StampaQuotidiana ,
La
pace
ha
un
passo
zoppo
e
congedato
.
Niente
fanfare
.
Era
abusivo
il
nome
di
guerra
,
per
questa
devastazione
condotta
dall
'
alto
in
basso
.
Né
vera
azione
di
polizia
,
com
'
era
necessario
,
né
vera
guerra
.
Un
temporale
in
cui
l
'
impotenza
e
l
'
onnipotenza
si
sono
date
la
mano
.
Dunque
si
potrà
chiamare
col
nome
di
pace
la
sua
conclusione
,
oggi
finalmente
annunciata
?
Le
guerre
hanno
smesso
da
tanto
di
essere
cavalleresche
,
tant
'
è
vero
che
a
morirne
sono
i
civili
.
Ma
finché
erano
guerre
ammettevano
anche
lo
scoppio
della
pace
.
Una
notizia
che
correva
da
uno
all
'
altro
,
soldati
che
risorgevano
dal
grembo
macabro
delle
trincee
buttando
via
il
moschetto
e
correndo
ad
abbracciarsi
,
folla
assiepata
ai
bordi
delle
strade
a
sventolare
fazzoletti
e
bandierine
,
balli
e
baci
regalati
dalle
belle
ragazze
.
Non
so
se
questa
volta
ci
sarà
un
momento
per
dichiarare
la
pace
,
e
farle
festa
.
Temo
di
no
.
Le
belle
ragazze
sono
ora
le
vittime
predilette
,
e
le
scampate
sono
le
più
riluttanti
a
tornare
.
Qualcuno
firmerà
fogli
in
televisione
:
spero
che
non
ci
sia
Milosevic
,
e
che
almeno
manchi
la
corrente
,
ai
televisori
dei
profughi
.
Guerre
e
paci
moderne
sono
travestite
e
ambigue
.
Non
fanno
festa
,
né
fraternizzazioni
.
La
pace
perde
anche
lei
la
sua
maiuscola
.
E
stenta
,
dubbia
,
amara
:
si
chiede
perché
la
pazzia
sia
appena
avvenuta
,
e
se
un
'
altra
pazzia
non
sia
in
agguato
.
Niente
balli
nelle
strade
:
tuttavia
è
la
pace
.
E
la
fine
degli
agguati
,
degli
stupri
,
delle
botte
,
delle
fughe
,
degli
sputi
.
Il
ritorno
dei
cacciati
.
Lo
sgombero
delle
macerie
.
Il
pellegrinaggio
alla
ricerca
degli
scomparsi
,
delle
fosse
.
I
cimiteri
ricomposti
.
Le
rovine
frugate
a
trovare
le
reliquie
del
mondo
di
prima
,
una
fotografia
,
un
cucchiaio
,
un
giocattolo
.
Qualcuno
ci
sarà
che
,
per
orrore
e
offesa
,
non
vorrà
più
tornare
.
Sarà
questo
,
la
pace
.
Lo
stupore
per
un
vicino
dell
'
altra
nazione
che
,
a
differenza
dagli
altri
,
non
va
via
,
e
l
'
incertezza
fra
l
'
odio
e
il
saluto
restituito
a
occhi
bassi
.
L
'
incontro
con
qualche
vecchio
animale
inselvatichito
e
scampato
alla
tempesta
,
una
gallina
,
una
gatta
restata
fedele
alla
rovina
.
L
'
abitudine
da
fare
a
blindati
e
jeep
e
persone
straniere
a
serbi
e
albanesi
,
arroganti
nella
carrozzeria
intatta
e
nelle
uniformi
stirate
e
nella
corsa
perpetua
,
come
se
stessero
precipitandosi
a
un
salvataggio
fatale
,
e
invece
girano
rapidi
e
a
vuoto
,
come
ogni
truppa
di
occupazione
,
anche
la
più
benvenuta
.
La
voglia
di
raccontare
ciascuno
la
propria
odissea
,
in
cambio
di
una
piccola
pazienza
per
ascoltare
il
racconto
degli
altri
.
La
coda
a
uno
sportello
di
fortuna
che
restituisca
una
carta
d
'
identità
.
La
pace
.
Non
il
tempo
nuovo
,
la
rinascita
,
il
fervore
:
semplicemente
,
la
fine
,
cauta
,
della
paura
e
dell
'
orrore
.
Non
è
poco
.
Vidi
l
'
arrivo
della
pace
a
Sarajevo
.
Non
arrivò
.
Niente
feste
.
Anzi
,
dopo
crebbero
di
colpo
i
suicidi
.
Però
era
finita
.
Finita
con
le
granate
,
coi
cecchini
,
con
le
deportazioni
,
con
le
taniche
d
'
acqua
trascinate
dai
vecchi
fino
all
'
ultimo
piano
,
con
le
candele
di
falsa
cera
,
col
freddo
.
Si
è
insieme
sollevati
,
e
più
offesi
,
quando
è
finita
.
Avranno
fatto
festa
,
ieri
,
a
Kukes
,
o
nei
boschi
intorno
a
Pec
,
o
a
Kragujevac
e
nella
Novi
Sad
vedova
di
ponti
?
Tutti
quegli
uomini
maschi
che
abbiamo
visto
piangere
senza
controllo
,
da
due
mesi
.
Forse
hanno
pianto
,
ancora
più
che
gli
altri
giorni
,
ma
in
un
modo
diverso
.
Solo
la
fine
,
speriamo
non
effimera
,
della
"
guerra
"
.
Non
è
poco
.
Cambieranno
cielo
e
terra
.
Il
cielo
era
stato
confiscato
da
una
migrazione
quotidiana
di
macchine
magnifiche
e
lontane
,
gloria
in
excelsis
:
apparecchi
da
castigo
,
con
gli
occhi
bendati
.
E
la
terra
.
E
pace
in
terra
.
La
guerra
ormai
è
affare
dei
cieli
,
la
terra
è
invasa
dagli
assalitori
razzisti
,
scavata
di
fosse
comuni
,
corsa
dai
fuggiaschi
.
La
pace
riguarda
la
terra
.
Dobbiamo
avere
a
cuore
le
creature
umane
,
uccise
,
violate
,
sofferenti
.
Bisognava
soccorrerle
,
in
Kosovo
,
e
bisogna
altrove
.
Il
loro
ritorno
protetto
non
risarcirà
la
tempesta
furibonda
dei
due
mesi
trascorsi
,
ma
almeno
non
l
'
avrà
resa
solo
un
'
inutile
esibizione
.
Un
popolo
destituito
,
spinto
a
coprirsi
sotto
un
telo
di
plastica
,
vergognandosi
di
sé
ai
nostri
occhi
di
spettatori
commossi
o
cinici
,
si
ricostruirà
un
tetto
rosso
di
tegole
:
i
suoi
bambini
si
riabitueranno
un
po
'
alla
volta
a
disegnare
case
col
fumo
che
esce
dal
comignolo
,
invece
che
dal
rogo
dei
ripulitori
.
l
'
inverno
non
li
farà
tremare
.
La
pace
è
fatta
per
gli
umani
,
e
poi
per
le
loro
case
:
è
domestica
.
Ma
è
fatta
anche
per
la
terra
.
Mi
piace
l
'
espressione
:
torneranno
alle
loro
case
-
benché
bruciate
e
profanate
.
Ma
non
vorrei
dire
:
alla
loro
terra
.
La
terra
merita
di
essere
di
tutti
-
no
,
neanche
:
anche
in
questo
c
'
è
un
'
usurpazione
.
La
terra
merita
di
essere
di
nessuno
.
Non
so
per
quale
inversione
di
senso
,
in
latino
si
diceva
res
nullius
,
cosa
di
nessuno
,
per
designare
ciò
che
fosse
a
disposizione
di
tutti
:
come
la
selvaggina
cacciabile
.
Il
punto
estremo
cui
sapevamo
arrivare
era
di
dichiarare
qualcosa
senza
padrone
-
in
modo
che
chiunque
di
noi
umani
ne
fosse
padrone
.
Con
la
stessa
formula
,
terra
di
nessuno
,
no
man
'
s
land
,
abbiamo
chiamato
quelle
strisce
disboscate
che
come
cicatrici
commemorano
le
nostre
guerre
e
separano
le
nostre
risse
:
luogo
scelto
dagli
innamorati
senza
etnia
e
senza
segnaletica
,
come
i
due
ragazzi
di
Sarajevo
che
vi
si
avviarono
mano
nella
mano
.
Terra
di
nessuno
,
dunque
libera
?
No
:
è
il
punto
in
cui
vi
sparano
addosso
da
tutti
i
lati
,
con
un
'
autorizzazione
universale
.
Come
sui
ponti
,
e
su
tutto
ciò
che
congiunge
e
traduce
e
traghetta
.
(
I
disgraziati
che
hanno
assassinato
d
'
Antona
non
hanno
trovato
di
meglio
,
per
spiegare
la
loro
impresa
,
che
definirlo
come
una
cerniera
fra
qualcosa
e
qualcos
'
altro
)
.
La
terra
non
dovrebbe
essere
di
nessuno
,
neanche
di
tutti
noi
,
se
non
reciprocamente
.
In
questi
due
mesi
sarebbe
sembrato
un
lusso
e
uno
scandalo
protestare
per
conto
della
terra
colpita
e
ferita
,
con
tanto
dolore
umano
:
tuttavia
bisogna
farlo
,
e
augurare
pace
alla
terra
.
Non
dico
degli
avvelenamenti
di
terre
e
acque
,
che
la
guerra
moderna
moltiplica
ma
la
pace
provoca
anche
lei
.
Dico
proprio
delle
ferite
alla
terra
:
della
semina
di
mine
,
dei
crateri
di
bombe
e
di
schegge
,
delle
sepolture
occultate
,
dei
campi
e
dei
boschi
distrutti
.
Fuori
dalle
città
,
a
sminare
la
Bosnia
provvedono
,
a
vanvera
,
animali
selvatici
sopravvissuti
o
capre
slegate
.
Gli
uomini
colpiscono
la
terra
e
la
rendono
sterile
e
inabitabile
.
Bestemmiano
.
E
anche
quando
hanno
una
ragione
migliore
dalla
propria
parte
,
non
sanno
trovare
un
modo
migliore
per
perseguirla
.
La
nostra
parte
,
che
aveva
dalla
sua
la
ragione
,
è
sembrata
accanirsi
a
colpire
la
terra
:
come
il
satrapo
persiano
che
,
per
superbia
,
ordinò
di
fustigare
il
mare
indocile
.
La
terra
è
docile
,
accogliente
,
materna
:
purché
non
la
recintiamo
di
filo
spinato
e
non
la
innaffiamo
di
sangue
.
Noi
ci
stiamo
disaffezionando
alla
terra
,
dopo
averla
tanto
maltrattata
e
imbruttita
.
La
bruciamo
,
le
togliamo
l
'
aria
.
