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Caro Portioli ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Portioli , pubblico la sua lettera perché è una delle pochissime che mi rimproverano di aver posto ai lettori un quesito elettorale che serva ad illuminare loro e me . Lascio ad essi il giudizio sui suoi argomenti . Io mi limito ad alcune considerazioni pregiudiziali . 1 ) Non ho nulla in contrario che lei mi consideri digiuno di « scienza politica » , per il semplice motivo che io non considero la politica una « scienza » . Se lo fosse , non ci resterebbe che lasciarla in appalto ad alcuni specialisti , come avviene nei Paesi totalitari , dove la politica consiste nell ' impedire alla gente di ficcare il naso negli affari che la riguardano . Io mi rivolgo a dei lettori che , pur non essendo , come non sono io , « scienziati » di politica , il naso negli affari che li riguardano vogliono ficcarcelo , e cerco di aiutarli mettendo a loro disposizione il poco che ne so . Se lei si sente « scienziato » , ci lasci al nostro colloquio tra profani . Ma badi che la sua « scienza » è un po ' arretrata perché la legge tedesca , cui lei accenna a proposito dei comunisti , è stata revocata da un pezzo . In Germania il partito comunista non è riconosciuto in grazia di un ' altra legge : quella che condiziona la legittimità di un partito al fatto ch ' esso ottenga almeno il 5 per cento dei voti . Il Pc tedesco non esiste perché non raggiunge questo minimo , non perché è proibito . Dopodiché vorrei chiederle chi , in Italia , avrebbe avuto la forza di mettere fuori legge il Pci , e a cosa questo sarebbe servito . Ma lasciamo andare . 2 ) Lei è anche l ' unico ad attribuirmi l ' intenzione di spalleggiare , alle prossime elezioni , la Dc . E non capisco proprio come faccia , avendo io testualmente scritto nell ' articolo che lei cita come esempio di somaraggine politica : « In queste condizioni è chiaro che noi non potremo rinnovare l ' invito ai nostri lettori a votare Dc neanche turandosi il naso » : parole che non mi sembrano equivocabii . E ' vero che subito dopo mi chiedevo , e invitavo il lettore a chiedersi , se l ' indebolimento della Dc servirà a trattenerla o a spingerla all ' abbraccio col Pci . Ma questa domanda la ponevo al lettore perché la pongo a me stesso , e perché ritengo che qualsiasi persona dotata di un minimo di coscienza civica debba , prima di fare una scelta , prospettarsene le conseguenze . Questo non sarà da scienziato , ma mi pare che sia da galantuomo . O no ? 3 ) Lei mi richiama ai valori della liberal - democrazia . E io mi appello al lettore per chiedergli quale giornale in Italia ha difeso più del nostro questi valori , non solo sul piano della politica , ma anche su quello della cultura , contro la marea montante del marxismo , ora in reflusso , ma in reflusso grazie a noi , che abbiamo rotto il coro e tenuto botta quando l ' impresa sembrava disperata , e bisognava pagarla di persona , come abbiamo fatto , e come rischiamo di dover continuare a fare . Lei dice che io sono al seguito del gregge . Di quale gregge ? Il gregge è tutto dall ' altra parte , la parte marxista : lo vedono anche i ciechi . E aggiunge : « Non oso azzardare per questioni di biada » , ma lo insinua , adombrando un ' accusa che nemmeno il mio persecutore Fortebraccio mi ha mai lanciato : lui sa benissimo che da questo lato non mi si può attaccare . 4 ) Lei mi addita l ' esempio del giornalismo protestante , quasi facendo credere che il protestantesimo sia nato da quel giornalismo . Guardi che è proprio l ' opposto . Io ho scritto - non da « scienziato » - due libri , L ' Italia della Controriforma e L ' Italia del Seicento , per cercar di dimostrare quale rivoluzione la riforma protestante provocò non nel campo della teologia - che mi è estraneo - , ma in quello della cultura , del costume , della mentalità , del civismo , e quale jattura fu per l ' Italia , compresa quella cattolica , l ' esservi rimasta estranea . Non le chiedo di leggerli . Ma lei non chieda a me di comportarmi come se avessi Calvino alle spalle . Non ce l ' ho . E se mi mettessi a parlare come se ce l ' avessi , parlerei al vuoto . Io mi rivolgo , da povero italiano , ad altri poveri italiani . Fra noi ci conosciamo . Sappiamo i nostri difetti e debolezze . Ma sappiamo anche le nostre qualità , che non sono da buttar via . Cerchiamo di capirci e di aiutarci . Lei non ci sta ? Pazienza . Ma , scusi , se ci considera un giornale da gregge , perché ci legge ? Delle due , l ' una : o nemmeno noi siamo pecore , o anche lei lo è .
