Saggistica ,
Prefazione
L
'
origine
di
questo
saggio
è
una
conferenza
tenuta
nel
marzo
del
1972
per
invito
dell
'
Associazione
culturale
italiana
di
Torino
.
Il
testo
fu
pubblicato
,
in
parte
,
nel
fascicolo
del
31
marzo
1972
dell
'
"
Astrolabio
"
e
,
integralmente
,
nel
fascicolo
XXXI
dell
'
Associazione
culturale
italiana
(
giugno
1972
)
;
una
versione
rielaborata
apparve
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
(
dicembre
1972
)
;
ampi
estratti
sono
stati
poi
inclusi
nell
'
antologia
curata
da
Paolo
Farneti
,
Il
sistema
politico
italiano
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1973
)
.
Il
tema
prescelto
per
la
conferenza
si
ricollegava
a
riflessioni
che
andavo
facendo
da
qualche
tempo
sulla
situazione
economico
-
sociale
del
nostro
paese
e
sul
nuovamente
insorgente
pericolo
fascista
.
In
modo
particolare
intendevo
richiamare
l
'
attenzione
dei
sociologi
,
degli
studiosi
di
scienze
politiche
e
degli
stessi
uomini
politici
sulla
necessità
di
dare
il
giusto
peso
,
nel
predisporre
i
loro
studi
e
le
loro
azioni
,
ai
dati
quantitativi
della
struttura
sociale
italiana
.
A
quanto
pare
,
esisteva
il
bisogno
di
un
'
indagine
di
questo
tipo
,
poiché
prima
l
'
articolo
apparso
sull
'
"
Astrolabio
"
e
,
in
seguito
,
il
saggio
apparso
sui
"
Quaderni
di
sociologia
"
sono
stati
oggetto
di
numerosi
dibattiti
.
Vi
sono
state
critiche
;
e
di
queste
,
nella
misura
in
cui
mi
hanno
convinto
,
ho
cercato
di
tener
conto
nella
nuova
versione
del
mio
lavoro
,
che
costituisce
appunto
questo
libro
.
Non
entrerò
nel
merito
delle
critiche
che
non
mi
convincono
,
eccetto
che
in
un
caso
:
mi
riferisco
alla
critica
proveniente
da
alcuni
intellettuali
di
sinistra
secondo
la
quale
io
avrei
indebitamente
incluso
fra
le
classi
medie
alcuni
strati
,
come
lo
strato
dei
contadini
poveri
,
che
a
tutti
gli
effetti
vanno
assimilati
al
proletariato
;
più
in
generale
,
io
avrei
sottovalutato
il
processo
di
proletarizzazione
,
che
investe
oramai
la
maggior
parte
dei
lavoratori
dipendenti
,
inclusi
gli
impiegati
pubblici
e
privati
.
Ora
,
non
c
'
è
dubbio
che
qualsiasi
classificazione
,
e
quindi
anche
quella
qui
proposta
,
è
fondata
su
criteri
,
in
misura
non
piccola
,
arbitrari
:
ho
presentato
le
stime
delle
sottoclassi
e
delle
singole
categorie
proprio
per
aiutare
quei
lettori
a
ricomporre
il
quadro
in
rapporto
ai
loro
fini
.
Tuttavia
,
debbo
avvertire
che
io
sono
radicalmente
contrario
ad
una
concezione
di
tipo
pirandelliano
(
così
è
se
vi
pare
)
.
L
'
arbitrio
delle
definizioni
e
delle
classificazioni
è
inevitabile
,
ma
solo
entro
limiti
;
e
le
definizioni
,
come
le
classificazioni
,
non
avvengono
nel
vuoto
,
ma
acquistano
significato
in
un
contesto
ben
definito
.
Così
,
avevo
incluso
fra
le
"
classi
medie
"
tutti
i
coltivatori
diretti
compresi
i
contadini
poveri
tenendo
conto
,
più
che
delle
loro
condizioni
economiche
,
del
loro
tipo
di
cultura
e
dell
'
attaccamento
a
certi
valori
tradizionali
e
patriarcali
;
ma
avevo
già
avvertito
che
queste
persone
si
trovano
in
condizioni
simili
(
spesso
anche
peggiori
)
di
quelle
dei
salariati
dell
'
industria
,
cosicché
i
loro
interessi
possono
convergere
con
quelli
della
classe
operaia
;
e
si
può
operare
politicamente
in
questa
direzione
.
Tuttavia
,
se
si
fa
riferimento
ad
un
paese
come
l
'
Italia
e
si
vuole
studiare
la
situazione
sociale
così
com
'
è
e
non
come
si
vorrebbe
che
fosse
o
come
forse
sarà
,
conviene
includere
anche
i
contadini
poveri
fra
le
così
dette
classi
medie
.
Viceversa
,
in
paesi
economicamente
arretrati
,
dove
masse
di
contadini
e
di
salariati
agricoli
vivono
al
limite
della
sussistenza
biologica
e
dove
,
man
mano
che
si
fa
strada
la
coscienza
della
loro
condizione
,
la
domanda
di
una
riforma
agraria
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
sommerge
qualsiasi
tradizionalismo
,
una
tale
procedura
non
sarebbe
corretta
;
ed
in
effetti
,
nel
testo
,
per
i
paesi
relativamente
arretrati
,
ho
proposto
una
diversa
suddivisione
delle
classi
,
in
cui
si
mette
nel
dovuto
rilievo
la
posizione
dei
diversi
strati
sociali
e
delle
diverse
classi
nell
'
ambito
dell
'
agricoltura
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
In
ogni
modo
,
è
certo
importante
approfondire
l
'
analisi
critica
della
struttura
sociale
nell
'
agricoltura
del
nostro
paese
.
Ed
è
importante
definire
accuratamente
e
tentare
di
valutare
,
da
un
lato
,
il
fenomeno
della
proletarizzazione
di
certi
strati
di
ceti
medi
e
,
dall
'
altro
,
il
fenomeno
dell
'
imborghesimento
di
certi
strati
di
operai
.
Ma
la
tesi
secondo
cui
il
processo
di
proletarizzazíone
coinciderebbe
col
processo
di
espansione
dei
lavoratori
dipendenti
,
di
modo
che
esso
investirebbe
oramai
la
massima
parte
dei
lavoratori
,
è
una
tesi
falsa
sul
piano
dell
'
analisi
e
pericolosa
anche
da
un
punto
di
vista
politico
di
sinistra
.
Sostenere
che
gl
'
impiegati
di
aziende
municipalizzate
,
o
delle
aziende
di
credito
,
o
di
enti
locali
,
che
hanno
oggi
(
1974
)
uno
stipendio
medio
che
si
aggira
su
quattrocento
mila
lire
mensili
(
con
punte
di
2-3
milioni
)
stanno
nella
stessa
barca
in
cui
navigano
gli
operai
metalmeccanici
,
che
oggi
hanno
una
retribuzione
media
nettamente
inferiore
alla
metà
e
svolgono
un
lavoro
duro
,
alienante
e
soggetto
a
gravi
rischi
d
'
infortuni
,
non
significa
affatto
compiere
una
coraggiosa
opera
di
critica
e
di
denuncia
,
ma
significa
oscurare
l
'
essenza
del
principale
problema
politico
contemporaneo
di
paesi
come
il
nostro
,
che
è
il
problema
dei
rapporti
fra
classe
operaia
e
ceti
medi
.
Anzi
,
tesi
di
questo
genere
sono
esse
stesse
una
delle
espressioni
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
che
tende
a
minimizzare
le
differenze
(
spesso
enormi
)
fra
operai
e
ceti
medi
.
Nel
suo
importante
libro
La
giungla
retributiva
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1972
)
Ermanno
Corrieri
denuncia
questa
mistificazione
in
termini
così
efficaci
,
che
non
mi
resta
che
riportarli
:
"
Oggi
(...)
questa
ideologia
[
di
ceti
medi
]
assume
caratteri
ancor
più
sottili
e
insidiosi
,
in
quanto
spesso
si
ammanta
di
tutto
un
complesso
di
argomentazioni
"
di
sinistra
"
.
Si
afferma
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
dei
ceti
medi
,
che
la
loro
condizione
va
assimilandosi
sempre
più
a
quella
degli
operai
e
dei
contadini
.
Si
aggiunge
che
l
'
area
dello
sfruttamento
capitalistico
si
va
estendendo
a
nuovi
gruppi
sociali
:
ai
tecnici
,
agli
intellettuali
,
agli
artigiani
,
ai
commercianti
,
ai
piccoli
industriali
.
Quindi
il
nemico
da
combattere
è
uno
solo
:
il
grande
capitale
monopolistico
;
e
sull
'
altare
di
questa
battaglia
,
non
hanno
importanza
le
altre
diseguaglianze
;
anzi
il
soffermarsi
su
di
esse
indebolisce
la
necessaria
alleanza
della
classe
operaia
e
contadina
con
i
ceti
medi
,
contro
i
"
padroni
"
.
Si
teorizza
la
figura
dell
'
intellettuale
spogliato
di
ogni
funzione
libera
e
autonoma
e
trasformato
in
strumento
di
trasmissione
della
cultura
borghese
e
di
conservazione
del
sistema
capitalistico
:
come
tale
,
anch
'
egli
,
al
pari
dell
'
operaio
e
del
contadino
,
è
espropriato
di
qualcosa
e
quindi
è
uno
sfruttato
.
Ora
,
è
evidente
che
queste
tesi
,
di
per
sé
,
non
sono
prive
di
fondamento
.
Ma
la
mistificazione
consiste
nel
passare
da
un
discorso
di
sfruttamento
e
di
subordinazione
"
politica
"
ad
un
discorso
di
disagio
e
di
inferiorità
economico
-
sociale
che
sarebbe
comune
ai
ceti
intellettuali
e
alla
classe
operaia
e
contadina
.
In
forza
di
questo
passaggio
,
gli
intellettuali
"
di
sinistra
"
e
i
loro
sindacati
,
se
a
parole
sono
pronti
a
riconoscere
la
legittimità
delle
rivendicazioni
operaie
e
contadine
,
di
fatto
,
più
che
schierarsi
e
lottare
al
loro
fianco
,
si
sentono
in
diritto
di
chiedere
la
loro
solidarietà
a
favore
delle
proprie
lotte
,
anche
se
queste
,
spesso
hanno
per
obiettivo
la
conservazione
e
il
consolidamento
di
condizioni
economiche
avvantaggiate
e
,
di
conseguenza
,
il
mantenimento
delle
distanze
rispetto
agli
operai
e
ai
contadini
.
Il
fatto
è
che
la
matrice
culturale
e
la
collocazione
sociale
influenzano
inconsapevolmente
e
pesantemente
anche
chi
è
impegnato
,
da
posizioni
di
sinistra
,
in
un
sincero
sforzo
di
trasformazione
della
società
.
E
gli
interessi
costituiscono
una
molla
potente
che
spinge
tutti
ad
elaborare
ideologie
di
giustificazione
e
di
sostegno
delle
proprie
esigenze
.
E
così
uomini
di
sinistra
si
associano
alle
rivendicazioni
retributive
delle
categorie
impiegatizio
-
intellettuali
(
o
magari
alle
lotte
per
il
salario
a
tutti
gli
studenti
)
,
nella
convinzione
di
operare
di
conserva
con
gli
operai
e
i
contadini
contro
il
"
sistema
"
,
ma
senza
considerare
che
queste
rivendicazioni
finiscono
per
essere
finanziate
con
un
ulteriore
prelievo
sul
risultato
dell
'
attività
produttiva
e
quindi
per
esser
pagate
dai
lavoratori
impegnati
in
tale
attività
"
.
Mi
è
stata
attribuita
l
'
idea
secondo
cui
la
"
classe
media
"
consisterebbe
in
un
coacervo
di
ceti
e
di
gruppi
sociali
essenzialmente
corrotti
e
retrivi
,
così
che
nel
nostro
paese
le
prospettive
non
solo
della
vita
sociale
ma
della
stessa
vita
politica
sarebbero
catastrofiche
.
Una
tale
interpretazione
è
ingiustificata
.
Sebbene
io
faccia
più
volte
riferimento
agli
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
,
che
sono
molto
numerosi
fra
i
ceti
medi
,
avverto
altrettanto
spesso
che
esistono
strati
civilmente
robusti
e
capaci
di
operare
come
forze
di
progresso
;
si
tratta
di
strati
esili
,
è
vero
,
ma
non
trascurabili
e
suscettibili
di
espansione
.
Anzi
,
ritengo
che
il
problema
politico
centrale
nel
nostro
paese
(
e
non
solo
nel
nostro
paese
)
consista
oggi
i
nel
fatto
che
la
classe
operaia
,
pur
essendo
sempre
una
classe
subalterna
,
lo
è
in
misura
decrescente
e
,
nel
suo
complesso
,
si
trova
economicamente
e
politicamente
in
ascesa
.
Ora
,
di
fronte
a
questo
processo
i
ceti
medi
reagiscono
in
modi
profondamente
contrastanti
:
alcuni
l
'
accettano
,
altri
lo
considerano
con
orrore
.
Tuttavia
,
l
'
area
del
consenso
cresce
come
conseguenza
non
di
un
processo
di
proletarizzazione
economica
,
inesistente
in
quanto
processo
generale
,
ma
di
un
processo
di
crescita
civile
e
di
maturazione
culturale
,
processo
che
non
si
svolge
nelle
nuvole
ma
che
certo
,
nella
terminologia
marxista
,
appartiene
più
alla
sovrastruttura
che
alla
struttura
.
Oltre
ad
alcune
varianti
di
non
grande
rilievo
,
introdotte
per
tener
conto
di
certe
critiche
o
per
chiarire
e
integrare
le
analisi
già
svolte
,
ho
introdotte
diverse
innovazioni
nel
testo
apparso
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
.
Ecco
le
principali
innovazioni
.
1
.
Ho
modificate
le
stime
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
,
specialmente
quelle
connesse
con
l
'
agricoltura
,
dopo
esser
venuto
a
conoscenza
dell
'
importante
monografia
di
Ornello
Vitali
,
La
popolazione
attiva
in
agricoltura
attraverso
i
censimenti
italiani
(
Istituto
di
demografia
della
Facoltà
di
scienze
statistiche
,
Roma
,
1968
)
.
Le
valutazioni
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
sono
comunque
incerte
e
arbitrarie
,
per
molte
ragioni
,
in
primo
luogo
per
la
posizione
delle
donne
che
vivono
in
campagna
e
che
,
specialmente
nelle
piccole
aziende
contadine
,
possono
essere
classificate
come
"
attive
"
o
come
"
casalinghe
"
secondo
i
criteri
adottati
.
Le
difficoltà
si
manifestano
quando
si
vogliono
compiere
confronti
intertemporali
fra
i
diversi
censimenti
.
Vitali
ha
compiuto
una
faticosa
opera
per
rendere
omogenei
i
criteri
rispetto
a
quelli
adottati
in
questo
dopoguerra
e
ricostruire
dati
comparabili
.
Sebbene
le
mie
stime
precedenti
,
fondate
sulle
cifre
dei
censimenti
e
su
valutazioni
della
Svimez
,
siano
per
certi
anni
(
fino
al
1951
)
inferiori
in
misura
tutt
'
altro
che
trascurabile
ai
dati
forniti
da
Vitali
,
nessuna
delle
considerazioni
e
illazioni
proposte
nel
saggio
originario
viene
modificata
in
modo
sostanziale
,
se
si
eccettua
la
tendenza
alla
proletarizzazione
di
una
parte
dei
contadini
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
3
)
.
Occorre
però
avvertire
che
dai
nuovi
dati
possono
ricavarsi
illazioni
diverse
da
quelle
ricavabili
dalle
precedenti
stime
per
problemi
che
qui
non
vengono
trattati
.
2
.
Oltre
i
dati
aggregati
per
l
'
Italia
,
si
presentano
cifre
per
le
tre
grandi
circoscrizioni
:
Nord
,
Centro
e
Sud
;
vengono
brevemente
discusse
alcune
tendenze
che
emergono
da
questi
dati
,
concentrando
l
'
attenzione
sull
'
Italia
meridionale
(
parte
I
,
cap
.
4
)
.
3
.
Sono
stati
estesi
i
confronti
internazionali
.
Nel
saggio
originario
,
oltre
l
'
Italia
,
si
consideravano
solo
la
Francia
e
il
Giappone
e
si
compivano
confronti
intertemporali
solo
per
l
'
Italia
.
Ora
,
attraverso
i
dati
,
si
considera
la
struttura
sociale
contemporanea
di
cinque
paesi
relativamente
evoluti
(
Gran
Bretagna
,
Spagna
,
Giappone
,
Argentina
,
Cile
)
e
si
compiono
confronti
intertemporali
per
altri
tre
paesi
evoluti
:
Francia
(
1886
e
1968
)
,
Stati
Uniti
(
1890
e
1969
)
e
Unione
Sovietica
(
vari
anni
compresi
nel
periodo
1913-1972
)
;
infine
,
si
presentano
i
dati
relativi
a
cinque
paesi
relativi
a
cinque
paesi
relativamente
arretrati
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
4
.
Si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
,
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
:
non
giova
a
nessuno
,
certamente
non
giova
all
'
obiettivo
di
una
sempre
più
ampia
e
vigorosa
solidarietà
fra
operai
e
impiegati
,
ignorare
o
minimizzare
le
differenze
(
parte
Il
,
cap
.
5
)
.
Le
tabelle
statistiche
sono
in
appendice
e
,
di
regola
,
sono
precedute
da
un
commento
esplicativo
.
Anche
le
note
al
testo
sono
riportate
in
appendice
;
per
chiarezza
,
sono
precedute
da
sottotitoli
,
affinché
possano
esser
lette
anche
in
modo
autonomo
.
Per
non
appesantire
il
testo
,
indico
fra
parentesi
le
opere
citate
e
non
riporto
,
alla
fine
,
nessuna
nota
bibliografica
;
qui
mi
limito
a
segnalare
il
dibattito
a
23
voci
,
curato
da
Fabio
Luca
Cavazza
e
Stephen
R
.
Graubard
e
pubblicato
da
Garzanti
nel
marzo
1974
in
un
volume
col
titolo
Il
caso
italiano
e
l
'
ampia
bibliografia
pubblicata
in
appendice
all
'
articolo
di
Antonio
Zavoli
,
Classi
,
proletariato
e
ceti
medi
in
Marx
e
oggi
per
la
rivoluzione
(
"
Per
la
lotta
"
,
n
.
34-36
,
1973
,
pp.
55-8
)
.
Ringrazio
Marina
Addis
,
Arturo
Barone
,
Federico
Caffè
,
Giorgio
Careri
,
Flaminio
De
Cindio
,
Vittorio
Frosini
,
Antonio
Giolitti
e
Claudio
Pavone
per
le
loro
critiche
e
i
loro
suggerimenti
;
ringrazio
,
in
modo
particolare
,
Luciano
Gallino
,
Michele
Salvati
e
Leo
Valiani
,
le
cui
osservazioni
critiche
mi
hanno
indotto
a
correggere
alcuni
errori
e
a
chiarire
punti
oscuri
o
incompleti
o
male
espressi
.
Avverto
tuttavia
che
non
si
può
attribuire
agli
studiosi
ora
ricordati
nessuna
responsabilità
per
le
tesi
qui
espresse
.
Paolo
Sylos
Labini
Roma
,
15
aprile
1974
Introduzione
Il
fisico
studia
gli
atomi
,
ma
egli
non
è
un
atomo
.
Il
microbiologo
studia
i
microbi
,
ma
egli
non
è
un
microbo
.
L
'
economista
,
non
diversamente
dal
sociologo
,
studia
la
società
della
quale
fa
parte
:
egli
non
è
estraneo
all
'
oggetto
del
suo
studio
nel
senso
particolare
in
cui
si
può
affermare
che
lo
sia
il
cultore
di
scienze
naturali
.
Di
conseguenza
,
lo
studioso
di
discipline
sociali
nella
sua
attività
intellettuale
(
e
politica
)
è
necessariamente
condizionato
dall
'
educazione
che
ha
ricevuto
,
dall
'
ambiente
dal
quale
proviene
,
dalle
sue
preferenze
circa
i
movimenti
della
società
in
cui
vive
,
in
una
parola
,
dalla
sua
ideologia
.
Di
ciò
egli
deve
essere
ben
consapevole
,
proprio
per
ridurre
le
distorsioni
che
nelle
sue
analisi
-
addirittura
nella
scelta
stessa
dei
temi
da
studiare
-
può
provocare
la
sua
ideologia
.
Lo
studioso
di
discipline
sociali
che
si
crede
orgogliosamente
"
obiettivo
"
,
neutrale
,
fuori
della
mischia
,
è
,
tutto
sommato
,
un
personaggio
patetico
,
perché
è
vittima
di
una
ideologia
senza
saperlo
e
senza
possibilità
di
contrastarne
le
pressioni
.
Se
lo
studioso
non
può
sperare
di
essere
rigorosamente
"
obiettivo
"
(
ciò
che
è
impossibile
)
,
può
e
deve
tuttavia
sforzarsi
di
essere
intellettualmente
onesto
,
ossia
può
e
deve
cercare
di
vedere
tutti
gli
aspetti
di
un
determinato
problema
,
anche
gli
aspetti
per
lui
sgradevoli
,
e
non
solo
quelli
che
sono
conformi
alla
sua
ideologia
o
utili
per
la
sua
parte
politica
.
Detto
tutto
questo
,
credo
di
dover
spiegare
ai
lettori
alcuni
frammenti
della
mia
ideologia
,
nella
misura
in
cui
ne
sono
consapevole
:
tali
indicazioni
potranno
anche
chiarire
,
spero
,
il
motivo
o
i
motivi
che
mi
hanno
indotto
ad
affrontare
questi
problemi
,
ciò
che
a
rigore
rappresenta
un
'
invasione
in
campo
altrui
.
Indicherò
,
in
particolare
,
tre
punti
.
Punto
primo
.
La
posizione
del
singolo
nella
società
-
in
una
determinata
classe
o
gruppo
sociale
-
condiziona
il
suo
modo
di
pensare
e
di
agire
,
ma
non
lo
determina
in
modo
puntuale
.
Il
singolo
può
ampliare
(
ma
non
indefinitamente
)
i
limiti
entro
cui
pensa
e
agisce
proprio
attraverso
la
coscienza
e
la
conoscenza
critica
della
sua
posizione
nella
vita
sociale
.
Per
il
bene
o
per
il
male
,
la
zona
discrezionale
è
specialmente
ampia
nel
caso
di
coloro
che
appartengono
alle
classi
intermedie
e
,
ancora
più
specialmente
,
nel
caso
degli
intellettuali
;
ma
tende
a
crescere
anche
per
coloro
che
appartengono
alle
così
dette
masse
,
man
mano
che
il
livello
medio
di
vita
supera
il
livello
di
sussistenza
(
comunque
venga
inteso
)
.
Punto
secondo
.
Con
riferimento
alla
classificazione
indicata
nella
prima
tabella
(
v
.
l
'
Appendice
)
,
dal
punto
di
vista
economico
-
sociale
chi
scrive
,
che
è
un
professore
universitario
,
si
considera
membro
di
una
frangia
che
sta
fra
la
media
e
la
piccola
borghesia
.
Egli
è
dunque
,
per
diversi
motivi
,
un
privilegiato
-
lo
è
dal
punto
di
vista
economico
,
lo
è
dal
punto
di
vista
del
grado
d
'
istruzione
che
ha
potuto
conseguire
grazie
alla
posizione
sociale
della
sua
famiglia
e
non
per
virtù
"
innate
"
.
Ma
il
privilegio
non
è
,
in
sé
e
per
sé
,
un
motivo
di
censura
o
di
vergogna
:
lo
è
se
è
fine
a
se
stesso
;
non
lo
è
se
viene
usato
per
fini
socialmente
e
civilmente
validi
-
in
ultima
analisi
e
in
prospettiva
,
per
negare
i
privilegi
stessi
.
Punto
terzo
.
Chi
scrive
si
considera
,
politicamente
,
un
onesto
riformista
-
onesto
nel
senso
che
non
solo
crede
ma
,
con
le
sue
modestissime
forze
,
opera
per
le
riforme
,
specialmente
per
quelle
riforme
che
possano
contribuire
a
"
sgombrare
il
terreno
da
tutti
quegli
impedimenti
legalmente
controllabili
che
impacciano
lo
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
,
Prefazione
al
Capitale
,
Ed
.
Rinascita
,
Roma
,
1951
,
p
.
17
)
.
Egli
pensa
di
avere
una
tale
concezione
non
per
una
straordinaria
nobiltà
di
animo
e
per
una
generosità
senza
pari
,
ma
semplicemente
per
ragioni
di
meditato
egoismo
:
il
processo
di
trasformazione
sociale
del
nostro
paese
"
si
muoverà
in
forme
più
brutali
o
più
umane
secondo
il
grado
di
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
)
e
,
più
in
generale
,
secondo
il
grado
di
sviluppo
delle
classi
inferiori
o
subalterne
:
lo
stesso
livello
civile
della
nostra
società
e
,
in
definitiva
,
della
nostra
vita
quotidiana
,
dipendono
dal
grado
di
sviluppo
di
queste
classi
,
che
nessuna
legge
soprannaturale
ha
condannato
a
rimanere
per
sempre
subalterne
.
Pur
considerandosi
un
riformista
,
chi
scrive
non
ha
ostilità
,
ha
anzi
rispetto
,
per
coloro
che
vogliono
operare
da
rivoluzionari
,
a
condizione
che
si
tratti
di
rivoluzionari
seri
e
non
di
miserevoli
parolai
o
di
luridi
imbroglioni
.
E
sebbene
egli
auspichi
le
riforme
non
per
consolidare
il
sistema
ma
per
cambiarlo
,
chi
scrive
deve
ammettere
che
gli
fa
difetto
la
fede
rivoluzionaria
-
la
fede
nella
necessità
o
nell
'
utilità
di
un
grande
trauma
nel
processo
di
trasformazione
sociale
.
Dopo
questa
premessa
,
lunga
ma
,
spero
,
non
inutile
,
entro
nel
tema
che
mi
sono
proposto
.
Intendo
,
in
particolare
,
presentare
un
breve
abbozzo
di
analisi
,
anche
quantitativa
,
delle
classi
sociali
considerate
,
in
prima
istanza
,
dal
punto
di
vista
economico
.
L
'
obiettivo
è
di
contribuire
alla
comprensione
critica
di
noi
stessi
e
dei
nostri
problemi
sociali
;
oggi
,
in
particolare
,
è
importante
cercare
di
comprendere
la
natura
degli
ostacoli
che
finora
hanno
in
gran
parte
impedito
l
'
attuazione
delle
riforme
e
il
significato
delle
lotte
sociali
e
politiche
e
delle
alleanze
che
in
queste
lotte
si
stabiliscono
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
.
Si
tratta
solo
di
un
esame
preliminare
:
se
il
punto
di
partenza
è
valido
altri
potranno
elaborare
una
vera
e
propria
analisi
critica
della
società
italiana
di
cui
tutti
,
ma
specialmente
gli
uomini
della
sinistra
,
avvertono
oramai
un
acuto
bisogno
.
I
.
Tendenze
di
lungo
periodo
1
.
Distribuzione
del
reddito
e
classi
sociali
La
distribuzione
del
reddito
nazionale
costituisce
il
problema
centrale
degli
economisti
classici
,
particolarmente
di
Adam
Smith
e
David
Ricardo
,
i
quali
considerano
essenzialmente
tre
grandi
categorie
di
redditi
,
ossia
tre
grandi
classi
sociali
:
i
proprietari
fondiari
(
rendita
fondiaria
)
,
i
capitalisti
agrari
,
industriali
e
commerciali
(
profitto
)
e
i
lavoratori
dipendenti
(
salario
)
.
Per
gli
economisti
classici
la
rendita
urbana
costituisce
una
sottocategoria
della
rendita
fondiaria
e
l
'
interesse
è
-
usando
l
'
espressione
di
Smith
-
un
"
reddito
derivato
"
:
dal
profitto
nel
caso
di
prestiti
alla
produzione
,
da
uno
degli
altri
due
redditi
nel
caso
di
prestiti
al
consumo
;
generalmente
,
sono
i
mercanti
che
fanno
prestiti
allo
Stato
o
a
privati
-
Marx
parlerà
poi
di
"
capitalisti
monetari
"
.
I
classici
sono
ben
consapevoli
che
esistono
i
lavoratori
indipendenti
,
al
loro
tempo
molto
numerosi
:
coltivatori
diretti
(
farmers
)
e
artigiani
(
independent
manufacturers
)
:
costoro
ottengono
redditi
che
sono
una
combinazione
di
due
o
tre
dei
redditi
originari
sopra
indicati
;
oggi
parliamo
di
redditi
"
misti
"
.
Infine
,
ci
sono
tutti
coloro
che
percepiscono
stipendi
o
altri
compensi
dallo
Stato
o
da
istituzioni
o
da
"
ricchi
"
:
sono
tutti
lavoratori
"
improduttivi
"
,
che
ottengono
redditi
derivati
(
Smith
,
Ricchezza
delle
nazioni
,
ed.
Cannan
,
Methuen
,
Londra
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
352
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Il
lavoro
di
alcuni
dei
più
rispettabili
ordini
della
società
è
,
come
quello
dei
servitori
,
improduttivo
di
ogni
valore
,
e
non
si
fissa
o
si
realizza
in
alcun
oggetto
durevole
o
in
alcuna
merce
vendibile
...
Il
sovrano
,
per
esempio
,
e
tutti
gli
impiegati
civili
e
militari
che
servono
sotto
di
lui
,
l
'
intero
esercito
e
l
'
intera
marina
sono
lavoratori
improduttivi
.
Essi
sono
servitori
del
pubblico
e
sono
mantenuti
con
una
parte
del
prodotto
annuo
dell
'
operosità
degli
altri
...
Alla
stessa
classe
appartengono
gli
ecclesiastici
,
i
giuristi
,
i
letterati
di
ogni
genere
,
i
medici
,
come
pure
i
commedianti
,
i
buffoni
,
i
musicisti
,
i
cantanti
,
le
ballerine
,
ecc.
Mentre
il
concetto
smithiano
di
lavoratori
improduttivi
è
stato
vivacemente
attaccato
dai
successori
degli
economisti
classici
,
la
tripartizione
smithiana
dei
redditi
(
e
delle
classi
)
è
stata
sostanzialmente
accettata
e
tuttora
si
ritrova
nei
libri
di
testo
di
economia
,
anche
se
in
questi
libri
si
parla
solo
di
redditi
e
non
di
classi
;
l
'
unico
emendamento
,
per
così
dire
,
riguarda
l
'
interesse
,
che
è
stato
elevato
al
grado
di
reddito
originario
,
imputabile
al
capitale
e
quindi
al
proprietario
del
capitale
stesso
,
distinguendolo
dal
profitto
,
imputabile
all
'
imprenditore
.
(
L
'
emendamento
è
importante
e
si
ricollega
ad
una
certa
evoluzione
della
teoria
economica
,
che
oggi
è
soggetta
a
critiche
sempre
più
stringenti
;
ma
su
tale
questione
non
mi
soffermo
)
.
Un
altro
emendamento
,
che
pochi
economisti
fanno
ma
che
comunque
deve
essere
fatto
,
riguarda
la
rendita
urbana
e
i
connessi
guadagni
speculativi
:
mentre
al
tempo
dei
classici
era
giusto
considerare
la
rendita
fondiaria
come
la
categoria
principale
e
la
rendita
urbana
dome
una
sottocategoria
di
secondaria
importanza
,
oggi
,
col
tumultuoso
sviluppo
delle
città
e
,
in
certi
casi
,
delle
megalopoli
,
occorre
rovesciare
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
delle
due
rendite
:
oggi
gli
stessi
spostamenti
di
ricchezza
e
la
rapida
formazione
di
cospicui
patrimoni
provengono
spesso
da
speculazioni
connesse
con
la
rendita
urbana
,
speculazioni
nelle
quali
,
oltre
il
mercato
,
entra
il
potere
politico
,
al
livello
centrale
o
al
livello
locale
;
di
più
,
quel
che
avviene
in
questo
campo
deturpa
molte
nostre
città
,
ne
rende
penosa
la
vita
e
concorre
grandemente
a
creare
quella
carenza
di
case
a
basso
prezzo
e
quelle
congestioni
che
,
fra
l
'
altro
,
facendo
salire
il
costo
della
vita
e
sterilizzando
una
parte
del
potere
di
acquisto
dei
salari
,
contribuiscono
a
distorcere
e
a
frenare
il
processo
di
sviluppo
economico
.
(
Tuttavia
,
non
va
soltanto
rivisto
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
sui
due
tipi
di
rendite
:
va
rivista
la
stessa
concezione
degli
economisti
classici
,
anche
sulla
traccia
delle
analisi
di
Marx
e
di
Engels
,
poiché
la
natura
della
rendita
urbana
è
profondamente
diversa
da
quella
della
rendita
fondiaria
)
.
Come
eredità
dei
classici
,
è
rimasto
anche
il
concetto
di
reddito
misto
che
,
per
definizione
,
costituirebbe
una
combinazione
dei
redditi
originari
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
continuano
ad
essere
considerati
quali
redditi
derivati
,
ciò
che
del
resto
è
ovvio
,
essendo
tali
redditi
pagati
col
gettito
di
tributi
o
contributi
.
Già
Marx
aveva
avvertito
(
Capitale
,
libro
III
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1965
,
p
.
993
)
che
quelli
che
oggi
chiamiamo
redditi
"
misti
"
(
principalmente
quelli
dei
coltivatori
diretti
,
degli
artigiani
e
dei
piccoli
commercianti
)
avevano
carattere
pre
-
capitalistico
e
"
solo
fino
ad
un
certo
punto
"
potevano
essere
considerati
come
una
combinazione
dei
tre
redditi
originari
di
Adam
Smith
.
In
verità
,
la
teoria
tradizionale
,
che
accoglie
acriticamente
e
senza
qualificazioni
una
tale
concezione
,
va
riconsiderata
a
fondo
:
se
fra
i
redditi
"
misti
"
e
i
tre
redditi
originari
vi
sono
importanti
elementi
comuni
,
vi
sono
anche
differenze
profonde
:
perfino
dal
punto
di
vista
quantitativo
in
pratica
accade
spesso
(
e
non
solo
in
Italia
)
che
l
'
intero
reddito
di
un
piccolo
coltivatore
diretto
,
per
esempio
,
che
in
astratto
dovrebbe
conglobare
rendita
,
profitto
e
salario
,
è
inferiore
al
solo
salario
medio
pagato
nel
settore
industriale
moderno
.
Per
una
tale
revisione
critica
della
teoria
dei
redditi
misti
che
sono
ottenuti
dai
così
detti
lavoratori
indipendenti
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
,
piccoli
commercianti
,
professionisti
indipendenti
)
,
è
necessario
partire
dalla
distinzione
fra
beni
che
entrano
e
beni
che
non
entrano
in
concorrenza
con
quelli
prodotti
da
unità
produttive
moderne
.
Nel
primo
caso
,
vi
sarà
una
tendenza
alla
graduale
emarginazione
e
,
a
lungo
andare
,
eliminazione
dei
produttori
indipendenti
,
che
appunto
soccombono
nella
concorrenza
con
le
unità
moderne
:
su
questa
base
Marx
formulava
la
sua
previsione
della
tendenziale
scomparsa
di
quei
gruppi
sociali
.
Una
tale
tendenza
,
che
è
debole
quando
è
lento
lo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
forte
quando
questo
sviluppo
è
rapido
,
può
essere
deliberatamente
frenata
dalla
classe
dominante
,
per
mezzo
di
leggi
e
di
altri
interventi
,
proprio
con
l
'
obiettivo
di
una
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Così
,
in
Italia
è
stato
frenato
il
declino
numerico
ed
economico
dei
coltivatori
diretti
,
con
successo
fino
alla
seconda
guerra
mondiale
,
anche
per
il
relativamente
lento
sviluppo
industriale
;
in
seguito
,
sia
per
il
processo
d
'
integrazione
economica
internazionale
,
sia
per
l
'
accelerazione
dello
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
i
freni
non
hanno
più
funzionato
o
,
meglio
,
sono
solo
serviti
a
rendere
forse
meno
precipitoso
il
processo
;
in
ogni
modo
,
la
flessione
della
massa
dei
coltivatori
è
stata
non
meno
rilevante
di
quella
dei
salariati
in
agricoltura
-
essendo
queste
le
due
componenti
dell
'
enorme
esodo
agrario
che
si
è
verificato
nel
dopoguerra
(
v
.
la
tabella
1.1
)
.
Molto
più
efficaci
sono
stati
e
continuano
ad
essere
gl
'
interventi
a
favore
dei
piccoli
commercianti
,
il
cui
numero
è
andato
crescendo
e
continua
a
crescere
praticamente
senza
interruzione
.
Riguardo
ai
coltivatori
diretti
,
il
processo
di
espulsione
va
studiato
,
da
un
lato
,
con
riferimento
ai
prezzi
e
ai
costi
dei
prodotti
agricoli
e
,
dall
'
altro
,
con
riferimento
alle
possibilità
di
occupazione
ed
ai
redditi
(
particolarmente
ai
salari
)
ottenibili
nel
settore
moderno
.
Riguardo
ai
piccoli
commercianti
,
occorre
osservare
che
la
concorrenza
potenziale
non
proviene
da
merci
ma
da
servizi
,
che
potrebbero
essere
-
e
in
misura
nel
nostro
paese
molto
modesta
sono
-
forniti
da
unità
commerciali
grandi
ed
efficienti
:
la
legge
e
,
sulla
base
della
legge
,
gl
'
interventi
amministrativi
spesso
semplicemente
impediscono
a
queste
unità
di
sorgere
.
Inoltre
,
in
queste
condizioni
-
a
differenza
di
quanto
accade
per
le
merci
-
la
concorrenza
internazionale
manca
del
tutto
.
Questa
è
una
delle
principali
ragioni
che
spiegano
il
successo
degli
interventi
pubblici
a
favore
dei
piccoli
commercianti
.
Nel
caso
di
merci
o
servizi
prodotte
da
lavoratori
s
indipendenti
che
non
concorrono
ma
anzi
sono
complementari
rispetto
alle
merci
o
ai
servizi
offerti
dalle
'
'
unità
moderne
,
non
c
'
è
quella
tendenza
al
declino
,
ma
anzi
la
tendenza
opposta
:
ciò
appunto
si
verifica
per
egli
artigiani
e
i
piccoli
produttori
che
forniscono
merci
o
servizi
alle
grandi
unità
,
le
quali
cercano
di
utilizzare
questi
produttori
per
il
proprio
vantaggio
.
Un
fenomeno
analogo
si
verifica
anche
per
le
officine
per
la
riparazione
di
automobili
o
di
elettrodomestici
o
di
altri
oggetti
o
attrezzature
domestiche
.
In
ultima
analisi
,
le
unità
artigianali
di
tipo
moderno
sono
sempre
direttamente
o
indirettamente
satelliti
delle
grandi
o
grandissime
imprese
.
In
una
situazione
particolare
si
trovano
i
professionisti
indipendenti
(
specialmente
medici
,
avvocati
,
ingegneri
,
architetti
)
:
molti
di
questi
professionisti
sono
oramai
indipendenti
solo
di
nome
,
poiché
sempre
più
frequenti
sono
i
casi
di
rapporti
organici
con
grandi
società
e
con
istituzioni
pubbliche
;
altri
,
tuttavia
,
sono
effettivamente
indipendenti
,
almeno
entro
certi
limiti
.
Per
questi
professionisti
,
specialmente
per
quelli
che
riescono
a
raggiungere
posizioni
di
rilievo
,
conviene
usare
come
punto
di
partenza
l
'
analisi
del
monopolio
o
del
quasi
monopolio
,
tenendo
conto
che
i
prezzi
dei
loro
servizi
-
come
anche
,
sostanzialmente
,
i
prezzi
dei
servizi
commerciali
-
non
sono
propriamente
regolati
dal
mercato
ma
sono
prezzi
"
amministrati
"
sulla
base
di
intese
tacite
o
espresse
o
di
regolamenti
di
ordini
professionali
.
Vi
sono
infine
gli
stipendi
degli
impiegati
,
che
l
'
analisi
economica
tradizionale
assimila
ai
salari
,
cosicché
la
teoria
del
salario
viene
ad
includere
la
teoria
dello
stipendio
.
Questo
punto
di
vista
va
radicalmente
riconsiderato
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
che
operano
in
imprese
o
aziende
pubbliche
o
private
che
producono
merci
o
servizi
nel
mercato
aperto
rientrano
nelle
spese
generali
e
sono
in
qualche
modo
collegati
con
l
'
attività
produttiva
,
con
i
costi
ed
i
prezzi
,
anche
se
il
collegamento
è
diverso
da
quello
dei
salari
,
che
di
regola
,
almeno
finora
,
rientrano
nelle
spese
dirette
e
variano
immediatamente
al
variare
della
produzione
.
Per
gli
stipendi
di
questi
impiegati
valgono
,
ma
solo
fino
ad
un
certo
punto
,
le
analisi
che
si
possono
elaborare
per
i
salari
degli
operai
.
In
una
posizione
particolare
si
trovano
gli
alti
dirigenti
delle
società
per
azioni
private
e
pubbliche
,
i
quali
ottengono
emolumenti
che
solo
per
una
parte
hanno
la
natura
di
stipendi
:
per
un
'
altra
parte
-
la
parte
variabile
-
rappresentano
una
sorta
di
partecipazione
ai
profitti
.
Inoltre
,
fra
gl
'
impiegati
conviene
distinguere
gl
'
impiegati
amministrativi
dai
tecnici
,
che
sovraintendono
agli
impianti
,
alle
macchine
e
ai
laboratori
.
Per
gli
stipendi
degli
impiegati
che
lavorano
in
imprese
o
aziende
che
non
producono
merci
o
servizi
per
il
mercato
o
che
lavorano
in
pubbliche
amministrazioni
,
i
punti
di
contatto
con
la
logica
che
regola
i
salari
sono
molto
indiretti
e
limitati
.
Perché
il
livello
degli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
è
quello
che
è
?
Perché
varia
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
occorre
certamente
considerare
,
come
punto
di
partenza
,
il
livello
e
le
variazioni
degli
stipendi
degli
impiegati
privati
,
così
come
,
per
comprendere
il
livello
e
le
variazioni
di
questi
stipendi
,
occorre
partire
dalla
considerazione
dei
salari
.
Ma
è
solo
il
primo
passo
:
analogamente
ai
lavoratori
salariati
,
che
nel
periodo
moderno
non
sono
affatto
costretti
al
livello
di
sussistenza
,
sia
pure
inteso
in
senso
sociale
o
storico
,
anche
i
lavoratori
stipendiati
si
battono
per
partecipare
nella
massima
misura
possibile
al
sovrappiù
,
o
reddito
nazionale
netto
,
e
al
suo
incremento
.
Sia
i
salariati
che
gli
impiegati
non
si
battono
solo
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
ma
anche
con
mezzi
più
ampiamente
politici
,
principalmente
influendo
sull
'
azione
dei
partiti
che
ne
rappresentano
gl
'
interessi
per
ottenere
leggi
e
interventi
amministrativi
ad
essi
favorevoli
.
L
'
azione
degli
impiegati
,
tuttavia
,
è
caratterizzata
da
almeno
due
importanti
elementi
differenziali
rispetto
all
'
azione
dei
salariati
,
uno
a
loro
vantaggio
,
l
'
altro
a
loro
danno
.
L
'
elemento
a
loro
vantaggio
sta
nel
fatto
che
la
gestione
della
cosa
pubblica
,
come
anche
la
gestione
dei
partiti
,
è
in
grandissima
parte
nelle
mani
di
membri
della
stessa
classe
alla
quale
appartengono
,
la
piccola
borghesia
,
particolarmente
della
piccola
borghesia
impiegatizia
,
così
che
essi
trovano
i
loro
punti
di
forza
,
più
che
negli
scioperi
,
nel
campo
degli
interventi
legislativi
e
amministrativi
.
Sia
pure
con
un
significato
alquanto
diverso
,
si
può
ripetere
quanto
Smith
scriveva
quasi
due
secoli
fa
(
Ricchezza
delle
nazioni
,
cit
.
,
II
,
p
.
395
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Gli
emolumenti
dei
funzionari
sono
forse
,
nella
maggior
parte
dei
paesi
,
più
elevati
di
quanto
occorrerebbe
,
poiché
coloro
che
amministrano
la
cosa
pubblica
sono
in
generale
inclini
a
remunerare
se
stessi
e
i
loro
immediati
dipendenti
piuttosto
troppo
che
troppo
poco
.
Questa
osservazione
tuttavia
,
se
vogliamo
prendere
Smith
alla
lettera
,
vale
per
gl
'
impiegati
che
dipendono
immediatamente
dai
capi
politici
e
amministrativi
,
i
quali
,
oltre
lo
stipendio
,
hanno
anche
altri
canali
per
attingere
al
"
sovrappiù
"
-
compensi
speciali
di
vario
genere
,
liquidazioni
principesche
e
pensioni
speciali
.
Vale
anche
per
tutti
quei
funzionari
e
impiegati
che
riescono
a
conquistare
posizioni
di
quasi
monopolio
e
a
difenderle
con
appropriate
barriere
istituzionali
e
legislative
;
ciò
avviene
,
nel
nostro
paese
,
in
certi
settori
della
burocrazia
,
negli
istituti
di
credito
,
negli
istituti
di
assistenza
e
previdenza
-
prima
charitas
mea
charitas
-
,
in
numerosi
enti
pubblici
e
in
aziende
municipalizzate
.
(
Una
particolareggiata
analisi
quantitativa
degli
stipendi
e
dei
compensi
dei
gradi
più
elevati
della
burocrazia
pubblica
e
degli
enti
di
tipo
pubblico
sarebbe
molto
istruttiva
;
ma
,
per
ovvie
ragioni
,
è
difficilissima
da
fare
)
.
Il
risultato
delle
spinte
molteplici
e
d
'
intensità
molto
differenziata
messe
in
atto
dalle
diverse
categorie
di
dipendenti
pubblici
(
in
senso
lato
)
è
una
impressionante
varietà
di
retribuzioni
,
che
di
recente
è
stata
illustrata
con
tanta
efficacia
da
Ermanno
Gorrieri
.
Questa
varietà
,
a
sua
volta
,
costituisce
una
fonte
inesauribile
di
agitazioni
,
poiché
i
gruppi
che
restano
indietro
compiono
ogni
sforzo
per
avvicinarsi
,
economicamente
,
a
quelli
che
sono
riusciti
ad
andare
avanti
;
in
queste
agitazioni
tutti
i
gruppi
imitano
la
strategia
e
le
parole
d
'
ordine
dei
sindacati
operai
e
qualche
volta
adottano
perfino
una
fraseologia
rivoluzionaria
.
In
queste
agitazioni
-
che
si
aggravano
nei
periodi
d
'
inflazione
-
prevalgono
i
gruppi
che
sono
più
compatti
e
più
forti
,
per
motivi
economici
(
posizione
di
tipo
monopolistico
nel
mercato
)
o
istituzionali
,
o
politici
,
o
,
spesso
,
per
una
combinazione
di
questi
motivi
.
Restano
indietro
i
gruppi
più
deboli
,
che
generalmente
si
trovano
negli
strati
intermedi
o
inferiori
degli
impiegati
pubblici
o
parastatali
.
E
qui
compare
l
'
altro
elemento
,
quello
sfavorevole
,
che
differenzia
gl
'
impiegati
dai
salariati
:
data
la
minore
penosità
del
lavoro
e
data
la
garanzia
della
stabilità
,
la
pressione
dei
candidati
ai
posti
del
pubblico
impiego
è
forse
perfino
proporzionalmente
maggiore
dell
'
analoga
pressione
esercitata
da
coloro
che
vogliono
diventare
salariati
-
s
'
intende
,
nel
settore
moderno
;
comunque
,
le
resistenze
sono
minori
,
perché
nell
'
amministrazione
pubblica
sono
ben
più
incerte
e
indefinite
che
nelle
imprese
di
produzione
le
esigenze
organizzative
e
amministrative
.
Il
limite
,
a
rigore
,
è
dato
dalla
capacità
dei
bilanci
degli
organismi
su
cui
quegli
impiegati
gravano
;
ma
poiché
si
tratta
di
bilanci
non
collegati
direttamente
con
attività
produttive
,
quel
limite
è
molto
elastico
.
Nello
stesso
tempo
,
per
ragioni
di
potere
e
di
stabilizzazione
politica
,
è
forte
l
'
inclinazione
dei
gruppi
dominanti
,
centrali
o
locali
,
a
far
entrare
nella
burocrazia
quelli
che
sono
o
possono
diventare
loro
clienti
.
Il
risultato
è
,
sotto
un
certo
aspetto
,
sfavorevole
per
gli
strati
inferiori
e
intermedi
di
impiegati
,
nel
senso
che
le
remunerazioni
di
questi
impiegati
,
a
causa
del
numero
,
sono
e
restano
relativamente
basse
o
molto
basse
.
Tuttavia
,
non
va
dimenticato
che
per
numerosi
impiegati
dei
gradi
inferiori
il
vantaggio
non
sta
in
uno
stipendio
elevato
,
ma
nel
fatto
stesso
di
essere
entrati
,
grazie
a
favori
di
tipo
politico
,
nella
burocrazia
,
salvandosi
,
per
così
dire
,
da
un
lavoro
manuale
duro
e
mal
remunerato
o
da
condizioni
di
vera
e
propria
disoccupazione
.
Esempi
di
attività
in
cui
le
frequenti
retribuzioni
privilegiate
sono
imputabili
essenzialmente
a
posizioni
di
tipo
monopolistico
ovvero
oligopolistico
sono
l
'
industria
elettrica
il
servizio
telefonico
,
le
aziende
di
credito
;
gli
ospedali
,
le
aziende
municipalizzate
,
le
amministrazioni
degli
enti
locali
offrono
esempi
di
aree
in
cui
operano
,
contemporaneamente
,
fattori
economici
e
fattori
politici
,
specialmente
di
carattere
clientelare
.
Vi
sono
dunque
nella
nostra
società
numerosi
e
ampi
casi
di
parassitismo
e
una
fetta
non
indifferente
del
reddito
nazionale
viene
sprecata
,
dal
punto
di
vista
economico
,
in
diversi
modi
,
a
volte
in
modi
che
non
comportano
semplicemente
una
redistribuzione
,
ma
anche
una
riduzione
del
reddito
e
una
distorsione
nella
sua
composizione
:
rendite
urbane
(
con
le
connesse
operazioni
speculative
che
in
questo
dopoguerra
sono
all
'
origine
di
numerosi
patrimoni
di
medie
e
grandi
dimensioni
)
,
guadagni
di
intermediazione
spesso
ingiustificabili
sul
piano
strettamente
economico
,
stipendi
e
compensi
ingiustificatamente
elevati
per
i
gradi
più
alti
della
burocrazia
statale
e
parastatale
,
stipendi
e
compensi
per
persone
economicamente
inutili
.
Si
tratta
,
in
tutti
i
casi
,
di
parassitismo
economico
;
se
in
molti
casi
-
specialmente
nel
settore
del
piccolo
commercio
e
degli
impiegati
dei
gradi
inferiori
-
i
guadagni
sono
magri
,
ciò
non
toglie
affatto
che
si
tratta
,
dal
punto
di
vista
economico
,
di
guadagni
parassitari
.
Ci
sono
,
oramai
,
più
parassiti
e
sfruttatori
fra
i
così
detti
ceti
medi
che
nell
'
intera
classe
capitalistica
.
(
A
rigore
,
sono
da
considerare
parassitari
anche
i
redditi
che
vanno
a
operai
di
industrie
passive
,
che
sono
tenute
in
piedi
con
sovvenzioni
statali
;
ma
indubbiamente
il
fenomeno
del
parassitismo
è
molto
più
grave
nei
settori
sopra
ricordati
di
ceti
medi
)
.
Una
considerazione
a
parte
meritano
i
redditi
di
coloro
che
hanno
occupazioni
precarie
e
saltuarie
e
,
più
specificamente
,
di
coloro
che
appartengono
al
sottoproletariato
(
i
quali
,
tutti
,
hanno
occupazioni
precarie
)
;
in
certi
casi
si
tratta
di
redditi
simili
ai
salari
,
ma
di
regola
sensibilmente
più
bassi
;
in
altri
,
di
redditi
simili
a
quelli
che
sono
stati
definiti
redditi
"
misti
"
(
commercianti
ambulanti
)
.
In
ogni
caso
si
tratta
di
redditi
che
,
oltre
ad
essere
,
considerati
nel
tempo
,
fra
i
più
bassi
,
sono
anche
incerti
ed
altamente
variabili
,
ciò
che
ha
conseguenze
di
rilievo
non
solo
dal
punto
di
vista
economico
ma
anche
da
quello
sociologico
.
Appare
chiaro
,
ora
,
quanto
siano
insoddisfacenti
quegli
schemi
teorici
che
considerano
,
sia
pure
come
prima
approssimazione
,
solo
due
grandi
quote
,
in
corrispondenza
delle
due
grandi
classi
sociali
(
proletari
e
capitalisti
)
:
si
può
stimare
che
la
somma
dei
salari
e
dei
profitti
propriamente
detti
non
arrivi
neppure
al
50%
del
reddito
nazionale
(
v
.
la
tabella
3.2
)
.
2
.
Cause
della
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
In
via
generale
,
la
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
può
essere
oggetto
di
due
critiche
distinte
,
secondo
che
essa
si
ricolleghi
alla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ovvero
alla
differenziazione
delle
attività
lavorative
.
Con
riferimento
al
primo
ordine
di
critiche
occorre
ammettere
,
sempre
in
via
generale
,
che
in
una
società
capitalistica
la
diseguaglianza
dipende
,
alla
radice
,
da
un
fatto
istituzionale
,
che
non
può
essere
modificato
se
non
modificando
l
'
intero
assetto
istituzionale
;
subordinatamente
,
ma
non
marginalmente
,
dipende
dalla
forza
comparativa
,
variabile
nel
tempo
,
dei
gruppi
sociali
che
concorrono
alla
spartizione
del
reddito
.
Nel
settore
privato
di
una
società
capitalistica
il
fatto
istituzionale
(
proprietà
privata
)
ha
una
rilevanza
diretta
,
mentre
nel
settore
pubblico
ha
assunto
una
rilevanza
indiretta
:
nel
settore
pubblico
il
reddito
viene
ottenuto
attraverso
prelievi
di
tipo
tributario
e
poi
distribuito
ai
pubblici
funzionari
secondo
leggi
e
regole
che
dipendono
appunto
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
.
Una
posizione
particolare
assume
il
settore
che
fa
capo
alle
società
per
azioni
,
in
cui
la
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
diviene
un
concetto
ambiguo
e
problematico
;
una
posizione
ancor
più
particolare
assume
poi
il
sottosettore
che
fa
capo
a
società
per
azioni
a
prevalente
partecipazione
statale
.
Nell
'
intera
società
,
la
posizione
preminente
è
quella
di
coloro
che
riescono
in
qualche
modo
a
controllare
o
quanto
meno
ad
influire
sul
processo
di
accumulazione
nel
settore
privato
o
nel
settore
pubblico
inteso
in
senso
ampio
.
(
Anche
nel
collettivismo
si
può
avere
una
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
non
imputabile
ad
attività
lavorative
differenziate
nella
qualità
e
nella
specializzazione
:
l
'
appropriazione
privilegiata
di
una
quota
del
reddito
da
parte
di
alcuni
gruppi
dipende
in
questo
caso
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
,
ma
non
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
la
cui
abolizione
,
da
sola
,
non
assicura
affatto
l
'
attuazione
del
socialismo
)
.
Le
critiche
del
secondo
ordine
(
diseguaglianza
imputabile
alle
diverse
qualificazioni
e
specializzazioni
)
pongono
la
questione
dell
'
accesso
ai
livelli
medi
e
superiori
dell
'
istruzione
e
,
più
in
generale
,
quella
dei
rapporti
fra
distribuzione
del
reddito
e
divisione
sociale
del
lavoro
:
una
questione
che
un
tempo
fu
molto
dibattuta
fra
gli
economisti
(
per
esempio
,
da
Smith
e
dai
suoi
epigoni
)
,
ma
che
oggi
lo
è
solo
eccezionalmente
;
è
invece
studiata
da
sociologi
e
da
pedagogisti
,
i
quali
ultimi
per
le
società
più
avanzate
hanno
posto
,
come
prospettiva
di
lungo
periodo
,
la
questione
della
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
con
una
certa
rotazione
verticale
del
lavoro
che
quanto
meno
elimini
i
lavori
più
ripetitivi
e
più
umilianti
;
naturalmente
un
tale
processo
implicherebbe
l
'
accelerazione
e
,
per
certi
aspetti
,
la
modifica
dell
'
evoluzione
tecnologica
.
In
una
società
come
quella
italiana
,
questo
non
sembra
un
problema
urgente
,
come
lo
è
invece
quello
delle
diseguaglianze
nella
distribuzione
del
reddito
e
del
potere
economico
e
politico
discendenti
da
altri
motivi
(
quelle
che
ho
chiamate
diseguaglianze
del
primo
ordine
)
.
Il
pedagogista
Visalberghi
,
tuttavia
,
sostiene
che
gli
studiosi
e
gli
uomini
politici
che
vogliono
vedere
lontano
e
che
vogliono
operare
in
vista
di
una
società
senza
classi
debbono
porsi
il
problema
fin
da
adesso
anche
in
Italia
.
Oggi
intanto
domina
l
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
molto
efficacemente
descritta
da
Ermanno
Gorrieri
:
si
fa
una
netta
distinzione
fra
lavoro
manuale
e
intellettuale
e
si
proclama
giusto
il
fatto
che
il
secondo
sia
remunerato
assai
meglio
del
primo
e
riscuota
maggior
prestigio
,
dato
che
esso
si
fonda
su
sacrifici
,
dispendio
di
tempo
per
lo
studio
e
rinuncia
a
guadagni
più
immediati
.
Questo
punto
di
vista
-
sostiene
Gorrieri
,
a
mio
parere
assai
fondatamente
-
costituisce
in
ultima
analisi
una
mistificazione
:
1
)
perché
non
è
vero
che
lo
studiare
comporti
sacrifici
maggiori
che
il
lavorare
;
2
)
perché
"
la
possibilità
di
rinviare
il
momento
di
guadagnare
e
di
sostenere
le
spese
per
gli
studi
dipende
quasi
sempre
dalle
condizioni
economiche
,
della
famiglia
a
cui
il
giovane
appartiene
.
Nella
maggior
parte
dei
casi
non
si
tratta
di
libera
scelta
degli
interessati
ma
costituisce
un
privilegio
di
cui
alcuni
possono
usufruire
e
altri
no
.
In
pratica
,
la
possibilità
di
avvio
e
di
riuscita
negli
studi
superiori
non
rappresenta
un
'
opportunità
offerta
a
tutti
con
uguale
facilità
;
la
parità
delle
condizioni
di
partenza
è
ben
lontana
dal
verificarsi
nella
realtà
"
.
Insomma
,
non
è
lecito
"
il
porre
un
privilegio
(
l
'
accesso
alla
cultura
)
come
legittimazione
di
un
secondo
privilegio
(
una
condizione
economica
più
elevata
)
"
(
La
giungla
retributiva
,
cit
.
,
pp.
251-2
)
.
Dunque
,
in
una
società
come
quella
italiana
,
la
distribuzione
del
reddito
oggi
dipende
,
congiuntamente
,
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
dal
controllo
politico
e
amministrativo
del
processo
di
accumulazione
e
dai
diversi
gradi
di
istruzione
e
di
qualificazione
di
coloro
che
lavorano
:
i
tre
aspetti
in
parte
si
sovrappongono
.
Si
può
affermare
che
la
lotta
per
il
potere
-
economico
e
politico
-
in
ultima
analisi
riguarda
le
modalità
e
le
conseguenze
della
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
e
le
possibilità
di
controllare
e
quindi
d
'
indirizzare
,
direttamente
o
indirettamente
,
il
processo
di
accumulazione
.
Si
può
affermare
tutto
ciò
purché
si
tenga
sempre
presente
che
le
tre
espressioni
al
singolare
(
"
la
lotta
"
,
"
la
proprietà
"
e
"
il
controllo
"
)
sono
modi
abbreviati
per
indicare
realtà
estremamente
complesse
,
contraddittorie
,
differenziate
e
mutevoli
nel
tempo
.
Nei
capitoli
che
seguono
mi
propongo
appunto
di
presentare
elementi
utili
per
un
futuro
approfondimento
critico
e
particolareggiato
di
quelle
affermazioni
:
non
è
da
escludere
che
,
una
volta
compiuto
un
tale
approfondimento
,
quelle
affermazioni
,
che
qui
sono
assunte
come
pure
ipotesi
di
lavoro
,
debbano
essere
modificate
o
addirittura
sostituite
con
ipotesi
diverse
.
Sulla
base
della
precedente
analisi
della
distribuzione
del
reddito
possiamo
formulare
la
seguente
suddivisione
delle
classi
sociali
.
I
.
Borghesia
vera
e
propria
:
grandi
proprietari
di
fondi
rustici
e
urbani
(
rendite
)
;
imprenditori
e
alti
dirigenti
di
società
per
azioni
(
profitti
e
redditi
misti
che
contengono
elevate
quote
di
profitto
)
;
professionisti
autonomi
(
redditi
misti
,
con
caratteri
di
redditi
di
monopolio
)
.
IIa
.
Piccola
borghesia
impiegatizia
(
stipendi
)
.
IIb
.
Piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
redditi
misti
)
:
coltivatori
diretti
,
artigiani
(
inclusi
i
piccoli
professionisti
)
,
commercianti
.
IIc
.
Piccola
borghesia
:
categorie
particolari
(
militari
,
religiosi
ed
altri
)
(
stipendi
)
.
IIIa
.
Classe
operaia
(
salari
)
.
IIIb
.
Sottoproletariato
.
Le
tre
categorie
della
piccola
borghesia
corrispondono
a
quelle
che
comunemente
sono
chiamate
classi
medie
La
definizione
delle
classi
sociali
e
del
concetto
stesso
di
classe
richiederebbe
un
'
ampia
discussione
,
che
qui
neppure
tento
di
affrontare
.
Mi
limito
a
ricordare
che
le
diverse
classi
e
sottoclassi
non
sono
divise
da
steccati
:
alcune
zone
sono
terra
di
nessuno
ed
esiste
una
certa
mobilità
sociale
,
che
presumibilmente
è
tanto
maggiore
quanto
più
rapido
è
il
processo
di
sviluppo
economico
.
Vi
sono
,
inoltre
,
numerose
persone
che
ottengono
redditi
plurimi
.
Si
tratta
,
per
esempio
,
di
professionisti
,
o
di
impiegati
,
o
di
commercianti
,
che
sono
anche
proprietari
di
fondi
rustici
o
urbani
;
in
questo
caso
i
redditi
si
sommano
e
gl
'
interessi
dei
titolari
sono
molteplici
:
dal
punto
di
vista
economico
converrà
includere
i
titolari
nella
classe
o
nella
sottoclasse
in
relazione
alla
fonte
del
reddito
prevalente
.
Ancora
:
mentre
i
"
ricchi
"
sono
inclusi
tutti
nella
prima
classe
,
nelle
altre
troviamo
individui
"
agiati
"
o
"
poveri
"
o
addirittura
"
poverissimi
"
,
secondo
il
livello
del
reddito
.
Se
si
considera
la
distribuzione
del
reddito
per
classe
o
sottoclasse
,
il
valore
di
massima
frequenza
(
moda
)
decresce
passando
dalla
classe
economicamente
più
elevata
alle
altre
;
ma
occorre
tener
presente
che
,
per
certi
aspetti
,
può
esservi
comunanza
d
'
interessi
e
quindi
solidarietà
fra
gli
strati
più
elevati
o
,
al
contrario
,
fra
quelli
più
bassi
delle
diverse
classi
e
sottoclassi
-
dove
il
concetto
di
alto
o
basso
,
naturalmente
,
è
riferito
al
livello
del
reddito
.
Tuttavia
,
da
un
punto
di
vista
più
ampio
di
quello
strettamente
economico
si
debbono
considerare
i
legami
dovuti
al
tipo
di
cultura
,
al
modo
di
vita
e
all
'
ambiente
(
per
esempio
:
grandi
città
e
piccoli
centri
,
città
e
campagna
)
.
Infine
,
occorre
considerare
la
dinamica
e
quindi
anche
la
storia
precedente
di
ciascuna
classe
o
sottoclasse
;
da
questo
punto
di
vista
,
le
stesse
classi
e
sottoclassi
appaiono
profondamente
diverse
nelle
regioni
settentrionali
rispetto
alle
regioni
meridionali
del
nostro
paese
;
e
le
differenze
diventano
ancora
più
grandi
quando
si
considerano
paesi
diversi
.
Per
distinguere
le
diverse
classi
sociali
il
reddito
è
dunque
un
elemento
importante
,
ma
non
tanto
per
il
suo
livello
,
quanto
per
il
modo
attraverso
cui
si
ottiene
;
tale
modo
si
riflette
nell
'
ambiente
e
nel
tipo
di
cultura
ed
è
condizionato
dalla
storia
precedente
della
società
di
cui
le
classi
costituiscono
parti
integranti
.
"
Con
riferimento
alla
divisione
delle
società
in
classi
,
il
"
modo
"
è
rilevante
in
quanto
attiene
ai
rapporti
di
potere
,
e
cioè
in
quanto
indica
attraverso
quali
forme
di
lotta
per
il
potere
si
determina
,
o
si
concorre
a
determinare
,
una
certa
distribuzione
del
reddito
e
un
certo
tipo
di
accumulazione
,
ossia
di
sviluppo
del
reddito
stesso
"
[
Queste
osservazioni
,
riportate
fra
virgolette
,
mi
sono
state
espresse
,
in
una
lettera
,
da
Antonio
Giolitti
:
ho
ritenuto
utile
riportarle
testualmente
]
.
Tenendo
ben
presenti
queste
avvertenze
,
può
essere
utile
riflettere
sulla
distribuzione
quantitativa
del
reddito
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
sociali
in
Italia
.
Le
stime
(
tabelle
3.1
e
3.2
)
riguardano
il
1971
e
rappresentano
semplici
ordini
di
grandezza
:
mi
sono
deciso
a
presentarle
solo
perché
spero
che
esse
possano
provocare
indagini
più
approfondite
.
3
.
Tendenze
delle
classi
sociali
L
'
analisi
quantitativa
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
nel
nostro
paese
mostra
che
il
fenomeno
più
rilevante
è
il
fortissimo
aumento
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
:
da
meno
di
un
milione
su
16
milioni
di
occupati
al
principio
del
secolo
ad
oltre
5
milioni
su
19
milioni
di
occupati
.
Prima
di
considerare
i
motivi
di
questa
enorme
espansione
,
dobbiamo
considerare
insieme
le
tendenze
quantitative
che
emergono
dalla
prima
tabella
.
L
'
aspetto
più
impressionante
è
che
,
nel
corso
del
tempo
,
le
quote
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
pur
fra
qualche
oscillazione
,
mostrano
una
fondamentale
stabilità
.
Questa
stabilità
,
tuttavia
,
è
il
risultato
di
variazioni
contrastanti
delle
quote
delle
sottoclassi
.
In
particolare
,
la
relativa
stabilità
della
quota
imputabile
alla
piccola
borghesia
nel
suo
complesso
è
il
risultato
di
un
forte
aumento
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
(
dal
2%
nel
1881
al
17%
nel
1971
)
,
accompagnato
da
un
'
altrettanto
forte
diminuzione
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
dal
41
al
29%
)
;
ed
anzi
la
diminuzione
di
quest
'
ultima
quota
sarebbe
stata
anche
maggiore
se
non
ci
fosse
stato
l
'
aumento
(
interno
a
questa
sottoclasse
)
nel
numero
dei
commercianti
.
