StampaQuotidiana ,
Non
mi
è
facile
scrivere
di
Carlo
Levi
,
avendolo
avuto
caro
come
un
fratello
.
La
sua
persona
è
per
me
strettamente
legata
a
eventi
,
persone
e
anni
della
mia
giovinezza
.
La
sera
che
ho
saputo
che
stava
male
,
e
moriva
,
ho
radunato
insieme
,
dentro
di
me
,
tanti
ricordi
sparsi
.
Non
credo
di
riuscire
a
parlare
distesamente
di
lui
come
pittore
,
né
come
scrittore
,
né
come
uomo
politico
.
Posso
unicamente
allineare
ricordi
.
Negli
ultimi
anni
,
lo
vedevo
di
rado
.
Quando
lo
incontravo
,
mi
sembrava
di
incontrare
una
folla
di
esseri
amati
e
perduti
.
Questo
,
e
la
grande
serenità
che
spirava
dalla
sua
persona
,
mi
facevano
sentire
,
ogni
volta
che
lo
incontravo
,
commossa
e
felice
.
In
verità
non
so
perché
non
cercassi
di
vederlo
di
più
.
Noi
abbiamo
,
con
la
nostra
giovinezza
e
con
le
persone
che
la
abitavano
,
rapporti
complicati
,
tortuosi
e
pesanti
.
I
nostri
movimenti
ne
sono
spesso
impediti
.
Pure
quando
incontravo
Carlo
Levi
,
sentivo
dissolversi
ogni
tortuosità
e
complicazione
e
il
suo
viso
grande
e
roseo
mi
rallegrava
.
Negli
era
una
persona
con
la
quale
i
rapporti
erano
diretti
e
leggeri
.
I
primi
ricordi
che
ho
di
lui
,
risalgono
al
tempo
della
mia
adolescenza
,
a
Torino
,
sua
e
mia
città
.
Nera
più
vecchio
di
me
di
quattordici
anni
.
Quattordici
anni
mi
sembravano
allora
moltissimi
.
Apparteneva
al
mondo
degli
adulti
,
mondo
nel
quale
io
anelavo
di
entrare
con
una
ansia
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
dello
snobismo
,
come
si
anela
di
raggiungere
una
più
alta
e
nobile
sfera
sociale
.
Nero
però
timida
,
e
questa
ansia
restava
nascosta
.
Egli
mi
intimidiva
,
così
che
in
sua
presenza
trovano
difficile
sillabare
parola
.
Non
so
come
,
gli
era
capitato
fra
le
mani
un
mio
quaderno
di
poesie
,
e
ogni
volta
che
mi
vedeva
citava
un
pezzetto
di
una
mia
poesia
sul
mattino
,
che
io
avevo
scritto
a
dieci
anni
:
«
Ogni
fronte
si
copre
di
sudore
I
ogni
cuore
si
riempie
d
'
amore
I
lavoratori
,
il
ciel
vi
benedica
!
»
Questi
versi
io
li
trovano
orribili
,
e
mi
sembrava
di
averne
scritti
,
in
seguito
,
di
migliori
.
Ma
a
lui
il
verso
dei
lavoratori
dava
grande
allegria
.
Lo
ripeteva
guardandosi
intorno
con
il
suo
solare
sorriso
.
Non
era
molto
alto
ma
era
grande
,
riempiva
lo
spazio
con
la
sua
persona
così
che
intorno
a
lui
tutti
sembravano
striminziti
.
Sembrava
colorato
,
e
grigi
gli
altri
.
Aveva
un
viso
grande
,
largo
,
roseo
,
circondato
da
una
corona
di
riccioli
.
Aveva
un
cappotto
chiaro
,
quasi
bianco
,
largo
e
corto
,
sempre
sbottonato
e
di
una
lana
moscia
e
pelosa
.
Aveva
giacche
di
velluto
a
coste
che
allora
nessuno
portava
,
bottoni
dorati
e
istoriati
,
cravatte
arabescate
,
mosce
e
con
un
largo
nodo
.
Era
amico
dei
miei
fratelli
.
Aveva
studiato
medicina
,
e
quando
qualcuno
era
malato
,
dava
consigli
medici
,
che
in
casa
mia
dicevano
molto
acuti
.
