StampaPeriodica ,
Il
mese
di
marzo
è
stato
segnato
da
due
grandi
crisi
che
continuano
.
Da
un
lato
quella
sanguinosa
del
Kosovo
,
dall
'
altro
quella
politica
e
istituzionale
dell
'
Unione
Europea
.
Qui
,
certo
,
il
sangue
non
scorre
come
nel
Kosovo
.
I
15
paesi
,
in
attesa
di
diventare
20
o
22
,
ostentano
anzi
tra
loro
rapporti
pacifici
,
amichevoli
,
soccorrevoli
,
quasi
fraterni
.
Tuttavia
nel
cuore
transnazionale
dell
'
Unione
,
nel
limbo
burocratico
di
Bruxelles
,
si
sta
giocando
la
più
grossa
scommessa
continentale
di
fine
secolo
.
La
guerra
nel
Kosovo
è
guerra
vera
,
selvaggia
,
primordiale
,
combattuta
senza
pietà
e
senza
ipocrisie
umanitarie
.
Quel
che
avviene
a
Bruxelles
è
invece
un
'
insidiosa
guerriglia
civile
,
una
guerriglia
ipocrita
,
subdolamente
combattuta
nelle
cangianti
e
confuse
istituzioni
comunitarie
in
nome
di
ideali
nobilissimi
:
l
'
euro
,
il
mercato
unico
,
l
'
armonia
agricola
,
l
'
integrazione
federalistica
,
l
'
allargamento
ai
cugini
derelitti
dell
'
Europa
centrorientale
.
Cos
'
le
due
Europe
,
quella
della
guerra
aperta
nei
Balcani
,
l
'
altra
della
guerriglia
sotterranea
nel
quadrilatero
carolingio
,
danno
l
'
impressione
di
voler
approdare
insieme
al
Duemila
in
uno
stato
di
disfacimento
più
che
di
evoluzione
concorde
nell
'
ordine
e
nel
progresso
.
Non
credo
che
il
parallelismo
tra
il
virulento
inferno
balcanico
e
il
travagliato
limbo
euroccidentale
sia
cervellotico
o
forzato
.
La
verità
è
che
un
'
Europa
comunitaria
incapace
di
integrarsi
,
di
democratizzarsi
nelle
istituzioni
,
di
dare
a
queste
l
'
autonomia
e
la
presa
di
strumenti
preparatori
di
uno
stato
federale
,
sarà
sempre
più
un
'
Europa
allo
sbando
.
Malaticcia
e
velleitaria
,
dominata
da
una
burocrazia
pletorica
sottratta
a
controlli
e
verifiche
popolari
,
lacerata
da
scompensi
organici
e
da
faide
tecnocratiche
complicate
e
incomprensibili
:
una
simile
Europa
non
sarà
mai
in
grado
d
'
imporre
una
pace
energica
all
'
Europa
delle
guerre
calde
,
arcaiche
,
che
a
medio
termine
potrebbero
tracimare
dai
Balcani
e
lambire
perfino
l
'
Asia
mediterranea
.
Solo
una
robusta
e
convinta
stabilità
interna
all
'
Unione
,
un
'
integrazione
che
prolunga
il
mercato
della
moneta
e
del
commercio
unificati
nel
mercato
politico
delle
diplomazie
e
delle
difese
unificate
,
potranno
trovare
la
forza
con
cui
sedare
le
turbolenze
belliche
evitando
che
le
guerre
balcaniche
diventino
guerre
paneuropee
.
Premessa
di
tale
necessaria
stabilizzazione
o
ristrutturazione
euroccidentale
è
in
certi
caso
lo
scorrimento
,
in
altri
l
'
ampliamento
,
in
altri
ancora
il
deperimento
delle
funzioni
assegnate
alle
tre
principali
macchine
comunitarie
.
Il
Consiglio
,
che
rappresenta
i
governi
degli
stati
membri
e
si
comporta
come
il
sinedrio
collegiale
di
una
monarchia
assoluta
,
dovrebbe
deperire
diventando
un
organo
di
rappresentanza
e
di
testimonianza
storica
delle
nazioni
associate
.
La
Commissione
,
che
dai
tempi
di
Jacques
Delors
non
è
più
subalterna
ancella
del
Consiglio
intergovernativo
,
dovrebbe
assumere
il
connotato
di
un
vero
esecutivo
federale
europeo
.
Il
Parlamento
,
che
fino
all
'
altroieri
appariva
confinato
in
un
ruolo
consultivo
di
second
'
ordine
,
dovrebbe
estendere
i
suoi
poteri
nei
confronti
sia
della
Commissione
sia
del
Consiglio
.
In
sostanza
,
l
'
Europarlamento
dovrebbe
conquistare
ulteriori
prerogative
costituzionali
dopo
quelle
espugnate
,
pochi
giorni
orsono
,
con
le
dimissioni
imposte
alla
Commissione
.
Lo
scandalo
moralistico
,
'
nepotismi
'
e
'
irregolarità
'
,
c
'
entrano
poco
o
niente
con
la
bocciatura
inflitta
dai
parlamentari
all
'
organismo
esecutivo
dell
'
Unione
.
C
'
entra
,
invece
,
il
prolungato
scandalo
politico
che
per
decenni
impediva
all
'
Assemblea
di
fare
i
conti
con
i
ministri
posticci
della
Commissione
e
con
i
ministri
reali
del
Consiglio
.
Ora
,
la
Commissione
bocciata
sarà
certo
più
debole
nei
confronti
del
Parlamento
,
ma
,
da
questo
paradossalmente
legittimata
nella
reciproca
autonomia
del
Consiglio
,
sarà
anche
più
forte
nel
quadro
istituzionale
complessivo
.
Il
dado
è
tratto
.
Il
resto
è
in
arrivo
.
D
'
ora
in
avanti
,
il
Parlamento
potrà
esercitare
un
potere
di
ratifica
sulla
nomina
del
presidente
della
Commissione
,
potrà
censurare
le
sue
spese
e
i
suoi
errori
,
potrà
sostenerlo
e
assisterlo
nella
nomina
dei
commissari
,
una
volta
scelti
con
metodo
impositivo
dal
Consiglio
.
La
rivoluzione
liberale
in
atto
raggiungerà
il
giorno
più
alto
quando
il
Parlamento
europeo
diverrà
assemblea
costituente
europea
:
allora
la
monarchia
autocratica
del
Consiglio
,
che
già
perde
colpi
,
dovrà
trasformarsi
per
forza
in
monarchia
costituzionale
.
In
quel
caso
,
forse
non
lontano
,
l
'
Europa
ci
apparirà
alfine
pressoché
unita
,
pressoché
compatta
,
pressoché
pronta
a
riportare
pace
e
ordine
nelle
regioni
limitrofe
sconvolte
dall
'
odio
e
dalla
guerra
infinita
.
StampaPeriodica ,
Il
processo
al
partito
cominciò
alle
nove
del
mattino
.
Domenica
21
novembre
c
'
erano
150
operai
socialisti
nel
salone
dell
'
Istituto
autonomo
case
popolari
in
corso
Dante
a
Torino
.
Qualcuno
aveva
in
tasca
,
segnata
in
rosso
,
la
copia
dell
'
«
Avanti
!
»
con
la
lunga
relazione
(
167
cartelle
)
tenuta
sei
giorni
prima
dal
segretario
nazionale
Bettino
Craxi
al
comitato
centrale
.
Altri
stringevano
in
mano
brevi
appunti
scritti
con
rabbia
durante
le
cento
e
più
assemblee
dei
nuclei
aziendali
socialisti
,
i
Nas
,
che
avevano
preceduto
l
'
incontro
.
Davanti
a
loro
,
mani
infilate
nella
giacca
blu
,
Craxi
ascoltava
immobile
.
Parlò
per
primo
Guido
Celotto
,
un
operaio
della
FIAT
Mirafiori
:
«
Le
partite
a
scacchi
giocate
dai
notabili
ci
hanno
rotto
le
palle
.
Fuori
dal
partito
i
burocrati
e
le
clientele
»
.
Seguì
Renzo
Caddeo
,
sindacalista
di
Orbassano
,
un
comune
della
cintura
rossa
:
«
I
vecchi
leader
hanno
massacrato
l
'
immagine
del
partito
»
.
Poi
attaccò
Renato
Fiori
,
delegato
della
FIAT
Lingotto
:
«
Voi
dirigenti
non
vi
fate
mai
vedere
in
fabbrica
»
.
E
nella
sala
si
fece
silenzio
quando
un
vecchio
militante
si
alzò
a
parlare
con
accenti
di
rammarico
:
«
Una
volta
se
per
strada
passava
un
socialista
la
gente
diceva
:
ecco
un
galantuomo
»
.
Nei
cinque
mesi
della
segreteria
,
Craxi
ha
sentito
solo
lamentele
,
rimproveri
,
amarezze
di
socialisti
delusi
e
sconcertati
per
la
sconfitta
elettorale
del
20
giugno
e
per
lo
stato
comatoso
del
partito
.
Eletto
segretario
in
uno
dei
momenti
più
difficili
della
storia
del
PSI
,
nel
clima
di
intrighi
e
di
colpi
di
mano
dell
'
hotel
Midas
,
Craxi
era
sembrato
all
'
inizio
solo
il
gestore
della
catastrofe
.
La
sua
elezione
venne
accolta
da
una
diffidenza
generale
:
gli
extraparlamentari
di
sinistra
ricordavano
i
suoi
legami
con
gli
americani
;
«
Le
Monde
»
lo
definì
«
il
tedesco
»
per
le
sue
simpatie
verso
la
socialdemocrazia
di
Bonn
;
i
comunisti
si
chiusero
nel
silenzio
,
per
evitare
di
dargli
credito
troppo
precipitosamente
;
numerosi
dirigenti
socialisti
sospettarono
che
volesse
riprendere
i
contatti
con
la
DC
per
rifare
un
centro
sinistra
appena
riverniciato
.
Poi
,
in
poche
settimane
,
la
trasformazione
.
«
Come
accade
spesso
nella
storia
gli
uomini
,
quando
assumono
una
funzione
,
cambiano
e
adeguano
la
loro
attività
alla
carica
che
ricoprono
»
spiega
sorridendo
Riccardo
Lombardi
,
fino
a
qualche
mese
fa
uno
dei
più
duri
critici
di
Craxi
.
«
Urbano
VIII
,
finché
era
astronomo
,
appoggiava
le
teorie
di
Galileo
.
Diventato
papa
le
condannò
»
.
Il
ritocco
decisivo
alla
sua
immagine
,
il
segretario
l
'
ha
dato
al
comitato
centrale
.
Entrato
sotto
il
segno
ambiguo
del
Midas
,
ne
è
uscito
notevolmente
rafforzato
nel
prestigio
e
nel
peso
politico
.
«
Intorno
a
Craxi
c
'
è
una
maggioranza
che
è
d
'
accordo
su
un
certo
numero
di
proposte
,
alcune
delle
quali
suggerite
in
questi
anni
dalla
sinistra
socialista
e
imposte
dai
settori
più
avanzati
della
base
»
spiega
Antonio
Giolitti
,
ex
antagonista
di
Craxi
per
la
carica
di
segretario
del
partito
,
ora
su
posizioni
di
cauta
solidarietà
.
All
'
allargamento
dei
consensi
nei
suoi
confronti
Craxi
è
arrivato
soprattutto
grazie
al
suo
appoggio
deciso
alla
linea
politica
dell
'
alternativa
di
sinistra
e
al
rifiuto
dell
'
alleanza
a
due
con
la
DC
(
come
invece
vorrebbero
i
due
leader
storici
del
partito
,
Francesco
De
Martino
e
Giacomo
Mancini
,
usciti
sconfitti
dal
comitato
centrale
)
.
Una
scelta
chiesta
senza
incertezza
da
quasi
tutta
la
base
.
Reduce
da
un
viaggio
in
Emilia
e
Romagna
,
Luigi
Covatta
,
dirigente
dell
'
ufficio
studi
del
PSI
,
ricorda
una
riunione
a
Carpi
fra
operai
,
professori
e
studenti
.
«
Tutti
mi
hanno
detto
:
mai
più
con
la
DC
da
soli
.
Dobbiamo
fare
una
cura
di
estraneità
dal
governo
.
»
Pochi
giorni
fa
a
Bologna
,
alla
conferenza
operaia
,
l
'
applauso
più
lungo
e
ripetuto
è
toccato
a
Fabrizio
Cicchitto
dell
'
ufficio
sindacale
del
partito
,
sempre
polemico
e
sprezzante
nei
confronti
dei
democristiani
.
Nei
congressi
delle
300
sezioni
di
Milano
l
'
esodo
dei
demartiniani
verso
le
posizioni
di
Aldo
Aniasi
,
uno
dei
più
convinti
sostenitori
dell
'
alternativa
di
sinistra
,
è
notevole
.
Così
a
Torino
e
a
Genova
.
«
La
linea
di
De
Martino
non
garantisce
al
partito
nessuna
prospettiva
»
confessa
Antonio
Canepa
,
un
dirigente
socialista
ligure
,
ex
demartiniano
.
Alcune
conversioni
sono
sembrate
a
volte
sospette
:
in
Sicilia
,
Salvatore
Lauricella
,
ex
ministro
dei
Lavori
pubblici
,
uno
dei
dirigenti
più
criticati
di
tutto
il
partito
,
si
è
adeguato
da
un
giorno
all
'
altro
al
nuovo
corso
nella
speranza
di
rimanere
a
galla
.
In
complesso
il
fenomeno
dell
'
annullamento
delle
correnti
tradizionali
e
della
loro
confluenza
nella
nuova
linea
si
fa
strada
.
Soltanto
nel
Centro
Sud
,
molte
sezioni
e
federazioni
,
manciniane
e
demartiniane
a
oltranza
per
ragioni
di
potere
,
resistono
.
Quasi
600
mila
iscritti
,
composto
per
la
maggior
parte
di
studenti
e
di
impiegati
(
il
34%
)
il
Partito
socialista
ha
perso
col
passare
degli
anni
la
caratteristica
di
partito
in
maggioranza
operaio
che
aveva
negli
anni
Cinquanta
,
ai
tempi
di
Rodolfo
Morandi
(
dalle
fabbriche
viene
solo
il
16,43%
degli
iscritti
)
,
ed
è
diventato
un
partito
dalle
caratteristiche
governative
,
gonfiato
dalle
iscrizioni
clientelari
(
il
76%
degli
iscritti
di
oggi
ha
preso
la
tessera
con
il
centrosinistra
)
.
«
Per
far
vincere
la
battaglia
al
gruppo
dirigente
e
arrivare
davvero
al
rilancio
del
PSI
»
dice
il
sindaco
di
Pavia
,
Elio
Veltri
,
«
si
devono
muovere
i
giovani
.
»
A
Pavia
,
una
delle
città
dove
il
nuovo
corso
si
fa
sentire
di
più
,
l
'
età
media
degli
attivisti
del
partito
è
la
più
bassa
d
'
Italia
,
30
anni
,
e
nei
congressi
di
sezione
non
sono
state
presentate
liste
di
corrente
ma
raggruppamenti
unitari
.
A
Trento
,
dove
già
nel
1972
un
nucleo
di
giovani
lombardiani
aveva
tagliato
tutti
i
legami
con
la
DC
,
passando
all
'
attacco
e
lanciando
la
proposta
dell
'
alternativa
di
sinistra
,
alle
elezioni
politiche
il
PSI
è
avanzato
di
quasi
cinque
punti
in
percentuale
.
Sono
innovazioni
ed
esperimenti
che
spesso
suscitano
contrasti
e
lotte
dure
in
un
partito
dove
la
spinta
alla
poltrona
di
centrosinistra
conta
ancora
.
Un
piccolo
esempio
di
questi
scontri
fra
generazioni
di
socialisti
è
Collesano
,
un
paesone
della
provincia
di
Palermo
.
Preso
il
controllo
della
sezione
,
i
giovani
socialisti
hanno
deciso
di
rompere
con
il
centrosinistra
che
governa
il
Comune
.
Ma
tre
consiglieri
comunali
su
quattro
si
sono
rifiutati
di
dimettersi
.
Preferivano
un
comodo
governo
con
la
DC
.
L
'
abitudine
al
centrosinistra
,
agli
agi
del
tranquillo
potere
coi
democristiani
tocca
molti
quadri
del
PSI
.
È
il
partito
degli
assessori
,
che
resiste
alle
innovazioni
,
e
contro
il
quale
la
battaglia
di
Craxi
è
ancora
tutt
'
altro
che
vinta
:
«
Lo
scoglio
vero
è
la
moralizzazione
del
partito
»
dicono
i
collaboratori
del
segretario
socialista
.
Spinta
dalla
direzione
,
la
commissione
di
controllo
,
un
organo
che
in
passato
ha
funzionato
in
maniera
discontinua
,
è
tornata
a
una
discreta
efficienza
.
Obiettivo
:
ripulire
la
periferia
più
inquinata
dal
sottogoverno
.
In
quattro
mesi
i
discussi
dirigenti
di
sette
federazioni
sono
stati
destituiti
e
al
loro
posto
è
stato
nominato
un
commissario
.
Fra
qualche
mese
analoghi
provvedimenti
colpiranno
altre
sei
federazioni
.
Quasi
dovunque
sono
stati
inviati
ispettori
per
controllare
il
tesseramento
,
artefatto
soprattutto
in
Calabria
e
in
Sicilia
.
A
Salerno
,
feudo
del
deputato
manciniano
Enrico
Quaranta
,
il
commissario
Raffaele
Delfino
ha
cominciato
col
far
pagare
le
quote
di
finanziamento
obbligatorio
al
partito
,
sinora
evase
,
a
sindaci
,
consiglieri
comunali
,
amministratori
di
enti
pubblici
,
riuscendo
a
raccogliere
,
in
pochi
giorni
,
14
milioni
.
Lo
sforzo
di
Craxi
e
della
maggioranza
che
lo
sostiene
è
anche
diretto
a
riorganizzare
il
partito
secondo
nuovi
schemi
:
minor
accentramento
,
maggior
responsabilità
alle
federazioni
,
divisione
dell
'
attività
di
partito
in
quattro
collettivi
di
lavoro
(
economia
,
cultura
,
organizzazione
,
diritti
civili
)
,
istituzione
di
una
Scuola
di
partito
e
di
centri
di
formazione
dei
quadri
,
alcuni
dei
quali
autogestiti
dalla
base
.
In
alcune
federazioni
i
corsi
sono
già
cominciati
,
in
altri
(
Pavia
,
per
esempio
)
i
congressi
di
sezione
sono
stati
trasformati
in
lezioni
di
tipo
quasi
universitario
di
politica
e
di
economia
.
«
Il
20
giugno
ci
ha
fatto
capire
»
dice
il
senatore
calabrese
Sisinio
Zito
,
condirettore
di
«
Mondo
operaio
»
,
la
rivista
ideologica
del
PSI
«
che
gli
sbandamenti
politici
sono
stati
anche
una
conseguenza
di
un
modo
di
far
politica
strozzato
e
verticistico
»
.
Uno
degli
strumenti
principali
di
educazione
e
formazione
dei
quadri
sarà
l
'
«
Avanti
!
»
,
il
quotidiano
del
PSI
che
col
nuovo
anno
cambierà
aspetto
(
uscirà
formato
tabloid
)
e
contenuti
.
Secondo
la
direzione
,
dovrebbe
servire
a
sviluppare
il
dibattito
politico
attorno
alle
tesi
del
partito
.
Dietro
a
tutte
queste
iniziative
,
il
Centro
studi
,
guidato
da
Covatta
,
strumento
per
la
delicata
operazione
di
identificazione
e
di
recupero
dell
'
area
socialista
.
Insieme
con
Covatta
lavorano
studiosi
come
Stefano
Rodotà
,
Giuseppe
Tamburrano
,
Massimo
Teodori
,
Ruggero
Orfei
,
Gino
Giugni
,
Giorgio
Ruffolo
,
nel
tentativo
di
allacciare
contatti
con
la
nuova
realtà
di
base
,
i
consigli
di
quartiere
,
di
fabbrica
,
di
scuola
,
i
partiti
laici
minori
,
i
radicali
(
a
Genova
,
Bologna
,
Pavia
,
PSI
e
PR
hanno
già
cominciato
a
lavorare
insieme
,
con
la
prospettiva
di
liste
comuni
alle
prossime
elezioni
)
.
Il
modello
è
soprattutto
il
Partito
socialista
francese
di
François
Mitterrand
,
un
partito
che
dopo
anni
di
crisi
è
riuscito
a
passare
dal5
al
27%
.
Secondo
i
socialisti
italiani
tra
i
due
partiti
esistono
alcune
differenze
fondamentali
:
«
Il
PSF
è
cresciuto
anche
con
l
'
appoggio
dei
club
politico
-
culturali
,
esperienze
ben
radicate
nella
storia
francese
,
ma
di
poca
consistenza
in
quella
italiana
»
ricorda
Enrico
Manca
,
membro
della
direzione
del
PSI
.
«
Inoltre
venne
spinto
verso
l
'
alleanza
delle
sinistre
dal
gollismo
,
un
'
esperienza
irripetibile
in
Italia
»
.
Ma
ci
possono
essere
strette
rassomiglianze
.
«
Identificazione
di
un
ruolo
specifico
e
autonomo
del
PSI
,
né
subalterno
al
PCI
e
alla
DC
né
interprete
di
una
terza
forza
di
tipo
anticomunista
»
spiega
Aldo
Aniasi
,
«
rapporto
con
le
masse
dei
lavoratori
cattolici
che
in
Francia
hanno
contribuito
al
successo
di
Mitterrand
.
Un
fenomeno
che
potrebbe
ripetersi
anche
in
Italia
»
.
Superato
l
'
anticlericalismo
di
stampo
ottocentesco
,
í
socialisti
sono
oggi
sempre
più
attenti
al
recupero
della
sinistra
CISL
e
dei
militanti
aclisti
.
«
Oggi
nella
federazione
bolognese
del
PSI
»
dice
Gabriele
Gherardi
,
ex
direttore
della
rivista
cattolica
«
Il
Regno
»
,
responsabile
della
commissione
culturale
del
PSI
a
Bologna
«
ci
sono
almeno
15
quadri
di
partito
di
un
certo
rilievo
che
sono
cattolici
.
Forse
molti
non
lo
sanno
,
perché
il
PSI
non
ha
mai
esibito
i
suoi
voti
cattolici
.
Non
li
ha
mai
strumentalizzati
,
come
è
successo
invece
in
altri
partiti
»
.
Le
nuove
posizioni
del
Partito
socialista
sono
state
valutate
positivamente
dal
PCI
.
«
Con
le
loro
posizioni
»
ha
scritto
Achille
Occhetto
,
segretario
regionale
della
Sicilia
,
sull
'
«
Unità
»
del
21
novembre
,
«
i
compagni
socialisti
dimostrano
di
voler
concorrere
in
modo
unitario
alla
definizione
positiva
di
un
nuovo
quadro
politico
.
Si
tratta
indubbiamente
di
una
rilevante
novità
»
.
A
questo
riavvicinamento
fra
i
due
partiti
,
nonostante
gli
attriti
e
le
polemiche
che
continuano
in
periferia
(
in
Lombardia
,
in
Umbria
,
in
Emilia
Romagna
,
dove
i
socialisti
mal
sopportano
l
'
egemonia
comunista
nelle
giunte
locali
e
la
linea
del
compromesso
storico
.
«
Sono
stufo
di
vedere
Zangheri
cantare
la
serenata
alla
DC
»
dice
Vito
Germinario
,
capogruppo
del
PSI
a
Bologna
)
,
i
dirigenti
del
PSI
danno
due
spiegazioni
:
maggiore
credibilità
di
Craxi
in
via
delle
Botteghe
Oscure
e
desiderio
da
parte
dei
comunisti
di
trovare
nel
PSI
un
sostegno
in
un
momento
difficile
anche
per
loro
e
per
il
paese
.
«
Ma
avvicinamento
non
vuoi
dire
confusione
di
ruoli
»
avverte
Manca
.
«
Mai
come
oggi
siamo
stati
così
distanti
dal
PCI
sul
problema
della
fusione
fra
i
due
partiti
e
così
vicini
rispetto
agli
obiettivi
da
raggiungere
»
.
StampaPeriodica ,
Chiedo
scusa
al
lettore
,
ma
per
una
volta
devo
cominciare
parlando
di
me
.
Sono
nato
a
Beirut
(
da
una
famiglia
ebraica
)
e
,
benché
risieda
in
Italia
fin
dalla
più
tenera
infanzia
,
il
nome
straniero
accompagnato
sui
documenti
d
'
identità
all
'
indicazione
di
quella
città
insanguinata
procura
immancabilmente
-
quando
io
li
debba
mostrare
ad
un
qualche
controllo
-
istintivi
sospetti
,
soste
prolungate
,
accurate
ispezioni
.
Per
una
volta
,
dunque
,
ho
utilizzato
il
mio
nome
e
il
mio
scomodo
luogo
di
nascita
a
un
utile
scopo
:
percorrere
l
'
Italia
(
Razzista
?
Spaventata
?
Generosa
?
Ospitale
?
)
lungo
l
'
itinerario
tipico
di
un
immigrato
clandestino
,
con
la
barba
lunga
ed
un
abbigliamento
adatto
.
È
una
striscia
di
mare
da
niente
,
solo
138
chilometri
,
ma
divide
il
Sud
dal
Nord
del
mondo
,
e
attraversarla
dalla
Tunisia
alla
Sicilia
è
un
po
'
come
passare
il
Rio
Grande
a
El
Paso
,
dal
Messico
al
Texas
.
Fra
qualche
settimana
Roma
imporrà
il
visto
-
e
allora
bisognerà
pagare
caro
i
pescherecci
disponibili
al
trasbordo
clandestino
-
ma
per
ora
lo
sbarco
a
Trapani
o
a
Palermo
richiede
in
tutto
poco
meno
di
cinquantamila
lire
per
il
biglietto
.
Basta
un
'
occhiata
veloce
al
registro
dei
ricercati
e
degli
indesiderabili
,
poi
il
timbro
d
'
ingresso
arriva
puntuale
sull
'
ennesimo
passaporto
tunisino
,
algerino
,
marocchino
.
Molti
marocchini
da
Trapani
prenderanno
il
pullman
per
Palermo
,
sperando
di
trovare
un
letto
al
loro
solito
albergo
Diana
di
via
Roma
e
ritirando
subito
i
primi
accendini
,
orologi
,
tappeti
dai
grossisti
di
via
Bandiera
,
quelli
che
in
pegno
ti
chiedono
il
passaporto
.
Quasi
tutti
i
tunisini
,
invece
,
cercheranno
di
rendere
meno
brusco
il
trapasso
andando
col
treno
a
far
sosta
nella
loro
colonia
di
Mazara
del
Vallo
.
Li
seguo
.
Penetro
le
viuzze
dietro
al
porto
dei
pescherecci
e
incontro
suor
Margherita
Fortuna
,
una
fiorentina
che
si
sforza
di
aiutare
gli
stranieri
clandestini
almeno
quando
sono
vecchi
o
malati
.
«
Sorella
,
non
c
'
è
un
centro
di
prima
accoglienza
,
un
dormitorio
?
