StampaQuotidiana ,
Caro
Portioli
,
pubblico
la
sua
lettera
perché
è
una
delle
pochissime
che
mi
rimproverano
di
aver
posto
ai
lettori
un
quesito
elettorale
che
serva
ad
illuminare
loro
e
me
.
Lascio
ad
essi
il
giudizio
sui
suoi
argomenti
.
Io
mi
limito
ad
alcune
considerazioni
pregiudiziali
.
1
)
Non
ho
nulla
in
contrario
che
lei
mi
consideri
digiuno
di
«
scienza
politica
»
,
per
il
semplice
motivo
che
io
non
considero
la
politica
una
«
scienza
»
.
Se
lo
fosse
,
non
ci
resterebbe
che
lasciarla
in
appalto
ad
alcuni
specialisti
,
come
avviene
nei
Paesi
totalitari
,
dove
la
politica
consiste
nell
'
impedire
alla
gente
di
ficcare
il
naso
negli
affari
che
la
riguardano
.
Io
mi
rivolgo
a
dei
lettori
che
,
pur
non
essendo
,
come
non
sono
io
,
«
scienziati
»
di
politica
,
il
naso
negli
affari
che
li
riguardano
vogliono
ficcarcelo
,
e
cerco
di
aiutarli
mettendo
a
loro
disposizione
il
poco
che
ne
so
.
Se
lei
si
sente
«
scienziato
»
,
ci
lasci
al
nostro
colloquio
tra
profani
.
Ma
badi
che
la
sua
«
scienza
»
è
un
po
'
arretrata
perché
la
legge
tedesca
,
cui
lei
accenna
a
proposito
dei
comunisti
,
è
stata
revocata
da
un
pezzo
.
In
Germania
il
partito
comunista
non
è
riconosciuto
in
grazia
di
un
'
altra
legge
:
quella
che
condiziona
la
legittimità
di
un
partito
al
fatto
ch
'
esso
ottenga
almeno
il
5
per
cento
dei
voti
.
Il
Pc
tedesco
non
esiste
perché
non
raggiunge
questo
minimo
,
non
perché
è
proibito
.
Dopodiché
vorrei
chiederle
chi
,
in
Italia
,
avrebbe
avuto
la
forza
di
mettere
fuori
legge
il
Pci
,
e
a
cosa
questo
sarebbe
servito
.
Ma
lasciamo
andare
.
2
)
Lei
è
anche
l
'
unico
ad
attribuirmi
l
'
intenzione
di
spalleggiare
,
alle
prossime
elezioni
,
la
Dc
.
E
non
capisco
proprio
come
faccia
,
avendo
io
testualmente
scritto
nell
'
articolo
che
lei
cita
come
esempio
di
somaraggine
politica
:
«
In
queste
condizioni
è
chiaro
che
noi
non
potremo
rinnovare
l
'
invito
ai
nostri
lettori
a
votare
Dc
neanche
turandosi
il
naso
»
:
parole
che
non
mi
sembrano
equivocabii
.
E
'
vero
che
subito
dopo
mi
chiedevo
,
e
invitavo
il
lettore
a
chiedersi
,
se
l
'
indebolimento
della
Dc
servirà
a
trattenerla
o
a
spingerla
all
'
abbraccio
col
Pci
.
Ma
questa
domanda
la
ponevo
al
lettore
perché
la
pongo
a
me
stesso
,
e
perché
ritengo
che
qualsiasi
persona
dotata
di
un
minimo
di
coscienza
civica
debba
,
prima
di
fare
una
scelta
,
prospettarsene
le
conseguenze
.
Questo
non
sarà
da
scienziato
,
ma
mi
pare
che
sia
da
galantuomo
.
O
no
?
3
)
Lei
mi
richiama
ai
valori
della
liberal
-
democrazia
.
E
io
mi
appello
al
lettore
per
chiedergli
quale
giornale
in
Italia
ha
difeso
più
del
nostro
questi
valori
,
non
solo
sul
piano
della
politica
,
ma
anche
su
quello
della
cultura
,
contro
la
marea
montante
del
marxismo
,
ora
in
reflusso
,
ma
in
reflusso
grazie
a
noi
,
che
abbiamo
rotto
il
coro
e
tenuto
botta
quando
l
'
impresa
sembrava
disperata
,
e
bisognava
pagarla
di
persona
,
come
abbiamo
fatto
,
e
come
rischiamo
di
dover
continuare
a
fare
.
Lei
dice
che
io
sono
al
seguito
del
gregge
.
Di
quale
gregge
?
Il
gregge
è
tutto
dall
'
altra
parte
,
la
parte
marxista
:
lo
vedono
anche
i
ciechi
.
E
aggiunge
:
«
Non
oso
azzardare
per
questioni
di
biada
»
,
ma
lo
insinua
,
adombrando
un
'
accusa
che
nemmeno
il
mio
persecutore
Fortebraccio
mi
ha
mai
lanciato
:
lui
sa
benissimo
che
da
questo
lato
non
mi
si
può
attaccare
.
4
)
Lei
mi
addita
l
'
esempio
del
giornalismo
protestante
,
quasi
facendo
credere
che
il
protestantesimo
sia
nato
da
quel
giornalismo
.
Guardi
che
è
proprio
l
'
opposto
.
Io
ho
scritto
-
non
da
«
scienziato
»
-
due
libri
,
L
'
Italia
della
Controriforma
e
L
'
Italia
del
Seicento
,
per
cercar
di
dimostrare
quale
rivoluzione
la
riforma
protestante
provocò
non
nel
campo
della
teologia
-
che
mi
è
estraneo
-
,
ma
in
quello
della
cultura
,
del
costume
,
della
mentalità
,
del
civismo
,
e
quale
jattura
fu
per
l
'
Italia
,
compresa
quella
cattolica
,
l
'
esservi
rimasta
estranea
.
Non
le
chiedo
di
leggerli
.
Ma
lei
non
chieda
a
me
di
comportarmi
come
se
avessi
Calvino
alle
spalle
.
Non
ce
l
'
ho
.
E
se
mi
mettessi
a
parlare
come
se
ce
l
'
avessi
,
parlerei
al
vuoto
.
Io
mi
rivolgo
,
da
povero
italiano
,
ad
altri
poveri
italiani
.
Fra
noi
ci
conosciamo
.
Sappiamo
i
nostri
difetti
e
debolezze
.
Ma
sappiamo
anche
le
nostre
qualità
,
che
non
sono
da
buttar
via
.
Cerchiamo
di
capirci
e
di
aiutarci
.
Lei
non
ci
sta
?
Pazienza
.
Ma
,
scusi
,
se
ci
considera
un
giornale
da
gregge
,
perché
ci
legge
?
Delle
due
,
l
'
una
:
o
nemmeno
noi
siamo
pecore
,
o
anche
lei
lo
è
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Maldini
,
il
suo
appello
è
un
po
'
superato
dagli
avvenimenti
in
quanto
il
responsabile
dello
sciagurato
episodio
Di
Sarro
è
già
stato
deferito
all
'
autorità
giudiziaria
,
cui
dovrà
rispondere
del
suo
gesto
.
Per
il
resto
,
la
sua
argomentazione
non
fa
una
grinza
.
Si
capisce
che
,
normalmente
,
un
carabiniere
deve
operare
in
divisa
perché
è
la
divisa
che
conferisce
a
chi
la
riveste
il
diritto
di
fermare
il
cittadino
,
e
al
cittadino
il
dovere
di
obbedirgli
.
Ma
a
lei
sembra
,
caro
Maldini
,
che
viviamo
in
tempi
normali
?
A
me
,
no
.
Quella
che
stiamo
vivendo
è
una
guerriglia
in
cui
gli
uomini
in
divisa
,
che
rispettano
gli
obblighi
connessi
alla
divisa
,
si
trovano
in
condizione
di
netta
inferiorità
nei
confronti
di
un
avversario
che
può
occultarsi
e
mimetizzarsi
come
vuole
,
spesso
addirittura
nelle
divise
dei
carabinieri
.
Contro
un
avversario
di
questo
genere
,
che
attacca
alle
spalle
e
di
sorpresa
,
che
si
camuffa
come
vuole
,
che
insomma
non
rispetta
nessuna
regola
,
come
possono
le
forze
dell
'
ordine
attenersi
alle
loro
?
