StampaPeriodica ,
25
aprile
1945
.
Un
filare
di
pioppi
maestosi
su
un
alto
argine
,
delle
pecore
che
pascolano
,
il
sole
attraverso
i
pioppi
.
Un
giovane
cammina
cantando
,
è
una
bella
giornata
,
il
cuore
è
lieto
.
Un
uomo
si
alza
tra
i
cespugli
,
imbraccia
un
mitra
,
spara
;
il
giovane
cammina
un
poco
barcollando
,
cade
,
muore
.
Nello
stesso
tempo
un
gruppo
di
contadine
dà
la
caccia
attraverso
i
campi
a
un
uomo
e
una
donna
che
fuggono
,
li
raggiungono
,
li
ammazzano
a
colpi
di
forcone
.
Ancora
,
nello
stesso
tempo
,
un
ragazzo
si
impadronisce
di
un
fucile
,
entra
in
una
villa
,
prende
di
mira
un
uomo
di
mezza
età
che
se
ne
sta
a
tavola
,
facendo
colazione
.
Poi
sullo
schermo
appaiono
le
parole
"
Molti
anni
prima
"
.
Adesso
dunque
sapremo
il
motivo
di
questi
eventi
terribili
e
incomprensibili
;
lo
sapremo
,
come
avviene
nel
cinema
,
grazie
ad
un
lungo
,
lunghissimo
flash
-
back
,
ovvero
,
come
si
diceva
una
volta
,
un
passo
indietro
.
E
infatti
il
passo
indietro
lo
facciamo
addirittura
di
cinquant
'
anni
,
nell
'
atmosfera
patriarcale
e
sonnolenta
della
campagna
emiliana
,
all
'
inizio
del
secolo
.
Dunque
,
ben
presto
sapremo
il
motivo
di
quell
'
assassinio
,
di
quella
caccia
all
'
uomo
,
di
quel
fucile
puntato
.
Evidentemente
,
qualcuno
in
quell
'
alba
del
1900
ha
commesso
un
delitto
rimasto
impunito
per
ben
cinquant
'
anni
e
adesso
,
mezzo
secolo
dopo
,
è
chiamato
a
pagarne
il
fio.Ma
no
,
niente
di
tutto
questo
.
Il
proprietario
di
terre
Alfredo
Berlinghieri
sta
aspettando
la
nascita
di
un
nipote
,
erede
del
suo
ingente
patrimonio
terriero
e
la
stessa
attesa
si
verifica
nella
vita
di
Leo
,
vecchio
e
fedele
bracciante
.
Il
Berlin
-
ghieri
è
un
tipico
proprietario
di
terre
paternalista
e
quasi
feudale
.
Come
gli
nasce
il
nipote
,
va
a
cercare
nella
cantina
delle
bottiglie
di
spumante
,
le
mette
in
una
cesta
che
affida
alle
braccia
robuste
di
un
suo
buffone
privato
,
che
va
in
giro
vestito
da
Rigoletto
(
tutto
questo
avviene
il
giorno
della
morte
di
Verdi
,
uomo
-
simbolo
della
vecchia
e
,
almeno
a
giudicare
dal
Berlinghieri
,
retriva
Italia
del
Risorgimento
)
e
fa
una
di
quelle
cose
che
oggi
ci
farebbero
accapponare
la
pelle
dalla
vergogna
e
dal
disagio
,
ma
che
,
allora
,
prima
della
presa
di
coscienza
classista
,
a
quanto
pare
erano
frequenti
e
innocue
;
va
su
un
prato
dove
i
suoi
braccianti
stanno
falciando
l
'
erba
e
offre
a
ciascuno
di
loro
una
bottiglia
affinché
bevano
alla
salute
del
nipote
appena
nato
.
I
braccianti
accettano
,
più
o
meno
;
soltanto
il
vecchio
Leo
,
forse
perché
si
trova
nella
stessa
situazione
del
Berlinghieri
e
non
può
fare
a
meno
di
rendersi
conto
,
pur
nel
suo
lealismo
di
vecchio
schiavo
,
che
la
sorte
dei
due
bambini
sarà
molto
diversa
,
nicchia
e
alla
fine
rifiuta
il
vino
.
Il
Berlinghieri
insiste
,
petulante
,
accorato
,
autoritario
;
alla
fine
Leo
si
rassegna
e
beve
.
Il
Berlinghieri
,
nella
sua
imbecillità
patriarcale
adesso
è
soddisfatto
;
i
miseri
braccianti
dai
volti
screpolati
dalla
fatica
,
puzzolenti
di
sudore
e
di
stalla
,
hanno
bevuto
alla
salute
del
piccolo
vampiro
borghese
che
,
come
già
il
nonno
e
il
padre
,
succhierà
il
loro
sangue
.
E
invece
non
si
rende
conto
che
,
in
quel
prato
,
quella
mattina
,
è
avvenuto
qualche
cosa
di
terribile
,
cioè
la
lotta
di
classe
è
,
ufficialmente
,
cominciata
.
Questa
lotta
di
classe
,
con
alterne
vicende
(
scioperi
,
agitazioni
,
moti
di
piazza
,
socialismo
,
guerra
partigiana
,
da
una
parte
;
patriarcalismo
,
liberalismo
,
fascismo
,
regime
democristiano
dall
'
altra
)
,
arriverà
,
senza
trovare
soluzioni
,
fino
ai
giorni
nostri
.
La
lotta
di
classe
costituisce
la
struttura
portante
di
questo
Novecento
di
Bernardo
Bertolucci
;
ma
non
bisogna
pensare
ad
un
film
collettivo
,
unanimista
.
Novecento
ha
per
protagonista
di
fondo
la
società
italiana
;
ma
questa
società
si
articola
,
appunto
in
base
al
tema
della
lotta
di
classe
,
in
una
folla
di
personaggi
principali
e
secondari
.
Anzi
il
film
racconta
,
o
meglio
vuole
farci
credere
che
racconta
,
la
storia
del
privato
rapporto
dei
due
che
sono
nati
il
giorno
della
morte
di
Verdi
,
il
padrone
Alfredo
e
il
contadino
Olmo
.
Essi
giocano
insieme
,
gareggiano
insieme
in
tante
prove
grandi
e
piccole
,
dalla
forza
del
braccio
alla
lunghezza
del
pene
,
vanno
insieme
alla
guerra
del
1914
(
o
meglio
ci
va
Olmo
,
Alfredo
si
fa
imboscare
)
,
vanno
a
letto
insieme
con
una
puttana
di
paese
,
incontrano
insieme
le
donne
della
loro
vita
(
Olmo
la
maestrina
socialista
Anita
,
Alfredo
la
ricca
,
raffinata
e
velleitaria
Ada
Fiastri
Paulhan
).Intanto
la
lotta
di
classe
continua
imperterrita
e
inevitabile
.
Per
esempio
,
i
padroni
,
di
fronte
alla
minaccia
socialista
,
si
uniscono
;
fanno
in
chiesa
una
sacrilega
colletta
per
finanziate
il
fascismo
;
una
squadraccia
dà
alle
fiamme
la
case
del
popolo
;
i
contadini
riescono
ancora
a
organizzare
un
solenne
funerale
alle
vittime
dei
fascisti
,
ma
sarà
l
'
ultima
protesta
prima
dell
'
affermarsi
della
dittatura
...
La
storia
,
tra
molti
caratteri
variabili
,
ne
ha
uno
costante
:
è
serena
.
Questa
serenità
per
niente
affatto
giustificata
dagli
avvenimenti
per
lo
più
orribili
che
la
storia
ci
racconta
,
deriva
dal
fatto
che
gli
storici
,
si
tratti
di
favoleggiatori
candidi
come
Erodoto
o
di
critici
eruditi
come
Rostowzeff
,
convengono
tutti
di
parlare
di
cose
di
cui
non
hanno
avuto
diretta
e
immediata
esperienza
.
E
infatti
la
credibilità
dello
storico
non
è
di
specie
sentimentale
come
quella
del
romanziere
ma
intellettuale
come
quella
del
critico.In
Novecento
la
serenità
che
è
propria
della
storia
non
c
'
è
perché
Bertolucci
vorrebbe
che
la
sua
scorribanda
in
mezzo
secolo
di
storia
italiana
apparisse
come
una
esperienza
non
già
contemplata
da
lontano
ma
vissuta
e
sofferta
da
vicino
e
per
giunta
vissuta
e
sofferta
come
storia
.
In
maniera
contradditoria
egli
vuole
che
i
personaggi
pur
mentre
vivono
la
loro
esistenza
privata
,
sappiano
di
soffrire
la
storia
in
ogni
loro
anche
minima
azione.Per
ottenere
questo
scopo
Bertolucci
ha
interiorizzato
il
passato
,
o
meglio
ha
sostituito
il
passato
con
la
vicenda
della
sua
vita
interiore
.
Questa
sostituzione
ha
portato
a
risultati
singolari
,
alcuni
convincenti
altri
meno
.
Tra
i
primi
,
bisogna
mettere
il
rapporto
con
la
natura
e
quello
con
il
popolo
.
Il
rapporto
con
la
natura
si
esprime
come
inesauribile
nostalgia
della
campagna
nativa
nei
bellissimi
paesaggi
,
in
molti
particolari
naturali
,
nei
tanti
volti
di
contadini
che
ci
vengono
additati
in
frequenti
primi
piani
.
Il
rapporto
con
il
popolo
si
esprime
,
invece
,
in
maniera
penosa
e
ossessiva
,
in
un
altrettanto
inesauribile
senso
di
colpa
al
quale
dobbiamo
,
oltre
a
molte
scene
crudeli
e
imbarazzanti
come
quella
dello
spumante
,
la
generale
visione
manichea
che
spartisce
il
film
in
due
mondi
:
da
una
parte
il
popolo
idealizzato
in
senso
positivo
,
dall
'
altra
la
borghesia
illuminata
da
una
luce
sinistra
e
disperata
.
Tutta
la
vicenda
,
insomma
,
è
guardata
dall
'
angolo
visuale
di
un
privilegio
sociale
pentito
,
insicuro
,
scosso
.
Più
complicate
si
fanno
le
cose
allorché
Bertolucci
sostituisce
il
passato
con
se
stesso
,
dissociandosi
nei
due
personaggi
di
Alfredo
il
padrone
e
Olmo
il
contadino
.
Il
narcisismo
inevitabile
in
una
simile
operazione
ingenera
un
senso
,
di
freddezza
emblematica
,
come
di
apologo
didascalico
.
L
'
amore
-
odio
di
Alfredo
e
Olmo
così
simbolico
,
non
si
accorda
con
il
contesto
realistico
nel
quale
è
inserito
.
Forse
soltanto
l
'
omosessualità
avrebbe
potuto
dare
un
carattere
di
realtà
al
rapporto
tra
i
due
uomini
.
Ma
allora
sarebbe
saltato
il
messaggio
del
film.Adesso
bisognerebbe
parlare
della
capacità
narrativa
e
,
diciamo
così
,
"
muscolare
"
di
Bernardo
Bertolucci
che
in
questo
film
viene
confermata
al
di
là
del
necessario
.
Ci
limitiamo
a
dire
che
Bertolucci
ha
cercato
disperatamente
di
esprimere
qualche
cosa
che
gli
stava
a
cuore
.
Di
qui
la
sincerità
di
Novecento
,
altro
tratto
curioso
in
un
film
a
sfondo
storico
.
Novecento
è
affollato
di
attori
straordinari
.
La
vecchiaia
borghese
di
Burt
Lancaster
,
quella
popolana
di
Sterling
Hayden
,
la
dignità
dolente
di
Maria
Monti
,
la
naturalezza
simpatica
di
Gerard
Depardieu
,
il
dubbio
intellettuale
di
Robert
De
Niro
,
il
volontarismo
intrepido
di
Stefania
Sandrelli
,
il
filisteismo
trafelato
di
Romolo
Valli
,
la
perversità
provinciale
di
Laura
Betti
,
l
'
erotismo
recitato
di
Dominique
Sanda
,
il
sadismo
subalterno
di
Donald
Sutherland
compongono
,
pur
sullo
sfondo
collettivo
,
un
mosaico
di
situazioni
e
di
vicende
individuali
.