Analogamente
,
la
relativa
stabilità
della
quota
relativa
alla
"
classe
operaia
"
è
il
risultato
di
una
somma
algebrica
fra
la
forte
flessione
della
quota
dei
salariati
agricoli
(
dal
36
al
6%
)
e
un
aumento
non
meno
rilevante
nella
quota
dei
salariati
che
lavorano
in
attività
extra
-
agricole
(
dal
17
al
42%
)
.
La
borghesia
vera
e
propria
costituisce
in
tutto
l
'
arco
del
periodo
considerato
una
quota
esigua
:
dal
2
al
2,5%
.
Anche
in
questo
caso
particolare
la
quota
è
relativamente
stabile
,
come
relativamente
stabile
,
anche
se
di
meno
,
è
il
livello
assoluto
.
Tuttavia
,
se
le
cifre
cambiano
poco
,
cambiano
profondamente
i
contenuti
:
questa
osservazione
vale
per
tutte
le
classi
,
anche
per
quelle
in
forte
espansione
,
ma
vale
con
particolare
forza
per
la
borghesia
.
I
grandi
proprietari
agrari
,
che
nel
secolo
scorso
avevano
grande
peso
sociale
e
politico
,
oltre
che
economico
,
oggi
hanno
una
modesta
rilevanza
.
Gl
'
imprenditori
proprietari
o
comproprietari
di
grandi
e
medie
imprese
(
quelli
che
posseggono
piccole
o
piccolissime
imprese
sono
inclusi
fra
gli
artigiani
)
hanno
pur
sempre
importanza
,
anche
se
la
loro
posizione
relativa
è
mutata
,
mentre
grandemente
accresciuto
è
il
peso
dei
dirigenti
delle
grandi
imprese
private
e
pubbliche
organizzate
nella
forma
di
società
per
azioni
,
dei
gruppi
finanziari
che
in
certi
settori
controllano
queste
imprese
e
dei
grandi
organismi
pubblici
di
produzione
e
di
erogazione
.
Oramai
,
coloro
che
dirigono
i
grandi
complessi
produttivi
e
finanziari
non
ne
sono
proprietari
che
in
piccola
parte
,
quelli
che
dirigono
i
grandi
organismi
pubblici
sono
ovviamente
esclusi
dalla
proprietà
di
quegli
organismi
:
la
separazione
fra
proprietà
e
direzione
è
andata
molto
avanti
nel
settore
moderno
dell
'
economia
italiana
.
Se
l
'
espressione
"
neocapitalismo
"
ha
un
significato
preciso
,
è
appunto
questo
:
un
'
economia
che
nell
'
industria
e
nella
finanza
è
dominata
da
gruppi
di
società
per
azioni
private
e
pubbliche
e
da
enti
pubblici
,
i
cui
massimi
dirigenti
(
i
generali
)
"
s
'
identificano
"
col
gruppo
o
con
la
società
o
con
l
'
ente
,
mentre
gl
'
impiegati
esecutivi
(
gli
ufficiali
subalterni
che
hanno
i
rapporti
diretti
con
i
sergenti
e
i
soldati
)
sono
tagliati
fuori
dai
processi
decisionali
e
i
dirigenti
intermedi
in
parte
diventano
"
fiduciari
"
dei
massimi
dirigenti
e
in
parte
seguono
la
sorte
degli
impiegati
esecutivi
.
La
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
,
ossia
la
piccola
borghesia
tradizionale
,
costituita
nella
massima
parte
da
contadini
proprietari
,
da
artigiani
e
da
piccoli
commercianti
,
è
andata
via
via
diminuendo
nel
numero
,
come
aveva
previsto
Marx
.
Ma
questa
flessione
è
imputabile
esclusivamente
ai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
,
che
,
insieme
con
numerosi
salariati
,
hanno
abbandonato
l
'
agricoltura
.
Secondo
Marx
,
anche
gli
artigiani
e
i
piccoli
commercianti
sarebbero
dovuti
diminuire
,
progressivamente
eliminati
dalla
concorrenza
delle
grandi
unità
moderne
.
Ora
,
questo
fenomeno
ha
avuto
luogo
per
l
'
artigianato
domestico
(
se
ne
ha
un
chiara
traccia
nel
periodo
che
va
dal
1881
al
1901
)
e
,
comunque
,
per
l
'
artigianato
di
tipo
antico
,
un
artigianato
produttore
di
merci
che
entravano
in
concorrenza
con
quelle
sempre
più
efficientemente
prodotte
dalle
imprese
moderne
(
tessuti
,
scarpe
,
mobili
,
oggetti
di
vestiario
,
prodotti
dell
'
industria
alimentare
)
:
un
tale
processo
si
è
svolto
e
tuttora
si
sta
svolgendo
,
soprattutto
nel
Mezzogiorno
.
Ma
,
accanto
a
questo
processo
di
crisi
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
si
è
andato
sviluppando
un
artigianato
di
tipo
nuovo
,
che
non
solo
non
è
danneggiato
dallo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
ma
se
ne
avvantaggia
,
poiché
produce
merci
e
,
più
ancora
,
servizi
,
che
sono
complementari
rispetto
ai
prodotti
dell
'
industria
moderna
.
Il
risultato
delle
contrastanti
tendenze
,
l
'
una
col
segno
meno
l
'
altra
col
segno
più
,
è
una
relativa
stazionarietà
negli
ultimi
decenni
nelle
dimensioni
di
questo
gruppo
sociale
.
La
massa
dei
piccoli
commercianti
,
invece
,
non
solo
non
è
diminuita
ma
è
andata
crescendo
,
grazie
soprattutto
alla
protezione
concessa
dall
'
autorità
politica
,
protezione
che
in
questo
caso
ha
avuto
pieno
successo
.
La
classe
operaia
nelle
attività
extra
-
agricole
è
andata
sensibilmente
crescendo
dal
1881
al
1921
,
corrispondentemente
allo
sviluppo
del
primo
nucleo
di
capitalismo
industriale
moderno
,
soprattutto
nelle
regioni
settentrionali
,
e
poi
dal
1936
al
1961
.
In
ogni
modo
,
le
variazioni
quantitative
,
che
finora
sono
state
trascurate
da
quasi
tutti
gli
studiosi
,
vanno
considerate
con
spirito
critico
e
sempre
in
congiunzione
con
le
variazioni
qualitative
.
Così
,
dalla
tabella
1.1
appare
che
la
borghesia
vera
e
propria
numericamente
è
cresciuta
assai
poco
negli
ultimi
novant
'
anni
.
Ma
non
solo
si
deve
tener
conto
che
il
peso
delle
singole
categorie
è
profondamente
variato
nel
corso
del
tempo
;
si
deve
anche
tener
presente
che
questa
classe
aveva
,
nel
suo
complesso
,
ben
altri
poteri
e
ben
altra
influenza
verso
la
fine
del
secolo
scorso
,
quando
una
bassissima
percentuale
di
adulti
aveva
il
diritto
di
voto
e
quando
i
sindacati
dei
lavoratori
erano
nella
difficilissima
fase
della
loro
formazione
.
In
quel
tempo
la
gestione
politica
e
amministrativa
era
molto
più
semplice
di
quanto
sia
diventata
poi
,
specialmente
dopo
la
seconda
guerra
:
la
classe
dominante
era
divisa
,
nel
suo
interno
,
da
precisi
contrasti
d
'
interessi
;
e
la
vita
politica
risultava
essenzialmente
dallo
scontro
e
poi
dai
compromessi
dei
diversi
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
classe
dominante
.
Oggi
,
soprattutto
per
l
'
enorme
espansione
numerica
e
per
l
'
aumento
del
peso
politico
della
piccola
borghesia
e
per
il
fortemente
accresciuto
peso
politico
della
classe
operaia
,
i
contrasti
sono
molto
più
differenziati
e
l
'
intera
gestione
della
società
è
divenuta
di
gran
lunga
più
complessa
di
quanto
fosse
nel
passato
.
Su
un
piano
diverso
,
occorre
poi
osservare
che
le
variazioni
numeriche
che
si
riscontrano
nelle
diverse
classi
sono
di
difficile
interpretazione
,
a
causa
dei
processi
di
travaso
fra
una
classe
e
l
'
altra
e
a
causa
dei
movimenti
della
popolazione
.
Questo
processo
e
questi
movimenti
rendono
incerte
le
illazioni
,
anche
nei
casi
di
rilevanti
variazioni
numeriche
,
come
quelle
che
si
sono
verificate
,
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
,
nelle
categorie
di
coloro
che
esplicano
attività
di
tipo
agricolo
(
coltivatori
diretti
e
salariati
,
fissi
e
giornalieri
)
.
Può
essere
utile
,
tuttavia
,
riflettere
sulle
seguenti
cifre
,
che
in
sintesi
indicano
,
da
un
lato
,
la
riduzione
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
e
quindi
l
'
entità
dell
'
esodo
agrario
negli
ultimi
due
decenni
e
,
dall
'
altro
,
l
'
espansione
di
certe
categorie
sociali
che
svolgono
attività
extra
-
agricole
.
Le
cifre
sono
espresse
in
milioni
:
Coltivatori
Borghesia
Impiegati
Commercianti
diretti
ed
altri
-3,7
+0,1
+1,4
+0,6
=
-1,6
Salariati
agricoli
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
-1,1
+2,2
=
+1,1
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Occupazione
totale
-0,5
Queste
cifre
(
ricavate
dalla
tabella
1.1
)
non
consentono
illazioni
precise
e
inequivocabili
,
a
causa
del
carattere
molto
approssimativo
dei
dati
e
a
causa
di
processi
di
travaso
fra
le
classi
.
Tuttavia
è
possibile
ricavare
alcune
indicazioni
di
larga
massima
:
-
numerosi
contadini
proprietari
,
o
i
loro
figli
,
"
salgono
"
nelle
categorie
impiegatizie
o
,
in
misura
molto
piccola
,
al
livello
della
borghesia
vera
e
propria
,
ovvero
si
spostano
nella
categoria
dei
commercianti
e
di
altri
lavoratori
autonomi
;
-
altri
contadini
,
o
i
loro
figli
,
come
anche
la
massima
parte
dei
salariati
agricoli
,
diventano
salariati
in
attività
extra
-
agricole
.
Conviene
ricordare
che
per
i
salariati
che
lasciano
le
campagne
l
'
edilizia
costituisce
una
specie
di
sala
d
'
attesa
:
l
'
intento
è
trovare
impiego
nell
'
industria
manifatturiera
.
Se
l
'
edilizia
entra
in
crisi
,
molti
di
coloro
che
lavorano
in
tale
attività
ritornano
nelle
campagne
o
vanno
a
popolare
,
come
sottoproletari
,
le
bidonvilles
e
i
quartieri
poverissimi
delle
città
(
molti
sottoproletari
,
comunque
,
vivono
fra
occupazioni
saltuarie
nell
'
edilizia
e
piccoli
traffici
di
vario
genere
;
v
.
l
'
interessante
monografia
di
Giulio
Salierno
,
Il
sottoproletariato
in
Italia
,
Samonà
e
Savelli
,
Roma
,
1972
)
.
Poiché
un
'
elevata
quota
dei
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
proviene
dalle
regioni
meridionali
,
appare
qui
una
importante
sovrapposizione
fra
esodo
agrario
ed
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
.
Presumibilmente
,
i
contadini
proprietari
,
che
"
scendono
"
e
diventano
salariati
,
appartengono
agli
strati
più
poveri
,
mentre
i
contadini
che
"
salgono
"
appartengono
agli
strati
relativamente
più
benestanti
,
che
sono
in
grado
di
istruirsi
o
di
fare
istruire
adeguatamente
i
loro
figli
.
Di
"
proletarizzazione
"
in
senso
stretto
si
può
parlare
solo
per
quei
contadini
proprietari
che
diventano
salariati
.
Come
risulta
dalle
cifre
indicate
sopra
,
ha
luogo
,
sempre
negli
ultimi
venti
anni
,
una
flessione
dell
'
occupazione
circa
500
mila
persone
.
Questa
flessione
,
che
dal
punto
di
vista
puramente
statistico
dipende
dal
fatto
che
l
'
esodo
agrario
è
maggiore
dell
'
aumento
dell
'
occupazione
nelle
attività
extra
-
agricole
,
è
imputabile
principalmente
alla
flessione
netta
dell
'
occupazione
femminile
in
agricoltura
:
le
donne
che
lasciano
le
campagne
,
ove
svolgono
attività
ausiliarie
,
quando
vanno
in
città
insieme
con
i
mariti
o
con
i
padri
non
trovano
lavoro
a
causa
del
basso
grado
d
'
istruzione
e
di
qualificazione
ed
a
causa
delle
particolari
caratteristiche
della
domanda
di
lavoro
femminile
,
che
,
nella
domanda
complessiva
,
costituisce
la
frazione
marginale
:
due
fatti
,
questi
,
che
sono
fra
loro
interdipendenti
e
che
,
per
l
'
estensione
che
raggiungono
nel
nostro
paese
,
sono
di
natura
essenzialmente
patologica
.
In
complesso
,
e
facendo
riferimento
alla
classificazione
qui
adottata
,
sembra
che
negli
ultimi
venti
anni
l
'
esodo
agrario
si
traduca
in
larga
misura
a
spostamenti
interni
alle
classi
:
da
un
lato
molti
contadini
,
o
i
loro
figli
,
abbandonano
le
campagne
ma
restano
nell
'
ambito
di
quella
che
qui
è
stata
chiamata
piccola
borghesia
(
impiegatizia
o
relativamente
autonoma
)
;
dall
'
altro
lato
,
i
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
,
o
i
loro
figli
,
restano
nell
'
ambito
della
"
classe
operaia
"
(
e
del
sottoproletariato
:
v
.
la
tabella
4.4
)
.
Tuttavia
,
anche
gli
spostamenti
interni
alle
classi
hanno
grande
rilievo
dal
punto
di
vista
dell
'
equilibrio
sociale
,
poiché
molto
diversi
sono
gl
'
interessi
e
gli
atteggiamenti
politici
prevalenti
nelle
sottoclassi
coinvolte
.
Gli
spostamenti
fra
l
'
una
e
l
'
altra
classe
riguardano
l
'
ascesa
di
un
certo
numero
,
molto
esiguo
,
di
contadini
proprietari
verso
la
borghesia
propriamente
detta
e
,
in
misura
più
consistente
,
la
discesa
di
un
buon
numero
di
contadini
proprietari
(
presumibilmente
:
contadini
poveri
)
verso
il
proletariato
extra
-
agricolo
.
Infine
,
una
parte
dell
'
esodo
si
traduce
in
flessione
netta
dell
'
occupazione
complessiva
.
La
tendenza
dell
'
occupazione
a
diminuire
merita
un
commento
particolare
.
Estendiamo
l
'
orizzonte
temporale
.
Dal
1881
al
1921
il
livello
assoluto
dell
'
occupazione
cresce
in
misura
rilevante
:
da
16,3
a
20,4
milioni
.
Dal
1921
al
1961
quel
livello
subisce
fluttuazioni
molto
modeste
e
,
tutto
sommato
,
varia
relativamente
poco
.
La
flessione
del
livello
assoluto
si
profila
nell
'
ultimo
decennio
,
non
per
un
'
accelerazione
dell
'
esodo
agrario
,
ma
a
causa
dell
'
indebolimento
dello
sviluppo
industriale
.
Come
conseguenza
di
questi
andamenti
,
la
quota
della
popolazione
attiva
sulla
popolazione
totale
che
nel
1881
superava
il
55%
,
oggi
non
raggiunge
il
36%
.
Questa
flessione
va
attribuita
,
in
parte
,
a
cause
di
natura
fisiologica
,
come
l
'
aumento
della
scolarità
e
il
ritiro
volontario
dal
mercato
del
lavoro
di
un
certo
numero
di
persone
anziane
per
il
miglioramento
delle
pensioni
.
Ma
per
una
quota
non
piccola
,
anche
se
non
facilmente
misurabile
,
si
tratta
di
un
fenomeno
patologico
:
lo
sviluppo
della
domanda
di
lavoro
è
troppo
debole
e
la
struttura
di
questa
domanda
non
è
quella
socialmente
desiderabile
.
4
.
Nord
,
Centro
e
Sud
L
'
evoluzione
economica
e
sociale
non
è
un
processo
uniforme
ed
equilibrato
in
nessun
paese
e
da
nessun
punto
di
vista
,
neppure
dal
punto
di
vista
territoriale
;
meno
che
mai
è
uniforme
nel
nostro
paese
,
dove
il
contrasto
fra
Nord
e
Sud
costituisce
il
più
grave
problema
nazionale
;
inoltre
,
come
si
è
già
osservato
,
le
stesse
classi
hanno
connotati
diversi
nelle
diverse
regioni
del
nostro
paese
.
Ma
prima
di
soffermarci
,
schematicamente
,
su
alcuni
aspetti
qualitativi
consideriamo
,
nelle
grandi
linee
,
gli
aspetti
quantitativi
(
v
.
le
tabelle
1.3
,
1.4
,
1.5
e
1.6
)
.
La
fondamentale
stabilità
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
che
avevamo
notato
esaminando
i
dati
nazionali
,
si
nota
anche
al
livello
delle
tre
circoscrizioni
(
Nord
,
Centro
e
Sud
)
,
sebbene
a
questo
livello
le
oscillazioni
risultino
più
accentuate
.
Anche
per
queste
circoscrizioni
vale
l
'
osservazione
che
le
variazioni
più
importanti
hanno
luogo
all
'
interno
delle
classi
medie
e
della
classe
operaia
:
flessione
dei
lavoratori
autonomi
ed
aumento
degli
impiegati
;
flessione
dei
salariati
in
agricoltura
ed
aumento
dei
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
Queste
flessioni
e
questi
aumenti
,
che
sono
l
'
espressione
di
un
processo
di
"
modernizzazione
"
,
hanno
luogo
in
tutte
e
tre
le
circoscrizioni
;
ma
,
com
'
era
da
attendersi
,
nel
Nord
sono
molto
più
accentuati
.
Soffermandoci
sulla
situazione
attuale
,
è
importante
osservare
che
oggi
,
nel
Sud
,
la
quota
degli
impiegati
privati
-
che
sono
direttamente
collegati
con
la
produzione
-
è
sensibilmente
inferiore
a
quella
nazionale
e
,
ancor
più
,
a
quella
del
Nord
.
Il
quadro
si
rovescia
se
si
considerano
gl
'
impiegati
pubblici
:
nel
Sud
la
quota
è
maggiore
della
media
nazionale
ed
è
molto
maggiore
di
quella
del
Nord
.
Le
quote
risultano
tutte
spostate
in
alto
di
un
punto
e
mezzo
o
due
punti
se
invece
degli
impiegati
pubblici
si
considerano
i
dipendenti
della
pubblica
amministrazione
,
i
quali
includono
anche
i
militari
e
i
salariati
.
Ecco
le
percentuali
sulla
popolazione
attiva
:
Nord
7,2
,
Centro
12,8
,
Sud
10,5
,
media
nazionale
9,2
.
Poiché
nel
Sud
,
che
è
un
'
area
arretrata
,
c
'
è
relativamente
meno
da
amministrare
che
nel
Nord
e
poiché
la
quota
del
Centro
è
spinta
in
alto
dalla
burocrazia
ministeriale
ubicata
a
Roma
,
appare
chiaro
che
la
quota
del
Sud
è
patologicamente
elevata
.
Quanto
ai
professionisti
,
è
interessante
rilevale
che
la
quota
degli
avvocati
sulla
popolazione
nel
Sud
è
pari
a
circa
il
doppio
di
quella
del
Nord
(
0,30
contro
lo
0,15%
)
.
Questo
è
il
risultato
di
due
spinte
:
da
un
lato
,
la
scarsezza
di
sbocchi
professionali
e
quindi
l
'
affollamento
di
questa
come
di
certe
altre
professioni
;
dall
'
altro
lato
,
la
litigiosità
nel
campo
economico
,
che
è
tanto
più
alta
quanto
più
povera
è
l
'
economia
e
quanto
più
stentato
e
diseguale
e
il
suo
sviluppo
.
Consideriamo
ora
la
classe
operaia
.
Nell
'
agricoltura
i
salariati
rappresentano
il
doppio
della
media
nazionale
(
6,2%
)
ed
oltre
tre
volte
la
quota
del
Nord
.
Viceversa
i
salariati
dell
'
industria
,
esclusa
l
'
edilizia
,
nel
Sud
rappresentano
una
quota
pari
alla
metà
della
media
nazionale
(
25%
)
ed
a
poco
più
di
un
terzo
della
quota
del
Nord
.
A
causa
dell
'
esodo
agrario
,
negli
ultimi
vent
'
anni
i
contadini
proprietari
(
più
i
mezzadri
e
i
fittavoli
)
e
i
salariati
si
riducono
sensibilmente
.
È
da
notare
che
la
velocità
assoluta
e
relativa
dell
'
esodo
agrario
nel
Sud
è
paragonabile
a
quella
dell
'
esodo
che
ha
avuto
luogo
nel
Nord
e
nel
Centro
,
sebbene
le
occasioni
di
lavoro
extra
-
agricolo
,
in
queste
due
aree
,
fossero
molto
maggiori
e
sebbene
l
'
emigrazione
in
regioni
lontane
(
o
all
'
estero
)
sia
molto
più
dolorosa
,
umanamente
,
di
spostamenti
nell
'
ambito
della
stessa
regione
.
Questo
fatto
è
chiaramente
la
conseguenza
delle
condizioni
di
miseria
e
di
deficienza
e
di
precarietà
delle
occupazioni
,
soprattutto
nelle
zone
agrarie
dell
'
interno
.
L
'
esodo
agrario
e
l
'
emigrazione
,
insieme
con
lo
sviluppo
molto
fiacco
della
domanda
di
lavoro
fuori
dall
'
agricoltura
,
spiegano
l
'
agghiacciante
caduta
nel
Sud
,
ben
più
grave
che
nel
Centro
e
nel
Nord
,
del
tasso
di
attività
.
Esodo
agrario
in
parte
patologico
,
ipotrofia
dell
'
industria
moderna
,
ipertrofia
del
pubblico
impiego
:
sono
queste
le
caratteristiche
economico
-
sociali
del
Mezzogiorno
.
In
generale
,
la
flessione
dei
gruppi
sociali
legati
all
'
agricoltura
e
l
'
accrescimento
di
quelli
urbani
tende
;
ad
aggravare
l
'
instabilità
politica
,
almeno
in
una
prima
lunga
fase
.
D
'
altra
parte
,
l
'
ipertrofia
dell
'
impiego
pubblico
accompagnata
all
'
ipotrofia
dell
'
impiego
privato
tende
,
come
sempre
,
in
linea
generale
,
a
rafforzare
le
posizioni
della
conservazione
,
poiché
gli
impiegati
privati
,
quando
sono
collegati
alla
produzione
e
,
in
particolare
,
alle
fabbriche
,
tendono
ad
essere
politicamente
più
"
progressisti
"
dei
loro
colleghi
del
settore
pubblico
,
ove
prospera
il
clientelismo
.
Tutto
questo
è
grave
e
preoccupante
,
ma
è
comprensibile
:
in
una
situazione
economica
come
quella
meridionale
,
la
domanda
di
lavoro
extra
-
agricolo
cresce
lentamente
;
soprattutto
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
o
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
costituiti
dai
lavoratori
relativamente
autonomi
(
specialmente
artigiani
e
contadini
proprietari
)
,
che
non
vogliono
o
non
possono
trovare
impiego
nelle
attività
dei
loro
padri
,
premono
in
tutti
i
modi
per
ottenere
un
posto
,
un
impiego
,
dopo
essersi
muniti
di
un
diploma
o
di
una
laurea
.
In
queste
condizioni
,
le
fortune
stesse
degli
uomini
politici
sono
legate
alle
loro
capacità
di
procurare
"
posti
"
;
ed
i
"
posti
"
spesso
vengono
assegnati
in
gran
parte
in
modo
indipendente
dalla
capacità
delle
persone
.
Si
tratta
di
posti
a
livelli
umili
-
per
il
così
detto
personale
d
'
ordine
e
esecutivo
-
e
si
tratta
,
in
minor
misura
,
di
posti
a
livelli
relativamente
elevati
che
specialmente
negli
enti
locali
comportano
stipendi
buoni
,
relativamente
agli
altri
lavoratori
e
relativamente
alla
situazione
economica
.
Domina
dunque
,
nel
Mezzogiorno
,
il
clientelismo
politico
e
amministrativo
.
Gli
stessi
partiti
di
sinistra
,
quelli
che
hanno
la
falce
e
il
martello
e
magari
un
libro
come
simbolo
,
rimangono
inquinati
da
una
tale
situazione
.
Il
clientelismo
piccolo
-
borghese
rischia
di
travolgere
anche
questi
partiti
,
che
in
teoria
dovrebbero
costituire
,
in
primo
luogo
,
l
'
espressione
dei
contadini
più
poveri
e
dei
salariati
agricoli
(
falce
)
e
dei
lavoratori
salariati
nell
'
industria
(
martello
)
.
In
realtà
,
questi
partiti
,
almeno
negli
organismi
centrali
,
sono
gestiti
e
diretti
da
piccoli
borghesi
,
più
o
meno
illuminati
:
l
'
elogio
del
"
proletario
"
,
la
proclamazione
della
sua
egemonia
,
spesso
diventano
una
maschera
della
situazione
reale
,
in
cui
l
'
egemonia
è
dei
piccoli
borghesi
:
molto
libro
,
poco
martello
,
pochissima
falce
.
La
verità
è
che
i
piccoli
borghesi
hanno
conquistato
l
'
elettorato
attivo
e
quello
passivo
,
mentre
gli
uomini
della
falce
e
del
martello
di
regola
hanno
solo
l
'
elettorato
attivo
.
Le
critiche
ed
anzi
le
invettive
che
Gaetano
Salvemini
scaglia
contro
la
piccola
borghesia
meridionale
sono
dunque
largamente
valide
anche
oggi
.
Ecco
qualche
citazione
:
"
La
vita
pubblica
nel
Mezzogiorno
è
assolutamente
impraticabile
per
chi
non
sia
una
canaglia
(...)
.
Va
da
sé
che
le
lotte
fra
le
fazioni
non
hanno
nessun
contenuto
né
sociale
né
politico
.
Si
tratta
di
clientele
concorrenti
in
cui
si
scinde
l
'
unica
classe
dominante
(...)
.
Se
qualcosa
c
'
è
da
dire
sugli
ideali
dei
vari
eserciti
in
lotta
,
è
che
tutti
hanno
lo
stesso
ideale
:
togliersi
un
po
'
di
fame
sul
bilancio
del
comune
"
(
La
piccola
borghesia
intellettuale
nel
Mezzogiorno
d
'
Italia
,
saggio
del
1911
incluso
nel
volume
Movimento
socialista
e
questione
meridionale
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1963
,
pp.
487-93
)
.
Nel
nostro
tempo
,
in
alcuni
centri
meridionali
ove
si
sono
insediate
grandi
imprese
si
è
creato
un
peculiare
modus
vivendi
,
di
tacita
divisione
di
attività
fra
la
piccola
borghesia
locale
e
i
dirigenti
delle
nuove
unità
industriali
:
i
piccoli
borghesi
locali
si
occupano
dell
'
amministrazione
pubblica
,
assai
spesso
con
metodi
clientelari
non
molto
diversi
dagli
antichi
,
e
i
dirigenti
si
occupano
dell
'
attività
produttiva
:
sfortunatamente
,
non
c
'
è
stata
,
o
non
c
'
è
ancora
stata
,
una
vera
integrazione
su
un
livello
moderno
e
civilmente
accettabile
(
A
.
Graziani
,
Il
Mezzogiorno
nell
'
economia
italiana
degli
ultimi
anni
,
nel
volume
Nord
e
Sud
nella
società
e
nell
'
economia
italiana
di
oggi
,
Atti
del
convegno
promosso
dalla
Fondazione
Luigi
Einaudi
,
Torino
,
1968
,
spec
.
pp.
34-7
)
.
Dal
principio
del
secolo
ad
oggi
,
dunque
,
le
condizioni
della
vita
pubblica
sembra
siano
mutate
più
nella
forma
che
nella
sostanza
.
In
gran
parte
le
cose
stanno
proprio
così
.
Tuttavia
,
se
l
'
osservatore
riesce
a
dominare
le
sue
emozioni
e
l
'
angoscia
e
la
rabbia
di
fronte
ad
uno
spettacolo
spesso
barbaro
ed
incivile
,
egli
deve
riconoscere
che
molte
cose
sono
cambiate
anche
nella
sostanza
;
ed
i
cambiamenti
hanno
avuto
luogo
non
solo
nelle
campagne
(
le
condizioni
economiche
dei
contadini
sono
molto
migliorate
ed
il
loro
numero
è
fortemente
diminuito
per
via
dell
'
emigrazione
)
,
ma
anche
nelle
città
dove
,
in
certi
casi
,
sono
sorti
nuclei
piccoli
ma
dinamici
di
classe
operaia
moderna
.
I
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
che
sono
in
forte
espansione
,
destano
le
maggiori
preoccupazioni
poiché
costituiscono
il
terreno
ideale
per
la
coltura
e
lo
sviluppo
dei
virus
del
clientelismo
,
che
diventa
mafia
quando
assume
connotati
criminali
.
Tuttavia
,
perfino
in
quest
'
ambito
vi
sono
cambiamenti
rilevanti
o
almeno
potenzialmente
rilevanti
,
grazie
all
'
accresciuta
mobilità
delle
persone
ed
al
miglioramento
del
livello
culturale
e
grazie
alle
conseguenze
dell
'
irrobustimento
dei
sindacati
,
a
cominciare
da
quelli
degli
operai
,
irrobustimento
che
rende
più
difficili
di
quanto
fossero
ai
tempi
di
Salvemini
le
prevaricazioni
e
gli
abusi
sistematici
.
È
legittimo
sperare
che
,
lottando
molto
duramente
,
cambiamenti
più
vasti
e
profondi
possano
essere
,
attuati
;
ma
occorre
tener
sempre
ben
presente
che
assai
grave
è
il
peso
della
storia
recente
e
,
ancor
più
,
il
peso
della
storia
passata
:
non
bisogna
farsi
nessuna
illusione
sui
tempi
e
sugli
sforzi
necessari
.
5
.
Marx
e
la
piccola
borghesia
Mentre
Marx
aveva
esattamente
previsto
la
flessione
della
piccola
borghesia
agraria
e
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
bisogna
dire
che
egli
non
aveva
previsto
né
lo
sviluppo
dell
'
artigianato
di
tipo
nuovo
né
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
.
È
vero
:
in
un
passo
sovente
citato
della
Storia
delle
teorie
economiche
(
Einaudi
,
Torino
,
1935
,
vol.
II
,
p
.
634
)
Marx
,
dopo
aver
notato
che
il
progresso
tecnico
fa
aumentare
il
reddito
netto
,
afferma
che
questo
aumento
a
sua
volta
dà
luogo
ad
una
"
costante
espansione
delle
classi
che
si
trovano
in
mezzo
fra
gli
operai
da
un
lato
ed
i
capitalisti
e
i
proprietari
fondiari
dall
'
altro
,
le
quali
in
gran
parte
sono
mantenute
direttamente
dal
reddito
e
,
mentre
gravano
sulla
sottostante
base
lavoratrice
,
accrescono
la
sicurezza
e
la
potenza
sociale
dei
diecimila
soprastanti
"
.
Tuttavia
,
questa
osservazione
rimane
isolata
;
sembra
che
Marx
attribuisca
maggiore
importanza
ad
un
'
altra
conseguenza
del
progresso
della
tecnica
in
regime
capitalistico
,
una
conseguenza
che
egli
considera
nel
primo
libro
del
Capitale
(
l
'
unico
che
abbia
rivisto
e
completato
per
la
pubblicazione
)
:
"
lo
straordinario
aumento
raggiunto
dalla
forza
produttiva
nelle
sfere
della
grande
industria
-
egli
scrive
-
permette
di
adoperare
improduttivamente
una
parte
sempre
maggiore
della
classe
operaia
e
quindi
di
riprodurre
specialmente
gli
antichi
schiavi
domestici
sotto
il
nome
di
"
classe
di
servitori
"
,
come
camerieri
,
serve
,
lacchè
,
ecc
.
,
sempre
più
in
massa
"
;
e
per
suffragare
le
sue
tesi
si
ferma
ad
esaminare
alcune
statistiche
inglesi
(
libro
I
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1952
,
vol.
II
,
pp.
154-5
)
.
La
prima
osservazione
,
quella
riguardante
le
classi
medie
,
era
sulla
strada
giusta
;
lo
stesso
non
si
può
dire
della
seconda
:
a
quanto
pare
la
tendenza
all
'
aumento
dei
servitori
durò
pochi
decenni
e
fu
poi
sostituita
da
una
tendenza
opposta
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
2.1
)
.
In
ogni
modo
,
la
"
questione
dei
domestici
"
,
pur
essendo
apparentemente
umile
,
presenta
interesse
,
poiché
ha
fatto
parte
integrante
di
un
certo
modo
di
vita
e
riveste
comunque
rilevanza
nelle
famiglie
della
media
e
piccola
borghesia
(
per
quelle
della
grande
borghesia
la
questione
si
pone
in
termini
assai
diversi
)
.
La
questione
delle
classi
medie
,
pressoché
ignorata
da
Marx
sul
piano
dell
'
elaborazione
concettuale
,
è
stata
acutamente
e
ripetutamente
discussa
da
un
grande
pensatore
che
si
dichiara
seguace
di
Marx
e
cioè
da
Mao
Tse
-
tung
(
v
.
specialmente
il
saggio
Analisi
delle
classi
sociali
cinesi
incluso
nel
I
volume
delle
Opere
scelte
,
Casa
editrice
in
lingue
estere
,
Pechino
,
1969
)
.
Quell
'
accenno
all
'
espansione
delle
classi
medie
,
dunque
,
resta
isolato
,
come
restano
isolate
altre
osservazioni
-
geniali
,
considerando
il
tempo
in
cui
Marx
scriveva
-
sui
dirigenti
industriali
(
managers
)
e
sui
tecnici
.
Riguardo
alle
classi
medie
sembra
che
tanto
le
conseguenze
analitiche
quanto
le
conseguenze
politiche
rimangano
,
per
Marx
,
quelle
che
egli
insieme
con
Engels
considerava
nel
Manifesto
,
nel
quale
prospettava
il
declino
,
fin
quasi
alla
sparizione
in
quanto
forza
sociale
e
politica
,
della
piccola
borghesia
,
che
nello
stesso
Manifesto
è
vista
come
una
classe
composta
da
contadini
proprietari
,
artigiani
e
piccoli
commercianti
.
Nelle
opere
storiche
concrete
(
per
esempio
:
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
Il
18
brumaio
di
Luigi
Bonaparte
)
,
Marx
considera
diverse
classi
e
sottoclassi
e
mostra
di
essere
ben
consapevole
del
ruolo
della
piccola
borghesia
.
Egli
mette
in
rilievo
i
conflitti
fra
la
borghesia
industriale
moderna
,
da
un
lato
,
e
la
borghesia
agraria
e
quella
finanziaria
dall
'
altro
:
è
la
lotta
fra
il
nuovo
ed
il
vecchio
nel
seno
stesso
della
classe
dominante
,
la
lotta
attraverso
la
quale
la
borghesia
industriale
cerca
di
imporre
il
suo
predominio
;
le
altre
frazioni
della
borghesia
,
a
loro
volta
,
cercano
di
allearsi
alla
piccola
borghesia
.
Ma
la
piccola
borghesia
di
Marx
è
essenzialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
nel
tempo
avrebbe
subito
una
"
inevitabile
decadenza
"
,
così
come
le
altre
frazioni
della
grande
borghesia
avrebbero
progressivamente
perduto
d
'
importanza
,
lasciando
libero
il
campo
ai
due
grandi
protagonisti
-
antagonisti
:
la
borghesia
industriale
e
il
proletariato
industriale
.
La
successiva
evoluzione
delle
classi
sociali
non
ha
corrisposto
alla
previsione
di
Marx
.
Il
fatto
nuovo
più
rilevante
nell
'
evoluzione
delle
classi
nel
nostro
paese
,
come
anche
negli
altri
paesi
che
si
sono
andati
sviluppando
secondo
lo
schema
capitalistico
,
è
stato
appunto
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
,
in
via
subordinata
,
di
quella
commerciale
.
Se
la
borghesia
vera
e
propria
(
la
grande
e
media
borghesia
)
può
essere
quasi
certamente
considerata
come
una
classe
sia
dal
punto
di
vista
sociale
sia
da
quello
politico
;
e
se
la
classe
operaia
,
anche
in
seguito
allo
sviluppo
di
molte
imprese
moderne
e
alla
forte
flessione
dei
salariati
agricoli
,
comincia
probabilmente
ora
ad
assumere
i
caratteri
di
una
classe
,
almeno
nel
suo
nucleo
più
omogeneo
(
salariati
dell
'
industria
moderna
)
,
la
piccola
borghesia
-
i
ceti
medi
-
non
sono
propriamente
una
classe
:
si
può
parlare
,
al
massimo
,
di
una
quasi
classe
,
che
possiede
alcune
solidarietà
di
fondo
(
per
ragioni
economiche
e
culturali
)
,
ma
che
è
suddivisa
in
tanti
e
tanti
gruppi
,
con
interessi
economici
diversi
e
spesso
contrastanti
,
con
diversi
tipi
di
cultura
e
con
diversi
livelli
di
quella
che
si
potrebbe
chiamare
moralità
civile
.
È
stato
sostenuto
,
soprattutto
da
studiosi
marxisti
,
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
(
culturale
e
politica
,
più
che
economica
)
dei
ceti
medi
.
Per
contro
,
è
stato
sostenuto
,
da
critici
del
marxismo
,
che
è
in
atto
un
processo
di
"
integrazione
"
e
di
imborghesimento
(
economico
,
culturale
e
politico
)
della
classe
operaia
.
Non
posso
entrare
in
tali
questioni
,
che
sono
state
dibattute
a
lungo
dai
sociologi
e
continuano
ad
essere
discusse
.
Tuttavia
,
considero
false
entrambe
le
tesi
se
ad
esse
si
vuole
attribuire
validità
generale
:
è
vero
,
invece
,
che
certi
strati
dei
ceti
medi
tendono
a
proletarizzarsi
,
così
come
è
vero
che
tendono
a
imborghesirsi
alcuni
strati
superiori
della
classe
operaia
.
È
possibile
che
il
processo
di
proletarizzazione
di
certi
strati
dei
ceti
medi
compia
rapidi
progressi
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
7
)
;
ed
è
possibile
al
contrario
che
il
processo
d
'
imborghesimento
col
tempo
si
estenda
addirittura
a
tutta
la
classe
operaia
;
come
è
possibile
che
tutto
ciò
non
avvenga
.
Quel
che
è
certo
è
che
oggi
la
classe
operaia
italiana
è
ancora
molto
arretrata
:
sono
ancora
numerosi
i
salariati
agricoli
,
fissi
e
giornalieri
(
braccianti
)
;
numerosi
sono
anche
gli
occupati
nell
'
edilizia
,
un
'
attività
dispersa
e
in
gran
parte
arretrata
.
Nell
'
industria
,
inclusa
l
'
edilizia
,
gli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
100
addetti
-
le
unità
industriali
moderne
-
sono
circa
2
milioni
(
poco
più
di
un
quinto
dell
'
intera
classe
operaia
:
v
.
le
tabelle
4.2
e
4.3
)
.
Al
polo
opposto
vi
sono
oltre
3
milioni
e
mezzo
di
occupati
precari
,
tre
quarti
dei
quali
si
trovano
nel
Mezzogiorno
,
dove
tuttavia
vive
soltanto
un
terzo
della
popolazione
totale
(
nella
tabella
1.1
gli
occupati
precari
e
,
in
particolare
,
i
sottoproletari
non
sono
considerati
separatamente
;
alcune
stime
di
larga
massima
sono
indicate
nella
tabella
4.4
)
.
Ricordiamoci
poi
che
oltre
il
70%
di
coloro
che
appartengono
alle
forze
di
lavoro
al
massimo
ha
la
licenza
elementare
;
e
si
deve
presumere
che
in
gran
parte
queste
persone
siano
lavoratori
salariati
(
vedi
la
tabella
6.2
)
.
Il
quadro
è
spaventoso
;
ma
la
politica
dello
struzzo
non
ha
mai
giovato
a
nessuno
.
6
,
La
rapida
espansione
della
burocrazia
privata
e
pubblica
Perché
è
cresciuta
tanto
la
piccola
borghesia
impiegatizia
?
Principalmente
per
tre
ragioni
.
In
primo
luogo
,
per
il
progresso
tecnico
e
organizzativo
,
che
ha
portato
ad
un
continuo
aumento
nelle
dimensioni
e
quindi
ad
una
"
burocratizzazione
"
di
molte
imprese
ed
ha
dato
luogo
alla
formazione
e
allo
sviluppo
di
nuovi
uffici
pubblici
per
amministrare
tutti
quegli
interventi
necessari
per
sostenere
lo
sviluppo
delle
grandi
imprese
o
per
puntellare
o
"
salvare
"
quelle
grandi
imprese
che
si
venivano
a
trovare
in
difficoltà
.
Al
tempo
stesso
,
diverse
grandi
imprese
,
salvate
appunto
nei
periodi
di
crisi
ovvero
create
dall
'
autorità
pubblica
per
sostenere
lo
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
,
sono
diventate
imprese
pubbliche
e
gl
'
impiegati
sono
entrati
a
far
parte
di
una
burocrazia
di
tipo
nuovo
,
formalmente
privata
ma
sostanzialmente
pubblica
(
nella
tabella
1.1
questi
sono
inclusi
fra
gli
impiegati
privati
)
.
In
secondo
luogo
,
è
stato
creato
e
poi
progressivamente
allargato
un
gran
numero
di
organismi
e
di
uffici
pubblici
per
amministrare
le
così
dette
spese
di
trasferimento
(
che
oggi
rappresentano
circa
il
40%
del
bilancio
pubblico
)
:
è
questo
il
risultato
di
una
vasta
opera
di
"
mediazione
"
(
l
'
espressione
è
di
Augusto
Illuminati
)
,
attuata
dalla
classe
dominante
per
stabilizzare
il
sistema
sociale
dando
,
sia
pure
in
parte
,
soddisfazione
alle
richieste
delle
classi
subalterne
:
si
tratta
essenzialmente
di
pensioni
1e
di
contributi
agli
enti
di
previdenza
e
di
assistenza
.
In
terzo
luogo
,
un
numero
crescente
di
persone
,
che
erano
riuscite
a
conseguire
un
diploma
o
una
laurea
,
sono
poi
riuscite
a
entrare
nella
burocrazia
centrale
o
locale
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
:
non
i
funzionari
a
servizio
del
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
servizio
dei
funzionari
.
In
questi
casi
gli
stipendi
non
sono
altro
che
larvati
sussidi
di
disoccupazione
;
in
ultima
analisi
,
anche
questi
casi
sono
la
conseguenza
di
una
particolare
opera
di
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Mentre
i
casi
relativi
ai
primi
due
ordini
di
motivi
possono
essere
considerati
fisiologici
,
quelli
del
terzo
ordine
di
motivi
sono
certamente
patologici
dal
punto
di
vista
economico
.
Che
l
'
inflazione
patologica
della
burocrazia
abbia
assunto
,
in
Italia
,
proporzioni
cospicue
è
provato
,
oltre
che
dall
'
esperienza
diretta
,
da
almeno
due
fatti
.
1
)
L
'
incidenza
degli
impiegati
pubblici
sull
'
occupazione
totale
è
sensibilmente
più
alta
nel
Sud
di
quanto
sia
nel
Nord
;
e
nessuno
potrà
credere
che
nelle
regioni
meridionali
le
esigenze
del
primo
e
del
secondo
ordine
siano
maggiori
che
nelle
più
evolute
regioni
settentrionali
.
(
Naturalmente
ho
escluso
dal
confronto
le
regioni
del
Centro
,
dove
si
trova
,
a
Roma
,
la
burocrazia
ministeriale
)
.
2
)
Di
tanto
in
tanto
il
governo
promette
premi
e
liquidazioni
speciali
per
indurre
un
certo
numero
d
'
impiegati
a
dimettersi
e
a
lasciare
la
burocrazia
;
provvedimenti
che
non
rimediano
a
nulla
,
sia
per
i
loro
limitatissimi
effetti
,
sia
perché
l
'
inflazione
patologica
non
si
distribuisce
in
modo
uniforme
in
tutti
i
rami
della
pubblica
amministrazione
,
ma
è
particolarmente
grave
nel
caso
del
personale
puramente
amministrativo
e
poco
qualificato
;
negli
uffici
tecnici
vi
è
anzi
carenza
di
personale
specializzato
.
(
Anche
a
questo
motivo
va
attribuita
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
)
.
La
conformazione
della
burocrazia
italiana
è
simile
,
insomma
,
a
quella
che
assume
il
corpo
di
molti
bambini
sottonutriti
del
terzo
mondo
:
un
ventre
patologicamente
gonfio
,
uno
scheletro
debolissimo
e
insufficientemente
sviluppato
.
Non
si
deve
pensare
,
tuttavia
,
che
i
larvati
sussidi
di
disoccupazione
,
ossia
gli
stipendi
non
giustificati
dalle
"
necessità
sociali
della
produzione
"
e
dell
'
amministrazione
,
riguardino
solo
certi
strati
inferiori
della
burocrazia
.
In
alcune
sfere
dell
'
alta
burocrazia
,
nell
'
area
degli
enti
pubblici
e
delle
aziende
municipalizzate
si
trovano
numerose
persone
la
cui
attività
sarebbe
arduo
giustificare
con
quelle
necessità
sociali
.
Sono
persone
che
riescono
a
"
farsi
assegnare
taglie
ingenti
sul
reddito
nazionale
"
approfittando
di
una
sorta
di
omertà
di
classe
e
facendo
leva
sulle
"
necessità
politiche
del
gruppo
fondamentale
dominante
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
10
)
.
Come
in
parte
si
può
desumere
da
quanto
si
è
detto
dianzi
e
in
parte
potrà
apparire
più
oltre
nel
capitolo
riguardante
il
fascismo
(
parte
I
,
cap
.
9
)
,
la
espansione
patologica
della
burocrazia
è
anche
il
risultato
di
situazioni
politiche
di
stallo
che
più
volte
si
sono
create
nel
nostro
paese
nei
periodi
in
cui
più
aspri
sono
stati
i
conflitti
fra
borghesia
vera
e
propria
e
strati
più
o
meno
ampi
di
lavoratori
salariati
(
fra
i
due
litiganti
il
terzo
gode
)
.
In
quei
periodi
gli
strati
più
elevati
della
borghesia
hanno
favorito
le
concessioni
,
in
termini
di
impieghi
e
di
aumenti
di
stipendi
,
ai
funzionari
e
specialmente
ai
funzionari
di
grado
più
elevato
,
per
tirarli
dalla
propria
parte
.
In
siffatti
periodi
la
burocrazia
non
solo
si
espande
,
ma
acquista
un
potere
relativamente
autonomo
,
per
la
"
crisi
di
autorità
"
e
il
"
vuoto
di
potere
"
che
risultano
dalla
situazione
di
stallo
fra
i
maggiori
contendenti
.
Probabilmente
quello
che
stiamo
vivendo
oggi
in
Italia
costituisce
uno
di
tali
periodi
[
Sono
stato
indotto
ad
esprimere
le
osservazioni
contenute
in
questo
capoverso
dopo
la
lettura
dei
commenti
critici
che
Marcello
Colitti
mi
ha
comunicato
in
una
lettera
.
Cfr
.
M
.
Colitti
,
Le
grandi
imprese
e
lo
Stato
,
Einaudi
,
Torino
1972
e
A
.
Gramsci
,
Note
sul
Machiavelli
,
Einaudi
,
Torino
1953
,
pp.
50-62
.
]
.
Privilegiata
,
però
,
non
è
l
'
intera
burocrazia
,
ma
solo
la
fetta
già
elevata
;
e
un
'
analoga
considerazione
vale
per
tutti
gli
altri
ceti
medi
.
Più
precisamente
,
vi
sono
aree
di
privilegio
sia
in
singoli
settori
di
attività
,
protetti
economicamente
e
politicamente
,
o
,
nell
'
ambito
di
tutti
o
quasi
tutti
i
settori
,
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
.
In
via
generale
,
le
condizioni
economiche
delle
classi
medie
(
esclusi
i
contadini
proprietari
,
che
costituiscono
un
caso
a
parte
)
sono
tanto
migliori
rispetto
a
quelle
della
classe
operaia
quanto
più
tardivo
è
il
processo
di
sviluppo
dell
'
industria
moderna
e
quanto
più
debole
è
la
forza
contrattuale
della
classe
dei
lavoratori
salariati
,
per
la
presenza
di
un
'
ampia
disoccupazione
manifesta
e
nascosta
,
soprattutto
in
agricoltura
.
In
queste
condizioni
,
infatti
,
i
salari
reali
aumentano
ad
un
saggio
relativamente
lento
,
cosicché
i
lavoratori
partecipano
in
misura
modesta
all
'
aumento
del
sovrappiù
sociale
,
o
reddito
netto
;
di
conseguenza
,
una
parte
crescente
del
sovrappiù
diviene
disponibile
per
i
non
salariati
:
capitalisti
veri
e
propri
,
proprietari
di
case
e
di
terreni
e
ceti
medi
,
che
mettono
a
frutto
la
loro
posizione
di
quasi
monopolio
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
Di
qui
,
l
'
aumento
del
benessere
relativo
di
certi
strati
di
impiegati
e
di
commercianti
.
(
Questa
ipotesi
,
che
è
emersa
da
una
conversazione
con
Fernando
Vianello
,
andrebbe
verificata
sulla
base
di
confronti
con
l
'
evoluzione
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
in
altri
paesi
,
specialmente
di
quelli
molto
sviluppati
e
,
all
'
opposto
,
relativamente
arretrati
.
Un
punto
di
partenza
per
tali
confronti
può
essere
offerto
dall
'
ottimo
volume
di
Gino
Germani
,
Sociologia
della
modernizzazione
.
L
'
esperienza
dell
'
America
Latina
,
Laterza
,
Bari
,
1971
,
particolarmente
i
capp
.
VI
e
X
)
.
7
.
L
'
ubiquità
della
piccola
borghesia
Sebbene
la
piccola
borghesia
non
costituisca
propriamente
una
classe
,
essa
tuttavia
,
come
certi
santi
,
possiede
il
dono
dell
'
ubiquità
.
Gli
stessi
interessi
della
classe
operaia
sono
in
gran
parte
gestiti
-
almeno
sul
piano
politico
e
su
quello
delle
organizzazioni
sindacali
centrali
-
da
membri
della
piccola
borghesia
,
i
quali
a
differenza
dei
lavoratori
salariati
hanno
,
fra
gli
altri
privilegi
,
più
tempo
libero
e
un
più
elevato
grado
d
'
istruzione
.
Pur
amministrando
la
cosa
pubblica
e
,
nella
massima
parte
,
gli
apparati
dei
partiti
politici
,
e
pur
condizionando
ampiamente
i
gusti
e
le
aspirazioni
sociali
,
non
si
può
affermare
che
il
"
potere
"
sia
nelle
mani
di
questa
quasi
classe
.
Nei
paesi
economicamente
più
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
gli
amministratori
universali
;
condizionano
le
scelte
di
fondo
-
fin
quasi
ad
esercitare
in
molti
casi
una
specie
di
potere
di
veto
-
,
ma
non
sono
loro
a
prenderle
.
Se
si
considera
che
la
piccola
borghesia
è
spezzettata
in
tanti
e
tanti
gruppi
(
localmente
,
in
tante
e
tante
clientele
)
e
che
non
pochi
di
questi
gruppi
sono
costituiti
in
misura
notevole
da
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
-
da
quelli
che
chiamerei
i
topi
nel
formaggio
-
si
comprende
perché
nella
nostra
vita
pubblica
siano
così
diffuse
certe
pratiche
non
di
rado
sgradevoli
e
perfino
ripugnanti
della
nostra
vita
pubblica
,
fra
cui
sono
da
annoverare
molte
pratiche
di
sottogoverno
.
Forse
gli
strati
civilmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
s
sono
da
ricercare
ai
due
estremi
:
fra
quelli
di
formazione
più
antica
(
che
hanno
certe
"
tradizioni
"
)
e
quelli
di
formazione
più
recente
e
appartenenti
a
famiglie
non
proprio
miserabili
(
i
cui
membri
anziani
,
di
origine
contadina
e
operaia
,
hanno
impartito
un
'
educazione
"
austera
"
ai
membri
più
giovani
)
;
mentre
fra
gli
strati
di
formazione
intermedia
,
specialmente
se
provengono
da
famiglie
miserabili
,
si
ritrovano
più
di
frequente
gli
individui
peggiori
,
disposti
a
intraprendere
l
'
ascesa
sociale
e
la
scalata
al
benessere
con
ogni
mezzo
.
Questi
individui
,
se
restano
ai
margini
,
in
posizioni
umili
quanto
a
reddito
e
quanto
a
prestigio
sociale
,
sono
spesso
indotti
,
dall
'
ansia
di
differenziarsi
dalle
classi
di
provenienza
,
a
prendere
anche
politicamente
le
posizioni
più
reazionarie
.
L
'
instabilità
politica
e
la
superficialità
culturale
che
caratterizzano
numerosi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
l
'
acuto
desiderio
di
sfuggire
ad
una
vita
mediocre
e
squallida
e
di
"
emergere
"
ad
ogni
costo
,
possono
contribuire
a
spiegare
i
salti
acrobatici
compiuti
da
certi
individui
dall
'
estrema
sinistra
all
'
estrema
destra
(
molto
raramente
nella
direzione
opposta
)
:
uno
dei
più
noti
campioni
di
questo
genere
di
salti
è
,
nella
nostra
storia
,
Benito
Mussolini
,
rappresentante
caratteristico
di
certi
strati
della
piccola
borghesia
provinciale
.
Debbo
insistere
:
non
vedo
,
nella
piccola
borghesia
soltanto
individui
di
questo
tipo
;
non
vedo
questa
quasi
classe
soltanto
a
colori
foschi
.
Certo
,
a
causa
della
nostra
storia
,
la
fascia
che
può
esser
vista
a
colori
non
foschi
è
piuttosto
esile
;
ma
esiste
;
ed
in
questa
fascia
risiede
una
delle
speranze
per
il
futuro
.
In
ogni
modo
,
l
'
espressione
"
piccola
borghesia
"
,
spesso
usata
in
senso
quasi
dispregiativo
,
non
deve
trarre
in
inganno
:
in
questa
quasi
classe
,
non
meno
che
nelle
altre
,
si
trovano
individui
di
grande
onestà
civile
,
di
grande
coraggio
e
di
grande
forza
d
'
animo
:
furono
molti
i
piccoli
borghesi
che
morirono
nella
Resistenza
o
nei
campi
di
concentramento
nazisti
.
Ma
anche
fra
i
torturatori
erano
assai
numerosi
i
piccoli
borghesi
.
La
mediocrità
della
vita
quotidiana
di
moltissime
famiglie
piccolo
-
borghesi
non
esclude
dunque
-
anzi
,
forse
,
in
certe
circostanze
contribuisce
a
determinare
-
una
polarizzazione
verso
gli
estremi
,
verso
il
meglio
ed
il
peggio
che
si
può
trovare
nell
'
umanità
.
Proprio
a
causa
della
sua
frammentazione
in
tanti
`
e
tanti
gruppi
e
per
la
sua
eterogeneità
economica
e
sociale
,
la
piccola
borghesia
è
politicamente
instabile
.
L
'
instabilità
è
accresciuta
dal
fatto
che
,
per
non
essere
costretti
,
come
gli
operai
,
ad
una
dura
disciplina
di
lavoro
e
ad
uno
sforzo
incessante
di
sopravvivenza
,
molti
piccoli
borghesi
-
fra
cui
sono
numerosi
intellettuali
-
hanno
una
non
indifferente
zona
discrezionale
,
ossia
possono
scegliere
,
per
il
bene
o
per
il
male
,
entro
limiti
relativamente
più
ampi
non
solo
degli
operai
,
ma
perfino
della
grande
e
media
borghesia
,
i
cui
membri
subiscono
fortemente
le
pressioni
della
loro
classe
,
assai
più
omogenea
della
piccola
borghesia
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
o
indeterminatezza
politica
della
piccola
borghesia
assumono
la
massima
intensità
nei
suoi
strati
giovanili
.
Nei
movimenti
giovanili
piccolo
-
borghesi
,
specialmente
,
in
quello
che
è
stato
il
movimento
studentesco
e
poi
negli
attuali
gruppi
extra
-
parlamentari
di
estrema
sinistra
,
confluiscono
le
motivazioni
e
gl
'
impulsi
più
diversi
:
alcuni
certamente
nobili
e
degni
del
massimo
rispetto
,
altri
assai
poco
rispettabili
.
Numerosi
giovani
o
giovanissimi
hanno
scoperto
l
'
esistenza
delle
classi
e
le
discriminazioni
e
le
tremende
ingiustizie
che
discendono
da
questa
realtà
e
sovente
si
sono
gettati
all
'
estrema
sinistra
per
una
sorta
di
complesso
di
colpa
derivante
dai
privilegi
di
cui
si
sono
accorti
di
godere
,
o
per
un
"
inconscio
desiderio
di
realizzare
essi
l
'
egemonia
della
loro
propria
classe
sul
popolo
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
cit
.
,
p
.
43
)
.
Numerosi
giovani
e
giovanissimi
hanno
messo
sotto
accusa
i
padri
,
molti
dei
quali
avevano
la
coda
di
paglia
(
il
contrasto
fra
giovani
e
anziani
è
antico
quanto
l
'
umanità
;
oggi
,
cadute
molte
bardature
ipocrite
,
ha
assunto
in
molti
paesi
forme
nuove
ed
esasperate
)
.
La
tensione
,
fra
gli
studenti
,
i
diplomati
e
i
laureati
,
è
stata
aggravata
dalla
crescente
disoccupazione
intellettuale
-
un
fenomeno
anche
questo
antico
,
che
di
recente
ha
assunto
proporzioni
molto
gravi
,
sia
per
l
'
impulso
proveniente
dallo
sviluppo
del
sistema
economico
verso
una
più
larga
base
per
la
selezione
di
tecnici
e
di
specialisti
,
sia
per
l
'
accresciuto
reddito
di
famiglie
appartenenti
a
gruppi
sociali
relativamente
meno
agiati
,
che
hanno
potuto
inviare
i
loro
figli
alle
scuole
di
ordine
superiore
e
far
loro
prendere
un
diploma
o
una
laurea
,
senza
però
che
,
nell
'
economia
,
la
domanda
di
lavoro
intellettuale
aumentasse
in
misura
corrispondente
all
'
offerta
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
della
piccola
borghesia
trovano
un
contrappeso
,
o
un
correttivo
,
in
una
serie
di
elementi
ai
quali
è
necessario
dedicare
un
brevissimo
cenno
.
Per
ottenere
e
mantenere
il
"
consenso
"
e
la
lealtà
dei
ceti
piccolo
-
borghesi
verso
il
così
detto
"
sistema
"
e
,
possibilmente
,
per
mantenerli
in
uno
stato
di
subordinazione
,
in
una
parola
per
rafforzare
ed
allargare
le
propensioni
conservatrici
di
quei
ceti
,
la
classe
dominante
tende
,
da
un
lato
,
a
facilitare
moderatamente
la
mobilità
ascendente
di
quei
ceti
e
,
dall
'
altro
,
a
utilizzare
le
diverse
istituzioni
.
La
mobilità
ascendente
non
è
affatto
costante
nei
diversi
periodi
e
nelle
diverse
società
ed
è
difficile
da
definire
e
misurare
in
modo
rigoroso
;
ma
è
certo
che
non
è
molto
ampia
(
specialmente
quando
si
tratta
della
cooptazione
nella
stessa
classe
dominante
)
ed
è
anche
certo
che
la
classe
dominante
tende
a
presentarla
come
molto
più
ampia
di
quanto
essa
in
realtà
sia
.
Non
si
tratta
di
un
programma
razionalmente
elaborato
e
consapevolmente
perseguito
dalla
classe
dominante
;
si
tratta
piuttosto
di
un
processo
che
viene
alimentato
in
modo
quasi
automatico
attraverso
un
sistema
,
prodotto
da
una
lunga
tradizione
storica
,
di
approvazioni
e
di
riprovazioni
morali
e
sociali
e
,
corrispondentemente
,
di
promozioni
o
di
punizioni
,
secondo
i
comportamenti
individuali
di
conservazione
e
di
accettazione
ovvero
di
dissenso
e
di
rifiuto
.
Un
analogo
processo
,
autoperpetuantesi
in
forme
nuove
anche
dopo
cambiamenti
e
perfino
dopo
fratture
nella
vita
sociale
,
è
all
'
origine
delle
"
istituzioni
"
(
magistratura
,
scuola
,
esercito
,
polizia
ed
altre
)
,
che
costituiscono
l
'
area
sociale
dove
tipicamente
opera
la
piccola
borghesia
impiegatizia
del
settore
pubblico
e
la
cui
logica
(
incluse
le
specifiche
"
scale
di
valori
"
)
mira
ad
attuare
l
'
identificazione
fra
gli
uomini
e
l
'
istituzione
alla
quale
appartengono
e
il
totale
condizionamento
della
loro
personalità
.
L
'
appartenenza
alle
diverse
istituzioni
dei
diversi
gruppi
della
piccola
borghesia
impiegatizia
costituisce
il
principale
elemento
connettivo
di
questi
ceti
ed
entro
certi
limiti
li
stabilizza
e
li
subordina
alla
classe
dominante
.
Tuttavia
,
soprattutto
in
questo
periodo
,
la
stabilizzazione
e
,
ancora
di
più
,
la
subordinazione
non
sono
più
generalmente
accolte
come
fatti
ovvi
,
ossia
spontanei
,
ossia
fondati
sul
consenso
,
ma
sono
messi
in
discussione
.
In
linguaggio
marxista
,
tutti
questi
fenomeni
fanno
parte
della
"
sovrastruttura
"
-
un
'
espressione
ambigua
e
,
io
ritengo
,
ingannevole
se
intesa
in
senso
letterale
.
Se
usata
con
un
grano
di
sale
,
si
può
dire
che
nel
capitalismo
moderno
,
con
i
crescenti
margini
discrezionali
consentiti
dalla
liberazione
dalle
necessità
elementari
della
vita
di
masse
crescenti
di
persone
,
specialmente
nel
settore
della
piccola
borghesia
,
la
"
sovrastruttura
"
diventa
almeno
altrettanto
importante
della
"
struttura
"
[
Ho
scritto
queste
ultime
osservazioni
in
seguito
alle
critiche
ed
ai
suggerimenti
espressi
da
Giorgio
Ruffolo
e
da
Giulio
Salierno
in
un
dibattito
promosso
il
24
novembre
1972
dall
'
Istituto
romano
per
la
storia
dal
fascismo
alla
Resistenza
,
dibattito
che
riguardava
appunto
questo
lavoro
]
.
Nonostante
l
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
che
caratterizzano
la
piccola
borghesia
nei
suoi
molteplici
strati
,
e
nonostante
i
correttivi
istituzionali
e
politici
cui
ora
si
è
accennato
,
probabilmente
è
giusto
sostenere
,
come
hanno
fatto
alcuni
sociologi
(
Luciano
Gallino
ed
altri
)
,
che
nell
'
ambito
di
quella
che
io
chiamo
piccola
borghesia
impiegatizia
comincia
a
delinearsi
una
certa
differenziazione
fra
i
quadri
intermedi
che
vengono
a
integrarsi
nel
gruppo
dominante
e
i
quadri
intermedi
che
invece
assumono
le
caratteristiche
di
impiegati
esecutivi
(
cfr.
parte
I
,
cap
.
3
)
.
E
si
può
dire
che
questi
,
specialmente
nelle
grandi
fabbriche
,
tendono
a
proletarizzarsi
,
non
tanto
nel
senso
strettamente
economico
(
reddito
individuale
)
,
quanto
dal
punto
di
vista
della
qualità
del
lavoro
e
dello
status
sociale
e
quindi
nel
senso
che
i
loro
interessi
e
i
loro
ideali
si
avvicinano
progressivamente
a
quelli
della
classe
operaia
;
corrispondentemente
,
le
azioni
sindacali
e
politiche
di
questi
impiegati
e
quelle
degli
operai
dell
'
industria
moderna
diventano
sempre
più
simili
fra
loro
.
Per
altri
strati
della
piccola
borghesia
specialmente
nel
settore
pubblico
,
si
è
avuta
invece
una
proletarizzazione
non
nel
senso
sociale
e
politico
ma
nel
senso
economico
,
ossia
nel
senso
di
un
avvicinamento
alle
condizioni
materiali
di
vita
degli
operai
.
Tuttavia
,
la
tendenza
alla
proletarizzazione
nel
senso
economico
di
certi
strati
di
piccoli
borghesi
può
spingerli
,
per
un
desiderio
di
rivalsa
e
di
differenziazione
sociale
,
non
verso
posizioni
sindacali
e
politiche
di
sinistra
,
ma
,
proprio
al
contrario
,
verso
posizioni
di
destra
o
di
estrema
destra
:
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
il
problema
è
indeterminato
.
Per
alcuni
strati
della
piccola
borghesia
impiegatizia
probabilmente
ha
avuto
luogo
un
processo
di
proletarizzazione
nel
senso
economico
.
In
effetti
,
confrontando
le
variazioni
di
lungo
periodo
dei
salari
reali
dell
'
industria
moderna
con
quelle
delle
retribuzioni
reali
degli
impiegati
pubblici
,
si
notano
le
seguenti
tendenze
(
v
.
la
tabella
5.3
)
:
1
)
un
aumento
molto
notevole
dei
salari
reali
(
dal
1880
al
1970
circa
5
volte
)
;
2
)
un
aumento
molto
meno
accentuato
degli
stipendi
reali
(
meno
di
2
volte
nello
stesso
periodo
)
;
3
)
un
conseguente
progressivo
avvicinamento
fra
le
condizioni
economiche
degli
impiegati
pubblici
e
quelle
degli
operai
nell
'
industria
moderna
(
fa
eccezione
il
periodo
fascista
,
durante
il
quale
i
salari
reali
diminuiscono
di
circa
il
15-20%
e
gli
stipendi
reali
aumentano
del
3-4%
)
.
È
necessario
tener
ben
presente
che
la
riduzione
della
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
non
contraddice
l
'
ipotesi
che
in
certe
fasce
le
distanze
siano
perfino
aumentate
.
Inoltre
,
è
necessario
tener
presente
che
quell
'
avvicinamento
è
avvenuto
in
salita
,
ossia
con
un
aumento
sensibile
per
tutti
,
ma
specialmente
per
gli
operai
,
del
tenore
di
vita
.
Questo
non
significa
che
le
spinte
verso
una
trasformazione
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
necessariamente
vengano
meno
.
Significa
però
che
le
spinte
innovatrici
perdono
man
mano
il
carattere
elementare
di
protesta
economica
:
notevoli
gruppi
di
operai
e
di
impiegati
tendono
a
porsi
sul
piano
,
ben
più
complesso
,
dell
'
affermazione
e
dell
'
ascesa
sociale
in
una
struttura
sempre
più
differenziata
.
Rispetto
alla
situazione
studiata
dai
classici
del
marxismo
i
termini
del
problema
appaiono
profondamente
mutati
.
Perché
,
dunque
,
molti
piccoli
borghesi
decidono
di
schierarsi
con
gli
operai
e
comunque
di
"
andare
a
sinistra
"
?
I
motivi
sono
disparati
.
Innanzi
tutto
ci
sono
i
motivi
ignobili
:
arricchirsi
in
nomine
falcis
et
mallei
coi
mezzi
e
nei
modi
più
svariati
-
essenzialmente
con
posti
conquistati
"
politicamente
"
e
retribuiti
munificamente
.
