Miscellanea ,
1
.
-
-
LA
CORVETTA
«
CLAYMORE
»
Roma
,
24
marzo
1944
.
Si
sta
manipolando
la
cosiddetta
«
prima
lista
»
per
le
Fosse
Ardeatine
.
I
tedeschi
,
per
conto
loro
,
hanno
già
prelevato
dieci
ostaggi
.
«
Dissi
a
Carretta
di
cancellare
dieci
nomi
.
In
fondo
c
'
erano
i
nomi
di
otto
ebrei
.
Abbiamo
pensato
che
fossero
stati
aggiunti
all
'
ultima
ora
per
completare
il
numero
di
50
.
Così
Carretta
li
ha
cancellati
insieme
con
altri
due
nomi
scelti
a
caso
»
.
In
questi
termini
,
secondo
i
resoconti
dei
giornali
,
si
sarebbe
espresso
,
davanti
all
'
Alta
Corte
di
Giustizia
per
la
punizione
di
reati
fascisti
,
il
signor
Raffaele
Alianello
,
commissario
di
Pubblica
Sicurezza
,
appositamente
«
distaccato
»
da
un
campo
di
concentramento
,
perché
venisse
a
deporre
come
teste
al
processo
Caruso
.
È
noto
che
il
cervello
degli
sbirri
obbedisce
a
meccanismi
molto
elementari
.
Nell
'
esercizio
delle
proprie
funzioni
,
e
soprattutto
agli
occhi
delle
vittime
,
lo
sbirro
può
anche
apparire
diabolicamente
ingegnoso
,
penetrativo
,
psicologo
.
Che
guizzi
di
spiritata
fantasia
,
quali
sataniche
escogitazioni
,
che
prontezza
e
perspicacia
di
lettore
d
'
anime
,
di
radiologo
delle
coscienze
,
che
bravura
di
commediante
consumato
nel
passare
dal
patetico
al
sardonico
,
dalla
bonarietà
accorata
e
paterna
alla
glaciale
ferocia
.
Senonché
questa
specie
di
nefasta
intelligenza
non
gli
appartiene
in
proprio
,
anzi
gli
proviene
da
una
doppia
delega
.
Una
delega
,
per
così
dire
,
dal
basso
:
nel
senso
che
la
vittima
,
ridotta
allo
stato
di
passività
,
proietta
sull
'
aguzzino
la
propria
intelligenza
imbavagliata
,
e
a
lui
la
attribuisce
;
è
la
psicosi
della
vittima
,
che
prende
corpo
nella
figura
dello
sbirro
e
le
regala
tutte
le
proprie
fantasie
morbose
,
le
figurazioni
dei
propri
incubi
,
le
sottigliezze
delle
proprie
apprensioni
.
E
una
delega
dall
'
alto
:
nel
senso
che
quell
'
intelligenza
,
da
cui
lo
sbirro
si
sente
soggettivamente
animato
,
non
è
che
una
investitura
scesagli
per
li
rami
da
un
qualsiasi
irraggiungibile
«
Lui
»
.
Di
Lui
si
osa
appena
accennare
con
un
gesto
sornione
del
pollice
,
che
indica
dietro
le
spalle
verso
l
'
alto
;
si
osa
appena
sussurrarne
il
nome
.
Lo
sbirro
crede
e
si
appoggia
ai
propri
capi
,
i
quali
alla
loro
volta
credono
e
si
appoggiano
ai
propri
capi
,
e
così
di
seguito
fino
al
Capo
.
E
questo
Re
della
Camera
Oscura
,
questo
Dottor
Mabuse
,
facendo
perdere
lungo
la
trafila
l
'
esatta
nozione
di
sé
,
si
lascia
supporre
pressoché
onnipotente
,
impunibile
quant
'
è
impunito
,
e
capace
di
procurare
l
'
impunità
.
«
Questa
è
l
'
arte
di
non
farsi
conoscere
»
riflette
il
tiranno
Oloferne
,
nella
Giuditta
di
Hebbel
«
di
restare
sempre
un
mistero
»
.
Ed
è
la
grande
regola
per
fondare
le
tirannidi
e
il
terrore
.
La
cosa
si
è
vista
bene
in
Germania
,
quando
i
nazisti
si
impossessarono
del
paese
.
I
gregari
ripetevano
la
loro
energia
e
ogni
altra
risorsa
dai
gerarchi
,
i
quali
la
ripetevano
da
Hitler
,
il
quale
parlava
di
un
arcano
cassetto
,
dove
teneva
chiuso
un
piano
economico
sociale
per
la
rigenerazione
del
Reich
.
Rauschning
ci
ha
rivelato
che
quel
cassetto
era
vuoto
.
Alla
base
di
ogni
tirannide
,
o
terrore
,
c
'
è
quel
cassetto
vuoto
.
L
'
apparente
intelligenza
e
capacità
degli
esecutori
-
-
perspicacia
di
poliziotti
o
audacia
di
militi
-
-
dipendono
dalla
fede
in
quel
cassetto
.
Aperto
il
cassetto
e
trovatolo
vuoto
,
anche
Alianello
è
ricaduto
nella
originaria
semplicità
.
E
probabilmente
avrà
ragionato
:
«
Non
solo
i
signori
dell
'
Alta
Corte
e
i
pochi
invitati
seguono
il
processo
del
mio
ex
capo
Caruso
,
ma
l
'
opinione
pubblica
di
tutta
Italia
e
,
in
certo
senso
,
di
tutto
il
mondo
.
Quanti
occhi
abbiamo
addosso
.
E
il
guaio
è
che
in
questi
giorni
gli
affari
vanno
male
:
oggi
è
il
campo
di
concentramento
,
e
domani
chi
sa
.
Forza
,
cerchiamo
di
renderci
benevoli
tutti
questi
occhi
,
di
impressionarli
favorevolmente
.
Un
'
occasione
come
questa
è
difficile
che
si
ripeta
:
qui
però
bisogna
far
centro
al
pruno
colpo
,
non
c
'
è
tempo
da
perdere
.
Occorre
dar
subito
,
dare
abilmente
,
tra
le
righe
,
la
prova
provata
,
palmare
che
,
mentre
i
cattivi
collaboravano
coi
«
nazifascisti
»
,
noi
eravamo
invece
tra
i
buoni
.
Ma
il
problema
,
in
fondo
,
è
semplice
.
Quello
che
ieri
era
nero
oggi
è
diventato
bianco
,
e
viceversa
.
Qual
era
,
sul
cartellino
segnaletico
del
fascismo
,
il
connotato
più
caratteristico
?
Quali
le
impronte
digitali
del
fascismo
?
Diamine
,
la
persecuzione
degli
ebrei
.
Quale
,
di
conseguenza
,
il
più
incontrovertibile
connotato
dell
'
antifascismo
?
-
-
La
protezione
degli
ebrei
.
I
fascisti
,
quando
comandavano
loro
,
deploravano
:
peggio
,
punivano
il
pietismo
verso
gli
ebrei
.
Mostriamo
di
essere
stati
pietisti
,
di
avere
avuto
questo
coraggio
,
e
risulteremo
senz
'
altro
iscritti
,
iscritti
d
'
ufficio
,
senz
'
ombra
di
contestazione
,
nei
ranghi
dell
'
antifascismo
.
Dai
,
giovinotto
,
attaccati
agli
ebrei
,
tutto
fa
brodo
,
anche
la
carne
sbattezzata
.
Fai
vedere
di
aver
derivato
a
favore
degli
ebrei
il
cavo
preferenziale
della
benevolenza
»
.
Concluso
così
il
suo
silenzioso
ragionamento
,
il
teste
parla
.
E
,
giurato
di
dire
la
verità
,
tutta
la
verità
,
nient
'
altro
che
la
verità
,
pronuncia
queste
parole
,
che
giustamente
confida
siano
per
diventare
memorabili
:
«
Dalla
prima
lista
delle
Fosse
Ardeatine
ho
subito
,
per
prima
cosa
,
cassato
i
nomi
di
otto
ebrei
»
.
Dentro
di
sé
;
Alianello
si
frega
le
mani
:
ha
messo
,
non
già
al
muro
,
ma
spalle
al
muro
,
Alta
Corte
,
invitati
,
opinione
pubblica
d
'
Italia
e
del
mondo
intero
.
Il
nembo
di
sospetti
e
di
prevenzioni
che
lo
fasciava
,
va
ora
svaporando
,
si
va
ora
tingendo
di
un
dolce
colore
di
nube
rosata
:
una
di
quelle
nuvole
che
somigliano
a
cigni
,
o
cherubini
in
volo
.
Salvare
delle
vite
umane
,
e
delle
vite
innocenti
,
è
tale
atto
che
nessun
errore
o
debolezza
successiva
possono
infirmarne
la
bontà
.
Ma
certo
la
deposizione
del
teste
Alianello
nel
processo
del
20
settembre
rifluisce
sul
gesto
del
commissario
Alianello
durante
la
giornata
del
24
marzo
,
egli
si
sovrappone
in
maniera
,
quanto
meno
,
ambigua
.
Guardiamola
sovrapposizione
da
una
prospettiva
di
ebrei
.
Il
sentimento
che
essa
suscita
è
mescolato
e
complesso
.
Gli
ebrei
hanno
l
'
impressione
di
trovarsi
a
bordo
della
«
Claymore
»
,
la
corvetta
di
cui
Victor
Hugo
parla
nel
romanzo
del
Novantatre
.
Un
marinaio
per
negligenza
l
'
ha
messa
a
repentaglio
di
naufragio
.
Con
sovrumano
valore
e
disprezzo
della
propria
vita
,
il
marinaio
si
riscatta
,
salvala
nave
.
Il
marchese
di
Lantenac
lo
decora
al
valore
,
e
poi
immediatamente
lo
fa
giustiziare
.
Ce
ne
fossero
stati
,
ce
ne
fossero
ancora
tanti
,
degli
Alianelli
.
Fossero
stati
ancora
più
numerosi
qui
a
Roma
,
dove
si
può
dire
che
.
non
c
'
è
casa
,
non
c
'
è
famiglia
ebraica
nella
quale
,
tornando
dopo
questi
mesi
,
non
si
abbia
paura
di
chiedere
notizie
dei
congiunti
più
stretti
.
Già
troppe
volte
ci
siamo
visti
opporre
dei
visi
chiusi
,
severi
,
che
si
vietano
qualunque
espressione
come
superflua
,
come
sproporzionata
agli
avvertimenti
:
-
-
Presi
,
deportati
quella
mattina
del
16
ottobre
.
Non
se
ne
è
saputo
più
niente
.
-
-
Dove
ancora
,
in
quel
non
aver
più
saputo
,
c
'
è
un
tentativo
di
eufemismo
pietoso
,
uno
sfiduciato
barlume
di
speranza
,
che
cerca
di
smentire
il
presagio
,
il
timore
,
forse
la
certezza
,
più
funesti
.
Ce
ne
fossero
stati
degli
Alianelli
a
Varsavia
e
a
Lublino
,
sulle
banchine
donde
partirono
,
e
partono
,
i
vagoni
piombati
,
furgoni
senza
più
carico
umano
,
ma
solo
carne
da
strazio
e
gemiti
e
pianto
;
nelle
città
,
dove
in
qualche
via
signorile
e
un
poco
fuori
mano
,
edifici
stupidi
,
sordi
,
apparentemente
senza
destinazione
,
ville
dalle
persiane
chiuse
,
nascondono
nei
sotterranei
le
camere
della
tortura
.
Ce
ne
fossero
stati
,
ce
ne
fossero
ancora
,
dove
ancora
il
nazismo
fa
strage
.
Benedetti
gli
Alianelli
,
e
sciagurato
chi
si
attentasse
di
togliere
anche
una
virgola
alla
gratitudine
che
si
meritano
.
Il
mescolato
sentimento
degli
ebrei
,
di
fronte
alle
autodifese
degli
Alianelli
,
non
vuole
nemmeno
essere
ridotto
alla
normale
reazione
di
chi
,
senza
saperlo
e
senza
mai
esservisi
prestato
,
si
vede
ridotto
a
una
delle
due
carte
,
e
sia
pure
a
quella
favorevole
-
-
alla
matta
-
-
del
«
doppio
gioco
»
.
Che
è
poi
una
maniera
di
essere
,
e
di
sentirsi
,
giocati
...
Questo
doppio
gioco
,
applauditissimo
in
prima
istanza
e
,
come
si
dice
,
a
botta
calda
,
viene
di
giorno
in
giorno
più
adeguatamente
squalificato
.
Tra
l
'
altro
ha
il
difetto
di
volere
surrettiziamente
reintegrare
con
tutti
gli
onori
,
anzi
agghindato
di
un
'
aureola
di
merito
civico
,
il
metodo
dell
'
ambiguità
canagliesca
,
del
contegno
bifido
e
furbastro
,
del
fine
giustifica
i
mezzi
.
Proprio
quando
,
col
Machiavelli
di
Mussolini
,
pare
a
tutti
che
basti
.
Il
mondo
ha
finalmente
il
diritto
di
sentirsi
pulito
,
mentre
gli
eroi
del
doppio
gioco
si
adoperano
a
fargli
ritrovare
,
alle
sue
stesse
basi
,
nel
suo
stesso
atto
di
rinascita
,
un
certo
tipo
di
manovra
che
non
poteva
essere
inventata
se
non
nel
carosello
dei
corruttori
corrotti
,
dove
la
parola
d
'
ordine
,
l
'
emblema
era
(
chiediamo
scusa
)
il
«
far
fesso
»
.
Ma
tutto
questo
riguarda
ancora
il
costume
in
generale
,
rientra
nel
comune
senso
di
civismo
.
Abbiamo
detto
di
voler
guardare
da
una
specifica
prospettiva
ebraica
.
E
scartiamo
anche
l
'
altra
ipotesi
:
che
soltanto
a
un
soprassalto
del
millenario
,
proverbiale
,
durocervicato
e
protervo
orgoglio
semitico
si
possa
ascrivere
il
malessere
di
dovere
qualche
cosa
a
un
Alianello
,
di
essere
trascinati
a
figurare
alla
sbarra
con
lui
,
testi
a
discolpa
del
teste
.
Da
alcuni
secoli
gli
ebrei
sono
perseguitati
da
un
terribile
tipo
:
tanto
più
pericoloso
perché
suscitato
da
un
poeta
eccelso
,
che
gli
ha
infuso
il
proprio
dono
di
eternità
.
E
in
lui
ha
condensato
antiche
e
nuove
accuse
della
diffidenza
antisemita
:
da
quella
dell
'
omicidio
rituale
,
se
così
può
dirsi
,
a
quella
dell
'
esosità
usuraia
e
inesorabile
.
Si
tratta
del
personaggio
di
Shylock
.
(
Il
Mercante
di
Venezia
venne
ripreso
,
neghi
ultimi
anni
del
fascismo
,
da
un
astuto
capocomico
,
oggi
collaborazionista
,
per
onorare
con
illustri
lusinghe
la
campagna
razziale
)
.
Facilmente
si
dimentica
che
Shylock
agisce
sotto
l
'
assillo
dell
'
amore
paterno
tradito
,
dell
'
onore
e
dell
'
istinto
familiare
conculcati
.
Shylock
appare
invece
come
nient
'
altro
che
l
'
ebreo
,
il
mercante
ebreo
,
che
non
sente
ragioni
;
che
pretende
,
esige
,
si
fa
pagare
la
libbra
di
carne
viva
prelevata
sul
corpo
del
debitore
insolvente
.
Offesi
da
questa
secolare
denunzia
,
che
tutte
le
ribalte
del
mondo
hanno
instancabilmente
riproposta
al
giusto
sdegno
delle
platee
,
che
gli
scaffali
delle
biblioteche
di
tutto
il
mondo
quotidianamente
ridiffondono
,
quale
sentimento
possono
provare
gli
ebrei
,
quando
gli
tocca
di
accorgersi
che
Shylock
non
è
solo
un
'
ingiuria
,
ma
una
soperchieria
:
che
troppe
volte
accade
proprio
a
loro
di
essere
le
vittime
di
sempre
nuove
incarnazioni
e
imprevedute
varietà
di
Shylock
?
E
ora
;
mentre
nei
paesi
liberati
risorride
per
essi
la
luce
,
ora
che
ogni
mattina
,
al
risvegliarsi
,
si
domandano
se
l
'
aria
che
respirano
è
proprio
davvero
l
'
aria
di
questo
mondo
,
ecco
che
un
nuovo
Shylock
viene
avanti
e
,
forte
del
proprio
credito
,
chiede
non
già
un
pezzo
di
carne
viva
ma
una
passiva
complicità
nel
dimostrare
la
purezza
,
di
lui
Shylock
,
e
l
'
intemerata
sua
fede
antifascista
.
Avessero
la
fantasia
di
scherzare
,
gli
ebrei
si
domanderebbero
:
-
-
Chi
è
,
nel
senso
ingiurioso
della
parola
,
nel
senso
dell
'
esosità
,
chi
è
il
vero
ebreo
?
È
probabile
che
il
caso
Alianello
conti
solo
per
quello
che
vale
.
Però
è
un
sintomo
.
E
alla
sensibilità
non
ancora
rimarginata
degli
ebrei
dice
che
la
campagna
razziale
non
è
finita
.
La
persecuzione
continua
.
Sappiamo
la
risposta
:
questa
è
ipersensibilità
morbosa
,
da
curarsi
;
è
pignoleria
talmudistica
,
è
gusto
corrosivo
del
paradosso
,
vecchie
malattie
giudaiche
.
Se
fosse
sensibilità
morbosa
,
cioè
segno
di
mentalità
poco
socievole
,
ne
chiederemmo
scusa
.
Se
possa
apparire
pignoleria
talmudistica
,
rispondiamo
che
il
pretesto
Alianello
non
è
accattato
né
sofisticato
per
fatua
libidine
di
casuisti
:
sarà
un
pretesto
,
ma
per
dire
le
nostre
ragioni
,
per
parlare
a
suocera
e
a
nuora
,
a
quelli
che
i
fascisti
chiamavano
«
ariani
»
,
e
a
noi
stessi
ancora
.
Che
poi
sia
paradosso
,
neghiamo
,
e
cercheremo
di
dimostrarlo
.
2
.
-
-
Il
Ghetto
e
l
'
Arca
di
Noè
Il
caso
che
si
presentava
al
commissario
Alianello
e
al
suo
collega
era
il
seguente
:
una
lista
di
60
nomi
,
di
cui
10
in
soprannumero
.
Dunque
,
10
persone
da
salvare
:
da
salvare
,
se
così
può
dirsi
,
legalmente
,
a
rigore
di
Diktat
,
senza
lode
speciale
,
ma
anche
senz
'
alea
.
Quei
60
erano
tutti
egualmente
innocenti
.
In
simili
casi
si
tira
a
sorte
:
è
la
regola
di
prammatica
,
subito
dopo
quella
del
«
prima
le
donne
e
i
bambini
»
,
in
tutti
gli
incendi
,
naufragi
,
alluvioni
e
altre
emergenze
del
genere
.
Anche
l
'
Alianello
un
giorno
è
stato
bambino
:
a
noi
adesso
pare
impossibile
,
ma
deve
avere
anche
lui
ruzzato
,
giocato
sui
prati
dell
'
infanzia
.
E
avrà
cantato
anche
lui
,
come
tutti
,
la
vecchia
filastrocca
del
piccolo
naviglio
che
non
potea
,
non
potea
più
navigar
.
E
sul
piccolo
naviglio
allor
si
gioca
alla
più
corta
paglia
,
per
scegliere
chi
sopravviverà
.
Non
se
ne
è
ricordato
nel
pomeriggio
del
24
marzo
?
Certo
che
se
ne
è
ricordato
:
tanto
è
vero
che
lui
e
il
collega
,
cancellati
preventivamente
gli
otto
ebrei
,
scelsero
«
a
caso
»
(
parole
testuali
del
teste
)
gli
altri
due
nomi
.
Perché
gli
ebrei
ebbero
il
privilegio
,
la
precedenza
?
Perché
;
su
dieci
posti
,
se
ne
portarono
via
otto
?
L
'
ingiustizia
era
uguale
per
tutti
.
Non
si
dica
che
sugli
altri
pendevano
accuse
precise
:
che
la
loro
sorte
,
anche
senza
quella
rappresaglia
,
era
già
decisa
,
scontata
.
Primo
:
se
due
nomi
furono
scelti
a
caso
,
anche
gli
altri
otto
potevano
essere
scelti
a
caso
.
Secondo
:
sugli
ebrei
gravava
l
'
accusa
razziale
,
con
cui
sotto
i
nazi
c
'
era
poco
da
scherzare
.
Ma
all
'
Alianello
gli
ebrei
dovevano
apparire
come
degli
innocenti
più
innocenti
,
delle
ingiuste
vittime
più
ingiustamente
vittime
.
Non
invano
,
da
anni
,
la
propaganda
fascista
li
additava
alla
esecrazione
e
all
'
eccidio
;
non
invano
,
da
anni
,
la
propaganda
degli
uomini
liberi
rispondeva
che
la
campagna
razziale
era
l
'
obbrobrio
numero
uno
,
la
tipica
iniquità
delle
dittature
reazionarie
:
che
quello
subito
dagli
ebrei
era
il
primo
torto
da
risarcire
,
che
la
riparazione
verso
gli
ebrei
doveva
essere
quasi
il
primo
simbolo
della
riscossa
,
delle
libertà
restituite
ai
popoli
.
La
gente
del
tipo
Alianello
-
-
piccola
borghesia
suscettibile
,
credula
,
presuntuosa
,
impressionabile
,
eccitabile
,
laureata
in
legge
,
abbastanza
evoluta
per
potersi
credere
delle
idee
,
non
abbastanza
per
averne
-
-
quella
gente
è
la
più
plastica
argilla
per
la
propaganda
.
Sono
gli
ardenti
neofiti
di
ogni
verbo
pubblicitario
,
i
catecumeni
dello
slogan
.
Nel
salvare
preferenzialmente
gli
ebrei
,
in
vista
dei
propri
meriti
futuri
,
l
'
Alianello
subì
una
parola
d
'
ordine
pubblicitaria
:
come
chi
compra
il
dentifricio
più
lanciato
,
ripromettendosene
per
l
'
indomani
i
denti
più
bianchi
.
Obbedì
a
uno
slogan
.
Avesse
detto
almeno
:
gettate
le
sorti
,
uscirono
otto
ebrei
.
Ma
no
:
sottolineò
il
partito
preso
.
Ancora
un
partito
preso
.
Una
«
campagna
»
di
riparazione
,
che
rovescia
una
«
campagna
»
di
distruzione
:
una
campagna
sempre
.
Sotto
i
nazi
,
gli
ebrei
si
sono
sentiti
,
e
si
sentono
,
il
soggetto
o
il
predicato
,
il
nominativo
o
l
'
accusativo
,
o
il
dativo
di
uno
slogan
di
morte
:
«
scacciamo
gli
ebrei
,
sterminiamo
gli
ebrei
»
.
Tra
gli
uomini
che
si
avviano
a
ridiventare
liberi
,
si
sentono
daccapo
,
con
un
parallelismo
impressionante
,
gli
accusativi
o
i
dativi
di
uno
slogan
benefico
:
«
salviamo
gli
ebrei
,
ricompensiamo
gli
ebrei
»
.
Dativi
o
accusativi
:
cioè
,
come
insegna
l
'
analisi
logica
,
dei
«
casi
»
.
