StampaQuotidiana ,
Cinquantaduesima
Mostra
di
Venezia
,
nell
'
anno
in
cui
il
cinema
compie
un
secolo
:
anniversario
celebrato
con
una
quantità
di
Leoni
d
'
oro
alla
carriera
esagerata
come
uno
spettacolo
di
fuochi
d
'
artificio
,
con
scarsi
film
storici
tra
cui
quel
Voyage
au
Congo
che
nel
1927
segnò
l
'
impegno
sociale
di
André
Gide
,
la
sua
evasione
da
Parigi
,
la
sua
amicizia
ardente
con
Marc
Allegret
.
Polemiche
,
al
solito
:
da
sempre
sono
il
divertimento
,
la
vitalità
,
il
dibattito
culturale
e
la
cocaina
del
festival
.
Piccole
opere
prime
,
kolossal
americani
d
'
azione
,
pochi
Maestri
,
numerosi
debuttanti
.
Il
programma
della
Mostra
somiglia
a
quello
d
'
ogni
altra
manifestazione
cinematografica
internazionale
;
i
modi
,
le
strutture
e
i
mezzi
con
cui
il
festival
viene
realizzato
dal
direttore
Gillo
Pontecorvo
e
dai
suoi
collaboratori
sono
i
più
indigenti
e
artigianali
al
mondo
,
i
più
ispirati
all
'
arte
italiana
di
arrangiarsi
.
Ma
se
tradizionalmente
la
Mostra
di
Venezia
inaugura
in
Italia
la
nuova
stagione
del
cinema
,
trova
quest
'
anno
un
paesaggio
diverso
.
Gli
spettatori
seguitano
a
crescere
di
numero
,
i
film
vanno
diventando
sempre
più
un
prodotto
abituale
,
un
arredo
domestico
.
Seguendo
l
'
esempio
del
quotidiano
«
l
'
Unità
»
,
che
settimanalmente
ha
unito
al
giornale
cassette
di
film
italiani
,
da
questo
autunno
offrono
videocassette
ai
propri
lettori
pure
«
L
'
Espresso
»
,
«
Panorama
»
,
«
la
Repubblica
»
:
contemporaneamente
i
prezzi
delle
cassette
non
legate
ai
giornali
diminuiscono
e
i
consumi
si
allargano
,
la
conoscenza
del
cinema
del
passato
remoto
o
recente
si
moltiplica
come
in
uno
sterminato
cineclub
di
massa
,
la
familiarità
con
una
narrazione
per
immagini
non
televisiva
si
estende
.
È
un
possibile
rischio
per
i
cinematografi
,
un
'
ulteriore
ferita
al
cinema
visto
su
quel
grande
schermo
che
è
la
sua
destinazione
naturale
e
migliore
,
un
vantaggio
?
Assai
dolcemente
,
piano
piano
,
con
molte
buone
volontà
,
si
scivola
all
'
indietro
?
«
S
'
è
alzato
un
vento
negativo
contro
la
Mostra
»
,
dice
il
direttore
Pontecorvo
.
Aggiunge
:
«
Il
cinema
mondiale
è
malato
,
giunto
al
secondo
secolo
soffre
di
declino
creativo
,
per
curarlo
e
aiutarlo
a
sopravvivere
i
festival
debbono
cambiare
,
venir
svecchiati
e
rivoluzionati
radicalmente
»
.
Intanto
la
Mostra
taglia
all
'
ultimo
minuto
di
due
milioni
a
testa
i
compensi
dei
suoi
collaboratori
,
e
si
trova
mutilata
della
Settimana
della
Critica
organizzata
dal
sindacato
dei
critici
cinematografici
:
durata
per
undici
anni
con
intenti
alternativi
,
segnata
nell
'
ultimo
biennio
da
una
ferma
opposizione
alla
Mostra
,
la
rassegna
risulta
d
'
improvviso
svanita
,
evaporata
,
polverizzata
,
s
'
è
dissolta
senza
una
parola
di
spiegazione
e
forse
senza
troppi
rimpianti
.
Intanto
,
le
istituzioni
veneziane
o
nazionali
paiono
rispetto
al
festival
remotissime
,
disattente
,
noncuranti
:
in
fondo
il
cinema
politicamente
non
interessa
,
in
Italia
mette
insieme
cento
milioni
di
spettatori
in
un
anno
,
quanti
tutte
le
tv
possono
raccoglierne
in
una
settimana
o
anche
meno
;
in
fondo
la
Mostra
è
una
faccenda
da
neppure
dieci
miliardi
,
troppo
poco
per
suscitare
forti
appetiti
o
procurare
vero
potere
;
in
fondo
il
governo
attuale
è
tecnico
,
precario
...
