StampaQuotidiana ,
Torino
.
«
Tangenti
?
Be
'
,
io
le
chiamerei
provvigioni
,
nei
miei
interrogatori
ho
sempre
usato
questo
termine
.
Comunque
»
concede
Zampini
,
assaporando
il
sigaretto
«
diciamo
pure
tangenti
.
Certo
che
ne
ho
pagate
,
per
qualche
miliardo
.
Vuole
una
cifra
meno
vaga
?
Più
di
uno
,
meno
di
cinque
.
Se
non
le
avessi
pagate
,
le
mie
possibilità
di
lavoro
si
sarebbero
ridotte
quasi
a
zero
.
La
tangente
,
del
resto
,
è
un
investimento
che
frutta
il
cento
per
cento
l
'
anno
.
Ed
è
naturale
che
sia
così
:
i
politici
sono
gente
attivissima
,
il
loro
mestiere
è
fare
affari
,
la
politica
è
appena
un
corollario
...
»
.
Adriano
Zampini
,
34
anni
,
geometra
,
martella
le
parole
con
calma
.
È
l
'
«
Alpino
»
dello
scandalo
torinese
,
l
'
uomo
nero
che
ha
fatto
crollare
la
giunta
rossa
,
l
'
imputato
-
chiave
di
un
processo
che
fra
pochi
mesi
scoperchierà
molte
pentole
subalpine
.
Con
lui
in
aula
ci
saranno
i
presunti
corrotti
:
un
mazzo
di
politici
socialisti
,
democristiani
,
comunisti
:
«
Se
provo
astio
per
loro
?
Ma
no
!
Sono
tutti
degli
amici
.
Li
stimo
come
li
stimavo
prima
.
Oggi
fanno
il
possibile
per
salvarsi
.
E
per
salvarsi
dicono
che
sono
un
millantatore
...
»
.
E
sorride
.
Già
,
ma
come
sorride
Zampini
?
Ha
un
sorriso
da
giovane
lupo
,
in
un
viso
forte
,
con
due
occhi
azzurro
freddo
,
e
una
barba
da
vero
alpino
.
È
un
tipo
alto
,
ben
squadrato
,
l
'
aria
terribilmente
sicura
di
uno
che
s
'
è
conquistato
tutto
da
solo
,
cominciando
dal
niente
.
Un
«
niente
»
molto
lontano
dal
belmondo
dei
rampanti
di
Torino
.
La
scena
iniziale
è
la
Valpolicella
,
provincia
di
Verona
.
Ambiente
popolare
,
famiglia
operaia
-
contadina
.
Papà
Zampini
fa
il
caporeparto
in
una
fabbrica
di
casseforti
.
Un
uomo
che
lavora
duro
e
morirà
a
56
anni
di
cancro
al
polmone
,
contratto
nel
verniciar
forzieri
per
i
soldi
degli
altri
.
Preso
il
diploma
,
anche
l
'
Adriano
entra
in
ditta
.
È
sveglio
,
ha
grande
iniziativa
e
una
memoria
da
computer
.
Dopo
un
po
'
è
responsabile
del
servizio
assistenza
per
gli
impianti
di
sicurezza
:
«
Che
bella
squadra
eravamo
!
Siamo
stati
i
primi
ad
usare
la
lancia
termica
.
In
dieci
secondi
sapevamo
aprire
una
cassaforte
corazzata
.
Adesso
però
»
mi
avverte
sornione
«
non
so
più
farlo
,
lo
scriva
...
»
.
Un
giorno
arriva
l
'
amore
.
No
,
non
è
un
dettaglio
privato
.
L
'
amore
,
infatti
,
è
una
maestrina
piemontese
di
Villareggia
,
e
sarà
questo
incontro
a
portar
Zampini
verso
la
fatal
Torino
.
Una
Torino
che
da
lontano
già
conosce
,
per
via
del
servizio
di
leva
alla
Scuola
militare
alpina
di
Aosta
,
dove
ha
preso
il
grado
di
tenente
.
Così
,
quando
viene
il
tempo
delle
nozze
,
la
scelta
è
fatta
:
via
da
Verona
,
si
va
ad
ovest
,
verso
la
città
del
capitale
e
del
lavoro
.
È
il
gennaio
1973
.
A
Torino
,
il
giovane
Zampini
fa
il
rappresentante
di
mobili
per
ufficio
e
impara
subito
una
verità
:
«
Sì
,
imparo
che
vendere
è
molto
difficile
.
Prima
,
quando
aprivo
le
casseforti
,
erano
i
clienti
ad
implorarmi
:
venga
,
s
'
è
bloccato
l
'
impianto
,
dentro
ci
sono
duecento
milioni
!
Vendere
,
invece
,
era
tutt
'
altra
cosa
.
Poi
,
un
po
'
alla
volta
,
ho
capito
come
dovevo
fare
...
»
.
Mentre
l
'
Adriano
comincia
ad
annusare
il
giro
dei
politici
torinesi
,
la
sua
ditta
vince
(
«
regolarmente
!
»
)
la
gara
per
una
grossa
fornitura
alla
Regione
Piemonte
.
Incoraggiato
,
Zampini
decide
di
mettersi
in
proprio
.
Con
dieci
milioni
in
contanti
,
nell
'
ottobre
1974
,
a
25
anni
,
fonda
la
società
Juppiter
,
mobili
per
ufficio
e
attrezzature
scientifiche
.
Cinque
anni
dopo
verrà
la
Concord
,
informatica
e
centri
di
calcolo
.
Quindi
la
Programma
Immobiliare
.
Chiedo
:
e
la
Biolight
di
cui
s
'
è
tanto
parlato
?
«
Quella
non
l
'
ho
fondata
io
.
Esisteva
già
quando
ne
son
diventato
l
'
amministratore
unico
.
Importava
e
vendeva
lampade
della
Duro
-
Test
Corporation
,
del
New
Jersey
.
Sì
,
fra
i
soci
dichiarati
c
'
erano
i
fratelli
Biffi
-
Gentili
.
Ma
questi
due
io
li
conoscevo
da
molto
tempo
...
»
.
Li
conosceva
per
comune
militanza
socialista
?
«
Macché
.
Io
non
ho
mai
fatto
vita
politica
,
a
parte
qualcosina
da
studente
a
Verona
,
nello
PSIUP
.
Sì
,
lo
scriva
:
PSIUP
!
Altro
che
fascista
di
Ordine
Nuovo
!
È
stato
1'
"
Avanti
!
"
a
stampare
questa
bugia
,
e
non
ha
nemmeno
pubblicato
la
mia
rettifica
.
Così
Martelli
e
Intini
si
son
meritati
una
querela
.