»
«
Non
c
'
è
niente
,
bisogna
arrangiarsi
con
l
'
ospitalità
degli
altri
cinquemila
tunisini
già
entrati
nelle
case
abbandonate
o
affittate
dagli
italiani
.
»
«
Neanche
una
pensione
?
»
«
Una
volta
a
chi
arrivava
qui
senza
parenti
,
consigliavo
le
camere
di
una
signora
,
in
fondo
a
via
Giotto
.
Ma
poi
ci
ho
litigato
,
ammucchiava
la
gente
come
bestie
su
due
piani
abusivi
senza
vetri
e
senza
porte
,
gli
diceva
di
procurarsi
da
sé
brandine
e
pagliericci
e
per
giunta
si
lamentava
che
erano
sporchi
e
le
distruggevano
la
casa
.
»
Vado
in
via
Giotto
la
sera
di
lunedì
13
gennaio
e
trovo
uno
stabile
piuttosto
nuovo
,
anonimo
,
senza
insegne
,
lontano
dalle
case
fatiscenti
e
terremotate
della
vecchia
casbah
.
Sotto
il
portone
due
ragazzi
arabi
mi
confermano
che
lì
si
fa
pensione
e
che
la
proprietaria
è
una
vedova
energica
e
robusta
,
la
signora
Roccafiorita
.
Con
me
non
perde
tempo
:
«
Via
,
via
,
di
questi
tempi
non
ci
si
può
fidare
,
qui
siamo
tutti
parenti
,
prendo
solo
gente
conosciuta
»
.
Il
giorno
dopo
,
quando
riuscirò
a
entrarci
grazie
ai
buoni
uffici
di
un
vecchio
residente
,
troveranno
conferma
le
peggiori
descrizioni
della
suora
,
e
la
vedova
mostrerà
con
disappunto
l
'
ultimo
piano
diroccato
che
ora
tiene
vuoto
,
ma
che
vorrebbe
affittare
ad
una
famiglia
tunisina
con
donne
al
seguito
:
«
Gli
uomini
soli
bevono
,
litigano
,
si
picchiano
e
sfasciano
tutto
»
.
Intanto
lo
spilungone
dall
'
aria
molto
derelitta
e
dalla
pelle
molto
scura
che
mi
riaccompagna
verso
il
molo
giura
che
quella
lì
è
un
'
ottima
pensione
,
quasi
di
lusso
,
roba
da
diecimila
lire
a
notte
,
secondo
lui
.
In
quanti
per
stanza
?
Cinque
o
sei
,
ma
solo
di
nazionalità
tunisina
.
È
gentile
,
per
consolarmi
mi
offre
di
andare
a
dormire
nella
sua
stanza
dietro
al
porto
,
ma
-
lo
confesso
-
sono
impedito
dal
suo
indelebile
,
nauseabondo
odore
di
stiva
di
peschereccio
,
là
dove
forse
si
sbudellano
i
pesci
da
surgelare
.
Se
anche
questo
è
razzismo
,
ne
sarò
subito
punito
:
per
sbaglio
una
donna
mi
rovescia
addosso
sul
molo
l
'
acqua
in
cui
stavano
a
bagno
i
suoi
pesci
morti
.
Ora
la
mia
somiglianza
con
gli
immigrati
è
ancora
più
completa
.
Martedì
sera
,
14
gennaio
,
il
circolo
dei
biliardini
è
stranamente
meno
affollato
del
solito
.
«
Molti
ragazzi
preferiscono
non
rischiare
.
Sanno
che
la
nave
per
Tunisi
parte
il
mercoledì
,
e
dunque
se
la
polizia
ha
l
'
ordine
di
espellere
un
po
'
di
gente
viene
qui
a
fare
la
retata
una
sera
prima
»
mi
spiegano
.
Mohamed
Bazine
,
il
gestore
,
si
fa
chiamare
Roberto
e
mi
dà
buoni
consigli
.
Evitare
l
'
inutile
passeggio
lungo
il
molo
perché
tanto
sui
400
pescherecci
trovano
lavoro
solo
i
più
robusti
e
sperimentati
.
Meglio
provare
a
vendersi
la
mattina
presto
di
fronte
al
tabaccaio
di
Porta
Palermo
oppure
sulla
piazza
di
Campobello
per
una
giornata
di
lavoro
in
campagna
,
anche
se
non
è
la
stagione
migliore
.
A
meno
che
uno
abbia
la
forza
di
andare
a
tagliare
e
caricare
«
cantuni
»
,
cioè
massi
di
tufo
,
nelle
«
perriere
»
,
le
cave
tra
Marsala
e
Mazara
(
«
quelli
sono
come
gli
schiavi
»
mi
aveva
però
avvertito
suor
Margherita
,
pensando
agli
stranieri
che
poi
si
fermano
a
dormire
lì
di
fianco
alle
cave
,
nelle
grotte
o
nei
ruderi
di
muratura
)
.
«
Schiavi
?
Perché
offenderli
?
»
si
inquieta
Roberto
.
«
Nessuna
vita
è
schifosa
,
se
uno
se
la
sceglie
,
e
loro
,
soli
,
senza
famiglia
,
scelgono
di
risparmiare
.
Dormono
sulla
paglia
,
è
vero
,
col
tetto
aperto
,
ma
hanno
le
coperte
e
quindi
non
soffrono
il
freddo
.
»
L
'
indomani
un
nuovo
amico
,
Habib
,
mi
accompagnerà
a
Santo
Padre
delle
perriere
,
dove
la
terra
è
piena
di
buchi
come
una
gruviera
.
I
neri
,
sotto
l
'
occhio
vigile
dei
loro
padroncini
,
ne
scavano
le
pareti
con
la
sega
elettrica
fino
a
tagliare
dei
«
cantuni
»
da
costruzione
perfettamente
regolari
.
Poi
bisogna
sollevarli
con
delicatezza
uno
a
uno
(
pesano
decine
di
chili
)
,
levigarli
e
caricarli
a
mano
.
Si
lavora
dieci
ore
al
giorno
,
si
possono
guadagnare
duecentomila
lire
alla
settimana
.
Il
massimo
,
per
uno
straniero
.
Intanto
la
nostra
discussione
ha
attirato
Ayed
,
un
ragazzo
dalla
pelle
chiara
,
detto
Maradona
per
via
della
sua
pettinatura
.
Suo
cugino
è
in
mare
col
peschereccio
,
se
voglio
per
stanotte
c
'
è
un
letto
libero
,
all
'
ultimo
portone
di
via
Guido
Cavalcanti
.
«
Gheddafi
?
Chiddu
non
mi
piace
,
chiddu
tiniri
i
fimmine
divisi
dalli
masculi
...
»
Ayed
-
Maradona
,
aiuto
-
cuoco
in
un
ristorante
di
Marsala
,
ha
imparato
a
parlare
il
dialetto
ma
non
l
'
italiano
.
È
un
giovanotto
fortunato
,
Ayed
.
Il
suo
padrone
gli
passa
600
mila
lire
al
mese
,
d
'
estate
qualche
volta
lo
porta
con
la
Bmw
in
una
discoteca
di
Trapani
,
poi
lo
fa
dormire
nella
cucina
del
ristorante
.
In
cambio
,
se
arriva
l
'
ispezione
della
polizia
,
Ayed
dichiara
di
essere
solo
un
amico
.
Abita
in
una
casa
di
recente
costruzione
,
di
quelle
mai
del
tutto
completate
eppure
già
degradate
.
Nessun
armadio
,
pochi
indumenti
di
ricambio
appesi
al
muro
.
La
finestra
con
il
vetro
rotto
,
la
lampadina
nuda
che
pende
dal
soffitto
,
il
vecchio
frigorifero
arrugginito
.
Spoglio
più
ancora
di
una
cella
carceraria
,
è
un
dormitorio
occasionale
al
punto
che
Ayed
non
ha
un
giaciglio
suo
abituale
,
ma
sceglie
a
caso
fra
le
quattro
brandine
notte
per
notte
.
Notti
animate
da
arrivi
improvvisi
,
chiacchiere
e
risate
fino
alle
ore
piccole
quando
i
primi
cominciano
ad
alzarsi
per
cercare
«
servizio
»
.
E
poi
magari
il
rumore
di
un
sasso
lanciato
sulla
tapparella
:
allora
si
sbircia
per
controllare
chi
cerca
un
letto
nel
cuore
della
notte
e
se
è
una
persona
sgradita
si
fa
finta
che
non
ci
sia
nessuno
.
L
'
odore
di
fogna
che
viene
dalle
tubature
del
cesso
impregna
tutta
la
casa
.
Meglio
coricarsi
,
vestiti
e
con
le
coperte
fin
sulla
testa
a
proteggersi
dal
freddo
.
Domattina
sveglia
alle
cinque
e
mezza
per
cercare
«
servizio
»
.
Mercoledì
15
gennaio
,
prima
dell
'
alba
.
Ci
si
vende
sulla
piazza
di
Campobello
,
la
frazione
agricola
di
Mazara
,
sotto
il
cartello
dell
'
Agip
,
di
fianco
alla
locandina
dell
'
ennesimo
cinema
porno
oppure
di
fronte
,
dove
c
'
è
l
'
ingresso
della
Cassa
Rurale
.
Saremo
una
ventina
,
dritti
,
immobili
e
silenziosi
come
prostitute
.
Sto
con
alcuni
ragazzi
che
ho
visto
la
sera
prima
al
circolo
,
hanno
tutti
l
'
alito
inacidito
dal
vino
bevuto
di
prima
mattina
.
Io
preferisco
il
cappuccino
,
ma
quando
la
padrona
del
bar
Mericaff
si
accorge
che
sono
un
italiano
subito
si
sfoga
:
«
Io
ho
paura
,
non
se
ne
può
più
,
se
Iddio
facesse
la
grazia
di
lasciarcene
solo
qualcuno
di
quelli
bravi
,
selezionati
e
si
portasse
via
tutti
gli
altri
!
Questi
si
ubriacano
tutto
il
tempo
,
hanno
violentato
una
ragazza
»
.
«
Davvero
?
Qui
a
Campobello
?
»
«
No
,
a
Castelvetrano
,
ma
può
sempre
succedere
.
Non
sono
razzista
,
anch
'
io
sono
emigrata
in
Svizzera
e
però
lì
erano
duri
,
chi
sgarrava
veniva
sbattuto
via
.
»
Torno
sul
marciapiede
.
Una
131
che
ne
prende
su
tre
caricherebbe
anche
me
.
«
Quanto
?
»
«
Ventimila
come
tutti
gli
altri
,
è
un
lavoro
leggero
,
c
'
è
solo
da
potare
la
vite
.
»
«
No
,
è
poco
,
non
mi
va
»
.
E
gli
altri
si
voltano
stupiti
di
questa
rivolta
,
mentre
l
'
autista
neanche
mi
risponde
e
dà
un
'
accelerata
col
suo
carico
umano
infreddolito
.
A
chi
non
ci
sta
,
resta
una
sola
alternativa
:
salire
su
un
treno
ed
emigrare
ancora
più
a
nord
.
Ci
vogliono
più
di
venti
ore
di
viaggio
per
arrivare
a
Roma
,
capitale
dell
'
immigrazione
clandestina
(
con
i
suoi
presunti
centomila
irregolari
)
,
città
che
la
strage
di
Fiumicino
ha
reso
ostile
nei
confronti
di
chi
ha
la
pelle
nera
od
olivastra
e
che
comunque
non
è
più
da
tempo
in
grado
di
dare
lavoro
.
Chi
,
come
me
,
la
considera
solo
una
tappa
del
viaggio
verso
nord
,
non
può
che
mantenersi
a
ridosso
di
quell
'
epicentro
della
disperazione
che
è
la
stazione
Termini
.
Saremo
in
un
centinaio
a
dover
passare
la
notte
,
fortunatamente
tiepida
,
alla
stazione
.
Quasi
tutti
arabi
e
neri
,
ricomparsi
alla
spicciolata
nell
'
atrio
della
biglietteria
dopo
che
si
è
allontanata
la
speciale
roulotte
di
sorveglianza
piazzata
lì
di
fronte
dalla
polizia
.
Ma
alle
ventitré
i
barboni
italiani
,
sicuri
di
non
venir
più
disturbati
,
ed
esperti
conoscitori
di
ogni
anfratto
,
hanno
già
occupato
i
posti
migliori
.
In
via
Giolitti
,
quella
dell
'
air
terminal
,
hanno
trovato
degli
ottimi
cartoni
semi
-
nuovi
con
su
scritto
«
Fragile
»
.
A
vederli
si
direbbe
che
lì
dentro
non
c
'
è
nessuno
,
non
fosse
che
per
un
piede
che
spunta
.
Sull
'
altro
lato
,
invece
,
in
via
Marsala
,
gli
ambitissimi
balconcini
con
le
grate
di
aerazione
che
soffiavano
aria
calda
sono
stati
da
tempo
carognescamente
bloccati
con
obliqui
coperchi
di
lamiera
,
per
cui
nemmeno
un
equilibrista
ci
si
potrebbe
distendere
più
.
Restano
dunque
i
pur
sempre
comodi
sedili
di
plastica
dell
'
atrio
,
che
oltretutto
sono
al
chiuso
,
su
cui
accartocciarsi
,
magari
tirandosi
sulla
testa
un
maglione
a
collo
alto
fino
a
nasconderla
completamente
.
Di
fronte
ho
una
vecchia
eritrea
senza
calze
,
con
i
capelli
candidi
,
licenziata
l
'
anno
scorso
da
colf
.
Di
fianco
un
ragazzo
tunisino
che
domani
vuole
continuare
il
viaggio
,
non
sa
neppure
bene
lui
per
dove
,
e
quindi
trova
stupido
spendere
i
soldi
per
una
pensione
.
Siamo
tutti
disturbati
da
un
algerino
alto
e
robusto
che
non
smette
un
attimo
di
offrirci
sigarette
,
passeggia
con
la
bottiglia
in
mano
,
grida
in
un
miscuglio
di
francese
,
arabo
e
italiano
,
sputa
dappertutto
.
Sarà
la
nostra
colonna
sonora
molto
a
lungo
.
Ma
intanto
,
all
'
una
meno
dieci
,
i
primi
appisolamenti
sono
bruscamente
interrotti
da
un
ferroviere
che
si
mette
a
gridare
«
Fuori
!
»
,
«
Closed
»
.
Così
,
all
'
aperto
,
ricomincia
un
brulichio
umano
disperato
.
Si
tratta
di
resistere
tre
ore
:
alle
quattro
la
stazione
riapre
.
Ma
sono
le
ore
della
disperazione
,
è
qui
che
-
in
caso
di
freddo
e
pioggia
-
si
organizzano
le
comitive
per
cercare
rifugio
in
qualche
vagone
.
Passeggio
per
piazza
dei
Cinquecento
,
incontro
i
primi
omosessuali
che
vengono
fin
sotto
la
vetrata
di
Termini
,
là
dove
c
'
è
il
posteggio
dei
taxi
,
a
rimorchiare
con
sguardi
disperati
i
ragazzi
arabi
desiderosi
di
un
letto
purchessia
.
Davanti
al
tabaccaio
di
turno
,
urto
per
sbaglio
un
tipo
grande
e
grosso
:
«
Sta
'
attento
,
mao
mao
!
»
impreca
.
Quando
un
poliziotto
sardo
delle
tante
pattuglie
che
ronzano
per
la
piazza
mi
ferma
e
m
'
identifica
,
ricevo
la
seguente
spiegazione
:
«
È
ovvio
che
nella
sorveglianza
se
si
deve
chiudere
un
occhio
è
per
il
vecchietto
italiano
che
dorme
,
poverino
.
Per
gli
stranieri
invece
è
diverso
,
con
tutti
i
casini
che
stanno
facendo
di
questi
tempi
»
.
Alle
tre
siamo
quasi
tutti
accucciati
sotto
la
tettoia
,
anzi
,
chissà
come
,
stiamo
aumentando
di
numero
.
Le
grida
gutturali
dell
'
ubriaco
non
si
spengono
mai
.
Lui
,
un
posto
per
dormire
le
prossime
sere
l
'
ha
trovato
poco
più
tardi
,
quando
,
chissà
perché
,
s
'
è
avventato
su
uno
qualunque
dei
tanti
mucchi
di
cartone
e
ha
preso
a
calci
in
testa
un
barbone
italiano
.
Le
pantere
della
polizia
se
lo
sono
portato
via
,
insieme
a
un
distributore
di
giornali
che
farà
da
testimone
e
al
barbone
tutto
insanguinato
.
Ora
c
'
è
più
silenzio
.
L
'
ufficio
stranieri
della
questura
di
Milano
per
fortuna
non
richiede
le
famigerate
file
dalle
cinque
del
mattino
necessarie
a
Roma
.
Ma
pure
in
questi
giorni
vi
si
coglie
il
nervosismo
tipico
dei
reparti
sotto
pressione
.
Sento
protestare
nella
stanza
accanto
:
«
Ma
chi
è
che
ci
dà
certe
segnalazioni
?
Siamo
andati
in
quattro
pantere
a
piazza
Aspromonte
per
trovarci
solo
uno
jugoslavo
e
un
altro
straniero
segnato
sul
registro
.
Questo
è
spreco
!
»
.
C
'
è
chi
dice
che
dopo
la
strage
di
Fiumicino
le
espulsioni
di
stranieri
irregolari
sono
già
state
duemila
in
tutta
Italia
,
di
certo
solo
a
Milano
si
firmano
cinquemila
fogli
di
via
all
'
anno
(
ma
sono
quasi
tutti
solo
dei
pezzi
di
carta
:
se
non
viene
proprio
espulso
-
a
spese
dello
Stato
-
lo
straniero
mica
se
ne
va
)
.
Si
avverte
la
polemica
con
la
Curia
che
protegge
i
clandestini
:
«
Dandogli
da
dormire
anche
se
sono
fuorilegge
credono
di
aiutarli
,
e
invece
aiutano
chi
li
sfrutta
»
.
C
'
è
un
fondo
di
verità
anche
in
questi
discorsi
poco
pietosi
:
se
per
strada
forse
non
ho
incontrato
il
razzismo
classico
dei
tedeschi
e
dei
francesi
,
non
ci
sarà
invece
una
certa
predisposizione
allo
schiavismo
,
a
far
soldi
con
disinvoltura
sulla
disperazione
altrui
?
Me
lo
chiedo
dopo
essere
sceso
con
molti
altri
marocchini
dal
tram
33
davanti
alla
SOCOR
di
via
Morgagni
,
nei
pressi
della
casbah
di
Porta
Venezia
.
I
gestori
napoletani
buttano
a
piene
mani
sul
banco
orologi
,
pinze
per
batterie
,
calcolatorini
,
portachiavi
sonori
,
qualche
sveglia
...
I
marocchini
scelgono
con
una
cura
che
appare
patetica
,
visto
che
poi
tanto
riusciranno
a
vendere
quasi
solo
accendini
.
Dopo
che
hanno
chiuso
l
'
albergo
Nazionale
-
quello
la
cui
proprietaria
sequestrava
i
passaporti
dei
debitori
-
a
Sesto
San
Giovanni
mi
hanno
consigliato
l
'
alloggio
Il
Ponte
,
vicolo
Baldanza
.
Ma
il
proprietario
è
secco
:
«
Niente
stranieri
,
non
ne
prendo
più
.
Mi
dispiace
,
ci
saranno
anche
dei
bravi
ragazzi
,
ma
litigano
e
poi
danno
rogne
»
.
Dice
solo
una
mezza
verità
,
perché
lui
gli
stranieri
li
ha
cacciati
,
sì
,
quasi
tutti
,
meno
Franco
,
camera
numero
3
.
Franco
si
chiama
Busheib
Jakini
,
è
un
marocchino
di
Casablanca
senza
la
gamba
destra
che
cammina
per
Sesto
con
la
sua
stampella
arrugginita
,
e
che
da
anni
ogni
sera
gli
paga
14
mila
lire
di
pensione
.
Eppure
Franco
è
anche
un
fortunato
,
perché
lui
ormai
ha
il
suo
posto
di
vendita
fisso
alla
stazione
della
metropolitana
.
Vende
-
anzi
,
oggi
,
venerdì
17
gennaio
vendiamo
insieme
-
pullover
e
pantaloni
con
su
l
'
etichetta
di
Armani
o
Coveri
.
Il
prezzo
è
di
35
mila
lire
a
capo
,
a
meno
che
veda
un
poveretto
come
lui
,
e
allora
gli
fa
lo
sconto
.
Quando
ha
tolto
le
400
mila
e
più
della
pensione
,
di
lire
gliene
restano
appena
per
mangiare
.
Qualcuno
compra
per
amicizia
,
per
carità
.
Ma
non
adesso
,
che
sono
appena
passate
le
feste
.
Si
avvicina
un
giovanotto
dalla
giacca
a
vento
azzurra
:
«
Allora
Gheddafi
,
madonna
sei
proprio
identico
a
Gheddafi
,
non
ti
hanno
ancora
cacciato
via
?
»
.
«
Tu
parlare
sempre
fuori
posto
.
Gheddafi
ha
i
miliardi
,
io
non
ho
i
miliardi
.
»
«
Come
no
?
Chissà
perché
voi
marocchini
siete
come
gli
ebrei
,
avete
sempre
le
tasche
piene
di
questi
!
»
e
fa
il
segno
dei
quattrini
con
le
dita
,
mettendogli
l
'
altra
mano
sulla
spalla
.
Insiste
:
«
Ehi
,
Busheib
Jakini
,
dove
hai
messo
le
tue
quattordici
mogli
?
Non
sai
che
non
puoi
averne
più
di
quattro
,
che
se
no
ti
tagliano
il
"
zeb
"
?
E
cos
'
è
,
oggi
ti
sei
portato
l
'
amico
?
»
.
Ride
,
poi
timbra
il
biglietto
e
se
ne
va
.
«
Fa
così
tutti
i
giorni
,
due
volte
al
giorno
»
mi
confesserà
con
disagio
Franco
,
che
non
ha
altri
nemici
se
non
i
vigili
urbani
:
se
ti
sequestrano
la
merce
per
vendita
senza
licenza
,
con
quali
soldi
ne
comprerai
dell
'
altra
?
Per
questo
lui
,
che
è
mutilato
e
non
può
scappare
veloce
,
ha
scelto
í
pantaloni
al
posto
degli
accendini
.
Si
nascondono
in
valigia
molto
più
in
fretta
.
Al
mercato
di
Sesto
San
Giovanni
,
il
sabato
mattina
,
funziona
invece
un
buon
servizio
di
vedetta
.
Appena
un
vigile
compare
in
lontananza
,
la
merce
si
nasconde
dietro
un
'
auto
in
sosta
.
Ad
ogni
potenziale
acquirente
,
poi
,
vibra
un
«
pregoo
»
che
suona
come
un
'
implorazione
.
Così
,
gli
accendini
e
i
ricambi
di
gas
vanno
discretamente
.
E
stasera
si
andrà
tutti
in
mezzo
alla
folla
di
corso
Buenos
Aires
:
«
Dove
c
'
è
ressa
comprano
più
facilmente
»
.
Già
,
se
non
altro
per
eliminare
il
disagio
di
un
marocchino
sempre
intorno
.
Questo
disagio
dei
passanti
,
pietoso
o
disgustato
,
derivato
dal
contatto
con
una
realtà
sempre
più
invadente
oltreché
limitrofa
,
mi
appare
come
una
possibile
premessa
di
quel
nuovo
,
moderno
antisemitismo
,
che
del
semitismo
avversa
anche
il
ceppo
arabo
oltre
che
quello
ebraico
,
prendendo
le
distanze
da
un
mondo
considerato
inferiore
,
sporco
,
inquinante
.
«
Sì
,
qualche
volta
sono
stato
anche
da
fratel
Ettore
,
però
è
meglio
dormire
all
'
aperto
.
Lì
si
dorme
e
si
mangia
gratis
ma
c
'
è
della
brutta
gente
,
con
la
testa
mica
a
posto
»
mi
aveva
avvertito
Franco
.
Ma
la
sera
di
sabato
18
gennaio
vado
lo
stesso
in
via
Sammartini
,
proprio
sul
fondo
,
nel
ventre
oscuro
e
riparato
della
Stazione
Centrale
,
fra
sotterranei
e
binari
morti
,
là
dove
fratel
Ettore
,
a
differenza
di
quanto
accade
nel
dormitorio
comunale
di
viale
Ortles
,
non
chiede
agli
stranieri
se
hanno
il
permesso
di
soggiorno
.
C
'
è
una
specie
di
rete
di
pollaio
che
divide
i
barboni
buoni
da
quelli
cattivi
,
ubriachi
,
urlanti
.
Se
hai
l
'
aria
calma
,
gli
(
eroici
)
volontari
cattolici
aprono
con
cautela
un
lucchetto
e
ti
fanno
passare
.
Gli
altri
,
i
«
pericolosi
»
che
assediano
la
rete
,
ti
lanciano
sguardi
d
'
odio
e
alimentano
il
grande
falò
che
,
notte
dopo
notte
,
ha
rinsecchito
il
salice
piangente
sotto
cui
s
'
accovacciano
.
Vado
dentro
.
Sembra
una
caverna
,
questo
grande
archivolto
,
ex
rifugio
antiaereo
,
tappezzato
con
vari
spezzoni
di
linoleum
e
di
ondulex
,
con
sulla
destra
il
deposito
della
biancheria
sporca
,
sulla
sinistra
i
cessi
,
in
mezzo
i
tavoli
e
tutto
intorno
dei
divani
rimediati
chissà
dove
con
i
vecchi
che
ci
dormono
già
.
Questa
è
la
casa
dei
malati
di
mente
,
dei
vecchi
dalle
barbe
di
lunghezza
inverosimile
,
ma
soprattutto
degli
stranieri
annichiliti
dall
'
incapacità
di
vivere
.
C
'
è
l
'
egiziano
con
un
incredibile
orecchino
che
cerca
di
fregarmi
dalla
tasca
il
berretto
di
lana
.
Altri
si
disputano
una
sciarpa
per
la
notte
.
Un
tunisino
s
'
è
impietrito
davanti
alla
sala
dormitorio
,
con
un
sorriso
ebete
.
Ilsuo
amico
insiste
,
aspetta
che
entri
:
«
Ma
cosa
vuoi
?
Che
ti
spogli
io
?
Vuoi
dormire
in
piedi
?
»
.
Ma
quello
non
si
sposta
,
non
risponde
.
Già
per
due
sere
consecutive
sono
venuti
i
carabinieri
a
setacciare
gli
immigrati
clandestini
,
e
gli
ospiti
italiani
del
dormitorio
ne
sono
soddisfatti
:
«
Lo
vedi
quel
fazzoletto
nuovo
per
terra
?
Lo
ha
chiesto
uno
di
quelli
,
solo
che
non
sa
come
si
usa
e
lo
ha
subito
buttato
via
.
Cosa
credi
,
che
se
vado
a
chiederne
uno
io
me
lo
danno
,
il
fazzoletto
?
»
.
«
Io
facevo
il
cameriere
,
e
se
sono
finito
qui
è
perché
quelli
mi
hanno
rubato
il
lavoro
.
