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> anno_i:[1970 TO 2000} > anno_i:[1970 TO 2000} > autore_s:"Augias Corrado" > categoria_s:"StampaPeriodica" > categoria_s:"StampaPeriodica"
Volonté Egalité Fraternité ( Augias Corrado , 1971 )
StampaPeriodica ,
Roma . Durante le riprese in Tunisia del film Mattei , diretto da Franco Rosi , accadde un giorno che la troupe al completo si allontanò dal set per una breve pausa . Sul luogo della scena rimase Gian Maria Volonté , solo , a capo chino , assorto nella contemplazione delle proprie scarpe . Sul momento nessuno capì bene quell ' insolita concentrazione , poi Rosi ricordò : il giorno prima aveva mostrato all ' attore alcune fotografie del personaggio e Volonté aveva osservato che Mattei usava sedere tenendo le punte dei piedi molto divaricate . Ciò su cui si stava allenando , mentre gli altri bevevano il loro caffè , era imitare con naturalezza quel tipico atteggiamento di Mattei . L ' aneddoto lo racconta lo stesso Rosi ; sul minuscolo schermo della moviola scorrono le sembianze di Enrico Mattei che è in realtà Gian Maria Volonté mentre simula la sbrigativa durezza del grande manager con la stessa disinvoltura con cui bofonchiava il lombardo sgrammaticato e afono del tragico Lulù in La classe operaia va in paradiso . Descrivere chi è Volonté è più difficile di quanto si creda ; un Volonté vero e unico anzi non esiste neanche . Il Gian Maria in carne , ossa e maglione proletario , comunista militante , nato a Milano il 9 aprile 1933 , è molto più evanescente del meno riuscito dei suoi personaggi . Quando parla , nella vita , fissandosi le unghie , fumando una sigaretta dopo l ' altra , sembra un libro stampato . Stampato , naturalmente , a cura di un movimento rivoluzionario : « il problema è » , « nella misura in cui » , « vorremmo un certo tipo di rapporto » . Poi si veste , si trucca , e diventa un commissario di polizia , un operaio , un Enrico Mattei estremamente persuasivi . Per questo virtuosismo trasformistico , insolito nel panorama degli attori italiani , Volonté è diventato quasi d ' improvviso un caso . Se si vedono i suoi ultimi quattro film ( i tre citati più il Sacco e Vanzetti ) una sera dopo l ' altra non ci si sottrae al dubbio di trovarsi ancora una volta di fronte a quel fenomeno molto italiano del mostro che viene dal nulla , di quello molto bravo ( a correre , a elaborare equazioni , a giocare a bridge ) con alle spalle non una schiera di concorrenti battuti ma semplicemente il deserto . Come si spiega insomma che ci ritroviamo un attore di livello mondiale mentre nessuno lo aspettava ? Nel 1969 Gian Maria Volonté , partecipando a un dibattito dell ' « Espresso » sulla condizione dell ' attore aveva fatto propria una dichiarazione della Società attori italiani ( SAI ) nella quale tra l ' altro si diceva : « La categoria degli attori ormai da tempo ha preso coscienza che i concetti di " arte " , " missione " , " sacrificio " ecc. sono strumenti di repressione usati dal potere » . Per fortuna la « presa di coscienza » dettata dalla concitazione di quel periodo Volonté l ' ha dimenticata rapidamente . La strada che invece ha seguito è stata esattamente quella opposta e non c ' è dubbio che buona parte della sua valentia , egli la debba proprio all ' applicazione singolarmente tradizionalista e quasi pedante dei concetti di « arte » , « missione » e « sacrificio » . Cominciamo dall ' arte . Chi ricorda le sue vecchie interpretazioni teatrali sa che in palcoscenico Volonté non rende quanto al cinema . Visto tutto intero , al naturale per due ore di seguito , Volonté regge la prova in modo dignitoso e basta ; sul palcoscenico tende a confondersi con gli altri e quando emerge è per una grinta dura e un po ' legnosa non sempre piacevole . Anche la sua voce è raramente memorabile : quel che gli manca è la capacità di modulare dalla « testa » al « petto » e viceversa , quei salti d ' ottava che ancora oggi non si possono ascoltare senza un fremito di corrotto compiacimento . Al cinema invece succede tutto íl contrario . I suoi personaggi sono costruiti a tutto tondo completi di gesti , voce , tic e manie personali . Facciamo il caso di Indagine su un cittadino , la particolare petulanza del tono di voce impiegato dal commissario Volonté per chiamare I ' « appuntato Panunzio » ha continuato ad essere imitata per mesi dopo la proiezione della pellicola . Ma non si possono dimenticare neanche il sorriso furbo e volgare , il modo di pettinarsi , di camminare dondolando le spalle per i corridoi della Questura tra