Ma
non
me
la
prendo
.
Erano
i
giorni
degli
arresti
,
un
grande
marasma
,
e
poi
il
PSI
è
un
partito
che
macina
anche
i
sassi
,
un
partito
di
movimento
...
»
.
«
Dopo
il
PSIUP
niente
più
politica
»
garantisce
Zampini
.
«
Da
allora
ho
avuto
un
motto
solo
:
amico
di
ciascuno
,
fratello
di
nessuno
.
L
'
uomo
d
'
affari
dev
'
essere
così
.
Deve
andare
bene
a
tutti
.
Deve
fare
come
il
medico
,
che
conforta
e
aiuta
.
Del
resto
,
a
noi
piccoli
imprenditori
non
ci
serve
essere
impegnati
politicamente
.
Se
hai
bisogno
di
un
intervento
politico
,
basta
avere
cinque
milioni
sull
'
unghia
e
li
hai
tutti
con
te
,
pronti
a
farsi
comprare
,
anche
i
parlamentari
»
.
«
Lavorando
in
proprio
»
continua
1'«Alpino»
«
ho
scoperto
sulla
mia
pelle
che
la
strada
giusta
era
quella
di
pagare
.
E
allora
son
partito
subito
.
Prima
con
personaggi
di
minimo
cabotaggio
,
per
poi
,
a
poco
a
poco
,
salire
di
calibro
.
E
così
mi
sono
trovato
in
un
meccanismo
ben
conosciuto
da
quelli
che
devono
lavorare
con
le
tangenti
:
una
giostra
dal
moto
perpetuo
,
che
non
ti
consente
né
di
scendere
né
di
tornare
indietro
.
Devo
spiegarmi
meglio
?
Bene
,
da
una
parte
c
'
è
l
'
imprenditore
che
ha
la
giusta
bramosia
di
buoni
affari
.
Dall
'
altra
ci
sono
i
politici
con
un
appetito
tremendo
,
che
chiedono
e
chiedono
,
e
domandano
anche
anticipi
sugli
affari
futuri
.
Tu
paghi
,
una
volta
,
due
,
tre
.
Poi
,
a
forza
di
pagare
,
ti
trovi
impegnato
al
di
là
del
ragionevole
,
corri
dei
rischi
,
ti
sveni
,
e
così
cerchi
sempre
nuovi
affari
con
l
'
aiuto
di
quei
politici
che
hai
pagato
la
prima
volta
»
.
Davvero
una
brutta
giostra
,
Zampini
...
L
'
«
Alpino
»
sospira
:
«
Sì
,
ci
si
trova
agganciati
senza
scampo
.
Il
politico
è
come
un
drogato
in
crisi
d
'
astinenza
,
ha
bisogno
sempre
di
soldi
,
e
non
si
disintossica
se
non
quando
l
'
arrestano
.
Tu
imprenditore
devi
dargli
la
dose
,
e
non
puoi
abbandonarlo
.
Perché
,
se
l
'
abbandoni
,
perdi
una
montagna
di
soldi
e
poi
ti
fai
un
brutto
nome
sulla
piazza
dei
partiti
,
una
piazza
importante
!
»
.
È
grazie
a
questo
girone
infernale
che
l
'
attività
di
Zampini
cresce
.
«
All
'
inizio
,
però
,
facevo
solo
operazioncine
.
Ero
giovane
,
immigrato
veneto
,
avevo
una
piccola
azienda
.
Quindi
ho
impiegato
qualche
anno
ad
arrivare
nelle
vere
anticamere
delle
stanze
dei
bottoni
.
Poi
,
mentre
campavo
con
i
miei
lavori
normali
,
finalmente
ho
incontrato
gli
amici
giusti
.
E
mi
son
reso
conto
anch
'
io
,
come
tanti
in
Italia
,
di
un
'
altra
verità
:
i
grossi
affari
stanno
là
dove
c
'
è
il
denaro
pubblico
e
dove
ci
sono
politici
che
lo
gestiscono
senza
responsabilità
.
Gli
amici
che
avevo
scoperto
fra
il
1979
e
l'80
erano
così
.
Avevano
in
mano
Torino
.
Rispetto
a
loro
,
io
ero
soltanto
un
satellite
.
E
allora
ho
provato
a
diventare
una
stella
.
Non
ci
sono
riuscito
.
Ho
cominciato
a
volare
alto
,
ma
ho
fatto
la
fine
di
Icaro
»
dice
Zampini
,
con
un
sorriso
mesto
,
«
sì
io
sono
un
piccolo
Icaro
le
cui
ali
di
cera
sono
state
bruciate
da
un
sole
:
il
procuratore
Caccia
.
»
Finalmente
un
nome
pulito
:
Bruno
Caccia
,
magistrato
,
capo
della
Procura
di
Torino
,
poi
assassinato
da
mano
ignota
.
L
'
«
Alpino
»
ne
parla
con
ammirazione
:
«
Come
dice
quel
personaggio
di
Sciascia
?
Ci
sono
gli
uomini
,
i
mezzi
uomini
,
i
quaraquaquà
.
Be
'
,
cari
miei
,
Caccia
quello
sì
che
era
un
uomo
!
Ha
assistito
a
due
miei
interrogatori
,
alle
undici
di
sera
.
Mi
ha
fatto
pochissime
domande
,
ma
tutte
centrate
,
centratissime
!
Torniamo
al
mio
volo
.
Grazie
agli
amici
,
le
mie
operazioni
si
sono
fatte
più
grosse
.
E
io
pagavo
,
pagavo
.
Ma
non
era
ancora
niente
rispetto
a
quello
che
avrebbe
dovuto
svolgersi
nel
1983
:
affari
da
decine
di
miliardi
.
E
invece
,
zac
!
,
è
caduta
la
mannaia
dei
magistrati
.
Hanno
avuto
fortuna
,
e
così
sono
intervenuti
al
momento
giusto
.
Ma
avevano
anche
messo
in
campo
la
squadra
vincente
»
.
Che
vuol
dire
,
Zampini
?
«
Vede
,
io
ho
fatto
l
'
arbitro
di
calcio
.
Prima
della
partita
,
vedendo
entrare
le
squadre
,
tu
capisci
già
da
tante
cose
chi
delle
due
ha
la
mentalità
vincente
.
La
squadra
della
Procura
era
quella
giusta
:
giovani
,
preparati
,
con
la
mentalità
di
chi
vuoi
stroncare
un
certo
giro
.
Pensi
che
quando
son
venuti
in
casa
a
perquisirmi
,
alle
cinque
di
mattina
,
non
ho
nemmeno
capito
che
quello
che
li
comandava
era
un
magistrato
.