Motivi
di
questo
genere
,
che
,
è
doloroso
dirlo
,
sono
tutt
'
altro
che
rari
,
appaiono
particolarmente
ripugnanti
,
considerata
l
'
ideologia
professata
e
considerati
gl
'
interessi
che
per
la
platea
si
pretende
di
voler
difendere
.
Ma
consideriamo
i
motivi
non
ignobili
.
Gli
strati
piccolo
-
borghesi
le
cui
condizioni
economiche
si
sono
avvicinate
a
quelle
della
grande
maggioranza
degli
operai
(
redditi
relativamente
bassi
,
nessuna
proprietà
di
immobili
o
titoli
)
possono
trovare
conveniente
associarsi
agli
operai
,
oltre
che
sul
piano
politico
,
anche
sul
piano
sindacale
,
raccordando
le
loro
rivendicazioni
con
quelle
operaie
.
Una
tale
situazione
ha
luogo
specialmente
nel
caso
degli
impiegati
collegati
con
le
fabbriche
.
Negli
strati
più
colti
della
piccola
borghesia
possono
essere
frequenti
coloro
che
si
sentono
solidali
con
gli
operai
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
ideali
o
di
progresso
civile
;
e
si
comprende
allora
perché
vi
sono
persone
che
appoggiano
anche
provvedimenti
dannosi
per
i
propri
interessi
economici
immediati
.
La
scelta
dei
piccoli
borghesi
che
si
dedicano
alla
vita
politica
o
sindacale
può
essere
determinata
da
motivazioni
ideali
,
ma
può
essere
anche
(
e
contemporaneamente
)
determinata
dalla
più
o
meno
consapevole
considerazione
che
andando
dalla
parte
degli
operai
essi
possono
divenire
leaders
,
mentre
volgendosi
verso
la
grande
borghesia
essi
diverrebbero
ufficiali
subalterni
o
amministratori
o
,
peggio
,
maggiordomi
o
,
peggio
ancora
,
servitori
.
Tuttavia
,
nell
'
ipotesi
che
la
scelta
sia
"
a
sinistra
"
,
esiste
in
ogni
caso
la
possibilità
che
i
piccoli
borghesi
,
qualunque
sia
la
motivazione
della
scelta
,
gretta
ed
egoistica
o
generosa
e
nobile
,
nel
fatto
operino
preoccupandosi
in
primo
luogo
dell
'
immediato
vantaggio
proprio
o
del
gruppo
sociale
dal
quale
provengono
e
solo
in
via
subordinata
del
vantaggio
della
classe
operaia
.
In
conclusione
,
nel
seno
di
tutti
i
ceti
della
piccola
borghesia
troviamo
numerose
frange
di
sinistra
e
numerose
frange
di
destra
(
in
atto
o
in
potenza
)
;
ma
,
considerata
la
grande
differenziazione
di
questa
quasi
classe
,
i
confini
non
sono
né
stabili
né
ben
definiti
.
Inoltre
,
non
bisogna
fidarsi
delle
etichette
,
che
certe
volte
(
specialmente
quando
si
va
"
in
alto
"
)
possono
essere
ingannevoli
:
è
indispensabile
esaminare
criticamente
e
a
fondo
i
contenuti
e
le
azioni
effettive
.
8
.
Confronti
internazionali
Nelle
considerazioni
espresse
nei
due
precedenti
capitoli
è
implicita
l
'
idea
che
nell
'
analizzare
la
distribuzione
del
reddito
non
sia
da
considerare
solo
l
'
antagonismo
fra
salari
e
profitti
;
esiste
un
antagonismo
anche
fra
salari
e
redditi
caratteristici
di
ampi
strati
di
ceti
medi
,
specialmente
stipendi
e
certi
tipi
di
redditi
misti
.
Un
tale
antagonismo
come
quello
fra
salari
e
profitti
,
risulta
attenuato
quando
il
reddito
,
crescendo
,
lascia
maggiore
spazio
per
tutti
i
redditi
,
così
che
quel
duplice
antagonismo
riguarda
solo
le
quote
.
Tuttavia
,
l
'
aumento
del
reddito
,
nel
breve
periodo
-
un
anno
-
raramente
supera
il
5-6%;
e
l
'
aumento
è
ben
lungi
da
ripartirsi
proporzionalmente
fra
tutti
i
redditieri
.
Il
contrasto
diventa
veramente
aspro
quando
il
reddito
cessa
di
crescere
o
addirittura
diminuisce
.
Quell
'
antagonismo
,
dunque
,
sussiste
,
e
non
può
essere
trascurato
,
considerando
le
dimensioni
che
le
classi
medie
hanno
raggiunto
nel
nostro
paese
.
Si
pone
allora
il
quesito
:
negli
altri
paesi
le
classi
medie
sono
altrettanto
ampie
?
La
risposta
è
affermativa
:
indubbiamente
i
confronti
internazionali
sulla
stratificazione
sociale
sono
molto
problematici
;
ma
sono
importanti
:
l
'
estero
è
lo
specchio
del
diavolo
,
in
esso
possiamo
vedere
meglio
noi
stessi
,
possiamo
comprenderci
e
criticarci
con
maggiore
cognizione
di
causa
.
Dunque
,
nonostante
le
difficoltà
,
è
indispensabile
procedere
a
confronti
internazionali
,
usando
la
necessaria
cautela
.
Ritengo
che
,
se
vengono
considerati
come
ordini
di
grandezza
i
dati
con
gran
fatica
selezionati
per
certi
paesi
e
riportati
nelle
tabelle
,
in
appendice
,
non
siamo
ingannevoli
e
,
se
pure
entro
limiti
molto
ristretti
,
consentono
certi
confronti
(
i
paesi
esaminati
,
oltre
l
'
Italia
,
sono
la
Spagna
,
il
Giappone
,
la
Francia
,
la
Gran
Bretagna
gli
Stati
Uniti
,
l
'
Argentina
e
il
Cile
(
v
.
le
tabelle
2.1
e
2.2
)
.
Da
questi
confronti
emergono
due
caratteristiche
degne
di
nota
:
la
quota
delle
classi
medie
sulla
popolazione
attiva
è
molto
simile
a
quella
osservata
per
l
'
Italia
(
50%
)
e
,
come
per
l
'
Italia
,
è
relativamente
stabile
nel
tempo
.
Si
tratta
di
caratteristiche
sorprendenti
(
mezzo
secolo
fa
sarebbe
stata
proclamata
l
'
esistenza
di
una
"
legge
"
)
,
poiché
si
osservano
in
paesi
molto
diversi
e
,
per
alcuni
dei
paesi
considerati
,
in
tempi
molto
diversi
.
Più
precisamente
:
le
quote
delle
classi
medie
e
delle
classi
operaie
in
complesso
sono
stabili
(
se
mai
,
la
quota
della
classe
operaia
ha
forse
una
certa
tendenza
a
flettere
)
.
Ma
cambiano
in
modo
molto
significativo
i
contenuti
:
nell
'
ambito
delle
classi
medie
,
diminuiscono
i
coltivatori
diretti
e
,
almeno
relativamente
,
gli
altri
lavoratori
autonomi
(
eccetto
i
commercianti
)
,
mentre
aumentano
gli
impiegati
sia
privati
che
pubblici
;
nell
'
ambito
della
classe
operaia
,
diminuiscono
i
salariati
agricoli
ed
aumentano
i
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
t
lecito
presumere
che
col
procedere
dello
sviluppo
economico
aumentano
,
in
termini
assoluti
e
relativi
,
gli
operai
occupati
in
aziende
industriali
moderne
(
diciamo
,
in
aziende
che
impiegano
più
di
cento
addetti
)
;
questa
presunzione
si
fonda
,
oltre
che
sulla
logica
,
su
un
confronto
internazionale
(
tabella
4.3
)
.
Poiché
i
paesi
esaminati
si
trovano
in
stadi
molto
diversi
dello
sviluppo
economico
,
conviene
riflettere
sui
rapporti
fra
grado
di
sviluppo
e
quote
dei
diversi
gruppi
sociali
(
tabella
2.2
)
.
Risulta
confermato
che
col
procedere
dello
sviluppo
diminuisce
la
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
e
cresce
la
piccola
borghesia
impiegatizia
.
Anzi
,
il
confronto
internazionale
mostra
che
l
'
Italia
non
è
affatto
più
avanti
degli
altri
paesi
sulla
strada
dell
'
espansione
burocratica
;
e
mostra
anche
che
ha
ancora
.
una
strada
relativamente
lunga
da
percorrere
riguardo
alla
flessione
della
piccola
borghesia
autonoma
.
Restano
confermati
anche
i
mutamenti
che
hanno
luogo
nell
'
ambito
della
classe
operaia
:
man
mano
che
procede
lo
sviluppo
diminuiscono
i
salariati
agricoli
e
aumentano
gli
operai
industriali
;
ma
non
sembra
che
vi
sia
uno
stretto
legame
fra
altezza
della
percentuale
degli
operai
nell
'
industria
e
grado
di
sviluppo
(
probabilmente
,
il
nesso
è
stretto
se
si
considerano
solo
gli
operai
della
grande
industria
)
.
Le
uniformità
sopra
indicate
costituiscono
,
in
sostanza
,
delle
specificazioni
di
quella
che
Colin
Clark
chiama
"
legge
di
Petty
"
e
che
riguarda
le
relazioni
fra
sviluppo
economico
e
sviluppo
relativo
dei
tre
grandi
settori
:
col
procedere
dello
sviluppo
economico
,
si
sviluppano
in
via
preliminare
le
attività
primarie
(
agricoltura
e
miniere
)
e
poi
,
via
via
,
le
attività
secondarie
(
industriali
)
e
quelle
terziarie
(
commercio
,
credito
,
servizi
,
pubblica
amministrazione
)
.
Le
specificazioni
sopra
indicate
permettono
di
dar
ragione
di
alcune
anomalie
e
di
alcune
apparenti
eccezioni
alla
"
legge
"
,
come
quella
secondo
cui
in
certi
paesi
molto
arretrati
l
'
espansione
del
commercio
precede
quella
delle
così
dette
attività
primarie
:
il
punto
è
che
occorre
disaggregare
e
distinguere
,
in
relazione
al
procedere
dello
sviluppo
,
le
diverse
attività
terziarie
(
C
.
Clark
,
The
Conditions
to
Economic
Progress
,
Macmillan
,
London
,
19573;
P
.
T
.
Bauer
and
B
.
S
.
Yamey
,
The
Economics
of
Underdeveloped
Countries
,
Cambridge
University
Press
,
1957
)
.
Quanto
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
,
se
è
vero
che
l
'
Italia
si
trova
in
linea
,
sia
per
la
quota
di
impiegati
privati
sia
per
quella
di
impiegati
pubblici
,
come
si
può
affermare
che
la
burocrazia
pubblica
del
nostro
paese
è
ipertrofica
?
Innanzi
tutto
,
occorre
richiamare
le
ragioni
dell
'
espansione
burocratica
(
parte
I
,
cap
.
6
)
:
1
)
crescenti
esigenze
amministrative
per
sempre
più
ampi
interventi
nell
'
economia
;
2
)
crescenti
spese
di
trasferimento
;
3
)
"
sistemazione
"
di
un
certo
numero
di
persone
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
.
L
'
ipertrofia
,
ossia
l
'
espansione
patologica
,
ha
luogo
quando
la
burocrazia
cresce
per
il
terzo
ordine
di
motivi
.
Ora
,
come
si
è
già
fatto
rilevare
,
questa
ipertrofia
non
riguarda
l
'
intera
burocrazia
,
ma
soltanto
i
gradi
più
bassi
e
le
fasce
meno
qualificate
della
burocrazia
(
negli
uffici
tecnici
v
'
è
carenza
di
personale
)
.
Che
le
cose
stiano
così
è
indicato
dal
fatto
(
anche
questo
già
messo
in
rilievo
)
che
la
quota
della
burocrazia
pubblica
è
più
alta
nel
più
arretrato
Sud
che
nel
Nord
.
Inoltre
,
se
si
distinguono
,
fra
gli
impiegati
pubblici
,
gl
'
insegnanti
dagli
altri
impiegati
,
si
ha
il
quadro
che
segue
e
che
riguarda
,
oltre
l
'
Italia
,
quattro
paesi
per
i
quali
si
sono
trovati
i
dati
necessari
per
il
confronto
(
i
dati
sono
espressi
in
percentuale
della
popolazione
attiva
)
.
Spagna
Italia
Francia
Gran
Bretagna
Stati
Uniti
(
1970
)
(
1971
)
(
1968
)
(
1968
)
(
1969
)
Insegnanti
2,4
3,1
3,6
5,6
5,7
Altri
impiegati
3,9
5,0
3,7
5,6
8,2
pubblici
In
Italia
,
la
percentuale
degli
impiegati
pubblici
,
esclusi
gl
'
insegnanti
,
è
nettamente
maggiore
che
in
Francia
ed
è
simile
a
quella
dell
'
Inghilterra
,
il
cui
sviluppo
economico
e
civile
è
ben
più
avanzato
.
Da
ciò
si
può
dedurre
che
la
detta
percentuale
in
Italia
è
patologicamente
elevata
.
L
'
aspetto
patologico
appare
anche
più
grave
se
si
considera
che
negli
altri
paesi
non
è
stato
possibile
separare
la
quota
(
piccola
ma
non
trascurabile
)
dei
salariati
pubblici
,
quota
che
dovrebbe
essere
inclusa
nella
classe
operaia
.
Aggiungendo
questa
quota
,
che
in
Italia
era
stata
esclusa
,
si
giunge
ad
una
percentuale
di
dipendenti
pubblici
(
esclusi
gli
insegnanti
)
del
5,5%
,
una
cifra
pressoché
identica
a
quella
inglese
.
Negli
Stati
Uniti
sono
sensibilmente
più
elevate
che
in
Italia
tanto
la
quota
degli
insegnanti
quanto
quella
degli
altri
dipendenti
pubblici
.
È
senz
'
altro
fisiologico
questo
fatto
?
Considerato
l
'
elevato
grado
di
sviluppo
economico
della
società
americana
,
la
risposta
potrebbe
essere
affermativa
.
Tuttavia
,
non
può
essere
scartata
a
priori
l
'
ipotesi
che
anche
negli
Stati
Uniti
,
se
pure
per
motivi
alquanto
diversi
da
quelli
considerati
per
l
'
Italia
,
la
burocrazia
pubblica
sia
ipertrofica
:
una
volta
che
la
struttura
produttiva
ha
raggiunto
un
elevato
grado
di
concentrazione
,
lo
sviluppo
economico
capitalistico
può
proseguire
solo
se
la
domanda
effettiva
viene
sostenuta
dall
'
autorità
pubblica
;
e
questo
vale
sia
per
la
domanda
di
prodotti
che
per
la
domanda
di
lavoro
.
D
'
altro
canto
,
in
regime
capitalistico
lo
sviluppo
deve
proseguire
se
si
vuole
evitare
un
aumento
crescente
della
disoccupazione
,
dato
che
l
'
aumento
di
produttività
-
risultato
necessario
della
competizione
nazionale
e
internazionale
caratteristica
del
capitalismo
-
proseguirebbe
in
ogni
modo
.
(
Una
tale
tesi
è
stata
proposta
,
in
forme
e
tempi
diversi
da
diversi
autori
;
è
stata
proposta
dallo
scrivente
nell
'
opera
Oligopolio
e
progresso
tecnico
,
ed
.
,
Giuffrè
,
Milano
,
1956;
è
stata
proposta
da
Michal
Kalecki
in
un
articolo
pubblicato
in
polacco
pure
nel
1956
e
pubblicato
,
tradotto
in
inglese
,
solo
recentemente
;
l
'
articolo
ha
per
titolo
The
Economic
Situation
in
the
United
States
as
Compared
with
the
Pre
-
War
Period
,
ed
è
incluso
nel
volume
The
Last
Phase
in
the
Transformation
of
Capitalism
,
Monthly
Review
Press
,
New
York
,
1972
)
.
Che
lo
sviluppo
della
burocrazia
negli
Stati
Uniti
sia
abnorme
,
può
forse
risultare
da
un
confronto
con
la
situazione
dell
'
Unione
Sovietica
.
fi
una
opinione
diffusa
che
gli
Stati
Uniti
sono
il
paese
della
iniziativa
individuale
,
mentre
l
'
economia
dell
'
Unione
Sovietica
è
retta
da
una
burocrazia
mastodontica
e
onnipresente
.
Confrontare
i
dati
sovietici
con
i
dati
americani
è
ancora
più
rischioso
che
negli
altri
casi
;
ma
io
penso
che
questo
confronto
abbia
un
senso
.
Esso
mostra
che
la
realtà
è
ben
lontana
da
quella
opinione
:
se
per
burocrazia
"
privata
"
s
'
intende
,
con
riferimento
all
'
Unione
Sovietica
,
quella
corrispondente
alla
massa
degli
impiegati
di
azienda
e
per
burocrazia
"
pubblica
"
s
'
intende
quella
costituita
da
insegnanti
,
da
ricercatori
e
da
impiegati
addetti
all
'
istruzione
e
da
tutti
gl
'
impiegati
addetti
all
'
apparato
statale
,
risulta
che
la
percentuale
sulla
popolazione
attiva
della
burocrazia
"
pubblica
"
così
intesa
non
supera
il
12%
,
mentre
la
corrispondente
percentuale
negli
Stati
Uniti
è
del
13,9%
(
v
.
le
tabelle
2.2
e
2.5
)
.
$
da
notare
che
la
valutazione
della
burocrazia
"
pubblica
"
dell
'
Unione
Sovietica
è
probabilmente
errata
per
eccesso
,
dato
che
non
pochi
ricercatori
e
non
pochi
addetti
all
'
istruzione
negli
Stati
Uniti
appartengono
al
settore
privato
.
In
ogni
modo
,
i
possibili
dubbi
sul
grado
di
burocratizzazione
degli
Stati
Uniti
rispetto
all
'
Unione
Sovietica
vengono
a
cadere
se
si
considerano
le
quote
degli
impiegati
,
sia
"
pubblici
"
che
"
privati
"
:
il
38%
negli
Stati
Uniti
e
solo
il
21%
nell
'
Unione
Sovietica
.
Lungi
dall
'
essere
il
paese
dell
'
iniziativa
individuale
gli
Stati
Uniti
sono
dunque
divenuti
un
paese
di
colletti
bianchi
e
di
mezze
maniche
;
ed
anzi
l
'
incremento
degli
impiegati
rispetto
alla
forza
di
lavoro
addizionale
rappresenta
una
quota
anche
più
alta
della
media
:
60-70%
ogni
anno
contro
il
38-40%
.
Insomma
:
è
molto
più
burocratizzata
l
'
economia
americana
di
quella
russa
!
Molte
altre
illazioni
potrebbero
essere
tratte
dall
'
esame
dei
dati
riguardanti
i
due
colossi
,
quello
capitalistico
e
quello
collettivistico
.
Per
esempio
,
la
struttura
sociale
dell
'
Unione
Sovietica
mostra
,
almeno
apparentemente
(
com
'
è
ovvio
,
i
contenuti
sono
profondamente
diversi
)
,
parecchie
rassomiglianze
con
quello
degli
Stati
Uniti
e
di
altri
paesi
non
collettivistici
.
La
struttura
sociale
della
Russia
del
1913
,
invece
,
presentava
caratteristiche
molto
particolari
e
,
a
quanto
pare
,
costituiva
un
'
eccezione
rispetto
alla
composizione
sociale
prevalente
in
tempi
molto
diversi
negli
altri
paesi
qui
esaminati
:
borghesia
16,3%
,
piccola
borghesia
impiegatizia
2,4%
,
contadini
e
artigiani
66,7%
,
operai
14,6%
(
v
.
la
tabella
2.3
)
.
Ma
,
a
parte
l
'
inclusione
-
dichiarata
-
dei
contadini
ricchi
(
kulaki
)
fra
la
borghesia
vera
e
propria
,
è
possibile
che
fra
i
contadini
poveri
siano
state
incluse
molte
persone
che
lavoravano
prevalentemente
da
salariati
agricoli
,
così
che
la
classe
dei
"
contadini
e
artigiani
"
risulta
gonfiata
(
considerati
i
criteri
seguiti
in
questo
saggio
)
rispetto
alla
classe
operaia
.
In
ogni
modo
,
è
certo
che
subito
prima
della
rivoluzione
quella
russa
era
,
in
misura
preponderante
,
una
società
a
carattere
rurale
,
con
una
classe
operaia
molto
piccola
e
con
una
classe
dominante
numericamente
molto
esigua
,
in
parte
aristocratica
e
in
parte
borghese
(
v
.
la
tabella
2.4
)
.
I
paesi
considerati
nei
precedenti
confronti
appaiono
tutti
,
sia
pure
in
diversi
gradi
,
socialmente
evoluti
(
o
"
moderni
"
)
se
si
usano
congiuntamente
due
indici
,
ossia
la
quota
degli
impiegati
e
quella
dei
contadini
:
più
alta
è
la
prima
e
più
bassa
la
seconda
e
più
socialmente
evoluto
è
il
paese
in
esame
.
(
Faccio
osservare
che
sulla
base
di
questo
criterio
certi
paesi
dell
'
America
latina
,
come
l
'
Argentina
e
il
Cile
,
debbono
essere
annoverati
fra
i
paesi
evoluti
,
mentre
altri
paesi
,
come
il
Brasile
,
vanno
inclusi
fra
quelli
arretrati
)
.
Per
i
paesi
arretrati
nel
senso
ora
specificato
,
conviene
usare
una
diversa
suddivisione
fra
le
classi
,
che
consenta
di
mettere
in
adeguato
rilievo
la
struttura
sociale
dell
'
agricoltura
.
Una
suddivisione
adatta
allo
scopo
potrebbe
essere
la
seguente
(
fra
parentesi
sono
indicate
le
percentuali
di
composizione
)
(
v
.
la
tabella
2.6
)
:
I
.
Grandi
proprietari
,
grossi
commercianti
,
industriali
medi
e
grandi
(
1-2%
)
.
II
.
Impiegati
privati
e
pubblici
(
5-10%
)
.
III
.
Lavoratori
autonomi
,
esclusi
i
contadini
poveri
(
15-20%
)
.
IV
.
Contadini
poveri
e
salariati
agricoli
(
incluso
il
sottoproletariato
delle
campagne
)
(
40-70%
)
.
V
.
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
(
incluso
il
sottoproletariato
urbano
)
(
7-37%
)
.
In
questi
paesi
solo
le
classi
II
e
III
possono
essere
considerate
piccola
borghesia
.
Ho
già
osservato
più
volte
,
ed
argomenterò
fra
breve
con
riferimento
al
fascismo
,
che
nei
paesi
detti
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
diventati
oggi
gli
amministratori
universali
,
ma
non
sono
i
dirigenti
effettivi
;
hanno
contribuito
a
fornire
una
base
di
massa
a
regimi
di
destra
o
anche
di
sinistra
,
ma
non
sono
mai
stati
la
classe
dominante
.
Tuttavia
,
secondo
una
interessante
tesi
di
Michal
Kalecki
,
in
diversi
paesi
arretrati
,
dove
la
piccola
borghesia
(
specialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
ha
interessi
opposti
a
quelli
delle
imprese
capitalistiche
moderne
)
ha
un
peso
relativo
considerevole
-
essendo
normalmente
nullo
il
peso
politico
della
gran
massa
di
contadini
-
e
dove
la
borghesia
moderna
è
assai
poco
sviluppata
,
anche
a
causa
del
predominio
delle
grandi
società
straniere
,
sono
sorte
condizioni
favorevoli
alla
costituzione
di
governi
che
rappresentano
in
modo
preminente
e
diretto
gl
'
interessi
delle
classi
medie
inferiori
,
nonostante
l
'
alleanza
fra
gl
'
interessi
stranieri
e
i
gruppi
locali
di
grandi
proprietari
di
tipo
feudale
e
di
grossi
commercianti
;
la
formula
economica
è
quella
del
capitalismo
di
Stato
e
la
formula
politica
contiene
elementi
di
un
feroce
anticomunismo
(
M
.
Kalecki
,
Intermediate
Regimes
,
articolo
incluso
nel
volume
già
citato
)
.
9
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
L
'
instabilità
politica
della
piccola
borghesia
ha
rilevanti
conseguenze
:
quando
,
in
periodi
di
crisi
,
ampi
strati
di
questa
quasi
classe
si
alleano
con
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
,
il
paese
corre
il
pericolo
del
fascismo
.
Nel
nostro
paese
conosciamo
una
tale
esperienza
.
Per
evitare
il
rischio
di
affermazioni
generiche
,
rischio
elevato
in
questo
tipo
di
analisi
,
conviene
richiamare
alcuni
aspetti
essenziali
dell
'
ascesa
al
potere
del
fascismo
in
Italia
,
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
Nel
1921
l
'
economia
italiana
subì
una
crisi
,
che
in
parte
aveva
origini
internazionali
e
che
nel
nostro
paese
risultò
particolarmente
grave
sia
per
la
debolezza
della
struttura
industriale
italiana
,
fondata
ancora
in
misura
modesta
su
imprese
moderne
,
sia
per
le
difficoltà
connesse
con
la
conversione
delle
industrie
che
avevano
rifornito
l
'
amministrazione
militare
durante
la
guerra
.
La
crisi
rese
acutissime
le
tensioni
sociali
e
quindi
le
tensioni
politiche
.
Ai
contadini
sotto
le
armi
ed
agli
operai
nelle
fabbriche
durante
la
guerra
erano
state
fatte
promesse
di
ampie
concessioni
,
che
poi
,
passato
il
pericolo
,
erano
state
mantenute
solo
in
minima
parte
;
la
crisi
anzi
aggravava
le
loro
condizioni
economiche
.
Queste
promesse
erano
state
ripetute
in
trincea
,
sulla
base
delle
dichiarazioni
degli
uomini
politici
,
dagli
ufficiali
subalterni
-
uomini
provenienti
nella
massima
parte
dalla
media
e
piccola
borghesia
;
tornata
la
pace
,
l
'
ostilità
e
perfino
l
'
odio
delle
masse
popolari
,
esasperate
per
il
peggioramento
delle
loro
condizioni
,
si
riversarono
verso
le
persone
fisiche
che
avevano
ripetuto
loro
quelle
promesse
.
Né
stavano
molto
meglio
,
tornati
a
casa
,
gli
ex
ufficiali
subalterni
,
che
stentavano
a
trovare
una
occupazione
;
ma
la
loro
volontà
di
un
radicale
cambiamento
si
mosse
in
direzione
opposta
a
quella
delle
masse
popolari
,
che
li
attaccavano
personalmente
.
Si
ebbero
scioperi
e
agitazioni
gravissime
,
numerose
fabbriche
e
proprietà
terriere
furono
occupate
.
La
spinta
delle
masse
popolari
veniva
rafforzata
e
resa
fortissima
,
anche
se
rimaneva
in
gran
parte
caotica
e
disorganizzata
,
dall
'
esempio
della
rivoluzione
bolscevica
russa
.
La
grande
borghesia
fu
presa
dal
panico
;
estese
i
finanziamenti
ai
giornali
e
a
molti
uomini
politici
di
destra
;
finanziò
bande
armate
,
che
misero
a
ferro
e
a
fuoco
le
sedi
di
molte
organizzazioni
popolari
:
sindacati
,
cooperative
,
sedi
di
partiti
di
sinistra
.
Vi
furono
numerosi
assassinii
.
La
grande
borghesia
terriera
e
industriale
(
con
diverse
eccezioni
,
tuttavia
)
trovò
in
ampi
strati
della
media
e
,
soprattutto
,
nella
piccola
borghesia
gli
alleati
più
decisi
;
gli
scherani
,
come
altre
volte
è
successo
in
condizioni
analoghe
,
furono
reclutati
nel
sottoproletariato
;
i
principali
centri
del
potere
pubblico
-
ampie
sezioni
della
magistratura
,
della
polizia
e
dell
'
apparato
militare
-
in
modo
aperto
o
nascosto
fornirono
il
loro
appoggio
.
La
guida
politica
della
reazione
fu
assunta
dal
partito
fascista
,
che
-
ironicamente
,
ma
non
immotivatamente
,
poiché
sfruttava
a
fini
concreti
la
retorica
piccolo
-
borghese
-
si
autodefiniva
partito
rivoluzionario
.
In
particolare
,
per
mobilitare
diversi
strati
della
piccola
borghesia
il
partito
fascista
sfruttò
il
mito
della
"
vittoria
mutilata
"
-
il
sentimento
di
frustrazione
per
le
concessioni
coloniali
e
territoriali
ritenute
insufficienti
,
che
il
trattato
di
Versailles
attribuiva
all
'
Italia
.
Anche
se
il
fascismo
cominciò
ad
organizzarsi
nel
1919-21
,
esso
divenne
virulento
e
pervenne
a
conquistare
il
potere
non
durante
la
crisi
economica
del
1921
,
ma
proprio
quando
questa
crisi
era
chiaramente
in
via
di
superamento
,
non
solo
in
Italia
,
ma
anche
negli
altri
paesi
industriali
(
primavera
-
estate
1922
)
.
Subito
dopo
essere
salito
al
potere
,
il
partito
fascista
pagò
il
conto
per
gli
aiuti
finanziari
e
politici
ottenuti
negli
anni
precedenti
dalla
grande
borghesia
.
Il
governo
decise
:
1
)
di
sopprimere
,
in
pratica
,
la
Commissione
per
l
'
indagine
sui
sovraprofitti
di
guerra
;
2
)
di
abolire
la
nominatività
dei
titoli
azionari
;
3
)
di
trasferire
la
rete
telefonica
a
società
private
;
4
)
di
rinnovare
le
concessioni
alle
società
elettriche
;
5
)
di
abolire
il
monopolio
statale
delle
assicurazioni
sulla
vita
e
di
trasferire
una
cospicua
quota
di
tali
assicurazioni
a
società
private
;
6
)
di
attuare
il
salvataggio
,
con
danaro
pubblico
,
di
alcune
grandi
banche
,
che
restarono
private
;
7
)
di
riformare
il
regime
fiscale
,
in
senso
favorevole
ai
privati
,
dei
trasferimenti
a
titolo
ereditario
;
8
)
di
"
sospendere
"
la
legge
di
riforma
agraria
;
9
)
di
abolire
,
attraverso
una
numerosa
serie
di
eccezioni
,
il
limite
massimo
di
otto
ore
per
la
giornata
lavorativa
,
limite
che
gli
operai
avevano
conquistato
dopo
dure
lotte
nel
1919
e
nel
1920
.
A
favore
di
una
parte
della
piccola
borghesia
furono
presi
diversi
provvedimenti
,
fra
cui
occorre
ricordare
:
1
)
l
'
assunzione
di
notevoli
schiere
di
persone
nella
burocrazia
,
nell
'
esercito
,
in
quella
speciale
milizia
di
partito
denominata
"
milizia
volontaria
per
la
sicurezza
nazionale
"
e
negli
uffici
organizzati
nell
'
ambito
del
partito
fascista
;
2
)
la
revoca
delle
sovvenzioni
governative
alle
cooperative
(
che
danneggiavano
gl
'
interessi
dei
piccoli
commercianti
)
;
3
)
la
revisione
,
in
senso
restrittivo
,
delle
norme
per
la
concessione
delle
licenze
per
il
commercio
al
minuto
;
4
)
provvedimenti
a
favore
di
varie
categorie
di
artigiani
.
Da
questa
cospicua
serie
di
concessioni
restavano
esclusi
i
lavoratori
salariati
,
i
quali
,
anzi
,
dopo
essere
stati
privati
delle
loro
organizzazioni
sindacali
e
cooperative
e
dei
partiti
che
ne
esprimevano
gl
'
interessi
,
ben
presto
subirono
duri
colpi
anche
sotto
forma
di
riduzioni
salariali
.
In
breve
,
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
si
può
affermare
che
il
fascismo
fu
il
risultato
della
saldatura
fra
grande
borghesia
terriera
,
finanziaria
e
industriale
e
larghe
sezioni
della
piccola
borghesia
(
impiegati
pubblici
e
privati
,
liberi
professionisti
,
piccoli
commercianti
)
.
Tale
saldatura
fu
rafforzata
dalla
rivalutazione
della
lira
del
1926
,
una
decisione
che
bloccava
il
processo
inflazionistico
e
in
questo
modo
,
almeno
per
un
certo
periodo
,
consentiva
l
'
aumento
del
potere
d
'
acquisto
degli
stipendi
e
favoriva
il
risparmio
individuale
.
(
La
rivalutazione
danneggiò
gl
'
industriali
che
producevano
per
l
'
esportazione
,
anche
se
avvantaggiò
gl
'
industriali
che
producevano
principalmente
per
il
mercato
interno
con
materie
prime
importate
,
come
era
il
caso
delle
principali
industrie
tessili
.
Inoltre
,
essendo
stata
completata
l
'
opera
di
distruzione
dei
sindacati
operai
,
i
salari
vennero
decurtati
,
ciò
che
compensò
almeno
parzialmente
gli
industriali
danneggiati
dalla
rivalutazione
.
Il
principale
obiettivo
della
rivalutazione
della
lira
,
tuttavia
,
era
un
obiettivo
politico
,
di
"
stabilizzazione
sociale
"
,
condiviso
da
un
'
ampia
parte
della
grande
borghesia
industriale
:
si
voleva
favorire
la
piccola
borghesia
risparmiatrice
,
che
era
stata
danneggiata
dalla
precedente
tendenza
inflazionistica
)
.
Pare
certo
che
il
reddito
individuale
medio
assoluto
e
relativo
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
sia
sensibilmente
aumentato
durante
il
periodo
fascista
,
mentre
è
diminuito
il
reddito
medio
assoluto
e
,
ancora
di
più
,
relativo
dei
lavoratori
salariati
.
Il
fascismo
è
dunque
il
risultato
di
un
'
alleanza
fra
grande
e
piccola
borghesia
;
ma
non
si
tratta
di
un
'
alleanza
inter
pares
:
la
responsabilità
prevalente
va
attribuita
alla
grande
borghesia
.
È
esatto
affermare
che
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
limitati
strati
di
lavoratori
relativamente
privilegiati
o
,
all
'
opposto
,
poverissimi
(
sottoproletari
)
,
hanno
fornito
al
fascismo
una
certa
base
di
massa
,
i
quadri
intermedi
e
buona
parte
dei
quadri
superiori
.
È
anche
esatto
sostenere
che
l
'
iniziativa
di
organizzare
il
partito
fascista
partì
,
anche
cronologicamente
(
1919-21
)
,
da
piccoli
e
medi
borghesi
e
che
solo
in
un
secondo
tempo
(
1922
)
la
grande
borghesia
intervenne
con
il
suo
aiuto
finanziario
e
politico
.
Occorre
però
subito
aggiungere
che
senza
questo
aiuto
-
e
senza
l
'
aiuto
di
ampie
sezioni
dei
poteri
costituiti
-
il
fascismo
non
avrebbe
preso
il
potere
;
ed
occorre
anche
aggiungere
che
,
se
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
intervennero
in
forza
solo
in
un
secondo
tempo
,
ci
furono
i
pionieri
della
prima
ora
,
che
cercarono
subito
di
sfruttare
il
malcontento
popolare
,
causato
per
esempio
dal
caro
-
viveri
,
fomentando
i
tumulti
proprio
allo
scopo
di
preparare
il
terreno
per
una
feroce
azione
di
repressione
(
Salvemini
,
Scritti
sul
fascismo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
474
)
.
È
vero
:
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
che
appoggiarono
il
fascismo
lo
volevano
in
via
transitoria
,
per
ripristinare
l
'
"
ordine
"
:
il
disegno
era
quello
di
restaurare
una
rispettabile
democrazia
parlamentare
.
Ma
quell
'
appoggio
fu
determinante
;
ed
anche
quando
i
vassalli
si
abbarbicarono
al
potere
gestendolo
poi
in
modo
non
sempre
conforme
agli
interessi
della
borghesia
,
quei
gruppi
non
ritirarono
il
loro
appoggio
ma
fecero
buon
viso
a
cattivo
gioco
.
La
tesi
opposta
-
essere
cioè
il
fascismo
da
attribuire
all
'
azione
autonoma
e
comunque
determinante
di
ampi
strati
della
piccola
borghesia
-
risulta
grossolanamente
falsa
,
anche
se
corrisponde
al
modo
con
cui
i
piccoli
borghesi
protagonisti
dell
'
esperienza
fascista
vedevano
,
o
volevano
vedere
,
se
stessi
.
Per
fare
giustizia
sommaria
di
tale
tesi
basterebbe
,
da
sola
,
la
documentazione
raccolta
ed
analizzata
da
uno
studioso
non
marxista
,
Ernesto
Rossi
,
documentazione
che
include
i
due
"
bollettini
della
vittoria
"
della
Confindustria
del
1922
(
subito
dopo
l
'
ascesa
del
fascismo
)
e
del
1926
(
subito
dopo
le
leggi
eccezionali
)
e
si
avvale
dell
'
analisi
e
delle
candide
ammissioni
di
uno
dei
responsabili
della
politica
economica
fascista
(
Padroni
del
vapore
e
fascismo
,
Laterza
,
Bari
,
1966
,
specialmente
le
pp.
11-5
e
50-1
)
.
Tenuto
conto
dell
'
evoluzione
subita
dalla
piccola
borghesia
nell
'
ultimo
mezzo
secolo
e
,
in
particolare
,
considerata
la
comparsa
di
strati
nuovi
di
intellettuali
e
di
tecnici
,
oggi
le
spinte
di
tipo
fascista
sono
ben
diverse
da
quelle
del
primo
dopoguerra
.
Ma
le
varietà
del
fascismo
-
è
triste
riconoscerlo
-
sono
molteplici
.
In
ogni
modo
,
pare
abbastanza
evidente
che
o
,
T
la
grande
borghesia
,
e
specialmente
la
grande
borghesia
industriale
,
salvo
poche
se
pur
rilevanti
eccezioni
,
non
vuole
il
fascismo
,
e
per
diverse
ragioni
,
fra
cui
sono
i
conflitti
sociali
,
gravi
e
di
esito
incerto
,
che
un
tentativo
in
quella
direzione
comporterebbe
e
la
conclusione
,
fallimentare
per
tutti
,
della
precedente
esperienza
.
Oggi
il
fascismo
esprime
quasi
esclusivamente
gli
strati
più
retrivi
della
piccola
borghesia
ed
è
appoggiato
da
alcune
sezioni
dei
poteri
costituiti
(
magistratura
,
polizia
,
esercito
)
,
sezioni
di
ampiezza
non
trascurabile
ma
di
gran
lunga
minore
di
quelle
che
aiutarono
il
fascismo
nel
1920-1922
.
Il
tentativo
dell
'
attuale
movimento
fascista
di
ripetere
,
nelle
mutate
condizioni
,
la
strategia
di
mezzo
secolo
fa
-
crescere
numericamente
,
irrobustirsi
organizzativamente
,
creare
il
caos
con
mezzi
criminali
per
poi
offrirsi
come
forza
di
restaurazione
-
sembra
destinato
a
fallire
.
Tuttavia
esiste
pur
sempre
il
pericolo
di
un
peggioramento
della
situazione
economica
e
di
un
aumento
delle
tensioni
sociali
,
tensioni
che
potrebbero
venire
aggravate
da
errori
di
tattica
e
di
strategia
dei
sindacati
e
dei
partiti
di
sinistra
.
II
.
Lo
stato
attuale
e
le
prospettive
1
.
La
questione
delle
riforme
Dunque
,
in
periodi
di
crisi
,
un
'
alleanza
fra
la
grande
borghesia
e
ampi
strati
della
piccola
borghesia
può
condurre
al
fascismo
.
Viceversa
,
un
'
alleanza
di
strati
(
pure
ampi
,
ma
in
larga
misura
diversi
)
della
piccola
borghesia
con
coloro
che
gestiscono
gl
'
interessi
della
classe
operaia
può
dar
luogo
a
politiche
di
tipo
laburista
e
,
comunque
,
può
consentire
riforme
anche
radicali
.
Tuttavia
gli
ostacoli
alle
riforme
,
più
che
nella
grande
borghesia
,
vanno
ricercati
nel
seno
stesso
della
piccola
borghesia
e
particolarmente
nei
gruppi
che
hanno
i
maggiori
privilegi
e
la
più
forte
capacità
di
condizionare
le
scelte
politiche
.
Gli
ostacoli
si
manifestano
in
tre
fasi
:
nella
fase
della
preparazione
dei
progetti
di
riforma
,
preparazione
faticosissima
per
le
spinte
eterogenee
e
contraddittorie
,
poi
nella
fase
dell
'
approvazione
e
,
infine
,
nella
fase
dell
'
attuazione
(
finora
raggiunta
in
Italia
da
ben
pochi
progetti
)
.
Consideriamo
alcuni
esempi
particolari
.
L
'
esempio
più
ovvio
di
un
progetto
rimasto
fermo
addirittura
alla
prima
fase
è
quello
della
riforma
della
pubblica
amministrazione
:
il
sabotaggio
è
stato
compiuto
dalle
cerchie
più
influenti
della
burocrazia
.
In
altri
casi
occorre
,
sì
,
considerare
gli
ostacoli
frapposti
da
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
grande
borghesia
,
ma
bisogna
guardarsi
dal
trascurare
quelli
provenienti
da
gruppi
appartenenti
alla
media
e
alla
piccola
borghesia
.
Così
,
gli
ostacoli
alla
riforma
sanitaria
non
sono
stati
posti
solo
dai
grandi
"
baroni
"
della
medicina
,
dai
proprietari
delle
cliniche
private
,
dalle
opere
pie
e
dai
gruppi
d
'
interessi
legati
alle
case
farmaceutiche
,
ma
anche
dalla
burocrazia
alta
e
bassa
delle
mutue
e
dal
personale
medico
in
generale
,
che
,
appena
si
è
cominciato
a
parlare
di
riforme
,
ha
immediatamente
scatenato
una
serie
di
rivendicazioni
di
tipo
monetario
e
di
tipo
normativo
favorendo
in
tal
modo
,
nel
fatto
se
non
nelle
intenzioni
,
i
nemici
della
riforma
.
La
riforma
urbanistica
ha
trovato
ostacoli
non
solo
nelle
grandi
società
immobiliari
,
ma
anche
nella
miriade
di
proprietari
di
piccole
aree
potenzialmente
fabbricabili
,
oltre
che
nella
burocrazia
dei
diversi
organi
ed
enti
per
l
'
edilizia
pubblica
.
La
riforma
universitaria
è
stata
ostacolata
non
solo
dall
'
opposizione
dei
grandi
baroni
(
soprattutto
medici
e
baroni
politici
)
ma
anche
dalla
rivendicazione
penosamente
corporativa
dell
'
immissione
automatica
(
ope
legis
)
nei
ruoli
dei
docenti
"
subalterni
"
,
rivendicazione
per
la
quale
si
sono
ostinatamente
battuti
,
facendo
perdere
molto
tempo
prezioso
,
gruppi
che
rappresentavano
una
parte
tutto
considerato
esigua
dei
suddetti
docenti
.
Grandi
energie
sono
state
dedicate
alla
questione
dei
pre
-
salari
,
che
per
la
massima
parte
vanno
a
beneficio
di
famiglie
piccolo
-
borghesi
,
mentre
lo
sforzo
anche
finanziario
per
spalancare
le
porte
della
scuola
secondaria
ai
figli
della
classe
operaia
è
stato
estremamente
modesto
o
addirittura
trascurabile
.
Gli
investimenti
per
la
costruzione
di
edifici
scolastici
e
universitari
-
oltre
che
per
la
costruzione
di
ospedali
-
sono
rimasti
in
buona
parte
sulla
carta
non
solo
e
non
tanto
per
la
famosa
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
,
quanto
perché
sono
stati
mantenuti
e
perfino
resi
più
complicati
i
paralizzanti
controlli
,
le
competenze
ministeriali
plurime
ed
i
molteplici
concorsi
per
volontà
della
burocrazia
e
degli
ordini
professionali
degli
ingegneri
e
degli
architetti
,
volontà
pienamente
assecondata
dai
politici
.
L
'
idea
,
semplice
e
ovvia
,
di
unificare
competenze
,
controlli
e
concorsi
ha
incontrato
la
più
fiera
opposizione
:
più
numerosi
sono
i
controlli
,
maggiore
è
il
potere
della
burocrazia
e
minori
le
sue
responsabilità
.
È
importante
osservare
che
nei
due
casi
in
cui
erano
colpiti
quasi
soltanto
gl
'
interessi
di
certe
sezioni
della
grande
borghesia
-
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
e
lo
statuto
dei
lavoratori
-
i
riformatori
hanno
avuto
la
meglio
.
Tutto
sommato
,
la
grande
borghesia
,
particolarmente
quella
industriale
,
ha
interesse
che
si
facciano
le
riforme
rivolte
alla
"
razionalizzazione
"
del
sistema
ed
alla
stabilizzazione
sociale
:
si
tratterebbe
,
è
vero
,
di
riforme
limitate
,
ma
tali
da
non
impedire
di
compiere
passi
avanti
.
Tuttavia
,
la
grande
borghesia
,
che
da
sola
rappresenta
un
'
entità
numericamente
modesta
e
quindi
politicamente
vulnerabile
,
ha
bisogno
di
cercare
alleanze
fra
i
ceti
medi
,
soprattutto
fra
gli
strati
più
conservatori
.
In
questo
senso
la
grande
borghesia
ha
un
'
assai
rilevante
responsabilità
per
la
mancata
attuazione
delle
principali
riforme
;
in
effetti
,
per
mantenere
e
allargare
l
'
appoggio
degli
strati
più
conservatori
deí
ceti
medi
ha
attivamente
contribuito
a
contrastare
le
riforme
,
in
modo
particolare
quella
urbanistica
.
Lo
strato
più
"
progressista
"
della
grande
borghesia
è
dato
da
quello
che
controlla
l
'
industria
moderna
;
ma
la
stessa
grande
borghesia
industriale
non
ha
interessi
limitati
alla
sola
industria
:
i
suoi
interessi
si
intrecciano
con
quelli
immobiliari
e
finanziari
"
.
Inoltre
,
lo
strato
più
retrivo
,
quello
che
controlla
la
finanza
,
non
è
affatto
fuori
gioco
:
come
ricorderemo
fra
breve
,
negli
ultimi
tempi
ha
acquistato
un
notevole
peso
politico
oltre
che
economico
.
Se
le
cose
stanno
così
,
quali
sono
le
forze
sociali
che
in
un
paese
come
l
'
Italia
possono
spingere
verso
l
'
attuazione
di
riforme
radicali
?
La
destra
ben
difficilmente
può
farlo
,
almeno
in
regime
di
democrazia
parlamentare
,
per
le
ragioni
richiamate
poco
fa
.
La
sinistra
in
via
di
principio
può
farlo
,
sulla
base
di
una
alleanza
fra
quegli
strati
della
classe
operaia
e
dei
ceti
medi
che
alle
riforme
sono
interessati
,
per
ragioni
economiche
o
civili
.
Considerata
l
'
eterogeneità
dei
ceti
medi
,
che
è
anche
più
accentuata
di
quella
della
classe
operaia
,
le
possibilità
di
successo
di
una
strategia
rivolta
all
'
attuazione
delle
riforme
dipendono
in
larga
misura
dalla
capacità
e
dall
'
abilità
degli
uomini
politici
al
potere
e
dalla
loro
conoscenza
critica
dei
problemi
e
delle
forze
in
gioco
.
È
chiaro
che
una
riforma
sanitaria
,
per
esempio
,
difficilmente
si
potrà
fare
se
la
maggioranza
dei
medici
la
osteggiano
;
e
d
'
altra
parte
,
non
tutte
le
proposte
(
o
le
controproposte
)
dei
medici
sono
necessariamente
viziate
da
"
interessi
corporativi
"
:
possono
esserci
medici
che
,
più
che
allo
stipendio
o
a
posizioni
di
potere
o
di
micro
-
potere
,
sono
interessati
a
lavorare
in
ambienti
civili
e
moderni
,
capaci
di
consentire
un
'
attività
soddisfacente
:
in
primo
luogo
,
essi
vogliono
sentirsi
effettivamente
utili
.
D
'
altra
parte
,
anche
le
proposte
o
le
critiche
di
tipo
corporativo
possono
contenere
-
se
opportunamente
depurate
ed
emendate
-
elementi
validi
per
una
riforma
radicale
e
socialmente
soddisfacente
.
Considerazioni
analoghe
valgono
per
la
riforma
della
scuola
e
per
gl
'
insegnanti
.
L
'
abilità
dei
politici
sta
nel
compiere
una
sintesi
nell
'
interesse
generale
,
mediando
,
sì
,
i
diversi
interessi
,
ma
evitando
sia
il
compromesso
con
í
gruppi
più
retrivi
sia
le
posizioni
demagogiche
,
che
sono
avallate
o
da
intellettuali
che
non
sanno
valutare
le
forze
in
gioco
,
o
da
gruppi
di
persone
"
escluse
"
ed
esasperate
,
che
intendono
rifarsi
di
colpo
delle
passate
privazioni
,
spingendo
verso
un
male
opposto
ma
non
meno
grave
di
quello
che
si
vuole
eliminare
.
La
strategia
delle
riforme
esige
dunque
,
soprattutto
in
Italia
,
una
cospicua
abilità
di
sintesi
da
parte
degli
uomini
politici
che
la
guidano
;
ma
esige
anche
una
grande
capacità
intellettuale
e
critica
:
concepire
e
poi
attuare
il
nuovo
,
presenta
difficoltà
che
si
aggiungono
agli
ostacoli
frapposti
dagli
interessi
minacciati
.
In
via
generale
,
la
democrazia
italiana
oggi
si
trova
in
una
situazione
di
crisi
,
apparentemente
non
catastrofica
né
clamorosa
,
ma
certo
molto
grave
.
A
determinare
una
tale
situazione
ha
contribuito
il
contrasto
fra
le
attese
suscitate
dai
governi
di
centro
-
sinistra
di
vaste
riforme
e
le
modestissime
realizzazioni
.
Nel
tentativo
di
chiarire
i
motivi
di
questa
situazione
,
di
disorientamento
e
di
frustrazione
,
si
è
andati
anche
più
indietro
nel
tempo
e
,
soprattutto
da
alcune
frazioni
delle
nuove
generazioni
,
è
stato
imbastito
il
processo
alla
Resistenza
ed
alle
ragioni
del
fallimento
delle
aspettative
,
che
l
'
avevano
animata
,
di
un
rinnovamento
ben
più
profondo
e
radicale
(
anche
se
non
ben
specificato
)
di
quello
promesso
dai
governi
di
centro
-
sinistra
.
Perché
quelle
aspettative
sono
andate
deluse
?
Per
colpa
degli
uomini
dei
partiti
innovatori
,
che
non
hanno
avuto
sufficiente
coraggio
,
tenacia
e
determinazione
,
o
per
ragioni
di
forza
maggiore
?
Indubbiamente
le
colpe
ci
sono
e
sono
gravi
.
Ma
a
mio
parere
all
'
origine
di
quella
delusione
esiste
una
forte
componente
di
illusione
sulle
reali
condizioni
sociali
del
nostro
paese
e
sul
grado
di
sviluppo
civile
delle
diverse
classi
,
specialmente
della
piccola
borghesia
.
Alla
luce
delle
numerose
indagini
storiche
e
sociologiche
riguardanti
l
'
Italia
moderna
e
contemporanea
,
appare
oramai
evidente
che
il
fascismo
non
fu
un
accidente
,
non
fu
un
fenomeno
paragonabile
all
'
invasione
degli
Hyksos
in
Egitto
,
come
disse
Croce
,
né
fu
una
camicia
di
forza
imposta
ad
un
paese
democraticamente
maturo
da
un
pugno
di
banditi
prezzolati
dal
grande
capitale
;
appare
chiaro
,
viceversa
,
che
il
fascismo
ha
avuto
un
'
ampia
base
sociale
fra
strati
della
piccola
borghesia
e
perfino
fra
strati
,
sia
pure
esigui
,
di
operai
relativamente
privilegiati
.
Pertanto
,
cessata
la
guerra
,
quella
di
"
un
fascismo
senza
Mussolini
"
era
una
possibilità
effettiva
che
per
un
certo
periodo
fu
molto
seriamente
considerata
anche
da
influenti
circoli
alleati
,
come
hanno
dimostrato
Salvemini
e
La
Piana
(
La
sorte
dell
'
Italia
,
ed.
inglese
1943
,
trad.
it.
nel
volume
L
'
Italia
vista
dall
'
America
,
a
cura
di
E
.
Tagliacozzo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1969
)
.
Il
regio
governo
di
Badoglio
(
che
aveva
avuto
l
'
intenzione
di
nominare
Dino
Grandi
come
ministro
degli
Esteri
)
era
appunto
un
tentativo
di
avviare
un
"
fascismo
senza
Mussolini
"
.
Questo
tentativo
falli
,
come
fallirono
altri
tentativi
consimili
,
proprio
grazie
alla
Resistenza
ed
all
'
ampiezza
ed
alla
forza
del
movimento
popolare
che
la
esprimeva
.
È
vero
:
mentre
non
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
proletaria
,
che
neppure
il
partito
comunista
veramente
voleva
,
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
democratica
,
caratterizzata
da
profonde
riforme
sociali
,
non
diverse
,
almeno
negli
elementi
essenziali
,
da
quelle
introdotte
in
Inghilterra
subito
dopo
la
fine
della
guerra
;
e
gli
uomini
che
sono
emersi
dalla
Resistenza
come
leaders
hanno
la
responsabilità
di
non
aver
saputo
sfruttare
una
tale
possibilità
.
Ma
bisogna
aggiungere
che
i
limiti
erano
molto
angusti
,
non
solo
e
non
tanto
per
i
condizionamenti
imposti
dalle
potenze
vincitrici
quanto
per
le
condizioni
sociali
italiane
.
Se
ci
si
rende
veramente
conto
,
di
là
dalla
retorica
di
cui
,
più
o
meno
,
tutti
siamo
vittime
,
della
nostra
gravissima
arretratezza
civile
,
si
deve
dire
che
le
aspettative
di
una
palingenesi
sociale
erano
generose
,
nobili
ma
molto
ingenue
:
non
diversamente
dalle
aspettative
degli
intellettuali
che
guidarono
,
nel
1799
,
il
tentativo
rivoluzionario
a
Napoli
,
quelle
aspettative
erano
fondate
su
un
'
immagine
del
tutto
utopistica
del
nostro
paese
.
Il
"
fallimento
"
della
Resistenza
appare
tale
solo
se
misurato
sul
metro
di
quelle
aspettative
;
se
invece
si
assume
,
come
si
deve
,
il
metro
della
realtà
,
ossia
quello
di
un
paese
paurosamente
arretrato
sul
piano
civile
,
il
"
fallimento
"
appare
uno
straordinario
successo
.
Oggi
noi
tutti
non
potremmo
godere
di
quelle
libertà
e
di
quelle
autonomie
-
circoscritte
,
limitate
,
condizionate
finché
si
vuole
,
ma
sensibilmente
maggiori
di
zero
-
senza
il
sacrificio
degli
uomini
della
Resistenza
[
Ho
modificato
alcuni
dei
giudizi
espressi
nella
seconda
parte
di
questo
paragrafo
dopo
le
osservazioni
critiche
gentilmente
comunicatemi
da
Leo
Valiani
]
.
In
ogni
caso
,
per
giudicare
correttamente
i
nostri
attuali
problemi
,
occorre
essere
ben
consapevoli
che
il
nostro
paese
"
per
trecento
lunghi
anni
patì
l
'
obbrobrio
e
il
danno
delle
dominazioni
straniere
"
(
Giustino
Fortunato
)
.
È
straordinariamente
cupa
la
storia
di
due
terzi
del
nostro
paese
,
il
Sud
ed
il
Centro
:
quasi
inesistente
,
nel
Sud
,
l
'
esperienza
dell
'
autonomia
comunale
,
una
dominazione
di
tipo
al
tempo
stesso
feudale
e
coloniale
,
con
l
'
aggravante
delle
frequenti
incursioni
dei
pirati
lungo
le
coste
;
un
regime
,
quello
borbonico
,
definito
da
uno
straniero
,
distaccato
nel
suo
giudizio
,
William
Gladstone
:
"
the
negation
of
God
transformed
into
a
system
of
government
"
;
un
'
amministrazione
,
nel
Centro
,
che
dal
punto
di
vista
civile
,
pur
considerando
la
diversità
dei
tempi
,
non
è
esagerato
definire
raccapricciante
,
se
si
deve
prestar
fede
alle
descrizioni
di
un
altro
straniero
,
anch
'
esso
distaccato
e
disinteressato
,
William
Nassau
Senior
.
La
riflessione
approfondita
e
critica
del
nostro
presente
e
,
per
comprenderlo
,
sul
nostro
passato
,
può
dar
luogo
a
conclusioni
catastrofiche
e
paralizzanti
per
l
'
azione
:
la
realtà
è
veramente
orribile
.
Ma
-
si
spera
-
può
dar
luogo
a
una
benefica
rabbia
di
ricostruzione
e
,
paradossalmente
,
può
indurre
a
giudizi
tutto
sommato
positivi
(
come
nel
caso
della
Resistenza
)
poiché
,
nonostante
tutto
,
molte
cose
stanno
cambiando
nel
nostro
paese
.
2
.
Intellettuali
e
tecnici
Dove
si
trovano
,
quali
sono
gli
strati
socialmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
?
Ho
già
risposto
,
in
parte
,
a
questa
domanda
:
si
trovano
in
tutti
i
gruppi
che
formano
questa
classe
composita
.
Sociologi
e
politici
hanno
concentrato
la
loro
attenzione
su
due
gruppi
particolari
:
quello
degli
intellettuali
e
quello
degli
scienziati
,
dei
tecnici
e
degli
specialisti
,
di
formazione
molto
recente
(
gli
"
intellettuali
di
tipo
nuovo
"
di
Gramsci
)
.
Ritengo
che
sia
giusto
soffermarsi
in
modo
particolare
su
questi
due
gruppi
,
sia
perché
il
grado
di
cultura
critica
è
,
in
media
,
più
elevato
che
negli
altri
gruppi
,
considerati
nel
loro
complesso
,
sia
perché
anche
la
relativa
"
libertà
di
scelta
"
è
più
ampia
.
Benedetto
Croce
aveva
torto
quando
considerava
gl
'
intellettuali
come
persone
totalmente
libere
e
"
indipendenti
"
,
addirittura
come
artefici
collettivi
ma
autonomi
della
storia
;
aveva
tuttavia
ragione
ad
attribuire
grande
importanza
nello
svolgimento
della
storia
a
quella
che
egli
chiamava
"
classe
intellettuale
"
.
E
Antonio
Gramsci
,
che
esortava
"
a
fare
i
conti
"
in
termini
dialettici
con
la
filosofia
crociana
(
"
occorre
rifare
per
la
concezione
filosofica
del
Croce
la
stessa
riduzione
che
i
primi
teorici
della
filosofia
della
prassi
hanno
fatto
per
la
concezione
hegeliana
"
)
,
aveva
ragione
quando
scriveva
:
Il
pensiero
del
Croce
...
deve
,
per
lo
meno
,
essere
apprezzato
come
valore
strumentale
,
e
così
si
può
dire
che
esso
ha
energicamente
attirato
l
'
attenzione
sull
'
importanza
dei
fatti
di
cultura
e
di
pensiero
sullo
sviluppo
della
storia
,
sulla
funzione
dei
grandi
intellettuali
nella
vita
organica
della
società
civile
e
dello
Stato
,
sul
momento
dell
'
egemonia
e
del
consenso
come
forma
necessaria
del
blocco
storico
concreto
(
Il
materialismo
storico
e
la
filosofia
di
Benedetto
Croce
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
pp.
199-201
)
.
Coloro
che
,
come
chi
scrive
,
si
augurano
che
una
profonda
trasformazione
dell
'
ordinamento
sociale
possa
essere
promossa
,
nel
nostro
paese
,
da
una
rinnovata
e
organica
alleanza
fra
classe
operaia
ed
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
debbono
puntare
soprattutto
su
quei
due
gruppi
.
Ma
è
necessario
non
farsi
illusioni
:
anche
in
questi
due
gruppi
la
fascia
socialmente
solida
,
capace
di
sostenere
gli
sforzi
di
lungo
periodo
che
una
tale
alleanza
richiede
,
è
ancora
esile
nel
nostro
paese
.
D
'
altra
parte
,
in
questi
due
gruppi
particolari
-
intellettuali
e
tecnici
-
,
come
del
resto
negli
altri
gruppi
e
nelle
altre
classi
sociali
,
non
esiste
solo
una
fascia
civilmente
robusta
ed
una
fascia
di
topi
nel
formaggio
;
esiste
anche
una
larga
fascia
intermedia
di
individui
personalmente
onesti
ma
politicamente
indifferenti
,
individui
che
sarebbero
capaci
di
sacrificare
alcuni
loro
interessi
economici
in
nome
di
interessi
civili
più
ampi
.
È
anche
su
questa
fascia
che
bisogna
puntare
per
quella
rinnovata
alleanza
.
Sotto
l
'
aspetto
della
classificazione
qui
adottata
,
gl
'
intellettuali
in
senso
stretto
e
i
tecnici
si
trovano
prevalentemente
nella
piccola
borghesia
(
gli
strati
più
elevati
sono
inclusi
nella
borghesia
vera
e
propria
)
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
4.1
)
.
Gl
'
intellettuali
,
non
diversamente
dai
quadri
intermedi
della
burocrazia
(
parte
I
,
capp
.
5
e
7
)
,
tendono
a
suddividersi
in
due
categorie
:
quelli
organicamente
integrati
nella
classe
dominante
e
quelli
che
tendono
ad
avvicinarsi
agli
interessi
e
agli
ideali
della
classe
operaia
;
e
una
tale
suddivisione
vale
non
solo
per
gl
'
intellettuali
di
nuovo
tipo
(
scienziati
,
ricercatori
,
tecnici
di
livello
elevato
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
scientifica
"
)
,
ma
anche
per
gl
'
intellettuali
di
tipo
tradizionale
(
letterati
,
filosofi
,
artisti
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
umanistica
"
)
.
Parlo
di
tendenze
e
non
di
realtà
effettive
,
poiché
i
margini
d
'
indeterminazione
,
non
trascurabili
in
nessuna
classe
o
sottoclasse
,
sono
particolarmente
rilevanti
nel
caso
degli
intellettuali
,
soprattutto
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
storico
della
nostra
società
.
La
posizione
dei
tecnici
(
che
,
come
i
politici
,
rientrano
nella
categoria
degli
intellettuali
in
senso
lato
)
è
anche
più
indeterminata
e
polivalente
di
quella
degli
intellettuali
in
senso
stretto
:
possono
essere
cooptati
dalla
classe
dominante
,
come
quegli
impiegati
che
ne
diventano
"
fiduciari
"
;
ma
possono
anche
allearsi
con
la
classe
operaia
;
infine
,
possono
restare
,
per
così
dire
,
disponibili
,
in
una
posizione
critica
ed
autonoma
,
se
pure
non
neutrale
.
In
ogni
modo
,
la
questione
dei
tecnici
va
vista
congiuntamente
a
quella
dei
dirigenti
(
managers
dei
massimi
livelli
,
che
in
parte
sono
appunto
i
tecnici
cooptati
dalla
classe
dominante
)
;
ed
entrambe
le
questioni
vanno
considerate
nel
quadro
dell
'
evoluzione
del
capitalismo
moderno
,
che
ha
assunto
le
caratteristiche
che
oggi
conosciamo
(
non
solo
nel
nostro
paese
)
con
lo
sviluppo
delle
società
per
azioni
,
quindi
dei
gruppi
finanziari
di
queste
società
(
holdings
)
e
infine
,
nel
periodo
più
recente
,
specialmente
nei
paesi
capitalistici
più
avanzati
,
dei
gruppi
multinazionali
.
Questo
capitalismo
è
caratterizzato
da
una
progressiva
separazione
fra
proprietà
e
controllo
:
il
processo
di
concentrazione
-
intravisto
,
già
al
suo
primo
manifestarsi
,
da
Marx
e
da
Engels
-
ha
compiuto
,
nel
tempo
,
passi
da
gigante
;
ma
(
ed
è
questa
una
tesi
fondamentale
di
Alberto
Breglia
)
,
un
tale
processo
non
sembra
condurre
di
per
sé
al
collettivismo
pubblico
(
socialismo
)
;
può
invece
condurre
,
e
in
una
certa
misura
ha
condotto
,
ad
una
sorta
di
collettivismo
privato
,
ossia
a
un
sistema
che
perpetua
i
privilegi
sotto
forme
nuove
,
non
fondate
più
,
principalmente
,
sulla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ma
sulla
forza
politica
e
sulla
divisione
del
lavoro
,
in
un
peculiare
assetto
istituzionale
,
che
risulta
da
una
commistione
fra
pubblico
e
privato
.
3
.
I
condizionamenti
internazionali
e
le
tensioni
di
origine
interna
I
movimenti
e
le
tendenze
politiche
che
si
manifestano
,
in
Italia
,
nel
seno
di
ciascuna
delle
diverse
classi
condizionano
e
sono
condizionati
dai
movimenti
e
dalle
tendenze
politiche
che
si
manifestano
nelle
analoghe
classi
sociali
degli
altri
paesi
relativamente
evoluti
,
specialmente
dell
'
Europa
.
Data
la
sua
particolare
instabilità
sociale
e
politica
e
dato
il
suo
maggior
grado
di
cultura
,
ciò
è
specialmente
vero
per
la
piccola
borghesia
,
i
cui
movimenti
,
come
quelli
di
un
pendolo
,
entrano
in
risonanza
con
i
movimenti
delle
piccole
borghesie
degli
altri
paesi
che
si
trovano
in
condizioni
relativamente
simili
:
l
'
"
effetto
dimostrativo
"
,
rilevante
per
tutti
i
gruppi
sociali
,
è
particolarmente
rilevante
nel
caso
della
piccola
borghesia
.
Di
ciò
occorre
tener
conto
nel
riflettere
sulla
grave
crisi
sociale
e
politica
che
ora
è
in
atto
nel
nostro
paese
:
le
spinte
e
le
tensioni
che
l
'
hanno
provocata
hanno
origine
non
solo
all
'
interno
ma
anche
all
'
esterno
della
nostra
società
.
Il
movimento
studentesco
e
poi
i
gruppi
extra
-
parlamentari
sono
stati
fortemente
influenzati
da
spinte
esterne
,
così
come
lo
sono
state
le
tensioni
nel
mercato
del
lavoro
:
in
tutti
i
paesi
più
evoluti
negli
ultimi
anni
gli
scioperi
sono
diventati
più
frequenti
e
più
lunghi
,
e
ciò
come
conseguenza
dell
'
accresciuta
pressione
inflazionistica
(
che
è
un
fenomeno
internazionale
)
e
per
una
sorta
di
reciproco
"
effetto
dimostrativo
"
,
che
in
certi
casi
(
autunno
caldo
italiano
del
1969
)
è
stato
rafforzato
dal
timore
che
i
sindacati
avevano
di
essere
scavalcati
a
sinistra
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
,
com
'
era
avvenuto
nel
maggio
francese
del
1968
.
La
conseguenza
dell
'
esplosione
salariale
che
,
più
o
meno
,
si
è
verificata
in
tutti
o
quasi
tutti
i
paesi
industrializzati
,
è
stata
una
sensibile
flessione
del
saggio
del
profitto
,
la
quale
a
sua
volta
ha
frenato
gl
'
investimenti
e
fatto
aumentare
la
disoccupazione
.
Le
difficoltà
economiche
sono
state
aggravate
dal
disordine
nel
sistema
monetario
internazionale
e
dalla
crisi
di
importanti
rami
produttivi
,
come
l
'
industria
tessile
e
la
chimica
di
base
,
crisi
provocata
,
oltre
che
dal
forte
aumento
del
costo
del
lavoro
,
dall
'
accresciuta
concorrenza
internazionale
e
da
cospicui
errori
compiuti
negli
ultimi
anni
da
certi
grandi
complessi
produttivi
nella
politica
di
investimenti
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
nelle
quali
si
dibatte
il
nostro
paese
da
alcuni
anni
hanno
avuto
e
stanno
avendo
rilevanti
conseguenze
:
hanno
fatto
crescere
il
numero
dei
fallimenti
e
,
per
le
imprese
con
un
numero
di
addetti
relativamente
elevato
,
hanno
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
;
più
in
generale
,
hanno
dato
luogo
ad
una
rapida
accelerazione
dell
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
;
infine
,
insieme
con
altri
fattori
,
hanno
concorso
a
stimolare
fusioni
non
solo
al
livello
interno
ma
anche
al
livello
internazionale
.