Lo
facciamo
alla
leggera
,
in
tempo
e
luogo
di
pace
;
o
anche
con
furia
,
guerrescamente
,
con
mine
a
forma
di
farfalla
e
proiettili
all
'
uranio
impoverito
.
Guerra
è
la
storia
,
pace
è
la
terra
.
La
terra
del
Kosovo
è
ancora
antica
,
e
antichi
gli
odii
e
le
vendette
di
sangue
che
sembra
imporre
ai
suoi
abitatori
:
campo
dei
merli
,
campi
di
teschi
dissepolti
.
Lì
la
nostra
schiacciante
modernità
è
stata
convocata
,
e
ha
fatto
figura
un
po
'
di
cavaliere
un
po
'
di
maramaldo
.
Intanto
si
rifiniva
la
costruzione
della
piattaforma
spaziale
permanente
,
grande
come
uno
stadio
di
calcio
,
che
segnerà
una
tappa
essenziale
nel
nostro
trasloco
da
un
pianeta
esaurito
.
Piattaforme
orbitanti
,
gommoni
rattoppati
da
Valona
:
è
il
nostro
mondo
.
Uno
dei
bambini
che
hanno
già
visto
Prizren
e
Blace
e
Comiso
e
Narvik
forse
ora
potrà
completare
gli
studi
alla
Libera
università
di
Pristina
,
e
poi
si
imbarcherà
per
Marte
.
C
'
è
stato
,
di
nuovo
come
da
dieci
anni
,
l
'
orrore
di
una
"
pulizia
etnica
"
in
Europa
:
sembrava
impensabile
.
C
'
è
stato
,
finalmente
,
l
'
impiego
di
una
forza
internazionale
a
difesa
delle
vittime
e
del
diritto
.
un
'
azione
di
polizia
internazionale
.
Dopo
la
prima
sera
,
il
nostro
capo
del
governo
pensava
che
potesse
bastare
.
Non
aveva
capito
,
né
lui
,
né
noi
,
né
i
generali
della
Nato
.
è
continuato
,
per
suo
conto
,
per
inerzia
.
Poteva
davvero
venirne
una
guerra
mondiale
,
forse
un
impiego
dell
'
atomica
.
In
fondo
,
di
tutte
le
grandi
conquiste
dell
'
Uomo
,
l
'
atomica
è
l
'
unica
che
,
usata
una
volta
-
a
Hiroshima
e
Nagasaki
-
è
stata
tenuta
in
magazzino
.
A
noi
piace
usare
le
nostre
scoperte
.
Ora
lo
faremo
con
la
genetica
:
a
giocare
con
le
atomiche
resteranno
i
poveracci
rifatti
,
l
'
India
e
il
Pakistan
.
Poteva
andare
malissimo
.
Invece
,
pare
,
è
arrivata
la
pace
.
Messaggeri
un
uomo
d
'
affari
russo
,
un
po
'
tozzo
,
che
dice
"
il
diavolo
si
annida
nei
dettagli
"
,
e
i
cronisti
pensano
che
sia
un
'
idea
sua
,
e
un
uomo
di
stato
finlandese
,
vistosamente
zoppicante
.
Va
bene
così
.
Era
ora
che
quel
bel
paese
del
nord
si
riscattasse
dall
'
immeritata
categoria
che
gli
era
stata
cucita
addosso
:
finlandizzazione
.
Magari
ci
finlandizzassimo
:
e
invece
ci
balcanizziamo
.
Quanto
al
passo
zoppo
,
sia
benedetto
,
dopo
tanto
gorgheggiare
pro
e
contro
l
'
intervento
di
terra
:
è
così
,
con
quel
passo
zoppo
e
congedato
,
che
arriva
la
pace
.
StampaQuotidiana ,
Con
la
"
guerra
"
per
il
Kosovo
viene
al
pettine
il
nodo
irrisolto
del
1945
:
fra
la
lezione
che
suona
"
mai
più
la
guerra
"
e
quella
che
suona
"
mai
più
Auschwitz
"
.
Quei
due
fili
si
ingarbugliarono
e
oggi
,
quando
è
diventato
urgente
ridipanarli
,
ce
ne
troviamo
in
mano
uno
solo
alla
volta
.
D
'
altro
canto
,
la
"
guerra
"
fa
appello
al
"
nuovo
diritto
internazionale
"
,
mettendone
alla
prova
insieme
la
concezione
ispiratrice
,
e
i
modi
di
attuazione
.
La
differenza
fra
i
modi
è
offuscata
,
finché
l
'
attenzione
continua
a
fissarsi
su
pretese
linee
di
principio
,
pacifismo
o
interventismo
:
e
invece
è
decisiva
,
come
mostra
giorno
dopo
giorno
la
strategia
dei
raid
aerei
.
Quest
'
ultima
ha
una
storia
e
un
carico
simbolico
,
che
non
mi
sembra
meno
importante
di
quello
strettamente
militare
.
Menzionando
la
promessa
"
Mai
più
Auschwitz
"
,
non
intendo
né
paragonare
la
deportazione
e
gli
eccidi
in
Kosovo
alla
Shoah
,
né
Milosevic
a
Hitler
-
che
può
essere
solo
un
generico
,
e
allora
meritato
,
insulto
.
Inoltre
,
nel
"
Mai
più
Auschwitz
"
,
è
contenuto
il
"
Mai
più
Gulag
"
,
benché
questa
connessione
abbia
tardato
molto
a
farsi
riconoscere
.
I
giudici
di
Norimberga
,
e
le
potenze
vincitrici
che
li
avevano
insediati
,
affrontarono
due
questioni
maggiori
:
la
prima
,
la
preservazione
futura
della
pace
,
e
dunque
i
"
crimini
contro
la
pace
"
;
e
l
'
altra
,
i
"
crimini
contro
l
'
umanità
"
,
incunabolo
dell
'
odierno
diritto
all
'
ingerenza
.
Fu
la
prima
a
prevalere
,
al
punto
che
buona
parte
dell
'
accusa
si
improntò
alla
nozione
(
giuridicamente
dubbia
)
di
"
cospirazione
"
per
provocare
e
attuare
la
guerra
d
'
aggressione
.
I
crimini
contro
l
'
umanità
,
"
l
'
assassinio
,
lo
sterminio
,
la
schiavizzazione
,
la
deportazione
,
e
ogni
atto
inumano
commesso
contro
tutte
le
popolazioni
civili
,
o
le
persecuzioni
per
motivi
politici
,
razziali
o
religiosi
...
"
furono
largamente
assorbiti
dai
"
crimini
di
guerra
"
,
i
quali
erano
invece
codificati
nel
diritto
internazionale
dall
'
inizio
del
secolo
.
Lo
stesso
sterminio
degli
ebrei
,
cuore
della
nuova
figura
di
crimine
contro
l
'
umanità
,
venne
inizialmente
trattato
come
parte
del
piano
per
la
guerra
aggressiva
,
e
della
sua
esecuzione
.
Il
processo
finì
nell
'
ottobre
del
1946
,
e
tuttavia
il
peso
cruciale
di
Auschwitz
-
almeno
un
milione
e
100.000
uccisi
,
più
del
90
per
cento
ebrei
-
non
vi
fu
sentito
.
Quanto
alla
parola
genocidio
,
coniata
da
Raphael
Lemkin
solo
nel
1944
,
non
comparve
agli
atti
del
Tribunale
militare
di
Norimberga
,
e
dovette
attendere
il
processo
a
Eichmann
,
1960
,
per
occupare
il
centro
dell
'
accusa
.
L
'
attenzione
soverchiante
al
tema
della
guerra
e
della
pace
nei
confronti
di
quello
dei
diritti
umani
,
manifesta
nell
'
orientamento
giuridico
di
Norimberga
,
ha
una
faccia
civile
drammatica
e
nota
,
benché
mai
abbastanza
.
Vi
ricordate
del
sogno
-
l
'
incubo
-
del
superstite
di
Auschwitz
,
raccontato
in
"
Se
questo
è
un
uomo
"
,
di
tornare
e
non
essere
creduto
.
Di
non
essere
neanche
ascoltato
.
(
Bisogna
ricordarsene
ora
,
ascoltando
con
cautela
i
racconti
di
Kukes
)
.
Comprensibile
,
no
?
In
fondo
tutti
sono
usciti
da
una
tragedia
,
come
è
stata
la
guerra
,
e
non
hanno
orecchie
per
il
racconto
altrui
,
e
oltretutto
vogliono
dimenticare
e
ricominciare
a
vivere
.
A
un
tale
sentimento
appartenne
anche
l
'
amara
difficoltà
di
"
Se
questo
è
un
uomo
"
a
farsi
pubblicare
,
e
riconoscere
.
Ma
che
spazio
trovasse
,
alla
lettera
,
la
Shoah
nell
'
Europa
liberata
,
lo
mostrarono
i
campi
cintati
di
filo
spinato
e
vigilati
con
le
armi
in
cui
le
migliaia
di
ebrei
superstiti
vennero
rinchiusi
,
"
displaced
persons
"
,
gente
fuori
luogo
,
dagli
Alleati
,
col
generale
Patton
in
testa
,
prima
che
Eisenhower
lo
destituisse
.
"
Fuori
posto
"
,
in
Europa
.
Fra
i
due
impegni
-
mai
più
guerra
,
mai
più
Auschwitz
-
l
'
Europa
delle
autorità
e
quella
della
gente
comune
non
ebbero
dubbi
,
ammesso
che
intuissero
il
problema
.
All
'
altro
capo
della
sconfitta
,
in
Giappone
,
si
svolse
una
vicenda
parallela
,
con
due
o
tre
differenze
capitali
.
Intanto
,
i
giapponesi
avevano
commesso
atrocità
enormi
nel
corso
delle
loro
lunga
guerra
(
fin
dalla
Manciuria
1931
)
,
ma
senza
un
equivalente
dell
'
antisemitismo
e
della
Shoah
.
Inoltre
il
Giappone
non
fu
occupato
da
un
gruppo
di
potenze
vincitrici
,
come
la
Germania
,
bensì
dai
soli
Stati
Uniti
e
anzi
da
un
plenipotenziario
assoluto
,
fino
al
1952
,
Mac
Arthur
.
Soprattutto
,
sul
Giappone
erano
state
sganciate
le
bombe
atomiche
.
Hiroshima
e
Nagasaki
furono
sentite
da
ciascuno
come
un
passaggio
epocale
,
benché
i
bombardamenti
convenzionali
della
Seconda
Guerra
,
la
"
tempesta
incendiaria
"
su
Amburgo
o
Berlino
,
o
Dresda
(
luglio
'43
,
decine
di
migliaia
di
morti
nel
giro
di
14
ore
)
,
o
a
Tokyo
(84.000
morti
in
una
notte
)
avessero
causato
un
numero
maggiore
di
vittime
.