Nella
crescente
localizzazione
,
si
riaffonda
in
ripicche
anguste
,
dispetti
burocratici
,
baruffe
,
suscettibilità
,
inerzie
,
ostilità
provinciali
che
le
idee
riformatrici
e
il
cosmopolitismo
elegante
del
direttore
Pontecorvo
faticano
a
sormontare
.
Ma
resta
intatta
la
postmodernità
che
fa
dei
festival
un
grande
supermarket
dove
c
'
è
di
tutto
e
di
più
,
diventa
sempre
più
accesa
la
frenesia
promozionale
intorno
ai
film
americani
:
Denzel
Washington
avrà
appena
fatto
in
tempo
a
partecipare
alla
serata
inaugurale
della
Mostra
che
deve
ripartire
per
il
festival
Usa
di
Deauville
,
dove
lui
e
Crimson
Tide
-
Allarme
rosso
sono
protagonisti
il
primo
settembre
;
Kevin
Costner
e
Dennis
Hopper
di
Waterworld
quasi
non
avranno
modo
di
disfare
le
valige
,
se
il
31
agosto
sono
a
Venezia
,
il
3
settembre
li
aspettano
a
Deauville
;
va
più
o
meno
nello
stesso
modo
per
Jennifer
Jason
Leigh
e
Kathy
Bates
di
Dolores
Claiborne
-
L
'
ultima
eclissi
,
per
Tom
Hanks
di
Apollo
13
,
per
Sean
Penn
regista
e
per
Jack
Nicholson
protagonista
di
The
Crossing
Guard
:
il
primo
settembre
a
Venezia
,
il
nove
a
Deauville
.
Insomma
,
un
tour
quasi
simultaneo
di
pubblicità
gratuita
per
kolossal
o
non
kolossal
che
usciranno
subito
sui
mercati
italiano
,
francese
,
dell
'
Europa
meridionale
:
siamo
qui
per
questo
?
StampaQuotidiana ,
Commedia
romantica
brillante
,
aggraziata
,
scritta
bene
da
Richard
Curtis
e
ben
realizzata
da
Mike
Newell
di
Ballando
con
uno
sconosciuto
,
segue
la
storia
di
un
amore
e
di
un
gruppo
di
amici
attraverso
quattro
cerimonie
nuziali
e
una
cerimonia
funebre
:
riti
sociali
,
occasioni
d
'
incontro
,
appuntamenti
del
sentimento
.
Al
primo
matrimonio
,
protestante
,
lui
e
lei
,
inglese
e
americana
,
si
conoscono
,
si
piacciono
,
vanno
a
letto
insieme
,
si
separano
.
Al
secondo
matrimonio
,
cattolico
,
si
rivedono
(
lei
è
col
fidanzato
)
,
ancora
si
piacciono
,
vanno
a
letto
insieme
,
si
separano
.
11
terzo
matrimonio
,
in
stile
scozzese
,
è
quello
di
lei
:
si
rincontrano
,
durante
la
festa
di
nozze
un
amico
carissimo
ha
un
attacco
di
cuore
e
al
suo
funerale
lui
e
lei
si
ritrovano
,
si
separano
.
Il
quarto
matrimonio
è
quello
di
lui
:
lei
vi
partecipa
sola
,
ha
già
lasciato
il
marito
;
lui
all
'
ultimo
minuto
rinuncia
a
sposarsi
;
baci
e
impegni
sono
il
segno
di
un
amore
finalmente
riconosciuto
,
accettato
.
Confusione
amorosa
,
equivoci
del
cuore
,
frustrazioni
,
dubbi
su
se
stessi
,
pudori
orgogliosi
,
resistenza
e
poi
resa
alle
responsabilità
della
vita
adulta
.
Alle
nozze
,
champagne
,
scemenze
,
abiti
da
sposa
(
«
Sembra
un
'
enorme
meringa
»
)
,
sacerdoti
impacciati
,
allegria
,
ritardi
quasi
catastrofici
,
anelli
nuziali
dimenticati
,
gaffes
,
pasticci
,
cristalli
,
porcellane
,
fiori
,
risate
,
giovinezza
.
Nel
gruppo
di
amici
,
la
complicità
divertita
,
la
lunga
conoscenza
,
gli
scherzi
reciproci
,
l
'
affetto
:
la
commozione
,
al
funerale
,
per
l
'
amico
che
se
n
'
è
andato
e
per
il
toccante
addio
del
suo
compagno
.
Hugh
Grant
è
un
protagonista
romantico
di
prim
'
ordine
.
Quanto
a
successo
internazionale
,
Quattro
matrimoni
e
un
funerale
è
quasi
un
film
-
fenomeno
:
negli
Stati
Uniti
ha
incassato
oltre
40
milioni
di
dollari
,
in
Australia
è
tra
í
primi
venti
incassi
d
'
ogni
tempo
,
in
Francia
l
'
hanno
visto
due
milioni
di
persone
.
