di Rienzo , il profilo delle mura del Vaticano - era stato dato il nome antipapalino di Arnaldo da Brescia e , come un monito ai pellegrini che si fossero accinti a varcare il nuovo ponte , era stata collocata fra quattro platani la statua di Ciceruacchio , raffigurato dallo Ximenes nell ' atto con cui il fiero popolano si denuda Il petto per offrirlo alle scariche del plotone di esecuzione . Cola di Rienzo , Arnaldo da Brescia , Ciceruacchio : a Roma , almeno come toponomastica , si respirava ancora un ' aria molto « Venti Settembre » . Il villino del Corrodi era , ed è ancora , un edificio di stile architettonico incerto , che avrebbe potuto essere ispirato dalla scuola romana fra il '70 e il '90 , quella del Kock o dei vecchi Piacentini e Bazzani : un edificio , in ogni modo , di una certa dignità , e non destinato certamente ad ospitare dei « morti de farne » com ' erano , in quegli anni , gli ospiti degli studi di via Margutta . Il pianterreno era diviso in quattro grandi spazi , adatti particolarmente a scultori . Altri quattro erano al secondo piano . Non so con precisione in quale anno Trilussa , in cambio di un mese d ' affitto anticipato - il pagamento semestrale era , a quei tempi , possibile solo nella grassa Milano : a Roma si era di respiro molto più corto - sia entrato in possesso delle chiavi di uno degli otto studi Corrodi . Ma certamente fu parecchi anni prima della guerra di Tripoli . Trilussa era giovane , scapolo , e poeta : era giusto che si cercasse quello che allora si chiamava un « eremo » in una località piuttosto fuori mano . Aveva - ne ho ritrovata l ' immagine in una rivista del gennaio del 1900 - baffi neri e folti , che solo più tardi moderò secondo la moda « americana » : baffi fine Ottocento dei quali si parla tanto nelle novelle di Maupassant , che davano un brivido delizioso quando sfioravano , in un bacio , il collo di una bella dama . La statura sua era altissima : i giornali del primo Novecento , quando andava in giro per l ' Italia a leggere i suoi versi , parlavano delle sue gambe « smisurate » . Credo che più che le muse , molte belle donne abbiano , e per molti anni , bussato alla porticina del suo studio : e questo mi spiega perché buona parte delle sue poesie , se non proprio tutte , Trilussa mi ha detto di averle scritte , invece che in casa , per strada , durante certe passeggiate . E questo mi spiega perché , quando i capelli di Trilussa cominciarono a diventare grigi , egli avesse fatto intagliare , nelle imposte delle finestre terrene , certi spioncini da cui poteva , avvicinandosi in pantofole , vedere se gli conveniva , o no , aprire la porta . Quando gli italiani cominciano a sognare l ' unità del proprio Paese e ad agitarsi per essa , subito nella nostra letteratura , da una parte , si schierano í poeti che chiameremo « in lingua » e , dall ' altra , i « dialettali » . Queste sono forse le contraddizioni indicatrici del temperamento italiano . Si fa deserta , nel suo parco al Gianicolo , l ' accademia arcadica del Bosco Parrasio tanto cara ai prelati di Pio IX , e da Trastevere vengono al mondo il Belli e Pascarella e Trilussa . Un poeta della Maremma e un poeta d ' Abruzzo cantano la gloria della Dea Roma : i romani rispondono con i sonetti e con le favole di Trilussa , nelle quali di Roma con la maiuscola si parla poco e quasi niente , e , invece che girare per i Fori e per la Via Sacra , si va per vicoli e cortili e osterie a conoscere , da vicino , il popolino . Trilussa aveva tredici anni quando il nipote del poeta e Luigi Morandi , fra il 1886 e il 1889 , mandarono fuori i sei volumi dei sonetti di Gioachino Belli sino allora malamente noti o addirittura stampati alla macchia . Le date contano anche nella vita dei poeti , soprattutto quando sono ragazzi come lo era allora Trilussa . Dell'82 sono Er morto de campagna e la Serenata di Pascarella , dell'85 Villa Glori , e del '93 La scoperta de l ' America . Sono degli stessi anni le rime migliori di Gigi Zanazzo che fonda il Rugantino per accogliere e diffondere le creazioni della poesia vernacola romanesca . Trastevere , Piazza Navona , la festa di San Giovanni con i lampioncini e le lumache fritte , diventano temi di poesia in quella stagione . Se si guarda al di là delle mura di Roma , troveremo , nello stesso periodo , i primi sonetti di Salvatore di Giacomo , Zi ' munacella e ' O funneco verde . Per un ragazzo che si senta nato per parlare in dialetto la scelta del maestro - anche se non si voglia risalire al Porta che forse ha insegnato qualcosa persino al Belli - è piuttosto difficile . Per quanti anni Trilussa dovrà portar il dolce ma grave peso di esser chiamato l ' erede di Pascarella , benché non l ' abbia imitato mai ? Chi ha parlato di lui , in occasione della sua morte , ha dimenticato , mi sembra , di notare ciò che il giornalismo aveva dato , forse anche usandole violenza , alla poesia di Trilussa . Dei caratteri « giornalistici » dell ' autore delle Favole si è ricordato , con molto acume , anni fa Pietro Pancrazi . Fu il giornalismo , l ' obbligo di pubblicare i versi , prima che in volume , in giornali e in settimanali , che costrinse Trilussa a rammentarsi sempre di scrivere per un pubblico largo , che voleva cose rapide nella stesura , precise nel bersaglio , immerse tutte nella realtà e non sospese a metà strada tra la descrizione e il « caso personale » come poté permettersi , parlando molti anni dopo a pochi amici , il milanese Delio Tessa . Per prima cosa i versi di Trilussa dovevano , fra il 1890 e il 1900 , piacere al suo direttore Luigi Cesana , un giornalista che aveva fatto la fortuna del « Messaggero » rivolgendosi , e non si vergognava di dirlo , al pubblico delle portinaie per salire , da questo , a quello dei piccoli impiegati a lire 1100 annue : dovevano piacere ai cronisti di via del Bufalo , che anch ' essi fornicavano , come Nino Ilari , con le muse vernacole e poetavano di bulli e di minenti : dovevano corrispondere a fatti e sentimenti di interesse generale , evitare , con un dialetto tutto cose e senza troppi aggettivi - senza aggettivi ai tempi di D ' Annunzio ! - ogni nebulosità . Dovevano poter essere letti sul tranvai a cavalli di corso Umberto e annunciati dagli strilloni dei giornali all ' angolo di via delle Convertite . Il primo che doveva ridere delle favole di Trilussa , o approvarne l ' ironia , era il tipografo che ne componeva a mano il quadretto in carattere grassetto . Lo scopino che lo vedeva rincasare all ' alba doveva dire : « Trilussa ha ragione » e i vetturini , che , mentre davano la biada ai cavalli al largo del Tritone , lo vedevano spuntare di lontano con le sue gambe interminabili , dovevano dire : « Questo è il nostro poeta ... » . Egli doveva « farsi intendere al volo » , come certi comici di teatro : e per questo era giusto che Ojetti , romano come lui , - Trilussa era di Trastevere e Ojetti del Rione Colonna - collocasse certi colori del suo umorismo , nativamente popolare , vicino a quelli della tavolozza di Petrolini . Per molti anni Trilussa era andato al giornale con la poesia in tasca , così come un attore , alle otto , entra in camerino a truccarsi per presentarsi al pubblico . Una vita appartata , un poetare sommesso , una musa ermetica gli erano , per forza di cose , precluse . La sua poesia nasceva accanto alla linotype , mentre quella del Belli era gelosamente custodita in segretissimi cassetti . Per questo , dai sonetti giovanili Trilussa passò alla satira delle Favole , concise , immediate , sul cui foglio il redattore - capo scriveva a matita « corpo 12» e , mentre le passava in tipografia , sapeva che il fattorino se le sarebbe lette subito in corridoio . Pochi scrittori hanno avuto minori amicizie letterarie di Trilussa . A Roma vivevano - per far tre nomi di valore diametralmente opposto - Pirandello , Grazia Deledda e Zuccoli . Trilussa quasi non li conosceva . Perché il suo mondo , estremamente fatto di comunicativa , non aveva , in effetti , vasi comunicanti con altri mondi letterari . Credo che egli abbia praticamente ignorato i movimenti letterari di « Lacerba » , della « Voce » , della « Ronda » . Credo non abbia delirato nemmeno per D ' Annunzio . Nello studio Corrodi , i libri erano pochi : e molto più numerose , anche se ormai polverose , erano le fotografie delle belle donne . Trilussa aveva avuto forse , ai primi anni del secolo , la voglia di avere anche lui un po ' di Capponcina : ma s ' era fermato subito : il suo arredamento assomigliava più a quello della soffitta madrilena di Ramon Gomez de la Serna , racimolato dai rigattieri , che a quello del Vittoriale . Il sogno più ambizioso di Trilussa era stato di impiantare nello studio un teatro di burattini . Il suo salotto intellettuale era al tavolino di un ' osteria alla Chiesa Nuova . La sua franchezza nell ' accettare il suo ruolo poetico , anche se egli doveva sembrare per tanto tempo solamente l ' umorista di un mondo esclusivamente piccolo e medio - borghese , è stata il suo merito maggiore : quello che gli ha permesso di non esulare mai dalla sua misura e di non sforzare e falsare la sua voce . Egli seppe insomma qual era non solo il suo mondo ma anche la esatta tessitura della sua voce : e questa voce conservò fresca per quasi sessant ' anni .