Pensavo
all
'
Intendenza
di
Finanza
!
Ho
persino
detto
:
guardate
che
il
condono
l
'
ho
fatto
!
Poi
ho
chiesto
:
posso
telefonare
al
vicesindaco
Biffi
per
disdire
un
appuntamento
?
E
quel
giudice
:
ma
prego
,
faccia
pure
!
»
.
È
il
2
marzo
1983
.
Finita
la
perquisizione
,
l
'
«
Alpino
»
,
ancora
libero
,
va
alla
caserma
dei
carabinieri
di
Venaria
sulla
sua
Alfetta
con
radiotelefono
.
Solo
alle
cinque
del
pomeriggio
s
'
accorge
d
'
avere
le
ali
bruciate
.
Lo
capisce
leggendo
l
'
ordine
di
cattura
:
«
Sette
pagine
tremende
,
firmate
dal
dottor
Marzachì
,
con
tutti
i
nomi
.
Allora
ho
deciso
di
parlare
.
Qualche
giornale
ha
poi
scritto
che
sono
un
pentito
.
Balle
!
Io
non
mi
son
pentito
di
niente
.
Ho
pagato
le
tangenti
perché
questo
è
il
sistema
e
io
dovevo
lavorare
!
»
.
Come
mai
ha
detto
tutto
?
«
Io
ho
una
mentalità
economica
.
A
Venaria
ho
capito
che
mi
erano
sfumati
affari
per
dieci
miliardi
.
Dunque
,
perso
per
perso
,
tanto
valeva
difendermi
raccontando
quel
che
sapevo
.
Era
l
'
unico
comportamento
intelligente
,
me
l
'
ha
consigliato
anche
il
mio
difensore
,
Graziano
Masselli
.
E
poi
c
'
era
un
'
altra
ragione
.
Se
fossi
stato
un
uomo
di
partito
,
qualche
grosso
calibro
pronto
a
soccorrermi
l
'
avrei
trovato
.
Ma
ero
l
'
uomo
di
nessuno
,
e
quindi
nessuno
mi
avrebbe
difeso
.
Così
,
in
quaranta
giorni
d
'
interrogatori
,
ho
scoperto
tutti
i
sepolcri
»
.
Avendoli
scoperti
,
oggi
Zampini
è
l
'
uomo
giusto
per
qualche
domandina
sulle
tecniche
e
i
misteri
dell
'
Italia
tangentizia
.
Lui
sorride
:
«
Quali
misteri
?
È
un
sistema
vecchio
come
il
cucco
,
solo
che
adesso
si
ha
il
coraggio
di
parlarne
.
Ed
è
un
sistema
diffuso
anche
nell
'
ambiente
privato
.
Su
cento
lavori
che
prendi
,
per
novanta
devi
dare
la
stecca
.
I
politici
la
vogliono
quasi
tutti
.
Ma
li
capisco
.
Se
uno
spende
duecento
milioni
per
diventar
deputato
,
si
deve
poi
accontentare
d
'
andar
su
e
giù
da
casa
a
Roma
per
fare
il
peone
?
Certo
,
per
qualcuno
l
'
ideologia
è
ancora
importante
.
Ma
gli
altri
stanno
a
Roma
per
far
rendere
i
milioni
spesi
o
,
come
minimo
,
per
recuperarli
!
»
.
Chi
lavora
con
gli
enti
pubblici
può
fare
a
meno
di
pagar
tangenti
?
«
Secondo
me
,
no
.
Una
gara
la
puoi
anche
vincere
in
modo
pulito
.
Però
poi
scopri
che
l
'
aggiornamento
prezzi
non
viene
,
che
gli
stati
d
'
avanzamento
lavori
ti
son
pagati
a
uno
o
due
anni
,
che
delle
tue
forniture
poche
vanno
bene
.
E
allora
ti
devi
decidere
:
o
non
partecipi
più
a
nessun
appalto
,
o
cominci
anche
tu
a
pagare
i
funzionari
e
soprattutto
i
politici
che
li
coprono
»
.
Ma
gli
imprenditori
che
vogliono
vendere
beni
o
servizi
allo
Stato
e
agli
enti
locali
,
la
pagano
davvero
tutti
la
tangente
?
Zampini
non
ha
dubbi
:
«
Tutti
quelli
che
conosco
io
sì
»
.
E
che
cosa
succede
a
chi
non
vuol
pagare
?
«
Deve
cambiar
settore
d
'
attività
,
se
no
distrugge
la
propria
azienda
»
.
Ed
è
vero
che
le
tangenti
oggi
vengono
richieste
anche
sugli
atti
dovuti
,
e
non
più
soltanto
su
quelli
discrezionali
?
L
'
«
Alpino
»
sorride
ironico
:
«
Ma
in
che
mondo
vive
lei
?
È
soprattutto
sugli
atti
dovuti
che
pretendono
la
tangente
,
perché
è
più
facile
nasconderla
.
L
'
amministratore
pubblico
potrà
sempre
difendersi
dicendo
:
io
quella
decisione
l
'
ho
presa
perché
era
obbligatoria
...
»
.
Come
viene
pagata
la
tangente
?
«
In
cash
,
in
contanti
.
Questo
sì
che
è
un
guaio
!
Lei
sa
che
negli
istituti
di
credito
,
se
uno
ritira
banconote
per
più
di
venti
milioni
,
c
'
è
un
controllo
.
E
allora
diventa
una
via
crucis
fare
il
giro
di
tante
banche
.
Quelli
che
incassano
hanno
il
problema
rovesciato
:
suddividere
i
soldi
neri
in
piccole
somme
,
affidarle
a
portaborse
che
girino
anche
loro
le
banche
a
trasformare
il
denaro
in
tanti
assegni
circolari
»
.
E
i
più
affamati
chi
sono
?
Zampini
mette
le
mani
avanti
:
«
Sigle
di
partito
io
non
ne
faccio
!
Le
risponderò
così
:
i
più
voraci
sono
i
politici
giovani
.
I
meno
affamati
?
Quelli
che
fanno
politica
in
sede
strettamente
locale
,
gente
più
anziana
,
che
ha
cominciato
la
militanza
subito
dopo
la
guerra
,
quando
l
'
Italia
scopriva
la
democrazia
.
Per
esempio
,
il
capostazione
socialista
che
è
stato
nella
Resistenza
.
O
il
politico
che
era
operaio
quando
ti
licenziavano
se
avevi
la
tessera
del
sindacato
.
Questa
gente
di
stecche
non
ne
chiede
.
Però
sono
persone
che
operano
a
livelli
amministrativi
molto
bassi
»
.
«
Appena
più
in
su
»
giura
Zampini
«
non
c
'
è
scampo
.