Ciò
che
li
preoccupa
,
che
li
mette
a
disagio
è
appunto
di
rimanere
un
caso
:
l
'
eterno
,
irrimediabile
caso
ebraico
.
Lo
slogan
li
rinchiude
come
un
Ghetto
.
Anche
se
,
per
avventura
,
somigli
all
'
Arca
di
Noè
.
Dentro
la
quale
sono
buttati
,
stipati
alla
rinfusa
;
senza
riguardo
ai
loro
torti
o
,
meriti
,
ai
vizi
umani
o
al
valore
;
senza
che
si
tenga
conto
,
per
loro
,
della
nozione
-
-
non
diremo
neppure
dell
'
individuo
-
-
ma
dell
'
uomo
.
Perseguitati
,
proscritti
,
ammazzati
,
non
già
per
le
loro
idee
o
il
loro
comportamento
,
ma
come
facenti
parte
di
un
'
entità
collettiva
,
come
«razza».,
anche
i
loro
benefattori
,
quando
è
l
'
ora
di
salvarli
,
non
li
allineano
fra
gli
altri
uomini
,
a
parità
di
cimenti
o
di
fortune
;
anzi
,
li
salvano
in
blocco
,
rappresentanti
quasi
anonimi
,
e
non
meglio
qualificati
,
di
una
«
razza
»
:
particelle
segnacaso
.
Hitler
,
Mussolini
e
Alianello
.
Il
cuore
,
come
si
sa
,
ha
le
sue
ragioni
,
che
prescindono
dalla
.
ragione
,
e
perfino
dal
gusto
di
avere
ragione
.
Gli
innamorati
delusi
reclamano
,
se
non
l
'
amore
,
quanto
meno
l
'
odio
.
Essere
segno
di
affetti
precisi
,
motivati
è
la
sola
maniera
,
per
il
cuore
,
di
sentirsi
vivo
:
è
,
per
così
dire
,
la
sua
dignità
.
Odiava
Mussolini
gli
ebrei
?
Sappiamo
soltanto
che
nel
1938
li
diede
in
cambio
di
una
più
stretta
alleanza
con
Hitler
,
li
barattò
come
numerario
,
li
sillabò
a
mandibola
protratta
,
come
soleva
per
l
'
argomento
forte
delle
sue
concioni
.
Faceva
,
in
quel
momento
,
della
demagogia
internazionale
.
Ama
Alianello
gli
ebrei
?
Sappiamo
che
,
al
processo
Caruso
,
li
barattò
contro
la
pulizia
e
illibatezza
della
propria
fedina
politica
:
argomento
di
demagogia
antifascista
.
Come
con
Mussolini
non
si
sentirono
oggetto
di
un
vero
odio
sincero
passionale
fisico
così
col
soccorrevole
commissario
gli
ebrei
non
hanno
beneficiato
di
un
vero
amore
solidale
,
caritativo
e
,
per
dire
la
parola
,
cristiano
.
Oh
insomma
:
che
cosa
vogliono
questi
ebrei
?
dell
'
odio
?
smaniano
per
una
persecuzione
autenticata
di
detestazione
?
si
permettono
,
con
i
tempi
che
corrono
,
il
lusso
di
simili
masochismi
?
Non
hanno
che
da
rivolgersi
ai
tedeschi
!
Ma
anche
qui
:
a
parte
gli
isterismi
di
Hitler
,
a
parte
i
vecchi
e
nuovi
cavilli
del
tradizionale
antisemitismo
germanico
,
risultò
subito
-
-
e
lo
spiegò
Trozkij
fin
dal
1933
-
-
che
Hitler
,
dovendo
defraudare
il
proletariato
tedesco
della
lotta
di
,
classe
,
in
cambio
gli
largì
la
campagna
razziale
.
Gli
ebrei
furono
il
primo
«
surrogato
»
nel
Reich
dei
surrogati
.
Furono
un
argomento
di
demagogia
sociale
.
Pare
che
,
tra
i
mestieri
umilianti
,
quello
dell
'
uomo
-
sandwich
sia
uno
dei
più
umilianti
.
I
disgraziati
vanno
in
giro
,
ostentando
su
cartelli
retorici
,
pupazzettati
,
stentorei
e
spesso
buffoneschi
la
pubblicità
di
prodotti
che
non
li
riguardano
e
che
il
più
delle
volte
essi
non
conoscono
.
Gli
ebrei
,
costretti
nei
paesi
di
più
severa
persecuzione
a
circolare
tenendo
in
mostra
bracciali
o
stelle
gialle
o
altrettanti
gingilli
di
riconoscimento
,
hanno
forse
provato
una
sensazione
da
uomini
sandwiches
:
e
infatti
anche
loro
stavano
servendo
la
pubblicità
di
un
ritrovato
demagogico
,
a
cui
erano
estranei
.
Con
la
differenza
che
l
'
uomo
sandwich
si
guadagna
la
vita
,
e
gli
ebrei
si
guadagnano
la
morte
.
Si
sa
che
cosa
sono
i
portatori
di
malattie
.
Un
giorno
il
pediatra
vi
capita
in
casa
,
prende
un
«
tampone
»
nella
gola
dei
vostri
bambini
,
e
dopo
24
o
48
ore
vi
telefona
che
all
'
analisi
si
è
constatato
il
bacillo
della
difterite
.
Grazie
al
cielo
,
i
bambini
stanno
benissimo
:
nell
'
esuberanza
della
salute
,
si
esaltano
all
'
idea
delle
placche
in
gola
,
della
febbre
a
quaranta
,
dell
'
iniezione
di
siero
.
La
difterite
gioca
,
invisibile
,
ai
«
quattro
cantoni
»
nella
camera
dei
giochi
.
Ma
intanto
i
bambini
sono
dichiarati
«
portatori
»
e
costretti
alla
quarantena
.
E
vi
assediano
di
domande
:
non
capiscono
che
cosa
sia
l
'
essere
ammalati
,
quando
si
è
sani
.
Anche
gli
ebrei
vennero
,
più
o
meno
d
'
improvviso
,
dichiarati
«
portatori
»
:
e
invano
cercarono
il
germe
ch
'
erano
accusati
di
tenere
addosso
,
invano
si
guardarono
d
'
attorno
per
vedere
se
avessero
contagiato
qualcuno
.
Gli
«
altri
»
,
intorno
a
loro
,
splendevano
di
salute
.
Gli
«
altri
»
si
sentivano
così
forti
che
avevano
perfino
voglia
di
menare
le
mani
,
di
spendersi
negli
sports
più
esuberanti
:
e
infatti
,
di
lì
a
poco
,
cominciarono
la
guerra
.
Dal
momento
che
alla
persecuzione
non
c
'
era
mezzo
di
sfuggire
,
gli
ebrei
tentarono
quanto
meno
di
trovarne
i
motivi
,
di
dare
ragione
ai
loro
persecutori
;
che
sarebbe
stato
un
modo
di
alleviarsi
la
pena
,
riconoscendone
almeno
la
logica
.
Con
tutta
la
buona
volontà
,
non
vi
riuscirono
.
Qual
era
il
vizio
,
quale
il
peccato
,
che
così
inesorabilmente
faceva
di
loro
un
pericolo
pubblico
?
Le
persecuzioni
del
passato
si
spiegano
ancora
,
quasi
come
guerre
locali
:
a
quei
tempi
gli
ebrei
costituivano
,
volenti
o
nolenti
,
una
cellula
,
un
nucleo
chiuso
,
uno
specifico
conglomerato
sociale
,
che
riusciva
facile
di
contrapporre
agli
altri
-
-
come
la
tribù
di
zingari
accampati
all
'
orlo
della
città
,
provocanti
per
la
loro
stranezza
e
diversità
di
costume
,
offensivi
per
quella
stessa
singolarità
e
isolamento
,
a
cui
li
si
era
costretti
-
-
e
dichiarargli
guerra
con
gli
editti
o
coi
bastoni
.
Ma
stavolta
?
Bisognò
cominciare
col
rifabbricare
,
in
astratto
e
con
procedimenti
da
laboratorio
,
il
gruppo
«
ebrei
»
;
poi
farvi
confluire
gli
individui
,
strappandoli
alla
loro
individualità
,
al
mondo
in
cui
vivevano
,
alle
loro
abitudini
e
lavori
e
commerci
e
scambi
pratici
e
spirituali
,
svellendone
le
radici
,
a
costo
di
qualunque
lacerazione
,
non
solo
degli
estirpati
,
ma
di
tutto
il
suolo
in
cui
allignavano
.
L
'
astrattezza
di
una
simile
operazione
si
vede
anche
dal
lavoro
che
fu
necessario
per
compierla
:
arido
lavoro
di
statistica
e
di
anagrafe
,
censimenti
,
moduli
,
dichiarazioni
,
registri
,
stampati
,
caselle
,
colonnine
e
finche
.
Ripetiamo
:
non
si
isolava
un
gruppo
umano
;
si
confezionava
uno
dei
termini
grammaticali
per
una
frase
propagandistica
a
grande
effetto
.
Parentesi
.
Che
cosa
sia
l
'
ebraismo
negli
ebrei
,
è
questione
da
non
venirne
così
facilmente
a
capo
.
In
ogni
caso
,
si
tratta
d
'
una
faccenda
di
stretta
intimità
.
Non
si
nega
che
ci
siano
modi
interiori
,
originali
,
profondi
di
sentirsi
ebrei
;
ma
son
cose
di
privato
sentimento
,
tutte
confinate
nella
zona
dei
pudori
,
non
mai
estrovertite
nell
'
azione
:
e
non
toccano
quindi
il
contegno
sociale
dell
'
uomo
,
né
lo
differenziano
da
quello
dei
suoi
simili
-
-
e
tanto
meno
glielo
contrappongono
.
(
Chi
volesse
fare
il
sottile
direbbe
,
se
mai
,
che
la
sola
differenza
è
nello
sforzo
di
non
differenziarsi
,
che
talvolta
può
anche
essere
ingrato
;
ma
comunque
è
offensivo
più
per
chi
sia
costretto
a
farlo
,
che
per
chi
l
'
abbia
in
qualche
modo
provocato
,
e
in
nessun
caso
è
tale
da
turbare
l
'
ordine
del
mondo
o
da
minare
le
basi
della
società
)
.
Sentirsi
ebrei
sarà
un
sentir
rinascere
dal
fondo
-
-
nelle
ore
di
più
geloso
raccoglimento
,
ore
quasi
inconfessabili
tanto
sono
intime
-
-
vecchie
cantilene
sinagogali
,
udite
ai
tempi
dell
'
infanzia
nella
pigra
monotonia
di
grevi
crepuscoli
,
in
una
luce
di
ceri
stanchi
che
tremava
sulla
berretta
del
cantore
,
solo
,
in
piedi
,
laggiù
sul
tabernacolo
deserto
:
e
su
quelle
cantilene
l
'
anima
si
inflette
in
errabonde
ricerche
del
tempo
perduto
:
desolati
a
tu
per
tu
con
squallori
senza
tempo
,
bruciori
di
lacrime
mal
rasciugate
,
tremolar
di
sorrisi
senza
scampo
,
un
abbracciarsi
con
le
ombre
dei
limbi
,
struggenti
agnizioni
di
avi
mai
conosciuti
,
e
un
segreto
di
inenarrabili
malinconie
,
e
il
crollare
indefesso
contro
invisibili
muri
del
pianto
.
Ah
,
il
pensiero
non
va
più
sull
'
ali
dorate
,
più
non
si
posa
sui
clivi
e
sui
colli
.
Lungo
i
fiumi
di
Babilonia
,
sul
cammino
dei
salici
,
l
'
eterno
errante
troverà
forse
una
sua
via
,
e
un
antico
passo
e
un
gesto
ancestrale
,
per
calarsi
nella
regione
delle
Madri
,
per
andare
a
interrogare
la
«
bocca
d
'
ombra
»
.
E
in
ciò
si
veda
pure
un
'
equazione
personale
tra
l
'
uomo
e
la
Natura
,
tra
l
'
uomo
e
Dio
:
non
mai
un
'
equazione
personale
tra
l
'
uomo
e
la
società
,
tra
l
'
uomo
e
la
storia
contemporanea
.
E
d
'
altronde
non
erano
queste
le
cose
che
potessero
venire
ascritte
a
colpa
degli
ebrei
.
E
gli
ebrei
continuavano
a
domandarsi
quella
colpa
quale
fosse
,
e
dove
.
Un
aperto
e
umanissimo
scrittore
ha
bollato
la
mostruosità
delle
leggi
razziali
,
osservando
che
esse
colpivano
«
non
le
azioni
responsabili
delle
creature
umane
,
ma
il
delitto
di
essere
nati
»
.
E
chi
veramente
con
la
morte
espiò
quel
delitto
,
non
è
tornato
a
dirci
se
,
nell
'
ora
del
supplizio
,
ne
capì
finalmente
la
colpa
.
Certo
i
persecutori
hanno
saputo
immaginare
le
camere
dei
gas
e
tutte
le
più
efferate
maniere
di
uccisione
:
quelle
che
fanno
morire
con
la
faccia
stravolta
,
col
labbro
contratto
nell
'
urlo
e
nella
maledizione
,
che
tolgono
al
trapasso
i
suoi
sovrannaturali
compensi
e
promesse
,
di
pace
almeno
e
di
silenzio
,
le
rasserenanti
visioni
di
limbi
o
di
elisi
,
l
'
erba
sotto
i
piedi
e
l
'
azzurro
sul
capo
.
Tra
gli
orridi
sudori
e
i
geli
di
agonie
terrificanti
,
quegli
sciagurati
avranno
forse
violato
,
con
un
raccapriccio
più
atroce
della
stessa
asfissia
,
i
talami
remoti
in
cui
si
erano
congiunti
gli
amori
dei
loro
parenti
:
infausti
connubi
,
che
nel
grembo
delle
madri
dovevano
deporre
il
seme
di
mostri
maledetti
,
ora
contorcentisi
nella
soffocazione
di
quelle
camere
della
morte
.
E
il
lezzo
dei
gas
avrà
imputridito
le
primavere
nuziali
,
in
cui
i
padri
e
le
madri
si
erano
scambiati
il
primo
sguardo
d
'
amore
.
Forse
allora
,
in
quei
deliri
,
il
delitto
di
essere
nati
si
precisò
in
un
'
accusa
contro
chi
li
aveva
messi
al
mondo
:
come
dicono
avvenga
,
durante
le
crisi
,
ai
figli
dei
sifilitici
e
dei
tabetici
,
concepiti
in
un
'
ora
di
sozza
e
infetta
libidine
.
Per
un
attimo
poté
sedimentarsi
il
senso
di
una
colpa
,
risalire
le
generazioni
.
Ma
era
una
bestemmia
,
strappata
dalle
torture
.
E
l
'
avere
strappato
quella
bestemmia
è
,
per
i
nazi
,
un
bel
capolavoro
.
Pace
ai
nostri
morti
.
Ma
i
vivi
,
che
non
capirono
e
non
capiscono
il
perché
della
persecuzione
,
è
giusto
che
si
allarmino
oggi
di
un
'
indulgenza
altrettanto
regalata
.
Questo
di
chiudere
tutti
e
due
gli
occhi
,
di
creare
eccezioni
a
vantaggio
degli
ebrei
,
non
è
un
modo
di
riparare
dei
torti
.
Riparazione
sarebbe
rimettere
gli
ebrei
in
mezzo
alla
vita
degli
altri
,
nel
circolo
delle
sorti
umane
,
e
non
già
appartarli
,
sia
pure
per
morivi
benigni
.
Questa
è
una
antipersecuzione
:
dunque
,
fatta
della
medesima
sostanza
psicologica
e
morale
che
materiava
la
persecuzione
.
Se
prima
negli
ebrei
si
puniva
l
'
ebreo
,
oggi
al
vedere
la
situazione
,
non
già
corretta
,
ma
semplicemente
capovolta
con
sì
perfetta
simmetria
di
antitesi
,
può
nascere
il
dubbio
che
negli
ebrei
si
perdoni
l
'
ebreo
.
È
il
perdono
richiama
l
'
idea
di
una
colpa
,
di
un
trascorso
.
Eccoli
di
nuovo
,
questi
ebrei
,
messi
nel
rischio
di
dover
partire
alla
torturante
,
insolubile
,
offensiva
ricerca
di
un
perché
.
E
poi
,
di
fronte
ai
ricorsi
storici
,
che
purtroppo
essi
sanno
a
memoria
,
è
lecita
la
domanda
:
-
-
perdono
o
amnistia
?
e
fino
a
quando
durerà
?
-
-
Spieghiamoci
con
un
esempio
.
3
.
-
-
GLI
ARATORI
DEL
VULCANO
Tornavamo
da
Napoli
,
sul
fastigio
di
un
camion
di
noci
,
sotto
la
pioggia
battente
.
Uno
strano
tipo
era
salito
con
noi
:
barba
di
tre
giorni
,
aspetto
da
fuggiasco
o
da
evaso
,
ma
gli
abiti
stracchi
tradivano
ancora
il
taglio
borghese
,
e
borghesi
erano
la
faccia
,
l
'
espressione
,
la
sagoma
,
tutto
quanto
.
Fino
a
qualche
anno
fa
,
tutti
in
casa
dovevano
averlo
chiamato
il
«
signorino
»
.
L
'
ex
signorino
gettò
sulle
altre
valigie
una
borsa
da
avvocato
,
da
cui
sporgeva
un
,
lungo
rotolo
.
-
-
Uova
di
tonno
-
-
annunciò
,
e
non
cessava
di
raccomandarsi
-
-
per
carità
,
queste
non
le
debbo
perdere
,
se
no
sono
rovinato
-
-
.
Un
borsanera
alle
prime
armi
,
pensammo
:
forse
un
professionista
,
che
l
'
iniquità
dei
tempi
costringe
a
questo
mestiere
così
incongruo
con
le
arti
del
Trivio
e
del
Quadrivio
.
Affettuosamente
,
a
tutti
i
compagni
,
domandava
nome
,
stato
di
famiglia
,
indirizzo
,
se
i
figli
fossero
maschi
o
femmine
:
quasi
a
propiziarsi
la
loro
amicizia
,
a
farsi
proteggere
,
lui
così
spaesato
e
inesperto
,
da
quell
'
abbozzo
di
amicizia
.
Ingenuo
,
patetico
,
quasi
.
Più
tardi
,
a
un
posto
di
blocco
,
venimmo
a
sapere
che
l
'
ingenuo
era
un
giovane
funzionario
della
Questura
;
di
ritorno
da
una
breve
licenza
nella
nativa
Palermo
.
Improvvisa
metamorfosi
di
tutto
il
tipo
.
È
inutile
,
il
«
così
è
se
vi
pare
»
rimarle
sempre
una
grande
trovata
psicologica
e
la
Sicilia
non
cessa
di
dare
ragione
al
suo
Pirandello
.
Dunque
,
tutto
il
capzioso
gioco
di
indagini
,
di
domande
,
di
investigazioni
,
da
parte
di
quel
personaggio
così
in
cerca
d
'
autore
,
non
era
che
un
allenamento
agli
interrogatori
futuri
,
volontaria
propedeutica
all
'
arte
di
tirare
i
vermi
dal
naso
del
prossimo
,
esercizi
sulle
cinque
note
per
quando
,
seduto
dietro
il
monumentale
clavicembalo
della
sua
scrivania
di
Questore
,
gli
toccherà
di
eseguire
le
più
virtuosistiche
introduzioni
,
i
più
lisztiani
accompagnamenti
per
«
far
cantare
»
il
pollo
.
In
particolare
,
poi
,
quasi
che
le
nostre
facce
fossero
altrettanti
specchi
,
l
'
uomo
vi
studiava
gli
effetti
di
certe
espressioni
mimiche
,
di
un
certo
tipo
di
guardatura
in
tralice
,
come
da
oltre
le
lenti
di
inesistenti
occhiali
:
uno
sguardo
connivente
e
furbesco
,
mite
a
un
tempo
e
accusatore
,
uno
sguardo
che
pareva
dire
:
«
Sbottonati
,
a
che
pro
nasconderci
l
'
un
l
'
altro
?
»
.
Quando
il
nostro
turno
giunse
,
e
noi
senza
ambagi
gli
declinammo
il
nostro
nome
,
quel
giovane
e
passionato
domenicano
della
inquisizione
poliziesca
,
quel
futuro
ripopolatone
delle
carceri
d
'
Italia
,
ebbe
un
balzo
trionfale
,
come
quando
,
nei
luminosi
giorni
della
sua
carriera
,
la
sventata
risposta
di
un
malcapitato
gli
permetterà
di
saldare
fulmineamente
una
faticosa
catena
di
induzioni
,
di
conchiudere
in
un
attimo
;
con
un
colpo
di
scena
,
una
serie
di
indagini
che
si
annunziava
lunga
e
penosa
;
di
scoprire
nel
testimonio
un
reo
,
di
stringere
a
un
tratto
l
'
inerte
congerie
delle
prove
in
un
'
accusa
lampante
.
Proruppe
:
«
Debenedetti
?
ebreo
?
!
»
E
immediatamente
quello
sguardo
professionale
,
da
dietro
occhiali
inesistenti
,
varcando
di
sotto
in
su
l
'
arco
ciliare
,
ci
dardeggiò
di
sghembo
,
e
condensava
un
tumultuoso
accavallarsi
di
sottintesi
,
di
illazioni
,
di
involontarie
e
quasi
ripugnate
complicità
,
di
scontrose
indulgenze
:
«
Ah
,
per
questa
volta
ce
l
'
hai
fatta
-
-
esclamò
quello
sguardo
-
-
ma
ringrazia
l
'
amnistia
.
Vattene
,
vecchia
volpe
,
e
bada
di
non
ricaderci
,
l
'
aria
del
vigilato
speciale
non
te
la
toglie
nemmeno
Domineddio
»
.
Ci
parrebbe
di
essere
cattivi
,
se
aggiungessimo
che
in
quell
'
occhiata
trascorse
anche
una
sfumatura
,
un
pizzico
,
un
nonnulla
di
rimpianto
:
«
Però
se
niente
niente
ti
avessimo
,
colto
,
così
in
flagrante
,
quale
mese
fa
!
»
.
Non
è
moralmente
vero
,
non
è
plausibile
che
,
la
revoca
diventi
ipso
facto
una
revoca
dell
'
abitudine
di
eseguirlo
.
Il
nuovo
ordine
ha
bisogno
di
maturare
per
farsi
ordine
nuovo
.
E
nessuno
pretende
che
il
mondo
,
questo
mondo
che
è
stato
creato
in
sette
giorni
,
si
modifichi
in
un
'
ora
:
se
no
,
come
credere
che
un
'
altra
ora
non
gli
basterebbe
,
quando
che
sia
,
per
recidivare
nel
peggio
e
tornare
al
proprio
vomito
?
L
'
esclamazione
,
l
'
occhiata
del
nostro
questurino
denunziavano
lo
sforzo
di
adattamento
a
un
'
ottica
diversa
;
la
necessaria
,
ancorché
rapida
,
manovra
per
invertire
la
corrente
.
Il
nostro
sospetto
è
che
la
nuova
ottica
possa
venire
adottata
come
un
comando
«
dall
'
alto
»
,
una
specie
di
Decreto
promulgato
dalla
Gazzetta
Ufficiale
,
e
dunque
di
sua
natura
soggetto
anch
'
esso
a
revoca
,
dettato
da
necessità
del
momento
,
visto
che
...
in
considerazione
di
...
