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> anno_i:[1940 TO 1970}
BASE ORO O BASE FIGLI? ( MARTIN PIETRO , 1940 )
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Tutti i giornali hanno minutamente diffuso con foto o descrizioni il gesto del Duce che , fermo a un passaggio a livello , guarda con mite compiacenza la famiglia del cantoniere , ricca di ben nove figliuoletti e la regala d ' un segno tangibile della sua generosità . Il gesto inquadra la sagoma d ' un grande Condottiero , d ' un grandissimo Uomo di Stato . Il Duce che si dispone , come nel sullodato episodio , a ispezionare un imponente ammassamento di armati , non ritiene stridere la ferrea visione con il sorriso dell ' infanzia . Fondamentale ragione di questa guerra è lo spazio vitale . Da questa ragione deve scaturire anche la misura della ricchezza . Altri discutano sulla base - oro o sulla base - lavoro : siccome per il lavoro occorrono braccia , è evidente che la vera misura della ricchezza sia il numero dei figli : figli robusti , figli sani , figli praticamente religiosi . La terra si conceda sulla base degli elementi che se ne devono servire , l ' officina sulla base dei figli e delle donne feconde che ne devono ritrarre i mezzi di vita . Le Nazioni che non vogliono essere feconde non hanno diritto a ricchezze , perché non possono nemmeno misurare le ricchezze . Chi ha ricondotto l ' umanità a tali semplicissime concezioni è il Duce con il movimento fascista , è il Fiihrer con la sua lotta contro i crocifissori di Cristo , è Franco che libera la sua Patria insanguinata da un ' orda di farisei . Su queste tre Nazioni , con la loro particolare fisionomia religioso - politico - amministrativa , si impernia il divenire dell ' Europa e del mondo . A loro spetta travolgere nel fango il dio - oro realizzando il governo più perfetto che la storia registri .
LA GUERRA COME STRUMENTO DI RINNOVAZIONE DELLE GERARCHIE FRA I POPOLI ( ALFASSIO GRIMALDI DI BELLINO UGOBERTO , 1940 )
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Per il Fascismo la guerra sarà , nel mondo , finché vivrà il male , e questo è parte essenziale della natura umana , tanto rilevante , dato che esiste , quanto il bene , ed altrettanto indispensabile come momento dialettico dello spirito . Soltanto chi crede nella instaurazione sulla terra della Città di Dio , può postulare teleologicamente la pace perpetua come sistemazione definitiva del genere umano . La guerra è dunque lo strumento formativo e riformativo delle gerarchie storiche . Tale formulazione è però accettabile solo se si postula la validità di una gerarchia tra i popoli . È in questo punto preciso che , nell ' ambito della dottrina fascista , il fattore guerra si incontra con un altro fattore ugualmente importante : il razzismo . Secondo la nuova concezione del mondo che il razzismo porta con sé , concezione che per la sua necessaria esplorazione nel tempo si addentra anche nella storia antica e nella preistoria , l ' umanità , il genere umano concepito come " genus , " con caratteri di omogeneità , è una astratta finzione . Contro il mito egualitaristico e livellatore portato dalla cultura enciclopedica il razzismo afferma , quale dato originario , la diseguaglianza , la differenziazione che trova l ' espressione sua più tangibile nella varietà delle razze e dei popoli . ... La disuguaglianza dei sangui e dei popoli presuppone la necessità di una gerarchia , e l ' inevitabile sviluppo ascensionale o volto alla decadenza di ogni singolo popolo presuppone per la gerarchia la necessità di rinnovarsi .