»
«
Si
vede
che
gli
italiani
ci
hanno
scritto
in
fronte
che
sanno
arrangiarsi
,
e
invece
gli
arabi
bisogna
aiutarli
.
»
«
Alla
Stazione
Centrale
da
quando
ci
sono
gli
stranieri
non
si
può
più
passare
la
notte
in
pace
,
ma
finalmente
la
polizia
ha
cominciato
a
beccarli
per
bene
!
»
Saremo
in
ottanta
,
nel
dormitorio
tappezzato
con
le
scritte
in
scotch
rosso
dei
dieci
comandamenti
,
quando
si
apre
una
porta
a
soffietto
e
appare
un
altare
ingenuamente
decorato
.
Non
so
se
sia
un
sacerdote
quello
strano
personaggio
,
piccolo
,
con
gli
occhi
a
mandorla
,
grembiule
blu
e
zuccotto
maghrebino
,
che
recita
in
mezzo
ai
clandestini
:
«
Al
termine
di
questo
giorno
rendiamo
grazie
a
Dio
per
quello
che
ci
ha
dato
»
.
StampaPeriodica ,
MAI
NELLA
STORIA
D
'
ITALIA
TANTO
potere
politico
si
è
concentrato
in
così
pochi
chilometri
quadrati
.
La
provincia
di
Avellino
sta
regalando
alla
patria
il
capo
del
governo
e
il
capo
del
maggiore
partito
:
Ciriaco
De
Mita
;
il
numero
due
del
maggiore
partito
,
Giuseppe
Gargani
;
il
capo
della
regione
più
importante
,
Enrico
De
Mita
,
presidente
del
Consiglio
regionale
della
Lombardia
;
il
capo
della
Rai
,
Biagio
Agnes
;
il
capo
dei
senatori
del
partito
di
maggioranza
,
Nicola
Mancino
;
il
vicepresidente
vicario
della
Camera
,
Gerardo
Bianco
;
un
potente
senatore
,
già
ministro
per
il
Mezzogiorno
,
Salverino
De
Vito
;
un
altro
senatore
,
autorevole
membro
della
direzione
del
maggiore
partito
,
Ortensio
Zecchino
.
Irpini
ad
honorem
per
contiguità
geografica
sono
altresì
il
portavoce
unico
del
partito
di
maggioranza
,
Clemente
Mastella
,
nonché
il
massimo
responsabile
dei
servizi
segreti
Angelo
Salma
.
Anche
il
direttore
de
L
'
Osservatore
Romano
,
Mario
Agnes
,
è
avellinese
.
Alcune
di
queste
cariche
si
assommano
nella
stessa
persona
,
altre
nella
stessa
famiglia
.
Il
quotidiano
di
Napoli
,
Il
Mattino
,
ha
rivelato
inoltre
,
domenica
11
dicembre
1988
,
che
la
Banca
popolare
d
'
Irpinia
-
di
cui
quasi
tutti
gli
eminenti
sopra
citati
sono
azionisti
-
sta
per
conquistare
la
leadership
sull
'
Italia
meridionale
.
Niente
male
,
per
una
provincia
che
non
arriva
a
500mila
abitanti
.
Nemmeno
Cavour
,
Francesco
Crispi
,
Giovanni
Giolitti
,
Benito
Mussolini
,
Alcide
De
Gasperi
,
Aldo
Moro
,
Bettino
Craxi
,
prima
di
Ciriaco
De
Mita
da
Nusco
,
avevano
mai
potuto
contare
su
una
squadra
così
imponente
di
conterranei
nei
posti
chiave
della
nazione
.
Cosicché
i
detrattori
di
De
Mita
parlano
adesso
di
"
clan
degli
avellinesi
"
,
mentre
i
suoi
ammiratori
si
compiacciono
per
l
'
inusitata
fertilità
dell
'
Irpinia
,
fino
a
ieri
oscura
e
povera
provincia
.
Siamo
andati
a
controllare
se
corrispondano
al
vero
alcune
maldicenze
.
Prima
fra
queste
,
che
i
63mila
miliardi
di
lire
stanziati
per
la
ricostruzione
in
Irpinia
del
1980
siano
troppi
e
malspesi
.
Poi
,
se
De
Mita
si
sia
arricchito
grazie
al
sisma
,
come
insinuano
i
comunisti
.
O
,
perlomeno
,
se
abbia
fatto
arricchire
parenti
e
amici
.
Certo
Nusco
non
è
meglio
collegata
oggi
al
resto
dell
'
Italia
di
quanto
lo
fosse
dieci
anni
fa
.
Di
treno
,
neanche
a
parlarne
:
non
solo
il
paesello
di
De
Mita
ma
Avellino
sono
pressoché
irraggiungibili
da
Napoli
in
ferrovia
,
a
meno
che
non
si
vogliano
spendere
giornate
per
percorrere
pochi
chilometri
.
La
caratteristica
dell
'
unica
ferrovia
irpina
è
avere
le
stazioni
piazzate
in
mezzo
al
nulla
,
a
vari
chilometri
di
distanza
dai
paesi
di
cui
pure
esibiscono
il
nome
.
In
corriera
la
situazione
non
migliora
:
le
2.500
lire
del
biglietto
Avellino
-
Nusco
garantiscono
solo
che
i
40
chilometri
del
tragitto
vengano
compiuti
in
circa
due
ore
.
Insomma
,
in
Irpinia
chi
non
ha
la
macchina
è
perduto
.
Per
fortuna
a
Nusco
il
visitatore
può
riposare
nel
nuovo
hotel
Colucci
,
tre
stelle
,
44
camere
.
Ammirando
dalla
terrazza
a
900
metri
di
altitudine
il
panorama
sul
massiccio
del
Vulture
,
i
monti
del
Matese
e
l
'
Appennino
Dauno
,
ci
consoliamo
per
il
freddo
(
nevica
già
da
metà
novembre
)
assaggiando
il
maiale
al
finocchietto
,
i
"
cicalucculi
"
,
ovvero
gli
gnocchi
,
nonché
il
leggendario
torrone
irpino
.
In
tutto
nell
'
hotel
ci
sono
due
ospiti
:
tecnici
romagnoli
per
la
zona
industriale
.
C
'
è
più
gente
d
'
estate
?
«
No
,
è
sempre
cose
>
,
risponde
il
proprietario
,
desolato
.
La
carenza
di
turisti
non
gli
ha
impedito
però
di
chiedere
un
contributo
di
13
miliardi
di
lire
per
la
ricostruzione
.
Oltre
al
contributo
a
fondo
perduto
del
75
per
cento
per
le
nuove
iniziative
industriali
(
l
'
aiuto
più
alto
mai
concesso
dopo
una
calamità
nel
mondo
occidentale
)
,
la
legge
pro
terremotati
provvede
anche
a
regalare
soldi
a
non
meglio
precisate
"
imprese
di
servizi
per
le
infrastrutture
"
alle
aree
industriali
.
Sui
tavoli
dell
'
Italtecna
(
il
consorzio
Iri
-
Italstat
,
quindi
Dc
,
che
dovrebbe
garantire
"
l
'
alta
vigilanza
sull
'
esecuzione
degli
interventi
"
)
è
così
piovuta
una
valanga
di
richieste
di
finanziamenti
per
alberghi
,
imprese
di
trasporti
e
perfino
per
un
centro
commerciale
per
la
vendita
di
prodotti
in
pelle
che
la
signora
Teresa
D
'
Argenio
sarebbe
lieta
di
aprire
in
Avellino
città
.
Una
città
dove
,
come
denuncia
Maurizio
Galasso
del
Wwf
,
dopo
il
terremoto
c
'
è
stata
una
rovinosa
speculazione
edilizia
:
«
E
adesso
vogliono
costruire
un
'
autostrada
che
funzionerà
da
tangenziale
per
arrivare
a
un
megacentro
commerciale
completato
da
tempo
ma
mai
aperto
.
Rovineranno
una
delle
ultime
aree
verdi
»
.
Naturalmente
,
tutto
il
fervore
economico
che
si
è
impossessato
dell
'
Irpinia
provoca
anche
benefici
indiretti
:
è
il
famoso
"
indotto
"
,
parola
magica
che
i
politici
locali
spiattellano
quando
si
fa
loro
presente
che
il
costo
per
ogni
posto
di
lavoro
creato
finora
è
di
2
miliardi
e
mezzo
di
lire
e
di
circa
un
miliardo
a
persona
.
Cifra
smentita
dal
responsabile
(
avellinese
)
dell
'
Ufficio
che
eroga
i
fondi
,
Elveno
Pastorelli
:
secondo
lui
il
costo
per
addetto
sarà
meno
di
300
milioni
di
lire
.
Ma
solo
quando
(
e
se
)
le
imprese
cominceranno
a
produrre
.
Per
ora
la
realtà
è
assai
più
preoccupante
:
«
Soldi
spesi
,
un
migliaio
di
miliardi
di
lire
.
Industrie
insediate
a
oggi
:
57
.
Posti
di
lavoro
:
380
,
invece
dei
3.500
promessi
.
Per
ottenere
il
costo
pro
capite
basta
fare
una
divisione
»
,
spiega
secco
Angelo
Giusto
,
responsabile
enti
locali
del
Pci
irpino
.
Il
quale
desume
i
suoi
dati
dalla
relazione
presentata
dallo
stesso
Pastorelli
al
Parlamento
nel
settembre
1988
,
e
aggiornata
al
luglio
1988
.
È
questa
,
ovvero
esiste
già
,
la
relazione
invocata
da
Bettino
Craxi
lunedì
12
dicembre
1988
al
posto
della
commissione
d
'
inchiesta
voluta
dalle
opposizioni
,
dal
Pli
e
accettata
perfino
dai
democristiani
.
E
l
'
indotto
?
Un
piccolo
esempio
è
il
dépliant
dell
'
hotel
Colucci
di
Nusco
,
stampato
dalla
Poligrafica
irpina
.
Questa
è
una
delle
14
industrie
che
si
sono
stabilite
nella
zona
industriale
di
Nusco
.
«
La
ricostruzione
è
stata
una
manna
»
,
spiega
Gerardo
Calabrese
,
il
proprietario
,
«
perché
prima
operavamo
già
qui
,
ma
ci
mancavano
le
infrastrutture
:
strade
,
telefoni
,
l
'
elettricità
andava
via
20
volte
al
giorno
.
Adesso
si
può
lavorare
»
.
LA
POLIGRAFICA
HA
28
DIPENDENTI
,
un
fatturato
di
circa
2
miliardi
di
lire
l
'
anno
,
e
ha
ricevuto
un
contributo
di
5
miliardi
e
mezzo
.
Accanto
c
'
è
la
Dielve
,
che
produce
vetro
ultraresistente
per
l
'
Enel
:
«
Abbiamo
iniziato
due
mesi
fa
,
abbiamo
70
dipendenti
»
,
dice
l
'
ingegner
Carmine
Tirri
.
Otto
miliardi
di
lire
li
ha
avuti
la
Dietalat
,
il
cui
stabilimento
scintilla
sotto
il
sole
di
fronte
a
un
prato
dove
pascolano
le
pecore
.
Questo
è
il
più
grosso
regalo
che
Calisto
Tanzi
,
il
padrone
della
Parmalat
e
di
Odeon
tv
,
abbia
fatto
al
suo
amico
Ciriaco
:
58
nuschesi
da
due
anni
sfornano
focaccine
e
pizze
.
Veramente
l
'
impegno
era
per
101
dipendenti
,
ma
la
legge
consente
che
il
70
per
cento
del
totale
possa
essere
raggiunto
nello
spazio
di
quattro
anni
.
«
E
adesso
»
,
annuncia
Sergio
Piccini
,
portavoce
della
Parmalat
,
«
con
il
lancio
della
tortafrutta
faremo
35
assunzioni
a
tempo
determinato
»
.
Un
regalo
ancora
più
grande
,
però
,
è
stato
Ciriaco
a
farlo
.
A
se
stesso
:
la
più
imponente
delle
otto
nuove
aree
industriali
in
provincia
di
Avellino
sarà
questa
di
Nusco
,
con
200
miliardi
di
lire
di
contributi
alle
14
aziende
(
che
promettono
a
pieno
regime
980
addetti
)
,
accompagnati
da
investimenti
in
superstrade
,
elettrodotti
,
acquedotti
.
Inoltre
sono
vicinissime
a
Nusco
anche
altre
due
aree
industriali
:
quelle
di
Sant
'
Angelo
dei
Lombardi
(
due
imprese
,
178
addetti
,
29
miliardi
di
lire
di
contributi
)
e
Morra
De
Sanctis
(
cinque
imprese
,
594
addetti
,
95
miliardi
di
lire
)
.
Guarda
caso
,
a
Morra
De
Sanctis
è
nato
Giuseppe
Gargani
,
53
anni
,
da
sempre
fedelissimo
di
De
Mita
,
presidente
della
commissione
Giustizia
alla
Camera
(
nel
1987
)
,
e
soprattutto
-
da
quando
in
aprile
Ciriaco
è
diventato
presidente
del
Consiglio
-
coordinatore
della
segreteria
Dc
.
Cioè
,
numero
due
del
partito
.
A
Morra
si
è
verificato
l
'
ormai
celebre
fiasco
della
Tormene
,
che
avrebbe
dovuto
produrre
barche
in
un
cantiere
piantato
in
mezzo
ad
aspre
montagne
.
Costo
per
il
contribuente
:
più
di
4
miliardi
di
lire
.
Ma
neanche
le
altre
tre
iniziative
(
Fisa
,
Flexplan
e
Teletecnica
)
hanno
avuto
sorte
migliore
:
nonostante
abbiano
ingoiato
16
miliardi
di
lire
di
contributi
,
rimangono
fantasmi
.
Allora
l
'
anno
scorso
è
intervenuta
,
provvidenziale
,
l
'
Aeritalia
di
Napoli
(
che
nella
lottizzazione
delle
Partecipazioni
statali
spetta
alla
Dc
)
,
la
quale
,
in
cambio
di
75
miliardi
di
lire
,
promette
di
creare
360
posti
di
lavoro
.
A
Sant
'
Angelo
dei
Lombardi
si
sono
installate
due
aziende
:
la
Ferrero
,
che
dà
lavoro
a
127
persone
(
contributo
:
24
miliardi
di
lire
)
e
la
Ifs
(
Industria
filtri
Sud
)
.
I
capannoni
di
quest
'
ultima
sono
terminati
,
perfetto
è
il
raccordo
stradale
:
peccato
che
non
ci
sia
alcun
segno
di
vita
.
La
Ferrero
,
invece
,
la
scorsa
settimana
si
è
assunta
anche
un
altro
incarico
molto
importante
perla
provincia
di
Avellino
:
sollecitata
dal
prefetto
Raffaele
Sbrescia
e
dalla
Coldiretti
,
si
è
impegnata
a
comprare
ben
ottantamila
quintali
di
nocciole
(
materia
prima
della
Nutella
)
dai
diecimila
contadini
irpini
che
negli
ultimi
due
anni
sono
stati
messi
in
crisi
dalla
concorrenza
turca
.
Così
,
grazie
alla
piemontese
Ferrero
,
gli
alberi
di
nocciole
irpini
non
saranno
tagliati
.
Un
'
altra
grande
industria
del
Nord
che
è
calata
in
provincia
di
Avellino
approfittando
dei
contributi
post
terremoto
è
l
'
altoatesina
Zuegg
.
Si
è
stabilita
nell
'
area
industriale
di
San
Mango
sul
Calore
,
vicina
,
questa
,
al
paese
di
Montefalcione
,
dove
è
nato
Nicola
Mancino
,
presidente
dei
senatori
de
da
quattro
anni
e
capogruppo
al
consiglio
comunale
di
Avellino
.
A
San
Mango
,
però
,
per
ora
tutto
tace
.
La
Zuegg
offre
solo
lavori
stagionali
ai
suoi
40
addetti
che
producono
marmellate
.
Ma
anche
le
altre
nove
industrie
non
sono
ancora
in
produzione
,
nonostante
i
129
miliardi
di
lire
di
finanziamenti
a
fondo
perduto
e
i
capannoni
che
sono
quasi
tutti
già
pronti
.
«
Inizieremo
l
'
attività
entro
la
fine
dell
'
anno
»
,
promette
Helmut
Kling
,
un
imprenditore
tedesco
che
ha
ricevuto
22
miliardi
di
lire
per
il
suo
calzaturificio
,
dove
dovrebbero
lavorare
200
persone
.
Il
problema
è
che
il
signor
Kling
ha
già
un
calzaturificio
a
Mercogliano
,
nella
zona
industriale
di
Avellino
.
Adesso
vorrebbe
che
una
cinquantina
dei
suoi
160
operai
di
Mercogliano
si
trasferissero
a
San
Mango
,
che
dista
30
chilometri
,
per
avviare
gli
impianti
.
I
sindacati
e
anche
il
sindaco
di
Mercogliano
lo
accusano
di
stare
preparando
la
chiusura
o
la
vendita
del
vecchio
impianto
,
per
trasferirsi
nel
nuovo
.
In
pratica
,
un
rinnovo
degli
impianti
a
spese
dello
Stato
.
Kling
nega
,
e
assicura
di
volersi
tenere
entrambi
gli
stabilimenti
.
Nella
zona
industriale
di
Lacedonia
il
caso
più
significativo
è
quello
della
Mulat
.
Siamo
nel
feudo
del
senatore
dc
Salverino
De
Vito
,
62
anni
,
non
rimpianto
ministro
per
il
Mezzogiorno
fino
all
'
anno
scorso
.
De
Vito
è
anche
sindaco
di
Bisaccia
,
comune
dove
nel
1987
c
'
erano
ancora
450
famiglie
in
container
.
Quattro
anni
fa
la
Mulat
,
un
'
azienda
che
impacchetta
latte
(
tedesco
:
quello
munto
dalle
vacche
locali
è
considerato
troppo
acido
)
,
ha
chiesto
e
ottenuto
20
miliardi
di
lire
promettendo
98
posti
di
lavoro
.
Ebbene
,
oggi
i
23
dipendenti
sono
in
cassa
integrazione
,
e
il
proprietario
vuole
chiudere
.
Il
proprietario
è
il
fratello
del
segretario
regionale
della
Dc
campana
,
l
'
avellinese
Antonio
Argenziano
.
Anzi
,
proprio
segretario
no
:
è
"
coordinatore
della
segreteria
"
,
in
attesa
che
l
'
attuale
segretario
,
il
senatore
Ortensio
Zecchino
di
Ariano
Irpino
(
demitiano
di
ferro
)
si
faccia
più
in
là
.
MA
ZECCHINO
TITUBA
,
NON
VUOLE
mollare
la
poltrona
:
meglio
il
partito
o
lo
Stato
?
E
allora
,
per
tener
calmo
lo
scalpitante
Argenziano
,
gli
regala
una
seconda
poltrona
:
consigliere
di
amministrazione
della
Usi
di
Ariano
Irpino
.
Non
è
finita
.
Argenziano
di
poltrone
ne
ha
quattro
.
È
anche
responsabile
enti
locali
della
Dc
di
Avellino
,
e
soprattutto
presidente
della
potente
Asi
(
Associazione
sviluppo
industriale
)
,
la
quale
vorrebbe
prendere
in
gestione
le
aree
industriali
.
Così
forse
potrà
fare
altri
favori
alla
Mulat
di
suo
fratello
.
Nel
turbinio
della
vita
politica
irpina
c
'
è
stata
la
nomina
del
socialista
Pasquale
Ferrara
a
vicepresidente
dellAsi
.
Lo
ha
messo
lì
non
il
Psi
,
ma
la
Dc
:
Ferrara
era
consigliere
comunale
di
Avellino
,
mala
prima
non
eletta
socialista
,
Enza
Battista
,
aveva
fatto
ricorso
per
brogli
.
Allora
il
capogruppo
dc
Mancino
,
piuttosto
che
rischiare
di
perdere
la
maggioranza
assoluta
conquistata
nel
1985
,
si
è
trasformato
in
paciere
per
le
liti
socialiste
:
ha
fatto
entrare
la
Battista
in
consiglio
comunale
tacitandola
,
e
ha
ricompensato
Ferrara
con
la
vicepresidenza
dell
'
Asi
.
Ecco
,
la
Dc
di
Avellino
è
una
macchina
così
oliata
e
perfetta
da
poter
risolvere
persino
le
liti
altrui
.
Ai
recalcitranti
promette
posti
,
gli
irriducibili
sono
emarginati
.
I
figli
e
i
giovani
,
se
fedeli
,
vengono
ricompensati
:
così
Biagio
Agnes
da
Serino
ha
assunto
al
suo
Tgl
Francesco
Pionati
,
figlio
dell
'
ex
sindaco
dc
di
Avellino
Giovanni
Pionati
,
nonché
Gigi
Marzullo
,
irpino
noto
più
come
accompagnatore
della
first
baby
Antonia
De
Mita
che
per
la
sua
attività
giornalistica
.
L
'
unico
ribelle
è
rimasto
Giuseppe
De
Mita
,
nipote
di
Ciriaco
.
La
sua
tremenda
colpa
?
Democristiano
,
ma
andreottiano
.
StampaPeriodica ,
Invece
di
mandargli
i
fiori
,
ho
fatto
stampare
5mila
manifesti
per
il
giorno
del
suo
funerale
.
Li
ho
fatti
stampare
con
la
fotografia
che
a
me
piace
di
più
,
e
con
una
delle
sue
poesie
che
a
me
sono
più
care
,
e
con
una
frase
che
mi
venne
spontanea
quando
seppi
che
lo
avevano
ammazzato
ma
ora
la
ripetono
tutti
come
uno
slogan
.
La
fotografia
è
quella
che
gli
scattarono
il
giorno
in
cui
fu
eletto
deputato
,
e
sorride
il
sorriso
di
un
bambino
felice
,
e
alza
il
pugno
in
segno
di
vittoria
.
La
poesia
è
quella
che
dice
:
«
Non
piangere
per
me
/
Sappi
che
muoio
/
Non
puoi
aiutarmi
/
Ma
guarda
quel
fiore
/
quello
che
appassisce
ti
dico
/
Annaffialo
»
.
La
frase
che
ora
tutti
ripetono
come
uno
slogan
è
questa
:
«
Nel
1968
Alessandro
Panagulis
fu
condannato
a
morte
perché
cercava
la
libertà
.
Nel
1976
Alessandro
Panagulis
è
morto
perché
cercava
la
verità
e
l
'
aveva
trovata
»
.
Tu
sai
di
quale
verità
sto
parlando
.
In
Grecia
lui
la
trovò
soprattutto
a
proposito
dell
'
Esa
e
delle
responsabilità
sulla
invasione
di
Cipro
.
Me
ne
parlò
subito
,
con
gli
occhi
che
gli
ridevano
di
gioia
fanciullesca
.
A
Roma
,
mi
pare
.
«
Altro
che
rapporto
Pike
,
altro
che
rapporto
Church
»
,
mi
disse
.
Erano
documenti
autografi
,
firmati
dagli
stessi
responsabili
.
«
Ma
come
li
userai
?
»
.
Rispose
:
«
Pubblicherò
un
settimanale
.
Il
primo
numero
avrà
in
copertina
la
lettera
autografa
del
personaggio
più
compromesso
.
Al
secondo
numero
mi
fermeranno
,
forse
.
Ma
ormai
avrò
fatto
sapere
l
'
essenziale
»
.
Per
un
mese
non
discutemmo
d
'
altro
.
Si
accorse
ben
presto
che
non
avrebbe
mai
trovato
quei
soldi
,
o
non
abbastanza
in
tempo
,
e
così
si
decise
a
dare
alcuni
documenti
a
Ta
Nea
,
un
quotidiano
di
Atene
.
Erano
i
documenti
meno
sensazionali
,
gli
hors
d
'
uvre
.
Suscitarono
lo
stesso
un
inferno
,
e
alla
sesta
puntata
Averoff
intervenne
:
la
magistratura
proibì
di
continuare
le
pubblicazioni
.
Averoff
:
il
ministro
della
Difesa
.
Il
suo
nemico
.
Mentre
la
pubblicazione
avveniva
,
Alekos
(
Panagulis
,
ndr
)
era
in
Italia
.
Arrivando
mi
aveva
detto
d
'
esser
venuto
per
scrivere
un
libro
.
Ma
io
avevo
capito
subito
che
la
ragione
era
un
'
altra
,
che
aveva
bisogno
di
stare
qualche
settimana
lontano
dalla
Grecia
dove
si
sentiva
in
pericolo
.
Non
gliene
chiesi
conferma
perché
sapevo
che
non
gli
piaceva
farmi
partecipe
di
certe
preoccupazioni
e
angosciarmi
.
Abitava
a
casa
mia
,
naturalmente
.
Ed
era
sempre
così
inquieto
.
Doveva
tornare
in
Grecia
dopo
30
giorni
.
Al
trentesimo
giorno
disse
:
«
Posso
rimandare
la
partenza
di
24
ore
»
.
Al
trentunesimo
giorno
disse
:
«
In
fondo
posso
rimandarla
anche
di
48»
.
Al
trentaduesimo
giorno
disse
:
«
Potrei
rimandarla
anche
d
'
una
settimana
»
.
E
allora
fui
certa
che
in
Grecia
stava
rischiando
davvero
la
vita
.
Ma
non
lo
pregai
di
restare
in
Italia
.
Era
una
di
quelle
creature
che
bisogna
lasciar
morire
se
hanno
deciso
di
morire
.
Perché
,
se
l
'
hanno
deciso
,
vuol
dire
che
è
giusto
così
.
Una
dura
lezione
che
avevo
imparato
quand
'
era
in
esilio
in
Italia
,
nel
1973
e
nel
1974
,
e
lottava
contro
i
colonnelli
.
Ogni
tanto
spariva
.
Andava
in
Grecia
,
grazie
a
un
passaporto
falso
.
Scendeva
all
'
aeroporto
di
Atene
,
con
quei
baffi
e
con
quella
pipa
che
lo
facevano
riconoscere
tra
mille
,
e
fieramente
passava
tra
le
maglie
della
polizia
,
sotto
gli
sguardi
di
coloro
che
volevano
ammazzarlo
.
Quando
lo
accompagnavo
all
'
aeroporto
,
non
mi
chiedevo
mai
se
sarebbe
tornato
.
Mi
limitavo
a
sperare
che
tornasse
.
Tornava
sempre
,
ridendo
.
No
,
in
certi
casi
anche
piangendo
.
Come
la
volta
in
cui
aveva
trovato
tutte
le
porte
chiuse
.
Gli
amici
che
ora
si
definiscono
tali
e
piangono
lacrime
di
coccodrillo
sfruttando
la
sua
morte
(
come
quel
Papandreu
che
egli
non
rispettava
)
non
gli
aprivano
dicendo
:
«
Ho
famiglia
»
.
Tornò
anche
dalla
Spagna
,
dov
'
era
andato
con
un
altro
passaporto
falso
per
aiutare
la
resistenza
contro
Franco
.
Tornava
sempre
.
E
questa
volta
non
è
tornato
.
Dovevamo
vederci
a
Roma
lo
stesso
giorno
in
cui
avverranno
i
suoi
funerali
.
A
Roma
avrebbe
portato
le
fotocopie
dei
documenti
,
per
metterli
al
sicuro
in
Europa
.
