StampaQuotidiana ,
Sarà
stata
l
'
euforia
,
certo
è
che
avant
'
ieri
,
all
'
annuncio
degli
accordi
di
Belgrado
,
i
governanti
europei
sembravano
aver
perso
la
memoria
.
Solo
Gerhard
Schroeder
s
'
è
infatti
ricordato
che
quegli
accordi
erano
il
frutto
di
una
mediazione
,
e
che
a
mediare
erano
stati
i
russi
:
"
Il
merito
è
di
Eltsin
"
,
ha
detto
il
Cancelliere
tedesco
,
"
senza
il
quale
sarebbe
stato
impossibile
giungere
a
questo
risultato
"
.
Riconoscere
l
'
utilità
della
missione
che
il
15
aprile
Eltsin
affidò
a
Cernomyrdin
,
era
in
effetti
,
da
parte
dell
'
Europa
,
un
atto
dovuto
.
Perché
è
vero
che
la
guerra
balcanica
sarebbe
comunque
-
a
un
certo
punto
-
finita
,
con
l
'
esaurirsi
delle
capacità
di
resistenza
dei
serbi
:
ma
quando
e
come
si
sarebbe
arrivati
a
quel
"
certo
punto
"
:
tra
un
mese
,
due
,
tre
,
oppure
soltanto
con
l
'
intervento
delle
truppe
di
terra
?
A
questo
servono
,
nel
quadro
d
'
un
conflitto
,
le
mediazioni
.
Ad
accorciare
lo
scontro
armato
,
a
limitarne
i
danni
.
La
missione
Cernomyrdin
è
stata
quindi
,
da
questo
punto
di
vista
,
un
successo
.
Specie
se
pensiamo
agli
ostacoli
che
ha
incontrato
.
Prima
il
terremoto
moscovita
di
metà
maggio
(
il
licenziamento
di
Evghenij
Primakov
,
la
procedura
di
"
impeachment
"
nei
confronti
di
Eltsin
,
l
'
ennesima
sbandata
delle
istituzioni
russe
)
,
che
sembrava
dover
azzoppare
il
mediatore
.
Bruciarne
la
credibilità
.
Poi
le
bombe
sull
'
ambasciata
cinese
a
Belgrado
,
che
avevano
inceppato
per
vari
giorni
i
congegni
della
trattativa
.
Infine
la
posizione
presa
dagli
anglo
-
americani
,
nelle
ultime
due
settimane
sempre
più
marcata
,
che
mirava
non
tanto
a
un
cedimento
di
Milosevic
quanto
alla
sua
uscita
di
scena
.
quest
'
ultimo
ostacolo
ha
rischiato
di
vanificare
gli
sforzi
di
Viktor
Cernomyrdin
:
perché
il
compito
del
mediatore
era
di
far
raggiungere
alle
parti
in
conflitto
un
compromesso
,
e
non
certo
quello
di
portare
su
un
piatto
d
'
argento
,
al
comando
Nato
di
Bruxelles
,
la
testa
di
Slobodan
Milosevic
.
E
fortuna
che
a
trattare
con
Cernomyrdin
ci
fosse
il
sottosegretario
di
Stato
Strobe
Talbott
,
un
uomo
che
conosce
molto
bene
la
situazione
russa
e
si
rendeva
conto
dei
vantaggi
che
non
soltanto
Eltsin
,
ma
anche
l
'
Occidente
,
avrebbero
ricavato
da
un
successo
d
'
immagine
della
povera
Russia
.
Perché
la
pretesa
di
continuare
le
operazioni
belliche
sinché
Milosevic
non
fosse
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
caduto
,
minacciava
di
far
durare
la
guerra
chi
sa
quanto
ancora
.
Se
la
mediazione
russa
ha
potuto
superare
tanti
e
difficili
intralci
,
è
perché
era
l
'
unica
disponibile
.