Romolo Valli ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Il suo viso gentile , sereno non ha nulla delle intense « maschere » di taluni attori del passato come Novelli e come Gandusio - folte sopracciglia , nasi di notevole evidenza , guance e labbra pronte alla smorfia e alla grimace - e può sembrare addirittura quello anonimo di un giovane bancario o del vincitore di un concorso per la carriera diplomatica . Per accontentare il padre che lo voleva avvocato , è anche « il dott. Valli » . Non deve essere stato un ragazzo ribelle . Svolse regolari e buoni corsi di studio . Portava a casa ottime pagelle che il padre controfirmava con un manifesto segno di compiacenza . La madre amava il teatro di prosa , ma non avrebbe mai portato il figliolo a teatro se lo spettacolo non era approvato dal parroco . Fu per questo che lo scolaretto Valli non poté ascoltare Spettri nella interpretazione di Memo Benassi . Il parroco non credeva il dramma di Ibsen adatto ai minorenni . Concesse il suo permesso , all ' indomani , per Kean . Nella memoria teatrale di Valli , più di quel Kean , è rimasto il rito familiare dei « ciccioli » con cui veniva festeggiata Maria Melato , amica della madre , ad ogni suo ritorno nella natia Reggio Emilia . Un lento saporito masticar di « ciccioli » » fa da sottofondo alla evocazione delle prime suggestioni sceniche del piccolo Valli . La sua vocazione teatrale doveva manifestarsi assai più tardi . Fu una vocazione à rebours , per dirla con il titolo di un famoso romanzo di Huysmans . Fu un embrione nell ' infanzia : altre vocazioni la nascosero , e così forse , nel silenzio , la protessero , lasciando che il ragazzo sviluppasse in altre vie le sue esperienze . Valli frequentò più le librerie che non le platee teatrali . Più che romanzi , leggeva libri di saggisti e di memorialisti , prose di penne attente e molto vigilate , così come , più tardi , la sua arte di attore doveva essere guidata , sui binari dell ' istinto , con tanta attenzione e vigilanza , con un accorto accostamento dei colori comici e di quelli drammatici . Più che verso i fuochi della fantasia , in letteratura avrebbe voluto rivolgersi all ' acume della critica e dell ' introspezione . Datano negli anni attorno al '40 le sue prime letture di Proust ; Valli è rimasto un proustiano fedelissimo , ha sul suo autore preferito una mezza biblioteca e autografi conservati come reliquie . Al liceo la sua precoce tendenza di saggista si rivelò in certi scritti pubblicati in una rivistina studentesca , che ebbe un bel titolo : Temperamento . In modo del tutto inconsapevole questa rivistina faceva quella che ai Guf emiliani sembrò un po ' di fronda . Valli , avviato agli studi di legge , pensava che i suoi essais lo avrebbero portato verso il giornalismo , verso la cronaca di « colore » , il commento di costume e l ' elzevirismo . Intanto , quasi per gioco , era avvenuto il suo primo avvicinamento al Teatro . L ' adolescente stava per diventare un giovanotto . Gli si era formata una gradevole voce da tenore . Due compositori come Ferrari - Trecate e Italo Montemezzi lo avevano ascoltato : il primo avrebbe voluto che studiasse canto al Conservatorio di Parma . Valli era concittadino del soprano Celestina Boninsegna : sembrava che Reggio dovesse avere in lui un altro divo del bel canto . Ma la voce smarrì presto i suoi acuti , e lo studente di legge dovette rinunciare ad essere un giorno Radames o Nemorino . Il palcoscenico del teatro lirico perdette un tenore ; ma fin dagli anni del liceo i pubblici affettuosi e confidenziali di Reggio avevano notato , tra i filodrammatici di un piccolo gruppo studentesco , un attorino che aveva più di una chiara disposizione . L ' occasione si era presentata per la prima volta con una recita studentesca della Famiglia dell ' antiquario di Goldoni . Il preside del liceo , molto appassionato di teatro , aveva fatto le cose in grande ; aveva noleggiato a Milano scene del vecchio Rovescalli e costumi di Caramba . Gli studi di Valli , quell ' anno , tentennavano . Se passò a luglio alla maturità classica lo dovette , sembra , al vecchio preside , che , nel modo con cui il suo studentello recitava , aveva intuito una già ben precisata maturità intellettuale . Cosa lo portava al teatro ? Dal punto di vista tecnico , una facoltà istintiva dell ' osservazione e della imitazione , che ebbe più tardi una delle sue prove più singolari quando , al Piccolo Teatro di Milano , Valli recitò L ' imbecille di Pirandello truccandosi come Carducci ma recitando con l ' accento e con i gesti di Leo Longanesi . Dal punto di vista intellettuale , lo aiutò il suo temperamento di giovane critico che lo portava « al commento di un testo preesistente » . La sua arte doveva diventare così quella di un attore che , prima di tutto , vuole approfondire un testo , entrare nel personaggio , dare ad un dialogo un sentimento intellettualmente calibrato . Non si tratta della freddezza formulata dal « paradosso di Diderot » , ma della volontà di una giusta prospettiva critica : non abbandonarsi al personaggio ma vivere meditatamente con lui . Valli non sarà mai un « mattatore » . La laurea era stata presa . Erano gli anni tragici della guerra e di cento esami di coscienza in sede morale e politica . Il ragazzo credeva alla democrazia come ad una libera apertura della intelligenza . Gli anni della liberazione lo videro con in mano la penna del giornalista . Dottore in legge ? Sì , la laurea l ' aveva in un cassetto . Nascevano uno dopo l ' altro i nuovi giornali democratici di Reggio : Valli era socialista , ma scriveva soprattutto di letteratura . Passò dalla redazione di « Reggio Democratica » al « Progresso d ' Italia » , per approdare finalmente alla « poltrona » di critico teatrale del « Lavoro » di Reggio . Aveva fatto anche del « colore » , sedendo al tavolo dei cronisti giudiziari al processo della saponificatrice Cianciulli . È probabile che i cronisti dei grandi giornali , che stendevano resoconti di intere pagine , non si siano quasi accorti di avere accanto un giovane timido giornalista che li guardava , con molto rispetto . Sua mamma pensava già al giorno in cui lo avrebbe accompagnato a scegliere una stoffa per la toga di avvocato . Lo scatto che doveva mutare il corso del suo destino fu improvviso : difficilmente immaginabile in un giovanotto tanto « compito » da far pensare al « signore di buona famiglia » del disegnatore umorista Giuseppe Novello . Fu una sera , mentre il giovanissimo critico ascoltava una recita degli attori della compagnia del Carrozzone , diretta da Fantasio Piccoli . La compagnia viveva in una dignitosissima povertà , quasi nella miseria . Certe volte i suoi attori dovevano giustificare , attraverso complicate tesi registiche , il fatto di poter indossare solamente costumi di carta colorata . Valli si infiammò per il fervore di quei ragazzi , scelti con la loro fresca passione dai baratri della guerra . Andò in palcoscenico a salutarli . Lo accolsero come un critico ; ma compresero subito che il giornalista di Reggio Emilia era salito lassù per diventare attore . Rincasando alle due di notte - era l ' ultima sera di recite del Carrozzone - Valli entrò in camera di sua madre . « Ho da dirti una cosa , mamma ... » . « Cos ' è accaduto ? » . « Non allarmarti mamma . Dovresti prepararmi una valigia .,.» . « Parti per il giornale ? » . « No , mamma ... Parto domattina per fare l 'attore...» . Quando , in D ' amore si muore , Valli finge di parlare al telefono con la madre , arrivata a Roma per salutare il figlio « cinematografaro » , mi pare ch ' egli debba pensar di parlare veramente con sua mamma , come quando la signora Valli arrivava sulle tracce del figlio partito con il disperatissimo , scannatissimo Carrozzone . Cosa dissero a Reggio ? La considerarono una malattia . « Vedrà , signora Valli ... Passerà ... » . Valli mi sembra , fra gli attori nostri più giovani , da definirsi come « l ' attore che parla » . Parla - egli non ha potuto sentirlo - come parlava Alberto Giovannini , ai tempi della « compagnia dei giovani » guidata da Virgilio Talli . Parla con una acutezza di indagine che lo fa preciso in quella sua capacità assai rara di comporre il ritratto di un personaggio , escludendo ogni sottolineatura superflua . Fosse uno scrittore , si direbbe che la sua prosa è senza aggettivi : tutta sostantivi e cose , senza sbavature di effetti frondosi , senza soste o modulazioni compiaciute , in un ritmo che dà uno smalto alla realtà ma che non si fa soffocare dal minuzioso realismo . Una ragazza , che l ' ha visto e ascoltato nella parte del padre di Anna Frank , gli ha scritto : « Vorrei , signor Valli , avere un papà come lei » .
Né in Dio né in Marx ( Montale Eugenio , 1956 )
StampaQuotidiana ,
Quando si dice che il mondo contemporaneo è in crisi , s ' intende , giustamente , che la crisi tocca tutti , giovani o vecchi , nella loro condizione di uomini , non in quella di cittadini , registrati a un ' anagrafe . Probabilmente le resistenze psichiche e nervose dell ' uomo d ' oggi sono ancora quelle dell ' uomo di ieri e non hanno potuto adattarsi alle nuove scoperte della scienza , alla distruzione delle distanze , al diverso senso del tempo e ai profondi mutamenti del costume . Non di questa crisi voglio parlare ( quella che spiega tanti sovvertimenti morali , sociali e familiari ) perché il fenomeno riguarda meno l ' Italia che altri paesi . Le mie osservazioni saranno limitate soltanto alla situazione della presunta « intelligenza » italiana nel primo e nel secondo dopoguerra di cui siamo stati vittime e attori . Il fatto che più tipicamente caratterizzò il primo dopoguerra è quel « viaggio a Roma » che i nostri vecchi ignoravano e che dopo il '22 si rese periodicamente indispensabile a chiunque esercitasse un ' attività economica non semplicemente subalterna o artigiana . I nuovi Romei , se erano padri , si recavano a Roma non già per ammirare le bellezze dell ' Urbe o per umiliare i loro omaggi ai piedi del Santo Padre , ma per ungere le ruote là dove fosse necessario farlo ai fini dei loro affari leciti o illeciti ( ma molto spesso lecitissimi ) . Accentratore di tutte le forme della vita pubblica ed economica , il fascismo non poteva mancare a quelle funzioni dirigistiche che i suddetti ungimenti erano costretti a sollecitare a favore dell ' uno piuttosto che dell ' altro . I figli , invece , andavano a Roma anche standosene a casa : ma in sostanza attendevano l ' imbeccata dall ' alto , e chiedevano riconoscimenti e carriere ( che poi ottennero ) solo per il fatto che obbedivano a una parola d ' ordine e accettavano di non dar fastidi . Il nuovo dopoguerra - iniziatosi nel 1945 - non sembra , per qualche aspetto , molto diverso dal precedente . I padri vanno a Roma come prima e più di prima , e la periferia , anche quella elle paga le tasse per tutti , ha rinunziato , dopo una platonica alzata di scudi , alla velleità di farsi sentire ; ma di diverso c ' è questo , che i figli sono delusi e amareggiati di esser lasciati soli . E dal punto di vista materiale non hanno tutti i torti : hanno ereditato una situazione difficile . Dalla guerra 1914-18 uscimmo vittoriosi , ma con l ' animo dei vinti , senza perciò avere neppure i vantaggi psicologici della vittoria . 11 caos fu apparentemente evitato perché il potere passò in poche mani , anzi in due sole , il Paese s ' indebitò e visse di rendita consumando le sue riserve . Rimandata la soluzione di tutti i problemi di fondo era naturale che í nodi venissero al pettine dopo la sconfitta ; la quale , accompagnata dall ' inevitabile svalutazione della lira , noi produsse nemmeno quell ' euforia , quel vigore di ripresa che di solito è uno dei vantaggi dei paesi vinti . Alcune note tristi sono all ' ordine del giorno nella nostra stampa periodica : decadenza dell ' istituto familiare , rilassamento dei buoni costumi , crisi dei giovani , sotto - impiego o disoccupazione anche nel mondo degli intellettuali . È improbabile che questi siano problemi solamente italiani . Ma da noi si avvertono di più perché l ' Italia non ha riserve tali da permettersi il lusso di sprecare il superfluo . Il fascismo aveva dispensato i giovani dal pensare , distribuendo posti e prebende a coloro che mostravano maggior voglia di servire o maggiore aggressività biologica . Agli esclusi , restava la soddisfazione morale di essere fuori dal gregge , di essere controcorrente . Se per alcuni fascisti in buona fede il fascismo fu una sorta di religione , altrettanto lo fu l ' antifascismo per coloro che lo professarono con vera convinzione . Quale fede è rimasta ai giovani di oggi ? I molti che hanno aderito al comunismo sono passati da un conformismo a un altro , e se appartengono alla classe degli intellettuali , non nascondono la loro delusione per le insolvenze del tic nei loro riguardi . Il partito di maggior peso , la Dc , non è tale , per sua natura , da poter accendere l ' entusiasmo dei giovani : manca dell ' alone che hanno gli altri raggruppamenti politici ed è più un coacervo di interessi creati che una idea - forza . I partiti di centro , poi , non possono soddisfare che piccole clientele e sono anch ' essi privi di ogni attrazione romantica . Non si esclude che il cattolicismo possa rappresentare una fede per migliaia di giovani , ma non certo una fede che possa dare frutti a breve scadenza e fornisca mezzi di sussistenza . Il cattolicismo socialmente attivo è travagliato e la DC ne raccoglie solo un ' aliquota . Non c ' è da noi la questione dei preti operai , ma non mancano i segni di una crescente delusione fra i giovani che credono di potersi dire cattolici senza essere disposti a rinunziare ai loro interessi terreni . Anche nel campo della generale Weltanschauung filosofica il disorientamento appare completo . Dallo storicismo crociano molti sono passati al materialismo storico e poi al materialismo dialettico ; il quale , però , è incapace di provvedere una norma di giudizio in una materia , l ' Estetica , che in una civiltà visiva e spettacolare come la nostra , ha una incalcolabile importanza . Quali sono i gusti dei giovani d ' oggi ? Un ' inchiesta tipo Gallup , se fosse seriamente tentata , darebbe risultati sorprendenti . Il primo , e il più confortante , sarebbe quello di appurare l ' esistenza di un piccolo nucleo di giovani che somigliano in tutto e per tutto ai giovani delle vecchie generazioni , che lavorano e pensano con la propria testa e che si rifiutano ad ogni sorta di « intruppamento » . E a questo punto si potrebbe essere tentati di concludere che essi solo sono i veri giovani e che il resto va abbandonato al suo destino . Ma sarebbe una conclusione frettolosa perché una cultura ha bisogno di comprimari e non è detto che talvolta dalla comparsa non possa venir fuori un personaggio degno di figurare tra i protagonisti . I giovani d ' oggi