'SUA ECCELLENZA' ( ALBANELLO ETTORE , 1940 )
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In diciassette anni , il regime fascista ha spazzato molti rimasugli di vita borghese , presuntuosi capitelli di debolezza e di elasticità . Va sparendo il " lei , " sgradita espressione di epoche servili ed il vocabolario della Rivoluzione non perderà nulla mandando in pensione una etichetta che sa troppo di terza persona , ultimo relitto di tempi che furono : " Sua Eccellenza . " Gli uomini chiamati dal Duce ai più alti posti di comando sono l ' aristocrazia di una vigilia eroica temprata da tre guerre vittoriose che non sente il bisogno di tale appellativo . Può benissimo stare unito ai luminari democratici , figure panciute o chilometriche col tubo di stufa , ma non è indispensabile agli energici esecutori degli ordini mussoliniani . E come , senza rimpianto , se n ' è andato " l ' onorevole , " può benissimo eliminarsi " l ' eccellenza " di giustiana memoria . Dire : Tal dei Tali , Ministro del tale dicastero , Prefetto della tal ' altra provincia è sufficiente ai gerarchi del Fascismo che sanno andare verso il popolo anche senza il " S . E . "
FERRO E FUOCO ( - , 1940 )
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Senza dubbio uno sbarco in territorio nemico è sempre un ' operazione difficile ; e può darsi che sia difficilissima in Inghilterra ; ma non è impossibile . Che cosa lo rese impossibile dal giorno in cui fu disfatta l ' Invincibile Arrnada fino alla guerra mondiale ? Il fatto che l ' Inghilterra tenne sempre il dominio del mare . Per invadere l ' Inghilterra bisognava battere la flotta inglese ; e la flotta inglese fu per tre secoli e mezzo invincibile . Che cosa lo rende possibile oggi ? Il fatto che la flotta inglese non riesce più a tenere il mare in prossimità di coste nemiche . La minaccia terribile dell ' arma aerea ha reso per essa inabitabile proprio quel mare che fu per secoli il suo immediato dominio , proprio quel mare in cui si deve decidere la sorte dell ' Inghilterra . Se si vuole , si può ancora dire che essa domina i mari , nel senso che non esiste , oggi , altra flotta che possa tenere testa ad essa . Ma è una strana dominatrice , codesta flotta , che è condannata a starsene rintanata nei suoi rifugi , sotto pena di subire perdite spaventose appena tenti di uscirne . Subito dopo l ' avvento al potere del nazionalsocialismo , la Germania cominciò a ricostruire la sua aviazione . Due anni fa , all ' epoca di Monaco , si seppe che aveva raggiunto una schiacciante superiorità aerea sulle due Potenze occidentali messe insieme . Ciò non ostante , mai il pubblico inglese . Oggi le demo - plutocrazie biascicano prosternate ai piedi dell ' altare della " forza " le più untuose preghiere , ripugnanti ed inutili . Gli Stati totalitari invece battono col martello della " violenza " sulla incudine della gloria . Là una eterea speranza di difendere con accanimento ciò che si vuoi conservare e non si vuoi perdere : qui un ' incrollabile fede di combattere con ardore e baldanza contro chi è indegno di additare la strada ai popoli . Là l ' estrema illusione che la civiltà sia " una " ed infinitamente progressiva ; qui l ' inconcussa fiducia che il mondo è lo sfacelo di una civiltà sotto i colpi messianici di una nuova . Là , in conclusione , l ' impeto dominato dalla intelligenza che diviene spesso brutalità senza intelligenza : qui l ' impeto violento che è intelligenza . L ' esito della guerra che infiamma ora il mondo non è per noi dubbio . Giunti a quello che i fisici chiama - no il punto morto , non si poteva troppo a lungo procrastinare la soluzione che s ' imponeva in termini perentori , soluzione raggiungibile con " lo spintone della violenza " e che ha questo nome : vittoria degli Stati totalitari ...
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Il proclama di Hitler e la dichiarazione di guerra dell ' Asse alla Russia fanno cessare un ' incognita e precisano una volta di più il carattere della nostra guerra ... Cadrà , così , il velo dietro cui il bolscevismo ha vivacchiato sinora , e come regime e come complesso dirigente , e l ' Europa saprà tutte le verità sul preteso comunismo moscovita , sulle sue discordie intestine , sui suoi rapporti col giudaismo e con le plutocrazie , sui suoi misfatti e sulle sue vergogne , interne e internazionali . Inoltre , questa guerra alla Russia , che dovrebbe veramente e più propriamente chiamarsi guerra al bolscevismo , perché il popolo russo ci entra fino a un certo punto , precisa e chiarisce una volta di più il carattere e le ragioni ideali della grande battaglia dell ' Asse . Il Fascismo e il Nazionalsocialismo sono due Rivoluzioni del secolo ventesimo , che rappresentano il superamento delle vecchie concezioni politiche e sociali create dalla rivoluzione del 1789 : a queste concezioni il bolscevismo si era invece fermato , limitandosi ad esasperarle , portando la lotta di classe al valor bianco dell ' odio e dello sterminio , mentre nel campo dei rapporti con gli altri popoli , era rimasto fisso al vecchio programma marxista dell ' internazionale , con qualche leggera variante provocata dai piccoli scismi interni , più per gelosia di uomini che per contrasto effettivo di idee . Era e costituiva , cioè , né più né meno che il rovescio della medaglia sul cui diritto stanno impresse le formule del capitalismo borghese : non una rivoluzione nuova ma una degenerazione dell ' antica . Oggi la guerra dell ' Asse acquista nuovo e più profondo carattere di guerra rivoluzionaria per l ' ordine nuovo , fra i popoli e nei popoli : non è più e soltanto guerra antiplutocratica , è anche guerra antibolscevica : guerra , cioè contro entrambi i poli della falsa civiltà delle democrazie , guerra totalitaria per la fondazione di una civiltà nuova che del passato riconsacri i valori reali e accanto ad essi affermi i nuovi principi . La lotta è senza quartiere . L ' idra democratica , con la plutocrazia e il bolscevismo , ne riporterà schiacciate entrambe le teste .