Cernomyrdin
sarà
stato
certamente
all
'
altezza
del
compito
,
e
molto
hanno
contato
anche
l
'
aiuto
di
Talbott
e
l
'
esperienza
del
presidente
finlandese
.
Ma
le
ragioni
sostanziali
della
riuscita
stanno
nel
fatto
che
sul
tappeto
della
crisi
balcanica
non
c
'
era
altro
se
non
il
tentativo
russo
.
Ed
è
nella
cornice
di
quel
tentativo
che
s
'
inserivano
da
un
mese
e
mezzo
tutte
le
attese
,
le
richieste
,
le
pressioni
dei
governi
europei
più
preoccupati
della
brutta
piega
che
la
guerra
aveva
preso
:
vale
a
dire
i
governi
di
Germania
,
Italia
,
Francia
.
Non
ci
fosse
stata
una
mediazione
russa
da
incoraggiare
e
sostenere
di
fronte
allo
scetticismo
di
Washington
e
Londra
,
le
inquietudini
degli
europei
si
sarebbero
scaricate
all
'
interno
dell
'
Alleanza
,
e
forse
ne
avrebbero
danneggiato
la
compattezza
.
Si
capisce
così
che
il
significato
del
successo
russo
oltrepassa
di
molto
la
cornice
della
guerra
balcanica
.
Esso
s
'
avvertirà
infatti
su
altri
due
versanti
:
sulla
scena
politica
russa
,
e
nei
rapporti
tra
Russia
e
Occidente
.
Per
quel
che
riguarda
quest
'
ultimo
versante
,
la
prima
cosa
da
dire
è
che
Mosca
è
stata
più
vicina
agli
occidentali
che
all
'
alleato
storico
,
la
Serbia
slava
e
ortodossa
.
Se
all
'
inizio
,
infatti
,
s
'
era
potuto
pensare
che
Cernomyrdin
si
sarebbe
posto
a
metà
strada
tra
i
contendenti
,
lavorando
ad
un
compromesso
di
tipo
classico
-
tale
cioè
da
non
scontentare
nessuno
-
,
più
tardi
s
'
è
visto
che
egli
ha
lavorato
per
giungere
alla
resa
di
Slobodan
Milosevic
.
È
la
resa
di
Milosevic
,
infatti
,
il
risultato
della
mediazione
russa
.
Il
risultato
cioè
che
serviva
alla
Nato
,
all
'
Occidente
.
Che
i
russi
avessero
una
maggiore
comprensione
delle
ragioni
europee
ed
americane
che
non
delle
ragioni
di
Milosevic
,
fu
chiaro
alla
riunione
del
G8
a
Bonn
.
Lo
schema
d
'
accordo
elaborato
quel
6
maggio
riprendeva
quasi
totalmente
(
anche
se
restava
vago
su
alcuni
punti
sostanziali
)
le
richieste
degli
alleati
.
Da
quel
momento
,
la
Russia
aveva
già
fatto
le
sue
scelte
.
Aveva
capito
che
la
Nato
non
poteva
perdere
la
partita
,
e
che
il
mediatore
doveva
soltanto
provarsi
a
rendere
meno
severa
,
disastrosa
,
la
resa
dei
serbi
.
Ma
nell
'
avvicinamento
alle
posizioni
dell
'
Alleanza
,
non
c
'
era
soltanto
il
desiderio
di
condurre
in
porto
un
'
iniziativa
capace
di
ridare
un
qualche
prestigio
alla
Russia
.
C
'
era
,
ormai
,
una
scelta
di
campo
.
Su
questo
conviene
essere
chiari
.
Cernomyrdin
,
e
con
lui
Boris
Eltsin
,
prendevano
dei
rischi
.