Il
sospetto
è
che
il
nostro
questurino
si
uniformasse
ai
criteri
di
oggi
con
la
mentalità
di
ieri
,
tenesse
d
'
occhio
quella
onnipotente
,
inesorabile
e
oscura
Divinità
,
in
nome
della
quale
si
esaltavano
ieri
o
siluravano
funzionari
,
giornalisti
,
alte
e
basse
cariche
:
la
cosiddetta
«
sensibilità
politica
»
.
Ordine
di
servizio
:
mostrare
simpatia
agli
ebrei
.
Ma
chi
,
come
gli
ebrei
,
ha
sete
di
libertà
,
una
di
quelle
seti
che
tappezzo
il
palato
:
chi
ha
capito
come
la
libertà
sia
letteralmente
una
questione
di
vita
o
di
morte
,
è
pronto
a
riconoscere
che
,
tra
tutte
le
libertà
che
compongono
la
Libertà
,
è
compresa
anche
la
libertà
di
essere
antisemiti
.
Un
antisemitismo
di
uomini
liberi
,
un
antisemitismo
(
se
non
c
'
è
contraddizione
)
liberale
,
contro
cui
sia
dato
di
opporre
validi
argomenti
e
pertinenti
confutazioni
,
apparirebbe
perfino
tonico
,
ravvivante
,
rigeneratore
agli
ebrei
che
escono
ora
dall
'
anchilosi
mobilità
e
del
silenzio
.
Discutere
finalmente
all
'
aperto
,
misurarsi
,
farsi
le
proprie
ragioni
,
uomini
tra
gli
uomini
,
uomini
di
fronte
agli
uomini
non
parrebbe
nemmeno
vero
a
loro
,
che
fino
a
ieri
erano
costretti
a
nascondersi
,
a
ringhiottirsi
reazioni
e
risposte
,
a
cambiarsi
i
connotati
;
diffidati
persino
di
pronunziare
il
proprio
nome
,
cioè
in
parole
povere
di
dirsi
figli
del
proprio
padre
.
Recensendo
il
libro
di
Wendell
L
.
Willkie
:
One
World
,
Benedetto
Croce
ha
trovato
l
'
occasione
di
ribadire
«
un
bisogno
fondamentale
dell
'
uomo
,
che
è
di
soffrire
e
di
lavorare
»
.
Qui
,
da
questa
parte
della
guerra
,
gli
ebrei
si
vedono
riconosciuto
,
dopo
anni
,
il
loro
bisogno
di
lavorare
.
Rinasce
in
essi
,
complementare
,
il
bisogno
soffrire
.
Forse
che
non
hanno
sofferto
abbastanza
?
Sicuro
che
hanno
sofferto
,
il
mondo
sa
quanto
,
e
di
là
,
dal
fronte
della
libertà
ancora
soffrono
,
e
in
tal
misura
,
che
questa
nostra
pretesa
di
soffrire
può
sembrare
bestemmia
,
cattiva
sfida
,
provocazione
del
destino
.
Ma
la
pretesa
,
a
guardarci
meglio
,
è
unicamente
di
non
accampare
,
ne
vedersi
riconosciute
,
speciali
pretese
.
Il
diritto
di
non
avere
speciali
diritti
.
Speciali
,
cioè
razziali
.
E
quello
che
gli
ebrei
già
liberi
hanno
patito
,
e
quello
che
i
perseguitati
patiscono
ancora
,
desiderano
sia
versato
,
messo
in
comune
,
mescolato
al
lungo
,
collettivo
,
unanime
tributo
di
lacrime
e
di
supplizi
,
che
gli
uomini
degni
di
questo
nome
hanno
offerto
,
e
offrono
tuttavia
,
per
assicurare
al
mondo
la
più
lunga
serie
di
secoli
civili
.
Se
una
rivendicazione
gli
ebrei
hanno
da
fare
,
è
questa
sola
:
che
i
loro
morti
di
violenza
e
di
fame
,
i
piccini
che
non
hanno
resistito
al
primo
sorso
di
latte
finalmente
somministrato
,
dopo
mesi
di
inanizione
,
nei
paesi
di
asilo
,
le
donne
rese
a
calci
e
mitragliate
,
i
poppanti
lanciati
in
aria
e
impallinati
come
uccelletti
siano
messi
in
fila
con
tutti
gli
altri
morti
,
con
tutte
le
altre
vittime
di
questa
guerra
.
Soldati
anche
loro
con
gli
altri
soldati
.
Per
uniforme
avevano
il
loro
vestito
di
tutti
i
giorni
,
ma
sbranato
dai
tormenti
,
vano
sui
corpi
scheletriti
.
E
alcuni
,
anche
,
avevano
armi
:
i
bambini
,
che
si
stringevano
sul
petto
le
bambole
di
pezza
e
gli
schioppi
di
latta
,
ritenuti
indegni
di
divertire
i
figlioli
dei
tedeschi
.
Così
hanno
marciato
verso
i
loro
fronti
,
che
erano
i
luoghi
di
pena
e
di
tortura
.
Hanno
fatto
anch
'
essi
i
loro
sbarchi
,
ma
sulle
rive
dell
'
aldilà
.
Caduti
bocconi
,
i
loro
volti
-
-
quelle
facce
che
i
redattori
delle
varie
«
difese
della
razza
»
fotografavano
per
inchiodarle
sulle
copertine
di
immonde
gazzette
-
-
non
hanno
mirato
,
con
gli
occhi
che
nessuna
mano
ha
chiusi
,
il
cielo
alto
e
lontano
.
Questi
soldati
chiedono
soltanto
che
i
loro
carnai
siano
ricordati
tra
i
campi
di
battaglia
di
questa
guerra
.
Chiedono
che
,
se
si
farà
l
'
appello
dei
morti
,
i
loro
nomi
siano
letti
tra
quelli
degli
altri
soldati
,
caduti
per
questa
guerra
.
Senza
un
più
di
gloria
che
,
facendo
un
torto
ai
commilitoni
,
offenderebbe
quella
giustizia
per
cui
sono
morti
,
la
fraternità
della
morte
,
e
parrebbe
un
torto
fatto
a
loro
.
Senza
un
supplemento
di
pietà
-
-
pietà
per
i
poveri
ebrei
-
-
che
umilierebbe
il
loro
sacrificio
.
E
se
un
giorno
,
a
questi
caduti
,
si
vorrà
dare
una
ricompensa
al
valore
,
non
certo
noi
,
gli
ebrei
sopravvissuti
,
la
rifiuteremo
;
ma
non
si
conino
apposite
medaglie
,
non
si
stampino
speciali
diplomi
:
siano
le
medaglie
e
i
diplomi
degli
altri
soldati
.
«
Soldato
Coen
...
Soldato
Levi
...
Soldato
Abramovic
...
Soldato
Chaim
Blumenthal
,
di
anni
cinque
,
caduto
a
Leopoli
,
in
mezzo
alla
sua
famiglia
,
mentre
,
con
le
mani
legate
dietro
la
schiena
,
ancora
difendeva
,
ancora
testimoniava
la
causa
della
libertà
»
.
Queste
motivazioni
noi
,
indegnamente
sopravvissuti
,
le
ascolteremo
sull
'
attenti
,
cercheremo
di
non
tremare
quando
stringeremo
la
mano
che
ci
verrà
tesa
,
la
nostra
voce
si
sforzerà
di
essere
ferma
,
quando
risponderemo
:
«
Grazie
,
signor
Generale
»
.
Poi
rientreremo
nelle
mute
,
interminabili
file
che
schiereranno
i
parenti
degli
altri
caduti
,
le
gramaglie
di
tutto
il
mondo
,
in
quella
solenne
,
religiosa
parata
dell
'
umanità
.
Quel
bisogno
di
soffrire
,
di
cui
parla
il
Croce
,
non
è
se
non
il
bisogno
di
sentirsi
vivi
nella
vita
di
tutti
,
partecipi
della
immancabile
lotta
e
contrasto
,
che
il
lavoro
e
i
compiti
quotidiani
costano
in
questo
mondo
.
Il
quale
,
se
diventasse
un
mondo
di
idillio
,
nel
momento
stesso
diventerebbe
un
mondo
di
morti
che
camminano
,
quand
'
anche
fallacemente
lo
smaltassero
e
imbellettassero
i
colori
della
vita
.
Perciò
gli
ebrei
chiedono
questo
onore
di
soffrire
:
cioè
chiedono
di
non
essere
defraudati
,
neppure
a
titolo
di
risarcimento
o
di
riparazione
dei
danni
,
di
questa
loro
parte
dell
'
umano
retaggio
.
Per
secoli
e
secoli
hanno
custodito
,
ripetuto
,
salmodiato
,
nella
penombra
delle
sinagoghe
,
nelle
veglie
e
nei
digiuni
,
nelle
penitenze
e
nei
sabati
,
nei
ghetti
e
per
le
vie
della
diaspora
,
il
messaggio
dell
'
Antico
Testamento
.
Come
avrebbero
dimenticato
che
l
'
idea
del
pane
,
cioè
quella
delle
sorgenti
stesse
e
del
perpetuarsi
della
vita
,
è
indissolubilmente
legata
all
'
idea
della
pena
,
del
sudore
della
fronte
?
Essi
non
vogliono
il
paradiso
terrestre
per
infrazione
ai
regolamenti
.
Senza
dire
che
,
ai
privilegi
e
benefizi
,
è
troppo
facile
adattarsi
.
Le
agevolezze
di
vita
rendono
superficiali
,
assecondano
le
riparatrici
e
già
troppo
spontanee
labilità
della
memoria
.
I
dolori
di
ieri
si
dimenticano
,
anche
e
proprio
quando
furono
più
luttuosi
e
cocenti
,
e
si
dimentica
quanto
cordoglio
e
quante
angosce
sia
costato
questo
bene
,
che
oggi
pare
largito
appunto
per
aiutarci
a
dimenticare
.
Ci
si
abitua
a
essere
amati
,
a
vivere
con
facilità
;
e
l
'
abitudine
rischia
di
diventare
presto
un
bisogno
,
e
il
bisogno
acquisito
rischia
di
creare
la
presunzione
di
un
diritto
.
Può
,
questa
nostra
,
parere
una
riottosa
,
bizzosa
,
vittimistica
,
incontentabile
paura
di
essere
amati
.
Ed
è
soltanto
paura
di
essere
gratuitamente
amati
,
ingiustamente
amati
,
cioè
male
amati
:
non
più
costretti
a
far
nulla
per
meritarci
questo
amore
.
Ma
domani
,
inevitabilmente
,
dovremo
ricominciare
a
meritarcelo
:
e
allora
?
non
saremo
stati
viziati
?
Non
già
che
gli
ebrei
si
siano
,
in
questi
ultimi
tempi
,
sentiti
vittime
di
troppo
corrive
largizioni
di
vantaggi
,
fantocci
di
un
tiro
a
segno
della
benevolenza
.
Ma
noi
ragioniamo
su
un
sintomo
,
su
una
possibilità
,
della
quale
abbiamo
raccolto
,
o
subodorato
,
qualche
indizio
:
ed
è
questo
,
anche
,
che
scagiona
il
nostro
discorso
da
ogni
taccia
di
ingratitudine
.
Il
quale
discorso
,
l
'
abbiamo
detto
,
vuole
parlare
a
nuora
perché
suocera
intenda
.
Che
disagio
,
per
esempio
,
abbiamo
provato
quando
qualcuno
,
ridendo
ma
senza
cattive
intenzioni
,
e
solo
per
il
gusto
di
un
documento
psicologico
,
ci
ha
riferito
la
storiella
di
quei
tali
che
,
sbucati
dai
loro
nascondigli
all
'
arrivo
degli
eserciti
liberatori
,
hanno
subito
,
ai
primi
saluti
,
declinato
la
propria
qualità
di
ebrei
,
come
un
titolo
a
particolari
riconoscimenti
,
facilitazioni
,
indennizzi
.
E
magari
era
la
stessa
gente
che
,
sotto
il
diluvio
,
si
era
inventata
i
più
incongrui
ombrelli
e
più
diligentemente
si
era
industriata
per
cancellare
ogni
sospetto
di
«
appartenenza
alla
razza
»
.
Una
sera
,
nei
tempi
più
neri
del
diluvio
,
Bernardo
Berenson
si
poneva
l
'
eterno
problema
:
perché
gli
ebrei
rimangono
ebrei
,
malgrado
il
ciclico
ritorno
delle
persecuzioni
?
E
si
rispondeva
con
un
suo
ricordo
siciliano
.
Trovandosi
in
altri
tempi
a
visitare
le
pendici
dell
'
Etna
ne
ammirava
la
feracità
da
Terra
Promessa
.
Qualcuno
però
gli
disse
che
periodicamente
la
lava
scende
a
incenerire
quei
campi
.
«
E
perché
allora
li
coltivate
?
»
domandò
ai
contadini
.
«
Perché
quando
i
tempi
tornano
buoni
,
voscenza
,
così
buoni
sono
,
che
ci
ripagano
di
qualunque
malanno
»
.
Questo
,
commentava
l
'
eminente
scrittore
,
spiega
per
analogia
la
tenacia
degli
ebrei
nel
sopravvivere
.
In
quella
sera
di
afflizione
,
l
'
aneddoto
raggiungeva
lo
scopo
desiderato
:
che
era
anche
di
confortarci
,
di
farci
credere
nel
ritorno
di
tempi
migliori
,
di
rinnestarci
nella
vita
,
assimilandoci
se
non
altro
a
quegli
aratori
del
vulcano
.
Ma
Berenson
non
si
dorrà
se
ora
,
al
ritrarsi
della
lava
,
la
sua
storia
ci
piace
un
po
'
meno
.
Vorremmo
dire
che
gli
ebrei
,
non
è
che
si
inarchino
sotto
le
sciagure
degli
anni
delle
vacche
magre
,
per
aspettare
che
rivenga
il
settennio
delle
vacche
grasse
.
Sono
uomini
,
certo
,
e
amano
anche
loro
la
sicurezza
,
il
benessere
,
magari
la
felicità
.
Le
vacche
magre
non
piacciono
neanche
a
loro
.
Ma
non
è
vero
,
non
deve
essere
vero
che
poi
,
in
compenso
,
pretendano
le
vacche
troppo
grasse
.
Se
non
altro
,
per
dignità
,
per
un
equo
senso
della
vita
,
per
un
loro
umano
amor
fati
,
amore
del
rischio
e
del
destino
.
Né
troppo
magre
,
né
troppo
grasse
.
Una
cosa
giusta
.
Settembre
,
1944
.
StampaQuotidiana ,
San
Francisco
-
Telegraph
Hill
è
una
delle
tante
colline
sulle
quali
è
costruita
San
Francisco
,
forse
la
più
alta
.
Sulla
cima
della
collina
c
'
è
un
belvedere
e
un
faro
,
tra
ameni
boschetti
e
aiuole
fiorite
.
Si
può
salire
in
cima
al
faro
e
di
lassù
godersi
la
vista
di
tutta
la
città
,
variamente
disposta
su
e
giù
per
le
alture
;
dei
due
grandi
ponti
,
l
'
uno
rosso
e
l
'
altro
ferreo
che
scavalcano
la
baia
;
della
baia
stessa
,
azzurra
e
scintillante
al
sole
,
con
l
'
isoletta
penitenziaria
di
Alcatraz
e
i
cento
battelli
che
la
solcano
.
Un
giorno
che
guardavamo
questo
bellissimo
panorama
sul
quale
le
nuvole
leggere
e
bianche
che
viaggiavano
nel
cielo
gettavano
or
sì
or
no
grandi
ombre
effimere
,
qualcuno
ci
indicò
un
quartiere
lontano
:
"
Laggiù
abitano
i
Russi
,
o
meglio
i
discendenti
americani
della
colonia
russa
di
San
Francisco
"
.
Dapprima
rimanemmo
sconcertati
,
quindi
ricordammo
;
nel
1811
i
Russi
nella
loro
marcia
verso
l
'
Oriente
avevano
finito
per
raggiungere
anche
questo
lembo
dell
'
estremo
Occidente
.
Il
corriere
dello
Zar
arrivava
fin
qui
,
portando
i
dispacci
di
San
Pietroburgo
alla
Compagnia
Russa
delle
pellicce
insediata
a
Yerba
Buena
,
antico
nome
di
San
Francisco
.
La
Compagnia
delle
pellicce
durò
fino
al
1840
e
poi
fu
sciolta
e
la
Russia
rinunziò
alla
California
e
i
Russi
che
restarono
a
Yerba
Buena
diventarono
col
tempo
cittadini
americani
.
Erano
forse
un
centinaio
;
assommano
oggi
a
parecchie
migliaia
.
Questa
informazione
ci
diede
da
pensare
:
i
Russi
erano
stati
in
questa
parte
dell
'
America
prim
'
ancora
degli
Americani
,
avevano
posseduto
l
'
Alaska
(
poi
venduta
agli
Stati
Uniti
,
nel
1867
,
per
sette
milioni
di
dollari
)
,
avevano
impiantato
una
colonia
in
California
.
Insomma
i
rapporti
degli
Stati
Uniti
con
la
Russia
erano
molto
antichi
ed
erano
rapporti
di
frontiera
,
né
più
né
meno
di
quelli
con
l
'
Inghilterra
e
con
la
Spagna
.
Tre
imperi
,
dunque
,
quello
inglese
,
quello
spagnuolo
e
quello
russo
avevano
sbarrato
il
passo
all
'
espansione
yankee
:
con
l
'
impero
inglese
,
gli
Americani
dopo
contrasti
secolari
,
hanno
stabilito
legami
di
cuginanza
,
se
non
di
fraternità
;
di
quello
spagnuolo
,
hanno
pensato
a
liberarli
gli
stessi
domini
spagnuoli
d
'
America
,
rendendosi
indipendenti
;
con
l
'
impero
russo
,
invece
,
i
rapporti
,
come
è
noto
,
sono
,
ancor
oggi
,
tutt
'
altro
che
buoni
.
Ora
che
a
Ginevra
è
scoppiata
,
come
dicono
facetamente
le
gazzette
,
la
pace
,
si
può
fare
forse
il
punto
su
questi
rapporti
e
domandarsi
:
che
pensano
gli
Americani
della
Russia
;
e
in
maniera
più
particolare
:
quali
sono
,
fuori
della
situazione
ufficiale
e
diplomatica
,
i
sentimenti
del
popolo
americano
per
la
Russia
?
Bisogna
prima
di
tutto
distinguere
i
gruppi
intellettuali
e
fino
ad
un
certo
segno
politici
,
dalla
massa
,
ossia
dalla
middle
-
class
.
Per
quanto
riguarda
i
gruppi
intellettuali
e
politici
,
i
cosiddetti
anni
trenta
,
ossia
il
periodo
che
va
dalla
crisi
del
1929
alla
fine
della
guerra
civile
in
Spagna
,
segnano
al
tempo
stesso
il
punto
di
incontro
e
di
rottura
tra
l
'
intellighenzia
americana
e
il
marxismo
staliniano
.
La
grande
crisi
economica
del
1929
,
chiudendo
centinaia
di
fabbriche
e
gettando
sul
lastrico
fino
a
dodici
milioni
di
persone
,
aveva
fatto
dubitare
molti
Americani
della
bontà
e
solidità
del
sistema
politico
ed
economico
tradizionale
degli
Stati
Uniti
.
Il
comunismo
o
meglio
il
marxismo
sembrò
allora
a
molti
intellettuali
la
sola
teoria
economica
e
politica
alla
quale
si
potesse
ricorrere
per
risolvere
la
crisi
nazionale
,
la
più
grave
della
storia
americana
dopo
quella
della
guerracivile
.
Però
,
fatto
importante
e
che
occorre
sottolineare
,
questa
simpatia
per
il
marxismo
e
per
la
Russia
di
Stalin
non
oltrepassò
i
limiti
di
ristretti
gruppi
di
intellettuali
e
uomini
politici
;
le
masse
che
purtuttavia
erano
state
le
più
colpite
dalla
crisi
economica
,
restarono
fuori
di
questa
simpatia
;
le
grandi
Trade
Unions
si
mantennero
sopra
un
terreno
strettamente
economico
;
il
partito
comunista
americano
non
fu
mai
più
di
un
'
insignificante
setta
di
poche
migliaia
di
persone
.
Il
movimento
di
simpatia
per
il
marxismo
staliniano
e
per
la
Russia
Sovietica
non
durò
più
di
una
decina
di
anni
,
approssimativamente
dalla
grande
crisi
o
poco
prima
,
alla
fine
della
guerra
di
Spagna
.
All
'
infatuazione
,
forse
superficiale
,
forse
dilettantesca
,
forse
fondata
piuttosto
su
motivi
negativi
che
positivi
,
seguì
una
profonda
delusione
che
,
in
un
Paese
come
gli
Stati
Uniti
dove
le
esperienze
psicologiche
individuali
hanno
sempre
uno
sfondo
morale
e
sociale
,
ebbe
effetti
addirittura
storici
.
Questa
delusione
derivò
da
due
fatti
,
l
'
uno
interno
e
l
'
altro
esterno
:
all
'
interno
,
come
si
è
detto
,
le
masse
rimasero
sorde
all
'
appello
marxista
e
fedeli
all
'
american
way
of
life
e
così
gli
intellettuali
e
lo
stesso
partito
comunista
americano
sentirono
di
essere
al
tutto
privi
di
giustificazioni
sociali
.
All
'
esterno
,
la
politica
estera
di
Stalin
,
oltre
a
dar
prova
di
un
machiavellismo
addirittura
rinascimentale
(
assassinio
di
Trotzky
,
condotta
della
guerra
in
Spagna
,
trattato
germano
-
sovietico
etc.
etc
.
)
ripugnante
alla
mentalità
puritana
ed
anglosassone
,
si
configurò
per
giunta
,
in
maniera
sempre
più
decisa
,
come
politica
di
rivalità
non
tanto
ideologica
quanto
nazionale
con
gli
Stati
Uniti
.
In
altri
termini
gli
intellettuali
,
a
torto
o
a
ragione
,
scoprirono
o
credettero
di
scoprire
che
il
comunismo
internazionale
era
uno
strumento
della
politica
estera
russa
e
che
la
loro
simpatia
per
il
marxismo
poteva
portarli
,
alla
lunga
,
su
posizioni
non
tanto
anticapitaliste
quanto
antiamericane
.
Oggi
,
se
si
vuoi
parlare
di
comunismo
,
non
è
certo
nei
circoli
intellettuali
di
Nuova
York
che
si
trovano
orecchie
pazienti
e
ragionevoli
.
L
'
anticomunismo
degli
intellettuali
americani
,
forse
perché
radicato
in
un
'
antica
e
profonda
delusione
,
è
tenace
,
violento
e
assolutamente
irriducibile
.
Circa
le
masse
,
ossia
la
middle
-
class
che
abbraccia
con
i
suoi
standard
uniformi
la
maggioranza
degli
Americani
,
il
discorso
si
fa
più
complicato
e
più
sottile
.
Per
il
suo
anti
-
comunismo
e
antisovietismo
valgono
le
stesse
ragioni
che
per
gli
intellettuali
,
più
altre
inerenti
alla
natura
dello
sviluppo
industriale
economico
e
sociale
degli
Stati
Uniti
.
Le
prime
ragioni
sono
quelle
già
esposte
:
la
Russia
si
è
giocata
le
simpatie
delle
masse
americane
dal
giorno
in
cui
Stalin
fece
una
politica
di
rivalità
nazionale
con
gli
Stati
Uniti
.