Certo
,
per
il
povero
cittadino
il
non
sapere
se
il
delinquente
che
lo
insegue
è
proprio
un
delinquente
o
un
carabiniere
vestito
da
delinquente
,
e
se
il
carabiniere
che
lo
blocca
è
proprio
un
carabiniere
o
un
delinquente
vestito
da
carabiniere
,
la
vita
diventa
difficile
.
Ma
è
appunto
questo
che
rende
orribile
la
guerriglia
:
il
fatto
che
nessuno
è
più
sicuro
di
nulla
e
deve
temere
di
tutto
:
del
pacco
che
gli
recapita
la
posta
e
che
potrebbe
contenere
una
bomba
,
del
trombaio
che
gli
entra
in
casa
e
che
potrebbe
essere
un
terrorista
,
e
nemmeno
del
figlio
in
cui
qualunque
padre
può
scoprire
d
'
un
tratto
un
pistolero
.
In
queste
condizioni
,
onestamente
,
io
non
mi
sento
di
chiedere
a
poliziotti
e
carabinieri
lo
scrupoloso
rispetto
del
regolamento
,
che
fa
obbligo
di
sparare
solo
dopo
i
tre
squilli
di
tromba
.
Sarebbe
come
spingere
un
pugile
con
un
braccio
legato
contro
un
avversario
che
picchia
anche
coi
piedi
.
Si
capisce
che
di
questo
tipo
di
lotta
senza
esclusione
di
colpi
e
a
chi
spara
per
primo
,
è
il
cittadino
che
poi
paga
qualche
volta
le
spese
,
com
'
è
successo
al
povero
Di
Sarro
.
Ma
la
lotta
al
terrorismo
,
o
la
si
fa
così
,
o
è
meglio
rinunziare
a
farla
.
Cerchiamo
dunque
di
ragionare
non
con
gli
occhi
fissi
alle
nuvole
,
ma
coi
piedi
piantati
nella
realtà
,
che
è
quella
che
è
,
e
non
quella
che
noi
vorremmo
che
fosse
.
Se
vogliamo
difenderci
dal
terrorismo
,
dobbiamo
sospendere
-
sia
pure
temporaneamente
-
quelle
misure
cautelative
e
garantistiche
che
caratterizzano
e
costituiscono
il
blasone
delle
società
bene
ordinate
,
ma
che
rappresentano
un
lusso
insostenibile
in
quelle
dissestate
e
periclitanti
come
la
nostra
.
Nelle
condizioni
in
cui
versiamo
,
contentiamoci
di
esigere
dalle
forze
dell
'
ordine
ciò
che
possono
darci
senza
danno
per
la
loro
efficienza
:
e
cioè
un
addestramento
individuale
e
collettivo
che
riduca
al
minimo
i
pericoli
per
il
cittadino
.
Ma
non
illudiamoci
che
si
possano
del
tutto
eliminare
.
Per
concludere
.
Un
discorso
come
il
suo
,
caro
Maldini
,
applicato
al
tempo
di
Giolitti
,
sarebbe
stato
perfetto
.
Applicato
al
tempo
delle
Brigate
rosse
,
diventa
utopistico
.
Il
buon
Dio
mi
ha
condannato
a
vivere
al
tempo
delle
Brigate
rosse
.
Non
è
stato
,
da
parte
sua
,
un
gesto
di
amicizia
.
Ma
lei
si
trova
nelle
stesse
condizioni
.
Questo
è
il
nostro
tempo
,
questa
è
la
nostra
società
.
Essi
ci
espongono
a
un
'
infinità
di
pericoli
.
Ma
il
più
grosso
ce
lo
costruiremmo
con
le
nostre
mani
pretendendo
di
viverci
come
se
fossimo
in
un
altro
tempo
e
in
un
'
altra
società
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Ortolani
,
il
caso
che
lei
cita
è
senza
dubbio
vero
.
Risulta
anche
a
me
che
subito
dopo
la
liberazione
il
Partito
socialista
era
pieno
di
comunisti
in
servizio
comandato
.
Probabilmente
ce
ne
sono
ancora
.
Ma
questo
non
è
certo
il
caso
di
Lombardi
,
personaggio
rovinoso
,
annunciatore
di
tempeste
,
che
ha
provocato
un
mare
di
guai
con
la
sua
tenace
pretesa
di
applicare
le
sue
astratte
utopie
a
una
realtà
che
vi
si
ribella
;
ma
di
specchiata
onestà
,
in
buona
fede
,
e
perfino
privo
di
ambizioni
di
potere
.
Quanto
a
De
Martino
,
considerandolo
un
traditore
,
lei
lo
sopravvaluta
.
Per
tradire
ci
vuole
un
cinismo
ma
anche
un
'
intelligenza
,
di
cui
questo
sonnolento
bonzo
non
ha
mai
dato
segno
.
Che
non
sia
un
vero
socialista
,
lo
penso
anch
'
io
.
Ma
nemmeno
un
comunista
.
E
solo
l
'
ultimo
scampolo
di
quel
Partito
d
'
azione
,
i
cui
naufraghi
,
ad
eccezione
di
La
Malfa
,
hanno
appestato
tutti
i
partiti
in
cui
si
sono
accasati
.
Bisogna
però
dire
che
quello
socialista
si
è
mostrato
il
più
congeniale
al
contagio
per
la
sua
mancanza
di
un
sicuro
ancoraggio
ideologico
e
per
le
sue
endemiche
risse
e
divisioni
interne
.
Ci
sarebbe
un
lungo
discorso
da
fare
sull
'
ostinato
rifiuto
di
questo
partito
a
costruirsi
una
dottrina
indipendente
da
quella
del
Pci
-
come
hanno
fatto
tutti
gli
altri
socialismi
europei
-
,
che
fu
il
tormento
dei
suoi
uomini
migliori
,
i
Turati
,
i
Treves
,
i
Momigliano
,
e
a
lasciare
sempre
il
passo
a
quelli
peggiori
.
Ma
stiamo
all
'
attualità
.
Craxi
ha
tentato
di
dare
al
Psi
una
sua
autonomia
culturale
e
strategica
.
Finché
si
è
trattato
della
prima
,
i
suoi
avversari
lo
hanno
lasciato
fare
:
non
per
convinzione
,
credo
,
ma
per
totale
sordità
a
questo
genere
di
cose
:
per
loro
,
che
il
socialismo
italiano
ripudi
Lenin
per
adottare
Proudhon
non
è
un
problema
serio
,
anche
perché
probabilmente
non
conoscono
né
l
'
uno
né
l
'
altro
.
Ma
quando
si
è
trattato
di
tradurre
sul
piano
concreto
l
'
autonomia
dai
comunisti
,
sono
tornati
a
litigare
e
a
dividersi
rivelando
la
solita
e
ormai
storica
indecisione
a
tutto
.
Non
so
se
Craxi
abbia
commesso
,
sul
piano
tattico
,
degli
errori
,
come
alcuni
gli
rimproverano
.
Secondo
me
,
il
vero
errore
lo
ha
commesso
iscrivendosi
a
quel
partito
e
illudendosi
di
poterne
fare
qualcosa
di
coerente
,
efficiente
e
modernamente
europeo
.
Lo
dico
con
tristezza
perché
una
liberal
-
democrazia
coi
socialisti
vive
male
,
ma
senza
i
socialisti
non
vive
affatto
.
Ed
è
questo
che
dapprincipio
non
capirono
alcuni
nostri
lettori
che
scambiarono
per
una
nostra
conversione
al
socialismo
(
figuriamoci
!
)
quello
che
era
invece
l
'
interesse
di
un
vero
liberale
(
Giolitti
e
De
Gasperi
insegnino
)
ad
avere
come
interlocutore
e
dirimpettaio
un
partito
socialista
con
cui
si
potesse
ragionare
.
I
soliti
sogni
,
purtroppo
.
Ma
quali
altri
possiamo
fare
?
StampaQuotidiana ,
Non
ho
alcuna
riluttanza
,
caro
Possenti
,
ad
affrontare
il
«
caso
Bocca
»
.
E
'
vero
:
in
altri
tempi
gli
articoli
,
le
prese
di
posizione
,
gli
atteggiamenti
di
Bocca
servirono
da
avallo
alle
tesi
di
aspiranti
rivoluzionari
che
non
sapevano
quel
che
volevano
,
ma
lo
volevano
subito
.
Quando
lei
ci
si
arrabbiava
mi
ci
arrabbiavo
anch
'
io
,
per
motivi
generali
e
per
motivi
personali
.