Sapevano
perfettamente
che
a
Mosca
la
canea
dei
nazionalcomunisti
si
sarebbe
scatenata
contro
il
"
tradimento
"
ai
danni
della
Serbia
,
contro
Cernomyrdin
"
lacchè
degli
americani
"
,
puntando
ad
elettrizzare
gli
umori
anti
-
occidentali
che
pervadono
la
Russia
della
crisi
permanente
.
Di
questo
erano
consapevoli
,
e
tuttavia
sono
sempre
rimasti
-
dopo
la
scelta
compiuta
a
Bonn
-
dalla
parte
degli
europei
e
degli
americani
.
Né
avrebbe
senso
ipotizzare
che
la
linea
Eltsin
-
Cernomyrdin
sia
venuta
soltanto
dal
bisogno
di
procurarsi
,
in
cambio
d
'
una
mediazione
così
sbilanciata
,
così
favorevole
agli
occidentali
,
i
prestiti
del
Fondo
monetario
.
Questo
ha
contato
,
certo
,
ma
la
scelta
aveva
poi
altri
significati
:
non
rompere
con
l
'
Occidente
,
mantenere
la
Russia
all
'
interno
degli
interessi
europei
,
contrastare
il
nazionalismo
isolazionista
e
rancoroso
di
tanta
parte
della
società
russa
.
E
qui
va
rammentata
l
'
atmosfera
in
cui
la
Russia
ha
vissuto
l
'
inizio
dell
'
offensiva
aerea
della
Nato
.
Davvero
,
come
dice
Evtushenko
,
sembrava
che
"
lo
scheletro
della
guerra
fredda
"
fosse
uscito
dalla
tomba
.
Perché
l
'
attacco
contro
la
Federazione
jugoslava
aveva
aggravato
le
frustrazioni
della
potenza
decaduta
,
rianimato
i
rottami
della
tradizione
panslavista
,
messo
a
fuoco
la
debolezza
e
marginalità
del
ruolo
russo
in
Europa
e
nel
mondo
.
E
se
non
ci
fosse
stato
Eltsin
,
il
suo
tentativo
di
mantenere
l
'
aggancio
con
l
'
Occidente
così
da
salvare
il
salvabile
dei
suoi
ondeggianti
,
accidentali
e
spesso
disastrosi
anni
di
governo
,
il
gioco
era
fatto
.
La
lacerazione
tra
Russia
ed
Europa
si
sarebbe
compiuta
.
Le
due
campagne
elettorali
che
s
'
avvicinano
(
legislative
in
dicembre
,
presidenziali
a
giugno
dell
'
anno
venturo
)
,
avrebbero
avuto
come
tema
dominante
lo
spettro
d
'
una
Russia
umiliata
dall
'
Occidente
,
assediata
,
in
pericolo
.
Beninteso
,
il
successo
della
mediazione
Cernomyrdin
non
eviterà
che
per
qualche
giorno
,
dai
banchi
della
Duma
,
i
nazionalcomunisti
facciano
un
gran
chiasso
contro
"
il
servizio
reso
all
'
imperialismo
americano
"
.
Ma
quando
il
polverone
si
sarà
dissolto
,
i
russi
che
hanno
occhi
per
vedere
s
'
accorgeranno
che
la
conclusione
della
guerra
balcanica
ha
consentito
al
paese
un
ritorno
insperato
sulla
grande
scena
internazionale
.
Ha
mostrato
che
la
Russia
non
è
,
in
ambito
politico
e
diplomatico
,
il
cadavere
che
tante
volte
negli
ultimi
mesi
era
sembrato
.
E
ha
posto
le
premesse
per
un
rilancio
di
quell
'
integrazione
russa
con
i
paesi
occidentali
,
che
è
la
sola
strada
da
percorrere
per
poter
ancora
sperare
in
una
rinascita
della
nazione
.
Dinanzi
a
questo
tornante
dei
rapporti
tra
Russia
e
Occidente
,
l
'
Europa
e
l
'
America
non
dovranno
permettersi
distrazioni
.