Il
B29
su
Hiroshima
ne
uccise
71.379
.
Ma
a
Hiroshima
l
'
onnipotenza
di
una
scienza
che
si
rivaleva
sulla
creazione
divina
con
la
distruzione
nel
nulla
,
fece
strage
di
persone
e
cose
,
ma
più
ancora
rovesciò
l
'
orizzonte
simbolico
del
mondo
.
Molti
degli
stessi
giapponesi
vollero
sentirvi
,
più
che
il
colpo
schiacciante
del
nemico
americano
,
una
specie
di
vampata
sacrificale
,
nella
quale
rimuovere
le
proprie
colpe
,
ed
espiare
per
l
'
intero
genere
umano
,
tramutando
la
disfatta
in
una
missione
di
testimonianza
antimilitarista
e
pacifista
.
Nel
Tribunale
militare
di
Tokyo
,
gemello
di
quello
di
Norimberga
,
si
condannò
la
cospirazione
della
cricca
militarista
e
le
atrocità
(
gli
eccidi
,
gli
stupri
di
massa
,
le
schiavizzazioni
delle
popolazioni
asiatiche
conquistate
,
le
sevizie
ai
prigionieri
)
:
i
"
crimini
contro
l
'
umanità
"
furono
assimilati
del
tutto
ai
crimini
di
guerra
.
La
posta
dichiarata
era
la
capacità
di
prevenire
la
guerra
.
A
Norimberga
era
stato
vietato
alle
difese
dei
gerarchi
nazisti
di
rinfacciare
i
crimini
alleati
,
e
soprattutto
i
bombardamenti
delle
città
;
così
a
Tokyo
per
Hiroshima
.
(
Benché
il
giudice
indiano
,
Pal
,
considerasse
l
'
atomica
come
il
vero
crimine
contro
l
'
umanità
)
.
Ma
non
influì
solo
il
drastico
divieto
americano
.
È
stupefacente
,
di
quel
Giappone
,
scoprire
come
da
un
giorno
all
'
altro
-
i
giorni
di
Hiroshima
e
dell
'
inaudito
discorso
di
resa
di
Hirohito
-
un
mondo
di
mentalità
e
abitudini
che
sembravano
ferree
crolli
e
si
capovolga
in
un
'
adesione
al
modo
di
vita
del
vincitore
.
Il
quale
portò
,
con
l
'
"
arrogante
idealismo
"
(
o
,
in
un
'
altra
definizione
,
l
'
"
imperialismo
sentimentale
"
)
che
gli
era
ed
è
proprio
,
non
solo
la
manifestazione
della
sua
superpotenza
economica
a
un
paese
agonizzante
di
fame
,
ma
anche
una
radicale
riforma
democratica
della
vita
associata
(
diritti
delle
donne
,
liberazione
dei
prigionieri
politici
,
essenzialmente
di
sinistra
,
regole
elettorali
ecc
.
)
.
Questo
complesso
di
innovazioni
fu
chiamato
,
e
largamente
applaudito
,
come
"
rivoluzione
dall
'
alto
"
.
(
Ho
appena
letto
John
W
.
Dower
,
"
Embracing
Defeat
.
Japan
in
the
Wake
of
World
War
II
"
,
New
York
1999
,
cavandone
scoperte
forti
quanto
la
mia
ignoranza
)
.
Non
è
sconvolgente
che
nel
paese
di
Hiroshima
venga
adottata
l
'
immagine
di
un
"
alto
"
da
cui
arriva
il
bene
?
L
'
esplosione
riuscita
ad
Alamogordo
è
del
luglio
.
Hiroshima
del
6
agosto
.
Tempo
a
parte
,
avrebbero
gli
americani
sganciato
l
'
atomica
sulla
Germania
,
in
Europa
?
I
giudizi
più
affidabili
riconoscono
una
vena
di
disprezzo
razziale
nella
scelta
del
Giappone
.
Quel
colpo
ebbe
comunque
una
serie
di
ripercussioni
decisive
su
tutto
il
mondo
.
In
primo
luogo
,
associò
definitivamente
(
e
,
in
larga
misura
,
abusivamente
)
gli
americani
all
'
idea
di
un
egoismo
così
cinico
da
far
scegliere
un
olocausto
atomico
di
civili
,
militarmente
superfluo
,
per
non
mettere
a
repentaglio
vite
americane
.
Inoltre
,
eclissò
ogni
altro
giuramento
(
"
mai
più
Auschwitz
"
)
figurando
,
da
allora
in
poi
,
una
distruttività
totale
della
guerra
,
che
ne
esigeva
la
trasformazione
in
un
tabù
,
e
della
pace
in
un
imperativo
senza
alternativa
.
Il
mondo
si
sarebbe
spartito
d
'
ora
in
poi
in
un
prima
e
un
dopo
la
bomba
.
Qualcuno
sentiva
che
il
mondo
si
era
diviso
in
un
prima
e
un
dopo
Auschwitz
.
(
E
le
stesse
parole
si
evocavano
per
Auschwitz
e
Hiroshima
:
impensabile
,
indicibile
...
)
.
Ma
come
arrestarsi
davanti
alla
fine
di
un
mondo
,
quando
si
annunciava
la
fine
del
mondo
?
L
'
atomica
-
tanto
più
nel
colpo
raddoppiato
di
Nagasaki
-
era
stata
impiegata
anche
per
avvertire
l
'
Urss
,
la
quale
si
gettò
al
recupero
del
ritardo
,
e
in
pubblico
levava
la
bandiera
della
difesa
della
pace
contro
la
potenza
aggressiva
dell
'
America
.
Il
pacifismo
apparso
universalmente
come
la
lezione
da
tirare
dalla
tragedia
della
Seconda
Guerra
Mondiale
,
sarebbe
stato
segnato
dall
'
ipoteca
sovietica
.
Più
in
generale
,
Hiroshima
sarebbe
diventata
,
per
un
grande
e
sincero
numero
di
intellettuali
e
persone
comuni
in
tutto
il
mondo
,
l
'
argomento
da
opporre
in
pubblico
all
'
anticomunismo
,
e
da
mormorarsi
in
cuor
proprio
per
giustificare
le
nefandezze
dell
'
Urss
.
*
*
*
Nel
momento
dell
'
amministrazione
congiunta
della
vittoria
,
America
e
Urss
preparavano
il
terreno
della
futura
sfida
.
Nella
quale
un
altro
fattore
era
destinato
a
giocare
una
parte
simbolica
rilevante
.
Alla
fine
,
la
Seconda
Guerra
Mondiale
era
stata
vinta
soprattutto
da
due
forze
complementari
(
così
appariva
)
:
la
superiorità
economica
e
tecnologica
degli
Stati
Uniti
,
e
la
resistenza
umana
del
popolo
russo
.
La
seconda
portava
il
nome
glorioso
di
Stalingrado
,
la
prima
il
nome
terribile
di
Hiroshima
.
Una
aveva
l
'
aspetto
dell
'
aviatore
,
potente
di
una
potenza
distante
,
che
colpiva
dall
'
alto
;
l
'
altra
le
fattezze
antiche
del
fante
Ivan
,
del
contadino
russo
attaccato
alla
terra
,
e
inestirpabile
fino
alla
morte
.
(
L
'
armata
degli
Ivan
nella
sua
controffensiva
fino
al
centro
di
Berlino
commise
,
incitata
,
un
numero
incomparabile
di
stupri
:
questo
si
seppe
meno
,
o
si
"
capì
"
)
.
Un
tocco
peculiare
si
aggiunge
alle
immagini
opposte
,
e
dà
loro
il
suggello
che
può
dare
un
libro
quando
diventa
lo
schermo
attraverso
cui
riconosciamo
il
mondo
:
è
il
Tolstoj
di
Guerra
e
Pace
.
Sulla
sua
filigrana
si
imprime
l
'
epopea
di
Stalingrado
.
(
E
vi
si
ricalca
"
Vita
e
destino
"
,
la
grande
opera
di
Vasilij
Grossman
su
Stalingrado
,
gloria
di
un
popolo
e
insieme
del
suo
tiranno
,
e
anche
sugli
inferni
paralleli
di
Auschwitz
e
dei
campi
"
di
lavoro
"
russi
)
.
Sui
suoi
personaggi
gli
intellettuali
e
i
lettori
comuni
di
tanta
parte
del
mondo
leggono
i
nuovi
personaggi
:
Napoleone
e
Hitler
,
Kutuzov
e
i
marescialli
di
Stalin
,
il
soldato
contadino
Platon
Karatajev
e
le
donne
e
gli
uomini
difensori
del
Volga
.
(
Anche
il
recente
"
Stalingrado
"
dello
storico
militare
Antony
Beevor
,
Rizzoli
,
viene
pubblicizzato
col
richiamo
a
Guerra
e
Pace
)
.
Primo
Levi
,
cui
non
sfuggiva
la
"
vergogna
del
Gulag
"
,
vive
e
racconta
la
propria
storia
attraverso
quel
filtro
.
"
...
i
buoni
soldati
dell
'
Armata
Rossa
,
gli
uomini
valenti
della
Russia
vecchia
e
nuova
,
miti
in
pace
e
atroci
in
guerra
...
"
.
E
l
'
incontro
con
il
maresciallo
Timosenko
:
"
Semjon
Konstantinovic
Timosenko
,
l
'
eroe
della
rivoluzione
bolscevica
,
della
Carelia
e
di
Stalingrado
...
Si
intrattenne
alla
buona
con
noi
italiani
,
simile
al
rozzo
Kutuzov
di
Guerra
e
pace
,
sul
prato
,
in
mezzo
alle
pentole
col
pesce
in
cottura
e
alla
biancheria
stesa
...
"
(
È
"
La
tregua
"
)
.
Su
questa
idea
non
posso
fermarmi
qui
:
se
non
per
concludere
provvisoriamente
che
vi
si
trova
un
'
altra
spiegazione
dell
'
ostinato
e
dannato
attaccamento
di
tanti
a
Stalin
stesso
,
e
comunque
all
'
Urss
-
alla
Russia
-
e
alla
resistenza
invincibile
del
suo
popolo
contro
l
'
invasore
.
Non
era
stato
Tolstoj
,
del
resto
,
a
"
rendere
poetica
l
'
idea
della
guerra
del
popolo
"
(
Grossman
)
?
Nella
Seconda
Guerra
,
al
tempo
delle
incursioni
angloamericane
(
la
Raf
tenne
allora
il
primo
posto
)
sulle
città
tedesche
,
la
propaganda
nazista
non
aveva
tardato
a
sfruttare
l
'
argomento
.
(
Che
ora
Bossi
è
andato
a
ripetere
a
memoria
ad
Aviano
)
.
Nel
1943
Goebbels
aveva
parlato
del
"
terrorismo
aereo
...
prodotto
dalle
menti
malate
dei
plutocratici
distruttori
del
mondo
"
.
