StampaQuotidiana ,
Chi
volesse
capire
in
concreto
cos
'
è
e
come
funziona
una
mentalità
corporativa
,
legga
-
per
favore
-
le
trentaquattro
cartelle
dell
'
ordinanza
con
cui
il
giudice
per
le
indagini
preliminari
di
Brescia
Anna
Di
Martino
ha
archiviato
la
scorsa
settimana
l
'
inchiesta
sul
giudice
Giangiacomo
Della
Torre
,
presidente
del
terzo
processo
d
'
appello
per
il
delitto
Calabresi
,
indagato
per
abuso
d
'
ufficio
.
La
conclusione
,
ampiamente
attesa
,
è
che
il
dottor
Della
Torre
è
un
irreprensibile
magistrato
,
che
la
sua
"
condotta
"
prima
del
processo
,
nel
corso
del
dibattimento
,
in
camera
di
consiglio
è
stata
ineccepibile
.
C
'
era
da
aspettarselo
,
visti
i
precedenti
della
dottoressa
Di
Martino
:
qualche
mese
fa
,
aveva
negato
persino
in
linea
teorica
la
possibilità
d
'
indagare
su
un
'
altra
stranezza
della
Calabresi
-
story
,
la
sentenza
suicida
redatta
da
un
altro
ottimo
giudice
,
Ferdinando
Pincioni
.
Carlo
Guarnieri
,
docente
di
sistemi
giudiziari
comparati
,
aveva
acutamente
definito
quello
della
Di
Martino
"
un
ragionamento
alla
Comma
22
"
,
in
base
al
quale
qualsiasi
ricorso
che
abbia
a
che
fare
con
una
sentenza
e
una
camera
di
consiglio
è
-
a
priori
-
"
impossibile
"
.
Quel
paradigma
viene
usato
anche
per
il
caso
Della
Torre
.
E
a
stupire
non
è
tanto
l
'
archiviazione
,
quanto
il
di
più
di
protervia
che
la
dottoressa
Di
Martino
mette
a
difesa
del
sacro
mestiere
del
giudice
.
Riassumiamo
,
partendo
dalla
coda
,
il
filo
del
ragionamento
dell
'
ordinanza
.
La
notizia
di
reato
-
le
presunte
pressioni
e
irregolarità
attuate
da
Della
Torre
per
arrivare
a
una
condanna
a
tutti
i
costi
-
"
è
risultata
infondata
"
.
I
giudici
popolari
che
hanno
testimoniato
che
le
pressioni
ci
furono
sono
"
inattendibili
"
.
Gli
esposti
di
Adriano
Sofri
e
Ovidio
Bompressi
contro
Della
Torre
sono
carta
straccia
:
i
due
non
avevano
neppure
titolo
a
presentarli
.
Il
pubblico
ministero
Fabio
Salamone
ha
fatto
malissimo
a
prenderli
in
considerazione
e
ha
fatto
ancor
peggio
a
sciogliere
i
giurati
dal
segreto
,
a
raccogliere
le
loro
testimonianze
sull
'
andamento
della
camera
di
consiglio
.
Il
reprobo
Salamone
ha
commesso
un
terzo
errore
:
ha
aperto
un
'
inchiesta
che
non
doveva
neppure
iniziare
,
non
essendoci
elementi
che
evidenzino
il
dolo
(
l
'
intenzione
soggettiva
di
arrecare
danno
o
vantaggio
a
qualcuno
)
da
parte
di
Della
Torre
,
senza
il
quale
non
si
configura
il
reato
di
abuso
d
'
ufficio
.
Anche
noi
,
ingenui
e
non
dottori
,
pensavamo
che
Salamone
un
errore
l
'
avesse
commesso
,
ma
di
segno
opposto
ai
tanti
che
gli
rimprovera
il
gip
Di
Martino
.
Essersi
fermato
a
metà
dell
'
indagine
,
rassegnarsi
all
'
archiviazione
senza
aver
messo
a
confronto
i
testi
,
nonostante
le
testimonianze
"
inquietanti
"
e
non
menzognere
raccolte
.