La
debolezza
del
capitale
privato
italiano
ha
comportato
dunque
una
espansione
assoluta
e
relativa
sia
del
capitale
pubblico
sia
del
capitale
estero
,
specialmente
nell
'
industria
;
in
certi
rami
sono
comparse
oppure
hanno
grandemente
esteso
la
loro
influenza
le
grandi
società
multinazionali
.
Questo
è
un
fatto
nuovo
di
fondamentale
importanza
di
cui
d
'
ora
in
poi
non
solo
i
sindacati
ma
anche
i
partiti
di
sinistra
dovranno
tenere
il
massimo
conto
.
Le
difficoltà
economiche
,
aggravando
il
problema
della
disoccupazione
(
operaia
e
intellettuale
)
,
hanno
esasperato
le
tensioni
sociali
,
sia
nel
mondo
del
lavoro
sia
,
più
in
generale
,
nel
mondo
dei
giovani
.
Queste
tensioni
,
che
sono
comuni
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
hanno
assunto
caratteristiche
particolarmente
gravi
nel
nostro
paese
,
che
ha
strutture
civili
debolissime
,
sia
perché
il
suffragio
universale
è
un
fatto
relativamente
recente
(
in
pratica
comincia
ad
essere
applicato
solo
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
)
,
sia
per
il
basso
grado
d
'
istruzione
delle
masse
sia
per
l
'
espansione
enorme
,
relativamente
recente
e
in
parte
patologica
,
della
piccola
borghesia
.
La
persistente
flessione
del
saggio
medio
del
profitto
,
che
-
ripeto
-
è
comune
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
può
avere
effetti
molto
gravi
sia
sul
piano
economico
sia
sul
piano
politico
,
dato
che
"
il
saggio
del
profitto
costituisce
la
forza
motrice
della
produzione
capitalistica
"
(
Marx
)
.
Una
crisi
economica
è
già
in
atto
ed
è
elevato
il
rischio
che
si
aggravi
,
con
un
cospicuo
aumento
della
disoccupazione
.
Politicamente
,
sono
fortissime
le
spinte
per
una
svolta
a
destra
;
è
da
prevedere
che
la
reazione
della
borghesia
diventerà
ancora
più
dura
,
con
spinte
di
tipo
fascista
che
oggi
a
quanto
pare
provengono
,
più
che
dalla
grande
borghesia
,
dagli
strati
reazionari
della
piccola
borghesia
.
Si
tratta
di
vedere
quale
risposta
sono
in
grado
di
dare
i
partiti
che
in
qualche
modo
rappresentano
gl
'
interessi
della
classe
operaia
e
i
sindacati
:
sono
pronti
al
decisivo
scontro
frontale
,
comunque
a
una
strategia
rivolta
a
impartire
colpi
d
'
intensità
progressivamente
crescente
per
mutare
il
"
sistema
"
?
La
risposta
di
chi
scrive
è
negativa
.
Sembra
che
la
classe
operaia
sia
diventata
abbastanza
forte
sul
piano
sindacale
da
impartire
duri
colpi
al
"
sistema
"
,
ma
non
abbastanza
forte
e
compatta
e
consapevole
da
mutarlo
.
Se
così
è
,
dovrebbe
essere
ovvio
che
alla
classe
operaia
e
ai
suoi
rappresentanti
e
alleati
oggi
conviene
evitare
lo
scontro
frontale
e
,
comunque
,
non
conviene
adottare
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
.
Di
questo
i
dirigenti
politici
e
sindacali
sembrano
convinti
,
poiché
si
rendono
conto
che
la
grande
maggioranza
degli
operai
non
vuole
veramente
una
rivoluzione
.
Ma
una
frazione
della
"
base
"
,
che
tuttavia
riesce
ad
avere
una
notevole
influenza
,
anche
sotto
la
spinta
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
continua
a
spingere
come
se
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
fosse
desiderabile
.
Questa
è
una
contraddizione
grave
,
che
nel
nostro
paese
assume
una
gravità
ben
maggiore
che
in
altri
paesi
capitalistici
europei
.
Il
massimalismo
,
non
suffragato
da
una
forza
proporzionata
agli
obiettivi
,
non
ha
mai
dato
frutti
positivi
in
nessun
paese
e
in
nessun
tempo
.
Sul
piano
sociale
e
politico
,
le
spinte
esterne
s
'
intrecciano
e
si
combinano
con
spinte
e
tensioni
specificamente
interne
.
A
titolo
illustrativo
,
si
possono
considerare
due
aree
,
profondamente
diverse
,
in
cui
qualche
anno
fa
si
sono
localizzate
le
tensioni
più
acute
:
Milano
e
Reggio
Calabria
.
A
Milano
è
particolarmente
acuta
,
in
molte
fabbriche
,
la
tensione
fra
dirigenti
e
operai
,
soprattutto
quelli
da
poco
immigrati
dal
Sud
.
Questi
operai
,
che
hanno
reciso
i
legami
con
le
zone
di
origine
attratti
dal
miraggio
di
un
relativo
benessere
,
hanno
scoperto
:
1
)
che
il
loro
salario
viene
decurtato
da
fitti
esosi
;
2
)
che
,
dato
il
loro
grado
d
'
istruzione
,
sono
assegnati
ai
lavori
più
umili
e
più
"
alienanti
"
;
3
)
che
l
'
ambiente
sociale
è
quasi
razzialmente
ostile
nei
loro
confronti
.
Di
qui
la
loro
rabbia
,
che
si
riversa
sui
dirigenti
di
fabbrica
,
da
loro
visti
come
capitalisti
e
sfruttatori
,
e
che
a
volte
viene
incanalata
e
diretta
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
.
È
rilevante
anche
la
tensione
fra
certi
strati
di
operai
di
recente
immigrazione
e
certi
strati
di
operai
di
provenienza
locale
.
Anche
in
certi
strati
di
operai
locali
vi
sono
tensioni
,
come
conseguenza
del
fatto
che
,
dopo
gli
elevati
aumenti
salariali
del
1962-1964
,
gl
'
industriali
hanno
cercato
di
accrescere
la
produttività
non
tanto
con
nuove
macchine
,
quanto
attraverso
processi
di
"
razionalizzazione
"
aziendale
,
attraverso
l
'
intensificazione
dei
ritmi
di
lavoro
e
il
ricorso
al
lavoro
straordinario
.
Queste
tensioni
,
tuttavia
,
assumono
più
la
forma
di
rivendicazioni
sindacali
(
aumenti
dei
salari
e
migliori
condizioni
di
lavoro
)
che
la
forma
di
spinte
rabbiose
o
eversive
.
Per
Reggio
Calabria
,
occorre
in
primo
luogo
tener
presente
la
seguente
osservazione
di
Gramsci
:
Il
"
morto
di
fame
"
piccolo
-
borghese
è
originato
dalla
borghesia
rurale
:
la
proprietà
si
spezzetta
in
famiglie
numerose
e
finisce
con
l
'
essere
liquidata
,
ma
gli
elementi
della
classe
non
vogliono
lavorare
manualmente
:
così
si
forma
uno
strato
famelico
di
aspiranti
a
piccoli
impieghi
municipali
,
di
scrivani
,
di
commissionari
,
eccetera
...
Molti
piccoli
impiegati
delle
città
derivano
socialmente
da
questi
strati
...
Il
"
sovversivismo
"
di
questi
strati
ha
due
facce
:
verso
sinistra
e
verso
destra
,
ma
il
volto
sinistro
è
un
mezzo
ricatto
:
essi
vanno
sempre
a
destra
nei
momenti
decisivi
e
il
loro
"
coraggio
"
disperato
preferisce
avere
i
carabinieri
come
alleati
(
Passato
e
presente
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
15
)
.
In
effetti
,
la
rivolta
di
Reggio
è
stata
promossa
da
piccoli
borghesi
"
sovversivi
"
che
hanno
fatto
leva
soprattutto
sulla
rabbia
di
alcuni
strati
del
sottoproletariato
cittadino
.
Naturalmente
,
l
'
osservazione
di
Gramsci
riguarda
solo
un
aspetto
della
complessa
situazione
(
uno
degli
elementi
particolari
sta
in
ciò
,
che
l
'
istituzione
degli
uffici
regionali
può
avere
grande
importanza
per
l
'
impiego
di
numerose
persone
)
;
un
altro
aspetto
è
dato
dall
'
esasperazione
,
che
serpeggia
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
meridionale
,
per
le
promesse
,
fatte
ripetutamente
dai
politici
e
in
gran
parte
non
mantenute
,
circa
l
'
avvio
di
un
vigoroso
processo
di
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
.
Queste
indicazioni
,
pur
brevi
e
frammentarie
,
bastano
a
mettere
in
evidenza
la
necessità
di
studiare
a
fondo
i
seguenti
fenomeni
,
che
in
parte
si
sovrappongono
e
che
comunque
sono
fra
loro
interdipendenti
:
l
'
esodo
agrario
,
l
'
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
e
gli
spostamenti
interni
alle
classi
,
specialmente
quelli
che
hanno
luogo
nelle
regioni
meridionali
.
Come
si
è
osservato
(
parte
I
,
cap
.
4
)
,
gli
spostamenti
principali
avvengono
nell
'
ambito
della
piccola
borghesia
(
flessione
dei
coltivatori
diretti
,
aumento
degli
impiegati
e
dei
commercianti
)
e
nell
'
ambito
della
classe
operaia
(
flessione
dei
salariati
agricoli
,
aumento
dei
salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
e
dei
sottoproletari
)
.
Sebbene
le
sottoclassi
ora
nominate
,
specialmente
quelle
della
piccola
borghesia
,
siano
tutte
molto
eterogenee
,
sembra
tuttavia
lecito
affermare
che
la
sottoclasse
composta
dai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
in
generale
è
caratterizzata
da
tendenze
di
tipo
conservatore
,
e
comunque
è
più
stabile
e
tradizionalista
delle
altre
sottoclassi
piccolo
-
borghesi
,
ben
più
eterogenee
e
oscillanti
verso
l
'
uno
o
l
'
altro
estremo
dello
schieramento
politico
(
la
spinta
verso
l
'
estrema
destra
eversiva
essendo
presente
soprattutto
nelle
fasce
poco
o
male
inserite
in
attività
economiche
moderne
)
.
Analogamente
,
i
salariati
dell
'
agricoltura
sono
più
tradizionalisti
degli
altri
e
più
suscettibili
,
almeno
in
certe
zone
,
di
subire
l
'
influenza
delle
autorità
ecclesiastiche
locali
,
mentre
i
salariati
dei
settori
extra
-
agricoli
sono
ben
più
attivi
dal
punto
di
vista
sindacale
e
politico
.
Il
risultato
di
quegli
spostamenti
sociali
,
pertanto
,
è
un
aumento
dell
'
instabilità
sociale
e
delle
tensioni
politiche
.
4
.
La
sinistra
tradizionale
e
i
ceti
medi
Tensioni
della
più
diversa
natura
esistono
dunque
nel
nostro
paese
.
Queste
tensioni
sono
state
aggravate
anche
da
disordini
e
da
violenze
deliberatamente
provocate
da
settori
della
destra
politica
ed
economica
operante
nell
'
interno
e
fuori
dello
Stato
,
proprio
per
spingere
all
'
estrema
destra
ampi
strati
della
piccola
borghesia
e
per
determinare
così
una
crisi
politica
;
un
'
ulteriore
spinta
a
destra
degli
stessi
strati
è
stata
originata
da
certi
provvedimenti
radicali
del
governo
di
centro
-
sinistra
,
come
le
leggi
,
tutto
considerato
opportune
e
utili
dal
punto
di
vista
generale
,
riguardanti
i
fondi
rustici
e
l
'
edilizia
residenziale
.
La
sinistra
tradizionale
(
partito
comunista
e
partito
socialista
)
ha
indubbiamente
fatto
tesoro
,
e
non
solo
da
ora
,
della
lezione
del
1921-1922
,
quando
,
come
scrive
Gramsci
,
con
la
sua
politica
passiva
e
permissiva
nei
riguardi
delle
spinte
caotiche
che
spaventavano
molti
piccoli
borghesi
,
già
traumatizzati
dagli
sconvolgimenti
della
guerra
,
la
sinistra
"
se
li
rese
nemici
gratis
,
invece
di
renderseli
alleati
,
cioè
li
ributtò
verso
la
classe
dominante
"
(
Passato
e
presente
,
cit
.
,
p
.
54
)
.
Di
qui
una
politica
cauta
e
comprensiva
,
verso
i
così
detti
ceti
medi
,
sia
del
partito
socialista
sia
del
partito
comunista
(
i
cui
apparati
centrali
,
d
'
altra
parte
,
sono
in
larga
misura
composti
da
persone
provenienti
da
questi
ceti
ed
i
cui
votanti
sono
,
per
quote
non
piccole
,
persone
appartenenti
agli
stessi
ceti
)
.
I
giovani
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
che
criticano
"
da
sinistra
"
il
partito
socialista
e
quello
comunista
,
dovrebbero
cercare
di
comprendere
le
ragioni
di
una
tale
politica
.
È
vero
:
l
'
attuale
sinistra
potrà
apparire
ai
futuri
storici
come
oggi
ci
appare
la
"
sinistra
storica
"
del
secolo
scorso
;
ma
non
ha
senso
attribuire
la
politica
perseguita
dall
'
attuale
sinistra
al
"
tradimento
"
dei
capi
o
al
loro
imborghesimento
:
la
critica
può
diventare
seria
solo
dopo
un
'
analisi
approfondita
,
che
deve
tener
conto
dell
'
attuale
grado
di
sviluppo
delle
forze
produttive
e
delle
diverse
classi
sociali
nel
nostro
paese
.
Il
rabbioso
estremismo
di
certi
gruppi
della
sinistra
extra
-
parlamentare
non
è
affatto
un
fenomeno
tipicamente
italiano
;
anzi
,
nel
nostro
paese
questi
gruppi
sono
meno
virulenti
che
altrove
.
Si
tratta
,
salvo
poche
eccezioni
,
di
gruppi
di
piccoli
borghesi
declassati
e
disperati
:
è
questa
la
caratteristica
dei
tupamaros
di
certi
paesi
latino
-
americani
;
era
questa
la
caratteristica
dei
nichilisti
russi
del
secolo
scorso
.
Non
c
'
è
dubbio
che
i
gruppi
extra
-
parlamentari
con
la
loro
azione
hanno
contribuito
alla
ripresa
del
pericolo
fascista
;
per
esempio
,
l
'
attacco
ai
"
dirigenti
"
delle
fabbriche
,
assecondato
e
certe
volte
diretto
da
questi
gruppi
,
ricorda
sotto
certi
aspetti
l
'
attacco
agli
ufficiali
reduci
dal
fronte
dopo
la
prima
guerra
mondiale
,
attacco
che
certi
settori
della
sinistra
assecondarono
o
promossero
e
che
contribuì
alla
"
cessione
gratuita
"
di
questi
reduci
alla
classe
dominante
.
Fortunatamente
,
la
scala
del
fenomeno
oggi
è
molto
più
limitata
;
oggi
non
sussistono
le
condizioni
di
sconvolgimento
che
allora
sussistevano
;
la
sinistra
ha
imparato
la
lezione
;
infine
,
il
ventennio
nero
ha
rappresentato
una
forte
vaccinazione
,
non
solo
per
la
classe
operaia
ma
anche
per
molti
strati
delle
classi
medie
.
Tuttavia
,
se
il
pericolo
del
fascismo
manifesto
è
basso
,
è
elevato
il
pericolo
di
una
svolta
politica
antifascista
a
parole
ma
sostanzialmente
fascista
nei
fatti
:
l
'
arretratezza
sociale
e
politica
del
nostro
paese
e
la
protervia
di
ampie
sezioni
della
classe
dominante
rende
questo
pericolo
molto
reale
nelle
attuali
condizioni
di
crisi
.
Il
partito
democratico
cristiano
,
che
ha
la
sua
base
elettorale
in
tutte
e
tre
le
classi
sociali
(
v
.
le
tabelle
7.1
,
7.2
,
7.3
e
7.4
dell
'
Appendice
)
,
preoccupato
per
la
fuga
a
destra
di
una
frazione
dell
'
elettorato
piccolo
-
borghese
,
dalla
fine
del
1971
in
poi
ha
attuato
una
sterzata
a
destra
.
I
risultati
delle
elezioni
del
maggio
1972
mostrano
che
la
manovra
di
recupero
ha
avuto
un
notevole
successo
.
È
necessario
tuttavia
tener
conto
che
la
piccola
borghesia
è
una
classe
,
o
quasi
classe
,
particolarmente
instabile
;
per
questo
una
manovra
di
recupero
a
destra
può
avere
successo
in
un
periodo
breve
,
senza
determinare
perdite
sensibili
di
voti
operai
.
Ma
se
la
rotta
dovesse
continuare
verso
destra
,
in
un
periodo
non
breve
le
perdite
di
voti
a
sinistra
potrebbero
diventare
rilevanti
:
le
contraddizioni
dell
'
interclassismo
vengono
alla
luce
nei
periodi
di
gravi
tensioni
sociali
e
politiche
[
Scrivevo
queste
osservazioni
verso
la
fine
del
1972
]
.
La
situazione
della
sinistra
italiana
(
e
per
questo
aspetto
quella
della
sinistra
francese
)
è
resa
difficile
dal
fatto
che
il
partito
comunista
,
il
quale
politicamente
rappresenta
una
quota
rilevante
,
anche
se
non
maggioritaria
,
della
classe
operaia
ed
una
quota
pure
notevole
di
ceti
medi
(
v
.
le
tabelle
7.3
e
7.4
)
,
è
tuttora
in
una
certa
misura
legato
al
modello
sovietico
,
nonostante
le
distanze
prese
nell
'
ultimo
decennio
,
specialmente
dopo
la
tragedia
cecoslovacca
;
e
per
un
paese
come
l
'
Italia
(
e
la
Francia
)
il
modello
sovietico
appare
sempre
meno
un
"
modello
"
da
seguire
,
non
solo
e
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
civili
.
Perfino
quella
rottura
così
profonda
che
è
stata
la
rivoluzione
bolscevica
non
è
valsa
a
interrompere
certe
linee
della
storia
russa
,
che
si
ricollegano
ad
antiche
tradizioni
autocratiche
e
repressive
,
comprensibili
(
dolorosamente
)
in
un
paese
che
in
pratica
non
ha
avuto
una
vera
e
propria
rivoluzione
borghese
e
che
fino
a
pochi
decenni
or
sono
era
un
paese
molto
arretrato
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
grave
,
le
cui
conseguenze
si
riflettono
negativamente
non
solo
sulla
sinistra
,
ma
sull
'
intera
vita
sociale
e
politica
del
nostro
paese
.
Quanto
prima
se
ne
potrà
uscire
,
tanto
meglio
sarà
.
Riguardo
alle
relazioni
fra
classi
e
partiti
,
bisogna
dire
che
anche
il
partito
comunista
è
interclassista
,
come
lo
è
il
partito
socialista
.
Tuttavia
,
se
è
vero
che
tutti
i
partiti
di
sinistra
e
di
destra
sono
interclassisti
,
alcuni
lo
sono
più
degli
altri
.
In
particolare
,
i
ceti
medi
sono
largamente
rappresentati
sia
a
sinistra
che
a
destra
.
Ma
vi
sono
ceti
medi
genuinamente
progressisti
,
almeno
in
modo
potenziale
;
e
vi
sono
ceti
medi
conservatori
o
reazionari
.
(
A
questo
proposito
conviene
leggere
,
naturalmente
interpretandola
con
un
grano
di
sale
per
adattarla
alla
nostra
situazione
,
l
'
analisi
delle
classi
di
Mao
Tse
-
tung
citata
nel
capitolo
5
della
parte
I
)
.
Inoltre
,
certe
categorie
di
persone
sono
bene
ancorate
a
interessi
organici
di
classe
;
altre
,
lo
sono
poco
e
male
,
come
accade
nel
caso
degli
studenti
,
'
dei
pensionati
e
delle
così
dette
casalinghe
.
P
.
presumibile
che
i
voti
di
queste
persone
siano
particolarmente
fluttuanti
.
Ed
è
anche
presumibile
che
la
Democrazia
cristiana
sia
riuscita
finora
ad
ottenere
una
percentuale
relativamente
stabile
di
voti
grazie
a
oscillazioni
di
segno
opposto
dei
votanti
.
La
varietà
delle
frazioni
di
classi
e
di
sottoclassi
che
convergono
nella
Democrazia
cristiana
appare
impressionante
,
se
si
giudica
dalla
varietà
degli
uomini
rappresentativi
:
alcuni
fanno
parte
di
quanto
di
meglio
offra
il
nostro
paese
,
molti
altri
sono
personaggi
da
galera
;
e
sembra
siano
particolarmente
numerosi
,
fra
i
votanti
della
Democrazia
cristiana
,
quelli
che
appartengono
alle
categorie
"
disancorate
"
(
vedi
l
'
indagine
di
Giuliana
Saladino
pubblicata
da
"
L
'
Ora
"
di
Palermo
nei
giorni
16
,
18
,
20
,
23
e
27
luglio
1973
)
.
Ci
si
deve
domandare
che
cosa
può
accadere
a
questo
partito
se
continua
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
e
se
i
partiti
di
sinistra
riescono
a
rinnovarsi
in
profondità
,
rendendo
molto
più
omogeneo
e
compatto
il
loro
interclassismo
e
promuovendo
una
rappresentanza
operaia
diretta
attraverso
una
qualche
trasfusione
di
sangue
,
per
esempio
,
attraverso
l
'
introduzione
negli
organismi
centrali
di
un
quorum
gradualmente
crescente
riservato
agli
operai
;
un
provvedimento
,
questo
,
che
appare
quanto
mai
auspicabile
se
è
vero
che
il
movimento
operaio
è
immune
da
quelle
degenerazioni
e
da
quegli
"
intrallazzi
"
che
inquinano
la
piccola
borghesia
.
Sul
piano
della
gestione
concreta
della
cosa
pubblica
,
occorre
riflettere
sull
'
esperienza
emiliana
e
di
altre
regioni
"
rosse
"
,
dove
si
è
attuata
un
'
alleanza
organica
fra
ceti
medi
e
classe
operaia
,
con
un
'
evidente
egemonia
dei
primi
.
5
.
Sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
Nella
prima
parte
ho
avuto
occasione
di
far
notare
che
la
distanza
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
per
mezzo
dello
stipendio
medio
e
del
salario
medio
,
negli
anni
più
recenti
è
andata
diminuendo
e
che
,
ciò
nonostante
,
in
singoli
settori
o
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
,
le
distanze
presumibilmente
sono
andate
crescendo
.
La
questione
è
importante
e
merita
un
attento
esame
.
Per
un
complesso
di
circostanze
,
il
movimento
operaio
,
insieme
con
quelle
ampie
fette
del
movimento
sindacale
e
della
sinistra
politica
che
bene
o
male
lo
rappresentano
,
ha
raggiunto
importanti
risultati
,
specialmente
negli
ultimi
anni
.
La
posizione
degli
operai
nella
fabbrica
e
nella
società
è
pur
sempre
subordinata
,
ma
lo
è
incomparabilmente
meno
di
quanto
fosse
appena
dieci
anni
fa
.
Questo
importante
processo
di
crescita
civile
avviene
attraverso
dure
lotte
,
attraverso
errori
e
rilevanti
costi
economici
,
che
vanno
a
carico
di
tutti
,
sia
pure
in
diverse
proporzioni
.
In
questo
processo
s
'
innesta
quell
'
avvicinamento
delle
posizioni
medie
di
cui
ho
detto
.
La
scelta
sindacale
dell
'
inquadramento
unico
in
parte
sanziona
questa
nuova
tendenza
e
in
parte
contribuisce
ad
accelerarla
,
almeno
nel
settore
degli
impiegati
di
azienda
.
Si
tratta
di
una
scelta
di
grande
rilievo
.
Ora
questo
processo
di
avvicinamento
economico
e
sociale
fra
certi
strati
di
operai
e
certi
strati
di
ceti
medi
sta
provocando
-
come
già
altre
volte
nel
passato
ma
in
forme
e
con
conseguenze
nuove
-
una
spaccatura
nell
'
ambito
degli
stessi
ceti
medi
.
In
alcuni
strati
quell
'
avvicinamento
suscita
orrore
e
dà
luogo
a
sforzi
per
contrapporsi
ad
esso
,
anche
attraverso
una
strategia
"
corporativa
"
rivolta
a
ripristinare
le
distanze
e
possibilmente
ad
accrescerle
;
l
'
orrore
per
il
comunismo
e
,
più
in
generale
,
per
la
sinistra
,
ha
spesso
una
tale
origine
.
Altri
strati
di
ceti
medi
,
invece
,
considerano
positivamente
questo
processo
,
poiché
l
'
alleanza
organica
con
gli
operai
,
se
ha
degli
svantaggi
economici
(
da
un
punto
di
vista
piccolo
-
borghese
)
,
ha
diversi
rilevanti
vantaggi
in
termini
di
civiltà
e
di
forza
politica
.
Da
un
lato
,
l
'
ascesa
di
una
parte
della
classe
operaia
e
l
'
affermazione
di
una
strategia
"
non
corporativa
"
(
specialmente
nelle
fabbriche
e
fra
gli
intellettuali
)
,
dall
'
altro
lato
,
la
reazione
di
particolari
strati
di
ceti
medi
a
tali
tendenze
ha
assai
inasprito
le
lotte
sociali
e
politiche
,
non
solo
nel
nostro
ma
anche
in
altri
paesi
europei
.
Gli
stessi
capitalisti
industriali
sono
divisi
.
È
in
gioco
non
solo
il
potere
della
grande
borghesia
,
ma
anche
quello
,
a
carattere
in
gran
parte
condominiale
e
subalterno
,
della
media
e
piccola
borghesia
.
All
'
origine
di
questi
contrasti
e
di
queste
contrapposizioni
,
dunque
,
è
l
'
ascesa
non
solo
assoluta
ma
anche
relativa
della
classe
operaia
;
un
'
ascesa
che
ha
luogo
non
solo
nel
campo
economico
ma
anche
nel
campo
sociale
e
politico
e
che
presenta
a
sua
volta
elementi
in
parte
contraddittori
:
da
un
lato
ha
una
componente
potenzialmente
rivoluzionaria
-
almeno
nel
lungo
periodo
-
dall
'
altra
parte
promuove
le
tendenze
verso
l
'
imborghesimento
.
Una
tale
ascesa
,
se
da
un
lato
costituisce
una
minaccia
per
la
grande
borghesia
,
dall
'
altro
lato
costituisce
(
di
nuovo
,
contraddittoriamente
)
una
minaccia
e
,
al
tempo
stesso
,
una
possibilità
di
alleanza
per
la
piccola
borghesia
,
a
cominciare
da
quella
impiegatizia
e
intellettuale
.
Tutto
questo
dimostra
com
'
è
importante
studiare
le
relazioni
(
complementari
e
di
contrapposizione
)
fra
operai
e
ceti
medi
,
in
tutti
i
campi
sociali
,
compreso
quel
campo
particolarissimo
che
è
il
campo
sindacale
.
Un
tale
studio
è
tanto
più
necessario
in
quanto
finora
sulle
relazioni
fra
sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
(
sindacati
che
in
molti
casi
fanno
capo
alle
stesse
organizzazioni
centrali
)
è
stato
steso
pudicamente
un
velo
;
è
possibile
che
questo
sia
accaduto
sotto
l
'
influsso
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
che
,
col
pretesto
di
non
creare
divisioni
all
'
interno
della
"
classe
lavoratrice
"
,
mira
a
cementare
una
solidarietà
che
va
in
buona
parte
a
beneficio
dei
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
.
Ora
,
l
'
opportunismo
e
l
'
ipocrisia
nelle
analisi
sociali
non
hanno
mai
giovato
a
nessuno
,
tanto
meno
hanno
giovato
agli
"
innovatori
"
,
ossia
agli
uomini
della
sinistra
.
Con
non
poca
fatica
,
e
grazie
all
'
aiuto
di
diversi
amici
sindacalisti
,
sono
riuscito
a
elaborare
due
tabelle
in
cui
si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
(
v
.
tabelle
5.1
e
5.2
)
.
Le
statistiche
degli
iscritti
ai
sindacati
godono
di
pessima
reputazione
e
in
effetti
fino
a
pochi
anni
fa
erano
inattendibili
;
da
qualche
tempo
,
da
quando
cioè
la
concorrenza
fra
le
tre
grandi
centrali
sindacali
si
è
andata
attenuando
in
seguito
alla
graduale
attuazione
di
una
strategia
unitaria
,
si
è
andata
attenuando
anche
la
"
guerra
delle
cifre
"
e
i
dati
sugli
iscritti
sono
oramai
abbastanza
attendibili
,
o
per
lo
meno
non
sono
grossolanamente
ingannevoli
.
La
distinzione
fra
operai
e
impiegati
nei
settori
direttamente
produttivi
,
come
l
'
industria
,
è
frutto
di
stime
suggeritemi
dai
sindacalisti
;
nel
caso
dei
sindacati
d
'
impiegati
,
collegati
con
le
tre
centrali
sindacali
o
autonomi
,
questo
problema
non
si
pone
.
Sui
dati
esprimerò
pochi
e
schematici
commenti
.
Rispetto
al
totale
degli
iscritti
di
ciascuna
centrale
sindacale
,
la
Cgil
ha
la
più
alta
quota
degli
iscritti
di
operai
e
impiegati
addetti
all
'
industria
,
il
49%
,
contro
il
39%
della
Cisl
e
il
42%
dell
'
Uil
;
e
poiché
nell
'
industria
gli
operai
costituiscono
la
grande
maggioranza
degli
addetti
(
oltre
il
90%
)
,
si
può
desumere
che
la
Cgil
ha
,
fra
i
propri
iscritti
,
la
più
alta
quota
di
operai
.
Al
contrario
,
la
Cisl
ha
la
più
alta
quota
di
iscritti
nelle
altre
attività
,
dove
prevalgono
gl
'
impiegati
.
La
diversa
composizione
della
Cgil
e
della
Cisl
si
ricollega
ad
un
diverso
rapporto
col
partito
dominante
,
la
Dc
,
ciò
che
fino
ad
un
tempo
recente
ha
anche
comportato
discriminazioni
nelle
assunzioni
,
specialmente
nell
'
ambito
dei
ceti
medi
e
,
in
parte
,
un
diverso
modo
di
concepire
l
'
alleanza
fra
operai
e
ceti
medi
(
particolarmente
quelli
impiegatizi
)
,
anche
se
tanto
l
'
una
quanto
l
'
altra
concezione
-
quella
della
Cgil
proclama
l
'
esigenza
dell
'
egemonia
operaia
-
sono
ambigue
,
per
le
ragioni
più
volte
chiarite
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
,
naturalmente
,
va
riferito
agli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
10
addetti
(
per
gli
impiegati
la
questione
non
si
pone
)
.
Ora
,
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
alto
nell
'
industria
per
quanto
riguarda
gli
operai
(
oltre
il
60%
)
,
mentre
è
relativamente
basso
nel
caso
degli
impiegati
(
circa
un
terzo
)
.
Per
le
altre
attività
le
quote
corrispondenti
sono
il
20%
(
livello
,
come
si
vede
,
molto
basso
)
e
62%
(
livello
relativamente
elevato
:
le
attività
terziarie
costituiscono
il
caratteristico
campo
degli
impiegati
)
.
Nella
pubblica
amministrazione
-
un
settore
quasi
esclusivamente
composto
da
impiegati
-
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
elevato
:
1'80%;
ma
per
circa
un
sesto
si
tratta
di
iscritti
a
sindacati
detti
autonomi
,
che
spesso
sono
affetti
dal
virus
del
corporativismo
.
I
sindacati
autonomi
sono
incredibilmente
numerosi
:
se
ne
contano
alcune
decine
nel
solo
settore
dell
'
istruzione
e
non
meno
di
cinque
nel
settore
della
sanità
.
Paradossalmente
,
una
tale
situazione
di
divisione
e
frammentazione
non
fa
la
debolezza
,
ma
,
spesso
,
fa
la
forza
,
se
si
considera
che
il
così
detto
"
datore
di
lavoro
"
ha
,
come
precipuo
interesse
,
quello
di
far
funzionare
il
servizio
per
ragioni
che
in
un
modo
o
nell
'
altro
sono
di
ordine
pubblico
,
così
che
perfino
un
singolo
sindacato
,
che
raggruppi
una
quota
non
proprio
trascurabile
di
lavoratori
altamente
specializzati
in
un
sottosettore
circoscritto
ma
indispensabile
,
può
esercitare
una
pressione
straordinariamente
forte
.
La
frammentazione
sindacale
può
essere
anche
il
risultato
di
una
deliberata
politica
,
tendente
a
favorire
certi
gruppi
di
lavoratori
o
certe
clientele
,
o
mirante
ad
impedire
l
'
affermarsi
di
determinate
organizzazioni
sindacali
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
dei
pubblici
dipendenti
è
elevato
;
ma
non
c
'
è
molto
da
rallegrarsi
per
questo
.
Il
fatto
è
che
le
alte
percentuali
spesso
sono
la
conseguenza
d
'
intese
con
le
amministrazioni
,
per
una
sorta
d
'
iscrizione
automatica
degli
impiegati
(
e
fin
qui
,
nonostante
i
pericoli
di
burocratizzazione
,
non
ci
sarebbe
molto
da
criticare
)
;
ma
non
di
rado
le
alte
percentuali
delle
tre
grandi
organizzazioni
sindacali
sono
imputabili
alla
facilità
con
cui
esse
hanno
accolto
,
come
affiliati
,
dei
sindacati
assai
poco
diversi
,
nella
linea
di
condotta
di
tipo
corporativo
,
dai
sindacati
autonomi
.
In
realtà
,
fra
certi
sindacati
e
le
grandi
centrali
sussistono
legami
puramente
formali
,
simili
a
quelli
che
venivano
ad
instaurarsi
nel
tardo
Medioevo
fra
il
re
o
l
'
imperatore
e
certi
signori
feudali
.
Inoltre
,
i
sindacati
di
diversi
settori
del
pubblico
impiego
riescono
a
non
far
pagare
gli
scioperi
ai
propri
iscritti
con
diversi
espedienti
;
ora
,
gli
scioperi
sono
una
cosa
seria
solo
se
sono
una
forma
di
lotta
effettiva
;
e
le
lotte
sono
costose
.
Per
gli
operai
le
lotte
sono
costose
e
rischiose
(
licenziamento
)
e
non
è
ammissibile
che
ci
siano
due
pesi
e
due
misure
.
Senza
dubbio
,
nel
settore
del
pubblico
impiego
ci
sono
agitazioni
e
scioperi
pienamente
validi
,
ossia
non
corporativi
,
ossia
ancora
capaci
di
promuovere
la
crescita
economica
e
civile
di
tutti
i
lavoratori
;
ma
è
legittimo
affermare
che
la
percentuale
di
scioperi
di
questo
genere
è
molto
inferiore
a
quella
che
si
riscontra
nel
caso
della
classe
operaia
.
Le
tre
grandi
centrali
sindacali
hanno
la
grave
responsabilità
di
aver
assecondato
o
di
non
aver
condannato
,
o
di
aver
condannato
con
estrema
timidezza
,
gli
scioperi
e
le
rivendicazioni
a
carattere
manifestamente
corporativo
di
impiegati
e
di
professionisti
operanti
nel
settore
pubblico
:
il
reddito
nazionale
,
anche
quando
cresce
,
è
limitato
:
se
la
quota
che
va
a
certi
gruppi
sociali
cresce
,
le
altre
quote
necessariamente
diminuiscono
.
In
breve
,
nel
campo
sindacale
,
il
settore
del
pubblico
impiego
inteso
in
senso
lato
è
quello
che
più
degli
altri
esige
una
vasta
opera
di
riorganizzazione
,
strettamente
collegata
con
direttive
politiche
generali
,
prima
fra
tutte
la
direttiva
di
una
stretta
integrazione
fra
la
strategia
dei
sindacati
del
pubblico
impiego
e
sindacati
operai
,
in
antitesi
alle
spinte
clientelari
e
corporative
tuttora
paurosamente
diffuse
.
Non
può
andare
esente
da
critiche
neppure
il
sindacato
a
prevalente
partecipazione
operaia
.
Tuttavia
,
se
si
eccettuano
evidenti
errori
di
strategia
e
soprattutto
di
tattica
(
agitazioni
in
certi
periodi
troppo
frequenti
,
abuso
di
scioperi
con
rivendicazioni
di
politica
generale
)
,
bisogna
dire
che
da
questa
parte
le
cose
vanno
molto
meglio
;
e
più
di
una
volta
,
se
ci
sono
state
al
vertice
incertezze
e
impostazioni
burocratiche
,
la
base
ha
imposto
rivendicazioni
sacrosante
come
quella
,
già
ricordata
,
dell
'
inquadramento
unico
,
o
quella
per
gl
'
investimenti
nel
Mezzogiorno
,
o
le
rivendicazioni
per
il
miglioramento
delle
condizioni
di
lavoro
nelle
fabbriche
,
specialmente
la
lotta
a
favore
della
salubrità
degli
ambienti
e
contro
l
'
assai
gravemente
insufficiente
prevenzione
degli
infortuni
.
Il
fatto
che
rivendicazioni
qualitative
stiano
avendo
un
peso
crescente
in
confronto
alle
rivendicazioni
puramente
pecuniarie
è
un
fatto
di
grande
rilievo
,
poiché
è
un
indice
della
crescita
civile
degli
operai
,
pur
fra
tanti
errori
,
tante
ingenuità
e
tante
aberrazioni
.
In
ogni
modo
,
per
il
meglio
o
per
il
peggio
,
i
sindacati
sono
al
centro
dell
'
attuale
crisi
politica
,
la
quale
è
grave
e
complessa
e
richiede
un
'
analisi
molto
approfondita
,
illuminata
da
ipotesi
appropriate
.
6
.
L
'
attuale
crisi
politica
e
la
borghesia
finanziaria
Sotto
molti
aspetti
,
l
'
attuale
quadro
politico
italiano
appare
come
una
desolata
palude
:
specialmente
(
ma
non
esclusivamente
)
nella
cerchia
dei
ceti
medi
,
la
corruzione
,
le
spinte
corporative
e
la
caccia
ai
privilegi
si
moltiplicano
,
come
una
volta
in
Uruguay
,
con
un
progressivo
aumento
dell
'
uso
parassitario
delle
risorse
a
danno
degli
impieghi
produttivi
e
quindi
a
danno
delle
capacità
di
sviluppo
economico
.
Al
centro
del
quadro
-
con
ramificazioni
a
destra
e
a
sinistra
-
c
'
è
una
gran
massa
di
piccoli
borghesi
che
pensa
principalmente
,
o
esclusivamente
,
al
proprio
"
particolare
"
e
se
ne
infischia
della
cosa
pubblica
.
A
sinistra
ci
sono
quei
partiti
di
cui
ho
parlato
e
che
,
senza
una
profonda
riorganizzazione
e
senza
una
"
trasfusione
di
sangue
"
,
rischiano
di
corrompersi
o
di
sclerotizzarsi
in
modo
irreversibile
.
All
'
estrema
sinistra
ci
sono
alcuni
gruppi
,
che
oggi
tutto
possono
far
meno
che
la
rivoluzione
.
Ancora
a
sinistra
,
nelle
fabbriche
,
c
'
è
un
consistente
nucleo
di
classe
operaia
industriale
moderna
in
netta
ascesa
.
Corrispondentemente
,
all
'
estrema
destra
si
profila
il
pericolo
di
una
reazione
fascista
di
tipo
nuovo
.
Insomma
,
sembra
che
la
prospettiva
sia
quella
di
uscire
dalla
palude
per
andare
a
finire
o
in
un
campo
di
concentramento
o
in
un
bel
cimitero
,
con
i
viali
ordinati
ed
ornati
di
fiori
,
oppure
in
una
palude
di
altro
genere
.
Che
cosa
si
può
fare
per
uscire
dalla
crisi
?
La
strada
è
certamente
ardua
e
lunga
.
Il
passo
preliminare
consiste
in
un
'
adeguata
analisi
critica
della
situazione
attuale
(
1974
)
:
da
un
lato
occorre
studiare
la
condotta
idei
diversi
sindacati
e
i
condizionamenti
posti
dalla
così
detta
base
,
dall
'
altro
si
devono
esaminare
i
cambiamenti
che
stanno
avendo
luogo
nella
parte
alta
della
piramide
sociale
.
Per
avviare
la
suddetta
analisi
critica
conviene
riflettere
in
modo
particolare
su
alcuni
punti
emersi
nei
precedenti
capitoli
.
1
.
Nei
periodi
di
aspri
conflitti
fra
borghesia
e
parte
della
classe
operaia
,
le
concessioni
ai
funzionari
e
specialmente
a
quelli
di
grado
più
elevato
sono
state
più
frequenti
e
più
sostanziose
.
In
questo
modo
si
sono
rafforzati
i
privilegi
dell
'
alta
burocrazia
(
parte
I
,
cap
.
6
)
.
2
.
Mentre
la
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
dai
livelli
delle
retribuzioni
,
è
andata
diminuendo
negli
ultimi
anni
,
in
certe
fasce
di
impiegati
le
distanze
specifiche
sono
perfino
aumentate
,
come
conseguenza
di
reazioni
corporative
,
rese
rabbiose
da
quello
che
i
sociologhi
chiamano
"
panico
di
status
"
(
parte
I
,
cap
.
7
)
.
3
.
Con
l
'
esodo
agrario
e
l
'
urbanesimo
,
sono
grandemente
cresciute
le
rendite
urbane
,
con
le
connesse
operazioni
speculative
;
si
è
formato
in
questo
modo
,
un
numero
relativamente
consistente
di
nouveaux
riches
(
parte
I
,
cap
.
1
)
.
4
.
Da
anni
il
nostro
paese
si
dibatte
in
gravi
difficoltà
economiche
che
in
gran
parte
sono
la
conseguenza
di
agitazioni
sindacali
particolarmente
violente
(
parte
II
,
cap
.
4
)
e
le
agitazioni
sindacali
sono
state
e
sono
particolarmente
violente
anche
a
causa
dell
'
insufficienza
di
quelle
infrastrutture
civili
che
dovrebbero
essere
attuate
con
l
'
attuazione
delle
riforme
;
di
recente
,
le
difficoltà
economiche
sono
state
drammaticamente
aggravate
dall
'
aumento
nei
prezzi
internazionali
delle
materie
prime
e
,
soprattutto
,
del
petrolio
,
con
un
conseguente
enorme
deficit
nella
bilancia
dei
pagamenti
(
parte
II
,
capp
.
1
e
3
)
.
5
.
Principalmente
a
causa
della
politica
clientelare
perseguita
con
crescente
protervia
dagli
stati
maggiori
dei
partiti
che
sono
al
potere
al
centro
e
alla
periferia
ed
a
causa
di
leggi
approvate
per
favorire
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
dei
gruppi
burocratici
e
dei
"
corpi
separati
"
,
il
deficit
della
pubblica
amministrazione
è
andato
crescendo
in
misura
paurosa
.
Per
finanziare
tale
deficit
,
il
pubblico
erario
e
il
sistema
creditizio
hanno
dovuto
destinare
mezzi
crescenti
,
sottraendoli
al
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
.
Alla
formazione
e
poi
alla
crescita
di
questo
deficit
,
che
sta
diventando
una
voragine
,
hanno
contribuito
in
parte
notevole
i
disavanzi
degli
ospedali
e
degli
enti
locali
,
disavanzi
che
a
loro
volta
sono
stati
alimentati
da
assunzioni
massicce
,
di
tipo
appunto
clientelare
,
e
da
enormi
aumenti
di
stipendio
ottenuti
dai
diversi
gruppi
di
dipendenti
con
l
'
appoggio
-
o
almeno
senza
l
'
opposizione
-
delle
centrali
sindacali
.
Il
costo
del
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
,
d
'
altro
canto
,
è
andato
crescendo
anche
a
causa
dei
molto
gravosi
oneri
per
il
personale
appartenente
alle
istituzioni
creditizie
,
che
dal
punto
di
vista
delle
retribuzioni
costituisce
un
'
altra
caratteristica
isola
di
privilegio
.
6
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
si
sono
tradotte
,
fra
l
'
altro
,
in
una
flessione
dei
profitti
e
in
un
crescente
numero
di
fallimenti
,
ciò
che
ha
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
,
ha
rapidamente
allargato
l
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
ed
ha
favorito
l
'
ingresso
,
silenzioso
ma
massiccio
,
del
capitale
estero
,
controllato
,
in
parte
,
da
grandi
società
multinazionali
(
parte
II
,
cap
.
3
)
.
Queste
difficoltà
economiche
hanno
reso
più
debole
la
borghesia
industriale
a
vantaggio
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
,
che
ha
avuto
tendenza
a
integrarsi
con
l
'
alta
borghesia
burocratica
(
punti
1
e
2
)
e
a
rafforzarsi
sia
inserendosi
in
speculazioni
edilizie
(
punto
3
)
sia
collegandosi
con
le
attività
connesse
col
petrolio
.
In
effetti
,
se
si
mette
da
parte
la
petrolchimica
,
si
deve
riconoscere
che
il
commercio
e
la
raffinazione
dei
prodotti
petroliferi
richiedono
ben
poche
capacità
imprenditoriali
:
si
tratta
di
sapersi
muovere
nel
mondo
della
pubblica
amministrazione
ed
in
quello
delle
compagnie
petrolifere
multinazionali
piuttosto
che
saper
affrontare
le
così
dette
alee
dell
'
organizzazione
produttiva
e
del
mercato
.
Quelle
del
petrolio
possono
quindi
a
buon
diritto
essere
incluse
fra
le
attività
speculative
intese
in
senso
ampio
e
i
proprietari
che
le
controllano
possono
essere
inclusi
nella
borghesia
finanziaria
.
Speculazioni
edilizie
,
esportazioni
di
capitali
,
petrolio
,
costituiscono
le
tipiche
aree
del
profitto
speculativo
:
sono
aree
economicamente
inquinate
anche
da
un
punto
di
vista
capitalistico
;
a
fortiori
sono
aree
inquinate
ed
inquinanti
dal
punto
di
vista
politico
.
7
.
La
flessione
dei
profitti
(
parte
II
,
cap
.
3
)
è
stata
interrotta
dalla
"
fluttuazione
libera
"
della
lira
,
ossia
,
in
sostanza
,
dalla
svalutazione
della
nostra
moneta
in
termini
di
divise
estere
,
che
è
cominciata
nel
febbraio
del
1973
e
che
oggi
(
aprile
1974
)
supera
il
20%
.
Tale
svalutazione
ha
favorito
,
in
generale
,
i
profitti
e
,
in
particolare
,
ha
favorito
le
operazioni
speculative
(
comprese
le
esportazioni
e
le
importazioni
di
capitali
)
dirette
ed
organizzate
dalla
borghesia
finanziaria
.
I
punti
6
e
7
ora
ricordati
sono
stati
elaborati
da
Giorgio
Galli
,
che
ha
formulato
la
seguente
ipotesi
interpretativa
della
crisi
politica
in
atto
:
"
Si
è
venuta
formando
in
Italia
una
borghesia
finanziaria
e
speculativa
nei
suoi
strati
superiori
e
burocratico
-
parassitaria
nei
suoi
strati
immediatamente
inferiori
,
che
non
è
affatto
interessata
alla
razionalizzazione
del
sistema
sociale
e
che
sta
conquistando
l
'
egemonia
nell
'
ambito
dell
'
alta
borghesia
.
Quella
che
si
viene
consolidando
,
dunque
,
è
un
'
alleanza
non
tra
grande
borghesia
industriale
e
ceti
medi
conservatori
(
come
negli
anni
Sessanta
)
,
bensì
un
'
alleanza
tra
alta
borghesia
speculativa
e
media
borghesia
burocratica
,
l
'
una
e
l
'
altra
non
legate
alle
imprese
ed
alle
professioni
,
ma
alla
speculazione
ed
alla
rendita
derivante
dal
controllo
di
posizioni
chiave
nell
'
apparato
amministrativo
(
alti
burocrati
)
,
creditizio
(
alti
funzionari
delle
banche
)
,
delle
imprese
ed
enti
pubblici
e
nell
'
apparato
politico
strettamente
connesso
ai
precedenti
(
lo
strato
superiore
dei
funzionari
di
partito
)
,
dei
politici
professionisti
"
;
gl
'
interessi
politici
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
sarebbero
rappresentati
in
misura
nettamente
prevalente
dalla
Democrazia
cristiana
(
Distribuzione
dei
reddito
e
classi
sociali
,
comunicazione
presentata
al
convegno
"
Distribuzione
del
reddito
e
modello
di
sviluppo
"
,
organizzato
dal
Club
Turati
di
Torino
,
nei
giorni
6-7
marzo
1974
,
pp.
1
e
6
)
.
Quella
che
io
chiamo
borghesia
finanziaria
e
Giorgio
Galli
borghesia
finanziaria
e
speculativa
è
denominata
da
Carlo
Marx
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Marx
la
descrive
nei
seguenti
termini
:
"
Sotto
Luigi
Filippo
,
non
regnava
la
borghesia
francese
,
ma
una
frazione
di
essa
.
I
banchieri
,
i
re
della
borsa
,
i
re
delle
ferrovie
,
i
proprietari
delle
miniere
di
carbone
e
di
ferro
e
delle
foreste
,
e
una
parte
della
proprietà
fondiaria
venuta
con
essi
a
un
accordo
:
la
cosiddetta
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Essa
sedeva
sul
trono
,
essa
dettava
leggi
nelle
Camere
,
essa
distribuiva
gli
impieghi
dello
Stato
,
dal
ministero
allo
spaccio
dei
tabacchi
.
(...)
Mentre
l
'
aristocrazia
finanziaria
faceva
le
leggi
,
dirigeva
l
'
amministrazione
dello
Stato
,
disponeva
di
tutti
i
pubblici
poteri
organizzati
,
dominava
l
'
opinione
pubblica
,
coi
fatti
e
con
la
stampa
,
in
tutti
gli
ambienti
,
dalla
corte
sino
al
Café
Borgne
,
si
spandeva
l
'
identica
prostituzione
,
l
'
identica
frode
svergognata
,
l
'
identica
smania
di
arricchirsi
non
con
la
produzione
,
ma
rubando
le
ricchezze
altrui
già
esistenti
.
Alla
sommità
stessa
della
società
borghese
trionfava
il
soddisfacimento
sfrenato
,
in
urto
ad
ogni
istante
con
le
stesse
leggi
borghesi
,
degli
appetiti
malsani
e
sregolati
in
cui
logicamente
cerca
la
sua
soddisfazione
la
ricchezza
scaturita
dal
giuoco
,
in
cui
il
godimento
diventa
crapuleux
,
e
il
denaro
,
il
fango
e
il
sangue
scorrono
insieme
.
L
'
aristocrazia
finanziaria
,
nelle
sue
forme
di
guadagno
come
nei
,
suoi
piaceri
,
non
è
altro
che
la
riproduzione
del
sottoproletariato
alla
sommità
della
società
borghese
"
(
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
in
Opere
scelte
di
Marx
e
di
Engels
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1966
,
pp.
376
e
378-9
)
.
D
'
altro
lato
,
la
corruzione
dilagante
,
nel
nostro
come
anche
in
altri
paesi
,
nell
'
ambito
della
borghesia
ed
in
particolare
della
piccola
borghesia
ricorda
,
sotto
alcuni
aspetti
,
la
corruzione
dilagante
nell
'
ambito
delle
aristocrazie
feudali
quando
stavano
per
perdere
potere
e
predominio
.
In
quelle
circostanze
trionfava
la
filosofia
del
carpe
diem
o
dell
'
après
moi
le
déluge
-
manifestazione
caratteristica
,
questa
,
di
una
classe
dominante
che
perde
la
fiducia
nei
propri
valori
e
nei
propri
ideali
.
Potremmo
essere
tentati
d
'
interpretare
l
'
attuale
processo
di
sgretolamento
facendo
riferimento
all
'
ascesa
,
di
cui
abbiamo
parlato
più
volte
,
della
classe
nuova
,
quella
degli
operai
,
che
,
insieme
con
molti
tecnici
e
intellettuali
e
parecchi
impiegati
relativamente
immuni
da
interessi
corporativi
,
ha
posto
la
candidatura
all
'
egemonia
.
Debbo
dire
che
una
tale
interpretazione
a
me
sembra
troppo
ottimistica
e
troppo
semplicistica
.
Però
credo
che
tanto
in
questa
interpretazione
quanto
in
quella
precedentemente
accennata
(
che
hanno
certi
punti
di
contatto
)
ci
siano
elementi
di
verità
su
cui
dobbiamo
riflettere
.
Per
la
così
detta
"
aristocrazia
finanziaria
"
Marx
ha
dunque
parole
di
fuoco
:
egli
parla
di
"
prostituzione
"
-
naturalmente
in
senso
civile
-
di
"
frode
svergognata
"
;
parla
anche
di
"
contratti
d
'
appalto
fraudolenti
,
corruzioni
,
malversazioni
,
bricconate
di
ogni
specie
"
.
La
descrizione
di
Marx
(
che
,
sia
detto
fra
parentesi
,
deve
apparire
moralistica
ai
nostri
marxisti
ortodossi
)
è
di
un
'
attualità
impressionante
.
Detto
questo
,
e
pur
considerando
l
'
ipotesi
interpretativa
di
Galli
interessante
e
degna
di
riflessione
e
di
studio
,
non
mi
sento
in
grado
di
pronunciarmi
sulla
sua
validità
.
Mi
limito
tuttavia
a
ricordare
che
i
legami
fra
borghesia
finanziaria
e
le
altre
frazioni
della
borghesia
sono
oggi
così
stretti
,
in
Italia
,
da
rendere
particolarmente
problematica
l
'
attribuzione
di
ruoli
distinti
.
Chi
voglia
,
ciò
nonostante
,
isolare
la
borghesia
finanziaria
,
deve
tener
presente
che
,
per
la
sua
natura
,
il
potere
economico
(
e
politico
)
di
questa
frazione
della
borghesia
è
assai
più
instabile
e
oscillante
di
quello
che
,
di
tempo
in
tempo
e
di
zona
in
zona
,
può
essere
stato
conquistato
dalle
altre
frazioni
(
specialmente
:
borghesia
agraria
e
borghesia
industriale
)
.
In
questo
caso
,
perciò
,
anche
più
che
in
altri
,
occorre
essere
molto
cauti
nelle
generalizzazioni
.
Ricordiamoci
,
in
ogni
modo
,
che
l
'
ascesa
della
borghesia
finanziaria
-
ossia
della
frazione
meno
"
rispettabile
"
della
classe
-
più
che
essere
la
causa
è
l
'
effetto
del
declino
(
non
si
sa
se
duraturo
o
temporaneo
)
della
borghesia
industriale
e
di
quel
vuoto
di
potere
di
cui
ho
parlato
più
volte
.
7
.
Un
popolo
di
semianalfabeti
Le
attuali
difficoltà
economiche
e
politiche
sono
in
larga
misura
simili
a
quelle
sperimentate
da
altri
paesi
;
all
'
origine
,
io
credo
,
c
'
è
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
(
si
consideri
in
modo
speciale
il
caso
della
Gran
Bretagna
;
si
considerino
i
recenti
massicci
scioperi
in
Giappone
,
i
cui
sindacati
erano
presentati
come
modelli
di
autocontrollo
e
di
disciplina
)
.
Tuttavia
,
in
Italia
le
difficoltà
assumono
una
gravità
particolare
per
ragioni
connesse
con
la
nostra
struttura
sociale
.
Noi
siamo
un
paese
relativamente
sviluppato
dal
punto
di
vista
economico
;
ma
siamo
un
paese
arretrato
dal
punto
di
vista
civile
.
Ho
già
fatto
osservare
che
il
70%
della
popolazione
attiva
del
nostro
paese
possiede
,
al
massimo
,
la
licenza
elementare
:
una
percentuale
che
non
trova
riscontro
in
nessuno
dei
paesi
considerati
civili
(
v
.
la
tabella
6.2
)
.
E
sappiamo
che
,
con
la
licenza
elementare
,
si
possono
fare
solo
lavori
ripetitivi
:
salvo
casi
eccezionali
,
non
si
può
partecipare
,
neppure
in
forma
modesta
,
alla
gestione
della
cosa
pubblica
o
dei
patiti
;
di
regola
,
non
si
può
neppure
gestire
la
sezione
di
un
partito
in
un
piccolo
comune
.
Con
la
licenza
elementare
(
che
è
il
livello
massimo
di
quel
70%
)
si
giunge
a
scrivere
qualche
lettera
alla
madre
o
alla
fidanzata
quando
l
'
uomo
è
sotto
le
armi
e
a
leggere
un
giornale
sportivo
.
(
Certo
,
gli
autodidatti
possono
svilupparsi
culturalmente
anche
con
la
sola
licenza
elementare
;
ma
è
ben
difficile
pensare
che
si
tratti
di
un
numero
elevato
di
persone
)
.
Quella
percentuale
è
illuminante
:
spiega
,
da
sola
,
perché
le
tirature
dei
giornali
sono
da
noi
vergognosamente
limitate
;
spiega
l
'
atteggiamento
spesso
arrogante
e
insolente
dei
piccoli
burocrati
,
specialmente
nelle
zone
più
depresse
,
dove
,
naturalmente
,
la
percentuale
dei
semianalfabeti
è
ancora
più
alta
della
media
nazionale
,
come
ben
più
alta
di
quella
ufficiale
è
la
percentuale
degli
analfabeti
totali
o
degli
analfabeti
di
ritorno
;
spiega
il
basso
livello
della
nostra
vita
politica
(
ciascuno
di
noi
,
in
quanto
uomo
di
parte
,
è
incline
a
vedere
le
miserie
culturali
e
morali
negli
altri
partiti
e
ad
essere
particolarmente
indulgente
con
quelle
del
partito
al
quale
appartiene
o
per
il
quale
vota
)
;
spiega
-
ma
qui
l
'
analisi
diventa
molto
più
difficile
-
l
'
atteggiamento
dei
"
mandarini
"
-
di
noi
,
piccoli
e
medi
borghesi
-
che
spesso
inconsapevolmente
tendono
a
trar
vantaggio
nei
modi
più
diversi
dalla
loro
posizione
di
quasi
monopolisti
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
È
vero
:
l
'
afflusso
nelle
scuole
medie
e
superiori
delle
nuove
leve
è
sensibilmente
maggiore
che
nel
passato
,
così
che
quella
percentuale
(
70%
)
va
diminuendo
;
ma
la
velocità
con
cui
diminuisce
(
poco
più
di
un
punto
l
'
anno
)
non
è
grande
:
con
una
tale
velocità
solo
fra
tre
o
quattro
lustri
arriveremo
al
livello
attuale
della
Francia
(
circa
il
45%
)
,
che
pure
è
fra
i
più
alti
nell
'
ambito
dei
paesi
civili
.
Ma
allora
,
oltre
ad
essere
un
popolo
di
eroi
,
di
santi
,
di
poeti
,
di
navigatori
e
di
scienziati
siamo
anche
,
e
innanzi
tutto
,
un
popolo
di
semianalfabeti
?
Dopo
aver
tolto
di
mezzo
la
storia
degli
eroi
e
degli
scienziati
-
una
espressione
caratteristica
della
retorica
piccolo
-
borghese
-
togliamo
pure
di
mezzo
ogni
forma
di
feroce
esagerazione
autocritica
;
riconosciamo
pure
l
'
esistenza
di
una
minoranza
di
persone
civili
,
che
oltre
a
non
essere
semianalfabete
non
sono
neppure
topi
nel
formaggio
e
non
si
preoccupano
esclusivamente
del
proprio
"
particolare
"
;
in
quella
minoranza
-
se
proprio
abbiamo
deciso
di
tirarci
su
il
morale
-
possiamo
includere
anche
noi
:
me
che
scrivo
,
voi
che
leggete
.
Dopo
aver
fatto
tutto
questo
,
resta
la
fondamentale
verità
della
risposta
:
sì
,
le
eccezioni
sono
eccezioni
,
le
oasi
non
impediscono
al
deserto
di
restare
deserto
,
anzi
ne
sono
la
conferma
.
Come
massa
,
siamo
un
popolo
di
semianalfabeti
;
e
ciò
ci
condiziona
tutti
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
nell
'
indurci
in
tentazione
,
ossia
nel
dar
sfogo
al
nostro
egoismo
o
nell
'
attuare
una
qualche
forma
di
prevaricazione
sociale
;
ci
condiziona
anche
negli
sforzi
che
possiamo
fare
per
migliorare
la
situazione
,
sforzi
faticosissimi
e
in
gran
parte
,
almeno
a
prima
vista
,
inutili
,
o
nello
spingerci
verso
atteggiamenti
scettici
o
cinici
e
,
nel
fondo
,
quasi
disperati
.
Quella
percentuale
è
il
più
grave
atto
di
accusa
ai
gruppi
che
si
sono
succeduti
al
potere
nel
nostro
paese
,
alla
così
detta
classe
dirigente
,
in
ultima
analisi
a
noi
stessi
-
chi
legge
questo
scritto
può
esser
certo
di
appartenere
alla
frazione
più
elevata
del
30%
dei
privilegiati
(
i
laureati
non
raggiungono
neppure
il
4%
della
popolazione
attiva
)
.
Come
si
concilia
quella
tremenda
percentuale
con
l
'
esplosione
scolastica
,
di
cui
tutti
parlano
?
Si
concilia
per
diverse
ragioni
.
In
primo
luogo
,
l
'
esplosione
è
tale
,
o
appare
tale
,
per
la
radicale
insufficienza
delle
strutture
scolastiche
(
delle
strutture
molto
più
che
del
personale
)
.
In
secondo
luogo
,
la
mortalità
scolastica
è
molto
elevata
:
non
sono
pochi
i
ragazzi
che
frequentano
una
,
due
o
tre
classi
delle
scuole
medie
inferiori
senza
giungere
al
diploma
.
In
terzo
luogo
,
l
'
aumento
dei
diplomati
(
o
dei
diplomandi
)
,
certamente
più
rapido
che
nel
passato
,
incide
solo
lentamente
sullo
stock
:
l
'
Italia
imperiale
di
Mussolini
ci
aveva
lasciato
il
90%
di
semianalfabeti
.
Ora
siamo
al
70%
:
un
progresso
è
stato
fatto
;
ma
quanto
è
lunga
la
via
!
Il
quadro
è
spaventoso
se
visto
nei
suoi
termini
quantitativi
.
Forse
sarebbe
ancora
più
grave
se
si
potessero
esaminare
a
fondo
gli
aspetti
qualitativi
:
i
diplomi
e
le
lauree
di
quel
30%
di
quasi
-
monopolisti
,
quale
valore
hanno
?
Possiamo
tentare
di
ridurre
l
'
angoscia
pensando
alla
curva
di
Gauss
,
che
domina
in
tutti
i
fenomeni
sociali
:
una
parte
,
non
proprio
piccola
,
delle
scuole
funziona
,
una
parte
,
non
proprio
esigua
,
del
personale
insegnante
è
costituita
da
persone
capaci
e
preparate
.
Tuttavia
,
la
curva
di
Gauss
va
interpretata
considerando
l
'
altezza
della
moda
e
l
'
unità
di
misura
,
e
forse
è
un
bene
che
queste
due
quantità
restino
indeterminate
.
L
'
aumento
nel
numero
dei
diplomati
e
dei
laureati
è
troppo
lento
sotto
l
'
aspetto
dello
sviluppo
civile
,
ma
,
al
contrario
,
è
troppo
rapido
con
riferimento
allo
sviluppo
economico
,
poiché
l
'
espansione
della
domanda
del
lavoro
intellettuale
qualificato
risulta
inferiore
all
'
espansione
dell
'
offerta
:
il
risultato
è
un
aumento
della
disoccupazione
intellettuale
,
soprattutto
fra
i
giovani
.
Sia
chiaro
:
l
'
accento
posto
sulle
gravi
carenze
nel
campo
dell
'
istruzione
non
implica
che
queste
carenze
costituiscano
la
"
causa
"
dell
'
arretratezza
civile
,
oltre
che
economica
,
della
nostra
società
:
esse
ne
sono
piuttosto
un
importante
indicatore
.
(
D
'
altra
parte
,
come
Gino
Germani
mette
in
evidenza
nell
'
opera
citata
-
spec
.
a
p
.
131
-
coloro
che
acquistano
un
grado
di
istruzione
relativamente
alto
e
poi
non
riescono
ad
ottenere
le
posizioni
sociali
cui
aspirano
o
addirittura
restano
disoccupati
,
possono
diventare
causa
di
forti
tensioni
sociali
)
.
L
'
arretratezza
civile
risulta
da
tanti
e
tanti
elementi
,
che
possono
essere
efficacemente
riassunti
-
me
l
'
ha
fatto
osservare
lo
stesso
Germani
-
dal
concetto
di
"
estraneità
"
delle
masse
dalla
vita
politica
,
estraneità
quasi
totale
nel
secolo
scorso
,
ma
tuttora
ampia
,
essendo
la
partecipazione
delle
masse
alla
vita
politica
o
circoscritta
ovvero
saltuaria
ed
episodica
.
8
.
Contrasti
economici
e
contrasti
sociali
Si
sente
ripetere
spesso
che
oramai
l
'
Italia
è
diventata
un
paese
moderno
,
che
è
entrata
nel
novero
dei
dieci
paesi
più
industrializzati
del
mondo
.
Questo
è
vero
,
ma
è
solo
una
parte
della
verità
.
Per
una
distorsione
probabilmente
imputabile
alla
grande
influenza
del
pensiero
economico
sulla
cultura
sociale
e
politica
,
si
tende
a
stabilire
un
'
equivalenza
fra
grado
di
sviluppo
economico
e
grado
di
sviluppo
civile
.
t
triste
osservare
che
così
non
è
:
il
nostro
reddito
individuale
medio
oggi
è
solo
limitatamente
inferiore
a
quello
inglese
-
siamo
arrivati
al
70-75%
.
Ma
,
pur
senza
tener
conto
del
fatto
che
la
distribuzione
personale
e
regionale
del
reddito
nazionale
italiano
è
molto
più
diseguale
di
quanto
sia
in
Inghilterra
,
si
deve
dire
che
se
il
grado
di
sviluppo
civile
fosse
quantificabile
esso
sarebbe
molto
inferiore
a
quel
70%
.
Qualche
aspetto
quantitativo
della
nostra
arretratezza
economica
e
civile
,
ben
più
significativo
del
livello
relativo
del
reddito
individuale
,
può
essere
individuato
esaminando
con
attenzione
i
contrasti
economici
e
sociali
che
caratterizzano
il
nostro
paese
.