StampaPeriodica ,
Probabilmente
il
mito
di
Pavese
va
spiegato
con
l
'
incapacità
dello
scrittore
di
creare
il
mito
nei
suoi
libri
.
Non
vogliamo
dire
con
questo
che
Pavese
si
è
ucciso
perché
era
consapevole
di
non
essere
riuscito
a
dire
certe
cose
.
Pavese
aveva
della
propria
opera
e
di
se
stesso
un
'
opinione
altissima
,
come
si
può
vedere
nel
diario
.
Ma
,
strano
a
dirsi
,
è
proprio
questa
idea
esagerata
di
se
stesso
che
in
parte
ne
ha
provocato
la
morte
.
Dopo
aver
avuto
il
premio
Strega
ed
aver
scritto
La
luna
e
i
falò
Pavese
ha
deciso
ad
un
tratto
che
aveva
ottenuto
,
in
senso
sociale
e
creativo
,
il
massimo
successo
possibile
e
che
di
conseguenza
non
aveva
più
alcun
motivo
di
vivere
.
Ha
fatto
un
po
'
come
certe
coppie
di
amanti
che
si
ammazzano
perché
sono
convinti
che
il
loro
amore
è
così
perfetto
da
non
poter
essere
coronato
ormai
che
dalla
morte
.
La
verità
,
secondo
noi
,
è
invece
diversa
.
Pavese
non
è
riuscito
a
creare
il
mito
nella
pagina
;
e
il
suo
suicidio
va
interpretato
come
un
tentativo
di
crearlo
nella
vita
.
In
questo
modo
si
spiega
non
soltanto
il
suicidio
ma
anche
la
accurata
fabbricazione
e
preparazione
psicologica
e
culturale
dell
'
atto
disperato
.
E
infatti
l
'
operazione
tristissima
e
orgogliosissima
è
riuscita
.
Il
mito
di
Pavese
,
il
mito
dello
scrittore
che
si
è
ucciso
per
motivi
esistenziali
sopravvivrà
alla
sua
opera
.
Ma
i
motivi
erano
soltanto
apparentemente
esistenziali
.
In
realtà
erano
letterari
.
Niente
illumina
meglio
il
mito
di
Pavese
che
il
suo
rapporto
con
Melville
.
Melville
,
il
mito
l
'
aveva
saputo
creare
nella
pagina
ed
era
morto
nel
suo
letto
.
Il
mito
della
balena
bianca
,
come
tutti
i
miti
della
letteratura
,
nasce
da
una
grandiosa
riflessione
che
ha
le
sue
radici
nel
senso
comune
o
se
si
preferisce
nell
'
inconscio
collettivo
.
La
riflessione
riguarda
il
Bene
e
il
Male
,
l
'
Uomo
e
la
Natura
,
la
Ragione
e
l
'
Irrazionale
e
così
via
.
Ricco
di
senso
comune
,
in
comunicazione
diretta
con
l
'
inconscio
collettivo
,
Melville
,
come
tutti
i
grandi
poeti
,
crea
il
mito
senza
saperlo
e
senza
averne
l
'
intenzione
.
Ciò
che
preme
non
è
creare
il
mito
ma
dire
certe
cose
,
ossia
fornire
una
sua
interpretazione
di
una
visione
del
mondo
che
non
è
sua
,
avendola
ricevuta
in
eredità
dalla
società
di
cui
fa
parte
.
Oggi
si
direbbe
che
Melville
era
,
ingenuamente
e
inconsciamente
,
un
contenutista
.
Saper
criticamente
cos
'
è
un
mito
e
decidere
,
per
così
dire
,
a
freddo
,
cioè
in
base
a
una
riflessione
culturale
,
di
fabbricarne
uno
,
è
invece
il
contrario
del
contenutismo
ingenuo
ed
inconscio
.
È
decadentismo
formalistico
.
A
suo
tempo
ho
scritto
un
articolo
:
«
Pavese
decadente
»
,
che
non
è
piaciuto
agli
ammiratori
di
Pavese
;
ma
oggi
l
'
idea
del
decadentismo
di
Pavese
è
ormai
accettata
.
Cos
'
è
uno
scrittore
decadente
?
È
un
letterato
colto
e
raffinato
ma
egotista
,
sfornito
di
senso
comune
e
senza
rapporti
con
l
'
inconscio
collettivo
.
Questo
letterato
ammira
i
grandi
poeti
creatori
di
miti
e
si
domanda
,
con
ingenuità
:
«
Perché
loro
sì
e
io
no
?
Oltre
tutto
io
sono
in
una
posizione
di
vantaggio
.
Io
so
cos
'
è
il
mito
,
loro
non
lo
sapevano
»
.
Già
,
ma
sapere
,
in
questo
caso
,
vuol
dire
non
potere
.
Tuttavia
il
decadente
ha
pur
sempre
una
maniera
di
creare
il
mito
:
fuori
della
pagina
,
nella
vita
.
Il
caso
di
D
'
Annunzio
è
esemplare
.
Nella
pagina
di
D
'
Annunzio
il
mito
non
c
'
è
.
D
'
Annunzio
,
allora
,
lo
crea
nella
vita
con
le
donne
,
il
lusso
,
le
imprese
militari
,
le
piume
ecc.
Abbiamo
già
detto
che
Pavese
si
è
ucciso
«
anche
»
perché
era
convinto
di
essere
ormai
uno
scrittore
del
tutto
riuscito
e
concluso
.
In
altri
termini
,
Pavese
si
sarebbe
ucciso
per
ingenuità
,
quella
ingenuità
che
è
indispensabile
per
creare
il
mito
.
L
'
ingenuità
di
Pavese
avrebbe
consistito
nel
darsi
la
morte
«
per
la
disperazione
del
successo
»
.
A
riprova
si
confronti
il
suicidio
di
Hemingway
con
quello
di
Pavese
.
Il
suicidio
di
Hemingway
desta
un
'
immensa
pietà
;
ma
non
si
concreta
in
un
mito
perché
l
'
opera
di
Hemingway
è
tanto
più
importante
della
sua
vita
e
della
sua
morte
.
Non
si
parla
oggi
di
Hemingway
come
di
uno
scrittore
che
si
è
ucciso
;
ma
come
di
uno
scrittore
che
ha
scritto
certi
libri
e
poi
,
purtroppo
,
si
è
ucciso
.
Il
mito
di
Pavese
è
invece
quello
dello
scrittore
che
si
uccide
.
Questo
mito
,
in
certo
modo
,
nasconde
l
'
opera
di
Pavese
,
confondendo
le
idee
della
critica
e
dei
lettori
.
Per
coloro
che
non
hanno
bisogno
di
opere
ma
di
miti
,
Pavese
è
un
autore
ideale
.
Così
alla
fine
bisogna
pur
dire
che
il
capolavoro
di
Pavese
è
la
sua
morte
,
cioè
un
evento
che
pur
verificandosi
fuori
della
letteratura
,
«
continua
»
la
letteratura
.
Anche
qui
il
decadentismo
si
conferma
un
'
ultima
volta
,
tragicamente
.
StampaPeriodica ,
Chi
era
,
che
cercava
Pasolini
?
In
principio
c
'
è
stata
,
perché
non
ammetterlo
?
,
l
'
omosessualità
,
intesa
però
nella
stessa
maniera
dell
'
eterosessualità
:
come
rapporto
con
il
reale
,
come
filo
di
Arianna
nel
labirinto
della
vita
.
Pensiamo
un
momento
solo
alla
fondamentale
importanza
che
ha
sempre
avuto
nella
cultura
occidentale
l
'
amore
;
come
dall
'
amore
siano
venute
le
grandi
costruzioni
dello
spirito
,
i
grandi
sistemi
conoscitivi
;
e
vedremo
che
l
'
omosessualità
ha
avuto
nella
vita
di
Pasolini
lo
stesso
ruolo
che
ha
avuto
l
'
eterosessualità
in
quella
di
tante
vite
non
meno
intense
e
creative
della
sua
.
Accanto
all
'
amore
,
in
principio
,
c
'
era
anche
la
povertà
.
Pasolini
era
emigrato
a
Roma
dal
Nord
,
si
guadagnava
la
vita
insegnando
nelle
scuole
medie
della
periferia
.
È
in
quel
tempo
che
si
situa
la
sua
grande
scoperta
:
quella
del
sottoproletariato
,
come
società
rivoluzionaria
,
analoga
alle
società
protocristiane
,
ossia
portatrice
di
un
inconscio
messaggio
di
ascetica
umiltà
da
contrapporre
alla
società
borghese
edonista
e
superba
.
Questa
scoperta
corregge
il
comunismo
,
fino
allora
probabilmente
ortodosso
di
Pasolini
;
gli
dà
il
suo
carattere
definitivo
.
Non
sarà
,
dunque
,
il
suo
,
un
comunismo
di
rivolta
,
e
neppure
illuministico
;
e
ancor
meno
scientifico
;
né
insomma
veramente
marxista
.
Sarà
un
comunismo
populista
,
"
romantico
"
,
cioè
animato
da
una
pietà
patria
arcaica
,
non
comunismo
quasi
mistico
,
radicato
nella
tradizione
e
proiettato
nell
'
utopia
.
È
superfluo
dire
che
un
comunismo
simile
era
fondamentalmente
sentimentale
(
do
qui
alla
parola
"
sentimentale
"
un
senso
esistenziale
,
creaturale
e
irrazionale
)
.
Perché
sentimentale
?
Per
scelta
,
in
fondo
,
culturale
e
critica
;
in
quanto
ogni
posizione
sentimentale
consente
contraddizioni
che
l
'
uso
della
ragione
esclude
.
Ora
Pasolini
aveva
scoperto
molto
presto
che
la
ragione
non
serve
ma
va
servita
.
E
che
soltanto
le
contraddizioni
permettono
l
'
affermazione
della
personalità
.
Ragionare
è
anonimo
;
contraddirsi
,
personale
.
Le
cose
stavano
a
questo
punto
quando
Pasolini
scrisse
Le
ceneri
di
Gramsci
,
La
religione
del
nostro
tempo
,
Ragazzi
di
vita
,
Una
vita
violenta
e
esordì
nel
cinema
con
Accattone
.
In
quel
periodo
,
che
si
può
comprendere
tra
gli
anni
Cinquanta
e
gli
anni
Sessanta
,
Pasolini
riuscì
a
fare
per
la
prima
volta
nella
storia
della
letteratura
italiana
qualche
cosa
di
assolutamente
nuovo
:
una
poesia
civile
di
sinistra
.
La
poesia
civile
era
sempre
stata
a
destra
in
Italia
,
almeno
dall
'
inizio
dell
'
Ottocento
a
oggi
,
cioè
da
Foscolo
,
passando
per
Carducci
su
su
fino
a
D
'
Annunzio
.
I
poeti
italiani
del
secolo
scorso
avevano
sempre
inteso
la
poesia
civile
in
senso
repressivo
,
trionfalistico
ed
eloquente
.
Pasolini
riuscì
a
compiere
un
'
operazione
nuova
e
oltremodo
difficile
:
il
connubio
della
moderna
poesia
decadente
con
l
'
utopia
socialista
.
Forse
una
simile
operazione
era
riuscita
in
passato
soltanto
a
Rimbaud
,
poeta
della
rivoluzione
e
tuttavia
,
in
eguale
misura
,
poeta
del
decadentismo
.
Ma
Rimbaud
era
stato
assistito
da
tutta
una
tradizione
giacobina
e
illuministica
.
La
poesia
civile
di
Pasolini
nasce
invece
miracolosamente
in
una
letteratura
da
tempo
ancorata
su
posizioni
conservatrici
,
in
una
società
provinciale
e
retriva
.