Ma
aveva
lasciato
la
medicina
.
Era
un
pittore
.
Io
pensavo
«
un
grande
pittore
»
,
forse
perché
mi
sembrava
che
in
lui
nulla
potesse
esservi
di
mediocre
o
piccolo
,
e
non
mi
sono
mai
chiesta
,
in
verità
nemmeno
in
seguito
,
quale
fosse
la
reale
importanza
della
sua
pittura
.
A
me
sembrava
che
nei
quadri
degli
altri
,
a
lui
contemporanei
,
vi
fosse
squallore
e
grigio
,
e
nei
suoi
quadri
,
un
festoso
tumulto
di
colore
.
I
paesaggi
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembravano
bellissimi
:
perché
frustati
dal
vento
.
Era
un
vento
senza
né
polvere
né
bufera
,
un
vento
che
spazzava
e
scompigliava
la
natura
per
accartocciarla
e
illimpidirla
.
Anche
le
figure
umane
erano
frustate
dal
medesimo
vento
forte
e
tumultuoso
,
che
soffiava
nelle
giacche
e
nelle
cravatte
e
nei
capelli
e
li
tingeva
di
rosa
,
di
viola
e
di
verde
,
non
per
offenderli
o
mortificarli
o
renderli
grotteschi
ma
per
festeggiarne
la
prepotenza
,
la
complessità
e
la
gloria
.
Orecchie
e
riccioli
,
così
accartocciati
diventavano
conchiglie
.
Il
mondo
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembrava
spesso
simile
a
una
spiaggia
immensa
,
dove
regnava
una
luce
bianca
e
dove
tutto
era
nuvole
,
vento
e
conchiglie
.
Queste
non
sono
altro
che
delle
rozze
impressioni
infantili
.
Egli
era
l
'
unico
pittore
che
mi
fosse
mai
accaduto
di
conoscere
bene
di
persona
e
mi
capitò
anche
di
vederlo
dipingere
con
il
sigaro
fra
le
labbra
,
gli
occhi
socchiusi
,
un
piede
sollevato
sulla
punta
,
i
gesti
lentissimi
,
pigri
e
leggeri
.
Il
suo
studio
,
in
piazza
Vittorio
,
all
'
ultimo
piano
,
con
le
finestre
che
guardavano
sulla
piazza
,
e
la
sua
casa
di
via
Bezzecca
,
con
il
giardino
e
alcune
piante
di
nespolo
,
mi
sembravano
tra
i
luoghi
più
allegri
che
esistessero
al
mondo
.
Scopersi
che
si
occupava
di
politica
e
che
anzi
era
,
fra
le
persone
che
io
frequentavo
quotidianamente
,
un
'
autorità
politica
,
un
capo
.
Mi
sembrò
stupendo
che
egli
fosse
,
insieme
,
un
capo
della
politica
clandestina
e
un
grande
pittore
.
Venne
arrestato
,
in
quegli
anni
,
due
volte
,
una
volta
nel
'34
,
una
volta
nel
'35
.
Quando
fu
arrestato
,
quei
luoghi
allegri
e
chiari
che
erano
il
suo
studio
e
la
sua
casa
mi
sembrarono
affondare
nelle
tenebre
.
Quando
fu
arrestato
nel
'35
,
mandò
dal
carcere
,
a
una
amica
,
un
foglietto
con
dei
versi
che
egli
aveva
scritto
in
carcere
,
e
che
io
ho
sempre
ricordato
e
che
mi
accade
ancora
oggi
,
ogni
tanto
,
di
canticchiare
.
L
'
amica
gli
aveva
spedito
lettere
con
nome
falsi
,
e
poi
,
da
Londra
,
una
cartolina
con
una
riproduzione
di
Monet
,
firmata
con
il
vero
nome
.
I
versi
dicevano
:
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
i
ma
perché
i
nomi
doppi
I
lasciasti
nel
Tamigi
I
e
son
finiti
i
troppi
I
giorni
senza
di
te
»
.