Per
una
commedia
molto
inglese
di
costo
medio
-
basso
il
risultato
è
così
insolitamente
positivo
da
aver
suscitato
interrogativi
,
analisi
.
Com
'
è
che
piace
tanto
?
Le
ipotesi
sono
varie
.
Perché
,
paradossalmente
,
«
la
gente
non
crede
più
nel
matrimonio
ma
non
si
arrende
a
non
crederci
»
,
dice
il
sociologo
francese
François
de
Singly
.
Perché
,
al
di
là
della
storia
d
'
amore
,
il
film
(
come
Gli
amici
di
Peter
o
Il
grande
freddo
)
elegge
protagonista
il
gruppo
di
amici
,
famiglia
di
elezione
,
banda
solidale
che
comprende
un
sordo
,
una
grunge
,
due
omosessuali
,
una
chic
inzitellita
per
amore
non
corrisposto
,
un
aristocratico
buffo
malato
di
solitudine
.
Perché
,
infine
,
ignora
del
tutto
ciò
che
ci
angoscia
nei
Novanta
,
guerre
,
crisi
economiche
,
conflitti
etnici
,
Aids
,
politica
brutta
,
violenza
,
disoccupazione
(
i
personaggi
paiono
anzi
non
avere
alcun
mestiere
né
professione
,
non
lavorare
affatto
)
:
e
in
nome
dell
'
amore
mette
insieme
il
glamour
del
lusso
,
il
fascino
tossico
delle
tradizioni
,
il
piacere
un
poco
vile
dell
'
oblio
.
StampaQuotidiana ,
Commedia
qualsiasi
,
ricalcata
su
A
spasso
con
Daisy
.
Rispetto
al
modello
sono
leggermente
diversi
i
personaggi
:
la
vecchia
signora
ricca
non
è
una
vegliarda
ebrea
ma
la
vedova
d
'
un
presidente
americano
che
sta
morendo
per
un
tumore
al
cervello
,
l
'
uomo
ai
suoi
ordini
non
è
un
autista
nero
anziano
ma
un
giovane
agente
dei
Servizi
segreti
a
capo
d
'
un
gruppo
di
guardie
del
corpo
.
Sono
diversi
i
problemi
.
Qui
non
si
discute
di
pregiudizi
verso
í
neri
e
gli
ebrei
né
della
faticosa
integrazione
razziale
negli
Stati
Uniti
,
si
discute
appena
d
'
una
questione
minore
:
se
sia
ragionevole
oppure
no
che
i
soldi
dei
contribuenti
vengano
spesi
per
fornire
piena
protezione
a
tutti
gli
ex
presidenti
americani
,
alle
loro
mogli
e
alle
loro
vedove
(
adesso
,
per
esempio
,
alla
signora
Johnson
,
ai
Ford
,
ai
Carter
,
ai
Reagan
,
ai
Bush
)
.
Per
il
resto
,
conflitto
di
caratteri
.
L
'
ex
presidentessa
Tess
è
prepotente
,
abituata
a
comandare
e
a
farsi
servire
,
brusca
,
insofferente
delle
guardie
del
corpo
e
portata
(
come
era
Sandro
Pertini
)
a
sfuggire
alla
loro
sorveglianza
un
po
'
per
metterle
alla
prova
e
un
po
'
per
sfotterle
,
tanto
aggressiva
ed
esigente
da
far
scambiare
per
capriccio
il
proprio
desiderio
di
rivedere
prima
di
morire
luoghi
cari
e
cose
belle
della
vita
.
Lui
è
un
bravo
agente
esasperato
da
quel
servizio
di
protezione
professionalmente
mortificante
e
ansioso
di
lasciarlo
,
stufo
di
venir
trattato
come
un
cameriere
o
un
parente
,
che
cerca
compensi
nel
fare
il
proprio
lavoro
col
massimo
scrupolo
e
rigore
.
Lei
è
turbolenta
,
anticonformista
ma
pronta
a
fare
la
spia
ricorrendo
al
presidente
in
carica
se
qualcosa
non
va
;
lui
è
un
uomo
d
'
ordine
.
Naturalmente
si
scontrano
,
battibeccano
,
si
rimbeccano
,
litigano
,
non
si
sopportano
.
Naturalmente
nel
momento
del
pericolo
(
un
rapimento
di
lei
,
male
ideato
dalla
sceneggiatura
)
si
scopre
quanto
in
realtà
si
vogliano
bene
,
quali
buoni
sentimenti
materno
-
filiali
li
leghino
.
Unici
elementi
interessanti
:
una
volta
tanto
Shirley
MacLaine
è
vestita
bene
,
una
volta
tanto
non
strafa
né
gigioneggia
,
ha
invece
una
recitazione
controllata
,
quasi
sommessa
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
una
scena
davvero
straordinaria
.