Questa
poesia
civile
raffinata
manieristica
ed
estetizzante
che
fa
ricordare
Rimbaud
e
si
ispirava
a
Machado
e
ai
simbolisti
russi
,
era
tuttavia
legata
all
'
utopia
di
una
rivoluzione
sociale
e
spirituale
che
sarebbe
venuta
dal
basso
,
dal
sottoproletariato
,
quasi
come
una
ripetizione
di
quella
rivoluzione
che
si
era
verificata
duemila
anni
or
sono
con
le
folle
degli
schiavi
e
dei
reietti
che
avevano
abbracciato
il
cristianesimo
.
Pasolini
supponeva
che
le
disperate
e
umili
borgate
avrebbero
coesistito
a
lungo
,
vergini
e
intatte
con
i
cosiddetti
quartieri
alti
,
fino
a
quando
non
fosse
giunto
il
momento
maturo
per
la
distruzione
di
questi
e
la
palingenesi
generale
:
pensiero
,
in
fondo
,
non
tanto
lontano
dalla
profezia
di
Marx
secondo
il
quale
alla
fine
non
ci
sarebbero
stati
che
un
pugno
di
espropriatori
e
una
moltitudine
di
espropriati
che
li
avrebbero
travolti
.
Sarebbe
ingiusto
dire
che
Pasolini
aveva
bisogno
,
per
la
sua
letteratura
,
che
la
cosa
pubblica
restasse
in
questa
condizione
;
più
corretto
è
affermare
che
la
sua
visione
del
mondo
poggiava
sull
'
esistenza
di
un
sottoproletariato
urbano
rimasto
fedele
,
appunto
,
per
umiltà
profonda
e
inconsapevole
,
al
retaggio
di
un
'
antica
cultura
contadina
.
Ma
a
questo
punto
è
sopravvenuto
quello
che
,
in
maniera
curiosamente
derisoria
,
gli
italiani
chiamano
il
"
boom
"
,
cioè
si
è
verificata
ad
un
tratto
l
'
esplosione
del
consumismo
.
E
cos
'
è
successo
col
"
boom
"
in
Italia
,
e
per
contraccolpo
nella
ideologia
di
Pasolini
?
È
successo
che
gli
umili
,
i
sottoproletari
di
Accattone
e
di
Una
vita
violenta
,
quegli
umili
che
nella
Passione
secondo
Matteo
Pasolini
aveva
accostato
ai
cristiani
delle
origini
,
invece
di
creare
i
presupposti
di
una
rivoluzione
apportatrice
di
totale
palingenesi
,
cessavano
di
essere
umili
nel
duplice
senso
di
psicologicamente
modesti
e
di
socialmente
inferiori
per
diventare
un
'
altra
cosa
.
Essi
continuavano
naturalmente
ad
essere
miserabili
,
ma
sostituivano
la
scala
di
valori
contadina
con
quella
consumistica
.
Cioè
,
diventavano
,
a
livello
ideologico
,
dei
borghesi
.
Questa
scoperta
della
borghesizzazione
dei
sottoproletari
è
stata
per
Pasolini
un
vero
e
proprio
trauma
politico
,
culturale
e
ideologico
.
Se
i
sottoproletari
delle
borgate
,
i
ragazzi
che
attraverso
il
loro
amore
disinteressato
gli
avevano
dato
la
chiave
per
comprendere
il
mondo
moderno
,
diventavano
ideologicamente
dei
borghesi
prim
'
ancora
di
esserlo
davvero
materialmente
,
allora
tutto
crollava
,
a
cominciare
dal
suo
comunismo
populista
e
cristiano
.
I
sottoproletari
del
Quarticciolo
erano
,
oppure
aspiravano
,
il
che
faceva
lo
stesso
,
ad
essere
dei
borghesi
;
allora
erano
o
aspiravano
a
diventare
borghesi
anche
i
sovietici
che
pure
avevano
fatto
la
rivoluzione
nel
1917
,
anche
i
cinesi
che
avevano
lottato
per
più
di
un
secolo
contro
l
'
imperialismo
,
anche
i
popoli
del
Terzo
mondo
che
una
volta
si
erano
configurati
come
la
grande
riserva
rivoluzionaria
del
mondo
.
Non
è
esagerato
dire
che
il
comunismo
irrazionale
di
Pasolini
non
si
è
più
risollevato
dopo
questa
scoperta
.
Pasolini
è
rimasto
,
questo
sì
,
fedele
all
'
utopia
,
ma
intendendola
come
qualche
cosa
che
non
aveva
più
alcun
riscontro
nella
realtà
e
che
di
conseguenza
era
una
specie
di
sogno
da
vagheggiare
e
da
contemplare
ma
non
più
da
realizzare
e
tanto
meno
da
difendere
e
imporre
come
progetto
alternativo
e
inevitabile
.
Da
quel
momento
Pasolini
non
avrebbe
più
parlato
a
nome
dei
sottoproletari
contro
i
borghesi
,
ma
a
nome
di
se
stesso
contro
l
'
imborghesimento
generale
.
Lui
solo
contro
tutti
.
Di
qui
l
'
inclinazione
a
privilegiare
la
vita
pubblica
,
purtroppo
borghese
,
rispetto
alla
vita
interiore
,
legata
all
'
esperienza
dell
'
umiltà
.
Nonché
una
certa
ricerca
dello
scandalo
non
già
a
livello
del
costume
ma
a
quello
della
ragione
.
Pasolini
non
voleva
scandalizzare
la
borghesia
,
troppo
consumistica
ormai
per
non
consumare
anche
lo
scandalo
.
Lo
scandalo
era
diretto
contro
gli
intellettuali
,
che
,
loro
sì
,
non
potevano
fare
a
meno
di
credere
ancora
nella
ragione
.
Di
qui
pure
un
continuo
intervento
nella
discussione
pubblica
,
basato
su
una
sottile
e
brillante
ammissione
,
difesa
e
affermazione
delle
proprie
contraddizioni
.
Ancora
una
volta
Pasolini
si
teneva
alla
propria
esistenzialità
,
alla
propria
creaturalità
.
Solo
che
un
tempo
l
'
aveva
fatto
per
sostenere
l
'
utopia
del
sottoproletariato
salvatore
del
mondo
;
e
oggi
lo
faceva
per
criticare
la
società
consumista
e
l
'
edonismo
di
massa
.
Aveva
scoperto
che
il
consumismo
era
penetrato
ormai
ben
dentro
l
'
amata
civiltà
contadina
.
Ciononostante
,
questa
scoperta
non
l
'
aveva
allontanato
dai
luoghi
e
dai
personaggi
che
un
tempo
,
grazie
ad
una
straordinaria
esplosione
poetica
,
l
'
avevano
così
potentemente
aiutato
a
crearsi
la
propria
visione
del
mondo
.
Affermava
in
pubblico
che
la
gioventù
era
immersa
in
un
ambiente
criminaloide
di
massa
;
ma
in
privato
,
a
quanto
pare
,
si
illudeva
pur
sempre
che
ci
potessero
essere
delle
eccezioni
a
questa
regola
.
La
sua
fine
è
stata
al
tempo
stesso
simile
alla
sua
opera
e
dissimile
da
lui
.
Simile
perché
egli
ne
aveva
già
descritto
,
nei
suoi
romanzi
e
nei
suoi
film
,
le
modalità
squallide
e
atroci
,
dissimile
perché
egli
non
era
uno
dei
suoi
personaggi
bensì
una
figura
centrale
della
nostra
cultura
,
un
poeta
che
aveva
segnato
un
'
epoca
,
un
regista
geniale
,
un
saggista
inesauribile
.
Potosí ( Moravia Alberto , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
L
'
aeroporto
di
La
Paz
a
quattromila
metri
di
altezza
pare
nient
'
altro
che
un
minimo
lembo
,
dello
sterminato
aeroporto
che
è
l
'
altipiano
boliviano
.
L
'
altipiano
è
deserto
,
spianato
e
vertiginosamente
ventoso
e
luminoso
come
sanno
esserlo
soltanto
le
piste
degli
aeroporti
.
Di
un
colore
brullo
uniforme
,
l
'
altipiano
fugge
d
'
ogni
parte
verso
remoti
orizzonti
circolari
dai
quali
si
affaccia
,
bizzarramente
,
tutta
una
fila
di
picchi
nevosi
.
È
la
cordigliera
Real
,
la
catena
andina
al
di
là
della
quale
la
Bolivia
,
paese
dualistico
,
precipita
senza
transizione
nelle
bassure
tropicali
.
Non
ci
sono
che
due
piccoli
aeroplani
da
turismo
,
ad
una
sola
elica
,
nell
'
aeroporto
.
Trappoco
una
di
queste
libellule
bianche
e
azzurre
ci
porterà
,
sgattaiolando
intorno
i
picchi
,
a
Potosí
,
la
città
morta
dell
'
argento
.
Saliamo
,
ci
chiudiamo
nell
'
abitacolo
non
più
grande
di
quello
di
una
comune
automobile
.
Il
pilota
,
un
capitano
dell
'
aviazione
militare
boliviana
,
non
dispone
,
per
dirigersi
,
che
di
una
piccola
carta
geografica
sulla
quale
con
una
matita
tira
una
linea
retta
da
La
Paz
a
Potosí
.
Volerà
tra
rupi
altissime
,
al
di
sopra
di
voragini
spalancate
,
servendosi
unicamente
di
questa
carta
.
Partiamo
.
L
'
aeroplano
romba
,
ma
neppure
tanto
,
corre
un
poco
sulla
pista
e
quindi
decolla
e
si
dirige
con
esasperante
lentezza
(
duecento
chilometri
all
'
ora
)
verso
le
montagne
all
'
orizzonte
.
Sorvoliamo
La
Paz
,
che
per
proteggerla
dai
venti
,
gli
spagnoli
hanno
costruito
in
fondo
ad
una
specie
di
cratere
dalle
pareti
erose
,
di
un
giallo
leonino
,
che
ricordano
le
crete
di
Siena
;
sorvoliamo
ancora
per
un
po
'
l
'
altipiano
;
quindi
entriamo
tra
le
montagne
.
La
Bolivia
è
un
paese
di
miniere
.
O
meglio
è
un
paese
di
contadini
che
per
sua
disgrazia
è
ricchissimo
di
minerali
.
Gli
Incas
conoscevano
le
miniere
;
ma
la
loro
civiltà
comunitaria
,
isolata
tra
le
Ande
e
l
'
oceano
,
era
per
forza
di
cose
disinteressata
;
e
perciò
si
servivano
dei
metalli
soltanto
per
scopi
domestici
.
Gli
spagnoli
invece
erano
dei
colonialisti
,
i
primi
,
in
ordine
di
tempo
,
del
mondo
moderno
.
È
interessante
notare
come
all
'
origine
del
colonialismo
spagnolo
c
'
è
una
deviazione
psicologica
che
forse
riguarda
più
il
moralista
che
lo
scienziato
di
cose
economiche
.
L
'
idea
dell
'
arricchimento
facile
,
senza
lavoro
,
per
rapina
o
per
fortuna
o
per
tutte
e
due
,
ha
corrotto
in
partenza
la
conquista
dell
'
America
.
Il
mito
asiatico
dell
'
oro
,
dell
'
argento
,
delle
pietre
preziose
,
delle
essenze
rare
,
delle
spezie
si
frapponeva
come
un
miraggio
tra
gli
occhi
dei
soldati
spagnoli
e
la
umile
realtà
primitiva
del
nuovo
mondo
.
Purtroppo
questo
mito
trovò
una
conferma
nella
natura
e
fu
allora
la
rovina
della
Bolivia
.
L
'
agricoltura
,
un
tempo
pianificata
con
complicati
sistemi
di
irrigazione
,
fu
lasciata
decadere
fino
all
'
attuale
livello
di
mera
sussistenza
;
gli
indios
furono
avviati
in
massa
alle
miniere
con
metodi
schiavistici
.
Volando
sulla
cordigliera
Real
,
tutto
questo
si
può
vedere
a
occhio
nudo
.
Giù
,
giù
,
in
fondo
alle
vallate
anguste
,
si
aprono
ogni
tanto
dei
piccoli
slarghi
e
sopra
un
ripiano
si
scorgono
tanti
rettangolini
grigi
disposti
in
simmetria
.