A
me
questi
versi
sembravano
molto
belli
,
e
mi
sembrava
inoltre
molto
bello
che
egli
riuscisse
a
scrivere
,
in
carcere
,
delle
piccole
strofe
liete
,
mentre
tutti
noi
,
da
fuori
,
vedevamo
il
carcere
drammaticamente
.
Le
parole
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
»
mi
sembravano
spinte
da
un
impeto
libero
e
lieto
,
e
restarono
nella
mia
memoria
indissolubili
dalla
sua
persona
,
così
com
'
erano
indissolubili
dalla
sua
persona
la
luce
e
il
vento
dei
suoi
quadri
,
e
nel
pensarlo
mentre
era
in
carcere
mi
sembrava
che
tutta
la
sua
persona
fosse
spinta
dal
vento
e
dall
'
aria
e
scompigliata
come
erano
scompigliate
nei
suoi
quadri
le
fluttuanti
chiome
degli
alberi
e
le
acque
dei
fiumi
.
Quando
lo
rividi
dopo
molti
anni
che
non
lo
vedevo
,
a
Firenze
,
dopo
la
liberazione
,
non
sentivo
più
fra
lui
e
me
una
grande
distanza
,
sia
perché
ero
cresciuta
di
anni
sia
perché
,
ero
stata
colpita
da
sventure
.
Inoltre
lui
stesso
mi
sembrava
disceso
da
quelle
altezze
e
profondità
in
cui
l
'
avevo
sempre
scorto
.
Mi
accorsi
allora
,
in
quei
giorni
a
Firenze
,
che
egli
in
passato
sembrava
dimorare
o
su
vette
di
montagne
,
o
negli
abissi
marini
.
Era
stato
lontano
e
diverso
dalla
gente
che
camminava
per
strada
.
Adesso
,
sembrava
mescolarsi
alla
gente
.
Al
suo
desiderio
di
stravaganza
,
era
venuto
ad
accoppiarsi
un
desiderio
di
rassomigliare
a
tutti
.
/
Non
avrei
dovuto
stupirmene
,
dito
che
le
sventure
e
la
guerra
avevano
operato
trasformazioni
in
ognuno
.
Non
so
se
ne
fui
stupita
ma
lo
notai
.
Aveva
un
cappotto
color
tabacco
dal
bavero
liso
e
logoro
,
una
cravatta
logora
e
una
magrezza
nel
viso
e
nel
collo
che
mi
faceva
pensare
a
mio
padre
.
Egli
ora
mi
sembrava
umile
.
In
passato
,
c
'
era
l
'
abitudine
,
fra
gli
amici
,
di
ridere
di
lui
e
canzonarlo
per
la
sua
trionfante
sicurezza
di
sé
,
per
la
sua
vanità
.
Era
,
e
rimase
sempre
,
placidamente
sicuro
,
placidamente
fiero
e
con
una
alta
e
magnifica
idea
di
se
stesso
.
A
Firenze
,
in
quei
giorni
,
scopersi
che
nella
sua
vanità
poteva
esistere
anche
l
'
umiltà
.
Scopersi
che
egli
era
uno
di
quei
rari
esseri
in
cui
la
vanità
non
era
un
difetto
ma
una
qualità
.
La
vanità
era
,
nella
sua
persona
,
un
sentimento
generoso
e
limpido
,
frutto
di
gentilezza
,
di
bontà
e
di
gioia
.
Come
la
luce
del
sole
,
la
sua
vanità
risplendeva
e
prodigava
a
lui
stesso
e
agli
altri
un
'
eguale
,
calda
e
chiara
luce
.
Nella
vanità
,
è
presente
di
solito
il
disprezzo
per
gli
altri
e
l
'
invidia
.
Ma
in
lui
non
c
'
era
una
sola
stilla
d
'
invidia
,
né
una
sola
stilla
di
disprezzo
per
anima
vivente
.
Nera
,
a
Firenze
,
direttore
della
«
Nazione
»
.
Pubblicava
,
sulla
«
Nazione
»
,
delle
sue
vignette
accompagnate
da
rime
.
Una
di
queste
vignette
rappresentava
i
ponti
distrutti
,
e
sotto
c
'
era
una
strofetta
che
diceva
:
«
Ministro
Ivanoè
I
giudice
Coppedè
I
ricostruiremo
i
ponti
I
col
gusto
dei
geronti
»
.