Del
giornalista
avevo
sempre
ammirato
la
capacità
e
l
'
efficacia
,
dell
'
uomo
avevo
sempre
stimato
la
indiscussa
probità
:
e
non
sapevo
darmi
pace
nel
vedere
queste
qualità
,
così
rare
nel
panorama
intellettuale
italiano
,
messe
al
servizio
di
cause
sbagliate
.
«
Bastian
contrario
»
per
istinto
e
per
scelta
,
Bocca
portava
acqua
,
senza
volerlo
,
al
mulino
della
faciloneria
populista
,
e
copriva
con
la
sua
autorevolezza
onesta
le
più
spregiudicate
manovre
di
molti
furbastri
.
Tutto
questo
non
l
'
ho
dimenticato
.
Ma
non
ho
neppure
dimenticato
,
e
non
dimentico
,
che
Bocca
ad
un
certo
punto
guardò
attorno
a
sé
,
e
constatò
da
chi
fosse
composto
,
e
verso
quali
traguardi
stesse
marciando
l
'
esercito
,
smisuratamente
ingrossato
,
che
issava
stendardi
con
i
suoi
slogans
e
con
le
sue
denunce
.
La
compagnia
non
gli
piacque
.
Era
troppo
becera
e
troppo
numerosa
,
per
i
suoi
gusti
.
E
mirava
a
traguardi
assai
diversi
da
quelli
che
egli
aveva
indicato
,
magari
idealizzandoli
ingenuamente
.
Si
era
battuto
contro
il
grigio
conformismo
democristiano
,
e
stava
per
essere
travolto
da
un
altro
conformismo
,
meno
molle
,
meno
tollerante
,
meno
bonario
.
Voleva
maggiori
libertà
,
e
assisteva
allo
spettacolo
di
una
intolleranza
violenta
,
nelle
università
e
nelle
piazze
.
Predicava
una
società
austera
,
rigorosa
,
ed
aveva
aiutato
a
far
trionfare
il
facilismo
,
il
rifiuto
del
lavoro
,
il
disordine
,
la
demagogia
prepotente
.
Aveva
puntato
l
'
indice
contro
il
terrorismo
fascista
,
e
assisteva
con
sgomento
al
proliferare
delle
Br
,
dei
Nap
,
insomma
del
«
partito
armato
»
rosso
.
Di
fronte
a
questa
realtà
Bocca
non
ha
chiuso
gli
occhi
;
non
ha
avuto
paura
di
restare
isolato
,
e
di
essere
di
nuovo
,
come
vuole
la
sua
vocazione
,
minoritario
.
Ha
riconosciuto
i
suoi
errori
senza
invocare
scusanti
o
attenuanti
,
ha
deplorato
le
degenerazioni
che
le
sue
idee
avevano
subìto
,
ha
sacrificato
una
popolarità
facile
al
rispetto
della
verità
.
La
sua
conversione
è
venuta
prima
che
il
partito
comunista
desse
ad
essa
il
«
placet
»
,
e
non
è
mai
stata
-
né
è
ora
-
in
sintonia
con
le
parole
d
'
ordine
di
Berlinguer
.
Bocca
ha
«
rifluito
»
prima
che
«
rifluisse
»
la
massa
degli
opportunisti
.
Il
suo
verbo
,
in
anni
passati
osannato
,
è
ora
esecrato
nelle
grandi
e
piccole
sagrestie
dell
'
ultrasinistra
.
Ammetto
senz
'
altro
che
in
un
certo
momento
Bocca
sia
stato
un
«
utile
intelligente
»
.
Ma
ora
,
restando
intelligente
,
non
è
più
utile
,
anzi
è
dannoso
ai
propalatori
di
luoghi
comuni
,
di
dogmi
prefabbricati
,
di
bugie
comode
.
Categoria
alla
quale
invece
appartengono
gli
«
utili
intelligenti
»
della
nostra
inchiesta
.
Io
riconosco
a
tutti
il
diritto
di
sbagliare
.
Ne
ho
fatto
uso
anch
'
io
e
non
me
ne
vergogno
.
Riconosco
anche
il
diritto
ai
ravvedimenti
,
purché
non
coincidano
platealmente
con
i
propri
interessi
,
con
la
propria
carriera
,
con
le
indicazioni
del
«
potere
»
presente
o
supposto
,
magari
a
torto
,
prossimo
venturo
.
Di
questi
peccati
e
di
queste
ipocrisie
Bocca
non
può
essere
sospettato
.
Merita
sempre
rispetto
:
quando
è
d
'
accordo
con
noi
e
quando
non
lo
è
.
Detto
questo
,
dobbiamo
aggiungere
che
incombe
,
su
Bocca
,
e
su
noi
che
gli
siamo
amici
,
un
grave
pericolo
.
Poiché
il
«
riflusso
»
trionfa
,
la
ragione
si
apre
un
varco
nella
dissennatezza
,
la
moderazione
è
di
moda
-
anche
per
merito
dell
'
ultimo
Bocca
-
c
'
è
il
rischio
di
vederlo
ripiombare
nella
contestazione
,
nauseato
dai
troppi
consensi
,
avvilito
dal
numero
e
dalla
qualità
di
coloro
che
abbracciano
il
suo
nuovo
corso
.
Per
farlo
restare
dov
'
è
,
il
migliore
sistema
è
di
continuare
a
dirgli
che
ha
torto
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Assunta
,
stia
pure
tranquillo
:
non
corro
nessun
rischio
di
dovermi
pentire
perché
a
sua
volta
la
Dc
non
corre
nessun
rischio
di
uscire
battuta
.
Anche
se
dovesse
perdere
qualche
frangia
(
e
al
Nord
forse
la
perderà
,
ma
per
conquistarne
un
'
altra
al
Sud
)
,
essa
rimarrà
sempre
il
partito
di
maggioranza
:
pericoli
di
«
sorpasso
»
stavolta
non
ce
ne
sono
,
o
ce
ne
sono
infinitamente
meno
che
nel
'76
.
Lei
però
mi
offende
(
sia
pure
con
molto
garbo
)
sospettando
che
il
mio
mutato
atteggiamento
verso
la
Dc
dipenda
da
qualche
personale
rancore
verso
la
dirigenza
del
suo
partito
.
Sarei
proprio
un
giornalista
-
e
un
italiano
-
da
quattro
soldi
se
anteponessi
dei
risentimenti
,
per
quanto
giustificati
,
ai
miei
doveri
verso
il
lettore
.
Non
sono
io
che
ho
voltato
le
spalle
alla
Dc
;
è
la
Dc
che
-
ne
convenga
-
le
ha
voltate
a
me
e
a
quanti
nel
'76
le
dettero
il
voto
,
anche
grazie
ai
nostri
suggerimenti
,
in
base
a
certi
impegni
che
sono
stati
mantenuti
solo
in
parte
.
Lei
ha
perfettamente
ragione
di
dire
che
gli
altri
partiti
hanno
fatto
anche
di
peggio
.
Salvo
che
per
i
liberali
,
è
vero
.
Ma
dovrà
ammettere
che
la
Dc
porta
sulle
spalle
delle
responsabilità
ben
più
grosse
,
alle
quali
l
'
attuale
dirigenza
si
mostra
del
tutto
impari
.
Tuttavia
voglio
rassicurarla
.
Noi
siamo
critici
,
e
spesso
anche
duramente
,
verso
la
Dc
:
non
si
può
non
esserlo
.
Ma
non
perdiamo
né
perderemo
occasione
per
ricordare
ai
nostri
lettori
che
senza
di
essa
non
si
può
ricostruire
nulla
,
e
che
quindi
auspicarne
la
disfatta
sarebbe
da
suicidi
.
Al
momento
opportuno
,
noi
non
chiederemo
agli
elettori
Dc
di
voltar
bandiera
.
Gli
chiederemo
soltanto
di
concentrare
il
loro
voto
su
quei
candidati
che
prenderanno
-
se
lo
prenderanno
-
impegno
scritto
di
rifiutare
-
non
per
ora
,
come
dicono
Zaccagnini
e
i
suoi
accoliti
,
ma
per
sempre
-
qualsiasi
accordo
di
governo
col
Pci
.
Nel
'76
noi
aiutammo
il
suo
partito
appunto
perché
questo
impegno
lo
aveva
preso
.