l ' ossequio dei subalterni ; una camminata nella quale buona parte della burocrazia di Stato potrebbe riconoscersi senza battere ciglio . La conclusione naturalmente è che la diversità non è in Volonté ma nel mezzo . Volonté è uno straordinario attore di cinema perché la sua costruzione del personaggio parte dai dettagli e vive di questi . Del resto lo dice egli stesso : « Io comincio dal copione . Ricopio a mano dieci , quindici , venti volte tutta la mia parte battuta per battuta . Serve a farmi capire ogni parola di ciò che poi dovrò dire » . Questo metodo , insolitamente umile , Volonté lo ha imparato dai vecchi attori dei « carri di Tespi » il teatro girovago della provincia italiana , ultimi baluardi del naturalismo privo di complessi . Prima di iscriversi all ' Accademia d ' arte drammatica , nel 1954 , con i « carri di Tespi » Volonté ha recitato tre anni . Aveva diciotto anni , il suo maestro , Alfredo De Sanctis , quasi novanta ; non deve essere stato gin apprendistato d ' avanguardia . Del resto il culto della tradizione non si limita alla copiatura delle battute . Settimane prima che si cominciasse Indagine su un cittadino la casa di Volonté era tappezzata di fotografie di questori e commissari di polizia . Passeggiando tra quei ritratti l ' attore si impadroniva di un dito nel naso , un sorriso arrogante , un mignolo sollevato con finezza sulla tazza del cappuccino . Non si arriva a Ermete Zacconi che vagava per gli ospedali ad osservare il delirium tremens dal vero ma l ' indirizzo è quello . Elio Petri , che e finora il regista che a Volonté ha dato di più , spiega se lo si interroga in proposito che con quel metodo l ' attore arriva alla « ricostruzione critica del personaggio » dopo averlo « demolito » ; insomma fa quasi balenare Brecht . Altri invece ritengono di poter dire che ci si trova di fronte a un caso clamoroso di recupero romantico e naturalista , attitudini che d ' altronde si accompagnano molto bene a quella rivoluzionaria come , per altri aspetti , l ' impiego del dialetto . La domanda anzi è più che legittima : quanta parte della fortuna di Volonté è legata all ' uso del dialetto ? La risposta la dà Franco Rosi : « I maggiori personaggi cinematografici di Volonté » dice « avevano un ' identità facilitata dai loro tic e dal loro dialetto . Non voglio sminuire la sua bravura nelle parti precedenti ma solo dire che interpretando Mattei , Volonté si è messo per la prima volta nelle condizioni più difficili per un attore . Mattei veste di grigio , ha sempre il cappello in testa e la cravatta al collo , non ha inflessioni riconoscibili . Insomma ha l ' aspetto esterno di un italiano qualsiasi . Eppure anche questa è , secondo me , un ' interpretazione di grande efficacia » . Si ricade allora su un ' altra qualità fondamentale del grande interprete : la capacità mimetica . Da questo punto di vista l ' attore è veramente quella canna vuota di cui sí parla e che gli altri costringono ( o che si costringe da sé ) a risuonare in cento modi diversi . Nessun dubbio che anche Alberto Sordi o Vittorio Gassman siano ottimi attori ; il loro limite però è nel dare vita , film dopo film , a tanti diversi episodi di un personaggio sempre uguale a se stesso : il romano un po ' vile di Sordi , il maldestro spaccamontagne di Gassman . L ' agilità di Volonté invece arriva direttamente da una tradizione che consentiva agli attori di un tempo di interpretare con la stessa disinvolta indifferenza Amleto o Come le foglie . Nessuna meraviglia allora se la comicità di Sordi risulta leggermente straniata a Cuneo e incomprensibile a Zurigo mentre della mimica « meridionale » del commissario di Indagine si può godere ugualmente a Roma e a New York . Tutti questi vantaggi presentano un solo rischio : l ' istrionismo , pericolo sul quale Elio Petri è disposto a concordare con il correttivo però che tutti i grandi attori sono degli istrioni : « Barrymore , Marlon Brando , Eduardo , Jouvet , Jean Gabin . La differenza tra un attore e una persona normale è che il primo è capace di catturare il lato istrionesco e farlo diventare riconoscibile , gli altri no » . Vediamo ora il secondo aspetto : la « missione » . Anche da questo punto di vista Volonté ha modelli famosi e anch ' essi , per fatalità , ottocenteschi : Gustavo Modena e la piccola schiera di attori patrioti e democratici che agirono durante il Risorgimento . Gian Maria Volonté non è un patriota ma è sicuramente un democratico , comunque la sua parentela con Modena è evidente . Nel 1831 , quando scoppiarono i moti carbonari , Gustavo Modena abbandonò improvvisamente la sua attività di attore e corse a combattere accanto ai liberali a Rimini e ad Ancona . Nel 1968 , scoppiata la contestazione studentesca , Gian Maria Volonté rompe improvvisamente il contratto per il film Metti una sera a cena e si unisce ai gruppi della sinistra più intransigente . Nel 1839 Gustavo Modena allestisce per la prima volta al Queen ' s Theatre di Londra alcune scene della Divina Commedia . È uno spettacolo che in seguito riprenderà molto spesso perché gli consente di « realizzare il sogno di un ' arte politica » . Nel 1969 Gian Maria Volonté allestisce alla stazione Termini di Roma una scena di teatro di strada con tre personaggi : « il disoccupato » , « l ' operaio » , « la viaggiatrice » riuscendo a coinvolgere tre o quattrocento viaggiatori in arrivo e in partenza . Nel 1849 Gustavo Modena partecipa alla difesa della Repubblica romana ; nelle pause del combattimento recita negli ospedali in favore dei feriti . Durante l ' autunno caldo Gian Maria Volonté alterna recite e dibattiti politici nelle fabbriche occupate , durante scioperi e cortei . Dopo queste attività alcuni extraparlamentari di particolare intransigenza rimproverano a Volonté la sua partecipazione ai primi due western di Sergio Leone con lo pseudonimo di John Wells . La verità è che nella sua carriera Volonté non ha avuto più cedimenti di quanti non ne giustifichi la ricerca iniziale di un ruolo , di uno stile e probabilmente di una paga . Se ha interpretato Per un pugno di dollari , se ha partecipato alle avventure di Maigret in televisione , se ha recitato Goldoni è anche vero che nel 1960 Volonté ha fatto in teatro Sacco e Vanzetti , nel '62 ha girato Un uomo da bruciare ( storia di Salvatore Carnevale ) , nel '63 Il terrorista , nel '64 ha messo in scena Il Vicario di Hochhuth nel retrobottega della libreria Feltrinelli di Roma dopo che la polizia ne aveva impedito la rappresentazione in teatro . « Io » dice oggi Volonté « scelgo i film che devo fare e se non è un soggetto impegnato in un senso politico preciso non lo faccio . » Dopo l ' arte e la missione , l ' ultimo aspetto è il « sacrificio » . L ' argomento è delicato poiché il sacrificio di Volonté è soprattutto economico e il rischio è di fornire non dati o valutazioni ma pettegolezzi . Comunque poiché si sa che un attore , come d ' altronde ogni altro professionista , ha una sua quotazione ufficiale , si può anche sapere che quella di Volonté , in puri termini di mercato , si aggira sui 150 milioni a pellicola . Quando interpretò il primo filmi di Sergio Leone , Volonté ebbe come compenso 1 milione e 200 mila lire . Al secondo western Per qualche dollaro in più , 4 milioni e mezzo . Anche se la sua quotazione si è moltiplicata per trenta , quaranta volte in pochi anni , registi e produttori sanno che se il soggetto è « impegnato in senso politico preciso » Volonté accetta di farlo per molto meno , « questo » dice il regista Giuliano Montaldo « a me sembra un vero capitale per il cinema italiano . Un regista anche poco conosciuto sa che se il suo soggetto è buono può contare su un attore di prima grandezza allo stesso costo con cui se ne assicurerebbe uno di secondo piano » . Ma la disponibilità di Volonté non si esaurisce sul set . Come nel film La classe operaia , nell ' appartamento di Volonté è un andirivieni ininterrotto di rappresentanti di tutti i gruppi della sinistra che sono indubbiamente molti e tutti in gara tra loro nel dissimulare la riconoscenza sotto la grinta rivoluzionaria . Chi scrive ha sentito personalmente uno di loro commentare in pubblico : « Però , con quello che guadagna , solo mezzo milione ha dato » . La verità su questo attore è un paradosso : Volonté sembra un tipo di interprete nuovo perché in realtà è talmente antico che si è persa la memoria del modello al quale risale . La sua aderenza al canone del grande attore naturalistico di tradizione italiana è perfetta . Anche ad esempio nel suo modo di comportarsi in scena , prima di cominciare a girare ; nel suo bisogno quasi quotidiano di essere spiritualmente medicato e rassicurato circa i fini del film e l ' ideologia che lo sorregge , o anche a proposito di una vicenda personale , di una conversazione avuta la sera precedente . Elio Petri dice : « Credo che gli attori abbiano lo straordinario incanto di essere come bambini . L ' infanzia è l ' età nella quale si gioca ai travestimenti ; passata quella ognuno assume il suo ruolo fisso , eccetto gli attori che possono continuare a giocare per tutta la vita » .