Caro Maldini ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Maldini , il suo appello è un po ' superato dagli avvenimenti in quanto il responsabile dello sciagurato episodio Di Sarro è già stato deferito all ' autorità giudiziaria , cui dovrà rispondere del suo gesto . Per il resto , la sua argomentazione non fa una grinza . Si capisce che , normalmente , un carabiniere deve operare in divisa perché è la divisa che conferisce a chi la riveste il diritto di fermare il cittadino , e al cittadino il dovere di obbedirgli . Ma a lei sembra , caro Maldini , che viviamo in tempi normali ? A me , no . Quella che stiamo vivendo è una guerriglia in cui gli uomini in divisa , che rispettano gli obblighi connessi alla divisa , si trovano in condizione di netta inferiorità nei confronti di un avversario che può occultarsi e mimetizzarsi come vuole , spesso addirittura nelle divise dei carabinieri . Contro un avversario di questo genere , che attacca alle spalle e di sorpresa , che si camuffa come vuole , che insomma non rispetta nessuna regola , come possono le forze dell ' ordine attenersi alle loro ? Certo , per il povero cittadino il non sapere se il delinquente che lo insegue è proprio un delinquente o un carabiniere vestito da delinquente , e se il carabiniere che lo blocca è proprio un carabiniere o un delinquente vestito da carabiniere , la vita diventa difficile . Ma è appunto questo che rende orribile la guerriglia : il fatto che nessuno è più sicuro di nulla e deve temere di tutto : del pacco che gli recapita la posta e che potrebbe contenere una bomba , del trombaio che gli entra in casa e che potrebbe essere un terrorista , e nemmeno del figlio in cui qualunque padre può scoprire d ' un tratto un pistolero . In queste condizioni , onestamente , io non mi sento di chiedere a poliziotti e carabinieri lo scrupoloso rispetto del regolamento , che fa obbligo di sparare solo dopo i tre squilli di tromba . Sarebbe come spingere un pugile con un braccio legato contro un avversario che picchia anche coi piedi . Si capisce che di questo tipo di lotta senza esclusione di colpi e a chi spara per primo , è il cittadino che poi paga qualche volta le spese , com ' è successo al povero Di Sarro . Ma la lotta al terrorismo , o la si fa così , o è meglio rinunziare a farla . Cerchiamo dunque di ragionare non con gli occhi fissi alle nuvole , ma coi piedi piantati nella realtà , che è quella che è , e non quella che noi vorremmo che fosse . Se vogliamo difenderci dal terrorismo , dobbiamo sospendere - sia pure temporaneamente - quelle misure cautelative e garantistiche che caratterizzano e costituiscono il blasone delle società bene ordinate , ma che rappresentano un lusso insostenibile in quelle dissestate e periclitanti come la nostra . Nelle condizioni in cui versiamo , contentiamoci di esigere dalle forze dell ' ordine ciò che possono darci senza danno per la loro efficienza : e cioè un addestramento individuale e collettivo che riduca al minimo i pericoli per il cittadino . Ma non illudiamoci che si possano del tutto eliminare . Per concludere . Un discorso come il suo , caro Maldini , applicato al tempo di Giolitti , sarebbe stato perfetto . Applicato al tempo delle Brigate rosse , diventa utopistico . Il buon Dio mi ha condannato a vivere al tempo delle Brigate rosse . Non è stato , da parte sua , un gesto di amicizia . Ma lei si trova nelle stesse condizioni . Questo è il nostro tempo , questa è la nostra società . Essi ci espongono a un ' infinità di pericoli . Ma il più grosso ce lo costruiremmo con le nostre mani pretendendo di viverci come se fossimo in un altro tempo e in un ' altra società .
Caro Ortolani ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Ortolani , il caso che lei cita è senza dubbio vero . Risulta anche a me che subito dopo la liberazione il Partito socialista era pieno di comunisti in servizio comandato . Probabilmente ce ne sono ancora . Ma questo non è certo il caso di Lombardi , personaggio rovinoso , annunciatore di tempeste , che ha provocato un mare di guai con la sua tenace pretesa di applicare le sue astratte utopie a una realtà che vi si ribella ; ma di specchiata onestà , in buona fede , e perfino privo di ambizioni di potere . Quanto a De Martino , considerandolo un traditore , lei lo sopravvaluta . Per tradire ci vuole un cinismo ma anche un ' intelligenza , di cui questo sonnolento bonzo non ha mai dato segno . Che non sia un vero socialista , lo penso anch ' io . Ma nemmeno un comunista . E solo l ' ultimo scampolo di quel Partito d ' azione , i cui naufraghi , ad eccezione di La Malfa , hanno appestato tutti i partiti in cui si sono accasati . Bisogna però dire che quello socialista si è mostrato il più congeniale al contagio per la sua mancanza di un sicuro ancoraggio ideologico e per le sue endemiche risse e divisioni interne . Ci sarebbe un lungo discorso da fare sull ' ostinato rifiuto di questo partito a costruirsi una dottrina indipendente da quella del Pci - come hanno fatto tutti gli altri socialismi europei - , che fu il tormento dei suoi uomini migliori , i Turati , i Treves , i Momigliano , e a lasciare sempre il passo a quelli peggiori . Ma stiamo all ' attualità . Craxi ha tentato di dare al Psi una sua autonomia culturale e strategica . Finché si è trattato della prima , i suoi avversari lo hanno lasciato fare : non per convinzione , credo , ma per totale sordità a questo genere di cose : per loro , che il socialismo italiano ripudi Lenin per adottare Proudhon non è un problema serio , anche perché probabilmente non conoscono né l ' uno né l ' altro . Ma quando si è trattato di tradurre sul piano concreto l ' autonomia dai comunisti , sono tornati a litigare e a dividersi rivelando la solita e ormai storica indecisione a tutto . Non so se Craxi abbia commesso , sul piano tattico , degli errori , come alcuni gli rimproverano . Secondo me , il vero errore lo ha commesso iscrivendosi a quel partito e illudendosi di poterne fare qualcosa di coerente , efficiente e modernamente europeo . Lo dico con tristezza perché una liberal - democrazia coi socialisti vive male , ma senza i socialisti non vive affatto . Ed è questo che dapprincipio non capirono alcuni nostri lettori che scambiarono per una nostra conversione al socialismo ( figuriamoci ! ) quello che era invece l ' interesse di un vero liberale ( Giolitti e De Gasperi insegnino ) ad avere come interlocutore e dirimpettaio un partito socialista con cui si potesse ragionare . I soliti sogni , purtroppo . Ma quali altri possiamo fare ?