Avendo
esso
manifestato
molti
cedimenti
,
e
dando
segno
di
volerne
ancora
fare
,
il
partito
non
ci
sentiamo
di
aiutarlo
.
Ma
aiuteremo
coloro
che
vi
si
sono
mostrati
e
danno
qualche
garanzia
di
volervi
restare
fedeli
.
Come
vede
,
io
non
volto
le
spalle
.
Rimango
sulla
mia
linea
,
pronto
ad
aiutare
i
democristiani
che
la
condividono
,
ma
quelli
soli
.
Per
concludere
,
vorrei
chiarire
una
cosa
.
Alcuni
lettori
mi
rimproverano
di
spostare
troppo
spesso
le
mie
simpatie
dall
'
uno
all
'
altro
partito
.
Ma
si
tratta
di
un
'
illusione
ottica
.
Io
sono
sempre
sulle
mie
posizioni
.
Quando
un
partito
le
condivide
o
almeno
vi
si
avvicina
,
lo
sostengo
.
Quando
se
ne
allontana
,
lo
attacco
.
Ebbi
un
duro
scontro
con
La
Malfa
(
e
Dio
solo
sa
quanto
mi
costò
,
sul
piano
affettivo
)
quando
favoriva
il
compromesso
storico
;
quando
invertì
la
marcia
,
ridiventai
-
con
sollievo
-
suo
sostenitore
.
Ma
era
stato
lui
a
spostarsi
,
non
io
.
E
così
con
la
Dc
.
Quando
vi
prevale
la
linea
degasperiana
,
l
'
appoggio
;
quando
vi
prevale
la
linea
morotea
,
la
combatto
.
Ma
non
venite
a
dirmi
che
vi
tradisco
.
Siete
voi
che
tradite
me
(
e
voi
stessi
)
.
StampaQuotidiana ,
Caro
dottor
Papandrea
,
per
quanto
riguarda
la
prima
domanda
,
esprimo
soltanto
una
mia
opinione
senza
mettere
la
mano
sul
fuoco
circa
la
sua
esattezza
.
Quelli
che
lei
chiama
i
partiti
minori
comunisti
sono
certamente
una
filiazione
del
Pci
,
ma
non
voluta
.
Da
quando
esistono
,
i
comunisti
hanno
sempre
e
inflessibilmente
seguito
la
regola
di
non
aver
mai
nessuno
più
a
sinistra
di
loro
(
la
sinistra
comunista
è
uno
dei
più
comici
miti
del
nostro
tempo
:
se
c
'
è
un
regime
retrivo
,
immobile
,
repressivo
e
mummificatore
della
società
,
è
quello
comunista
:
basta
guardare
i
Paesi
in
cui
vige
.
Ma
questo
è
un
altro
discorso
)
.
Dovunque
e
in
qualsiasi
momento
ne
spunta
un
embrione
,
i
comunisti
o
lo
soffocano
o
lo
riassorbono
.
E
dal
loro
punto
di
vista
hanno
ragione
:
il
partito
comunista
si
muove
come
un
reggimento
prussiano
che
non
tollera
il
disordine
,
nemmeno
quello
dei
franchi
tiratori
.
Questi
partiti
minori
,
mi
creda
,
fanno
più
confusione
che
voti
.
Sulla
seconda
domanda
,
mi
sento
più
sicuro
.
Intanto
ritengo
impossibile
,
o
almeno
altamente
improbabile
,
che
le
sinistre
raggiungano
la
maggioranza
assoluta
:
il
vento
non
soffia
più
in
quella
direzione
(
forse
un
pochino
grazie
anche
a
noi
)
.
Ma
anche
se
la
raggiungessero
,
non
credo
alla
loro
coalizione
sotto
la
leadership
comunista
.
All
'
interno
del
Psi
avverrebbe
probabilmente
una
spaccatura
.
Ma
anche
se
non
avvenisse
,
non
succederebbe
nulla
perché
ciò
che
escludo
in
maniera
tassativa
(
e
qui
la
mano
sul
fuoco
sono
pronto
a
metterla
)
è
che
i
radicali
-
i
quali
riporteranno
certamente
un
notevole
successo
-
ci
stiano
.
Conosco
bene
Pannella
,
lo
conosco
come
le
mie
tasche
.
Forse
non
so
del
tutto
che
cosa
vuole
.
Ma
so
con
assoluta
certezza
che
cosa
non
vuole
.
Potremo
ritrovarlo
dovunque
,
meno
che
dalla
parte
della
repressione
,
dove
sarebbe
costretto
a
mettersi
in
caso
di
un
'
alleanza
di
governo
coi
comunisti
.
Per
concludere
,
caro
Papandrea
,
la
mia
convinzione
è
questa
:
il
pericolo
del
potere
in
mano
al
Pci
non
viene
da
sinistra
.
Viene
soltanto
dalla
Dc
.
Ed
è
per
questo
che
,
siccome
non
possiamo
sperare
di
togliere
alla
Dc
il
suo
primato
,
dobbiamo
a
tutti
i
costi
,
schede
alla
mano
e
mano
alle
«
preferenze
»
,
mandare
in
parlamento
una
Dc
decisa
a
rifiutare
il
connubio
col
Pci
.
Se
vogliamo
,
possiamo
farlo
.
StampaQuotidiana ,
Il
nostro
galateo
di
giornalisti
«
borghesi
»
c
'
impone
di
pubblicare
questa
lettera
,
ma
non
ci
vieta
una
succinta
replica
:
a
)
Non
vedo
che
differenza
faccia
la
data
di
quelle
dichiarazioni
:
non
c
'
era
bisogno
di
aspettare
la
prova
del
Giornale
per
sapere
quali
fossero
le
nostre
posizioni
:
sono
quelle
che
abbiamo
sempre
tenuto
.
130
b
)
Fra
i
giornalisti
della
mia
generazione
,
io
sono
conosciuto
(
s
'
informi
,
sig.
Capanna
,
s
'
informi
)
come
uno
dei
pochissimi
che
non
ebbero
mai
commercio
coi
gerarchi
.
Quelli
che
ho
conosciuto
,
li
ho
conosciuti
solo
dopo
la
Liberazione
.
Ma
anche
se
li
avessi
conosciuti
prima
,
non
me
ne
vergognerei
,
visto
che
di
carriera
politica
non
ne
ho
fatta
né
con
loro
né
dopo
di
loro
.
Nel
nostro
mestiere
(
e
io
non
ne
ho
mai
fatti
altri
)
,
i
gradi
li
conferiscono
i
lettori
.
c
)
E
'
falso
che
il
Giornale
taccia
le
iniziative
della
Regione
.
Le
registra
sempre
,
anche
quando
recano
la
firma
di
Mario
Capanna
.
E
nessuno
lo
sa
meglio
di
lui
,
che
è
in
continuo
contatto
coi
nostri
cronisti
,
a
chiedere
favori
quasi
sempre
esauditi
.
d
)
Grazie
per
la
qualifica
di
«
maestro
»
.
Se
io
lo
sia
in
senso
positivo
o
negativo
,
non
sta
a
lei
giudicarlo
.
Sarà
il
futuro
a
dire
chi
,
fra
lei
e
me
,
ha
servito
gl
'
interessi
dei
giovani
,
dei
lavoratori
ecc
.
,
e
chi
se
n
'
è
servito
per
arrampicarsi
più
su
.
e
)
Due
colonne
di
piombo
sono
troppe
.
Come
avrà
visto
,
non
le
concedo
nemmeno
a
me
stesso
.
Ma
se
lei
vuole
esporre
le
sue
ragioni
,
questo
giornale
è
pronto
ad
ospitarle
,
come
certamente
i
giornali
vostri
,
se
voi
aveste
vinto
,
non
avrebbero
fatto
con
le
nostre
.
Naturalmente
mi
riservo
di
contestarle
sul
presupposto
-
forse
errato
-
che
il
vate
della
contestazione
sia
tenuto
a
riconoscermene
il
diritto
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Paolo
,
non
ti
dirò
che
alla
tua
età
non
si
ha
diritto
a
tanta
disperazione
,
perché
sarebbe
retorico
e
falso
:
è
proprio
a
vent
'
anni
invece
che
si
hanno
le
disperazioni
:
ci
sono
passato
anch
'
io
.
Ma
è
il
motivo
che
te
la
ispira
che
mi
sembra
sbagliato
dalle
fondamenta
.