In
altri
termini
non
riuscì
alla
Russia
di
fare
negli
Stati
Uniti
ciò
che
aveva
fatto
con
successo
in
altri
Paesi
:
contrapporre
le
masse
alla
classe
dirigente
e
nello
stesso
tempo
sganciare
l
'
ideologia
marxista
dalla
politica
estera
russa
.
E
si
capisce
anche
perché
:
gli
Stati
Uniti
sono
il
solo
Paese
al
mondo
forse
con
il
quale
la
Russia
è
in
un
rapporto
diretto
di
rivalità
prim
'
ancora
nazionale
che
ideologica
.
Così
,
in
America
,
avviene
alla
politica
russa
il
rovescio
esatto
di
quanto
le
accade
negli
altri
Paesi
:
mentre
in
altri
Paesi
facilmente
si
interpretano
gli
accorgimenti
tradizionali
della
politica
estera
russa
come
sviluppi
coerenti
della
dialettica
marxista
,
in
America
le
complessità
e
sottigliezze
di
questa
dialettica
vengono
sovente
scambiate
per
pure
astuzie
e
furberie
sarmatiche
.
Il
patriottismo
delle
masse
americane
,
in
tal
modo
,
è
stato
svegliato
e
messo
in
allarme
;
e
ci
vorranno
molti
anni
di
vera
pace
perché
si
calmi
e
abbandoni
la
sua
estrema
diffidenza
.
Ma
le
ragioni
del
disinteresse
delle
masse
americane
per
il
marxismo
sono
anche
dovute
,
come
abbiamo
accennato
,
a
motivi
inerenti
alla
natura
stessa
dello
sviluppo
industriale
e
sociale
degli
Stati
Uniti
.
In
maniera
generale
,
si
può
affermare
che
il
marxismo
non
trova
appigli
tra
le
masse
degli
Stati
Uniti
per
la
buona
ragione
che
,
all
'
infuori
di
riforme
strettamente
politiche
(
e
dunque
poco
importanti
,
trattandosi
dopo
tutto
di
una
teoria
politica
fondata
sull
'
economia
)
,
esso
per
ora
non
ha
nulla
da
offrire
di
veramente
nuovo
alle
masse
americane
.
È
vero
che
agli
Stati
Uniti
c
'
è
il
capitalismo
;
ma
uno
degli
agganci
della
polemica
comunista
contro
il
capitalismo
in
Europa
,
ossia
i
suoi
legami
con
le
vecchie
classi
feudali
e
parassitarie
,
in
America
manca
del
tutto
.
Inoltre
il
marxismo
che
nell
'
Europa
orientale
e
in
Asia
fa
leva
sul
formidabile
motivo
della
rivoluzione
industriale
e
della
creazione
di
una
classe
dirigente
tecnocratica
,
in
America
,
trova
rivoluzione
industriale
e
classe
tecnocratica
già
bell
'
e
formate
ad
opera
del
capitalismo
.
Del
resto
quando
si
parla
di
masse
e
di
simpatie
delle
masse
,
si
allude
piuttosto
che
a
determinate
condizioni
materiali
,
a
esperienze
psicologiche
e
morali
.
Ora
gli
Americani
hanno
già
fatto
l
'
esperienza
psicologica
e
morale
della
rivoluzione
industriale
e
tecnocratica
,
hanno
già
assaporato
l
'
ebbrezza
collettiva
della
prosperità
di
massa
,
hanno
già
digerito
la
scoperta
delle
determinazioni
economiche
della
vita
sociale
;
e
ben
difficilmente
saranno
tentati
in
futuro
di
dare
ascolto
ad
una
teoria
che
gli
proponga
di
nuovo
queste
stesse
scontate
esperienze
.
Marx
,
tra
tante
profezie
azzeccate
,
ne
aveva
fatta
una
che
si
è
verificata
sbagliata
,
e
cioè
che
il
comunismo
avrebbe
avuto
i
suoi
primi
successi
nei
Paesi
di
più
avanzato
sviluppo
industriale
.
In
realtà
è
avvenuto
il
contrario
;
e
il
maggior
ostacolo
alla
comprensione
del
marxismo
in
America
,
a
parte
la
mentalità
puritana
,
sta
proprio
nella
coscienza
economica
e
industriale
delle
masse
americane
,
nella
loro
maturità
tecnocratica
.
Naturalmente
non
si
vuol
dire
con
questo
che
in
America
non
ci
sia
il
capitalismo
:
si
vuol
dire
soltanto
che
il
capitalismo
vi
ha
raggiunto
per
conto
suo
molti
degli
scopi
ai
quali
mira
il
comunismo
in
Europa
orientale
e
in
Asia
.
Donde
la
mancanza
di
attrazione
del
mito
sovietico
e
la
riduzione
della
Russia
Sovietica
a
Paese
rivale
,
quando
addirittura
non
ostile
.
S
'
intende
che
ciò
non
significa
affatto
che
gli
Americani
nutrano
una
preconcetta
ostilità
contro
i
Russi
.
Le
accoglienze
cordiali
che
recentemente
hanno
ricevuto
i
membri
della
commissione
agricola
russa
in
viaggio
negli
Stati
Uniti
stanno
a
dimostrare
una
verità
antica
quanto
il
mondo
:
nessun
popolo
odia
alcun
popolo
.
Ma
,
d
'
altra
parte
,
è
anche
vero
che
per
gli
Americani
la
Russia
Sovietica
è
forse
,
tra
tutti
i
Paesi
del
mondo
,
il
più
difficile
a
capirsi
.
Più
della
Cina
di
Mao
;
più
dei
Paesi
di
diversa
religione
e
civiltà
,
buddisti
o
maomettani
.
L
'
incomprensione
degli
Americani
è
dovuta
in
parte
all
'
ignoranza
dei
motivi
storici
,
sociali
e
filosofici
del
comunismo
;
ma
soprattutto
,
strano
a
dirsi
,
alla
lentezza
con
la
quale
la
rivoluzione
comunista
si
configura
storicamente
in
una
società
stabile
e
riconoscibile
.
Gli
ideali
americani
del
successo
,
della
praticità
e
dell
'
efficienza
sono
contraddetti
da
una
rivoluzione
che
pare
continuamente
essere
ritirata
,
come
diceva
Machiavelli
,
verso
i
suoi
principi
;
che
dopo
circa
quarant
'
anni
non
si
è
ancora
disfatta
dei
mezzi
coercitivi
di
cui
si
servì
agli
inizi
per
trionfare
dei
suoi
nemici
;
e
che
sembra
rimandare
ad
un
domani
mitico
i
risultati
materiali
per
raggiungere
i
quali
è
stata
compiuta
.
Strano
a
dirsi
,
ripetiamo
,
ma
se
il
comunismo
riuscisse
a
portare
le
masse
russe
ad
un
livello
di
prosperità
di
tipo
occidentale
,
se
le
frontiere
della
Russia
fossero
aperte
e
milioni
di
turisti
russi
ben
vestiti
ed
equipaggiati
invadessero
il
mondo
,
l
'
incomprensione
degli
Americani
verso
la
Russia
Sovietica
si
attenuerebbe
di
molto
.
In
queste
cose
è
difficile
arrivare
ad
una
conclusione
;
tanto
più
che
i
rapporti
russo
-
americani
sono
forse
entrati
in
questi
giorni
in
una
nuova
fase
di
cui
è
impossibile
prevedere
gli
sviluppi
.
Ma
più
di
un
secolo
fa
Alexis
de
Tocqueville
,
nel
suo
libro
sulla
democrazia
in
America
fece
alcune
considerazioni
che
oggi
sembrano
addirittura
profetiche
:
"
Ci
sono
oggi
due
grandi
popoli
che
partiti
da
punti
diversi
sembrano
dirigersi
verso
gli
stessi
scopi
:
i
Russi
e
gli
Americani
.
Tutti
e
due
sono
cresciuti
nell
'
oscurità
e
mentre
gli
sguardi
degli
uomini
erano
distratti
altrove
,
si
sono
ad
un
tratto
posti
in
prima
fila
tra
le
Nazioni
e
il
mondo
ha
appreso
al
tempo
stesso
la
loro
nascita
e
la
loro
grandezza
.
Tutti
gli
altri
popoli
sembrano
aver
raggiunto
il
loro
limite
;
soltanto
loro
sono
in
crescenza
.
Tutti
gli
altri
si
sono
fermati
o
avanzano
con
sforzo
,
solo
loro
procedono
con
passo
spedito
e
rapido
in
una
carriera
di
cui
per
ora
non
possiamo
neppure
intravedere
la
conclusione
.
L
'
Americano
lotta
contro
gli
ostacoli
che
gli
oppone
la
natura
.
Il
Russo
è
alle
prese
con
l
'
uomo
.
L
'
uno
combatte
il
deserto
e
la
barbarie
,
l
'
altro
la
civiltà
rivestita
di
tutte
le
sue
armi
.
Così
le
conquiste
dell
'
Americano
si
fanno
con
l
'
aratro
dell
'
agricoltore
e
quelle
del
Russo
con
le
armi
del
soldato
.
Per
raggiungere
i
suoi
scopi
il
primo
si
fonda
sull
'
interesse
personale
e
lascia
agire
senza
dirigerle
la
forza
e
la
ragione
degli
individui
.
Il
secondo
concentra
in
qualche
modo
in
un
sol
uomo
tutta
la
potenza
della
società
.
L
'
uno
ha
come
mezzo
principale
di
azione
la
libertà
;
l
'
altro
la
servitù
.
Il
loro
punto
di
partenza
è
diverso
,
le
loro
strade
sono
diverse
;
tuttavia
ciascuno
di
essi
sembra
essere
chiamato
,
da
un
segreto
disegno
della
Provvidenza
,
a
tenere
un
giorno
nelle
proprie
mani
il
destino
della
metà
del
mondo
"
.
Alexis
de
Tocqueville
,
per
quanto
profetico
,
non
poteva
prevedere
la
rivoluzione
russa
(
neppure
Marx
l
'
aveva
prevista
)
;
ma
il
suo
occhio
sagace
,
in
un
tempo
in
cui
le
maggiori
Potenze
del
mondo
erano
ancora
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
,
aveva
intuito
le
linee
principali
dell
'
avvenire
del
mondo
,
ossia
la
presenza
di
due
grandi
Potenze
come
gli
Stati
Uniti
e
la
Russia
,
la
loro
rivalità
negli
stessi
campi
e
per
gli
stessi
scopi
,
e
,
in
certo
modo
,
anche
la
loro
coesistenza
,
per
dirla
con
una
parola
di
moda
.
Per
completare
il
quadro
dei
rapporti
russo
-
americani
,
bisognerebbe
forse
adesso
poter
dire
quali
sono
i
sentimenti
del
popolo
russo
per
quello
americano
,
che
cosa
sa
e
non
sa
il
popolo
russo
degli
Stati
Uniti
.
Non
siamo
in
grado
di
farlo
;
ma
è
chiaro
che
la
pace
del
mondo
dipende
quasi
per
intero
dalla
mutua
conoscenza
e
comprensione
di
questi
due
popoli
così
profondamente
diversi
.
StampaQuotidiana ,
La
cosa
più
straordinaria
che
potesse
capitare
e
che
difatti
capitò
a
Dino
Buzzati
fu
di
fare
l
'
inviato
speciale
di
un
grande
giornale
in
tempo
di
guerra
.
Ci
riuscì
splendidamente
,
intendiamoci
.
Le
sue
corrispondenze
marinare
sono
ancora
oggi
dei
pezzi
di
antologia
,
e
ognuna
di
esse
costituisce
un
racconto
perfettamente
composto
nella
sua
armoniosa
architettura
.
Di
sbagliato
,
o
meglio
di
inutile
,
non
c
'
è
che
la
prima
riga
:
quella
che
precisa
il
luogo
,
il
giorno
,
il
mese
e
l
'
anno
in
cui
l
'
articolo
fu
scritto
.
Ma
era
il
giornale
ad
aggiungerla
,
perché
Buzzati
se
ne
dimenticava
sempre
.
In
realtà
le
sue
descrizioni
,
salvo
qualche
trascurabile
particolare
tecnico
,
erano
così
al
di
fuori
del
tempo
e
dello
spazio
,
che
avrebbero
potuto
benissimo
adattarsi
anche
a
Lepanto
,
a
Trafalgar
,
a
Tsushima
o
alle
Falkland
.
Qualcuno
in
redazione
si
preoccupava
di
interpolarvi
gl
'
indispensabili
riferimenti
,
e
anche
i
punti
e
le
virgole
.
Perché
Buzzati
scrive
senza
punteggiatura
,
e
non
ha
mai
capito
dov
'
è
che
finisce
una
frase
e
ne
comincia
un
'
altra
,
dov
'
è
che
bisogna
far
pausa
e
aprire
una
proposizione
subordinata
.
Buzzati
sfugge
le
regole
ortografiche
per
la
stessa
ragione
per
cui
sfugge
i
fatti
.
Quando
ha
finito
,
con
molta
fatica
,
il
suo
«
pezzo
»
,
vi
sparge
sopra
,
come
una
manciata
di
sale
,
un
congruo
numero
di
virgole
,
dove
vanno
vanno
.
Poi
rilegge
,
ha
paura
(
sempre
)
di
aver
scritto
soltanto
delle
sciocchezze
,
e
chiama
Gaetano
Afeltra
perché
gli
dia
un
giudizio
.
Il
più
magico
degli
scrittori
italiani
è
anche
il
più
incerto
di
sé
e
timoroso
.
Non
usa
la
macchina
da
scrivere
.
Compone
a
penna
con
una
calligrafia
da
bambino
,
chiarissima
,
e
spesso
ricopia
tre
o
quattro
volte
il
compitino
,
che
di
lontano
ricorda
sempre
un
po
'
la
lettera
che
si
usava
ai
«
cari
genitori
»
per
Natale
e
capodanno
.
Qua
e
là
poi
,
ogni
tanto
,
è
capace
di
disegnarvi
delle
figurine
,
specie
di
animali
;
e
si
vede
benissimo
che
mentalmente
egli
dedica
i
suoi
scritti
a
della
gente
come
lui
:
cioè
a
dei
bambini
di
trenta
,
quaranta
o
cinquant
'
anni
.
Eccolo
che
arriva
al
giornale
con
la
sua
Topolino
di
antiquato
modello
.
Non
la
rinnova
perché
è
avaro
,
e
lo
confessa
.
E
va
piano
perché
è
pauroso
,
ed
anche
questo
lo
confessa
.
Però
guida
con
i
guanti
infilati
come
se
si
trattasse
di
attraversare
l
'
Europa
,
e
ogni
volta
che
scende
è
tutta
una
liturgia
di
saluti
come
se
fosse
reduce
da
un
fortunoso
viaggio
in
terre
lontane
.
Buzzati
augura
il
buon
giorno
e
si
toglie
il
cappello
al
portiere
,
al
garagista
,
al
fattorino
,
all
'
impiegato
,
alla
dattilografa
e
perfino
a
tutti
i
colleghi
che
incontra
per
le
scale
.
Non
dà
del
«
lei
»
anche
a
me
,
solo
perché
potrebbe
sembrare
una
posa
;
ma
è
chiaro
che
il
«
tu
»
gli
costa
un
certo
sforzo
.
È
vestito
con
suprema
eleganza
.
Tanta
,
che
nessuno
si
è
mai
accorto
che
Buzzati
è
un
uomo
elegante
.
Porta
i
capelli
,
su
cui
gli
anni
hanno
cominciato
a
seminare
qualche
filo
d
'
argento
,
tagliati
corti
,
giacche
senza
attillatura
e
con
spalle
a
bottiglia
;
cravatte
di
colore
spento
,
annodate
in
modo
che
sembra
che
sia
stata
la
mamma
a
farlo
,
mormorandogli
all
'
orecchio
la
consueta
raccomandazione
:
«
E
non
sporcarti
,
eh
?
La
roba
a
lavarla
,
si
consuma
;
e
costa
tanto
,
al
giorno
d
'oggi...»
.
Dino
,
figlio
obbediente
,
non
sporca
mai
nulla
.
La
giacca
,
appunto
per
non
sporcarla
,
se
la
cambia
appena
entra
nel
suo
ufficio
;
e
ogni
poco
si
alza
per
andare
a
lavarsi
le
mani
.
Infatti
a
pensarci
bene
le
sue
pagine
si
sente
benissimo
che
sono
state
composte
da
mani
pulite
.
In
tutti
sensi
.
Quando
,
subito
dopo
la
Liberazione
,
ci
fu
,
al
«
Corriere
»
,
l
'
inchiesta
per
epurare
i
collaborazionisti
,
Buzzati
fu
,
a
quanto
pare
,
l
'
unico
,
fra
quelli
rimasti
al
lavoro
dopo
1'8
settembre
,
a
non
subire
processi
.
A
nessuno
poteva
venire
,
e
a
nessuno
infatti
venne
in
mente
di
incriminarlo
.
Il
primo
a
stupirsene
sinceramente
sarebbe
stato
lui
che
,
quando
io
dalla
prigione
in
cui
mi
trovavo
rinchiuso
gli
mandai
un
biglietto
per
supplicarlo
di
astenersi
dal
lavoro
,
ora
che
bisognava
svolgerlo
sotto
il
controllo
tedesco
,
mi
rispose
con
un
altro
biglietto
che
conteneva
questa
sola
parola
:
«
Perché
?
»
.
E
in
quell
'
interrogativo
era
riassunto
il
suo
ritratto
.
Buzzati
era
corrispondente
in
Abissinia
quando
la
guerra
scoppiò
.
Dopo
qualche
mese
venne
in
licenza
a
Milano
,
perché
era
la
licenza
che
gli
spettava
,
ed
egli
ha
,
delle
vacanze
,
una
concezione
burocratica
quasi
sacra
:
per
nessuna
ragione
al
mondo
vi
rinunzierebbe
,
quando
gli
toccano
.
Con
altrettanto
burocratica
puntualità
,
esaurite
le
ferie
,
si
presentò
al
direttore
Aldo
Borelli
per
salutarlo
prima
di
ripartire
per
Addis
Abeba
.
Borelli
lo
guardò
esterrefatto
di
sopra
gli
occhiali
:
c
'
era
dunque
qualcuno
che
ancora
non
si
rendeva
conto
che
un
ritorno
ad
Addis
Abeba
,
a
parte
le
difficoltà
e
i
pericoli
del
viaggio
,
significava
la
propria
consegna
nelle
mani
degl
'
inglesi
?
Si
,
c
'
era
:
Dino
Buzzati
.
Borelli
non
poteva
dargli
ordine
di
restare
in
patria
:
sarebbe
stato
un
gesto
di
disfattismo
e
di
sfiducia
nelle
sorti
delle
nostre
armi
.
«
Ma
»
,
disse
,
«
prima
di
vederla
ripartire
,
vorrei
che
lei
si
sentisse
del
tutto
a
posto
con
la
salute
...
»
«
Con
la
salute
!
?
»
,
rispose
Buzzati
col
suo
nasino
per
aria
.
«
Ma
io
non
sono
mica
malato
!...»
Borelli
si
grattò
la
testa
un
po
'
con
imbarazzo
,
un
po
'
con
rabbia
.
«
Come
non
è
malato
?
»
,
fece
.
«
Suvvia
,
a
chi
vuoi
darla
ad
intendere
?
»
«
Ma
no
,
direttore
,
le
assicuro
»
,
insisté
Dino
,
«
che
io
non
sono
malato
!...»
«
Ma
sì
che
è
malato
!
»
«
Ma
no
che
non
sono
malato
!...»
Borelli
lo
guardò
con
odio
,
strinse
i
pugni
,
li
sbatté
violentemente
sul
tavolo
rovesciando
il
calamaio
,
e
scoppiò
fragorosamente
:
«
E
io
le
dico
che
è
malato
,
vuol
capirla
o
non
vuol
capirla
?
...
Malato
di
cretinismo
,
per
la
Madonnal
...
Vada
a
curarsi
!...»
.
Pallido
in
volto
e
con
le
lacrime
agli
occhi
,
Buzzati
venne
da
Afeltra
e
da
me
per
tradurci
l
'
accaduto
in
queste
parole
:
«
Il
direttore
mi
ha
licenziato
!
»
.
Altrettanto
pallidi
e
con
le
lacrime
agli
occhi
,
Afeltra
ed
io
ci
precipitammo
dal
direttore
per
,
conoscere
i
motivi
di
sì
grave
decisione
e
,
se
possibile
,
farla
revocare
.
Borelli
ci
ascoltò
con
pazienza
,
poi
si
prese
la
testa
fra
le
mani
con
un
gesto
di
disperazione
,
e
sordamente
mugolò
:
«
L
'
ho
sempre
detto
,
io
,
che
gli
unici
veri
grandi
imbecilli
sono
i
poeti
»
.
Ci
fissò
,
poi
aggiunse
con
voce
carica
di
minaccia
:
«
Tornate
da
Buzzati
e
ditegli
da
parte
mia
che
è
un
grande
poeta
.
Grandissimo
.
Il
più
grande
che
abbia
incontrato
»
.
Afeltra
ed
io
impiegammo
parecchie
ore
per
spiegare
a
Dino
come
e
perché
Borelli
,
pur
impedendogli
di
tornare
in
Abissinia
,
non
aveva
inteso
affatto
licenziarlo
.
Egli
ci
ascoltava
col
nasino
per
in
su
,
gli
occhi
candidi
e
interrogativi
posati
ora
su
me
ora
su
Gaetano
,
la
cravatta
annodata
come
se
fosse
stata
la
mamma
a
farlo
.
Poi
disse
,
semplicemente
:
«
Ah
!
»
.
Ci
ripensò
,
parve
poco
convinto
,
e
aggiunse
perplesso
:
«
Ma
non
sarò
mica
,
senza
saperlo
,
ammalato
per
davvero
?
»
.
Perché
colui
che
,
per
obbedienza
agli
ordini
del
giornale
,
stava
per
affrontare
un
viaggio
rischiosissimo
e
la
certa
cattura
,
ha
una
paura
birbona
delle
malattie
.
Da
allora
Buzzati
continuò
a
stare
,
ufficialmente
richiamato
come
corrispondente
di
guerra
,
dove
lo
mettevano
.
E
lo
misero
dapprima
su
un
incrociatore
.
Fu
uno
dei
pochi
,
tra
noi
,
a
non
soffrire
il
mal
di
mare
e
a
farsi
amare
dai
marinai
.
Prese
parte
a
convogli
,
e
li
descrisse
come
cavalcate
di
neri
angeli
nella
notte
.
E
le
volte
che
gli
toccò
correre
un
rischio
,
lo
fece
con
sì
sorridente
impassibilità
e
tranquilla
modestia
che
passò
per
un
uomo
coraggiosissimo
.
Lo
è
infatti
,
in
un
certo
senso
:
nel
senso
cioè
che
i
rischi
Buzzati
non
li
vede
,
lui
che
traspone
tutto
al
soprannaturale
e
non
può
concepire
nemmeno
un
siluro
se
non
sotto
le
sembianze
di
un
mostruoso
ma
innocuo
delfino
.
L'8
settembre
il
giornale
diede
ordine
a
Buzzati
di
restare
al
lavoro
in
redazione
,
e
Buzzati
ci
restò
.
Ecco
perché
egli
non
comprese
il
biglietto
che
dalla
prigione
gli
mandai
,
nel
timore
del
castigo
in
cui
avrebbe
potuto
incorrere
più
tardi
.