Al
di
sopra
di
questi
rettangolini
incombono
altissime
montagne
brulle
e
dirupate
che
,
ad
uno
sguardo
attento
,
si
rivelano
tutte
sforacchiate
di
caverne
oscure
.
Sono
le
miniere
,
le
famose
,
funeste
miniere
d
'
oro
,
d
'
argento
,
di
antimonio
,
di
zinco
,
di
piombo
,
di
stagno
,
di
rame
della
Bolivia
.
Guardando
a
quei
miseri
villaggi
sprofondati
nelle
gole
solitarie
si
capiscono
tante
cose
:
l
'
isolamento
assoluto
dei
minatori
,
causa
di
continui
moti
rivoluzionari
che
mirano
,
a
ben
guardare
,
a
inserire
quelle
sperdute
comunità
nella
vita
sociale
e
politica
del
paese
;
le
immense
difficoltà
dei
trasporti
del
minerale
che
gli
spagnoli
avevano
risolto
con
l
'
asservimento
degli
indiani
ma
che
oggi
,
dopo
la
nazionalizzazione
di
due
terzi
delle
miniere
,
rende
passivi
i
bilanci
delle
amministrazioni
statali
.
Ecco
finalmente
Potosí
.
La
sorvoliamo
planando
obliquamente
.
Potosí
appare
come
una
città
testuggine
,
a
causa
dei
tetti
accostati
come
le
piastre
,
appunto
,
della
corazza
della
tartaruga
.
L
'
aeroplano
continua
a
planare
tutt
'
intorno
l
'
arida
nuda
valle
,
ed
ecco
ci
viene
incontro
la
celebre
montagna
triangolare
che
domina
Potosí
,
il
Cerro
Rico
.
È
una
montagna
brulla
,
color
tabacco
,
sparsa
delle
solite
caverne
oscure
.
Da
questa
montagna
,
gli
economisti
moderni
calcolano
che
la
corona
di
Spagna
ha
estratto
in
tre
secoli
per
un
valore
di
un
miliardo
di
dollari
di
argento
.
Nel
Seicento
,
da
Potosí
veniva
la
metà
dell
'
argento
di
tutta
Europa
.
A
Potosí
,
più
poeticamente
,
dicono
che
con
l
'
argento
ricavato
dal
Cerro
Rico
si
potrebbe
costruire
un
ponte
tutto
d
'
argento
massiccio
dalla
città
fino
alla
lontanissima
Madrid
.
Potosí
è
una
città
coloniale
spagnola
del
tipo
di
quelle
messicane
per
esempio
Oaxaca
.
C
'
è
la
solita
plana
,
i
soliti
grandi
alberi
fronzuti
,
le
solite
panchine
,
la
solita
cattedrale
barocca
.
Soltanto
,
a
differenza
delle
città
messicane
,
Potosí
è
morta
,
di
una
morte
antica
che
non
risale
a
ieri
ma
al
Settecento
,
quando
le
miniere
d
'
argento
,
esaurite
,
non
pagarono
più
le
spese
dell
'
estrazione
.
Potosí
è
dunque
la
città
simbolica
del
colonialismo
spagnolo
:
nata
con
l
'
argento
,
è
morta
con
l
'
argento
.
La
sua
vita
è
stata
anche
d
'
argento
,
poiché
,
per
cupidigia
del
prezioso
metallo
,
ci
sono
state
,
a
Potosí
,
perfino
delle
guerre
civili
.
Di
questo
parere
,
del
resto
,
è
anche
l
'
anonimo
poeta
che
ha
scritto
,
verso
il
Settecento
,
il
poema
Testamento
di
Potosí
,
alla
maniera
dei
testamenti
di
François
Villon
.
Il
poema
è
un
elenco
di
lasciti
ora
descrittivi
e
ora
burleschi
fatti
dalla
celebre
città
in
punto
di
morte
.
Tra
le
altre
cose
,
Potosí
lascia
a
Dio
la
propria
anima
;
la
quale
,
però
come
nota
ironicamente
il
poeta
,
es
la
plata
pura
,
è
fatta
di
puro
argento
.
Naturale
che
il
centro
di
una
città
così
emblematica
non
sia
,
a
ben
guardare
,
la
cattedrale
bensì
il
famoso
Palazzo
della
Moneta
,
uno
dei
più
belli
dell
'
America
Latina
.
È
la
stagione
delle
piogge
,
piove
a
dirotto
;
così
visitiamo
il
palazzo
quasi
al
buio
perché
,
per
economia
,
la
luce
elettrica
c
'
è
soltanto
negli
uffici
della
direzione
.
Percorriamo
in
fretta
le
sale
del
museo
di
pittura
coloniale
nelle
quali
,
dalla
penombra
,
ci
guardano
le
solite
ninfe
spropositate
,
le
solite
Madonne
dalle
facce
sciocche
,
i
soliti
gentiluomini
e
le
solite
dame
pieni
di
galloni
e
di
sufficienza
;
quindi
scendiamo
a
pianterreno
,
dove
si
trovava
la
zecca
.
Sempre
al
buio
,
ecco
le
enormi
macchine
tutte
di
legno
,
senza
un
solo
chiodo
di
ferro
,
con
le
quali
si
batteva
moneta
;
ecco
,
dentro
le
teche
,
gli
stampi
delle
monete
con
le
armi
di
Castiglia
da
una
parte
e
l
'
effigie
del
sovrano
dall
'
altra
.
Siamo
dunque
nel
cuore
stesso
,
morto
e
secco
,
del
colonialismo
spagnolo
.
Queste
grandi
ruote
dentate
di
legno
durissimo
delle
foreste
boliviane
non
gireranno
mai
più
;
gli
stampi
non
imprimeranno
mai
più
nell
'
argento
antichi
stemmi
e
profili
accigliati
di
re
.
E
tuttavia
non
si
può
negare
che
proprio
in
questa
penombra
,
tra
questa
roba
defunta
,
si
avverta
più
che
altrove
il
senso
riposto
della
storia
del
subcontinente
.
La
sola
riflessione
che
venga
fatto
di
formulare
è
che
queste
sale
sono
più
eloquenti
di
qualsiasi
chiesa
.
Certo
,
l
'
arte
,
i
riti
,
le
cerimonie
della
religione
hanno
varcato
l
'
oceano
e
si
sono
radicate
in
America
;
ma
,
come
avviene
ancor
oggi
,
con
tutti
i
colonialismi
di
tutti
i
generi
e
di
tutti
i
paesi
,
il
messaggio
che
era
legato
a
quelle
forme
è
come
se
fosse
rimasto
in
Europa
,
tanto
poco
ha
informato
di
sé
il
rapporto
fra
conquistatori
e
indigeni
.
Così
che
qualche
anno
fa
ha
potuto
addirittura
essere
ripresentato
come
un
messaggio
rivoluzionario
dal
prete
guerrigliero
Camilo
Torres
e
dai
suoi
seguaci
.
Giriamo
per
Potosí
tutto
il
giorno
,
sotto
la
pioggia
.
La
serata
ci
vedrà
seduti
nel
grande
atrio
gelido
dell
'
albergo
,
in
un
cerchio
di
notabili
venuti
a
visitarci
:
l
'
alcalde
o
sindaco
,
il
comandante
della
guarnigione
,
qualche
altro
personaggio
ufficiale
.
Si
mangiano
olive
e
mandorle
salate
,
si
sorseggia
una
bevanda
che
rassomiglia
alla
tequila
messicana
.
La
conversazione
langue
;
si
parla
del
tempo
che
fa
,
come
in
un
salotto
inglese
dell
'
era
vittoriana
.
Poi
,
non
senza
intenzione
,
buttiamo
là
una
qualsiasi
allusione
politica
e
allora
,
come
d
'
incanto
,
i
discorsi
diventano
vivacissimi
.
Gli
è
che
i
boliviani
hanno
la
passione
della
politica
;
forse
perché
i
problemi
di
questo
paese
sono
così
antichi
e
così
intrattabili
da
diventare
,
per
forza
di
cose
e
quasi
per
la
consapevolezza
della
loro
intrattabilità
,
prima
di
tutto
politici
.
Naturalmente
,
ad
un
certo
punto
,
si
parla
del
"
Che
"
Guevara
e
della
sua
tragica
avventura
.
Se
ne
parla
tuttora
e
dappertutto
in
Bolivia
;
e
anche
da
parte
degli
avversari
con
una
strana
,
quasi
inconscia
riconoscenza
;
è
una
tragedia
che
ha
ricordato
al
mondo
,
a
livello
storico
,
la
Bolivia
,
paese
isolato
e
frustrato
;
e
al
tempo
stesso
ne
ha
innalzato
,
per
così
dire
,
il
tasso
di
vitalità
.
Ma
la
discussione
suscita
strane
interpretazioni
che
bisogna
pur
chiamare
"
provinciali
"
.
Non
odo
forse
qualcuno
attribuire
la
spedizione
cubana
alla
massoneria
?
Partiremo
la
mattina
dopo
;
ma
il
pilota
,
dopo
aver
captato
alla
radio
le
notizie
sul
tempo
e
consultato
la
sua
carta
,
decide
di
dirigersi
verso
Oruro
.
Come
se
,
in
Italia
,
chi
volesse
andare
da
Milano
a
Roma
puntasse
sopra
Trieste
.
Voliamo
sotto
un
cielo
basso
e
scuro
,
tra
i
picchi
,
seguendo
i
canaloni
,
in
direzione
di
un
chiarore
sulfureo
che
sta
a
indicare
una
spera
di
sole
sull
'
altipiano
.
Ecco
di
nuovo
,
in
fondo
alle
vallate
nude
e
aride
,
i
villaggi
delle
miniere
;
si
vedono
le
piste
serpeggiare
lontano
,
bianche
e
sottili
tra
i
monti
:
a
dorso
di
mulo
o
a
piedi
ci
vogliono
anche
venti
giorni
per
percorrere
la
distanza
che
il
nostro
monoplano
varca
in
poco
più
di
un
'
ora
.
Sbuchiamo
finalmente
sull
'
altipiano
,
c
'
è
il
sole
e
piove
attraverso
il
sole
.
Ecco
l
'
aeroporto
,
un
prato
come
un
altro
.
Prendiamo
un
tassi
,
ci
precipitiamo
alla
stazione
per
sentirci
dire
che
il
treno
parte
tra
mezz
'
ora
ma
che
non
c
'
è
posto
perché
tutto
è
stato
già
prenotato
da
quindici
giorni
.
Poiché
il
cattivo
tempo
peggiora
nel
pomeriggio
,
come
avviene
di
regola
nella
stagione
delle
piogge
,
con
lo
stesso
tassì
,
correndo
a
perdifiato
per
la
pista
allagata
,
attraverso
l
'
altipiano
,
in
quattro
ore
arriviamo
a
La
Paz
.
Durante
il
viaggio
non
ci
fermiamo
che
una
sola
volta
:
per
ammirare
un
lama
,
il
primo
che
abbiamo
visto
sinora
,
fermo
sotto
la
pioggia
,
nel
mezzo
di
una
steppa
sterminata
,
simile
ad
un
cammello
con
le
gambe
corte
.
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
La
Paz
è
una
città
in
gran
parte
india
,
costruita
,
però
,
dai
bianchi
per
i
bianchi
.
In
altri
termini
la
divisione
sociale
a
La
Paz
si
raddoppia
di
una
divisione
razziale
o
se
si
preferisce
culturale
.
La
classe
dirigente
è
bianca
o
meticcia
;
il
popolo
è
indio
.
Questa
divisione
che
riflette
la
più
vasta
divisione
del
paese
(
quattro
milioni
di
abitanti
di
cui
soltanto
quattrocentomila
bianchi
e
meticci
)
è
l
'
eredità
più
vistosa
del
colonialismo
spagnolo
.
La
Paz
è
una
bellissima
e
strana
città
costruita
in
una
specie
di
crepaccio
dell
'
altipiano
.
Monti
scoscesi
ed
erosi
simili
alle
pareti
interne
di
un
cratere
circondano
e
si
innalzano
da
ogni
parte
intorno
la
città
.