Certo
,
tutte
le
società
contengono
nel
proprio
seno
elementi
contrastanti
;
ma
nella
società
italiana
i
contrasti
raggiungono
un
'
intensità
molto
difficilmente
riscontrabile
in
altri
paesi
:
-
accanto
a
imprese
moderne
,
grandi
e
piccole
,
esiste
nell
'
industria
un
gran
numero
di
unità
produttive
arcaiche
e
inefficienti
,
la
cui
attività
si
fonda
sul
lavoro
a
domicilio
o
sui
sottosalari
o
su
opere
ottenute
in
sub
-
appalto
;
-
l
'
esodo
agrario
-
che
si
è
svolto
e
si
svolge
in
tutti
i
paesi
industrializzati
-
in
Italia
assume
caratteristiche
patologiche
,
poiché
le
terre
che
si
spopolano
non
sono
necessariamente
le
meno
fertili
e
le
meno
suscettibili
di
sviluppo
,
ma
quelle
in
cui
manca
Il
supporto
dello
sviluppo
di
attività
extra
-
agricole
;
moderne
;
-
le
attività
produttive
moderne
si
concentrano
in
certe
aree
del
Nord
,
in
contrasto
crescente
con
la
rarefazione
delle
attività
produttive
in
molte
aree
del
Sud
:
alla
congestione
di
quelle
aree
fanno
riscontro
i
vuoti
delle
zone
meridionali
;
-
la
percentuale
dei
disoccupati
è
fra
le
più
alte
dei
paesi
industrializzati
,
e
certamente
la
più
alta
è
la
percentuale
di
occupati
precari
,
in
gran
parte
concentrati
nelle
regioni
meridionali
;
corrispondentemente
,
il
sottoproletariato
urbano
e
quello
rurale
assumono
proporzioni
enormi
,
specialmente
nelle
città
e
nelle
aree
ad
agricoltura
povera
del
Mezzogiorno
;
viceversa
,
la
percentuale
della
popolazione
attiva
è
fra
le
più
basse
(
forse
la
più
bassa
dei
paesi
industrializzati
)
;
-
l
'
Italia
è
forse
l
'
unico
paese
che
riesce
ad
esportare
simultaneamente
lavoratori
e
capitali
-
un
fatto
apparentemente
assurdo
,
da
un
punto
di
vista
economico
;
-
allo
sviluppo
del
settore
privato
moderno
fa
riscontro
un
gravissimo
sottosviluppo
del
settore
pubblico
(
problema
della
burocrazia
e
questione
delle
riforme
)
.
A
questi
contrasti
economici
corrispondono
,
necessariamente
,
contrasti
nella
società
e
nella
composizione
delle
classi
sociali
:
-
la
percentuale
di
semianalfabeti
non
trova
riscontro
in
nessun
paese
civile
;
-
la
classe
borghese
,
che
pure
è
relativamente
la
più
omogenea
,
presenta
,
nel
suo
interno
,
differenziazioni
culturali
e
politiche
rilevanti
;
-
la
classe
operaia
,
se
si
eccettua
il
suo
nucleo
industriale
moderno
,
è
fortemente
differenziata
,
come
conseguenza
dello
sviluppo
fortemente
differenziato
in
senso
geografico
e
settoriale
(
nel
Mezzogiorno
la
classe
operaia
in
senso
proprio
è
molto
limitata
:
i
legami
fra
i
diversi
gruppi
di
salariati
e
di
contadini
poveri
sono
deboli
)
;
-
la
piccola
borghesia
è
ancor
più
fortemente
differenziata
,
sia
in
senso
economico
che
in
senso
sociale
e
politico
;
considerata
l
'
instabilità
di
questa
quasi
classe
e
considerata
la
sua
estensione
numerica
,
è
qui
che
occorre
concentrare
l
'
analisi
critica
per
porre
in
termini
appropriati
i
problemi
politici
del
nostro
paese
.
9
.
Il
grande
tiro
alla
fune
Oramai
è
chiaro
che
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
-
un
'
espansione
che
nel
nostro
paese
è
stata
patologicamente
rapida
-
ha
modificato
in
profondità
i
termini
dei
conflitti
sociali
e
delle
lotte
di
classe
.
In
ultima
analisi
nel
nostro
tempo
la
lotta
politica
consiste
essenzialmente
in
un
grande
tiro
alla
fune
(
ammesso
che
la
fune
non
si
spezzi
,
a
destra
o
a
sinistra
)
:
da
un
lato
i
partiti
di
destra
,
che
esprimono
soprattutto
gli
interessi
della
grande
e
media
borghesia
,
e
,
dall
'
altro
,
i
partiti
di
sinistra
,
che
in
qualche
modo
esprimono
gl
'
interessi
della
molto
più
differenziata
classe
operaia
,
si
sforzano
di
trascinare
dalla
propria
parte
la
massima
fetta
possibile
della
piccola
borghesia
,
una
quasi
classe
socialmente
eterogenea
e
politicamente
instabile
.
In
questo
tiro
alla
fune
,
come
abbiamo
visto
,
i
partiti
delle
due
ali
pagano
certi
prezzi
,
facendo
concessioni
che
possono
andare
e
spesso
vanno
a
detrimento
degli
interessi
immediati
e
diretti
delle
classi
o
sottoclassi
di
cui
sono
l
'
espressione
politica
.
Per
la
sinistra
il
problema
è
reso
più
grave
dal
fatto
che
gli
apparati
dei
partiti
sono
amministrati
in
prevalenza
a
da
piccoli
borghesi
.
Questo
è
un
fatto
in
buona
parte
-
sebbene
non
completamente
-
inevitabile
e
fisiologico
nelle
presenti
condizioni
storiche
del
nostro
paese
;
ma
di
ciò
i
dirigenti
della
sinistra
debbono
essere
ben
consapevoli
se
vogliono
ridurre
i
condizionamenti
che
da
questo
fatto
derivano
.
Spesso
,
nella
preoccupazione
di
consolidare
e
perfino
di
allargare
l
'
alleanza
fra
la
fetta
della
classe
operaia
su
cui
si
appoggiano
ed
una
fetta
della
piccola
borghesia
,
i
partiti
di
sinistra
hanno
fatto
concessioni
eccessive
e
tutto
sommato
inutili
ai
gruppi
più
retrivi
di
questa
quasi
classe
(
tipica
è
la
vicenda
della
così
detta
riforma
del
commercio
al
minuto
,
tipiche
le
condiscendenze
e
le
concessioni
a
diverse
rivendicazioni
"
corporative
"
di
certi
gruppi
di
impiegati
statali
e
parastatali
)
;
concessioni
inutili
ed
anzi
dannose
,
perché
si
tratta
di
gruppi
politicamente
irrecuperabili
per
la
sinistra
,
o
recuperabili
a
costi
tali
da
snaturarne
profondamente
la
strategia
.
È
augurabile
che
i
partiti
di
sinistra
intraprendano
una
riforma
dei
loro
apparati
e
rivedano
la
loro
strategia
e
la
loro
politica
di
alleanze
al
fine
di
ricomporre
la
loro
base
,
cercando
di
allargare
l
'
appoggio
non
solo
della
classe
operaia
ma
anche
dei
gruppi
più
robusti
e
relativamente
più
omogenei
della
piccola
borghesia
e
rinunciando
con
decisione
a
ricercare
l
'
appoggio
dei
gruppi
più
retrivi
,
che
,
sfortunatamente
,
sono
ampi
.
Preliminare
,
ad
una
tale
riforma
e
ad
una
tale
revisione
,
è
un
'
approfondita
analisi
critica
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
e
delle
loro
tendenze
.
Nelle
odierne
società
capitalistiche
,
caduta
la
previsione
del
Manifesto
circa
la
progressiva
scomparsa
delle
classi
medie
,
non
è
più
sostenibile
la
tesi
del
bipolarismo
classista
,
sia
pure
solo
tendenziale
,
un
bipolarismo
che
solo
pochi
studiosi
marxisti
cercano
di
motivare
o
giustificare
in
qualche
modo
sul
piano
analitico
e
che
molti
invece
,
specialmente
fra
i
giovani
e
fra
i
leaders
politici
e
sindacali
di
sinistra
,
intendono
in
modo
rozzo
e
primitivo
,
nonostante
i
frequenti
e
generici
richiami
ai
ceti
medi
.
Negli
ultimi
decenni
tutte
le
società
capitalistiche
hanno
subito
grandi
mutamenti
strutturali
;
ma
la
sinistra
ha
continuato
a
vivere
di
rendita
sul
patrimonio
intellettuale
trasmesso
dai
grandi
pensatori
del
passato
,
tradendo
,
in
definitiva
,
il
fondamentale
messaggio
critico
del
più
grande
dei
pensatori
di
sinistra
.
È
vitale
,
oramai
,
un
approfondito
riesame
critico
,
condotto
con
mente
aperta
,
della
società
in
cui
viviamo
.
Note
al
testo
1
.
La
nazionalizzazione
e
le
retribuzioni
nell
'
industria
elettrica
(
nota
a
p
.
18
)
Fino
a
quando
l
'
industria
elettrica
era
divisa
in
diversi
compartimenti
privati
,
pubblici
e
municipalizzati
,
i
salari
e
gli
stipendi
erano
notevolmente
differenziati
,
ma
i
salari
medi
non
erano
molto
diversi
da
quelli
delle
altre
industrie
.
Con
la
nazionalizzazione
e
quindi
con
l
'
unificazione
dell
'
intera
industria
,
dovevano
necessariamente
essere
unificati
anche
salari
e
stipendi
;
e
ciò
non
poteva
esser
fatto
che
ai
livelli
più
alti
-
livelli
che
erano
,
in
alcuni
casi
,
molto
alti
,
poiché
certe
aziende
,
particolarmente
quelle
municipalizzate
,
avevano
trasformato
in
aumenti
di
salari
e
di
stipendi
parte
dei
loro
profitti
monopolistici
,
che
non
potevano
investire
in
altri
campi
.
Di
qui
il
molto
rapido
aumento
del
costo
del
lavoro
e
la
caduta
dei
margini
netti
,
dopo
la
nazionalizzazione
;
di
qui
la
comparsa
,
per
le
retribuzioni
,
di
un
'
area
di
privilegio
,
che
tuttora
permane
.
2
.
Le
rendite
edilizie
(
nota
a
p
.
18
)
Le
rendite
edilizie
e
i
connessi
guadagni
speculativi
sono
generati
o
accresciuti
dal
rapido
inurbamento
di
masse
cospicue
di
persone
,
che
è
il
fenomeno
complementare
dell
'
esodo
agrario
.
In
via
di
larga
massima
,
ho
stimato
che
in
Italia
negli
ultimi
anni
le
rendite
provenienti
dalle
aree
edificate
(
valutate
come
frazione
dei
fitti
effettivamente
pagati
)
ascendono
,
ogni
anno
e
in
media
,
all'1-1,5%
del
reddito
nazionale
e
che
le
aree
annualmente
vendute
per
l
'
edificazione
di
nuovi
fabbricati
raggiungono
,
in
valore
,
il
4-5%
del
reddito
nazionale
(2.000-2.500
miliardi
di
lire
)
.
3
.
Sulla
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
del
lavoro
con
una
certa
rotazione
verticale
(
nota
a
p
.
23
)
L
'
idea
è
che
,
nei
paesi
più
avanzati
,
sia
per
l
'
aumento
del
reddito
individuale
medio
degli
strati
più
bassi
della
popolazione
,
sia
per
la
diffusione
dell
'
istruzione
,
diventa
sempre
più
difficile
trovare
persone
disposte
a
compiere
lavori
umili
e
non
gratificanti
,
come
quello
degli
edili
,
degli
imbianchini
,
degli
scaricatori
,
dei
manovali
.
Questi
paesi
,
per
sopperire
a
queste
esigenze
,
sono
indotti
a
importare
da
altri
paesi
mano
d
'
opera
non
qualificata
-
gli
"
schiavi
moderni
"
.
(
Si
calcola
,
per
esempio
,
che
nei
paesi
europei
più
avanzati
,
come
la
Germania
,
l
'
Inghilterra
,
la
Francia
,
la
Svizzera
e
il
Belgio
,
vivono
e
lavorano
,
quasi
tutti
svolgendo
mestieri
umili
e
rifiutati
dai
lavoratori
nati
in
quei
paesi
,
non
meno
di
6
milioni
di
persone
,
di
cui
circa
la
metà
provenienti
dai
paesi
o
dalle
regioni
più
arretrate
dell
'
Europa
-
Grecia
,
Spagna
,
Turchia
,
Italia
meridionale
-
e
l
'
altra
metà
da
paesi
extra
-
europei
,
specialmente
africani
)
.
Inoltre
,
un
tale
stato
di
cose
spinge
un
numero
crescente
di
industriali
dei
paesi
avanzati
a
trasferire
all
'
estero
certi
impianti
e
certi
processi
produttivi
che
richiedono
lavoratori
non
qualificati
(
l
'
incentivo
ad
un
tale
trasferimento
è
anche
maggiore
se
quegli
impianti
e
quei
processi
provocano
inquinamento
dell
'
aria
e
dell
'
acqua
)
.
Per
l
'
Italia
,
dolorosamente
,
il
problema
non
è
urgente
,
poiché
le
regioni
meridionali
del
nostro
paese
sono
tuttora
larghe
esportatrici
di
"
schiavi
moderni
"
.
Cfr
.
A
.
Visalberghi
,
Educazione
e
divisione
del
lavoro
.
Prospettive
della
formazione
tecnica
e
professionale
nelle
società
tecnologicamente
avanzate
,
La
Nuova
Italia
,
Firenze
1973;
M
.
Salvati
e
B
.
Beccalli
,
Divisione
del
lavoro
.
Capitalismo
,
socialismo
,
utopia
,
"
Quaderni
piacentini
"
,
1970
,
n
.
40
,
e
S
.
Marglin
,
Origine
et
fonctions
de
la
parcellization
des
tàches
,
nel
volume
Critique
de
la
division
du
travail
,
a
cura
di
A
.
Gorz
,
Editions
du
Seuil
,
Paris
1973
.
4
.
Intorno
alla
suddivisione
delle
classi
sociali
(
nota
a
p
.
25
)
Nella
stesura
originaria
avevo
suddiviso
in
modo
diverso
la
piccola
borghesia
:
oltre
alle
categorie
particolari
,
avevo
distinto
fra
piccola
borghesia
legata
e
quella
non
legata
direttamente
al
processo
produttivo
ed
avevo
incluso
,
nella
prima
,
i
coltivatori
diretti
e
gli
artigiani
e
,
nella
seconda
,
gl
'
impiegati
e
i
commercianti
.
Michele
Salvati
mi
ha
persuaso
a
modificare
la
classificazione
,
distinguendo
fra
piccola
borghesia
impiegatizia
(
lavoratori
dipendenti
stipendiati
)
e
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
e
commercianti
)
,
una
distinzione
che
si
concilia
meglio
con
i
criteri
ricavati
dall
'
analisi
della
distribuzione
del
reddito
,
la
quale
serve
di
base
all
'
intera
classificazione
.
5
.
"
Uomini
di
grande
onestà
civile
"
(
nota
a
p
.
54
)
Per
evitare
possibili
malintesi
o
equivoci
su
espressioni
di
questo
tipo
(
"
strati
civilmente
robusti
"
,
«
uomini
di
grande
onestà
civile
"
ed
altre
che
userò
in
seguito
)
,
espressioni
che
potrebbero
indurre
a
ritenere
che
l
'
autore
è
affetto
da
"
moralismo
"
,
o
che
propende
verso
una
ingenua
concezione
"
idealistica
"
della
vita
sociale
,
in
contrasto
con
una
(
non
meno
ingenua
)
visione
"
marxista
"
o
"
materialistica
"
,
debbo
dire
che
uso
queste
espressioni
nel
senso
in
cui
credo
le
usasse
lo
stesso
Carlo
Marx
,
quando
,
per
esempio
,
definisce
"
uomini
competenti
,
imparziali
e
privi
di
rispetti
umani
"
"
i
relatori
inglesi
sulla
salute
pubblica
[
cominciando
dal
loro
capo
,
Leohnard
Horner
]
,
i
commissari
inglesi
per
le
inchieste
sullo
sfruttamento
delle
donne
e
dei
fanciulli
,
sulle
condizioni
delle
abitazioni
e
della
nutrizione
"
.
Osservo
che
molte
delle
vigorose
denunce
fatte
da
Marx
sulle
condizioni
di
vita
della
classe
operaia
inglese
dei
suoi
tempi
si
fondano
proprio
sulle
relazioni
ufficiali
di
quegli
uomini
;
e
quelle
denunce
e
quelle
relazioni
,
quindi
,
non
hanno
avuto
un
valore
moralistico
,
ma
analitico
e
politico
.
Osservo
ancora
che
quello
che
negli
stessi
termini
ingenui
cui
alludevo
dianzi
potrebbe
essere
definito
il
"
moralismo
"
o
l
'
"
idealismo
"
di
Marx
-
un
idealismo
che
include
il
pieno
riconoscimento
di
una
circoscritta
ma
importante
libertà
di
scelta
e
quindi
di
una
precisa
responsabilità
dei
singoli
individui
-
è
sistematicamente
ignorato
o
misconosciuto
da
diversi
studiosi
di
Marx
,
soprattutto
(
paradossalmente
)
fra
i
giovani
,
molti
dei
quali
si
professano
marxisti
non
per
l
'
acquisita
coscienza
di
appartenere
ad
una
determinata
classe
,
ma
,
se
è
lecito
esprimersi
così
,
per
"
idealismo
"
.
Mi
auguro
dunque
di
non
essere
frainteso
se
affermo
che
la
posizione
di
classe
di
ciascuno
entro
certi
limiti
dipende
non
dal
foro
esterno
ma
da
quello
interno
:
entro
certi
limiti
,
appunto
,
è
oggetto
di
scelta
,
anche
se
i
condizionamenti
obiettivi
che
derivano
dalla
classe
di
origine
ben
difficilmente
possono
essere
del
tutto
eliminati
.
6
.
Espansione
della
burocrazia
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
76
)
Come
appare
dalla
tabella
1.1
,
nel
periodo
fascista
la
burocrazia
aumentò
rapidamente
.
Se
si
considera
che
specialmente
durante
gli
anni
Trenta
molti
impiegati
furono
assunti
per
meriti
politici
e
non
per
la
loro
capacità
o
qualificazione
,
che
allora
non
erano
possibili
né
le
critiche
della
stampa
né
quelle
di
un
'
opposizione
parlamentare
e
che
certe
abitudini
di
irresponsabilità
istituzionalizzata
cominciarono
a
mettere
le
radici
in
quel
periodo
,
ci
si
rende
conto
che
l
'
idropisia
e
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
che
oggi
ci
affiggono
costituiscono
in
misura
non
piccola
un
'
eredità
del
passato
regime
.
7
.
Salari
e
stipendi
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
77
)
Secondo
mie
stime
di
larga
massima
,
durante
il
periodo
fascista
,
esclusi
gli
anni
di
guerra
,
la
massa
dei
salari
reali
è
diminuita
di
una
percentuale
che
va
dal
10
al
15%
,
per
l
'
effetto
combinato
di
una
flessione
del
15-20%
dei
salari
reali
individuali
e
di
un
modesto
aumento
nel
numero
dei
salariati
,
mentre
la
massa
degli
stipendi
reali
degli
impiegati
pubblici
e
privati
è
cresciuta
di
circa
il
doppio
,
per
effetto
di
un
sia
pure
modesto
aumento
degli
stipendi
reali
individuali
e
del
raddoppio
nel
numero
degli
impiegati
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
5.3
)
.
8
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
(
nota
a
p
.
78
)
Come
ho
già
osservato
e
come
più
ampiamente
argomenterò
fra
breve
,
non
è
fatale
che
la
piccola
borghesia
vada
verso
il
fascismo
,
anche
se
non
necessariamente
va
verso
movimenti
di
carattere
rivoluzionario
.
Con
riferimento
alla
situazione
della
piccola
borghesia
nel
periodo
che
precede
il
fascismo
e
poi
alla
confluenza
,
nel
fascismo
,
di
gruppi
nazionalisti
da
un
lato
e
di
socialisti
di
sinistra
e
sindacalisti
dall
'
altro
,
tutti
di
provenienza
piccolo
-
borghese
,
Renzo
Del
Carria
scrive
:
"
Occorre
...
abbandonare
la
visione
di
un
ceto
medio
che
"
fatalmente
"
sia
prima
pre
-
fascista
e
poi
fascista
,
così
come
lo
ha
voluto
sia
la
storiografia
fascista
sia
quella
antifascista
in
una
analoga
visione
.
Occorre
vedere
invece
la
piccola
e
media
borghesia
italiana
nella
sua
impossibilità
d
'
inserirsi
economicamente
,
socialmente
,
politicamente
e
culturalmente
nell
'
Italia
giolittiana
per
le
strozzature
tipiche
del
sistema
economico
-
sociale
di
allora
,
oscillanti
,
nell
'
anelito
di
conquistare
la
propria
libertà
e
di
inserirsi
in
una
società
che
la
respingeva
,
tra
una
vocazione
reazionaria
ed
una
volontà
rivoluzionaria
di
rompere
l
'
ordine
esistente
"
(
Proletari
senza
rivoluzione
.
Storia
delle
classi
subalterne
italiane
dal
1860
al
1950
,
Edizioni
Oriente
,
Milano
1971
,
vol.
I
,
pp.
352-3
)
.
Del
Carria
passa
poi
ad
esaminare
le
ragioni
che
possono
spiegare
il
prevalere
della
vocazione
reazionaria
nella
piccola
borghesia
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
L
'
opera
di
Del
Carria
mi
è
stata
segnalata
dopo
che
avevo
già
scritto
e
poi
rielaborato
questo
saggio
;
sebbene
l
'
angolo
visuale
ideologico
sia
diverso
,
debbo
dire
che
concordo
con
la
massima
parte
dei
giudizi
che
Del
Carria
esprime
sui
ceti
medi
e
,
in
particolare
,
sulla
piccola
borghesia
(
v
.
particolarmente
le
pp.
347-54
del
primo
volume
)
.
9
.
Riforma
scolastica
(
nota
a
p
.
84
)
Anche
le
riforme
dei
contenuti
dei
programmi
scolastici
sono
state
oggetto
di
accese
discussioni
e
di
spinte
profondamente
contraddittorie
,
in
vista
di
diversi
obiettivi
relativi
alla
formazione
degli
studenti
(
cultura
per
la
cultura
,
istruzione
per
l
'
inserimento
nell
'
attività
produttiva
e
professionale
,
spazio
da
destinare
alla
cultura
critica
riguardante
la
società
)
;
anche
queste
spinte
contraddittorie
vanno
viste
non
come
il
risultato
di
diverse
idee
astratte
,
ma
,
principalmente
,
come
il
risultato
della
indeterminatezza
e
della
polivalenza
culturale
caratteristiche
della
piccola
(
e
,
in
parte
,
della
grande
)
borghesia
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
economico
-
sociale
.
10
.
Potere
,
controlli
e
responsabilità
della
burocrazia
(
nota
a
p
.
85
)
Osserva
Gunnar
Myrdal
,
a
proposito
dell
'
inefficienza
del
sistema
amministrativo
indiano
e
delle
difficoltà
nel
migliorarlo
,
che
"
in
una
situazione
di
diffusa
corruzione
il
funzionario
ha
interesse
a
mantenere
macchinose
le
procedure
burocratiche
:
se
è
disonesto
,
siffatte
procedure
possono
accrescere
le
occasioni
di
intascare
"
bustarelle
"
,
se
è
onesto
,
possono
proteggerlo
dai
sospetti
"
.
Infatti
,
nota
ancora
Myrdal
,
la
propensione
della
burocrazia
a
rendere
minime
le
responsabilità
moltiplicando
i
controlli
è
tanto
maggiore
quanto
più
diffusi
sono
i
sospetti
di
corruzione
sulla
pubblica
amministrazione
;
e
sebbene
questi
sospetti
da
noi
siano
probabilmente
più
diffusi
di
quanto
sia
giustificato
,
è
doloroso
ma
doveroso
riconoscere
che
un
tale
fattore
esiste
anche
nel
nostro
paese
,
ha
un
non
trascurabile
fondamento
e
contribuisce
alla
grave
lentezza
della
burocrazia
.
Conviene
riportare
alcune
osservazioni
di
un
autore
indiano
(
Chhatrapati
)
,
citate
da
Myrdal
:
"
Per
evitare
responsabilità
dirette
in
qualsiasi
decisione
di
rilievo
,
la
burocrazia
si
sforza
di
associare
a
tali
decisioni
il
maggior
numero
possibile
di
uffici
e
di
funzionari
.
Le
consultazioni
debbono
lasciare
una
traccia
scritta
.
Perciò
,
un
fascicolo
deve
essere
trasferito
-
cosa
che
,
da
sola
,
richiede
un
certo
tempo
-
da
un
tavolino
all
'
altro
e
da
un
ministero
all
'
altro
,
per
le
osservazioni
;
e
passano
mesi
e
mesi
prima
che
la
decisione
giunga
alla
conclusione
.
Perfino
quando
i
fatti
rendono
ovvia
la
decisione
e
non
implicano
nessun
allontanamento
dalla
consuetudine
,
siffatte
consultazioni
sono
considerate
necessarie
per
"
sicurezza
"
"
(
G
.
Myrdal
,
Asian
Drama
.
An
Inquiry
into
the
Poverty
of
Nations
,
Penguin
Books
,
Harmondsworth
,
Middlesex
,
England
,
1968
,
vol.
II
,
pp.
954-5
)
.
11
.
La
strategia
della
grande
borghesia
industriale
(
nota
a
p
.
86
)
È
essenziale
tenere
ben
presente
che
,
in
Italia
,
nel
settore
industriale
sono
rimaste
oramai
pochissime
grandi
imprese
private
:
come
conseguenza
di
una
lunga
evoluzione
,
che
fa
capo
al
processo
di
concentrazione
e
che
è
contrassegnata
da
crisi
di
vario
genere
,
le
grandi
imprese
industriali
sono
divenute
in
gran
parte
statali
o
sono
cadute
sotto
il
controllo
dello
Stato
e
l
'
area
privata
si
è
ristretta
alle
medie
e
piccole
imprese
.
Fra
le
pochissime
eccezioni
è
la
Fiat
,
controllata
dalla
famiglia
Agnelli
,
che
,
anche
nel
seno
della
Confederazione
generale
dell
'
industria
,
sta
elaborando
una
complessa
strategia
,
i
cui
principali
obiettivi
sembrano
essere
i
seguenti
:
1
)
assicurarsi
l
'
egemonia
sul
settore
industriale
privato
,
ossia
sul
settore
delle
medie
e
piccole
imprese
,
un
buon
numero
delle
quali
,
in
Piemonte
e
fuori
del
Piemonte
,
lavora
per
conto
della
Fiat
;
2
)
rafforzare
il
settore
industriale
privato
e
,
corrispondentemente
,
contenere
l
'
espansione
delle
imprese
controllate
dallo
Stato
,
le
quali
,
grazie
ai
fondi
di
dotazione
e
alla
maggiore
facilità
di
ottenere
crediti
,
possono
fare
una
concorrenza
che
spesso
disturba
non
solo
le
imprese
private
italiane
ma
anche
quelle
straniere
(
e
la
Fiat
ha
importanti
interessi
internazionali
)
;
3
)
conquistare
un
'
influenza
crescente
sulla
cultura
italiana
moderna
,
con
vari
mezzi
,
fra
cui
è
il
controllo
di
una
fetta
crescente
dell
'
industria
editoriale
;
4
)
assicurarsi
alleanze
con
alcuni
settori
moderni
del
proletariato
industriale
e
della
piccola
borghesia
attraverso
un
attacco
alle
"
rendite
"
(
presumibilmente
,
nel
settore
commerciale
e
nel
settore
urbanistico
)
ed
una
spinta
ad
ammodernare
alcuni
settori
della
pubblica
amministrazione
(
a
cominciare
dal
settore
previdenziale
)
,
anche
a
costo
di
provocare
l
'
ostilità
di
certi
gruppi
sociali
e
di
subire
un
"
lucro
cessante
"
,
considerato
l
'
intreccio
fra
gli
interessi
industriali
della
Fiat
con
gli
interessi
immobiliari
,
finanziari
e
commerciali
.
Ritengo
che
questa
strategia
,
anche
se
ha
limiti
abbastanza
ristretti
per
le
ragioni
brevemente
richiamate
nel
testo
,
deve
essere
considerata
dalle
forze
di
sinistra
con
molta
attenzione
.
Saggistica ,
Ridentem
dicere
verum
quid
vetat
?
ORAZIO
Ma
che
c
'
entra
l
'
assurdo
Chi
scrive
queste
pagine
è
un
fisico
,
che
nell
'
esercizio
della
sua
ricerca
è
stato
abituato
da
sempre
a
perseguire
il
rigore
logico
,
l
'
esattezza
matematica
,
la
massima
razionalità
.
Ci
si
aspetterebbe
che
di
conseguenza
egli
rifuggisse
da
ogni
discorso
vago
,
basato
su
semplici
analogie
o
sull
'
abuso
della
metafora
;
e
che
massimamente
si
tenesse
lontano
dal
vaneggiamento
onirico
.
Ma
bisogna
fare
attenzione
a
non
concludere
troppo
sbrigativamente
su
questi
argomenti
.
Il
nostro
cervello
è
come
un
formidabile
calcolatore
che
,
nel
corso
dei
millenni
(
anzi
,
dei
milioni
di
anni
)
,
si
è
evoluto
e
adattato
nel
modo
più
propizio
per
farci
sopravvivere
in
un
certo
ambiente
.
Si
tratta
precisamente
della
superficie
della
Terra
,
quale
a
noi
si
è
offerta
circa
quattro
miliardi
e
mezzo
di
anni
dopo
la
nascita
del
pianeta
(
e
di
tutto
il
sistema
solare
)
.
A
prima
vista
si
potrebbe
pensare
che
le
condizioni
dell
'
ambiente
non
dovessero
in
alcun
modo
avere
a
che
fare
col
corretto
funzionamento
del
cervello
.
Un
ragionamento
,
se
è
giusto
,
dovrebbe
essere
giusto
sulla
Terra
,
come
su
Marte
,
come
su
Andromeda
.
Ma
in
realtà
non
è
esattamente
così
:
infatti
prima
di
stabilire
se
l
'
argomentazione
è
corretta
o
no
,
si
tratta
di
sapere
se
i
termini
in
cui
essa
è
formulata
hanno
senso
.
Vediamo
di
spiegarci
meglio
.
La
Terra
non
è
un
oggetto
di
tipo
molto
comune
nell
'
Universo
.
La
sua
temperatura
assoluta
alla
superficie
è
molto
bassa
e
varia
in
un
intervallo
piccolissimo
,
che
va
all
'
incirca
da
220
a
330
°
K
(
gradi
Kelvin
)
.
Per
capire
che
cosa
questo
significa
,
si
pensi
che
nell
'
Universo
si
trovano
temperature
che
vanno
dai
2,7
°
K
della
radiazione
elettromagnetica
di
fondo
(
quella
che
riempie
tutto
lo
spazio
cosiddetto
"
vuoto
"
)
alle
centinaia
di
milioni
di
°
K
dell
'
interno
delle
stelle
.
Una
conseguenza
decisiva
di
questo
stato
di
cose
è
che
nel
nostro
ambiente
terrestre
l
'
energia
media
dell
'
agitazione
termica
delle
molecole
è
spesso
minore
della
forza
di
coesione
intermolecolare
;
è
per
questo
che
una
gran
parte
delle
molecole
hanno
tendenza
a
riunirsi
in
corpi
solidi
o
quasi
solidi
.
Il
nostro
stesso
corpo
è
di
tale
tipo
ed
è
formato
da
parecchi
miliardi
di
miliardi
di
molecole
.
È
per
tale
circostanza
che
nella
vita
quotidiana
noi
abbiamo
a
che
fare
più
che
altro
con
sistemi
solidi
e
macroscopici
,
o
,
come
suol
dirsi
,
a
misura
d
'
uomo
.
I
solidi
hanno
per
loro
natura
la
tendenza
a
mantenersi
a
lungo
aggregati
in
forma
stabile
e
distinti
dal
mondo
circostante
;
tanto
che
nella
didattica
scientifica
di
altri
tempi
si
insisteva
addirittura
sulla
cosiddetta
impenetrabilità
dei
corpi
.
In
una
parola
,
a
noi
sembra
che
essi
abbiano
e
conservino
ciascuno
una
propria
identità
separata
.
Questo
comportamento
ci
ha
suggerito
di
attribuire
a
ognuno
degli
oggetti
un
nome
,
come
pure
di
contarli
e
di
distribuirli
quali
elementi
distinti
nei
loro
diversi
insiemi
.
Non
c
'
è
dunque
da
meravigliarsi
se
,
allo
scopo
di
sopravvivere
al
meglio
nel
nostro
ambiente
,
abbiamo
sviluppato
per
selezione
naturale
una
logica
classica
,
che
opera
con
individui
e
insiemi
di
individui
.
Su
di
essa
abbiamo
fondato
la
nostra
razionalità
e
,
dati
gli
ottimi
risultati
ottenuti
con
quella
logica
nell
'
orientarsi
e
nell
'
agire
in
un
mondo
di
oggetti
macroscopici
,
abbiamo
concluso
che
è
molto
bene
evitare
di
discostarsene
.
Ma
insistiamo
ancora
sull
'
importanza
dell
'
ambiente
,
facendo
un
'
ipotesi
...
assurda
.
Supponiamo
che
gli
umani
fossero
nati
e
si
fossero
sviluppati
sul
Sole
.
In
tale
ambiente
non
esistono
corpi
solidi
:
e
anche
se
vi
venissero
portati
,
si
volatilizzerebbero
immediatamente
.
In
nessun
modo
avremmo
potuto
farci
un
'
idea
dei
corpi
solidi
e
della
loro
individualità
.
In
ogni
caso
,
una
tale
idea
sarebbe
stata
assolutamente
inutile
per
sbrigarcela
sul
Sole
!
Naturalmente
si
obietterà
che
anche
sul
Sole
esistono
gli
oggetti
della
microfisica
,
vale
a
dire
i
singoli
atomi
e
molecole
,
nonché
i
corpuscoli
subatomici
,
come
protoni
ed
elettroni
.
E
supponiamo
pure
che
i
nostri
ipotetici
uomini
solari
,
fin
dall
'
epoca
dell
'
apparizione
della
loro
specie
sulla
superficie
dell
'
astro
,
fossero
stati
in
grado
di
scoprire
e
di
osservare
i
suddetti
oggetti
.
Ne
sarebbe
derivata
-
per
noi
esseri
umani
terrestri
e
attuali
-
una
conseguenza
assolutamente
sconcertante
.
Infatti
gli
oggetti
della
microfisica
,
stando
alla
nostra
logica
,
si
comportano
in
modo
proprio
assurdo
.
Ci
ritorneremo
a
suo
tempo
.
Ma
già
da
ora
ricordiamo
che
quando
si
muovono
,
non
hanno
una
traiettoria
;
quando
non
sono
osservati
,
non
ha
senso
dire
dove
si
trovano
;
il
luogo
in
cui
verranno
osservati
si
può
prevedere
solo
in
modo
probabilistico
;
appena
vengono
osservati
cambia
la
loro
distribuzione
di
probabilità
riguardo
alle
osservazioni
future
;
a
volte
appaiono
come
corpuscoli
,
a
volte
come
onde
,
a
seconda
dell
'
esperienza
che
eseguiamo
;
due
corpuscoli
della
stessa
specie
sono
indistinguibili
e
appena
ne
chiamiamo
uno
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
possiamo
più
determinare
in
nessun
modo
quale
è
Paolo
e
quale
è
Pietro
;
e
altre
stranezze
che
qui
non
stiamo
a
elencare
.
La
nostra
logica
classica
è
ancora
adeguata
per
trattare
enti
così
singolari
?
La
risposta
a
questa
domanda
non
è
chiaramente
univoca
.
Si
può
,
come
si
è
fatto
fin
dai
primi
decenni
di
questo
secolo
,
continuare
ad
applicare
la
logica
classica
,
accettando
di
buon
grado
che
il
comportamento
dei
microggetti
sia
diverso
da
quello
dei
macroggetti
con
i
quali
abbiamo
a
che
fare
di
solito
;
e
che
la
loro
individualità
,
come
pure
la
loro
identità
,
o
non
abbiano
senso
o
abbiano
un
significato
diverso
da
quello
che
noi
concepiamo
.
Oppure
si
possono
prendere
misure
più
drastiche
,
ideando
addirittura
nuove
logiche
,
in
un
certo
senso
sorprendenti
,
perché
più
tolleranti
della
logica
classica
:
come
le
logiche
a
più
valori
,
le
logiche
sfumate
(
fuzzy
)
,
la
logica
quantistica
e
altre
diavolerie
che
sono
tuttora
in
corso
di
rapida
elaborazione
.
Non
di
rado
in
esse
si
fa
a
meno
perfino
del
principio
di
contraddizione
e
non
si
paventa
la
minaccia
di
Duns
Scoto
:
"
ex
absurdo
sequitur
quodlibet
"
.
Non
di
questi
sviluppi
tecnici
ci
vogliamo
qui
occupare
.
Ci
basterà
osservare
che
oggi
i
concetti
di
logico
e
di
assurdo
hanno
una
validità
molto
meno
assoluta
di
una
volta
.
Ma
,
qualunque
sia
la
logica
che
vogliamo
adottare
,
è
lecito
domandarsi
:
il
nostro
pensiero
nasce
logico
?
Probabilmente
tutti
si
saranno
accorti
che
non
è
così
.
L
'
ideazione
,
frutto
di
quella
che
a
volte
chiamiamo
fantasia
,
è
sempre
anteriore
a
qualsiasi
sistemazione
logica
.
Si
ha
quasi
l
'
impressione
che
nella
nostra
mente
-
forse
nell
'
inconscio
-
esista
una
ricchissima
"
sorgente
"
d
'
immagini
,
di
suggestioni
e
di
collegamenti
,
che
obbedisce
a
una
sorta
di
logica
a
noi
assolutamente
ignota
,
o
che
addirittura
non
è
soggetta
ad
alcuna
logica
.
Soltanto
in
un
secondo
tempo
noi
passiamo
al
setaccio
quelle
immagini
,
prima
trasformandole
in
concetti
logici
,
poi
mettendole
a
confronto
con
tutto
ciò
che
già
sappiamo
-
o
crediamo
di
sapere
-
del
mondo
,
infine
scartando
più
o
meno
inconsciamente
tutto
quello
che
non
ci
sembra
aver
senso
.
Di
solito
l
'
uomo
colto
e
civilizzato
esegue
l
'
intera
operazione
con
grande
celerità
.
Infatti
-
come
abbiamo
già
notato
-
si
tratta
di
usare
uno
strumento
che
nel
nostro
ambiente
agisce
con
notevole
efficacia
e
ci
conferisce
un
deciso
vantaggio
nella
lotta
per
la
sopravvivenza
.
Ma
chi
lo
usa
è
quasi
sempre
convinto
che
in
quel
modo
si
avvicina
meglio
alla
"
realtà
"
.
Forse
più
lenti
nel
compiere
l
'
operazione
di
vaglio
sono
gli
uomini
cosiddetti
primitivi
,
il
visionario
,
il
sognatore
.
Tuttavia
si
badi
bene
che
il
poeta
(
quello
vero
)
di
proposito
non
sottopone
troppo
severamente
le
sue
immagini
alla
sistemazione
logica
,
ben
sapendo
che
,
se
lo
facesse
,
le
distruggerebbe
.
E
del
resto
soltanto
una
tradizione
filosofica
piuttosto
vecchiotta
e
dubbia
può
continuare
a
sostenere
che
quelle
immagini
non
sono
realtà
.
Invece
sono
una
realtà
umana
,
umanissima
,
niente
affatto
da
scartare
.
Semmai
rimane
tuttora
un
affascinante
problema
:
quello
della
strana
-
quasi
schizofrenica
-
mescolanza
di
immagini
accettate
tali
e
quali
dalla
scaturigine
primitiva
e
della
successiva
sistemazione
logica
,
che
-
pur
attenuandosi
in
misura
sempre
più
decisiva
nel
corso
dei
secoli
-
non
può
certo
cessare
né
è
cessata
interamente
presso
i
poeti
contemporanei
.
Ebbene
,
lasciando
ormai
da
parte
le
poesie
e
í
sogni
,
ci
si
può
domandare
se
l
'
assurdo
abbia
ancora
una
qualche
funzione
essenziale
o
illuminante
in
ben
altre
e
più
"
severe
"
speculazioni
,
quali
quelle
della
scienza
,
della
filosofia
,
dell
'
ordinamento
sociale
,
o
addirittura
della
tecnica
.
Ma
certo
che
ce
l
'
ha
!
Si
tratta
niente
meno
che
della
perenne
sorgente
delle
nostre
ideazioni
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
"
un
pizzico
di
assurdo
"
c
'
è
sempre
.
Consideriamo
una
delle
più
nobili
aspirazioni
umane
:
la
curiosità
e
la
voglia
di
sapere
.
Per
millenni
si
sono
utilizzate
le
acque
del
Nilo
per
alimentare
una
stupenda
civiltà
,
senza
sapere
da
dove
venisse
giù
quella
benedizione
.
Ma
la
voglia
di
conoscere
le
sorgenti
ha
assillato
le
menti
più
acute
di
antichi
e
moderni
,
reclamando
anche
non
poche
vittime
nell
'
ardua
esplorazione
.
Certo
si
credeva
che
quella
ricerca
fosse
solo
fine
a
se
stessa
.
Ma
,
come
sempre
avviene
nelle
imprese
conoscitive
umane
,
una
volta
risolto
l
'
enigma
,
la
scoperta
si
è
rivelata
(
magari
alla
lunga
)
utilissima
per
il
progresso
agricolo
,
energetico
,
industriale
,
politico
e
quanto
altro
.
Allo
stesso
modo
non
è
vano
indagare
in
generale
quali
siano
le
scaturigini
del
pensiero
umano
.
Esse
stanno
riposte
in
quelle
immagini
"
assurde
"
,
che
noi
a
posteriori
ci
diamo
ad
arginare
e
a
regolamentare
nei
concetti
e
nelle
regole
logiche
.
Quest
'
ultima
operazione
-
ripetiamolo
ancora
,
a
scanso
dei
soliti
insulsi
,
tendenziosi
equivoci
di
chi
disprezza
la
razionalità
-
è
necessaria
per
sviluppare
la
scienza
e
indispensabile
per
agire
proficuamente
nel
nostro
mondo
.
Ma
il
chiudere
,
il
disseccare
le
sorgenti
del
pensiero
,
o
anche
solo
il
tentare
di
ignorarle
,
sarebbe
pura
follia
.
Oggi
ci
stiamo
rendendo
conto
sempre
meglio
che
lo
studio
delle
scaturigini
ci
può
aiutare
immensamente
perfino
nello
sviluppo
del
processo
logico
e
del
razionale
.
Soprattutto
può
aiutarci
molto
nella
scoperta
di
nuove
vie
.
Se
Newton
avesse
rifiutato
a
priori
di
soffermarsi
sull
'
idea
"
assurda
"
dell
'
azione
a
distanza
,
tutta
la
scienza
moderna
sarebbe
stata
priva
di
una
sua
parte
essenziale
.
E
sarà
certo
inutile
ricordare
(
anche
senza
scomodare
la
psicoanalisi
)
quanto
le
fantasticherie
assurde
,
alle
quali
ogni
tanto
-
per
nostra
fortuna
-
ci
abbandoniamo
,
ci
aiutino
a
sondare
e
a
capire
meglio
noi
stessi
.
Mi
pare
ora
che
sia
più
che
opportuno
riflettere
su
un
fatto
abbastanza
paradossale
.
La
vita
-
sì
,
la
vita
stessa
-
rappresenta
per
ciascuno
di
noi
l
'
avventura
più
"
assurda
"
che
ci
potesse
capitare
.
Eppure
quelli
che
lo
avvertono
meglio
-
e
qui
sta
il
paradosso
-
sono
proprio
coloro
che
si
dedicano
con
più
impegno
a
indagare
razionalmente
la
condizione
della
nostra
esistenza
e
a
tentare
di
dare
una
sistemazione
sensata
,
logica
,
sicura
,
a
ciò
che
ne
sappiamo
e
ne
pensiamo
.
Naturalmente
si
può
semplicemente
scaricare
la
responsabilità
di
ciò
che
ci
sta
accadendo
,
attribuendola
alla
imperscrutabile
volontà
di
un
essere
superiore
.
È
una
via
senza
dubbio
degna
di
rispetto
e
da
molti
seguita
in
varie
forme
e
in
diversi
gradi
.
Ma
in
quel
modo
si
cancella
,
non
si
risolve
l
'
assurdo
.
Per
completare
questa
breve
introduzione
alle
pagine
che
seguiranno
,
facciamo
un
'
altra
riflessione
.
Tutti
sanno
che
l
'
assurdo
ha
assai
spesso
legami
piuttosto
stretti
con
il
comico
.
Fin
da
tempi
immemorabili
si
è
tentato
di
capire
che
cosa
sia
il
comico
:
perché
una
cosa
è
buffa
,
perché
la
troviamo
umoristica
,
perché
ne
ridiamo
?
Innumerevoli
spiegazioni
e
teorie
sono
state
presentate
-
a
volte
anche
con
una
certa
supponenza
-
invocando
la
psicologia
,
la
sociologia
,
l
'
inconscio
(
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
)
.
Il
sottoscritto
non
è
mai
rimasto
convinto
da
simili
teorie
;
e
si
guarderà
bene
dall
'
aggiungere
la
sua
inutile
opinione
in
proposito
.
Quello
che
è
certo
è
che
l
'
assurdo
,
una
volta
riconosciuto
,
suscita
quasi
sempre
l
'
ilarità
.
Allora
,
per
meglio
scorgere
che
cosa
c
'
è
sotto
,
faremo
bene
a
non
negarci
all
'
occasione
una
sana
risata
;
o
almeno
un
sorriso
.
Tuttavia
non
sarà
male
guardarsi
dalle
indebite
generalizzazioni
e
dalle
inversioni
d
'
implicazioni
logiche
.
Se
è
vero
che
l
'
assurdo
provoca
il
riso
,
non
è
vero
che
solo
l
'
assurdo
possa
indurci
al
riso
o
al
sorriso
.
L
'
incantevole
esametro
di
Virgilio
:
"
Incipe
,
parve
puer
,
risu
cognoscere
matrem
"
non
vuoi
dire
affatto
che
per
il
bambino
la
madre
sia
un
personaggio
assurdo
!
1
.
Quando
Margherita
filava
L
'
arcolaio
era
di
quelli
che
si
usavano
molto
tempo
fa
e
che
si
vedono
ancora
oggi
in
tante
riproduzioni
o
nei
musei
:
una
grande
ruota
azionata
da
un
pedale
,
sulla
quale
si
avvolgeva
il
filo
proveniente
dalla
rocca
.
La
fanciulla
filava
e
cantava
,
seguendo
distratta
il
regolare
ma
vivace
sfarfallìo
dei
raggi
della
ruota
e
scandendo
il
ritmo
col
monotono
su
e
giù
del
pedale
;
eppure
il
canto
era
tutt
'
altro
che
monotono
.
Era
quasi
un
grido
agitato
e
convulso
di
chi
ha
un
peso
sul
cuore
e
sente
di
aver
perduto
per
sempre
la
pace
interiore
;
di
chi
non
può
distogliere
la
mente
da
un
'
immagine
adorata
e
allo
stesso
tempo
temuta
.
Margherita
era
altrove
,
il
suo
pensiero
volava
a
quell
'
uomo
fatale
che
l
'
aveva
incantata
,
al
ricordo
di
quel
nobile
portamento
,
di
quel
sorriso
,
di
quegli
occhi
,
di
quella
voce
,
di
quel
bacio
...
ah
,
il
suo
bacio
!
Intuiva
benissimo
che
dinanzi
a
lei
si
apriva
un
abisso
pauroso
,
eppure
le
era
impossibile
ritrarsi
.
Ma
come
avevano
fatto
quel
poeta
e
quel
musicista
(
che
tra
l
'
altro
le
pareva
non
fossero
ancora
nati
)
a
capire
così
bene
quello
che
ella
sentiva
e
soffriva
?
Alla
fine
,
volendo
tornare
a
badare
al
suo
lavoro
,
si
dette
a
raccogliere
il
filo
in
una
matassa
.
Ma
,
avendo
ripreso
subito
a
vagare
col
pensiero
,
riusciva
solo
a
combinare
un
grosso
pasticcio
e
finì
col
trovarsi
lei
stessa
avvolta
in
un
inestricabile
groviglio
.
In
quel
mentre
si
affacciò
alla
porta
un
soldato
,
che
,
dato
un
rapido
sguardo
,
chiese
meravigliato
:
"
Sorella
mia
,
che
stai
facendo
?
Hai
perso
il
senno
?
"
"
Sì
,
credo
proprio
di
aver
perso
il
senno
...
Ma
ora
sto
cercando
il
bandolo
da
dare
a
questa
matassa
.
Voglio
sincerarmi
che
il
filo
fatto
oggi
sia
lo
stesso
di
quello
che
avevo
cominciato
a
filare
ieri
.
"
Il
fratello
,
che
pure
era
arrivato
piuttosto
accigliato
,
si
mise
a
ridere
ed
esclamò
:
"
Ma
che
dici
?
Come
fa
quello
di
oggi
a
essere
lo
stesso
di
quello
che
hai
filato
ieri
?
"
Ci
sembra
altamente
improbabile
che
Valentino
,
un
modesto
soldato
della
guarnigione
,
conoscesse
le
acute
enunciazioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
"
tutto
scorre
e
cambia
"
e
che
"
non
ci
si
può
bagnare
due
volte
nello
stesso
fiume
"
.
Lui
si
stava
soltanto
attenendo
a
quell
'
elementare
buon
senso
,
che
a
volte
circola
perfino
nelle
caserme
.
"
Tu
hai
voglia
di
scherzare
,
"
ribatté
triste
la
sorella
,
"
ma
io
no
,
non
sono
di
quell
'
umore
.
Eppure
è
semplice
.
Se
riavvolgendo
il
filo
in
un
gomitolo
arrivo
all
'
inizio
di
quello
che
ho
filato
ieri
,
vuol
dire
che
è
lo
stesso
filo
e
ne
posso
fare
un
'
unica
matassa
,
senza
ingannare
nessuno
a
cui
lo
cedo
.
Se
invece
trovo
un
'
interruzione
,
vuoi
dire
che
sono
due
fili
diversi
.
"
Il
soldato
non
sembrava
molto
convinto
e
stava
a
sua
volta
per
replicare
,
quando
alla
porta
comparve
un
altro
personaggio
piuttosto
inquietante
:
un
bell
'
uomo
dal
fare
calmo
,
alquanto
ironico
e
sicuro
di
sé
,
ma
dallo
sguardo
fulminante
.
Appena
Valentino
lo
scorse
,
parve
riconoscerlo
e
gli
si
rivolse
minaccioso
:
"
Ah
,
sei
tu
quel
malnato
furfante
che
si
dà
da
fare
per
rovinare
mia
sorella
!
"
Ma
quello
lo
tacitò
,
alzando
tranquillamente
una
mano
:
"
Piano
,
piano
,
coraggioso
soldatino
!
Non
è
ancora
venuto
il
momento
di
inscenare
quell
'
insensato
duello
in
cui
vorrai
per
forza
trovare
la
morte
.
Piuttosto
mi
sento
coinvolto
dal
problema
che
stavate
discutendo
.
È
una
questione
molto
più
spinosa
e
profonda
di
quanto
possiate
immaginare
;
un
problema
che
sconcerta
e
assilla
anche
me
.
"
I
due
fratelli
si
guardavano
meravigliati
e
smarriti
.
Ma
che
c
'
entrava
quell
'
individuo
terrificante
-
che
in
realtà
Margherita
già
conosceva
,
senza
volerlo
ammettere
davanti
a
Valentino
-
e
che
intendeva
dire
?
Ma
l
'
uomo
,
sorridendo
beffardo
,
riprese
con
una
bizzarra
domanda
:
"
Tu
,
Valentino
,
se
vuoi
partire
per
Norimberga
,
che
strada
prendi
?
"
"
Quella
che
esce
dalla
porta
meridionale
della
città
.
"
"
E
se
invece
vuoi
recarti
a
Spira
,
che
strada
prendi
?
"
"
La
stessa
strada
.
"
"
Ecco
dunque
:
tu
hai
detto
che
quella
che
porta
a
Norimberga
e
quella
che
porta
a
Spira
sono
la
stessa
strada
.
"
Valentino
si
grattò
la
testa
alquanto
confuso
e
imbarazzato
,
poi
esclamò
un
po
'
irritato
:
"
Ma
no
!
Procedendo
per
la
strada
meridionale
,
a
un
certo
punto
trovo
un
bivio
.
Lì
,
se
prendo
a
destra
vado
a
Spira
,
se
prendo
a
sinistra
,
arrivo
a
Norimberga
.
"
"
Allora
ti
ingannavi
quando
hai
dichiarato
che
avresti
preso
la
stessa
strada
.
In
realtà
sono
due
strade
diverse
.
Ciononostante
,
se
parti
di
qui
,
sia
che
tu
vada
a
Norimberga
,
sia
che
tu
vada
a
Spira
,
non
trovi
alcuna
interruzione
e
il
tuo
cavallo
continua
a
seguire
a
testa
bassa
la
strada
.
È
proprio
quello
che
avviene
anche
per
il
filo
di
Margherita
.
Lei
può
continuare
a
raccoglierlo
dal
principio
alla
fine
,
senza
interruzioni
;
e
tuttavia
non
essere
sicura
che
sia
'
lo
stesso
'
filo
.
"
I
due
fratelli
rimanevano
sempre
più
sbigottiti
da
quei
ragionamenti
astrusi
.
Ma
si
accorsero
che
sulla
porta
era
comparso
un
quarto
personaggio
:
un
giovane
,
distinto
,
elegante
e
fascinoso
,
dalla
fronte
ampia
e
l
'
aria
intelligente
.
Margherita
si
precipitò
a
buttargli
le
braccia
al
collo
ed
esclamò
:
"
Enrico
!
Finalmente
tu
sei
qui
;
sono
felice
e
non
desidero
sapere
altro
.
"
L
'
uomo
dagli
occhi
di
fuoco
si
mostrò
stupito
e
domandò
al
nuovo
venuto
:
"
Enrico
?
Dottore
,
che
vuoi
dire
?
"
"
Sì
...
lei
mi
conosce
con
questo
nome
.
"
Poi
,
superato
un
po
'
d
'
imbarazzo
,
proseguì
:
"
Ma
ora
,
se
Margherita
si
decide
a
lasciarmi
respirare
,
parliamo
di
altro
.
Sono
qui
da
qualche
tempo
e
ho
udito
quanto
dicevate
.
Io
lo
so
bene
perché
quel
tale
problema
ti
assilla
.
Tu
l
'
hai
presa
larga
,
parlando
a
questi
giovani
di
strade
e
di
bivii
.
Ma
in
realtà
,
ragionando
vorresti
convincerti
che
l
'
uomo
che
si
è
impegnato
a
servirti
nell
'
"
aldilà
"
(
quell
'
aldilà
che
tu
nella
tua
strana
lingua
chiami
drüben
)
sarò
sempre
io
.
Ebbene
no
,
disilluditi
:
non
sarò
io
.
"
"
Come
,
non
sarete
voi
?
"
e
gli
occhi
minacciosi
ora
sprigionavano
proprio
faville
.
"
Ricordatevi
che
avete
firmato
un
patto
col
vostro
sangue
!
"
"
Sì
,
questo
è
vero
.
Ma
tu
credi
che
quando
sarò
drüben
,
avrò
il
sangue
?
"
"
Che
domanda
sciocca
,
Dottore
.
Certo
che
non
l
'
avrete
.
Gli
spiriti
non
hanno
il
sangue
.
"
"
Allora
è
sicuro
che
non
mi
potrai
più
rinfacciare
che
la
firma
è
stata
tracciata
col
mio
sangue
.
Sarà
il
sangue
di
un
altro
,
di
un
individuo
a
me
drüben
totalmente
sconosciuto
;
e
di
quello
sconosciuto
,
nonché
di
ciò
che
egli
ha
firmato
o
non
firmato
non
me
ne
importerà
proprio
nulla
.
"
"
Come
?
Ignorate
forse
che
dopo
la
morte
sarete
voi
,
sì
proprio
voi
,
a
sopravvivere
come
puro
spirito
?
Osereste
dunque
mettere
in
dubbio
perfino
quello
che
hanno
sempre
affermato
gli
stessi
seguaci
della
'
vostra
'
religione
?
"
"
Oh
,
oh
,
ora
mi
fai
proprio
ridere
!
Dunque
tu
credi
a
quelle
assurde
favole
.
Mi
stai
forse
diventando
religioso
?
"
"
Ohibò
,
io
religioso
...
assolutamente
no
!
Eppure
sono
sicuro
che
la
religione
è
necessaria
.
Per
me
poi
è
necessaria
,
come
per
voi
è
necessaria
l
'
aria
che
respirate
.
"
"
Questa
è
bella
davvero
,
non
l
'
avrei
mai
creduta
!
"
"
Ma
riflettete
un
po
'
spassionatamente
,
Dottore
.
Gli
uomini
hanno
una
maledetta
voglia
di
conoscere
,
che
li
spinge
a
scoprire
e
a
imparare
sempre
di
più
.
Un
bel
giorno
,
seguendo
quella
perversa
inclinazione
,
si
permetteranno
perfino
di
mettere
in
dubbio
che
io
esista
!
Per
fortuna
saranno
proprio
le
più
alte
autorità
delle
grandi
religioni
a
rimettere
le
cose
a
posto
e
a
imporre
ai
fedeli
di
credere
che
io
esisto
.
"
"
Allora
tu
dovresti
...
ringraziare
quelle
'
alte
autorità
'."
"
Certamente
,
sono
disposto
a
ringraziarle
:
purché
loro
ringrazino
me
.
Il
favore
è
reciproco
.
Loro
non
danno
mai
nulla
per
nulla
.
Se
i
fedeli
non
fossero
convinti
che
io
esisto
e
che
posso
trascinarli
drüben
,
che
se
ne
farebbero
della
religione
?
Credetemi
,
l
'
accordo
è
funzionale
e
vantaggioso
per
tutti
.
Ma
c
'
è
di
più
.
È
convinzione
comune
che
il
mondo
è
pieno
di
'
male
'
.
Ora
come
può
un
Dio
onnipotente
e
infinitamente
buono
aver
creato
un
mondo
pieno
di
male
?
Per
tirarsi
fuori
da
questo
assurdo
addossano
a
me
tutta
la
colpa
;
dicono
che
sono
io
,
che
voglio
il
male
e
lo
introduco
nel
mondo
.
"
"
Sì
,
mi
persuadi
e
non
posso
darti
torto
.
Comunque
sappi
che
quella
che
tu
chiami
la
'
mia
'
religione
non
è
affatto
tale
.
Io
sono
convinto
che
non
saprò
mai
se
Dio
esiste
o
no
.
Ma
sono
del
pari
sicuro
che
,
se
esiste
,
non
è
così
banalmente
umano
come
lo
dipingono
tutte
le
religioni
.
"
E
dopo
un
momento
di
riflessione
aggiunse
:
"
Ma
questo
vale
anche
per
te
.
Già
Senofane
quasi
duemila
anni
fa
riconosceva
che
,
se
i
cavalli
e
i
buoi
sapessero
disegnare
,
raffigurerebbero
gli
dèi
come
cavalli
o
come
buoi
.
Così
,
dato
che
gli
uomini
sono
cattivi
,
non
possono
ammettere
che
il
diavolo
,
cioè
un
essere
almeno
altrettanto
cattivo
quanto
loro
,
non
abbia
caratteristiche
umane
"
.
2
.
Davvero
sopravvivo
a
me
stesso
?
La
questione
che
aveva
dato
origine
al
dibattito
fra
Mefistofele
e
Faust
ha
radici
remote
,
quasi
quanto
il
mondo
degli
esseri
viventi
.
Gli
animali
hanno
quello
che
-
con
espressione
un
po
'
vecchiotta
,
ma
efficace
-
si
chiama
istinto
di
conservazione
.
Probabilmente
essi
non
hanno
idea
chiara
di
che
cosa
sia
la
propria
morte
,
ma
di
fatto
il
loro
comportamento
naturale
li
spinge
a
evitare
in
tutti
i
modi
di
morire
;
perché
?
Chi
muore
non
ha
più
possibilità
di
continuare
a
propagare
il
proprio
patrimonio
genetico
;
di
conseguenza
esso
si
può
estinguere
.
È
facile
quindi
capire
com
'
è
che
,
per
via
di
mutazione
e
selezione
,
il
comportamento
di
autoconservazione
finisce
per
inscriversi
nello
stesso
genoma
della
specie
.
I
gruppi
o
le
specie
che
non
avessero
tale
comportamento
sarebbero
destinati
a
soccombere
ben
presto
e
sparirebbero
dalla
Terra
.
Facciamo
subito
una
doverosa
correzione
,
nonché
una
precisazione
.
Non
è
detto
che
la
conservazione
a
tutti
i
costi
dell
'
individuo
sia
sempre
giovevole
alla
specie
.
Il
caso
di
un
individuo
che
si
sacrifica
per
difendere
il
gruppo
o
la
propria
discendenza
è
frequente
,
non
solo
fra
gli
animali
sociali
come
le
api
o
le
formiche
,
ma
in
tutto
il
regno
animale
.
Anche
quello
è
un
comportamento
ben
a
ragione
selezionato
dalla
natura
.
Per
esempio
,
ci
sono
certe
specie
di
ragni
(
come
la
vedova
nera
)
in
cui
il
maschio
dopo
l
'
accoppiamento
si
lascia
mangiare
dalla
femmina
.
Si
può
arrivare
,
come
caso
limite
,
allo
strabiliante
comportamento
,
recentemente
descritto
,
di
un
ragno
maschio
,
ridicolmente
più
piccolo
della
femmina
,
che
dopo
l
'
accoppiamento
si
getta
spontaneamente
-
e
con
apparente
soddisfazione
!
-
nelle
fauci
della
femmina
,
che
se
lo
mangia
.
Così
il
maschio
-
che
,
a
quanto
pare
,
avrebbe
grandissima
difficoltà
a
trovare
altre
femmine
-
riesce
almeno
a
favorire
in
qualche
modo
la
nascita
della
sua
prole
.
Naturalmente
nel
caso
dell
'
uomo
le
cose
sono
ben
più
complicate
che
per
gli
altri
animali
.
Prima
di
tutto
l
'
uomo
ha
coscienza
-
anche
se
tutt
'
altro
che
accettata
di
buon
grado
-
dell
'
ineluttabilità
della
propria
morte
;
in
secondo
luogo
,
qualunque
individuo
ha
in
sé
,
sovrapposta
alla
semplice
natura
,
una
massiccia
dose
di
cultura
,
che
si
sviluppa
gradualmente
ed
entra
a
far
parte
della
sua
stessa
identità
.
La
cultura
nelle
varie
regioni
e
nelle
varie
epoche
può
assumere
le
forme
più
svariate
,
ma
quasi
sempre
arriva
ad
aggiungere
potenzialità
alle
qualità
naturali
dell
'
individuo
.
Per
questo
-
come
del
resto
da
tempo
immemorabile
e
quasi
universalmente
si
è
capito
-
la
sapienza
e
l
'
esperienza
degli
anziani
possono
essere
altrettanto
utili
alla
sopravvivenza
del
gruppo
quanto
la
capacità
riproduttiva
dei
giovani
.
Forse
sarà
per
tale
ragione
che
la
pressione
selettiva
non
ha
privato
dell
'
istinto
di
conservazione
nemmeno
gli
anziani
(
salvo
rare
eccezioni
)
.
Sia
come
sia
,
è
certo
che
l
'
essere
umano
è
sempre
in
aspettazione
e
in
progettazione
del
suo
futuro
;
non
può
in
nessun
modo
accettare
,
se
non
facendo
violenza
a
se
stesso
,
l
'
assenza
di
futuro
.
Di
qui
è
facile
-
sì
,
forse
anche
troppo
facile
-
arrivare
a
capire
perché
,
almeno
da
vari
millenni
,
si
è
immaginato
un
qualche
tipo
di
continuazione
della
vita
dopo
la
morte
.
Ciò
è
attestato
,
se
non
altro
,
dalle
sepolture
che
fin
da
tempi
remoti
venivano
fornite
di
risorse
e
di
oggetti
necessari
alla
vita
...
del
defunto
.
Per
non
parlare
delle
piramidi
dei
faraoni
e
dei
mausolei
degl
'
imperatori
,
che
dimostrano
che
il
morto
,
non
solo
sopravviveva
,
ma
doveva
continuare
a
essere
importante
e
a
godere
della
ricchezza
che
aveva
avuto
da
vivo
.
I
poveri
invece
potevano
rimanere
tali
.
Tutto
questo
a
noi
sembra
ridicolo
,
è
vero
.
Ma
siamo
giusti
e
domandiamoci
:
l
'
approdo
del
cristianesimo
e
di
altre
religioni
al
concetto
di
"
puro
spirito
"
e
di
"
anima
"
segna
proprio
in
tutto
e
per
tutto
un
progresso
?
Certamente
sì
;
e
certamente
no
.
Da
un
lato
libera
gli
esseri
umani
da
una
troppo
ingenua
superstizione
di
sopravvivenza
;
ma
dall
'
altro
li
mette
dinanzi
a
un
formidabile
problema
filosofico
...
insolubile
.
È
il
problema
del
sangue
di
Faust
,
il
problema
dell
'
identità
di
individui
,
che
prima
e
dopo
la
morte
riconosciamo
essere
ben
disparati
.
Cavarsela
dicendo
che
si
tratta
di
un
mistero
è
una
misera
scappatoia
.
Si
può
legittimamente
parlare
di
mistero
quando
si
constata
che
avviene
un
qualcosa
di
molto
strano
,
che
(
almeno
per
il
momento
)
non
sappiamo
in
nessun
modo
spiegare
.
Ma
questo
qualcosa
,
ancorché
strano
,
deve
potersi
descrivere
con
termini
che
hanno
tutti
un
ben
preciso
significato
e
non
sono
solo
emissioni
di
suoni
.
"
Papé
Satàn
,
papé
Satàn
aleppe
"
non
è
un
mistero
.
Piuttosto
,
per
chiarire
meglio
l
'
idea
,
mi
si
perdoni
ora
,
senza
storcere
troppo
il
naso
,
una
fuggevole
caduta
in
un
genere
ben
minore
rispetto
al
poema
di
Goethe
.
I
mystery
stories
della
letteratura
poliziesca
ci
prospettano
veri
e
propri
misteri
,
in
quanto
ci
descrivono
le
situazioni
in
termini
tutti
di
per
sé
comprensibili
e
significativi
;
e
non
per
niente
alla
fine
ci
viene
svelato
che
cosa
è
realmente
accaduto
e
"
chi
è
l
'
assassino
"
.
Ma
che
cosa
può
significare
che
io
sopravviverò
alla
mia
morte
?
Ripetiamo
,
perché
le
confusioni
purtroppo
sono
quanto
mai
frequenti
:
non
si
tratta
di
sapere
se
sopravviverò
o
no
,
ma
di
dare
un
qualche
significato
plausibile
a
quella
sopravvivenza
.
Decine
e
decine
di
grandi
filosofi
,
di
teologi
,
di
ministri
del
culto
,
hanno
dedicato
profonde
meditazioni
a
questo
tema
(
e
sarebbe
velleitario
tentare
di
riassumerle
in
poche
parole
)
.
Ciò
nondimeno
nessuno
di
quegl
'
ingegnosi
tentativi
sembra
aver
portato
con
sé
la
fulgida
luce
della
convinzione
:
i
filosofi
rimangono
quanto
meno
perplessi
,
mentre
gli
"
uomini
della
strada
"
si
limitano
a
dire
che
,
poiché
così
ci
viene
insegnato
che
è
(
e
così
speriamo
che
sia
)
,
un
qualche
significato
ci
sarà
certo
.
Quando
rivolgo
lo
sguardo
alla
mia
esistenza
,
io
scorgo
un
essere
che
vede
,
sente
,
mangia
,
beve
,
dorme
;
progetta
,
agisce
sul
mondo
esterno
,
costruisce
;
desidera
,
gioisce
,
si
rattrista
,
ha
paura
,
soffre
.
Che
cosa
di
tutto
questo
può
avere
un
puro
spirito
?
Niente
,
altrimenti
non
sarebbe
un
puro
spirito
.
Allora
si
deve
concludere
che
non
vivrà
affatto
.