Caro Possenti ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Non ho alcuna riluttanza , caro Possenti , ad affrontare il « caso Bocca » . E ' vero : in altri tempi gli articoli , le prese di posizione , gli atteggiamenti di Bocca servirono da avallo alle tesi di aspiranti rivoluzionari che non sapevano quel che volevano , ma lo volevano subito . Quando lei ci si arrabbiava mi ci arrabbiavo anch ' io , per motivi generali e per motivi personali . Del giornalista avevo sempre ammirato la capacità e l ' efficacia , dell ' uomo avevo sempre stimato la indiscussa probità : e non sapevo darmi pace nel vedere queste qualità , così rare nel panorama intellettuale italiano , messe al servizio di cause sbagliate . « Bastian contrario » per istinto e per scelta , Bocca portava acqua , senza volerlo , al mulino della faciloneria populista , e copriva con la sua autorevolezza onesta le più spregiudicate manovre di molti furbastri . Tutto questo non l ' ho dimenticato . Ma non ho neppure dimenticato , e non dimentico , che Bocca ad un certo punto guardò attorno a sé , e constatò da chi fosse composto , e verso quali traguardi stesse marciando l ' esercito , smisuratamente ingrossato , che issava stendardi con i suoi slogans e con le sue denunce . La compagnia non gli piacque . Era troppo becera e troppo numerosa , per i suoi gusti . E mirava a traguardi assai diversi da quelli che egli aveva indicato , magari idealizzandoli ingenuamente . Si era battuto contro il grigio conformismo democristiano , e stava per essere travolto da un altro conformismo , meno molle , meno tollerante , meno bonario . Voleva maggiori libertà , e assisteva allo spettacolo di una intolleranza violenta , nelle università e nelle piazze . Predicava una società austera , rigorosa , ed aveva aiutato a far trionfare il facilismo , il rifiuto del lavoro , il disordine , la demagogia prepotente . Aveva puntato l ' indice contro il terrorismo fascista , e assisteva con sgomento al proliferare delle Br , dei Nap , insomma del « partito armato » rosso . Di fronte a questa realtà Bocca non ha chiuso gli occhi ; non ha avuto paura di restare isolato , e di essere di nuovo , come vuole la sua vocazione , minoritario . Ha riconosciuto i suoi errori senza invocare scusanti o attenuanti , ha deplorato le degenerazioni che le sue idee avevano subìto , ha sacrificato una popolarità facile al rispetto della verità . La sua conversione è venuta prima che il partito comunista desse ad essa il « placet » , e non è mai stata - né è ora - in sintonia con le parole d ' ordine di Berlinguer . Bocca ha « rifluito » prima che « rifluisse » la massa degli opportunisti . Il suo verbo , in anni passati osannato , è ora esecrato nelle grandi e piccole sagrestie dell ' ultrasinistra . Ammetto senz ' altro che in un certo momento Bocca sia stato un « utile intelligente » . Ma ora , restando intelligente , non è più utile , anzi è dannoso ai propalatori di luoghi comuni , di dogmi prefabbricati , di bugie comode . Categoria alla quale invece appartengono gli « utili intelligenti » della nostra inchiesta . Io riconosco a tutti il diritto di sbagliare . Ne ho fatto uso anch ' io e non me ne vergogno . Riconosco anche il diritto ai ravvedimenti , purché non coincidano platealmente con i propri interessi , con la propria carriera , con le indicazioni del « potere » presente o supposto , magari a torto , prossimo venturo . Di questi peccati e di queste ipocrisie Bocca non può essere sospettato . Merita sempre rispetto : quando è d ' accordo con noi e quando non lo è . Detto questo , dobbiamo aggiungere che incombe , su Bocca , e su noi che gli siamo amici , un grave pericolo . Poiché il « riflusso » trionfa , la ragione si apre un varco nella dissennatezza , la moderazione è di moda - anche per merito dell ' ultimo Bocca - c ' è il rischio di vederlo ripiombare nella contestazione , nauseato dai troppi consensi , avvilito dal numero e dalla qualità di coloro che abbracciano il suo nuovo corso . Per farlo restare dov ' è , il migliore sistema è di continuare a dirgli che ha torto .
Caro Assunta ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Assunta , stia pure tranquillo : non corro nessun rischio di dovermi pentire perché a sua volta la Dc non corre nessun rischio di uscire battuta . Anche se dovesse perdere qualche frangia ( e al Nord forse la perderà , ma per conquistarne un ' altra al Sud ) , essa rimarrà sempre il partito di maggioranza : pericoli di « sorpasso » stavolta non ce ne sono , o ce ne sono infinitamente meno che nel '76 . Lei però mi offende ( sia pure con molto garbo ) sospettando che il mio mutato atteggiamento verso la Dc dipenda da qualche personale rancore verso la dirigenza del suo partito . Sarei proprio un giornalista - e un italiano - da quattro soldi se anteponessi dei risentimenti , per quanto giustificati , ai miei doveri verso il lettore . Non sono io che ho voltato le spalle alla Dc ; è la Dc che - ne convenga - le ha voltate a me e a quanti nel '76 le dettero il voto , anche grazie ai nostri suggerimenti , in base a certi impegni che sono stati mantenuti solo in parte . Lei ha perfettamente ragione di dire che gli altri partiti hanno fatto anche di peggio . Salvo che per i liberali , è vero . Ma dovrà ammettere che la Dc porta sulle spalle delle responsabilità ben più grosse , alle quali l ' attuale dirigenza si mostra del tutto impari . Tuttavia voglio rassicurarla . Noi siamo critici , e spesso anche duramente , verso la Dc : non si può non esserlo . Ma non perdiamo né perderemo occasione per ricordare ai nostri lettori che senza di essa non si può ricostruire nulla , e che quindi auspicarne la disfatta sarebbe da suicidi . Al momento opportuno , noi non chiederemo agli elettori Dc di voltar bandiera . Gli chiederemo soltanto di concentrare il loro voto su quei candidati che prenderanno - se lo prenderanno - impegno scritto di rifiutare - non per ora , come dicono Zaccagnini e i suoi accoliti , ma per sempre - qualsiasi accordo di governo col Pci . Nel '76 noi aiutammo il suo partito appunto perché questo impegno lo aveva preso . Avendo esso manifestato molti cedimenti , e dando segno di volerne ancora fare , il partito non ci sentiamo di aiutarlo . Ma aiuteremo coloro che vi si sono mostrati e danno qualche garanzia di volervi restare fedeli . Come vede , io non volto le spalle . Rimango sulla mia linea , pronto ad aiutare i democristiani che la condividono , ma quelli soli . Per concludere , vorrei chiarire una cosa . Alcuni lettori mi rimproverano di spostare troppo spesso le mie simpatie dall ' uno all ' altro partito . Ma si tratta di un ' illusione ottica . Io sono sempre sulle mie posizioni . Quando un partito le condivide o almeno vi si avvicina , lo sostengo . Quando se ne allontana , lo attacco . Ebbi un duro scontro con La Malfa ( e Dio solo sa quanto mi costò , sul piano affettivo ) quando favoriva il compromesso storico ; quando invertì la marcia , ridiventai - con sollievo - suo sostenitore . Ma era stato lui a spostarsi , non io . E così con la Dc . Quando vi prevale la linea degasperiana , l ' appoggio ; quando vi prevale la linea morotea , la combatto . Ma non venite a dirmi che vi tradisco . Siete voi che tradite me ( e voi stessi ) .