hanno fretta . In Italia non trovano nulla che rassomigli , per esempio , al British Council , la garanzia di una carriera , sia pure intellettuale , a vasto circolo , che permetta di essere , contemporaneamente , « dentro e fuori dello Stato » . Chi ha un papà solvibile , chi ha fatto studi seri , chi ha una vocazione precisa entra in una professione libera ; chi riesce a vincere un concorso diventa « statale » per poi lamentarsene tutta la vita . Ai margini , una pletora di inutili laureati accrescono il fenomeno della disoccupazione intellettuale . Che studi hanno fatto questi intellettuali , laureati o no ? I loro padri sapevano almeno , più o meno bene , il francese , la lingua che dall ' illuminismo in poi è stata il latino dei moderni . I figli hanno optato per l ' inglese , che non s ' impara mai e che non ha eguali virtù formative . Sanno tutto sulla storia del jazz , forse hanno sentito il Wozzeck ma non il Trovatore o il Don Carlos . Pensano che la letteratura italiana è « una barba » . Sono grandi frequentatori di cinema e lettori di giornali a rotocalco . Ogni generazione ha i suoi falliti ed è naturale che anche la nuova ne abbia . Ma prescindendo dalla folla dei piccoli arrivisti , ciò che impressiona è il numero degli illusi e degli scontenti che non possiamo dire del tutto in mala fede . È da questa parte che giungono le così dette istanze del « realismo » che dovrebbe rinnovare la nostra cultura ; e se esse ci giungessero solo da marxisti di professione potremmo trovarle giustificabili . Si ha invece l ' impressione ch ' esse giungano soprattutto da parte di sprovveduti di ogni cultura . Poiché il loro processo investe soprattutto il campo della nostra recente letteratura ( e del cinema ) non possiamo negare che se l ' etichetta del realismo conviene a film senza personaggi , a film volutamente casuali e rapsodici , qui il realismo italiano ( che sembra già a corto di fiato ) ha ottenuto qualche risultato . E se realistica tout - court volete chiamare l ' arte narrativa di Pavese vada anche per il realismo pavesiano . Ma in sé la ricetta del neorealismo è povera se non è suffragata da un nuovo stile e da una nuova apertura d ' anima e di cultura . E nemmeno può tornare a un guazzabuglio di impressioni cronistiche in pseudoversi liberi chi voglia disfarsi dell ' aborrito ermetismo , un indirizzo che almeno in qualche caso aveva ritrovato la via regia della nostra poesia , e che in ogni modo non può essere superato che dall ' interno . Che i giovani intellettuali si sentano disorientati è comprensibile . Se la euforia della liberazione fosse durata a lungo e se fosse sorto qualche giovane capace di reggere le fila di un gruppo o di una iniziativa , o se almeno avessimo avuto qualche nuovo scrittore capace di trascinarsi dietro un buon numero di satelliti , molti giovani si sarebbero ritrovati da sé , seguendo tracce altrui . Invece gli scrittori che contano , con l ' eccezione di Pavese , sono ancora quelli di ieri , che ai giovanissimi d ' oggi sembrano stranamente sprovvisti di crisi spirituali , compromessi con un passato di cui sono invece , per la maggior parte , irresponsabili . Peggiore appare la situazione nel teatro . Dopo il trionfo del cinema , è legge che ogni spettacolo sia macchinoso e che in esso conti più l ' opera della regia che quella dell ' autore . E infatti la regia , e con essa quella dell ' inviato speciale di tipo registico , sembrano essere lesole nuove professioni aperte ai giovani che hanno fretta . Di tipo spettacolare , puramente visivo , sembra essere la pittura non realistica e neppur figurativa , anzi astratta , che è entrata trionfalmente anche da noi . Impressionismo , cubismo e altri ismi hanno vinto da un pezzo la loro battaglia con l ' aiuto delle arti decorative . Ed ora tenteremo di tirare le somme dai nostri sparsi appunti senza indulgere a quei toni predicatori che molti assumono quando le « generazioni bruciate » si presentano alla ribalta della società . Prima di tutto bisogna registrare un capovolgimento se non di valori , certo di giudizi che non riguarda solo i giovani . Immaginate la posizione di un uomo che si sia affacciato alla vita della letteratura e dell ' arte appena trenta o quaranta anni fa . I Maestri autorizzati , coloro che si esprimevano dalle cattedre , erano pronti a bollare dell ' accusa di « decadentismo » qualsiasi tentativo di rottura e di rinnovamento . L ' Italia pareva imprigionata in una cultura sua , difesa da compartimenti stagni ; se qualcosa veniva immesso dal di fuori ( l ' idealismo tedesco ) era necessario dimostrare che con esso l ' Italia tornava alle sue vecchie tradizioni vichiane . E in arte , chissà poi perché , la nostra tradizione era indicata come anti - intellettuale : Ariosto , Verga , Di Giacomo erano , in vario modo e in varia misura , i poeti esemplari . La Fantasia creatrice era un dominio a sé , anche quando scendeva in terra col Maupassant e col Verga . Avvenute le prime rotture , tornate in evidenza le ragioni vitali del presunto intellettualismo , i custodi della ( recente ) tradizione furono obbligati a laboriosi processi di revisione interna . Ma più contò il fatto che le rotture avvenissero da parte di scrittori e di artisti , e che l ' aria della nostra letteratura - tra il 1910 e il 1940 - tornasse ad essere , dopo lunghissimi anni , un ' aria europea . Oggi questo processo sembra da noi interrotto e coloro che vi hanno partecipato sono spesso indicati come superstiti esemplari della specie dell ' arcade tradizionale , del parruccone . Che i giovani abbiano fretta nell ' età della velocità , è ben comprensibile . Che essi non si meraviglino di vedere a loro disposizione un incredibile numero di giornali e riviste , con l ' aggiunta della radio e della 1v , e una vera fungaia di premi d ' ogni genere , di cui essi prima o poi dovranno essere i beneficiari , è pure spiegabile perché chi riceve i benefizi è indotto a sospettare un senso di colpa in chi glieli concede . Ma ciò che ad essi si deve chiedere è di comprendere che le loro difficoltà non sono diverse da quelle affrontate dai loro zii o dai loro padri . Se hanno orrore dei partiti che oggi sono al governo , concorrano a trasformarli oppure ne fondino di nuovi ; se sono uomini d ' azione agiscano nell ' ordine dei quadri e delle condizioni esistenti che hanno gran bisogno di rinnovarsi . Se sono filosofi , creino liberamente le loro nuove filosofie ; ma se intendono rinnovare la cultura e l ' arte attraverso una critica puramente negativa , la via che seguono è sbagliata . Riconosciute tutte le loro ragioni , ciò che ad essi si deve chiedere è di comprendere prima di tutto se stessi . Appartenere a una generazione che non sa più credere a nulla può essere un titolo d ' orgoglio a chi creda all ' ultima nobiltà , all ' oscura esigenza di questo vuoto ; ma non dispensa affatto chi voglia trasformare questo vuoto in un ' affermazione paradossale di vita , dal dovere di darsi uno stile . Se molti giovani non credono né in Marx né nel Dio dei cristiani e nemmeno in quello della democrazia liberale o degli Stati Uniti d ' Europa ( o in altre ipotetiche divinità ) , potrebbero almeno credere nella possibilità di esprimersi in forme che non siano di contrabbando . Purtroppo , non è così ; e il giorno che dalle loro file uscirà un uomo vero , un vero pensatore , un vero artista , i suoi giudici più severi saranno forse i suoi frettolosi coetanei .