Più
volte
,
nell
'
ultimo
anno
,
il
disastro
russo
era
parso
così
ampio
e
irrimediabile
da
indurre
molti
uomini
di
governo
occidentali
a
pensare
che
non
ci
fosse
altra
soluzione
se
non
tenersi
a
debita
distanza
da
Mosca
.
Distanza
politica
,
distanza
economica
.
Ma
oggi
quest
'
atteggiamento
non
avrebbe
senso
.
Nella
più
difficile
congiuntura
che
l
'
Europa
abbia
conosciuto
dalla
fine
della
Seconda
guerra
mondiale
,
il
ruolo
della
Russia
è
risultato
decisivo
.
E
di
questo
bisognerà
tener
conto
,
evitando
sinché
è
possibile
che
si
producano
nuove
e
pericolose
divaricazioni
tra
gli
interessi
russi
e
quelli
occidentali
.
La
guerra
contro
Milosevic
è
costata
non
poco
a
Mosca
.
Essa
vedrà
nei
prossimi
giorni
forze
armate
degli
Stati
Uniti
nel
cuore
dei
Balcani
,
una
regione
che
era
stata
un
tempo
d
'
influenza
russa
,
poi
"
grigia
"
,
ma
mai
marcata
da
una
presenza
americana
.
Essa
sa
che
Bulgaria
e
Romania
,
concedendo
alla
Nato
una
serie
di
facilitazioni
durante
i
due
mesi
di
guerra
,
si
sono
già
molto
avvicinate
al
loro
ingresso
nell
'
Alleanza
:
ciò
che
porterà
ancora
più
a
ridosso
delle
frontiere
russe
un
'
organizzazione
politico
-
militare
di
cui
la
Russia
non
fa
parte
.
Nonostante
abbiano
dovuto
pagare
questo
prezzo
,
i
russi
che
credono
all
'
importanza
dei
legami
con
l
'
Occidente
hanno
operato
perché
la
guerra
finisse
con
la
resa
jugoslava
.
Dimenticarlo
sarebbe
non
solo
ingeneroso
,
ma
anche
imprudente
.
StampaQuotidiana ,
Tel
Aviv
,
9
.
Menacem
Begin
sta
progettando
una
risistemazione
della
carta
geografica
(
e
degli
equilibri
politici
)
del
Medio
Oriente
?
È
questo
l
'
interrogativo
suscitato
stasera
dalle
notizie
che
giungono
dai
fronti
libanesi
.
L
'
operazione
«
pace
in
Galilea
»
,
che
stando
alle
dichiarazioni
del
governo
israeliano
avrebbe
dovuto
limitarsi
a
ricacciare
i
palestinesi
verso
le
zone
centrali
del
Libano
,
sta
infatti
diventando
una
guerra
con
più
protagonisti
,
né
più
né
meno
che
il
quinto
conflitto
arabo
-
israeliano
.
Un
comunicato
del
ministro
della
Difesa
Ariel
Sharon
ha
reso
noto
,
nella
tarda
serata
,
che
le
forze
israeliane
hanno
attaccato
il
corpo
di
spedizione
siriano
in
Libano
.
Non
più
gli
scambi
di
artiglieria
degli
ultimi
due
giorni
ma
un
colpo
tremendo
-
e
forse
decisivo
-
al
potenziale
bellico
e
al
prestigio
politico
del
regime
di
Damasco
.
Tutte
le
batterie
di
missili
terra
-
aria
Sam
6
che
i
siriani
avevano
disposto
nella
valle
della
Bekaa
,
sono
state
distrutte
.
E
negli
scontri
aerei
che
hanno
preceduto
e
seguito
il
«
raid
»
contro
le
postazioni
missilistiche
,
gli
israeliani
hanno
abbattuto
20
Mig
siriani
.
Ma
la
spinta
contro
le
forze
di
Damasco
non
si
è
fermata
a
questo
.
