StampaPeriodica ,
Ultimo
tango
a
Parigi
non
è
bello
.
È
splendido
.
E
,
scritto
questo
a
proposito
del
film
con
cui
Bernardo
Bertolucci
si
consacra
irresistibilmente
e
irriverentemente
maestro
tra
i
maestri
del
cinema
,
potrei
anche
passare
ad
altro
più
futile
argomento
.
Perché
(
non
lo
scopro
mica
adesso
)
scrivere
male
di
qualcosa
o
qualcuno
è
facile
,
scriverne
bene
è
difficile
.
Comunque
,
in
tal
caso
mancherei
di
gratitudine
.
È
per
pura
gratitudine
che
continuo
la
mia
noterella
Per
pura
gratitudine
di
questa
gran
cosa
che
è
Ultimo
tango
a
Parigi
.
Film
disperato
,
ma
anche
gioioso
.
Film
delirante
,
ma
anche
rigoroso
.
Film
provocatorio
,
ma
anche
candido
.
Film
letterario
,
ma
anche
autentico
.
Film
osceno
,
ma
anche
onesto
.
Film
compiuto
,
ma
anche
indefinito
.
Film
gioioso
,
ma
anche
disperato
.
Film
rigoroso
,
ma
anche
delirante
.
Film
candido
,
ma
anche
provocatorio
.
Film
autentico
,
ma
anche
letterario
.
Film
onesto
,
ma
anche
osceno
.
Film
indefinito
,
ma
anche
compiuto
.
Dunque
,
un
americano
a
Parigi
.
Ma
non
l
'
americano
di
Gershwin
tutto
vezzi
e
lezi
,
casomai
,
di
più
,
l
'
americano
di
Miller
(
l
'
unico
Miller
da
me
riconosciuto
,
ovvero
Henry
)
tutto
vizi
e
lazzi
.
E
con
la
insaziabile
golosità
sessuale
dell
'
americano
di
Miller
diventata
con
il
mutar
degli
anni
e
dei
mondi
furiosa
cupidigia
sessuale
,
la
battaglia
prima
della
resa
all
'
impotenza
,
già
in
qualche
modo
la
celebrazione
dell
'
impotenza
nell
'
esasperazione
della
potenza
.
In
questo
vagabondo
americano
smarrito
ciel
labirinto
delle
proprie
viscere
s
'
imbatte
una
francese
di
Renoir
(
Pierre
-
Auguste
,
non
vorrei
che
equivocaste
)
e
di
Maupassant
insieme
,
tutta
carne
e
curiosità
,
insomma
,
tutta
frivolezza
ed
egoismo
.
Il
primo
incontro
nella
terra
di
nessuno
di
uno
squallido
appartamento
da
affittare
diventa
subito
amplesso
.
Poche
parole
,
e
neppure
parole
,
qualche
storpiatura
francese
di
Brando
,
qualche
storpiatura
inglese
di
Schneider
,
e
sono
già
avvinghiati
a
sbattersi
tra
pareti
,
finestre
e
tende
,
ancora
vestiti
,
lasciando
le
nudità
da
scoprire
in
seguito
.
Un
corpo
a
corpo
ferino
,
naturale
,
sincero
.
Le
complicazioni
verranno
dopo
,
insieme
con
la
nudità
,
verranno
dal
tentativo
di
ripetere
,
rinnovare
,
riaccendere
i
rapporti
,
confinando
fuori
della
porta
il
passato
,
appagandosi
dei
nomi
propri
Paul
e
Jeanne
e
dei
propri
corpi
,
unico
presente
da
martoriare
in
un
'
ansia
non
direi
tanto
di
conquista
del
futuro
quanto
di
contestazione
del
futuro
,
come
ricatto
sul
presente
.
Ma
il
passato
,
si
sa
,
è
tenace
.
Non
rinuncia
a
filtrare
nel
presente
e
alla
fine
,
si
sa
purtroppo
,
è
sempre
il
passato
a
condizionare
il
futuro
,
anzi
a
sostituirsi
al
futuro
,
a
rivelarsi
il
futuro
stesso
.
Il
passato
nelle
smagliature
degli
amplessi
apre
ammiccamenti
e
folgorazioni
,
la
disperazione
di
Paul
per
il
suicidio
inspiegabile
della
moglie
infedele
,
gerente
di
un
albergo
a
ore
,
la
frustrazione
di
Jeanne
per
la
memoria
del
padre
colonnello
morto
in
una
guerra
ingiusta
.
Ammiccamenti
e
folgorazioni
infittiscono
e
inaspriscono
,
anche
se
il
rito
sessuale
celebra
i
suoi
eccessi
(
ma
perché
poi
eccessi
?
Cosa
ci
può
essere
di
eccessivo
in
amore
?
L
'
amore
non
è
eccesso
in
partenza
,
altrimenti
che
cavolo
di
amore
è
?
)
.
Così
sopravviene
la
tragedia
.
Ovvero
la
banalità
.
Paul
decide
di
ricominciare
da
zero
con
Jeanne
,
presentandolesi
e
proponendolesi
.
Jeanne
decide
di
lasciare
l
'
amante
per
sposare
il
fidanzato
Tom
,
un
imbecille
teleregista
con
pruriti
di
cinefalsità
.
Le
ferite
d
'
amore
non
sono
mai
mortali
,
le
ferite
di
banalità
sono
sempre
incurabili
.
Paul
rincorre
Jeanne
sino
in
casa
di
lei
,
e
Jeanne
uccide
Paul
con
la
rivoltella
d
'
ordinanza
del
padre
.
Poi
comincia
a
balbettare
,
rinfrancandosi
sempre
più
,
l
'
attendibilissima
autodifesa
:
uno
sconosciuto
l
'
ha
seguita
,
ha
cercato
di
violentarla
,
le
restava
altro
da
fare
?
Il
sommario
riassunto
non
rende
giustizia
a
Ultimo
tango
a
Parigi
.
In
mezzo
a
questi
pochi
movimenti
c
'
è
,
infatti
,
tutto
il
film
e
il
film
è
un
capolavoro
.
Un
capolavoro
di
Bernardo
Bertolucci
.
Mi
pento
di
aver
fatto
anche
quelle
calve
citazioni
all
'
inizio
,
Gershwin
e
Miller
,
Renoir
e
Maupassant
,
citazioni
francamente
inutili
(
non
riuscirò
a
convincere
nessuno
,
soprattutto
me
stesso
,
di
possedere
un
minimo
di
cultura
)
.
Ultimo
tango
a
Parigi
è
,
infatti
,
opera
talmente
e
magistralmente
personale
che
la
segnaletica
nozionistica
non
attacca
.
Insomma
,
un
film
dopo
la
cui
visione
non
sarete
gli
stessi
di
prima
,
vi
sia
piaciuto
o
non
vi
sia
piaciuto
,
scommettiamo
?
Brando
e
Schneider
si
amano
in
tutti
i
modi
considerati
naturali
e
innaturali
,
meno
uno
(
casomai
,
ecco
,
è
l
'
unica
lacuna
da
me
riscontrata
nel
film
,
ma
forse
l
'
allusione
c
'
è
)
.
La
scena
,
ovviamente
,
di
cui
più
si
parlerà
è
quella
del
burro
spalmato
sull
'
affettuoso
popò
di
Schneider
,
e
delle
relative
conseguenze
.
Ebbene
,
consideratela
un
test
.
Un
test
del
vostro
tasso
d
'
intelligenza
e
di
sensibilità
.
Lì
Bernardo
Bertolucci
vi
aspetta
per
assolvervi
o
condannarvi
dall
'
imputazione
di
essere
dei
cretini
.
Persino
io
(
che
sono
cretino
recidivo
e
ormai
non
posso
neppure
usufruire
della
condizionale
)
me
ne
sono
accorto
,
e
mi
trattengo
dal
somministrarvi
l
'
ennesima
applicazione
della
famigerata
barzelletta
del
tedesco
:
«
Potere
fare
tutto
questo
con
markarina
,
ja
?...»
.
Persino
io
.
La
Schneider
nelle
scene
d
'
amore
(
in
quasi
ogni
fotogramma
del
film
,
dunque
)
è
deliziosa
,
una
rivelazione
.
Il
suo
sorriso
,
la
sua
adesione
,
il
suo
palese
divertimento
aiutano
Brando
a
ottenere
la
migliore
interpretazione
dal
tempo
di
Un
tram
che
si
chiama
Desiderio
.
Ecco
un
attore
da
me
detestato
trasformarsi
in
un
arcangelo
irresistibile
per
bravura
,
fascino
,
suggestione
.
Ne
sono
felice
.
Gli
perdono
persino
di
dichiarare
a
un
certo
punto
quarantacinque
anni
invece
di
quelli
che
ha
(
essendo
mio
coetaneo
)
.
Del
resto
,
Bernardo
Bertolucci
mi
ha
detto
che
la
colpa
della
sottrazione
è
sua
,
è
stato
lui
a
suggerirla
a
Brando
.
La
colpa
di
Ultimo
tango
a
Parigi
è
,
lo
ripeto
,
tutta
di
Bernardo
Bertolucci
.
Il
merito
straordinario
,
incontestabile
.
StampaPeriodica ,
L
'
uomo
che
gli
dèi
hanno
scelto
per
celebrare
Olimpia
'84
cominciò
a
correre
nel
giardino
di
casa
a
Willingboro
,
New
Jersey
.
Da
un
capo
all
'
altro
del
prato
erano
i
100
metri
.
Il
giro
della
villetta
i
200
.
La
pertica
sorretta
da
due
sedie
,
il
salto
in
alto
.
E
il
primo
salto
in
lungo
avvenne
sopra
i
castelli
di
sabbia
che
lui
e
sua
sorella
Carol
avevano
costruito
dov
'
erano
stati
ammassati
i
materiali
per
riparare
il
patio
.
Aveva
otto
avversari
,
tutti
compagni
delle
elementari
,
come
lui
figli
della
media
borghesia
negra
.
Fra
una
settimana
,
al
Memorial
Coliseum
di
Los
Angeles
,
Carl
Lewis
avrà
un
solo
avversario
:
la
storia
.
Correrà
e
salterà
per
ripetere
l
'
impresa
di
Jesse
Owens
,
che
nel
1936
a
Berlino
vinse
100
metri
,
200
metri
,
staffetta
4x100
e
salto
in
lungo
.
In
questi
cinquant
'
anni
mai
nessun
avvenimento
sportivo
era
stato
atteso
con
maggiore
trepidazione
,
mai
un
numero
tanto
alto
di
persone
(
in
due
miliardi
lo
vedranno
per
televisione
)
si
era
dato
appuntamento
per
vedere
nascere
un
mito
.
E
se
non
ci
riuscisse
?
Se
qualcuno
in
qualche
modo
,
in
qualche
gara
,
lo
battesse
?
«
Tutti
sono
convinti
che
per
me
sarebbe
la
fine
»
dice
.
«
Invece
non
sono
per
nulla
spaventato
.
Potrei
perdere
e
avere
lo
stesso
tanta
pubblicità
da
fare
poi
quel
che
voglio
.
I
titoli
dei
giornali
,
anche
in
quel
caso
,
sarebbero
su
di
me
.
Direbbero
:
Lewis
fa
flop
.
Ma
anche
in
quel
caso
,
in
autunno
,
io
girerò
un
film
.
Comunque
diventerò
ricco
.
Comunque
farò
meglio
degli
altri
,
anche
senza
l
'
atletica
leggera
.
Perché
io
non
pongo
limiti
a
me
stesso
,
non
sono
vulnerabile
a
nulla
.
»
A
23
anni
ha
già
fatto
esaurire
ai
cronisti
tutto
il
repertorio
dei
superlativi
:
non
c
'
è
aggettivo
che
non
sia
stato
usato
nel
tentativo
di
definirlo
,
non
c
'
è
immagine
retorica
che
non
sia
stata
costruita
nel
tentativo
di
ingabbiarlo
in
una
casella
comprensibile
agli
umani
.
Ma
cercare
di
tradurre
il
suo
sforzo
atletico
in
parole
è
fatica
vana
.
Anche
perché
le
solite
iperboli
non
chiariscono
il
mistero
,
non
spiegano
che
cosa
lo
fa
saltare
più
lontano
e
correre
più
veloce
.
«
Non
c
'
è
mistero
»
dice
lui
tranquillo
.
«
Almeno
non
per
me
.
Io
faccio
poche
fondamentali
cose
.
C
'
è
un
solo
modo
di
allenarsi
:
quello
giusto
.
C
'
è
un
solo
modo
di
correre
e
saltare
:
quello
giusto
.
C
'
è
un
solo
modo
di
gareggiare
:
quello
giusto
.
Quindi
niente
di
misterioso
,
solo
molto
lavoro
.
»
Lui
ha
cominciato
presto
,
a
8
anni
.
I
suoi
primi
allenatori
sono
i
genitori
,
in
gioventù
atleti
più
che
decorosi
:
la
madre
negli
ostacoli
,
il
padre
nel
mezzofondo
.
Lui
però
non
cresce
,
a
14
anni
il
torace
è
esile
,
le
gambe
sono
poco
più
che
ossa
sottili
,
neppure
lunghe
.
Finché
d
'
improvviso
,
a
15
anni
,
si
allunga
di
sette
centimetri
in
meno
di
due
mesi
.
Alla
fine
del
1977
corre
già
le
100
yard
in
9.3
e
salta
sette
metri
.
Ma
è
ancora
e
soltanto
un
ragazzino
che
corre
e
salta
,
sia
pure
dotato
.
Atleta
lo
diventa
l
'
anno
dopo
,
l
'
ultimo
del
liceo
.
«
D
'
improvviso
si
rese
conto
di
tutte
le
sue
potenzialità
»
ricorda
Jack
Muller
,
all
'
epoca
viceallenatore
di
atletica
all
'
high
school
di
Willingboro
.
«
E
si
convinse
di
non
dovere
seguire
altre
regole
che
le
proprie
.
Quando
cercavo
di
dargli
un
consiglio
rispondeva
:
non
è
a
te
che
devo
dare
ascolto
»
.
Il
calendario
degli
allenamenti
lo
stabilisce
più
sugli
articoli
letti
anni
prima
e
sulle
note
dei
suoi
genitori
che
non
sulle
tabelle
di
superlavoro
ormai
dilaganti
.
Appena
sente
male
ai
muscoli
,
anche
se
è
appena
a
metà
esercizio
,
smette
di
colpo
.
Non
lavora
per
aumentare
la
resistenza
.
Con
grande
sconcerto
dei
santoni
dell
'
ortodossia
,
i
risultati
gli
danno
ragione
.
Batte
Steve
Williams
,
il
maggiore
scattista
americano
della
fine
anni
Settanta
,
e
arriva
sugli
otto
metri
.
A
quel
punto
fa
la
scelta
della
sua
vita
.
Per
poter
essere
più
indipendente
si
iscrive
all
'
università
del
Texas
,
a
Houston
.
Per
poter
usare
l
'
atletica
come
trampolino
di
lancio
verso
un
'
altra
carriera
,
sceglie
il
corso
di
comunicazione
radio
-
TV
,
quello
che
fa
diventare
telecronisti
.
Pianifica
attentamente
:
serve
a
togliergli
l
'
ansia
,
a
dargli
il
controllo
delle
situazioni
.
«
È
la
cosa
che
voglio
di
più
al
mondo
»
dice
.
«
Ho
bisogno
di
sapere
che
cosa
mi
aspetta
,
di
fissare
degli
obiettivi
e
di
raggiungerli
.