Alla
fine
di
aprile
lo
chiamai
ad
Atene
da
New
York
.
Gli
chiesi
:
«
Come
va
?
»
.
Rispose
:
«
Molto
male
»
.
«
Perché
?
»
.
«
Sono
molto
,
molto
triste
.
E
molto
,
molto
preoccupato
»
.
Per
divertirlo
gli
raccontai
che
i
fascisti
di
Imperia
mi
avevano
condannata
a
morte
.
Invece
non
si
divertì
.
Rispose
:
«
Anche
me
»
.
Replicai
,
tentando
dell
'
umorismo
:
«
I
fascisti
d
'
Imperia
?
!
»
.
E
lui
:
«
No
,
i
fascisti
di
qui
»
.
E
io
:
«
Per
i
documenti
?
»
.
«
Già
»
.
Da
New
York
lo
chiamai
di
nuovo
il
giorno
in
cui
partii
per
rientrare
in
Italia
.
Era
venerdì
30
aprile
,
poche
ore
prima
della
sua
morte
.
Il
suo
tono
era
strano
.
No
,
non
strano
.
Triste
.
No
,
non
triste
.
Rassegnato
.
Sussurrai
:
«
Stai
attento
»
.
E
con
quel
tono
triste
,
no
,
rassegnato
,
replicò
:
«
Tanto
,
se
vogliono
farlo
,
lo
fanno
»
.
L
'
indomani
mattina
ero
a
Roma
.
Pensai
di
avvertirlo
per
confermare
il
nostro
appuntamento
.
Allungai
la
mano
verso
il
telefono
e
,
prima
che
sollevassi
il
ricevitore
,
il
telefono
squillò
.
Era
l
'
ex
avvocato
di
Costantino
di
Grecia
.
Sembrava
sconvolto
.
Quasi
strillò
:
«
Cosa
può
dirmi
sulla
morte
di
Panagulis
?
»
.
Paradossalmente
,
rimasi
calma
.
Stupidamente
risposi
:
«
Panagulis
sta
benissimo
.
Ci
ho
parlato
poche
ore
fa
»
.
E
lui
:
«
No
,
no
,
sembra
proprio
che
sia
morto
.
In
un
incidente
automobilistico
»
.
Composi
due
numeri
:
uno
a
Milano
e
uno
a
Roma
.
A
Milano
mi
dissero
che
,
in
realtà
,
la
voce
era
corsa
ma
la
radio
non
l
'
aveva
confermata
.
A
Roma
mi
dissero
:
«
Un
momento
,
ora
controlliamo
»
.
Erano
quelli
dell
'
Ansa
.
«
Sì
,
purtroppo
è
vero
»
.
Allora
chiamai
un
taxi
e
corsi
di
nuovo
all
'
aeroporto
.
Sull
'
aereo
sono
stati
gentili
.
Mi
hanno
dato
un
posto
lontano
da
tutti
:
perché
potessi
piangere
in
pace
,
suppongo
.
Invece
non
ho
pianto
.
Quello
è
successo
dopo
,
quand
'
ero
proprio
sola
.
Anche
lui
faceva
così
.
All
'
aeroporto
di
Atene
c
'
erano
ad
aspettarmi
i
suoi
amici
.
C
'
erano
anche
i
fotografi
che
mi
sparavano
addosso
fucilate
di
luce
,
e
io
mi
vergognavo
,
mi
sentivo
ridicola
,
mi
sembrava
d
'
essere
la
vedova
nazionale
.
Io
e
gli
amici
siamo
saltati
in
macchina
.
Diretti
all
'
obitorio
.
Sulla
strada
che
porta
in
città
,
a
un
certo
punto
,
c
'
era
una
grande
folla
.
Ho
chiesto
perché
e
mi
hanno
detto
:
«
È
successo
lì
»
.
Allora
ho
fatto
fermare
la
macchina
e
sono
passata
attraverso
la
folla
,
pentendomi
subito
perché
molti
sussurravano
:
«
Fallatzi
,
Fallatzi
»
e
si
scostavano
come
intimiditi
.
Il
luogo
era
circondato
da
un
cordone
di
poliziotti
,
e
al
di
là
del
cordone
c
'
era
un
mucchio
di
ferri
contorti
color
verde
pisello
.
Due
poliziotti
m
'
hanno
fermato
con
la
brutalità
dei
poliziotti
:
mettendomi
le
mani
addosso
.
Non
ricordo
bene
quel
che
è
successo
,
ma
gli
amici
dicono
che
ho
buttato
un
poliziotto
per
terra
,
e
ho
spinto
l
'
altro
molto
lontano
.
Poi
sono
stata
davanti
a
quel
mucchietto
di
ferri
color
verde
pisello
...
E
questi
erano
la
sua
Primavera
,
la
sua
Fiat
.
Erano
tre
anni
che
aspettavo
,
voglio
dire
che
temevo
,
questo
momento
.
Erano
tre
anni
che
dicevo
a
me
stessa
:
prima
o
poi
succederà
.
Aveva
sempre
avuto
fortuna
.
Era
sfuggito
alla
fucilazione
;
era
sopravvissuto
a
torture
inumane
;
era
divenuto
un
poeta
proprio
attraverso
quelle
;
era
uscito
dopo
cinque
anni
da
un
carcere
atroce
dove
sembrava
dovesse
restare
tutta
la
vita
o
morirci
;
era
passato
indenne
attraverso
insidie
,
attentati
;
era
stato
eletto
deputato
nell
'
anniversario
della
sua
condanna
a
morte
;
era
amato
,
venerato
,
adulato
da
alcuni
fino
all
'
eccesso
.
Ma
io
non
mi
facevo
illusioni
.
Del
resto
non
faceva
nulla
per
evitarlo
.
Lo
sfidava
ogni
giorno
quel
suo
destino
di
finire
ammazzato
.
Forse
non
riesco
a
esprimermi
.
Capisci
,
non
sono
molto
lucida
.
Non
dormo
da
quattro
notti
e
anche
se
cerco
di
non
darlo
a
vedere
perché
detesto
il
dolore
esibito
,
dentro
sono
un
unico
urlo
.
Ciò
che
cerco
di
spiegarti
è
difficile
.
Ma
può
riassumersi
così
:
non
c
'
è
stupore
in
me
.
O
meglio
,
uno
stupore
c
'
è
:
quello
di
non
essere
anch
'
io
in
una
cella
frigorifera
di
quell
'
obitorio
.
E
non
sono
certa
di
sentirne
sollievo
.
Quante
volte
,
insieme
,
siamo
stati
inseguiti
da
un
'
automobile
che
voleva
ammazzarci
.
La
prima
volta
fu
nel
settembre
del
1973
,
dodici
giorni
dopo
ch
'
egli
era
uscito
dal
carcere
di
Boyati
.
Praticamente
,
m
'
ero
trasferita
ad
Atene
:
non
solo
perché
lui
me
l
'
aveva
chiesto
,
non
solo
perché
volevo
stargli
vicino
,
ma
perché
mi
sembrava
di
aiutarlo
con
la
mia
presenza
.
Mi
sembrava
che
avrebbero
esitato
a
ucciderlo
se
,
per
uccidere
lui
,
dovevano
uccidere
anche
me
.
Abitavo
nella
sua
casa
di
Glifada
.
Un
giorno
gli
dissi
che
non
conoscevo
Creta
.
E
mi
portò
a
Creta
.
A
Creta
dissi
che
volevo
vedere
la
reggia
di
Cnosso
.
E
mi
portò
a
Cnosso
.
Anzi
,
ci
portò
un
suo
amico
,
avvocato
.
Con
l
'
automobile
.
Ci
accorgemmo
presto
che
un
'
altra
automobile
ci
seguiva
,
con
due
tipi
dalla
faccia
di
poliziotto
.
Dunque
questa
macchina
ci
seguiva
e
,
a
volte
,
accelerava
buttandosi
contro
di
noi
.
Noi
riuscivamo
sempre
a
cavarcela
andando
più
forte
ma
a
un
certo
punto
quelli
presero
ad
accostarsi
sulla
nostra
fiancata
di
sinistra
,
e
a
spingerci
verso
il
precipizio
.
Ci
salvò
,
per
miracolo
,
un
'
altra
macchina
della
polizia
.
Salto
gli
altri
episodi
per
non
diventare
monotona
.
Te
ne
aggiungo
uno
e
basta
:
quello
che
avvenne
nel
settembre
dell
'
anno
scorso
.
Nel
settembre
o
in
estate
?
Eravamo
andati
a
cena
,
io
e
Alekos
,
in
una
trattoria
dove
si
mangia
il
pesce
.
Qui
ci
raggiunse
una
telefonata
.
Un
'
automobile
nera
,
gli
dissero
,
passava
da
ore
dinanzi
al
Politecnico
e
a
intervalli
buttava
una
bomba
.
La
polizia
non
interveniva
.
Alekos
ascoltò
con
calma
e
rispose
:
«
Andrò
a
dare
un
'
occhiata
»
.
Erano
i
giorni
in
cui
si
temeva
un
nuovo
colpo
di
Stato
.
Aveva
preso
in
affitto
una
Peugeot
.
Procedeva
come
un
macinino
di
Stan
Laurel
e
Oliver
Hardy
.
E
ciò
lo
divertiva
perché
diceva
che
io
ero
Stan
Laurel
e
lui
Oliver
Hardy
,
cioè
due
disgraziati
che
si
mettevano
sempre
nei
guai
.
Tossendo
e
sputando
,
la
nostra
Peugeot
giunse
dinanzi
al
Politecnico
.
Qui
ci
fermammo
e
Alekos
interrogò
gli
studenti
.
Stava
interrogandoli
quando
la
macchina
nera
apparì
.
Aveva
una
targa
del
corpo
diplomatico
,
cd.
A
bordo
c
'
erano
quattro
uomini
dal
volto
di
fascisti
.
Alekos
mi
ordinò
perentorio
:
«
Andiamo
»
.
Risalii
sulla
Peugeot
,
e
lui
con
me
.
Partimmo
e
l
'
automobile
nera
era
ormai
lontana
.
Ma
presto
riapparve
,
dietro
di
noi
e
...
A
un
certo
punto
non
fu
più
chiaro
chi
seguiva
e
chi
era
inseguito
.
La
sola
differenza
era
che
loro
inseguivano
noi
per
ammazzarci
e
noi
inseguivamo
loro
per
capire
chi
fossero
e
portarli
dalla
polizia
.
L
'
agonia
durò
due
ore
e
mezzo
.
L
'
automobile
nera
ci
condusse
molto
lontano
,
quasi
fino
al
tempio
di
Sugno
.
A
un
certo
punto
,
devo
ammetterlo
,
ebbi
molta
paura
.
E
non
mi
vergognai
di
gridarlo
a
quest
'
uomo
che
non
aveva
paura
di
nulla
,
mai
.
Lui
non
rispose
nemmeno
.
Ma
il
macinino
di
Stan
Laurel
e
Oliver
Hardy
si
comportò
in
modo
glorioso
.
La
trappola
che
ci
avevano
teso
scattò
solo
alla
fine
,
dopo
che
uno
dei
quattro
fascisti
era
sceso
dall
'
automobile
nera
per
dileguarsi
.
L
'
automobile
nera
finse
di
lasciarsi
inseguire
e
,
in
piena
città
,
imboccò
un
vicolo
cieco
.
Appena
me
ne
accorsi
,
dissi
ad
Alekos
:
«
Siamo
in
trappola
»
.
Lui
rispose
freddo
:
«
Lo
so
»
.
Allora
aggiunsi
:
«
Torniamo
indietro
»
.
E
lui
:
«
È
troppo
tardi
»
.
L
'
automobile
nera
entrò
dentro
un
garage
,
in
fondo
al
vicolo
cieco
.
Si
fermò
,
i
tre
scesero
e
si
piazzarono
in
mezzo
al
garage
ad
aspettarci
.
Alekos
fermò
la
Peugeot
accanto
all
'
automobile
nera
e
mi
disse
:
«
Tu
resta
in
macchina
»
.
Poi
scese
andandogli
incontro
.
Lo
seguii
immediatamente
.
Alekos
si
avvicinò
al
tipo
più
minaccioso
e
sempre
freddo
,
sempre
calmo
,
gli
tirò
la
cravatta
.
Poi
mormorò
,
in
greco
e
in
italiano
:
«
Vedi
,
questi
sono
fascisti
greci
.
E
non
hanno
coglioni
»
.
L
'
uomo
col
pacchetto
posò
la
mano
destra
sopra
il
pacchetto
.
Poi
,
all
'
improvviso
,
si
buttò
in
ginocchio
e
cominciò
a
implorare
pietà
:
«
Alekos
,
noi
ti
ammiriamo
,
ti
rispettiamo
.
Sei
Panagulis
.
È
stato
tutto
un
equivoco
»
.
E
Alekos
:
«
Meglio
.
Gli
equivoci
si
chiariscono
dinanzi
alla
polizia
»
.
Non
mi
crederai
ma
riuscì
a
farsi
seguire
,
stavolta
,
per
portarli
al
Politecnico
e
consegnarli
alla
polizia
.
La
targa
cd
era
una
targa
falsa
e
...
Vedi
,
siamo
qui
nella
sua
stanza
,
io
sto
qui
a
parlarti
distesa
sul
suo
letto
,
e
non
riesco
a
credere
che
sia
morto
davvero
.
Eppure
l
'
ho
visto
morto
.
Non
ci
riesco
,
malgrado
tutto
ciò
che
ti
ho
detto
prima
,
perché
lui
si
comportava
come
se
fosse
immortale
.
Eppure
parlava
sempre
di
morte
.
Le
sue
poesie
parlavano
sempre
di
morte
,
di
morti
.
Quando
poi
aveva
la
febbre
...
Lo
coglievano
febbri
violente
,
assai
spesso
.
Le
torture
subite
lo
avevano
rovinato
.
Una
volta
,
a
Firenze
,
lo
portai
a
fare
una
radiografia
per
vedere
se
quelle
febbri
dipendevano
dai
reni
o
dai
polmoni
.
E
il
radiologo
,
stupefatto
,
esclamò
:
«
Ma
è
tutto
rotto
quest
'
uomo
!
Non
ha
nemmeno
una
costola
intatta
!
Ma
cosa
gli
hanno
fatto
?
!
»
.
Queste
febbri
arrivavano
anche
a
41
,
41
e
mezzo
.
Tremando
diceva
:
«
Muoio
,
Stavolta
muoio
,
Oriana
»
.
Però
lo
diceva
ridendo
.
Temeva
la
morte
o
no
?
È
una
domanda
che
mi
sono
posta
spesso
,
senza
darvi
risposta
.
Ma
ora
posso
dare
una
risposta
.
Non
temeva
la
morte
.
Parlava
della
morte
,
ridendo
,
perché
sapeva
che
sarebbe
giunta
assai
presto
:
come
una
beffa
.
Un
giorno
gli
lessi
la
mano
.
Aveva
una
mano
strana
,
anzi
terrificante
.
Sulle
palme
c
'
erano
solo
tre
segni
.
Quello
del
cuore
,
quello
dell
'
intelligenza
,
quello
della
vita
.
Quello
del
cuore
e
quello
dell
'
intelligenza
erano
senza
fine
,
quello
della
vita
si
interrompeva
bruscamente
.
Provai
un
brivido
a
guardarlo
e
gli
dissi
:
«
Vivrai
fino
a
cent
'
anni
!
»
.
Spalancò
la
bocca
immensa
in
una
immensa
risata
ed
esclamò
:
«
Bugiarda
!
Io
non
diventerò
mai
vecchio
e
l
'
hai
visto
»
.
Gli
dispiaceva
,
sai
.
Perché
il
sogno
di
Alessandro
Panagulis
era
diventare
vecchio
.
Vecchio
e
curvo
come
Ferruccio
Parri
che
amava
e
ammirava
.
Per
questo
si
vestiva
quasi
sempre
da
vecchio
.
Abiti
severi
,
grigi
o
blu
,
camicie
:
bianche
o
color
pastello
,
e
sempre
la
cravatta
.
Per
questo
portava
i
baffi
e
fumava
la
pipa
.
Con
quelle
boccate
lunghe
,
lente
,
da
vecchio
.
Per
questo
camminava
a
passi
così
grevi
,
cardinalizi
.
Io
lo
prendevo
in
giro
.
Sapevo
quanto
gli
piacesse
Makarios
,
quanto
ne
ammirasse
la
ieraticità
,
e
quando
correvo
(
tu
lo
sai
,
io
corro
sempre
)
gli
strillavo
con
impazienza
:
«
E
dai
,
corri
!
Non
fare
il
Makarios
!
»
.
Un
giorno
mi
disse
:
«
Lasciami
fare
.
Ci
ho
messo
tanto
a
imparare
a
camminare
come
un
vecchio
»
.
Poi
ebbe
una
pausa
e
aggiunse
:
«
E
a
pensare
come
un
vecchio
»
.
Anche
la
sua
saggezza
era
saggezza
da
vecchio
.
E
le
sue
profezie
erano
le
profezie
di
un
vecchio
.
Te
le
declamava
lentamente
,
mordendo
la
pipa
,
e
a
volte
erano
profezie
così
paradossali
che
non
lo
contraddicevi
solo
per
il
rispetto
che
suscita
un
vecchio
.
Io
sono
...
io
ero
un
poco
più
vecchia
di
lui
,
eppure
dinanzi
a
lui
,
con
lui
,
mi
sentivo
più
giovane
di
lui
.
Mi
suscitava
rispetto
,
capisci
?
Infatti
tenevo
sempre
conto
dei
suoi
rimproveri
.
Però
era
anche
un
bambino
,
e
ora
non
so
come
metterla
insieme
questa
storia
del
bambino
e
del
vecchio
.
Le
sue
esplosioni
di
gioia
,
ad
esempio
,
erano
esplosioni
da
bambino
.
Quand
'
era
felice
,
saltava
e
giocava
come
un
bambino
:
fino
a
irritarmi
.
Anche
i
suoi
dispetti
erano
dispetti
da
bambino
.
O
da
vecchio
?
Anche
i
suoi
capricci
.
E
le
sue
disperazioni
erano
disperazioni
da
bambino
.
O
da
vecchio
?
Così
le
sue
allegrie
.
Se
tu
sapessi
quant
'
era
allegro
,
buffo
,
divertente
.
Io
non
ho
mai
riso
tanto
come
in
questi
tre
anni
con
Alekos
.
Riso
o
sofferto
?
Diventava
la
stessa
cosa
con
lui
.
Guardiamo
se
posso
spiegarmi
.
Non
c
'
è
nulla
di
più
odioso
,
secondo
me
,
di
un
eroe
.
E
Panagulis
era
un
eroe
.
Ma
era
un
eroe
che
ride
.
Soprattutto
di
se
stesso
.
Si
prendeva
sempre
in
giro
.
Questo
è
il
ritratto
di
un
bambino
o
di
un
vecchio
;
io
temo
che
sia
il
ritratto
di
un
genio
.
Ci
ho
messo
tanto
a
capire
che
era
un
genio
.
Mi
rifiutavo
di
ammetterlo
,
anche
per
riuscire
a
tenergli
testa
.
Avevo
dinanzi
a
me
,
accanto
a
me
,
un
mito
delle
folle
.
E
,
sia
istintivamente
che
razionalmente
,
respingevo
quel
mito
.
Cercavo
di
ridurlo
a
dimensioni
umane
che
in
realtà
non
aveva
.
Perché
tutto
in
lui
era
eccessivo
.
Di
male
c
'
era
così
poco
in
lui
.
I
suoi
difetti
erano
tanto
piccoli
quanto
le
sue
virtù
erano
grandi
.
E
quando
i
suoi
difetti
ti
esasperavano
,
non
avevi
che
ricordare
le
sue
virtù
.
Ad
esempio
la
sua
bontà
,
malamente
nascosta
dietro
gli
atteggiamenti
bruschi
.
Ricordi
quando
perdonò
ai
suoi
torturatori
e
chiese
che
Papadopulos
,
Makaresos
,
Pattakos
,
Joannidis
non
fossero
condannati
a
morte
?
Era
ossessionato
dalla
libertà
,
lo
sanno
tutti
,
ma
anche
dalla
moralità
.
E
questo
non
lo
sanno
tutti
.
Diceva
,
pensa
,
che
la
politica
è
moralità
.
Per
questo
fece
la
sua
campagna
elettorale
con
poche
lire
,
pubblicizzato
soltanto
da
qualche
manifesto
grande
come
un
francobollo
,
e
dai
suoi
discorsi
pronunciati
senza
retorica
e
senza
lusinghe
.
Parlava
alla
folla
con
voce
bassa
,
dicendo
che
lui
non
prometteva
miracoli
perché
i
miracoli
non
esistevano
.
Non
ho
mai
visto
qualcuno
chiedere
d
'
essere
eletto
a
quel
modo
,
cioè
maltrattando
in
tal
modo
i
suoi
possibili
elettori
,
fustigandoli
,
rimproverandoli
.
Era
un
uomo
indulgente
con
tutti
,
capiva
come
nessuno
le
debolezze
e
le
colpe
che
nascono
con
la
vita
.
Eppure
diventava
rigido
come
un
angelo
vendicatore
quando
toccava
il
tema
della
moralità
.
Io
gli
dicevo
:
«
Fai
la
politica
come
un
predicatore
»
.
E
lui
rispondeva
:
«
No
,
faccio
la
politica
come
un
poeta
»
.
Un
poeta
che
ride
.
Una
volta
si
trovò
nel
mezzo
di
una
manifestazione
di
ostetriche
che
facevano
anche
lo
sciopero
della
fame
.
Così
ordinò
a
sua
madre
di
portare
alle
ostetriche
un
soccorso
di
uova
sode
.
Sua
madre
giunse
mentre
la
polizia
le
attaccava
.
Così
lui
agguantò
il
cesto
delle
uova
sode
e
con
quelle
,
una
a
una
,
si
mise
a
bombardare
i
rappresentanti
dell
'
ordine
.
Il
capo
della
polizia
lo
riconobbe
.
Lo
affrontò
e
gli
disse
:
«
Onorevole
Panagulis
,
sono
il
colonnello
Tal
dei
Tali
»
.
Alekos
posò
l
'
uovo
sodo
,
gli
si
avvicinò
,
gli
strappò
le
spalline
coi
gradi
,
e
rispose
:
«
Ora
non
lo
è
più
.
L
'
ho
degradato
»
.
Gli
intentarono
un
processo
per
questo
.
Ma
l
'
intero
Parlamento
votò
quasi
all
'
unanimità
perché
il
processo
non
avvenisse
.
Dico
«
quasi
all
'
unanimità
»
perché
ci
fu
un
voto
contrario
:
il
suo
.
E
lui
lo
motivò
dicendo
:
«
Sì
,
l
'
ho
degradato
.
Ma
non
era
mica
legale
.
Farsi
la
legge
da
soli
è
un
dovere
quando
la
legge
non
c
'
è
perché
la
democrazia
non
esiste
.
Ma
ora
la
democrazia
esiste
.
Be
'
...
comunque
esiste
un
Parlamento
»
.
Mi
dicono
(
e
credo
sia
vero
)
che
durante
l
'
episodio
delle
ostetriche
il
presidente
del
Parlamento
gli
chiedesse
esasperato
:
«
Scusi
,
onorevole
.
Ma
cosa
c
'
entra
,
lei
,
con
le
ostetriche
?
»
.
E
Alekos
:
«
Mi
hanno
fatto
nascere
,
signor
presidente
.
E
a
me
piace
tanto
essere
nato
.
Peccato
che
abbiano
fatto
nascere
anche
lei
»
.
Si
divertiva
anche
a
fare
il
deputato
.
Si
divertiva
a
fare
tutto
.
Trasformava
ogni
suo
problema
personale
in
una
burla
da
Ulisse
.
Era
Ulisse
.
La
sua
Itaca
non
esisteva
.
Per
lui
esisteva
soltanto
il
viaggio
.
E
a
interrompere
il
viaggio
,
la
vita
,
può
essere
solo
la
morte
.
Il
concetto
che
esprime
nella
più
bella
delle
sue
poesie
,
Taxidi
.
Quella
che
mi
ha
dedicato
.
Il
concetto
,
anche
,
che
mi
regalò
con
una
frase
che
ho
messo
nel
mio
libro
Lettera
a
un
bambino
mai
nato
.
Quella
che
dice
:
«
Benedetto
colui
che
può
dirsi
:
io
voglio
camminare
,
non
voglio
arrivare
.
Maledetto
colui
che
s
'
impone
:
voglio
arrivare
fin
là
.
Arrivare
è
morire
,
durante
il
cammino
puoi
concederti
solo
fermate
»
.
E
sua
anche
la
frase
che
chiude
il
libro
:
«
Perché
la
vita
non
muore
»
.
Me
la
gridò
una
notte
,
in
questa
stanza
,
arrabbiato
perché
facevo
morire
la
protagonista
del
libro
.
Solo
con
una
persona
non
si
divertì
mai
:
col
ministro
della
Difesa
Averoff
.
Quello
che
ha
dichiarato
stamani
:
«
Io
non
permetto
nemmeno
che
il
mio
nome
venga
citato
nella
storia
dei
documenti
scoperti
dal
signor
Panagulis
»
.
Quello
che
oggi
non
si
è
presentato
in
Parlamento
dove
l
'
intera
seduta
era
dedicata
alla
commemorazione
di
Panagulis
.
Quello
che
dice
:
«
Voglio
quei
documenti
e
li
avrò
»
.
Del
resto
non
fu
Averoff
a
sollecitare
la
sentenza
della
magistratura
che
ne
interrompeva
e
ne
proibiva
la
pubblicazione
?
L
'
inimicizia
,
mi
pare
,
scoppiò
quando
Alekos
scrisse
per
L
'
Europeo
un
articolo
dove
indicava
in
Averoff
l
'
elemento
più
reazionario
dell
'
attuale
governo
e
l
'
uomo
più
legato
alla
Cia
.
Lo
indicava
anche
come
l
'
ideatore
e
il
direttore
del
colpo
di
Stato
andato
a
monte
verso
la
fine
del
1975
.
Averoff
tentò
di
prenderla
sportivamente
.
Cercò
di
farlo
incontrare
e
ammansire
,
si
dice
,
con
la
sua
bella
figliola
.
Una
extraparlamentare
di
lusso
,
ovviamente
di
estrema
sinistra
.
Ma
il
tentativo
non
riuscì
.
Allora
Averoff
attese
d
'
incontrarlo
nei
corridoi
del
Parlamento
.
Gli
andò
incontro
a
braccia
spalancate
,
un
sorriso
mellifluo
sotto
i
baffetti
alla
Charlot
,
e
:
«
Alessandro
carissimo
,
ma
cos
'
è
questa
incomprensione
tra
noi
?
Siamo
due
persone
intelligenti
,
civili
,
quindi
capaci
di
trovare
un
punto
di
intesa
.
Perché
non
discuterne
?
Parliamone
a
cena
»
.
E
Alekos
:
«
Signor
ministro
,
i
problemi
del
popolo
non
si
discutono
a
cena
.
Si
discutono
in
Parlamento
»
.