La
parte
bassa
dell
'
angusta
vallata
è
occupata
dalla
città
bianca
;
sui
fianchi
dei
monti
si
arrampicano
invece
i
quartieri
popolari
,
cioè
indi
,
composti
di
case
di
fango
seccato
.
Gli
Indi
,
naturalmente
,
si
vedono
dappertutto
,
gli
uomini
coi
ponci
infilati
nel
collo
e
drappeggiati
davanti
e
dietro
come
ferraioli
;
le
donne
con
la
bombetta
nera
o
marrone
,
la
gonnella
succinta
e
sospesa
su
una
crinolina
,
lo
scialle
intorno
le
spalle
che
il
più
delle
volte
avvolge
un
bambino
portato
a
cavalcioni
sulle
reni
.
Dire
che
gli
Indi
sono
attraenti
sarebbe
deformare
la
verità
.
Mentre
esiste
certamente
una
bellezza
africana
,
non
esiste
una
bellezza
india
.
E
colpisce
,
nel
confronto
con
gli
africani
(
il
paragone
è
inevitabile
,
se
non
altro
per
la
somiglianza
delle
situazioni
economiche
e
sociali
)
l
'
eleganza
dei
vestiti
dei
primi
rispetto
alla
goffaggine
dei
costumi
"
nazionali
"
dei
secondi
.
Con
gli
Indi
si
ha
continuamente
l
'
impressione
del
"
già
visto
"
,
corretto
però
,
in
maniera
ambigua
e
il
più
delle
volte
non
troppo
estetica
,
da
modificazioni
che
si
è
tentati
di
attribuire
al
clima
e
all
'
isolamento
.
Si
pensa
,
vedendoli
,
subito
,
a
dei
mongoli
;
poi
,
in
un
secondo
momento
si
notano
differenze
curiose
che
,
però
,
non
riescono
a
scacciare
l
'
idea
dell
'
origine
asiatica
:
un
colore
bruno
che
tira
al
rosso
;
una
lunghezza
insolita
del
volto
che
congiunta
alla
larghezza
mongolica
fa
sì
che
le
facce
risultino
sproporzionatamente
grandi
:
una
specie
di
caduta
dei
tratti
l
'
uno
sull
'
altro
,
la
fronte
sul
naso
,
il
naso
sulla
bocca
e
la
bocca
sul
mento
.
Invincibilmente
,
non
si
può
fare
a
meno
di
pensare
ad
un
'
emigrazione
asiatica
preistorica
abbastanza
numerosa
da
permettere
gli
insediamenti
americani
;
ma
troppo
scarsa
per
fomentare
sviluppi
decisivi
,
somatici
e
altri
.
Bruciati
dal
sole
e
dal
vento
degli
altipiani
,
senza
rapporti
con
altri
popoli
,
si
direbbe
che
gli
Indi
siano
rimasti
a
metà
strada
,
non
più
mongoli
,
non
ancora
americani
.
Così
che
,
a
ben
guardare
,
il
termine
"
indio
"
coniato
per
sbaglio
dagli
spagnoli
,
si
rivela
,
nella
sua
ambiguità
,
assai
espressivo
della
ambiguità
fisica
delle
popolazioni
indigene
dell
'
America
.
Per
osservare
gli
Indi
bisogna
recarsi
al
mercato
,
su
su
,
nella
parte
alta
di
La
Paz
.
Nelle
straducce
che
portano
al
mercato
,
le
donne
stanno
accovacciate
sui
marciapiedi
,
le
une
contro
le
altre
,
come
galline
infreddolite
e
torpide
.
Davanti
a
loro
,
sui
lastroni
,
è
esposta
la
merce
:
minimi
mucchietti
di
peperoncini
,
pochi
sacchetti
di
foglie
verdi
di
coca
,
qualche
frittella
fatta
in
casa
.
Guardano
a
questa
misera
roba
con
indifferenza
,
come
se
non
gli
appartenesse
.
Più
su
,
tra
le
bancarelle
del
mercato
,
l
'
atmosfera
è
in
apparenza
quella
dei
mercati
di
tutto
il
mondo
:
compratori
che
circolano
lentamente
guardando
ed
esaminando
;
venditori
che
se
ne
stanno
immobili
dietro
i
banchi
.
Ma
ad
un
esame
più
attento
,
ci
si
rende
conto
che
in
quella
folla
mancano
l
'
allegria
,
la
confusione
e
anche
la
promiscuità
e
la
sporcizia
proprie
dei
mercati
.
Il
mercato
boliviano
è
grave
,
poco
rumoroso
,
pulito
e
senza
contatti
e
spintoni
.
Certo
,
si
potrebbe
attribuire
questo
carattere
al
temperamento
poco
vivace
della
gente
di
montagna
.
Ma
forse
la
ragione
è
più
profonda
.
Forse
,
in
maniera
inconscia
,
fra
venditori
e
compratori
c
'
è
una
tacita
intesa
per
non
dare
importanza
al
mercato
in
quanto
occasione
sociale
,
luogo
di
comunicazione
e
di
incontro
.
In
altri
termini
,
bisognerebbe
ravvisare
nella
riserva
e
compostezza
degli
Indi
un
aspetto
tra
i
tanti
del
"
rifiuto
sociale
"
che
in
tutta
l
'
America
Latina
gli
indigeni
hanno
opposto
,
fin
dai
tempi
della
conquista
,
al
sistema
colonialista
.
Questo
rifiuto
sociale
degli
Indi
,
cioè
rifiuto
di
comunicare
,
di
partecipare
,
di
integrarsi
,
è
una
delle
cose
che
colpisce
di
più
in
Bolivia
.
Certo
per
gli
Indi
,
come
per
gli
africani
,
è
difficile
passare
da
un
'
economia
autarchica
e
di
mera
sussistenza
al
produttivismo
e
al
consumismo
del
mondo
moderno
.
Ma
al
contrario
degli
africani
che
mostrano
un
vivo
e
manifesto
desiderio
di
partecipare
alla
civiltà
industriale
,
gli
Indi
oppongono
a
questa
stessa
civiltà
una
resistenza
passiva
fatta
di
cocciuta
fedeltà
alla
tradizione
e
di
assoluta
mancanza
di
ambizione
.
Negli
Indi
si
avverte
se
non
proprio
ostilità
,
cattiva
volontà
;
non
tanto
forse
per
diffidenza
verso
la
novità
quanto
per
nostalgia
inconscia
e
rancorosa
di
un
passato
defunto
e
migliore
.
Insomma
,
mentre
dietro
l
'
africano
si
sente
un
'
antica
simbiosi
con
la
natura
rispetto
alla
quale
neppure
la
schiavitù
può
considerarsi
una
soluzione
di
continuità
,
nell
'
indio
invece
si
intuisce
il
trauma
di
una
civiltà
originale
bruscamente
e
spietatamente
distrutta
.
La
sensazione
di
un
ripiegamento
,
di
un
rifiuto
,
di
una
rinunzia
non
soltanto
imposta
ma
anche
voluta
,
è
del
resto
confermata
dall
'
archeologia
.
A
cento
chilometri
da
La
Paz
,
le
rovine
stupende
del
tempio
di
Tiahuanaco
con
le
loro
muraglie
fatte
di
enormi
blocchi
incastrati
a
secco
fanno
guardare
con
stupore
alle
figure
goffe
degli
Indi
,
mascherati
secondo
il
rozzo
folklore
dell
'
oppressione
europea
.
Si
stenta
a
credere
che
quei
contadini
in
costume
appartengano
allo
stesso
popolo
che
ha
costruito
il
tempio
.
E
vien
fatto
di
pensare
che
nessun
gruppo
umano
può
impunemente
retrocedere
ad
uno
stato
primitivo
,
dopo
aver
creato
una
civiltà
.
Esso
apparirà
non
già
tornato
alla
natura
ma
regredito
,
umiliato
,
decaduto
.
La
civiltà
,
a
quanto
pare
,
è
un
'
esperienza
incancellabile
.
Naturalmente
i
responsabili
della
situazione
odierna
degli
Indi
,
cioè
gli
spagnoli
,
sono
oggi
acutamente
consapevoli
del
problema
costituito
da
questa
massa
inerte
e
frustrata
di
cittadini
di
secondo
grado
che
oltre
tutto
incide
per
l
'
ottanta
per
cento
sulla
popolazione
della
Bolivia
.
Si
distinguono
diverse
maniere
di
affrontare
il
problema
indio
.
Prima
di
tutto
i
colonialisti
tradizionali
.
Per
loro
l
'
indio
refrattario
all
'
educazione
,
privo
di
ambizioni
consumistiche
e
sociali
,
attaccato
alle
sue
tradizioni
,
dedito
alla
coca
e
all
'
alcool
,
sarebbe
irrecuperabile
.
Non
c
'
è
bisogno
di
molto
acume
,
tuttavia
,
per
capire
che
i
colonialisti
trasformano
in
caratteri
razziali
gli
effetti
della
catastrofe
storica
dell
'
indio
.
In
secondo
luogo
vengono
coloro
che
basandosi
su
una
certa
letteratura
di
rivalutazione
degli
Indi
,
il
cui
massimo
rappresentante
è
stato
D.H.
Lawrence
,
si
sono
costruiti
il
mito
di
una
civiltà
india
di
gran
lunga
superiore
a
quella
occidentale
in
quanto
tuttora
attaccata
ai
valori
del
sangue
e
della
terra
.
D.H.
Lawrence
si
era
servito
di
queste
idee
per
polemizzare
con
la
civiltà
industriale
dell
'
Occidente
.
Ma
in
Bolivia
,
paese
agrario
,
simili
teorie
sembrano
nient
'
altro
che
l
'
altra
faccia
del
colonialismo
con
il
quale
,
infatti
,
condividono
,
sia
pure
per
motivi
diversi
,
la
convinzione
che
l
'
indio
sta
bene
come
sta
e
che
di
conseguenza
niente
va
cambiato
.
Infine
i
socialisti
di
vario
genere
,
sia
i
gruppi
socialnazionalisti
oggi
al
potere
sia
i
castristi
all
'
opposizione
,
considerano
l
'
indio
come
il
risultato
di
un
processo
storico
di
degenerazione
dovuta
a
quattro
secoli
di
spietato
e
imprevidente
sfruttamento
.
I
rimedi
proposti
dai
socialisti
variano
secondo
che
pongono
l
'
accento
piuttosto
sul
dato
culturale
e
nazionale
o
sull
'
economico
.
Ma
tutti
sono
d
'
accordo
in
fondo
nel
considerare
l
'
integrazione
dell
'
indio
nella
vita
sociale
,
economica
e
culturale
del
paese
come
il
problema
massimo
della
Bolivia
.
Abbiamo
visto
gli
Indi
in
due
occasioni
,
l
'
una
,
diciamo
così
,
privata
,
l
'
altra
pubblica
.
La
prima
è
stata
durante
una
gita
al
lago
Titicaca
,
l
'
immenso
lago
sacro
alla
cultura
india
,
ai
confini
col
Perù
.
In
un
villaggio
sulla
strada
,
in
un
grande
spazio
terroso
,
in
pendio
,
limitato
,
in
fondo
,
da
un
muro
bianco
sul
quale
a
grandi
lettere
nere
si
leggeva
scritto
:
"
Cristo
unica
esperanza
"
,
aveva
luogo
un
ballonzolo
rusticano
.
Un
gruppo
di
suonatori
girava
di
qua
e
di
là
saltellando
e
intonando
certe
ariette
discordi
e
agre
con
pifferi
di
canne
,
bidoni
di
benzina
e
tamburelli
.
Gli
Indi
gravi
,
goffi
,
malsicuri
e
rozzi
entravano
nella
danza
tenendosi
per
mano
,
in
una
lunga
fila
che
pian
piano
si
trasformava
in
una
specie
di
pesante
e
orsino
girotondo
.
Veniva
fatto
di
ricordare
il
quadro
celebre
della
festa
contadina
di
Breughel
,
ma
senza
allegria
,
senza
prosperità
,
senza
slancio
,
in
un
'
aria
triste
,
frustrata
e
misera
anche
se
certamente
autentica
.