Tu
mi
fai
un
discorso
intelligente
,
molto
acuto
,
che
dimostra
una
maturità
in
anticipo
sui
tuoi
anni
,
per
dimostrarmi
che
non
c
'
è
scampo
perché
il
Pci
arriverà
in
ogni
caso
al
potere
.
Io
non
ci
credo
.
Ma
ammettiamolo
pure
.
E
una
volta
arrivato
al
potere
,
che
cosa
ci
porta
?
Ci
porta
,
mi
dirai
,
la
sua
intolleranza
,
e
una
polizia
capace
di
praticarla
soffocando
ogni
voce
di
dissenso
.
Giusto
.
Questo
gli
basterà
a
mantenerlo
,
il
potere
,
per
dieci
o
vent
'
anni
,
che
io
non
vorrei
vivere
,
che
tu
non
vorresti
vivere
,
ma
che
nella
storia
di
un
popolo
non
contano
molto
.
E
poi
?
Poi
,
sarebbe
il
crollo
,
perché
il
comunismo
non
ha
più
nulla
da
dire
a
nessuno
,
nemmeno
ai
russi
.
Sta
in
piedi
grazie
alla
sua
armatura
di
ferro
,
ma
per
niente
altro
.
Guardati
intorno
,
caro
Paolo
.
Il
vero
motivo
per
cui
le
dittature
di
destra
fanno
meno
paura
di
quella
comunista
è
perché
non
hanno
un
vangelo
,
voglio
dire
una
vera
e
propria
ideologia
.
Nascono
da
emergenze
,
per
riempire
un
vuoto
di
potere
(
democrazia
italiana
1922
,
repubblica
di
Weimar
1932
)
,
ristabiliscono
un
ordine
purchessia
,
e
vi
si
mummificano
.
Infatti
durano
,
al
massimo
,
quanto
dura
il
dittatore
,
al
quale
non
riescono
a
dare
successori
come
si
è
visto
in
Spagna
e
Portogallo
.
Per
il
semplice
motivo
che
la
successione
presuppone
un
'
eredità
,
e
le
dittature
di
destra
sono
,
quanto
a
patrimonio
ideologico
,
nullatenenti
.
I
comunisti
,
un
vangelo
lo
hanno
,
o
meglio
lo
avevano
:
il
marxismo
.
Il
marxismo
è
un
sistema
,
diciamo
così
,
a
ciclo
completo
:
politico
,
economico
,
culturale
.
Ed
è
questo
patrimonio
che
,
consentendogli
la
continuità
da
una
generazione
all
'
altra
,
ce
lo
faceva
temere
come
un
fenomeno
irreversibile
.
Ma
ora
,
caro
Paolo
,
non
più
.
Il
marxismo
è
in
pieno
sfacelo
dovunque
,
ma
soprattutto
là
dove
si
è
realizzato
.
Si
sostiene
solo
con
la
violenza
,
che
ha
saputo
organizzare
come
mai
nessuno
;
ma
non
è
riuscito
a
sopprimere
il
capitalismo
perché
dopo
aver
distrutto
quello
privato
ha
dovuto
istaurarne
uno
di
Stato
che
si
rivela
dieci
volte
peggiore
,
anche
per
le
classi
lavoratrici
,
di
quello
privato
,
e
nel
campo
del
pensiero
le
uniche
sue
voci
vive
sono
quelle
del
dissenso
.
Ora
anche
l
'
ultima
illusione
,
quella
pacifista
dell
'
internazionalismo
proletario
,
è
caduta
:
proletari
vietnamiti
e
proletari
cambogiani
si
sbranano
su
uno
sfondo
sovrastato
dalla
guerra
fredda
fra
Russia
e
Cina
.
Di
tutte
le
soluzioni
proposte
dal
marxismo
,
non
ce
n
'
è
una
che
abbia
retto
e
regga
alla
prova
dei
fatti
.
Il
cosiddetto
«
revisionismo
»
,
in
atto
in
tutta
la
cultura
marxista
dell
'
Occidente
,
non
è
che
la
mascheratura
del
ripudio
di
quella
che
ancora
vent
'
anni
fa
(
fino
alla
rivolta
dell
'
Ungheria
)
poteva
apparire
come
una
grande
speranza
.
La
tua
disperazione
,
caro
Paolo
,
è
nulla
in
confronto
a
quella
che
devono
provare
i
marxisti
in
buona
fede
(
che
sono
pochi
:
i
più
sono
soltanto
degli
opportunisti
)
,
che
nel
marxismo
credevano
di
aver
trovato
una
risposta
ai
loro
perché
,
e
ora
sono
al
buio
.
Certo
,
il
comunismo
ha
ancora
la
forza
per
conquistare
l
'
Italia
,
e
magari
l
'
Europa
:
missili
e
carri
armati
per
questa
impresa
,
ne
ha
abbastanza
.
Ma
non
ha
che
quelli
.
Potrà
distruggere
tutto
,
ma
è
incapace
di
costruire
qualcosa
di
umanamente
valido
.
E
quindi
è
condannato
alla
sconfitta
finale
.
Puzza
già
di
morto
.
Caro
Paolo
,
non
posso
guarirti
dalla
disperazione
.
E
nemmeno
lo
voglio
.
La
disperazione
è
un
buon
concime
,
per
la
formazione
di
un
uomo
,
come
lo
intendo
io
.
Continua
a
macerartici
,
dentro
e
,
se
ti
fa
piacere
,
vieni
a
trovare
questa
nostra
famiglia
di
ex
-
disperati
,
che
nell
'
azione
hanno
trovato
la
loro
medicina
.
Mattei ( Montanelli Indro , 1970 )
StampaQuotidiana ,
In
questi
ultimi
giorni
sono
usciti
due
libri
su
Enrico
Mattei
,
il
fondatore
dell
'
ENI
.
Uno
è
un
"
giallo
"
che
pretende
fornire
le
fila
dell
'
attentato
di
cui
egli
sarebbe
rimasto
vittima
,
e
non
val
la
pena
parlarne
:
non
perché
l
'
ipotesi
sia
da
scartare
a
priori
,
ma
perché
gli
autori
non
riescono
a
basarla
che
su
congetture
e
induzioni
scopertamente
romanzate
all
'
insegna
del
sensazionale
.
L
'
altro
,
no
:
è
un
profilo
serio
e
penetrantissimo
,
scritto
da
un
inglese
che
a
Mattei
fu
molto
vicino
in
qualità
di
consulente
:
Paul
H
.
Frankel
.
S
'
intitola
Petrolio
e
potere
(
«
La
Nuova
Italia
»
ed
.
,
175
pagg
.
,
L
.
l.000
)
.
E
non
è
soltanto
una
biografia
;
è
anche
un
saggio
,
asciutto
e
chiarissimo
,
come
solo
sanno
scriverne
gl
'
inglesi
,
su
tutto
il
problema
delle
fonti
d
'
energia
.
D
'
altra
parte
,
solo
così
inquadrato
si
può
capire
e
valutare
Mattei
.
E
di
capirlo
e
valutarlo
,
è
ormai
tempo
.
L
'
uomo
non
aveva
del
resto
nulla
d
'
insondabile
e
misterioso
.
Come
tutti
i
grandi
caratteri
,
Mattei
era
un
carattere
semplice
,
perfino
rozzo
.
La
cosa
che
più
mi
colpì
,
nell
'
unico
personale
contatto
ch
'
ebbi
con
lui
una
sera
a
cena
,
fu
l
'
intensità
della
sua
concentrazione
.
Parlò
di
una
cosa
sola
,
sempre
di
quella
:
ogni
volta
che
cercavo
di
spostare
il
discorso
su
altri
fatti
e
interessi
,
il
suo
volto
si
chiudeva
e
assumeva
l
'
espressione
del
sordo
.
Frankel
dice
che
,
sebbene
non
avesse
mai
avuto
nulla
a
che
fare
col
fascismo
,
Mattei
ne
aveva
respirato
l
'
aria
,
come
del
resto
tutti
gli
uomini
della
sua
generazione
.
L
'
idea
di
un
'
Italia
negletta
e
defraudata
dei
suoi
diritti
a
un
"
posto
al
sole
"
in
lui
era
diventata
convinzione
profonda
forse
perché
il
posto
al
sole
aveva
dovuto
guadagnarselo
egli
stesso
,
figlio
di
un
povero
carabiniere
meridionale
costretto
a
lavorar
di
gomiti
per
inserirsi
nel
mondo
degli
affari
lombardo
.