L
'
entità
della
tangente
varia
a
seconda
dell
'
importanza
dell
'
incarico
e
del
rischio
che
il
politico
corre
.
Ma
a
parte
queste
differenze
,
la
prendono
tutti
.
E
sa
perché
?
Perché
a
quelli
della
politica
gli
frega
poco
o
niente
,
e
meno
ancora
degli
elettori
.
Hanno
una
sola
idea
:
arrivare
ad
una
certa
carica
per
farla
fruttare
»
.
Ma
sono
proprio
tutti
così
?
I
comunisti
,
per
esempio
,
non
sono
diversi
?
«
Non
sono
assolutamente
diversi
.
Però
sono
molto
più
precisi
.
Se
lei
sgarra
sui
tempi
o
sulla
quantità
del
versamento
,
li
perde
e
non
li
ritrova
più
.
Ma
se
prendono
un
impegno
,
non
ti
bidonano
,
vanno
fino
in
fondo
.
Insomma
,
sono
più
professionali
.
E
sanno
anche
scegliersi
gli
affari
.
Loro
non
si
vendono
a
cani
e
porci
...
»
.
La
tangente
finanzia
il
partito
o
ingrassa
il
politico
che
la
riceve
?
«
Finanzia
i
patrimoni
personali
dei
politici
e
nient
'
altro
»
.
Vale
anche
per
i
comunisti
?
«
Rispondo
di
sì
,
ma
con
beneficio
d
'
inventario
,
perché
bisogna
vedere
caso
per
caso
.
Secondo
me
,
anche
molti
comunisti
ormai
fanno
la
cresta
.
Una
prima
volta
gli
dai
cento
e
loro
passano
tutto
al
partito
.
La
seconda
volta
gli
dai
cinquanta
e
se
ne
trattengono
venti
.
Poi
gettano
la
colpa
su
di
te
,
dicendo
alla
casa
madre
:
non
ha
versato
tutto
»
.
Fare
il
politico
,
dunque
,
è
un
mestiere
che
rende
?
Zampini
torna
a
sorridere
da
lupo
:
«
Il
politico
italiano
è
un
professionista
molto
ricco
.
E
ha
un
unico
problema
:
allenarsi
a
non
far
apparire
i
suoi
soldi
.
Allora
,
ecco
certe
camicie
un
po
'
lise
,
le
scarpe
consunte
,
il
vecchio
vestito
,
la
128
scassata
...
Quella
di
non
apparire
è
la
loro
sofferenza
continua
.
Si
concedono
un
unico
lusso
:
i
ristoranti
costosi
»
.
E
lei
,
Zampini
,
che
cos
'
è
:
un
disonesto
,
uno
sciocco
,
un
imprudente
?
L
'
«
Alpino
»
ci
pensa
su
:
«
Nessuna
di
queste
tre
cose
e
tutte
e
tre
insieme
.
Vuole
la
verità
?
Io
sono
come
il
novanta
per
cento
degli
imprenditori
che
lavorano
con
gli
enti
pubblici
.
Aggiungo
:
ultimamente
non
ero
io
a
cercare
i
politici
,
mi
cercavano
loro
.
Il
mio
problema
era
rinunciare
alle
proposte
d
'
affari
che
mi
facevano
!
»
.
Si
considera
più
onesto
o
meno
onesto
di
loro
?
Di
colpo
,
Zampini
diventa
aspro
:
«
Chi
ha
un
'
azienda
non
può
badare
a
certi
princìpi
,
deve
pensare
solo
alla
sua
attività
.
Ma
i
politici
?
Loro
no
.
Tocca
a
loro
,
non
a
me
,
badare
alla
moralità
pubblica
.
E
poi
,
io
ero
obbligato
a
versare
.
È
tutto
un
sistema
che
campa
sulla
corruzione
.
Forse
finirà
quando
i
partiti
s
'
accorgeranno
che
,
rubando
,
si
arriva
ai
crolli
elettorali
,
e
i
crolli
fanno
saltare
le
carriere
.
Ma
ci
vorranno
molti
anni
»
.
In
attesa
di
questo
giusto
finale
,
avremo
l
'
intermezzo
del
processo
di
Torino
.
Zampini
mormora
:
«
Io
sono
qui
che
l
'
aspetto
.
E
qualche
volta
ho
paura
.
Non
per
oggi
,
ma
per
l
'
avvenire
.
Anche
per
i
politici
la
vendetta
è
un
piatto
da
consumare
freddo
.
Ma
poi
mi
do
coraggio
e
attendo
di
vedere
gli
amici
in
quell
'
aula
di
tribunale
.
Le
ho
detto
che
ho
fatto
l
'
arbitro
,
no
?
Ho
imparato
a
non
tremare
quando
duemila
persone
mi
gridano
contro
.
E
anche
a
non
reagire
se
qualcuno
mi
sputa
in
faccia
...
»
.
StampaQuotidiana ,
Torino
,
10
.
Torino
,
la
violenza
,
il
terrorismo
.
Sulla
pelle
di
questa
città
ci
siamo
esercitati
tutti
per
anni
.
Adesso
proviamo
ad
ascoltare
qualche
voce
di
chi
sta
dentro
Torino
e
dentro
le
sue
paure
.
Oggi
parla
un
caposquadra
della
FIAT
Mirafiori
.
«
Dei
sessantuno
operai
licenziati
non
voglio
dir
niente
.
Dopo
,
lei
capirà
la
mia
ragione
.
Su
tutto
il
resto
,
invece
,
sono
disposto
a
parlare
perché
penso
sia
utile
conoscere
come
vanno
le
faccende
in
FIAT
.
In
cambio
le
chiedo
una
cosa
sola
:
non
dia
i
miei
dati
personali
e
non
mi
descriva
.
Dica
soltanto
che
ho
una
quarantina
di
anni
e
che
sono
uno
dei
duemila
capisquadra
di
Mirafiori
.
Lei
conosce
la
fabbrica
?
No
?
Allora
le
spiego
la
piramide
gerarchica
.
C
'
è
l
'
operaio
,
poi
l
'
intermediario
,
il
caposquadra
,
il
caporeparto
,
il
capofficina
,
su
su
sino
al
direttore
.
Come
vede
,
io
sto
al
primo
gradino
dei
capi
,
guadagno
sulle
seicentomila
lire
al
mese
e
ho
vent
'
anni
di
FIAT
sulle
spalle
.
In
FIAT
ho
imparato
tutto
e
la
FIAT
è
stata
la
mia
prima
famiglia
.
Oggi
per
me
non
è
più
niente
.
Oggi
io
sto
in
fabbrica
dalle
nove
alle
undici
ore
al
giorno
.