Gli
americani
furono
a
lungo
riluttanti
.
Il
primo
gennaio
1945
il
generale
Eaker
disse
:
"
Non
dobbiamo
permettere
che
la
storia
ci
accusi
di
aver
gettato
il
bombardiere
strategico
contro
l
'
uomo
della
strada
"
.
Più
tardi
,
quell
'
anno
,
un
deputato
laburista
inglese
osservò
polemicamente
che
i
russi
facevano
bombardamenti
"
tattici
"
e
non
a
"
tappeto
"
,
e
che
ciò
li
avrebbe
autorizzati
un
giorno
ad
accusare
l
'
Occidente
capitalistico
di
macchiarsi
di
quella
viltà
.
Dal
'45
in
poi
,
questo
stereotipo
(
che
è
tale
nonostante
sia
parzialmente
fondato
)
si
è
confermato
,
sul
versante
americano
:
sprofondato
com
'
è
il
versante
opposto
.
Gli
americani
hanno
combattuto
altre
guerre
lontane
:
per
tenere
i
confini
dell
'
impero
,
o
per
difendere
una
fede
civile
.
La
stessa
distanza
-
malvista
dagli
altri
come
il
privilegio
di
chi
non
subisce
la
guerra
a
casa
propria
,
o
ammirata
come
una
generosità
che
li
porta
a
morire
lontano
da
casa
-
appare
come
una
conferma
della
loro
prepotenza
:
americani
,
quasi
marziani
.
Arrivano
dall
'
alto
,
bombardano
:
come
in
Corea
(
benché
ne
siano
morti
35.000
)
,
come
in
Vietnam
(58.000),
come
,
teatralmente
,
in
Iraq
,
come
,
provvidenzialmente
,
in
Bosnia
.
In
Vietnam
,
erano
i
B52
del
napalm
e
le
falcidie
degli
elicotteri
.
(
Un
giorno
il
generale
Westmoreland
,
informato
della
presenza
di
Giap
in
una
località
nordvietnamita
,
le
aveva
fatto
sganciare
sopra
mille
tonnellate
di
bombe
.
Per
un
uomo
piccolo
come
Giap
...
Non
è
un
caso
che
in
questi
giorni
i
vietnamiti
abbiamo
mandato
ai
serbi
messaggi
e
auguri
in
cui
si
identificano
con
loro
.
Su
questa
immagine
-
la
bomba
in
alto
,
il
piccolo
combattente
in
basso
-
si
modellò
il
terzomondismo
)
.
L
'
evoluzione
della
tecnologia
(
gli
aerei
"
invisibili
"
,
culmine
di
questa
simbolica
sottrazione
possente
e
codarda
al
corpo
a
corpo
)
e
dello
spirito
pubblico
,
non
ha
fatto
che
accentuare
la
distanza
dal
campo
di
battaglia
.
In
Iraq
la
sproporzione
è
stata
madornale
:
però
,
dove
doveva
valere
a
proteggere
le
vite
stesse
del
nemico
,
approdò
a
una
carneficina
,
benché
a
cifre
differite
.
Ma
le
stesse
ragioni
che
spingono
in
questo
senso
-
il
progresso
scientifico
,
il
valore
assegnato
alla
vita
dei
singoli
"
nostri
"
-
esigono
anche
di
radicalizzare
la
differenza
fra
una
guerra
che
si
vuole
"
giusta
"
,
o
piuttosto
inevitabile
,
e
una
ingiusta
.
Differenza
che
non
può
esaurirsi
nel
movente
,
né
nel
fine
:
ma
sta
altrettanto
nel
modo
in
cui
viene
condotta
.
Se
no
,
la
generazione
"
del
Vietnam
"
nei
governi
rischia
di
ridursi
alla
novità
di
una
sinistra
che
firma
ora
lei
le
cose
di
destra
.
Ogni
scelta
militare
è
contemporaneamente
una
comunicazione
rivolta
a
chi
la
sostiene
,
e
a
maggior
ragione
a
chi
la
subisce
,
cui
dichiara
per
quale
idea
,
per
quale
convivenza
si
sta
combattendo
.
Non
sono
capace
di
valutare
i
termini
militari
di
un
problema
.
Al
tempo
stesso
sento
che
non
posso
eluderlo
:
non
si
può
restare
alla
convenzione
per
cui
,
una
volta
accettata
la
necessità
della
guerra
,
tutto
passa
nelle
mani
dei
militari
.
Con
tutta
la
timidezza
,
i
termini
militari
della
"
guerra
"
iniziata
il
24
marzo
,
sembrano
anche
a
me
,
convinto
della
necessità
dell
'
impiego
della
forza
per
il
Kosovo
,
amaramente
insoddisfacenti
.
La
guerra
,
una
volta
intrapresa
,
esige
il
prossimo
passo
con
la
ineluttabilità
del
fatto
compiuto
.
Contati
i
morti
e
la
devastazione
nel
campo
"
nostro
"
e
"
nemico
"
,
e
tanto
più
il
disastro
vergognoso
dei
deportati
e
fuggiaschi
:
chi
di
noi
,
il
primo
giorno
,
vi
avrebbe
acconsentito
?
Non
io
:
neanche
,
credo
,
il
generale
Clark
.
Ora
il
punto
è
questo
,
e
duro
,
perché
non
si
tratta
di
non
perdere
la
faccia
-
fra
i
privilegi
invidiabili
della
libertà
e
della
democrazia
c
'
è
la
disponibilità
a
perdere
la
faccia
,
persino
volentieri
-
ma
di
ratificare
il
deserto
del
Kosovo
,
le
vittime
di
cui
è
seminato
,
i
cacciati
,
e
l
'
impunità
della
gang
di
Belgrado
.
In
termini
nient
'
affatto
militari
,
io
penso
che
né
gli
americani
,
né
noi
,
possiamo
sottovalutare
il
costo
dello
stereotipo
della
guerra
asettica
(
per
chi
la
conduce
)
,
dei
raid
e
dei
bombardamenti
aerei
,
senza
faccia
e
senza
nome
,
salvo
qualche
incidente
sacrilego
,
come
l
'
abbattimento
dello
Stealth
,
e
la
danza
tribale
sulla
sua
carcassa
della
razza
di
chi
rimane
a
terra
.
C
'
è
un
solo
punto
in
cui
le
due
promesse
(
"
mai
più
guerra
"
,
e
"
mai
più
Auschwitz
"
)
possono
ricongiungersi
:
e
sta
nel
modo
in
cui
il
mondo
del
"
nuovo
diritto
"
sceglie
di
battersi
.
Il
mondo
libero
non
seppe
e
non
volle
bombardare
Oswiecim
,
e
non
potrà
esserne
perdonato
.
Quanto
alla
legittimità
,
"
quando
la
casa
brucia
,
non
è
il
caso
di
chiedere
la
legittimità
dei
pompieri
"
(
Günther
Anders
)
.
Ma
non
è
detto
che
debba
ora
ridursi
all
'
intransigenza
del
bombardamento
celeste
.
Ha
scritto
,
ferocemente
,
Pierre
Vidal
-
Naquet
:
"
Fare
la
guerra
senza
prendersi
i
propri
rischi
,
vuol
dire
aggravare
il
fossato
fra
il
mondo
dei
ricchi
e
quello
dei
poveri
;
non
è
combattere
,
è
praticare
una
specie
di
tortura
aerea
:
parla
,
o
ti
colpisco
...
"
.
Joschka
Fischer
,
sul
quale
pesa
la
prova
più
delicata
della
nuova
classe
dirigente
europea
,
ha
detto
:
"
Noi
siamo
la
generazione
che
si
è
promessa
"
Mai
più
guerra
"
e
"
Mai
più
Auschwitz
"
"
.
Così
dovrebbe
essere
,
ma
è
un
po
'
più
complicato
.
Nelle
mani
dei
pacifisti
,
sinceri
o
abusivi
,
rischia
di
restare
solo
il
filo
del
NO
alla
guerra
,
a
costo
dell
'
omissione
di
soccorso
.
Nelle
nostre
mani
,
l
'
urgenza
del
soccorso
rischia
di
delegare
per
intero
il
problema
ai
pompieri
,
che
a
volte
,
per
deformazione
professionale
,
sono
incendiari
.
StampaQuotidiana ,
Ci
sono
porte
destinate
a
non
aprirsi
.
Scantinati
senza
finestre
.
Luoghi
riservati
.
Letti
di
contenzione
,
sedie
per
slogare
.
È
raro
che
vengano
alla
luce
:
per
un
terremoto
,
per
un
'
eruzione
vulcanica
.
È
raro
che
se
ne
parli
:
gli
ospitati
non
ne
escono
vivi
.
È
più
facile
che
ne
parlino
i
gestori
:
si
resiste
difficilmente
alle
vanterie
,
anche
quando
possono
costare
.
Nel
Kosovo
riaperto
si
sapeva
-
purché
lo
si
volesse
sapere
-
che
si
sarebbero
trovati
forni
e
fosse
comuni
.
Non
era
facile
immaginare
lo
scantinato
della
tortura
.
Gira
in
questi
anni
una
-
detestabile
-
mostra
sugli
strumenti
di
tortura
:
la
vergine
di
Norimberga
,
le
ruote
dentate
,
genere
che
ha
i
suoi
amatori
.
Il
repertorio
interrato
che
da
Pristina
è
arrivato
sui
nostri
teleschermi
è
tecnologicamente
grossolano
,
ma
moralmente
scelto
:
i
pugni
di
ferro
,
i
coltellacci
,
i
mazzi
di
preservativi
,
il
bastone
spaccato
in
due
(
ne
sarà
stato
orgoglioso
,
o
seccato
,
quello
che
ha
dato
il
colpo
?
)
,
la
rinfusa
di
documenti
personali
dei
torturati
e
dei
giornaletti
zozzi
dei
torturatori
.
Eloquente
repertorio
:
museo
già
pronto
per
le
scolaresche
.
Resistono
stupidi
pregiudizi
sul
conto
della
tortura
,
di
cui
i
torturatori
sarebbero
i
primi
a
farsi
beffe
.
Che
serva
a
qualcosa
,
a
far
parlare
...
Ma
no
.
La
tortura
è
un
'
arte
,
è
un
piacere
,
è
gratuita
.
Deve
far
male
dentro
il
corpo
dell
'
altro
,
dell
'
altra
.
Quello
scantinato
è
altra
cosa
dall
'
assassinio
di
strada
e
dallo
stupro
compiuto
a
cielo
aperto
,
al
caso
dell
'
agguato
e
della
furia
improvvisa
.
Quello
scantinato
è
la
sala
operatoria
di
una
chirurgia
d
'
eccezione
,
in
cui
la
potenza
dell
'
odio
si
è
presa
un
ufficio
,
e
lavora
con
metodo
.