L
'
occasione
pubblica
è
stata
durante
uno
spettacolo
di
balli
folcloristici
al
palazzo
del
governo
,
davanti
al
miglior
pubblico
della
capitale
e
il
più
ufficiale
.
In
prima
fila
sedevano
tutti
i
ministri
e
il
presidente
della
repubblica
Ovando
.
Danzatori
indi
di
diverse
tribù
,
nei
costumi
tradizionali
,
hanno
eseguito
danze
tradizionali
assai
pittoresche
,
al
suono
dei
soliti
striduli
pifferi
e
dei
soliti
cupi
tamburi
.
Finito
lo
spettacolo
il
presidente
si
è
alzato
e
i
danzatori
,
uno
per
uno
,
sono
sfilati
e
hanno
stretto
la
mano
al
presidente
ricevendone
in
cambio
una
specie
di
fraterno
abbraccio
.
C
'
era
un
'
aria
strana
come
di
riconciliazione
difficile
e
comunque
non
del
tutto
sincera
tra
due
gruppi
nemici
.
Si
avvertiva
l
'
impaccio
di
una
distanza
sociale
e
culturale
che
permaneva
nonostante
la
buona
volontà
di
ambedue
le
parti
.
La
Bolivia
non
è
un
paese
unitario
ma
dualistico
.
E
per
molto
tempo
ancora
sarà
difficile
che
cambi
.
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
Da
La
Paz
al
lago
Titicaca
si
va
in
macchina
in
meno
di
due
ore
.
Si
corre
per
una
pista
di
pietrisco
attraverso
la
steppa
che
ha
un
colore
uniforme
fra
il
marrone
e
il
bruno
,
con
striature
gialle
e
grigie
:
il
colore
dei
cespugli
bassi
e
spinosi
che
riescono
a
resistere
ai
venti
,
al
freddo
,
all
'
aridità
,
alla
rarefazione
dell
'
aria
dell
'
altipiano
.
Poiché
è
la
stagione
delle
piogge
,
un
'
immobile
nuvolaglia
nera
pende
a
mezz
'
aria
,
simile
ad
una
catena
di
montagne
capovolte
,
con
la
base
in
su
e
le
punte
in
giù
,
lasciando
sereno
l
'
azzurro
scuro
e
gelato
degli
orizzonti
.
L
'
altipiano
non
è
così
piatto
come
sembra
:
ogni
tanto
file
di
colline
pietrose
e
sgretolate
si
sollevano
di
poco
sulla
steppa
.
Valichiamo
una
di
queste
collinette
ed
ecco
,
sotto
di
noi
,
allargarsi
la
distesa
diafana
del
lago
Titicaca
.
Ha
un
'
estensione
di
novemila
chilometri
quadrati
;
ma
le
numerose
isole
e
promontori
che
ne
emergono
e
l
'
aspetto
paludoso
,
incerto
,
informe
delle
rive
lo
fanno
parere
un
'
immensa
pozzanghera
sparsa
di
pietre
,
che
si
stia
prosciugando
al
sole
.
Quest
'
impressione
è
esatta
,
del
resto
.
Il
lago
sta
morendo
;
perde
per
assorbimento
del
terreno
e
per
evaporazione
più
acqua
di
quanto
ne
riceva
.
Eppure
il
lago
Titicaca
così
informe
,
così
deserto
,
così
privo
di
tracce
umane
,
è
stato
il
centro
di
una
delle
due
sole
culture
originali
(
l
'
altra
è
quella
del
Messico
)
dell
'
America
precolombiana
.
Al
lago
Titicaca
sono
collegati
i
miti
delle
origini
del
mondo
secondo
la
religione
india
;
e
gli
inizi
della
dinastia
imperiale
degli
Incas
.
In
una
delle
sue
trentasei
isole
,
chiamata
,
per
il
culto
a
cui
era
votata
,
l
'
Isola
del
Sole
,
è
apparso
per
la
prima
volta
,
secondo
il
mito
,
Viracocha
,
creatore
dell
'
uomo
,
della
donna
,
degli
animali
,
del
cielo
e
della
terra
.
In
quella
stessa
isola
sono
nati
í
figli
del
Sole
,
Manco
Capac
e
sua
sorella
nonché
coniuge
alla
maniera
faraonica
Mama
Ocllo
,
capostipiti
della
dinastia
che
in
linea
diretta
,
attraverso
quindici
monarchi
,
arriva
fino
ad
Atahualpa
,
l
'
ultimo
imperatore
,
ucciso
a
tradimento
da
Francisco
Pizarro
.
Di
queste
leggende
e
di
questi
eventi
il
lago
Titicaca
,
naturalmente
,
non
conserva
nulla
.
La
memoria
atavica
degli
indi
e
le
ricerche
archeologiche
degli
europei
qui
si
scontrano
con
il
vuoto
assoluto
e
maestoso
di
una
natura
forse
originariamente
abitata
dalla
storia
ma
che
la
storia
ha
abbandonato
per
sempre
.
Poco
lontano
dal
lago
Titicaca
,
in
un
immenso
anfiteatro
naturale
formato
da
basse
colline
nude
ed
erose
,
si
trovano
le
rovine
del
santuario
di
Tiahuanaco
,
il
centro
religioso
più
importante
della
civiltà
india
prima
degli
Incas
.
A
Tiahuanaco
si
esasperano
i
caratteri
dell
'
altipiano
:
solitudine
,
luminosità
,
vastità
,
vuoto
,
silenzio
.
Il
tempio
affondato
per
metà
sottoterra
,
ha
muraglie
costruite
con
enormi
blocchi
di
pietra
grigia
incastrati
a
secco
con
grande
ingegnosità
e
perfezione
.
La
celebre
Porta
del
Sole
,
con
la
sua
divinità
dalla
testa
felina
e
la
stele
chiamata
dagli
Spagnoli
el
fraile
(
il
frate
)
,
in
realtà
un
dio
anch
'
esso
,
in
forma
umana
,
con
caratteri
tipici
indi
(
busto
lungo
,
gambe
corte
,
testone
,
facciona
)
sono
le
parti
del
tempio
in
cui
,
oltre
alle
capacità
tecniche
ed
architettoniche
,
si
rivela
il
talento
propriamente
artistico
degli
indi
.
È
ammirevole
,
attraente
,
bella
quest
'
arte
?
Diremmo
piuttosto
che
è
strana
e
che
ispira
un
curioso
senso
di
malessere
,
diciamo
così
,
estetico
.
Paragonata
ai
prodotti
artistici
dei
veri
primitivi
(
arte
negra
,
polinesiana
,
greca
arcaica
ecc.
ecc
.
)
rivela
una
stilizzazione
,
una
cifra
per
niente
ingenue
,
di
tipo
tardo
e
decadente
che
dà
un
'
impressione
sgradevole
come
di
frutto
per
metà
acerbo
e
per
metà
già
putrefatto
.
Che
c
'
è
in
fondo
a
quest
'
impressione
?
Il
senso
di
una
civiltà
isolata
,
senza
possibilità
di
prestiti
,
di
confronti
,
di
apporti
,
che
arriva
alla
decadenza
direttamente
dalla
primitività
senza
passare
per
la
fase
della
maturità
.
Quel
non
so
che
di
crudele
e
di
tetro
che
emana
da
quest
'
arte
sembra
alludere
al
destino
proprio
delle
cose
predestinate
al
fallimento
in
quanto
fin
dagli
inizi
avviate
per
la
strada
sbagliata
.
L
'
individuo
può
correggere
i
propri
errori
attraverso
una
presa
di
coscienza
;
ma
le
nazioni
,
le
società
,
le
collettività
,
poiché
non
vivono
a
livello
morale
ma
storico
,
non
si
accorgono
di
sbagliare
e
in
realtà
non
"
possono
"
sbagliare
.
Possono
soltanto
fallire
,
ossia
avere
una
storia
breve
,
una
storia
catastrofica
,
una
storia
in
forma
di
vicolo
cieco
.
Nell
'
erba
,
presso
la
muraglia
del
santuario
,
giacciono
alla
rinfusa
molti
blocchi
di
pietra
.
Si
pensa
che
siano
caduti
giù
per
opera
del
tempo
o
delle
devastazioni
degli
spagnoli
.
Ma
non
è
così
.
Il
santuario
di
Tiahuanaco
,
a
quanto
sembra
,
è
stato
abbandonato
prima
di
essere
finito
.
Quei
blocchi
semi
-
lavorati
erano
già
interrati
nell
'
erba
prima
della
conquista
.
Chissà
,
forse
gli
indi
si
erano
accorti
di
aver
"
sbagliato
"
;
di
essere
stati
traditi
dai
propri
dei
;
ossia
di
aver
creato
una
civiltà
predestinata
al
fallimento
.
Sull
'
altipiano
,
però
,
non
sono
stati
soltanto
gli
indi
a
fallire
;
ma
anche
i
loro
oppressori
,
gli
spagnoli
.
La
croce
cristiana
è
graffita
sulla
spalla
del
/
rade
;
e
dietro
la
collina
spunta
la
cupola
di
una
chiesa
fabbricata
,
a
quanto
ci
dicono
,
con
materiale
portato
via
dal
santuario
del
Sole
;
ma
il
fallimento
spagnolo
è
visibile
dappertutto
nell
'
abbandono
in
cui
giacciono
gli
antichi
palazzi
viceregali
,
le
monumentali
chiese
barocche
,
e
ancor
più
nella
miseria
,
nell
'
ignoranza
,
nell
'
arretratezza
della
popolazione
india
,
dopo
quattro
secoli
di
cultura
europea
.
Dalla
chiesa
,
adesso
,
giungono
suoni
agri
e
discordi
di
musiche
,
tonfi
cupi
di
tamburo
,
scoppi
secchi
di
petardi
.
È
la
fiesta
india
,
rozzamente
e
poveramente
folcloristica
la
quale
,
tra
la
morte
del
santuario
pagano
e
lo
squallore
della
chiesa
cristiana
,
dà
il
senso
acuto
e
straziante
del
fallimento
congiunto
delle
due
culture
.
La
civiltà
india
originaria
(
chiamata
collas
dal
nome
della
tribù
più
importante
)
era
di
tipo
comunitario
,
libera
e
democratica
.
Ma
all
'
arrivo
degli
spagnoli
,
questa
civiltà
già
da
quattro
secoli
è
stata
trasformata
dagli
Incas
in
impero
schiavistico
.
D
'
altra
parte
,
gli
spagnoli
conquistano
l
'
America
in
piena
fase
controriformistica
,
quando
tutto
ciò
che
c
'
è
di
vivo
e
di
nuovo
in
Europa
si
trova
schierato
contro
la
Spagna
.
Così
la
conquista
si
potrebbe
definire
la
fusione
di
due
fallimenti
,
quello
indio
e
quello
spagnolo
,
l
'
innesto
mostruoso
della
decadenza
europea
sul
tronco
della
decadenza
india
.
Ma
qual
è
il
motivo
profondo
del
momentaneo
successo
di
questa
operazione
teratologica
?
Come
mai
un
centinaio
di
avventurieri
si
sono
impadroniti
di
un
impero
di
dieci
milioni
di
indi
?
Forse
l
'
evoluzione
singolare
dell
'
istituzione
della
mita
può
fornire
,
in
maniera
simbolica
,
la
chiave
del
mistero
.
Originariamente
,
ai
tempi
della
civiltà
comunitaria
preincaica
,
la
mita
era
un
servizio
pubblico
al
quale
le
comunità
indie
si
assoggettavano
volontariamente
e
gratuitamente
.
Si
trattava
di
coltivare
le
terre
della
comunità
,
di
irrigarle
,
di
imbrigliare
í
corsi
d
'
acqua
,
di
mantenere
i
sentieri
ecc.
ecc.
La
mita
era
insomma
un
lavoro
collettivo
in
cui
si
manifestava
l
'
alto
grado
di
senso
"
associativo
"
degli
indi
.