Il
figlio
killer
Tim
Roth
,
tornato
dopo
anni
di
assenza
e
per
uccidere
nel
proprio
quartiere
,
umilia
il
padre
Maximilian
Schell
minacciandolo
di
morte
:
in
uno
spiazzo
urbano
nevoso
e
lurido
lo
costringe
a
levarsi
il
cappotto
;
lo
obbliga
con
la
pistola
a
togliersi
i
pantaloni
;
gli
impone
con
ordini
brevi
e
rauchi
come
latrati
d
'
inginocchiarsi
davanti
a
lui
.
Gli
schiaccia
con
insolenza
beffarda
la
faccia
nella
neve
sporca
e
se
ne
va
:
il
padre
resta
lì
solo
,
finito
,
vinto
.
Raramente
s
'
era
visto
raccontare
in
immagini
altrettanto
efficaci
e
tanto
intense
da
risultare
quasi
insopportabili
l
'
odio
filiale
(
che
è
anche
odio
generazionale
,
etico
,
culturale
)
e
un
'
uccisione
simbolica
del
padre
(
che
è
pure
cancellazione
,
smentita
dell
'
universo
paterno
)
.
Al
confronto
,
risulta
deludente
il
resto
del
melodramma
di
malavita
sentimentale
e
moralistico
,
dominato
da
una
fascinazione
retorica
per
la
violenza
assassina
,
corretto
,
confezionato
tecnicamente
senza
incertezze
né
errori
.
L
'
ambizione
del
regista
,
debuttante
ventiquattrenne
americano
,
è
naturalmente
massima
:
la
tragedia
greca
a
Brooklyn
.
E
non
si
realizza
,
come
non
si
realizzano
altre
sue
ambizioni
.
Little
Odessa
,
ad
esempio
.
È
interessante
l
'
idea
di
descrivere
il
quartiere
degli
ebrei
russi
newyorkesi
,
con
i
suoi
abitanti
lacerati
tra
modernità
e
tradizione
,
oscillanti
fra
due
culture
e
due
criminalità
antitetiche
:
ma
questo
elemento
è
appena
nominato
e
sfiorato
,
nel
film
che
sembra
di
conoscere
a
memoria
tanto
è
simile
a
mille
altri
mille
volte
visti
al
cinema
o
alla
tv
.
È
bella
l
'
idea
di
far
raccontare
l
'
intera
vicenda
dal
fratello
minore
del
giovane
killer
,
un
ragazzino
al
limite
tra
l
'
ammirazione
amorosa
del
nero
potere
violento
del
fratello
e
il
legame
profondo
,
impaziente
,
con
i
genitori
,
con
la
nonna
,
con
i
valori
di
normalità
e
di
sicurezza
da
loro
rappresentati
:
ma
questa
idea
quasi
subito
si
perde
,
o
si
svuota
.
È
tipico
d
'
ogni
regista
giovane
il
tema
del
disfacimento
della
famiglia
,
in
questo
caso
formata
da
madre
morente
per
un
cancro
al
cervello
,
padre
debole
e
adultero
,
nonna
rincitrullita
,
figlio
adolescente
smarrito
,
figlio
maggiore
assassino
espulso
dalle
mura
domestiche
:
ma
questo
tema
(
salvo
la
pulsione
d
'
odio
per
il
padre
)
diventa
appena
un
catalogo
o
un
'
elencazione
,
senza
nutrirsi
nella
storia
che
nasce
dal
ritorno
del
killer
e
si
conclude
con
il
killer
che
riparte
dopo
aver
visto
morire
anche
per
colpa
propria
tutti
quelli
che
amava
.
Capita
insomma
a
Little
Odessa
quanto
succede
adesso
a
molti
film
americani
:
buone
idee
,
buona
tecnica
,
limitata
capacità
registica
e
aridità
narrativo
-
emotiva
,
ne
fanno
appena
contenitori
ingannevoli
,
qualcosa
di
simile
a
un
giornale
con
titoli
brillanti
-
promettenti
e
articoli
vacuo
-
deludenti
.
Ma
restano
a
distinguere
il
film
molti
elementi
.
La
sequenza
di
cui
s
'
è
detto
.
Tim
Roth
,
attore
eccellente
e
monotono
(
magari
anche
perché
gli
affidano
personaggi
sempre
simili
)
,
killer
algido
,
esatto
,
orrendamente
violento
.
Vanessa
Redgrave
,
bravissima
agonizzante
,
che
nella
breve
parte
della
madre
offre
la
prova
di
recitazione
migliore
.
È
un
rapporto
del
regista
con
il
cinema
che
appare
d
'
una
naturalezza
e
competenza
piuttosto
rare
al
primo
film
.