Incominciò
a
quel
modo
la
lunga
,
spietata
serie
delle
sue
interrogazioni
al
signor
ministro
.
Alekos
le
chiamava
domandine
.
Solo
nei
casi
più
gravi
,
domande
.
E
,
nei
casi
gravissimi
,
superdomande
.
Quasi
a
ogni
telefonata
mi
diceva
:
«
Stamani
il
domandiere
ha
fatto
arrabbiare
di
nuovo
Averoff
»
.
All
'
inizio
Averoff
rispose
con
grande
indulgenza
.
Ma
poi
divenne
sempre
meno
indulgente
.
Diciamo
subito
che
io
non
so
niente
di
quel
che
è
successo
negli
ultimi
giorni
tra
Alekos
e
Averoff
.
Non
ero
ad
Atene
.
Però
mi
è
stato
detto
che
avvenne
una
telefonata
assai
drammatica
,
la
settimana
scorsa
,
tra
i
due
.
Alekos
disse
:
«
Signor
ministro
,
lei
mi
minaccia
.
Io
non
la
minaccio
,
ma
lei
mi
minaccia
»
.
Lo
disse
tre
volte
.
Me
lo
ha
confermato
anche
un
eminente
uomo
politico
spiegandomi
che
ad
Atene
l
'
episodio
è
conosciuto
da
tutti
.
L
'
eminente
uomo
politico
al
quale
alludevo
poco
fa
sostiene
addirittura
che
stare
in
casa
di
Alekos
è
follia
.
Non
dimentichiamo
che
,
quando
Alekos
era
vivo
,
la
porta
è
stata
forzata
più
volte
.
E
più
volte
vi
hanno
lasciato
minacce
scritte
o
stampate
,
anche
in
italiano
,
con
la
firma
Ordine
Nero
.
L
'
eminente
uomo
politico
ha
preso
l
'
iniziativa
di
chiedere
che
sul
marciapiede
sosti
,
giorno
e
notte
,
una
guardia
in
uniforme
.
Affacciati
alla
finestra
.
Guardalo
:
è
quello
lì
,
poveretto
.
Scommetto
che
muore
di
sonno
e
mi
maledice
.
E
poi
perché
questa
sollecitudine
viene
esibita
con
tanto
ritardo
e
per
me
?
Perché
non
imposero
ad
Alekos
d
'
esser
protetto
da
un
poliziotto
sul
marciapiede
,
anzi
da
un
poliziotto
che
lo
seguisse
in
automobile
per
impedire
che
qualche
automobile
tentasse
di
buttarlo
fuori
strada
come
a
Creta
,
come
a
Sugno
?
Lo
sapevano
bene
quanto
fosse
minacciato
.
No
,
no
,
lungi
dal
sembrarmi
follia
,
stare
qui
a
me
sembra
un
dovere
.
Bisogna
pure
che
qualcuno
dimostri
come
in
questa
stanza
resti
accesa
una
luce
anche
ora
.
Magari
,
alzando
lo
sguardo
verso
queste
finestre
,
chi
passa
è
portato
a
pensare
che
Alekos
è
ancora
qui
:
coi
suoi
documenti
.
E
comunque
,
finché
resto
ad
Atene
,
per
i
suoi
funerali
,
mi
sembra
di
aiutarlo
a
ricordare
che
è
vivo
.
Vivo
quanto
quei
documenti
che
non
ha
fatto
in
tempo
a
consegnarmi
in
fotocopia
,
che
non
so
dove
siano
,
ma
che
prima
o
poi
verranno
fuori
.
Vedrai
.
E
allora
anche
in
Parlamento
se
ne
dovrà
parlare
,
e
nessuno
potrà
permettersi
d
'
essere
assente
:
come
ha
fatto
ieri
Averoff
.
A
proposito
:
lo
sai
che
il
lunedì
3
maggio
Alekos
avrebbe
rivolto
un
'
interrogazione
a
Karamanlis
,
per
quei
documenti
?
Era
la
sua
ultima
carta
.
E
,
vedi
caso
,
lo
hanno
ammazzato
proprio
la
notte
tra
venerdì
e
sabato
.
Ti
ripeteranno
fino
alla
nausea
che
fu
un
incidente
.
Te
lo
dimostreranno
con
un
capro
espiatorio
.
Magari
con
un
giovanottello
che
piange
raccontando
d
'
aver
commesso
un
errore
di
guida
ed
esser
colpevole
solo
di
omissione
di
soccorso
.
Succede
sempre
così
.
Ma
non
ci
credere
,
mai
.
Testimoni
hanno
visto
,
e
le
perizie
tecniche
lo
hanno
dimostrato
.
Almeno
un
'
automobile
(
sembra
infatti
che
fossero
due
)
lo
seguiva
e
lo
provocava
,
mentre
lui
scappava
invano
.
Era
un
'
auto
che
andava
più
forte
della
sua
.
Lo
colpì
una
prima
volta
di
dietro
(
è
dimostrato
dalle
perizie
)
,
poi
gli
si
affiancò
sulla
sinistra
e
prese
a
spingerlo
verso
il
margine
della
strada
:
più
volte
.
Lui
si
trovava
nella
corsia
centrale
,
fu
presto
obbligato
a
buttarsi
sulla
corsia
di
destra
.
E
,
da
questa
,
sullo
spiazzato
che
si
stendeva
oltre
il
marciapiede
.
Obbligato
a
spostarsi
o
buttato
?
Diciamo
buttato
.
Alekos
tentò
di
riprendersi
.
Aveva
riflessi
prontissimi
.
Ma
lo
spazio
era
stretto
,
le
luci
della
Texaco
abbagliavano
,
e
certo
non
vide
che
lo
spiazzato
s
'
interrompeva
su
un
vuoto
che
era
la
corsia
d
'
ingresso
a
un
garage
.
Una
corsia
in
discesa
,
ripida
,
e
limitata
dal
muro
contro
cui
si
schiacciò
.
Si
schiacciò
con
tale
violenza
che
la
sua
Primavera
divenne
corta
corta
.
Dicono
che
sia
morto
sul
colpo
.
Lo
spero
.
Io
continuo
a
chiedere
ai
medici
e
agli
esperti
:
se
ne
sarà
accorto
che
non
sarebbe
diventato
mai
vecchio
?
E
loro
mi
rispondono
no
,
non
ne
ha
avuto
il
tempo
,
è
precipitato
e
si
è
schiacciato
nel
giro
di
mezzo
secondo
,
un
terzo
di
secondo
,
è
svenuto
nello
stesso
momento
in
cui
questo
è
avvenuto
.
Lo
spero
.
Il
suo
assassino
,
intanto
,
girava
con
una
svolta
a
U
,
per
tornare
di
nuovo
in
città
.
Ed
erano
le
una
e
52
del
mattino
di
sabato
primo
maggio
festa
dei
lavoratori
.
Lunedì
mattina
Alekos
avrebbe
dovuto
rivolgere
un
'
interrogazione
a
Karamanlis
sulla
faccenda
dei
documenti
.
Per
insultarlo
anche
da
morto
ti
diranno
anche
quale
percentuale
di
alcool
gli
hanno
trovato
nel
sangue
:
omettendo
di
chiarire
,
s
'
intende
,
che
era
una
percentuale
minima
,
ancora
al
di
sotto
di
quella
consentita
dalla
legge
.
Quella
sera
aveva
bevuto
,
insieme
ad
altri
quattro
,
solo
una
bottiglia
di
vino
.
I
quattro
erano
quattro
vecchi
,
amici
suoi
.
Erano
rimasti
insieme
fino
a
mezzanotte
e
mezzo
,
forse
di
più
.
Poi
lui
li
aveva
accompagnati
a
casa
,
uno
a
uno
.
La
tragedia
è
successa
all
'
una
e
52
mentre
tornava
verso
Glifada
:
per
dormire
a
casa
di
sua
madre
.
Quando
temeva
d
'
esser
aggredito
,
preferiva
dormire
laggiù
.
Ho
detto
tornava
perché
il
ristorante
dove
aveva
mangiato
è
a
Glifada
.
Ed
è
lo
stesso
,
all
'
aperto
,
dove
andò
dopo
esser
uscito
dalla
prigione
,
la
prima
volta
che
rientrò
in
un
ristorante
.
Ci
andammo
insieme
.
Scendendo
dal
taxi
diceva
:
«
Sono
molto
felice
,
I
am
very
happy
»
.
Poi
,
quando
entrammo
,
fu
chiaro
quanto
gli
costasse
ogni
piccola
felicità
.
Il
fatto
di
sentirsi
riconosciuto
,
guardato
,
additato
,
come
l
'
attentatore
di
Papadopulos
,
l
'
eroe
del
nostro
tempo
,
lo
riempiva
d
'
imbarazzo
e
di
angoscia
.
Procedeva
confuso
tra
i
tavoli
,
stringendomi
forte
la
mano
,
quasi
vi
si
volesse
aggrappare
.
Una
volta
seduto
,
si
mise
a
fissare
la
tovaglia
.
Ci
misi
tanto
a
fargli
sollevare
lo
sguardo
verso
il
cielo
per
dimostrargli
che
non
era
più
in
prigione
,
e
che
in
cielo
c
'
eran
le
stelle
.
Tu
non
crederai
a
ciò
che
sto
per
raccontarti
,
lo
so
.
Dirai
che
è
teatro
.
Ma
tutto
ciò
che
accadeva
con
lui
,
e
a
lui
,
era
anche
teatro
.
A
un
certo
punto
,
quella
sera
,
cadde
una
stella
.
E
io
feci
a
tempo
a
esprimere
un
desiderio
:
che
vivesse
ancora
un
po
'
.
Quest
'
uomo
scomodo
,
diverso
da
tutti
,
dai
più
accettabile
solo
da
morto
.
Dopo
aver
visto
la
sua
Primavera
ridotta
a
un
mucchio
di
ferri
contorti
,
sono
risalita
in
macchina
e
sono
andata
all
'
obitorio
.
Anche
dinanzi
a
questo
c
'
era
una
gran
folla
.
E
,
tra
la
folla
,
c
'
erano
i
medici
e
gli
avvocati
giunti
dall
'
Italia
per
una
superperizia
.
Per
vederlo
ci
voleva
il
permesso
del
ministro
della
Giustizia
da
cui
dipendeva
l
'
arrivo
di
due
funzionari
di
nonsoché
.
I
due
funzionari
erano
attesi
da
un
'
ora
e
mezzo
.
Ho
chiesto
il
numero
del
signor
ministro
e
sono
andata
a
telefonargli
da
una
cabina
.
Non
sono
stata
gentile
.
Gli
ho
detto
che
sarei
entrata
in
quell
'
obitorio
coi
suoi
funzionari
o
senza
i
suoi
funzionari
.
L
'
interno
dell
'
obitorio
era
una
scatola
bianca
e
illuminata
da
luci
vivide
,
al
neon
.
Da
un
lato
c
'
era
un
cassone
di
metallo
con
nove
sportelli
.
Nel
primo
sportello
in
basso
,
a
sinistra
,
c
'
era
Alessandro
Panagulis
:
hanno
detto
.
Ho
sentito
una
grande
stanchezza
.
Mi
sono
appoggiata
al
muro
.
Mi
ha
scosso
il
lampo
di
un
flash
.
Hanno
fatto
chiudere
la
finestra
,
e
poi
ci
hanno
mostrato
le
fotografie
di
Alekos
dopo
l
'
autopsia
.
Così
ci
avrebbe
fatto
meno
impressione
vederlo
,
si
sono
giustificati
.
Nelle
fotografie
Alekos
era
disteso
sopra
una
tavola
,
nudo
,
come
quando
lo
torturavano
nel
1968
alla
centrale
della
polizia
militare
.
La
sola
differenza
,
suppongo
,
era
che
qui
non
aveva
le
mani
e
i
piedi
legati
.
Molte
fotografie
offrivano
particolari
raccapriccianti
delle
sue
ferite
.
Altre
,
i
suoi
organi
estratti
.
Il
medico
greco
ci
ha
spiegato
che
gli
era
scoppiato
il
cuore
,
che
il
fegato
s
'
era
rotto
in
19
punti
,
che
la
milza
non
esisteva
più
,
che
il
femore
destro
s
'
era
frantumato
in
mille
pezzetti
,
che
il
polmone
destro
era
ridotto
a
uno
straccio
.
E
così
mi
sono
ricordata
di
un
'
altra
sua
poesia
.
Quella
che
dice
:
«
Non
ti
capisco
Dio
/
Dimmi
di
nuovo
/
Mi
chiedi
di
ringraziarti
/
o
di
scusarti
?
»
.
Mi
sono
anche
ricordata
di
com
'
era
quando
rideva
,
e
quando
saltava
,
e
quando
giocava
,
tutto
contento
d
'
essere
nato
.
E
il
giorno
in
cui
l
'
avevo
accompagnato
,
per
la
prima
volta
dopo
anni
di
calvario
,
a
nuotare
,
nel
mare
.
E
il
giorno
in
cui
aveva
giurato
come
deputato
in
Parlamento
e
dallo
scanno
si
era
girato
a
guardarmi
lassù
sulle
tribune
,
frenando
un
sorriso
,
perché
sapevo
che
le
sue
suole
erano
consumate
e
temevo
che
alzandosi
scivolasse
.
Ma
io
mi
sono
pentita
di
esser
lì
e
ho
avuto
tanta
voglia
di
scappare
per
non
vederlo
come
nelle
fotografie
dell
'
autopsia
.
Invece
loro
hanno
aperto
lo
sportello
della
prima
cella
frigorifera
in
basso
a
sinistra
,
e
hanno
tirato
fuori
una
lastra
di
metallo
su
cui
stava
un
fagotto
insanguinato
.
E
hanno
aperto
il
fagotto
e
hanno
scoperto
Alekos
che
dormiva
serio
serio
,
con
un
visino
bianco
bianco
.
Mi
sono
inginocchiata
davanti
a
lui
e
gli
ho
accarezzato
i
capelli
.
Erano
molto
freddi
,
e
ho
ritirato
la
mano
.
Non
posso
dirti
altro
.
O
forse
non
voglio
.
Dovrei
raccontarti
,
altrimenti
,
qual
è
l
'
odore
dell
'
odio
.
StampaPeriodica ,
Un
elenco
di
dieci
morti
misteriose
.
La
sensazione
che
scorrendo
quei
nomi
si
stia
toccando
un
filo
rosso
sangue
.
Il
sospetto
che
quelle
morti
siano
tutte
legate
alla
tragedia
di
Ustica
e
vadano
quindi
ad
aggiungersi
alle
81
persone
uccise
a
bordo
del
DC-9
dell
'
Itavia
il
27
giugno
di
12
anni
fa
.
L
'
angoscia
che
dei
misteri
di
Ustica
si
possa
anche
morire
:
perché
chi
sa
non
parla
e
chi
potrebbe
parlare
deve
tacere
per
sempre
.
Ma
chi
uccide
i
testimoni
?
Con
un
meticoloso
lavoro
di
inchiesta
L
'
Europeo
ha
ricostruito
la
storia
di
quelle
dieci
morti
.
Di
quegli
uomini
venuti
in
contatto
con
i
segreti
di
Ustica
.
Tutti
morti
in
circostanze
drammatiche
.
Tranne
uno
,
sono
tutti
militari
dell
'
Aeronautica
,
sette
ufficiali
e
due
sottufficiali
.
Inoltre
la
loro
tragica
fine
si
colloca
negli
stessi
luoghi
dove
in
questi
anni
si
è
dipanato
il
filo
dell
'
inchiesta
su
quella
strage
.
I
misteri
di
Poggio
Ballone
.
Sono
sei
le
morti
che
ruotano
attorno
ai
misteri
del
"
radar
dimenticato
"
di
Poggio
Ballone
,
il
centro
dell
'
Aeronautica
militare
che
sorge
su
una
collina
,
pochi
chilometri
a
nord
di
Grosseto
.
Per
otto
anni
è
stato
nascosto
ai
magistrati
che
proprio
quel
radar
puntato
sul
Tirreno
aveva
visto
tutto
la
notte
della
strage
.
E
quando
nel
1988
i
giudici
Vittorio
Bucarelli
e
Giorgio
Santacroce
,
fino
al
1990
titolari
dell
'
inchiesta
,
chiesero
l
'
elenco
del
personale
in
servizio
la
notte
della
tragedia
,
si
accorsero
che
due
nomi
erano
stati
omessi
:
quelli
del
capitano
Maurizio
Gari
e
del
maresciallo
Mario
Alberto
Dettori
.
Entrambi
erano
in
servizio
la
sera
del
27
giugno
1980
.
Gari
era
il
"
master
controller
"
nella
sala
radar
di
Poggio
Ballone
,
cioè
il
responsabile
della
sala
stessa
.
Dettori
procedeva
invece
all
'
identificazione
dei
velivoli
che
solcavano
il
cielo
.
Entrambi
sono
morti
:
Maurizio
Gari
il
9
maggio
1981
è
stato
stroncato
da
un
infarto
,
nonostante
avesse
soltanto
32
anni
e
,
a
detta
dei
familiari
,
godesse
di
ottima
salute
.
Alberto
Mario
Dettori
è
stato
invece
trovato
impiccato
a
un
albero
il
30
marzo
1987
.
La
mattina
dopo
la
strage
di
Ustica
alla
moglie
e
alla
cognata
il
maresciallo
era
apparso
molto
scosso
.
«
È
successo
un
casino
,
per
poco
non
scoppia
la
guerra
»
,
aveva
confidato
alle
due
donne
,
«
siamo
ancora
in
emergenza
»
.
Prima
di
morire
Dettori
era
stato
sei
mesi
in
Francia
,
alla
base
di
Montangel
,
per
un
corso
di
aggiornamento
.
Da
lì
era
tornato
nervoso
e
spaventato
.
Che
cosa
avevano
visto
di
tanto
inconfessabile
la
notte
di
Ustica
Gari
e
Dettori
?
Perché
i
loro
nomi
erano
stati
cancellati
dall
'
elenco
dei
militari
in
servizio
?
Ma
prima
ancora
un
altro
importante
testimone
era
scomparso
:
1'8
agosto
1980
,
a
neppure
due
mesi
dalla
strage
,
l
'
auto
sulla
quale
,
assieme
alla
moglie
e
ai
due
figli
,
viaggiava
il
colonnello
Giorgio
Teoldi
si
schianta
lungo
la
via
Aurelia
.
Teoldi
era
il
comandante
dell
'
aeroporto
militare
di
Grosseto
,
competente
sul
sito
radar
di
Poggio
Ballone
.
Il
colonnello
porta
nella
tomba
un
altro
mistero
i
cui
contorni
sono
venuti
alla
luce
solo
di
recente
:
la
sera
della
strage
di
Ustica
,
proprio
mentre
il
DC-9
è
in
volo
,
tre
aerei
da
guerra
,
due
TF-104
biposto
e
un
F-104
monoposto
,
erano
decollati
proprio
dall
'
aeroporto
di
Grosseto
.
Teoldi
,
in
quanto
responsabile
delle
piste
di
Grosseto
,
non
poteva
ignorare
lo
scopo
delle
loro
missioni
.
Ma
c
'
è
di
più
.
Proprio
su
uno
dei
TF-104
erano
in
volo
i
capitani
Ivo
Nutarelli
e
Mario
Naldini
,
anch
'
essi
morti
,
assieme
all
'
altro
capitano
Giorgio
Alessio
,
tutti
e
tre
della
pattuglia
acrobatica
delle
Frecce
Tricolori
,
il
28
agosto
1988
nella
tragedia
di
Ramstein
,
in
Germania
,
che
provocò
un
'
altra
strage
:
51
morti
,
oltre
400
feriti
.
La
possibilità
che
esista
un
legame
tra
Ustica
e
Ramstein
è
incredibile
anche
se
i
Verdi
tedeschi
e
alcune
inchieste
giornalistiche
del
quotidiano
berlinese
Tageszeitunge
del
settimanale
Del
.
Spiegel
hanno
recentemente
parlato
di
sabotaggio
degli
aerei
.
Prove
?
Nessuna
.
Ufficialmente
la
causa
di
questa
tragedia
è
stata
attribuita
a
un
errore
di
manovra
del
solista
Ivo
Nutarelli
,
un
pilota
peraltro
espertissimo
,
con
4.200
ore
di
volo
,
che
avrebbe
commesso
un
tragico
sbaglio
nell
'
esecuzione
del
cardioide
,
proprio
quella
che
viene
ritenuta
una
delle
acrobazie
più
semplici
.
La
coincidenza
allarmante
è
che
Nutarelli
e
Naldini
sono
morti
una
settimana
prima
della
data
fissata
dai
giudici
che
volevano
interrogarli
sulla
loro
missione
la
sera
di
Ustica
.
L
'
interrogativo
è
:
i
due
ufficiali
dell
'
Aeronautica
videro
o
intuirono
qualcosa
che
aveva
a
che
fare
col
DC-9
dell
'
Itavia
?
Lo
strano
attentato
delle
Br
Sempre
nella
zona
di
Grosseto
,
nel
1984
,
ecco
un
altro
misterioso
incidente
stradale
.
La
vittima
è
Giovanni
Finetti
,
sindaco
di
Grosseto
.
Poco
dopo
la
strage
di
Ustica
,
Fin
etti
raccolse
le
confidenze
di
alcuni
militari
della
Vam
(
Vigilanza
aeronautica
militare
)
secondo
le
quali
due
caccia
si
erano
levati
in
volo
dalla
base
di
Grosseto
per
inseguire
e
abbattere
un
MiG
libico
.
Nella
battaglia
aerea
sarebbe
rimasto
colpito
il
DC-9
.
Sulla
base
di
queste
voci
,
Finetti
avrebbe
preso
a
interessarsi
della
strage
di
Ustica
e
sarebbe
morto
pochi
giorni
dopo
aver
detto
in
giro
che
era
sua
intenzione
rivolgersi
alla
magistratura
.
Un
attentato
anomalo
.
11
20
marzo
1987
muore
a
Roma
,
in
un
attentato
terroristico
,
il
generale
dell
'
Aeronautica
Licio
Giorgieri
.
Due
killer
in
moto
lo
freddano
a
bordo
della
sua
auto
.
Giorgieri
era
il
responsabile
degli
armamenti
dell
'
aviazione
e
stava
lavorando
al
progetto
europeo
delle
"
guerre
stellari
"
.
Almeno
è
questo
il
motivo
per
cui
le
Unità
combattenti
comuniste
(
Ucc
)
con
un
volantino
rivendicano
l
'
omicidio
.
Il
delitto
Giorgieri
appare
subito
un
delitto
terrorista
anomalo
.
Viene
giudicato
dagli
esperti
come
il
colpo
di
coda
dell
'
eversione
rossa
.
Siamo
infatti
in
un
periodo
in
cui
i
terroristi
nostrani
hanno
ormai
da
tempo
deposto
le
armi
.
Anche
la
moglie
del
generale
fin
da
subito
dichiara
di
non
credere
alla
matrice
dell
'
omicidio
.
La
vicenda
acquista
contorni
ancor
più
sospetti
quando
si
apprende
che
a
far
sgominare
la
banda
degli
assassini
del
generale
,
al
quale
solo
pochi
giorni
prima
era
stata
negata
la
scorta
,
è
un
giovane
terrorista
che
lavora
come
archivista
al
ministero
dell
'
Interno
.
E
fa
clamore
la
decisione
di
un
giudice
di
scarcerare
gli
assassini
di
Giorgieri
,
condannati
a
pene
pesantissime
,
appena
tre
anni
dopo
.
Pochi
sanno
che
all
'
epoca
della
strage
di
Ustica
Giorgieri
faceva
parte
dei
vertici
del
Rai
,
il
Registro
aeronautico
italiano
,
la
struttura
che
per
prima
fu
investita
dalla
tragedia
,
quando
ancora
si
pensava
che
la
caduta
del
DC-9
fosse
da
attribuire
a
un
cedimento
strutturale
.
E
responsabile
del
Rai
all
'
epoca
era
il
generale
Saverio
Rana
.
Fu
proprio
Rana
,
pochi
giorni
dopo
l
'
incidente
,
che
ipotizzò
al
ministro
dei
Trasporti
Rino
Formica
la
presenza
di
un
caccia
accanto
al
DC-9
.
Rana
,
anch
'
egli
morto
d
'
infarto
,
aveva
a
disposizione
tre
fotocopie
di
tracciati
radar
.
Da
chi
le
aveva
avute
?
Forse
proprio
da
Giorgieri
?
Dell
'
omicidio
Giorgieri
si
è
occupato
in
passato
anche
il
giudice
Santacroce
.
Per
quale
motivo
?
Un
pezzo
di
motore
nella
bara
Il
giallo
nel
giallo
di
Ustica
è
rappresentato
da
un
MiG
libico
,
ufficialmente
trovato
il
18
luglio
nel
vallone
di
Timpa
della
Magara
in
provincia
di
Catanzaro
.
Sul
fatto
che
quell
'
aereo
da
guerra
straniero
sia
precipitato
sulla
Sila
la
stessa
notte
della
caduta
del
DC-9
ormai
non
ci
sono
più
dubbi
.
1
resti
di
quel
MiG-23
,
su
incarico
dei
servizi
segreti
,
vennero
recuperati
in
tutta
fretta
e
trasportati
all
'
aeroporto
di
Pratica
di
Mare
(
Roma
)
dalla
ditta
fratelli
Argento
di
Gizzeria
Marina
.
E
proprio
a
Gizzeria
Marina
muore
il
14
agosto
1988
il
maresciallo
dell
'
Aeronautica
Ugo
Zammarelli
.
Stava
camminando
con
un
'
amica
sul
lungomare
quando
entrambi
vengono
investiti
ad
altissima
velocità
da
un
'
Honda
600
con
in
sella
due
giovani
tossicomani
.
Ma
mentre
i
corpi
dei
due
ragazzi
appaiono
sfracellati
,
i
cadaveri
di
Zammarelli
e
dell
'
amica
sono
perfettamente
integri
.
Nessuna
autopsia
viene
fatta
.
Ma
stranamente
i
bagagli
del
maresciallo
,
che
ufficialmente
si
trovava
a
Gizzeria
in
vacanza
,
spariscono
dal
suo
albergo
.
Si
scopre
che
Zammarelli
,
in
forza
alla
base
Nato
di
Decimomannu
,
in
Sardegna
,
non
era
in
Calabria
per
diletto
,
ma
stava
conducendo
un
'
indagine
proprio
sul
MiG
libico
caduto
sulla
Sila
.
Un
suo
amico
,
Gaetano
Sconzo
,
giornalista
dell
'
Ora
di
Palermo
,
sul
suo
giornale
riporta
alcune
confidenze
di
Zammarelli
:
stava
indagando
su
Ustica
ma
temeva
per
la
sua
vita
.
Un
altro
maresciallo
dell
'
Aeronautica
,
che
forse
aveva
a
che
fare
con
la
strage
di
Ustica
,
è
misteriosamente
morto
di
recente
.
A
39
anni
Antonio
Muzio
è
stato
freddato
con
tre
colpi
di
pistola
al
ventre
il
1°
febbraio
de11991
nella
sua
abitazione
di
Pizzo
Calabro
.
Il
fatto
singolare
è
che
la
pistola
era
la
sua
,
ma
per
gli
inquirenti
è
escluso
il
suicidio
.