Il
paziente
è
di
preferenza
una
giovane
donna
,
e
se
no
un
uomo
su
cui
si
compiano
atti
di
effeminazione
oltraggiosa
.
Il
torturatore
è
un
uomo
:
lo
diventa
davvero
lì
dentro
.
È
un
luogo
di
iniziazione
completa
:
dal
giornaletto
porno
alla
precauzione
del
preservativo
,
dal
corpo
spogliato
e
legato
alla
carne
incisa
,
alle
ossa
frantumate
,
al
sangue
scolato
in
un
recipiente
lurido
.
Nella
camera
della
tortura
ogni
movente
mostra
la
propria
fuorviante
superfluità
.
Non
importa
più
la
divergenza
nazionale
e
religiosa
,
neanche
quella
spinta
all
'
assassinio
di
massa
o
allo
stupro
di
massa
.
C
'
è
il
rapporto
di
potere
nella
sua
essenza
:
il
corpo
a
corpo
fra
il
gruppo
di
armati
e
l
'
inerme
denudato
.
Sempre
la
tortura
prende
la
mano
ai
suoi
apprendisti
,
dovunque
,
nelle
caserme
di
polizia
,
nelle
celle
di
punizione
,
nelle
stanze
private
in
cui
uomini
piccoli
e
impazziti
si
vendicano
della
propria
paura
.
Succede
molto
,
molto
largamente
.
Ieri
era
anche
uscito
il
benemerito
rapporto
annuale
di
Amnesty
,
impressionante
:
eppure
succede
ancora
più
largamente
.
L
'
omertà
e
la
paura
tengono
ancora
chiuse
molte
cantine
.
Possiamo
fingere
di
non
saperlo
.
La
mia
generazione
ebbe
fra
le
prime
letture
civili
il
saggio
sulla
tortura
di
Henri
Alleg
:
era
il
1958
,
l
'
Algeria
.
A
nessuna
generazione
è
mancato
il
suo
addestramento
.
Ora
i
bambini
vedono
al
telegiornale
-
i
bambini
vedono
tutto
,
infatti
-
quel
pavimento
disseminato
di
ferri
e
mazze
,
in
uno
strano
disordine
;
ci
si
aspetterebbe
una
cura
diversa
,
da
uomini
d
'
ordine
per
eccellenza
come
sono
i
torturatori
.
Non
so
se
si
solleveranno
dubbi
,
sull
'
"
autenticità
"
di
questo
scantinato
.
Se
le
cose
stanno
così
-
mi
pare
di
sì
-
vorrà
forse
dire
che
gli
aguzzini
si
sono
lasciati
prendere
di
sorpresa
;
ma
anche
che
è
costato
loro
caro
staccarsi
da
quel
laboratorio
professionale
.
Si
dice
che
un
'
antica
dama
implorasse
graziosamente
:
"
Ancora
un
minuto
,
signor
boia
"
.
Qui
,
forse
,
era
il
boia
a
chiedere
per
sè
ancora
un
minuto
.
Chi
ha
percorso
in
questi
anni
la
Jugoslavia
conosce
la
scena
infinita
delle
Pompei
dei
vivi
,
delle
case
abbandonate
senza
il
tempo
di
afferrare
un
oggetto
,
di
dare
un
'
ultima
occhiata
.
A
Spalato
un
soldato
appena
reduce
dalla
"
pulizia
"
della
Krajna
di
Knin
,
bevendo
birra
un
po
'
per
festeggiare
un
po
'
per
tristezza
,
mi
disse
:
"
Si
entra
nelle
case
e
si
trova
la
vita
normale
,
due
bicchieri
di
plastica
colorata
da
bambini
,
ho
visto
un
orsacchiotto
posato
sullo
schienale
di
un
divano
esattamente
come
ce
n
'
è
uno
a
casa
mia
...
Questa
è
la
cosa
più
dolorosa
.
Poi
ho
finito
anch
'
io
col
prendermi
una
targa
d
'
auto
,
come
hanno
fatto
tutti
"
.
Un
altro
mi
volle
regalare
una
bomba
a
mano
serba
,
declinai
,
e
accettai
una
banconota
datata
Knin
1992
.
Neanche
i
soldi
avevano
fatto
in
tempo
a
portarsi
via
.
Nella
cantina
di
Pristina
non
hanno
fatto
in
tempo
a
raccogliere
i
machete
,
né
i
preservativi
.
Bisogna
tener
ferme
le
distinzioni
.
Riconoscere
,
dietro
la
fisionomia
comune
della
violenza
fisica
,
della
violazione
corporale
,
della
tortura
,
i
tratti
speciali
di
ogni
nuova
impresa
.
Pristina
è
Pristina
:
non
solo
un
altro
nome
da
aggiungere
alla
mappa
della
tortura
nel
mondo
.
A
Pristina
la
"
polizia
"
serbista
ha
dovuto
fuggire
all
'
improvviso
,
questo
ci
dicono
le
immagini
dell
'
ispezione
imprevista
.
Ma
ci
dicono
anche
che
avevano
avuto
molto
tempo
.
Per
78
giorni
lo
scantinato
è
stato
un
quieto
riparo
antiaereo
,
nel
quale
fare
il
lavoro
.
Per
78
giorni
noi
abbiamo
fissato
un
buco
nero
che
si
chiamava
Kosovo
,
senza
vederne
se
non
i
bordi
,
persone
schizzate
fuori
a
suon
di
minacce
botte
sparatorie
e
bombe
.
Abbiamo
gremito
il
cielo
,
e
perso
di
vista
la
terra
.
Ci
siamo
chiesti
che
cosa
stesse
succedendo
,
per
terra
,
sotto
la
terra
.
Si
lavorava
,
nella
cantina
di
Pristina
.
È
doloroso
,
oggi
,
guardare
il
corteo
vilipeso
o
esasperato
di
serbi
che
abbandonano
a
loro
volta
il
Kosovo
:
era
diventato
fatale
.
Ma
è
commovente
vedere
il
corteo
di
ritorno
dei
kosovari
albanesi
cacciati
fuori
dai
confini
.
Mai
,
che
mi
ricordi
,
una
popolazione
deportata
ha
fatto
ritorno
alle
sue
case
-
alle
sue
macerie
:
si
possono
amare
le
proprie
macerie
-
per
effetto
del
soccorso
dei
potenti
.
Non
certo
dopo
la
Seconda
guerra
,
e
tanto
meno
per
i
suoi
scampati
ebrei
.
Bisogna
esultare
per
questo
rientro
,
ed
esserne
grati
.
Bisogna
dire
che
l
'
incriminazione
di
Milosevic
e
i
suoi
all
'
Aia
non
ha
affatto
dilazionato
la
resa
,
ma
l
'
ha
accelerata
:
e
sarebbe
stata
comunque
giusta
.
Bisogna
riconoscere
in
sé
il
rischio
orribile
del
negazionismo
e
della
minimizzazione
di
fronte
alla
misura
e
alla
profondità
di
una
persecuzione
,
in
nome
di
diffidenze
e
di
partiti
presi
.
Bisogna
congratularsi
che
la
nostra
parte
di
mondo
,
a
differenza
che
per
la
Bosnia
,
non
si
sia
lasciata
piegare
dall
'
antipatia
per
l
'
anagrafe
musulmana
della
maggioranza
della
gente
kosovaro
-
albanese
.
Tuttavia
,
si
deve
tornare
all
'
inizio
della
questione
.
Perché
una
ottusità
politica
indusse
a
chiedersi
se
si
dovesse
o
no
intervenire
a
difesa
dei
kosovari
,
piuttosto
che
come
intervenire
.
Anche
dopo
l
'
inizio
dell
'
intervento
,
quando
le
milizie
serbiste
hanno
risposto
con
l
'
inaudita
deportazione
di
centinaia
di
migliaia
di
persone
,
e
nessuno
avrebbe
dovuto
più
esitare
ad
affrontare
quella
tragedia
,
qualunque
giudizio
si
desse
sulla
sua
origine
.
Oggi
ci
si
congratula
dello
scampato
maggior
pericolo
,
e
si
rischia
di
barattare
la
"
vittoria
"
-
com
'
era
possibile
che
una
"
vittoria
"
non
arrivasse
?
-
con
la
rassegnazione
al
modo
in
cui
è
stata
ottenuta
.
Credo
che
non
dovrebbe
succedere
.
Né
per
questa
volta
,
né
per
le
prossime
,
che
purtroppo
ci
saranno
.
Non
si
può
lasciare
per
tanto
tempo
una
gente
indifesa
in
balia
degli
scannatori
.
Non
si
può
tenersi
il
cielo
,
e
abbandonare
loro
il
suolo
e
gli
scantinati
.
Risparmiare
le
"
nostre
"
vite
è
un
proposito
lodevole
,
purché
non
manchi
il
soccorso
.
Non
è
con
quel
proposito
che
agiscono
le
forze
di
polizia
,
o
i
vigili
del
fuoco
:
perché
dev
'
essere
altrimenti
per
la
strapotenza
militare
del
soccorso
internazionale
?
Qualunque
conclusione
si
raggiunga
sull
'
efficacia
di
interventi
militari
nel
corso
della
seconda
guerra
mondiale
,
resta
imperdonabile
l
'
omissione
,
vile
o
rassegnata
,
di
qualunque
tentativo
per
anni
,
mentre
si
sapeva
dello
sterminio
,
dei
suoi
modi
,
dei
suoi
luoghi
.
Altri
paragoni
troppo
ravvicinati
sono
impropri
,
ma
questo
confronto
è
difficile
da
eludere
.
Chi
di
noi
non
ha
ceduto
al
sarcasmo
nei
confronti
delle
armi
"
intelligenti
"
,
e
degli
imbecilli
che
le
hanno
chiamate
così
?
Ma
è
un
fatto
che
una
delle
obiezioni
-
non
la
peggiore
-
all
'
invocazione
di
bombardare
Auschwitz
-
Birkenau
durante
la
guerra
riguardava
l
'
imprecisione
delle
armi
.
L
'
obiezione
principale
fu
che
nessuna
energia
andava
distolta
dalla
vittoria
nella
guerra
,
e
che
quella
sarebbe
coincisa
con
il
salvataggio
delle
vittime
.
Col
Kosovo
,
non
poteva
essere
ripetuta
.
Bisognava
soccorrere
le
vittime
,
non
"
vincere
la
guerra
"
.
Mi
dispiace
del
fraintendimento
che
mi
procurerò
,
ma
voglio
fare
un
altro
paragone
.
I
nazisti
si
servirono
della
guerra
,
che
aveva
i
suoi
propri
fini
,
per
spingersi
alla
soluzione
finale
del
problema
ebraico
-
per
sterminare
gli
ebrei
.
Anche
per
questo
la
posizione
degli
Alleati
-
vincere
la
guerra
per
salvare
le
vittime
dello
sterminio
-
era
fuori
luogo
.