Il mondo della noia ( Montale Eugenio , 1946 )
StampaQuotidiana ,
Perché la letteratura modernissima - e non solo la nostra - è tanto ricca di romanzi noiosi , di libri in cui « non accade nulla » , di personaggi che non hanno volto né stato civile e si muovono in ambienti che sono scenografie di cartone e non cornici naturali e sociali riflettenti un mondo e una cultura ? Alla domanda fu risposto che oggi manca la fiducia nel « genere » del romanzo o almeno in quelli che sono i suoi vecchi schemi , e che si tenta senza successo di rinnovarli . Di qui il peso d ' infinite esperienze di laboratorio che dovrebbero restare private ma non rimangono tali , raro essendo il caso di chi abbia condotto a termine un ' opera di una certa lena e rinunci a darla alle stampe . Entrata in crisi la vecchia idea del romanzo , che ha prodotto opere non superabili , è naturale che si ripercuota il disagio su tutte le esperienze che tendano a un ' altra idea del romanzo stesso , senza raggiungere lo scopo . E del resto , si afferma , qual genere letterario non è in crisi ? Solo una recentissima forma d ' arte , il cinematografo ( se proprio d ' arte si tratta ) , s ' era salvato fino a pochi anni fa dal contro - influsso della critica da esso stesso prodotta . Avevamo visto coi nostri occhi il caso , meraviglioso in tempi di avanzata civiltà artistica , di un ' arte nuova che sorge e che può perciò precedere la propria estetica . Naturalmente questa verginità è durata poco : si compiono oggi in pochi anni processi che in altri tempi avrebbero impegnato molte generazioni . E ormai anche il cinematografo tenta il nuovo ricorrendo ai generi vecchi , e cerca di appoggiarsi sempre più alle altre arti . Genere vecchio , il romanzo tende al nuovo con un sistema opposto e si volge al cinematografo nella speranza di potersi rifare la faccia . Avviene pertanto anche nel romanzo quello che noi avvertiamo nel cinema e che anche nel cinema è già indizio di avanzata maturità : la ricerca di puri valori di ritmo , di pure sequenze di immagini visive , in spregio all ' approfondimento poetico dei fatti rappresentati . E si perde così la vivente naturalezza delle vecchie narrazioni care ai nostri avi . Oggi leggendo i libri di A . o di Z . non conosciamo già dei personaggi intuiti direttamente dalla fantasia : incontriamo , nell ' ipotesi migliore , delle metafore musicali , dei personaggi - pretesto che servono ad A . o a Z . per introdurci in una Weltanschauung che fa della persona umana una mera illusione soggettiva , un cattivo sogno . Muore il romanzo tradizionale perché sparisce nei nuovi autori persino il desiderio dei suoi risultati . Ho avanzato fin qui una possibile difesa del nuovo « mondo della noia » . Si potrebbe insinuare che scrivono romanzi noiosi coloro che si son creduti romanzieri senza esserlo ; coloro per i quali l ' indeterminato , il tedio , lo spleen sarebbe il punto d ' oro dell ' arte di un Proust , di un Joyce , di una Woolf ; coloro che non hanno compreso come il tediavi vitae di questi romanzieri è la contropartita di un ' arte che ha ben altro peso e ben altre ragioni , e che comunque anche in essi non è da confondersi la fatica con l ' ispirazione . E poi siamo schietti : si può ben credere , come io credo , che le vie dell ' arte e quelle della storia non sono le stesse e che sovente i fatti che più ci hanno appassionato entrano nella poesia per la porta di servizio o per la finestra , anziché dal portone principale ; ma chi potrà mai giustificare , di fronte alla tragica imponenza dei problemi che ci toccano oggi in quanto uomini , chi domani potrà comprendere libri in cui la vita appare solo come un riflesso di specchi , e lo scopo dell ' arte , che è in accezione superiore il divertimento , il trasporto , non appare neppure sospettato ? Non ci si parli di « racconto puro » , non si disturbi il nome di Kafka , realista a modo suo come pochi altri e tutto impregnato dei succhi di quel grande centro di innesti culturali che . fu la Praga dei suoi tempi . E non si facciano neppure per scherzo i nomi di Cecov , della Mansfield e del migliore Hemingway : autori di motivi poetici che arricchiscono il senso della nostra civiltà e in definitiva del nostro mondo storico . Quanto al romanzo ottocentesco , si può ben dire che la sua grandezza fu tutta in funzione della sua fondamentale impurità ; né in quel secolo il realismo , da quello sanguigno e retorico dello Zola a quello musicale e filtratissimo di Turgheniev , è stato mai un ostacolo a narratori di genio . Gli scrittori d ' oggi non credono più ( ed è peccato ) che si possa cominciare un racconto con la formula consacrata : « Il 12 luglio 19 ... una vettura a cavalli che ... » ; non ammettono più che si possano descrivere personaggi come gente di conoscenza , Pensano che delle figure umane importino solo i tics e i pruriti , sono persuasi che non interessa l ' azione ma i bassifondi dell ' azione , non l ' ambiente ma i riflessi dell ' ambiente ( spesso di maniera ) in una fantasia ( spesso negata al senso dell ' osservazione ) . Tutto ciò può chiamarsi lirismo ? Sarebbe facile essere poeti , in questo caso . Ma si dimentica che l ' arte destinata a restare ha l ' aspetto di una verità di natura , non di una scoperta sperimentale escogitata a freddo . V ' è , del resto , una riprova , un modo infallibile di risolvere la questione : quello di ricorrere alla propria esperienza diretta . Si presentano nella vita di chi ha vissuto abbastanza a lungo situazioni gravi , casi veramente « di emergenza » , nei quali tutto sembra rovinare e la vita pare legata a un filo molto sottile . È facile immaginare quanti di noi hanno conosciuto ore simili negli ultimi anni , quanti di noi hanno attraversato giorni e mesi durante i quali , non reggendo a letture più gravi , si sono rivolti ai libri di uno scaffale per cercare in un libro un lume o un aiuto o anche una semplice distrazione non indegna o vana . Ebbene , solo i libri che nei tempi più duri resistono e assistono come compagni fedeli , solo questi sono i libri d ' arte narrativa che superano davvero le contingenze dell ' estetica e il vaniloquio delle tendenze . State certi , amici che come me siete scampati dal diluvio , se l ' ora del pianto e dello stridor di denti dovesse tornare per noi , la vostra mano non si alzerà per tirar giù dal loro scomparto i libri di A . o di Z . e neppure la storia di Mistress Dalloway , né tanto meno l ' ultimo dramma esistenzialista che vi ha mandato il vostro libraio ; ma prenderà , come ho fatto io per qualche mese , Dimitri Rùdin e Dominique , Alberi Savarus e Lokis ; e sceglierà senza esitare la vita , perché per l ' uomo posto di fronte al nulla o all ' eterno non esiste , non è pensabile che una sola possibilità , tangibile , evidente , infinitamente cara quanto più è prossima a sfuggire : la vita di quaggiù , la vita stessa che abbiamo visto , conosciuto e toccato con le mani fin dai primi anni dell ' infanzia .