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Al carattere umano e all ' aspetto morale dell ' istintiva ed antica repulsione italiana e fascista di fronte al livellamento assurdo e inumano del comunismo si aggiungono e si sommano l ' aspetto sociale ed il movente rivoluzionario del nostro antibolscevismo . Anche questi caratteri erano insiti dalle origini nel movimento fascista e lo facevano tale da non potere essere confuso con altri movimenti antibolscevici ; tuttavia essi dovevano farsi sempre più manifesti e divenire senz ' altro prevalenti solo in questi ultimi anni , quando più acuto e vivo si rivela in Europa e nel mondo il conflitto tra le rivoluzioni di ispirazione fascista la nostra e la germanica sopra tutte e la reazione plutocratica coperta dall ' etichetta democratica . Il Fascismo e per esso il suo Duce avvertiva e denunciava in modo esplicito non soltanto l ' intima solidarietà tra bolscevismo e plutocrazia , ma anche la sostanziale identità tra due aspetti d ' una medesima crisi , la crisi della società capitalistica . La lotta intrapresa sul fronte dell ' Est contro il regime inumano dei Sovieti discende dallo stesso presupposto rivoluzionario , dalla stessa direttiva che ha portato alla lotta tra le forze della plutocrazia internazionale e le forze , associate , del Fascismo e del Nazismo . Tanto l ' individuo astratto ed il supercapitalismo privato della formula liberale - democratica quanto la rivoluzione mondiale e lo Stato capitalista della formula socialcomunista hanno condotto e conducono ad un eguale asservimento dell ' uomo , ad un ' eguale supremazia opaca e grigia dell ' economia e della ricchezza sopra la dignità morale e sociale dell ' uomo . Contro questa servitù , contro questa supremazia il Fascismo ha condotto e conduce dalle origini la sua lotta .
CHI LO SA E CHI NO ( VILLANI LEONIDA , 1941 )
StampaPeriodica ,
Le demoplutocrazie sono il regno di Israele cioè il regno della massoneria che ne rappresenta l ' incarnazione . Ottenuto il permesso di libera circolazione dalla Rivoluzione ottantanovesca ( che è un fenomeno massonico , quindi ebraico ) , il giudío si presenta nella storia moderna con due ricette alla mano : una per puntellare le casseforti dei ricchi ( teorica capitalistica dell ' ebreo Ricardo ) , ed un ' altra per ingannare le ansie dei poveri ( teorica livellatrice dell ' ebreo Marx ) . Della prima usa per sé , della seconda per gli altri . Il fine : l ' umanità spaccata in mezzo ; da una parte l ’ internazionale dell ' oro , dall ' altra l ' internazionale della miseria . Per facilitare il processo dissociativo aggiunge un afrodisiaco : la teoria anarchica dell ' ebreo Stirner . Il successo di questo piano parve quasi assicurato alla fine della guerra mondiale quando la massoneria insediò sulle placide sponde del Lemano quel Sinedrio ginevrino che doveva stroncare ogni velleità di risorgimento nazionale . Dal momento in cui l ' Italia disobbedì a questo Superstato giudeo - massonico e rifiutò l ' ordo judaicus affidato ai quattordici punti che il fratello massone Wilson aveva imposto all ' Europa , sotto dettatura dell ' ebreo massone Lippman , durante quella Versaglia che era stata diabolicamente ispirata dall ' ebreo massone Wise ; da quando il Fascismo denunciò l ' infame trucco col quale le potenze occulte somministrando il sonnifero della democrazia e l ' illusione della libertà , facevano più pingue il sacco e più sicuro il dominio della plutocrazia ebraica internazionale , la guerra , questa guerra ci attendeva . Contro la nostra marcia , da 18 anni , la giudeo - massoneria puntava la minaccia delle pistole . Essa era inevitabile ... Quando ci metteremo a fiutare insieme l ' ebreo , a scovarlo , a smascherarlo , di sotto la politica mondiale come nelle minute relazioni giornaliere , nella politica come nell ' arte , nella filosofia come nel diritto , nella morale come nell ' economia in cui egli , vigile sulla nostra distrazione , spietato sulla nostra generosità , con le armi sue sottilissime attenta alla Vittoria che con la nostra fede e le nostre armi , contro lui di casa e di fuori , vogliamo finalmente conseguire ?