Calate
lunedì
,
con
una
spettacolare
azione
aviotrasportata
,
sui
bordi
della
strada
Beirut
-
Damasco
,
le
truppe
di
Israele
hanno
stasera
preso
il
controllo
di
questa
arteria
da
cui
passano
la
gran
parte
dei
rifornimenti
per
il
corpo
di
spedizione
siriano
e
per
le
milizie
dell
'
OLP
.
Il
controllo
della
Beirut
-
Damasco
significa
per
il
capo
di
stato
maggiore
israeliano
,
generale
Eytan
,
il
raggiungimento
di
due
fondamentali
risultati
.
Non
solo
i
siriani
si
trovano
ora
preclusa
la
loro
maggiore
via
di
ritirata
,
ma
essi
sono
da
stasera
divisi
in
due
monconi
.
La
parte
più
grossa
del
contingente
nella
valle
della
Bekaa
,
e
una
parte
più
ridotta
-
dunque
alla
totale
mercé
delle
avanguardie
di
Israele
-
dislocata
attorno
a
Beirut
.
Ma
ci
sono
altri
e
concreti
segni
che
dimostrano
come
l
'
invasione
del
Libano
avesse
obiettivi
assai
più
estesi
e
ambiziosi
di
quanto
il
governo
di
Gerusalemme
non
avesse
detto
.
Come
si
ricorderà
,
l
'
operazione
«
pace
in
Galilea
»
era
stata
presentata
come
un
tentativo
di
«
bonificare
»
il
sud
del
Libano
dalla
presenza
delle
milizie
dell
'
OLP
.
Per
realizzare
un
tale
obiettivo
,
il
governo
israeliano
aveva
detto
che
le
sue
truppe
sarebbero
avanzate
di
circa
quaranta
chilometri
dalla
frontiera
tra
Israele
e
il
Libano
.
Ma
tra
ieri
pomeriggio
e
stasera
,
è
divenuto
chiaro
che
le
intenzioni
di
Begin
non
erano
così
limitate
.
Gli
israeliani
sono
infatti
nelle
immediate
vicinanze
di
Beirut
.
Stasera
è
caduta
,
dopo
un
'
accanita
resistenza
opposta
dai
palestinesi
,
la
città
di
Damur
,
a
quindici
chilometri
dalla
capitale
.
Damur
era
il
maggiore
caposaldo
dell
'
OLP
sulla
strada
per
Beirut
,
ed
il
più
vasto
deposito
di
armi
e
materiali
della
struttura
militare
palestinese
.
Intanto
la
periferia
di
Beirut
viene
bombardata
dal
mare
,
e
continuano
le
incursioni
aeree
israeliane
.
Così
,
un
'
impressione
che
ancora
ieri
sera
si
affacciava
vaga
alla
mente
degli
osservatori
,
s
'
è
fatta
in
queste
ore
assai
più
nitida
.
Begin
e
il
suo
esercito
stanno
puntando
ad
annientare
il
comando
politico
-
militare
dell
'
OLP
,
e
per
riuscirvi
potrebbero
anche
decidere
un
attacco
finale
contro
Beirut
.
Secondo
una
delle
radio
libanesi
,
Yasser
Arafat
è
stato
ferito
gravemente
,
oggi
pomeriggio
,
da
una
bomba
caduta
sull
'
edificio
dello
stato
maggiore
dell
'
OLP
.
La
notizia
è
incerta
,
probabilmente
non
vera
.
Ma
è
sicuro
che
a
questo
punto
il
leader
palestinese
starà
studiando
-
e
non
è
facile
-
come
mettersi
in
salvo
.
Se
infatti
gli
israeliani
continuano
la
loro
avanzata
,
e
si
congiungono
con
le
milizie
falangiste
cristiane
di
Bechir
Gemayel
,
le
loro
azioni
successive
saranno
queste
:
1
)
neutralizzare
le
truppe
siriane
attorno
a
Beirut
;
2
)
iniziare
la
caccia
ai
capi
palestinesi
.