Nulla
di
straordinario
in
questa
vicenda
.
Milano
è
piena
d
'
immigrati
che
hanno
battuto
la
stessa
strada
e
incontrato
le
medesime
difficoltà
;
ma
che
una
volta
arrivati
,
se
ne
sono
gettati
dietro
le
spalle
il
ricordo
.
Mattei
,
no
.
Anche
dopo
che
vi
ebbe
raggiunto
una
posizione
di
tutto
rispetto
,
per
lui
Milano
rimase
sempre
"
la
plutocrazia
"
.
Non
era
invidia
:
e
lo
dimostra
il
fatto
che
Mattei
non
fece
mai
nulla
per
esservi
accolto
,
anche
quando
avrebbe
potuto
farlo
da
padrone
.
Mattei
non
ambì
mai
agli
status
symbols
della
grande
borghesia
imprenditoriale
né
mai
chiese
l
'
ammissione
al
club
.
Vedeva
veramente
in
questa
categoria
l
'
oppressore
privilegiato
.
Era
convinto
che
in
Italia
i
poveri
fossero
poveri
perché
i
ricchi
erano
ricchi
.
E
fu
per
questo
che
esercitò
tanta
suggestione
anche
fuori
d
'
Italia
..
Quando
Mattei
diceva
ai
Paesi
sottosviluppati
che
il
loro
sottosviluppo
dipendeva
dalla
rapacità
degli
sfruttatori
,
non
lo
diceva
soltanto
per
fare
i
propri
affari
.
Ci
credeva
.
In
lui
c
'
era
una
componente
di
messianismo
populista
.
Aveva
degli
uomini
una
concezione
manichea
:
di
qua
i
deboli
e
buoni
,
di
là
i
potenti
e
cattivi
.
Ricordo
una
sua
intervista
in
televisione
in
cui
egli
parlava
dell
'
ENI
come
di
un
disarmato
gattino
perso
nel
bosco
tra
belve
rapaci
.
La
menzogna
era
smaccata
e
mi
fece
trasalire
d
'
indignazione
:
l
'
ENI
in
quel
momento
aveva
già
zanne
e
artigli
da
tigre
.
Eppure
,
dopo
capii
che
Mattei
era
in
buona
fede
e
che
proprio
questa
era
la
sua
forza
:
per
diventare
il
vindice
di
un
sopruso
,
aveva
bisogno
di
sentirsene
la
vittima
.
Quanto
ci
sia
di
favoloso
e
leggendario
in
ciò
che
i
suoi
agiografi
spacciano
per
biografico
,
non
conta
.
Conta
solo
il
fatto
ch
'
egli
abbia
ispirato
favole
e
leggende
.
Forse
per
esempio
non
è
del
tutto
vero
che
il
suo
impero
nacque
da
un
gesto
di
disobbedienza
quando
,
nominato
dal
governo
commissario
dell
'
Azienda
Generale
Petroli
(
AGI
P
)
col
compito
di
liquidarla
,
vi
si
rifiutò
con
un
'
insolente
lettera
di
sfida
.
Ma
è
del
tutto
vero
che
in
quel
momento
egli
non
aveva
la
minima
idea
di
ciò
che
stava
facendo
e
dove
sarebbe
andato
a
parare
.
Frankel
dice
che
subito
dopo
la
Liberazione
,
Mattei
non
aveva
affatto
deciso
su
che
strada
mettersi
,
ma
che
caso
mai
propendeva
più
per
la
politica
che
per
gli
affari
.
E
probabile
.
Si
era
fatto
un
bel
nome
nella
Resistenza
di
cui
era
stato
il
Grande
Elemosiniere
,
era
strettamente
legato
ai
suoi
più
prestigiosi
capi
,
e
aveva
un
vasto
seguito
fra
i
partigiani
.
Inoltre
,
per
gli
affari
,
gli
mancava
il
maggiore
propellente
:
la
sete
di
denaro
.
Mattei
era
più
ricco
prima
di
creare
la
sua
azienda
che
durante
e
dopo
.
Egli
amava
solo
il
potere
,
e
l
'
amore
del
potere
esclude
tutti
gli
altri
.
Ma
probabilmente
si
era
già
accorto
che
la
politica
in
Italia
non
conduce
al
potere
.
Conduce
solo
alla
politica
,
per
la
quale
a
lui
mancavano
non
solo
le
qualità
,
ma
anche
i
difetti
che
contano
ancora
di
più
:
era
un
pessimo
oratore
e
credeva
in
ciò
che
faceva
con
una
convinzione
e
ostinazione
che
lo
rendevano
inaccessibile
a
quell
'
arte
del
compromesso
,
di
cui
la
politica
ormai
non
fa
più
il
mezzo
,
ma
il
fine
.
Tuttavia
la
sua
scelta
fu
solo
di
strumento
,
non
di
obbiettivo
.
Preferì
il
petrolio
al
Parlamento
perché
pensò
che
fosse
più
facile
dominare
il
Parlamento
col
petrolio
che
il
petrolio
col
Parlamento
.
Del
petrolio
sapeva
ben
poco
,
allora
.
Sapeva
soltanto
che
le
nostro
forniture
dipendevano
da
quelle
grandi
compagnie
internazionali
in
cui
egli
vedeva
la
più
perfetta
e
abominevole
incarnazione
della
"
plutocrazia
"
.
Frankel
dice
che
non
ci
fu
mai
verso
di
convincerlo
ch
'
esse
non
formavano
un
vero
e
proprio
"
cartello
"
,
come
lui
spregiosamente
lo
chiamava
,
cioè
un
monopolio
,
e
che
i
loro
profitti
non
erano
poi
così
esosi
,
come
lui
valutava
.
Mattei
doveva
crederlo
perché
solo
così
poteva
riuscire
a
farlo
credere
ai
Paesi
produttori
.
Egli
portava
nelle
sue
menzogne
una
carica
di
sincerità
che
le
rendeva
irresistibili
.
Non
conosco
i
capi
delle
compagnie
petrolifere
.
Penso
che
sul
piano
tecnico
e
manageriale
debbano
essere
uomini
agguerritissimi
,
rotti
a
qualunque
astuzia
,
e
con
un
pelo
sullo
stomaco
alto
così
.
Ma
sul
piano
umano
la
loro
ottusità
deve
toccare
livelli
da
Himalaya
,
a
giudicarne
dal
modo
con
cui
hanno
condotto
la
lotta
contro
l
'
ENI
.
Essi
risero
quando
Mattei
,
alla
vista
delle
prime
gocce
di
petrolio
portate
alla
superficie
dalle
sue
sonde
in
Val
Padana
,
annunciò
con
la
voce
rotta
dall
'
emozione
che
l
'
Italia
aveva
trovato
nelle
sue
viscere
la
cassaforte
di
una
ricchezza
aperta
a
tutti
.
Avevano
ragione
in
quanto
la
cassaforte
non
conteneva
che
quelle
poche
gocce
.
Ma
non
capirono
che
in
un
Paese
appena
reduce
dalle
mortificazioni
della
disfatta
,
più
che
di
petrolio
,
c
'
era
bisogno
di
fiducia
,
e
che
quell
'
annunzio
riecheggiante
il
solito
«
L
'
Italia
farà
da
sé
»
,
ne
ridava
.
Essi
risero
quando
Mattei
si
mise
a
profondere
miliardi
per
costruire
le
più
belle
moderne
e
lussuose
stazioni
di
servizio
con
la
scritta
"
Supercortemaggiore
,
la
potente
benzina
italiana
"
.
Avevano
ragione
perché
quella
benzina
italiana
era
fornita
dall
'
Anglo
-
Iranian
inglese
.
Ma
non
capirono
che
queste
ostentazioni
affezionavano
la
pubblica
opinione
a
un
'
illusione
cui
non
avrebbe
mai
più
rinunziato
,
dando
così
a
Mattei
la
forza
di
tradurla
in
realtà
.
Essi
credettero
che
Mattei
fosse
un
venditore
di
tappeti
.
Sbagliavano
.
Era
un
venditore
di
sogni
,
merce
molto
più
pericolosa
,
anche
perché
facilmente
esportabile
e
non
soggetta
a
dogana
.
Nessuno
può
dire
se
,
nel
momento
in
cui
il
suo
aereo
precipitò
,
egli
fosse
alla
vigilia
di
una
clamorosa
vittoria
o
di
una
irreparabile
disfatta
.