È
sempre
stato
così
,
fin
da
quand
'
ero
ragazzo
.
E
quanto
più
alla
gente
parevano
impossibili
,
tanto
più
io
ero
stimolato
»
.
In
Tom
Tellez
,
a
Houston
,
trova
l
'
unico
allenatore
con
cui
può
convivere
.
«
È
un
tipo
difficile
,
dà
sempre
l
'
impressione
di
non
lavorare
abbastanza
e
di
non
prestarti
attenzione
»
racconta
Tellez
,
in
passato
allenatore
di
grandi
campioni
come
il
saltatore
in
alto
Dwight
Stones
e
il
triplista
Willis
Banks
.
«
Ma
la
volta
dopo
fa
tutto
quel
che
gli
hai
suggerito
.
Lavora
poco
ma
con
intelligenza
.
Quando
dice
ho
finito
,
basta
,
non
puoi
dirgli
niente
.
Il
nostro
non
è
il
classico
rapporto
allenatore
-
atleta
.
No
,
siamo
due
persone
che
si
guardano
negli
occhi
.
Lui
è
come
un
computer
.
Se
gli
si
dà
la
giusta
istruzione
,
la
interpreta
correttamente
.
Se
no
,
non
funziona
»
.
Con
un
po
'
di
giuste
istruzioni
,
Carl
Lewis
ha
corso
i
200
metri
in
19
"
75
,
la
migliore
prestazione
mondiale
a
livello
del
mare
(
il
record
è
di
Pietro
Mennea
da
Barletta
,
19
"
72
a
città
del
Messico
)
,
ha
corso
i
100
in9
"
97
,
migliore
prestazione
mondiale
a
livello
del
mare
.
Ha
saltato
8,78
,
anche
questa
la
migliore
prestazione
mondiale
a
livello
del
mare
.
Per
batterlo
,
bisogna
scalare
le
montagne
.
Ci
sono
voluti
anni
.
Soprattutto
il
lungo
è
stato
molto
curato
.
«
Quando
è
arrivato
»
spiega
Tellez
,
«
Cari
saltava
male
,
provocando
tensioni
eccessive
sui
tendini
e
sul
ginocchio
della
gamba
di
stacco
,
perché
teneva
troppo
a
lungo
il
piede
sulla
pedana
.
»
Era
il
guaio
maggiore
,
ma
non
il
solo
.
La
velocità
è
componente
essenziale
nel
lungo
:
Lewis
prendeva
una
rincorsa
troppo
corta
,
meno
di
45
metri
,
e
le
sue
ultime
quattro
falcate
erano
deboli
.
Adesso
Lewis
parte
a
50
metri
dalla
linea
di
stacco
.
Li
percorre
in
23
falcate
,
meno
di
due
metri
e
mezzo
l
'
una
.
Arriva
alla
velocità
di
42
chilometri
l
'
ora
.
Si
alza
e
,
mentre
vola
,
fa
due
passi
che
lo
tengono
in
aria
per
un
secondo
e
quattro
centesimi
.
Non
va
troppo
in
alto
,
perché
Tellez
è
convinto
che
più
si
parte
in
verticale
,
meno
si
arriva
in
orizzontale
.
Quando
finalmente
atterra
sono
passati
circa
sei
secondi
dal
suo
primo
passo
in
pedana
.
«
Ogni
volta
mi
chiede
:
cosa
posso
fare
per
migliorare
?
»
racconta
Tellez
.
«
È
un
grande
atleta
proprio
perché
cerca
sempre
qualcosa
di
più
.
La
sua
mente
è
spalancata
davanti
al
mondo
.
»
Forse
per
questo
Lewis
si
può
permettere
ritmi
di
allenamento
assai
blandi
:
due
ore
al
giorno
,
cinque
giorni
alla
settimana
.
I
weekend
sono
rigidamente
esclusi
.
E
i
,
pesi
anche
,
se
non
di
tanto
in
tanto
:
non
gli
piacciono
.
«
È
meglio
lavorare
poco
che
troppo
»
sentenzia
.
«
È
la
ragione
per
cui
non
mi
sono
mai
infortunato
.
La
gente
non
sa
ascoltare
il
proprio
corpo
.
»
Il
campo
d
'
allenamento
non
è
l
'
unico
posto
in
cui
Cari
Lewis
fa
solo
quello
che
gli
va
.
Le
regole
che
valgono
per
gli
altri
non
sembrano
applicabili
a
lui
.
Mentre
a
Los
Angeles
tutti
stanno
nel
villaggio
olimpico
,
lui
risiede
in
una
casa
a
Santa
Monica
,
sull
'
oceano
.
Quando
partecipa
a
un
meeting
,
una
pattuglia
di
polizia
lo
scorta
sempre
a
un
rifugio
che
lo
sottrae
ai
tifosi
.
È
speciale
e
lo
sa
.
Vive
in
una
casa
vittoriana
che
ha
,
in
mezzo
al
salotto
,
un
grande
tappeto
persiano
.
Alle
pareti
sono
appese
spade
di
samurai
.
Raccoglie
con
passione
maniacale
le
posate
d
'
argento
e
i
bicchieri
di
cristallo
.
Guida
una
Bmw
735
biturbo
,
bianca
,
e
la
spinge
a
straordinaria
velocità
.
«
Una
volta
anche
a
220
chilometri
all
'
ora
»
confessa
.
«
Mi
piace
andare
forte
.
»
Ha
una
cagnetta
,
Tasha
,
anche
lei
bianca
.
Gli
amici
sono
pochi
,
i
due
più
cari
(
vecchi
compagni
di
liceo
rimasti
nel
New
Jersey
)
vanno
spesso
a
passare
i
weekend
da
lui
a
Houston
.
Coltiva
bizzarre
debolezze
.
A
giorni
uscirà
il
suo
primo
disco
,
che
ha
per
titolo
Going
for
gold
.
In
autunno
uscirà
la
sua
prima
biografia
:
quello
che
la
sta
scrivendo
gli
sta
accanto
da
un
anno
.
Contemporaneamente
deciderà
che
cosa
ha
voglia
di
fare
.
Potrebbe
rimanere
nel
mondo
dell
'
atletica
,
ancora
per
un
paio
d
'
anni
.
Magari
per
correre
i
400
metri
in
43
secondi
o
per
diventare
un
grande
specialista
degli
ostacoli
alti
.
«
Oppure
,
se
mi
allenassi
seriamente
,
potrei
battere
il
record
del
mondo
del
decathlon
»
civetta
,
prima
di
dire
che
,
in
fondo
,
potrebbe
anche
fare
fortuna
fra
i
professionisti
del
football
americano
.
Non
è
escluso
neppure
che
si
dedichi
seriamente
all
'
industria
dello
spettacolo
.
Per
tre
settimane
ha
seguito
un
corso
al
Theatre
workshop
di
Warren
Robertson
,
a
New
York
.
Poi
,
quando
c
'
è
stato
il
saggio
finale
davanti
alla
macchina
da
presa
,
Lewis
ha
recitato
molto
meglio
di
quanto
avesse
mai
fatto
.
«
Ogni
dettaglio
che
gli
avevo
insegnato
è
ritornato
a
galla
ed
è
stato
applicato
con
scrupolo
»
dice
Robertson
,
alla
cui
scuola
sono
andati
anche
Jessica
Lange
,
Diane
Keaton
e
James
Earl
Jones
.
«
Non
credevo
che
uno
che
non
aveva
mai
recitato
prima
potesse
essere
tanto
impeccabile
.
Ha
un
istinto
fantastico
che
elimina
tutti
gli
eccessi
e
gli
sprechi
e
va
dritto
all
'
essenziale
»
.
Ma
di
tutto
questo
si
parlerà
più
avanti
,
dopo
le
Olimpiadi
.
Adesso
,
nessuna
distrazione
è
concessa
.
Dall
'
inizio
dell
'
anno
Lewis
evita
di
incontrare
i
giornalisti
.
Fino
a
maggio
le
interviste
sono
state
possibili
solo
per
telefono
,
due
mercoledì
al
mese
.
Negli
ultimi
due
mesi
neppure
quello
:
tutte
le
richieste
vengono
educatamente
respinte
da
Joe
Douglas
,
il
suo
manager
.
È
probabile
che
anche
a
Los
Angeles
,
come
ha
già
fatto
lo
scorso
anno
ai
campionati
mondiali
di
Helsinki
,
non
si
conceda
al
rito
della
conferenza
stampa
fino
a
dopo
l
'
ultima
gara
,
l'11
agosto
.
Nei
giorni
precedenti
avrà
lavorato
parecchio
.
Ecco
il
suo
programma
.
Venerdì
3
agosto
:
due
batterie
dei
100
metri
la
mattina
.
Sabato
:
semifinale
e
finale
dei
100
.
Domenica
:
qualificazioni
del
salto
in
lungo
.
Lunedì
:
due
batterie
dei
200
la
mattina
,
finale
del
lungo
il
pomeriggio
.
Martedì
;
riposo
.
Mercoledì
:
semifinale
e
finale
dei
200
.
Giovedì
:
riposo
.
Venerdì
:
batteria
della
staffetta
4x100
.
Sabato
:
semifinale
e
finale
della
staffetta
.
In
totale
,
undici
corse
e
due
giorni
di
salti
.
Ha
tutte
le
possibilità
di
farcela
.
Se
non
ci
riuscisse
deluderebbe
due
miliardi
di
spettatori
.
Ma
farebbe
felici
alcuni
suoi
avversari
,
che
lo
detestano
neppure
tanto
cordialmente
.
Larry
Myricks
,
il
miglior
saltatore
in
lungo
prima
che
cominciasse
l
'
era
Lewis
,
va
in
giro
dicendo
:
«
Sarà
festa
grande
il
giorno
in
cui
qualcuno
lo
batterà
»
.
Perfino
Edwin
Moses
,
uno
dei
più
grandi
campioni
della
storia
dell
'
atletica
,
quello
che
ha
vinto
le
ultime
100
e
passa
corse
della
sua
specialità
(
i
400
ostacoli
)
,
non
apprezza
il
suo
stile
:
«
Vincere
va
bene
,
ma
lo
si
può
fare
anche
senza
umiliare
gli
altri
.
Ci
sono
troppe
vibrazioni
negative
attorno
a
quel
ragazzo
»
.
In
giro
,
di
Lewis
se
ne
sentono
di
tutti
i
colori
.
Che
è
un
omosessuale
.
Che
prende
gli
steroidi
per
aumentare
la
sua
potenza
muscolare
(
è
una
sostanza
vietata
,
chi
risulta
«
positivo
»
a
un
controllo
antidoping
viene
squalificato
)
.
Che
si
imbottisce
,
allo
stesso
scopo
,
di
ormoni
di
gorilla
e
che
lo
scorso
anno
ha
rinunciato
a
una
tournée
in
Europa
perché
gli
ormoni
gli
avevano
provocato
una
ciste
grande
come
un
pugno
.
Lui
si
difende
con
sarcasmo
:
«
Questo
è
il
problema
dei
miei
avversari
.
Dovrebbero
pensare
di
più
a
quel
che
fanno
loro
e
di
meno
a
quel
che
sto
facendo
io
»
.
Non
si
lascia
scappare
occasione
per
dire
cose
che
,
alle
orecchie
degli
altri
,
suonano
certo
indisponenti
:
«
Nessuno
corre
meglio
di
me
gli
ultimi
20
metri
»
.
Oppure
:
«
Basta
vedere
come
faccio
la
curva
,
non
c
'
è
uno
al
mondo
che
mi
può
battere
sui
200»
.
Ogni
tanto
i
suoi
critici
rabbiosi
fanno
notare
che
non
detiene
ancora
nessun
primato
del
mondo
.
Lui
ha
una
risposta
pronta
,
ovviamente
:
«
Non
sono
i
record
che
mi
interessano
.
Se
volessi
,
probabilmente
li
farei
.
E
non
è
neppure
la
vittoria
in
sé
che
mi
importa
,
ma
il
modo
in
cui
la
ottengo
.
Il
mio
scopo
,
quando
corro
o
salto
,
è
la
prestazione
.
Infatti
non
ho
paura
dei
miei
avversari
,
ma
solo
di
non
poter
essere
un
giorno
un
atleta
perfetto
»
.
Non
gli
pare
una
pretesa
eccessiva
.
Un
fervore
quasi
messianico
lo
anima
quando
parla
del
suo
ruolo
nel
mondo
.
«
Sono
nato
per
fare
qualcosa
di
speciale
»
dice
convinto
.
«
Credo
che
certi
record
siano
ormai
dentro
il
mio
corpo
e
che
Dio
mi
abbia
dato
il
talento
necessario
per
tirarli
fuori
.
Aspetto
solo
che
venga
il
momento
»
.
Nonostante
lui
giochi
al
ribasso
e
dica
che
non
gli
importa
poi
molto
,
il
momento
sta
per
arrivare
.
Qualche
settimana
fa
Bob
Beamon
,
l
'
uomo
che
a
città
del
Messico
nel
1968
saltò
l
'
incredibile
misura
di
8,90
metri
,
ancor
oggi
record
mondiale
,
gli
ha
chiesto
in
una
intervista
televisiva
come
si
sente
uno
che
sa
,
di
qui
a
pochi
giorni
,
di
poter
diventare
leggenda
.
Non
sente
la
pressione
?
«
La
pressione
viene
dall
'
incertezza
»
gli
ha
risposto
Lewis
,
«
dal
non
sapere
quali
possono
essere
le
variabili
.
Ma
a
Los
Angeles
per
me
non
ci
saranno
variabili
.
Potrebbe
anche
cadermi
il
mondo
sulle
spalle
e
io
non
lo
sentirei
.
Dicevano
che
non
avrei
mai
vinto
due
gare
nella
stessa
competizione
,
e
l
'
ho
fatto
.
Dicevano
che
non
avrei
mai
potuto
vincerne
tre
,
e
l
'
ho
fatto
.
Ho
sempre
dimostrato
che
avevano
torto
.
Per
vincere
non
ho
bisogno
dell
'
aiuto
di
nessuno
.
Tutto
quel
che
devo
fare
è
essere
Carl
Lewis
»
.
StampaPeriodica ,
«
È
un
'
ombra
.
Esperienza
e
statistiche
dicono
che
dovrebbe
essere
un
uomo
.
Ma
per
quanto
ne
so
io
,
questo
mostro
potrebbe
anche
essere
una
donna
»
.
Il
capo
della
Scientifica
fiorentina
,
Nunzio
Castiglione
,
spinge
vicino
al
paradosso
lo
scetticismo
che
dopo
l
'
assassinio
di
Pia
Rontini
e
Claudio
Stefanacci
,
settima
coppietta
uccisa
e
seviziata
nelle
campagne
intorno
a
Firenze
dal
1968
a
oggi
,
si
è
impossessato
di
lui
e
di
molti
altri
investigatori
.
Ma
c
'
è
davvero
un
solo
«
mostro
»
?
Ed
è
possibile
che
non
abbia
lasciato
tracce
?
Che
14
corpi
siano
stati
sepolti
in
16
anni
senza
che
su
di
essi
sia
stato
trovato
nemmeno
un
indizio
che
aiuti
a
scoprire
il
volto
di
quello
che
sempre
più
appare
come
l
'
unico
assassino
?
Il
mostro
di
Firenze
ha
davvero
trovato
la
formula
del
delitto
perfetto
?