Caro dottor Papandrea ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro dottor Papandrea , per quanto riguarda la prima domanda , esprimo soltanto una mia opinione senza mettere la mano sul fuoco circa la sua esattezza . Quelli che lei chiama i partiti minori comunisti sono certamente una filiazione del Pci , ma non voluta . Da quando esistono , i comunisti hanno sempre e inflessibilmente seguito la regola di non aver mai nessuno più a sinistra di loro ( la sinistra comunista è uno dei più comici miti del nostro tempo : se c ' è un regime retrivo , immobile , repressivo e mummificatore della società , è quello comunista : basta guardare i Paesi in cui vige . Ma questo è un altro discorso ) . Dovunque e in qualsiasi momento ne spunta un embrione , i comunisti o lo soffocano o lo riassorbono . E dal loro punto di vista hanno ragione : il partito comunista si muove come un reggimento prussiano che non tollera il disordine , nemmeno quello dei franchi tiratori . Questi partiti minori , mi creda , fanno più confusione che voti . Sulla seconda domanda , mi sento più sicuro . Intanto ritengo impossibile , o almeno altamente improbabile , che le sinistre raggiungano la maggioranza assoluta : il vento non soffia più in quella direzione ( forse un pochino grazie anche a noi ) . Ma anche se la raggiungessero , non credo alla loro coalizione sotto la leadership comunista . All ' interno del Psi avverrebbe probabilmente una spaccatura . Ma anche se non avvenisse , non succederebbe nulla perché ciò che escludo in maniera tassativa ( e qui la mano sul fuoco sono pronto a metterla ) è che i radicali - i quali riporteranno certamente un notevole successo - ci stiano . Conosco bene Pannella , lo conosco come le mie tasche . Forse non so del tutto che cosa vuole . Ma so con assoluta certezza che cosa non vuole . Potremo ritrovarlo dovunque , meno che dalla parte della repressione , dove sarebbe costretto a mettersi in caso di un ' alleanza di governo coi comunisti . Per concludere , caro Papandrea , la mia convinzione è questa : il pericolo del potere in mano al Pci non viene da sinistra . Viene soltanto dalla Dc . Ed è per questo che , siccome non possiamo sperare di togliere alla Dc il suo primato , dobbiamo a tutti i costi , schede alla mano e mano alle « preferenze » , mandare in parlamento una Dc decisa a rifiutare il connubio col Pci . Se vogliamo , possiamo farlo .
Il nostro galateo di giornalisti ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Il nostro galateo di giornalisti « borghesi » c ' impone di pubblicare questa lettera , ma non ci vieta una succinta replica : a ) Non vedo che differenza faccia la data di quelle dichiarazioni : non c ' era bisogno di aspettare la prova del Giornale per sapere quali fossero le nostre posizioni : sono quelle che abbiamo sempre tenuto . 130 b ) Fra i giornalisti della mia generazione , io sono conosciuto ( s ' informi , sig. Capanna , s ' informi ) come uno dei pochissimi che non ebbero mai commercio coi gerarchi . Quelli che ho conosciuto , li ho conosciuti solo dopo la Liberazione . Ma anche se li avessi conosciuti prima , non me ne vergognerei , visto che di carriera politica non ne ho fatta né con loro né dopo di loro . Nel nostro mestiere ( e io non ne ho mai fatti altri ) , i gradi li conferiscono i lettori . c ) E ' falso che il Giornale taccia le iniziative della Regione . Le registra sempre , anche quando recano la firma di Mario Capanna . E nessuno lo sa meglio di lui , che è in continuo contatto coi nostri cronisti , a chiedere favori quasi sempre esauditi . d ) Grazie per la qualifica di « maestro » . Se io lo sia in senso positivo o negativo , non sta a lei giudicarlo . Sarà il futuro a dire chi , fra lei e me , ha servito gl ' interessi dei giovani , dei lavoratori ecc . , e chi se n ' è servito per arrampicarsi più su . e ) Due colonne di piombo sono troppe . Come avrà visto , non le concedo nemmeno a me stesso . Ma se lei vuole esporre le sue ragioni , questo giornale è pronto ad ospitarle , come certamente i giornali vostri , se voi aveste vinto , non avrebbero fatto con le nostre . Naturalmente mi riservo di contestarle sul presupposto - forse errato - che il vate della contestazione sia tenuto a riconoscermene il diritto .