Ma
si
obietterà
che
qui
di
proposito
mi
sono
limitato
alle
mie
qualità
più
meschinamente
terrene
.
Ho
dimenticato
il
meglio
:
cioè
il
fatto
che
oltre
ad
avere
quelle
attività
,
io
anche
penso
e
amo
.
Va
bene
;
se
vogliamo
seguire
Cartesio
,
accettiamo
pure
che
basti
che
nell
'
aldilà
io
pensi
,
per
poter
affermare
che
sono
.
Ma
si
rifletta
che
per
Cartesio
"
pensare
"
voleva
dire
seguire
nella
mente
una
catena
di
immagini
simboliche
-
o
addirittura
di
parole
-
destinate
ad
approdare
a
una
conclusione
;
a
una
nuova
determinazione
del
mio
agire
,
o
almeno
a
una
nuova
conoscenza
,
a
un
nuovo
stato
d
'
animo
.
Ma
quale
puro
spirito
può
voler
raggiungere
tali
scopi
e
può
aver
bisogno
per
raggiungerli
di
seguire
quella
catena
lungo
Io
scorrer
del
tempo
?
Quanto
all
"
`
amare
"
,
prendiamo
pure
il
termine
nella
sua
accezione
più
nobile
e
conveniente
a
un
puro
spirito
:
vuol
dire
sentirsi
attratto
dalla
persona
amata
e
desiderarne
il
bene
.
Ma
di
chi
desidererò
il
bene
nell
'
aldilà
?
Di
Dio
?
Ne
ha
proprio
bisogno
?
Di
un
'
anima
già
passata
nell
'
aldilà
?
Che
vuole
dire
?
E
se
si
tratta
invece
di
una
persona
ancora
rimasta
in
terra
,
perché
dovrei
amare
quella
piuttosto
che
un
'
altra
?
Umano
,
troppo
umano
.
Come
è
ben
noto
,
molti
di
quegli
assurdi
che
presenta
la
questione
della
sopravvivenza
dopo
la
morte
,
vengono
superati
da
alcune
religioni
mediante
lo
stratagemma
della
"
resurrezione
dei
corpi
"
.
A
questo
proposito
anche
i
più
ingenui
sono
portati
a
domandarsi
:
ma
a
che
età
risusciterò
?
Sarò
giovane
,
sarò
vecchio
,
sarò
imberbe
,
sarò
calvo
?
Riavrò
anche
la
gamba
che
persi
da
bambino
?
E
se
sarò
morto
appena
nato
,
si
darà
per
scontato
che
debba
essere
cresciuto
,
oppure
continuerò
a
vagire
?
E
poi
dove
va
a
finire
la
convinzione
moderna
che
la
nostra
identità
personale
consiste
anche
nella
cultura
ricevuta
dall
'
ambiente
in
cui
viviamo
e
pertanto
si
va
formando
e
completando
fino
all
'
ora
della
morte
?
Bene
ha
visto
Jean
Cocteau
(
Poésie
critique
)
quando
ha
affermato
:
De
notre
naissance
à
notre
mort
,
nous
sommes
un
cortège
d
'
autres
qui
sont
reliés
par
un
fil
tenu
.
E
inoltre
,
di
qui
fino
alla
risurrezione
dei
corpi
che
cosa
farò
?
Sarò
ibernato
?
Bella
soddisfazione
,
sussistere
ibernati
!
Ma
c
'
è
qualcosa
di
meno
banale
.
Oggi
sappiamo
benissimo
che
(
nonostante
le
mirabolanti
promesse
di
certa
genetica
più
o
meno
giornalistica
)
vivere
è
invecchiare
.
La
morte
è
inclusa
nel
nostro
programma
genetico
di
vita
.
Le
nostre
cellule
non
si
riproducono
oltre
un
certo
numero
di
generazioni
.
Il
nostro
cervello
perde
ogni
giorno
migliaia
e
migliaia
di
neuroni
.
Se
i
puri
spiriti
non
invecchiano
,
non
vivono
.
Se
poi
si
afferma
che
la
vita
nell
'
aldilà
è
cosa
totalmente
diversa
da
quella
nell
'
aldiqua
,
ci
risiamo
con
il
mistero
e
con
il
problema
del
significato
.
Dire
che
un
certo
termine
della
lingua
umana
ha
un
significato
,
ma
che
nessun
essere
umano
lo
può
conoscere
,
è
come
non
dire
nulla
.
Proviamo
allora
a
seguire
l
'
indicazione
piena
di
saggezza
di
Leibniz
:
due
oggetti
sono
identici
-
e
quindi
secondo
lui
sono
lo
stesso
oggetto
-
quando
hanno
tutte
e
sole
le
stesse
proprietà
.
Ora
l
'
esempio
del
sangue
ci
convince
che
il
Faust
terreno
e
quello
ultraterreno
non
possono
essere
identici
in
quel
senso
.
Il
Faust
ultraterreno
o
non
ha
il
sangue
,
e
allora
non
è
Faust
;
oppure
il
suo
corpo
è
risorto
,
ma
nessuno
sa
se
apparirà
qual
era
prima
della
...
cura
Mefistofele
o
dopo
.
Ma
,
a
parte
gli
scherzi
,
è
certo
che
in
questo
caso
non
possiamo
applicare
il
criterio
leibniziano
alle
proprietà
che
i
due
oggetti
da
comparare
hanno
allo
stesso
tempo
.
Qui
intervengono
invece
quei
filosofi
che
si
sono
occupati
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
;
questione
spinosissima
fino
dall
'
epoca
dei
presocratici
e
che
,
fra
l
'
altro
,
la
fisica
moderna
è
venuta
a
complicare
notevolmente
.
Per
l
'
individuo
umano
molti
si
sono
basati
sulla
proprietà
della
memoria
:
io
sono
oggi
lo
stesso
di
ieri
o
di
un
anno
fa
,
perché
mi
ricordo
quello
che
ho
fatto
ieri
o
un
anno
fa
.
Ma
il
guaio
è
che
ormai
si
sa
che
la
memoria
non
è
cosa
puramente
spirituale
:
ha
anch
'
essa
una
base
organica
.
Tanto
è
vero
che
chi
subisce
una
certa
lesione
al
cervello
non
ricorda
,
così
come
chi
subisce
un
altro
tipo
di
lesione
non
parla
o
non
cammina
.
Pertanto
,
passando
nell
'
aldilà
dovremmo
portarci
dietro
il
cervello
(
che
invece
è
rimasto
a
marcire
nella
tomba
)
.
Dunque
l
'
idea
dell
'
identità
"
anamnestica
"
oltre
la
morte
non
è
sostenibile
.
Dal
punto
di
vista
psicologico
è
molto
interessante
notare
come
anche
chi
avrebbe
tutti
i
mezzi
intellettuali
per
compiere
i
ragionamenti
testé
svolti
,
ne
rifugga
e
speri
nientemeno
che
di
riposare
nella
tomba
.
Fra
le
migliaia
di
esempi
che
ognuno
conosce
,
citiamo
lo
stesso
Goethe
che
,
in
quella
piccola
gemma
che
è
il
primo
Canto
notturno
del
viandante
,
promette
:
Warte
nur
,
balde
/
Ruhest
du
auch
,
aspetta
,
ché
presto
riposi
anche
tu
.
E
non
parliamo
dell
'
assurdo
requiescat
in
pace
augurato
al
morto
da
coloro
che
pur
sono
fermamente
convinti
dell
'
esistenza
dell
'
anima
.
Ma
chi
deve
riposare
?
L
'
anima
o
le
ossa
?
Che
mai
vorrà
dire
il
riposo
eterno
(
requiem
aeternam
ecc
.
)
per
chi
è
destinato
a
finire
o
all
'
inferno
o
in
paradiso
?
Si
ricordi
che
nella
Passione
secondo
Matteo
di
Bach
il
coro
arriva
ad
augurare
"
dolce
riposo
"
(
Ruhe
sanfte
)
a
Gesù
Cristo
.
Ma
lui
doveva
pensare
a
risorgere
,
non
a
riposare
!
Nella
descrizione
che
Dumas
(
La
Comtesse
de
Charny
)
fa
della
morte
di
Mirabeau
si
trova
un
'
affermazione
di
commovente
profondità
e
chiaroveggenza
.
Il
grande
oratore
giace
sul
letto
di
morte
e
soffre
terribilmente
.
All
'
amico
medico
,
che
tenta
più
o
meno
di
consolarlo
,
promettendogli
una
rapida
fine
,
egli
esclama
:
"
Je
ne
meurs
pas
mort
,
cher
docteur
,
je
meurs
vivant
...
"
.
Sì
,
splendido
!
Ecco
fatto
il
punto
in
pochissime
parole
.
Tutto
quello
che
noi
pensiamo
,
diciamo
,
soffriamo
a
causa
della
morte
lo
soffriamo
da
vivi
.
Altro
che
riposo
eterno
!
Di
quello
non
ce
ne
facciamo
proprio
nulla
.
Anche
al
momento
della
morte
noi
siamo
saldamente
legati
all
'
aldiqua
.
Sempre
sul
piano
psicologico
è
davvero
suggestivo
che
perfino
un
fermo
credente
come
Dante
ritenga
che
a
chi
è
già
nell
'
aldilà
stia
tanto
a
cuore
l
'
aldiquà
.
Com
'
è
possibile
che
la
notizia
che
Guido
è
morto
sia
un
colpo
straziante
per
Cavalcante
,
tanto
che
egli
"
supin
ricadde
e
più
non
parve
fora
"
?
Allora
lo
stare
sulla
terra
è
il
bene
supremo
?
E
perché
i
morti
desiderano
così
ardentemente
e
costantemente
di
essere
ricordati
dai
vivi
?
Anche
la
dolce
,
timida
Pia
-
che
pare
che
da
sé
si
sia
collocata
alla
fine
del
Canto
,
per
non
disturbare
e
andarsene
in
punta
di
piedi
-
non
può
resistere
al
desiderio
di
sussurrare
:
"
ricorditi
di
me
che
son
la
Pia
...
"
.
3
.
I
binari
e
gli
scambi
Mefistofele
l
'
aveva
presa
larga
col
soldatino
:
a
lui
stava
a
cuore
soprattutto
il
problema
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
,
per
essere
sicuro
che
quelli
che
trascinava
presso
di
sé
dopo
la
morte
fossero
proprio
coloro
che
in
vita
era
riuscito
a
sedurre
.
Ma
aveva
cominciato
col
chiedere
una
cosa
apparentemente
molto
diversa
:
se
e
perché
una
strada
potesse
dirsi
sempre
la
stessa
,
quando
si
prolunga
nello
spazio
.
Non
sembra
proprio
che
si
tratti
del
medesimo
problema
semantico
.
In
ogni
caso
converrà
approfondire
un
po
'
.
Prima
di
tutto
si
è
portati
a
chiedersi
se
la
domanda
riguardo
alla
strada
abbia
un
senso
ben
chiaro
,
o
se
invece
si
tratti
solo
di
vuote
parole
.
Che
un
qualche
senso
debba
averlo
e
che
la
cosa
sia
tutt
'
altro
che
di
poco
conto
anche
nella
realtà
,
lo
si
può
vedere
per
esempio
così
:
molte
volte
nel
resoconto
di
un
disastro
ferroviario
ci
capita
di
leggere
che
due
treni
,
per
un
tragico
errore
,
sono
stati
avviati
sullo
stesso
binario
.
Eppure
,
sia
prima
dello
scontro
,
sia
proprio
al
momento
dell
'
impatto
,
le
rotaie
sulle
quali
si
trovavano
l
'
uno
e
l
'
altro
treno
erano
necessariamente
diverse
.
Come
si
può
parlare
dello
stesso
binario
?
Un
criterio
di
pura
continuità
materiale
è
molto
ingenuo
e
non
può
certo
bastare
;
infatti
sappiamo
bene
che
la
strada
ferrata
seguita
da
un
treno
può
incontrare
sul
suo
cammino
un
certo
numero
di
scambi
,
che
decidono
la
destinazione
finale
,
ma
non
interrompono
la
continuità
del
metallo
.
La
domanda
è
analoga
a
quella
che
era
stata
posta
al
soldato
:
anche
se
seguiamo
con
continuità
la
strada
,
con
quale
criterio
si
può
giudicare
che
al
termine
si
tratta
proprio
della
stessa
strada
?
Il
problema
si
presenta
senza
difficoltà
quando
,
invece
che
di
una
continuità
materiale
,
si
parla
semplicemente
di
due
linee
geometriche
consecutive
:
si
riconosce
infatti
in
tal
caso
che
nell
'
affermare
che
esse
sono
parti
di
una
medesima
linea
,
noi
introduciamo
sempre
una
buona
dose
di
convenzionalità
.
Spesso
si
tratta
di
una
pura
definizione
:
per
esempio
,
due
segmenti
consecutivi
di
una
retta
appartengono
alla
stessa
retta
proprio
per
definizione
.
E
non
bisogna
nemmeno
dimenticare
l
'
importanza
del
"
sistema
di
riferimento
"
nel
quale
ci
poniamo
per
formulare
il
giudizio
.
Supponiamo
che
un
astronomo
stia
spiegando
che
il
cammino
seguito
oggi
dalla
nostra
Terra
è
solo
un
segmento
di
una
ben
determinata
ellisse
attorno
al
Sole
,
che
-
a
parte
piccolissime
differenze
-
si
prolungherà
identica
a
se
stessa
anno
dopo
anno
.
Nel
dire
questo
egli
ha
ragione
:
purché
lui
e
i
suoi
ascoltatori
convengano
-
magari
tacitamente
-
di
riferirsi
alla
traiettoria
rispetto
al
Sole
,
pensato
come
fisso
.
Altrimenti
l
'
astronomo
non
parlerebbe
certo
di
piccolissime
differenze
.
Infatti
tutta
la
Galassia
ruota
;
e
il
Sole
-
che
non
è
affatto
al
centro
di
essa
-
si
muove
vertiginosamente
con
tutto
il
suo
sistema
di
pianeti
.
La
traiettoria
che
ne
risulta
per
la
Terra
è
una
sorta
di
"
cicloide
"
,
enormemente
diversa
dalla
classica
ellisse
kepleriana
!
Si
può
dunque
comprendere
che
anche
l
'
identità
del
binario
,
che
prosegue
la
sua
traiettoria
(
con
porzioni
di
acciaio
sempre
diverse
)
è
piuttosto
convenzionale
:
si
potrebbe
addirittura
supporre
che
per
il
ferroviere
quell
'
identità
significhi
semplicemente
che
due
treni
che
procedono
in
senso
inverso
su
due
segmenti
contigui
del
binario
vengono
necessariamente
a
collisione
.
Lasciamo
dunque
stare
l
'
identità
di
un
ente
che
si
prolunga
puramente
nello
spazio
e
veniamo
a
parlare
dell
'
identità
attraverso
lo
scorrere
del
tempo
.
Questa
sembra
una
questione
ben
diversa
e
non
banalmente
convenzionale
.
Naturalmente
qui
non
ci
occuperemo
più
della
sopravvivenza
dell
'
anima
di
un
individuo
,
perché
abbiamo
già
messo
in
serio
dubbio
che
i
termini
usati
nella
formulazione
tradizionale
di
quel
problema
siano
tutti
provvisti
di
un
ragionevole
significato
.
Prendiamo
invece
di
mira
un
oggetto
materiale
e
osserviamolo
con
continuità
lungo
tutto
il
suo
cammino
.
Non
possiamo
forse
esser
certi
che
alla
fine
si
tratta
ancora
dello
stesso
oggetto
?
Veramente
sappiamo
già
che
a
tale
conclusione
potremmo
arrivare
solo
se
-
con
un
po
'
di
buona
volontà
-
fossimo
disposti
a
trascurare
le
già
menzionate
obiezioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
tutto
cambia
;
e
noi
le
trascureremo
.
Anzi
,
faremo
di
più
:
accetteremo
per
buone
le
affermazioni
della
scienza
classica
,
quando
essa
ci
assicura
che
un
certo
corpo
materiale
avrebbe
potuto
essere
seguito
con
continuità
,
anche
se
in
realtà
non
lo
abbiamo
fatto
.
È
il
caso
della
"
stella
del
mattino
"
e
della
"
stella
della
sera
"
(
Venere
)
,
che
Gottlob
Frege
,
padre
della
semantica
moderna
,
prende
come
esempio
di
un
medesimo
corpo
designato
con
nomi
diversi
.
Ma
i
guai
veramente
seri
sono
stati
portati
dall
'
affermarsi
nella
fisica
delle
particelle
atomiche
e
subatomiche
-
alle
quali
già
accennammo
-
della
teoria
quantistica
(
spesso
chiamata
un
po
'
restrittivamente
"
meccanica
quantistica
"
)
.
Quella
teoria
al
suo
sorgere
-
e
per
lungo
tempo
in
seguito
-
dette
luogo
a
gravissimi
dubbi
,
a
vivaci
dibattiti
,
a
vere
e
proprie
polemiche
.
Sarebbe
fuori
luogo
qui
anche
solo
tentare
di
ricapitolare
tutta
la
storia
.
Ci
limiteremo
invece
a
ricordare
che
esiste
un
"
`
interpretazione
ortodossa
"
della
teoria
-
a
volte
anche
chiamata
"
di
Copenhagen
"
,
perché
originata
in
sostanza
dal
sommo
fisico
danese
Niels
Bohr
-
che
a
tutt
'
oggi
è
condivisa
dalla
grande
maggioranza
dei
fisici
e
che
non
è
mai
stata
contraddetta
dall
'
esperienza
.
Secondo
la
concezione
ortodossa
una
particella
ha
solo
una
probabilità
di
essere
rivelata
in
un
punto
o
in
un
altro
,
ma
non
ha
una
traiettoria
!
Vediamo
se
si
riesce
a
suffragare
con
poche
parole
(
ma
non
è
facile
)
quest
'
ultima
affermazione
,
chiedendoci
come
si
muove
una
particella
della
microfisica
.
Poniamo
di
aver
osservato
la
particella
nel
punto
di
partenza
A
:
secondo
le
indicazioni
della
meccanica
classica
non
vi
sarebbe
limite
alla
precisione
con
cui
-
avendone
gli
strumenti
-
potremmo
determinare
la
posizione
di
A
.
Egualmente
potremmo
determinare
senza
alcun
limite
teorico
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
.
Con
questi
dati
le
leggi
della
meccanica
classica
ci
permettono
di
calcolare
con
precisione
quando
e
come
raggiungerà
un
punto
finale
B
.
Naturalmente
,
se
la
particella
è
libera
,
seguirà
la
retta
AB
(
se
invece
è
soggetta
a
forze
conosciute
-
gravitazionali
,
elettriche
ecc.
-
potremo
egualmente
stabilire
con
precisione
la
traiettoria
percorsa
;
ma
non
complichiamo
le
cose
)
.
Con
la
meccanica
quantistica
invece
nascono
i
guai
.
Infatti
in
tal
caso
è
ineluttabile
il
principio
d
'
indeterminazione
di
Heisenberg
.
Esso
stabilisce
che
:
quanto
maggiore
è
la
precisione
con
cui
determiniamo
la
posizione
di
A
,
tanto
minore
sarà
la
precisione
con
cui
potremo
conoscere
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
della
particella
.
Pertanto
la
traiettoria
esatta
non
è
conoscibile
.
Proviamo
allora
con
un
metodo
osservativo
,
anziché
predittivo
,
e
supponiamo
di
aver
visto
la
particella
in
un
punto
intermedio
C
,
fra
A
e
B
.
Ciò
significa
che
in
C
la
particella
è
stata
colpita
da
un
fotone
e
lo
ha
riflesso
verso
il
nostro
occhio
.
Ora
il
fotone
,
rimbalzando
verso
di
noi
,
dà
una
botta
alla
particella
e
le
comunica
una
quantità
di
moto
(
il
cui
valore
è
noto
solo
con
distribuzione
probabilistica
)
.
Dunque
non
possiamo
assolutamente
asserire
che
,
se
la
particella
fosse
stata
libera
(
e
non
disturbata
dal
nostro
fotone
)
,
sarebbe
proprio
finita
in
B
.
D
'
altra
parte
,
se
effettivamente
l
'
abbiamo
vista
prima
in
A
e
poi
in
B
,
ma
non
abbiamo
illuminato
la
zona
intermedia
,
non
possiamo
asserire
con
sicurezza
che
è
passata
per
C
.
Si
pensi
che
perfino
nel
caso
che
fra
A
e
B
si
interponga
un
diaframma
opaco
con
due
forellini
molto
vicini
,
vedendo
la
particella
giungere
in
B
,
senza
averla
in
alcun
modo
disturbata
nel
frattempo
,
non
si
può
assolutamente
decidere
da
quale
dei
due
forellini
è
passata
.
Se
invece
la
disturbiamo
,
per
vedere
da
quale
forellino
passa
,
la
particella
o
non
arriva
in
B
o
,
arrivata
in
quel
punto
,
si
comporta
in
modo
diverso
da
quanto
avrebbe
fatto
indisturbata
.
Quest
'
ultima
affermazione
vuol
dire
quanto
segue
:
se
facciamo
partire
da
A
uno
sciame
di
particelle
eguali
e
non
riveliamo
per
quale
forellino
passa
ciascuna
,
le
particelle
,
arrivando
su
un
successivo
schermo
,
si
distribuiscono
secondo
una
figura
caratteristica
che
si
chiama
frange
d
'
interferenza
;
se
invece
noi
riveliamo
da
quale
forellino
passa
ciascuna
particella
,
spariscono
le
frange
d
'
interferenza
.
Che
le
cose
stiano
proprio
così
,
è
ormai
accettato
da
tutti
i
fisici
.
Bisogna
rassegnarci
quindi
a
concludere
che
la
traiettoria
ha
un
senso
solo
per
gli
oggetti
"
macroscopici
"
,
cioè
per
quegli
oggetti
che
vediamo
e
tocchiamo
e
che
(
praticamente
)
non
vengono
perturbati
dalla
nostra
osservazione
.
Gli
oggetti
atomici
e
subatomici
invece
non
possono
essere
seguiti
e
osservati
con
continuità
senza
essere
perturbati
e
senza
che
si
perda
di
conseguenza
la
possibilità
di
affermare
che
cosa
avrebbero
fatto
spontaneamente
.
Chiariamo
ora
in
che
modo
tutto
questo
può
essere
rilevante
,
anzi
decisivo
,
per
la
questione
dell
'
identità
.
Bisogna
prima
di
tutto
ricordare
che
nella
microfisica
s
'
incontrano
diverse
specie
di
particelle
e
che
quelle
che
appartengono
a
una
medesima
specie
hanno
tutte
esattamente
le
stesse
proprietà
.
Per
esempio
,
un
elettrone
ha
tutte
le
proprietà
eguali
a
quelle
di
un
altro
elettrone
;
e
lo
stesso
dicasi
per
la
specie
dei
protoni
,
per
quella
dei
neutroni
ecc.
Si
dice
che
al
di
dentro
di
ciascuna
specie
si
tratta
di
particelle
indistinguibili
l
'
una
dall
'
altra
.
Bisognerà
precisare
meglio
.
A
volte
si
è
portati
ad
affermare
che
due
gemelli
sono
indistinguibili
l
'
uno
dall
'
altro
.
In
questo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
esagerazione
;
ma
ora
prescindiamone
.
Per
trarci
d
'
impaccio
,
potremo
sempre
legare
un
nastro
rosso
al
braccio
dell
'
uno
e
un
nastro
verde
al
braccio
dell
'
altro
.
In
tal
modo
avremo
conferito
due
proprietà
diverse
a
due
individui
e
riusciremo
facilmente
a
distinguerli
.
Tuttavia
non
potremo
legare
nessun
nastro
al
braccio
di
un
elettrone
!
Né
potremo
deformarlo
,
portarne
via
un
pezzo
,
dargli
un
colore
,
una
carica
,
una
temperatura
diversi
dall
'
altro
elettrone
.
Appena
avremo
stabilito
che
un
elettrone
si
chiama
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
avremo
alcun
modo
per
riconoscere
quale
è
Pietro
e
quale
è
Paolo
.
Non
c
'
è
nessuna
proprietà
che
li
distingue
.
A
questo
punto
il
lettore
accorto
obietterà
che
una
proprietà
diversa
ci
può
essere
:
vale
a
dire
la
collocazione
nello
spazio
.
Se
Pietro
si
trova
nel
punto
P
e
Paolo
nel
punto
Q
(
e
non
si
muovono
)
,
continueremo
a
chiamare
Pietro
quello
in
P
e
Paolo
quello
in
Q
.
Eppure
non
va
bene
nemmeno
questo
!
Purtroppo
qui
dobbiamo
ricorrere
a
considerazioni
non
troppo
elementari
:
quelle
della
fisica
statistica
.
In
tale
parte
della
fisica
si
suole
contare
in
quanti
modi
diversi
si
possono
distribuire
le
particelle
microscopiche
per
arrivare
a
realizzare
un
medesimo
stato
macroscopico
.
Nella
fisica
classica
il
caso
in
cui
Pietro
è
in
P
e
Paolo
in
Q
e
quello
in
cui
Pietro
è
in
Q
e
Paolo
in
P
sono
due
casi
differenti
e
come
tali
vanno
contati
.
Invece
nella
fisica
quantistica
essi
costituiscono
uno
stesso
caso
e
così
contandoli
danno
luogo
a
risultati
diversi
da
quelli
classici
.
Ebbene
,
l
'
esperienza
dà
ragione
alla
statistica
quantistica
.
Pietro
e
Paolo
possono
essere
scambiati
,
senza
che
accada
assolutamente
nulla
di
rilevabile
.
Leibniz
certo
non
ci
avrebbe
creduto
.
E
si
badi
che
oggi
si
hanno
prove
inoppugnabili
che
quel
comportamento
non
è
valido
solo
per
le
particelle
singole
,
bensì
-
in
condizioni
opportune
-
anche
per
atomi
e
molecole
,
cioè
per
sistemi
in
ciascuno
dei
quali
sono
riunite
più
particelle
.
Da
tutto
ciò
si
dovrà
concludere
che
l
'
identità
individuale
non
ha
senso
per
i
corpi
microscopici
.
Sembrerebbe
allora
che
essa
fosse
un
'
emergenza
,
una
proprietà
nuova
,
che
scaturisce
nel
caso
macroscopico
,
cioè
quando
si
mettono
assieme
miriadi
e
miriadi
di
particelle
,
come
per
esempio
in
due
palle
di
biliardo
o
addirittura
in
due
corpi
umani
.
Questo
in
un
certo
senso
è
vero
e
in
un
altro
senso
non
è
vero
.
Supponiamo
infatti
che
sia
possibile
avere
due
gemelli
assolutamente
identici
dal
punto
di
vista
fisico
.
I
loro
corpi
dovranno
essere
costituiti
esattamente
da
eguali
atomi
e
molecole
,
distribuiti
nello
stesso
modo
,
e
negli
stessi
stati
di
eccitazione
.
Si
badi
bene
che
ciò
implica
che
anche
tutti
i
neuroni
dei
due
gemelli
e
tutte
le
loro
sinapsi
dovranno
trovarsi
negli
stessi
identici
stati
.
Cosicché
i
due
dovranno
avere
le
stesse
memorie
;
e
se
l
'
uno
dirà
di
chiamarsi
Pietro
,
anche
l
'
altro
dovrà
dirlo
!
In
queste
condizioni
è
difficile
dubitare
che
anche
per
loro
varrebbe
la
perfetta
interscambiabilità
quantistica
.
Tuttavia
questo
caso
,
non
solo
è
fantastico
,
ma
è
addirittura
impossibile
.
Infatti
basta
che
uno
dei
gemelli
veda
un
oggetto
dal
suo
punto
di
vista
e
l
'
altro
da
un
punto
di
vista
differente
perché
le
loro
memorie
comincino
a
differire
e
siano
distinguibili
.
Ma
del
resto
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
parlare
proprio
di
gemelli
umani
per
convincersi
che
due
corpi
identici
non
esistono
praticamente
mai
.
Stando
così
le
cose
,
non
ci
si
può
meravigliare
se
la
mente
umana
,
nata
ed
evoluta
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
,
si
è
abituata
a
concepire
l
'
identità
in
senso
leibniziano
,
e
ad
affermare
che
due
corpi
non
possono
differire
"
solo
numero
"
,
cioè
avere
tutte
le
stesse
proprietà
,
pur
essendo
due
corpi
,
anziché
un
corpo
solo
.
Invece
due
elettroni
hanno
tutte
le
stesse
proprietà
,
eppure
sono
certamente
due
.
E
così
dicasi
per
i
numeri
superiori
a
due
.
Per
esempio
,
l
'
atomo
di
uranio
ha
novantadue
elettroni
,
distribuiti
in
diversi
stati
di
diversa
energia
.
Questo
lo
sappiamo
per
certo
.
Ma
sarebbe
assurdo
dire
che
nel
primo
stato
-
che
contiene
due
elementi
-
ci
sono
Pietro
e
Paolo
,
nel
secondo
-
che
ne
contiene
sei
-
ci
sono
Giovanni
,
Mario
,
Guido
,
Luigi
,
Marco
,
Alberto
;
e
così
via
.
È
chiaro
che
da
tutto
questo
si
deve
trarre
un
grande
insegnamento
.
Chi
pensa
che
la
nostra
logica
e
la
nostra
semantica
siano
qualcosa
di
superiore
ed
estraneo
all
'
uomo
e
non
rappresentino
invece
facoltà
ordinatrici
del
nostro
sistema
nervoso
centrale
-
facoltà
che
l
'
uomo
ha
faticosamente
acquisito
nel
corso
della
sua
evoluzione
,
allo
scopo
di
riuscire
a
vivere
in
un
certo
ambiente
fisico
-
fa
semplicemente
cattiva
filosofia
.
Credere
che
quelle
classificazioni
che
ci
sono
necessarie
-
e
in
molti
casi
perfino
sufficienti
-
per
cavarcela
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
(
ciascuno
costituito
da
miriadi
di
particelle
aggregate
)
debbano
valere
in
tutti
i
campi
della
realtà
,
è
molto
ingenuo
.
È
un
'
estrapolazione
assolutamente
gratuita
e
ingiustificata
,
almeno
fino
a
che
l
'
esperienza
non
ne
abbia
confermata
la
validità
.
Ebbene
,
si
dà
il
caso
che
l
'
esperienza
l
'
abbia
inequivocabilmente
smentita
!
Perfino
il
venerabile
principio
d
'
identità
non
è
nelle
cose
,
ma
si
rivela
un
'
esigenza
puramente
umana
.
4
.
Dio
bono
!
"
Maestro
,
che
vuoi
dire
sessuofobia
?
"
La
domanda
a
bruciapelo
era
stata
formulata
con
perfetta
semplicità
,
senza
un
pizzico
(
almeno
apparente
)
di
malizia
,
da
Mario
,
un
frugoletto
dagli
occhi
vispi
e
dalla
curiosità
di
solito
inesauribile
.
La
sua
parlata
schiettamente
toscana
-
con
qualche
sfumatura
addirittura
arcaica
-
rivelava
sì
la
provenienza
da
un
ceto
culturalmente
piuttosto
modesto
,
ma
non
si
abbassava
quasi
mai
alla
volgarità
esibita
da
certi
compagni
"
signorini
"
.
Il
maestro
Consigli
,
superando
un
momento
di
esitazione
,
ma
stando
bene
attento
a
non
mostrare
imbarazzo
,
rispose
con
naturalezza
:
"
Vuoi
dire
paura
del
sesso
.
È
chiaro
.
"
E
intanto
diceva
spavaldamente
dentro
di
sé
:
no
,
no
,
non
sono
affatto
imbarazzato
,
che
diamine
!
Ciononostante
quasi
arrossì
quando
si
accorse
di
provare
un
certo
sollievo
nel
poter
buttare
tutto
sull
'
erudito
e
sul
didascalico
:
"
La
parola
oggi
è
spesso
usata
e
probabilmente
l
'
avrai
letta
in
qualche
giornale
.
Non
è
molto
ben
formata
,
perché
la
prima
parte
vien
dal
latino
e
la
seconda
dal
greco
.
"
Ma
Mario
non
mollava
e
,
dopo
un
po
'
di
riflessione
,
riprese
:
"
Che
cos
'
è
il
sesso
non
avrei
a
saperlo
:
lo
so
.
Per
esempio
io
sono
un
maschio
e
la
Lorella
è
una
femmina
.
Ma
perché
la
gente
ne
ha
da
aver
paura
?
"
A
questo
punto
il
bravo
Consigli
-
pur
non
volendo
ammetterlo
-
dovette
avvertire
qualche
difficoltà
.
A
ogni
modo
proseguì
imperterrito
:
"
Vedi
,
Mario
,
l
'
essere
uomo
o
donna
implica
tante
cose
,
oltre
a
portare
i
pantaloni
o
la
sottana
(
quando
si
portava
)
.
Dovrei
cominciare
col
premettere
molte
spiegazioni
...
"
Ma
la
quindicenne
Lorella
intervenne
subito
in
tono
di
sfida
:
"
Per
me
è
inutile
.
Io
so
tutto
!
"
Si
erano
trovati
ai
giardini
prospicienti
le
scuole
,
l
'
elementare
e
la
media
,
ospitate
in
un
medesimo
edificio
.
Il
maestro
sedeva
su
una
panchina
un
po
'
stanco
e
un
po
'
pensoso
,
domandandosi
per
l
'
ennesima
volta
se
proprio
valeva
la
pena
di
continuare
a
sgolarsi
per
quei
marmocchi
.
Loro
,
in
fondo
,
quando
erano
in
classe
non
aspettavano
altro
che
il
suono
della
campanella
finale
,
per
sciamare
festosi
o
litigiosi
via
dal
chiuso
delle
aule
,
lontano
dai
maestri
e
dai
bidelli
.
Non
c
'
era
dubbio
che
quello
della
scuola
era
il
contatto
fra
due
mondi
diversi
:
solo
un
legame
temporaneo
,
costrittivo
e
insopportabile
.
E
poi
nell
'
era
dei
"
media
"
lui
aveva
l
'
impressione
che
ogni
sera
sistematicamente
qualcuno
disfacesse
quella
tela
che
lui
con
fatica
tentava
di
tessere
di
giorno
.
Non
si
sentiva
affatto
di
rimpiangere
i
tempi
passati
e
di
respingere
il
nuovo
.
Ma
avvertiva
che
quel
nuovo
creava
paurose
dissonanze
.
Ricordava
con
cocente
umiliazione
quel
giorno
in
cui
,
essendo
di
buon
umore
,
accennava
fischiettando
il
tema
dell
'
Inno
alla
gioia
di
Beethoven
e
un
ragazzo
passando
osservò
:
"
È
la
musica
dell
'
Arancia
meccanica
!
"
.
E
quanto
alla
scuola
,
si
domandava
se
in
fondo
non
avesse
ragione
Ivan
Illich
,
che
proponeva
di
"
descolarizzare
la
società
"
.
Come
si
fa
a
persuadere
gli
alunni
a
interessarsi
di
quello
che
non
li
interessa
affatto
,
e
com
'
è
possibile
per
un
maestro
continuare
a
occuparsi
sempre
di
cose
che
per
lui
ormai
sono
routine
banale
?
Ma
forse
...
non
era
proprio
così
.
Già
altre
volte
,
quando
Consigli
sedeva
su
quella
panchina
,
assorto
nelle
sue
considerazioni
,
gli
si
era
avvicinato
Mario
,
che
invece
di
correre
a
casa
con
lo
zainetto
multicolore
sulle
spalle
,
gli
si
accoccolava
ai
piedi
e
lo
scrutava
.
E
poi
arrivava
anche
la
Lorella
,
che
qualche
anno
prima
era
stata
sua
scolara
;
ma
adesso
lo
guardava
con
occhi
ben
diversi
da
allora
.
Lei
certo
non
lo
sapeva
,
ma
lui
lo
avvertiva
e
non
di
rado
doveva
studiare
come
comportarsi
.
Del
resto
non
era
la
prima
volta
che
gli
capitava
:
giovane
,
con
aspetto
malinconico
e
un
po
'
trasandato
,
aveva
già
incontrato
qualche
ex
scolara
che
lo
contemplava
con
aria
adorante
.
E
,
in
fondo
,
sentiva
benissimo
che
quella
presenza
cambiava
per
lui
in
modo
sottile
l
'
ambiente
circostante
.
In
quel
mentre
nel
vialetto
dinanzi
a
loro
stava
passando
un
distinto
signore
con
i
capelli
grigi
ben
pettinati
,
in
un
semplice
,
ma
elegante
completo
anch
'
esso
grigio
e
un
maglione
celestino
paricollo
.
"
Don
Rino
,
don
Rino
!
"
chiamò
il
maestro
,
quasi
volesse
aggrapparsi
a
una
tavola
di
salvezza
.
L
'
insegnante
di
religione
si
soffermò
a
guardarli
,
poi
si
avvicinò
premuroso
,
con
la
domanda
:
"
Che
c
'
è
,
Consigli
?
"
"
C
'
è
che
Mario
qui
mi
ha
chiesto
che
cos
'
è
la
sessuofobia
.
Forse
lei
glielo
sa
spiegare
meglio
di
me
.
"
Don
Rino
represse
a
stento
una
risata
divertita
ed
esclamò
:
"
Proprio
io
?
"
.
Poi
si
riprese
e
aggiunse
:
"
Ma
sì
...
forse
è
giusto
.
Pensi
che
,
per
aver
parlato
troppo
liberamente
in
classe
di
queste
cose
e
di
altre
del
genere
,
mi
sono
già
beccato
varie
ramanzine
da
parte
della
Curia
;
e
anche
da
più
in
alto
"
.
"
Quanto
più
in
alto
?
"
si
azzardò
a
chiedere
Consigli
.
"
Be
'
...
per
via
indiretta
,
s
'
intende
:
da
chi
sta
al
vertice
della
Chiesa
.
"
"
Accipicchia
!
A
me
mi
pare
che
sia
il
Papa
!
"
esclamò
sbalordito
Mario
,
che
-
pur
usando
un
pleonasmo
rimproverato
dai
pedanti
-
maneggiava
benissimo
e
con
naturalezza
i
congiuntivi
.
Ma
don
Rino
,
come
se
non
avesse
sentito
,
proseguì
:
"
Io
credo
che
insegnando
nelle
scuole
,
predicando
ai
fedeli
o
scrivendo
,
si
debba
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
;
con
prudenza
sì
,
ma
anche
con
chiarezza
.
E
se
su
qualcosa
uno
non
è
d
'
accordo
con
la
dottrina
ufficiale
,
ha
il
dovere
di
dichiararlo
,
sia
pure
con
tutta
umiltà
.
La
fede
in
Dio
non
ne
viene
intaccata
:
è
il
Vangelo
stesso
che
ci
esorta
a
dire
sì
sì
e
no
no
,
senza
infingimenti
.
"
"
Allora
,
don
Rino
,
"
intervenne
la
Lorella
con
spavalderia
,
ma
anche
con
un
lieve
sospetto
di
rossore
,
"
ci
dica
pane
al
pane
e
sesso
al
sesso
,
senza
infingimenti
.
"
"
Tutti
sanno
,
"
incominciò
don
Rino
,
comprendendo
bene
che
ormai
non
poteva
sottrarsi
,
"
che
per
procreare
i
figli
ci
vogliono
un
uomo
e
una
donna
che
facciano
all
'
amore
.
Ora
l
'
amore
è
certamente
una
cosa
molto
bella
...
"
"
È
la
cosa
più
bella
che
esista
!
"
esclamò
la
Lorella
;
e
Consigli
si
sorprese
a
domandarsi
se
lei
lo
sapeva
davvero
o
se
invece
volesse
a
tutti
i
costi
immaginarlo
.
"
Sì
,
è
molto
bella
,
"
riprese
imperturbabile
e
un
po
'
didattico
don
Rino
.
"
Ma
proprio
perché
può
dare
grande
gioia
,
anche
fisica
,
all
'
essere
umano
,
qualcuno
è
portato
a
scambiarlo
per
un
puro
piacere
,
anziché
per
quello
che
deve
essere
in
realtà
:
un
innalzamento
e
un
completamento
spirituale
dell
'
uomo
.
La
Chiesa
,
specie
in
passato
,
vedendo
nella
ricerca
del
piacere
una
tentazione
del
demonio
,
un
atteggiamento
peccaminoso
,
una
deviazione
da
quella
concezione
ascetica
della
vita
che
riteneva
avvicinasse
a
Dio
,
finì
quasi
per
condannare
il
sesso
in
quanto
tale
.
Arrivò
così
a
concepire
e
a
diffondere
nei
suoi
ranghi
la
`
sessuofobia
'
.
Ma
fu
un
errore
:
e
di
esso
si
avvertono
ancora
nefaste
conseguenze
.
"
"
Fu
un
errore
?
"
domandò
sorridendo
Consigli
,
che
si
divertiva
un
mondo
a
punzecchiare
l
'
amico
don
Rino
.
"
Ma
lei
non
è
scapolo
proprio
in
quanto
prete
cattolico
?
"
"
Non
scherziamo
troppo
su
queste
cose
,
che
sono
molto
serie
,
"
rispose
l
'
altro
con
una
punta
di
rimprovero
.
"
Io
sono
disposto
ad
accettare
umilmente
rinunce
anche
gravi
,
impostemi
da
chi
guida
la
Chiesa
,
pur
di
continuare
a
esercitare
il
mio
ministero
.
Ma
credo
di
avere
diritto
alla
mia
opinione
.
E
sono
convinto
che
i
preti
protestanti
sposati
possono
svolgere
benissimo
(
chissà
,
forse
anche
meglio
di
noi
)
la
loro
missione
.
Del
resto
i
tempi
cambiano
;
bisogna
attendere
con
pazienza
il
futuro
...
"
"
Ma
come
si
fa
a
pensare
,
"
intervenne
la
Lorella
,
"
che
qualcosa
creato
e
voluto
da
Dio
sia
cattivo
e
da
fuggire
?
Dio
può
aver
fatto
soltanto
cose
belle
e
da
amare
;
altrimenti
dove
starebbe
la
sua
infinita
bontà
?
"
"
Dici
bene
,
Lorella
,
non
lo
nego
.
Ma
chi
siamo
noi
per
pretendere
di
capire
tutto
?
È
impossibile
sfuggire
alla
domanda
:
perché
ci
sono
le
cose
che
a
noi
paiono
cattive
?
E
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
arrivare
a
parlare
delle
pratiche
più
riprovevoli
del
sesso
.
L
'
amore
,
anche
quello
puro
e
sublime
,
può
far
soffrire
immensamente
l
'
essere
umano
.
Quasi
ogni
giorno
c
'
è
un
ragazzo
o
una
ragazza
che
si
uccide
per
amore
.
Si
può
pensare
una
cosa
più
orribile
?
Ma
io
credo
che
il
giudizio
che
noi
diamo
su
quello
che
è
buono
o
è
cattivo
risenta
troppo
spesso
della
nostra
miopia
,
della
nostra
inadeguatezza
.
Il
bene
può
essere
anche
dove
non
siamo
capaci
di
vederlo
.
In
fondo
,
quando
uno
ha
letto
la
fine
tragica
di
Romeo
e
Giulietta
,
è
certamente
spinto
a
sentirsi
più
in
alto
e
più
buono
.
"
"
Sì
,
è
proprio
così
,
"
disse
la
Lorella
.
"
Io
non
ho
letto
quella
commedia
...
"
"
Quella
tragedia
!
"
interruppe
ridendo
Consigli
.
...
ma
ho
visto
alla
televisione
la
storia
di
Romeo
e
Giulietta
.
Fa
piangere
;
ma
non
fa
male
,
fa
bene
.
"
Seguì
qualche
momento
di
silenzio
.
Ciascuno
rimaneva
impigliato
in
quei
pensieri
che
difficilmente
si
riesce
a
esprimere
pienamente
,
anche
a
se
stessi
.
Consigli
si
domandava
:
devo
dirlo
o
no
come
mi
sembra
che
stiano
realmente
le
cose
?
Perché
insinuare
dubbi
sulla
bellezza
e
sulla
bontà
del
mondo
in
chi
dimostra
di
volerci
credere
con
entusiasmo
?
Naturalmente
non
pensava
a
don
Rino
:
quello
su
certi
argomenti
la
sapeva
lunga
.
Ma
Mario
e
Lorella
...
Lui
tempo
addietro
aveva
intrapreso
gli
studi
di
scienze
all
'
università
,
proprio
perché
voleva
capire
come
è
fatto
veramente
il
mondo
.
Certo
,
moltissime
nozioni
utili
le
aveva
imparate
e
aveva
allargato
enormemente
il
suo
orizzonte
.
Ma
alla
fine
si
era
convinto
che
anche
per
quella
via
non
si
arrivava
mai
a
scoprire
quello
che
a
lui
sembrava
"
il
nocciolo
della
questione
"
,
cioè
il
perché
e
il
come
della
condizione
umana
.
Aveva
rinunciato
a
laurearsi
-
pur
continuando
ad
aggiornarsi
come
poteva
-
e
si
era
dedicato
invece
a
educare
alla
vita
i
bambini
,
cioè
coloro
che
dovevano
essere
preparati
a
costituire
in
futuro
una
società
civile
e
democratica
.
Sapeva
benissimo
che
pochi
lo
approvavano
,
anzi
che
molti
lo
criticavano
:
ma
quella
era
stata
la
sua
scelta
.
Ora
,
ricordando
quante
volte
lui
stesso
aveva
insegnato
che
bisogna
esprimere
con
franchezza
il
proprio
parere
,
si
risolse
ad
affrontare
l
'
argomento
:
"
Sentite
,
amici
miei
,
finché
si
parla
di
esseri
umani
,
di
alti
sentimenti
e
di
poesia
,
potrei
anche
esser
d
'
accordo
con
voi
.
Gli
antichi
Greci
usavano
un
parolone
,
`
catarsi
'
,
per
esprimere
quel
senso
di
purificazione
che
eleva
l
'
animo
umano
al
termine
di
una
tragedia
.
Ma
al
mondo
non
tutto
è
poesia
;
e
non
ci
sono
soltanto
gli
esseri
umani
...
"
"
Ci
sono
anche
le
bestie
!
"
intervenne
Mario
,
che
già
aveva
intuito
dove
si
andava
a
parare
.
"
Certo
,
"
ribatté
don
Rino
.
"
Ma
,
come
ben
avvertiva
san
Francesco
,
la
bontà
di
Dio
discende
verso
tutte
le
sue
creature
.
Io
credo
che
un
uomo
offenda
Dio
anche
quando
fa
soffrire
inutilmente
un
animale
.
Il
creato
è
buono
.
Solo
gli
uomini
sono
spesso
molto
cattivi
.
"
"
Sarà
,
"
riprese
perplesso
il
maestro
,
"
ma
io
non
ne
sono
così
convinto
.
Nella
scienza
naturale
sono
noti
mille
casi
in
cui
sembrerebbe
proprio
il
contrario
.
Voglio
farvi
un
esempio
fra
mille
.
C
'
è
un
gruppo
di
vespe
dal
difficile
nome
scientifico
,
a
proposito
delle
quali
il
grande
Darwin
scriveva
che
non
poteva
persuadersi
che
un
Dio
benefico
e
onnipotente
le
avesse
create
con
l
'
intento
specifico
che
si
cibassero
dei
corpi
vivi
dei
bruchi
.
Infatti
la
vespa
depone
le
uova
nel
corpo
di
un
bruco
,
ma
prima
colpisce
col
suo
pungiglione
ciascun
ganglio
del
sistema
nervoso
del
poveretto
,
in
modo
da
paralizzarlo
totalmente
senza
ucciderlo
.
Schiusesi
poi
le
uova
,
le
larve
si
cibano
di
carne
sempre
fresca
,
guardandosi
fino
all
'
ultimo
dal
distruggere
i
centri
vitali
della
vittima
.
Il
bruco
si
sente
gradualmente
straziare
dentro
,
patisce
atrocemente
,
ma
non
può
reagire
,
non
può
muovere
un
muscolo
.
Quando
poi
non
c
'
è
più
nulla
da
mangiare
e
il
bruco
è
svuotato
,
lo
si
lascia
morire
.
"
"
Dio
bono
!
"
sbottò
Mario
inorridito
.
"
Sì
,
"
riprese
Consigli
sorridendo
amaramente
,
"
forse
hai
detto
giusto
,
anche
senza
volerlo
.
C
'
è
proprio
da
chiedersi
se
Dio
e
la
natura
esprimano
soltanto
bontà
verso
le
proprie
creature
.
L
'
esistenza
di
cose
così
terribili
pone
angosciose
domande
,
non
solo
ai
credenti
,
ma
anche
ai
laici
come
me
.
Perché
tutto
questo
?
Ma
vedi
,
alcuni
pensatori
di
grande
levatura
affermano
che
la
domanda
è
insensata
;
dicono
che
semplicemente
non
c
'
è
un
perché
.
Io
non
credo
che
abbiano
del
tutto
torto
.
Ma
allora
mi
assilla
un
dubbio
ulteriore
:
perché
ci
poniamo
quelle
domande
?
"
Don
Rino
da
qualche
minuto
guardava
nervosamente
l
'
orologio
e
disse
:
"
È
tardi
,
Consigli
.
Io
devo
scappare
e
questi
ragazzi
devono
correre
a
casa
.
Non
è
che
io
mi
voglia
sottrarre
a
questa
discussione
,
intendiamoci
.
Anch
'
io
sono
turbato
,
lo
confesso
;
ma
sono
aiutato
dalla
fede
.
Bisognerà
ritrovarsi
ed
esaminare
tutto
con
calma
.
"
E
s
'
incamminò
con
passo
elastico
verso
il
convento
,
presso
il
quale
aveva
trovato
ospitalità
incondizionata
da
quei
buoni
padri
.
Ma
già
Mario
correva
a
perdifiato
verso
il
suo
autobus
,
facendo
segni
disperati
al
conduttore
,
mentre
la
Lorella
si
avviava
a
malincuore
verso
la
macchina
,
nella
quale
la
mamma
l
'
attendeva
un
po
'
spazientita
.
5
.
L
'
importanza
di
essere
un
pomo
"
Le
Dieu
des
chrétiens
est
un
père
qui
fait
grand
cas
de
ses
pommes
et
fort
peu
de
ses
enfants
"
[
"
Il
Dio
dei
cristiani
è
un
padre
che
fa
gran
caso
dei
suoi
pomi
e
ben
poco
dei
suoi
figli
"
]
.
Così
annotava
Diderot
nella
sedicesima
aggiunta
ai
suoi
pensieri
filosofici
.
Forse
,
trasportato
un
po
'
dalla
sua
corrosiva
vis
polemica
,
si
era
dimenticato
di
dire
che
in
realtà
quello
era
il
Dio
degli
ebrei
;
un
Dio
che
i
cristiani
si
trovarono
già
bell
'
e
fatto
così
com
'
era
e
che
-
spinti
del
resto
da
non
disprezzabili
ragioni
di
tradizione
storica
-
ebbero
poi
l
'
imprudenza
di
ereditare
senza
beneficio
d
'
inventario
,
accettando
perfino
quella
bizzarra
gelosia
per
le
sue
"
pommes
"
.
Sembrerebbe
che
nel
pensiero
espresso
dal
filosofo
i
figli
di
cui
Dio
non
si
curerebbe
abbastanza
fossero
gli
esseri
umani
.
Ma
in
verità
Diderot
era
troppo
fino
per
accettare
senza
obiezioni
quella
ben
nota
noncuranza
per
le
sofferenze
degli
animali
,
che
era
abbastanza
abituale
ai
suoi
tempi
.
Infatti
in
una
successiva
riflessione
,
parlando
della
condanna
della
donna
a
partorire
nel
dolore
:
la
donna
-
egli
dice
-
era
in
fondo
una
peccatrice
,
ma
che
gli
avevano
fatto
(
al
Creatore
)
le
femmine
degli
animali
,
che
pure
generano
con
dolore
?
Il
buon
maestro
Consigli
dunque
non
aveva
tirato
fuori
cose
troppo
nuove
.
Cartesio
se
la
cavava
immaginando
che
gli
animali
fossero
soltanto
macchine
:
meravigliose
sì
,
ma
pur
sempre
macchine
.
E
noi
dobbiamo
riconoscere
che
i
robot
che
oggi
sono
capaci
-
e
ancor
più
lo
saranno
domani
-
di
fare
cose
strabilianti
,
sono
appunto
macchine
.
Tuttavia
non
possiamo
ignorare
che
qualcuno
comincia
ormai
a
non
essere
più
tanto
sicuro
che
gli
elaboratori
di
grande
complessità
siano
necessariamente
privi
di
sentimenti
e
di
sofferenze
(
si
rammentino
,
per
esempio
,
le
suggestioni
di
2001
:
Odissea
nello
spazio
)
.
Ma
lasciamo
stare
la
fantascienza
.
È
innegabile
che
la
sensibilità
del
pubblico
generale
nei
riguardi
degli
animali
è
oggi
in
larga
misura
cambiata
rispetto
a
quella
che
era
molto
diffusa
una
volta
.
Chi
,
possedendo
e
amando
un
cane
,
può
dubitare
che
quello
sia
capace
di
soffrire
?
Certo
si
può
sensatamente
obiettare
che
,
per
sapere
se
le
cose
stanno
veramente
così
,
bisognerebbe
entrare
nella
testa
del
cane
.
I
segni
esteriori
di
sofferenza
potrebbe
darli
anche
una
macchina
.
E
non
è
affatto
inimmaginabile
che
si
arrivi
a
costruire
un
automa
elettronico
che
,
alla
nostra
domanda
se
soffra
,
risponda
con
un
lamento
e
affermi
:
sì
,
sto
soffrendo
.
Ma
attenzione
!
Siamo
su
una
china
pericolosa
.
Per
quella
via
si
arriva
facilmente
a
dubitare
che
anche
i
nostri
simili
umani
soffrano
,
dato
che
,
per
quanti
segni
esteriori
essi
diano
,
noi
non
possiamo
mai
entrare
nella
loro
testa
.
Tutto
questo
è
vero
;
eppure
la
compassione
e
l
'
empatia
sono
costituenti
irrinunciabili
della
nostra
natura
,
sì
che
negandole
negheremmo
noi
stessi
.
Soffrire
nel
vedere
in
altri
i
segni
della
sofferenza
fa
parte
della
nobiltà
della
natura
umana
.
Dostoevskij
nell
'
Idiota
afferma
:
"
La
compassione
è
la
più
importante
e
forse
l
'
unica
legge
di
vita
dell
'
umanità
intera
"
.
Del
resto
nessuno
può
dimenticare
il
dantesco
:
"
E
se
non
piangi
,
di
che
pianger
suoli
?
"
.
Fra
le
due
posizioni
estreme
-
quella
che
gli
animali
abbiano
una
sensibilità
di
tipo
umano
e
quella
che
li
vuole
assolutamente
insensibili
-
ce
n
'
è
una
più
ragionevole
,
anch
'
essa
espressa
bene
da
Dante
.
È
l
'
affermazione
della
tradizione
aristotelico
-
tomistica
seguita
dal
poeta
,
"
che
vuol
quanto
la
cosa
è
più
perfetta
/
più
senta
il
bene
e
così
la
doglienza
"
.
Può
essere
un
pregiudizio
,
confessiamolo
pure
,
ma
anche
coloro
che
ne
negano
la
validità
,
non
se
ne
liberano
mai
sul
serio
;
altrimenti
non
si
avvierebbero
mai
a
una
passeggiata
nel
bosco
,
dissuasi
dal
timore
di
calpestare
centinaia
di
formiche
e
di
altre
innocue
bestioline
;
né
prenderebbero
mai
un
antibiotico
,
ben
sapendo
che
con
quello
uccidono
miliardi
di
poveri
germi
!
Certo
per
applicare
la
massima
di
Dante
a
quanto
stiamo
discutendo
bisogna
credere
che
un
essere
umano
sia
più
"
perfetto
"
di
un
verme
;
e
qualcuno
potrà
obiettare
che
una
tale
affermazione
è
solo
segno
di
ingenua
presunzione
.
Riconosciamo
pure
che
questo
è
anche
vero
,
nel
senso
che
il
verme
è
"
perfettamente
"
adatto
a
fare
quello
che
fa
e
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
.
In
realtà
si
tratta
solo
di
un
uso
un
po
'
antiquato
del
concetto
di
perfezione
,
che
di
per
sé
può
significare
molte
cose
diverse
.
Forse
oggi
preferiremmo
parlare
piuttosto
di
complessità
che
di
perfezione
;
ed
è
certo
che
il
sistema
nervoso
dell
'
uomo
è
enormemente
più
complesso
di
quello
del
verme
.
Che
poi
questo
significhi
che
l
'
essere
umano
sia
capace
di
soffrire
più
del
verme
è
un
'
inferenza
non
garantita
da
alcuna
prova
sicura
.
Ciononostante
noi
viviamo
come
se
fosse
proprio
così
e
ci
è
difficile
dar
credito
a
chi
lo
nega
.
Tutto
quello
che
si
potrebbe
supporre
abbastanza
sensatamente
è
che
l
'
uomo
,
più
degli
animali
cosiddetti
inferiori
,
sia
conscio
di
soffrire
;
e
probabilmente
qualcuno
vorrebbe
aggiungere
che
proprio
questa
è
la
vera
sofferenza
.
Comunque
,
anche
accettando
l
'
ipotesi
della
maggiore
o
minore
capacità
di
soffrire
e
pensando
che
essa
sia
massima
nell
'
uomo
,
il
discorso
sarcastico
di
Diderot
non
perde
molta
della
sua
incisività
.
Anzi
,
può
lasciare
il
pio
credente
ancora
più
perplesso
di
prima
.
Infatti
,
mentre
l
'
uomo
può
sperare
in
un
compenso
nell
'
aldilà
,
che
cosa
può
aspettarsi
il
verme
in
cambio
della
sua
più
o
meno
grande
sofferenza
?
Non
è
crudele
farlo
patire
senza
alcuno
scopo
?
È
difficile
non
cedere
all
'
umana
tentazione
di
colpevolizzare
qualcuno
per
la
propria
e
l
'
altrui
sofferenza
.
Questa
non
lodevole
abitudine
può
magari
portarci
a
prendercela
con
la
natura
,
come
faceva
Leopardi
,
quando
gridava
a
se
stesso
:
"
Ormai
disprezza
/
te
,
la
natura
,
il
brutto
/
poter
che
,
ascoso
,
a
comun
danno
impera
...
"
.
Una
concezione
più
moderna
-
che
da
qualcuno
molto
impropriamente
viene
supposta
ateistica
-
non
nega
che
possa
esserci
stato
un
creatore
dell
'
universo
(
qualunque
cosa
si
voglia
intendere
per
creazione
)
;
ma
non
può
ammettere
che
costui
,
una
volta
costruito
questo
immenso
marchingegno
e
datagli
la
spinta
iniziale
,
sorvegli
con
ansietà
la
sua
creatura
e
intervenga
continuamente
a
violare
le
leggi
che
egli
stesso
ha
stabilito
,
allo
scopo
di
modificarne
quelle
conseguenze
che
non
gli
vanno
a
genio
.
Si
arriva
allora
alla
teoria
della
suprema
indifferenza
,
quella
che
lo
stesso
Leopardi
,
quando
è
meno
stizzito
e
più
lucido
,
esprime
con
le
amare
parole
:
"
Ma
da
natura
/
altro
negli
atti
suoi
/
che
nostro
male
o
nostro
ben
si
cura
"
.
La
teoria
dell
'
indifferenza
non
viene
di
solito
accettata
di
buon
grado
,
perché
rende
molto
arduo
-
per
tutti
quelli
che
ci
credono
-
continuare
a
sperare
nella
divina
provvidenza
ed
essere
così
aiutati
a
sopportare
le
sventure
.
L
'
autore
di
queste
pagine
(
gli
si
perdoni
un
vivo
ricordo
personale
)
aveva
molti
anni
fa
un
amico
,
ormai
scomparso
,
frate
domenicano
di
rara
intelligenza
e
apertura
mentale
.
Una
volta
,
durante
la
guerra
,
sentendo
qualcuno
pronunciare
la
frase
stereotipa
:
"
siamo
nelle
mani
della
provvidenza
,
"
non
poté
trattenersi
dall
'
esclamare
:
"
In
che
brutte
mani
siamo
!
"
.
Che
era
successo
?
Aveva
forse
perduto
la
fede
,
bestemmiava
?
Assolutamente
no
;
la
sua
fede
era
salda
.
Voleva
solo
osservare
realisticamente
che
per
arrivare
a
invocare
un
improbabile
intervento
dall
'
alto
bisognava
trovarsi
proprio
male
!
Lui
credeva
in
un
Dio
molto
al
di
sopra
dei
terreni
desideri
o
timori
umani
.
Lasciando
stare
la
teologia
e
spostandoci
su
un
piano
ben
differente
,
non
possiamo
fare
a
meno
di
affermare
che
la
teoria
dell
'
indifferenza
va
perfettamente
d
'
accordo
con
le
migliori
risultanze
della
scienza
contemporanea
.
Si
tratta
della
ben
nota
fusione
del
vecchio
-
ma
sempre
valido
-
concetto
darwiniano
di
selezione
naturale
con
le
conoscenze
derivanti
dalla
scoperta
del
codice
genetico
e
delle
sue
casuali
mutazioni
.
Riassumiamo
in
pochissime
-
e
di
conseguenza
quanto
mai
inadeguate
-
parole
di
che
si
tratta
.
I
caratteri
di
un
essere
vivente
sono
dettati
da
certe
complesse
strutture
molecolari
che
si
chiamano
geni
e
che
nel
loro
insieme
costituiscono
il
genoma
o
genotipo
di
quell
'
individuo
.
I
geni
-
per
varie
cause
,
sulle
quali
ora
non
ci
soffermiamo
-
sono
soggetti
a
subire
ogni
tanto
dei
cambiamenti
.
Una
mutazione
del
genotipo
ha
per
conseguenza
una
mutazione
del
fenotipo
,
cioè
della
costituzione
e
del
comportamento
dell
'
essere
vivente
.
Se
la
mutazione
è
favorevole
,
quel
fenotipo
è
più
adatto
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
e
quindi
ad
avere
discendenti
,
ai
quali
passerà
in
eredità
il
suo
mutato
genoma
:
in
tal
modo
può
anche
nascere
una
nuova
specie
.
Se
invece
la
mutazione
è
sfavorevole
,
minore
(
o
nulla
)
sarà
la
probabilità
che
quella
varietà
di
essere
vivente
si
propaghi
:
prima
o
poi
il
nuovo
genotipo
e
il
suo
fenotipo
si
estinguono
.
Con
questo
meccanismo
è
avvenuta
(
e
avviene
tuttora
)
l
'
evoluzione
delle
specie
.
Per
quanto
ne
sappiamo
a
tutt
'
oggi
,
le
mutazioni
avvengono
a
caso
;
e
questo
desta
non
poche
perplessità
.
Ma
Monod
(
Il
caso
e
la
necessità
)
afferma
senza
mezzi
termini
:
"
Il
caso
puro
,
il
solo
caso
,
libertà
assoluta
ma
cieca
,
sta
alla
radice
del
prodigioso
edificio
dell
'
evoluzione
;
oggi
questa
nozione
centrale
della
biologia
non
è
più
un
'
ipotesi
fra
le
molte
possibili
o
perlomeno
concepibili
,
ma
è
la
sola
concepibile
in
quanto
è
l
'
unica
compatibile
con
la
realtà
quale
ce
la
mostrano
l
'
osservazione
e
l
'
esperienza
"
.
Tutto
si
svolge
dunque
a
caso
.
Ma
la
selezione
naturale
fa
sì
che
le
cose
vadano
"
come
se
"
l
'
unico
interesse
e
scopo
di
un
gene
fosse
quello
di
continuare
a
sussistere
e
di
propagarsi
nei
successivi
esseri
viventi
,
senza
alcun
riguardo
per
la
maggiore
o
minore
sofferenza
dell
'
individuo
del
quale
fa
parte
.
Si
può
arrivare
a
parlare
(
Dawkins
)
di
gene
egoista
.
Quanto
alla
natura
,
essa
è
certamente
indifferente
a
quanto
accade
alle
"
pommes
"
di
Dio
o
agli
esseri
umani
.
Già
Chamfort
(
Massime
)
scrisse
sapidamente
:
"
Qualcuno
diceva
che
provvidenza
è
il
nome
di
battesimo
del
caso
;
qualche
devoto
dirà
che
caso
è
un
soprannome
della
provvidenza
"
.
In
un
certo
senso
avevano
ragione
tutti
e
due
!
Infatti
,
se
è
vero
che
tutto
avviene
per
puro
caso
,
non
si
può
che
rimanere
strabiliati
nel
constatare
che
il
caso
ci
ha
portato
a
risultati
così
incredibili
,
quasiché
un
sapiente
architetto
li
abbia
progettati
.
Il
guaio
è
che
non
abbiamo
alcun
modo
per
dimostrare
che
l
'
architetto
c
'
è
stato
veramente
.
Anzi
,
poiché
quell
'
immagine
si
rifà
inevitabilmente
a
un
'
esperienza
umana
,
in
cui
un
uomo
provvisto
di
speciali
competenze
prima
progetta
e
poi
,
valendosi
di
materiali
e
di
leggi
già
esistenti
,
costruisce
l
'
edificio
,
è
impossibile
sottrarsi
alla
conclusione
che
stiamo
ancora
parlando
di
uomini
e
non
di
dèi
.
6
.
Gli
altri
:
che
scocciatura
!
L
'
apparire
della
visione
biologica
testé
descritta
,
porta
necessariamente
a
domandarci
:
che
ne
è
oggi
dei
concetti
di
bene
,
di
male
,
di
etica
,
di
morale
?
Che
ne
è
dei
valori
,
la
cui
supposta
"
perdita
"
fa
stare
tanti
valentuomini
con
il
fazzoletto
in
mano
per
asciugarsi
il
pianto
(
magari
non
del
tutto
sincero
)
?
Non
è
forse
venuto
il
momento
di
riesaminare
tutta
la
questione
con
un
'
attrezzatura
un
po
'
più
critica
e
sensata
di
quella
del
passato
?
Attualmente
ci
sono
in
proposito
tre
atteggiamenti
differenti
,
abbastanza
diffusi
.
1
)
Il
primo
è
solo
l
'
intransigente
arroccamento
sulle
posizioni
tradizionali
,
che
attribuiscono
a
tutti
quei
concetti
un
contenuto
oggettivo
,
indipendente
dalle
credenze
e
dalle
circostanze
umane
,
se
non
addirittura
trascendente
e
dettato
da
Dio
.
(
E
in
quest
'
ultimo
caso
sono
divertenti
le
dispute
su
che
cosa
veramente
Dio
abbia
voluto
dettare
.
)
2
)
Il
secondo
atteggiamento
-
spesso
egualmente
intransigente
-
è
quello
di
chi
,
estendendo
in
modo
indebito
le
scoperte
moderne
della
genetica
,
butta
tutto
sul
biologico
e
considera
i
suddetti
concetti
come
ormai
in
tutto
superati
dalla
concezione
scientifica
dell
'
indifferenza
.
3
)
Il
terzo
atteggiamento
-
molto
più
saggio
,
ci
si
permetta
di
dirlo
-
è
di
chi
,
senza
trionfalismi
,
ma
anche
senza
sciocchi
"
rimpianti
"
del
buon
tempo
antico
,
prende
atto
delle
conquiste
della
scienza
moderna
e
indaga
in
quel
quadro
il
sorgere
delle
varie
assiologie
,
il
loro
significato
e
la
loro
importanza
per
la
sopravvivenza
e
lo
sviluppo
dell
'
umanità
.
Qui
ci
atterremo
senz
'
altro
alla
terza
delle
concezioni
indicate
,
anche
se
,
essendo
la
meno
semplicistica
,
è
anche
ovviamente
la
meno
semplice
da
seguire
in
tutti
i
suoi
risvolti
.
Naturalmente
vogliamo
arrivare
a
parlare
di
noi
stessi
,
cioè
della
specie
homo
sapiens
sapiens
.