Molti
a
Firenze
pensavano
che
il
mostro
fosse
in
galera
dal
gennaio
scorso
,
da
quando
il
giudice
istruttore
Mario
Rotella
aveva
fatto
arrestare
i
cognati
ultrasessantenni
Giovanni
Mele
e
Piero
Mucciarini
.
I
due
,
secondo
questa
tesi
che
ha
retto
sei
mesi
,
avrebbero
aiutato
,
la
notte
del
21
agosto
1968
,
il
loro
parente
Stefano
Mele
ad
assassinare
la
moglie
Barbara
Rocci
e
il
suo
amante
Antonio
Lo
Bianco
sorpresi
dentro
una
Giulietta
in
campagna
fuori
Lastra
a
Signa
,
pochi
chilometri
a
ovest
di
Firenze
.
Otto
proiettili
Winchester
serie
H
sparati
con
una
Beretta
calibro
22
uccisero
gli
amanti
.
Stefano
Mele
,
il
marito
pluritradito
,
nel
1968
invece
era
stato
riconosciuto
unico
colpevole
dell
'
omicidio
e
condannato
a
14
anni
.
La
sentenza
concludeva
:
«
L
'
eventuale
partecipazione
di
un
terzo
alla
commissione
del
delitto
perde
ogni
consistenza
»
.
Ma
quella
Beretta
continuò
a
sparare
mentre
Mele
era
in
prigione
e
continuò
a
uccidere
sempre
e
solo
coppie
sorprese
a
fare
all
'
amore
dentro
una
macchina
in
campagna
.
Poiché
era
difficile
pensare
che
l
'
arma
,
cambiato
proprietario
,
servisse
a
commettere
omicidi
simili
,
si
pensò
che
con
Mele
,
a
uccidere
la
moglie
e
l
'
amante
,
ci
fosse
stato
un
complice
che
,
poi
,
messosi
in
proprio
,
divenne
il
mostro
.
Interrogato
nell
'
agosto
1982
,
Stefano
Mele
disse
che
suo
partner
nel
delitto
era
stato
Francesco
Vinci
,
sardo
come
lui
,
un
altro
amante
della
«
sua
signora
»
,
anch
'
egli
tradito
e
più
geloso
del
marito
.
Vinci
si
fece
15
mesi
di
carcere
come
mostro
.
Ma
quella
Beretta
uccise
di
nuovo
mentre
se
ne
stava
in
cella
.
Fu
richiamato
Stefano
Mele
che
si
scusò
,
disse
di
avere
accusato
Vinci
per
vendicarsi
dei
torti
subiti
e
senza
troppe
esitazioni
puntò
il
dito
contro
il
fratello
Giovanni
e
il
cognato
Piero
Mucciarini
,
che
,
ovviamente
,
furono
arrestati
.
Ma
domenica
29
luglio
,
in
un
bosco
vicino
a
Vicchio
,
la
solita
Beretta
è
tornata
a
uccidere
una
coppia
appartata
in
macchina
.
Questa
volta
il
maniaco
assassino
ha
asportato
alla
ragazza
,
Pia
Rontini
,
non
solo
il
pube
ma
anche
un
seno
.
Il
mostro
è
quindi
stato
sempre
libero
e
ormai
è
certo
che
con
i
protagonisti
del
vecchio
delitto
di
16
anni
fa
non
ha
proprio
niente
a
che
fare
.
Se
le
cose
stanno
così
,
e
non
si
vede
per
il
momento
come
altrimenti
potrebbero
stare
,
sappiamo
in
primo
luogo
che
l
'
ombra
chiamata
«
mostro
di
Firenze
»
sceglie
a
caso
le
sue
vittime
.
Nessun
collegamento
esiste
tra
lui
e
la
coppia
che
uccide
.
Certamente
lui
sa
che
questo
è
l
'
elemento
di
base
di
un
delitto
perfetto
,
perché
disorienta
completamente
la
bussola
di
un
'
indagine
.
Sa
anche
che
strafare
è
pericoloso
,
che
non
c
'
è
bisogno
di
esporsi
troppo
per
ottenere
pubblicità
:
basta
il
clamore
suscitato
da
ogni
suo
omicidio
.
Non
ha
mai
rivendicato
un
delitto
,
non
ha
mai
lanciato
sfide
alla
polizia
o
alla
città
.
L
'
ombra
si
fa
gli
osceni
interessi
suoi
,
pensando
solo
,
come
un
ragioniere
dell
'
orrore
,
a
non
lasciare
tracce
e
a
scegliere
luoghi
e
momenti
opportuni
per
colpire
,
come
se
potesse
benissimo
controllare
la
sua
ossessione
.
Dal
primo
delitto
la
sua
tecnica
si
perfeziona
nel
senso
che
si
semplifica
sempre
più
riducendo
al
minimo
gli
appigli
per
un
'
indagine
.
Già
il
secondo
delitto
,
commesso
il
14
settembre
1974
a
Borgo
San
Lorenzo
,
a
pochissima
distanza
dal
luogo
dove
avrebbe
colpito
dieci
anni
dopo
ma
a
circa
cinquanta
chilometri
dal
primo
,
avviene
la
notte
di
un
sabato
senza
luna
.
Così
il
terzo
,
ben
6
anni
dopo
,
il6
giugno
1981
a
Scandicci
;
così
il
quinto
,
il
19
giugno
1982
a
Montespertoli
.
Il
quarto
delitto
avvenne
il
22
ottobre
1981
,
un
giovedì
,
ma
il
giorno
dopo
era
stato
proclamato
uno
sciopero
generale
.
La
sesta
volta
,
il
9
settembre
1983
,
a
Giogoli
,
località
fra
Firenze
e
Scandicci
,
uccise
di
venerdì
.
Sempre
,
quindi
,
il
ragioniere
dell
'
orrore
colpisce
la
vigilia
di
un
giorno
non
lavorativo
,
purché
non
ci
sia
luna
.
Molti
hanno
fantasticato
su
queste
circostanze
andando
a
cercare
esoteriche
ragioni
a
una
scelta
che
quasi
sicuramente
è
invece
solo
razionale
.
Nelle
sere
precedenti
una
festa
è
molto
più
facile
imbattersi
in
una
coppietta
sulle
colline
che
da
ogni
parte
circondano
Firenze
,
e
in
una
notte
senza
luna
,
magari
con
un
abito
nero
indosso
,
l
'
ombra
è
molto
più
difficilmente
visibile
.
Forse
però
,
invecchiando
,
il
mostro
tiene
un
po
'
meno
a
freno
i
suoi
impulsi
.
L
'
ultimo
delitto
lo
ha
commesso
una
domenica
sera
.
Ci
sono
fondati
motivi
per
ritenere
che
egli
abbia
tentato
di
farlo
,
come
abitudine
,
la
sera
prima
,
il
sabato
.
Ma
quella
notte
nessuna
coppia
andò
nel
sentiero
di
Boschetta
che
invece
ospitò
la
sera
dopo
Pia
e
Claudio
.
L
'
assassino
,
andatogli
a
monte
il
piano
per
la
data
che
aveva
fissato
,
non
ha
saputo
rinviare
troppo
in
là
e
altrove
l
'
appuntamento
con
la
morte
,
ed
è
tornato
nello
stesso
luogo
24
ore
dopo
.
Per
la
prima
volta
ha
corso
un
grosso
rischio
,
esponendo
se
stesso
e
la
sua
auto
alla
possibilità
di
essere
notati
.
La
circostanza
,
se
dovesse
essere
confermata
,
dimostra
la
validità
di
un
'
altra
ipotesi
sul
mostro
:
lui
fissa
la
data
dell
'
omicidio
,
sceglie
il
luogo
dove
colpire
e
uccide
la
prima
coppia
che
vi
capita
.
Che
la
scelta
dei
luoghi
sia
molto
importante
nei
suoi
orrendi
piani
era
stato
già
intuito
.
Forse
fa
dei
sopralluoghi
.
Colpiscono
questi
luoghi
del
delitto
per
due
caratteristiche
:
sono
incredibilmente
simili
uno
all
'
altro
e
appaiono
a
prima
vista
come
i
meno
indicati
per
tendere
un
agguato
.
Sono
sempre
molto
vicini
a
strade
asfaltate
frequentate
nei
sabati
notte
soprattutto
da
giovani
che
in
auto
o
in
moto
si
spostano
tra
i
paesi
che
circondano
Firenze
.
Le
auto
delle
coppie
prese
di
mira
dal
mostro
hanno
sempre
su
un
lato
vegetazione
alta
,
grossi
cespugli
o
alberi
,
insomma
una
specie
di
cortina
.
Dall
'
altro
lato
,
invece
,
si
estendono
sempre
campi
piuttosto
vasti
,
a
bassa
vegetazione
,
così
che
il
luogo
dà
l
'
impressione
di
essere
fin
troppo
scoperto
.
Il
mostro
vuole
proprio
questo
perché
la
cortina
di
alberi
lo
ripara
alla
vista
di
chiunque
e
la
bassa
vegetazione
che
si
estende
davanti
a
lui
gli
consente
di
vedere
anche
da
abbastanza
lontano
se
qualcuno
non
desiderato
è
nei
paraggi
o
si
avvicina
.
L
'
ombra
deve
anche
intendersene
abbastanza
di
armi
.
La
Beretta
calibro
22
che
usa
fu
definita
già
nella
perizia
fatta
nel
1968
«
vecchia
,
arrugginita
e
usurata
»
,
eppure
per
tutto
questo
tempo
l
'
assassino
è
riuscito
a
mantenerla
perfettamente
funzionante
.
La
pistola
è
del
tipo
«
long
rifle
»
,
di
quelle
cioè
che
si
usano
nei
tirassegni
.
Il
caricatore
ha
dieci
colpi
,
che
con
quello
in
canna
fa
un
totale
di
undici
.
Il
mostro
non
spara
mai
più
di
otto
colpi
contro
le
sue
vittime
,
tenendone
da
parte
tre
,
con
la
prudenza
che
sempre
lo
contraddistingue
,
nel
caso
si
creasse
una
situazione
di
pericolo
.
Le
cartucce
,
anch
'
esse
abbastanza
vecchiotte
,
sono
sempre
Winchester
serie
H
di
due
tipi
,
o
ramate
o
a
piombo
nudo
.
In
sette
delitti
il
mostro
ha
esploso
cinquantasei
colpi
e
poiché
ogni
confezione
ne
conta
cinquanta
,
si
può
essere
certi
che
ne
ha
buona
scorta
,
comprata
verosimilmente
in
una
sola
volta
.
Il
mostro
sembra
sapere
che
l
'
unica
traccia
che
come
una
firma
lascia
sui
luoghi
dei
delitti
,
cioè
i
bossoli
delle
pallottole
,
non
potrà
mai
portare
gli
investigatori
fino
a
lui
.
Di
quelle
pistole
solo
in
Toscana
ne
esistono
quattordicimila
e
i
proiettili
sono
del
tipo
più
comune
.
Un
altro
particolare
suggerisce
l
'
idea
che
egli
sia
un
buon
tiratore
o
comunque
una
persona
che
si
intende
di
armi
.
Il
percussore
della
sua
«
usurata
»
pistola
lascia
sui
fondelli
un
segno
tanto
particolare
che
chi
li
ha
visti
una
volta
sa
poi
riconoscerli
alla
prima
occhiata
.
In
sedici
anni
quel
segno
non
si
è
mai
modificato
,
neanche
all
'
esame
del
microscopio
elettronico
.
Questo
potrebbe
dire
che
quella
Beretta
viene
usata
solo
per
commettere
i
delitti
e
che
se
l
'
ombra
si
allena
al
tiro
lo
fa
con
un
'
altra
pistola
.
Nonostante
queste
considerazioni
,
ci
sono
diversità
di
opinioni
tra
gli
investigatori
sull
'
ipotesi
se
egli
sia
o
no
un
buon
tiratore
.
Per
il
capo
della
Criminalpol
toscana
,
Giuseppe
Grassi
,
«
non
ci
vuole
molta
abilità
a
centrare
un
grosso
bersaglio
praticamente
immobile
da
pochi
centimetri
di
distanza
»
.
Per
il
medico
legale
Mauro
Maurri
,
che
ha
fatto
le
necroscopie
su
tutti
i
cadaveri
delle
vittime
,
«10
sparatore
è
un
tiratore
espertissimo
.
Tutte
le
vittime
sono
morte
all
'
istante
»
.
In
verità
una
volta
l
'
ombra
sbagliò
,
in
occasione
del
delitto
commesso
i119
giugno
1982
a
Montespertoli
.
Quella
notte
l
'
ombra
scelse
una
radura
a
pochi
metri
di
distanza
dalla
strada
che
dalla
frazione
di
Baccaiano
porta
al
castello
di
Poppiano
.
Verso
mezzanotte
vi
si
fermò
la
127
di
Paolo
Mainardi
e
di
Antonella
Migliorini
.
L
'
assassino
li
osserva
nascosto
dietro
una
cortina
di
alberi
e
decide
di
intervenire
,
come
sempre
,
un
attimo
prima
che
le
effusioni
dei
due
giovani
si
completino
.
Il
primo
colpo
serve
a
spezzare
il
finestrino
e
contemporaneamente
deve
centrare
l
'
uomo
.
Quella
notte
,
però
,
la
pallottola
si
conficca
nella
spalla
di
Paolo
Mainardi
,
per
la
prima
volta
il
colpo
non
è
mortale
.
Nonostante
sia
ferito
,
Paolo
riesce
a
girare
la
chiavetta
inserita
nel
cruscotto
e
a
mettere
in
moto
la
macchina
.
Mentre
innesta
la
retromarcia
parte
un
secondo
colpo
che
attraversa
l
'
abitacolo
e
centra
il
cuore
di
Antonella
.
La
127
parte
all
'
indietro
a
tutta
velocità
e
arriva
sull
'
asfalto
.
La
ferita
,
il
terrore
fanno
però
perdere
a
Paolo
il
controllo
dell
'
auto
.
C
'
è
un
urto
violento
,
lo
sportello
vicino
al
posto
di
guida
rimane
bloccato
e
non
cede
sotto
lo
sforzo
di
Paolo
che
cerca
di
aprirlo
per
fuggire
.
I
fari
,
rimasti
accesi
,
illuminano
l
'
assassino
che
si
avvicina
frontalmente
.
Prende
la
mira
e
con
straordinaria
freddezza
spara
.
Due
colpi
spengono
i
fari
che
gettavano
nella
campagna
una
luce
sospetta
e
gli
impedivano
di
vedere
il
ragazzo
al
volante
.
Un
altro
colpo
fora
il
parabrezza
e
colpisce
con
precisione
Paolo
in
mezzo
alla
fronte
.
Il
mostro
,
prudente
,
vuole
però
controllare
.
Attraversa
la
strada
,
si
avvicina
all
'
auto
,
entra
.
Spara
ancora
un
colpo
alla
testa
del
ragazzo
e
,
per
essere
sicuro
di
averlo
ucciso
,
ancora
un
altro
,
proprio
dietro
un
orecchio
.
In
un
punto
che
pochi
sanno
essere
il
più
mortalmente
vulnerabile
del
cranio
.
L
'
idea
che
l
'
assassino
possa
avere
conoscenze
mediche
o
sia
proprio
un
medico
si
affaccia
prima
ancora
di
andare
a
osservare
come
egli
compie
le
orrende
mutilazioni
sui
corpi
delle
ragazze
assassinate
.