Fino
al
1985
Muzio
aveva
lavorato
all
'
aeroporto
di
Lamezia
Terme
,
uno
scalo
direttamente
coinvolto
nella
vicenda
del
MiG
libico
,
del
suo
recupero
sulla
Sila
e
della
sua
restituzione
a
Gheddafi
.
E
dove
sono
stati
custoditi
la
scatola
nera
del
MiG
e
i
nastri
di
registrazione
dei
voli
.
L
'
ultima
vittima
di
Ustica
?
Il
suo
cadavere
è
stato
appena
sepolto
.
Sandro
Marcucci
,
47
anni
,
ex
colonnello
pilota
della
46'
Aerobrigata
di
stanza
a
Pisa
,
è
precipitato
con
un
Piper
antincendio
il
2
febbraio
scorso
.
Marcucci
era
un
pilota
provetto
.
Eppure
si
è
schiantato
sulle
Alpi
Apuane
come
fosse
un
pivellino
.
L
'
aereo
è
bruciato
.
C
'
è
chi
giura
di
aver
visto
l
'
aereo
perdere
stranamente
quota
e
all
'
improvviso
.
Poi
,
mistero
nel
mistero
,
nella
sua
bara
viene
trovato
un
pezzo
del
motore
:
è
tutto
fuso
,
tranne
un
tubicino
di
gomma
.
Il
fuoco
ha
sciolto
il
metallo
,
ma
non
la
gomma
.
Ma
chi
l
'
ha
nascosto
accanto
alle
sue
spoglie
?
StampaPeriodica ,
«
Davide
discolpati
»
.
«
Menachem
Begin
non
è
Adolf
Hitler
,
ma
neanche
Davide
»
.
«
Non
è
antisemita
chi
giudica
Israele
»
...
Con
questi
titoli
sulla
Repubblica
,
sull
'
Unità
,
sul
Manifesto
è
scoppiata
,
ai
primi
di
luglio
,
una
polemica
virulenta
,
che
dura
ancora
,
sul
giudizio
da
dare
a
proposito
dell
'
operazione
Pace
in
Galilea
dell
'
esercito
israeliano
in
Libano
.
Ha
cominciato
Rosellina
Balbi
,
responsabile
delle
pagine
culturali
della
Repubblica
:
«
Perché
la
condanna
della
politica
di
Begin
si
trasforma
in
una
demonizzazione
dello
Stato
di
Israele
che
finisce
per
coinvolgere
tutti
gli
ebrei
?
»
.
Le
risposte
fioccano
senza
risparmio
di
colpi
bassi
:
Rossana
Rossanda
per
difendere
la
causa
palestinese
esprime
retoricamente
un
desiderio
impossibile
:
«
Voglio
essere
ebrea
»
,
e
poi
si
chiede
:
«
Perché
gli
ebrei
della
diaspora
sentono
una
tragedia
morale
per
quel
che
accade
in
Israele
?
»
.
Le
accuse
di
sionismo
e
di
antisemitismo
si
incalzano
a
vicenda
.
Ma
chi
ha
ragione
?
Cioè
:
fino
a
che
punto
i
distinguo
su
Begin
possono
generare
un
diffuso
antisemitismo
?
Ricostruiamo
da
capo
che
cosa
è
successo
,
e
cerchiamo
di
scoprire
perché
si
ritorna
a
parlare
di
antisemitismo
.
LA
MATTINA
del
25
giugno
,
giorno
dello
sciopero
generale
contro
la
disdetta
della
scala
mobile
da
parte
della
Confindustria
,
mentre
il
grande
corteo
sindacale
che
si
concluderà
a
piazza
del
Popolo
sta
sfilando
da
più
di
un
'
ora
,
Tullio
Perlmutter
,
40
anni
,
segretario
della
comunità
israelitica
di
Roma
(
14mila
membri
)
,
sente
degli
schiamazzi
giù
in
basso
,
di
fronte
alla
sinagoga
.
Perlmutter
si
precipita
in
strada
,
vede
un
gruppo
di
persone
uscire
dal
corteo
sindacale
,
avvicinarsi
alla
sinagoga
e
urlare
ripetutamente
:
«
Ebrei
assassini
!
»
.
«
I
membri
del
servizio
d
'
ordine
sindacale
erano
seduti
sui
gradini
della
sinagoga
.
Stavano
a
guardare
,
senza
dire
nulla
»
,
racconta
Perlmutter
.
Insulti
e
schiamazzi
in
direzione
della
sinagoga
continueranno
a
lungo
,
sino
all
'
oltraggio
di
portare
una
bara
sotto
la
lapide
coi
nomi
degli
ebrei
assassinati
alle
Fosse
Ardeatine
.
In
una
lettera
inviata
immediatamente
ai
tre
segretari
confederali
,
il
rabbino
capo
della
comunità
israelitica
,
Elio
Toaff
,
66
anni
,
lamenta
che
le
manifestazioni
di
spregio
antiebraico
sono
durate
due
ore
e
che
erano
di
tale
entità
da
far
pensare
che
fossero
state
organizzate
.
«
Non
posso
che
deplorare
vivamente
gli
episodi
di
intolleranza
da
lei
denunciati
»
,
risponde
il
segretario
della
Cgil
,
Luciano
Lama
,
in
una
lettera
a
Toaff
pubblicata
dal
Manifesto
del3luglio
.
Ma
nella
lettera
c
'
è
la
più
infelice
delle
espressioni
:
che
quegli
episodi
trovavano
una
loro
motivazione
nella
condanna
delle
azioni
israeliane
in
Libano
,
tali
,
nel
giudizio
di
Lama
,
da
percorrere
«
una
strada
che
porta
alla
spaventosa
ipotesi
di
un
vero
e
proprio
genocidio
»
.
SUCCEDE
IL
FINIMONDO
.
A
sentire
per
primi
l
'
esigenza
di
controbattere
l
'
argomentazione
di
Lama
,
sono
Giorgio
Israel
,
37
anni
,
professore
di
matematica
,
ebreo
non
praticante
,
e
sua
moglie
Bruna
Ingrao
,
figlia
di
Pietro
Ingrao
,
una
comunista
"
liberal
"
,
cui
sta
sempre
più
stretta
l
'
ideologia
comunista
.
Dice
Israel
:
«
In
un
corteo
sindacale
,
uno
solo
che
gridasse
"
Viva
le
Brigate
Rosse
!
"
,
sarebbe
sopraffatto
dal
servizio
d
'
ordine
tempo
un
minuto
.
i
invece
potuto
accadere
che
per
più
di
un
'
ora
siano
stati
lanciati
degli
insulti
agli
ebrei
in
quanto
tali
»
.
Israele
sua
moglie
redigono
un
testo
molto
duro
nei
confronti
del
sindacato
e
lo
fanno
girare
.
Lo
firmano
alcuni
intellettuali
comunisti
e
molti
degli
intellettuali
ebrei
che
avevano
firmato
l
'
appello
"
Perché
Israele
si
ritiri
"
del
16
giugno
;
fra
essi
Ester
Fano
Damascelli
,
che
ha
avuto
il
padre
ucciso
alle
Ardeatine
.
All
'
appello
rivoltogli
dagli
intellettuali
,
Lama
risponde
con
una
seconda
lettera
,
questa
volta
calibratissima
(
«
mi
ha
soddisfatto
pienamente
»
,
dice
Israel
)
,
pubblicata
sulla
Repubblica
del
16luglio
,
dov
'
è
ribadito
che
mai
e
poi
mai
il
sindacato
darà
spazio
alla
minima
ombra
di
antisemitismo
.
Quello
del
25
giugno
resta
un
episodio
isolatissimo
,
due
ore
di
onta
che
non
macchiano
il
rapporto
della
sinistra
italiana
con
gli
ebrei
e
con
la
loro
cultura
?
Secondo
Luciano
Tas
,
direttore
del
mensile
ebraico
Shalom
,
coautore
con
Fausto
Coen
di
un
libro
sul
dissenso
ebraico
in
Unione
Sovietica
,
la
situazione
è
divenuta
tale
che
la
critica
al
governo
Begin
precipita
in
forme
di
ostilità
verso
gli
ebrei
in
quanto
tali
.
Gli
episodi
inquietanti
non
mancano
.
Alla
manifestazione
per
i
palestinesi
,
indetta
un
mese
fa
dai
partiti
democratici
e
dal
sindacato
,
erano
numerosissimi
i
cartelli
che
affiggevano
l
'
equazione
Israele
=
nazisti
.
In
quell
'
occasione
,
Luigi
Covatta
,
membro
della
direzione
del
Psi
,
poté
parlare
a
stento
:
i
fischi
che
punteggiarono
il
suo
discorso
divennero
assordanti
,
quando
Covatta
disse
che
nessuna
soluzione
del
problema
palestinese
era
possibile
senza
un
preventivo
riconoscimento
del
diritto
all
'
esistenza
di
Israele
da
parte
dell
'
Olp
.
Tas
racconta
di
amici
ebrei
cui
,
da
un
giorno
all
'
altro
,
i
compagni
di
lavoro
hanno
tolto
il
saluto
.
Un
lettore
di
Rinascita
s
'
è
rammaricato
di
aver
visto
una
scritta
murale
favorevole
ai
palestinesi
che
si
concludeva
con
un
"
israeliani
,
per
voi
c
'
è
solo
il
forno
"
.
I
genitori
di
Paola
Di
Cori
,
una
professoressa
di
storia
che
ha
firmato
tanto
l
'
appello
"
Perché
Israele
si
ritiri
"
quanto
l
'
appello
a
Lama
,
s
'
erano
stupiti
di
non
aver
ricevuto
l
'
ultimo
numero
di
Shalom
,
cui
sono
abbonati
:
lo
hanno
ritrovato
nella
spazzatura
,
dove
offensivamente
lo
aveva
cacciato
una
mano
ignota
.
A
molti
ebrei
non
è
sfuggito
quel
numero
dell
'
Unità
del
giorno
successivo
all
'
attentato
in
cui
perdette
la
vita
l
'
agente
di
guardia
al
domicilio
romano
di
un
esponente
dell
'
Olp
,
attentato
poi
rivendicato
da
terroristi
neri
:
è
un
attentato
che
porta
"
inequivocabilmente
"
il
marchio
dei
servizi
segreti
israeliani
,
scriveva
in
prima
pagina
il
quotidiano
comunista
.
L
'
INDIGNAZIONE
per
questi
episodi
,
in
cui
l
'
ostilità
verso
Israele
è
totale
e
offensiva
,
non
attenua
,
in
moltissimi
intellettuali
ebrei
,
la
critica
dell
'
operazione
Pace
in
Galilea
condotta
dall
'
esercito
israeliano
.
Anche
se
resta
aperta
la
discussione
sulla
necessità
di
rendere
manifesta
,
in
quanto
ebrei
,
una
tale
condanna
.
«
Non
mi
piace
essere
preso
per
il
colletto
e
costretto
a
dire
ogni
volta
quel
che
penso
della
politica
israeliana
,
solo
perché
sono
ebreo
»
,
si
rammarica
Israel
.
«
Non
sarebbe
più
opportuno
discutere
di
fatti
,
anziché
affermare
pregiudiziali
a
favore
di
questo
o
di
quello
?
»
,
dice
Rosellina
Balbi
.
La
discussione
era
stata
alimentata
dall
'
appello
"
Perché
Israele
si
ritiri
"
,
firmato
da
moltissimi
intellettuali
ebrei
,
in
testa
Primo
Levi
e
Natalia
Ginzburg
.
Un
appello
che
qualcuno
,
per
esempio
Federico
Coen
,
direttore
di
Mondoperaio
,
ha
giudicato
troppo
critico
verso
Israele
e
s
'
è
astenuto
dal
firmare
.
Il
dilemma
"
firmare
o
no
?
"
ha
incrinato
amicizie
e
,
perfino
,
spaccato
famiglie
.
Lo
ha
firmato
Fiamma
Nirenstein
,
redattrice
dell
'
Europeo
;
lo
ha
giudicato
invece
un
grave
errore
suo
padre
,
Alberto
Nirenstein
,
autore
di
Ricorda
cosa
ti
ha
fatto
Amalek
,
la
cronaca
dell
'
agonia
del
ghetto
di
Varsavia
.
Dice
Giuseppe
Damascelli
,
uno
dei
promotori
dell
'
appello
:
«
Ho
firmato
"
Perché
Israele
si
ritiri
"
,
ho
firmato
l
'
appello
a
Lama
,
firmerò
l
'
appello
per
il
riconoscimento
dell
'
Olp
.
So
bene
che
nella
loro
carta
costituzionale
c
'
è
un
articolo
in
cui
si
parla
di
"
liquidazione
dell
'
entità
sionista
"
,
ma
riconoscere
1'Olp
è
l
'
unico
modo
per
fargli
togliere
quell
'
articolo
»
.
StampaPeriodica ,
«
Sì
,
lo
so
,
siete
sempre
animati
dalle
migliori
intenzioni
,
venite
in
Israele
per
capire
,
per
vedere
come
stanno
veramente
le
cose
.
Poi
dopo
una
settimana
ve
ne
ritornate
in
Europa
,
negli
Stati
Uniti
,
e
scrivete
i
vostri
articoli
-
intelligenti
,
acuti
,
qualche
volta
cattivi
-
credendo
di
aver
capito
.
Ma
dia
retta
a
me
che
sto
qui
da
30
anni
e
sono
israeliano
:
capire
è
impossibile
,
non
c
'
è
nulla
da
capire
.
Sono
dei
pazzi
e
questo
è
tutto
.
Si
possono
capire
dei
pazzi
?
Dei
pazzi
con
la
vocazione
al
suicidio
?
»
.
«
Guardi
quel
che
sta
accadendo
in
queste
settimane
.
Non
bastano
una
trentina
di
partiti
,
un
sistema
elettorale
dissennato
fondato
su
una
legge
proporzionale
ancora
più
rigida
di
quella
che
avete
voi
in
Italia
,
una
rissosità
politica
incredibile
.
Adesso
ci
si
mettono
pure
questi
gruppetti
di
fanatici
religiosi
,
finanziati
dagli
ebrei
americani
,
a
organizzare
il
"
Terrore
contro
il
Terrore
"
,
come
lo
chiamano
,
con
piani
di
rappresaglia
folli
contro
gli
arabi
.
La
verità
è
che
appena
gli
ebrei
vengono
in
contatto
con
lo
Stato
,
con
il
potere
,
scatta
nella
loro
testa
un
corto
circuito
micidiale
,
perché
gli
prende
immediatamente
la
smania
di
mischiare
lo
Stato
con
la
metafisica
,
con
la
morale
,
con
la
religione
.
E
alla
fine
il
risultato
è
quello
di
mandare
in
pezzi
tutto
,
di
distruggere
anche
il
proprio
Stato
.
F
successo
nell
'
epoca
biblica
,
sta
succedendo
di
nuovo
ora
»
.
«
Sa
cosa
si
riprometteva
il
gruppo
di
terroristi
ebrei
scoperti
un
mese
fa
che
avevano
in
mente
di
far
saltare
in
aria
la
moschea
di
al
-
Aqsa
nel
centro
di
Gerusalemme
?
Sa
cosa
vogliono
i
seguaci
del
rabbino
Meir
Kahane
,
una
parte
del
Gush
Emunin
(
Blocco
dei
credenti
)
?
Provocare
la
Guerra
santa
,
scatenare
orde
di
arabi
infuriati
contro
Israele
per
vedere
se
Dio
c
'
è
,
se
Dio
è
davvero
con
il
suo
popolo
.
Usare
lo
Stato
per
provocare
Dio
,
per
sistemare
i
propri
conti
con
l
'
Onnipotente
e
così
distruggere
lo
Stato
,
suicidarsi
:
mi
dica
in
quale
altro
Paese
potrebbe
succedere
qualcosa
di
più
folle
»
.
«
Prenda
l
'
esercito
.
Israele
non
ha
un
esercito
,
ha
una
cavalleria
crociata
.
Altrove
c
'
è
la
fanteria
,
il
genio
,
l
'
aviazione
;
in
Israele
no
,
qui
sono
tutti
marines
.
Se
l
'
immagina
cosa
vuoi
dire
un
esercito
di
600mila
marines
?
Credo
bene
che
vincono
tutte
le
guerre
.
Ma
da
guerre
combattute
in
questo
modo
,
inseguendo
un
sogno
,
regolarmente
non
riescono
poi
a
tirarsi
fuori
.
E
allora
si
chiedono
cos
'
è
che
non
va
,
perché
il
mondo
è
cattivo
,
perché
non
li
ama
.
Mi
creda
,
non
c
'
è
niente
da
capire
.
Io
ho
tentato
di
scriverlo
tante
volte
sul
mio
giornale
,
ma
so
che
è
inutile
:
voi
dell
'
Occidente
non
ci
credete
,
voi
volete
capire
,
siete
divorati
dalla
fissazione
di
capire
»
.
«
È
VERO
:
GLI
ISRAELIANI
SONO
PAZZI
.
Ma
forse
la
verità
è
che
non
potrebbero
essere
altrimenti
.
E
il
primo
motivo
della
loro
inevitabile
follia
è
nello
spazio
,
nell
'
estensione
ridicolmente
minuscola
del
loro
Paese
.
Una
popolazione
di
circa
4
milioni
di
abitanti
pigiata
in
un
territorio
grande
all
'
incirca
come
le
Puglie
passa
il
proprio
tempo
a
raccontarvi
e
a
raccontarsi
quanti
minuti
ci
metterebbe
a
morire
nel
caso
di
un
attacco
di
sorpresa
.
Con
i
vecchi
confini
pre
1967
(
gli
unici
ancora
oggi
internazionalmente
riconosciuti
)
,
18
chilometri
separavano
la
Giordania
da
Tel
Aviv
,
35
da
Haifa
,
36
da
Ashdod
.
E
dietro
niente
,
solo
le
acque
del
Mediterraneo
.
Visitare
Israele
diviene
così
,
per
un
europeo
,
un
'
iniziazione
quasi
insopportabile
alla
realtà
nei
suoi
dati
più
bruti
,
a
una
visione
del
mondo
in
cui
una
roccaforte
naturale
può
far
premio
su
qualsiasi
buon
proposito
della
ragione
astratta
.
Ricattati
,
ecco
come
ci
si
sente
quando
si
viene
qui
»
.
«
Perché
si
fa
presto
,
in
un
tinello
europeo
,
a
leggere
distrattamente
su
un
giornale
"
tiri
di
katiuscia
d
'
oltreconfine
su
Kiryat
Shmona
"
o
"
colpi
di
artiglieria
sul
Golan
"
,
e
a
pensare
distrattamente
alle
solite
scaramucce
tra
arabi
e
israeliani
.
Ma
solo
se
uno
va
in
cima
al
Golan
capisce
che
fa
una
bella
differenza
stare
sotto
con
il
nemico
che
tiene
l
'
orlo
dell
'
altipiano
e
che
può
divertirsi
quando
gli
va
a
genio
a
sparacchiare
un
colpo
qui
un
colpo
là
.
Qui
le
distanze
non
sono
chilometri
,
ma
da
35
anni
tutto
si
è
sempre
giocato
in
poche
centinaia
di
metri
che
hanno
fatto
la
differenza
tra
la
vita
e
la
morte
,
lungo
un
confine
che
correva
tra
le
case
,
di
fronte
a
un
balcone
»
.
«
È
UNA
SORPRESA
sconvolgente
,
questa
della
crucialità
dello
spazio
che
riporta
chi
viene
dall
'
Europa
al
Medioevo
,
quando
scoppiavano
guerre
feroci
per
il
possesso
di
un
guado
.
Ed
è
una
sorpresa
che
incrina
molte
certezze
intinte
nella
sicumera
.
Sì
,
gli
israeliani
sono
dei
pazzi
.
Dentro
ognuno
di
loro
sonnecchia
un
potenziale
capo
di
Stato
maggiore
.
La
vede
Gerusalemme
laggiù
,
chiusa
dentro
un
muro
di
colline
a
doppio
ferro
di
cavallo
con
due
piccoli
passaggi
,
uno
verso
ovest
,
verso
Tel
Aviv
e
il
mare
,
e
l
'
altro
verso
est
,
verso
il
deserto
di
Giudea
e
la
Giordania
?
»
.
«
Prima
del
1967
noi
avevamo
nelle
nostre
mani
,
in
pratica
,
solo
una
striscia
d
'
asfalto
che
attraversava
il
primo
passaggio
e
la
parte
occidentale
della
città
.
Qui
,
sulle
creste
tutt
'
intorno
,
c
'
era
in
permanenza
mezzo
esercito
giordano
in
postazione
,
con
cannoni
,
bunker
,
mitragliatrici
;
le
sue
linee
arrivavano
fin
dentro
Gerusalemme
.
Lo
so
,
voi
non
volete
trasferire
qui
la
vostra
ambasciata
perché
non
siete
disposti
a
riconoscere
la
nostra
annessione
della
parte
est
della
città
e
della
zona
collinare
,
ma
mi
dica
:
lei
cosa
pensa
che
avremmo
dovuto
fare
quando
re
ibn
Talal
Hussein
,
credendo
di
sbatterci
fuori
in
poche
ore
,
fu
così
pazzo
da
cedere
alle
pressioni
di
Gamal
Abdel
Nasser
e
da
attaccarci
?
Lo
dica
,
cosa
1
avremmo
dovuto
fare
?
»
.
Il
mio
accompagnatore
israeliano
mi
guarda
con
l
'
aria
effettivamente
incuriosita
di
chi
in
cuor
suo
ha
già
deciso
da
un
pezzo
che
da
Gerusalemme
non
se
ne
andrà
neanche
morto
.
Così
come
c
'
è
da
giurarci
che
non
se
ne
andranno
mai
dalle
loro
case
gli
abitanti
degli
insediamenti
ebrei
in
quella
che
noi
ci
ostiniamo
ancora
a
chiamare
Cisgiordania
o
"
West
Bank
"
e
per
loro
è
invece
la
Giudea
e
la
Samaria
.
Da
anni
tutto
il
Paese
è
un
immenso
cantiere
.
In
una
nuvola
di
polvere
,
tra
bulldozer
e
camion
giganteschi
,
lo
spazio
israeliano
si
sta
trasformando
,
specialmente
lungo
l
'
asse
costituito
dalle
due
nuove
strade
che
collegano
rapidamente
la
Cisgiordania
con
il
territorio
entro
i
confini
pre
1967
:
la
Allon
Road
,
che
da
Gerusalemme
percorre
la
Valle
del
Giordano
in
direzione
nord
-
sud
parallelamente
al
fiume
,
e
la
Transamaria
che
su
una
direttrice
est
-
ovest
congiunge
Tel
Aviv
con
il
cuore
dei
territori
occupati
.
Lungo
il
loro
tracciato
,
così
come
sulle
colline
che
circondano
Gerusalemme
,
crescono
a
vista
d
'
occhio
agglomerati
urbani
stranissimi
.
Da
lontano
hanno
l
'
aspetto
di
maestose
fortezze
,
muraglie
grigiastre
poste
a
guardia
delle
valli
che
si
aprono
ai
loro
piedi
.
E
in
effetti
di
questo
si
tratta
,
di
veri
e
propri
quartieri
concepiti
innanzitutto
a
scopi
militari
.
Due
cinture
di
questi
agglomerati
-
a
un
paio
di
chilometri
dalla
città
la
prima
,
a
una
quindicina
la
seconda
-
serrano
Gerusalemme
in
una
protezione
impenetrabile
e
la
fanno
israeliana
,
ebrea
per
sempre
.
I
blocchi
di
appartamenti
hanno
in
genere
forma
circolare
o
poligonale
,
con
all
'
interno
una
corte
cui
si
accede
attraverso
uno
stretto
portoncino
;
finestre
,
terrazzi
,
ballatoi
sono
studiati
per
respingere
un
attacco
,
per
piazzarci
una
mitragliatrice
e
vender
cara
la
pelle
.
Autentici
castelli
feudali
del
ventesimo
secolo
,
hanno
il
fascino
un
po
'
sinistro
delle
architetture
dei
fumetti
di
fantascienza
.
Identici
sono
il
senso
e
la
funzione
delle
decine
di
nuove
città
nel
cuore
della
Giudea
e
della
Samaria
,
sempre
sulla
cresta
dei
monti
a
controllare
il
fondovalle
sulla
cui
poca
terra
coltivabile
,
a
quel
che
è
dato
di
vedere
,
la
popolazione
araba
sembra
essere
restata
indisturbata
con
i
suoi
villaggi
e
le
sue
cose
.
Solo
che
qui
gli
appartamenti
fortezza
a
quattro
o
cinque
piani
sono
sostituiti
da
lunghe
file
di
villette
a
uno
o
al
massimo
due
piani
,
ognuna
con
il
suo
bravo
giardinetto
.
Ma
se
lo
sguardo
si
leva
alla
collina
di
fronte
è
comune
scorgere
un
impianto
radar
,
una
batteria
missilistica
en
plein
air
,
un
'
altra
qualunque
attrezzatura
militare
cui
la
città
è
organicamente
collegata
.
I
TERMINI
COLONI
,
insediamenti
,
settlement
,
con
cui
la
stampa
designa
abitualmente
queste
città
e
i
loro
abitanti
,
fanno
pensare
all
'
agricoltura
,
a
contadini
che
si
rompono
la
schiena
sotto
il
sole
e
"
fanno
fiorire
il
deserto
"
.
Invece
non
è
così
.
Le
due
cinture
intorno
a
Gerusalemme
,
gli
insediamenti
in
Cisgiordania
,
sono
per
lo
più
abitati
da
colletti
bianchi
,
da
ingegneri
,
da
tecnici
,
da
media
e
piccola
borghesia
,
che
qui
trova
case
a
miglior
prezzo
,
aria
fina
,
la
piscina
in
giardino
,
una
vita
comunitaria
più
intensa
,
anche
se
ogni
giorno
è
costretta
a
pendolare
su
e
giù
con
Tel
Aviv
,
con
Gerusalemme
,
con
Haifa
.
E
fa
molto
film
di
fantascienza
-
Rollerball
o
1997
:
Fuga
da
New
York
-
anche
questo
fenomeno
dei
quartieri
-
fortezza
per
pendolari
.
Città
come
Ariel
in
Samaria
,
ancora
in
costruzione
,
costituiranno
tra
qualche
anno
la
punta
di
diamante
della
formidabile
spinta
al
progresso
tecnologico
in
cui
già
oggi
Israele
appare
lanciata
.
Parlando
con
chiunque
,
girando
per
il
Paese
,
si
tocca
con
mano
il
progetto
di
fare
di
questo
lembo
di
terra
asiatica
un
duplicato
a
scala
nazionale
della
Silicon
Valley
californiana
,
e
proprio
a
partire
dagli
insediamenti
nei
nuovi
territori
.
Avionica
,
elettronica
,
robotica
,
bioingegneria
,
impianti
per
telecomunicazioni
già
oggi
stanno
cambiando
il
volto
di
Israele
.
Scienziati
di
molte
parti
del
mondo
si
trasferiscono
negli
avanzatissimi
centri
di
ricerca
che
il
Paese
offre
,
mentre
un
numero
sempre
maggiore
si
trasferisce
dalle
università
alle
industrie
,
che
spesso
sono
costituite
con
la
partecipazione
di
capitale
straniero
.