Caro Paolo ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro Paolo , non ti dirò che alla tua età non si ha diritto a tanta disperazione , perché sarebbe retorico e falso : è proprio a vent ' anni invece che si hanno le disperazioni : ci sono passato anch ' io . Ma è il motivo che te la ispira che mi sembra sbagliato dalle fondamenta . Tu mi fai un discorso intelligente , molto acuto , che dimostra una maturità in anticipo sui tuoi anni , per dimostrarmi che non c ' è scampo perché il Pci arriverà in ogni caso al potere . Io non ci credo . Ma ammettiamolo pure . E una volta arrivato al potere , che cosa ci porta ? Ci porta , mi dirai , la sua intolleranza , e una polizia capace di praticarla soffocando ogni voce di dissenso . Giusto . Questo gli basterà a mantenerlo , il potere , per dieci o vent ' anni , che io non vorrei vivere , che tu non vorresti vivere , ma che nella storia di un popolo non contano molto . E poi ? Poi , sarebbe il crollo , perché il comunismo non ha più nulla da dire a nessuno , nemmeno ai russi . Sta in piedi grazie alla sua armatura di ferro , ma per niente altro . Guardati intorno , caro Paolo . Il vero motivo per cui le dittature di destra fanno meno paura di quella comunista è perché non hanno un vangelo , voglio dire una vera e propria ideologia . Nascono da emergenze , per riempire un vuoto di potere ( democrazia italiana 1922 , repubblica di Weimar 1932 ) , ristabiliscono un ordine purchessia , e vi si mummificano . Infatti durano , al massimo , quanto dura il dittatore , al quale non riescono a dare successori come si è visto in Spagna e Portogallo . Per il semplice motivo che la successione presuppone un ' eredità , e le dittature di destra sono , quanto a patrimonio ideologico , nullatenenti . I comunisti , un vangelo lo hanno , o meglio lo avevano : il marxismo . Il marxismo è un sistema , diciamo così , a ciclo completo : politico , economico , culturale . Ed è questo patrimonio che , consentendogli la continuità da una generazione all ' altra , ce lo faceva temere come un fenomeno irreversibile . Ma ora , caro Paolo , non più . Il marxismo è in pieno sfacelo dovunque , ma soprattutto là dove si è realizzato . Si sostiene solo con la violenza , che ha saputo organizzare come mai nessuno ; ma non è riuscito a sopprimere il capitalismo perché dopo aver distrutto quello privato ha dovuto istaurarne uno di Stato che si rivela dieci volte peggiore , anche per le classi lavoratrici , di quello privato , e nel campo del pensiero le uniche sue voci vive sono quelle del dissenso . Ora anche l ' ultima illusione , quella pacifista dell ' internazionalismo proletario , è caduta : proletari vietnamiti e proletari cambogiani si sbranano su uno sfondo sovrastato dalla guerra fredda fra Russia e Cina . Di tutte le soluzioni proposte dal marxismo , non ce n ' è una che abbia retto e regga alla prova dei fatti . Il cosiddetto « revisionismo » , in atto in tutta la cultura marxista dell ' Occidente , non è che la mascheratura del ripudio di quella che ancora vent ' anni fa ( fino alla rivolta dell ' Ungheria ) poteva apparire come una grande speranza . La tua disperazione , caro Paolo , è nulla in confronto a quella che devono provare i marxisti in buona fede ( che sono pochi : i più sono soltanto degli opportunisti ) , che nel marxismo credevano di aver trovato una risposta ai loro perché , e ora sono al buio . Certo , il comunismo ha ancora la forza per conquistare l ' Italia , e magari l ' Europa : missili e carri armati per questa impresa , ne ha abbastanza . Ma non ha che quelli . Potrà distruggere tutto , ma è incapace di costruire qualcosa di umanamente valido . E quindi è condannato alla sconfitta finale . Puzza già di morto . Caro Paolo , non posso guarirti dalla disperazione . E nemmeno lo voglio . La disperazione è un buon concime , per la formazione di un uomo , come lo intendo io . Continua a macerartici , dentro e , se ti fa piacere , vieni a trovare questa nostra famiglia di ex - disperati , che nell ' azione hanno trovato la loro medicina .
Mattei ( Montanelli Indro , 1970 )
StampaQuotidiana ,
In questi ultimi giorni sono usciti due libri su Enrico Mattei , il fondatore dell ' ENI . Uno è un " giallo " che pretende fornire le fila dell ' attentato di cui egli sarebbe rimasto vittima , e non val la pena parlarne : non perché l ' ipotesi sia da scartare a priori , ma perché gli autori non riescono a basarla che su congetture e induzioni scopertamente romanzate all ' insegna del sensazionale . L ' altro , no : è un profilo serio e penetrantissimo , scritto da un inglese che a Mattei fu molto vicino in qualità di consulente : Paul H . Frankel . S ' intitola Petrolio e potere ( « La Nuova Italia » ed . , 175 pagg . , L . l.000 ) . E non è soltanto una biografia ; è anche un saggio , asciutto e chiarissimo , come solo sanno scriverne gl ' inglesi , su tutto il problema delle fonti d ' energia . D ' altra parte , solo così inquadrato si può capire e valutare Mattei . E di capirlo e valutarlo , è ormai tempo . L ' uomo non aveva del resto nulla d ' insondabile e misterioso . Come tutti i grandi caratteri , Mattei era un carattere semplice , perfino rozzo . La cosa che più mi colpì , nell ' unico personale contatto ch ' ebbi con lui una sera a cena , fu l ' intensità della sua concentrazione . Parlò di una cosa sola , sempre di quella : ogni volta che cercavo di spostare il discorso su altri fatti e interessi , il suo volto si chiudeva e assumeva l ' espressione del sordo . Frankel dice che , sebbene non avesse mai avuto nulla a che fare col fascismo , Mattei ne aveva respirato l ' aria , come del resto tutti gli uomini della sua generazione . L ' idea di un ' Italia negletta e defraudata dei suoi diritti a un " posto al sole " in lui era diventata convinzione profonda forse perché il posto al sole aveva dovuto guadagnarselo egli stesso , figlio di un povero carabiniere meridionale costretto a lavorar di gomiti per inserirsi nel mondo degli affari lombardo . Nulla di straordinario in questa vicenda . Milano è piena d ' immigrati che hanno battuto la stessa strada e incontrato le medesime difficoltà ; ma che una volta arrivati , se ne sono gettati dietro le spalle il ricordo . Mattei , no . Anche dopo che vi ebbe raggiunto una posizione di tutto rispetto , per lui Milano rimase sempre " la plutocrazia " . Non era invidia : e lo dimostra il fatto che Mattei non fece mai nulla per esservi accolto , anche quando avrebbe potuto farlo da padrone . Mattei non ambì mai agli status symbols della grande borghesia imprenditoriale né mai chiese l ' ammissione al club . Vedeva veramente in questa categoria l ' oppressore privilegiato . Era convinto che in Italia i poveri fossero poveri perché i ricchi erano ricchi . E fu per questo che esercitò tanta suggestione anche fuori d ' Italia .. Quando Mattei diceva ai Paesi sottosviluppati che il loro sottosviluppo dipendeva dalla rapacità degli sfruttatori , non lo diceva soltanto per fare i propri affari . Ci credeva . In lui c ' era una componente di messianismo populista . Aveva degli uomini una concezione manichea : di qua i deboli e buoni , di là i potenti e cattivi . Ricordo una sua intervista in televisione in cui egli parlava dell ' ENI come di un disarmato gattino perso nel bosco tra belve rapaci . La menzogna era smaccata e mi fece trasalire d ' indignazione : l ' ENI in quel momento aveva già zanne e artigli da tigre . Eppure , dopo capii che Mattei era in buona fede e che proprio questa era la sua forza : per diventare il vindice di un sopruso , aveva bisogno di sentirsene la vittima . Quanto ci sia di favoloso e leggendario in ciò che i suoi agiografi spacciano per biografico , non conta . Conta solo il fatto ch ' egli abbia ispirato favole e leggende . Forse per esempio non è del tutto vero che il suo impero nacque da un gesto di disobbedienza quando , nominato dal governo commissario dell ' Azienda Generale Petroli ( AGI P ) col compito di liquidarla , vi si rifiutò con un ' insolente lettera di sfida . Ma è del tutto vero che in quel momento egli non aveva la minima idea di ciò che stava facendo e dove sarebbe andato a parare . Frankel dice che subito dopo la Liberazione , Mattei non aveva affatto deciso su che strada mettersi , ma che caso mai propendeva più per la politica che per gli affari . E probabile . Si era fatto un bel nome nella Resistenza di cui era stato il Grande Elemosiniere , era strettamente legato ai suoi più prestigiosi capi , e aveva un vasto seguito fra i partigiani . Inoltre , per gli affari , gli mancava il maggiore propellente : la sete di denaro . Mattei era più ricco prima di creare la sua azienda che durante e dopo . Egli amava solo il potere , e l ' amore del potere esclude tutti gli altri . Ma probabilmente si era già accorto che la politica in Italia non conduce al potere . Conduce solo alla politica , per la quale a lui mancavano non solo le qualità , ma anche i difetti che contano ancora di più : era un pessimo oratore e credeva in ciò che faceva con una convinzione e ostinazione che lo rendevano inaccessibile a quell ' arte del compromesso , di cui la politica ormai non fa più il mezzo , ma il fine . Tuttavia la sua scelta fu solo di strumento , non di obbiettivo . Preferì il petrolio al Parlamento perché pensò che fosse più facile dominare il Parlamento col petrolio che il petrolio col Parlamento . Del petrolio sapeva ben poco , allora . Sapeva soltanto che le nostro forniture dipendevano da quelle grandi compagnie internazionali in cui egli vedeva la più perfetta e abominevole incarnazione della " plutocrazia " . Frankel dice che non ci fu mai verso di convincerlo ch ' esse non formavano un vero e proprio " cartello " , come lui spregiosamente lo chiamava , cioè un monopolio , e che i loro profitti non erano poi così esosi , come lui valutava . Mattei doveva crederlo perché solo così poteva riuscire a farlo credere ai Paesi produttori . Egli portava nelle sue menzogne una carica di sincerità che le rendeva irresistibili . Non conosco i capi delle compagnie petrolifere . Penso che sul piano tecnico e manageriale debbano essere uomini agguerritissimi , rotti a qualunque astuzia , e con un pelo sullo stomaco alto così . Ma sul piano umano la loro ottusità deve toccare livelli da Himalaya , a giudicarne dal modo con cui hanno condotto la lotta contro l ' ENI . Essi risero quando Mattei , alla vista delle prime gocce di petrolio portate alla superficie dalle sue sonde in Val Padana , annunciò con la voce rotta dall ' emozione che l ' Italia aveva trovato nelle sue viscere la cassaforte di una ricchezza aperta a tutti . Avevano ragione in quanto la cassaforte non conteneva che quelle poche gocce . Ma non capirono che in un Paese appena reduce dalle mortificazioni della disfatta , più che di petrolio , c ' era bisogno di fiducia , e che quell ' annunzio riecheggiante il solito « L ' Italia farà da sé » , ne ridava . Essi risero quando Mattei si mise a profondere miliardi per costruire le più belle moderne e lussuose stazioni di servizio con la scritta " Supercortemaggiore , la potente benzina italiana " . Avevano ragione perché quella benzina italiana era fornita dall ' Anglo - Iranian inglese . Ma non capirono che queste ostentazioni affezionavano la pubblica opinione a un ' illusione cui non avrebbe mai più rinunziato , dando così a Mattei la forza di tradurla in realtà . Essi credettero che Mattei fosse un venditore di tappeti . Sbagliavano . Era un venditore di sogni , merce molto più pericolosa , anche perché facilmente esportabile e non soggetta a dogana . Nessuno può dire se , nel momento in cui il suo aereo precipitò , egli fosse alla vigilia di una clamorosa vittoria o di una irreparabile disfatta . Cioè potrebbe dirlo solo il suo successore Cefis , che si rifiuta di parlare . E noto che Cefis , prima stretto collaboratore di Mattei , se n ' era poi allontanato - e , mi dicono , in malo modo - per dissensi sui criteri di gestione dell ' azienda dove rientrò dopo la morte del fondatore . Eppure non ha mai pronunciato che parole di rispetto , quasi di venerazione , nei suoi confronti . Io credo che Mattei abbia commesso molti sbagli , ma che proprio questi diano la misura dell ' uomo . Chiunque altro ne sarebbe stato travolto . Lui no , perché era più grosso di essi , un personaggio ibseniano , cui è superfluo cercar di attribuire un ' aureola di martire tessendo cattivi romanzi gialli sulla sua fine . Non ne ha bisogno .