L
'
asportazione
totale
di
un
pube
femminile
non
ha
riscontri
in
nessuna
pratica
chirurgica
,
per
cui
qualsiasi
analogia
è
impossibile
.
Ma
per
il
medico
legale
Maurri
,
considerato
che
il
mostro
agisce
in
condizioni
di
visibilità
pressoché
nulla
,
condizionato
dalla
necessità
di
fare
presto
,
l
'
assassino
fa
quei
tagli
«
con
estrema
perizia
»
.
Di
parere
simile
è
il
capo
della
Scientifica
.
Il
mostro
potrebbe
essere
un
cacciatore
ed
effettivamente
,
una
volta
,
in
occasione
del
delitto
del
14
settembre
1974
,
fu
raccolto
accanto
all
'
auto
dei
fidanzati
assassinati
un
bottone
rivestito
di
cuoio
,
di
quelli
che
si
applicano
alle
giacche
dei
cacciatori
.
Però
quel
bottone
poteva
essere
del
mostro
o
poteva
essere
lì
chissà
da
quanto
tempo
.
Così
,
dopo
sedici
anni
e
quattordici
vittime
il
commissario
Castiglione
non
ha
altri
dati
certi
su
cui
lavorare
che
qualche
decina
di
bossoli
perfettamente
identici
uno
all
'
altro
.
L
'
ombra
conosce
l
'
arte
di
mimetizzarsi
,
il
ragioniere
dell
'
orrore
si
confonde
nella
più
assoluta
normalità
.
Nessuna
delle
persone
che
di
giorno
gli
vivono
accanto
deve
mai
avere
avuto
un
sospetto
su
di
lui
,
che
addirittura
ha
cura
di
non
tornare
mai
da
un
omicidio
dopo
la
mezzanotte
.
«
Abbiamo
la
sensazione
»
commenta
in
un
momento
di
sconforto
il
vicequestore
Giuseppe
Grassi
,
«
di
dovere
cercare
non
il
tradizionale
ago
,
ma
la
paglia
nel
pagliaio
»
.
StampaPeriodica ,
Cicciolina
manda
tanti
bacini
al
volgo
in
tumulto
,
ma
il
compagno
Cosimo
Simeoni
si
liscia
i
baffi
scrollando
la
testa
:
«
Cosa
penso
di
questa
specie
di
comizio
elettorale
?
Penso
che
in
una
fase
politica
come
quella
che
stiamo
affrontando
,
fase
nella
quale
...
»
.
Si
blocca
folgorato
e
urla
:
«
A
'
Cicciolì
,
e
facce
vedé
le
zinne
pure
a
nnoi
!
»
.
Ilona
Staller
non
si
fa
pregare
:
un
piccolo
strattone
al
vestitino
celeste
e
...
oplà
!
Boato
.
Spintoni
,
sgomitate
,
pestoni
,
calci
.
Un
grido
:
«
I
bambini
!
Portate
via
i
bambini
!
»
.
Ma
bravo
,
compagno
Simeoni
:
lei
non
stava
dicendo
...
«
Che
c
'
entra
,
scusi
?
Il
mio
è
stato
un
gesto
politico
,
una
provocazione
,
uno
sberleffo
a
lei
e
a
quel
buffone
di
Pannella
...
E
poi
,
Pomo
è
omo
»
.
Figurati
se
non
lo
sa
Cicciolina
.
Lo
sa
,
lo
sa
.
Appena
compare
in
qualche
tappa
del
suo
«
porta
a
porta
»
elettorale
,
in
piedi
come
il
papa
su
una
camionetta
rossa
guidata
da
un
vitellone
travestito
da
Gesù
,
paralizza
la
vita
dei
paesi
.
Il
traffico
si
blocca
,
i
vigili
si
sfiatano
,
i
bar
si
svuotano
,
i
ragazzotti
fischiano
,
qualche
vecchietto
diventa
cianotico
,
le
mamme
mettono
una
mano
sugli
occhi
dei
ragazzini
,
distinti
signori
mormorano
disgustati
«
anvédi
'
sta
zozzona
»
e
stanno
lì
a
ostentare
a
Ilona
tutta
la
loro
riprovazione
senza
staccarle
un
attimo
gli
occhi
di
dosso
.
Vuoi
vedere
che
fa
la
sorpresa
a
tutti
e
finisce
davvero
a
Montecitorio
?
«
Io
ci
spero
tanto
,
e
credo
di
potercela
fare
»
risponde
la
pornodiva
.
«
Sono
tanti
i
ricciolini
che
vorrebbero
la
loro
rappresentante
alla
Camera
.
Farei
raddrizzare
anche
il
curvo
Andreotti
.
»
Lei
vorrebbe
aprire
la
legislatura
«
con
un
costumino
a
pois
»
dice
«
molto
molto
molto
scioccante
»
,
ma
se
cicciolino
Pannella
glielo
chiederà
è
disposta
pure
a
sacrificarsi
in
un
severo
tailleur
.
E
se
le
chiedesse
anche
di
rinunciare
ai
baccanali
cine
-
fotografici
?
A
quei
grovigli
di
glutei
che
hanno
fatto
di
lei
la
regina
del
porno
italiano
?
«
Ah
,
no
:
non
possono
chiedermi
di
rinunciare
a
me
stessa
»
si
ribella
Ilona
.
«
Sono
una
porcella
e
voglio
rimanere
porcella
»
.
E
rivendica
la
geniale
sinteticità
del
suo
slogan
elettorale
:
«
Manda
alla
Camera
una
verde
a
luce
rossa
»
.
«
La
compagna
Cicciolina
è
venuta
da
noi
»
ha
detto
Giovanni
Negri
,
segretario
del
Partito
radicale
,
«
perché
siamo
l
'
unico
partito
che
non
le
chiede
di
spogliarsi
»
.
Tranquillo
,
ci
pensa
da
sola
.
Decisissima
a
diventare
deputato
,
Ilona
Staller
,
37
anni
,
ungherese
,
figlia
di
un
funzionario
di
governo
e
di
una
ostetrica
,
studi
abbandonati
dopo
l
'
iscrizione
alla
facoltà
di
medicina
,
ha
preso
le
elezioni
molto
sul
serio
.
«
Ho
fatto
stampare
150
mila
manifesti
»
spiega
.
«
Sorrido
,
mostro
la
tettina
e
chiedo
il
voto
.
Vorrei
andare
ad
attaccarli
io
stessa
,
ma
purtroppo
non
è
possibile
:
dove
vado
scoppia
sempre
una
bagarre
»
.
«
Tanti
,
eh
,
150
mila
manifesti
?
»
ammicca
Riccardo
Schicchi
,
35
anni
,
visetto
da
adolescente
,
studi
interrotti
ad
un
passo
dalla
laurea
in
architettura
,
fotografo
,
manager
,
amico
,
regista
e
guida
spirituale
(
se
così
si
può
dire
)
della
Messalina
magiara
.
«
Pensi
che
il
PCI
,
tutto
insieme
,
ne
ha
fatti
stampare
per
il
Lazio
350
mila
,
poco
più
del
doppio
»
.
Alle
affissioni
pensano
una
ventina
di
giovanotti
,
parte
legati
all
'
agenzia
fotografica
di
Schicchi
,
parte
volontari
votati
alla
causa
.
«
Loro
vanno
avanti
per
far
sapere
a
tutti
che
sto
per
arrivare
»
racconta
Cicciolina
.
«
Poi
io
li
seguo
.
Fino
alla
chiusura
della
campagna
elettorale
ho
annullato
tutti
i
miei
spettacoli
.
Anima
e
corpo
per
i
cicciolini
radicali
.
Giro
per
i
teatrini
della
mia
circoscrizione
,
Roma
,
Latina
,
Viterbo
e
Frosinone
,
e
faccio
due
comizi
al
giorno
.
Pomeriggio
e
sera
.
Ingresso
gratis
»
.
E
come
sono
questi
comizi
?
«
Dunque
:
prima
mi
tolgo
tutti
i
miei
vestitini
,
piano
piano
come
piace
ai
cicciolini
elettori
,
poi
quando
sono
tutta
nuda
spiego
il
mio
programma
»
.
Cioè
?
«
Aspetti
che
prendo
il
foglietto
con
gli
appunti
...
Eccolo
...
Allora
:
"
Il
mio
impegno
politico
è
coerente
con
il
mio
modo
di
essere
nei
miei
spettacoli
.
Sono
contro
ogni
censura
e
vivo
la
pornografia
perché
è
bello
fare
alla
luce
del
sole
quello
che
gli
altri
fanno
nel
buio
dell
'
ombra
di
se
stessi
.
Più
pornografia
uguale
conoscenza
,
uguale
meno
repressione
,
uguale
non
violenza
,
uguale
radicale
"
»
.
Mamma
mia
,
signorina
Staller
:
è
una
sintesi
un
po
'
tirata
...
Più
pornografia
uguale
radicale
...
Ma
gli
altri
sono
d
'
accordo
?
«
Cicciolino
Pannella
si
diverte
moltissimo
.
Anche
cicciolino
Bruno
Zevi
,
l
'
altro
giorno
,
mi
ha
battuto
le
mani
»
.
«
O
con
Ilona
o
contro
Ilona
»
taglia
corto
Riccardo
Schicchi
.
«
I
radicali
sono
persone
libere
.
E
hanno
deciso
di
stare
con
Ilona
.
Anche
le
femministe
credo
abbiano
superato
ogni
perplessità
.
»
«
Vedi
,
cicciolino
giornalista
,
io
non
sono
una
donna
oggetto
»
spiega
la
pornostar
.
«
Perché
sono
io
la
padrona
di
me
stessa
.
Non
mi
ha
spinto
nessuno
a
fare
le
foto
porcelle
,
l
'
ho
scelto
io
perché
mi
piace
.
Vorrei
un
letto
grandissimo
per
fare
felici
tutti
i
cicciolini
italiani
»
.
Programma
conciso
,
ma
esauriente
.
«
No
,
non
c
'
è
solo
sesso
.
Io
vorrei
anche
che
l
'
Italia
diventasse
colorata
,
contante
casette
piccole
,
tanti
alberi
e
ogni
cinque
casette
una
bella
piscinetta
.
Lo
proporrò
subito
,
se
divento
deputata
.
E
poi
,
chiudiamo
le
centrali
.
Io
dico
:
abbasso
l
'
energia
nucleare
,
viva
l
'
energia
sessuale
.
Bello
,
no
?
»
.
Ma
adesso
basta
con
i
discorsi
di
politica
:
tutti
fuori
,
si
va
alla
conquista
di
Anguillara
Sabazia
,
prima
tappa
della
campagna
elettorale
porta
a
porta
.
«
A
'
Nunzio
,
te
sei
messo
er
lenzolo
?
»
.
«
Arivo
,
nun
trovavo
più
la
corona
de
spine
»
.
Eccolo
qua
,
il
bullo
un
po
'
atticciato
che
fa
la
parte
del
Gesù
autista
.
Scusi
Cicciolina
,
ma
non
crede
che
qualche
cattolico
si
possa
offendere
a
vedere
lei
scorrazzata
da
un
finto
Cristo
?
«
Perché
?
E
carina
come
idea
,
no
?
E
poi
sono
più
vicina
a
Gesù
io
di
tanti
democristiani
»
.
Anguillara
,
a
noi
.
Alle
prime
case
del
paese
,
Ilona
Staller
lascia
l
'
auto
sulla
quale
viaggiava
(
«
Non
posso
prendere
aria
,
ho
un
raffreddore
terribile
...
sono
sempre
così
poco
vestita
...
»
)
e
si
trasferisce
sulla
camionetta
rossa
scoperta
.
Si
mette
in
piedi
,
si
toglie
il
pellicciotto
,
abbassa
un
po
'
sul
seno
l
'
orlo
del
vestitino
azzurro
,
butta
indietro
i
capelli
biondissimi
.
Paralisi
.
«
Aoh
,
c
'
è
Cicciolina
!
»
Cinque
minuti
e
la
piazzetta
è
piena
.
Mani
che
si
tendono
,
urla
,
accorrere
di
gente
.
«
Va
'
a
chiamare
Nando
,
va
'
a
chiamare
Nando
!
»
ordina
un
ragazzino
all
'
amico
.
«
E
vacce
te
!
»
risponde
l
'
altro
.
«
Se
intanto
quella
se
spoja
?
»
Arriva
un
vigile
:
«
Signorina
,
per
carità
!
»
.
E
lei
:
«
Mi
voti
?
Lo
dai
un
voto
alla
tua
Cicciolina
?
Numero
49
lista
radicale
»
.
E
il
coro
risponde
:
«
Te
votiamo
tutti
,
Cicciolina
bbella
!
»
.
Al
bar
Castello
,
una
decina
di
avventori
giocano
a
carte
e
guardano
dalla
finestra
che
s
'
affaccia
sulla
piazzetta
.
Un
anziano
serio
serio
cala
il
sette
di
coppe
e
si
rifiuta
pure
di
girarsi
:
«
Manco
la
vojo
vede
'
,
quella
zoccola
.
Proprio
bene
siamo
messi
,
se
alle
elezioni
si
presentano
pure
le
mignotte
»
.
«
Ma
va
là
»
lo
rimbrotta
Pietro
Casasanta
,
che
all
'
altro
tavolo
gioca
a
ramino
.
«
Questa
sarà
deputato
,
sicuro
.
È
uno
sfottò
alla
politica
.
E
poi
,
co
tutti
'
sti
politici
che
ce
fottono
,
almeno
lei
fa
l
'
incontrario
»
.
Ilona
si
affaccia
alla
finestra
e
si
sporge
verso
il
gruppo
di
giocatori
:
«
Cicciolini
,
siete
radicali
?
Lo
date
il
voto
alla
vostra
micetta
?
Numero
49»
.
Fa
il
Casasanta
:
«
E
tu
che
mi
dai
?
Nun
me
mostri
niente
?
»
.
E
lei
:
«
Vuoi
vedere
queste
?
»
.
Neanche
il
tempo
di
fiatare
e
l
'
uomo
ci
mette
le
zampe
sopra
.
«
Ammazza
che
robba
»
.
Lei
fa
un
gridolino
:
«
Che
simpatico
,
me
lo
dai
anche
un
bacino
?
Me
lo
dai
il
voto
?
»
.
Sul
piazzale
,
Filippo
Paolessi
si
calca
il
basco
sulla
testa
:
«
Sono
cinquant
'
anni
che
lavoro
i
campi
,
e
Dio
sa
quanto
il
mio
partito
,
i
miei
compagni
comunisti
mi
abbiano
deluso
.
Ma
questa
no
,
questa
non
la
voterei
mai
.
Mi
vergogno
io
per
lei
»
.
«
Questo
Pannella
non
lo
capisco
»
dice
un
altro
vecchietto
.
«
Ha
messo
su
un
partito
di
pregiudicati
»
.
E
via
di
nuovo
,
in
marcia
su
Trevignano
Romano
.
Bel
colpo
:
sulla
passeggiata
lungo
il
lago
di
Bracciano
c
'
è
gran
movimento
.
Tutti
fuori
,
a
far
due
passi
e
mangiare
un
cornetto
.
Macchine
che
vanno
e
vengono
,
ordinatamente
.
Famigliole
sorridenti
,
anziani
sulle
panchine
a
godersi
il
sole
tiepido
.
Di
colpo
,
piomba
la
notizia
:
«
Sta
arrivando
Cicciolina
!
»
.
E
mezzo
paese
si
schiera
ai
lati
della
strada
,
incuriosito
,
imbarazzato
,
divertito
,
eccitato
.