Solitudine ( Montale Eugenio , 1946 )
StampaQuotidiana ,
Eccomi giunto a casa . Fuori fa freddo ma qui la stufa tira a meraviglia e la vecchia poltrona e le pantofole felpate « fonczionano » , come diceva Pound dei suoi più astrusi Cantos . Potrei cominciare subito a scrivere la prima di quelle Lettres à l ' Amazone che Clizia dice di attendersi da me . Proprio per questo , stasera , ho disseminato gli amici per la strada . Li ho lasciati ai fatti loro . Affronteranno altre ore di pioggia vento e pillacchere per divertirsi . Non so se vivevo così ai miei bei tempi . Non me ne ricordo ma ne dubito . Dubito assai che i veri gaudenti siano coloro che si divertono « pazzamente , disperatamente » , secondo il modello del poeta palazzeschiano . Sono esseri spinti alla vita intensa da una accettazione troppo miope , troppo immediata della nostra vicenda quotidiana . Non si meravigliano di nulla , e siccome la meraviglia è il fine di tutti gli uomini , poeti o no , sono indotti a cercare chissà dove il brivido , il thrill . Gente che si chiede sempre come impiegare il tempo , gente eternamente in lotta con la noia . Dolore autentico , nel senso antico , e non il moderno spleen dev ' essere la loro noia ; incapacità di sopportarsi , non perché si trovino di fronte a un loro odioso altea . ego , ma perché posti in faccia al nulla assoluto . Se io sono fabbricato diversamente dovrei dunque ritenermi portatore o meglio depositario ( non è merito mio ) di una interessante « personalità » . Lo scrivo tra virgolette : è meno impegnativo , è qualcosa che tu hai studiato a scuola , Clizia , e che da noi si trascura . Ciò non vuoi dire , d ' altronde , che quando sono lasciato solo con me stesso io non abbia forti tentazioni da cui difendermi . Non è così ? Sono mesi che dico : debbo lavorare , stasera , c mi trascino a casa con la fretta di chi è atteso da urgenti affari . Ma poi mi affondo qui , faccio scorrere l ' ago della radio in sue in giù e non vado oltre la solita sorpresa di sentirmi vivo , Diogene in una bottetermoforo , vicino a una piccola scatola luminosa e parlante , io in questa città e non in un ' altra , io e non un altro ... chissà perché . Eppure non sono solo , ho a portata di mano gli amici che posso scegliermi da me , non quelli che vorrebbe impormi la mia esistenza spicciola , fenomenica . Ho nello scaffale i classici , gli amici che non tradiscono , se muovo un dito sul quadrante posso far spicciare vicino a me le sorgenti della musica e dell ' eloquenza . Non sono un Diogene , sono un pitagorico autentico , un uomo che parla con le Sfere ... Già , è facile a dirsi . Ma appartiene alle sfere superne anche l ' annunciatrice di radio - Andorra , la silfide che mi trasporta sulle vertiginose montagne russe ( altro che Pirenei ! ) del suo volubile , melodioso scilinguagnolo di usignolo moderno ? « Thou wert not made for death , immortal bird ! » E perché no ! Ogni epoca incarna a modo suo il proprio ideale di puro suono , di assoluta , oggettiva felicità vocale . E ogni tempo ha la sua musica , basta saperla riconoscere . Non sempre la si trova dove si vorrebbe . Poco fa ho spostato l ' ago verso le spiagge di Peter Grimes , la fortunata novità inglese , e il primo guaio era che si capivano troppo le parole . Non dico che fossero brutte parole ma il fatto è che la voce umana sembra uno strumento musicale insuperabile solo nel caso che le parole restino un mero fantasma sonoro . Chi ha inventato la bubbola del « recitar cantando » ? Meravigliose di suono devono essere anche certe sillabe di Maddalena , nel Rigoletto , per chi non sappia decifrare una mostruosità come « Ah ah , rido ben di cuore / ché tai baje costan poco ... » . Non dico che i musicisti dovrebbero servirsi solo di una lingua morta , come il latino , o di parole in libertà . È opportuno che un creatore creda in ciò che scrive e si valga di vocaboli che legano insieme c che danno un senso . Suonano le dieci e fuori il vento soffia impetuoso . È un po ' ridicola l ' attrazione di quest ' ago anche su chi ha sottomano le più squisite novità letterarie : Il bel Paese dello Stoppani con la retta accentazione toscana , a cura di Policarpo Petrocchi da Cireglio ; La capanna dello zio Tom che non rileggo da allora o gli irresistibili Chouans di Balzac , mia imperdonabile lacuna . Ma anche i libri sono come gli amici : si vorrebbero soprattutto quelli che non si hanno a disposizione . Dov ' è il Libro di Enoch ? Dove sono le memorie di Burton e di Grant che prestai trent ' anni fa a un oculista genovese ? È un errore tener con sé molti volumi . Nelle case della città futura non ci sarà spazio per scaffali ma ognuno potrà ricevere per posta pneumatica a domicilio , come il petit bleu del processo Dreyfus , il libro che gli occorre in quel momento . A dire il vero , se debbo credere alle previsioni del signor Ellery Reeves , autore di una Anatomia della pace , una città futura non esisterà neppure , a meno che gli uomini di buona volontà sparsi per il mondo non riescano a riunire i loro sforzi , e da ultimo le loro Nazioni , in una grande supernazione di uomini liberi : liberi non solo dal bisogno , ma anche dalle follie di chi vorrebbe asservirli per liberarli dal bisogno o di chi cerca di impedire con lo sterminio questa coatta « liberazione » . Due anni fa l ' asticciola della radio divideva in due parti la Penisola , anzi tutto il mondo civile : da una la verità , dall ' altra l ' errore ( reversibili , purtroppo , ma non per i galantuomini ) . Oggi diversi accenti e orribili favelle prorompono da ogni luogo e l ' immagine della città futura non si presenta lieta . Te ne parlerò nella mia prossima lettera , Clizia , domani stesso . Buona notte .