Cioè
potrebbe
dirlo
solo
il
suo
successore
Cefis
,
che
si
rifiuta
di
parlare
.
E
noto
che
Cefis
,
prima
stretto
collaboratore
di
Mattei
,
se
n
'
era
poi
allontanato
-
e
,
mi
dicono
,
in
malo
modo
-
per
dissensi
sui
criteri
di
gestione
dell
'
azienda
dove
rientrò
dopo
la
morte
del
fondatore
.
Eppure
non
ha
mai
pronunciato
che
parole
di
rispetto
,
quasi
di
venerazione
,
nei
suoi
confronti
.
Io
credo
che
Mattei
abbia
commesso
molti
sbagli
,
ma
che
proprio
questi
diano
la
misura
dell
'
uomo
.
Chiunque
altro
ne
sarebbe
stato
travolto
.
Lui
no
,
perché
era
più
grosso
di
essi
,
un
personaggio
ibseniano
,
cui
è
superfluo
cercar
di
attribuire
un
'
aureola
di
martire
tessendo
cattivi
romanzi
gialli
sulla
sua
fine
.
Non
ne
ha
bisogno
.
StampaQuotidiana ,
Nel
'68
,
quando
fu
costituito
il
primo
governo
Rumor
,
nel
leggere
la
lista
dei
partecipanti
,
molti
rimasero
di
stucco
:
il
nome
di
Giulio
Andreotti
non
vi
figurava
.
Era
la
prima
volta
che
succedeva
da
oltre
vent
'
anni
.
Di
quanti
ministeri
si
siano
composti
e
decomposti
in
quest
'
arco
di
tempo
,
ho
perso
il
conto
;
ma
tutti
ricordavamo
che
non
ce
n
'
era
stato
uno
di
cui
Andreotti
non
avesse
occupato
qualche
posto
-
chiave
.
Dal
sottosegretariato
alla
Presidenza
del
Consiglio
alle
Finanze
,
dalle
Finanze
al
Tesoro
,
dal
Tesoro
alla
Difesa
,
dalla
Difesa
all
'
Industria
,
Andreotti
si
era
ormai
accreditato
come
il
jolly
della
politica
italiana
,
una
specie
di
Domenghini
buono
per
tutti
i
ruoli
sia
d
'
attacco
che
di
difesa
.
Gli
eurologi
-
come
potremmo
chiamare
gli
esperti
del
Cremlino
democristiano
che
,
come
tutti
sanno
,
ha
la
sua
sede
all
'
EUR
-
ravvisarono
nell
'
esclusione
il
segno
di
una
parabola
discendente
.
Andreotti
,
dissero
,
è
caduto
vittima
di
un
eccesso
di
abilità
.
A
furia
di
non
volersi
legare
a
nessun
gruppo
per
restare
in
una
posizione
di
arbitro
rispetto
a
quelli
altrui
e
fare
tra
loro
l
'
ago
della
bilancia
,
è
rimasto
isolato
,
e
ora
ne
paga
il
fio
.
La
sua
è
ormai
una
battaglia
di
retroguardia
,
con
cui
tenta
di
salvare
il
salvabile
,
cioè
la
sua
posizione
di
"
notabile
"
.
Quella
non
può
insidiargliela
nessuno
,
data
la
sua
base
elettorale
fra
le
più
forti
del
partito
:
oltre
duecentomila
voti
di
preferenza
.
Ma
su
di
essa
ha
ripiegato
,
rinunziando
alla
lotta
per
il
primato
.
Giovane
com
'
è
,
può
anche
darsi
che
torni
la
sua
ora
.
Ma
chissà
quanto
dovrà
aspettarla
.
L
'
ha
aspettata
due
anni
:
che
,
per
un
'
inversione
di
parabola
,
sono
un
po
'
pochi
.
E
'
chiaro
che
Andreotti
,
lungi
dal
rinunziare
,
faceva
in
questo
frattempo
una
corsa
di
difesa
in
coda
al
plotone
per
prendere
la
volata
e
batterlo
sull
'
ultima
rampa
.
Non
so
se
questo
piano
lo
avesse
in
testa
fin
dal
'68
.
So
soltanto
che
,
per
lasciarsi
emarginare
da
una
lista
di
governo
,
qualcosa
in
testa
doveva
averla
.
L
'
ha
sempre
avuta
,
fin
dal
tempo
in
cui
sembrava
che
la
sua
sorte
fosse
indissolubilmente
legata
a
quella
di
De
Gasperi
.
Con
questo
-
intendiamoci
-
non
vogliamo
dire
ch
'
egli
abbia
tradito
il
suo
iniziatore
e
patrono
.
Anzi
,
fra
tutti
i
pupilli
dello
statista
trentino
,
è
uno
dei
più
fedeli
alla
sua
memoria
,
e
l
'
ha
dimostrato
anche
nell
'
eccellente
saggio
biografico
che
gli
ha
dedicato
.
La
sua
non
è
l
'
orazione
funebre
di
Antonio
sulla
tomba
di
Cesare
.
Si
sente
che
parla
d
'
un
Maestro
,
anzi
del
Maestro
.
Ma
al
cadavere
non
rimase
abbracciato
e
non
ne
seguì
la
sorte
,
come
una
vedova
indiana
,
sulla
pira
.
Quell
'
operazione
di
svincolo
,
a
volerla
compiere
senza
incorrere
in
accusa
di
fellonia
e
ingratitudine
,
non
era
facile
.
Anche
per
ragioni
di
anagrafe
(
è
nato
nel
'19
)
,
Andreotti
non
aveva
meriti
"
ante
marcia
"
.
Come
antifascista
,
tutto
il
suo
capitale
morale
consisteva
nell
'
amicizia
di
De
Gasperi
,
da
lui
conosciuto
un
giorno
del
'41
,
nella
biblioteca
Vaticana
.
Studente
poco
più
che
ventenne
,
Andreotti
c
'
era
andato
-
dice
-
a
cercarvi
dei
documenti
sulla
Marina
pontificia
.
Il
bibliotecario
ignorava
che
ce
ne
fosse
stata
una
e
si
meravigliò
che
quel
ragazzo
se
ne
interessasse
,
e
proprio
in
quel
momento
.
Ce
ne
meravigliamo
un
po
'
anche
noi
,
pur
conoscendo
le
curiosità
dell
'
uomo
e
la
sua
passione
per
la
Storia
.
De
Gasperi
allora
non
era
che
un
ospite
mal
sopportato
della
Curia
,
ma
il
suo
nome
cominciava
a
uscire
dall
'
oblio
in
cui
il
regime
lo
aveva
piombato
.
Il
giovane
studioso
trovò
molto
istruttiva
la
conversazione
con
lui
,
sebbene
di
Marina
del
tutto
digiuno
.
Tornò
a
vederlo
con
sempre
maggior
frequenza
,
e
di
lì
a
poco
si
trovò
travasato
nella
redazione
del
Popolo
,
che
aveva
ripreso
clandestinamente
le
sue
pubblicazioni
sotto
la
direzione
di
Gonella
.
Aveva
inciampato
in
De
Gasperi
al
momento
giusto
:
quello
in
cui
i
dispersi
superstiti
del
vecchio
partito
popolare
si
riunivano
sotto
la
sua
guida
,
cercavano
di
ricostituire
alla
svelta
i
quadri
e
avevano
bisogno
,
per
vitaminizzarli
,
di
giovani
.
Gli
unici
che
avessero
una
fedina
politica
pulita
erano
quelli
che
non
avevano
avuto
il
tempo
di
sporcarla
:
quelli
delle
ultimissime
leve
,
cui
Andreotti
apparteneva
.
De
Gasperi
nutriva
una
invincibile
diffidenza
per
gli
uomini
della
generazione
successiva
alla
sua
,
tutti
più
o
meno
figli
della
lupa
.
Preferiva
i
nipoti
.
E
fra
i
nipoti
,
predilesse
Andreotti
per
motivi
che
possiamo
soltanto
ricostruire
per
induzione
.
De
Gasperi
era
un
cattolico
,
non
un
clericale
,
e
già
fin
d
'
allora
aveva
i
suoi
guai
col
Vaticano
.
Pio
XII
non
lo
amava
.
Viceversa
Andreotti
in
Vaticano
ci
stava
come
una
trota
nel
torrente
,
o
per
meglio
dire
come
un
'
anguilla
nella
mota
.