Per
quanto
riguarda
i
cosiddetti
"
animali
inferiori
"
,
la
loro
etologia
è
certamente
fissata
in
larga
misura
-
ma
,
a
quanto
appare
dalle
indagini
moderne
,
non
proprio
sempre
e
interamente
-
dal
loro
patrimonio
genetico
.
Per
fare
un
semplice
esempio
,
le
formiche
di
una
certa
specie
costruiscono
il
formicaio
,
seguendo
un
certo
modello
,
che
è
come
disegnato
e
stampato
al
loro
interno
.
Quel
modello
è
il
risultato
di
un
lungo
processo
di
selezione
.
Se
,
per
ipotesi
assurda
,
una
formica
un
po
'
bizzarra
si
discostasse
molto
dal
procedimento
tradizionale
della
sua
specie
e
convincesse
le
sue
compagne
a
imitarla
,
quella
specie
(
quasi
certamente
)
si
estinguerebbe
.
Quanto
detto
non
esclude
affatto
che
il
genoma
di
un
animale
sia
così
congegnato
da
indurlo
anche
a
tutta
una
serie
di
comportamenti
che
noi
,
col
nostro
metro
umano
,
classificheremmo
come
"
morali
"
.
Prima
di
tutto
è
abbastanza
generalizzata
la
proibizione
di
uccidere
i
propri
simili
.
La
spiegazione
di
questo
comportamento
è
addirittura
banale
.
Se
gl
'
individui
di
una
stessa
specie
si
uccidono
fra
loro
,
la
specie
ha
una
notevole
probabilità
di
estinguersi
.
Ma
stiamo
attenti
:
questa
proibizione
è
soggetta
anche
a
eccezioni
.
Si
tratta
di
quei
casi
in
cui
l
'
uccisione
dei
propri
simili
-
e
perfino
il
cannibalismo
!
-
trovano
giustificazione
proprio
nel
vantaggio
del
gene
egoista
.
Campioni
di
questa
naturale
trasgressione
sono
certi
insetti
.
Per
esempio
,
le
coccinelle
-
pur
così
graziose
-
si
rivelano
esseri
feroci
:
quando
una
scarsezza
di
naturali
risorse
minaccia
la
propagazione
del
gruppo
,
non
esitano
a
divorare
le
loro
simili
più
giovani
o
appena
nate
.
Tuttavia
negli
animali
cosiddetti
superiori
è
abbastanza
diffusa
la
regola
del
"
cane
non
mangia
cane
"
.
I
moderni
studi
di
sociobiologia
vanno
molto
più
in
là
e
arrivano
a
giustificare
con
la
selezione
naturale
perfino
l
'
altruismo
.
Fanno
osservare
che
un
membro
del
mio
gruppo
ha
grande
probabilità
di
avere
alcuni
geni
uguali
ai
miei
:
aiutandolo
a
sopravvivere
,
aiuto
quei
geni
(
benché
egoisti
come
tutti
i
geni
)
a
continuare
a
sussistere
e
a
propagarsi
.
Ma
tutto
quello
che
abbiamo
detto
ci
appare
come
pura
etologia
,
non
etica
nel
senso
umano
.
Per
quanto
riguarda
l
'
uomo
,
le
cose
sono
molto
più
complicate
.
Prima
di
tutto
sgombriamo
il
terreno
da
un
ingenuo
pregiudizio
,
abbastanza
diffuso
fra
molti
che
si
credono
saggi
.
Si
tratta
di
coloro
che
vogliono
a
tutti
i
costi
che
i
nostri
comportamenti
siano
tutti
e
soltanto
appresi
e
non
derivino
anche
dalla
nostra
costituzione
genetica
.
Per
vedere
che
è
una
sciocchezza
basterebbe
riflettere
banalmente
che
,
se
il
patrimonio
genetico
non
fosse
tale
da
impartire
al
fenotipo
la
capacità
di
apprendere
-
anzi
una
spiccata
propensione
a
farlo
,
soprattutto
mediante
la
curiosità
-
non
vi
sarebbero
comportamenti
appresi
.
È
vero
che
molti
animali
superiori
hanno
almeno
un
barlume
di
tale
capacità
e
possono
essere
ammaestrati
.
Ma
proprio
il
fatto
che
,
pur
lasciandoci
ammirati
,
essi
rimangono
ben
lontani
dall
'
imparare
a
fare
tutto
quello
che
fa
l
'
uomo
,
dimostra
che
le
loro
strutture
genetiche
non
sono
adatte
a
quei
compiti
.
E
indubbio
che
altrettanto
ingenuo
sarebbe
,
per
converso
,
supporre
che
tutto
quello
che
facciamo
stesse
scritto
così
com
'
è
nel
nostro
patrimonio
genetico
.
Se
questo
fosse
proprio
vero
,
parleremmo
tutti
la
stessa
lingua
e
crederemmo
tutti
nello
stesso
Dio
!
Tuttavia
si
faccia
attenzione
:
nel
genoma
umano
c
'
è
fissato
molto
di
più
di
quanto
generalmente
si
creda
.
A
questo
proposito
-
tanto
per
fare
un
esempio
-
è
sommamente
interessante
quanto
è
stato
recentemente
descritto
di
un
gruppo
di
qualche
centinaio
di
bambini
del
Nicaragua
,
affetti
da
sordità
congenita
.
Ciascuno
di
essi
era
vissuto
,
fin
quasi
dalla
nascita
,
praticamente
isolato
da
rapporti
con
adulti
.
Dopo
alcuni
anni
di
convivenza
nel
gruppo
,
quei
bambini
hanno
sviluppato
un
linguaggio
gestuale
assolutamente
originale
,
che
contiene
nomi
e
verbi
,
sottopone
questi
ultimi
a
una
rudimentale
coniugazione
e
distingue
perfino
il
soggetto
dall
'
oggetto
!
Ciò
-
sia
detto
per
inciso
-
va
d
'
accordo
con
le
idee
di
Chomski
sull
'
esistenza
di
una
grammatica
universale
innata
.
La
posizione
di
quasi
tutti
gli
studiosi
moderni
è
che
il
comportamento
umano
derivi
da
un
'
inestricabile
interazione
fra
i
geni
e
l
'
ambiente
(
anche
umano
,
ovviamente
)
,
o
-
come
spesso
si
dice
più
volgarmente
-
fra
natura
e
cultura
.
Continua
certamente
a
sussistere
in
noi
la
propensione
a
seguire
la
primitiva
etologia
animale
,
ma
il
comportamento
si
complica
notevolmente
quando
-
immaginando
tutta
una
pluralità
di
mondi
possibili
alla
Leibniz
-
cominciamo
a
capire
e
a
pesare
le
conseguenze
del
nostro
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
.
Inoltre
è
di
enorme
importanza
il
nascere
negli
uomini
della
coscienza
di
essere
liberi
di
scegliere
la
via
da
seguire
.
(
Ma
qui
non
vogliamo
certo
risollevare
la
vetusta
controversia
del
libero
arbitrio
.
)
Ne
scaturisce
un
nuovo
originalissimo
concetto
,
che
ci
fa
passare
dalla
pura
etologia
del
"
fare
"
all
'
etica
del
"
dover
fare
"
.
Sorge
subito
la
domanda
:
perché
tutto
questo
?
Qual
è
per
la
nostra
specie
il
vantaggio
selettivo
del
passare
dal
fare
al
dover
fare
?
Cominciamo
col
dare
una
prima
risposta
,
che
è
abbastanza
facile
,
ma
probabilmente
non
del
tutto
sufficiente
.
I
comportamenti
dettati
puramente
dall
'
impianto
genetico
sono
in
numero
magari
grande
,
ma
necessariamente
limitato
.
Le
condizioni
di
vita
degli
esseri
umani
divengono
invece
sempre
più
complicate
e
le
possibili
nuove
evenienze
sono
innumerevoli
.
Soltanto
un
enorme
elaboratore
qual
è
il
nostro
cervello
può
tentare
di
far
fronte
a
tutto
,
purché
inoltre
l
'
utilizzatore
abbia
intera
libertà
di
giudizio
e
di
scelta
.
La
continua
scelta
diviene
una
componente
essenziale
della
vita
umana
.
Gli
uomini
,
fin
dal
più
lontano
paleolitico
,
hanno
vissuto
in
piccoli
gruppi
e
hanno
senza
dubbio
ereditato
per
via
genetica
quelle
prescrizioni
di
comportamento
del
"
cane
non
mangia
cane
"
,
che
abbiamo
già
riconosciute
comuni
a
moltissimi
animali
.
Ma
è
facile
presumere
che
con
lo
sviluppo
di
enormi
facoltà
intellettuali
,
col
sorgere
del
linguaggio
e
della
trasmissione
culturale
,
si
siano
resi
ben
conto
che
era
necessario
darsi
delle
regole
di
comportamento
al
di
dentro
del
gruppo
,
a
vantaggio
di
tutti
.
Bisognava
costantemente
tener
conto
degli
altri
.
E
altamente
probabile
che
-
almeno
agli
inizi
-
non
avessero
chiara
coscienza
che
in
tal
modo
stavano
stringendo
un
vero
e
proprio
patto
sociale
;
ma
lo
stipulavano
di
fatto
.
Ed
è
anche
probabile
che
quei
gruppi
che
erano
più
lenti
o
più
restii
nello
stipularlo
risultavano
perdenti
e
rischiavano
l
'
estinzione
.
Non
sarà
proprio
così
,
cioè
per
via
di
"
selezione
culturale
"
,
che
nel
nostro
patrimonio
genetico
cominciò
a
inscriversi
la
norma
fondamentale
di
ogni
convivenza
civile
:
pacta
sunt
servanda
?
Non
ne
abbiamo
le
prove
,
né
mai
le
avremo
;
ma
ci
atterremo
a
questa
come
a
un
'
ipotesi
molto
verosimile
.
Certamente
col
mesolitico
e
soprattutto
poi
col
neolitico
la
vita
associata
ebbe
uno
sviluppo
enorme
.
Dalla
pura
caccia
e
raccolta
si
passa
all
'
agricoltura
,
alla
domesticazione
degli
animali
,
alla
divisione
del
lavoro
;
nascono
la
città
con
le
sue
fortificazioni
e
il
suo
esercito
,
lo
stato
,
il
diritto
,
la
legge
.
La
compravendita
mediante
denaro
,
forse
più
di
ogni
altra
istituzione
,
denuncia
chiaramente
l
'
esistenza
di
un
patto
.
La
legge
,
prima
orale
poi
scritta
,
farà
nascere
un
vero
e
proprio
contratto
sociale
.
Come
un
giorno
dirà
Rousseau
(
Du
contrat
social
)
,
il
fine
del
contratto
è
:
"
Trouver
une
forme
d
'
association
qui
défende
et
protège
de
toute
la
force
commune
la
personne
et
les
biens
de
chaque
associé
,
et
par
laquelle
chacun
s
'
unissant
à
tous
n
'
obeisse
pourtant
qu
'
à
lui
-
même
et
reste
aussi
libre
qu
'
auparavant
"
[
"
Trovare
una
forma
di
associazione
che
difenda
e
protegga
con
tutta
la
forza
comune
la
persona
e
i
beni
di
ciascun
associato
,
e
per
la
quale
ciascuno
unendosi
a
tutti
non
obbedisca
tuttavia
che
a
se
stesso
e
resti
libero
come
prima
"
]
.
L
'
ultima
frase
è
essenziale
.
Bellissima
poi
è
la
nota
di
Rousseau
,
quasi
intraducibile
in
italiano
:
"
les
maisons
font
la
ville
,
mais
les
citoyens
font
la
cité
"
.
E
la
fanno
proprio
in
virtù
del
patto
.
A
questa
rivoluzione
epocale
conseguì
fra
l
'
altro
uno
sviluppo
demografico
senza
precedenti
.
I
diversi
gruppi
umani
,
ormai
numerosi
e
potenti
,
cominciarono
a
gareggiare
mediante
la
concorrenza
commerciale
,
ma
più
spesso
con
le
armi
.
I
gruppi
che
non
avevano
un
patto
sociale
efficiente
e
rispettato
venivano
più
facilmente
eliminati
dalla
scena
.
Accanto
all
'
etologia
di
ogni
animale
,
che
bada
soprattutto
-
ma
non
soltanto
,
come
già
detto
-
alla
sopravvivenza
dell
'
individuo
,
si
sviluppa
necessariamente
e
viene
inscritto
nel
genoma
l
'
impulso
a
compiere
quelle
azioni
che
sono
necessarie
alla
preservazione
del
gruppo
.
Il
fare
e
il
dover
fare
:
due
leggi
,
spesso
contraddittorie
,
regnano
ormai
nell
'
animo
umano
.
E
,
data
la
complicazione
dei
casi
nei
quali
esse
si
scontrano
,
i
millenni
non
sono
ancora
stati
sufficienti
per
conciliarle
interamente
.
Non
per
niente
Sartre
(
Huis
clos
)
esclamò
:
"
L
'
enfer
,
c
'
est
les
autres
"
.
Ed
è
proprio
la
frequente
contraddizione
fra
le
due
leggi
che
fa
nascere
la
meraviglia
,
la
speculazione
sull
'
originale
condizione
umana
.
Fra
l
'
altro
obbliga
a
trovare
,
per
distinguere
e
intendersi
,
una
nuova
terminologia
.
Ma
è
dubbio
che
dietro
di
essa
si
debba
vedere
qualche
cosa
di
più
di
una
serie
di
definizioni
.
Così
la
naturalissima
tendenza
a
fare
il
proprio
interesse
diviene
il
"
riprovevole
"
egoismo
,
mentre
la
tendenza
a
fare
gli
interessi
degli
altri
o
del
gruppo
diviene
il
"
lodevole
"
comportamento
morale
.
Quando
un
individuo
non
segue
quest
'
ultimo
,
diviene
preda
del
senso
di
colpa
e
del
rimorso
.
E
uno
stato
d
'
animo
piuttosto
spiacevole
;
ma
,
poiché
persuade
l
'
individuo
a
comportarsi
diversamente
la
prossima
volta
,
alla
fin
fine
torna
a
vantaggio
del
gruppo
e
dei
suoi
geni
.
Forse
a
questo
punto
possiamo
inserire
qualche
parola
su
quell
'
atteggiamento
ancor
più
ossessionante
(
e
ridicolo
)
dell
'
egoismo
che
è
chiamato
egocentrismo
.
Spesso
è
insopportabile
.
Ma
bisogna
partire
dalla
presa
di
atto
che
nel
fondo
tutti
siamo
egocentrici
e
non
fingere
di
non
saperlo
.
È
cosa
naturale
e
perciò
non
deve
scandalizzare
.
Volere
primeggiare
e
attrarre
l
'
attenzione
di
tutti
è
una
56strategia
abbastanza
ben
giustificata
per
arrivare
a
proteggere
i
propri
geni
.
Ma
diventa
pagliaccesca
e
addirittura
controproducente
quando
assume
i
caratteri
di
un
vizio
,
quando
spinge
a
parlare
ininterrottamente
(
magari
urlando
)
senza
ascoltare
,
a
mettersi
in
mostra
a
ogni
occasione
,
a
non
tener
conto
che
nel
patto
sociale
c
'
è
anche
il
rispetto
della
personalità
degli
altri
.
La
cosiddetta
buona
educazione
è
un
atteggiamento
civile
,
corollario
appunto
del
patto
sociale
.
L
'
egocentrismo
si
risolve
spesso
in
pura
maleducazione
.
7
.
Vendetta
,
tremenda
vendetta
Ebbene
,
con
tutto
il
rispetto
dovuto
a
un
grandissimo
come
Kant
-
che
ammirava
il
cielo
stellato
sopra
di
sé
e
la
legge
morale
dentro
di
sé
(
Critica
della
ragion
pratica
)
-
decidiamoci
a
riconoscere
che
tutto
quello
che
vi
è
in
natura
può
destare
il
più
alto
stupore
.
Lo
desta
indubbiamente
il
cielo
stellato
sopra
di
me
;
ma
in
eguale
misura
lo
destano
sia
la
legge
morale
che
è
dentro
di
me
,
sia
l
'
istinto
di
conservazione
individuale
,
che
è
pure
dentro
di
me
.
Non
è
affatto
vero
che
la
prima
sia
più
mirabile
del
secondo
.
Del
resto
lo
stesso
Kant
afferma
che
le
nostre
azioni
non
ci
risultano
affatto
ordinate
da
Dio
:
"
al
contrario
,
ci
sembrano
ordinate
da
Dio
perché
ci
sono
imposte
da
una
nostra
legge
interiore
"
.
E
non
è
forse
una
nostra
legge
interiore
anche
quella
che
ci
ordina
l
'
autoconservazione
?
Il
tentare
di
spiegare
con
considerazioni
scientifiche
per
quale
via
tutti
e
due
quegl
'
impulsi
-
ormai
interiorizzati
-
siano
sorti
,
si
siano
sviluppati
e
per
selezione
naturale
siano
stati
incorporati
nel
patrimonio
genetico
non
sminuisce
in
nessun
modo
la
grandezza
dell
'
universo
,
il
misterioso
fascino
della
natura
,
la
nobiltà
dell
'
uomo
,
la
sublimità
del
suo
creatore
(
se
vi
è
stato
)
.
E
se
vogliamo
chiamare
morale
l
'
azione
che
mira
a
conservare
la
specie
attraverso
la
preservazione
degli
altri
,
anziché
dell
'
individuo
che
agisce
,
facciamolo
pure
.
Siamo
liberi
di
definire
quello
che
vogliamo
.
Ma
non
fingiamo
d
'
ignorare
che
la
preservazione
dell
'
individuo
mira
esattamente
allo
stesso
scopo
.
A
questo
punto
,
al
fine
di
chiarire
bene
il
concetto
,
converrà
inserire
qualche
parola
sulla
vendetta
e
sulla
sua
(
quasi
)
generale
condanna
.
Ebbene
,
la
vendetta
-
secondo
la
stessa
definizione
testé
data
-
risponde
a
un
impulso
altamente
morale
!
Chi
la
esercita
non
ci
guadagna
nulla
,
anzi
quasi
sempre
rischia
.
(
Il
povero
Rigoletto
-
certo
senza
saperlo
coscientemente
-
in
quel
modo
rischia
e
sacrifica
addirittura
la
vita
dell
'
amata
figlia
.
)
Ma
il
vendicatore
di
regola
si
sacrifica
in
favore
di
tutti
gli
altri
.
Infatti
va
a
finire
che
nel
gruppo
primitivo
un
individuo
evita
di
compiere
certe
azioni
dannose
a
un
altro
individuo
,
proprio
perché
teme
la
vendetta
di
costui
.
E
un
deterrente
che
di
solito
funziona
bene
.
Ciò
non
toglie
che
,
quando
avanza
la
civiltà
,
si
scopre
che
è
mille
volte
meglio
delegare
il
deterrente
alla
società
formalmente
costituita
,
cioè
allo
stato
;
ma
ci
risparmieremo
lo
sviluppo
delle
serie
ragioni
,
facilmente
intuibili
,
per
cui
ciò
è
vero
.
Nasce
così
il
concetto
di
giustizia
pubblica
e
il
patto
di
rispettarla
.
Quanto
sono
ridicole
le
protestazioni
-
udite
fino
alla
nausea
-
di
coloro
che
affermano
virtuosamente
di
non
volere
vendetta
,
ma
solo
giustizia
!
Pare
impossibile
che
così
pochi
si
chiedano
:
e
perché
la
vogliono
proprio
quelli
?
Forse
perché
sono
parenti
delle
vittime
?
Ma
andiamo
!
La
giustizia
devono
volerla
egualmente
tutti
i
cittadini
.
L
'
espressione
continuamente
usata
e
abusata
,
"
farsi
giustizia
da
sé
"
,
è
semplicemente
idiota
.
E
ancor
più
idiota
è
affermare
che
giustizia
chiedono
i
morti
.
Eppure
è
molto
,
molto
difficile
liberarsi
da
quell
'
impulso
-
in
sé
naturalissimo
,
ripetiamo
-
che
ci
spinge
a
inscrivere
l
'
istinto
di
vendetta
addirittura
nel
campo
dei
sentimenti
onorevoli
.
La
mente
corre
subito
,
naturalmente
,
alle
consorterie
della
criminalità
organizzata
(
gli
uomini
d
'
onore
)
;
ma
limitarsi
a
ciò
è
quanto
mai
semplicistico
e
riduttivo
.
Dobbiamo
proprio
ricordare
la
canzone
in
cui
il
pio
Dante
afferma
:
"
Ché
bell
'
onor
s
'
acquista
in
far
vendetta
"
,
o
ignorare
le
mille
volte
che
Dante
stesso
-
e
una
folla
di
autori
di
tutte
le
letterature
-
parlano
nientemeno
che
della
vendetta
di
Dio
o
del
Cielo
?
Ma
,
una
volta
accettata
la
visione
sopra
esposta
,
che
ne
è
del
male
e
del
bene
,
di
cui
parliamo
continuamente
?
Dovrebbe
esser
chiaro
che
non
si
tratta
di
enti
trascendenti
oggettivi
,
bensì
di
due
delle
innumerevoli
ipostatizzazioni
,
di
cui
gli
uomini
da
che
mondo
è
mondo
si
sono
resi
responsabili
.
Prima
si
introduce
un
concetto
astratto
,
che
ci
è
utile
per
capirsi
in
modo
sintetico
;
quindi
si
attribuisce
a
esso
un
'
entità
sostanziale
,
che
in
realtà
non
c
'
è
.
Non
ci
si
limita
a
riconoscere
che
abbiamo
semplicemente
introdotto
una
parola
per
esprimere
un
concetto
da
noi
stessi
costruito
.
No
:
si
crede
possibile
tirar
fuori
dalla
parola
il
vero
contenuto
di
quel
concetto
.
Quanti
insigni
pensatori
hanno
sprecato
il
loro
tempo
dietro
a
quei
venerabili
fantasmi
!
Non
stiamo
scoprendo
nulla
di
nuovo
.
Infatti
,
è
ben
noto
che
il
pregiudizio
è
molto
antico
.
Vi
fu
una
(
quasi
)
unanime
oggettivazione
del
Bene
e
del
Male
da
parte
dei
filosofi
antichi
e
medievali
.
Per
Platone
(
Repubblica
)
,
come
il
Sole
illumina
,
rende
visibili
e
alimenta
le
cose
sensibili
,
così
il
Bene
rende
conoscibili
gli
oggetti
intelligibili
e
conferisce
a
essi
l
'
esistenza
.
A
complicare
le
cose
ci
si
misero
poi
le
religioni
,
con
i
loro
dèi
,
angeli
,
arcangeli
,
santi
ecc.
da
una
parte
,
nonché
con
le
schiere
di
diavoli
e
di
geni
malevoli
dall
'
altra
.
Gli
uni
impersonano
e
difendono
il
bene
,
mentre
gli
altri
impersonano
e
difendono
il
male
,
in
un
'
eterna
battaglia
,
combattuta
sulla
pelle
degli
uomini
.
Tuttavia
si
farebbe
torto
ad
alcuni
pensatori
più
vicini
a
noi
,
affermando
che
nel
passato
si
è
sempre
creduto
a
un
contenuto
puramente
oggettivo
del
bene
e
del
male
.
Per
esempio
Spinoza
(
Ethica
)
dice
testualmente
:
"
Bonum
et
malum
quod
attinet
,
nihil
etiam
positivum
in
rebus
,
in
se
scilicet
consideratis
,
indicant
,
nec
aliud
sunt
,
praeter
cogitandi
modos
,
seu
notiones
,
quas
formamus
ex
eo
,
quod
res
ad
invicem
comparamus
.
Nam
una
eademque
res
potest
eodem
tempore
bona
,
et
mala
,
et
etiam
indifferens
esse
"
.
[
"
Per
quel
che
riguarda
il
bene
e
il
male
,
neanch
'
essi
indicano
qualcosa
di
positivo
nelle
cose
,
cioè
considerate
in
sé
,
ed
essi
non
sono
altro
se
non
modi
del
pensare
,
o
nozioni
che
formiamo
perché
confrontiamo
le
cose
fra
di
loro
.
Infatti
una
sola
e
medesima
cosa
può
essere
allo
stesso
tempo
buona
e
cattiva
e
anche
indifferente
"
]
.
Fra
i
contemporanei
nostri
poi
moltissimi
hanno
decisamente
cominciato
ad
affermare
che
la
valutazione
è
puramente
soggettiva
.
E
infatti
,
proprio
come
Spinoza
,
fanno
notare
che
essa
è
diversa
da
individuo
a
individuo
,
da
luogo
a
luogo
,
da
epoca
a
epoca
.
Fecero
male
o
fecero
bene
i
congiurati
che
uccisero
Giulio
Cesare
?
Fecero
male
o
fecero
bene
i
vandeani
a
opporsi
alla
Rivoluzione
?
Fecero
male
o
fecero
bene
gli
americani
a
costruire
la
bomba
atomica
?
Sembra
impossibile
:
ma
alcuni
pensatori
piuttosto
attardati
ne
discutono
ancora
,
naturalmente
senza
alcun
risultato
che
possa
incontrare
approvazione
generale
.
Vi
è
anche
chi
stenta
addirittura
ad
afferrare
il
concetto
della
imperturbabile
indifferenza
della
natura
e
arriva
a
invocare
la
pioggia
(
il
bene
)
o
a
scongiurare
i
terremoti
(
il
male
)
.
La
tempesta
che
nel
1588
semidistrusse
l
'
Invencible
Armada
fu
un
bene
per
gli
inglesi
,
un
male
per
gli
spagnoli
.
C
'
è
da
giurare
che
qualcuno
nelle
cattedrali
britanniche
ringraziò
Dio
per
il
beneficio
,
mentre
qualcuno
dei
sudditi
di
Filippo
II
(
e
forse
lo
stesso
re
)
si
diede
a
far
penitenza
dei
suoi
peccati
,
perché
certamente
quella
era
stata
una
punizione
di
Dio
.
Ma
veniamo
a
qualcosa
di
ben
più
importante
,
qualcosa
che
è
divenuto
addirittura
assillante
nell
'
epoca
contemporanea
.
Che
dobbiamo
fare
con
tutte
le
nuove
,
meravigliose
e
spaventose
possibilità
che
ci
offre
la
scienza
?
Probabilmente
fra
qualche
centinaio
di
anni
i
nostri
discendenti
si
meraviglieranno
della
pervicacia
dimostrata
dagli
uomini
della
fine
del
ventesimo
secolo
nel
voler
tirar
fuori
dai
logori
concetti
di
bene
e
di
male
,
supposti
"
oggettivi
"
,
le
risposte
sul
da
farsi
in
situazioni
che
né
la
naturale
evoluzione
né
le
religioni
tradizionali
potevano
minimamente
prevedere
.
Da
quella
parte
le
risposte
"
giuste
"
non
possono
venire
,
semplicemente
perché
le
relative
domande
non
erano
mai
state
poste
!
È
venuto
il
momento
di
convincersi
che
,
prima
di
statuire
per
contratto
sociale
che
cosa
dobbiamo
fare
,
bisogna
ben
consultarsi
su
che
cosa
vogliamo
fare
.
L
'
unica
via
veramente
razionale
sta
nella
ricerca
scientifica
seria
,
unita
alla
democrazia
.
Questo
non
significa
che
si
possa
ammettere
a
priori
di
esser
liberi
di
fare
tutto
quello
che
si
vuole
.
Infatti
della
vecchia
e
gloriosa
etica
tradizionale
c
'
è
certamente
una
massima
irrinunciabile
,
proprio
perché
si
può
star
sicuri
che
è
voluta
da
tutti
e
sarebbe
facilmente
sancita
da
qualsiasi
referendum
.
È
quella
contenuta
nel
quarto
articolo
della
dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
del
1789
:
"
La
libertà
consiste
nel
poter
fare
tutto
quello
che
non
nuoce
altrui
"
.
E
appunto
per
stabilire
fondatamente
che
cosa
non
nuoce
altrui
-
anche
e
soprattutto
,
si
badi
bene
,
alle
generazioni
future
-
la
ricerca
scientifica
dovrà
procedere
intensamente
.
Ma
,
se
proprio
ci
teniamo
,
continuiamo
pure
a
parlare
con
solennità
dei
comitati
di
bioetica
.
Il
nome
conta
poco
.
8
.
Dimmi
come
parli
Il
signor
Bartoni
era
da
anni
impiegato
al
catasto
.
Ma
ogni
giorno
,
terminato
coscienziosamente
il
suo
lavoro
,
s
'
immergeva
nella
lettura
di
buoni
libri
o
in
solitarie
meditazioni
,
sì
da
meritarsi
indubbiamente
la
qualifica
di
uomo
colto
e
intellettuale
.
Non
era
affatto
entusiasta
del
suo
mestiere
,
per
il
quale
non
sentiva
"
vocazione
"
.
Ma
chi
-
si
domandava
per
consolarsi
-
ha
la
vocazione
di
fare
l
'
impiegato
del
catasto
?
Einstein
non
aveva
forse
lavorato
all
'
ufficio
brevetti
in
Svizzera
?
Melville
non
era
finito
in
un
servizio
di
dogana
a
New
York
?
Kafka
non
era
stato
alle
dipendenze
di
una
compagnia
di
assicurazioni
a
Trieste
?
Bastava
sapere
aspettare
:
e
poi
chissà
.
Gli
piaceva
assumere
dinanzi
a
se
stesso
l
'
atteggiamento
dell
'
uomo
saggio
,
che
prende
atto
del
mondo
come
è
e
non
si
lascia
scuotere
nella
propria
atarassia
.
E
poi
chi
mai
è
contento
del
lavoro
che
fa
e
del
ruolo
che
gli
altri
gli
assegnano
nella
vita
?
Ognuno
è
sicuro
di
essere
sottovalutato
,
ma
non
deve
prendersela
per
questo
.
Sì
,
eppure
...
eppure
nel
subconscio
qualcosa
continuava
a
tormentarlo
.
E
lui
-
molto
spesso
senza
rendersene
conto
-
si
sfogava
di
quel
qualcosa
pungendo
gli
altri
con
amara
ironia
.
Ma
non
era
cattivo
;
del
resto
,
quella
ironia
la
rivolgeva
imparzialmente
(
o
quasi
)
anche
a
se
stesso
.
Quando
si
dava
a
riflettere
,
abbandonandosi
al
suo
malinconico
umorismo
,
gli
piaceva
recarsi
a
passeggiare
in
un
luogo
solitario
,
nelle
periferie
più
anonime
della
città
,
dove
gli
amici
intellettuali
di
buon
gusto
non
si
incontrano
proprio
mai
;
tanto
lui
-
affermava
a
se
stesso
,
ridendo
per
primo
di
quella
megalomania
-
guardava
soprattutto
dentro
di
sé
.
E
poi
,
anche
se
guardava
fuori
,
come
faceva
in
realtà
...
qualcuno
(
Gide
)
non
aveva
detto
:
l
'
importanza
sia
nel
tuo
sguardo
,
non
in
quello
che
guardi
?
Ma
non
sempre
si
recava
in
periferia
.
A
volte
seguiva
proprio
la
strategia
opposta
.
Infischiandosene
dei
dettami
dei
salutisti
,
andava
a
sedersi
a
un
tavolino
all
'
aperto
di
un
caffè
situato
nel
punto
più
nevralgico
della
città
,
in
mezzo
alla
confusione
infernale
di
una
folla
che
andava
e
veniva
,
sempre
indaffarata
e
affrettata
,
nonché
al
crepitare
e
strombazzare
di
veicoli
perennemente
in
ingorgo
.
Diceva
a
se
stesso
(
ma
sapeva
benissimo
di
non
scoprire
nulla
di
originale
)
che
lì
,
fra
tutte
quelle
facce
anonime
,
si
trovava
la
vera
solitudine
,
quella
triste
,
spessa
,
da
tagliarsi
col
coltello
:
quella
che
,
trascurando
i
troppi
particolari
,
ci
fa
scorgere
cose
di
grande
importanza
.
Quel
giorno
era
proprio
seduto
al
solito
tavolino
e
si
stava
ripetendo
le
cose
pensate
mille
volte
,
quando
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
un
curioso
giovane
azzimato
,
con
una
bella
cravatta
a
farfallino
,
che
,
venendo
dall
'
interno
del
bar
,
era
comparso
sulla
porta
e
guardava
ansiosamente
di
qua
e
di
là
.
Teneva
con
una
mano
una
tazzina
di
caffè
e
con
l
'
altra
le
reggeva
sotto
il
piattino
.
Bartoni
,
vedendo
che
tutti
i
tavolini
erano
occupati
,
gli
si
rivolse
gentilmente
,
invitandolo
:
"
Se
vuoi
sedersi
qui
,
c
'
è
una
sedia
libera
.
"
Quello
fu
per
un
po
'
titubante
,
poi
si
decise
e
si
sedette
,
dicendo
:
"
Grazie
.
Buon
giorno
e
buona
giornata
.
"
Bartoni
alzò
un
po
'
le
sopracciglia
,
meravigliato
dall
'
insulsa
ridondanza
.
Comunque
stese
la
mano
e
disse
:
"
Permette
?
Bartoni
.
"
"
Ah
...
come
l
'
attore
Barton
.
"
"
Forse
vuol
riferirsi
all
'
attore
Burton
[
pronunciato
correttamente
]..."
"
Alla
televisione
,
l
'
ho
sentito
benissimo
,
dicono
Barton
.
"
Bartoni
rimase
un
po
'
perplesso
.
Ribattere
pedantemente
o
lasciar
correre
?
Poi
non
poté
fare
a
meno
di
chiedere
:
"
Ma
lei
impara
a
parlare
dalla
televisione
?
"
L
'
altro
sembrò
non
poco
infastidito
dalla
domanda
,
che
aveva
l
'
aria
di
una
presa
di
bavero
,
e
ribatté
:
"
Esatto
.
Guardi
...
"
"Guardo..."
"...mi
consenta
...
"
"
Le
consento
...
"...guardi,
mi
consenta
un
attimo
.
La
televisione
è
...
come
dire
...
un
fatto
pubblico
nazionale
ed
è
...
così
...
un
attimino
attenta
nei
confronti
di
come
parla
,
no
?
"
"
Veramente
la
televisione
di
`
confronti
'
ne
fa
pochi
,
soprattutto
con
i
vocabolari
-
italiani
e
stranieri
-
e
con
i
buoni
libri
.
"
"
Ecco
l
'
autogol
:
i
libri
,
me
l
'
aspettavo
;
ora
possono
partire
le
immagini
...
"
"
Partono
?
E
dove
vanno
?
"
"
Lei
sicuramente
dovrebbe
essere
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
così
...
diciamo
un
intellettuale
.
"
Bartoni
stava
pensando
:
non
c
'
è
speranza
con
questo
.
È
meglio
cambiare
discorso
:
"
Non
mi
ha
detto
ancora
chi
è
lei
.
"
"
Chi
sono
?
Sono
un
poeta
.
"
"
Veramente
questa
è
già
stata
detta
.
Ma
che
fa
per
vivere
?
"
"
Cosa
faccio
?
Scrivo
.
"
"
Anche
questa
è
stata
detta
.
E
come
si
chiama
?
"
"Chicco."
"
Chicco
...
di
nome
o
di
cognome
?
"
"
Fa
lo
stesso
.
Il
nominativo
completo
è
inutile
.
"
"
Ah
,
già
:
un
poeta
lo
conoscono
tutti
con
il
nome
di
battaglia
.
"
"Esatto."
Bartoni
fece
alcuni
sforzi
non
affatto
convinti
per
ricordare
se
per
caso
avesse
visto
da
qualche
parte
una
poesia
firmata
Chicco
,
ma
invano
.
Ebbe
anche
voglia
di
scherzare
su
quel
noto
verso
di
Dante
che
parla
del
"
bel
paese
là
dove
l
'
esatto
sona
"
.
Poi
si
disse
ancora
una
volta
che
era
meglio
piantarla
lì
.
Intanto
l
'
altro
guardava
nervosamente
l
'
orologio
ed
esclamava
con
impazienza
:
"
Perbacco
,
si
fa
tardi
;
si
sta
sforando
!
"
"
Aspetta
qualcuno
?
"
"
Esatto
.
Dovrebbe
proprio
arrivare
...
come
dire
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
no
?
"
"
Eh
,
con
le
donne
non
si
sa
mai
.
"
Chicco
rimase
un
po
'
interdetto
,
quindi
ribatté
:
"
Guardi
,
mi
consenta
un
attimo
.
Chi
le
ha
detto
che
aspetto
...
diciamo
...
una
donna
?
"
Ahimè
,
disse
fra
sé
Bartoni
,
forse
,
chissà
,
ho
fatto
una
gaffe
.
Ma
guarda
un
po
'
,
proprio
io
che
non
ho
nessun
pregiudizio
in
proposito
e
che
vado
predicando
saggiamente
che
se
lui
è
diverso
da
me
,
io
sono
diverso
da
lui
e
quindi
siamo
pari
.
Ma
adesso
chi
lo
convince
questo
che
io
appunto
non
ho
nessun
pregiudizio
?
Comunque
provò
a
riconoscere
con
grande
naturalezza
:
"
Ah
,
sì
,
potrebbe
essere
un
uomo
.
Perché
no
?
"
"
Esatto
.
Ma
è
un
giallo
...
"
"
Ah
,
un
giapponese
...
"
"...è
un
giallo
perché
non
so
chi
sia
:
è
una
scheggia
impazzita
.
Potrebbe
essere
un
uomo
,
ma
potrebbe
essere
una
donna
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
,
no
?
Niente
.
So
solo
e
soltanto
che
mi
deve
portare
un
'
agenzia
eclatante
.
A
mio
avviso
...
"
"
Di
garanzia
?
"
"
Non
faccia
così
tanto
lo
spiritoso
e
mi
consenta
.
In
buona
sostanza
...
"
"
E
se
fosse
cattiva
sostanza
?
"
"...in
buona
sostanza
,
a
mio
avviso
lei
sta
facendo
muro
contro
muro
...
"
"
Veramente
basta
un
muro
solo
,
dato
che
i
muri
non
si
muovono
.
"
"...quelli
come
lei
fanno
quadrato
,
mettono
paletti
nei
miei
confronti
...
e
portano
avanti
...
così
...
un
teorema
...
"
"
Come
quello
di
Pitagora
?
"
"
Chi
è
,
un
'
attrice
?
E
che
ci
azzecca
quella
?
"
"
Mi
scusi
.
Lasciamo
stare
e
continui
pure
a
dirmi
quale
sarebbe
il
mio
teorema
'
nei
suoi
confronti
'."
Non
c
'
era
bisogno
di
chiederglielo
.
Chicco
-
dando
di
tanto
in
tanto
nuovi
impazienti
sguardi
all
'
orologio
-
continuava
ormai
inesorabile
come
un
fiume
in
piena
,
che
straripa
da
tutte
le
parti
:
"
Niente
.
Ormai
sono
nel
suo
mirino
.
Il
suo
teorema
nei
miei
confronti
è
che
io
sono
...
come
dire
...
di
basso
profilo
,
no
?
"
"
Veramente
io
la
sto
guardando
in
faccia
...
"
"...e
invece
si
dice
proprio
così
:
di
basso
profilo
.
Oggi
si
fa
un
gran
parlare
...
"
"
Ah
,
il
parlare
si
fa
...
"
"...di
persone
di
serie
A
e
di
serie
B
,
no
?
A
suo
avviso
io
sarei
di
serie
B
o
perlomeno
...
così
...
come
dire
...
fuorigioco
,
no
?
Niente
,
lei
vuoi
fare
l
'
arbitro
,
ma
non
può
supportare
il
suo
verdetto
...
diciamo
...
senza
consultare
il
guardalinee
.
Non
si
salvi
in
calcio
d
'
angolo
.
Ma
mettiamo
la
palla
al
centro
e
cerchiamo
alcuni
comuni
denominatori
...
"
"
Quanti
?
"
"
Guardi
,
sediamoci
attorno
a
un
tavolo
...
"
"
In
due
sarà
difficile
.
"
"...Dunque
io
mi
trovo
ora
in
una
enclave
[
pronunciato
all
'
italiana
]
o
in
una
impasse
[
pronunciato
all
'italiana]..."
"
Vuol
dire
in
un
'
impasse
[
pronunciato
correttamente
]."
"
Ma
lasci
stare
l
'
Enpas
!
Niente
...
è
un
giallo
.
Non
so
perché
ce
l
'
hanno
così
tanto
...
"
"...basta
dire
tanto
...
"
"...così
tanto
nei
miei
confronti
.
È
una
cosa
di
estrema
importanza
,
uno
scoop
con
prezzo
da
capogiro
;
ma
finora
nessuno
mi
ha
voluto
aiutare
un
attimino
a
capire
:
bocche
cucite
.
Vogliono
mettermi
in
ginocchio
:
non
vorrei
...
come
dire
...
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
nei
miei
confronti
...
"
"
Se
non
vuole
essere
raggiunto
,
si
metta
a
correre
velocemente
...
"
Ma
Bartoni
non
poté
terminare
la
frase
,
perché
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
donna
con
una
lunga
sottana
,
che
lei
sì
,
correva
velocemente
per
non
essere
raggiunta
,
aprendosi
il
varco
a
gomitate
.
Dopo
poco
comparve
una
signora
che
la
inseguiva
gridando
:
fermatela
!
Mi
ha
derubata
,
fermatela
!
Infine
arrivò
un
vigile
trafelato
,
che
teneva
legata
con
una
corda
,
a
mo
'
di
guinzaglio
,
una
bambina
piagnucolante
.
Bartoni
non
credeva
ai
suoi
occhi
.
Non
riuscì
a
trattenersi
e
sbottò
indignato
:
"
Ma
che
fa
?
Le
pare
questo
il
modo
?
Sleghi
subito
quella
bambina
!
"
"
Non
posso
.
Se
la
slego
,
scappa
.
E
io
devo
riportarla
alla
madre
.
"
"
Lasci
stare
la
bambina
e
si
occupi
piuttosto
del
furto
commesso
dalla
madre
.
"
"
Quello
non
è
compito
mio
,
ma
della
polizia
.
Io
devo
riportare
la
bambina
alla
sua
mamma
,
sennò
si
perde
.
"
Intanto
la
bambina
,
molto
meravigliata
,
si
era
avvicinata
al
tavolino
di
quello
strano
signore
che
la
difendeva
,
mentre
tutti
gli
astanti
mostravano
solidarietà
col
vigile
.
Bartoni
si
accorse
allora
divertito
(
ma
non
troppo
)
che
la
pargoletta
aveva
fatto
scomparire
dal
piattino
le
cinquemila
lire
che
lui
aveva
lasciate
di
mancia
.
Lo
fece
notare
al
vigile
,
il
quale
ribatté
imperturbabile
:
"
Signore
,
quel
denaro
era
res
nullius
.
"
Bartoni
non
poté
celare
una
esterrefatta
ammirazione
ed
esclamò
:
"
Ma
guarda
che
vigile
colto
!
Comunque
quel
denaro
non
era
affatto
res
nullius
.
Era
del
cameriere
.
"
"
Signore
,
mi
permetta
di
farle
notare
che
il
cameriere
per
ora
non
l
'
aveva
visto
e
non
sapeva
nemmeno
che
esistesse
.
Dunque
non
poteva
essere
suo
.
Vieni
,
mocciosa
,
andiamo
dalla
mamma
.
"
E
,
prima
che
Bartoni
potesse
riprendersi
dallo
stupore
destato
in
lui
da
quella
ferrea
logica
,
il
vigile
e
la
bambina
erano
già
lontani
.
Ma
in
quel
mentre
arrivò
correndo
a
perdifiato
un
altro
personaggio
.
Era
un
signore
piccolo
,
grasso
,
dall
'
aria
insignificante
,
che
sudava
e
gridava
:
eccomi
,
eccomi
qui
!
Si
fermò
raggiante
davanti
a
Bartoni
e
a
Chicco
ed
esclamò
con
tono
rassicurante
:
"
Eccomi
qui
finalmente
,
sono
arrivato
!
"
Bartoni
e
Chicco
si
guardavano
con
aria
interrogativa
,
ciascuno
pensando
che
l
'
altro
sapesse
.
Poi
all
'
unisono
chiesero
:
"
Ma
lei
chi
è
?
"
"
Che
domande
.
Sono
quello
che
aspettate
.
"
"
Quello
che
aspettiamo
?
E
come
si
chiama
?
"
"Godot."
"
Godò
?
"
fece
Chicco
storcendo
il
naso
.
"
Mai
sentito
nominare
.
"
Bartoni
invece
l
'
aveva
sentito
nominare
,
eccome
.
Certamente
era
stupito
.
Eppure
più
che
dalla
meraviglia
era
colpito
da
una
piuttosto
cocente
delusione
.
Ma
come
?
Quello
scialbo
,
insulso
,
banale
omiciattolo
era
il
famoso
Godot
,
quello
che
lui
e
tanti
altri
avevano
aspettato
per
tutta
la
vita
?
Ebbe
improvvisa
la
rivelazione
di
uno
stupido
errore
commesso
.
E
ora
come
farò
,
si
domandava
smarrito
,
ora
che
ho
scoperto
tutto
,
ora
che
mi
mancherà
il
Godot
delle
mie
lunghe
fantasticherie
?
Forse
lui
,
dopo
tutto
,
lo
sa
:
bisogna
chiederlo
proprio
a
lui
.
Ma
Godot
già
si
allontanava
veloce
e
agile
tra
la
folla
.
Di
scatto
Bartoni
si
alzò
e
si
mise
a
rincorrerlo
,
seguito
per
inerzia
da
Chicco
:
"
Godot
,
Godot
,
si
fermi
,
per
favore
,
aspetti
!
"
Chicco
dal
canto
suo
correva
gridando
:
"
Godò
,
si
fermi
.
Così
ci
rovina
il
palinsesto
!
"
Intanto
era
sbucata
di
nuovo
,
da
una
via
laterale
,
la
donna
dalla
lunga
sottana
e
dietro
di
lei
,
sempre
correndo
e
gridando
fra
l
'
indifferenza
generale
,
la
derubata
;
infine
il
vigile
con
la
bambina
al
guinzaglio
.
Il
tutore
dell
'
ordine
si
fermò
un
momento
al
solito
tavolino
per
chiedere
notizie
e
,
visto
che
i
due
non
c
'
erano
più
,
proseguì
l
'
inseguimento
.
Il
cameriere
,
richiamato
dal
trambusto
,
era
uscito
sulla
soglia
,
e
per
forza
di
abitudine
,
aveva
dato
uno
sguardo
al
piattino
:
era
vuoto
.
Infatti
la
bambina
aveva
fatto
a
tempo
ad
afferrare
con
incredibile
destrezza
le
seconde
cinquemila
lire
,
che
Bartoni
,
sorridendo
amaramente
,
aveva
tirato
fuori
dopo
la
prima
sparizione
.
Il
commento
del
cameriere
fu
:
"
Ma
guarda
un
po
'
questi
intellettuali
.
Sempre
tirchi
.
Non
ti
lasciano
nemmeno
una
lira
.
"
9
.
La
vita
non
è
sogno
Bartoni
girellava
pensoso
nella
sua
poco
attraente
e
anonima
periferia
e
andava
rimuginando
sugli
strani
avvenimenti
di
quella
mattinata
.
Li
aveva
vissuti
davvero
,
o
era
stato
solo
un
sogno
?
Ma
che
domande
banali
e
trite
!
Da
che
mondo
è
mondo
miriadi
di
scrittori
,
poeti
,
filosofi
hanno
fatto
a
gara
a
osservare
sospirosamente
-
ripetendosi
quasi
senza
pudore
-
che
la
nostra
vita
si
svolge
come
in
sogno
!
Anche
un
impiegato
del
catasto
poteva
tirare
fuori
decine
di
quelle
citazioni
,
che
sembrano
così
profonde
e
commoventi
e
poi
...
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
Gli
piaceva
piuttosto
ricordare
un
detto
di
Giraudoux
,
che
aveva
letto
da
qualche
parte
:
"
Il
plagio
è
la
base
di
tutte
le
letterature
,
eccettuata
la
prima
,
peraltro
ignota
"
.
E
poi
la
metafora
del
sogno
è
affascinante
,
certo
,
ma
non
sostenibile
fino
in
fondo
,
come
ognuno
ben
sa
.
Bisogna
ragionare
e
distinguere
.
È
vero
che
il
vissuto
della
realtà
giornaliera
e
quello
del
sogno
hanno
spesso
caratteristiche
fenomenologiche
molto
simili
o
addirittura
identiche
.
Tuttavia
l
'
avere
alcune
caratteristiche
comuni
non
significa
,
come
è
ovvio
,
che
due
cose
siano
in
tutto
eguali
.
Quello
che
chiamiamo
"
realtà
"
è
un
testo
che
viene
scritto
-
o
meglio
,
che
si
lascia
leggere
-
con
una
sintassi
ben
diversa
rispetto
a
quella
del
sogno
;
e
chiunque
li
sa
distinguere
.
Lo
stesso
Calderón
de
la
Barca
nel
suo
celebre
La
vida
es
sue
fio
termina
la
seconda
giornata
con
le
parole
:
"
toda
la
vida
es
suefio
y
los
suefios
suenos
son
"
.
Tutta
la
vita
è
sogno
,
sì
,
ma
i
sogni
rimangono
sogni
!
Tanto
è
vero
che
,
mentre
siamo
di
solito
molto
curiosi
di
conoscere
i
fatti
dei
nostri
simili
e
di
sapere
come
"
realmente
sono
andate
le
cose
"
,
i
sogni
degli
altri
spesso
ci
annoiano
.
Non
ci
riguardano
;
e
la
suddetta
mancanza
di
una
riconoscibile
sintassi
li
rende
anche
ben
diversi
dai
romanzi
e
dalle
favole
che
a
volte
ci
dilettiamo
a
leggere
,
ansiosi
di
sapere
come
va
a
finire
.
Chiaramente
se
n
'
è
accorto
il
Della
Casa
,
quando
scrive
(
Galateo
)
:
"
Male
fanno
ancora
quelli
,
che
tratto
tratto
si
pongono
a
recitar
i
sogni
loro
con
tanta
affezione
e
facendone
sì
gran
maraviglia
,
che
è
uno
isfinimento
di
cuore
sentirli
"
.
Esperienza
frequentissima
di
tutti
noi
!
In
fondo
,
anche
l
'
assimilazione
di
una
vita
umana
al
sogno
piuttosto
che
alla
realtà
dipende
solo
dalla
disposizione
di
chi
parla
o
scrive
,
dalla
sua
interiorità
,
dal
voler
privilegiare
le
circostanze
esistenziali
rispetto
alla
questione
della
sintassi
.
Perché
Leopardi
sussurra
a
Silvia
:
"
come
un
sogno
fu
la
tua
vita
"
?
Che
ne
sa
lui
?
È
lui
che
la
sogna
e
la
vede
passare
in
questo
mondo
rapida
,
con
il
perpetuo
canto
,
con
la
mano
veloce
che
si
affatica
a
percorrere
la
tela
.
Non
ci
addentreremo
certo
nelle
varie
"
teorie
"
dei
sogni
come
:
scarica
di
impulsi
repressi
-
sessuali
e
non
-
,
desideri
insoddisfatti
,
espressioni
simboliche
,
pure
ripetizioni
dei
vissuti
della
veglia
,
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
.
Quanto
tali
congetture
siano
fondate
e
illuminanti
non
è
cosa
che
qui
ci
concerna
e
noi
non
siamo
chiamati
a
pronunciarci
sulla
loro
attendibilità
.
Diremo
soltanto
che
,
proprio
perché
i
vissuti
sono
gli
stessi
e
solo
la
sintassi
è
diversa
,
possiamo
concludere
che
la
distinzione
fra
il
sogno
e
la
vita
che
chiamiamo
"
reale
"
c
'
è
certamente
,
sia
pure
in
via
di
definizione
convenzionale
.
Indubbiamente
una
tale
distinzione
è
essenziale
per
giustificare
l
'
intenzionalità
delle
nostre
azioni
,
il
loro
progetto
,
la
loro
concatenazione
,
il
loro
successo
.
Nel
sogno
ci
sono
ben
poche
intenzionalità
e
concatenazioni
logiche
(
se
pure
in
qualche
misura
ci
sono
)
.
Ma
perché
mai
quello
che
è
così
importante
per
il
nostro
agire
dovrebbe
proprio
incidere
anche
sul
nostro
immaginare
,
sul
nostro
proiettarsi
all
'
esterno
per
esprimersi
,
magari
in
quel
modo
che
chiamiamo
artistico
?
Sembra
una
costrizione
artificiosa
.
Come
non
comprendere
e
non
giustificare
il
desiderio
di
evadere
da
tale
costrizione
?
Quel
desiderio
c
'
è
,
c
'
è
sempre
stato
e
si
è
manifestato
in
tanti
modi
.
"
Je
crois
à
la
résolution
future
de
ces
deux
états
,
en
apparence
si
contradictoires
,
que
sont
le
rêve
et
la
réalité
,
en
une
sorte
de
réalité
absolue
,
de
surréalité
,
si
l
'
on
peut
ainsi
dire
"
[
"
Io
credo
alla
risoluzione
futura
di
questi
due
stati
,
in
apparenza
così
contraddittori
,
che
sono
il
sogno
e
la
realtà
,
in
una
sorta
di
realtà
assoluta
,
di
surrealtà
,
se
così
si
può
dire
"
]
.
Così
scriveva
Breton
nel
primo
manifesto
del
surrealismo
.
Certo
qualcuno
osserverà
pedantemente
che
il
surrealismo
è
datato
.
E
che
vuol
dire
?
Tutto
è
datato
in
questo
mondo
,
anche
noi
siamo
datati
.
Quello
che
importa
sapere
è
se
quel
desiderio
di
evasione
che
portò
al
surrealismo
ebbe
e
ha
tuttora
le
sue
ragioni
.
Le
ha
.
A
proposito
dello
strano
dialogo
che
si
era
svolto
fra
Bartoni
e
Chicco
,
è
suggestivo
ricordare
che
nel
citato
manifesto
Breton
così
si
esprime
(
e
ora
sarebbe
pedante
riportarlo
in
francese
)
:
"
È
ancora
al
dialogo
che
le
forme
del
linguaggio
surrealista
si
adattano
meglio
.
In
esso
due
pensieri
si
affrontano
;
mentre
l
'
uno
si
porge
,
l
'
altro
si
occupa
di
esso
,
ma
come
se
ne
occupa
?
Supporre
che
lo
incorpori
sarebbe
ammettere
che
per
un
certo
tempo
gli
sia
possibile
vivere
tutto
intero
in
quell
'
altro
pensiero
,
ciò
che
è
sommamente
improbabile
[...]
.
La
mia
attenzione
[...]
tratta
il
pensiero
avversario
,
come
nemico
:
nella
conversazione
corrente
,
lo
'
riprende
'
quasi
sempre
sulle
parole
,
sulle
figure
di
cui
si
serve
;
mi
mette
in
grado
di
trarne
partito
nella
replica
snaturandole
"
.
Tutto
questo
certamente
non
è
datato
e
rimane
invece
attualissimo
.
Quante
volte
,
vuoi
nell
'
animata
tavola
rotonda
politica
in
televisione
,
vuoi
nella
conversazione
fra
amici
,
gl
'
interlocutori
dovrebbero
rendersi
conto
che
stanno
sviluppando
un
happening
surrealista
!
Ma
un
simile
sospetto
nemmeno
li
sfiora
.
Stanno
bucando
a
grandi
colpi
la
realtà
,
credendo
di
avere
i
piedi
ancora
posati
sulla
terra
.
Ma
torniamo
al
nostro
assunto
principale
.
Non
poco
dell
'
eredità
surrealista
viene
raccolta
da
Beckett
e
in
genere
dal
teatro
dell
'
assurdo
.
Aspettando
Godot
,
con
il
dialogo
fra
Estragon
e
Vladimir
,
come
pure
con
l
'
apparizione
di
Pozzo
che
tiene
Lucky
legato
al
guinzaglio
,
ci
ricorda
appunto
tante
situazioni
già
viste
e
non
viste
,
tante
parole
ascoltate
e
non
ascoltate
,
una
realtà
che
è
la
nostra
,
ma
non
esattamente
la
nostra
.
Ci
fa
quasi
sentire
rimorso
di
vivere
in
un
mondo
che
noi
chiamiamo
sensato
,
semplicemente
perché
gli
assegnamo
una
nostra
sintassi
.
Non
stiamo
forse
costringendo
il
mondo
e
noi
stessi
in
una
sorta
di
prigione
?
Perché
non
spiare
attraverso
la
nostra
stretta
finestra
lo
sconfinato
,
variegato
pullulare
di
tutti
i
mondi
possibili
?
Facciamo
attenzione
.
Nessuno
potrebbe
rivendicare
come
un
"
progresso
"
il
trasferimento
generalizzato
di
tutta
la
nostra
vita
nell
'
assurdo
.
Ci
condanneremmo
a
non
poter
agire
proficuamente
,
in
una
parola
,
all
'
annientamento
.
Eppure
è
certo
che
,
aprendo
la
mente
all
'
infinito
ventaglio
di
possibilità
da
noi
concepibili
,
anche
se
non
realizzate
,
arriviamo
ad
approfondire
la
conoscenza
di
noi
stessi
.
Sorprendiamo
in
noi
facoltà
insospettate
,
recessi
mai
abbastanza
esplorati
.
Inoltre
arricchiamo
-
e
forse
rendiamo
più
tollerabile
-
la
nostra
vita
,
accompagnandola
e
circondandola
con
quell
'
immenso
svolazzo
variopinto
di
tutti
i
mondi
assurdi
.
Il
razionale
è
certamente
il
pane
della
nostra
vita
;
senza
di
esso
moriremmo
.
Ma
l
'
assurdo
è
il
companatico
.
Se
non
vi
fosse
l
'
assurdo
,
la
vita
perderebbe
sapore
e
non
varrebbe
la
pena
di
essere
vissuta
.
In
un
certo
senso
sarebbe
come
trovarsi
al
di
dentro
del
meccanismo
di
un
orologio
.
Non
ci
resterebbe
che
aspettare
senza
alcuna
trepidazione
o
meraviglia
l
'
inesorabile
scorrere
dei
minuti
e
il
battere
delle
ore
.
I
film
che
non
di
rado
anche
i
registi
apprezzabili
ci
propinano
oggi
sembrano
avere
un
nucleo
più
o
meno
centrale
ragionevole
(
o
quasi
)
e
poi
tutto
un
contorno
assolutamente
assurdo
.
Nessuno
se
ne
cura
:
prima
di
tutto
perché
ciò
che
veramente
interessa
lo
spettatore
medio
è
quello
che
abbiamo
chiamato
il
nucleo
centrale
della
vicenda
;
in
secondo
luogo
perché
anche
chi
assume
un
atteggiamento
più
sensato
sa
bene
che
i
nuclei
centrali
della
vita
nuotano
sempre
in
un
mare
di
assurdo
.
Da
un
punto
di
vista
esistenziale
,
in
tutto
quello
che
intraprende
un
essere
umano
c
'
è
una
parte
di
razionale
e
una
buona
dose
di
assurdo
.
La
stessa
continua
scelta
di
quello
che
ci
sembra
proficuo
e
ragionevole
è
,
in
fondo
,
assurda
,
perché
prima
o
poi
,
qualunque
cosa
facciamo
o
non
facciamo
,
approderemo
inesorabilmente
allo
scacco
finale
.
La
soddisfacente
propagazione
dei
nostri
geni
è
un
fine
giustamente
perseguito
dalla
natura
.
Ma
in
che
modo
riguarda
veramente
noi
e
il
nostro
intimo
?
Tutto
questo
ragionamento
attorno
all
'
assurdo
ha
certamente
del
vero
;
ma
guardiamoci
dal
dargli
una
sopravvalutazione
addirittura
ontologica
,
che
non
può
proprio
sostenere
.
"
Credo
quia
absurdum
"
è
affermazione
...
assurda
,
perché
è
intesa
a
inquadrare
in
quella
stessa
sintassi
,
della
quale
noi
ci
serviamo
per
parlare
di
ciò
che
chiamiamo
"
reale
"
,
concetti
che
invece
le
sono
assolutamente
refrattari
.
È
solo
un
solenne
pasticcio
.
10
.
Il
mezzo
è
ambiente
E
perché
poi
Chicco
-
e
un
'
infinita
turba
di
sciocchi
,
ma
anche
di
non
sciocchi
,
con
lui
-
parla
in
quel
modo
?
Qual
è
la
spiegazione
di
quel
pullulare
di
fastidiosi
linguaggi
,
come
il
burocratese
,
il
politichese
,
il
televisese
(
ma
anche
il
culturese
)
,
che
inesorabilmente
ci
perseguitano
?
Perché
si
affermano
tutte
quelle
squallide
parole
e
frasi
fatte
,
che
non
vogliono
dir
nulla
,
o
addirittura
significano
il
contrario
di
quello
che
vorrebbero
?
Perché
tutti
quegl
'
insulsi
riempitivi
del
discorso
?
Bisogna
forse
cominciare
col
distinguere
i
vari
individui
e
le
varie
situazioni
.
Prendiamo
,
per
esempio
,
il
burocratese
.
Esso
,
anche
se
è
diventato
particolarmente
insopportabile
ai
giorni
nostri
,
ha
origini
e
motivazioni
che
vengono
da
ben
lontano
.
Infatti
esso
ha
certamente
molto
in
comune
col
linguaggio
ieratico
.
Quello
che
viene
dall
'
alto
ed
è
pronunciato
in
nome
di
un
'
indiscussa
autorità
suprema
non
può
essere
rivestito
delle
usuali
parole
del
volgo
profano
.
Far
parlare
quell
'
autorità
come
parlano
i
comuni
mortali
sarebbe
quasi
una
mancanza
di
rispetto
.
Scherza
coi
fanti
,
ma
lascia
stare
i
santi
.
Naturalmente
una
volta
si
trattava
quasi
esclusivamente
delle
parole
di
Dio
e
dei
suoi
sacerdoti
.
Ma
bisogna
riconoscere
che
in
questo
campo
-
almeno
nella
religione
cattolica
-
si
sono
fatti
molti
passi
avanti
.
L
'
abbandono
del
latino
,
che
tuttora
non
pochi
deplorano
,
si
è
reso
necessario
semplicemente
perché
esso
non
era
più
soltanto
una
lingua
ieratica
,
ma
era
diventato
una
lingua
assolutamente
incomprensibile
per
la
stragrande
maggioranza
dei
fedeli
!
E
giustamente
si
è
voluto
che
per
essi
la
trasmissione
di
un
messaggio
di
elevatissimo
contenuto
morale
non
si
riducesse
alla
pura
emissione
di
suoni
senza
senso
.
Certo
non
è
detto
che
all
'
orante
sia
sempre
sgradita
l
'
emissione
di
suoni
senza
senso
:
a
volte
ha
una
funzione
altamente
consolante
anche
quella
.
In
tutte
le
religioni
esistono
formule
assolutamente
prive
di
senso
,
che
vengono
ripetute
con
grande
fiducia
da
tutti
i
fedeli
in
coro
.
E
del
resto
non
è
affatto
sicuro
che
il
fedele
,
anche
quando
vuoi
capire
qualcosa
di
quello
che
gli
viene
dall
'
alto
,
desideri
intendere
proprio
tutto
...
Anzi
,
a
volte
la
sua
concezione
del
"
sacro
"
esige
proprio
il
contrario
.
È
nota
la
storiella
del
buon
villico
che
,
tornato
dalla
messa
celebrata
dal
nuovo
parroco
del
paese
,
fu
interrogato
sull
'
impressione
che
gli
aveva
fatto
la
predica
di
quel
personaggio
.
Non
mi
è
piaciuta
,
disse
candidamente
:
si
è
capito
tutto
!
Oggi
le
cose
sono
alquanto
cambiate
,
non
tanto
perché
le
religioni
stesse
siano
sentite
in
modo
diverso
da
una
volta
-
il
che
ci
sembra
innegabile
-
ma
anche
perché
sono
nati
e
si
sono
rafforzati
gli
stati
laici
.
Ormai
la
suprema
autorità
che
tutti
devono
riconoscere
è
quella
dello
stato
,
che
inesorabile
insegue
ognuno
di
noi
con
documenti
,
identificazioni
,
certificazioni
,
notificazioni
,
assolutamente
indispensabili
per
vivere
.
Anche
quando
non
si
tratta
di
un
"
Grande
Fratello
"
,
è
sempre
lui
che
ci
dà
il
diritto
di
nascere
,
di
morire
,
di
esistere
,
di
possedere
,
che
ci
provvede
dei
necessari
trasporti
,
delle
cure
sanitarie
,
delle
protezioni
(
o
persecuzioni
)
poliziesche
.
Con
lo
stato
non
si
scherza
;
e
per
questo
non
si
può
parlare
la
lingua
volgare
di
tutti
i
giorni
.
I
suoi
biglietti
non
si
timbrano
,
bensì
si
obliterano
,
i
suoi
treni
non
effettuano
servizio
viaggiatori
,
ma
lo
disimpegnano
(
forse
andando
a
ritirarlo
al
Monte
di
Pietà
)
;
e
così
via
,
con
un
ormai
lunghissimo
e
tedioso
elenco
,
noto
a
tutti
.
Ma
,
intendiamoci
,
lo
stato
si
comporta
anche
da
padre
pietoso
,
preoccupato
di
risparmiare
umiliazioni
terminologiche
ai
suoi
sudditi
meno
fortunati
:
ed
ecco
così
i
"
non
vedenti
"
,
i
"
non
udenti
"
,
i
"
non
deambulanti
"
.
Aspettiamo
da
un
momento
all
'
altro
anche
i
"
non
pensanti
"
.
Per
quanto
riguarda
il
politichese
,
in
gran
parte
le
cause
sono
simili
a
quelle
elencate
per
il
linguaggio
ieratico
e
per
il
burocratese
.
Anche
il
politichese
è
un
linguaggio
ieratico
,
in
cui
la
supposta
magia
della
formula
pretende
eludere
-
e
in
parte
,
diciamo
la
verità
,
ci
riesce
-
la
mancanza
di
qualsiasi
riferimento
a
concreti
provvedimenti
o
ad
azioni
da
intraprendere
.
Il
messaggio
unico
,
essenziale
,
che
l
'
uditore
deve
percepire
,
è
:
votate
per
me
e
sostenetemi
al
governo
;
tutto
il
resto
conta
ben
poco
.
Ma
il
linguaggio
involuto
,
incomprensibile
,
del
politico
ha
il
vantaggio
di
lasciare
la
porta
aperta
a
ogni
possibile
cambio
di
direzione
nel
prossimo
futuro
;
oppure
-
e
soprattutto
-
all
'
assoluta
mancanza
di
direzione
.
Non
tutti
gli
uomini
pubblici
sono
così
sprovveduti
come
si
dice
:
invece
molti
politici
conoscono
bene
l
'
efficacia
di
parlare
in
un
certo
modo
.
Di
sfuggita
abbiamo
accennato
anche
al
culturese
.
Non
vogliamo
assolutamente
inoltrarci
nella
sua
stupida
e
abusata
convenzionalità
.
Eppure
...
come
rinunciare
a
nominare
almeno
l
'
insopportabile
chiave
di
lettura
?
Davvero
si
legge
con
le
chiavi
?
Tornando
al
nostro
argomento
generale
,
bisogna
tener
conto
del
fatto
che
tutti
muoiono
dalla
voglia
di
esprimersi
,
di
parlare
o
di
scrivere
;
ma
si
vergognano
di
usare
una
lingua
semplice
,
non
artefatta
,
per
il
timore
di
apparire
banali
e
non
à
la
page
.
Ed
è
spesso
questo
timore
che
li
spinge
a
imbarcarsi
in
imprese
più
grandi
di
loro
,
per
le
quali
non
sono
affatto
preparati
.
Fatto
sta
che
parlare
o
scrivere
bene
è
difficilissimo
.
Rendere
chiaramente
un
pensiero
con
parole
essenziali
e
frasi
brevi
è
un
compito
quanto
mai
arduo
,
che
costa
tempo
,
fatica
e
lungo
esercizio
.