E
ogni
giorno
mi
domando
:
a
fare
che
cosa
?
Lei
avrà
sentito
parlare
di
programmi
produttivi
,
di
qualità
della
produzione
.
Bene
,
nell
'
ambito
della
mia
squadra
dovrei
occuparmi
di
questo
.
Arrivo
all
'
inizio
del
mio
turno
,
conto
gli
operai
che
lavorano
con
me
,
so
che
per
fare
un
certo
prodotto
occorrono
tot
operai
,
so
che
,
per
essere
venduto
,
il
prodotto
dev
'
essere
affidabile
,
ossia
avere
una
certa
qualità
.
Insomma
,
faccio
l
'
interesse
dell
'
azienda
che
mi
paga
.
Non
è
una
mia
pretesa
:
è
una
necessità
.
In
un
'
altra
epoca
avrei
detto
:
è
il
mio
dovere
.
Le
aziende
stanno
in
piedi
solo
se
il
lavoro
è
fatto
bene
,
e
tutta
la
baracca
,
sì
,
il
paese
,
si
regge
se
le
aziende
funzionano
.
Questo
ho
imparato
in
venti
anni
di
lavoro
.
E
questo
ho
fatto
per
molto
tempo
.
Adesso
non
lo
faccio
più
.
Lei
mi
chiede
:
è
colpa
degli
operai
?
Io
le
rispondo
così
.
Prendiamo
cento
operai
di
Mirafiori
.
Trenta
non
vogliono
saperne
né
di
sindacato
né
di
niente
:
la
fabbrica
è
un
posto
dove
purtroppo
bisogna
faticare
e
basta
.
Altri
trenta
vogliono
una
politica
sindacale
democratica
e
giusta
.
Venti
-
venticinque
sono
in
balia
della
prima
aria
che
tira
e
non
sanno
da
che
parte
stare
.
E
su
questi
premono
gli
ultimi
quindici
che
sono
estremisti
e
cercano
ogni
occasione
per
rompere
i
coglioni
,
per
non
lavorare
e
per
non
far
lavorare
.
Quindici
sono
pochi
,
ma
bastano
per
far
casino
se
gli
altri
non
reagiscono
.
È
una
minoranza
che
però
fa
quello
che
vuole
.
Il
loro
nemico
è
il
primo
capo
che
hanno
sottomano
,
il
caposquadra
.
È
lui
il
centro
del
bersaglio
,
quasi
fosse
la
controfigura
dell
'
Agnelli
.
Tu
insisti
per
fare
andare
avanti
il
lavoro
,
per
ottenere
la
quantità
e
la
qualità
necessarie
.
E
loro
,
soprattutto
quelli
giovani
,
gli
ultimi
assunti
,
goccia
dopo
goccia
,
riempiono
il
tuo
vaso
.
Capo
,
non
rompere
,
o
ti
facciamo
sciopero
.
Capo
,
vaffanculo
.
Capo
,
sei
un
bastardo
,
guarda
che
ti
conosco
,
so
dove
stai
e
ti
prendo
fuori
di
qui
.
Capo
sei
un
fascista
,
ti
faremo
camminare
in
carrozzella
.
Capo
,
non
fare
rapporto
in
direzione
,
altrimenti
...
Bisogna
subire
.
C
'
è
chi
subisce
piegandosi
a
gesti
meschini
.
Qualche
volta
è
capitato
anche
a
me
.
In
certi
momenti
,
poi
,
c
'
è
la
caccia
al
capo
.
Le
giunge
nuovo
?
Io
me
la
sono
sempre
cavata
,
non
mi
hanno
mai
buttato
fuori
.
E
sa
perché
?
Quando
arrivava
il
corteo
interno
,
ho
sempre
tagliato
la
corda
.
Ma
ho
vissuto
momenti
neri
,
a
vedere
gli
amici
sballottati
qua
e
là
con
la
bandiera
rossa
in
mano
,
e
io
dovevo
rimanere
nascosto
e
inerte
per
non
essere
costretto
a
fare
come
loro
.
Infine
ci
sono
le
gocce
che
cadono
fuori
dalla
fabbrica
,
a
casa
.
Le
telefonate
mafiose
:
cerca
di
contenerti
,
sta
dalla
parte
degli
operai
...
oppure
le
minacce
alla
moglie
:
guardi
che
quel
porco
di
suo
marito
prima
o
poi
glielo
facciamo
fuori
.
A
me
è
sempre
andata
bene
,
non
mi
hanno
nemmeno
bruciata
la
macchina
,
anche
perché
cambio
sempre
posteggio
e
strada
.
Però
gomme
tagliate
e
auto
incendiate
sono
all
'
ordine
del
giorno
.
Per
non
parlare
del
resto
:
i
colleghi
feriti
,
voi
scrivete
azzoppati
come
se
si
trattasse
di
vitelli
e
invece
sono
uomini
condannati
per
tutta
la
loro
restante
vita
.
E
poi
i
dirigenti
ammazzati
dalle
bande
,
l
'
ultimo
Ghiglieno
.
Così
,
mese
dopo
mese
,
la
mia
vita
è
cambiata
.
Una
volta
tornavo
a
casa
e
mi
riposavo
o
stavo
coi
figli
o
facevo
dell
'
altro
lavoro
.
Adesso
penso
soltanto
a
ricaricarmi
di
energia
per
affrontare
la
battaglia
del
giorno
dopo
in
FIAT
.
Anche
di
dentro
sono
cambiato
.
Si
metta
al
mio
posto
,
al
posto
di
uno
che
sul
lavoro
se
fa
una
cosa
gli
dicono
:
bastardo
,
sbagli
;
e
se
ne
fa
un
'
altra
gli
dicono
sempre
:
bastardo
,
sbagli
.
Dai
e
dai
,
come
fa
a
non
sorgerti
il
dubbio
che
forse
davvero
c
'
è
qualcosa
in
te
che
non
va
,
che
non
sei
più
la
persona
di
prima
?
E
soprattutto
in
fabbrica
che
ti
accorgi
del
tuo
cambiamento
.
Lo
abbiamo
visto
quando
hanno
assassinato
Ghiglieno
.
Ci
siamo
trovati
in
un
gruppo
di
capi
e
ci
siamo
chiesti
:
che
facciamo
?
fino
a
quando
durerà
?
dobbiamo
adoperarci
ancora
per
tenere
in
piedi
quest
'
azienda
?
Abbiamo
risposto
di
sì
,
ma
era
chiaro
che
in
tutti
c
'
era
la
voglia
contraria
,
la
voglia
di
mollare
.
Anzi
,
per
dire
le
cose
come
stanno
,
non
si
tratta
più
di
voglia
.