Andreotti ( Montanelli Indro , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nel '68 , quando fu costituito il primo governo Rumor , nel leggere la lista dei partecipanti , molti rimasero di stucco : il nome di Giulio Andreotti non vi figurava . Era la prima volta che succedeva da oltre vent ' anni . Di quanti ministeri si siano composti e decomposti in quest ' arco di tempo , ho perso il conto ; ma tutti ricordavamo che non ce n ' era stato uno di cui Andreotti non avesse occupato qualche posto - chiave . Dal sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio alle Finanze , dalle Finanze al Tesoro , dal Tesoro alla Difesa , dalla Difesa all ' Industria , Andreotti si era ormai accreditato come il jolly della politica italiana , una specie di Domenghini buono per tutti i ruoli sia d ' attacco che di difesa . Gli eurologi - come potremmo chiamare gli esperti del Cremlino democristiano che , come tutti sanno , ha la sua sede all ' EUR - ravvisarono nell ' esclusione il segno di una parabola discendente . Andreotti , dissero , è caduto vittima di un eccesso di abilità . A furia di non volersi legare a nessun gruppo per restare in una posizione di arbitro rispetto a quelli altrui e fare tra loro l ' ago della bilancia , è rimasto isolato , e ora ne paga il fio . La sua è ormai una battaglia di retroguardia , con cui tenta di salvare il salvabile , cioè la sua posizione di " notabile " . Quella non può insidiargliela nessuno , data la sua base elettorale fra le più forti del partito : oltre duecentomila voti di preferenza . Ma su di essa ha ripiegato , rinunziando alla lotta per il primato . Giovane com ' è , può anche darsi che torni la sua ora . Ma chissà quanto dovrà aspettarla . L ' ha aspettata due anni : che , per un ' inversione di parabola , sono un po ' pochi . E ' chiaro che Andreotti , lungi dal rinunziare , faceva in questo frattempo una corsa di difesa in coda al plotone per prendere la volata e batterlo sull ' ultima rampa . Non so se questo piano lo avesse in testa fin dal '68 . So soltanto che , per lasciarsi emarginare da una lista di governo , qualcosa in testa doveva averla . L ' ha sempre avuta , fin dal tempo in cui sembrava che la sua sorte fosse indissolubilmente legata a quella di De Gasperi . Con questo - intendiamoci - non vogliamo dire ch ' egli abbia tradito il suo iniziatore e patrono . Anzi , fra tutti i pupilli dello statista trentino , è uno dei più fedeli alla sua memoria , e l ' ha dimostrato anche nell ' eccellente saggio biografico che gli ha dedicato . La sua non è l ' orazione funebre di Antonio sulla tomba di Cesare . Si sente che parla d ' un Maestro , anzi del Maestro . Ma al cadavere non rimase abbracciato e non ne seguì la sorte , come una vedova indiana , sulla pira . Quell ' operazione di svincolo , a volerla compiere senza incorrere in accusa di fellonia e ingratitudine , non era facile . Anche per ragioni di anagrafe ( è nato nel '19 ) , Andreotti non aveva meriti " ante marcia " . Come antifascista , tutto il suo capitale morale consisteva nell ' amicizia di De Gasperi , da lui conosciuto un giorno del '41 , nella biblioteca Vaticana . Studente poco più che ventenne , Andreotti c ' era andato - dice - a cercarvi dei documenti sulla Marina pontificia . Il bibliotecario ignorava che ce ne fosse stata una e si meravigliò che quel ragazzo se ne interessasse , e proprio in quel momento . Ce ne meravigliamo un po ' anche noi , pur conoscendo le curiosità dell ' uomo e la sua passione per la Storia . De Gasperi allora non era che un ospite mal sopportato della Curia , ma il suo nome cominciava a uscire dall ' oblio in cui il regime lo aveva piombato . Il giovane studioso trovò molto istruttiva la conversazione con lui , sebbene di Marina del tutto digiuno . Tornò a vederlo con sempre maggior frequenza , e di lì a poco si trovò travasato nella redazione del Popolo , che aveva ripreso clandestinamente le sue pubblicazioni sotto la direzione di Gonella . Aveva inciampato in De Gasperi al momento giusto : quello in cui i dispersi superstiti del vecchio partito popolare si riunivano sotto la sua guida , cercavano di ricostituire alla svelta i quadri e avevano bisogno , per vitaminizzarli , di giovani . Gli unici che avessero una fedina politica pulita erano quelli che non avevano avuto il tempo di sporcarla : quelli delle ultimissime leve , cui Andreotti apparteneva . De Gasperi nutriva una invincibile diffidenza per gli uomini della generazione successiva alla sua , tutti più o meno figli della lupa . Preferiva i nipoti . E fra i nipoti , predilesse Andreotti per motivi che possiamo soltanto ricostruire per induzione . De Gasperi era un cattolico , non un clericale , e già fin d ' allora aveva i suoi guai col Vaticano . Pio XII non lo amava . Viceversa Andreotti in Vaticano ci stava come una trota nel torrente , o per meglio dire come un ' anguilla nella mota . Non so se vi avesse già dei protettori quando andò a fare quelle tali ricerche nella Biblioteca . Ma fatto sta che in quel labirinto di corridoi , in quell ' andirivieni di passi felpati , fra tutti quei Monsignori dalla voce sommessa e dal linguaggio allusivo , si orientò subito , come guidato da un radar . Vado - ripeto - per ipotesi . Ma non mi