E
poiché
l
'
aeroporto
di
Beirut
è
chiuso
,
gli
israeliani
non
esiteranno
a
sparare
contro
qualsiasi
aereo
si
levasse
in
volo
,
pensando
che
a
bordo
potrebbe
esserci
Arafat
.
Ora
,
quali
sono
le
intenzioni
di
Eytan
e
del
ministro
della
difesa
Sharon
?
L
'
«
Haaretz
»
,
il
quotidiano
laburista
,
s
'
era
posto
stamane
questa
ed
altre
domande
.
Se
,
cioè
,
i
piani
dello
stato
maggiore
e
del
governo
di
Israele
fossero
cambiati
negli
ultimi
due
giorni
,
e
se
davvero
la
tesi
di
Sharon
avesse
trionfato
sulle
esitazioni
di
Begin
.
La
tesi
del
ministro
della
Difesa
è
nota
.
Sharon
pensa
da
tempo
ad
un
Libano
«
libero
»
,
controllato
dai
cristiani
falangisti
,
svuotato
dei
palestinesi
e
protetto
da
Israele
.
Ebbene
,
stasera
(
anche
se
l
'
incalzare
degli
eventi
impedisce
analisi
sufficientemente
precise
)
molti
segni
inducono
a
pensare
che
il
piano
del
Governo
israeliano
sia
proprio
questo
.
Annientare
fisicamente
l
'
OLP
,
ribaltare
i
rapporti
di
forza
in
Libano
,
rifare
la
faccia
politica
della
regione
.
In
ogni
caso
,
è
ormai
chiaro
che
l
'
operazione
«
pace
in
Galilea
»
non
si
concluderà
in
pochi
giorni
.
Durerà
molte
settimane
,
se
non
molti
mesi
.
E
se
nel
Governo
di
Gerusalemme
prevarranno
davvero
le
tendenze
più
radicali
(
appunto
la
visione
di
Ariel
Sharon
)
,
allora
questa
guerra
del
Libano
che
era
iniziata
come
una
delle
crisi
«
minori
»
del
Medio
Oriente
(
minore
rispetto
alle
guerre
del
passato
)
,
si
rivelerà
come
una
delle
più
esplosive
e
più
cariche
di
rischi
per
la
pace
mondiale
.
Quel
che
sta
avvenendo
in
Libano
può
sembrare
allettante
per
i
dirigenti
di
Israele
.
Ma
quanto
lo
è
per
gli
altri
:
per
l
'
Europa
,
per
l
'
Egitto
post
-
sadattiano
,
per
l
'
Unione
Sovietica
?
Il
sommovimento
di
questa
regione
si
presenta
stasera
,
insomma
,
più
profondo
e
grave
di
quel
che
era
sembrato
appena
tre
giorni
fa
.
Tra
l
'
altro
,
esso
è
stato
scatenato
sulla
spinta
d
'
un
ragionamento
politico
assurdo
.
Begin
e
i
suoi
hanno
creduto
infatti
,
ancora
una
volta
,
di
poter
eliminare
l
'
OLP
come
avversario
ed
interlocutore
.
Ma
essi
hanno
dimostrato
di
avere
la
memoria
corta
,
di
non
ricordare
che
tentativi
del
genere
,
dal
Settembre
nero
di
dodici
anni
fa
sino
all
'
ultima
operazione
in
Libano
dell
'
anno
scorso
,
ne
erano
già
stati
fatti
.
È
che
ogni
volta
l
'
organizzazione
palestinese
è
riaffiorata
dal
buio
delle
sconfitte
più
solida
e
combattiva
di
prima
.
D
'
altra
parte
basta
scorrere
i
giornali
di
Israele
,
che
cominciano
a
riempirsi
degli
annunci
mortuari
dei
soldati
caduti
nella
guerra
del
Libano
,
per
capire
che
gli
anni
passano
e
che
le
cose
non
sono
più
identiche
a
prima
.