Quale
castigo
?
dovette
domandarsi
con
la
stessa
aria
di
sbigottimento
che
gli
si
era
dipinta
sul
volto
il
giorno
in
cui
Borelli
,
per
salvarlo
senza
compromettersi
,
aveva
voluto
persuaderlo
che
era
malato
.
E
infatti
non
ne
subì
.
Perfino
di
fronte
a
degli
"
epuratori
"
,
cioè
alla
più
bassa
sottospecie
cui
l
'
umanità
,
in
nome
di
qualunque
ideologia
,
possa
degradarsi
,
l
'
innocenza
,
quando
è
dipinta
con
tanta
evidenza
sul
volto
e
nei
gesti
e
nelle
parole
di
un
uomo
come
lo
è
sul
volto
,
nei
gesti
e
nelle
parole
di
Dino
,
trova
la
forza
di
imporsi
.
Stanotte
Buzzati
deve
partire
per
ragioni
di
servizio
,
e
ancora
non
lo
sa
.
È
andato
a
letto
,
perché
è
sua
abitudine
coricarsi
presto
,
prima
ancora
che
in
redazione
giungesse
l
'
annunzio
della
spaventosa
tragedia
di
Albenga
,
dove
alcune
dozzine
di
bambini
milanesi
sono
morti
affogati
.
Chi
s
'
incarica
di
dargli
la
terribile
notizia
?
«
Be
'
»
,
dice
il
direttore
ad
Afeltra
,
«
glielo
dica
lei
.
È
un
fatto
orribile
,
siamo
d
'
accordo
.
Ma
,
in
fondo
,
tra
quei
poveri
morticini
,
non
c
'
è
mica
anche
un
figlio
di
Buzzati
!...»
Afeltra
ha
il
guizzo
di
un
sorriso
nei
suoi
neri
malinconici
furbi
occhi
di
napoletano
;
poi
mi
prende
in
disparte
:
«
Questo
pover
uomo
crede
che
,
per
Dino
,
sia
terribile
la
notizia
della
morte
dei
bambini
!
...
No
,
la
notizia
terribile
,
per
lui
,
è
che
ora
,
all
'
una
di
notte
,
deve
alzarsi
e
partire
!
»
.
E
non
sbaglia
.
Buzzati
ascolta
dall
'
altro
capo
del
filo
il
resoconto
della
sciagura
che
Afeltra
gli
colorisce
con
apocalittici
accenti
.
Poi
risponde
:
«
Povere
creature
!
...
Ne
riparliamo
domani
!
»
.
E
riattacca
il
ricevitore
.
Afeltra
mi
fissa
con
uno
sguardo
che
suona
:
"
Te
l
'
avevo
detto
,
io
?
"
e
lo
fa
richiamare
.
«
No
,
Dino
,
senti
...
»
,
ricomincia
con
voce
dolcissima
,
«
tu
mi
pare
che
non
hai
capito
bene
di
che
cosa
si
tratta
...
Sono
quasi
tutti
di
Milano
,
i
bambini
...
Qui
,
domani
,
tutta
la
città
è
in
lutto
,
e
capirai
che
il
giornale
non
può
uscire
con
la
notizia
nuda
e
cruda
...
»
«
No
,
certo
»
,
gracida
la
voce
di
Dino
,
«
dovete
mandar
qualcuno
...
»
,
e
riattacca
.
Per
la
terza
volta
Afeltra
lo
fa
chiamare
.
«
Dino
?
...
Carissimo
Dino
...
Sono
ancora
io
,
Gaetano
.
Senti
,
lasciami
parlare
...
Ad
Albenga
,
per
un
servizio
di
questo
genere
,
non
si
può
mandare
uno
qualunque
...
Ci
vogliono
una
penna
e
una
firma
...
Ci
vuole
soprattutto
un
cuore
che
batte
...
E
qui
,
a
portata
di
mano
,
non
abbiamo
nessuno
...
Piovene
,
come
sai
,
è
a
Parigi
...
Vergani
al
Tour
...
Corradi
in
Inghilterra
...
Grazzini
in
Sicilia
...
Montanelli
non
ha
cuore
,
o
passa
per
uno
che
non
ne
ha
:
il
che
agli
effetti
del
pubblico
,
è
lo
stesso
...
Cosa
dici
?
...
Hanno
suonato
alla
porta
?
...
Sì
,
va
'
a
aprire
,
va
'
:
è
l
'
autista
che
,
d
'
ordine
del
direttore
,
è
venuto
con
la
macchina
a
prenderti
per
condurti
ad
Albenga
...
»
Ed
è
lui
,
stavolta
,
a
riattaccare
il
ricevitore
.
Ma
le
fatiche
di
Afeltra
non
sono
finite
con
la
partenza
di
Buzzati
,
l
'
impareggiabile
purosangue
di
cui
egli
è
il
naturale
fantino
.
Con
trepida
impazienza
,
finito
,
alle
quattro
,
il
lavoro
in
tipografia
,
invece
di
coricarsi
,
si
chiude
nella
cabina
telefonica
ad
attendere
il
primo
resoconto
del
suo
puledro
.
Quando
torno
la
sera
,
lo
trovo
ancora
lì
,
con
la
cravatta
sbilenca
,
la
faccia
irta
di
barba
,
gli
occhi
lustri
di
gioia
.
«
Leggi
,
leggi
...
»
,
mi
dice
accennando
con
una
mano
il
dattiloscritto
in
cui
lo
stenografo
ha
già
tradotto
il
resoconto
telefonico
di
Dino
,
mentre
con
l
'
altra
sèguita
a
tenersi
poggiato
all
'
orecchio
il
ricevitore
.
«
Leggi
che
meraviglial
...
»
Lo
è
,
infatti
:
pagine
pulite
,
lisce
,
in
cui
la
Morte
traluce
come
una
cosa
viva
e
affabile
,
appena
riverberando
un
'
ombra
sui
cadaveri
allineati
sotto
il
suo
mantello
non
più
,
come
al
solito
,
lugubre
e
solenne
,
ma
cordiale
e
paterno
:
uno
dei
più
bei
reportages
,
forse
il
più
bello
,
fra
quelli
che
in
tanti
anni
di
mestiere
mi
son
capitati
da
leggere
.
«
No
,
no
,
aspetta
!
»
,
urla
Afeltra
all
'
apparecchio
.
«
La
chiusa
non
dev
'
essere
questa
!
...
La
chiusa
la
devi
fare
sul
torpedone
delle
mamme
che
sono
già
partite
da
Milano
per
venire
a
vedere
i
loro
bambini
morti
e
devono
essere
in
arrivo
costà
...
Sul
loro
urlo
di
dolore
...
»
«
E
perché
dovrebbero
urlare
?
»
,
risponde
placida
la
voce
di
Dino
,
al
'
altro
capo
del
filo
.
«
Come
"
perché
dovrebbero
urlare
"
!
?
»
,
esplode
Afeltra
con
voce
strozzata
.
«
...
Ma
che
vai
dicendo
,
Dino
!
?
...
I
loro
figli
...
»
«
Sono
così
belli
!
»
,
ribatte
dolcissima
la
voce
di
Buzzati
.
«
Li
vedessi
,
Gaetano
,
come
sono
belli
!
...
Sorridono
...
Angeli
che
,
per
diventarlo
,
sono
così
contenti
di
essere
morti
...
»
Quando
l
'
indomani
,
al
suo
ritorno
,
stringo
la
mano
a
Buzzati
per
complimentarmi
con
lui
dello
stupendo
articolo
che
ha
scritto
,
egli
rimane
ad
ascoltarmi
col
nasino
per
in
su
,
gli
occhi
candidi
e
interrogativi
posati
ora
su
me
ora
su
Gaetano
che
approva
,
la
cravatta
annodata
,
nonostante
il
viaggio
e
le
due
insonni
notti
,
come
se
fosse
stata
la
mamma
a
farlo
.
Poi
mi
chiede
:
«
Davvero
?
»
,
con
lo
stesso
tono
lievemente
incredulo
con
cui
mi
rivolse
la
stessa
domanda
allorché
,
letto
che
ebbi
Il
deserto
dei
tartari
,
gli
dissi
che
aveva
scritto
il
più
bel
romanzo
italiano
degli
ultimi
vent
'
anni
(
e
sono
ancora
dello
stesso
avviso
)
.
Lo
guardo
.
E
d
'
improvviso
mi
accorgo
che
,
come
i
bambini
che
ha
descritto
,
anche
lui
in
fondo
è
un
angelo
:
l
'
unico
che
,
per
diventarlo
,
non
abbia
avuto
bisogno
,
prima
,
di
morire
.
StampaQuotidiana ,
Grazie
alla
censura
Viridiana
era
divenuto
un
mito
,
e
sventolato
come
una
bandiera
.
Ora
che
anche
in
Italia
lo
possiamo
vedere
in
edizione
integrale
si
può
dire
che
su
quel
vessillo
ci
sono
molti
segni
,
ma
non
tutti
riconducibili
a
un
'
interpretazione
anticlericale
e
antifranchista
di
comodo
.
È
vero
che
tutto
fa
brodo
,
agli
occhi
dei
fanatici
,
ma
Buñuel
non
è
un
uomo
di
cinema
che
si
lasci
facilmente
utilizzare
come
strumento
di
polemica
politica
:
cercare
nella
sua
opera
troppi
significati
moralistici
equivale
,
anzi
,
a
ridurne
di
molto
la
personalità
artistica
.
L
'
ha
detto
chiaro
:
Viridiana
non
vuole
dimostrare
nulla
,
soltanto
esprimere
,
con
i
modi
dell
'
umor
nero
,
ossessioni
erotiche
e
religiose
.
Le
stesse
che
da
molti
decenni
devastano
l
'
animo
inquieto
di
questo
spagnolo
uscito
da
una
facoltosa
famiglia
di
terrieri
cattolici
,
educato
dai
gesuiti
,
passato
attraverso
l
'
esperienza
del
surrealismo
come
attraverso
una
scuola
di
eversione
di
ogni
valore
conformistico
;
infine
,
esule
dalla
patria
con
tutto
il
bagaglio
di
stimoli
spirituali
e
di
suggestioni
culturali
che
hanno
esasperato
una
naturale
vocazione
tragica
.
Se
dunque
,
invece
,
si
vuole
anatomizzare
il
film
per
cercarvi
il
messaggio
,
non
rischiamo
di
trovarci
i
cascami
di
un
picarismo
letterario
e
di
un
anarchismo
ottocentesco
,
se
non
addirittura
di
un
terribilismo
alla
Sade
inserito
con
qualche
snobismo
nel
filone
dell
'
irrazionalismo
novecentesco
?
Senza
dire
che
L
'
Angelo
sterminatore
,
il
film
successivo
a
Viridiana
,
e
che
si
vide
l
'
anno
scorso
a
Cannes
,
non
avrebbe
portato
avanti
il
discorso
,
anzi
avrebbe
ribadito
quella
che
sembra
l
'
unica
costante
delle
cupe
invenzioni
di
Buñuel
:
l
'
insofferenza
per
le
convenzioni
,
la
malinconia
per
la
condizione
di
schiavitù
propria
degli
uomini
.
Buñuel
resta
,
a
nostro
avviso
,
un
nichilista
la
cui
forza
poetica
è
data
proprio
dalla
coerenza
con
cui
esprime
la
sua
disperazione
di
non
poter
sostituire
nulla
all
'
ordine
che
vuol
distruggere
.
Chi
ne
fa
un
profeta
della
rivoluzione
dovrebbe
chiedersi
di
quali
valori
positivi
si
fa
apportatore
Buñuel
con
un
film
come
Viridiana
.
L
'
immagine
finale
che
egli
ci
offre
del
mondo
,
dopo
la
sconfitta
del
bene
e
del
male
,
è
perplessa
e
sarcastica
.
È
una
partita
a
carte
in
cui
tutti
sono
coinvolti
.
Egli
esprime
,
semplicemente
,
la
vanità
degli
sforzi
dell
'
individuo
senza
proporci
con
convinzione
l
'
alternativa
collettivistica
.
Se
egli
irride
,
oggi
,
la
carità
di
quanti
percorrono
le
strade
del
Novecento
puntellandosi
a
un
'
emblematica
medievale
(
tale
gli
sembrano
la
croce
,
il
martello
,
i
chiodi
e
la
corona
di
spine
ai
quali
Viridiana
s
'
aggrappa
)
,
non
perciò
mostra
di
aver
maggiore
fiducia
in
chi
lavora
di
zappa
e
calcina
.
Questi
avranno
più
meriti
agli
occhi
del
mondo
,
ma
anche
la
loro
esistenza
è
presa
nel
gran
gioco
di
un
destino
di
falsità
.
Si
vuoi
dire
che
,
con
virulenza
di
visionario
e
il
gusto
del
ripugnante
che
gli
deriva
dalla
tradizione
artistica
spagnola
,
Buñuel
grida
troppo
forte
perché
la
vena
di
rimpianto
,
l
'
ansia
di
purezza
assoluta
che
forse
gli
serpeggia
nel
corpo
gonfio
di
sdegni
non
si
secchi
nello
stagno
dello
scetticismo
.
Proprio
per
questo
,
come
non
abbiamo
un
tribuno
,
così
abbiamo
un
fortissimo
artista
(
e
anche
un
maestro
di
cinema
)
,
che
spezza
ogni
mito
ideologico
con
la
potenza
fantastica
e
figurativa
;
che
ci
propone
un
universo
poetico
compatto
nel
delirio
del
sentimento
,
e
lo
esprime
con
un
linguaggio
che
risolve
tutti
i
contenuti
in
una
forma
grondante
di
incisività
.
Viridiana
è
un
esempio
calzante
della
assunzione
di
tutti
i
valori
nello
stile
.
Se
ha
modi
,
e
tecnica
,
di
vecchio
stampo
,
ivi
compreso
il
sovrabbondante
ricorso
alla
simbologia
,
è
perché
Buñuel
appartiene
a
una
generazione
artistica
di
estrazione
naturalistica
che
non
lasciava
i
margini
dei
libri
troppo
bianchi
,
perché
i
lettori
proseguissero
l
'
opera
per
proprio
conto
.
Un
romanzo
era
un
romanzo
,
non
una
proposta
di
romanzo
;
e
un
film
un
racconto
in
cui
l
'
autore
realizzava
tutto
se
stesso
.
O
prendere
o
lasciare
.
La
storia
di
Viridiana
(
Silvia
Pinal
)
è
quella
di
una
novizia
che
si
perde
.
Comincia
sulle
note
di
Mozart
e
di
Händel
,
e
finisce
sui
ritmi
del
jazz
.
Alla
vigilia
di
prendere
i
voti
,
Viridiana
va
a
far
visita
a
un
vecchio
zio
(
Fernando
Rey
)
che
abita
in
una
villa
di
campagna
,
ossessionato
dalla
memoria
della
moglie
mortagli
trent
'
anni
prima
,
la
sera
stessa
delle
nozze
,
e
che
egli
custodisce
attraverso
il
culto
feticista
per
i
suoi
abiti
da
sposa
.
Identificando
Viridiana
con
la
moglie
,
lo
zio
le
chiede
di
sposarlo
,
e
al
suo
rifiuto
la
droga
,
con
la
complicità
di
una
serva
,
dopo
averle
chiesto
,
come
ultimo
favore
,
di
indossare
il
bianco
abito
di
nozze
che
egli
ha
conservato
per
tutti
quegli
anni
.
Priva
di
conoscenza
,
la
novizia
subirebbe
l
'
oltraggio
del
vecchio
,
se
questi
non
fosse
all
'
ultimo
momento
trattenuto
dalla
speranza
di
possederla
legittimamente
con
una
menzogna
:
facendole
credere
,
l
'
indomani
mattina
,
che
nella
notte
egli
le
ha
fatto
violenza
.
Inorridita
,
Viridiana
lascia
la
casa
per
tornare
al
convento
,
senza
perdonare
lo
zio
,
ma
quando
sta
per
partire
viene
avvertita
che
il
vecchio
si
è
impiccato
e
l
'
ha
lasciata
erede
,
insieme
a
un
cugino
,
della
fattoria
.
La
ragazza
si
considera
responsabile
del
gesto
dello
zio
:
per
espiare
rinunzierà
a
farsi
suora
,
ma
si
darà
a
opere
di
bene
,
accogliendo
nella
fattoria
quanti
mendicanti
,
ladri
,
vagabondi
,
troverà
nel
paese
:
il
suo
peccato
d
'
orgoglio
confina
con
l
'
ingenuità
.
Arriva
intanto
il
cugino
Jorge
(
Francisco
Rabal
)
,
che
vuol
riorganizzare
la
proprietà
e
appoderare
i
campi
abbandonati
.
È
un
bell
'
uomo
,
e
ha
con
sé
un
'
amante
,
ma
se
ne
libera
presto
perché
ha
messo
gli
occhi
su
Viridiana
,
benché
la
consideri
una
«
bigotta
marcia
»
e
intanto
si
gode
la
serva
.
La
cugina
,
ritiratasi
in
una
misera
stanzetta
,
è
intenta
soltanto
alla
preghiera
e
alla
beneficienza
,
tutta
circondata
di
speranze
mistiche
e
di
fiducia
nell
'
avvenire
.
Mentre
i
suoi
vagabondi
recitano
l
'
Angelus
,
i
muratori
di
Jorge
lavorano
e
sudano
.
Due
modi
di
affrontare
la
vita
,
dopotutto
.
Un
giorno
,
assenti
i
padroni
,
i
poveri
invadono
la
villa
e
la
mettono
a
soqquadro
,
insozzano
le
stanze
,
profanano
ogni
simbolo
di
purezza
,
finalmente
si
siedono
a
banchetto
facendosi
«
fotografare
»
lubricamente
nell
'
atteggiamento
dell
'
Ultima
Cena
.
Sorpresi
dai
padroni
,
uno
dei
mendicanti
tenta
di
violentare
Viridiana
,
ma
il
cugino
la
salva
convincendo
uno
di
loro
ad
uccidere
,
per
denaro
,
l
'
amico
.
Tramontata
la
sua
illusione
di
poter
fare
del
bene
,
Viridiana
tenta
ancora
di
resistere
all
'
istinto
della
femminilità
che
si
è
svegliato
in
lei
;
ma
è
fatale
che
cada
:
il
male
del
vivere
è
più
forte
,
ormai
,
della
sua
fede
.
La
corona
di
spine
brucia
in
un
falò
,
la
donna
va
a
sedersi
al
tavolo
dove
il
cugino
e
la
serva
giocano
a
carte
:
ora
,
sul
grammofono
,
gira
un
disco
di
cha
-
cha
-
cha
.
La
realtà
vince
il
sogno
.
E
il
disprezzo
di
Buñuel
ha
coinvolto
tanto
la
superstizione
religiosa
quanto
l
'
erotismo
dei
vecchi
,
la
corruzione
dell
'
infanzia
e
le
buone
intenzioni
di
Viridiana
.
La
sua
«
corte
dei
miracoli
»
ha
corroso
,
con
il
vieto
concetto
di
beneficenza
,
l
'
ipotesi
stessa
del
bene
.
Non
è
certo
da
un
laido
sottoproletariato
che
viene
la
speranza
:
esso
è
servito
a
inserire
Viridiana
in
una
società
filistea
,
ma
non
a
proporre
un
ricambio
sociale
.
Se
vogliamo
restare
fedeli
alle
intenzioni
di
Buñuel
,
il
suo
film
è
un
grottesco
che
non
a
caso
ebbe
,
oltre
alla
palma
d
'
oro
di
Cannes
nel
1961
,
il
premio
dell
'
humour
noir
.
Non
.
come
anche
è
stato
detto
,
soltanto
una
serie
di
gags
,
ma
certamente
il
frutto
di
una
fantasia
lugubre
,
che
si
esercita
su
alcuni
mali
della
società
contemporanea
con
gusto
autodistruttivo
,
riscattato
soltanto
da
una
assoluta
libertà
morale
.
Se
nel
film
c
'
è
qualcosa
di
blasfemo
è
questo
incrudelire
sull
'
uomo
a
vantaggio
dell
'
artista
,
che
si
getta
con
voluttà
in
una
ricostruzione
tendenziosa
della
realtà
,
e
riesce
a
dipingerla
con
tinte
così
forti
e
cupe
da
mettere
i
brividi
.
Se
il
mondo
fosse
questo
,
meglio
spararsi
.
È
raro
che
il
cinema
riesca
a
dare
una
così
dura
impressione
.
Quando
lo
fa
,
vuol
dire
che
le
scene
,
così
pregnanti
,
sono
uscite
dalle
mani
di
un
vero
creatore
,
il
quale
si
assume
molte
responsabilità
purché
gli
si
riconosca
sincerità
con
se
stesso
.
Triviale
,
cinico
,
truculento
,
tutto
si
potrà
dire
di
Buñuel
tranne
che
non
sia
un
autentico
spagnolo
ossessionato
dalla
cecità
degli
uomini
e
dalla
nostalgia
della
pietà
.
StampaQuotidiana ,
Otto
e
mezzo
di
Federico
Fellini
:
il
miele
dell
'
illusione
fornito
dalla
magia
contro
la
vita
agra
,
la
fuga
dell
'
individuo
dal
pessimismo
cattolico
in
una
serena
finzione
di
solidarismo
,
una
sorta
di
fantastico
balletto
sulla
passerella
dell
'
esistenza
.
Una
favola
e
un
incubo
,
dal
quale
si
esce
impietositi
per
gli
uomini
,
se
non
ci
consolasse
questa
facoltà
dell
'
arte
,
sorella
della
stregoneria
,
di
rendere
toccabile
,
e
perciò
vero
,
il
mondo
dell
'
ignoto
in
cui
si
dibatte
la
coscienza
.
È
forse
lo
sforzo
più
duro
che
Fellini
abbia
compiuto
sinora
per
compromettere
tutto
se
stesso
nella
ricerca
di
sé
e
di
quanto
lo
leghi
agli
altri
.
Protagonista
è
Guido
,
un
regista
sui
quarantacinque
,
famoso
,
ricco
,
sposato
,
con
un
'
amante
quieta
,
e
quante
altre
donne
vuole
intorno
.
Dovendo
fare
un
film
,
ha
pensato
confusamente
a
qualcosa
di
fantascienza
,
una
nave
spaziale
che
porti
su
un
altro
pianeta
i
resti
dell
'
umanità
decimata
dalla
peste
atomica
.
Una
malattia
,
e
la
paura
della
morte
,
improvvisamente
lo
blocca
.
Subito
un
incubo
:
di
restare
soffocato
nell
'
automobile
,
e
l
'
umanità
che
assiste
al
lugubre
spettacolo
.
Vola
in
cielo
,
ma
qualcosa
lo
lega
:
un
impegno
di
responsabilità
,
che
non
riesce
ad
affrontare
,
ma
al
quale
non
può
sfuggire
:
la
sua
vita
privata
,
il
film
,
gli
attori
che
pendono
da
lui
,
i
piani
di
lavorazione
.
Come
vogliono
i
medici
,
va
a
curarsi
in
una
stazione
termale
.
È
il
momento
in
cui
Guido
rimette
tutto
in
discussione
.
È
in
crisi
il
suo
talento
,
le
idee
sono
nebbiose
,
non
sa
come
portare
avanti
il
film
.
È
,
a
rimorchio
,
è
in
crisi
la
sua
coscienza
.