La
dottoressa
Di
Martino
,
invece
,
sostiene
che
Salamone
ha
fatto
troppo
,
non
troppo
poco
,
e
tratta
il
collega
come
un
emerito
asino
.
Lette
le
34
cartelle
,
è
difficile
stabilire
quale
sia
il
bersaglio
privilegiato
dell
'
accanimento
del
gip
:
Salamone
,
Sofri
o
i
due
giudici
popolari
che
hanno
testimoniato
contro
Della
Torre
.
Tutti
trattati
a
pesci
in
faccia
.
Guanti
di
velluto
,
invece
,
per
l
'
indagato
.
E
'
singolare
che
la
famosa
terzietà
del
gip
si
dispieghi
in
tutta
la
sua
potenza
quando
l
'
inquisito
è
un
altro
giudice
.
Questo
lo
scheletro
dell
'
ordinanza
.
Vediamone
qualche
giuntura
particolarmente
raccapricciante
.
Sull
'
abuso
d
'
ufficio
-
scrive
il
gip
-
si
registrano
due
orientamenti
in
dottrina
:
il
"
più
rigorista
"
sostiene
che
"
la
persona
offesa
"
è
esclusivamente
"
la
pubblica
amministrazione
"
;
l
'
altro
afferma
che
il
soggetto
offeso
è
anche
"
il
privato
"
cittadino
cui
l
'
abuso
abbia
recato
danno
.
La
dottoressa
Di
Martino
,
naturalmente
,
condivide
la
prima
impostazione
,
"
l
'
unica
corretta
"
,
e
da
ciò
deduce
che
Sofri
e
Bompressi
non
avrebbero
avuto
titolo
neppure
d
'
opporsi
all
'
archiviazione
.
Ma
chi
,
di
grazia
,
avrebbe
dovuto
farlo
?
La
pubblica
amministrazione
,
cioè
,
in
questo
caso
,
la
Signora
Giustizia
?
Voltiamo
pagina
ed
ecco
un
'
altra
perla
.
"
Secondo
una
minoritaria
ma
autorevole
opinione
dottrinale
,
l
'
attività
giudiziaria
sfuggirebbe
al
reato
di
abuso
d
'
ufficio
"
.
I
giudici
sarebbero
cittadini
a
parte
,
anzi
sopra
.
Purtroppo
(
per
la
dottoressa
Di
Martino
,
che
si
mette
tra
i
pochi
e
autorevoli
)
la
dottrina
prevalente
sostiene
che
anche
i
giudici
sono
mortali
e
quindi
,
"
in
astratto
"
,
possono
peccare
d
'
abuso
d
'
ufficio
.
Ma
perché
il
reato
sussista
,
incalza
il
gip
,
va
dimostrato
che
"
l
'
azione
sia
stata
ispirata
da
settarietà
,
da
prepotenza
,
da
rappresaglia
,
da
vendetta
,
da
rancore
,
o
da
altri
riprovevoli
motivi
"
.
Gli
esposti
di
Sofri
non
evidenziano
per
quale
motivo
"
egoistico
"
Della
Torre
avrebbe
commesso
un
abuso
d
'
ufficio
.
Dunque
,
gli
esposti
dovevano
finire
direttamente
nel
cestino
.
L
'
indimostrabilità
del
dolo
(
cioè
dell
'
intenzionalità
del
reato
)
è
il
filo
conduttore
dell
'
ordinanza
che
culmina
in
questa
categorica
affermazione
:
"
nel
caso
in
esame
...
risultava
,
risulta
e
risulterà
esclusa
la
possibilità
di
provare
la
componente
soggettiva
del
reato
"
.
Anche
i
digiuni
in
materia
di
diritto
sanno
che
il
dolo
è
il
classico
elemento
che
si
valuta
in
dibattimento
,
non
nella
fase
delle
indagini
dove
il
pm
concentra
la
sua
attenzione
sugli
aspetti
materiali
dell
'
ipotesi
di
reato
.