Noi
capi
abbiamo
mollato
.
Manca
solo
che
ci
mettiamo
in
mutua
,
ma
è
come
se
lo
fossimo
.
Lo
so
che
se
poi
il
cliente
ha
il
freno
che
non
gli
funziona
o
il
pistone
rigato
,
la
colpa
è
anche
nostra
ma
ormai
è
difficile
comportarci
secondo
le
regole
.
Non
ci
crede
?
Venga
in
fabbrica
.
Se
vedo
un
operaio
che
prende
a
calci
un
pezzo
,
sono
in
grado
di
fare
una
cosa
sola
:
aspettare
un
po
'
e
poi
raccoglierlo
io
.
E
se
mi
accorgo
che
uno
il
pezzo
se
lo
ruba
via
?
Mi
giro
dall
'
altra
parte
per
non
vedere
.
La
denuncia
?
Ma
in
che
mondo
vive
lei
?
Possiamo
solo
ingoiare
.
Questa
sta
diventando
una
fabbrica
di
merda
.
Le
sembra
un
'
espressione
troppo
forte
?
Guardi
,
se
lei
mi
chiedesse
di
definire
la
FIAT
oggi
,
non
troverei
un
termine
dispregiativo
sufficiente
.
Lo
scriva
pure
chiaro
.
Ma
lo
sa
che
nelle
vetture
e
nei
cassoni
troviamo
i
preservativi
usati
?
Dire
che
è
un
casino
è
dire
poco
.
E
voi
dei
giornali
non
avete
mai
raccontato
la
verità
.
Come
si
può
resistere
?
Mi
scusi
se
uso
una
parola
difficile
:
a
volte
mi
sento
spersonalizzato
,
completamente
.
Anche
fuori
dalla
FIAT
mi
sento
così
.
Quando
qualcuno
mi
domanda
chi
sono
e
che
lavoro
faccio
,
non
so
come
rispondere
.
Sono
un
capo
?
No
,
non
lo
sono
più
.
Non
sono
più
niente
.
Sono
soltanto
uno
che
fa
male
il
proprio
lavoro
,
anzi
,
uno
che
non
sa
più
qual
è
il
suo
lavoro
.
Decisioni
ne
posso
prendere
quasi
zero
.
Punire
non
posso
,
perché
se
punisco
corro
il
rischio
di
farmi
sparare
.
Premiare
nemmeno
.
A
volte
un
operaio
mi
dice
:
d
'
accordo
,
non
puoi
prendere
provvedimenti
contro
quel
lavativo
che
non
fa
niente
;
dà
almeno
un
premio
a
me
che
lavoro
.
Ma
nemmeno
questo
posso
più
farlo
.
In
fabbrica
ormai
siamo
tutti
uguali
,
tutti
appiattiti
.
Lama
in
televisione
parla
di
premiare
la
professionalità
.
Io
vorrei
che
Lama
venisse
qui
in
FIAT
e
stesse
a
Mirafiori
una
settimana
per
vedere
qual
è
la
realtà
.
Le
colpe
del
sindacato
sono
grandi
.
Si
è
servito
degli
elementi
più
accesi
per
prendere
un
certo
potere
dieci
anni
fa
.
Mi
va
bene
.
Avrei
fatto
così
anch
'
io
.
Ma
poi
il
sindacato
avrebbe
dovuto
liberarci
di
questi
elementi
e
non
c
'
è
riuscito
.
Anzi
,
gli
è
corso
dietro
.
No
,
non
sono
più
iscritto
al
sindacato
.
E
se
in
fabbrica
non
lo
critico
apertamente
,
è
solo
per
paura
.
Ho
degli
estremisti
in
squadra
e
non
voglio
finire
al
traumatologico
.
Però
non
pensi
che
io
sia
di
destra
.
Tutt
'
altro
.
Sono
ancora
giovane
.
Ho
un
diploma
.
Cerco
di
ragionare
e
ogni
giorno
leggo
due
giornali
,
la
«
Stampa
»
e
1'«Unità»
,
per
fare
il
confronto
.
Capisco
che
al
pugno
duro
di
una
volta
non
si
torna
più
,
era
ingiusto
e
comunque
oggi
sarebbe
impossibile
.
E
la
parola
«
intimidire
»
mi
fa
paura
.
Per
troppi
anni
,
in
FIAT
,
l
'
operaio
è
stato
intimidito
.
Ma
adesso
quelli
che
vogliono
lavorare
,
e
sono
ancora
tanti
,
non
respirano
più
.
A
volte
c
'
è
da
esser
disperati
.
E
io
mi
domando
:
come
mai
nessuno
interviene
?
Poi
,
se
guardo
fuori
dalla
FIAT
,
mi
do
la
risposta
da
solo
:
ma
chi
mai
potrebbe
avere
l
'
autorità
per
intervenire
?
Mio
nonno
diceva
:
il
pesce
puzza
sempre
dalla
testa
.
E
la
testa
del
paese
è
marcia
.
Il
nostro
sistema
politico
fa
spavento
.
Per
spiegarmi
,
le
faccio
un
confronto
con
la
fabbrica
.
Se
devo
rimproverare
un
operaio
che
arriva
in
ritardo
,
dopo
le
sei
,
bisogna
che
io
stia
in
fabbrica
prima
delle
sei
.
Ma
se
mi
alzo
alle
sette
,
non
ho
più
i
titoli
per
richiamare
uno
al
suo
dovere
.
Così
è
per
Roma
.
Se
la
testa
del
Paese
non
si
mette
a
posto
,
non
ridiventa
pulita
e
non
fa
il
suo
dovere
,
che
cosa
si
può
pretendere
dalla
base
?
A
questo
punto
,
devo
chiudere
lo
sfogo
parlando
ancora
di
me
.
Per
prima
cosa
,
le
dico
che
Torino
ormai
mi
fa
paura
.
Non
voglio
più
abitare
a
Torino
.
Appena
potrò
,
me
ne
andrò
a
stare
via
.
La
seconda
cosa
è
che
anche
continuare
nel
lavoro
di
oggi
mi
fa
paura
.
Ma
perché
lo
chiamo
ancora
lavoro
?
Ogni
giorno
,
quando
entro
a
Mirafiori
,
mi
sembra
di
andare
ad
un
posto
di
combattimento
.
Chiederò
di
essere
trasferito
in
un
ufficio
.
Lo
hanno
già
fatto
altri
miei
colleghi
,
lo
farò
anch
'
io
.
Non
voglio
più
avere
responsabilità
.
Non
voglio
più
fare
il
capo
.
Voglio
solo
ubbidire
e
basta
.