Non
ha
mai
saputo
rinunziare
a
niente
,
non
ha
mai
saputo
scegliere
una
cosa
sola
e
restarle
fedele
.
Ora
i
rimorsi
sono
giunti
a
maturazione
,
lo
macerano
nella
scontentezza
e
nella
solitudine
.
Si
guarda
intorno
:
uno
scrittore
,
chiamato
a
collaborare
alla
stesura
del
film
,
gli
distrugge
,
con
freddo
razionalismo
,
quanto
ha
fatto
sinora
;
un
amico
,
non
più
giovane
,
ha
lasciato
la
moglie
e
,
pur
di
sentirsi
qualcuno
vicino
,
ha
preso
per
amante
una
compagna
di
scuola
della
figlia
;
la
gente
che
circola
per
le
strade
,
ricca
,
soddisfatta
,
ha
spento
nell
'
abitudine
e
nella
finzione
sociale
ogni
stimolo
verso
la
verità
.
C
'
è
una
bella
ragazza
,
alla
fonte
,
che
gli
porge
il
bicchiere
,
e
gli
fa
indovinare
un
ideale
di
purezza
,
ma
appare
e
scompare
come
un
fantasma
.
È
non
sarà
anch
'
essa
,
per
lui
,
un
'
ambizione
di
conquista
,
per
continuare
a
mentire
sotto
il
velo
di
un
lavacro
d
'
innocenza
?
Arriva
Carla
,
l
'
amante
di
Guido
,
bianca
di
pelle
,
pastosa
,
tutta
mossettine
,
positiva
.
Altre
volte
gli
bastò
rifugiarsi
nella
sua
soda
stupidità
.
Ora
non
più
:
se
ne
vergogna
,
la
sistema
in
un
alberghetto
.
A
letto
con
lei
,
trasognato
dal
suo
bianco
,
Guido
si
assopisce
e
si
trova
nella
luce
di
un
cimitero
.
Il
padre
,
che
torna
a
morire
calandosi
vivo
nella
terra
;
la
madre
,
dolente
,
che
all
'
improvviso
assume
il
volto
di
Luisa
,
la
moglie
di
Guido
...
I
ricordi
,
le
presenze
,
gli
si
confondono
e
lo
mordono
:
non
è
stato
giusto
con
nessuno
,
non
ha
fatto
mai
nulla
per
gli
altri
.
Intanto
tutta
la
troupe
del
film
l
'
ha
raggiunto
:
il
produttore
,
gli
attori
,
i
tecnici
premono
perché
spieghi
cosa
vuoi
fare
,
come
distribuire
le
parti
,
perché
scelga
e
risponda
.
La
sera
,
al
night
delle
terme
,
un
mago
fa
esperimenti
di
telepatia
.
Perché
egli
riesce
a
indovinare
il
pensiero
degli
altri
,
e
Guido
non
sa
più
vedere
nemmeno
in
se
stesso
?
Eppure
il
passato
gli
è
vivo
dinanzi
:
l
'
infanzia
nella
fattoria
,
in
Romagna
,
la
felice
sicurezza
dei
giochi
,
le
mani
delle
donne
.
Forse
Luisa
,
la
moglie
,
può
restituirgli
quella
pace
:
è
un
'
ancora
alla
quale
Guido
si
aggrappa
.
Che
venga
,
Luisa
,
lo
raggiunga
alle
terme
,
se
vuole
.
È
intanto
la
ragazza
della
fonte
gli
riappare
,
come
una
tentazione
.
È
intanto
a
Carla
viene
un
febbrone
,
e
Guido
rifiuta
ancora
una
volta
di
prendersi
la
responsabilità
:
sarà
meglio
chiamare
il
marito
.
Affascinato
dal
corpo
di
lei
,
ecco
ora
il
ricordo
dei
primi
pensieri
peccaminosi
.
Guido
è
in
collegio
,
bambino
:
insieme
ai
compagni
è
andato
nascostamente
sulla
spiaggia
a
vedere
la
Saraghina
,
una
femmina
animalesca
che
vive
tra
i
ruderi
d
'
una
casamatta
.
Sorpreso
dagli
istitutori
,
è
scosso
di
paura
e
vergogna
.
Fu
allora
,
forse
,
che
cominciò
a
mentire
a
se
stesso
.
Non
gli
verrebbe
una
parola
di
consolazione
dalla
Chiesa
?
Alle
terme
c
'
è
anche
un
cardinale
.
Guido
lo
interroga
,
ma
ne
ha
una
risposta
sconsolante
:
«
Chi
ha
detto
che
si
viene
al
mondo
per
essere
felici
?
»
.
Arriva
Luisa
,
e
con
lei
nuovi
motivi
di
disagio
;
perché
Guido
le
mentisce
fingendo
di
ignorare
la
presenza
di
Carla
alle
terme
,
e
la
moglie
si
rifiuta
di
continuare
ad
accettarlo
qual
è
,
un
uomo
che
mentisce
come
respira
.
Ancora
un
sogno
egoista
,
per
Guido
:
di
vedere
la
moglie
e
l
'
amante
a
braccetto
,
e
poi
di
trovarsi
intorno
tutte
le
donne
della
sua
vita
,
come
in
un
harem
festoso
,
e
lui
coccolato
come
un
bambino
e
temuto
come
un
domatore
.
Ma
il
film
non
procede
,
e
tutto
l
'
ambiente
è
a
rumore
:
insomma
,
cosa
vuole
il
regista
?
Gli
si
è
seccata
la
vena
?
Perché
fa
il
misterioso
?
Vigliacco
,
oltreché
buffone
?
È
ora
,
che
parte
ha
Claudia
,
la
diva
che
si
è
aggiunta
alla
troupe
?
In
Claudia
Guido
identifica
la
ragazza
della
fonte
e
l
'
attrice
famosa
.
Sta
rompendo
con
la
moglie
,
sta
pensando
di
rinunziare
al
cinema
:
Claudia
può
restituirgli
la
verginità
dei
sentimenti
e
delle
parole
.
Ma
anche
questa
speranza
fallisce
,
e
ormai
l
'
organizzazione
del
film
è
al
punto
da
costringere
Guido
a
pronunziarsi
.
Di
fronte
al
grande
traliccio
costruito
per
il
lancio
dell
'
astronave
,
il
produttore
convoca
una
conferenza
-
stampa
.
Preso
d
'
assalto
,
Guido
deve
confessare
il
proprio
fallimento
di
regista
e
di
uomo
.
Finzione
e
realtà
ormai
si
confondono
in
lui
e
l
'
ossessionano
.
Pensa
di
sfuggire
a
tutte
le
responsabilità
col
suicidio
,
ma
mentre
la
folla
si
disperde
il
mago
che
nel
night
faceva
gli
esperimenti
di
telepatia
lo
ferma
,
presentandogli
una
realtà
miracolosamente
pacificata
nella
suprema
finzione
.
In
un
lampo
,
Guido
intuisce
che
il
senso
del
film
e
della
vita
sta
nell
'
accettare
il
mondo
,
nel
rinunziare
a
fuggire
in
un
altro
pianeta
,
nell
'
abbandonarsi
,
sfilando
tutti
insieme
come
su
una
passerella
,
al
necessario
,
inevitabile
gioco
della
vita
,
in
cui
l
'
egoismo
di
ciascuno
coincide
con
la
verità
di
tutti
.
La
creatura
di
sogno
,
tutta
vestita
di
bianco
,
la
ritroviamo
allora
in
noi
,
nell
'
innocenza
di
noi
stessi
bambini
.
Nel
suo
cono
di
luce
ci
sembra
di
rinascere
.
In
Otto
e
mezzo
(
l
'
ottavo
film
di
Fellini
,
più
Luci
del
varietà
,
firmato
insieme
a
Lattuada
)
,
lo
scrittore
che
era
stato
chiamato
a
consulto
da
Guido
,
e
lo
aveva
duramente
criticato
,
finisce
impiccato
.
Questa
è
la
sorte
che
Fellini
riserva
a
chi
voglia
vedere
,
sempre
,
tutto
chiaro
,
e
rifiuti
le
confessioni
che
non
seguano
il
gelido
ordine
razionale
.
D
'
accordo
,
strangoliamo
la
critica
se
vuole
obbligarci
a
giudicare
una
grande
opera
d
'
arte
come
questa
con
i
canoni
cartesiani
.
Siamo
in
un
'
età
di
transizione
,
dobbiamo
lasciarci
convincere
dalla
stessa
indeterminatezza
di
un
'
idea
,
se
essa
ci
emoziona
.
Abbiamo
bisogno
di
sentirci
scaldare
,
di
farci
trasportare
.
Non
è
nemmeno
quanto
Fellini
ci
dice
sul
tumulto
della
sua
vita
individuale
(
perché
l
'
identificazione
fra
Guido
e
Fellini
è
totale
,
e
questo
può
essere
un
difetto
del
film
)
,
ciò
che
più
ci
interessa
.
Dopo
tutto
sono
fatti
suoi
,
e
si
può
anche
non
essere
d
'
accordo
sulla
validità
universale
della
soluzione
ch
'
egli
ci
propone
,
e
non
troppo
chiaramente
,
a
conclusione
di
un
itinerario
larghissimamente
autobiografico
.
È
il
fatto
che
un
uomo
di
cinema
,
pur
dando
íl
suo
luogo
all
'
astuzia
,
si
metta
nudo
in
piazza
,
si
offra
al
dileggio
,
e
intanto
le
sue
carni
si
traducano
in
immagini
di
ineguagliabile
evidenza
fantastica
,
ciò
che
colpisce
e
mozza
il
fiato
.
La
parabola
pronunciata
da
Fellini
può
anche
lasciarci
freddi
,
se
la
isoliamo
dal
contesto
(
e
indubbiamente
la
contemporaneità
dei
tre
piani
narrativi
e
psicologici
-
quello
che
Guido
è
,
è
stato
e
vorrebbe
essere
-
non
è
perfettamente
risolta
in
racconto
unitario
)
,
ma
l
'
eccezionalità
del
film
sta
proprio
nella
«
bella
confusione
»
(
questo
è
il
titolo
che
Flaiano
aveva
proposto
)
di
errore
e
verità
,
di
realtà
e
sogno
,
di
valori
stilistici
e
valori
umani
,
nel
totale
adeguamento
del
linguaggio
cinematografico
di
Fellini
alle
sconnesse
immaginazioni
di
Guido
.
Come
distinguere
il
regista
della
realtà
da
quello
della
finzione
è
impossibile
,
così
i
difetti
di
Fellíni
coincidono
con
le
ombre
spirituali
di
Guido
.
L
'
osmosi
fra
arte
e
vita
è
strabiliante
.
Certo
siamo
di
fronte
a
un
esperimento
irripetibile
.
Da
nessun
altro
saremmo
disposti
ad
ammettere
che
«
il
film
deve
contenere
errori
come
la
vita
,
come
la
gente
»
:
quella
che
per
Fellíni
è
stata
,
durante
la
lavorazione
laboriosa
del
film
,
la
consapevole
scelta
di
un
rischio
gravissimo
,
per
chiunque
altro
potrà
essere
un
alibi
.
Piuttosto
dobbiamo
chiederci
perché
un
'
avventura
tanto
personale
,
talché
Otto
e
mezzo
,
con
i
suoi
rintocchi
malinconici
,
sta
fra
la
confessione
e
il
testamento
,
raggiunga
una
delle
vette
più
alte
del
cinema
mondiale
contemporaneo
.
Il
segreto
,
dite
pure
il
trucco
,
sta
nell
'
aver
portato
all
'
estremo
quella
disponibilità
inventiva
e
quella
maestria
tecnica
grazie
alle
quali
anche
immagini
sparse
prendono
corpo
e
divengono
frasi
di
un
discorso
che
perennemente
si
arrotola
e
si
snoda
sul
piano
della
fantasia
,
della
memoria
e
del
sortilegio
,
e
nell
'
averle
nutrite
di
tutte
le
angosce
del
nostro
tempo
.
Quante
volte
è
stato
detto
che
Fellini
è
soprattutto
un
visionario
?
Ma
ormai
le
sue
visioni
sono
un
grido
.
Ormai
egli
proietta
tutti
i
suoi
dubbi
morali
su
uno
schermo
magico
,
che
assorbe
la
confessione
nella
visione
,
senza
il
consueto
tramite
della
introspezione
,
ma
il
lampo
gli
parte
dal
profondo
dell
'
essere
.
È
uno
sdrucciolone
nell
'
intuizionismo
se
volete
,
ma
compiuto
da
un
umanista
che
resta
fedele
ai
modi
realistici
:
per
un
'
arcana
operazione
i
valori
stilistici
del
film
sono
anche
quelli
psicologici
,
e
la
frondosità
,
l
'
eccesso
di
simbolismo
,
le
ridondanze
,
tutto
quanto
c
'
è
di
floreale
nel
regista
restano
nel
contempo
i
connotati
morali
di
un
artista
ossessionato
,
che
non
vuole
staccarsi
dal
magma
che
gli
bolle
dentro
,
preferendo
tentare
di
liberarsene
col
bruciarsi
le
facoltà
ordinatrici
,
sia
pure
irridendo
alla
propria
ambizione
.
In
Otto
e
mezzo
l
'
operazione
è
riuscita
fino
allo
spasimo
.
Non
c
'
è
sequenza
del
film
in
cui
non
sia
visibile
questo
sforzo
di
sincerità
.
Tutto
il
film
è
.
un
incrociarsi
di
ipotesi
,
presagi
,
intuizioni
che
assumono
consistenza
figurativa
nell
'
attimo
stesso
in
cui
sono
avvertiti
dalla
coscienza
,
e
la
cui
convinzione
deriva
dalla
loro
verità
spirituale
.
«
Qualcosa
tra
una
sgangherata
seduta
psicanalitica
e
un
disordinato
esame
di
coscienza
,
in
un
'
atmosfera
di
limbo
»
,
ha
detto
Fellini
del
suo
film
.
Non
sarà
piuttosto
il
supremo
vagheggiamento
di
un
poeta
che
irrazionalmente
identifica
l
'
arte
con
la
vita
,
e
le
riassume
,
con
splendida
ipocrisia
,
nella
bella
favola
?
Anziché
una
«
verifica
intima
»
,
che
interesserà
soprattutto
la
storia
di
Fellini
,
Otto
e
mezzo
è
allora
un
canto
consolatorio
,
sincopato
tuttavia
da
un
ritornello
di
autoderisione
.
Di
qui
quella
vena
di
comico
che
scorre
nella
tragica
allegoria
.
I
motivi
(
e
le
polemiche
)
che
serpeggiano
nel
film
sono
infiniti
e
appartengono
a
un
repertorio
già
noto
:
è
vano
tentare
di
farne
un
elenco
,
così
come
degli
scorci
di
racconto
,
dei
ritratti
e
dei
paesaggi
umani
.
Ovunque
qui
il
genio
di
Fellini
brilla
come
raramente
si
è
visto
al
cinema
.
Non
c
'
è
ambiente
,
non
c
'
è
personaggio
,
non
c
'
è
situazione
privi
di
un
significato
preciso
sul
grande
palcoscenico
di
Otto
e
mezzo
.
Certe
soluzioni
registiche
lasciano
sbalorditi
per
l
'
uso
del
bianco
e
nero
,
per
l
'
abilità
con
cui
la
messa
in
scena
è
chiamata
a
rivelare
la
realtà
e
a
commuovere
,
per
il
concorso
che
la
musica
,
le
luci
,
l
'
evidenza
dei
personaggi
danno
all
'
evocazione
di
uno
stato
d
'
animo
.
Entrare
nei
particolari
è
già
rompere
il
tessuto
di
un
film
che
va
accettato
nella
sua
totalità
,
come
un
acquario
o
un
luna
park
vi
affascina
prima
ancora
che
ne
analizziate
i
curiosi
abitanti
.
Diciamo
soltanto
che
alla
confusione
della
coscienza
contemporanea
Fellini
risponde
accettandola
con
l
'
esprimerla
negli
unici
modi
suoi
propri
:
quelli
dell
'
allucinazione
e
dello
strazio
,
accentuandone
l
'
eco
crepuscolare
.
Gli
attori
sono
Mastroianni
,
la
Cardinale
(
finalmente
non
doppiata
)
,
Anouk
Aimée
,
Sandra
Milo
,
Rossella
Falk
,
Caterina
Boratto
,
Annibale
Ninchi
,
Giuditta
Rissone
e
moltissimi
altri
.
Il
soggetto
è
di
Fellini
e
Flaiano
,
alla
sceneggiatura
hanno
lavorato
,
oltre
loro
,
Pinelli
e
Rondi
.
La
scenografia
e
i
costumi
sono
di
Piero
Gherardi
,
la
fotografia
di
Di
Venanzo
,
le
musiche
di
Rota
,
il
montaggio
di
Leo
Cattozzo
.
È
un
nudo
,
ingiusto
elenco
di
nomi
,
perché
ciascuno
meriterebbe
un
elogio
,
così
vivo
è
stato
il
loro
apporto
al
film
.
Ma
è
tutto
quello
che
qui
si
può
fare
,
vedendo
gli
attori
e
i
collaboratori
toccati
dalla
bacchetta
magica
di
un
creatore
al
quale
nel
cinema
mondiale
di
oggi
non
vediamo
chi
possa
stare
vicino
.
StampaQuotidiana ,
Fra
i
molti
motivi
di
interesse
suscitati
da
Il
processo
di
Verona
ci
sembra
che
sia
da
mettere
al
primo
posto
,
lasciando
da
parte
le
inevitabili
polemiche
che
susciterà
la
scelta
dell
'
argomento
,
il
tentativo
compiuto
dal
regista
Carlo
Lizzani
di
inaugurare
un
nuovo
genere
di
cinema
spettacolare
.
Siamo
di
fronte
a
un
film
che
,
sulla
base
di
una
larga
documentazione
e
soprattutto
di
un
pressoché
unanime
giudizio
sullo
spirito
dei
fatti
,
offre
un
'
interpretazione
storico
-
psicologica
di
un
'
allucinante
pagina
della
vita
italiana
.
Sgombriamo
subito
il
campo
da
quello
che
a
noi
sembra
un
equivoco
,
del
resto
non
proprio
disinteressato
.
Il
film
non
vuol
essere
una
fedele
cronaca
di
fatti
personali
.
I
personaggi
che
,
tuttora
viventi
,
vi
si
riconoscono
,
devono
ammettere
che
in
un
certo
momento
della
storia
italiana
essi
hanno
racchiuso
nel
proprio
nome
il
senso
di
vicende
che
trascendono
le
particolari
biografie
;
che
essi
sono
stati
chiamati
dalla
sorte
a
identificarsi
con
delle
forze
e
debolezze
assolutamente
umane
le
quali
percorrono
tutta
la
storia
dell
'
umanità
,
e
si
coagularono
con
emblematica
virulenza
sotto
il
cielo
di
Verona
nei
mesi
che
vanno
dal
24
luglio
1943
all'11
gennaio
'44
.
Rimproverare
al
film
di
essere
inesatto
,
falso
,
tendenzioso
in
alcuni
particolari
,
è
a
nostro
avviso
giustificato
soltanto
nella
misura
in
cui
si
sia
disposti
ad
ammettere
che
Ciano
,
i
suoi
compagni
,
sua
moglie
,
Mussolini
,
Pavolini
,
tutti
coloro
che
quei
mesi
furono
trascinati
dalla
furia
dell
'
odio
,
della
disperazione
e
della
vendetta
,
avevano
una
statura
da
eroi
rinascimentali
,
talché
in
ogni
minima
piega
del
loro
comportamento
si
possa
rintracciare
la
sublimazione
del
vizio
in
virtù
.
Al
contrario
a
noi
sembra
che
tutto
il
processo
di
Verona
sia
stato
privo
di
ogni
alone
,
sia
pure
romantico
,
che
possa
idealizzarne
i
protagonisti
diretti
e
indiretti
,
e
che
esso
sia
stato
la
fiamma
che
ha
bruciato
ogni
residuo
di
forza
morale
,
scatenando
quanto
di
barbarico
era
depositato
nel
fondo
di
un
ambiente
che
nutriva
in
sé
i
germi
dell
'
autodistruzione
.
Se
non
è
vero
,
il
film
è
perciò
verosimile
.
Ecco
perché
Lizzani
ha
fatto
bene
a
tentare
di
interpretare
,
sia
pure
con
un
linguaggio
spettacolare
,
l
'
atmosfera
di
quei
tempi
,
riassumendo
nel
personale
rapporto
tra
Ciano
e
sua
moglie
le
linee
essenziali
di
un
più
vasto
quadro
d
'
ambiente
.
Egli
ha
compiuto
,
in
un
certo
senso
,
un
processo
inverso
a
quello
che
compie
il
melodramma
.
Come
questo
mitizza
i
personaggi
,
così
Lizzani
li
ha
demitizzati
,
facendoci
sentire
che
la
storia
in
cui
siamo
immersi
non
è
fatta
di
schemi
libreschi
,
bensì
di
conflitti
di
caratteri
e
di
passioni
nei
quali
si
esprime
l
'
autentica
natura
degli
uomini
e
delle
donne
sulle
cui
deboli
spalle
si
accumula
il
destino
dei
popoli
.
È
ha
pensato
il
film
in
modo
che
la
sensibilità
dello
spettatore
sia
toccata
proprio
in
quella
zona
in
cui
la
condizione
umana
coincide
con
la
condizione
civile
.
Il
giudizio
sul
comportamento
morale
dei
protagonisti
del
processo
di
Verona
,
carnefici
e
vittime
,
porta
con
sé
un
preciso
giudizio
sulla
responsabilità
del
cittadino
che
in
qualche
modo
vorrebbe
riconoscersi
in
una
delle
due
parti
.
Ci
fu
,
questo
è
indubbio
,
uno
scoppio
di
odio
e
di
vendetta
da
parte
dei
fanatici
che
vollero
a
ogni
costo
Ciano
,
e
gli
altri
quattro
(
Gottardi
,
Marinelli
,
Pareschi
,
De
Bono
)
,
fucilati
;
e
dà
parte
di
Mussolini
la
piena
sottomissione
ai
tedeschi
,
i
quali
volevano
che
il
nuovo
fascismo
si
consolidasse
,
sia
pure
al
prezzo
di
cementare
l
'
unità
col
sangue
.
È
ci
fu
,
in
Edda
,
il
dramma
della
figlia
alla
quale
il
padre
manda
a
morte
il
marito
..
Perché
non
tentare
di
dare
vita
artistica
a
questi
foschi
nodi
della
storia
italiana
?
Pensate
agli
altri
progetti
che
Lizzani
ha
in
mente
per
analoghi
film
:
la
caduta
dei
Savoia
,
Matteotti
,
la
morte
di
Hammarskyöld
.
C
'
è
,
chiaramente
,
l
'
intuizione
di
un
regista
che
prosegue
un
suo
discorso
sulla
necessità
di
affrontare
la
realtà
quotidiana
,
per
colmare
il
distacco
fra
l
'
individuo
che
sta
in
poltrona
e
la
storia
di
cui
è
troppo
spesso
ignaro
protagonista
.
Perciò
si
parla
di
un
nuovo
cinema
di
ispirazione
storico
-
civile
,
ottenuto
non
soltanto
con
i
modi
dell
'
affresco
narrativo
,
sul
genere
delle
Quattro
giornate
di
Napoli
,
ma
dell
'
introspezione
psicologica
,
intesa
a
caratterizzare
momenti
e
aspetti
di
tragedie
personali
o
familiari
nelle
quali
si
specchiano
spesso
quelle
di
intere
nazioni
.