Si
svuota
il
bar
Miralago
,
viene
evacuata
la
gelateria
Stefanelli
.
Un
bambino
strilla
:
«
Famme
vedè
la
fata
turchina
»
.
E
il
papà
alla
mamma
:
«
Giovà
,
porta
via
er
ragazzino
che
questa
è
robba
nostra
»
.
Un
signore
apostrofa
la
pornocandidata
:
«
Vattene
via
,
fila
!
»
.
E
lei
:
«
Sei
comunista
?
Sei
un
cicciolino
bigotto
comunista
?
»
.
Riccardo
Schicchi
la
mette
in
riga
:
«
Cicciolina
,
non
continuare
così
.
Noi
non
siamo
anticomunisti
...
»
.
Arriva
il
vigile
urbano
Edoardo
De
Santis
:
«
Vi
potete
spostare
un
po
'
?
»
.
Lei
:
«
Cicciolino
vigile
,
me
lo
dai
il
voto
?
»
.
E
lui
:
«
Non
posso
,
sono
minorenne
»
.
Voce
dalla
folla
:
«
Nuda
!
Nuda
!
»
.
Riccardo
Schicchi
,
professionale
,
dà
la
disposizione
:
«
Cicciolina
,
mostra
il
seno
!
»
.
Lei
esegue
.
Muggito
di
folla
.
Si
avvicina
un
giovanotto
con
gli
occhialetti
da
intellettuale
.
Ritira
dalle
mani
di
Ilona
un
volantino
e
una
carezza
.
Bacino
e
se
ne
va
.
Come
ti
chiami
?
«Gianluca.»
La
voterai
?
«
Sì
.
In
lista
con
i
radicali
c
'
è
anche
il
professore
Pio
Fedele
,
il
più
insigne
studioso
di
diritto
canonico
italiano
.
Insegna
alla
Lateranense
.
Voto
lui
e
Cicciolina
»
.
E
così
va
avanti
la
gran
corsa
di
Cicciolina
verso
i
banchi
di
Montecitorio
.
Schicchi
dice
:
«
Attacca
il
manifesto
»
.
E
lei
esegue
.
«
Da
'
i
bacini
»
.
E
lei
esegue
.
«
Mostra
il
seno
»
.
E
lei
esegue
.
«
Sorridi
»
.
E
lei
esegue
.
«
Ricopriti
»
.
E
lei
esegue
.
«
Giù
le
spalline
»
.
E
lei
esegue
.
Il
Parlamento
val
bene
una
mossa
.
StampaPeriodica ,
Come
un
medico
dall
'
orologio
d
'
oro
al
capezzale
dell
'
infanzia
,
così
il
circo
,
clown
occhialuto
,
porge
sciroppi
e
rimedi
alla
gioventù
malata
di
teatro
.
E
la
sabbia
delle
piste
ha
per
essa
lo
stesso
odore
dei
balsami
di
tolù
,
di
quei
caldi
aromi
consolatori
.
Movendo
dall
'
atto
secondo
,
in
cui
il
protagonista
Hinkemann
si
esibisce
nel
ruolo
di
mangiatopi
in
un
baraccone
,
Bruno
Cirino
(
Teatroggi
)
ha
impostato
Il
mutilato
di
Ernst
Toller
come
una
rappresentazione
di
circo
,
di
piccolo
circo
sdrucito
della
periferia
.
Un
telone
d
'
argento
,
dietro
il
quale
si
accende
a
tratti
,
come
nei
luna
-
park
,
una
fluente
treccia
di
lampadine
,
una
rossa
grancassa
e
una
grande
ruota
,
che
è
insieme
attrazione
da
fiera
e
graticola
e
macchina
da
colonia
penale
.
Come
le
isole
di
un
arcipelago
,
i
teatrini
si
scambiano
su
invisibili
navi
le
merci
delle
loro
esperienze
:
è
chiaro
che
l
'
architettura
di
questo
spettacolo
risente
della
conclusiva
sequenza
del
Risveglio
di
primavera
di
Nanni
.
Al
proprietario
del
baraccone
,
che
immaginavo
polputo
e
con
guance
di
melanzana
come
l
'
impresario
dell
'
Angelo
azzurro
di
Sternberg
,
il
regista
ha
sostituito
un
rabbioso
e
spietato
domatore
che
con
la
frusta
incalza
ed
umilia
i
semplici
,
gli
sventurati
,
costringendoli
a
salti
guitteschi
.
Avvilite
sembianze
,
gli
attori
in
tute
mimetiche
a
chiazze
arancione
matteggiano
,
ballano
,
strisciano
come
lombrichi
,
con
musica
di
tromboni
e
di
Knappentanz
.
Ciondolando
con
testa
di
leone
,
scambiandosi
affannosamente
bombette
,
e
con
criniera
equina
e
gualdrappa
mutandosi
in
un
quadrupede
simile
a
quello
del
balletto
Parade
,
traspongono
in
virtuosismi
da
acrobati
,
in
figurazioni
zoologiche
la
goffa
vicenda
di
Toller
,
i
suoi
sfocati
conflitti
,
il
suo
manicheismo
da
cartellone
.
E
nella
parade
-
allée
del
finale
ci
si
presentano
con
fuciletti
e
corazze
e
manopole
da
gladiatori
,
da
spartachi
,
forse
alludendo
allo
spartachismo
.
Schinieri
di
latta
e
bracciali
da
Darix
Togni
il
regista
affibbia
in
certi
punti
anche
a
Hinkemann
-
Homunculus
.
Nella
pendula
e
mogia
interpretazione
di
Ernesto
Colli
il
personaggio
assomiglia
,
non
tanto
a
un
«
orso
tedesco
»
,
a
una
disperata
larva
dell
'
espressionismo
,
quanto
a
uno
stanco
fachiro
di
Porta
Portele
,
la
faccia
esangue
e
tagliente
come
una
scure
,
capelli
lunghi
da
nazzareno
.
Rouault
ci
ha
avvertiti
nei
suoi
dipinti
della
parentela
tra
Cristo
e
i
pagliacci
.
Per
dilatare
l
'
equivalenza
Hinkemann
-
Cristo
accennata
da
Toller
,
il
regista
fa
sì
che
il
suo
primo
attore
si
collochi
sulla
ribalta
come
su
un
golgota
,
con
le
braccia
aperte
come
su
una
croce
,
spennacchiato
,
deserto
,
nella
conoide
luce
di
zafferano
.
Ci
aspettavamo
che
la
desolata
confessione
dell
'
eunuco
assumesse
un
'
irruenza
vocale
così
lacerante
da
disgradare
il
grido
di
gallo
del
professor
Unrat
nell
'
Angelo
azzurro
.
Ma
gli
interpreti
tutti
parlano
a
fior
di
labbra
,
bisbigliano
,
perdono
continuamente
la
voce
,
come
le
lumache
la
bava
.
E
del
resto
la
trascrizione
in
chiave
funambola
disperde
molti
elementi
fondamentali
del
testo
:
la
mascherata
degli
invalidi
con
organetti
,
la
simbologia
che
raccorda
la
perdita
del
piffero
con
l
'
acquisto
della
veggenza
,
l
'
allucinazione
ed
il
gusto
del
deforme
,
che
accostano
le
retoriche
apocalissi
di
Toller
alle
pitture
di
Frans
Masereel
e
di
Otto
Dix
.
Quando
smette
gli
sbalzi
e
le
capriuole
del
circo
,
la
recitazione
si
allenta
in
cadenze
dormigliose
e
svogliate
a
malapena
adombrando
il
rancore
che
intride
l
'
avvilimento
,
la
nausea
che
nasce
dall
'
esser
scherniti
,
lo
strazio
di
un
'
indifesa
ridicolaggine
.
Ciò
non
vuol
dire
però
che
lo
spettacolo
sia
magro
di
ghiotte
trovate
.
Grete
Hinkemann
(
Saviana
Scalfi
)
all
'
inizio
si
stende
,
come
inchiodata
,
sulla
ruota
che
gira
,
variante
della
«
rete
»
di
cui
parla
Toller
,
e
alla
fine
,
forse
per
significare
una
derisoria
gravidanza
,
viene
ostentando
,
ripulsivo
impasto
di
ginecologia
e
baraccone
,
enormi
mammelle
di
gomma
,
un
ventre
sfoggiato
,
due
lombi
badiali
.
Con
quell
'
obeso
costume
di
ciambelle
verdognole
,
con
quei
gonfiori
da
manichino
del
teatro
di
Schlemmer
e
da
pupazzo
della
Michelin
,
la
guitta
Grete
del
luna
-
park
di
borgata
,
la
saltatrice
lasciva
diventa
l
'
idropica
ipòstasi
di
una
scurrile
maternità
derelitta
.
E
ti
sembra
d
'
un
tratto
che
la
sua
enfiata
figura
condensi
tutti
i
drammi
d
'
alcova
che
lievitano
nei
casamenti
spettrali
dello
squallido
rione
di
Centocelle
,
dove
lo
scantinato
di
questo
teatrino
si
inselva
.
Non
conosce
alberi
Centocelle
.
Sono
andato
a
cercarli
altrove
,
sotto
il
tendone
del
Teatro
libero
nel
Circo
al
colle
Oppio
,
dove
si
recita
,
nella
regia
di
Armando
Pugliese
,
Il
barone
rampante
di
Calvino
.
Fantasticavo
di
trovarvi
una
delle
calvinesche
«
città
invisibili
»
,
una
Magnolia
,
un
'
Arbòrea
fogliosa
,
e
invece
mi
ha
accolto
una
dura
carpenteria
,
un
anello
di
ruvidi
e
inospiti
ceppi
,
tra
le
cui
forcelle
si
snoda
un
aereo
sentiero
,
come
una
pista
di
go
-
kart
.
Su
quel
cerchio
pensile
corrono
Cosimo
e
gli
altri
personaggi
invasati
da
dendropatia
e
tarzanismo
.
Ma
per
i
loro
scambietti
e
duelli
ed
inseguimenti
gli
interpreti
dispongono
anche
di
tre
piattaforme
e
della
pista
centrale
,
il
che
permette
un
assiduo
mutamento
di
luogo
e
procura
dei
bei
torcicolli
.
Le
idee
ronconiane
hanno
prosperato
diversi
congegni
:
da
questa
nocchiuta
alberatura
alle
mansioni
del
Grand
Magic
Circus
di
Jérôme
Savary
.
Nella
girandola
del
colle
Oppio
,
frammezzo
agli
spettatori
appollaiati
come
galline
su
trespoli
,
una
sfrenata
e
agilissima
compagnia
di
saltimbanchi
in
polpe
,
livree
,
crinoline
,
tricorni
,
parrucche
traduce
in
una
farsa
frenetica
l
'
adorabile
libro
,
purtroppo
stracciandone
l
'
esile
filigrana
.
In
quel
patassio
le
settecentesche
figure
si
riducono
a
concitate
macchiette
da
varietà
di
provincia
.
Questa
non
è
la
fiabesca
villa
di
Ombrosa
,
ma
una
qualsiasi
Massa
Lubrense
in
autunno
.
Come
accade
oggi
in
molti
teatrini
,
anche
sul
colle
Oppio
la
sostanza
verbale
si
soffoca
con
sovrattoni
,
con
strilli
,
con
putiferi
.
Non
basta
urlare
come
pirati
all
'
assalto
di
un
castello
pugliese
,
bisogna
vezzeggiar
la
parola
.
Non
basta
far
chiasso
,
perché
nasca
l
'
incanto
della
pagliacceria
.
StampaPeriodica ,
Giuliano
Ferrara
ingrassa
(
di
felicità
)
quanto
più
fa
il
malandrino
.
Dopo
il
fallimento
della
sua
malandrinata
in
Mugello
,
è
tornato
a
me
.
Tornato
perché
è
da
parecchio
che
ingrassa
punzecchiandomi
.
Quando
era
direttore
di
«
Panorama
»
,
il
suo
settimanale
non
perdeva
occasione
per
sfruculiarmi
.
Ora
che
la
sua
ammiraglia
è
diventata
«
Il
Foglio
»
,
Giulianone
(
o
il
suo
elefantino
)
provvede
da
sé
,
a
viso
aperto
.
A
fine
anno
è
partito
lancia
in
resta
contro
un
mio
libriccino
,
Homo
videns
,
dandomi
di
«
editorialista
supercilioso
»
,
scagliandomi
contro
dotti
richiami
a
Parmenide
,
Platone
e
Aristotele
,
e
addirittura
chiedendosi
:
«
Leggono
questi
professori
?
»
.
Stavo
ancora
contando
le
mie
letture
,
quand
'
ecco
che
mi
arriva
addosso
un
'
altra
bordata
.
E
finalmente
ho
capito
che
Ferrara
stava
ingrassando
troppo
(
di
felicità
)
,
e
che
per
il
suo
bene
era
bene
farlo
soffrire
.
Anche
se
mi
rendo
conto
che
l
'
impresa
è
titanica
.
L
'
ultima
bordata
si
intitola
:
«
Nel
'93
Sartori
e
Panebianco
dicevano
peste
e
corna
del
Mattarellum
.
Si
sbagliavano
(
la
legge
ha
funzionato
)
.
Ora
ce
l
'
hanno
con
le
riforme
»
.
Sottotitolo
:
«
Due
maestri
di
politologia
non
fanno
i
conti
con
le
previsioni
sbagliate
»
(
«
Il
Foglio
»
del
13
febbraio
)
.
Non
posso
rispondere
per
Angelo
Panebianco
;
ma
,
visto
che
sono
d
'
accordo
con
lui
,
sono
prontissimo
a
prendere
in
carico
anche
le
sue
colpe
.
Il
Mattarellum
,
cioè
la
legge
elettorale
attualmente
in
vigore
,
ha
funzionato
?
Le
previsioni
sono
state
sbagliate
?
Vediamo
.
A
una
mente
di
aristotelica
possanza
non
dovrebbe
essere
spiegato
che
il
successo
,
qualsiasi
successo
,
si
misura
su
un
obiettivo
,
si
commisura
a
uno
scopo
.
Ma
tant
'
è
.
Quindi
a
Ferrara
spiego
che
anche
lui
è
tenuto
,
come
gli
altri
comuni
mortali
,
a
partire
da
questo
quesito
:
qual
è
,
o
quale
dovrebbe
essere
,
l
'
intento
di
una
riforma
elettorale
oggi
in
Italia
?
Al
quesito
gli
esperti
e
le
persone
sensate
rispondono
che
noi
soffriamo
di
troppi
partiti
,
di
troppa
frammentazione
,
e
quindi
che
il
nostro
obiettivo
prioritario
è
adottare
un
sistema
elettorale
che
riduca
il
numero
dei
partiti
e
che
li
costringa
ad
aggregarsi
.
Stranamente
il
Nostro
nemmeno
dà
mostra
di
essersi
mai
imbattuto
in
questa
tesi
(
ma
cosa
legge
Giulianone
sapiens
?
)
,
e
quindi
non
la
mette
in
conto
.
Per
lui
il
Mattarellum
ha
funzionato
a
questo
titolo
:
perché
i
partiti
si
sono
tutti
salvati
,
e
sono
addirittura
aumentati
.
Ma
questa
era
,
appunto
,
la
previsione
mia
,
di
Panebianco
e
dei
politologi
in
generale
.
La
previsione
era
dunque
esattissima
.
Mentre
resta
da
dimostrare
perché
mai
un
risultato
di
accresciuta
frammentazione
sia
utile
al
paese
e
serva
l
'
interesse
generale
.