sembra azzardato supporre che in quel mondo egli sia stato , per De Gasperi , un prezioso ambasciatore , e che anche a questo debba il suo fulmineo inizio di carriera : deputato a ventott ' anni , prima di trenta era già sottosegretario alla Presidenza , cioè l ' uomo più vicino al capo e più al corrente delle sue manovre . Andava anche , mi dicono , a messa insieme a lui , e tutti credevano che facessero la stessa cosa . Ma non era così . In chiesa , De Gasperi parlava con Dio ; Andreotti col prete . Era una divisione di compiti perfetta . Quale profitto l ' allievo avesse tratto da quell ' esperienza , lo si vide alla scomparsa del maestro . Si vestì da orfano , ma senza avanzar pretese all ' eredità : e in tal modo si sottrasse alla spietata epurazione che invece colpì i grandi diadochi del defunto : Scelba , Gonella eccetera . Da che parte sia stato in questi sedici anni di guerra di successione , nessun eurologo è in grado di dirlo con certezza . Con certezza si sa soltanto che nel partito non c ' è stata maggioranza in cui egli non sia entrato né ministero di cui non abbia fatto parte . Nell ' arruffato giuoco di correnti , che ha ridotto la dicci a un vortice , anche lui ha la sua , che si chiama " Primavera " e che di professione fa la fidanzata : anche il nome l ' aiuta a dire all ' ultimo momento che ancora " non ha l ' età " . Per quale sottile combinazione di pesi e contrappesi il partito ora abbia affidato a lui la nuova operazione di governo , è materia d ' ipotesi . Ma forse il motivo va ricercato appunto nelle difficoltà coniugali ch ' essa comporta , e di cui Andreotti si è dimostrato il massimo esperto . Mi pare che vi abbia accennato egli stesso quando , uscendo dal Quirinale , disse che la collaborazione fra i quattro partiti non implicava un matrimonio , lasciando capire che poteva limitarsi allo " struscio " . A quest ' ardua impresa , nessuno è più qualificato di lui che ha strusciato sempre senza compromettersi mai . L ' uomo è distaccato , freddo , guardingo , a sangue ghiaccio . Non c ' è pericolo che impenni sull ' ostacolo . E abituato ad aggirarlo , e lo dimostra la disinvoltura con cui ha regolarmente fatto le sue « entrate » - ora da destra , ora da sinistra - che tanto hanno confuso gli osservatori . Come arma di riserva , dispone anche dell ' umorismo . Andreotti è l ' unico uomo politico italiano che ne possieda , e forse molto più di quanto mostra . Lo amministra con parsimonia perché sa benissimo quanto sia pericoloso , in un paese marcio di solennità e di retorica come il nostro . Ma ogni tanto lo tira fuori come un gatto gli artigli , e sono questi graffi che conferiscono alla sua eloquenza un timbro particolare . Andreotti non è un grande oratore : gliene mancano la rotondità e i voli . Ma è uno squisito parlatore , uno schermidore che assesta il colpo senza perdere mai la guardia , un agguerrito débatteur pieno di garbo e di cattiveria , cioè di una cattiveria corretta dal garbo . Ce n ' è per tutti , amici e nemici , perché in questo romano pontificio convivono in perfetta armonia un Monsignore e un Pasquino . E vorrei sapere quante altre ce ne sono nel suo « Diario » segreto che , mi dicono ( e ci credo perché del memorialista ha la passione e tutte le qualità ) , egli tiene scrupolosamente aggiornato . Peccato che non faremo in tempo a leggerlo perché Andreotti non lo pubblicherà prima del suo ritiro dalla politica che coinciderà con il suo congedo dalla vita . E non ha che cinquant ' anni . È autenticamente colto , cioè di quelli che non credono che la cultura sia cominciata con la sociologia e finisca lì . Come abbia fatto a formarsela , avendo cominciato a fare il ministro prima dei trent ' anni e non avendo più smesso , Dio solo lo sa . Ma mi dicono ch ' è sempre riuscito a trovare il tempo di annaffiarla . E questo è a dir poco sorprendente perché , oltre che dal daffare governativo , egli dev ' essere oberato da quello elettorale come capo di una delle più vaste clientele d ' Italia . Secondo qualcuno , la sua segreteria sarebbe la più efficiente centrale di « raccomandazioni » , pur in un Paese e in un partito in cui l ' efficienza si sfoga solo lì . Ma va a metano , cioè senza far fumo né residuati . E ' una specialità di Andreotti quella di non lasciar mai impronte digitali . Un industriale mi ha raccontato : « Un giorno Andreotti mi parlò di un suo protetto in tali termini che io stavo per offrirgli un posto di direttore generale , quando lui mi chiese di assumerlo come fattorino . Promuovendo quella specie di Einstein a impiegato , mi sentivo ancora in debito con lui » . Una volta chiesero ad Andreotti , per l ' ennesima volta ministro , se non avvertiva il pericolo che alla fine il potere lo logorasse . « Il potere logora coloro che non lo hanno » rispose placidamente . E oggi non ha certo di che ricredersi . Egli offre anche questa garanzia : di conoscere come nessuno la macchina dello Stato perché di tutti i suoi ingranaggi ha fatto l ' esperienza sul vivo , e tale è la prontezza con cui se ne impadronisce che dovunque è passato ha lasciato il ricordo di un " competente " . Ma questa , per un uomo di governo , è la qualità che conta meno , in Italia . Anzi , può anch ' essere considerata negativa .