Poi
con
l
'
impero
degli
Incas
,
la
libera
organizzazione
comunitaria
,
si
trasforma
in
struttura
rigidamente
centralizzata
e
statale
ossia
,
in
sostanza
,
in
servitù
della
gleba
inquadrata
e
diretta
da
una
burocrazia
di
tipo
religioso
.
Si
trattava
,
però
,
di
una
servitù
della
gleba
di
un
genere
particolare
,
non
tanto
basata
sullo
sfruttamento
a
scopo
di
lucro
,
quanto
sulle
necessità
reali
di
un
'
agricoltura
estensiva
che
dipendeva
in
gran
parte
dai
vasti
e
complessi
sistemi
di
irrigazione
.
Il
passaggio
dalla
servitù
della
gleba
degli
Incas
alla
franca
e
orrenda
schiavitù
mineraria
imposta
dagli
spagnoli
,
sembra
dovuto
alla
forza
.
In
realtà
,
è
reso
possibile
dal
senso
sociale
degli
indi
,
che
già
a
suo
tempo
aveva
consentito
la
trasformazione
dell
'
economia
comunitaria
in
economia
statale
.
Intendiamoci
:
il
senso
sociale
non
è
un
difetto
ma
una
qualità
.
Sempre
,
però
,
che
non
distrugga
l
'
istinto
individuale
,
come
sembra
essere
avvenuto
nella
civiltà
india
.
La
mancanza
di
individualismo
fa
sì
che
la
mita
da
servizio
pubblico
libero
e
spontaneo
si
trasformi
con
gli
Incas
e
poi
con
gli
spagnoli
in
corvée
.
Gli
indi
erano
soprattutto
e
soltanto
"
sociali
"
ossia
docili
,
sottomessi
alle
leggi
,
disciplinati
e
ligi
.
Gli
Incas
si
sono
serviti
di
questa
socialità
per
avviare
gli
indi
allo
statalismo
teocratico
;
gli
spagnoli
per
farne
degli
schiavi
.
In
un
secolo
la
popolazione
india
cade
da
dieci
milioni
ad
un
solo
milione
.
La
mita
diventa
una
condanna
a
morte
.
Tanto
è
vero
che
quando
un
indio
veniva
reclutato
per
la
mita
mineraria
,
i
compagni
gli
facevano
i
funerali
in
anticipo
.
Il
mitayo
era
sinonimo
di
indio
morto
.
All
'
atrofia
del
sentimento
di
individualità
degli
indi
fa
riscontro
l
'
ipertrofia
dell
'
individualismo
degli
spagnoli
.
I
conquistadores
sono
avventurieri
intrepidi
ma
senza
neppure
l
'
ombra
di
quel
cristianesimo
di
cui
tuttavia
alzano
il
vessillo
.
Spietati
,
fedifraghi
,
sanguinari
,
insaziabili
,
dicono
di
rappresentare
la
società
spagnola
;
ma
in
realtà
rappresentano
soltanto
se
stessi
,
anche
perché
la
società
spagnola
individualista
e
feudale
,
è
stata
lei
a
farli
così
come
sono
.
Anche
a
giudicarli
col
metro
morale
molto
particolare
del
Rinascimento
,
difficilmente
possono
essere
giustificati
e
tanto
meno
assolti
.
Sterminano
gli
indi
,
si
sterminano
tra
di
loro
;
e
questo
pur
sempre
per
motivi
di
potere
e
di
bottino
.
È
vero
che
la
Corona
di
Spagna
e
la
Chiesa
cercano
di
proteggere
le
disgraziate
popolazioni
indigene
;
ma
sono
lontane
mentre
i
feudatari
sono
presenti
sul
luogo
.
Il
fallimento
spagnolo
è
già
in
germe
in
questo
individualismo
efferato
e
imprevidente
.
Come
,
d
'
altra
parte
,
il
fallimento
indio
era
già
in
germe
nell
'
eccessivo
senso
comunitario
,
nella
mancanza
di
spirito
individuale
degli
indi
.
StampaQuotidiana ,
Libreville
.
Un
nuovo
Machiavelli
,
oggi
,
certo
abbandonerebbe
la
figura
del
Principe
,
nutrito
di
letture
umanistiche
,
da
Tito
Livio
a
Plutarco
e
a
Tacito
e
disegnerebbe
invece
quella
del
rivoluzionario
moderno
,
assurto
o
no
al
potere
.
Questo
rivoluzionario
,
naturalmente
,
sarebbe
anche
lui
un
uomo
di
cultura
;
ma
la
sua
cultura
non
sarebbe
più
quella
dell
'
umanesimo
rinascimentale
bensì
una
mescolanza
di
ideologia
e
di
scienza
.
Come
Marx
,
come
Lenin
,
come
Trotzki
,
come
Stalin
,
come
Mao
,
il
rivoluzionario
moderno
sarebbe
,
oltre
che
un
uomo
politico
portatore
di
una
determinata
ideologia
,
un
cultore
di
quelle
scienze
che
si
occupano
del
fatto
sociale
.
Frantz
Fanon
,
il
medico
martinicano
creatore
del
"
fanonismo
"
ossia
della
sintesi
più
potente
,
più
complessa
e
più
vasta
elaborata
finora
da
tutti
i
motivi
della
rivoluzione
anticolonialista
nel
Terzo
Mondo
,
non
costituisce
un
'
eccezione
alla
regola
che
oggi
vuole
l
'
uomo
politico
anche
uomo
di
scienza
.
Frantz
Fanon
era
,
infatti
,
un
sociologo
acuto
e
lucido
,
oltre
che
un
uomo
d
'
azione
e
un
poeta
della
palingenesi
del
Terzo
Mondo
.
Ma
quello
che
rende
Fanon
diverso
dagli
altri
rivoluzionari
e
probabilmente
unico
nel
suo
genere
,
è
il
fatto
che
fosse
anche
uno
psichiatra
.
Quanto
a
dire
che
egli
si
interessava
attivamente
non
soltanto
all
'
uomo
come
animale
politico
e
sociale
ma
anche
alla
persona
umana
vista
nella
sua
inconfondibile
e
singolare
interiorità
.
Immaginiamo
un
Marx
che
non
solo
ci
descriva
,
nei
suoi
effetti
sociali
ed
economici
,
il
lavoro
infantile
nelle
fabbriche
inglesi
del
suo
tempo
ma
anche
esamini
i
riflessi
di
questo
lavoro
nell
'
animo
di
una
particolare
bambina
o
di
un
particolare
ragazzo
;
e
avremo
il
senso
preciso
della
situazione
centrale
rispetto
alla
cultura
moderna
di
Frantz
Fanon
ideologo
della
lotta
anticolonialista
e
della
"
negritudine
"
,
personaggio
di
primo
piano
della
rivoluzione
africana
,
medico
psichiatrico
,
scrittore
ormai
classico
.
La
sua
originalità
,
come
sempre
avviene
,
va
soprattutto
ravvisata
nella
sua
capacità
di
conciliare
senza
sopprimerle
le
contraddizioni
estreme
.
Frantz
Fanon
è
fautore
a
oltranza
del
nazionalismo
come
l
'
arma
più
efficace
contro
il
colonialismo
e
il
mezzo
migliore
per
creare
o
recuperare
le
culture
nazionali
;
ma
al
tempo
stesso
sembra
rendersi
conto
che
il
nazionalismo
europeo
è
stato
il
padre
del
colonialismo
e
del
razzismo
e
che
,
invece
di
creare
o
recuperare
le
culture
nazionali
,
il
nazionalismo
,
strumentalizzandole
,
ne
arresta
lo
sviluppo
e
ne
uccide
i
germi
più
fecondi
.
È
sostenitore
del
ricorso
alla
violenza
sistematica
e
spietata
nella
lotta
contro
il
colonialismo
;
ma
al
tempo
stesso
,
ne
I
dannati
della
Terra
,
nel
capitolo
"
Guerra
coloniale
e
disturbi
mentali
"
studia
con
lucidità
e
delicatezza
gli
effetti
distruttivi
di
questa
stessa
violenza
nell
'
intimità
dell
'
animo
umano
(
a
proposito
,
cosa
avrebbe
detto
Fanon
dei
killers
di
Fiumicino
che
si
sono
dichiarati
"
fieri
"
di
aver
bruciato
vivi
trenta
innocenti
,
lui
che
,
tra
i
casi
clinici
della
guerra
totale
in
Algeria
,
include
quello
dei
due
ragazzi
arabi
,
assassini
alienati
e
automatici
di
un
loro
amichetto
francese
?
Avrebbe
riscontrato
in
quella
"
fierezza
"
un
tratto
psicopatico
oppure
l
'
avrebbe
approvata
?
)
.
Infine
egli
odia
le
cosiddette
borghesie
nazionali
africane
(
"
la
fase
borghese
nei
paesi
sottosviluppati
è
una
fase
inutile
"
)
;
ma
al
tempo
stesso
si
palesa
estimatore
della
borghesia
europea
anche
se
colonialista
e
imperialista
(
"
questa
borghesia
dinamica
,
colta
,
laica
è
riuscita
pienamente
nella
sua
impresa
di
accumulazione
del
capitale
e
ha
dato
alla
nazione
un
minimo
di
prosperità
"
)
.
Frantz
Fanon
è
morto
nel
1961
.
L
'
Algeria
,
alla
cui
rivoluzione
ha
partecipato
in
qualità
di
militante
,
la
maggior
parte
delle
colonie
africane
alla
cui
liberazione
ha
contribuito
potentemente
con
la
sua
opera
scritta
,
sono
Stati
indipendenti
.
Ora
,
cosa
direbbe
Frantz
Fanon
oggi
del
Terzo
Mondo
e
in
particolare
dell
'
Africa
nera
come
si
è
venuta
assestando
a
livello
politico
negli
ultimi
anni
?
Nell
'
opera
di
Frantz
Fanon
,
vorrei
distinguere
due
parti
.
La
prima
è
quella
in
cui
Fanon
definisce
la
situazione
del
negro
nel
mondo
creato
dai
bianchi
e
,
conseguentemente
,
incita
gli
africani
alla
violenza
per
distruggere
il
colonialismo
razzista
.
La
seconda
,
che
chiamerei
testamentaria
e
profetica
,
è
quella
in
cui
Fanon
critica
le
nuove
società
africane
e
i
loro
sistemi
politici
e
suggerisce
i
modi
,
"
per
l
'
Europa
,
per
noi
stessi
e
per
l
'
umanità
"
coi
quali
sarà
possibile
"
rinnovarsi
,
sviluppare
un
pensiero
nuovo
,
tentare
di
metter
su
un
uomo
nuovo
"
.
La
prima
parte
contiene
una
requisitoria
folgorante
contro
il
colonialismo
e
il
razzismo
e
va
considerata
fondamentale
per
tutto
quanto
riguarda
il
Terzo
Mondo
:
ma
occorre
dirlo
,
essa
ormai
"
data
"
senza
per
questo
perdere
il
suo
valore
ideologico
e
letterario
,
come
è
proprio
in
genere
dei
classici
,
appunto
perché
ha
determinato
in
maniera
irreversibile
e
definitiva
la
presa
di
coscienza
da
parte
degli
africani
e
degli
europei
nei
riguardi
del
colonialismo
.
Il
quale
,
è
vero
,
è
ancora
attivo
in
Africa
,
ma
appare
,
ormai
,
anche
per
merito
di
Fanon
,
del
tutto
anacronistico
e
svuotato
di
contenuto
.
La
seconda
parte
,
quella
che
ho
chiamato
testamentaria
e
profetica
,
è
e
sarà
invece
per
lungo
tempo
di
attualità
non
soltanto
nel
Terzo
Mondo
.
È
chiaro
infatti
che
quando
Fanon
,
nella
conclusione
dei
Dannati
della
Terra
,
dice
:
"
Cerchiamo
di
inventare
l
'
uomo
totale
che
l
'
Europa
è
stata
incapace
di
far
trionfare
"
egli
si
rivolge
indistintamente
a
tutti
gli
uomini
.
Ma
accanto
a
questa
attualità
,
diciamo
così
,
universale
,
ce
n
'
è
un
'
altra
che
riguarda
direttamente
e
unicamente
la
nuova
Africa
.