Così
potrò
vivere
senza
rischiare
l
'
attentato
o
l
'
esaurimento
nervoso
.
Scriva
pure
che
ho
rifiutato
una
promozione
.
E
scriva
che
sono
prontissimo
a
rinunciare
ad
una
parte
della
paga
per
essere
più
sicuro
in
fabbrica
e
fuori
.
Subito
.
Da
domani
mattina
.
Mia
moglie
,
anzi
,
mi
spinge
a
lasciare
la
FIAT
.
Mi
dice
sempre
:
licenziati
,
io
lavoro
e
un
posto
poi
lo
troverai
.
Sono
quasi
pronto
a
fare
anche
questo
e
non
è
detto
che
non
lo
faccia
presto
.
Del
resto
,
che
gusto
c
'
è
a
rimanere
?
La
FIAT
è
un
ammalato
che
può
morire
da
un
giorno
all
'
altro
.
E
noi
stiamo
qui
a
guardarla
,
dirigenti
e
capi
,
tutti
impotenti
allo
stesso
modo
.
In
FIAT
non
comanda
più
nessuno
,
mentre
fuori
le
pistole
sparano
.
Detto
questo
,
è
detto
tutto
.
Mi
costa
confessarlo
.
Quando
sono
entrato
in
FIAT
vent
'
anni
fa
,
immaginavo
tutto
diverso
.
Oggi
credo
di
avere
ancora
molto
equilibrio
,
ma
mi
sento
un
uomo
colpito
da
un
'
umiliazione
continua
.
Sì
,
umiliato
è
la
parola
giusta
.
Umiliato
e
quasi
prigioniero
in
una
gabbia
,
la
gabbia
di
Mirafiori
.
Lei
penserà
che
sono
un
vigliacco
.
Ma
l
'
unico
desiderio
che
in
questo
momento
ho
è
quello
di
sottrarmi
all
'
umiliazione
e
di
uscire
dalla
gabbia
.
Uscire
e
poter
dire
,
finalmente
:
adesso
respiro
»
.
StampaQuotidiana ,
Roma
.
Doveva
arrivare
,
questo
18
aprile
a
piazza
del
Gesù
,
ma
nessuno
lo
immaginava
così
carico
d
'
angoscia
,
così
straziato
fra
notizie
vere
e
notizie
incerte
,
così
crudele
nell
'
alternarsi
dei
messaggi
di
morte
e
dei
lampi
di
speranza
.
La
prima
telefonata
,
alle
10.30
,
è
di
Lettieri
,
sottosegretario
all
'
Interno
:
c
'
è
l
'
ultimo
comunicato
delle
Brigate
Rosse
,
Moro
è
stato
assassinato
.
Zaccagnini
ascolta
,
con
lui
c
'
è
soltanto
Pisanu
,
il
capo
della
sua
segreteria
politica
.
E
noi
,
adesso
,
siamo
tutti
qui
col
taccuino
in
mano
,
a
torchiare
Pisanu
,
per
sapere
le
solite
cose
inutili
e
un
po
'
feroci
.
Com
'
era
Zac
?
Che
cosa
ha
fatto
Zac
?
Che
cosa
ha
mormorato
Zac
?
Pisanu
ci
fissa
senza
vederci
,
poi
replica
:
«
Zaccagnini
non
ha
detto
niente
»
.
Subito
dopo
,
il
segretario
della
DC
chiama
gli
amici
che
in
quel
momento
stanno
a
piazza
del
Gesù
:
Bodrato
,
Galloni
,
Belci
,
Cavina
.
Ed
è
su
di
loro
che
cade
la
prima
mezza
conferma
del
Viminale
:
gli
esperti
dicono
che
quel
foglio
ricevuto
dal
«
Messaggero
»
può
essere
autentico
.
È
la
notizia
che
apprendono
anche
Salvi
e
il
ministro
della
Sanità
,
Tina
Anselmi
,
accorsi
dopo
le
prime
voci
.
Si
mette
in
moto
un
frenetico
meccanismo
di
accertamento
,
e
intanto
l
'
Anselmi
corre
dalla
famiglia
Moro
.
La
vediamo
uscire
stravolta
,
non
vuoi
dir
nulla
,
sale
in
silenzio
su
di
un
tassì
che
parte
per
via
di
Forte
Trionfale
.
Alle
12.30
anche
Zaccagnini
lascia
piazza
del
Gesù
per
la
casa
dell
'
amico
.
E
terreo
,
entra
nell
'
Alfetta
e
si
abbandona
sullo
schienale
,
ad
occhi
chiusi
.
Con
lui
ci
sono
Salvi
e
il
medico
personale
di
Moro
,
il
professor
Mario
Giacovazzo
.
Qualcuno
di
noi
dice
:
«
Forse
il
corpo
è
stato
trovato
,
oppure
il
Viminale
ha
una
prova
che
l
'
assassinio
è
avvenuto
»
.
In
realtà
,
non
esistono
né
prove
né
conferme
.
I
capi
democristiani
che
in
questo
tragico
18
aprile
accorrono
alla
sede
del
partito
,
ne
sanno
quanto
noi
.
Arriva
Emilio
Colombo
e
allarga
le
braccia
in
un
gesto
disperato
:
«
Ho
saputo
soltanto
che
esiste
un
volantino
»
.
Forlani
:
«
Non
so
niente
»
.
Rumor
:
«
Ho
ascoltato
la
radio
e
mi
sono
precipitato
qui
»
.
Dall
'
ufficio
del
segretario
scende
Mario
Segni
,
deputato
sardo
:
«
Non
ci
sono
prove
,
ma
la
tendenza
è
di
credere
a
quel
messaggio
»
.
Poco
dopo
l
'
una
,
esce
anche
Evangelisti
,
cupo
come
mai
l
'
avevamo
visto
:
«
Abbiamo
questa
drammatica
certezza
nel
cuore
.
Ma
fino
a
quando
i
sommozzatori
non
saranno
scesi
sul
fondo
di
quel
lago
,
la
certezza
matematica
non
ci
sarà
»
.
Passano
Andreatta
e
Grassini
,
e
non
domandano
nulla
.
Trascorre
un
'
ora
vuota
.
Poi
Pisanu
dice
:
«
Vi
ripeto
che
quel
volantino
sembra
autentico
.
Aspettiamo
un
riscontro
certo
di
questa
sciagurata
notizia
e
viviamo
tutti
nell
'
angoscia
»
.
Il
centralino
è
sovraccarico
di
telefonate
,
la
periferia
del
partito
ha
saputo
e
da
tutta
Italia
chiamano
Roma
.
Ma
Roma
non
è
in
grado
di
dire
nulla
.