«Il franco cacciatore» di Weber ( Montale Eugenio , 1955 )
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Charles Baudelaire nei suoi Fiori include anche Weber , appaiandolo , un po ' all ' ingrosso , col Delacroix : sotto un ciclo nel quale passano fanfare « comme un soupir étouffé de Weber » . Strane son queste fanfare che sospirano , e ben poco weberiane ; ma forse qui Weber c ' è entrato perché il poeta aveva bisogno di rimare col vert del cielo . Il Franco cacciatore è del '21 , i Fiori del male escono nel '57 . Poco più di un trentennio era dunque bastato a divulgare la gloria del barone Karl Maria von Weber , e , insieme , l ' equivoco che gravò sempre su di lui in Francia , dove il Freischütz subì esecuzioni - massacro benché si debba al Berlioz la musica dei recitativi , che nell ' intenzione del Weber dovevano essere parlati secondo il carattere del Singspiel tedesco . A questa forma , che è rituale in Germania , è ieri tornato il maestro Carlo Maria Giulini che per l ' occasione ha fatto ritradurre tutti i recitativi : e poiché stavolta i cantanti dovevano recitare in una lingua a essi familiare i risultati sono stati ben più soddisfacenti che nella Carniera . Si è detto che il Franco cacciatore è un ' opera tipicamente germanica e che solo un tedesco può amarla ; e il primo a esprimere questo giudizio fu Richard Wagner che al Weber dell ' Euryanthe deve , per il suo Lohengrin , più di qualcosa . Ma questa opinione , giustificata nel suo tempo , è ora difficilmente sostenibile . Un ' opera che avesse caratteri puramente nazionali sarebbe un ' opera da museo , non un ' opera viva : e in verità , anche senza voler fare un ingeneroso confronto tra Weber e Wagner , il Franco cacciatore ha , nei suoi limiti , una purezza di stile che invano si cercherebbe nelle opere romantiche del primo Wagner . È un frutto singolare , maturato al momento giusto : e poiché in arte non crediamo ai coups de dés , ai terni al lotto , dobbiamo ammettere che il musicista giunto al momento opportuno ( si chiami esso Weber o Bizet ) sia sempre e in ogni caso meritevole della propria fortuna . Karl Maria von Weber era un uomo nato nel Settecento , un tedesco di buona cultura non soltanto musicale , un uomo che a diciassette anni era già direttore del Teatro di Breslavía e che a vent ' anni poteva conversare con uomini come Goethe e Wieland . Se la sua educazione e la sua cultura lo portavano naturalmente a vagheggiare un tipo d ' opera in musica che fosse intensamente nazionale ( e in ciò la sua poetica concordava con quella dei romantici tedeschi ) quel molto di settecentesco che viveva in lui lo portava a mantener viva l ' unità del dramma musicale secondo gli schemi che nel Settecento ( il grande secolo dei musicisti viaggiatori e cosmopoliti ) avevano fruttato indiscutibili capolavori . Il problema generale era ( ed è tuttora ) quello di riempire gli schemi , non di distruggerli ; e il problema specifico di Weber era di trovare un testo , un libretto che gli permettesse di fondere insieme il senso del gotico e quello dell ' intimità familiare ( il gemütlich ) , il dramma feerico e la pastorale , la vivacità della kermesse e la bruma della leggenda . Trovò l ' argomento che gli occorreva nel canovaccio che un certo avvocato Friedrich Kind tolse dal Gespensterbuch di Apel e di Laun ; e su quello , servendosi di non molti temi espressivi e senza rinunciare affatto ai pezzi chiusi , alle arie , ai duetti e ai concertati , gettò la musica dei suoi corni e dei suoi clarinetti , l ' incanto di uno stile robusto e ingenuo , fiabesco