In
un
certo
senso
,
questo
spostamento
si
è
ripetuto
nella
vicenda
del
Kosovo
:
la
Nato
ha
trattato
come
una
guerra
il
suo
intervento
,
e
ha
affidato
alla
ripetizione
della
strategia
aerea
la
"
vittoria
"
.
Il
regime
serbo
ha
usato
della
"
guerra
"
come
dell
'
occasione
per
liquidare
il
problema
kosovaro
:
cioè
decimare
con
gli
assassinii
la
popolazione
maschile
,
deportare
quanta
più
gente
possibile
,
e
ridurre
un
popolo
in
gran
maggioranza
numerica
e
in
forte
crescita
demografica
a
una
proporzione
"
accettabile
"
:
la
metà
.
I
deportati
che
non
torneranno
,
gli
uccisi
che
riempiono
le
fosse
comuni
o
i
pozzi
di
miniera
,
sono
un
risultato
acquisito
.
L
'
intervento
della
Nato
non
l
'
ha
impedito
,
l
'
ha
in
parte
involontariamente
favorito
.
E
la
scoperta
del
sotterraneo
della
tortura
ha
divaricato
fino
al
paradosso
la
distanza
fra
il
pilota
cui
era
interdetto
scendere
sotto
i
5000
metri
,
e
il
perseguitato
nel
sottosuolo
.
La
camera
della
tortura
di
Pristina
è
un
di
più
,
un
lusso
che
la
pulizia
etnica
si
è
regalata
,
nei
suoi
attori
più
scelti
.
Come
ogni
impresa
gratuita
,
ha
rivelato
a
perfezione
il
fondo
della
contesa
.
L
'
attaccamento
all
'
odio
,
al
potere
,
al
sangue
versato
,
all
'
abiezione
inflitta
in
gruppo
a
ciascuno
degli
altri
.
La
morte
del
nemico
,
nella
tortura
,
diventa
un
'
appendice
,
un
effetto
finale
,
se
non
addirittura
un
infortunio
:
la
cosa
sta
nella
sottomissione
e
nell
'
agonia
protratta
,
nel
dolore
distillato
,
nello
spettacolo
offerto
dal
suppliziato
al
macellaio
.
Le
vittime
sono
comunque
inermi
:
alla
tortura
ci
si
addestra
tormentando
una
lucertola
,
sbatacchiando
furiosamente
un
neonato
che
piange
.
Alla
vista
del
locale
e
dei
suoi
utensili
abbandonati
,
non
riesco
a
vedere
né
a
sentire
le
vittime
,
perché
non
voglio
.
Da
quella
cantina
non
si
sentiva
il
rombo
dei
bombardieri
della
Nato
:
figurarsi
se
si
potessero
sentire
dal
nostro
cielo
le
urla
e
i
gemiti
dei
tormentati
.
Mute
,
le
vittime
.
Quella
camera
improvvisamente
spalancata
non
deve
mostrar
loro
,
né
farle
immaginare
con
paura
o
con
raccapriccio
.
Deve
far
vedere
gli
aguzzini
,
il
loro
spalleggiarsi
,
le
loro
risate
ubriache
,
i
loro
giornaletti
e
le
loro
tre
dita
levate
.
Restituire
i
jingle
politici
-
la
nazione
serba
,
la
battaglia
sacra
di
Lazar
,
i
monasteri
magnifici
e
la
fraternità
panslava
-
alla
loro
dimensione
personale
,
alla
libertà
senza
confini
di
mettere
alla
prova
se
stessi
sul
corpo
dell
'
altro
.
Sono
scappati
a
gambe
levate
,
quegli
artigiani
efferati
:
lungo
la
strada
avranno
alzato
le
tre
dita
,
incrociando
i
carri
russi
,
o
le
telecamere
di
ogni
parte
.
A
Belgrado
,
o
in
un
'
altra
loro
città
,
in
un
'
osteria
o
in
una
caserma
,
non
resisteranno
al
piacere
di
raccontare
che
cos
'
hanno
fatto
a
Pristina
.
Troveranno
altri
come
loro
cui
le
cose
si
possono
dire
.
Il
bello
di
essere
poliziotti
-
o
paramilitari
,
è
lo
stesso
,
anzi
meglio
:
parastatali
della
brutalità
-
in
tempo
di
guerra
patriottica
è
che
si
può
fare
tutto
per
una
causa
superiore
.
Sarebbe
la
dimostrazione
finale
del
fatto
che
il
male
è
più
forte
del
bene
,
fra
gli
animali
umani
,
se
non
si
ricevesse
ogni
volta
di
nuovo
la
prova
che
resta
nei
torturatori
e
nei
massacratori
il
fondo
di
una
paura
e
una
vergogna
,
la
foga
di
cancellare
le
tracce
.
Qualcuno
di
noi
l
'
aveva
temuto
:
i
serbisti
tiravano
per
le
lunghe
solo
per
avere
il
tempo
di
cancellare
le
tracce
.
La
stessa
cosa
era
successa
ai
nazisti
.
Quando
lo
sterminio
passò
dalle
fucilazioni
di
massa
alle
camere
a
gas
,
fu
anche
per
smaltire
le
scorie
nei
forni
.
I
nazisti
(
e
tanti
altri
)
seppellirono
e
riesumarono
tante
loro
vittime
per
riseppellirle
o
bruciarle
:
come
hanno
appena
fatto
bande
serbe
.
Dicevano
,
gli
altruisti
carnefici
nazisti
:
il
mondo
non
è
ancora
preparato
a
capire
.
Non
si
può
lavorare
alla
luce
del
sole
.
Anche
i
serbisti
devono
aver
pensato
così
.
Il
mondo
non
è
ancora
preparato
,
e
anzi
ha
incaricato
un
tribunale
di
occuparsene
:
benché
non
lo
prenda
ancora
abbastanza
sul
serio
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Dario
,
le
regole
di
questa
clausura
mi
mettono
sempre
in
ritardo
.
Dunque
l
'
andamento
-
come
al
solito
-
travolgente
dei
tuoi
movimenti
ha
accumulato
nella
mia
cella
una
quantità
di
pensieri
,
che
cerco
di
smaltire
in
parte
.
Comincio
dal
dirvi
grazie
(
mi
rivolgo
sempre
ad
ambedue
,
Franca
e
te
)
.
Che
siate
generosi
,
si
sa
.
Ma
che
arrivaste
a
buttare
fino
i
primi
momenti
della
vostra
gioia
di
qua
dai
nostri
muri
(
e
di
quelli
,
tanto
più
brutali
,
delle
galere
turche
o
algerine
)
è
un
segno
di
vera
prodigalità
.
Non
ero
stato
tanto
sorpreso
-
un
po
'
sì
,
come
te
-
dal
premio
che
ti
è
toccato
.
Grazie
a
Dio
ho
girato
un
po
'
per
il
mondo
,
e
soprattutto
ho
frequentato
molto
la
Norvegia
,
e
lì
non
c
'
è
nessuno
che
possa
reagire
alla
notizia
del
tuo
Nobel
simulando
di
non
sapere
chi
sei
.
Mi
è
anche
difficile
ammettere
che
si
possa
,
qui
da
noi
,
dolersi
del
Nobel
a
te
,
perché
si
desiderava
che
andasse
ad
altri
.
Io
per
esempio
ammiro
la
poesia
di
Luzi
e
ho
simpatia
per
lui
.
Sono
stato
molto
contento
che
la
campagna
contro
le
mine
sia
stata
premiata
,
all
'
indomani
della
grave
posizione
tenuta
a
Oslo
anche
dal
governo
degli
Usa
.
Doppiamente
contento
,
perché
c
'
è
un
versante
italiano
peculiare
della
campagna
.
Noi
siamo
gran
produttori
e
trafficanti
di
questi
giocattoli
,
e
abbiamo
fatto
tesoro
della
nostra
eredità
umanistica
per
battezzarli
con
questa
parola
atroce
:
"
antiuomo
"
.
Altri
paesi
hanno
trovato
degli
eufemismi
,
per
un
residuo
di
vergogna
:
noi
ce
ne
freghiamo
perfino
della
estrema
ipocrisia
del
lessico
.
In
compenso
la
partecipazione
italiana
alla
campagna
,
da
parte
di
associazioni
come
l
'
Emergency
del
dottor
Gino
Strada
,
di
comunicatori
come
Costanzo
,
di
politici
come
Occhetto
,
e
dello
stesso
governo
,
è
stata
importante
.
Insomma
mi
sono
rallegrato
per
questo
premio
(
mondanità
compresa
:
ce
ne
fossero
di
Audrey
Hepburn
e
di
Lady
Diana
)
,
benché
sperassi
molto
che
venisse
premiato
l
'
intellettuale
cinese
Wej
Jingsheng
,
imprigionato
da
anni
,
e
,
dalla
sua
prigionia
,
lucido
e
impavido
denunciatore
dei
despoti
del
suo
paese
.
Quando
leggerete
le
sue
lettere
-
le
conosco
grazie
a
mio
fratello
Gianni
-
ne
sarete
commossi
e
ammirati
,
e
avrete
voglia
di
fare
qualcosa
.
Questa
specie
di
scarso
patriottismo
,
diciamo
così
(
te
lo
posso
dire
dopo
che
hai
dovuto
raccogliere
dalla
polvere
l
'
elmo
di
Scipio
)
,
dell
'
accoglienza
fatta
al
tuo
Nobel
mi
ha
fatto
ripensare
-
non
so
se
altri
l
'
abbiano
già
detto
-
che
tu
sei
il
vero
contraltare
delle
sciocchezze
separatiste
lombarde
.
A
parte
il
lombardo
scritto
,
Porta
o
Gadda
o
Testori
,
il
lombardo
ascoltato
mi
arrivò
,
tanto
tempo
fa
,
dalle
tue
canzoni
e
poi
dai
tuoi
spettacoli
,
compresa
la
stessa
parola
"
padano
"
,
come
nel
tuo
(
genovese
però
)
Johan
Padân
,
in
commedie
che
usavano
dialetti
e
grammelot
per
farsi
capire
da
tutti
e
far
divertire
tutti
.
Ora
che
hai
il
Nobel
,
dovrai
provarci
tu
a
riacchiap
pare
dalla
coda
questa
pazzia
padanista
,
se
non
è
già
troppo
tardi
.
E
poi
c
'
è
il
mio
affare
,
naturalmente
.
Non
dirò
niente
sui
meriti
del
pool
contro
la
corruzione
politica
.
Non
c
'
entra
.
Ecco
invece
un
sommario
promemoria
sugli
inizi
del
mio
caso
.
La
Procura
milanese
aveva
seguito
per
moltissimi
anni
la
tesi
che
l
'
omicidio
Calabresi
fosse
stato
compiuto
da
persone
in
qualche
modo
legate
a
Lotta
Continua
,
al
suo
servizio
d
'
ordine
,
"
frange
militariste
"
,
eccetera
.