Hic
Rhodus
,
hic
salta
.
Ma
il
nostro
Giulianone
salta
via
,
salta
da
un
'
altra
parte
.
Difatti
Ferrara
devia
il
discorso
sul
fatto
che
il
Mattarellum
ha
funzionato
nel
produrre
due
coalizioni
vincenti
,
prima
quella
di
Berlusconi
e
poi
quella
dell
'
Ulivo
.
E
Pierino
(
pardon
:
Ferrara
)
racconta
la
vicenda
così
.
«
Alle
elezioni
politiche
del
marzo
1994
la
nuova
legge
elettorale
[...]
produsse
per
la
prima
volta
una
maggioranza
definita
,
quella
del
Polo
[...]
scelta
dai
cittadini
(
l
'
incidente
della
maggioranza
debole
al
Senato
non
ebbe
conseguenze
sul
voto
di
fiducia
)
.
E
il
nuovo
Parlamento
,
anziché
rischiare
la
paralisi
come
paventavano
i
politologi
,
portò
alla
formazione
del
governo
Berlusconi
,
il
quale
cadde
[...]
non
perché
la
legge
elettorale
fosse
un
'
pasticcio
'
[...]
come
volevano
i
professori
ma
perché
la
coalizione
esplose
sotto
i
colpi
di
mortaio
di
Bossi
e
si
rivelò
un
'
alleanza
politicamente
impossibile
»
.
Mi
scuso
per
la
lunga
citazione
,
troppo
bella
per
lasciarsela
scappare
,
che
compenserò
con
chiose
brevi
.
Primo
.
Anche
in
passato
abbiamo
avuto
maggioranze
definite
,
in
genere
pentapartitiche
o
quadripartitiche
come
oggi
.
Quale
sarebbe
la
differenza
?
Che
non
erano
scelte
dai
cittadini
?
Che
erano
meno
obbligate
di
quelle
prodotte
dal
Mattarellum
?
Detto
o
mal
detto
così
,
il
punto
mi
sfugge
.
Secondo
.
È
inesatto
che
Berlusconi
avesse
una
maggioranza
debole
al
Senato
:
non
l
'
aveva
proprio
.
E
poi
il
problema
di
avere
una
maggioranza
si
pone
per
tutto
il
tempo
della
legislatura
,
non
soltanto
al
voto
di
fiducia
.
Terzo
.
La
paralisi
paventata
dai
politologi
non
,
è
del
Parlamento
ma
della
governabilità
,
ed
è
prodotta
,
appunto
,
da
alleanze
impossibili
.
Come
il
nostro
avverte
,
senza
però
avvertire
di
contraddirsi
.
Quarto
.
Se
la
coalizione
di
Silvio
Berlusconi
esplose
per
colpa
di
Umberto
Bossi
è
ovviamente
perché
Bossi
era
un
partner
indispensabile
di
quella
coalizione
.
Chi
lo
aveva
reso
tale
?
Sì
,
gli
elettori
.
Ma
anche
una
pessima
legge
elettorale
.
Dunque
il
nesso
con
il
sistema
elettorale
c
'
è
,
anche
se
Ferrara
non
lo
vede
o
fa
finta
di
non
vederlo
.
Ripartiamo
dalla
domanda
:
qual
è
lo
scopo
di
un
sistema
elettorale
?
In
attesa
che
Ferrara
dimostri
perché
dovrebbe
essere
la
frantumazione
di
un
sistema
partitico
,
debbo
tornare
a
rispondere
che
in
Italia
occorre
oggi
un
sistema
che
riduca
e
aggreghi
i
partiti
.
Quando
si
passa
a
considerare
la
governabilità
,
lo
scopo
primario
diventa
prefigurare
coalizioni
di
governo
quanto
più
possibile
omogenee
.
Come
?
Facendo
ricorso
,
appunto
,
a
un
sistema
elettorale
aggregativo
.
Il
Mattarellum
non
lo
è
(
e
nemmeno
lo
sarà
il
Mattarellum
Due
prefigurato
nella
famosa
cena
a
casa
di
Gianni
Letta
)
.
Difatti
ha
prodotto
per
due
volte
consecutive
coalizioni
eterogenee
,
scollate
e
intrinsecamente
conflittuali
.
Come
era
stato
esattamente
previsto
e
come
volevasi
dimostrare
.
Anche
su
questo
punto
,
la
natura
delle
coalizioni
,
Ferrara
fa
lo
gnorri
e
sposta
il
discorso
dalla
governabilità
alla
stabilità
.
Ma
,
intanto
,
una
volta
su
due
la
stabilità
non
c
'
è
stata
:
il
governo
Berlusconi
è
stato
instabilissimo
,
sette
mesi
in
tutto
.
Inoltre
l
'
instabilità
del
nostro
passato
viene
largamente
esagerata
.
Giulio
Andreotti
a
modo
suo
è
stato
stabilissimo
,
ben
sette
volte
presidente
del
Consiglio
(
seguito
da
Amintore
Fanfani
con
sei
volte
e
Aldo
Moro
con
cinque
)
;
e
Bettino
Craxi
è
durato
,
con
due
consecutivi
governi
pentapartitici
,
dal
4
agosto
1983
al
3
marzo
1987
,
quindi
per
quasi
l
'
intero
corso
della
IX
legislatura
,
quattro
anni
.
Anche
se
Romano
Prodi
resterà
in
sella
per
tutta
la
XIII
legislatura
,
anche
così
Ferrara
si
eccita
troppo
quando
scrive
che
il
governo
Prodi
sarà
«
il
primo
governo
di
legislatura
nella
storia
italiana
»
.
Visto
che
durare
con
la
proporzionale
dovrebbe
essere
più
difficile
che
con
il
maggioritario
,
Craxi
regge
il
confronto
.
Comunque
sia
,
a
che
cosa
serve
una
stabilità
senza
vera
forza
di
governo
?
Questo
è
il
problema
che
il
Nostro
elude
.
Eppure
,
visto
che
Ferrara
va
alla
caccia
dei
politologi
,
dovrebbe
essere
informato
di
cosa
dicono
.
Dunque
dovrebbe
sapere
che
per
il
sottoscritto
(
e
altri
)
la
stabilità
dei
governi
è
un
falso
scopo
.
Un
governo
può
durare
ed
essere
inefficiente
.
Il
che
vuol
dire
che
la
stabilità
è
soltanto
una
condizione
di
governabilità
.
Quattro
anni
di
un
Prodi
sempre
bloccato
da
Fausto
Bertinotti
non
risolvono
i
nostri
guai
.
Ripeto
:
di
per
sé
la
stabilità
è
un
falso
scopo
,
agitato
per
i
gonzi
e
per
far
perdere
di
vista
che
lo
scopo
vero
è
la
governabilità
.
Vengo
ora
a
due
critiche
specifiche
.
La
prima
è
questa
:
che
nel
1993
,
all
'
indomani
del
referendum
che
aprì
le
porte
alla
riforma
elettorale
in
senso
maggioritario
,
«
i
due
eccellenti
politologi
[
Panebianco
e
io
]
,
prigionieri
della
teoria
,
esercitarono
in
modo
scombiccherato
[...]
la
loro
funzione
di
critica
e
di
analisi
.
Non
vollero
tracciare
una
rotta
[...]
ma
si
limitarono
a
demolire
[...]
il
progetto
Mattarella
»
.
Ma
il
mio
eccellente
demolitore
qui
asserisce
il
falso
.
È
vero
tutto
il
contrario
,
e
cioè
che
sin
da
prima
del
referendum
Segni
-
Pannella
combattei
una
battaglia
per
spiegare
che
quel
referendum
lasciava
aperta
la
via
a
una
duplice
interpretazione
-
maggioritario
a
un
turno
,
o
anche
maggioritario
a
due
turni
-
e
che
la
seconda
era
da
preferire
.
Dopo
di
che
ho
insistito
per
cinque
anni
,
e
quasi
al
di
là
del
sopportabile
,
nel
raccomandare
la
rotta
del
doppio
turno
.
Ammesso
che
Giulianone
sapiens
legga
davvero
,
mi
sa
che
legge
alla
rovescia
.
L
'
altra
critica
è
che
«
il
27
novembre
1993
il
professore
interviene
sulla
dissoluzione
del
centro
asserendo
che
il
maggioritario
è
una
macchina
trita
-
centro
[...]
fatta
apposta
per
stritolare
il
centro
»
.
Dal
che
,
scrive
il
Nostro
,
il
professore
ricava
«
col
suo
stile
sapido
e
rubicondo
una
prognosi
infausta
sulla
definitiva
scomparsa
della
Dc
»
.
Embè
?
A
me
in
effetti
risulta
che
la
Dc
si
è
disintegrata
e
centrifugata
tra
sinistra
e
destra
.
Al
nostro
risulta
invece
che
«
la
smentita
sarà
clamorosa
»
.
Smentita
che
Ferrara
illustra
così
:
«
Il
partito
di
centro
,
i
popolari
di
Martinazzoli
,
riesce
a
salvarsi
proprio
per
effetto
del
maggioritario
corretto
dalla
proporzionale
»
,
mentre
i
«
centristi
cattolici
che
già
avevano
avuto
una
prima
scissione
con
la
nascita
del
Ccd
si
divideranno
poi
per
schiette
ragioni
politiche
»
.
Questa
sarebbe
una
smentita
?
Una
frantumazione
in
tre
pezzi
che
poi
perdono
complessivamente
un
20
per
cento
del
loro
vecchio
voto
?
Concedo
che
qui
il
nostro
scombicchera
al
suo
meglio
.
Ma
non
concedo
che
dal
suo
polverone
emerga
una
smentita
.
Allora
,
quali
sarebbero
le
previsioni
sbagliate
con
le
quali
i
politologi
dovrebbero
fare
i
conti
?
Ci
saranno
,
non
dico
di
no
;
ma
certo
Ferrara
non
le
ha
scoperte
.
Forse
perché
la
sua
vista
è
impedita
dai
suoi
egregi
errori
di
fatto
e
di
logica
.
StampaPeriodica ,
Beati
i
giovani
.
Io
non
li
invidio
più
di
tanto
perché
crescere
è
faticoso
.
Ma
ormai
abbondano
i
giovani
che
non
crescono
mai
.
E
il
giovane
beato
a
vita
,
che
non
cresce
faticando
,
comincia
a
fare
storia
nel
1968
.
La
generazione
che
maturava
negli
anni
Sessanta
è
stata
una
generazione
benedetta
da
tutte
le
fortune
.
Non
ha
conosciuto
guerre
in
casa
,
è
stata
coccolata
dal
boom
del
benessere
e
ha
visto
sparire
la
tirannide
dei
genitori
.
Quei
giovani
si
affacciavano
a
una
vita
che
non
era
più
,
ai
loro
occhi
,
labor
e
cioè
pena
,
sforzo
,
affanno
.
La
durezza
del
vivere
a
loro
era
ignota
.
A
tanta
maggior
ragione
le
energie
da
scaricare
erano
tante
.
Erano
anche
pronti
gli
strumenti
del
contagio
,
del
fare
massa
,
e
cioè
adeguatissime
comunicazioni
di
massa
.
E
dunque
tutto
era
pronto
per
una
rivoluzione
dei
giovani
.
L
'
evento
ci
prese
di
sorpresa
,
anche
perché
le
rivoluzioni
del
passato
avvenivano
per
fame
(
le
rivoluzioni
contadine
)
oppure
erano
rivoluzioni
contro
il
tiranno
.
Nel
1968
non
c
'
era
né
fame
né
tiranno
.
Così
la
rivoluzione
dei
giovani
divenne
universitaria
.
Scese
anche
per
strada
,
è
vero
.
Ma
il
suo
bersaglio
concreto
era
,
per
la
prima
volta
nella
storia
,
la
cultura
.
I
sessantottini
volevano
disfare
e
rifare
ab
imis
il
sapere
,
l
'
insegnamento
e
chi
insegnava
.
È
un
peccato
che
la
dizione
«
rivoluzione
culturale
»
sia
stata
accaparrata
da
Mao
.
In
Cina
quella
di
Mao
fu
una
spietata
purga
di
stampo
staliniano
.
La
vera
rivoluzione
culturale
è
stata
la
nostra
.
E
ha
prodotto
,
ahimè
,
una
riuscitissima
distruzione
culturale
.
Il
giovane
,
proprio
perché
è
giovane
,
scopre
.
E
la
grande
scoperta
dei
sessantottini
era
che
il
passato
era
da
azzerare
(
perché
marcio
o
comunque
perché
inutile
e
dannosa
zavorra
)
,
e
che
la
storia
ricominciava
da
loro
.
In
politica
i
problemi
sarebbero
stati
risolti
dalla
«
immaginazione
al
potere
»
,
e
nella
cultura
dalla
«
matematica
rossa
»
.
Erano
bambinate
.
In
passato
si
aspettava
che
la
fase
bambinesca
passasse
.
Sunt
pueri
et
puerilia
tractant
.
Liberi
i
fanciulli
di
fanciulleggiare
.
Ma
oggi
sunt
pueri
,
tamen
seria
tractant
.
Sono
fanciulli
e
tuttavia
trattano
di
cose
serie
.
Veniamo
,
allora
,
al
discorso
serio
.
Questo
:
che
la
scienza
infusa
,
la
scienza
innata
,
non
esiste
.
Ogni
neonato
parte
da
zero
.
Nasce
non
sapendo
niente
.
Gli
deve
essere
tutto
insegnato
facendolo
studiare
.
Può
saperne
di
più
-
nel
corso
della
sua
educazione
-
dei
suoi
educatori
,
e
cioè
di
chi
ha
già
studiato
?
Può
essere
(
esistono
autodidatti
prodigiosi
)
,
ma
è
molto
raro
.
Certo
,
ci
sono
educatori
pessimi
.
Ma
se
il
cattivo
maestro
è
da
sostituire
,
il
maestro
deve
pur
sempre
restare
.
E
se
i
maestri
sono
aboliti
(
perché
sostituiti
dai
loro
studenti
)
,
allora
le
scuole
vanno
abolite
.
Eppure
i
rivoluzionari
ancora
imberbi
(
ancorché
barbuti
)
del
Sessantotto
erano
convinti
di
sapere
e
di
essere
portatori
di
nuovo
sapere
.
In
realtà
il
sapere
(
pochissimo
e
soltanto
settario
)
dei
sessantottini
era
anch
'
esso
un
retaggio
del
passato
e
non
nasceva
per
nulla
dal
loro
cervello
.
Nella
sua
parte
rispettabile
(
e
quindi
prescindendo
dalle
puerili
Bibbie
di
Mao
,
del
Che
e
di
Gheddafi
)
quei
giovani
ripetevano
,
con
Marx
,
Marcuse
e
la
Scuola
di
Francoforte
,
il
percorso
della
dissoluzione
della
filosofia
hegeliana
.
Raymond
Aron
(
a
proposito
,
chi
era
?
)
scrisse
del
Sessantotto
che
si
trattava
di
una
«
rivoluzione
introvabile
»
.
Io
ho
scritto
che
era
una
«
rivoluzione
del
nulla
»
,
nel
senso
che
si
alimentava
di
vuoto
e
creava
vuoto
.
Passata
la
vampata
,
del
Sessantotto
è
restata
solo
la
pars
destruens
:
il
messaggio
anticulturale
-
il
rifiuto
della
cultura
come
patrimonio
di
millenni
di
sapere
-
e
il
messaggio
antielitista
.