Il
processo
di
Verona
comincia
la
notte
del
24
luglio
,
dopo
la
riunione
del
Gran
consiglio
del
fascismo
che
approvò
a
maggioranza
l
'
ordine
del
giorno
Grandi
contro
Mussolini
.
Il
Duce
si
vede
un
attimo
di
spalle
,
mentre
i
gerarchi
rapidamente
si
allontanano
.
Ciano
,
in
un
rapido
colloquio
con
Grandi
,
si
rende
conto
che
ci
si
è
serviti
del
suo
voto
,
ma
che
per
la
sua
posizione
di
genero
di
Mussolini
egli
è
ormai
tagliato
fuori
dagli
eventi
.
Rientrato
in
casa
,
vuole
che
Edda
chieda
ai
tedeschi
un
lasciapassare
per
la
Spagna
,
ma
la
moglie
è
turbata
,
non
può
ovviamente
perdonargli
di
avere
tradito
Mussolini
,
e
di
voler
ora
servirsi
di
lei
per
ottenere
la
fuga
dai
tedeschi
,
dei
quali
egli
si
è
sempre
proclamato
avversario
,
ma
soltanto
a
parole
e
nei
diari
,
che
nel
frattempo
ella
ha
messo
al
sicuro
nelle
mani
di
un
amico
fidato
.
Firmato
l
'
armistizio
,
i
tedeschi
negano
il
salvacondotto
per
la
Spagna
,
e
costringono
i
Ciano
,
con
i
bambini
,
a
restare
loro
ospiti
-
prigionieri
a
Monaco
di
Baviera
.
Liberato
Mussolini
,
la
famiglia
rientra
in
Italia
,
ma
Ciano
,
già
atterrito
e
ormai
indifferente
al
proprio
destino
(
del
quale
ha
il
presagio
in
un
muto
incontro
con
Rachele
)
,
viene
imprigionato
a
Verona
,
in
una
cella
separata
da
quella
degli
altri
gerarchi
che
non
sono
riusciti
a
fuggire
.
Qui
viene
a
trovarlo
Frau
Beetz
,
la
tedesca
che
fu
segretaria
di
Von
Ribbentrop
,
la
quale
si
offre
di
metterlo
in
salvo
in
cambio
dei
diari
.
Ciano
,
non
fidandosi
dei
tedeschi
,
rifiuta
.
Infiammati
da
Pavolini
,
i
repubblichini
tentano
un
assalto
alle
carceri
,
al
grido
di
«
A
morte
Ciano
»
.
Quando
finalmente
Ciano
riesce
a
ottenere
un
colloquio
con
Edda
,
in
parlatorio
,
le
chiede
di
parlare
ancora
di
lui
a
Mussolini
.
«
Sì
-
risponde
la
moglie
-
ma
vorrei
che
tu
non
mi
chiedessi
di
farlo
»
.
Già
a
questo
punto
i
caratteri
sono
definiti
chiaramente
:
Ciano
alterna
momenti
di
sconforto
e
d
'
orgoglio
,
di
vanità
e
di
rassegnazione
;
Edda
è
una
donna
sconvolta
,
divisa
fra
il
padre
e
il
marito
,
che
non
cede
alla
sorte
che
attende
le
sue
famiglie
.
Dall
'
altra
parte
c
'
è
un
gruppo
che
fonda
tutte
le
sue
speranze
sulla
violenza
,
e
vuol
galvanizzare
i
giovani
in
lotta
con
i
partigiani
dando
l
'
esempio
di
una
feroce
vendetta
.
Dopo
una
lite
fra
Edda
e
Rachele
,
e
l
'
interrogatorio
di
Ciano
da
parte
del
giudice
istruttore
,
che
si
rivela
un
misero
strumento
dei
repubblichini
,
il
genero
di
Mussolini
si
rende
conto
che
la
sua
sorte
è
segnata
.
Allora
accetta
le
proposte
di
Frau
Beetz
:
Edda
consegnerà
i
diari
nel
momento
in
cui
egli
sarà
liberato
.
Ma
le
cose
andranno
diversamente
:
i
tedeschi
volendo
che
Ciano
sia
accolto
nascostamente
in
un
convento
,
ma
Edda
non
fidandosi
della
loro
parola
,
lo
scambio
non
avviene
.
Il
processo
si
rivela
una
finzione
giuridica
.
Imputati
del
delitto
di
tradimento
e
di
aiuto
al
nemico
,
Ciano
e
gli
altri
quattro
sono
condannati
a
morte
.
Ultima
telefonata
di
Edda
a
Mussolini
perché
salvi
il
genero
,
e
tentativo
di
ricattarlo
con
i
diari
.
Si
fa
in
modo
che
la
domanda
di
grazia
non
arrivi
al
Duce
,
Rachele
convince
Edda
a
fuggire
in
Svizzera
,
fucilazione
.
Fra
un
secolo
sembrerà
un
drammone
.
È
qui
,
appunto
,
il
rischio
di
Lizzani
:
di
darci
dei
romanzi
storici
d
'
appendice
,
specializzati
in
congiure
di
palazzo
.
Ma
non
siamo
ancora
a
questo
.
Il
processo
di
Verona
regge
abbastanza
bene
,
perché
il
regista
ha
concentrato
la
tragedia
in
scontri
di
caratteri
e
in
situazioni
che
,
avendo
poco
di
teatrale
,
si
condensano
in
un
clima
di
verità
psicologica
,
le
cui
costanti
sono
appunto
l
'
odio
personale
,
lo
spirito
di
rivalsa
,
il
terrore
e
l
'
assurdità
.
È
intorno
vi
ha
mosso
un
paesaggio
di
rovine
,
di
disfacimento
,
spesso
ben
sottolineato
dalla
ambientazione
.
Il
film
racconta
in
due
ore
quanto
accadde
in
quasi
sei
mesi
:
c
'
è
necessariamente
uno
sforzo
di
contrazione
narrativa
,
ma
l
'
essenza
del
dramma
non
ci
sfugge
,
e
nemmeno
la
sollecitazione
morale
che
ne
scaturisce
.
Gli
inserti
documentari
,
tratti
da
cinegiornali
dell
'
epoca
,
fanno
da
illustrazione
al
romanzo
,
che
ottiene
dai
forti
chiaroscuri
della
fotografia
,
dallo
stile
spesso
serrato
(
la
parte
più
debole
,
forse
,
è
proprio
il
processo
)
scandito
dagli
spari
dei
mitra
,
un
taglio
acre
e
livido
,
che
talvolta
gela
il
sangue
.
Fra
i
molti
interpreti
Silvana
Mangano
ha
dato
a
Edda
un
eccezionale
rilievo
,
con
la
sua
maschera
aspra
e
cruda
.
Frank
Wolff
è
un
probabilissimo
Ciano
,
ora
pavido
ora
sprezzante
.
Nella
parte
di
Rachele
si
saluta
volentieri
il
ritorno
di
Vivi
Gioi
.
Quanto
alla
rassomiglianza
degli
attori
con
i
loro
vari
personaggi
,
c
'
è
spesso
da
restare
di
stucco
.
StampaQuotidiana ,
Fabrizio
Corbera
,
principe
di
Salina
,
è
entrato
nell
'
olimpo
cinematografico
sorretto
dalla
mano
guantata
di
Luchino
Visconti
.
Si
ha
un
bel
dire
che
anche
quando
un
film
è
tratto
da
un
romanzo
deve
essere
giudicato
soltanto
per
i
suoi
valori
cinematografici
,
ma
se
questo
romanzo
è
Il
Gattopardo
,
uno
dei
più
clamorosi
successi
della
editoria
italiana
,
ciò
che
subito
tutti
si
chiedono
è
se
lo
scrittore
,
tradito
,
si
rivolta
nella
tomba
,
o
se
è
lecito
pensare
che
dall
'
al
di
là
mandi
un
grato
saluto
al
regista
che
gli
ha
acquistato
nuovi
ammiratori
.
Perciò
diciamo
subito
che
Giuseppe
Tomasi
di
Lampedusa
,
nonostante
il
caratterino
che
doveva
ritrovarsi
,
non
deve
nutrire
eccessivi
rancori
verso
Visconti
:
benché
teso
al
massimo
,
l
'
arco
narrativo
è
quello
originale
,
i
personaggi
ci
sono
,
il
protagonista
,
soprattutto
,
grazie
all
'
eccellente
prestazione
di
Burt
Lancaster
,
è
parente
stretto
del
principe
di
Salina
pensato
dal
Lampedusa
.
Per
il
nostro
gusto
,
non
poco
è
andato
disperso
,
ma
è
quanto
appartiene
più
da
vicino
alla
letteratura
,
e
quindi
bisogna
rassegnarsi
a
non
chiedere
al
cinema
:
dico
certi
motivi
squisitamente
lirici
e
certa
musicalità
ed
eleganza
intellettuale
di
toni
,
e
una
finezza
di
notazioni
psicologiche
e
ironiche
che
in
Visconti
non
hanno
mai
,
nonostante
le
apparenze
,
echi
troppo
profondi
,
perché
la
squisitezza
formale
,
propria
delle
immagini
,
non
di
rado
è
dissociata
dalla
modulazione
sentimentale
.
Ma
intanto
quanto
più
si
poteva
temere
,
il
rovesciamento
dal
romanzo
autobiografico
al
film
storico
,
al
grande
affresco
sociale
e
politico
,
con
lo
spostamento
dal
pedale
psicologico
a
quello
etico
,
e
con
conseguente
ribaltamento
del
significato
profondo
dell
'
opera
del
Lampedusa
non
è
avvenuto
nella
misura
clamorosa
paventata
da
chi
credeva
,
assai
scioccamente
,
che
Visconti
avrebbe
approfittato
dell
'
occasione
per
muovere
una
violenta
critica
all
'
aristocrazia
,
puntare
i
fucili
giacobini
sul
principe
di
Salina
e
condannare
a
gran
voce
la
sua
deficienza
ideologica
,
la
sua
reazionaria
filosofia
della
storia
.
Sono
rimproveri
,
questi
,
che
durante
la
diatriba
susseguente
all
'
uscita
del
romanzo
furono
mossi
al
Lampedusa
dai
comunisti
più
ottusi
,
che
non
sono
mai
disposti
ad
ammettere
la
validità
artistica
di
un
'
opera
se
non
è
allineata
con
la
loro
concezione
strumentale
della
letteratura
.
Visconti
ha
capito
benissimo
che
l
'
altezza
poetica
della
figura
creata
dal
Lampedusa
soverchiava
,
per
coerenza
artistica
,
le
idee
espresse
dal
personaggio
;
il
suo
sforzo
,
semmai
,
è
stato
di
accentuare
nel
principe
di
Salina
la
consapevole
malinconia
di
stare
assistendo
al
crollo
di
un
mondo
senza
ritorno
,
e
di
essere
un
po
'
il
simbolo
di
quella
età
di
trapasso
dal
vecchio
al
nuovo
,
in
cui
la
nausea
della
vita
si
veste
di
disperato
orgoglio
.
Lungi
dall
'
infierire
su
Fabrizio
,
Visconti
l
'
ha
dunque
affrontato
e
restituito
con
grande
rispetto
.
A
tutto
ciò
non
è
estranea
la
sua
predilezione
per
i
caratteri
colti
nei
momenti
di
crisi
(
e
dite
voi
quale
crisi
più
grave
di
quella
provocata
,
in
un
principe
siciliano
,
dalla
caduta
dei
Borboni
e
dall
'
annessione
dell
'
isola
al
regno
d
'
Italia
)
,
ma
nemmeno
quella
nostalgia
di
aristocratico
per
le
forti
personalità
,
siano
esse
patrizie
o
plebee
,
che
percorre
tutta
l
'
opera
di
Visconti
,
impietoso
verso
le
classi
di
mezzo
.
Solo
che
,
per
non
assumere
tutto
il
significato
del
Gattopardo
nel
personale
tormento
del
principe
,
ha
dato
al
film
una
più
precisa
cornice
storica
,
inserendolo
in
quella
crisi
del
Risorgimento
che
per
la
storiografia
di
derivazione
marxista
si
identifica
con
l
'
equivoco
fondamentale
della
storia
unitaria
italiana
;
e
con
ciò
ovviamente
portando
.
avanti
un
suo
discorso
cominciato
da
una
parte
con
La
terra
trema
(
il
risveglio
della
Sicilia
)
,
dall
'
altra
con
Senso
(
lo
sfacelo
morale
dell
'
aristocrazia
)
:
due
film
che
in
certo
modo
vengono
a
sboccare
nel
Gattopardo
come
due
fiumi
a
una
foce
;
che
è
,
appunto
,
la
speranza
che
qualcosa
può
mutare
,
nella
vita
,
e
particolarmente
in
Italia
,
ove
le
classi
dirigenti
di
ieri
e
di
oggi
passino
la
mano
o
si
rinnovino
.
La
polemica
,
ora
,
sarà
sul
sapere
se
già
in
Lampedusa
ci
fosse
questa
sotterranea
coscienza
dell
'
esaurimento
storico
di
una
classe
e
di
un
modo
di
vivere
,
o
se
essa
non
fosse
assorbita
in
una
più
generale
atarassia
,
in
un
nichilismo
che
in
ogni
caso
a
noi
sembra
riscattato
da
quella
interiore
dignità
che
al
Lampedusa
scende
direttamente
da
Verga
e
si
innesta
in
un
temperamento
di
stoico
.
Comunque
Visconti
ha
agito
con
una
discrezione
ammirevole
:
egli
ha
lasciato
capire
chiaramente
,
chiudendo
il
film
col
grande
ballo
dell
'
aristocrazia
palermitana
,
che
tutto
Il
Gattopardo
è
a
suo
avviso
il
canto
funebre
intonato
a
un
mondo
in
dissoluzione
,
e
tuttavia
questo
canto
ha
l
'
inflessione
di
un
lamento
,
perché
la
lacrima
che
riga
,
sul
finire
,
il
volto
del
principe
sarà
per
qualcuno
anche
il
simbolo
di
un
dolore
universale
,
del
quale
possono
partecipare
,
senza
perciò
essere
dei
reazionari
,
e
il
principe
di
Salina
e
il
principe
di
Lampedusa
e
chiunque
soffra
nel
vedere
,
sotto
le
belle
spoglie
di
Angelica
e
di
Tancredi
,
gli
arrampicatori
e
gli
opportunisti
:
quanti
,
appunto
,
rendono
amaro
il
vivere
e
vano
il
credere
.
La
malinconia
di
Fabrizio
tocca
il
massimo
dell
'
avvilimento
quando
il
presentimento
della
morte
si
confonde
con
l
'
eco
delle
fucilate
che
hanno
giustiziato
all
'
alba
gli
ex
-
garibaldini
i
quali
hanno
disertato
dall
'
esercito
regolare
per
tornare
con
Garibaldi
poco
dopo
che
Angelica
e
suo
padre
,
lo
strozzino
don
Calogero
,
hanno
fatto
il
loro
ingresso
nella
bella
società
,
e
anche
Tancredi
,
ormai
candidato
alle
elezioni
,
è
entrato
nel
gioco
:
avviandosi
,
seguendo
la
sua
stella
,
verso
la
morte
,
il
principe
di
Salina
cerca
una
ragione
di
perenne
certezza
,
che
la
bellezza
di
Angelica
gli
ha
fatto
intravedere
come
l
'
incarnazione
di
un
ideale
.
In
questa
cronaca
necessariamente
frettolosa
non
racconteremo
il
film
,
che
del
resto
segue
da
vicino
il
romanzo
cominciando
con
la
recita
del
rosario
,
e
prosegue
,
sfoltendo
i
capitoli
,
con
l
'
arruolamento
di
Tancredi
,
il
ritiro
della
famiglia
a
Donnafugata
,
l
'
incontro
con
don
Calogero
,
l
'
amore
tra
Angelica
e
Tancredi
,
il
rifiuto
,
da
parte
del
principe
,
del
seggio
senatoriale
,
e
si
chiude
,
si
è
detto
,
col
ballo
,
dal
quale
il
principe
esce
col
presentimento
della
morte
.
Il
talento
di
Visconti
si
è
esercitato
,
soprattutto
,
nella
prima
parte
in
certi
squarci
di
tumulti
popolari
per
le
vie
,
e
nella
seconda
nella
rappresentazione
del
ballo
.
In
mezzo
,
quello
che
a
nostro
avviso
è
il
tema
toccato
con
maggiore
evidenza
poetica
:
la
fuga
di
Angelica
nelle
stanze
disabitate
del
vecchio
palazzo
.
La
concordanza
fra
motivi
figurativi
e
motivi
psicologici
è
qui
raggiunta
meglio
che
altrove
.
Non
diremmo
infatti
che
,
per
esempio
,
il
disfacimento
sociale
del
ballo
sia
stato
espresso
dal
colore
nella
stessa
misura
in
cui
,
nella
fuga
di
Angelica
,
le
tonalità
degli
abiti
e
delle
pareti
esprimono
l
'
ambiguità
del
personaggio
.
Ma
di
tutto
l
'
uso
del
colore
in
questo
film
bisognerebbe
parlare
a
lungo
:
è
un
fatto
che
a
certi
meravigliosi
brani
paesistici
,
a
certi
bei
ritratti
di
«
uomo
seduto
»
,
Si
alternano
pagine
soltanto
illustrative
.
È
neppure
nel
Gattopardo
Visconti
rinuncia
a
certe
raffinatezze
(
i
veli
gonfiati
dal
vento
)
che
appartengono
alla
parte
più
decorativa
del
suo
ingegno
.
Il
film
ha
anche
altre
cadute
(
a
questo
punto
vogliamo
dire
che
Il
Gattopardo
non
resterà
probabilmente
il
capolavoro
di
Visconti
:
Senso
e
Rocco
hanno
,
a
nostro
avviso
,
ben
altra
robustezza
)
;
delle
lungaggini
nei
dialoghi
,
qualche
punta
di
melodramma
,
certe
risate
che
lacerano
la
nota
intima
del
racconto
,
perfino
qualche
disinvoltura
storica
(
è
molto
improbabile
che
due
fidanzati
come
Angelica
e
Tancredi
,
sulla
metà
dell
'
Ottocento
,
osassero
baciarsi
in
pubblico
con
tanta
passione
)
ma
la
figura
del
principe
di
Salina
è
quasi
perfetta
:
troppo
prepotente
,
già
nel
romanzo
,
per
lasciare
molto
spazio
a
divagazioni
storico
-
critiche
.
E
ancora
una
volta
Visconti
si
è
rivelato
uno
straordinario
direttore
di
attori
.
Alain
Delon
,
nella
parte
di
Tancredi
,
ci
ha
convinti
assai
poco
(
e
così
pure
Reggiani
)
,
ma
tutti
gli
altri
sono
molto
aderenti
all
'
idea
che
dei
personaggi
possono
essersi
fatti
i
lettori
del
Tomasi
.
In
primo
luogo
,
s
'
intende
,
Burt
Lancaster
,
che
nella
parte
di
Fabrizio
si
è
rivelato
una
scelta
eccellente
;
quando
egli
è
presente
,
tutta
la
scena
si
anima
.
Rude
,
ha
saputo
dare
alla
figura
del
principe
morbidezza
e
insieme
fierezza
di
tratti
:
quasi
sempre
egli
impartisce
,
senza
volerlo
,
lezione
di
recitazione
.
Ottimi
sua
moglie
,
impersonata
da
Rina
Morelli
,
'
e
Romolo
Valli
(
don
Pirrone
)
,
Paolo
Stoppa
e
un
don
Calogero
di
impressionante
verità
.
E
Claudia
Cardinale
?
Ecco
:
la
sua
maschera
ha
straordinarie
mutazioni
,
riesce
a
essere
superba
e
dolce
,
ma
qui
ci
è
sembrata
un
po
'
fredda
.
Un
trepido
calore
viene
invece
al
film
dalla
musica
:
un
valzer
inedito
di
Verdi
che
lo
accompagna
come
un
Leitmotiv
.
StampaQuotidiana ,
L
'
infanzia
di
Ivan
giunge
a
proposito
per
farci
toccare
con
mano
il
significato
del
congelamento
reimposto
da
Mosca
a
scrittori
e
registi
.
Andrej
Tarkovskij
,
autore
del
film
che
vinse
a
Venezia
il
«
Leone
d
'
oro
»
,
è
fra
gli
artisti
sospettati
recentemente
di
eccessive
simpatie
per
l
'
Occidente
,
di
compiacimenti
formalistici
e
di
compromissioni
con
le
ideologie
piccolo
-
borghesi
,
rivelate
dal
suo
disimpegno
nei
confronti
del
realismo
socialista
.
Rimproveri
che
già
gli
.
erano
stati
mossi
all
'
uscita
del
film
,
sia
in
Russia
sia
da
una
parte
della
critica
comunista
italiana
,
ma
dai
quali
Tarkovskij
era
stato
scagionato
,
fra
i
primi
,
da
Sartre
in
una
lunga
lettera
a
l
'
Unità
.
Si
tratta
,
in
sostanza
,
della
frangia
di
una
antica
polemica
sovietica
,
che
risale
almeno
agli
anni
Trenta
:
il
cinema
ha
da
essere
poesia
o
prosa
?
Per
avere
scelto
la
poesia
,
Tarkovskij
è
ora
sospettato
di
tiepidezza
ideologica
.
In
realtà
,
come
dicemmo
parlando
del
film
da
Venezia
,
questo
giovane
regista
inserisce
l
'
ideologia
in
una
più
ampia
meditazione
sulla
condizione
dell
'
uomo
.
Condannare
L
'
infanzia
di
Ivan
perché
il
dodicenne
protagonista
del
film
è
privo
di
consapevolezza
patriottica
,
equivale
ancora
una
volta
a
strumentalizzare
la
coscienza
.
Il
senso
poetico
dell
'
opera
consiste
invece
nel
denunciare
il
male
della
guerra
senza
tener
conto
che
si
tratti
di
una
guerra
giusta
o
ingiusta
.
Siamo
tutti
abbastanza
maturi
per
essere
convinti
che
non
esistono
guerre
giuste
,
e
che
esse
rappresentano
in
ogni
caso
,
come
dice
Sartre
,
le
«
perdite
secche
»
della
storia
.
Vedete
il
caso
di
Ivan
(
interprete
l
'
ottimo
Kolja
Burljaev
.
I
tedeschi
gli
hanno
distrutto
la
famiglia
,
sul
muro
di
una
cella
ha
letto
l
'
ultimo
appello
lanciato
da
un
gruppo
di
giovani
russi
condannati
a
morte
:
«
Vendicateci
»
.
Lo
choc
,
per
lui
,
è
stato
durissimo
.
Solo
al
mondo
,
ha
maturato
in
cuore
l
'
odio
e
la
vendetta
,
che
tuttavia
coesistono
con
slanci
e
turbamenti
infantili
:
il
bisogno
di
braccia
che
lo
stringano
,
la
sicurezza
che
nulla
cambierà
ormai
nella
sua
vita
,
la
convinzione
che
gli
adulti
mantengono
le
promesse
.
La
guerra
gli
si
configura
come
un
impegno
d
'
onore
,
una
prova
di
coraggio
,
e
insieme
ancora
come
un
gioco
,
un
'
avventura
in
cui
poter
sfrenare
il
rancore
sorto
inavvertitamente
verso
chi
gli
ha
tolto
le
care
immagini
della
famiglia
,
i
sorrisi
dell
'
infanzia
.