Mutazioni ( Montale Eugenio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Nel corso della mia vita - non lunghissima ma neppur troppo breve - ho fatto in tempo ad assistere a tre fatti socialmente importanti : la decadenza della « villeggiatura » , un significativo calo nel consumo del vino e nello smercio di quel prodotto letterario che nei tempi moderni s ' è chiamato romanzo . ( Dico nei tempi moderni : Le roman de la rose non è , in questo senso , un romanzo . ) Non si tratterà di eclissi totale , perché l ' uomo di domani dovrà pur bere , dovrà salvarsi per qualche giorno dalle torride calure estive e avrà la curiosità , di tanto in tanto , di leggere qualche libro ; ma insomma , il grosso fiasco « a consumo » che ancora dieci anni fa si faceva portare a tavola Pietro Pancrazi anche se pranzava da solo - e come lui tutti i gentiluomini suoi pari - , le lunghe residenze in villa ( tre mesi e per i proprietari terrieri anche cinque , da maggio a novembre ) e le attente degustazioni del vien de paraître giallo o bianco ( Plon Nourrit o Charpentier - Fasquelle - Treves o Baldini e Castoldi - Bourget , Fogazzaro , Kipling eccetera ) sono fenomeni ormai impensabili . Le statistiche parlano chiaro : si beve sempre meno vino , non solo in Italia , ma anche in Francia e in Spagna . In Italia un buon terzo di fiaschetti e delle bottiglie dell ' anno scorso sono ancora da smaltire e già si annunzia la prossima vendemmia . I librai vendono ancora qualche libro ma da anni i romanzi sono in coda , battuti persino dai libri di versi , dalla già invendibile « poesia » . E quanto alle ville e al villeggiare , basta muoversi in un mese che non sia questo di agosto per vedere che le ville restano chiuse , fatta eccezione per i grandi centri estivi mondani ( come Cortina o il Forte dei Marmi ) e per le fattorie padronali che danno da vivere ( per ora ) ai proprietari - residenti . La gente non villeggia più : in Inghilterra chi aveva case di campagna , castelli , ville e villoni li ha ceduti allo Stato per non pagarne le tasse ; ma ormai anche là lo Stato non sa più che farsene . Non esistono abbastanza mutilati orfani e pensionati per occuparle a spese della collettività . Da noi chi è riuscito a vendere o ad affittare la propria villa limita le sue ferie a una quindicina di giorni trascorsi in una stazione estiva di gran nome , dove spesso deve accontentarsi di dormire su un materasso calcato in una vasca da bagno o negli inabitabili recessi di qualche sedicente dépendance . Non villeggiano , uomini e donne : ballonzolano qua e là su strepitose motociclette tascabili , dormono e mangiano alla peggio , agitano bastoni da golf o racchette o mazzi di carte , mugolano disperatamente motivi come « Oi mama , oi mama / me gusta un bel muchacho » , ballano raspe o sambe e bevono un po ' di tutto , fuorché vino . Uomini e donne villeggiano in piccole città scomode e rumorose e , se leggono , leggono giornali a fumetto , libri di divulgazione scientifica o quasi , libri di storia romanzata e persino libri di versi ; non però romanzi . Perché ? C ' è una interdipendenza fra queste sparizioni e fra quelle che potrebbero probabilmente aggiungersi alla lista delle prime tre ? Scartiamo il fattore economico che salta subito agli occhi ma è piuttosto effetto che causa , e cerchiamo oltre . Una relazione , una causa comune , la si vede chiaramente e consiste nell ' acceleramento del ritmo della vita collettiva . Il fiasco in tavola , i lunghi soggiorni in campagna , le letture lunghe e serie , sostenute da un ' opinione diffusa e duratura , incoraggiate e formate dalla critica ( altra attività che sparisce ) son fenomeni che appartennero a un ' età più lenta della nostra . Quand ' ero ragazzo io , villeggiare voleva dire un viaggio di sci o sette ore , in diligenza o in treno omnibus , per coprire una distanza di pochi chilometri ; voleva dire la casa paterna , l ' orto , il giardino , l ' acqua del pozzo , l ' amicizia coi figli del contadino o del manente , la pesca , le notti di battuggia o di pesca alla lampara , l ' attesa della caccia , la pulitura dei fucili , la scelta delle borre , dei pallini e delle polveri , l ' orlatura delle cartucce , il risveglio col batticuore all ' alba del giorno dell ' « apertura » , mentre i primi spari echeggiavano fra gli uliveti . Si villeggiava in riviera o sull ' Appennino , in casa propria o quasi propria , per mesi e mesi . Non solo i bambini , ma anche i grandi facevano lunghi turni di villeggiatura . Nella mia città gli uffici , gli scrigni , chiudevano alle cinque del pomeriggio , le ore scorrevano lente , pochi si occupavano di politica , i rumori erano ridotti al minimo : la trombetta di un venditore di gelati bastava da sola a riempire tutto un sestiere . Non esistevano le bibite eccitanti , i cocktails . All ' alba del secolo i pochi che incominciarono a bere 1'«americano» ( deprecati viveurs in bombetta e stiffelius ) erano additati al disprezzo generale . Certo , esisteva la maga verde , l ' assenzio ; esistevano gli esseri fatali che partivano per Saint - Moritz o per Ostenda o per il Karersee ; ma si trattava , per lo più , di personaggi di Luciano Zuccoli o della Serao del periodo mistico - mondano . Quando quella vita in tono minore andò in frantumi sparirono i fiaschi dalle tavole , si fecero rari i vini non industrializzati , bevibili , e si dissolsero anche i generi letterari . Primo fra tutti il romanzo . Il romanzo volle essere ( e doveva ) specchio della vita , volle aggiornarsi . Perdette il canovaccio , i personaggi , i caratteri , la psicologia ; si ridusse a illuminazione , a rapsodia , a suite ; ma strada facendo gli avvenne anche di perdere i suoi lettori : quelli grossi , per i quali era troppo sottile , e quelli sottili , per i quali era troppo grosso . Di fronte a certi libri d ' oggi l ' obiezione : bello , ma a chi si rivolge ? resta fondamentale , insuperabile . Un libro , e un romanzo poi ! , non può esser letto solo da chi l ' ha scritto . S ' intende che la rarefazione di certi fenomeni non fa che renderne più preziosa e più utile la sopravvivenza . Mentre scrivo esiste certo qualcuno che sta rileggendosi per la decima volta la Chartreuse de Parme e ne annaffia le pagine migliori con una bottiglia di Vieux Pommard . Neppure in avvenire mancheranno gli happy few che sapranno godersi i riposi in villa e le attente libazioni dei rari vini non adulterati . Quanto ai lettori di oggi , essi sembrano dividere le loro preferenze fra i libri utilitari e quelli che possono considerarsi come opere di fondo , di interesse duraturo . Libri che si possano anche rileggere , centellinare : e fra questi si affacciano persino i libri di poesia ... Un romanzo che non sia legato al senso del tempo , che si scopra tutto in una volta che sia soltanto urlo interiezione e lampo nel buio è già un libro che difficilmente si rileggerà . Di fronte a opere simili il pubblico preferisce acquistare un « tutto Proust » , magari a scopo di regalo nuziale . L ' età che ha assistito alla più violenta levata di scudi contro il tempo che la storia ricordi , l ' età nostra , l ' età del cubismo e del surrealismo , mostra una segreta predilezione per le opere in cui il tempo , il senso psicologico che ci unisce al passato sono ancora avvertibili . Speriamo che l ' avvenire confermi questa preferenza . Rotte le barriere fra l ' arte e la vita , violentemente liricizzato ogni atto dell ' esistenza quotidiana , l ' arte non potrà che sparire o rifarsi daccapo a un senso più lento , più statico delle cose . Se ciò non avvenisse , se il tempo tradizionalmente sentito sparisse dalla vita e tutti vivessero soltanto nell ' istante ( il che è perfettamente immaginabile ) , l ' uomo dell ' avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi da quelli di cui disponiamo noi , esseri ancora tradizionali , copernicani , classici . Perché la tragedia dei nostri giorni è tutta qui : che noi reagiamo a fenomeni nuovi con istrumenti vecchi , abbiamo scoperto armi , oggetti e pensieri dei quali non conosciamo né il perché né la portata . Vediamo morire molte cose , nascerne molte altre , ma ci sfugge il senso , la direzione del mutamento . Per dirne una sola : se si potesse guarire gli uomini , tutti gli uomini , dai loro complessi , avrebbe ancora una ragione di esistere l ' arte ( l ' arte com ' è concepita oggi ? ) . « Torniamo all ' antico » dice l ' uomo classico sturando una bottiglia di Malvasia e allungandosi ai piedi di una vecchia quercia . Ma i suoi figli - ed egli stesso segretamente - sanno troppo bene che , purtroppo , questo non è più possibile . Addio , vecchio mondo , abbiamo sbagliato la data della nostra nascita !