Che
resta
,
ad
oggi
,
il
distintivo
del
sessantottino
.
Per
Mario
Capanna
gli
anni
della
rivoluzione
studentesca
furono
«
formidabili
»
.
Certo
,
formidabili
per
lui
e
per
i
molti
,
troppi
,
che
ne
hanno
ricavato
rendite
di
rivoluzione
.
Ma
nient
'
affatto
formidabili
per
chi
si
aggira
tra
le
rovine
della
scuola
prodotte
dalla
cultura
dell
'
anticultura
.
È
sempre
vero
,
probabilmente
,
che
in
ogni
epoca
il
numero
degli
stolti
è
infinito
.
Ma
una
cultura
dominata
da
stolti
e
intrisa
di
stoltezza
antielitista
è
un
inedito
.
Qualcuno
ha
detto
che
«
l
'
ignoranza
è
sempre
pronta
ad
ammirarsi
»
.
Difatti
mi
aspetto
,
per
il
trentennio
del
Sessantotto
,
una
travolgente
valanga
di
autoincensamenti
.
StampaPeriodica ,
Di
recente
Alberto
Ronchey
è
tornato
alla
carica
sulla
nostra
«
televisione
senza
qualità
»
.
E
anche
un
consigliere
di
amministrazione
della
Rai
,
Alberto
Contri
,
ha
criticato
in
diverse
occasioni
il
basso
livello
culturale
e
di
qualità
del
nostro
servizio
televisivo
.
Il
direttore
generale
della
Rai
,
Celli
,
risponde
con
statistiche
che
proverebbero
,
a
suo
dire
,
che
la
Rai
offre
più
«
servizio
pubblico
»
di
altre
reti
europee
.
Qualche
volta
rispondere
con
statistiche
è
rispondere
.
Ma
le
statistiche
di
Celli
appartengono
all
'
aria
fritta
.
Sapere
che
ai
tg
è
stato
dedicato
il
13
per
cento
,
alla
cultura
il
25
per
cento
e
agli
approfondimenti
il
14
per
cento
del
tempo
Rai
è
una
presa
in
giro
.
Per
esempio
,
se
il
contenuto
informativo
serio
e
di
interesse
pubblico
dei
nostri
tg
è
zero
,
1.300
ore
di
trasmissione
tg
fanno
sempre
zero
.
E
la
voce
cultura
come
viene
definita
?
Cosa
ci
viene
cacciato
dentro
?
E
a
che
ora
?
Dopo
mezzanotte
?
Per
dibattere
di
qualità
e
cultura
dobbiamo
essere
in
buona
fede
.
Acchiappare
queste
nozioni
è
un
po
'
come
acchiappare
un
'
anguilla
.
Chi
vuole
fare
il
furbo
se
la
cava
sempre
.
Ma
chi
non
cerca
di
fare
il
furbo
non
produce
statistiche
che
mettono
assieme
lucertole
e
coccodrilli
e
ammette
senza
cavilli
che
il
livello
culturale
di
un
film
di
Luchino
Visconti
fa
scomparire
il
livello
culturale
di
un
Carlo
Verdone
.
Facciamo
un
esempio
preciso
:
il
genere
dei
film
«
gialli
»
,
dei
«
mistery
»
.
Mi
si
consentirà
che
questo
genere
ha
un
buon
mercato
.
Eppure
Viale
Mazzini
ci
ha
propinato
senza
fine
il
mediocrissimo
ispettore
Derrick
e
ha
sempre
ignorato
i
bellissimi
mistery
inglesi
(
dai
Poirot
impersonati
da
David
Suchet
,
alla
serie
dell
'
ispettore
Morse
e
altre
)
.
Mi
si
risponde
che
in
Italia
il
mistery
inglese
non
va
.
Il
che
vuol
soltanto
dire
,
a
mio
avviso
,
che
la
nostra
tv
ha
diseducato
il
nostro
spettatore
a
livelli
da
quattro
soldi
,
appunto
a
livelli
Derrick
.
Comunque
,
il
punto
centrale
è
quello
del
servizio
pubblico
.
Per
Viale
Mazzini
«
pubblico
»
vuol
dire
«
acchiappare
pubblici
»
,
acchiappare
il
più
alto
numero
possibile
di
spettatori
.
Invece
no
.
Un
servizio
pubblico
è
tale
in
quanto
serve
un
interesse
pubblico
su
materie
di
pubblica
rilevanza
.
E
qui
il
fatto
è
che
i
nostri
telegiornali
ci
regalano
quasi
soltanto
una
cronaca
di
nessunissima
rilevanza
ai
fini
della
formazione
di
una
opinione
pubblica
.
Intanto
,
il
mondo
è
pressoché
sparito
(
basta
,
per
dimostrarlo
,
il
confronto
con
il
notiziario
delle
world
news
della
Bbc
)
;
e
il
resto
è
tutto
in
chiave
di
raccontino
lacrimoso
mammistico
.
Se
poi
l
'
obiezione
è
che
un
notiziario
serio
che
dà
notizie
che
ci
aiutano
a
capire
gli
eventi
otterrebbe
un
ascolto
del
5
per
cento
,
a
questa
obiezione
rispondo
che
un
5
per
cento
che
sa
qualcosa
è
pur
sempre
meglio
di
un
100
per
cento
che
non
sa
nulla
.
Rispondendo
ad
Alberto
Contri
il
presidente
della
Rai
Zaccaria
lo
rintuzza
così
:
«
sono
sorpreso
quando
un
consigliere
[...]
sventola
la
bandierina
della
qualità
.
Il
Cda
lavora
da
un
anno
e
mezzo
su
questo
»
.
Bene
.
La
Rai
cominci
a
dimostrarlo
in
sede
di
qualità
dell
'
informazione
.
La
qualità
in
generale
è
,
dicevo
,
nozione
anguillesca
.
Ma
la
qualità
dell
'
informazione
può
essere
misurata
al
paragone
ogni
giorno
.
Servizio
pubblico
o
invece
disservizio
pubblico
?
Finora
,
disservizio
.
StampaPeriodica ,
Le
obiezioni
al
disegno
di
legge
del
governo
sulla
disciplina
degli
spot
politici
sono
parecchie
.
Le
riassume
in
buona
parte
Andrea
Manzella
,
che
scrive
perentoriamente
così
:
«
L
'
iniziativa
del
governo
non
è
incostituzionale
.
È
soltanto
sbagliata
in
quattro
punti
»
.
Manzella
ha
ragione
sulla
incostituzionalità
:
non
c
'
è
.
Ma
sul
punto
principale
della
sua
critica
-
il
primo
dei
quattro
-
la
tesi
sbagliata
è
,
a
mio
vedere
,
la
tesi
di
Manzella
.
A
detta
del
Nostro
,
la
distinzione
tra
pubblicità
e
propaganda
sulla
quale
si
fonda
la
disciplina
proposta
dal
governo
è
una
«
distinzione
impossibile
»
.
Manzella
ne
è
sicuro
perché
«
gli
studiosi
che
si
sono
occupati
della
materia
(
come
Cesare
Pinelli
e
Antonella
Sciortino
)
avevano
avvertito
che
la
distinzione
non
poteva
reggere
dato
che
l
'
una
e
l
'
altra
forma
di
comunicazione
politica
utilizzano
le
stesse
tecniche
di
persuasione
e
di
semplificazione
del
linguaggio
»
.
Gli
studiosi
?
No
,
«
alcuni
»
studiosi
.
Vedi
caso
,
tra
gli
studiosi
dell
'
argomento
ci
sono
anche
io
(
me
ne
occupo
,
tra
l
'
altro
,
nella
Enciclopedia
del
Novecento
dell
'
Istituto
della
Enciclopedia
Italiana
,
e
dunque
in
una
sede
di
tutto
rispetto
)
e
la
mia
tesi
,
lì
e
altrove
,
è
che
la
distinzione
tra
pubblicità
e
propaganda
è
non
solo
possibile
ma
anche
necessaria
.
A
una
persona
esperta
di
mondo
e
smaliziata
come
Manzella
non
dovrebbe
sfuggire
,
tanto
per
cominciare
,
che
i
pubblicitari
sono
interessati
a
cancellare
la
distinzione
perché
a
loro
interessa
catturare
anche
il
mercato
della
politica
.
Per
loro
sono
tanti
quattrini
,
e
ai
pubblicitari
interessano
quasi
per
definizione
soltanto
i
quattrini
.
E
se
lei
,
senatore
Manzella
,
ha
mai
sentito
parlare
di
conflitto
di
interessi
,
allora
dovrebbe
stare
più
attento
alle
tesi
«
interessate
»
.
Tra
le
tante
differenze
tra
pubblicità
commerciale
e
propaganda
politica
mi
limito
qui
a
ricordare
che
la
prima
vende
beni
e
servizi
a
dei
consumatori
i
quali
,
consumando
,
bene
o
male
si
accorgono
se
un
bidone
è
un
bidone
.
La
propaganda
politica
vende
invece
promesse
(
parole
)
o
altrimenti
persone
.
Così
i
consumatori
della
propaganda
comunista
sono
stati
bidonati
per
settant
'
anni
,
e
chi
vota
(
compra
)
Berlusconi
non
lo
può
poi
mangiare
per
scoprire
se
è
un
buon
commestibile
.
La
stessa
cosa
,
senatore
Manzella
?
No
,
cose
diverse
.
E
ne
risulta
che
il
potenziale
di
imbroglio
e
di
dannosità
della
propaganda
politica
è
incommensurabilmente
maggiore
di
quello
della
pubblicità
commerciale
.
Pertanto
,
strabilio
nel
leggere
che
lei
raccomanda
di
«
lasciare
mano
libera
[...]
ai
pubblicitari
»
,
visto
che
questi
ultimi
sono
«
quelli
che
con
il
loro
mestiere
di
fantasia
riescono
a
leggere
e
rivelare
molta
più
politica
al
mondo
di
quanto
non
sia
più
capace
di
fare
la
politica
come
mestiere
»
.
Poveri
noi
,
e
povera
politica
.
Già
siamo
a
livelli
bassissimi
.
Con
l
'
aiuto
di
questa
raccomandazione
è
pressoché
sicuro
che
scenderà
a
livelli
ancor
più
bassi
.
Comunque
sia
,
l
'
argomento
di
Manzella
non
regge
in
punto
di
logica
.
In
buona
logica
una
distinzione
è
analiticamente
valida
se
individua
una
differenza
,
e
non
è
cancellata
dal
fatto
che
la
realtà
mescola
sempre
tutto
:
bene
e
male
,
bello
e
brutto
,
e
anche
,
appunto
,
propaganda
e
pubblicità
.
Domanda
:
se
nel
mondo
reale
bene
e
male
si
mescolano
,
ne
dobbiamo
forse
ricavare
che
sono
indistinguibili
?
Alla
stessa
stregua
,
anche
se
è
vero
che
i
pubblicitari
riducono
la
propaganda
politica
a
un
quissimile
della
vendita
di
un
dentifricio
,
è
lecito
ricavarne
che
sono
la
stessa
cosa
?
Ovviamente
no
.
Manzella
si
vanta
di
essere
«
strapaesano
»
(
vedi
«
Il
Foglio
»
del
31
luglio
)
e
sbeffeggia
i
poveretti
come
me
che
vanno
a
cercare
(
ma
nel
mio
caso
a
rifiutare
)
le
soluzioni
«
in
Australia
o
in
Israele
»
.
A
me
,
confesso
,
gli
strapaesani
fanno
paura
.
Se
Hitler
o
Mussolini
fossero
mai
stati
in
America
,
forse
si
sarebbero
fermati
.
Tornando
a
Manzella
,
non
so
se
gli
spot
statunitensi
lui
li
conosca
e
veda
.
Mi
sembra
di
no
.
Perché
se
li
vedesse
scoprirebbe
qual
è
la
china
dello
spot
politico
affidato
alla
«
fantasia
rivelatrice
»
dei
maghi
della
pubblicità
.
È
la
china
dello
spot
personale
,
puramente
negativo
ed
essenzialmente
diffamatorio
.
Un
candidato
attacca
l
'
altro
dicendo
che
ha
cornificato
la
moglie
,
che
discrimina
contro
gli
omosessuali
(
o
viceversa
)
e
che
in
gioventù
ha
sniffato
cocaina
.
A
Manzella
andrebbe
bene
così
?
Oppure
ritiene
anche
lui
che
questo
tipo
di
«
spottismo
»
non
è
solo
diverso
dalla
propaganda
politica
,
ma
che
ne
costituisce
una
degenerazione
inaccettabile
?
Il
punto
che
sfugge
in
questo
dibattito
è
che
finora
i
nostri
spot
sono
stati
decorosi
,
e
che
sono
stati
decorosi
perché
disciplinati
dalla
legge
del
1993
che
vietava
,
nei
trenta
giorni
prima
delle
elezioni
,
il
ricorso
a
messaggi
emotivi
e
spettacolari
e
consentiva
soltanto
l
'
esposizione
dei
programmi
politici
.
Ma
se
l
'
attacco
al
disegno
di
legge
del
governo
andrà
a
travolgere
,
come
Manzella
e
altri
fanno
temere
,
quei
limiti
,
allora
è
pressoché
sicuro
che
i
mercanti
della
pubblicità
di
casa
nostra
arriveranno
lestamente
agli
spot
negativi
tipo
Usa
.
Perché
nessuno
nega
che
lo
spot
negativo
sia
lo
spot
più
efficace
.
Il
punto
resta
se
vogliamo
ridurre
la
politica
a
un
bombardamento
di
escrementi
.
StampaPeriodica ,
Milano
.
La
mattina
successiva
al
grande
corteo
studentesco
-
popolare
che
ha
fatto
sfilare
cinquantamila
persone
per
il
centro
di
Milano
protestando
contro
la
repressione
,
ho
incontrato
lo
stato
maggiore
del
movimento
studentesco
,
Mario
Capanna
,
Luca
Cafiero
e
una
decina
d
'
altri
che
,
con
compiti
di
varia
natura
accuratamente
ripartiti
,
hanno
organizzato
e
diretto
la
manifestazione
del
31
gennaio
.
S
'
erano
riuniti
a
colazione
in
un
'
osteria
fuori
città
,
lungo
il
Naviglio
pavese
,
circondata
da
una
campagna
nebbiosa
solcata
da
canali
e
da
lunghi
filari
di
pioppi
Quando
sono
arrivato
all
'
osteria
dell
'
appuntamento
stavano
già
mangiando
mentre
uno
di
loro
leggeva
ad
alta
voce
l
'
articolo
domenicale
del
"
Corriere
della
Sera
"
.
«
Tocca
ai
partiti
democratici
»
,
leggeva
il
giovane
senza
mascherare
il
proprio
disaccordo
«
scongiurare
prima
che
sia
troppo
tardi
la
frattura
del
paese
su
un
tema
pretestuoso
e
inesistente
come
la
repressione
.
Esso
rischia
di
favorire
la
collusione
tra
anarchismo
filomaoista
e
forze
del
movimento
operaio
organizzato
,
proprio
la
collusione
che
occorre
a
tutti
i
costi
impedire
»
.
E
tutti
gli
altri
,
tra
un
boccone
e
l
'
altro
,
commentavano
con
ironiche
espressioni
di
dissenso
.