La
corsa
al
modello
tecnologico
avanzato
e
i
successi
già
conseguiti
diffondono
un
clima
elettrizzante
,
una
voglia
di
fare
,
di
tentare
strade
nuove
,
una
venerazione
generale
per
il
progresso
e
la
scienza
,
che
si
respirano
nell
'
aria
e
che
stanno
formando
,
almeno
in
parte
,
un
nuovo
Paese
.
Ancora
una
decina
d
'
anni
fa
Israele
appariva
come
uno
strano
incrocio
tra
l
'
Ucraina
e
il
Texas
,
tra
l
'
utopia
tolstoiana
-
egualitaria
del
sionismo
socialista
delle
origini
e
il
pragmatismo
degli
Stati
Uniti
.
Oggi
sembra
essere
rimasto
solo
il
Texas
,
l
'
americanismo
.
Ma
l
'
americanismo
israeliano
non
è
imitazione
:
nasce
dalla
storia
stessa
del
Paese
.
La
quale
lo
porta
su
vie
singolarmente
coincidenti
con
quelle
percorse
dagli
Stati
Uniti
.
È
PER
QUESTE
PROFONDE
affinità
culturali
che
Israele
oggi
può
apparire
-
come
dice
con
maligno
sottinteso
politico
la
propaganda
anti
-
israeliana
-
il
cinquantunesimo
Stato
dell
'
Unione
.
Ma
le
cose
non
stanno
così
.
È
vero
che
tutta
l
'
élite
del
Paese
parla
correttamente
l
'
inglese
e
in
buona
parte
ha
trascorso
un
periodo
di
studi
negli
Stati
Uniti
,
che
le
strade
di
Tel
Aviv
rigurgitano
di
gadget
elettronici
di
ogni
tipo
,
che
il
Jerusalem
Post
pubblica
settimanalmente
un
inserto
di
otto
pagine
tratto
dall
'
edizione
domenicale
del
New
York
Times
,
che
per
ragioni
anche
politiche
la
gente
si
sente
più
vicina
e
in
sintonia
con
gli
Usa
che
non
con
l
'
Europa
(
il
tracollo
dell
'
immagine
europea
in
Israele
meriterebbe
da
solo
un
discorso
a
parte
)
;
tutto
questo
è
vero
,
ma
assai
più
strabiliante
è
scoprire
,
per
esempio
,
in
quale
misura
il
progresso
tecnico
sia
stato
accolto
e
integrato
nella
cultura
religiosa
.
Non
solo
nelle
yeshiva
(
scuole
religiose
)
si
mettono
su
memoria
elettronica
la
Bibbia
,
il
Talmud
e
gli
altri
testi
della
tradizione
sapienziale
,
non
solo
sono
sorti
istituti
di
alta
tecnologia
che
accoppiano
lo
studio
delle
materie
scientifiche
a
quello
religioso
,
ma
molto
spesso
sono
proprio
i
kibbutz
degli
ortodossi
che
,
specialmente
per
aggirare
le
rigide
prescrizioni
sul
riposo
del
sabato
,
hanno
fatto
più
largo
posto
all
'
impiego
dell
'
elettronica
nella
vita
quotidiana
.
È
il
computer
che
provvede
ad
accendere
e
a
spegnere
la
luce
,
a
riscaldare
le
vivande
all
'
ora
giusta
.
Ma
alla
fin
fine
il
computer
,
il
progresso
tecnico
vogliono
dire
soprattutto
la
sicurezza
.
Rappresentano
nel
medio
periodo
l
'
unica
carta
su
cui
Israele
punta
per
colmare
il
divario
strategico
con
il
blocco
arabo
che
le
si
contrappone
.
Oggi
,
per
esempio
,
il
Paese
produce
nelle
sue
fabbriche
-
e
dunque
senza
dover
ricorrere
all
'
importazione
-
forse
il
miglior
carro
armato
dell
'
ultima
generazione
(
il
Merkava
)
,
un
fucile
mitragliatore
,
l
'
Uzi
,
adottato
perfino
dalla
scorta
del
presidente
degli
Stati
Uniti
,
il
Mastiff
(
o
Mini
Remotely
Piloted
Vehicle
)
,
un
gingilletto
volante
di
due
metri
e
mezzo
per
la
sorveglianza
elettronica
del
terreno
-
anch
'
esso
acquistato
in
decine
di
esemplari
dagli
Usa
-
che
si
è
rivelato
decisivo
nella
mazzata
militare
inferta
alla
Siria
in
Libano
,
nell
'
estate
del
1982
.
La
sicurezza
,
la
guerra
,
il
nemico
arabo
,
l
'
esercito
;
come
vuole
la
regola
,
volenti
o
nolenti
,
ogni
volta
che
si
parla
di
Israele
non
si
può
evitare
di
arrivarci
.
Ma
,
sempre
come
vuole
la
regola
,
ci
si
accorge
che
tutto
è
stato
già
detto
,
che
ben
poco
,
anzi
nulla
,
c
'
è
da
aggiungere
ai
dati
conosciutissimi
del
problema
.
Solo
che
molte
cose
cambiano
se
da
problema
politico
-
militare
,
da
questione
di
cancellerie
e
di
Stati
maggiori
,
i
dati
divengono
,
sia
pure
in
minima
parte
,
un
frammento
di
esperienza
.
UN
EUROPEO
CHE
VA
in
Israele
,
prima
e
più
che
con
il
fatto
politico
che
ogni
guerra
,
anche
la
guerra
arabo
-
israeliana
,
rappresenta
,
è
costretto
a
misurarsi
con
ciò
che
la
guerra
è
,
con
ciò
che
la
guerra
significa
di
profondamente
,
di
drammaticamente
vero
e
ineludibile
nelle
vicende
umane
.
È
costretto
a
misurarsi
con
la
sua
terribile
moralità
.
Tsahal
,
l
'
esercito
israeliano
,
questa
pupilla
della
nazione
,
autentico
diamante
affilato
nel
diadema
di
Sion
,
gli
offre
l
'
immagine
di
un
tale
senso
di
appartenenza
,
di
un
tale
spirito
di
sacrificio
e
di
determinazione
,
di
competenza
tecnica
e
insieme
di
genialità
improvvisatrice
,
da
lasciarlo
comunque
stupito
e
ammirato
.
Non
è
l
'
ammirazione
per
un
esercito
che
ha
sempre
avuto
la
meglio
,
non
si
tratta
di
una
forma
di
vile
simpatia
per
il
vincitore
.
Niente
affatto
.
L
'
ammirazione
nasce
da
ben
altro
:
è
l
'
ammirazione
e
lo
stupore
per
un
esercito
-
popolo
che
visibilmente
,
per
segni
inequivocabili
,
è
pronto
in
ogni
momento
a
farsi
uccidere
fino
all
'
ultimo
uomo
,
a
morire
in
una
comunione
di
valori
che
non
teme
incrinature
.
Alzi
la
mano
chi
in
caso
di
pericolo
-
di
pericolo
vero
,
intendo
,
quando
si
trattasse
della
vita
e
della
morte
-
non
desidererebbe
avere
lo
scudo
di
Tsahal
.
E
così
chi
viene
dall
'
Europa
,
se
non
ha
paura
di
guardare
in
faccia
ai
fatti
e
di
chiamarli
con
il
loro
nome
,
deve
ammettere
di
essere
piano
piano
attraversato
da
una
sensazione
sottile
di
rimpianto
e
di
vergogna
.
Rimpianto
e
vergogna
per
aver
perduto
,
anzi
per
non
sapere
più
neppure
cosa
sia
,
la
dimensione
della
lotta
,
del
sacrificio
,
dell
'
unione
morale
di
una
società
.
Naturalmente
è
facile
riacquistare
la
propria
virtuosa
tranquillità
e
scoccare
sui
soldati
d
'
Israele
l
'
accusa
di
essere
una
massa
di
fascistoidi
inebriati
di
potenza
;
del
resto
non
è
forse
vero
che
loro
mostrano
chiaramente
di
guardare
a
noi
europei
come
a
una
massa
di
vigliacchi
,
pronti
a
buttarci
in
ginocchio
davanti
a
un
barile
di
petrolio
e
all
'
imperatore
di
tutte
le
Russie
?
Eppure
è
proprio
a
questi
europei
smidollati
e
imbelli
che
il
guerriero
di
Tsahal
-
per
i
vincoli
misteriosi
che
legano
i
popoli
e
le
culture
-
sente
il
bisogno
di
rivolgersi
in
qualcosa
che
a
tratti
hail
sapore
di
una
richiesta
di
assoluzione
:
«
Certo
che
siamo
dei
cattivi
occupanti
,
ma
quando
mai
se
ne
sono
visti
di
buoni
sulla
faccia
della
Terra
?
Ogni
occupante
è
un
cattivo
occupante
per
definizione
.
Ma
quale
altra
occupazione
militare
nella
storia
è
stata
sottoposta
,
in
ogni
suo
atto
,
come
la
nostra
,
al
vaglio
,
alla
censura
e
,
se
del
caso
,
alla
punizione
della
Corte
suprema
,
cioè
di
uno
degli
organi
di
giustizia
più
imparziali
del
mondo
?
Certo
,
sul
nostro
onore
pesa
la
macchia
di
Sabra
e
Chatila
,
ma
in
quale
altro
Paese
del
mondo
600mila
persone
si
sarebbero
rovesciate
in
piazza
per
reclamare
giustizia
?
E
in
quale
altro
Paese
l
'
avrebbero
ottenuta
grazie
a
una
Commissione
d
'
inchiesta
che
non
ha
guardato
in
faccia
nessuno
?
A
prezzo
di
molte
cose
,
sulla
nostra
pelle
,
abbiamo
dimostrato
di
voler
essere
fedeli
ai
valori
dell
'
Occidente
,
di
saperli
mantenere
.
Noi
,
non
voi
,
non
il
resto
del
mondo
,
abbiamo
cercato
la
verità
,
abbiamo
fatto
giustizia
.
Noi
non
siamo
come
gli
arabi
;
mai
,
mai
diventeremo
come
gli
arabi
.
Ma
voi
non
immaginate
neppure
cosa
significhi
vivere
,
dover
sopravvivere
qui
,
nel
Medio
Oriente
»
.
StampaPeriodica ,
Nurit
,
sua
moglie
,
ha
mandato
i
bambini
da
qualcuno
:
forse
non
vuole
che
ascoltino
.
Gli
occhi
di
Rami
,
nerissimi
,
sono
grandi
e
tristi
.
Lui
il
giorno
del
quarantesimo
anniversario
della
proclamazione
dello
Stato
d
'
Israele
lo
passerà
in
galera
o
,
se
sarà
fortunato
,
a
pulire
i
cessi
della
sua
caserma
.
«
Ma
là
non
ci
torno
»
,
mormora
.
«
Non
ci
torno
più
»
.
Sergente
della
riserva
,
35
anni
,
professione
catering
,
Rami
è
appena
rientrato
da
un
burrascoso
colloquio
con
il
comandante
del
reparto
.
«
Gli
ho
detto
che
stiamo
sprofondando
nel
fango
»
,
racconta
.
«
Io
ho
già
fatto
il
servizio
di
leva
nei
Territori
,
poi
ci
sono
tornato
altre
volte
,
l
'
ultima
a
Gaza
.
Mi
sono
sentito
un
occupante
»
.
Cita
Lev
Tolstoj
,
il
grande
esercito
napoleonico
che
diventa
manipolo
di
banditi
.
«
Sono
nato
e
cresciuto
in
Cile
,
non
userò
il
manganello
»
.
Il
4
di
ijar
(
che
,
secondo
il
calendario
lunare
ebraico
,
quest
'
anno
cade
il
21
aprile
)
Rami
non
farà
festa
,
non
ballerà
per
le
strade
con
gli
amici
.
Però
ripenserà
alle
parole
che
pronunciò
un
giorno
David
Ben
Gurion
:
«
Israele
sarà
una
luce
in
mezzo
alle
altre
nazioni
»
.
Un
gesto
quello
di
Rami
che
è
,
e
vuole
rimanere
,
atto
individuale
,
scelta
morale
.
Qualcosa
che
non
è
direttamente
collegato
alle
analoghe
proteste
del
movimento
Yesh
Gvul
(
C
'
è
un
limite
)
,
quello
che
organizza
il
rifiuto
dei
soldati
a
pattugliare
e
a
reprimere
i
villaggi
della
Cisgiordania
o
a
imporre
a
ogni
costo
il
coprifuoco
nei
campi
profughi
di
Gaza
.
E
non
c
'
entra
neppure
con
quei
2mila
ufficiali
che
hanno
appena
scritto
a
Yitzhak
Shamir
facendo
pressione
perché
non
usi
solo
la
parola
"
no
"
.
Certo
,
anche
Rami
e
sua
moglie
vanno
alle
manifestazioni
di
Shalom
Achshav
(
Pace
adesso
)
e
tifano
per
i
37
gruppi
pacifisti
operanti
nel
loro
Paese
,
l
'
unico
democratico
dell
'
intera
regione
.
Per
Rami
è
una
cosa
che
viene
da
dentro
(
ma
queste
storie
si
somigliano
tutte
)
:
«
Amo
il
mio
Stato
,
rispetto
troppo
il
mio
esercito
per
seguirlo
in
una
strada
cieca
che
va
contro
la
storia
.
Noi
oggi
stiamo
facendo
ai
palestinesi
ciò
che
loro
,
gli
arabi
,
hanno
fatto
a
noi
proprio
quarant
'
anni
or
sono
»
.
La
pensa
così
,
ma
da
religioso
,
anche
Yehezkel
Landau
,
attivista
di
Oz
ve
Shalom
(
Coraggio
e
pace
)
.
Loro
sono
i
pii
per
cui
«
sacrificare
Hebron
e
la
Tomba
dei
Patriarchi
è
come
amputarsi
un
pezzo
di
corpo
»
.
Ma
è
un
sacrificio
che
va
fatto
poiché
,
come
spiega
Landau
«
è
meglio
arrivare
a
un
compromesso
sui
Territori
,
mantenendo
integra
la
morale
,
piuttosto
che
tenere
i
Territori
,
ma
compromettere
i
valori
religiosi
e
ideali
»
.
Israele
celebra
il
suo
quarantesimo
compleanno
,
e
appare
infelice
,
diviso
,
esausto
.
Le
immense
energie
e
l
'
idealismo
della
nascita
hanno
lasciato
il
posto
alle
disillusioni
dell
'
età
matura
.
La
ribellione
dei
palestinesi
,
l
'
intifadeh
(
Intifada
)
,
dura
ormai
dai
primi
di
dicembre
,
i
morti
sono
oltre
150
,
centinaia
i
feriti
,
migliaia
gli
arrestati
.
Le
scene
che
la
televisione
porta
ogni
sera
nelle
case
non
hanno
bisogno
di
commenti
.
Rabbia
,
sgomento
,
dolore
e
paura
regnano
quasi
incontrastati
.
E
anche
se
può
apparire
assurdo
regnano
incontrastati
da
ambedue
le
parti
.
Il
clima
non
è
poi
così
diverso
da
come
gli
anziani
ricordano
gli
orrori
del
passato
.
Gli
ebrei
raccontano
il
pogrom
di
Hebron
quando
,
nel
1929
,
gli
arabi
misero
in
atto
un
'
altra
sommossa
e
massacrarono
66
"
giudei
"
,
profanarono
le
sinagoghe
,
distrussero
l
'
ospedale
arabo
ebraico
.
Ricordano
i
133
trucidati
al
Muro
del
Pianto
,
e
quelli
del
monte
Scopus
,
e
gli
altri
innumerevoli
loro
lutti
.
Gli
arabi
ancora
tremano
al
sentire
i
nomi
dell
'
Irgun
e
della
banda
Stern
,
due
gruppi
minoritari
,
ma
potenti
,
dell
'
estremismo
sionista
,
che
si
macchiarono
della
morte
di
civili
sia
arabi
sia
inglesi
.
Fu
proprio
l
'
Irgun
dell
'
ex
premier
Menachem
Begin
a
far
saltare
il
quartier
generale
britannico
al
King
David
e
a
compiere
,
nell
'
aprile
del
1948
,
la
strage
di
Deir
Yassin
.
Eppure
il
grosso
del
movimento
sionista
non
cercava
davvero
la
guerra
.
Erano
circa
150mila
gli
ebrei
giunti
in
Palestina
a
cavallo
fra
i
due
secoli
e
fino
agli
anni
Venti
.
Venivano
dai
pogrom
zaristi
,
dall
'
intolleranza
dell
'
Europa
cattolica
,
sospinti
dalle
teorie
di
Theodor
Herzl
.
Erano
in
gran
parte
collettivisti
,
socialisti
,
sicuri
di
realizzare
un
domani
migliore
per
sé
e
per
i
fellah
sfruttati
come
nel
Medioevo
attraverso
l
'
agricoltura
dei
kibbutz
e
dei
moshav
.
Comperavano
a
caro
prezzo
pezzi
di
deserto
che
avrebbero
poi
fatto
fiorire
.
Sognavano
l
'
uomo
nuovo
:
maniche
di
camicia
,
niente
formalismi
,
tanto
lavoro
.
E
,
in
parte
,
quel
sogno
lo
realizzarono
.
Israele
nacque
così
,
a
mezzanotte
in
punto
fra
il
14
e
il
15
maggio
del
1948
.
Nell
'
odio
e
nella
speranza
.
L
'
ebreo
palestinese
da
generazioni
cantò
il
suo
inno
,
Hatikvah
,
assieme
ai
fratelli
sopravvissuti
allo
sterminio
,
a
quelli
che
,
sfidando
gli
inglesi
,
avevano
raggiunto
la
Terra
Promessa
attraverso
mille
epopee
simili
a
quella
della
nave
Exodus
.
Ma
il
programma
sionista
"
una
terra
senza
popolo
per
un
popolo
senza
terra
"
s
'
infranse
immediatamente
contro
il
grande
rifiuto
arabo
.
E
contro
la
realtà
.
La
Palestina
non
era
una
landa
disabitata
e
lo
Stato
ebraico
dovette
vivere
in
guerra
perenne
fin
dal
primo
giorno
.
Per
difendere
un
diritto
alla
vita
sancito
dall
'
Onu
e
immediatamente
appoggiato
dalla
Russia
di
Iosif
Stalin
come
dall
'
America
di
Harry
Truman
.
Tuttavia
il
sogno
s
'
avverava
,
pieno
di
utopia
.
Un
sogno
in
cui
la
storia
,
la
religione
,
l
'
ideale
politico
,
i
valori
morali
,
tutto
aveva
un
senso
.
Eccetto
la
geografia
.
Un
'
altra
collettività
veniva
parzialmente
dispersa
,
quella
arabo
-
palestinese
.
Le
ragioni
della
storia
,
in
Medio
Oriente
,
hanno
i
medesimi
colori
di
quella
natura
:
il
beige
e
il
grigio
.
Non
esistono
verità
assolute
,
e
come
nella
Bibbia
i
buoni
diventano
spesso
cattivi
e
i
cattivi
possono
anche
tornare
buoni
.
Così
il
cuore
di
questo
conflitto
,
a
quarant
'
anni
dal
suo
insorgere
,
è
e
resta
lo
scontro
fra
due
popoli
,
due
comunità
,
due
nazioni
.
Bene
lo
sanno
i
ricercatori
dell
'
Istituto
Van
Leer
di
Gerusalemme
che
,
dopo
aver
messo
in
piedi
un
programma
educativo
per
migliorare
i
rapporti
fra
arabi
e
israeliani
,
fra
musulmani
ed
ebrei
,
debbono
constatare
che
"
arabo
"
suscita
negli
scolari
israeliani
associazioni
con
le
parole
"
sporco
"
,
"
puzzolente
"
,
"
nemico
"
,
"
terrorista
"
.
E
per
gli
adolescenti
arabi
"
israeliano
"
è
uguale
a
"
soldato
crudele
"
,
mentre
per
gli
adulti
vuol
dire
"
nazista
"
.
Meglio
di
ogni
statistica
aiuta
a
capire
come
stanno
le
cose
,
nel
profondo
,
l
'
esperienza
di
una
psicologa
,
Thaila
Blumenthal
:
una
bambina
ebrea
che
vive
vicino
a
Beersheva
,
sogna
un
autobus
attaccato
da
commando
palestinesi
assetati
di
sangue
,
e
intanto
una
dodicenne
musulmana
sogna
soldati
di
Tsahal
che
,
di
notte
,
spalancano
la
porta
di
casa
e
sparano
sui
suoi
parenti
.
«
Fino
al
1967
gli
arabi
che
erano
rimasti
con
noi
dopo
il
1948
non
erano
influenzati
dalle
ideologie
panarabe
,
il
loro
modello
di
riferimento
era
,
più
o
meno
,
la
società
israeliana
in
cui
avevano
trovato
un
posto
per
studiare
e
lavorare
»
,
spiega
Moshe
Lissak
,
sociologo
,
uno
degli
intellettuali
più
stimati
in
Israele
.
«
Poi
il
contatto
con
la
realtà
arretratissima
dei
fratelli
giordani
della
West
Bank
ha
sconvolto
ogni
regola
.
Dopo
l
'
invasione
del
Libano
,
nel
1982
,
la
disgregazione
s
'
è
fatta
quasi
totale
.
Perché
dopo
il
Libano
?
Ma
perché
allora
s
'
è
innalzata
la
bandiera
di
Ariel
Sharon
,
della
distruzione
sì
delle
basi
terroristiche
dell
'
Olp
,
ma
anche
degli
spiragli
di
dialogo
con
la
controparte
moderata
»
.
I
nati
in
Eretz
Israel
sono
chiamati
sabra
,
che
vuol
dire
fico
d
'
India
:
spinosi
fuori
,
ma
dolci
dentro
.
Il
fatto
è
che
,
a
forza
di
vivere
in
attesa
di
un
'
apocalisse
sempre
in
agguato
,
le
spine
si
sono
fatte
più
pungenti
.
L
'
età
,
da
queste
parti
,
può
essere
un
dramma
.
Perché
i
ragazzi
palestinesi
che
oggi
lanciano
pietre
,
coltelli
e
bombe
molotov
in
nome
del
proprio
diritto
all
'
autodeterminazione
lo
fanno
senza
conoscere
,
né
aver
vissuto
,
le
vicende
di
un
passato
prossimo
ancora
vicinissimo
.
E
quelle
pietre
le
tirano
a
ragazzi
in
divisa
che
talvolta
si
abbrutiscono
e
che
,
a
loro
volta
,
non
sanno
.
Non
sanno
.
Perché
non
erano
ancora
nati
nel
1967
o
erano
troppo
piccoli
per
accorgersi
dell
'
ennesima
guerra
minacciata
e
voluta
dai
governi
dei
Paesi
arabi
contro
Israele
.
Battaglia
dopo
battaglia
,
fu
allora
che
Gerusalemme
conquistò
Gaza
,
Cisgiordania
e
Sinai
.
La
chiamarono
la
Guerra
dei
sei
giorni
.
Furono
quei
primi
giorni
di
giugno
i
momenti
del
grande
trionfo
e
,
insieme
,
l
'
inizio
del
pantano
in
cui
adesso
il
Paese
rischia
di
rimanere
incastrato
.
Nel
1956
avevano
imparato
la
lezione
:
mai
più
avrebbero
restituito
qualcosa
conquistato
in
un
'
azione
di
autodifesa
senza
ricevere
qualcos
'
altro
in
cambio
.
E
questa
volta
l
'
autodifesa
aveva
portato
i
tank
con
la
stella
di
Davide
a
Gaza
e
al
Sinai
verso
sud
,
all
'
intera
riva
occidentale
del
Giordano
e
alle
alture
del
Golan
verso
nord
.
Dopo
2mila
anni
di
ghetto
,
di
sofferenze
e
di
Talmud
gli
ebrei
avevano
finito
d
'
interpretare
la
parte
del
perdente
.
In
quei
giorni
,
Sari
Nusseibeh
era
studente
a
Oxford
.
Oggi
,
insegna
all
'
università
palestinese
di
Birzeit
,
una
delle
cinque
sorte
in
Cisgiordania
dopo
l
'
occupazione
.
Nusseibeh
è
considerato
un
supporter
dell
'
Olp
,
è
uno
di
quei
15
che
hanno
recentemente
rifiutato
d
'
incontrarsi
con
George
Shultz
.
Con
uomini
come
lui
prima
o
poi
i
dirigenti
israeliani
si
troveranno
seduti
al
tavolo
delle
trattative
.
Nel
1967
,
dunque
,
il
giovane
studente
era
in
Inghilterra
.
«
Seppi
della
caduta
di
Gerusalemme
Est
»
,
racconta
.
«
La
famiglia
di
mio
padre
abitava
là
dal
1200»
.
E
continua
:
«
Io
sono
cresciuto
pensando
a
Israele
come
a
un
'
entità
imposta
sulla
terra
dei
miei
avi
,
un
'
entità
in
netta
antitesi
con
il
mio
essere
uomo
e
nazione
»
.
Sari
Nusseibeh
,
in
quell
'
autunno
del
1967
,
dovette
rivolgersi
,
per
la
prima
volta
in
vita
sua
,
a
un
'
ambasciata
israeliana
per
il
visto
d
'
entrata
all
'
aeroporto
di
Lod
.
«
Avevo
tanto
sentito
parlare
di
Lod
e
della
vicina
Ramla
,
la
famiglia
di
mia
madre
aveva
posseduto
parecchie
terre
laggiù
»
,
ricorda
.
«
Era
davvero
strano
,
da
una
parte
atterravo
a
casa
mia
,
dall
'
altra
a
casa
del
mio
nemico
.
Fu
per
questo
sentimento
di
stranezza
che
mi
misi
a
girare
lo
Stato
ebraico
,
per
conoscerlo
,
per
capire
.
Prima
del
1948
per
gli
ebrei
non
avevamo
certo
simpatia
,
ma
si
conviveva
.
Dopo
la
proclamazione
dello
Stato
tutti
diventarono
nemici
.
C
'
è
voluto
un
po
'
per
rendermi
conto
che
la
realtà
era
più
sfaccettata
,
piena
di
colori
diversi
.
Ci
sono
ebrei
ed
ebrei
,
israeliani
e
israeliani
,
politiche
differenti
,
uomini
più
umani
di
altri
»
.
Ma
fra
un
agguato
ai
gipponi
di
Tsahal
e
un
palestinese
che
cade
a
terra
colpito
da
un
colpo
di
fucile
,
l
'
antico
odio
,
totale
e
assoluto
,
riprende
fiato
.
E
il
poeta
Mahmud
Darwish
,
dirigente
dell
'
Olp
,
proprio
ora
scrive
:
«
Andatevene
dalla
nostra
terra
,
andatevene
tutti
,
e
portate
via
anche
i
vostri
morti
»
.
«
C
'
è
l
'
emozione
dirompente
,
vorrei
dire
bruta
,
e
c
'
è
la
ragione
»
,
dice
Nusseibeh
.
«
Quando
guardo
la
mia
gente
,
i
cadaveri
,
anch
'
io
prenderei
in
mano
una
pietra
e
andrei
in
strada
con
i
ragazzi
.