E
nulla
dice
Zaccagnini
al
suo
ritorno
da
casa
Moro
:
una
visita
brevissima
,
non
più
di
dieci
minuti
.
Lo
vediamo
uscire
dall
'
auto
un
po
'
barcollante
e
vien
freddo
a
pensare
che
cosa
íl
segretario
deve
aver
visto
e
sentito
in
quella
casa
.
Come
in
un
brutto
giallo
,
il
bianco
e
il
nero
s
'
intrecciano
,
si
sovrappongono
,
si
annullano
.
Evangelisti
,
di
ritorno
da
Palazzo
Chigi
,
dice
:
«
Il
luogo
indicato
dal
messaggio
è
impervio
.
Ci
vorranno
ore
per
raggiungerlo
»
.
Bartolomei
,
il
presidente
dei
senatori
,
s
'
aggrappa
ad
una
speranza
:
«
Alla
procura
della
Repubblica
hanno
dei
dubbi
.
E
se
fosse
soltanto
una
beffa
crudele
?
»
.
Evangelisti
:
«
Dubbi
?
Magari
,
magari
»
.
Piccoli
:
«
Il
volantino
sembra
autentico
.
Gli
elicotteri
sono
sul
posto
,
ma
c
'
è
molta
neve
e
non
possono
atterrare
accanto
al
lago
»
.
La
stessa
notizia
ci
dà
alle
14.30
,
Andreotti
:
«
Sarà
un
lavoro
di
ricerca
piuttosto
lungo
»
.
Si
rifiuta
di
rispondere
ad
altre
domande
e
sale
nell
'
ufficio
di
Zac
.
Due
minuti
dopo
,
entrano
a
piazza
del
Gesù
Berlinguer
e
Chiaromonte
.
Al
secondo
piano
,
c
'
è
un
incontro
fra
gli
esponenti
comunisti
e
Andreotti
,
Galloni
e
il
segretario
democristiano
.
Il
colloquio
dura
una
ventina
di
minuti
,
poi
il
segretario
del
PCI
ridiscende
.
Dice
:
«
Siamo
venuti
qui
a
portare
la
nostra
solidarietà
a
Zaccagnini
e
alla
DC
»
.
Poi
,
con
Chiaromonte
,
si
fa
largo
tra
la
gente
e
s
'
incammina
per
via
d
'
Aracoeli
,
diretto
alle
vicinissime
Botteghe
Oscure
.
Cinque
uomini
del
servizio
d
'
ordine
comunista
lo
circondano
e
lo
accompagnano
,
passo
dopo
passo
.
Inutile
fare
altre
domande
.
Il
viso
di
Berlinguer
è
una
maschera
tesa
,
silenziosa
.
Il
pomeriggio
si
consuma
senza
novità
.
Il
lago
della
Duchessa
sembra
un
posto
lontanissimo
e
irraggiungibile
.
Vito
Napoli
deputato
della
Calabria
,
mormora
:
«
Non
facciamoci
illusioni
.
Moro
è
lassù
ed
è
morto
.
Qui
non
c
'
è
aria
di
scoramento
,
ma
dolore
e
rabbia
,
questo
sì
»
.
Evangelisti
:
«
Mago
è
gelato
e
le
ricerche
sono
difficili
»
.
Da
casa
Moro
rientra
l
'
Anselmi
e
passa
tra
la
gente
piangendo
.
Poco
prima
delle
17
,
un
portavoce
della
segreteria
dice
:
«
Sin
a
questo
momento
,
piazza
del
Gesù
non
ha
la
certezza
che
Moro
sia
morto
»
.
Non
è
possibile
che
il
volantino
sia
un
diversivo
delle
Brigate
Rosse
per
potere
«
operare
»
con
calma
in
un
'
altra
zona
?
«
È
un
'
ipotesi
.
Ma
che
cosa
possiamo
saperne
?
»
Pisanu
riferisce
di
una
telefonata
del
vicesegretario
Gaspari
,
da
due
ore
sul
luogo
indicato
nel
messaggio
:
«
La
lastra
di
ghiaccio
che
copre
il
lago
sembra
intatta
,
e
non
presenta
gibbosità
.
Sembra
da
escludere
che
un
corpo
di
un
certo
peso
possa
esservi
stato
gettato
fra
ieri
e
oggi
»
.
Le
stesse
cose
Zaccagnini
dice
a
La
Malfa
e
al
segretario
repubblicano
Biasini
che
in
quel
momento
arrivano
alla
sede
DC
.
E
poco
dopo
,
questo
18
aprile
ci
offre
una
delle
immagini
più
laceranti
:
il
vecchio
La
Malfa
,
vestito
di
nero
,
magrissimo
,
sparuto
,
gli
occhi
dilatati
,
che
piange
.
«
Nessun
commento
»
mormora
.
«
Soltanto
angoscia
e
attesa
.
»
Poi
,
duro
:
«
È
un
momento
di
estrema
gravità
.
E
a
mio
giudizio
questa
situazione
,
sin
dal
primo
istante
,
è
stata
presa
troppo
alla
leggera
»
.
A
spallate
,
due
agenti
di
polizia
in
tuta
gli
fanno
strada
tra
la
folla
che
ormai
occupa
piazza
del
Gesù
.
Il
traffico
sembra
impazzito
.
Paurosi
ingorghi
stradali
bloccano
il
centro
.
Roma
si
avvia
ad
una
sera
fra
le
più
tragiche
.
Una
donna
grida
a
Forlani
:
«
Fate
una
legge
forte
,
che
noi
vi
appoggiamo
!
»
.
Sul
fianco
del
palazzo
,
sfilano
pullman
di
turisti
stranieri
che
guardano
senza
capire
.
Tutt
'
intorno
,
nel
triangolo
fra
piazza
Venezia
,
il
Senato
e
Montecitorio
sono
comparse
pattuglie
di
agenti
e
carabinieri
anche
in
luoghi
prima
d
'
ora
mai
presidiati
.
Verso
le
19
,
entrano
a
palazzo
del
Gesù
Craxi
e
Signorile
.
E
mentre
i
due
esponenti
socialisti
vanno
a
colloquio
con
Zaccagnini
,
Pisanu
annuncia
che
tutti
i
comitati
provinciali
e
le
sezioni
della
DC
sono
convocati
nelle
loro
sedi
per
le
21.30
.
Un
comunicato
dice
:
«
Nell
'
assoluta
incertezza
sulla
sorte
di
Moro
,
non
verrà
promossa
alcuna
manifestazione
pubblica
.
La
direzione
della
DC
ritiene
non
del
tutto
esaurito
il
tenue
filo
di
speranza
per
la
vita
del
suo
presidente
»
.