Avevano
ancora
davanti
agli
occhi
quell
'
immenso
corteo
di
tre
chilometri
della
sera
prima
,
con
la
testa
già
in
piazza
del
Duomo
e
la
coda
ancora
davanti
all
'
università
,
un
fiume
disciplinato
ma
imponente
e
rabbioso
,
gremito
di
striscioni
e
bandiere
rosse
,
formato
da
studenti
,
da
militanti
comunisti
e
socialisti
,
da
operai
e
da
solidi
borghesi
col
cappotto
buono
e
il
conto
in
banca
ma
con
la
memoria
ancora
fresca
-
nonostante
i
molti
anni
trascorsi
-
della
loro
resistenza
sulle
colline
dell
'
oltrepò
o
in
val
d
'
Ossola
.
Perciò
ridevano
allegri
,
Capanna
,
Cafiero
,
Toscano
e
gli
altri
loro
giovani
compagni
.
perché
erano
sicuri
che
quella
collusione
era
già
avvenuta
e
sarebbe
durata
e
,
se
non
avessero
,
commesso
errori
,
si
sarebbe
trasformala
in
una
solida
alleanza
politica
,
dalla
quale
finalmente
,
con
pazienza
e
fatica
e
tempo
ma
con
certezza
,
sarebbe
nata
la
rivoluzione
.
Questi
erano
i
loro
discorsi
di
allegri
ragazzi
affamati
e
finalmente
rilassati
dopo
tante
ore
di
tensione
quando
,
sedutomi
con
loro
,
dissi
:
«
Dovreste
fare
un
monumento
al
questore
per
le
botte
che
v
'
ha
fatto
dare
,
il
21
gennaio
e
le
settimane
precedenti
.
Senza
quelle
botte
e
senza
i
fascisti
radunati
a
Milano
,
ieri
sera
non
avreste
avuto
intorno
cinquantamila
persone
»
.
Allora
ridiventarono
seri
e
gravi
,
così
come
li
avevo
visti
il
giorno
prisma
nelle
ore
di
preparazione
del
corteo
e
poi
in
strada
in
mezzo
ai
loro
compagni
e
poi
ancora
,
sciolte
le
file
,
nell
'
aula
magna
della
statale
tra
migliaia
di
studenti
a
fare
il
bilancio
politico
di
quanto
era
accaduto
.
Seri
e
gravi
perché
sapevano
che
la
parte
più
difficile
del
lavoro
che
volevano
fare
cominciava
proprio
in
quel
momento
.
Prima
era
stata
fantasia
e
rabbia
,
allegria
e
socialismo
,
spavalderia
e
pensiero
di
Mito
;
ma
ora
,
acquisito
il
primo
grosso
successo
,
subentrava
la
politica
,
i
problemi
della
definizione
ideologica
,
la
necessità
e
la
scelta
delle
alleanze
.
Che
cosa
era
veramente
accaduto
il
giorno
prima
?
Una
festa
di
popolo
,
coane
avevo
sentito
dire
ad
un
pittore
che
marciava
accanto
a
me
entusiasta
e
felice
?
I
lna
"
kermesse
"
democratica
?
Un
soprassalto
antifascista
?
O
un
fatto
politico
?
E
quale
?
«
Noi
abbiano
)
un
grande
vantaggio
sui
compagni
delle
altre
università
.
,
dice
Mario
Capanna
perché
operiamo
a
Milano
.
Milano
è
oggi
la
capitale
dell
'
Italia
moderna
,
è
una
città
composita
,
un
calderone
dove
c
'
è
tutto
e
tutto
bolle
ad
alta
temperatura
.
C
'
è
il
capitalismo
nelle
sue
espressioni
più
avanzate
e
c
'
è
la
classe
operaia
con
le
stie
istituzioni
più
organizzate
,
c
'
è
la
borghesia
reazionaria
e
quella
progressista
,
la
programmazione
dei
tecnocrati
e
il
tumulto
degli
immigrati
meridionali
.
In
pochi
chilometri
quadrati
sono
raccolte
tutte
le
tensioni
e
i
conflitti
del
paese
.
Queste
tensioni
non
sono
più
contenibili
nel
quadro
del
sistema
.
Ciò
che
è
accaduto
ieri
sera
è
questo
:
tutte
le
tensioni
e
i
conflitti
si
sono
incontrati
e
catalizzati
in
un
'
azione
di
massa
.
Di
qui
bisogna
cominciare
per
capire
quanto
è
accaduto
e
quanto
bisogna
fare
d
'
ora
in
poi
»
.
Di
qui
dunque
bisogna
cominciar
.
Ma
e
dopo
?
Il
marxismo
-
leninismo
degli
studenti
della
statale
può
fornire
la
piattaforma
di
sintesi
per
le
tensioni
che
,
per
dirla
come
lui
,
non
sono
più
componibili
dentro
il
quadro
del
"
sistema
"
?
C
'
è
un
episodio
che
vale
la
pena
di
raccontare
perché
serve
,
almeno
in
parte
,
a
rispondere
a
queste
domande
.
La
sera
del
il
gennaio
,
quando
il
corteo
si
mise
in
moto
da
piazza
Santo
Stefano
,
il
primo
grande
striscione
rosso
che
apriva
la
sfilata
diceva
:
"
Viva
il
marxismo
-
leninismo
viva
il
pensiero
di
Mao
Tse
-
tung
"
.
All
'
altezza
di
piazza
del
Duomo
però
lo
striscione
di
testa
era
cambiato
;
diceva
:
"
II
movimento
studentesco
contro
la
repressione
per
l
'
unità
e
per
il
socialismo
"
.
Uno
slogan
che
unisce
Gli
organizzatori
s
'
erano
resi
conto
che
il
secondo
slogan
unificava
i
cinquanta
mila
dimostranti
,
consentiva
di
coinvolgere
anche
i
nuovi
,
ed
insoliti
,
compagni
di
strada
,
anzi
di
piazza
,
tutti
d
'
estrazione
professional
-
impiegatizia
,
mentre
il
primo
li
avrebbe
divisi
.
E
avevano
rinunciato
ari
rama
caratterizzazione
ideologica
che
pure
gli
stava
molto
a
cuore
(
come
spiegarono
poi
nel
corso
dell
'
assemblea
conclusiva
all
'
università
)
per
render
possibile
una
manifestazione
di
massa
che
aveva
predominanti
caratteristiche
democratiche
.
«
Va
bene
»
,
dice
Cafiero
,
«
è
giusto
,
un
movimento
di
massa
non
può
identificarsi
con
una
soltanto
delle
sue
componenti
.
Rimane
però
il
fatto
che
l
'
iniziativa
politica
,
la
guida
e
il
punto
di
raccolta
è
stata
fornita
dal
movimento
studentesco
e
che
intorno
ad
esso
s
'
è
riunita
la
coscienza
democratica
della
città
.
I
militanti
comunisti
erano
molti
,
probabilmente
diecimila
.
S
'
erano
schierati
a
metà
corteo
i
ne
costituivano
una
buona
parte
.
Ma
non
è
stato
il
partito
comunista
a
prendere
l
'
iniziativa
e
se
l
'
avesse
fatto
dubito
che
avrebbe
raccolto
una
massa
così
grande
di
persone
.
Di
operai
ce
n
'
erano
moltissimi
,
quasi
la
pietà
dei
dimostranti
erano
operai
.
anche
se
non
erano
stati
chiamati
a
raccolta
dai
sindacati
.
I
socialisti
c
'
erano
,
ma
non
per
una
chiamata
del
loro
partito
.
Come
si
spiega
tutto
questo
?
Eppure
il
movimento
studentesco
a
Milano
non
è
un
generico
punto
di
raccolta
,
si
sa
bene
a
quale
ideologia
s
'
ispira
,
quali
obiettivi
politici
indica
.
È
un
movimento
rivoluzionario
.
Dunque
il
fatto
politico
è
che
attorno
ad
un
movimento
rivoluzionario
hanno
fatto
massa
forze
organizzate
o
semplici
,
cittadini
che
rivoluzionari
non
sono
o
che
avevano
cessato
di
esserlo
»
.
«
Forse
stanno
scoprendo
di
esserlo
ancora
o
di
esserlo
di
nuovo
»
dice
Capanna
.
Difficile
stabilirlo
.
Bisogna
riflettere
,
capire
,
domandarsi
.
E
non
perché
,
un
corteo
contro
la
repressione
sia
riuscito
bene
,
ma
perché
numerosi
segni
avvertono
che
da
molti
mesi
ormai
l
'
atmosfera
,
a
sinistra
sta
cambiando
,
i
sindacati
Io
hanno
capito
e
sono
stati
i
primi
a
rinnovarsi
.
I
partiti
l
'
hanno
capito
stolto
meno
e
la
loro
presa
e
infatti
.
in
netto
declino
.
Non
ce
n
'
e
alcuno
tra
di
essi
che
riuscirebbe
oggi
a
portare
in
piazza
cinquantamila
persone
e
farle
marciare
per
due
ore
,
in
pacifico
corteo
.
E
soprattutto
:
non
ce
n
'
è
alcuno
che
susciti
entusiasmi
,
antichi
ricordi
e
fresche
speranze
.
Che
stiamo
al
governo
o
che
stiano
all
'
opposizione
,
danno
la
sensazione
di
amministrare
il
potere
non
per
conto
del
paese
ma
per
conto
delle
loro
burocrazie
.
Forse
sarà
un
giudizio
ingeneroso
,
ma
questo
pensa
la
gente
,
a
sinistra
soprattutto
.
E
cerca
altri
strumenti
per
far
politica
.
altri
punti
di
raccolta
,
un
modo
nuovo
per
partecipare
e
pesare
sulla
vita
collettiva
.
Questa
e
già
,
sia
pure
assai
confusamente
,
una
prima
maniera
di
scoprirsi
rivoluzionari
.
È
indubbio
che
l
'
insofferenza
per
le
burocrazie
,
per
la
vita
sociale
intesa
cono
un
soffocante
e
paralizzante
dominio
delle
burocrazie
,
siano
stati
gli
elementi
essenziali
che
hanno
mobilitato
in
questi
mesi
le
masse
degli
operai
,
degli
studenti
c
della
borghesia
progressista
.
La
protesta
contro
la
repressione
è
un
aspetto
di
questo
sentimento
generale
.
Non
si
possono
denunciare
,
migliaia
di
operati
per
violazione
di
domicilio
sol
perché
hanno
tenuto
la
loro
assemblea
in
fabbrica
,
senza
che
il
sentimento
generale
non
si
ribelli
.
C
'
erano
parecchie
migliaia
di
professionisti
,
d
'
impiegati
,
di
dirigenti
d
'
azienda
la
sera
del
il
gennaio
,
li
si
distingueva
a
primo
colpo
,
niente
barbe
colletto
e
cravatta
,
tutt
'
al
più
un
cappotto
sportivo
per
non
stonare
troppo
col
loro
paletot
di
cammello
in
mezzo
a
un
fiume
di
giubbotti
e
di
maglioni
.
E
faceva
una
certa
impressione
vederli
anche
loro
scandire
slogan
dissacranti
,
come
"
Giudici
,
questori
,
servi
dei
padroni
"
oppure
"
Lo
stato
borghese
si
abbatte
non
si
cambia
"
.
Erano
lì
perché
improvvisamente
folgorati
dal
pensiero
di
Mao
?
Non
credo
.
Erano
lì
perché
stavano
scoprendo
che
anche
la
loro
vita
,
quella
,
professionale
e
quella
privata
e
dominata
e
soffocata
dalla
"
cosa
"
,
come
l
'
ha
chiamata
Sartre
,
cioè
dalla
burocrazia
quella
dello
stato
,
quella
del
partito
,
quella
dell
'
associazione
professionale
,
quella
dell
'
azienda
.
Si
ribellano
contro
la
"
cosa
"
;
la
"
cosa
"
creata
e
mantenuta
dal
sistema
capitalista
come
farebbero
,
se
vivessero
altrove
,
contro
la
"
cosa
"
creata
e
mantenuta
dal
regime
comunista
.
Nel
linguaggio
tecnico
degli
iniziati
questo
atteggiamento
si
chiara
"
spontaneismo
"
e
i
miei
giovani
interlocutori
dell
'
osteria
del
Naviglio
ne
diffidano
.
Perché
con
lo
spontaneismo
non
si
va
molto
avanti
,
ci
vuole
un
approfondimento
ideologico
,
un
lavoro
organizzativo
,
uno
sbocco
politico
.
Ed
è
quanto
essi
si
propongono
infatti
di
fare
,
anzi
che
hanno
gin
cominciato
a
fare
.
«
Col
marxismo
-
leninismo
?
»
.
«
Sì
,
col
marxismo
-
leninismo
,
ma
applicato
alle
condizioni
italiane
,
cioè
di
un
paese
di
capitalismo
maturo
»
.
Chi
sono
i
suoi
alleati
«
Non
s
'
è
mai
visto
»
,
dico
,
«
il
marxismo
-
leninismo
applicato
ad
un
paese
di
capitalismo
maturo
.
Che
vuol
dire
?
Basta
quell
'
aggiunta
per
cambiare
l
'
intera
prospettiva
.
Non
vi
viene
in
mente
che
,
in
un
paese
di
capitalismo
maturo
,
il
marxismo
-
leninismo
potrebbe
significare
revisionismo
e
riformismo
,
cioè
tutte
quelle
linee
politiche
che
voi
detestate
e
condannate
?
»
»
.
No
,
non
gli
viene
in
mente
.
Sono
sempre
più
convinti
che
lo
stato
borghese
si
abbatte
ma
non
si
cambia
.
«
Chi
lo
abbatterà
?
»
.
«
La
classe
operaia
»
.
«
Da
sola
?
In
un
paese
di
"
capitalismo
avanzato
"
la
classe
operaia
è
minoranza
,
il
sistema
provvede
a
disarticolarla
ogni
giorno
,
la
diversifica
in
interessi
contrastanti
,
la
specializza
con
mestieri
»
.
«
Non
da
sola
.
Coi
suoi
alleati
»
.
«
Chi
sono
i
suoi
alleati
?
»
.
«
I
ceti
medi
proletarizzati
»
.
Cioè
,
loro
stessi
,
perché
questa
è
la
loro
condizione
sociale
.
Così
almeno
essi
la
sentono
e
l
'
hanno
anche
scritto
in
un
libretto
rosso
che
tipograficamente
ricorda
le
massime
di
Mao
e
che
è
già
stato
venduto
a
decine
di
migliaia
di
copie
.
È
intitolato
:
"
La
situazione
attuale
e
i
compiti
politici
del
movimento
studentesco
"
.
Ad
un
certo
punto
c
'
è
scritto
:
«
L
'
aspetto
principale
delle
attuali
contraddizioni
sociali
è
costituito
dalla
richiesta
-
sempre
più
di
massa
-
di
istruzione
,
di
qualificazione
e
,
conseguentemente
di
impiego
e
dall
'
impossibilità
di
ottenerli
.
Il
movimento
studentesco
non
è
il
movimento
operaio
;
esso
è
l
'
espressione
di
massa
della
presa
di
coscienza
politica
rivoluzionaria
dei
ceti
medi
»
.
In
realtà
,
forse
senza
rendersene
conto
,
questi
neorivoluzionari
fanno
appello
alla
borghesia
per
abbattere
lo
stato
borghese
.
Sembra
un
paradosso
,
ma
finisce
di
esserlo
se
lo
stato
borghese
,
diventa
soltanto
uno
stato
burocratico
.
In
fondo
borghesia
e
classe
operaia
,
tutte
le
volte
che
si
sono
trovate
di
fronte
la
"
cosa
"
,
hanno
sempre
marciato
insieme
.