«
Partecipiamo
al
dolore
della
famiglia
R
.
per
la
morte
del
figlio
M
.
»
.
«
Le
nostre
condoglianze
per
la
morte
del
capitano
G
.
,
caduto
nell
'
adempimento
del
suo
dovere
»
.
Gli
annunci
di
questo
tipo
sono
già
numerosi
,
e
intanto
ai
cimiteri
di
Tel
Aviv
e
Gerusalemme
è
un
seguito
di
commosse
cerimonie
funebri
.
Israele
s
'
accorge
che
l
'
operazione
«
pace
in
Galilea
»
è
già
molto
costosa
.
Sino
a
stasera
,
le
cifre
delle
perdite
subite
(
aggiornate
a
martedì
sera
)
sono
di
trentasei
morti
e
centocinquanta
feriti
.
E
dunque
assai
più
alte
(
tre
o
quattro
volte
più
alte
)
che
in
quell
'
altra
guerra
del
Libano
che
fu
1'«operazione
Litani
»
nel
'78
:
infatti
i
morti
furono
allora
,
in
un
'
intera
settimana
,
soltanto
diciotto
.
L
'
esercito
israeliano
ha
avanzato
come
sempre
,
fulmineo
e
terribile
,
e
ormai
tiene
sotto
controllo
oltre
la
metà
del
territorio
libanese
.
Ma
questa
volta
ha
incontrato
da
parte
dei
palestinesi
una
resistenza
molto
più
dura
e
coraggiosa
delle
altre
volte
.
I
portavoce
militari
lasciano
capire
chiaramente
che
è
questa
«
la
vera
sorpresa
»
dei
tre
giorni
di
operazioni
in
Libano
.
E
la
radio
ha
trasmesso
varie
interviste
con
soldati
sul
fronte
,
in
cui
i
giovani
israeliani
hanno
parlato
dei
fedayn
dell
'
OLP
come
di
«
validi
e
coraggiosi
»
combattenti
.
Ancora
stasera
,
la
situazione
sul
terreno
dimostra
che
sgominare
l
'
avversario
non
è
più
facile
come
un
tempo
.
Circondata
da
quarantott
'
ore
,
colpita
dal
mare
e
dall
'
aria
,
Sidone
non
è
ancora
caduta
.
Certo
,
portando
le
vittime
civili
da
centinaia
e
centinaia
a
migliaia
e
migliaia
,
gli
israeliani
potrebbero
occuparla
in
mezza
giornata
;
ma
questo
è
un
prezzo
che
Begin
vorrebbe
non
pagare
,
ed
ecco
che
Sidone
resiste
.
Roma
.
«
La
Santa
Sede
continuerà
ad
operare
,
per
quanto
possibile
,
affinché
questa
dura
prova
sia
abbreviata
e
le
armi
cedano
il
posto
alla
tregua
e
al
negoziato
»
ha
dichiarato
ieri
papa
Wojtyla
a
proposito
del
conflitto
in
atto
nel
Libano
in
un
vibrato
appello
per
la
cessazione
del
fuoco
.
Dopo
avere
espresso
«
profonda
pena
»
per
le
«
centinaia
di
vittime
»
e
per
quanti
«
innocentemente
soffrono
la
violenza
e
sono
costretti
,
in
preda
al
terrore
,
ad
abbandonare
le
loro
case
»
,
Wojtyla
ha
denunciato
i
rischi
di
un
allargamento
del
conflitto
all
'
intera
area
mediorientale
:
«
La
stessa
pace
mondiale
»
ha
aggiunto
«
potrebbe
esserne
minacciata
»
.
Ha
auspicato
infine
che
l
'
appello
dell
'
ONU
per
un
cessate
il
fuoco
venga
accolto
.