e insieme fortemente naturale , che apparenta Weber ( e non so se il raffronto sia stato fatto mai ) con l ' arte di quel francese innamorato della Germania , Gérard de Nerval , di cui proprio due giorni fa ricorreva il centenario della morte . Ne è nata un ' opera che è anche un fatto di cultura , l ' uovo di Colombo del primo romanticismo . Il Freischütz non è opera che possa essere amata e compresa solo dai tedeschi ; ma è opera che richiede da parte dello spettatore non tedesco una certa iniziazione culturale : in difetto di questa ( e senza pretendere che il pubblico di ieri mancasse del viatico necessario ) è certo ch ' essa doveva essere presentata agli odierni spettatori in un quadro particolarmente appropriato . Compito non facile , eppure ieri risolto assai bene da un ' esecuzione che è complessivamente la più proporzionata ed equilibrata che si sia avuta alla Scala nella presente stagione . Non si giunge ai risultati ottenuti ieri da Carlo Maria Giulini senza molto studio e senza una squisita intelligenza e sensibilità . L ' esecuzione della stregonesca scena della Bocca del Lupo , dov ' è raccolto in nuce mezzo secolo di musica romantica ancora non nata , l ' introduzione , le danze , le arie e i concertati e l ' apoteosi finale hanno trovato nel Giulini quella fermezza , quell ' energia e insieme quella misura che solo un concertatore di prim ' ordine e ormai perfettamente maturo per le maggiori prove poteva dare . Sul palcoscenico - ed è fatto poco frequente alla Scala - non un artista che appaia una forza sprecata , un pesce fuor d ' acqua . Agata è Victoria de Los Angeles di cui sarebbe inutile fare l ' elogio dopo il ricordo che ha lasciato fra noi : ha mezzi di grande concertista , senso stilistico perfetto , « attacchi » e modulazione eccezionali . Come attrice non si spreca ma il suo portamento è sempre nobile . Una sorpresa piovuta dal cielo è Eugenia Ratti che in un mese è alla sua terza opera alla Scala : già franca e disinvolta , domina una voce estesa , ferma e brillante che autorizza le migliori speranze . Il tenore Picchi nella difficile parte dell ' ingenuo Max canta con molta quadratura e sicurezza brani che darebbero il mal di mare se eseguiti da artisti più celebri di lui . E il Rossi Lemeni raffigura con forte dizione e perfetta arte scenica la parte del diabolico Kaspar , che gli permette , nella scena della foresta , di ottenere un vero successo personale . Tutti gli altri : l ' Adani , il Montarsolo , il Sordello , lo Zaccaria e lo Zampieri sono pienamente all ' altezza della situazione . La regia di Josef Gielen è di molto effetto ma non ci sarebbe spiaciuto che il nero diavolo Samiel si facesse vedere di più : non abbiamo sentito odor di bruciaticcio nel primo e nell ' ultimo quadro . Vivacemente colorati , troppo a nostro gusto , i bozzetti e i figurini di Nicola Benois . La musica di Weber ha un colore d ' anima , non un colore visivo . E forse non era necessario costruire un autentico otto volante nella Valle dei Lupi . I cori , istruiti da Norberto Mola , hanno cantato assai bene , senza esagerare nelle rustiche intonazioni che sono necessarie in questa partitura . Luci c pirotecnica nell ' infernale scena della fusione del piombo maledetto sono state amministrate con grande effetto . Il pubblico ha applaudito con calore alla fine di ogni quadro e il maestro Giulini , il regista Gielen , il Benois e il maestro Mola sono stati chiamati più volte alla ribalta coi principali interpreti . Applausi a scena aperta alla Los Angeles e alla Ratti , e alla fine un ' ovazione per tutti .