Splendida
l
'
uscita
di
Pascal
(
Les
provinciales
)
,
che
si
scusava
di
aver
fatto
una
lettera
troppo
lunga
,
soltanto
perché
non
aveva
avuto
il
tempo
di
farla
più
corta
!
Naturalmente
è
inutile
ripetere
per
l
'
ennesima
volta
che
,
almeno
per
quanto
riguarda
lo
sviluppo
della
capacità
di
esprimersi
in
quel
modo
,
la
nostra
scuola
è
un
fallimento
.
Viene
il
sospetto
-
o
più
che
il
sospetto
-
che
a
volte
proprio
essa
insegni
a
usare
come
indispensabili
i
paroloni
e
i
periodoni
.
Chi
non
ricorda
la
sofferenza
dello
scolaro
che
,
prima
di
consegnare
il
compito
scritto
di
quella
materia
che
viene
chiamata
italiano
,
si
accorge
di
aver
compilato
soltanto
due
paginette
?
(
Ma
,
a
proposito
,
che
c
'
entra
in
questo
l
'
italiano
?
In
tedesco
o
in
arabo
non
sarebbe
lo
stesso
?
)
E
chi
teme
di
non
riuscire
a
fare
abbastanza
periodoni
,
infarcisce
il
suo
elaborato
di
riempitivi
.
Non
sa
che
la
vera
arte
di
scrivere
sta
nel
saper
sintetizzare
,
anziché
nell
'
espandere
.
Ma
veniamo
ora
al
televisese
,
al
linguaggio
di
Chicco
e
di
tanti
nostri
concittadini
.
Su
di
esso
vale
la
pena
di
soffermarci
(
un
attimino
,
naturalmente
)
:
nonostante
che
tanto
sia
stato
già
detto
-
a
proposito
e
a
sproposito
-
sull
'
argomento
,
forse
ci
sono
ancora
cose
di
un
certo
interesse
da
aggiungere
.
Come
è
noto
,
il
sociologo
canadese
McLuhan
ha
espresso
a
proposito
dei
mezzi
di
comunicazione
di
massa
(
e
diciamo
pure
"
media
"
,
ma
non
l
'
orrendo
midia
!
)
l
'
opinione
che
"
il
mezzo
è
il
messaggio
"
.
Ebbene
,
se
è
davvero
così
,
prepariamoci
e
smettiamo
di
lamentarci
.
Dobbiamo
far
di
necessità
virtù
e
abituarci
.
Oggi
le
grandi
masse
,
ma
soprattutto
i
giovani
,
sono
facilmente
indotti
a
credere
che
solo
in
quel
modo
si
possa
trasmettere
un
messaggio
,
o
meglio
che
per
chi
vive
da
contemporaneo
nel
mondo
contemporaneo
non
ci
sia
altro
messaggio
da
trasmettere
all
'
infuori
di
quello
.
E
il
messaggio
,
proprio
allo
scopo
di
creare
o
preservare
un
'
identità
di
massa
,
vale
a
dire
allo
scopo
di
non
sentirsi
estranei
,
va
trasmesso
in
quelle
forme
.
Ma
forse
c
'
è
qualcosa
di
più
e
di
diverso
da
dire
.
L
'
uomo
non
vive
mai
isolato
nel
nulla
,
ma
vive
in
un
ambiente
.
Anzi
il
nulla
gli
fa
orrore
e
l
'
ambiente
gli
è
necessario
,
non
solo
per
provvedere
ai
suoi
bisogni
materiali
,
ma
anche
per
fornire
una
base
psicologica
alla
sua
identità
.
Per
essere
e
sentirsi
qualcuno
è
necessario
percepire
se
stesso
come
essere
umano
in
un
dato
ambiente
.
Del
resto
con
nessuno
sforzo
d
'
immaginazione
si
riesce
a
intuire
che
cosa
potremmo
essere
,
se
fossimo
privi
di
ambiente
.
Domandiamoci
ora
:
che
cos
'
è
l
'
ambiente
?
Di
solito
si
pensa
che
esso
sia
il
mondo
materiale
e
umano
che
ci
sta
attorno
.
Questo
è
giusto
,
ma
non
è
tutto
.
Per
vederci
più
chiaro
ricorriamo
a
qualche
esempio
.
Supponiamo
che
io
sia
malfermo
di
gambe
e
che
pertanto
ricorra
a
un
bastone
.
Dove
lo
trovo
un
bastone
?
Nell
'
ambiente
circostante
,
sia
che
raccolga
un
ramo
di
albero
,
sia
che
mi
rechi
da
un
venditore
di
bastoni
.
Dunque
il
bastone
fa
parte
dell
'
ambiente
;
ma
è
molto
diversa
la
funzione
del
bastone
da
quella
delle
mie
gambe
?
Forse
è
azzardato
dirlo
.
Supponiamo
ora
che
io
sia
meno
fortunato
e
che
,
essendomi
rotto
una
gamba
,
sia
costretto
a
ricorrere
a
una
clinica
ortopedica
,
nella
quale
mi
sostituiscono
un
pezzo
d
'
osso
con
un
materiale
artificiale
.
Quel
materiale
fa
ancora
parte
dell
'
ambiente
?
Per
quale
magia
ne
sarebbe
escluso
,
venendo
a
far
parte
di
me
stesso
,
come
le
mie
gambe
?
È
abbastanza
chiaro
ora
dove
andiamo
a
parare
,
pensando
a
protesi
sempre
più
importanti
,
alla
sostituzione
di
valvole
cardiache
,
a
tutto
un
cuore
o
ad
altri
organi
artificiali
.
E
per
chi
vive
dentro
un
tubo
metallico
che
lo
fa
respirare
artificialmente
,
il
tubo
non
è
ambiente
anch
'
esso
?
Per
questa
strada
si
arriva
facilmente
a
pensare
che
il
nostro
stesso
corpo
,
con
parti
vuoi
naturali
,
vuoi
artificiali
,
faccia
parte
dell
'
ambiente
in
cui
viviamo
.
Anzi
saremo
più
audaci
e
affermeremo
tout
court
che
il
nostro
primo
ambiente
siamo
noi
stessi
.
Quello
che
chiamiamo
il
nostro
corpo
è
il
nostro
primo
ambiente
.
Ma
,
a
scanso
di
equivoci
,
affrettiamoci
subito
a
dire
che
non
intendiamo
affatto
risuscitare
l
'
antico
dualismo
,
per
cui
noi
siamo
composti
di
anima
e
di
corpo
,
affermando
che
la
prima
abita
in
qualche
modo
nel
secondo
.
No
,
il
nostro
assunto
è
diverso
:
vogliamo
dire
che
l
'
essere
umano
è
un
tutto
che
ha
due
aspetti
inseparabili
,
due
punti
di
vista
dai
quali
può
essere
considerato
.
Quello
che
chiamiamo
ambiente
è
un
aspetto
della
sua
stessa
personalità
e
della
sua
identità
.
Oggi
si
parla
con
grande
interesse
-
e
spesso
con
grande
apprensione
-
della
possibilità
di
modificare
il
nostro
corpo
e
quindi
di
modificare
noi
stessi
.
In
realtà
non
c
'
è
nulla
di
concettualmente
nuovo
se
non
il
grado
in
cui
ci
valiamo
e
ancor
più
ci
varremo
di
questa
possibilità
.
E
la
continuazione
sempre
più
incisiva
di
una
vecchissima
impresa
.
L
'
uomo
ha
cominciato
a
modificare
se
stesso
quando
si
è
dato
a
trasformare
il
suo
ambiente
.
Quando
,
una
volta
ideato
il
linguaggio
simbolico
e
domato
il
fuoco
,
è
arrivato
(
nel
neolitico
)
a
domesticare
gli
animali
,
a
coltivare
i
campi
,
a
costruire
le
case
,
le
città
,
a
darsi
le
relazioni
e
le
istituzioni
sociali
,
ha
certo
modificato
in
modo
possente
l
'
ambiente
,
ma
allo
stesso
tempo
ha
generato
un
nuovo
tipo
di
uomo
,
assolutamente
sconosciuto
ai
suoi
predecessori
.
Si
è
dato
una
nuova
identità
.
Naturalmente
trasformazioni
di
quel
tipo
,
in
misura
maggiore
o
minore
,
si
sono
verificate
nel
corso
di
tutta
la
storia
seguente
.
Ma
forse
non
esageriamo
affermando
che
mai
sono
avvenute
nella
misura
che
oggi
abbiamo
dinanzi
agli
occhi
.
Rinunciando
alle
abbastanza
insulse
previsioni
sul
terzo
millennio
-
che
oggi
vanno
tanto
di
moda
e
che
probabilmente
sono
tutte
sbagliate
-
guardiamoci
attorno
al
tempo
presente
.
Basta
pensare
che
le
facoltà
naturali
del
nostro
corpo
sono
aumentate
a
dismisura
.
Prima
di
tutto
le
difese
contro
i
microaggressori
che
vengono
dall
'
esterno
sono
oggi
diventate
formidabili
(
anche
se
i
soliti
sciocchi
vogliono
tutto
e
subito
e
continuano
a
lamentarsi
della
inadeguatezza
della
scienza
attuale
)
.
In
secondo
luogo
la
mobilità
che
ci
era
stata
garantita
dalle
gambe
oggi
fa
ridere
.
A
proposito
,
quale
guidatore
non
sente
l
'
automobile
come
parte
del
suo
corpo
?
E
lo
specchietto
retrovisore
non
fa
,
sia
pure
all
'
indietro
,
esattamente
quello
che
fanno
i
nostri
occhi
?
Ma
davvero
tutto
quello
è
solo
ambiente
?
Tuttavia
è
innegabile
che
le
cose
più
strabilianti
sono
venute
e
stanno
venendo
dalla
parte
dei
mezzi
di
massa
e
dall
'
informatica
.
Fanno
scorrere
fiumi
di
parole
e
d
'
inchiostro
coloro
che
parlano
di
quei
mezzi
e
soprattutto
della
televisione
.
Non
si
tratta
solo
del
problema
dei
bambini
(
i
quali
,
senza
dubbio
,
vanno
cautamente
protetti
da
diseducative
e
spesso
ignobili
suggestioni
)
,
ma
anche
degli
adulti
,
che
in
media
passano
ore
e
ore
alla
televisione
.
Non
intendiamo
qui
fare
i
moralisti
a
buon
mercato
e
solo
deplorare
.
Cerchiamo
soltanto
di
prendere
atto
di
quello
che
è
avvenuto
e
delle
sue
inevitabili
conseguenze
.
Una
volta
s
'
imparava
a
parlare
dalla
famiglia
,
dalla
scuola
e
dalle
relazioni
sociali
.
In
altre
parole
,
s
'
imparava
dall
'
ambiente
nel
quale
si
cresceva
.
Oggi
s
'
impara
dalla
televisione
,
perché
la
televisione
è
ambiente
.
Ma
lasciamo
stare
le
lamentele
più
o
meno
filologiche
e
destinate
a
estinguersi
di
chi
è
stato
(
se
non
altro
,
per
ragioni
di
età
)
educato
in
modo
ben
diverso
.
Non
fingiamo
d
'
ignorare
che
l
'
ambiente
è
parte
dell
'
identità
dell
'
essere
umano
!
È
per
questo
che
voler
costringere
l
'
uomo
comune
a
parlare
una
lingua
diversa
dal
televisese
è
come
costringerlo
a
privarsi
di
una
parte
della
sua
identità
.
È
quasi
una
crudeltà
inutile
.
E
come
costringere
un
orso
ad
andare
in
bicicletta
in
un
circo
,
un
gatto
ad
abbaiare
,
una
rondine
a
non
fare
il
nido
.
L
'
ascolto
della
televisione
-
anzi
spesso
il
mero
rumore
della
televisione
accesa
-
è
come
il
nido
che
dà
a
tanti
un
senso
di
sicurezza
,
la
riprova
di
essere
se
stessi
e
di
essere
a
casa
.
Mille
esempi
potrebbero
suffragare
l
'
opinione
che
l
'
ambiente
è
parte
essenziale
e
irrinunciabile
della
nostra
identità
.
Se
ne
accorge
amaramente
Mattia
Pascal
di
Pirandello
,
che
,
illusosi
di
essere
ufficialmente
scomparso
per
sempre
e
di
essere
diventato
veramente
Adriano
Meis
,
scopre
che
nel
nuovo
ambiente
non
gli
è
concesso
in
nessun
modo
di
vivere
.
Pentito
,
tenta
di
tornare
indietro
,
ma
non
gli
è
permesso
nemmeno
di
riacquistare
l
'
identità
di
Mattia
Pascal
,
semplicemente
perché
l
'
ambiente
che
aveva
lasciato
non
è
più
quello
;
fra
l
'
altro
la
moglie
si
è
risposata
.
Qual
è
allora
la
vera
identità
di
quel
povero
essere
umano
?
Ma
torniamo
al
televisese
.
Prima
di
tutto
è
difficile
ignorare
quel
pullulare
di
parole
inglesi
-
e
non
inglesi
-
smozzicate
e
mal
pronunciate
,
che
caratterizza
l
'
espressione
verbale
dei
cosiddetti
giovani
d
'
oggi
(
i
quali
spesso
non
sono
nemmeno
giovani
)
.
Forse
è
un
po
'
da
miopi
ribellarsi
a
questo
fenomeno
;
non
stiamo
noi
oggi
assistendo
allo
stabilirsi
di
una
specie
di
koiné
mondiale
?
Ora
,
a
parte
qualsiasi
considerazione
estetica
-
che
allo
stato
attuale
sarebbe
soltanto
disastrosa
,
in
quanto
si
sa
che
i
gusti
possono
cambiare
-
non
ha
essa
il
sicuro
merito
di
essere
appunto
una
lingua
comune
?
È
troppo
presto
per
pronunciarsi
;
tuttavia
non
dimentichiamo
che
spesso
la
lingua
elegante
di
oggi
è
scaturita
dalla
lingua
errata
e
volgare
(
ma
vivacemente
espressiva
)
di
ieri
.
Tuttavia
c
'
è
anche
un
altro
fenomeno
importante
da
segnalare
.
Il
televisese
comincia
ad
abbondare
,
non
solo
nella
lingua
dei
cosiddetti
sciocchi
e
ignoranti
,
ma
si
sta
insinuando
inesorabile
anche
nell
'
espressione
di
parlatori
e
scrittori
colti
.
Sta
persino
forzando
la
penna
dei
migliori
e
più
forbiti
giornalisti
.
È
una
penetrazione
subdola
,
perché
basata
su
locuzioni
che
,
pur
non
essendo
necessariamente
errate
,
andrebbero
usate
solo
quando
aderiscono
perfettamente
al
pensiero
che
si
vuole
esprimere
.
Oggi
invece
non
è
così
:
esse
stanno
acquistando
una
fastidiosa
frequenza
in
contesti
nei
quali
non
tornano
affatto
a
pennello
,
ingenerando
non
solo
tolleranza
,
ma
addirittura
abitudine
.
Ne
abbiamo
già
dato
qualche
esempio
con
:
"
esatto
"
,
"
nei
confronti
di
"
,
"
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
"
,
"
consentire
"
,
"
fare
un
gran
parlare
"
,
"
mettere
in
ginocchio
"
,
"
basso
profilo
"
,
"
buon
giorno
e
buona
giornata
"
,
"
così
tanto
"
,
"
in
buona
sostanza
"
;
e
mille
altri
ne
potremmo
aggiungere
,
come
è
ben
noto
a
tutti
.
In
quei
casi
non
si
tratta
affatto
di
sacrificare
l
'
eleganza
allo
scopo
supremo
di
riuscire
un
giorno
a
conquistare
una
koiné
mondiale
.
Si
tratta
invece
di
creare
agli
ascoltatori
italiani
un
ambiente
confusionario
e
di
cattivo
gusto
,
dal
quale
usciranno
inesorabilmente
plasmati
.
A
proposito
di
koiné
falsa
e
buffonesca
,
è
difficile
tacere
di
alcuni
autentici
mostri
che
hanno
preso
dimora
stabile
fra
noi
,
come
se
realmente
esistessero
al
di
fuori
dei
nostri
confini
,
con
quei
significati
che
noi
-
e
soltanto
noi
!
-
gli
attribuiamo
:
esempio
tipico
è
il
"
pullman
"
.
(
George
Pullman
era
semplicemente
quel
signore
che
alla
fine
dell
'
Ottocento
inventò
le
carrozze
ferroviarie
lussuose
e
con
letti
,
carrozze
che
da
lui
presero
il
nome
.
)
11
.
Aspettando
Quanto
al
Godot
di
Beckett
,
egli
rappresentò
la
scoperta
-
tanto
rilevante
quanto
...
ovvia
-
di
un
personaggio
essenziale
nella
vita
umana
.
Tutti
,
senza
eccezione
,
attendiamo
Godot
,
senza
averlo
mai
visto
e
senza
avere
la
minima
idea
di
chi
veramente
egli
sia
.
È
una
presenza
nascosta
che
ci
aiuta
a
vivere
,
o
meglio
ci
costringe
a
vivere
.
Vivere
è
un
'
attesa
,
è
una
continua
proiezione
in
un
futuro
,
che
,
proprio
perché
mai
raggiunto
e
visto
in
faccia
,
ci
permette
di
perpetuare
le
illusioni
:
quelle
illusioni
che
sono
i
I
nostro
nutrimento
,
il
nostro
carburante
.
In
realtà
non
di
rado
crediamo
di
sapere
bene
chi
o
che
cosa
stiamo
aspettando
.
In
tal
caso
di
solito
l
'
attesa
non
è
gradita
e
la
reputiamo
uno
dei
mali
di
quel
mondo
in
cui
l
'
umanità
è
costretta
a
vivere
suo
malgrado
.
Attendiamo
quando
facciamo
la
coda
in
un
ufficio
,
quando
dobbiamo
essere
ricevuti
da
un
dentista
,
quando
il
nostro
treno
ha
ritardo
,
quando
la
giuria
è
in
camera
di
consiglio
,
quando
deve
iniziare
uno
spettacolo
;
e
in
mille
altre
occasioni
.
La
sofferenza
dell
'
attesa
si
è
acutizzata
in
modo
esasperante
nell
'
epoca
moderna
,
ma
,
come
è
ovvio
,
non
è
nata
oggi
.
È
una
costante
della
condizione
umana
.
Attende
Penelope
,
attende
Butterfly
...
L
'
attesa
è
così
universalmente
reputata
spiacevole
,
che
si
è
istituita
nella
società
una
regola
di
precedenza
,
che
stabilisce
chi
deve
aspettare
l
'
altro
.
Specie
nel
caso
che
l
'
atteso
sia
un
personaggio
importante
,
guai
a
trasgredirla
.
Anzi
,
in
tal
caso
si
pretende
perfino
,
per
sicurezza
,
che
la
sofferenza
di
chi
aspetta
sia
lunga
.
Si
narra
(
ma
probabilmente
è
una
leggenda
)
che
una
volta
Luigi
XIV
,
arrivando
soltanto
un
momento
dopo
i
gentiluomini
che
aveva
convocato
in
udienza
,
esclamò
corrucciato
:
"
J
'
ai
failli
attendre
!
"
,
c
'
è
mancato
poco
che
dovessi
aspettare
.
Ma
non
aspettano
solo
gl
'
individui
.
Aspettano
anche
i
gruppi
,
i
partiti
,
i
popoli
,
gli
stati
.
Molto
spesso
ne
va
della
stessa
identità
della
loro
aggregazione
,
che
andrebbe
perduta
se
mancasse
l
'
attesa
.
Basta
pensare
a
tutte
le
minoranze
che
-
a
ragione
o
a
torto
-
si
sentono
oppresse
e
conculcate
e
attendono
l
'
emancipazione
:
è
il
caso
dei
diversi
per
etnia
,
per
colore
,
per
lingua
,
per
inclinazioni
sessuali
,
degl
'
irredentisti
,
degl
'
indipendentisti
di
ogni
tipo
,
o
per
converso
degli
espansionisti
.
Attendono
i
curdi
,
i
baschi
,
i
ceceni
,
i
palestinesi
,
gl
'
israeliani
,
i
corsi
,
i
catalani
,
i
sudtirolesi
;
e
purtroppo
l
'
elenco
non
finirebbe
mai
.
Eppure
per
tutti
costoro
la
sofferenza
dell
'
attesa
è
insieme
una
colla
che
unisce
e
una
ragione
di
vita
.
Molti
di
loro
,
cessata
in
qualche
modo
l
'
attesa
,
si
domanderebbero
qual
è
il
senso
del
loro
esistere
come
gruppo
.
E
che
dire
di
coloro
che
per
secoli
hanno
aspettato
il
Messia
o
il
suo
ritorno
,
l
'
Apocalisse
,
il
Giudizio
universale
?
L
'
essere
umano
è
costretto
per
sua
natura
a
guardare
al
futuro
e
a
credere
che
l
'
essenziale
sia
ancora
da
completare
.
Alcuni
attendono
una
radiosa
meta
sociale
,
come
il
sole
dell
'
avvenire
.
Altri
ipotizzano
che
sia
l
'
uomo
stesso
a
non
aver
ancora
raggiunto
lo
stadio
finale
:
"
l
'
uomo
è
qualcosa
che
deve
essere
superato
"
(
Nietzsche
)
.
Perché
l
'
uomo
è
tanto
legato
all
'
idea
di
futuro
e
alla
relativa
attesa
?
In
fondo
l
'
uomo
è
un
prodotto
dell
'
universo
.
Ma
l
'
Universo
,
nel
quale
siamo
nati
e
nel
quale
ci
troviamo
a
vivere
volenti
o
nolenti
,
è
imperturbabile
:
non
distingue
l
'
ieri
dal
domani
,
e
in
nessun
modo
privilegia
l
'
oggi
.
Tutti
gl
'
istanti
sono
eguali
e
non
ne
esiste
uno
particolarissimo
da
chiamare
ora
.
L
'
Universo
non
attende
affatto
un
suo
completamento
,
che
non
avrebbe
alcun
senso
.
Noi
abbiamo
inventato
l
'
ora
"
e
il
"
domani
"
,
concetti
assolutamente
indefinibili
in
termini
puramente
fisici
,
cioè
senza
fare
intervenire
di
volta
in
volta
il
nostro
orizzonte
temporale
,
il
nostro
esserci
.
Ma
ora
sarà
opportuno
distinguere
il
microscopico
dal
macroscopico
.
Il
corpo
umano
-
compreso
il
cervello
-
è
un
complesso
macroscopico
,
composto
da
miliardi
di
miliardi
di
atomi
e
molecole
.
Qualcuno
ritiene
che
l
'
uomo
non
sia
costituito
soltanto
da
quelle
cose
;
ne
prendiamo
atto
,
tuttavia
non
intendiamo
impegnarci
qui
in
un
dibattito
metafisico
o
addirittura
teologico
.
In
ogni
caso
,
quello
che
nessuno
avrà
il
coraggio
di
negare
è
che
l
'
uomo
sia
anche
un
complesso
d
'
innumerevoli
particelle
.
Come
già
fu
notato
,
i
corpi
della
microfisica
,
quali
gli
atomi
,
le
molecole
o
le
particelle
subatomiche
,
non
invecchiano
,
non
sentono
il
passare
del
tempo
,
non
hanno
un
"
ora
"
;
oppure
possiamo
dire
che
per
loro
è
sempre
ora
,
in
quanto
la
loro
aspettazione
di
vita
è
sempre
la
stessa
.
Se
sopravvivono
a
una
(
impredicibile
)
disintegrazione
,
il
loro
futuro
è
identico
al
passato
,
nel
senso
che
non
c
'
è
barba
d
'
uomo
che
possa
distinguere
un
loro
stato
futuro
da
uno
stato
del
passato
.
I
corpi
macroscopici
invece
si
comportano
in
modo
diverso
.
Sono
soggetti
alla
seconda
legge
della
termodinamica
:
quando
sono
chiusi
e
isolati
,
la
loro
entropia
-
ovvero
il
disordine
complessivo
dei
loro
componenti
-
va
aumentando
.
Un
organismo
vivente
non
è
certo
un
sistema
chiuso
e
isolato
:
è
invece
aperto
,
in
quanto
scambia
continuamente
materia
,
energia
e
informazione
con
l
'
ambiente
esterno
.
In
tali
condizioni
non
sono
da
escludere
fenomeni
di
autorganizzazione
,
nei
quali
nasce
spontaneamente
un
certo
tipo
di
ordine
(
Prigogine
)
.
Appunto
in
questo
modo
si
pensa
che
sia
nata
e
si
sia
sviluppata
la
vita
sulla
Terra
.
Ma
-
sia
detto
per
inciso
-
non
si
creda
che
la
seconda
legge
della
termodinamica
sia
violata
.
Se
diminuisce
l
'
entropia
in
un
certo
sistema
,
esso
riversa
entropia
(
in
misura
maggiore
)
nell
'
ambiente
circostante
e
di
conseguenza
l
'
entropia
complessiva
va
aumentando
.
A
volte
si
parla
di
freccia
del
tempo
,
intendendo
che
essa
indichi
quel
senso
in
cui
aumenta
l
'
entropia
complessiva
.
Ora
noi
viviamo
in
un
ambiente
,
a
rigore
né
chiuso
né
isolato
.
Ciononostante
il
fenomeno
di
gran
lunga
più
cospicuo
che
notiamo
e
contro
il
quale
combattiamo
una
battaglia
(
perduta
)
è
un
continuo
aumento
di
entropia
dell
'
ambiente
esterno
.
Nella
Farsaglia
di
Lucano
,
Cesare
,
che
visita
il
luogo
dove
sorgeva
Troia
,
dà
occasione
al
poeta
di
scrivere
un
magnifico
emistichio
:
"
etiam
periere
ruinae
"
.
Ma
non
c
'
illudiamo
:
anche
il
nostro
corpo
,
pur
essendo
vivente
e
sfruttando
la
sua
apertura
agli
apporti
esterni
per
tentare
in
ogni
modo
di
mantenere
l
'
ordine
dentro
di
sé
,
non
sfugge
alla
legge
dell
'
entropia
.
Le
stesse
reazioni
chimiche
,
che
mettiamo
in
opera
per
fare
quell
'
ordine
,
vanno
per
lo
più
nel
senso
entropico
voluto
dalla
natura
.
In
ogni
caso
se
,
mettendo
una
mano
nell
'
acqua
bollente
,
vedessimo
che
il
calore
passasse
dalla
mano
all
'
acqua
,
penseremmo
di
aver
perduto
la
ragione
;
invece
(
come
è
naturale
)
ci
scottiamo
.
Ci
è
psicologicamente
impossibile
liberarci
da
una
continua
soggezione
alla
freccia
del
tempo
.
Fra
l
'
altro
in
noi
si
accumulano
-
e
si
deteriorano
-
i
ricordi
del
passato
,
non
certo
quelli
dell
'
avvenire
.
In
queste
condizioni
non
possiamo
fare
altro
che
andare
sempre
in
avanti
nel
tempo
e
pensare
continuamente
all
'
avvenire
,
progettando
,
progettandoci
e
attendendo
,
ovvero
anticipando
quello
che
vivremo
.
Ben
inteso
,
ci
aspettiamo
anche
la
morte
.
Quanto
al
passato
,
il
suo
ricordo
ci
può
essere
dolce
o
triste
,
ma
siamo
sicuri
che
è
inutile
progettarlo
,
dato
che
su
di
esso
non
possiamo
intervenire
.
È
immutabile
e
scritto
per
sempre
.
Fin
dai
tempi
di
Plauto
(
Aulularia
)
è
stato
detto
:
"
Factum
illud
infectum
fieri
non
potest
"
.
Ora
,
premesse
queste
doverose
considerazioni
fisiche
sul
nostro
modo
di
vivere
,
cerchiamo
di
scavare
più
nel
profondo
dello
specifico
umano
,
così
esistenzialmente
basato
sull
'
attesa
.
Prima
di
tutto
,
se
è
vero
,
come
testé
ricordato
,
che
gli
umani
e
le
loro
associazioni
attendono
spesso
qualche
cosa
di
cui
credono
di
avere
un
'
idea
ben
precisa
,
è
anche
vero
che
per
lo
più
,
raggiunto
lo
scopo
,
sono
destinati
a
provare
un
'
amara
delusione
.
Hanno
quasi
l
'
impressione
di
una
sconfitta
,
hanno
perso
una
ragione
di
vita
,
sentono
sul
collo
l
'
alito
della
morte
.
Lo
sa
bene
quel
personaggio
di
Joyce
(
Ulisse
)
che
afferma
:
"
Fummo
sempre
fedeli
alle
cause
perse
.
Il
successo
per
noi
è
la
morte
dell
'
intelletto
e
della
fantasia
"
.
Ma
in
secondo
luogo
sta
il
fatto
che
ancora
più
spesso
ci
sentiamo
in
perpetua
attesa
,
senza
avere
nemmeno
una
minima
idea
di
che
cosa
stiamo
aspettando
.
Sono
la
noia
,
l
'
angoscia
,
che
ci
attanagliano
,
almeno
finché
una
sofferenza
-
magari
fisica
-
non
venga
a
liberarcene
.
"
Amaro
e
noia
/
la
vita
,
altro
mai
nulla
,
"
dice
Leopardi
(
A
se
stesso
)
,
non
certo
per
consolarsi
.
E
se
poi
,
credendo
di
aspettare
qualcosa
,
noi
aspettassimo
solo
noi
stessi
?
Veramente
suggestiva
è
questa
riflessione
di
Heidegger
(
Essere
e
tempo
)
:
"
l
'
Esserci
[
Dasein
,
in
sostanza
l
'
uomo
]
non
perviene
primariamente
a
se
stesso
nel
suo
poter
-
essere
più
proprio
e
incondizionato
;
al
contrario
,
prendendo
cura
[
Sorge
]
,
aspetta
se
stesso
da
ciò
che
l
'
oggetto
della
sua
cura
gli
può
offrire
o
rifiutare
"
.
E
più
in
là
riprende
:
"
Soltanto
perché
l
'
Esserci
effettivo
è
aspettantesi
il
suo
poter
-
essere
da
ciò
di
cui
si
prende
cura
,
esso
può
essere
in
attesa
e
ripromettersi
qualcosa
.
L
'
aspettarsi
deve
aver
già
sempre
aperto
l
'
orizzonte
e
l
'
ambito
di
cui
qualcosa
può
essere
atteso
.
L
'
attendere
è
un
modo
dell
'
avvenire
fondato
nell
'
aspettarsi
,
avvenire
che
si
temporalizza
autenticamente
come
anticipazione
.
Ecco
perché
l
'
anticipazione
costituisce
un
essere
-
per
-
la
-
morte
più
originario
di
quello
consistente
nell
'
attesa
della
morte
"
.
Questo
è
verissimo
.
Molto
spesso
noi
aspettiamo
;
ma
quasi
mai
aspettiamo
la
morte
.
Abbiamo
visto
come
già
Mirabeau
in
punto
di
morte
osservasse
amaramente
che
lui
moriva
da
vivo
:
se
avesse
aspettato
la
morte
,
avrebbe
aspettato
qualcosa
che
lui
non
avrebbe
mai
potuto
vedere
e
gustare
.
Il
nostro
essere
-
per
-
la
-
morte
,
per
dirla
con
Heidegger
,
è
una
modalità
costante
della
nostra
vita
,
non
uno
scopo
o
un
fine
che
inseguiamo
e
che
riusciremo
a
raggiungere
.
In
fondo
,
a
ogni
istante
noi
moriamo
e
rinasciamo
e
la
nostra
attesa
è
appunto
una
continua
attesa
di
rinascita
di
noi
stessi
.
Per
terminare
,
dopo
tante
considerazioni
non
esattamente
gioiose
sullo
scorrere
del
tempo
umano
e
sulla
nostra
perpetua
attesa
,
troveremo
forse
qualche
consolazione
ricordando
il
gentile
verso
di
Montale
:
"
ma
in
attendere
è
gioia
più
compita
"
.
12
.
Nei
giardini
di
Academo
Si
annunciava
la
primavera
in
una
splendida
giornata
mediterranea
e
le
piante
erano
già
quasi
tutte
piene
di
bocci
e
di
fiori
.
Nel
giardino
,
su
un
sedile
di
marmo
un
po
'
appartato
,
un
uomo
vigoroso
sulla
quarantina
,
con
una
notevole
barba
fluente
,
già
un
po
'
brizzolata
,
non
sembrava
prendere
parte
a
quella
festa
della
natura
.
Appoggiando
un
gomito
sul
ginocchio
e
la
testa
sulla
mano
,
rimaneva
immerso
nei
suoi
pensieri
.
Molte
domande
lo
assillavano
,
quasi
lo
tormentavano
.
La
principale
si
poteva
forse
riassumere
così
:
era
davvero
sicuro
di
essere
stato
sempre
fedele
al
suo
maestro
,
esponendone
le
idee
genuine
e
il
metodo
,
oppure
si
era
approfittato
della
celebrità
di
lui
per
diffondere
la
sua
dottrina
personale
?
E
poi
quel
Socrate
era
proprio
come
lui
lo
aveva
descritto
,
idealizzandolo
,
oppure
aveva
ragione
Aristofane
,
che
tanti
anni
prima
,
nella
commedia
Le
nuvole
,
lo
aveva
dipinto
in
termini
ben
diversi
,
tutto
intento
a
insegnare
come
si
può
con
un
po
'
di
dialettica
far
prevalere
l
'
opinione
peggiore
su
quella
migliore
?
No
,
a
chi
lo
aveva
conosciuto
bene
non
sembrava
affatto
che
le
cose
stessero
così
come
diceva
Aristofane
.
Gli
sembrava
tendenzioso
,
ingiusto
assimilare
Socrate
ai
sofisti
.
Lui
sapeva
bene
che
il
maestro
era
uno
degli
uomini
più
onesti
,
più
buoni
,
più
saggi
che
fossero
mai
esistiti
.
Ma
a
dire
il
vero
,
lo
aveva
incontrato
troppo
tardi
per
poter
smentire
con
sicurezza
Aristofane
.
Non
poteva
darsi
che
effettivamente
Socrate
in
gioventù
fosse
stato
molto
diverso
da
come
poi
lo
aveva
conosciuto
lui
e
che
a
un
dato
momento
della
vita
fosse
cambiato
in
modo
radicale
?
Non
poteva
ciò
essere
avvenuto
proprio
a
causa
del
responso
ricevuto
dall
'
oracolo
di
Delfi
,
come
del
resto
era
voce
abbastanza
comune
?
Loracolo
,
riferito
da
Cherefonte
,
aveva
sentenziato
che
Socrate
era
il
più
sapiente
degli
uomini
;
e
Socrate
,
conscio
invece
di
non
saper
nulla
,
si
era
dato
alla
ricerca
appassionata
della
verità
,
accompagnandola
con
l
'
assunzione
di
modi
di
vita
ascetici
.
L
'
asserire
che
le
cose
terrene
sono
solo
copie
imperfette
di
modelli
ideali
e
perfetti
non
aiutava
molto
.
Se
l
'
idea
di
uomo
buono
e
saggio
è
fissa
e
inattaccabile
dagli
eventi
mondani
,
quale
Socrate
era
una
copia
imperfetta
di
essa
?
Naturalmente
il
Socrate
successivo
agli
anni
della
giovinezza
.
E
perché
poi
?
Forse
che
il
ravvedersi
e
il
cambiare
avevano
un
significato
assoluto
?
Per
quale
ragione
il
poi
doveva
valere
più
che
il
prima
?
Quello
era
solo
un
pregiudizio
umano
ingiustificato
.
Fra
l
'
altro
,
se
era
così
,
un
punto
fondamentale
della
dottrina
dell
'
unità
e
stabilità
del
Bene
non
tornava
affatto
.
Qualcuno
poteva
essere
buono
in
certi
periodi
della
vita
e
pessimo
in
altri
.
Era
opinione
comune
che
gli
dèi
nell
'
Ade
premiassero
i
buoni
e
punissero
i
cattivi
.
Ma
chi
erano
i
buoni
?
Nel
mondo
delle
idee
che
importanza
poteva
avere
se
uno
era
buono
prima
o
dopo
?
Perché
continuare
a
fingere
che
gli
uomini
fossero
diversi
da
come
realmente
sono
per
natura
?
E
del
resto
quello
stesso
che
ora
seduto
sul
marmo
così
ragionava
non
si
sentiva
profondamente
cambiato
dopo
aver
fatto
quel
viaggio
nella
Grande
Ellade
,
dopo
aver
avuto
quei
colloqui
col
pitagorico
Archita
di
Taranto
,
dopo
aver
visto
a
Siracusa
come
agiva
il
tiranno
Dionigi
?
E
non
provava
anche
un
sottile
rimorso
per
quel
po
'
di
piaggeria
che
,
con
la
magra
scusa
di
cambiarlo
,
aveva
dimostrato
verso
lo
stesso
tiranno
?
Si
riprometteva
di
tornare
un
giorno
in
quelle
terre
,
per
riparare
e
imparare
ulteriormente
.
Inoltre
,
per
quanto
riguarda
il
giudizio
sulla
sofistica
,
che
cosa
vuol
dire
che
un
'
opinione
o
una
ragione
è
migliore
o
peggiore
di
un
'
altra
?
Davvero
lui
credeva
di
saperlo
?
Forse
lo
stesso
Socrate
nella
sua
grande
saggezza
non
aveva
mai
scritto
nulla
di
suo
pugno
,
proprio
perché
si
era
reso
conto
che
una
cosa
è
discutere
a
voce
su
un
concetto
e
impresa
ben
diversa
è
fissarlo
con
la
scrittura
.
Per
lui
la
saggezza
e
la
verità
consistevano
anche
-
o
soprattutto
-
nel
porre
le
giuste
domande
e
nell
'
analizzare
le
risposte
sensate
.
Nella
conversazione
,
nel
dialogo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
eristica
,
di
voglia
di
vincere
e
sopraffare
l
'
avversario
,
indipendentemente
dalla
maggiore
o
minore
bontà
delle
idee
.
Ma
le
parole
volano
e
quel
peccato
si
può
perdonare
,
anzi
può
essere
di
stimolo
per
escogitare
domande
e
argomenti
sempre
migliori
;
gli
scritti
invece
restano
e
prima
o
poi
vengono
confutati
da
colui
al
quale
non
puoi
rispondere
.
L
'
importante
è
dunque
imparare
a
formulare
correttamente
le
domande
e
a
esaminare
senza
pregiudizio
tutto
il
ventaglio
delle
risposte
possibili
.
Eppure
...
non
poteva
essere
sempre
così
.
Non
molto
tempo
prima
lui
stesso
ne
aveva
dato
una
prova
inconfutabile
,
affermando
che
Socrate
era
riuscito
a
far
dimostrare
a
uno
schiavo
di
Menone
che
,
dato
un
quadrato
,
il
quadrato
costruito
sulla
sua
diagonale
ha
area
doppia
di
esso
.
Si
sentiva
sicuro
che
nessuno
in
avvenire
avrebbe
potuto
smentire
quella
prova
e
quel
risultato
.
Del
resto
nella
matematica
si
danno
centinaia
di
proposizioni
e
di
prove
assolutamente
inattaccabili
come
quella
.
Se
invece
si
voleva
dimostrare
qualche
proposizione
rispetto
alla
virtù
,
al
bene
,
al
male
...
era
un
altro
discorso
.
Ma
in
quel
mentre
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
ben
strana
apparizione
.
Un
bellissimo
gallo
,
urlando
e
starnazzando
con
le
penne
arruffate
,
attraversava
di
corsa
il
prato
di
fronte
,
per
poi
scomparire
fra
la
vegetazione
,
dalla
quale
subito
sfrecciava
via
un
gruppo
di
uccelli
spaventati
.
Il
filosofo
aveva
appena
alzato
le
sopracciglia
,
un
po
'
stupito
,
quando
vide
comparire
tutto
affannato
un
uomo
che
lui
conosceva
benissimo
e
che
,
a
quanto
pareva
,
inseguiva
il
gallo
.
Lo
chiamò
a
gran
voce
:
"
Critone
,
Critone
!
Che
fai
,
dove
vai
?
"
Critone
arrestò
un
momento
la
corsa
,
piuttosto
sorpreso
e
confuso
:
"
Platone
,
tu
qui
?
Lo
vedi
,
corro
perché
devo
riacchiappare
quel
gallo
.
"
"
E
perché
lo
vuoi
riacchiappare
?
"
"
Perché
lo
devo
portare
ad
Asclepio
,
come
mi
aveva
chiesto
Socrate
prima
di
morire
.
Non
ricordi
il
racconto
di
Fedone
di
Elide
,
quel
racconto
che
tu
stesso
hai
recentemente
messo
per
iscritto
?
"
Platone
ricordava
benissimo
e
forse
era
dei
pochi
che
a
suo
tempo
avevano
capito
.
Socrate
voleva
donare
il
gallo
ad
Asclepio
,
dio
della
salute
,
per
ringraziarlo
di
aver
liberato
la
sua
anima
da
quella
vera
e
propria
malattia
che
era
lo
stare
congiunta
col
corpo
.
Ma
lo
stupore
non
faceva
che
aumentare
.
"
Critone
,
sei
diventato
folle
?
Quell
'
incarico
Socrate
te
lo
dette
dodici
anni
fa
e
tu
lo
adempi
ora
?
"
"
Questo
ritardo
non
ha
nessuna
importanza
.
"
"
Come
asserisci
che
non
ha
importanza
?
"
"
Dimmi
,
Platone
:
è
vero
che
tutti
gli
dèi
sono
immortali
?
"
"
Sì
,
per
Zeus
!
"
"
E
Asclepio
non
è
un
dio
?
"
"Certamente."
"
Allora
Asclepio
è
immortale
.
"
"
Senza
dubbio
.
"
"
E
per
chi
è
immortale
dodici
anni
o
un
'
ora
non
sono
la
stessa
cosa
?
"
"
Così
sembra
anche
a
me
...
"
Ma
Critone
aveva
già
ripreso
la
corsa
dietro
al
gallo
e
stava
provocando
un
nuovo
svolazzìo
di
uccelli
in
fuga
.
Forse
non
era
male
,
perché
in
realtà
Platone
dava
l
'
impressione
di
esser
rimasto
quasi
senza
parole
.
Era
veramente
colpito
da
come
Critone
aveva
appreso
bene
quell
'
arte
dialettica
di
interrogare
e
di
argomentare
,
insegnata
da
Socrate
.
Ormai
sembrava
che
lo
scolaro
fosse
diventato
lui
,
Platone
.
L
'
apparizione
del
gallo
e
il
fugace
scambio
di
battute
con
Critone
avevano
riportato
la
sua
mente
a
quel
tristissimo
giorno
in
cui
Socrate
,
attorniato
da
una
piccola
folla
di
ammiratori
e
di
seguaci
,
aveva
buttato
giù
in
un
sorso
la
cicuta
.
Si
sentiva
in
colpa
e
si
vergognava
.
Perché
lui
non
c
'
era
a
dare
quell
'
ultimo
saluto
al
maestro
?
L
'
affermazione
di
Fedone
"
credo
che
Platone
fosse
malato
"
era
davvero
molto
debole
.
Come
avrebbero
potuto
crederci
i
posteri
,
tanto
più
sapendo
bene
che
tali
parole
in
bocca
a
Fedone
le
aveva
poste
proprio
colui
che
aveva
scritto
il
dialogo
?
Per
disertare
un
incontro
come
quello
ci
sarebbe
voluta
una
malattia
molto
grave
,
tale
da
mettere
in
pericolo
la
sua
vita
,
qualora
fosse
uscito
di
casa
.
Ma
di
che
mai
era
malato
in
quel
lontano
giorno
un
robusto
giovane
che
al
presente
era
ancora
ben
vivo
e
vegeto
e
che
tutto
faceva
presagire
che
sarebbe
vissuto
fino
a
tarda
età
?
Forse
non
se
l
'
era
sentita
di
assistere
a
una
scena
straziante
,
in
cui
nessuno
(
tranne
Socrate
)
era
riuscito
a
trattenere
le
lacrime
.
Ma
un
vero
uomo
dovrebbe
sapere
che
esistono
anche
le
lacrime
.
In
quel
momento
Platone
vide
avanzarsi
dal
fondo
del
giardino
una
turba
di
uomini
che
discutevano
animatamente
fra
loro
e
gesticolavano
.
C
'
erano
i
pitagorici
Echecrate
di
Fliunte
,
Simmia
e
Cebete
di
Tebe
,
il
cinico
Antistene
,
Euclide
di
Megara
,
Aristippo
di
Cirene
,
Apollodoro
(
l
'
affezionatissimo
del
maestro
)
,
Ermogene
,
Critobulo
,
Ctesippo
,
Menesseno
e
tanti
altri
scolari
e
seguaci
di
Socrate
,
che
Platone
non
conosceva
o
lì
per
lì
non
riusciva
a
distinguere
.
Quelli
si
fermarono
facendo
cerchio
attorno
a
lui
,
con
aria
rispettosa
,
ma
abbastanza
decisa
.
Platone
li
guardò
un
po
'
in
silenzio
,
poi
,
sempre
benevolo
e
disponibile
,
domandò
:
"
Che
volete
,
amici
miei
?
"
Seguì
un
certo
imbarazzo
,
quindi
Cebete
si
decise
a
rompere
il
ghiaccio
e
,
facendosi
avanti
,
disse
:
"
Platone
,
or
non
è
molto
tu
hai
scritto
e
diffuso
un
nuovo
dialogo
,
in
cui
fai
raccontare
a
Fedone
le
ultime
ore
di
Socrate
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ebbene
,
molti
di
noi
lo
hanno
letto
con
sommo
interesse
;
e
ora
ne
stavamo
discutendo
.
"
Il
volto
del
filosofo
si
illuminò
.
Anche
Platone
aveva
la
sua
vanità
e
difficilmente
nascondeva
il
desiderio
che
gli
altri
approvassero
quello
scritto
,
che
a
lui
sembrava
un
capolavoro
.
Chiese
allora
con
ansia
:
"
Ebbene
,
che
ve
ne
pare
?
"
"
Per
gli
dèi
,
ci
pare
composto
splendidamente
.
"
"
Ne
sono
lieto
.
Ma
ho
l
'
impressione
che
non
siete
venuti
a
dirmi
soltanto
questo
.
"
L
'
imbarazzo
parve
un
po
'
aumentare
.
Poi
Cebete
si
decise
a
dire
:
"
Non
ti
nascondo
che
alcune
cose
ci
hanno
lasciato
parecchi
dubbi
.
"
"
Per
Zeus
!
Ditemele
.
Che
aspettate
?
"
"
Ecco
,
alcuni
di
noi
non
sono
rimasti
convinti
da
quello
che
affermi
riguardo
all
'
anima
e
alle
sue
trasmigrazioni
da
un
corpo
a
un
altro
.
"
"
Non
mi
meraviglia
.
Ma
spiegati
meglio
.
"
"
Prima
di
tutto
sembra
nel
tuo
dialogo
che
Socrate
desse
per
scontata
quell
'
opinione
che
vuole
che
il
corpo
sia
nettamente
separato
dall
'
anima
,
benché
forse
tale
opinione
sia
tutt
'
altro
che
generalmente
accettata
nell
'
Ellade
e
che
non
sia
dimostrata
con
argomenti
abbastanza
solidi
.
Fatto
questo
,
tu
ti
affidi
troppo
facilmente
al
'
si
dice
'
[
léghetai
]
,
alle
credenze
oracolari
,
ai
miti
orfici
,
dionisiaci
,
popolari
.
Dimentichi
che
quelle
,
anche
quando
fossero
opinioni
vere
-
e
noi
non
contestiamo
che
possano
esserlo
-
non
sono
accompagnate
da
ragioni
[
lògoi
]
tali
da
dissipare
i
dubbi
.
Perfino
ai
grandi
poeti
ti
appelli
,
a
quelli
che
nel
Menone
dici
che
sono
come
gli
dèi
.
"
"
E
non
lo
sono
?
Non
hanno
i
poeti
grandi
visioni
e
divinazioni
?
"
"
A
volte
sì
.
Ma
a
volte
narrano
cose
fantastiche
e
assolutamente
incredibili
.
Immagino
che
tu
ricordi
bene
i
poemi
del
sommo
Omero
.
"
"
Come
no
?
"
"
E
credi
davvero
che
esistano
quei
giganti
con
un
occhio
solo
che
chiamano
Ciclopi
?
Ma
lasciamo
stare
Omero
.
Socrate
afferma
che
il
cigno
canta
prima
di
morire
.
Hai
tu
conosciuto
un
solo
Elleno
che
abbia
veramente
sentito
cantare
un
cigno
in
punto
di
morte
?
"
Platone
appariva
sempre
più
spazientito
e
intervenne
per
riportare
Cebete
in
argomento
:
"
Tu
stai
divagando
e
ti
dimentichi
di
che
cosa
veramente
stavamo
discutendo
.
"
"
Forse
hai
ragione
.
Ma
io
parlavo
dei
poeti
perché
mi
rammento
che
nel
Menone
tu
citi
Pindaro
,
per
suffragare
l
'
opinione
che
quando
uno
ha
trascorso
nove
anni
nell
'
Ade
,
la
sua
anima
può
tornare
alla
luce
in
un
nuovo
corpo
.
"
"
Così
è
.
"
"
Ebbene
,
oggi
Socrate
i
suoi
nove
anni
nell
'
Ade
li
ha
già
trascorsi
e
quindi
può
risorgere
dovunque
,
da
un
momento
all
'altro."
"Certo."
"
Facciamo
allora
una
qualunque
ipotesi
ammissibile
.
Supponiamo
che
fra
tre
anni
egli
rinasca
a
Stagira
e
che
lo
chiamino
Aristotele
.
"
"
Strano
nome
;
e
perché
poi
a
Stagira
?
Ma
le
ipotesi
sono
solo
ipotesi
,
ammettiamolo
pure
.
"
"
Ora
,
data
l
'
inclinazione
alla
filosofia
dimostrata
da
Socrate
nella
vita
precedente
,
è
verosimile
che
il
nuovo
individuo
che
ha
quell
'
anima
si
dia
anch
'
egli
alla
ricerca
della
verità
.
"
"
È
probabile
.
"
"
Supponiamo
che
fra
una
ventina
di
anni
Aristotele
,
ormai
cresciuto
,
entri
nella
tua
scuola
,
qui
all
'
Accademia
.
Credi
forse
che
egli
continuerà
a
insegnare
esattamente
le
stesse
cose
che
insegnava
Socrate
e
che
userà
lo
stesso
metodo
?
"
"
Questo
non
mi
sembra
da
credersi
.
"
"
O
ritieni
che
si
limiterà
a
imparare
e
a
ripetere
esattamente
le
tue
dottrine
?
"
"Nemmeno."
"
Non
è
invece
da
supporre
che
,
essendo
una
mente
di
grande
levatura
,
cambierà
qualcosa
e
aggiungerà
molti
pensieri
suoi
e
originali
?
"
"
Così
sembra
.
"
"
Ma
a
quali
reminiscenze
si
rifarà
la
nuova
dottrina
?
Forse
a
quelle
di
Socrate
o
a
quelle
di
Platone
?
Lo
abbiamo
testé
escluso
.
Allora
dovremmo
concludere
che
Aristotele
avrà
appreso
quei
pensieri
nuovi
nell
'
Ade
e
che
qualcosa
qui
sulla
Terra
gli
desterà
reminiscenza
di
essi
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ma
mi
sai
dare
una
ragione
per
cui
quelle
dottrine
non
l
'
avessero
già
apprese
nell
'
Ade
gli
stessi
Socrate
e
Platone
?
Forse
dobbiamo
dire
che
quelle
idee
allora
non
c
'
erano
ancora
nell
'
Ade
e
che
siano
spuntate
solo
recentemente
?
"
"
No
,
no
.
Tu
sbagli
,
Cebete
.
Le
idee
ci
sono
sempre
state
tali
e
quali
nell
'
Ade
.
Tutto
quello
che
possiamo
ragionevolmente
supporre
è
che
nella
loro
vita
Socrate
e
Platone
non
abbiano
incontrato
quelle
particolari
cose
che
hanno
destato
in
Aristotele
le
sue
specifiche
reminiscenze
.
"
"
Sei
molto
astuto
,
Platone
.
Ma
supponi
ora
che
su
alcuni
ben
determinati
argomenti
Aristotele
si
pronunci
in
modo
contrario
a
Socrate
e
a
Platone
.
Che
dici
in
questo
caso
?
"
Platone
sudava
e
appariva
piuttosto
in
difficoltà
.
Ma
guarda
un
po
'
-
si
diceva
-
a
che
punto
può
portare
il
metodo
socratico
delle
domande
e
risposte
quando
è
applicato
a
me
stesso
!
Tuttavia
tentò
di
cavarsela
in
un
modo
che
,
a
vero
dire
,
non
gli
piaceva
molto
:
"
Be
'
,
se
ciò
avviene
(
ma
mi
sembra
poco
verosimile
)
vuoi
dire
che
qualcuno
di
loro
ha
ricordato
male
e
di
conseguenza
ha
avuto
una
reminiscenza
sbagliata
.
In
ogni
caso
rammentati
che
,
per
quanto
riguarda
l
'
immortalità
dell
'
anima
e
dell
'
apprendere
considerato
come
reminiscenza
,
io
ho
avanzato
non
una
sola
ragione
,
ma
tutta
una
molteplicità
di
ragioni
.
"
"
Proprio
qui
ti
volevo
.
Non
ti
sembra
che
il
dare
molte
ragioni
a
sostegno
di
una
stessa
opinione
dimostri
che
nessuna
di
esse
è
veramente
cogente
e
tale
da
togliere
ogni
dubbio
?
"
"
Confesso
che
può
apparire
così
...
"
Ma
qui
intervenne
Simmia
,
che
da
tempo
dava
segni
d
'
impazienza
:
"
No
,
Platone
.
Prima
di
passare
ad
altro
,
torniamo
alla
tua
dottrina
che
imparare
è
avere
reminiscenza
di
ciò
che
si
è
appreso
nell
'
Ade
.
Quante
volte
secondo
te
una
stessa
anima
ha
trasmigrato
da
un
corpo
a
un
altro
?
Infinite
volte
o
un
numero
finito
di
volte
?
"
"
Non
mi
sembra
che
il
numero
possa
essere
infinito
.
"
"
Certo
,
hai
ragione
.
Infatti
se
uno
fosse
passato
infinite
volte
nell
'
Ade
,
ormai
avrebbe
appreso
tutto
.
Altri
passaggi
su
e
giù
,
altre
trasmigrazioni
,
altre
dimenticanze
,
seguite
da
reminiscenze
,
sarebbero
assolutamente
inutili
;
e
gli
dèi
sarebbero
i
primi
a
non
volere
una
cosa
tanto
assurda
.
"
"
Così
pare
anche
a
me
.
"
"
Allora
supponiamo
che
si
tratti
solo
di
un
numero
finito
di
volte
.
In
tal
caso
ci
deve
essere
stata
necessariamente
una
prima
volta
.
Ma
quell
'
individuo
venuto
al
mondo
per
la
prima
volta
come
avrebbe
potuto
imparare
qualcosa
nella
sua
vita
,
dato
che
non
aveva
reminiscenza
di
nulla
?
Se
poi
si
ammette
che
già
avanti
che
nascesse
la
prima
volta
gli
fosse
stato
mostrato
dagli
dèi
tutto
il
mondo
delle
idee
,
che
necessità
ci
sarebbe
di
rinascere
tante
altre
volte
?
"
"
Simmia
,
io
ti
posso
solo
dire
che
sono
molte
le
cose
che
non
sappiamo
riguardo
alle
anime
e
agli
dèi
.
Non
per
questo
dobbiamo
smettere
d
'
indagare
e
di
ragionare
.
"
"
Non
ti
sembra
invece
che
dovremmo
smettere
d
'
indagare
quelle
cose
che
vanno
al
di
là
della
nostra
vita
e
del
mondo
sensibile
e
sulle
quali
non
avremo
mai
ulteriori
informazioni
sicure
,
ma
solo
supposizioni
?
"
"
Eppure
è
indubbio
che
ci
sono
cose
non
attestate
unicamente
dai
sensi
-
che
,
come
si
sa
,
possono
essere
fallaci
-
sulle
quali
,
ragionando
,
si
può
raggiungere
la
verità
.
Lo
può
fare
perfino
uno
schiavo
,
come
io
ho
mostrato
inconfutabilmente
nel
dialogo
intitolato
a
Menone
.
"
A
questo
punto
si
fece
avanti
con
decisione
un
nuovo
personaggio
,
che
Platone
fino
allora
non
aveva
notato
nella
folla
.
Era
un
uomo
giovanissimo
,
dalla
fronte
ampia
e
dalla
chioma
scapigliata
,
che
esclamò
:
"
Platone
,
tu
hai
le
doglie
!
"
Nell
'
udire
tali
parole
,
Platone
rimase
attonito
.
Gli
pareva
che
quel
ragazzo
fosse
un
po
'
insolente
,
ma
non
riusciva
a
sottrarsi
a
un
certo
fascino
che
emanava
da
lui
.
Domandò
un
po
'
indispettito
:
"
Chi
sei
,
giovanotto
?
"
"
Sono
Teeteto
.
"
"
Teeteto
?
Ho
udito
bene
?
"
"
Hai
udito
bene
.
"
"
Allora
saresti
quel
Teeteto
che
adolescente
,
quasi
bambino
,
discusse
con
Socrate
su
che
cosa
è
la
scienza
?
"
"
Sono
quello
.
"
"
Per
Zeus
!
Sono
proprio
felice
di
incontrarti
finalmente
.
Socrate
andava
ripetendo
che
gli
avevi
fatto
una
grande
impressione
e
pronosticava
per
te
un
brillante
avvenire
.
Diceva
che
avresti
potuto
diventare
un
eccellente
matematico
.
"
"
Sono
un
matematico
.
"
"
Sono
stato
or
non
è
molto
a
Megara
e
ancora
una
volta
Euclide
mi
ha
parlato
di
te
.
Egli
ha
preso
nota
della
tua
discussione
con
Socrate
.
Bisogna
proprio
che
un
giorno
-
forse
anche
fra
vent
'
anni
-
si
decida
a
raccontarmi
tutto
per
filo
e
per
segno
,
in
modo
che
io
possa
scriverci
un
dialogo
da
lasciare
ai
posteri
.
Ma
dimmi
,
perché
hai
affermato
quella
strana
cosa
che
io
ho
le
doglie
?
"
"
Ah
,
Platone
,
non
ricordi
in
qual
modo
procedeva
il
tuo
maestro
Socrate
?
"
"
Come
no
?
"
"
Sua
madre
Fenarete
era
una
levatrice
.
E
lui
fin
da
piccolo
era
stato
abituato
a
sapere
che
lei
aiutava
i
bambini
a
nascere
.
I
bambini
c
'
erano
già
ben
formati
nel
ventre
della
madre
,
ma
era
bene
aiutarli
a
uscire
.
Così
,
diceva
Socrate
,
si
doveva
fare
anche
per
le
idee
:
con
la
maieutica
si
deve
solo
aiutare
le
idee
a
uscire
dalla
mente
dell
'
interlocutore
.
Quello
era
il
vero
insegnamento
.
"
"
Ricordo
bene
.
Ma
perché
ora
tu
hai
usato
quell
'
espressione
parlando
di
me
?
"
"
Perché
tu
,
a
proposito
dello
schiavo
di
Menone
,
stavi
per
partorire
un
'
idea
giustissima
.
Poco
importa
ora
che
Socrate
abbia
usato
quella
che
chiamava
maieutica
.
Nelle
cose
matematiche
essa
non
è
affatto
indispensabile
;
o
per
meglio
dire
uno
può
benissimo
usarla
su
se
stesso
,
ragionando
e
tirando
fuori
le
conclusioni
giuste
.
"
"
E
allora
che
cos
'
altro
è
importante
,
secondo
te
?
"
"
Quello
che
nella
matematica
è
importante
secondo
me
è
che
quando
uno
ha
un
'
opinione
vera
,
può
far
sì
mediante
il
ragionamento
che
non
solo
lui
,
ma
anche
un
altro
-
fosse
pure
uno
schiavo
-
sia
costretto
a
riconoscere
che
è
vera
.
Altro
che
maieutica
,
altro
che
reminiscenza
(
non
ti
offendere
,
ti
prego
)
!
"
"
Allora
tu
non
credi
che
lo
schiavo
avesse
già
dentro
di
sé
quelle
nozioni
e
che
bisognasse
solo
tirarle
fuori
?
"
"
No
,
Platone
.
Io
credo
invece
che
la
mente
sana
-
sia
essa
di
un
uomo
,
di
una
donna
,
di
un
cittadino
,
di
uno
schiavo
-
sia
fatta
così
da
saper
ragionare
correttamente
sulle
cose
della
matematica
.
Per
esempio
,
io
ti
potrei
dimostrare
in
modo
inoppugnabile
che
quella
diagonale
di
cui
parlava
Socrate
è
incommensurabile
'
col
lato
del
quadrato
:
cioè
che
non
esistono
due
numeri
interi
che
stanno
fra
loro
come
la
diagonale
e
il
lato
.
Non
è
il
caso
di
farlo
qui
ora
;
ma
,
se
lo
facessi
,
sono
sicuro
che
tutti
gli
astanti
sarebbero
costretti
a
dirsi
d
'accordo."
Platone
non
sembrava
del
tutto
convinto
e
osservò
:
"
Ma
se
lo
schiavo
,
sia
pure
guidato
dalle
domande
di
Socrate
,
è
riuscito
a
dimostrare
una
proposizione
tutt
'
altro
che
facile
,
non
è
evidente
che
egli
aveva
già
visto
altrove
quelle
cose
e
che
in
un
certo
modo
le
ricordava
?
"
"
No
,
Platone
.
Lo
vedi
questo
vaso
che
ho
testé
acquistato
dal
mercante
?
"
"
Sì
,
Teeteto
;
è
molto
bello
.
"
"
Ebbene
,
questo
vaso
è
uscito
or
non
è
molto
dalle
mani
del
vasaio
e
quindi
è
da
credere
che
non
abbia
mai
contenuto
l
'
acqua
o
il
vino
.
Ma
non
credi
che
se
io
ci
verso
dell
'
acqua
o
del
vino
esso
li
conterrà
?
"
"
Non
ne
dubito
.
"
"
Forse
questo
vuol
dire
che
prima
che
lo
portassi
qui
qualcuno
,
a
mia
insaputa
,
ha
versato
dell
'
acqua
nel
vaso
e
che
esso
ora
se
ne
ricorda
?
"
Platone
si
accarezzava
nervosamente
la
barba
,
ma
Teeteto
proseguiva
implacabile
:
"
No
,
tutto
ciò
che
si
può
dire
è
che
l
'
esperto
vasaio
lo
ha
fatto
in
modo
che
potesse
contenere
i
liquidi
.
Nel
fabbricarlo
gli
ha
conferito
questa
capacità
.
Così
gli
dèi
-
o
il
Demiurgo
,
come
forse
diresti
tu
-
hanno
dotato
la
mente
umana
della
capacità
di
ragionare
correttamente
delle
cose
matematiche
.
Naturalmente
questo
non
significa
che
la
tua
opinione
che
la
diagonale
e
il
lato
del
quadrato
esistano
realmente
nel
mondo
delle
idee
sia
necessariamente
giusta
o
errata
.
"
"
Ma
perché
parli
solo
della
matematica
?
Perché
non
possiamo
ragionare
correttamente
e
in
modo
riconosciuto
inoppugnabile
da
tutti
anche
su
altre
cose
:
per
esempio
sulla
virtù
,
sulla
conoscenza
,
sulle
cose
sensibili
,
sull
'
anima
?
In
fondo
,
Critone
mi
ha
testé
fatto
un
ragionamento
che
,
anche
se
non
matematico
,
mi
sembra
inoppugnabile
.
Mi
ha
detto
:
tutti
gli
dèi
sono
immortali
,
Asclepio
è
un
dio
,
dunque
Asclepio
è
immortale
.
"
Teeteto
rimase
per
un
po
'
pensoso
,
poi
rispose
:
"
Platone
,
ti
confesso
che
io
non
so
che
dire
.
Forse
qualcuno
più
sagace
di
me
saprà
mettere
un
po
'
di
ordine
sul
nostro
modo
di
ragionare
in
generale
.
Forse
un
giorno
sarà
quell
'
ipotetico
Aristotele
,
di
cui
parlava
Cebete
,
a
classificare
bene
tutto
ciò
che
riguarda
l
'
arte
di
ragionare
correttamente
[
loghiké
téchne
]
.
Forse
fra
alcuni
secoli
qualcuno
troverà
anche
un
modo
efficace
e
convincente
di
indagare
le
cose
sensibili
.
Ma
dubito
molto
che
si
riesca
a
convincere
tutti
su
tutto
.
E
in
fondo
nemmeno
mi
dispiace
che
sia
così
.
"
A
questo
punto
intervenne
uno
straniero
,
che
tutti
guardavano
con
un
certo
rispetto
misto
a
timore
.
Si
rivolse
subito
a
Platone
con
queste
parole
:
"
Platone
,
arrivo
proprio
ora
dalla
Focide
e
vi
porto
le
ultime
divinazioni
della
Pizia
.
Credo
che
ti
dovrebbero
interessare
.
"
"
Sì
,
per
Zeus
,
parla
!
"
"
Sai
chi
sono
i
Latini
?
"
"
Mi
pare
che
un
giorno
me
ne
parlasse
Archita
di
Taranto
.
Sono
forse
quei
rozzi
e
feroci
contadini
che
abitano
molto
più
a
settentrione
di
Elea
?
Perché
dovrebbero
interessarci
?
"
"
Perché
costoro
stanno
diventando
sempre
più
forti
e
l
'
oracolo
dice
che
un
giorno
conquisteranno
tutta
l
'Ellade."
Platone
si
coprì
il
volto
con
le
mani
ed
esclamò
gemendo
:
"
Ahimè
,
sciagura
,
che
disastro
!
"
"
No
,
forse
non
sarà
un
disastro
.
Sappi
che
quei
rozzi
contadini
sono
abbastanza
intelligenti
.
Una
volta
padroni
dell
'
Ellade
,
capiranno
subito
che
la
nostra
sapienza
e
le
nostre
arti
sono
cento
volte
superiori
alle
loro
.
Allora
faranno
a
gara
a
impararle
e
poi
le
diffonderanno
in
tutto
il
mondo
.
Per
millenni
quello
che
noi
stiamo
seminando
continuerà
a
dare
meravigliosi
frutti
.
"
Il
volto
di
Platone
andava
rasserenandosi
e
il
suo
sguardo
sembrava
già
riempirsi
di
futuro
.
Poi
lo
straniero
continuò
:
"
Quanto
a
te
,
Platone
,
tu
avresti
particolare
ragione
di
rallegrarti
.
L
'
oracolo
ha
predetto
che
fra
ben
ventitré
secoli
,
in
un
'
isola
immersa
nelle
nebbie
iperboree
,
un
grande
sapiente
chiamato
Whitehead
...
"
"
Come
hai
detto
?
"
"
Sì
,
il
nome
è
impronunciabile
da
una
bocca
ellena
...
Bene
,
quel
sapiente
dirà
che
tutto
quello
che
la
filosofia
sarà
riuscita
a
produrre
nel
corso
di
quei
ventitré
secoli
sarà
soltanto
un
commento
alla
filosofia
di
Platone
!
"
Il
sommo
filosofo
non
riusciva
a
nascondere
il
suo
grande
compiacimento
.
In
quel
momento
ricomparve
Critone
,
che
trionfante
teneva
il
gallo
saldamente
per
le
zampe
.
Il
gallo
continuava
ad
agitarsi
e
a
urlare
.
Ciò
che
l
'
oracolo
non
aveva
rivelato
era
che
il
gallo
doveva
ritenersi
ben
più
fortunato
dei
due
polli
che
un
bel
giorno
un
certo
Renzo
avrebbe
portato
tenuti
per
le
zampe
;
quelli
avrebbero
continuato
a
litigare
e
a
becchettarsi
ferocemente
per
tutto
il
cammino
.