Vediamo
adesso
perché
e
in
che
modo
.
Come
ho
già
accennato
,
Frantz
Fanon
è
prima
di
tutto
,
per
le
esigenze
della
lotta
anticolonialista
,
un
nazionalista
convinto
.
Ma
egli
non
crede
alla
possibilità
e
tanto
meno
alla
necessità
di
una
borghesia
nazionale
in
Africa
.
Logicamente
,
quindi
,
Fanon
finisce
per
orientarsi
verso
il
socialismo
cioè
verso
quella
democrazia
"
dal
basso
»
che
si
esprima
nell
'
istituzione
del
partito
unico
,
depositario
dell
'
ideologia
"
progressista
"
(
per
distinguerlo
,
come
si
vedrà
,
dal
partito
unico
"
reazionario
"
)
.
Il
pluripartitismo
di
specie
parlamentare
è
,
infatti
,
inconcepibile
senza
una
borghesia
forte
e
colta
e
abbiamo
già
visto
che
per
Fanon
questa
borghesia
in
Africa
non
è
né
possibile
né
desiderabile
.
Non
c
'
è
dubbio
,
insomma
,
che
se
Fanon
non
fosse
morto
nel
1961
,
avrebbe
accolto
,
pochi
anni
dopo
,
molte
delle
istanze
sociali
e
politiche
della
contestazione
.
Adesso
guardiamo
all
'
Africa
,
oggi
.
Il
fenomeno
politico
che
colpisce
a
prima
vista
è
il
trionfo
del
partito
unico
e
del
suo
indispensabile
complemento
,
quello
cioè
che
Fanon
chiama
il
leader
.
Quasi
dappertutto
,
insomma
,
il
pluripartitismo
parlamentare
,
con
le
sue
appendici
indispensabili
di
libertà
individuali
e
di
diritti
dell
'
uomo
,
è
stato
annullato
da
rivoluzioni
,
colpi
di
Stato
militari
e
no
,
dissoluzioni
delle
opposizioni
.
Forse
nessuno
è
più
idoneo
,
oggi
,
a
spiegarci
i
motivi
,
diciamo
così
,
"
interni
"
di
questa
crisi
del
pluripartitismo
in
Africa
,
di
un
uomo
come
Kenneth
Kaunda
,
attuale
presidente
dello
Zambia
.
Questo
paese
per
dieci
anni
dopo
l
'
indipendenza
è
stato
governato
da
Kaunda
col
sistema
pluripartitico
.
L
'
anno
scorso
,
Kaunda
ha
proclamato
lo
Zambia
paese
a
partito
unico
.
In
una
intervista
a
"
Newsweek
"
,
alla
domanda
di
come
sono
andate
le
elezioni
basate
per
la
prima
volta
sul
partito
unico
,
Kaunda
risponde
con
una
certa
quale
ingenuità
:
"
Sono
state
le
elezioni
più
tranquille
che
abbiamo
mai
avuto
in
questo
paese
.
In
passato
,
tutte
le
volte
che
scioglievo
il
parlamento
,
letteralmente
mi
aspettavo
la
morte
di
molti
dei
miei
concittadini
.
La
burocrazia
,
l
'
esercito
,
la
polizia
,
tutte
le
istituzioni
della
nazione
erano
spaccate
dalle
linee
politiche
dei
partiti
.
D
'
altronde
questi
partiti
erano
a
loro
volta
basati
sulle
tribù
e
così
,
qualsiasi
cosa
si
facesse
,
portava
alla
divisione
.
"
A
questo
quadro
desolante
degli
effetti
del
pluripartitismo
,
il
giornalista
americano
fa
seguire
la
logica
domanda
:
"
Ma
il
partito
unico
può
realmente
essere
democratico
?
"
.
Al
che
Kaunda
risponde
:
"
In
Occidente
,
quando
si
parla
di
partito
unico
,
i
più
pensano
immediatamente
a
tirannie
,
repressioni
,
dittature
...
Io
non
accetto
questo
punto
di
vista
.
Noi
abbiamo
tentato
il
pluripartitismo
qui
nello
Zambia
.
Sinceramente
,
abbiamo
cercato
di
farlo
funzionare
.
Ma
ci
siamo
trovati
sommersi
dai
risentimenti
tribali
,
religiosi
,
razziali
e
così
via
.
Questo
sistema
qui
non
funziona
;
avrebbe
distrutto
la
nazione
...
allora
alla
fine
abbiamo
deciso
di
creare
un
sistema
nuovo
"
.
Non
c
'
è
molto
da
aggiungere
a
queste
parole
così
illuminanti
sulla
crisi
del
pluripartitismo
e
sul
passaggio
alla
"
democrazia
"
del
partito
unico
.
Naturalmente
il
carattere
politico
e
sociale
di
questi
partiti
unici
varia
grandemente
.
Una
prima
suddivisione
sarebbe
quella
tra
partiti
unici
legati
alle
borghesie
nazionali
e
partiti
unici
socialisti
dalle
varie
sfumature
,
dal
"
socialismo
africano
"
al
marxismo
di
stretta
osservanza
.
Una
seconda
,
quella
tra
leaders
militari
e
leaders
civili
.
Una
terza
potrebbe
essere
basata
sulle
tendenze
politiche
di
questi
leaders
:
vi
sono
militari
che
si
proclamano
socialisti
,
e
civili
che
si
appoggiano
alle
borghesie
nazionali
,
e
viceversa
.
Ma
c
'
è
un
tratto
comune
che
sovrasta
a
tutte
queste
differenze
;
ed
è
la
personalizzazione
del
potere
o
,
se
si
preferisce
,
il
culto
della
personalità
.
Quest
'
ultima
definizione
è
diventata
ormai
un
luogo
comune
il
cui
significato
,
appunto
perché
ovvio
,
quasi
sfugge
all
'
attenzione
.
Ma
in
Africa
il
culto
della
personalità
è
proprio
il
culto
della
personalità
,
né
più
né
meno
.
Nei
nuovi
Stati
africani
tutto
sembra
contribuire
al
culto
della
personalità
:
la
dittatura
del
proletariato
come
la
dittatura
militare
,
il
partito
unico
socialista
come
il
partito
unico
borghese
nazionale
,
il
centralismo
urbano
e
industriale
come
il
decentramento
tribale
e
contadino
.
Ciò
che
si
vede
,
nella
sua
ingenuità
e
autenticità
,
ha
un
valore
altrettanto
probante
di
ciò
che
si
potrebbe
scoprire
con
indagine
approfondita
.
Per
esempio
i
perizomi
vivaci
in
cui
si
avvolgono
le
donne
africane
,
dovunque
e
coi
più
diversi
partiti
unici
,
mostrano
spesso
sul
dorso
e
sul
ventre
il
ritratto
in
grandezza
naturale
del
leader
con
il
titolo
che
gli
compete
(
quasi
sempre
"
presidente
"
,
in
alcuni
casi
"
presidente
a
vita
"
)
circondato
di
slogan
e
motti
di
propaganda
.
D
'
altra
parte
,
bisognerebbe
essere
ciechi
e
sordi
per
non
accorgersi
,
viaggiando
in
Africa
,
dell
'
atmosfera
di
timore
reverenziale
,
di
devozione
intransigente
,
di
rispetto
protocollare
che
circonda
la
personalità
del
leader
,
nonché
dei
modi
più
o
meno
autoritari
del
suo
predominio
.
Accanto
a
questi
caratteri
che
si
possono
ancora
chiamare
positivi
,
ve
ne
sono
altri
che
difficilmente
potrebbero
essere
considerati
tali
.
Il
culto
della
personalità
,
come
abbiamo
visto
,
si
basa
sul
partito
unico
,
e
dunque
sulla
assenza
dei
partiti
di
opposizione
.
Da
questo
,
all
'
intolleranza
verso
gli
oppositori
esterni
e
interni
,
il
passo
non
è
lungo
.
È
un
fatto
accertato
che
in
alcuni
Stati
africani
retti
a
partito
unico
,
secondo
l
'
ultimo
rapporto
dell
'
Amnesty
International
molti
oppositori
di
varie
tendenze
politiche
si
trovano
in
carcere
senz
'
altro
motivo
che
il
loro
dissenso
dal
leader
.
L
'
imprigionamento
degli
oppositori
dimostra
,
secondo
me
,
più
di
qualsiasi
acritico
fanatismo
popolare
,
il
prevalere
del
culto
della
personalità
.
Allo
stesso
modo
che
l
'
esistenza
legale
di
un
'
opposizione
è
l
'
indizio
più
sicuro
di
segno
contrario
.
Insomma
,
il
leader
africano
militare
o
civile
,
borghese
-
nazionale
o
socialista
-
si
ammanta
spesso
di
un
potere
che
bisogna
pur
chiamare
carismatico
.
Al
carattere
sacrale
del
potere
politico
contribuisce
probabilmente
anche
la
particolare
religiosità
delle
masse
.
Le
religioni
,
tutte
le
religioni
,
sia
quelle
autoctone
e
tribali
sia
quelle
a
sfondo
universalistico
,
non
sembrano
spesso
avere
in
Africa
limiti
sociali
e
psicologici
precisi
.
Come
i
grandi
fiumi
africani
che
alla
stagione
delle
piogge
escono
dai
loro
alvei
e
inondano
immensi
territori
,
la
religiosità
africana
,
pur
di
fronte
a
novità
sconvolgenti
come
il
socialismo
e
il
nazionalismo
,
non
tanto
scompare
quanto
trapassa
dalle
vecchie
alle
nuove
istituzioni
tutte
sommergendole
nella
sua
irresistibile
onda
mitica
.
Il
leader
africano
prim
'
ancora
che
un
militare
o
un
civile
,
che
un
borghese
nazionale
o
un
socialista
,
è
spesso
un
padre
spirituale
,
una
guida
morale
,
un
maestro
di
saggezza
,
un
capo
religioso
,
un
tutore
ideologico
,
un
messia
politico
.
I
leaders
si
chiamano
"
Osagyefo
"
(
redentore
)
e
"
Mwalimu
"
(
maestro
)
;
parlano
di
"
Ujamaa
"
(
spirito
della
famiglia
)
e
di
"
Harambee
"
(
cooperazione
)
oppure
informano
il
partito
ad
"
un
umanismo
cristiano
"
affinché
"
il
servizio
incondizionato
dei
nostri
compagni
sia
la
più
pura
forma
del
servizio
di
Dio
"
.
Sugli
autobus
in
gran
parte
dell
'
Africa
nera
,
al
di
sopra
della
scritta
che
ne
indica
il
percorso
,
si
leggono
frasi
edificanti
di
questo
genere
:
"
Dio
è
la
mia
guida
"
;
"
L
'
onestà
è
il
migliore
sistema
"
;
"
Con
Dio
mi
sento
sicuro
"
;
"
Onora
tuo
padre
e
tua
madre
"
,
ecc.
ecc.
L
'
idea
soggiacente
al
potere
carismatico
sembra
essere
che
la
società
è
tutta
una
grande
famiglia
affettuosa
in
cui
si
viene
istruiti
,
educati
,
assistiti
,
guidati
e
,
alla
fine
,
premiati
o
puniti
.
Naturalmente
tutto
questo
non
impedisce
al
potere
di
essere
il
potere
,
alla
politica
di
essere
la
politica
,
alle
classi
di
essere
le
classi
.
Si
tratta
,
insomma
,
soprattutto
di
una
questione
di
linguaggio
connessa
a
sua
volta
con
la
civiltà
contadina
che
è
propria
di
tutto
il
Terzo
Mondo
ma
che
in
Africa
ha
caratteri
originali
diversi
dall
'
Asia
e
dall
'
America
Latina
.
D
'
altra
parte
bisogna
avvertire
che
il
carisma
non
impedisce
affatto
una
consapevolezza
del
tutto
realistica
dei
limiti
e
dei
lati
negativi
sia
del
leader
che
del
sistema
a
partito
unico
.
Ma
la
personalizzazione
del
potere
sembra
essere
alla
fine
la
condizione
essenziale
affinché
il
carisma
si
verifichi
.