Se
si
applicasse
il
criterio
della
dottoressa
Di
Martino
,
i
rinvii
a
giudizio
subirebbero
un
crollo
verticale
(
il
che
potrebbe
anche
andar
bene
,
se
a
beneficiare
di
quel
criterio
non
fossero
solo
i
magistrati
inquisiti
)
.
Per
quanto
riguarda
i
fatti
,
la
questione
è
risolta
velocemente
:
i
giudici
popolari
Giovanni
Settimo
e
Marilena
Tuana
raccontano
cose
diverse
dagli
altri
membri
della
giuria
e
,
per
di
più
,
si
contraddicono
tra
loro
.
I
loro
sono
o
"
cattivi
ricordi
"
o
qualcosa
di
peggio
.
Il
loro
strano
procedere
(
perchè
non
hanno
spontaneamente
denunciato
le
supposte
irregolarità
di
Della
Torre
invece
di
rivolgersi
a
politici
e
giornalisti
"
assai
vicini
a
Sofri
"
?
)
è
sospetto
.
Si
"
allineano
"
alle
tesi
di
Sofri
e
questo
basta
e
avanza
,
secondo
il
gip
,
per
considerarli
"
inattendibili
"
.
Qui
siamo
al
deliro
.
Perchè
,
semmai
,
le
cose
sono
andate
esattamente
a
rovescio
:
è
stato
Sofri
ad
"
allinearsi
"
ai
due
testi
,
per
il
semplice
fatto
che
lui
in
camera
di
consiglio
non
c
'
era
,
Settimo
e
Tuana
sì
.
C
'
è
un
particolare
che
tradisce
il
partito
preso
del
gip
là
dove
interpreta
una
banale
osservazione
della
teste
Tuana
sulla
sentenza
suicida
come
una
"
maliziosa
quanto
gratuita
allusione
"
,
"
scopertamente
allineata
"
con
la
tesi
di
Sofri
.
Ma
che
quella
di
Pincioni
fosse
una
sentenza
suicida
era
arcinoto
ben
prima
che
il
processo
presieduto
da
Della
Torre
iniziasse
.
Bastava
leggere
i
giornali
,
visto
che
i
primi
a
parlare
di
sentenza
suicida
sono
stati
i
cronisti
di
palazzo
di
giustizia
(
vicini
alla
procura
)
e
non
Sofri
.
Nell
'
offensiva
osservazione
del
gip
c
'
è
un
eco
della
frase
rivolta
da
Della
Torre
alla
signora
Tuana
:
"
Cosa
le
ha
suggerito
Sofri
questa
notte
?
"
.
A
regola
di
briscola
,
c
'
è
da
meravigliarsi
che
il
gip
non
abbia
trasmesso
gli
atti
alla
procura
perché
proceda
contro
Settimo
e
Tuana
per
falsa
testimonianza
.
Forse
sarebbe
stato
troppo
,
anche
per
l
'
eccessiva
dottoressa
Di
Martino
.
L
'
orrore
suscitato
da
queste
34
cartelle
prescinde
dal
ritenere
colpevoli
o
innocenti
Sofri
,
Bompressi
e
Pietrostefani
.
Resterebbero
orribili
anche
se
fossero
colpevoli
.
Rafforzano
il
desiderio
che
questa
storia
finisca
per
ragioni
bassamente
egoistiche
(
confesso
il
dolo
)
:
poter
finalmente
girare
la
testa
dall
'
altra
parte
.
Brucia
dover
sottoscrivere
una
frase
del
'91
di
Piergiorgio
Bellocchio
:
"
Come
la
malattia
e
la
miseria
,
anche
la
cosiddetta
giustizia
è
una
sventura
che
tendiamo
irresistibilmente
a
rimuovere
dalla
coscienza
,
salvo
che
ci
colpisca
personalmente
,
o
colpisca
persone
che
amiamo
,
valori
in
cui
crediamo
"
.
Allora
non
la
condividevo
,
presumevo
molto
di
me
,
pensavo
di
potermi
occupare
di
tante
ingiustizie
.
Oggi
mi
dichiaro
vinta
:
le
mie
spalle
riescono
a
stento
a
sostenerne
solo
una
.