Ogni
tanto
si
avventurò
fino
a
indicare
nomi
e
cognomi
,
cedendo
a
vociferazioni
e
illazioni
incontrollate
,
per
amor
di
tesi
.
Quando
lo
fece
,
commise
un
doppio
arbitrio
,
accusando
persone
del
tutto
estranee
(
e
presto
dimostrate
tali
)
e
facendole
finire
sui
giornali
prima
di
avvisarle
:
così
nel
1981
nel
caso
di
Marco
F
.
,
indicato
in
fotografia
come
l
'
assassino
.
Non
credo
che
,
al
momento
dell
'
attentato
,
e
ancora
per
molti
anni
,
quei
magistrati
,
pur
così
affezionati
alla
loro
tesi
,
potessero
prendere
sul
serio
l
'
idea
che
un
omicidio
fosse
stato
deciso
dal
"
vertice
"
di
Lotta
Continua
,
da
una
delibera
presa
a
voto
di
maggioranza
nel
suo
Esecutivo
,
e
altre
follie
del
genere
(
oggi
sancite
dalle
sentenze
)
.
Quell
'
idea
era
allora
inconciliabile
col
senso
comune
,
che
poi
il
tempo
avrebbe
deformato
.
Ne
ho
una
conferma
indiretta
nel
fatto
che
,
nel
corso
degli
anni
,
da
qualcuno
di
questi
magistrati
mi
venne
inviata
per
interposta
persona
la
richiesta
di
aiutarli
alle
loro
indagini
con
quello
che
sapessi
:
richiesta
del
tutto
fuori
luogo
.
Era
abitudine
di
qualcuno
di
quei
magistrati
-
per
esempio
del
sostituto
Armando
Spataro
,
che
è
ripetutamente
intervenuto
,
in
aula
e
fuori
,
per
sostenere
l
'
accusa
contro
di
noi
,
e
che
ho
appena
reinvitato
a
discutere
con
me
le
prove
che
ritiene
raggiunte
a
nostro
carico
-
di
chiedere
,
spesso
fuori
verbale
,
agli
indagati
della
"
lotta
armata
"
se
avessero
sentito
qualcosa
circa
Lotta
continua
e
l
'
omicidio
Calabresi
.
Poiché
l
'
appetito
viene
mangiando
,
da
un
qualche
momento
a
quegli
interrogati
furono
fatti
anche
il
mio
nome
e
quello
di
altri
fra
i
più
noti
dirigenti
dell
'
antica
Lotta
continua
.
Dunque
quando
nell
'
estate
1988
scoppia
,
come
un
'
impresa
militare
,
la
nostra
cattura
e
incriminazione
,
non
si
tratta
affatto
dell
'
improvvisa
e
imprevedibile
rivelazione
di
un
pentito
che
venne
da
nulla
,
bensì
dell
'
inveramento
di
un
'
idea
a
lungo
perseguita
ed
elaborata
.
Fino
a
che
punto
,
lo
mostra
un
episodio
documentato
negli
atti
del
processo
,
e
ancora
oggetto
di
uno
strascico
giudiziario
derivato
:
un
anno
prima
,
nel
luglio
1987
,
Marco
Boato
mi
telefonò
da
Trento
per
farmi
gli
auguri
di
compleanno
,
e
per
dirmi
,
a
metà
tr
a
l
'
ilarità
e
lo
sdegno
,
la
seguente
storia
.
Un
imputato
veneto
di
reati
di
banda
armata
,
interrogato
anche
lui
fuori
verbale
sull
'
omicidio
Calabresi
da
un
giudice
istruttore
a
Milano
,
ne
aveva
ricavato
la
notizia
che
lo
stesso
Boato
e
io
,
Sofri
,
saremmo
stati
arrestati
quella
notte
come
responsabili
dell
'
omicidio
.
(
A
parte
me
,
pensare
Boato
corresponsabile
di
un
omicidio
è
una
pazzia
grottesca
)
.
Mi
disse
Boato
:
"
Che
cosa
pensi
di
fare
?
"
.
"
Di
cenare
e
andarmene
a
dormire
"
,
risposi
.
Dormimmo
bene
e
non
se
ne
parlò
più
:
fino
all
'
estate
successiva
.
Questo
prova
fin
dove
arrivasse
il
peccato
di
gola
di
qualche
investigatore
milanese
,
ufficialmente
un
anno
prima
che
Leonardo
Marino
andasse
a
riversare
il
suo
pentimento
in
una
caserma
dell
'
Arma
;
o
,
se
si
preferisce
,
nel
tempo
stesso
in
cui
la
coppia
Marino
-
Bistolfi
inaugurava
i
suoi
colloqui
con
avvocati
e
notabili
politici
sul
tema.Siamo
nell
'
estate
1988
.
Pubblico
ministero
è
Ferdinando
Pomarici
.
Del
quale
non
importa
se
fosse
di
sinistra
o
di
destra
,
e
quanto
:
era
il
Pm
che
aveva
deriso
gli
scettici
garantendo
di
aver
"
scarnificato
mattonella
per
mattonella
"
il
"
covo
"
Br
di
via
Monte
Nevoso
,
salvo
lasciarvi
un
arsenale
di
armi
e
carte
in
una
intercapedine
protetta
da
"
quattro
chiodini
"
.
Pomarici
aveva
l
'
aria
di
volersi
sbrigare
:
la
prima
e
unica
volta
che
mi
interrogarono
,
lui
e
il
Giudice
istruttore
Lombardi
,
mi
disse
:
"
Guardi
,
tanto
è
tutto
prescritto
,
abbiamo
amici
in
comune
,
lei
confessa
e
spiega
anche
il
contesto
storico
e
politico
,
nessuno
lo
farebbe
meglio
di
lei
"
.
E
'
durato
nove
anni
,
il
nostro
maledetto
processo
.
Lui
avrebbe
risolto
tutto
in
un
'
oretta
.
Poche
persone
hanno
detto
tante
bugie
,
dimostrate
tali
,
di
cui
nessuno
ha
mai
chiesto
conto
.
Per
un
anno
e
mezzo
Pomarici
dichiarò
di
non
aver
mai
saputo
dei
rapporti
prolungati
e
occultati
fra
Marino
e
i
carabinieri
:
poi
un
giorno
,
quasi
con
fastidio
,
disse
di
averlo
sempre
saputo
.
Quando
Marino
passava
nottate
con
l
'
allora
colonnello
(
oggi
generale
,
con
un
incarico
altissimo
nei
servizi
d
'
informazione
)
Bonaventura
,
Pomarici
stava
conducendo
con
lui
un
'
indagine
su
un
episodio
milanese
:
inoltre
aveva
lavorato
con
lui
nel
corso
degli
anni
nell
'
inchiesta
Calabresi
.
Eppure
,
lui
Pm
del
caso
,
ebbe
l
'
ardire
di
sostenere
di
non
aver
avuto
il
minimo
sentore
del
fatto
che
quel
colonnello
Bonaventura
,
che
passava
i
giorni
con
lui
a
Milano
,
passasse
le
notti
con
Marino
a
Sarzana
a
proposito
dell
'
omicidio
Calabresi
.
A
sua
volta
,
Pomarici
ritardò
inspiegabilmente
il
momento
di
investire
dell
'
inchiesta
il
Gi
Lombardi
,
che
ne
era
da
anni
il
titolare
.
Come
sia
stata
condotta
quell
'
istruttoria
,
nascondendo
alla
difesa
ogni
circostanza
dell
'
accusa
,
rattoppando
costantemente
,
fino
alla
manipolazione
,
gli
svarioni
,
le
contraddizioni
e
le
smentite
di
Marino
,
non
si
può
ridire
qui
.
Voglio
solo
ricordare
una
questione
recente
circa
il
Gi
Antonio
Lombardi
.
Nel
1993
un
ufficiale
del
Ros
dei
carabinieri
di
Trapani
consegnò
agli
atti
dell
'
indagine
trapanese
sull
'
assassinio
di
Mauro
Rostagno
un
rapporto
su
carta
intestata
e
con
tanto
di
firma
.
L
'
ufficiale
riferiva
di
essersi
incontrato
a
Milano
col
Gi
Lombardi
,
che
gli
aveva
detto
che
Rostagno
era
stato
assassinato
in
connessione
col
processo
Calabresi
,
per
impedirgli
di
denunciare
,
come
era
intenzionato
a
fare
,
i
suoi
compagni
di
un
tempo
.
Queste
e
altre
infamie
simili
-
non
solo
infami
,
ma
ridicolizzate
da
ogni
genere
di
prova
,
a
cominciare
dalla
voce
stessa
di
Mauro
che
parlava
del
nostro
arresto
e
di
me
nella
sua
televisione
-
giacquero
,
coperte
dal
segreto
,
fra
le
carte
dell
'
inchiesta
trapanese
,
finché
potei
leggerle
nel
luglio
del
1996
,
e
denunciare
quel
documento
calunnioso
e
scandaloso
.
Il
Gi
Lombardi
smentì
con
veemenza
,
a
mezzo
agenzia
,
di
aver
mai
detto
quelle
cose
:
non
mi
risulta
che
abbia
denunciato
l
'
ufficiale
,
autore
di
un
così
smaccato
falso
.
Io
denunciai
ambedue
,
e
aspetto
ancora
di
ricevere
la
minima
notizia
sull
'
itinerario
della
mia
denuncia
.
Non
c
'
è
male
,
no
?
Ogni
volta
che
cose
particolarmente
insopportabili
sono
successe
nel
corso
dei
nostri
processi
-
alla
rinfusa
:
la
descrizione
della
via
di
fuga
dall
'
attentato
madornalmente
sbagliata
da
Marino
,
e
lodata
per
iscritto
per
la
sua
"
esattezza
"
da
Pomarici
e
poi
da
Lombardi
;
la
accidentale
(
accidentale
sul
serio
,
Dario
)
rivelazione
dei
rapporti
occultati
fra
Marino
e
i
carabinieri
;
la
distruzione
sistematica
dei
corpi
di
reato
,
dopo
il
nostro
arresto
e
incriminazione
;
la
stesura
di
una
sentenza
"
suicida
"
per
rovesciare
un
verdetto
di
assoluzione
;
il
pregiudizio
dimostrato
di
un
presidente
di
corte
di
assise
d
'
appello
,
e
così
via
-
ogni
volta
,
non
una
voce
della
procura
milanese
si
è
alzata
a
criticare
,
o
anche
solo
a
manifestare
dubbio
o
rammarico
.