Quelli che restano ( Montale Eugenio , 1951 )
StampaQuotidiana ,
Di solito , quando un artista muore ( sia egli poeta , musico o artista figurativo ... o quasi ) è urgente bisogno dei suoi colleghi di seppellirlo e di fare che non se ne parli più . Uno di meno , tanto di guadagnato per tutti . È la regola , e sembra strano che vi siano eccezioni , artisti che pur morendo riescono a sopravvivere . Come si spiega questo straordinario fatto del morto che non muore ? Esso contraddice al tradizionale concetto della « lotta per la vita » , è sommamente antibiologico e si direbbe anche contrastante alle leggi dell ' economia . La spiegazione è , invece , di natura economica . La macchina della Cultura - un ' organizzazione che dà da vivere a milioni di persone - non può ammettere vuoti assoluti nella storia , non può dire : « Dall ' anno X in poi l ' arte ha cessato di esistere » . Ad essa è anzi necessario un continuo rifornimento , una continua immissione di forze nuove nei « quadri » . Si giunge al punto che se gli artisti nuovi non ci sono si creano . Intere epoche ( e non solo nel campo della pittura ) possono essere create e disfatte . Poeti spremuti possono passare agli archivi se altri , meglio spremibili , appaiano all ' orizzonte . E poiché la funzione della spremitura si compie ordinariamente meglio sui morti che sui vivi , ecco spiegato perché l ' un per cento degli artisti oggi fisicamente vivi può contare - post mortem - su un breve periodo di « immortalità » . A partire da questo traguardo ( morte fisica seguita dal terno al lotto della sopravvivenza ) i vantaggi dei morti sui vivi sono molti e innegabili . All ' artista morto si riconosce nobiltà di stile , larghezza e originalità di idee ; la sua vita è giudicata interessante e rappresentativa , anche se è piena di sconcezze . L ' opera dell ' artista morto da molti anni è , inoltre , res nullius , appartiene a tutti e a nessuno ; e ciò favorisce la sua diffusione . I « pezzi » del pittore , in quanto oggetti materiali , hanno sì un valore venale che può aumentare o decrescere col passare degli anni , ma l ' opera del pittore e del poeta , in quanto significato ideale , pretesto di cultura , argomento di chiacchiere erudite o giornalistiche , è veramente alla portata di tutte le borse . È un tesoro collettivo al quale tutti i viventi che pratichino qualche arte possono sperare di contribuire , una volta che si siano , beninteso , tolti fisicamente di mezzo . Quando si legge un manuale di storia letteraria o di storia delle arti « visive » , il capitolo dedicato ai viventi è immancabilmente penoso . Non si creda che ciò sia sempre dovuto a malafede o a insipienza di manualisti e antologisti . Un uomo di cultura che abbia conversato , per lunghi anni , con le grandi ombre del passato non può provare che irritazione e sconforto imbattendosi in uomini che pretendono di essere artisti , e per giunta artisti vivi . L ' artista vivo è spesso un uomo come tutti gli altri , un uomo qualunque , e la sua presenza fisica basta a spogliare di ogni interesse l ' opera sua . Pazienza se fosse un essere impresentabile o un furfante ; meglio ancora se un assassino , un mostro . Casi simili sono conosciuti , sono stati schedati , sono « nella regola » . Ma l ' artista che apparentemente vive e pensa come gli altri uomini è veramente insopportabile . Che cosa pretende da noi questo millantatore ? Una vita prima e una vita dopo ? Sarebbe troppo comodo . Incominci a levarsi dai piedi , poi ne riparleremo ... Grande dev ' essere la soddisfazione degli artisti defunti , se essi hanno veramente aspirato a far parlare di sé . Il loro nome è inciso su targhe , stele , monumenti ; ad essi sono dedicati strade , viali , parchi , piazze . Interi capitoli di libri descrivono la loro vita e le loro opere . Brani di loro poesie sono confitti in migliaia di cervelli di studenti . Legioni di laureandi si affaticano a frugare nei testi che ci hanno lasciato , si industriano a interpretarli , a farne sprizzare i significati più sorprendenti . L ' artista vivo è talvolta obbligato a fornire spiegazioni sull ' opera sua . Se dichiara di non poterne dare non viene creduto ; se smentisce le spiegazioni date da altri passa per un presuntuoso ; se le accetta , non può accontentare tutti perché deve accoglierne qualcuna escludendone altre . Il miglior partito è per lui di fingersi un irresponsabile che non sa quel che fa o quello che scrive . L ' artista morto lascia invece il suo indovinello e se ne lava le mani . L ' indovinello può essere anche L ' infinito di Giacomo Leopardi , la più chiara poesia del mondo . Mettete la poesia del morto nelle mani dei vivi , e vedrete che cosa ne vien fuori . Lo sguardo del poeta è escluso dalla siepe o dall ' orizzonte ? E sull ' ermo colle c ' era solo la siepe o c ' erano altri alberi ? E il vento che stormisce fra le piante deve intendersi che stormisca fra la siepe o fra gli altri alberi ? Queste ed altrettali , sono le gravi questioni che dividono i vivi dai morti . Per fortuna , i morti non se ne accorgono . Uno dei pochi vantaggi nell ' artista vivo è che la sua immortalità resta un ' ipotesi indimostrabile . Così , finché vive , nessuno gli chiede : « Dove ha Ella conosciuto Silvia e Nerina ? Le ha davvero amate ? In modo veramente ... conclusivo ? In che data ? E che cos ' è successo poi di quelle brave ragazze ? » . Domande simili , ripeto , non si fanno ai vivi , e non per discrezione , ma solo perché si ignora chi sarà il futuro cantore di Silvia e di Nerina . Se si potesse saperlo , il neo - immortale dovrebbe darsi alla fuga . E del resto non è una continua fuga la vita dell ' artista vivo ? Egli solo è capace di comprendere che l ' immortalità delle sue opere dura quanto un batter di ciglio e che la vera infinità dell ' arte è un lampo che non si misura coi mesi e gli anni dei calendari umani .