Non
so
se
vi
avesse
già
dei
protettori
quando
andò
a
fare
quelle
tali
ricerche
nella
Biblioteca
.
Ma
fatto
sta
che
in
quel
labirinto
di
corridoi
,
in
quell
'
andirivieni
di
passi
felpati
,
fra
tutti
quei
Monsignori
dalla
voce
sommessa
e
dal
linguaggio
allusivo
,
si
orientò
subito
,
come
guidato
da
un
radar
.
Vado
-
ripeto
-
per
ipotesi
.
Ma
non
mi
sembra
azzardato
supporre
che
in
quel
mondo
egli
sia
stato
,
per
De
Gasperi
,
un
prezioso
ambasciatore
,
e
che
anche
a
questo
debba
il
suo
fulmineo
inizio
di
carriera
:
deputato
a
ventott
'
anni
,
prima
di
trenta
era
già
sottosegretario
alla
Presidenza
,
cioè
l
'
uomo
più
vicino
al
capo
e
più
al
corrente
delle
sue
manovre
.
Andava
anche
,
mi
dicono
,
a
messa
insieme
a
lui
,
e
tutti
credevano
che
facessero
la
stessa
cosa
.
Ma
non
era
così
.
In
chiesa
,
De
Gasperi
parlava
con
Dio
;
Andreotti
col
prete
.
Era
una
divisione
di
compiti
perfetta
.
Quale
profitto
l
'
allievo
avesse
tratto
da
quell
'
esperienza
,
lo
si
vide
alla
scomparsa
del
maestro
.
Si
vestì
da
orfano
,
ma
senza
avanzar
pretese
all
'
eredità
:
e
in
tal
modo
si
sottrasse
alla
spietata
epurazione
che
invece
colpì
i
grandi
diadochi
del
defunto
:
Scelba
,
Gonella
eccetera
.
Da
che
parte
sia
stato
in
questi
sedici
anni
di
guerra
di
successione
,
nessun
eurologo
è
in
grado
di
dirlo
con
certezza
.
Con
certezza
si
sa
soltanto
che
nel
partito
non
c
'
è
stata
maggioranza
in
cui
egli
non
sia
entrato
né
ministero
di
cui
non
abbia
fatto
parte
.
Nell
'
arruffato
giuoco
di
correnti
,
che
ha
ridotto
la
dicci
a
un
vortice
,
anche
lui
ha
la
sua
,
che
si
chiama
"
Primavera
"
e
che
di
professione
fa
la
fidanzata
:
anche
il
nome
l
'
aiuta
a
dire
all
'
ultimo
momento
che
ancora
"
non
ha
l
'
età
"
.
Per
quale
sottile
combinazione
di
pesi
e
contrappesi
il
partito
ora
abbia
affidato
a
lui
la
nuova
operazione
di
governo
,
è
materia
d
'
ipotesi
.
Ma
forse
il
motivo
va
ricercato
appunto
nelle
difficoltà
coniugali
ch
'
essa
comporta
,
e
di
cui
Andreotti
si
è
dimostrato
il
massimo
esperto
.
Mi
pare
che
vi
abbia
accennato
egli
stesso
quando
,
uscendo
dal
Quirinale
,
disse
che
la
collaborazione
fra
i
quattro
partiti
non
implicava
un
matrimonio
,
lasciando
capire
che
poteva
limitarsi
allo
"
struscio
"
.
A
quest
'
ardua
impresa
,
nessuno
è
più
qualificato
di
lui
che
ha
strusciato
sempre
senza
compromettersi
mai
.
L
'
uomo
è
distaccato
,
freddo
,
guardingo
,
a
sangue
ghiaccio
.
Non
c
'
è
pericolo
che
impenni
sull
'
ostacolo
.
E
abituato
ad
aggirarlo
,
e
lo
dimostra
la
disinvoltura
con
cui
ha
regolarmente
fatto
le
sue
«
entrate
»
-
ora
da
destra
,
ora
da
sinistra
-
che
tanto
hanno
confuso
gli
osservatori
.
Come
arma
di
riserva
,
dispone
anche
dell
'
umorismo
.
Andreotti
è
l
'
unico
uomo
politico
italiano
che
ne
possieda
,
e
forse
molto
più
di
quanto
mostra
.
Lo
amministra
con
parsimonia
perché
sa
benissimo
quanto
sia
pericoloso
,
in
un
paese
marcio
di
solennità
e
di
retorica
come
il
nostro
.
Ma
ogni
tanto
lo
tira
fuori
come
un
gatto
gli
artigli
,
e
sono
questi
graffi
che
conferiscono
alla
sua
eloquenza
un
timbro
particolare
.
Andreotti
non
è
un
grande
oratore
:
gliene
mancano
la
rotondità
e
i
voli
.
Ma
è
uno
squisito
parlatore
,
uno
schermidore
che
assesta
il
colpo
senza
perdere
mai
la
guardia
,
un
agguerrito
débatteur
pieno
di
garbo
e
di
cattiveria
,
cioè
di
una
cattiveria
corretta
dal
garbo
.
Ce
n
'
è
per
tutti
,
amici
e
nemici
,
perché
in
questo
romano
pontificio
convivono
in
perfetta
armonia
un
Monsignore
e
un
Pasquino
.
E
vorrei
sapere
quante
altre
ce
ne
sono
nel
suo
«
Diario
»
segreto
che
,
mi
dicono
(
e
ci
credo
perché
del
memorialista
ha
la
passione
e
tutte
le
qualità
)
,
egli
tiene
scrupolosamente
aggiornato
.
Peccato
che
non
faremo
in
tempo
a
leggerlo
perché
Andreotti
non
lo
pubblicherà
prima
del
suo
ritiro
dalla
politica
che
coinciderà
con
il
suo
congedo
dalla
vita
.
E
non
ha
che
cinquant
'
anni
.
È
autenticamente
colto
,
cioè
di
quelli
che
non
credono
che
la
cultura
sia
cominciata
con
la
sociologia
e
finisca
lì
.
Come
abbia
fatto
a
formarsela
,
avendo
cominciato
a
fare
il
ministro
prima
dei
trent
'
anni
e
non
avendo
più
smesso
,
Dio
solo
lo
sa
.
Ma
mi
dicono
ch
'
è
sempre
riuscito
a
trovare
il
tempo
di
annaffiarla
.
E
questo
è
a
dir
poco
sorprendente
perché
,
oltre
che
dal
daffare
governativo
,
egli
dev
'
essere
oberato
da
quello
elettorale
come
capo
di
una
delle
più
vaste
clientele
d
'
Italia
.
Secondo
qualcuno
,
la
sua
segreteria
sarebbe
la
più
efficiente
centrale
di
«
raccomandazioni
»
,
pur
in
un
Paese
e
in
un
partito
in
cui
l
'
efficienza
si
sfoga
solo
lì
.
Ma
va
a
metano
,
cioè
senza
far
fumo
né
residuati
.
E
'
una
specialità
di
Andreotti
quella
di
non
lasciar
mai
impronte
digitali
.
Un
industriale
mi
ha
raccontato
:
«
Un
giorno
Andreotti
mi
parlò
di
un
suo
protetto
in
tali
termini
che
io
stavo
per
offrirgli
un
posto
di
direttore
generale
,
quando
lui
mi
chiese
di
assumerlo
come
fattorino
.
Promuovendo
quella
specie
di
Einstein
a
impiegato
,
mi
sentivo
ancora
in
debito
con
lui
»
.
Una
volta
chiesero
ad
Andreotti
,
per
l
'
ennesima
volta
ministro
,
se
non
avvertiva
il
pericolo
che
alla
fine
il
potere
lo
logorasse
.
«
Il
potere
logora
coloro
che
non
lo
hanno
»
rispose
placidamente
.
E
oggi
non
ha
certo
di
che
ricredersi
.
Egli
offre
anche
questa
garanzia
:
di
conoscere
come
nessuno
la
macchina
dello
Stato
perché
di
tutti
i
suoi
ingranaggi
ha
fatto
l
'
esperienza
sul
vivo
,
e
tale
è
la
prontezza
con
cui
se
ne
impadronisce
che
dovunque
è
passato
ha
lasciato
il
ricordo
di
un
"
competente
"
.
Ma
questa
,
per
un
uomo
di
governo
,
è
la
qualità
che
conta
meno
,
in
Italia
.
Anzi
,
può
anch
'
essere
considerata
negativa
.