Al
contrario
,
molte
voci
,
a
partire
dalla
più
autorevole
,
quella
di
Borrelli
,
si
sono
alzate
a
sostenere
l
'
accusa
contro
di
noi
,
durante
e
dopo
i
processi
,
a
criticare
la
sentenza
di
annullamento
pronunciata
dalle
Sezioni
unite
della
Cassazione
(
cosa
che
D
'
Ambrosio
ha
appena
rifatto
,
sui
giornali
,
addebitandole
di
essere
entrata
"
nel
merito
"
)
,
a
criticare
la
sentenza
di
assoluzione
del
secondo
processo
di
appello
,
e
così
via
.
Ripeterò
,
non
avendo
mai
avuto
il
minimo
cenno
di
ricevuta
,
un
esempio
clamoroso
,
che
non
poteva
non
interessare
i
pareri
altrimenti
così
pronti
dei
magistrati
della
procura
.
I
due
giudici
togati
del
nostro
primo
processo
si
chiamano
Manlio
Minale
,
che
presiedeva
la
Corte
di
Appello
(
come
ti
è
stato
appena
ricordato
)
e
Galileo
Proietto
,
giudice
a
latere
.
Ebbene
,
Minale
era
al
suo
ultimo
processo
da
giudice
,
essendo
già
stato
designato
,
prima
dell
'
apertura
stessa
del
dibattimento
,
procuratore
aggiunto
,
dunque
collega
,
subalterno
di
Borrelli
,
e
superiore
in
grado
di
Pomarici
,
dei
magistrati
di
quella
procura
che
con
tanto
impegno
e
spirito
di
"
squadra
"
,
aveva
sostenuto
l
'
accusa
in
istruttoria
,
e
l
'
avrebbe
sostenuta
in
dibattimento
.
Tu
hai
notato
forse
come
in
tutti
questi
anni
io
abbia
cercato
di
tenere
un
equilibrio
,
di
non
farmi
risucchiare
dentro
schieramenti
costituiti
,
di
non
prendere
posizione
su
questioni
generali
(
comprese
le
più
spinose
,
come
l
'
uso
e
l
'
abuso
dei
"
pentiti
"
)
attraverso
il
filtro
esclusivo
della
mia
personale
vicissitudine
.
Questo
valeva
dunque
anche
per
un
tema
come
la
separazione
delle
carriere
fra
magistrati
dell
'
accusa
e
del
giudizio
,
sul
quale
conservo
un
preoccupato
dubbio
.
Esemplificando
i
paradossi
cui
può
portare
la
carriera
unica
,
si
è
spesso
evocata
la
possibilità
che
un
magistrato
finisca
col
giudicar
e
gli
stessi
imputati
di
cui
è
stato
lui
,
da
Pm
,
a
costruire
l
'
accusa
.
Bene
:
nel
mio
caso
si
è
compiuto
il
paradosso
opposto
,
col
giudice
chiamato
a
sconfessare
l
'
operato
,
particolarmente
esposto
e
discusso
,
dei
suoi
colleghi
in
pectore
.
Per
completezza
di
paradosso
,
aggiungo
che
anche
il
giudice
a
latere
,
ed
estensore
della
motivazione
della
sentenza
,
Proietto
,
è
passato
alla
procura
.
Ho
invano
aspettato
che
qualcuno
,
Borrelli
,
D
'
Ambrosio
,
Spataro
,
un
altro
a
piacere
,
dicessero
una
parola
sulla
singolarità
del
caso
.
Tanto
più
che
si
trattava
di
un
processo
,
non
dirò
importante
(
tutti
i
processi
,
avendo
in
palio
il
diritto
e
il
destino
delle
persone
,
dovrebbero
essere
importanti
)
ma
costellato
di
delicati
colpi
di
scena
,
come
la
ricordata
accidentale
scoperta
della
convivenza
notturna
taciuta
e
negata
fra
Marino
e
i
carabinieri
,
venuta
fuori
per
l
'
ingenuità
di
un
curato
di
paese
,
e
trattata
con
ineffabili
riguardi
dalla
procura
(
Pomarici
che
dichiarava
di
aver
telefonato
a
Borrelli
per
avvertirlo
della
venuta
dei
carabinieri
a
testimoniare
)
e
dal
Presidente
,
che
pure
era
stato
il
primo
menato
per
il
naso
dall
'
originaria
versione
sul
pentimento
spontaneo
e
repentino
.
E
visto
che
ci
siamo
,
e
che
D
'
Ambrosio
ti
ha
invitato
a
portare
elementi
nuovi
per
la
revisione
del
nostro
processo
,
se
ne
hai
(
chissà
perché
tu
,
a
volte
l
'
ironia
di
certe
battute
mi
sfugge
;
siamo
noi
a
cercare
di
farlo
,
com
'
è
noto
)
terrei
a
chiedergli
se
abbia
mai
pensato
,
nei
ventidue
anni
che
ci
separano
dalla
sentenza
del
1975
sul
"
malore
attivo
"
di
Pinelli
,
alla
revisione
,
o
alla
riapertura
,
di
quel
processo
.
E
'
ancora
oggi
contento
,
o
rassegnato
,
Gerardo
D
'
Ambrosio
,
a
quel
Pinelli
che
si
piroetta
oltre
la
ringhiera
per
il
malore
attivo
,
o
si
chiede
ogni
tanto
come
sia
andata
davvero
?
Non
sto
barattando
il
processo
Pinelli
con
quello
Calabresi
(
non
l
'
ho
mai
fatto
,
l
'
hanno
fatto
i
miei
nemici
,
pretendendo
di
fare
della
nostra
condanna
la
condizione
per
la
"
riabilitazione
"
del
commissario
)
,
né
facendo
una
battuta
politica
o
un
commento
morale
:
la
mia
è
un
'
osservazione
,
per
così
dire
,
strettamente
tecnica
o
giudiziaria.Calabresi
fu
ucciso
,
ma
ci
sono
parecchie
persone
che
si
trovavano
nella
stanza
da
cui
un
interrogato
fermato
illegalmente
e
innocente
uscì
a
capofitto
dalla
finestra
,
e
nessuna
di
quelle
persone
,
che
allora
mentirono
tutte
-
come
il
dottor
D
'
Ambrosio
appurò
-
ha
più
aperto
bocca
.
Io
sono
in
galera
-
ma
non
commiserarmi
troppo
:
ne
abbiamo
viste
di
peggio
-
secondo
i
procuratori
e
alcuni
giudici
,
perché
Lotta
continua
aveva
una
specie
di
struttura
illegale
che
"
non
può
non
essere
stata
"
,
come
dice
Marino
,
l
'
autrice
dell
'
omicidio
Calabresi
,
di
cui
io
"
non
posso
non
essere
stato
"
a
conoscenza
.
Oppure
:
sono
in
galera
perché
il
13
maggio
del
1972
alla
fine
di
un
mio
comizio
Pietrostefani
e
io
avvicinammo
Marino
per
comunicargli
un
mandato
a
uccidere
,
però
Pietrostefani
non
c
'
era
;
perché
alla
fine
del
comizio
andai
con
Brogi
e
Marini
in
un
bar
e
di
lì
uscii
in
strada
per
dare
a
Marino
un
mandato
a
uccidere
,
ma
Brogi
e
Marino
erano
uno
a
Genova
e
l
'
altro
a
casa
,
e
nessuno
andò
al
bar
,
e
la
gente
si
sparpagliò
perché
pioveva
forte
,
ma
Marino
si
è
dimenticato
che
piovesse
;
ricevuto
il
mandato
a
uccidere
,
Marino
mi
salutò
e
tornò
a
Torino
,
però
invece
si
fermò
a
Pisa
e
anzi
la
sera
tardi
venne
con
tanti
altri
a
casa
mia
.
E
così
via
.
Sono
in
galera
per
questo
,
e
così
i
miei
amici
.
Sono
in
galera
anche
perché
dopo
che
Pomarici
,
Lombardi
e
una
quantità
di
altri
hanno
tuonato
che
io
,
potente
e
amico
di
potenti
(
caro
Dario
,
amico
mio
)
,
non
sarei
mai
stato
toccato
,
mentre
il
solo
povero
Marino
avrebbe
pagato
per
tutti
.
Con
un
piccolo
cambio
di
ausiliare
-
aver
pagato
,
essere
pagato
-
è
andata
proprio
così
,
e
Marino
,
intervistato
,
ci
concede
benignamente
la
grazia
.
Carnevali
,
mondi
a
testa
in
giù
:
ma
che
aspettiamo
a
battergli
le
mani
.
Non
ho
alzato
la
voce
verso
quel
disgraziato
di
Marino
,
in
questi
anni
,
né
avrei
parlato
all
'
ingrosso
della
procura
di
Milano
se
tu
,
nel
tuo
modo
travolgente
,
non
avessi
fatto
venire
giù
il
loggione
.
E
'
vero
,
l
'
ultima
sentenza
milanese
si
imperniò
sul
fatto
che
il
pentimento
(
no
:
la
crisi
"
mistica
"
)
di
Marino
sono
autentici
perché
da
ragazzo
era
passato
dai
Salesiani
.
Bestemmia
che
mi
dispiace
tanto
più
,
perché
ho
simpatia
e
stima
per
molti
Salesiani
.
Non
mi
auguro
affatto
che
tu
-
né
altri
-
modifichi
la
tua
stima
per
la
magistratura
milanese
per
solidarietà
con
me
.
Mi
dispiacerebbe
perfino
.
Vorrei
che
,
tenendosi
al
mio
processo
,
di
ogni
cosa
detta
a
carico
o
a
difesa
,
si
verificasse
,
per
quanto
è
possibile
(
molto
!
)
la
fondatezza
e
la
lealtà
.
Il
17
maggio
1972
Luigi
Calabresi
fu
assassinato
.
Gli
attentatori
arrivarono
e
e
fuggirono
a
bordo
di
una
125
blu
rubata
.
Tutti
i
testimoni
in
grado
di
distinguere
riferirono
che
alla
guida
c
'
era
una
donna
.
Nell
'
auto
abbandonata
,
furono
ritrovati
sul
cruscotto
,
al
posto
di
guida
,
degli
occhiali
neri
da
donna
che
i
proprietari
dell
'
auto
non
avevano
mai
visto
.
Quando
venne
sospettato
il
neofascista
Nardi
,
fu
arrestata
una
giovane
donna
tedesca
,
Gudrun
Kiess
,
accusata
di
essere
stata
la
guidatrice
dell
'
auto
.
La
Kiess
restò
in
carcere
a
lungo
,
benché
non
avesse
mai
preso
la
patente
.
Nel
luglio
del
1988
gli
inquirenti
dichiararono
che
la
donna
al
volante
dell
'
auto
dell
'
attentato
era
Leonardo
Marino
.
Anch
'
io
non
ho
mai
preso
la
patente
.
Sono
qui
che
cammino
avanti
e
indietro
e
mi
fanno
male
i
piedi
.
La
lampadina
è
un
micidiale
doppio
tubo
al
neon
e
non
riesce
a
somigliare
alla
luna
.
Grazie
,
ciao
.