Ma
poi
penso
che
si
deve
giungere
a
un
compromesso
.
Sta
nel
compromesso
il
futuro
del
nostro
Stato
così
come
la
pace
e
la
sicurezza
per
Israele
»
.
Tutt
'
intorno
,
nulla
fa
prevedere
che
a
questa
ragionevolezza
si
stia
per
arrivare
.
Ma
il
professore
palestinese
ci
spera
:
«
Io
credo
nei
miracoli
,
questa
è
sempre
stata
una
terra
di
miracoli
»
.
Anche
Moshe
Dayan
,
21
anni
fa
,
credeva
a
qualcosa
di
miracoloso
.
Era
convinto
che
si
sarebbe
rapidamente
arrivati
a
un
negoziato
:
buona
parte
delle
conquiste
in
cambio
di
pace
e
frontiere
sicure
.
Ricevette
,
invece
,
secchi
rifiuti
e
nuove
guerre
.
Solamente
dieci
anni
più
tardi
,
nel
1977
,
Anwar
al
-
Sadat
cambiò
la
storia
e
,
con
enorme
coraggio
,
volò
a
Gerusalemme
per
aprire
quella
trattativa
che
avrebbe
portato
alla
firma
di
Camp
David
.
Sadat
pagò
con
la
vita
il
suo
riconoscimento
dei
diritti
dello
Stato
ebraico
.
Gli
egiziani
,
però
,
riottennero
il
Sinai
.
Gli
israeliani
,
invece
,
videro
rafforzarsi
la
destra
di
Menachem
Begin
,
il
Likud
guadagnare
voti
,
la
politica
del
dialogo
arretrare
sotto
i
colpi
dell
'
invasione
del
Libano
e
degli
insediamenti
in
Cisgiordania
,
alla
ricerca
della
biblica
Grande
Israele
.
E
oggi
i
fans
di
Yitzhak
Shamir
accolgono
il
segretario
di
Stato
americano
,
George
Shultz
,
facendogli
trovare
davanti
all
'
albergo
un
gigantesco
pupazzone
raffigurante
Yasser
Arafat
che
ride
:
"
Welcome
George
"
.
Intorno
sostano
,
giorno
e
notte
,
coloro
che
non
vogliono
scordare
l
'
elenco
dei
crimini
commessi
dall
'
Olp
.
I
coloni
chiedono
il
pugno
di
ferro
contro
l
'
intifadeh
,
accusano
l
'
esercito
di
mollezza
,
ipotizzano
l
'
espulsione
definitiva
della
popolazione
araba
dalla
West
Bank
.
Prendono
a
calci
le
automobili
dei
giornalisti
,
gridando
:
«
Voi
laici
siete
la
merda
di
questo
Paese
»
.
I
coloni
stanno
in
alto
,
in
cima
alle
colline
.
I
loro
insediamenti
hanno
i
tetti
rossi
e
qualche
torretta
di
guardia
.
Quasi
70mila
in
15
anni
,
a
contrastare
un
milione
di
arabi
.
L
'
insediamento
di
Tkoa
non
ha
fortificazioni
.
I
suoi
abitanti
prendono
forza
dal
monte
Herodion
,
che
è
lì
a
due
passi
.
Anche
il
vicino
villaggio
di
pastori
arabi
si
chiama
Tkoa
.
«
Da
qui
non
ce
ne
andremo
davvero
»
,
assicura
Edoardo
Recanati
,
uno
dei
pilastri
dell
'
insediamento
.
«
Vedete
là
,
in
cima
a
quella
collina
artificiale
,
all
'
Herodion
?
In
quel
fortilizio
erodiano
i
giudei
si
ribellarono
a
Roma
,
la
rivolta
durò
anni
.
Morirono
quasi
tutti
,
ma
non
si
arresero
»
.
L
'
abitato
accoglie
86
famiglie
,
400
persone
di
25
nazionalità
diverse
.
Sono
del
Gush
Emunim
(
Blocco
dei
fedeli
)
.
Casette
prefabbricate
,
molte
con
il
gancio
sul
tetto
(
imposto
agli
inizi
,
nel
1977
,
dal
governo
)
per
poter
essere
facilmente
trasportate
altrove
in
caso
di
evacuazione
.
Recanati
ha
53
anni
e
sette
figli
.
In
Italia
ha
fatto
l
'
avvocato
e
il
manager
,
non
era
religioso
né
osservante
.
Veniva
ogni
tanto
in
Israele
,
per
lavoro
e
per
trovare
qualche
parente
.
«
Un
giorno
,
all
'
aeroporto
di
Lod
,
ho
capito
che
non
stavo
tornando
a
casa
,
a
Roma
,
ma
andandomene
da
casa
,
da
qui
»
,
dice
.
«
Abbandonare
oggi
?
Non
ci
pensiamo
neppure
.
Guarda
là
,
stanno
piantando
una
nuova
vite
.
Se
l
'
esercito
venisse
a
dirmi
di
sloggiare
resisterei
con
ogni
mezzo
,
non
sparerei
soltanto
perché
nella
pattuglia
ci
potrebbe
essere
mio
figlio
»
.
Non
odia
gli
arabi
e
certo
non
li
ama
:
«
Io
non
dico
a
loro
che
non
possono
star
qui
,
ma
loro
lo
dicono
a
me
.
Scherziamo
?
I
giudei
non
possono
vivere
in
Giudea
?
»
.
A
Tkoa
tutti
raccontano
di
David
Rosenfeld
,
uno
di
loro
:
faceva
il
guardiano
all
'
Herodion
,
un
giorno
un
palestinese
di
queste
parti
lo
ammazzò
a
coltellate
.
Era
il
1982
.
I
parenti
dell
'
omicida
lo
consegnarono
ai
militari
.
Dopo
la
guerra
del
Libano
venne
liberato
:
lui
e
altri
1.149
,
in
cambio
di
tre
soldati
di
Tsahal
.
«
Gli
abbiamo
detto
che
non
lo
volevamo
più
in
giro
,
non
ha
seguito
il
consiglio
»
,
raccontano
.
«
Una
notte
gli
abbiamo
tagliato
il
cane
a
fette
.
Il
giorno
dopo
è
partito
»
.
Per
le
stradine
di
Tkoa
(
sembrano
quelle
di
un
villaggetto
piccolo
borghese
alla
periferia
di
una
nostra
metropoli
)
gira
una
coppia
di
francesi
,
giovanissimi
,
con
un
bambino
in
carrozzella
e
un
altro
che
sgambetta
appena
.
Si
stanno
guardando
intorno
.
Sono
indecisi
fra
qui
e
Kiryat
Arba
,
uno
degli
insediamenti
più
"
duri
"
,
poco
lontano
da
Hebron
.
A
loro
non
importa
se
prima
di
uscire
in
automobile
si
deve
avvertire
una
centrale
radio
che
collega
i
coloni
,
se
in
casa
è
appeso
il
mitra
.
Viene
in
mente
Amos
Oz
e
il
suo
In
the
Land
of
Israel
.
Anche
lui
è
stato
qui
per
una
giornata
.
E
scrive
:
«
Sono
spaventato
.
Letteralmente
,
ho
paura
.
Altri
,
apparentemente
,
no
.
O
forse
la
loro
è
una
paura
di
natura
completamente
diversa
»
.
Di
fronte
a
tutto
questo
la
leadership
israeliana
appare
immobile
,
priva
di
fantasia
,
schiacciata
in
una
coalizione
di
unità
nazionale
che
attende
solo
le
elezioni
d
'
autunno
per
decretare
la
propria
morte
.
L
'
opinione
pubblica
è
spaccata
verticalmente
.
Entrambi
gli
schieramenti
hanno
perso
quasi
ogni
fiducia
nella
convivenza
,
ma
auspicano
soluzioni
opposte
:
il
Grande
Israele
contro
la
conferenza
internazionale
di
pace
.
Alcuni
credono
in
un
ruolo
delle
superpotenze
,
altri
le
vedono
come
una
versione
moderna
di
Satana
.
Se
non
si
arriverà
alla
pace
il
futuro
è
già
scritto
:
nel
2010
Israele
non
sarà
più
uno
Stato
ebraico
,
questione
di
nascite
.
Oppure
vigerà
un
apartheid
ferreo
tipo
Sudafrica
.
Qualcuno
si
domanda
,
angosciato
,
se
il
Paese
non
abbia
perso
la
via
.
Qualcuno
è
convinto
che
a
ferire
Israele
non
siano
tanto
i
sassi
,
quanto
le
proprie
delusioni
.
In
mezzo
,
un
'
immensa
marea
di
gente
che
vota
per
l
'
ordine
,
senza
pensarci
tanto
.
Sono
per
lo
più
sefarditi
,
gli
ebrei
originari
del
Nord
Africa
e
del
Medio
Oriente
,
cacciati
da
Paesi
musulmani
che
li
hanno
perseguitati
,
uccisi
e
umiliati
.
Se
ne
incontrano
moltissimi
a
Ein
Hemed
,
alla
festa
degli
immigrati
dall
'
Iran
e
dal
Kurdistan
.
Cantano
,
ballano
,
mangiano
,
giocano
a
dama
.
Uguali
agli
arabi
,
e
proprio
perché
uguali
tanto
nemici
.
Sono
i
ceti
più
popolari
,
quelli
che
comprano
le
cassette
di
Chaim
Moshe
,
un
cantante
di
famiglia
yemenita
.
La
sua
musica
è
orientale
,
piace
molto
pure
agli
arabi
che
lo
gettonano
in
abbondanza
.
Arriva
sulla
sua
Bmw
nera
con
radiotelefono
.
Nel
quartiere
dove
abita
,
alla
periferia
di
Tel
Aviv
,
la
gente
lo
festeggia
per
la
strada
.
Le
sue
canzoni
parlano
d
'
amore
,
di
felicità
,
di
buoni
sentimenti
.
Non
c
'
è
mai
la
parola
pace
.
«
Io
canto
per
tutti
,
vecchi
e
bambini
,
arabi
e
israeliani
,
non
faccio
politica
»
,
è
la
risposta
stizzita
.
Dopo
40
anni
la
realtà
è
che
tutti
si
dovranno
accontentare
di
qualcosa
di
meno
dei
propri
sogni
.
Tutti
,
prima
o
poi
,
dovranno
fidarsi
.
D
'
altronde
questa
è
una
storia
di
paradossi
:
se
nel
1948
gli
Stati
arabi
avessero
accettato
la
spartizione
dell
'
Onu
,
oggi
i
palestinesi
avrebbero
la
terra
che
vogliono
.
E
Israele
non
si
lascerebbe
dietro
una
scia
di
violenza
che
lo
disgusta
.
Ma
per
l
'
Europa
e
l
'
Occidente
questa
è
senz
'
altro
una
situazione
difficile
da
capire
.
Sullo
sfondo
lo
spettro
di
due
integralismi
altrettanto
pericolosi
,
quello
islamico
e
quello
dei
coloni
dell
'
ultradestra
.
Tutt
'
intorno
uno
Stato
giovanissimo
e
insieme
antico
.
Ha
scritto
qualche
anno
fa
il
non
ebreo
Friedrich
Diirrenmatt
:
«
La
difficoltà
di
prendere
posizione
per
Israele
oggi
e
l
'
isolamento
in
cui
è
caduto
hanno
diverse
ragioni
.
Dopo
la
Seconda
guerra
mondiale
ci
si
vergognava
di
essere
antisemiti
,
con
orgoglio
dopo
la
Guerra
dei
sei
giorni
si
diventò
filosemiti
,
e
ora
,
con
sollievo
,
si
osa
essere
antisionisti
»
.
Senza
voler
comprendere
che
il
sionismo
è
,
ed
è
sempre
stato
,
un
insieme
di
mille
ideali
,
di
mille
sentimenti
,
cose
diverse
.
«
Deluso
?
Non
so
se
è
la
parola
giusta
»
,
dice
Rami
,
quello
che
passerà
Yom
Azmauth
,
la
festa
dei
40
,
in
galera
.
«
Preoccupato
sì
.
Siamo
stanchi
,
noi
e
loro
,
stanchi
di
odio
»
.
StampaPeriodica ,
Amos
Elon
vive
in
una
grande
villa
di
pietra
bianca
nel
cuore
di
Gerusalemme
.
Storico
del
sionismo
,
autore
di
saggi
considerati
dei
veri
e
propri
classici
,
vive
in
modo
traumatico
quello
che
egli
stesso
definisce
"
il
dramma
del
nostro
ventennio
"
:
la
ribellione
dei
palestinesi
a
Gaza
e
nella
Cisgiordania
.
Non
ha
ricette
in
tasca
per
risolvere
il
dilemma
,
però
addita
con
sicurezza
un
pericolo
:
«
Da
almeno
due
decadi
è
la
destra
a
possedere
il
monopolio
del
pensiero
sionista
.
Il
socialismo
collettivista
dei
kibbutz
,
della
conquista
del
deserto
con
il
lavoro
ebraico
dei
tempi
di
David
Ben
Gurion
,
è
morto
da
un
pezzo
.
Ora
sono
i
Gush
Emunin
(
Blocco
dei
fedeli
)
a
fare
la
parte
del
leone
e
a
rivendicare
,
in
nome
della
Bibbia
,
la
sovranità
sulla
Cisgiordania
.
Si
tratta
di
un
processo
irreversibile
.
Forse
solo
un
deciso
intervento
degli
Stati
Uniti
potrà
mutare
il
corso
degli
eventi
»
.
Per
il
momento
la
storia
sembra
dargli
torto
.
Tre
mesi
dopo
l
'
insurrezione
esplosa
nei
campi
profughi
di
Gaza
,
la
situazione
in
Medio
Oriente
presenta
zone
d
'
ombra
sempre
più
vaste
.
Non
solo
,
ma
il
piano
di
pace
proposto
dal
segretario
di
Stato
americano
George
Shultz
sembra
avere
sortito
l
'
effetto
opposto
a
quello
previsto
.
Ha
insomma
spinto
il
premier
israeliano
Yitzhak
Shamir
e
gli
uomini
del
Likud
,
il
partito
conservatore
,
verso
posizioni
sempre
più
intransigenti
.
Il
vice
primo
ministro
,
David
Levy
,
non
ha
usato
mezzi
termini
:
«
La
mediazione
americana
è
pericolosa
»
.
È
un
circolo
maledettamente
vizioso
:
più
cresce
la
protesta
,
più
si
risveglia
il
nazionalismo
e
più
si
indebolisce
il
movimento
pacifista
israeliano
.
Ma
fino
a
che
punto
la
destra
di
Gerusalemme
ha
intenzione
di
spingere
il
proprio
radicalismo
?
La
risposta
l
'
ha
data
un
colonnello
dell
'
esercito
,
Rehavam
Zeevi
,
durante
un
seminario
tenuto
il
22
febbraio
scorso
a
Tel
Aviv
sul
concetto
di
"
trasferimento
"
:
«
Noi
abbiamo
acceso
una
torcia
,
d
'
ora
in
poi
brucerà
da
sola
»
.
La
frase
è
suonata
nell
'
aula
come
un
grido
di
vittoria
.
Così
,
mentre
a
poche
decine
di
chilometri
,
sulle
colline
della
Samaria
,
la
sommossa
palestinese
continuava
a
far
sentire
la
sua
eco
,
a
Tel
Aviv
l
'
estrema
destra
israeliana
consumava
il
suo
rito
.
Zeevi
,
Aharon
Pappo
(
attivista
del
Likud
)
e
Zvi
Shiloah
(
leader
del
movimento
per
la
Grande
Israele
)
erano
assolutamente
d
'
accordo
:
«
La
soluzione
più
umanitaria
possibile
?
Il
milione
e
mezzo
di
arabi
residenti
nelle
aree
liberate
venti
anni
fa
deve
andarsene
»
.
È
questo
il
linguaggio
degli
ultranazionalisti
:
si
dice
"
territori
liberati
"
invece
di
"
territori
occupati
"
,
"
arabi
"
invece
di
"
palestinesi
"
.
Fuori
,
nel
frattempo
,
sotto
una
pioggia
sottile
,
esigui
drappelli
della
sinistra
manifestano
la
loro
vergogna
.
Un
ragazzo
spiega
:
«
È
incredibile
,
non
sono
mai
giunti
a
tanto
.
Nessuno
aveva
parlato
così
fino
a
oggi
,
almeno
in
pubblico
.
Rischiamo
di
fare
dell
'
antiarabismo
un
'
ideologia
»
.
Poco
lontano
i
militari
del
Kach
,
il
movimento
del
rabbino
Meir
Kahane
che
dal
1984
ha
portato
il
razzismo
in
Parlamento
,
sventolano
bandiere
gialle
con
il
loro
sinistro
emblema
:
un
pugno
nero
nella
stella
di
Davide
.
I
palestinesi
scagliano
pietre
,
bloccano
le
strade
dei
loro
villaggi
con
pneumatici
in
fiamme
,
fino
a
cercare
nell
'
Islam
e
nella
Guerra
santa
quella
forza
che
le
armate
arabe
non
gli
hanno
dato
.
E
gli
israeliani
rispondono
spostandosi
sempre
più
a
destra
,
dimostrando
una
sempre
minore
disponibilità
al
compromesso
.
Perché
?
Amos
Elon
ha
una
sua
teoria
:
«
La
sommossa
favorisce
senza
dubbio
il
fenomeno
della
radicalizzazione
.
Ma
le
sue
radici
sono
antiche
,
risalgono
alla
Guerra
dei
sei
giorni
.
Israele
ha
trasformato
la
grande
vittoria
di
vent
'
anni
fa
in
un
cancro
che
lo
sta
corrodendo
al
suo
interno
.
Nel
1967
ci
siamo
trovati
improvvisamente
in
mano
la
carta
che
ci
poteva
permettere
di
barattare
i
territori
conquistati
in
cambio
di
una
pace
durevole
.
Invece
è
nata
l
'
ideologia
dell
'
annessione
»
.
È
una
spirale
che
non
lascia
intravedere
la
fine
.
In
tre
mesi
sono
finiti
in
carcere
con
l
'
accusa
di
sedizione
oltre
2mila
palestinesi
;
i
feriti
sono
migliaia
;
dei
circa
80
morti
,
più
di
30
si
contano
nel
solo
mese
di
febbraio
.
Eppure
la
sommossa
va
avanti
,
a
colpi
di
pietre
e
coltelli
.
Nemmeno
il
rafforzamento
dei
contingenti
militari
e
l
'
incrudelirsi
della
repressione
riescono
a
fermarla
.
Due
settimane
fa
un
gruppo
di
poliziotti
ha
picchiato
per
ore
otto
lavoratori
di
Gaza
nel
loro
scantinato
laboratorio
nel
centro
di
Tel
Aviv
.
Con
quale
accusa
?
«
Una
telefonata
anonima
aveva
segnalato
che
facevano
rumore
e
potevano
essere
pericolosi
»
,
è
stata
la
risposta
.
Le
inchieste
scattano
.
Ma
la
realtà
del
Paese
va
in
senso
contrario
.
Le
madri
dei
soldati
accusati
di
aver
violato
i
regolamenti
durante
la
repressione
della
sommossa
ricevono
decine
di
telefonate
di
solidarietà
.
Più
di
una
volta
i
coloni
ebrei
residenti
nei
territori
occupati
hanno
usato
il
fucile
per
farsi
giustizia
da
soli
.
Illan
,
un
colono
di
Elon
Moreh
,
un
villaggio
di
130
gruppi
familiari
,
si
giustifica
così
:
«
Senza
la
Bibbia
non
saremmo
che
semplici
banditi
,
predatori
delle
terre
arabe
.
Ma
non
è
il
nostro
caso
.
Dio
,
lo
sapete
,
ha
dato
questa
terra
al
popolo
ebraico
»
.
Il
suo
amico
Elle
la
pensa
come
lui
:
«
Quando
la
strada
è
sbarrata
dalle
pietre
,
sparo
in
aria
e
passo
.
Ecco
tutto
»
.
Non
tutti
i
coloni
girano
armati
di
mitragliette
e
revolver
.
Ma
anche
le
statistiche
confermano
che
l
'
atteggiamento
conservatore
si
va
espandendo
in
strati
sempre
più
ampi
della
popolazione
.
Lo
scorso
15
febbraio
il
quotidiano
Ma
'
ariv
riferiva
che
circa
il
42
per
cento
dei
cittadini
si
dichiara
"
soddisfatto
"
dell
'
attuale
situazione
politica
nei
territori
occupati
.
Il
22
per
cento
preferisce
invece
l
'
annessione
di
quelle
regioni
con
"
l
'
applicazione
integrale
della
legge
israeliana
anche
sulla
loro
popolazione
"
.
E
soltanto
il
18
per
cento
vorrebbe
il
ritiro
totale
.
La
destra
cresce
,
ma
i
vecchi
problemi
rimangono
.
Primo
fra
tutti
quello
del
futuro
dei
territori
occupati
e
di
una
popolazione
che
ha
dimostrato
col
sangue
di
non
accettare
più
lo
status
quo
.
«
Giudea
,
Samaria
e
Gaza
non
si
toccano
.
Fanno
parte
del
patrimonio
storico
degli
ebrei
.
Il
milione
e
mezzo
di
arabi
che
vi
risiede
ha
soltanto
due
possibilità
.
La
prima
è
convivere
in
pace
con
gli
israeliani
.
E
in
questo
caso
si
potrebbe
concedere
loro
la
piena
autonomia
amministrativa
,
tenendo
ovviamente
fermo
il
principio
della
nostra
sovranità
sulla
terra
.
Se
invece
si
ribellano
,
peggio
per
loro
.
Rischiano
l
'
espulsione
di
massa
e
comunque
le
sofferenze
della
repressione
»
:
è
l
'
opinione
di
Israel
Eldad
,
il
maggiore
teorico
di
Tehiya
(
Rinascita
,
un
partito
nazionalista
religioso
di
destra
,
ndr
.
)
.
Questo
piccolo
partito
,
con
cinque
seggi
in
Parlamento
,
raccoglie
l
'
ala
oltranzista
del
Likud
.
Le
stesse
certezze
non
sono
tuttavia
di
casa
nel
Likud
del
primo
ministro
Yitzhak
Shamir
.
Apparentemente
granitico
,
il
vecchio
leader
deve
fare
fronte
a
un
partito
estremamente
articolato
.
Dispone
di
40
seggi
,
sui
120
del
Parlamento
israeliano
,
ma
è
costretto
a
cercare
quotidianamente
una
formula
di
compromesso
coi
partner
laburisti
del
governo
di
unità
nazionale
.
È
lui
infatti
il
principale
bersaglio
degli
attacchi
di
Shimon
Peres
,
il
ministro
degli
Esteri
,
alleato
-
avversario
da
quattro
anni
.
Entrambi
hanno
bisogno
l
'
uno
dell
'
altro
per
governare
;
le
loro
divergenze
sono
però
tali
che
il
risultato
è
la
paralisi
decisionale
.
Prima
tra
tutte
quella
riguardante
la
possibilità
di
apertura
del
processo
di
pace
.
In
Israele
è
dato
come
una
verità
di
fatto
il
principio
per
cui
mai
come
oggi
"
è
la
destra
che
fa
la
pace
"
.
È
insomma
Shamir
,
e
non
Peres
,
che
può
trattare
con
gli
arabi
.
«
L
'
adesione
di
Peres
al
piano
americano
per
l
'
apertura
dei
negoziati
appare
scontata
.
Eppure
soltanto
il
Likud
è
in
grado
di
dare
il
via
all
'
iniziativa
»
,
osservava
pochi
giorni
fa
l
'
editoriale
del
quotidiano
Haaretz
.
E
le
difficoltà
per
il
primo
ministro
non
finiscono
qui
.
Shamir
deve
far
fronte
anche
all
'
anima
liberale
del
Likud
.
Uno
dei
suoi
esponenti
di
punta
,
il
sindaco
di
Tel
Aviv
Shlomo
Lahat
,
ha
causato
un
terremoto
lo
scorso
gennaio
con
le
sue
dichiarazioni
pubbliche
in
favore
del
ritiro
unilaterale
dai
territori
occupati
.
Poi
ci
sono
i
continui
sgambetti
delle
ali
intransigenti
dell
'
Herut
(
il
gruppo
di
Shamir
)
,
vero
nucleo
storico
della
destra
israeliana
.
Sono
soprattutto
il
ministro
dell
'
Edilizia
,
il
giovane
e
ambizioso
David
Levy
,
e
l
'
architetto
dell
'
invasione
in
Libano
del
1982
,
il
"
superfalco
"
Ariel
Sharon
,
a
disseminare
di
ostacoli
il
già
difficile
cammino
del
premier
israeliano
»
.
Shamir
deve
barcamenarsi
tra
mille
spinte
divergenti
.
«
Il
suo
pragmatismo
rivela
la
sostanza
del
Likud
e
del
Paese
»
,
sostiene
Amos
Elon
.
C
'
è
un
'
inflessione
di
speranza
nelle
sue
parole
.
Per
lui
,
gran
parte
degli
israeliani
appare
in
realtà
estranea
alla
violenza
degli
slogan
:
«
La
nostra
politica
paga
lo
scotto
di
un
sistema
elettorale
dove
è
sufficiente
l
'
uno
per
cento
per
entrare
al
Parlamento
»
.
Di
qui
il
distacco
graduale
tra
Paese
reale
e
Paese
legale
.
Alla
maggioranza
degli
israeliani
,
tutto
sommato
,
importa
poco
del
futuro
dei
Territori
occupati
.
I
coloni
che
vi
risiedono
sono
soltanto
70mila
sudi
una
popolazione
ebraica
che
sfiora
i
4
milioni
.
I
religiosi
rappresentano
meno
del
25
per
cento
del
Paese
.
Eppure
prevale
sempre
più
la
dottrina
dell
'
annessione
e
lo
Stato
aumenta
la
sua
intolleranza
confessionale
.
Elon
arricchisce
le
sue
parole
con
immagini
vivide
:
«
Basta
confrontare
Tel
Aviv
a
Gerusalemme
.
La
prima
è
una
metropoli
assolutamente
materialista
,
levantina
.
Qui
ogni
sabato
sera
l
'
Israele
laica
celebra
la
propria
antireligiosità
.
La
gente
pensa
a
divertirsi
,
va
sulla
spiaggia
,
a
teatro
e
sbuffa
quando
è
richiamata
per
il
servizio
di
leva
.
A
soli
60
chilometri
si
trova
Gerusalemme
,
un
altro
pianeta
.
Rappresenta
il
centro
ideologico
del
Paese
.
La
capitale
è
austera
,
il
confronto
con
gli
arabi
e
la
presenza
degli
ortodossi
si
avvertono
a
ogni
passo
»
.
Intanto
mentre
il
sangue
continua
a
scorrere
e
la
destra
rafforza
le
sue
posizioni
,
il
pacifismo
vede
assottigliarsi
le
sue
file
.
Durante
l
'
invasione
del
Libano
,
per
dimostrare
contro
la
guerra
erano
scesi
in
piazza
circa
400mila
israeliani
.
Il
28
febbraio
scorso
a
marciare
per
la
pace
dal
confine
libanese
verso
Gerusalemme
erano
400
persone
.