La
sua
nuova
famiglia
saranno
tre
soldati
di
prima
linea
.
È
così
fermo
nei
suoi
propositi
,
e
mostra
una
tale
maturità
,
questo
Ivan
,
che
essi
non
hanno
la
forza
di
mandarlo
a
scuola
.
L
'
hanno
tentato
ma
è
fuggito
.
Del
resto
ha
già
dato
informazioni
preziose
come
esploratore
:
ancora
una
missione
,
e
poi
il
ragazzo
,
sarà
ritirato
dal
fronte
.
L
'
avvicinamento
alle
linee
nemiche
avviene
in
un
'
alba
livida
,
in
una
foresta
allagata
,
sotto
gli
alberi
illuminati
dai
razzi
che
solcano
il
cielo
come
stelle
filanti
.
Ma
al
bambino
nulla
,
ormai
,
parla
più
dell
'
infanzia
:
lungo
il
cammino
vede
impiccati
i
due
soldati
che
erano
venuti
a
cercarlo
,
muore
uno
dei
suoi
amici
,
l
'
insidia
nemica
lo
sovrasta
e
lo
esalta
.
I
suoi
compagni
non
sapranno
se
Ivan
è
riuscito
a
compiere
la
missione
.
Soltanto
a
guerra
finita
,
nella
sede
della
polizia
segreta
a
Berlino
,
si
troverà
la
fotografia
del
ragazzo
tra
i
fascicoli
dei
civili
eliminati
dai
tedeschi
.
E
tuttavia
Ivan
avrebbe
potuto
essere
diverso
.
Un
'
infanzia
felice
,
fra
le
braccia
della
madre
,
fra
i
giochi
dei
compagni
,
poteva
essergli
conservata
.
Raccontando
'
a
ritroso
,
con
le
sequenze
dei
sogni
di
Ivan
,
quello
che
la
guerra
ha
tolto
al
ragazzo
,
Tarkovskij
ha
descritto
il
paradiso
giustapponendolo
all
'
inferno
.
Ne
è
uscita
una
sintesi
poetica
dolente
ma
calda
di
speranza
;
che
i
bambini
restino
bambini
,
e
crescano
uomini
,
non
fucilati
fin
dall
'
infanzia
.
Tessuta
con
molta
finezza
,
in
un
contrappunto
di
realismo
(
fino
a
inserire
brani
di
documentario
sulla
fine
della
guerra
)
e
di
sogno
:
i
flash
backs
che
nel
corso
del
film
strappano
Ivan
alla
sua
condizione
di
dolore
e
di
nevrastenia
,
e
lo
riconducono
alle
soavità
dell
'
infanzia
,
le
tenerezze
della
madre
,
le
corse
sulla
riva
del
mare
.
Nell
'
uno
e
nell
'
altro
caso
il
regista
si
è
giovato
di
una
tecnica
molto
raffinata
,
che
amalgama
con
originalità
i
disparati
echi
culturali
(
dal
cinema
espressionista
tedesco
negli
interni
ai
decadentisti
francesi
fino
a
Resnais
)
.
Contrapporre
l
'
oscuro
sfondo
della
guerra
alla
luminosità
delle
memorie
felici
era
molto
difficile
.
Tarkovskij
ci
è
riuscito
quasi
sempre
sospendendo
anche
la
realtà
più
cruda
in
una
luce
rarefatta
,
nella
quale
Ivan
vede
le
cose
e
gli
uomini
come
in
una
continua
scoperta
della
fantasia
.
Di
fronte
ai
valori
puramente
visivi
del
film
,
il
racconto
passa
in
seconda
linea
,
e
denuncia
qualche
inflessione
pascoliana
.
Ma
non
diremmo
superflua
l
'
aggiunta
,
a
quella
di
Ivan
,
di
un
'
altra
piccola
storia
:
il
fiorire
e
lo
spegnersi
improvviso
dell
'
amore
in
una
infermiera
per
un
capitano
che
la
porta
nel
bosco
;
un
tocco
che
ripete
,
con
diverso
pedale
,
il
motivo
conduttore
:
la
crudeltà
della
guerra
,
che
come
ha
distrutto
la
personalità
del
ragazzo
,
seminandogli
nel
cuore
sentimenti
da
adulto
,
così
ha
soffocato
quell
'
aurora
di
incertezza
amorosa
che
spuntava
in
una
giovane
donna
di
vent
'
anni
.
E
anche
in
questo
caso
la
mano
di
Tarkovskij
è
così
delicata
che
accusarlo
di
formalismo
ci
sembra
immeritato
.
In
realtà
questo
giovane
regista
ha
la
sobrietà
di
un
poeta
che
esprime
attraverso
le
immagini
una
sua
tenue
ma
schietta
ispirazione
.
Se
esse
sono
talvolta
troppo
eleganti
,
non
perciò
mancano
di
espressività
lirica
.
Parleremmo
di
decorativismo
se
i
paesaggi
,
í
giochi
di
luce
,
avessero
soltanto
un
'
evidenza
figurativa
,
come
accade
in
Mamma
Roma
e
non
,
come
qui
,
sostanza
di
stati
d
'
animo
.
È
indubitabile
che
il
pericolo
di
Tarkovskij
è
uno
stucchevole
sensibilismo
,
ma
è
intempestivo
muovergli
quest
'
accusa
per
un
film
nel
quale
il
poeticismo
è
intrinseco
alla
natura
dei
due
personaggi
.
Invece
importa
rilevare
quanto
Tarkovskij
proceda
rispetto
anche
a
Quando
volano
le
cicogne
e
a
Pace
a
chi
entra
:
il
lirismo
,
in
questo
regista
,
galoppa
verso
il
totale
assorbimento
della
tematica
ideologica
(
e
fa
intuire
che
il
migliore
cinema
sovietico
potrà
domani
risolverla
tutta
in
poesia
.
Né
perciò
,
è
ovvio
,
la
svuoterà
;
al
più
,
potrà
darci
una
poesia
molto
intellettualizzata
)
.
L
'
eleganza
formale
,
applicata
soprattutto
al
paesaggio
,
è
d
'
altronde
l
'
implicita
risposta
di
un
regista
moderno
,
che
guardando
indietro
,
al
recente
passato
del
suo
Paese
,
ha
ragione
di
preferire
la
compagnia
di
artisti
giovani
e
inquieti
a
quella
degli
accademici
illustratori
di
gesta
proletarie
.
Tarkovskij
scegliendo
la
via
dei
sentimenti
,
e
tuttavia
imboccandola
con
pudore
(
egli
stesso
ha
criticato
l
'
enfasi
di
Evtusenko
)
,
ha
toccato
più
di
quanto
forse
non
creda
una
corda
dalle
lunghe
risonanze
,
in
Oriente
e
in
Occidente
.
Vengono
i
brividi
a
pensare
che
un
film
come
L
'
infanzia
di
Ivan
possa
aver
provocato
,
in
Russia
,
polemiche
sul
suo
contenuto
.
È
vero
che
c
'
è
sempre
chi
odia
il
cuore
dell
'
uomo
,
e
disprezza
la
grazia
.
StampaQuotidiana ,
L
'
ape
regina
è
un
curioso
film
,
nato
dall
'
impasto
fra
il
cattolicesimo
inquieto
di
Goffredo
Parise
(
del
quale
è
l
'
idea
,
e
che
con
il
regista
e
Azcona
ha
collaborato
alla
sceneggiatura
)
e
l
'
impegno
cronachistico
e
ironico
di
un
discepolo
del
realismo
,
che
ama
esercitare
il
proprio
gusto
deformante
sull
'
ambiente
della
media
borghesia
.
Ambedue
sembrano
voler
individuare
certi
punti
deboli
del
costume
contemporaneo
,
in
ogni
caso
riferibili
a
una
carenza
di
libera
disponibilità
umana
per
la
pressione
che
sugli
istituti
e
gli
individui
esercitano
la
tradizione
e
il
conformismo
;
ma
poiché
i
loro
interessi
sono
di
natura
assai
diversa
,
Parise
assumendo
la
«
denuncia
»
in
un
clima
di
poetica
amarezza
,
Ferreri
soprattutto
divertendosi
nel
guardare
,
riferire
e
ingigantire
con
un
sorrisetto
sardonico
a
mezza
bocca
,
il
film
non
raggiunge
quell
'
unità
morale
ed
estetica
cui
certamente
mirava
,
e
che
peraltro
si
deve
dire
altri
vi
trovano
,
tanto
è
vero
che
L
'
ape
regina
è
uno
dei
film
invitati
a
rappresentare
l
'
Italia
al
prossimo
Festival
di
Cannes
:
con
tanti
auguri
.
Il
film
è
gradevole
,
per
la
comicità
delle
situazioni
,
il
sarcasmo
con
cui
descrive
una
famiglia
clericale
romana
,
tutta
fatta
di
donne
(
l
'
unico
uomo
è
un
mezzo
epilettico
;
ce
n
'
è
un
altro
,
l
'
attore
Majeroni
,
ma
è
truccato
da
zia
)
,
imparentata
con
un
parroco
,
amica
di
frati
e
di
suore
,
per
la
pittura
di
un
ambiente
bigotto
in
cui
viene
a
trovarsi
Alfonsino
,
un
commerciante
sui
40
anni
che
sposa
Regina
,
il
casto
fiore
che
la
famiglia
ha
allevato
nella
devozione
e
nel
rispetto
per
i
principi
cattolici
.
È
indubbiamente
divertente
per
i
rapidi
sviluppi
della
vicenda
,
che
vede
Alfonsino
trascinato
alla
tomba
dall
'
insaziabile
mogliettina
,
la
quale
,
ovunque
e
in
ogni
momento
,
lo
prende
d
'
assalto
perché
assolva
i
propri
doveri
coniugali
,
e
si
frena
soltanto
quando
il
fuco
Alfonsino
l
'
ha
fecondata
,
e
allora
,
considerando
esaurita
la
funzione
matrimoniale
,
lo
lascia
in
un
canto
,
dove
il
poverino
,
esausto
,
si
spegne
alla
vigilia
della
nascita
del
bambino
.
Gradevole
e
divertente
,
ripetiamo
:
non
molto
di
più
.
Non
quella
chiara
polemica
contro
l
'
istituto
matrimoniale
cattolico
,
giudicato
arcaico
,
che
il
film
forse
si
riprometteva
,
e
che
la
censura
credette
di
trovarvi
,
né
un
'
accigliata
presa
di
posizione
contro
la
morale
sessuale
corrente
.
In
Regina
,
così
come
ce
la
dipinge
il
film
,
noi
non
abbiamo
trovato
i
segni
d
'
una
morale
cattolica
tinta
di
Medioevo
:
il
fatto
che
,
concepito
il
suo
bambino
,
non
abbia
più
tanta
voglia
di
dormire
col
marito
,
appartiene
a
un
quadro
psicologico
femminile
in
cui
il
cattolicesimo
c
'
entra
poco
.
E
che
poi
releghi
Alfonsino
in
una
cameretta
non
è
un
gran
delitto
di
ipocrisia
da
imputare
soltanto
alle
ex
-
figlie
di
Maria
.
Vogliamo
dire
che
la
morale
moderna
e
laica
del
film
è
un
po
'
tirata
per
i
capelli
.
Più
efficace
,
sebbene
un
po
'
ovvia
,
è
la
lezione
che
se
ne
ritrae
sulla
tendenza
di
certe
donne
a
inghiottire
il
marito
,
e
a
sostituirvisi
anche
negli
affari
:
ma
su
ciò
gli
esempi
più
clamorosi
vengono
ancora
dalla
civiltà
americana
.
È
la
sorte
,
questa
di
voler
dire
troppo
,
di
ogni
pellicola
che
forza
la
mano
a
ogni
regista
che
sopravvaluti
la
propria
vocazione
narrativa
,
che
in
Ferreri
è
autentica
,
e
che
raggiunge
i
propri
effetti
migliori
nel
descrivere
gli
ambienti
,
nel
tratteggiare
ritratti
,
nel
riprodurre
la
realtà
forzandola
fino
al
paradosso
,
anziché
nel
penetrarne
le
ragioni
storiche
e
nel
trarne
originali
conclusioni
sul
terreno
della
critica
di
costume
.
Dibattuto
,
reduce
dalla
Spagna
in
cui
per
El
pisito
e
Los
chicos
ebbe
altri
guai
con
la
censura
,
fra
il
desiderio
di
affrontare
temi
coraggiosi
,
moderni
,
come
appunto
il
matrimonio
nella
società
contemporanea
,
e
la
necessità
di
seguire
il
proprio
temperamento
di
colorista
incline
al
grottesco
,
Ferreri
ci
ha
dato
un
film
in
cui
la
sua
maturità
di
artista
,
cresciuta
su
un
innesto
fra
Zavattini
e
Berlanga
,
e
ormai
avviata
dopo
El
cochecito
su
un
autonomo
cammino
di
umorista
derisorio
,
ha
di
gran
lunga
la
meglio
,
per
fortuna
,
sul
fustigatore
,
lievemente
snobistico
,
dei
costumi
contemporanei
.
Egli
vuole
offrire
un
ritratto
critico
della
società
,
ma
la
sua
indole
lo
porta
al
di
là
della
satira
,
in
una
zona
assurda
e
rarefatta
in
cui
può
cogliere
frutti
più
sostanziosi
.
Marina
Vlady
,
l
'
ape
che
consuma
il
suo
maschio
,
è
molto
bella
e
recita
con
duttilità
;
Ugo
Tognazzi
,
in
sordina
,
fa
benissimo
la
parte
un
po
'
grigia
dell
'
uomo
medio
che
ha
rinnegato
il
suo
passato
di
ganimede
per
avviarsi
alla
vecchiaia
al
fianco
di
una
moglie
affettuosa
,
e
si
trova
invece
vittima
di
un
matriarcato
soffocante
.
Al
loro
fianco
,
assai
scialbo
,
Riccardo
Fellini
,
fratello
di
Federico
,
che
si
prepara
a
sua
volta
alla
regia
,
e
qualche
buon
caratterista
.
StampaQuotidiana ,
Ecco
,
sulle
ali
tenebrose
degli
Uccelli
,
spiccare
il
volo
il
Festival
di
Cannes
.
Più
che
un
volo
,
un
turbine
,
un
risucchio
d
'
aria
in
tempesta
,
soffiata
da
un
Eolo
mattacchione
che
si
diverte
a
metter
paura
agli
ometti
con
la
coscienza
sporca
,
i
quali
si
aspettano
da
un
momento
all
'
altro
un
cataclisma
,
e
si
compiacciono
di
vestire
il
proprio
complesso
di
colpa
con
l
'
abito
dell
'
angoscia
nucleare
.
Non
prenderemo
troppo
sul
serio
la
simbologia
dell
'
ultimo
film
di
Hitchcock
;
che
la
morte
debba
venire
dal
cielo
è
una
vecchia
idea
della
umanità
.
Già
qualche
anno
prima
dell
'
atomica
i
cavernicoli
spaurivano
dei
fulmini
,
e
la
fantascienza
ha
fatto
il
resto
.
Il
nuovo
,
semmai
,
e
la
nota
sarcastica
del
film
,
è
questo
grande
dolore
dato
ai
poeti
arcadici
:
generazioni
di
versificatori
si
rivoltano
nella
tomba
vedendo
la
caricatura
che
Hitchcock
ha
fatto
dei
loro
passerotti
mansueti
dai
trilli
argentini
,
trasformati
in
corvi
e
gabbiani
che
,
furie
scatenate
,
scendono
all
'
assalto
dell
'
umanità
,
il
becco
pronto
a
colpire
,
le
zampe
a
sbranare
,
le
ali
tese
come
dischi
volanti
,
l
'
odiosa
pupilla
eccitata
dal
sangue
delle
vittime
.
La
favola
,
raccontata
a
veglia
ai
soliti
ragazzini
che
il
«
mago
del
brivido
»
ama
figurarsi
appollaiati
sui
suoi
ginocchi
,
aggrappati
alla
rassicurante
bonomia
di
questo
vecchio
zio
bizzarro
,
si
ispira
a
un
racconto
di
Daphne
du
Maurier
,
che
già
Hitchcock
aveva
compreso
nell
'
antologia
dei
suoi
terrori
preferiti
.
Un
po
'
mutato
nell
'
ambientazione
rispetto
al
racconto
,
il
film
vorrebbe
essere
'
soprattutto
un
«
crescendo
»
di
incubi
,
nel
quale
taluno
possa
trovare
anche
un
sottofondo
di
critica
sociale
,
o
almeno
un
'
allegoria
della
cecità
degli
uomini
,
i
quali
si
ostinano
a
non
credere
al
pericolo
che
li
sovrasta
.
La
protagonista
,
è
vero
,
è
una
ragazza
viziata
,
Melanie
,
figlia
del
direttore
d
'
un
giornale
,
ignara
delle
difficoltà
e
dei
dolori
della
vita
.
A
lei
tocca
la
prima
beccata
mentre
attraversa
un
golfo
(
siamo
a
cento
chilometri
da
San
Francisco
)
per
andare
a
portare
due
pappagallini
a
Mitch
,
un
giovanotto
che
non
le
dispiace
.
Ma
poi
la
rivolta
degli
uccelli
investe
ricchi
e
poveri
,
uomini
donne
e
bambini
:
è
una
vendetta
che
non
compie
discriminazioni
,
fatale
come
la
tragedia
.
La
ruota
si
mette
in
movimento
lentamente
,
e
poi
corre
all
'
impazzata
:
prima
i
gabbiani
attaccano
i
bambini
,
poi
i
fringuelli
entrano
in
casa
dalla
cappa
del
camino
e
si
lanciano
.
sugli
adulti
,
poi
ancora
tocca
ai
cittadini
,
infine
i
corvi
seminano
la
disperazione
nel
villaggio
,
ostacolando
le
operazioni
di
spengimento
d
'
un
incendio
,
costringendo
gli
uomini
a
barricarsi
nelle
stanze
e
restando
minacciosamente
in
agguato
intorno
alla
scuola
e
alle
case
.
Quando
ci
si
aspetta
che
tutti
soccombano
,
la
furbizia
di
Mitch
riesce
a
mettere
in
salvo
i
protagonisti
,
con
una
fuga
in
automobile
.
Gli
uccelli
,
trionfanti
,
si
installano
nel
quartiere
,
ma
non
si
capisce
bene
con
che
frutto
.
Gli
ingredienti
della
paura
ci
sarebbero
tutti
:
il
sangue
,
l
'
ansia
collettiva
,
i
bambini
,
un
«
flirt
»
che
rischia
di
essere
travolto
nell
'
orrore
,
e
la
presenza
ossessiva
di
un
reale
trasfigurato
nel
terrore
d
'
un
irreale
che
ha
preso
corpo
nelle
sagome
nere
degli
uccelli
.
Gran
cuciniere
,
Hitchcock
ha
dosato
la
ricetta
cercando
di
portare
fino
allo
spasimo
le
sue
qualità
pirotecniche
di
effettista
.
Aiutato
dal
cinemascope
,
da
speciali
effetti
sonori
elettronici
,
dalla
sua
consueta
maestria
tecnica
,
dalla
bella
fotografia
a
colori
di
Robert
Burks
,
ci
ha
dato
un
film
nel
quale
sempre
ci
si
aspetta
che
il
peggio
abbia
ancora
da
venire
,
dando
perciò
corpo
,
se
volete
,
a
qualche
terrore
dell
'
epoca
;
ma
la
macchina
commerciale
è
troppo
scoperta
perché
Gli
uccelli
assuma
il
significato
di
un
monito
,
fosse
pure
soltanto
diretto
ai
cacciatori
domenicali
che
fanno
strazio
di
lodole
.
I
valori
plastici
del
film
,
quei
grappoli
neri
sui
fili
,
i
tetti
,
le
antenne
,
quegli
assalti
a
becco
teso
sono
fine
a
se
stessi
,
non
diventano
elementi
figurativi
di
un
diluvio
universale
,
anche
se
l
'
emozione
che
suscitano
è
,
nella
sfera
del
gusto
,
talvolta
assai
forte
.
Minori
dell
'
attesa
sono
dunque
i
brividi
,
e
perché
il
trucco
delle
immagini
sovrapposte
è
spesso
visibile
,
e
perché
un
elemento
puramente
fantastico
,
appunto
la
rivolta
dei
pennuti
,
è
meccanicamente
giustapposto
a
elementi
psicologici
,
squisitamente
umani
,
proprio
non
omogenei
:
e
ciò
rende
ibrido
tutto
il
film
,
isolando
i
momenti
della
paura
in
una
zona
troppo
lontana
dal
verosimile
.
Il
regista
vorrebbe
forse
far
pensare
a
un
rapporto
fra
la
egoistica
solitudine
in
cui
si
dibatte
la
madre
di
Mitch
,
una
vedova
che
non
vuole
restare
senza
un
uomo
in
casa
,
la
galanteria
di
suo
figlio
,
la
fatuità
di
Melanie
,
la
cattiva
coscienza
dell
'
umanità
del
villaggio
da
una
parte
,
e
il
turbine
giustiziere
degli
uccelli
dall
'
altra
.
E
per
converso
contrapporvi
una
maestra
che
ha
sacrificato
la
propria
vita
per
restare
vicina
al
vanamente
amato
Mitch
e
s
'
immola
per
salvarne
la
sorellina
,
e
i
due
pappagallini
rimasti
in
gabbia
inoffensivi
.
Ma
tutto
il
retroscena
sentimentale
resta
una
grossa
zeppa
,
che
come
ritarda
,
con
lungaggini
non
sempre
sopportabili
,
il
progresso
della
tragedia
,
così
non
basta
a
fare
commedia
.
Ci
sono
almeno
tre
quarti
d
'
ora
,
dall
'
inizio
,
in
cui
le
uniche
cose
da
godere
sono
il
paesaggio
e
la
pelliccia
di
Melanie
.
Nessuno
pretenderà
che
consideriamo
un
sinistro
preannuncio
il
fatto
che
la
bionda
è
mancina
.
Il
pezzo
forte
del
film
,
gli
attacchi
degli
uccelli
alla
casa
di
Mitch
,
viene
dopo
che
la
tensione
,
andando
troppo
per
le
lunghe
,
negli
spettatori
meno
pazienti
si
è
allentata
,
e
la
psicosi
dell
'
angoscia
si
è
spenta
in
un
fiacco
sorriso
.
Quanto
agli
attori
,
si
ammira
la
bellezza
della
nuova
scoperta
di
Hitchcock
,
un
'
indossatrice
bionda
e
con
gli
occhi
verdi
:
quella
«
Tippi
»
Hedren
che
egli
ha
trovato
alla
TV
,
un
volto
imparentato
con
quello
di
Grace
Kelly
,
ma
scarsamente
espressivo
.
Convenzionale
la
recitazione
di
Rod
Taylor
e
degli
altri
.
Gli
uccelli
ammaestrati
ne
escono
meglio
.
La
vera
curiosità
che
ci
resta
è
di
sapere
quali
sono
i
criteri
della
loro
tattica
,
perché
fra
le
varie
ondate
lasciano
degli
intervalli
che
consentono
agli
uomini
di
fuggire
a
San
Francisco
.
Farà
parte
,
anche
questo
,
della
strategia
del
rinvio
,
o
è
il
segno
che
nonostante
tanta
ferocia
hanno
un
cervello
da
uccellino
?