DEL DISTINTIVO MEZZE TINTE ALLA SBARRA ( PETRANGELI PAPINI FRANCESCO , 1941 )
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È ora di sfatare la leggenda che taluni fascisti , non portando il distintivo del Partito all ' occhiello , compiano un atto di indisciplina o di semplice menefreghismo . Compiono invece un atto di vera e mera viltà , inquantoché nel contempo non rinunciano , e non rinuncerebbero per la pelle , al possesso della tessera che loro serve egregiamente per il posto , per la tranquillità e per ogni opportunissima evenienza . Sono come quei fedeli che trovano prudente stare in pace con Dio e vanno a confessarsi prima di giorno , alla chetichella , passando dalla sagrestia . Anche alla storiella del distintivo lasciato sull ' altra giacca non credono più neppure ... le giacche : fate bene attenzione e vi accorgerete e convincerete che chi soffre di tali dimenticanze è sempre un fascista " all ' acqua di rose . " Nel cervello di uno squadrista , di un vero fascista certe lacune mnemoniche non si riscontrano mai . Strano , del resto , come quelli che dimenticano il distintivo , siano gli stessi che si scordano di indossare la camicia nera nelle solennità fasciste e di intervenire puntualmente alle adunate . Un altro fascista , redarguito per la stessa ragione , dichiarava con tono cattedratico che la fede non è nel distintivo , ma nel cuore . Chi può contraddirlo ? Sa bene l ' amico che non è stata ancora inventata la radioscopia per le ulcere dello spirito ... Quanta brava gente perde involontariamente il suo distintivo ! Bisognerà che i sarti si decidano a ridurre le misure delle asole nei risvolti delle giacche . Con queste asole di grosso calibro i distratti vanno incontro ad un ' infinità di seccature ...
«La Walchiria» di Wagner ( Montale Eugenio , 1955 )
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Fino a una trentina d ' anni fa l ' Italia aveva assimilato Wagner a modo suo : riducendolo , con molti tagli , a proporzioni ragionevoli e rendendolo così eseguibile da ugole italiane , in genere migliori di quelle tedesche ma molto meno resistenti alla fatica . Si era così formata una classe di buoni cantanti wagneriani in lingua italiana , oggi dispersa o dimenticata . È un peccato , perché qualche onesta Brunilde nostrana avrebbe potuto , con un po ' di riposo , trasformarsi in una decente Norma e magari in una accettabile Minnie pucciniana ( se è vero che alla Scala hanno rinunziato quest ' anno alla Fanciulla del West non avendo a disposizione un ' interprete adeguata ) . E i tenori italiani capaci di esser Sigfrido o Walter , oggi che il repertorio moderno impone un estremo eclettismo , avrebbero potuto trovare impiego in altre parti . In ogni modo le cose sono andate come tutti sanno ; e oggi anche in città di provincia italiane è facile che Wagner si dia in tedesco , con artisti tedeschi e in edizioni più o meno integrali , ma sempre di lunga durata . Venuto meno il compromesso che si era formato ( stile press ' a poco tedesco ma voci italiane e un po ' di respiro al pubblico ) , alquanto diradato lo stuolo dei « bidelli del Walhalla » , dei wagneriani intransigenti che si recavano a teatro con la loro brava guida tematica e che trovavano « troppo corto » l ' interminabile duetto fra Ortruda e Telramondo , nel Lohengrin ; sparito o quasi il manipolo dei maniaci che giudicavano il poema dei Nibelunghi come la summa di tutta una tradizione orfico - teosofica dopo la quale a poeti e musicisti non sarebbe restato che il compito d ' incrociar le braccia e tacere per sempre ; resta ancora ai drammi wagneriani della Tetralogia la possibilità di trovare in Italia un pubblico nuovo . È un pubblico composto , in parte , da nemici del melodramma di tipo nostrano , da gente che detesta le stupide parole dei nostri libretti e le inverosimili , indecifrabili trame che Donizetti e Verdi rivestirono di note . A coloro per i quali la sola musica è quella di Bach , a chi crede che il nostro melodramma sia « una barba » , Wagner offre uno strano rimedio che consiste nell ' intensificazione degli assurdi lamentati : una serie di canovacci talmente incomprensibili che non comprendere diventa una condizione favorevole all ' immersione nell ' opera d ' arte . L ' ascoltatore attuale ( italiano ) di Wagner non intende né le parole né i fatti e il suo godimento è in proporzione diretta dell ' assurdità della situazione in cui si vede immerso . Wagner offre situazioni , musica e canto allo stato puro , incandescente : è antologico perché potreste prenderlo a spizzico e ogni sua pagina ha sempre valore di morceau choisi , ma è anche unitario perché il suo segno è uguale dovunque . Per diversi motivi di fronte a Wagner devono arrendersi tanto i sostenitori dell ' arte come totalità ( che spesso vuol dir noia ) quanto i fedeli del « pezzo » , della scintilla , dell ' ispirazione . Furore e pedantesca lentezza , raptus e istrionica ricerca degli effetti sono le componenti del genio wagneriano , un genio riassuntivo che liquida molte possibilità e chiude per sempre molte porte . Dopo di lui i migliori musicisti furono coloro che lottarono tutta la vita per « non fare del Wagner » , magari utilizzando e componendo in nuova sintesi qualche suo spicciolo , qualche suo aspetto secondario . Da Wagner , soprattutto da quello del Tristano , viene gran parte del cromatismo della musica contemporanea , in particolare quello della musica seriale , dei dodici suoni in libertà ( o in nuova servitù ) . Ma Wagner era anche un inventore di formidabili temi , un mistico che tirava al sodo e applicava a colpo sicuro un suo particolare montaggio , con l ' intelligenza un po ' fredda e applicata del grande uomo di teatro e del grande letterato . I suoi successori più o meno diretti ( escluso lo Strauss operista , che un giorno sarà certo rivalutato ) mancano di quel côté bête in difetto del quale è inutile affrontare opere di lunga lena . Ieri sera abbiamo risentito dunque Wagner cantato in tedesco e nella sua integrità , diretto da un maestro come Otto Ackermann che non è un astro di prima grandezza ma possiede l ' autorità necessaria e che in opere simili ( e anche nel genere della musica leggera ) ha sempre dimostrato di sapere il fatto suo ; e abbiamo ascoltato cantanti di valore molto ineguale , ma tutti in possesso di un ottimo stile wagneriano . Che effetto ci farebbero oggi le vecchie esecuzioni di Mascheroni e di Rodolfo Ferrari , del tenore Borgatti e di Teresina Burchi ? È quasi impossibile dirlo . I cantanti italiani sono obbligati , dalla nostra lingua , ai suoni rotondi , impostati , all ' intonazione precisa : qualità che in Wagner , escluso s ' intende il Lohengrin , sono richieste in misura secondaria . Wagner stanca terribilmente le ugole italiane ; ho memoria di un Parsifal in cui tre Gurnemanz dovettero cedere le armi dopo una sola rappresentazione . Wotan e Brunilde parlano e cantano insieme , nelle nostre opere canto e recitativo sono regolati da leggi assai diverse . Martha Moedl ( Brunilde ) è come un motore che abbia incredibili qualità di ripresa : quando sembra stanca e si direbbe che l ' « appoggio » sia caduto , la sua impennata si dispiega ancora e la voce torna a espandersi quasi in modo immateriale . È una grande cantante e una buona Brunilde , anche se non possiamo chiederle la tempestosa , ciclonica vocalità di una Flagstad . Senza troppe finezze ma sonora come una tromba è la voce di Leonie Rysanek ( Siglinde ) ; e in questa esecuzione Siglinde potrebbe essere Brunilde o viceversa . Manca forse il distacco necessario . Bellissima voce , fin troppo dolce ha Grace Hoffmann , soddisfacente Fricka . Hans Hotter è un Wotan potente ed espressivo , di una resistenza eccezionale ; Ludwig Weber , vecchia conoscenza , dà molto carattere alla parte del bieco Hunding . Meno persuasivo è il Siegmund di Wolfgang Windgassen , che pure sopporta bene una parte massacrante . Non tutte egualmente disciplinate le otto Walkirie , signore Mariella Angioletti , Luisa Villa , Elfriede Wild , Veronica Wolfram , Nelde Clavel , Martha Thompson , Hanna Ludwig e , ancora , Grace Hoffmann . L ' allestimento scenico , i bozzetti e i figurini sono quelli , già noti , di Nicola Benois ; la regia è di Mario Frigerio , come sempre misuratissimo e pieno di buon senso . In complesso un ' esecuzione non tutta di prim ' ordine , ma di sicura impronta artistica . Il pubblico - un pubblico , naturalmente , da « tutto esaurito » - l ' ha applaudita a lungo , evocando molte volte alla ribalta i principali interpreti e il maestro Ackermann , la cui ancor bruna zazzera , quando si vedeva emergere dal golfo mistico , non ha avuto un attimo di riposo .