Nera
stato
al
confino
in
Lucania
,
e
aveva
scritto
,
mi
disse
,
un
libro
su
quegli
anni
di
confino
,
che
pensava
di
pubblicare
.
Penso
di
essere
stata
fra
le
prime
persone
che
hanno
letto
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
Mi
sembrò
bellissimo
.
Anche
lui
lo
trovava
bellissimo
.
A
Roma
,
qualche
mese
dopo
,
Einaudi
mandò
quel
manoscritto
in
tipografia
,
e
poiché
ora
io
lavoravo
in
quella
casa
editrice
,
corressi
le
bozze
.
Le
tipografie
romane
erano
scadenti
e
quelle
bozze
erano
,
disse
Carlo
,
«
grigie
e
pelose
»
.
Disse
che
quel
suo
libro
avrebbe
avuto
una
risonanza
immensa
,
che
ne
sarebbero
state
vendute
migliaia
e
migliaia
di
copie
,
e
che
sarebbe
stato
tradotto
in
tutti
i
paesi
del
mondo
.
Io
non
gli
credetti
.
Invece
tutto
questo
avvenne
.
Ho
riletto
,
in
tempi
recenti
,
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
E
un
grande
libro
.
Avevo
avuto
la
sensazione
,
leggendolo
la
prima
volta
,
che
lui
scrivendo
non
raccontasse
,
ma
invece
dipingesse
e
cantasse
.
Questa
sensazione
era
,
io
credo
,
giusta
,
ed
è
miracoloso
come
queste
pagine
tutte
cantate
e
dipinte
formino
una
realtà
storica
,
umana
e
civile
che
nessuno
aveva
mai
scoperto
.
Il
prodigio
di
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
è
di
aver
congiunto
insieme
l
'
arte
e
l
'
impegno
civile
,
l
'
ozio
fantastico
e
lo
studio
della
realtà
,
e
l
'
Italia
del
Nord
e
del
Sud
in
una
visione
armoniosa
,
dove
appare
remota
ogni
ombra
di
superiorità
o
alterigia
di
cultura
e
dove
hanno
eguale
spazio
l
'
immota
contemplazione
e
l
'
impeto
rivoluzionario
.
Regna
ovunque
nel
libro
una
luce
bianca
,
e
non
sappiamo
se
questa
bianca
luce
provenga
dalle
mura
delle
case
divorate
dal
sole
o
se
provenga
dalla
chiarezza
dell
'
intelligenza
che
le
ha
contemplate
.
La
verità
,
umanità
e
grandezza
di
Cristo
vanno
oltre
le
sensazioni
di
meraviglia
che
suscitò
quando
fu
stampato
,
meraviglia
che
nasceva
dal
fatto
che
nulla
di
simile
era
stato
scritto
mai
.
La
sua
verità
e
grandezza
sono
oggi
intatte
,
anche
se
quella
visione
armoniosa
è
oggi
lontana
dal
nostro
mondo
,
affaticato
e
rotto
da
infinite
delusioni
e
incapace
di
chiarezze
.
Carlo
Levi
fu
,
per
sua
natura
,
una
persona
in
cui
l
'
armonia
era
indistruttibile
e
indispensabile
,
come
è
indistruttibile
e
indispensabile
per
il
sole
la
propria
stessa
luce
.
Il
mondo
deve
essergli
apparso
,
negli
ultimi
anni
,
disarmonico
e
faticoso
,
ma
egli
lo
amava
ugualmente
e
certo
lo
perdonava
,
per
sua
generosità
e
bontà
e
umiltà
,
così
come
forse
perdonava
agli
amici
indifferenze
e
tradimenti
,
passando
oltre
non
rapido
ma
lentissimo
essendo
egli
incapace
di
atti
ruvidi
,
rapidi
e
brutali
.
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
...
»
Questi
suoi
versi
antichi
,
quante
volte
li
ho
canticchiati
dentro
di
me
.
Non
gliel
'
ho
mai
detto
.
Non
gli
ho
mai
detto
che
li
conoscevo
.
Lui
probabilmente
non
si
ricordava
di
averli
scritti
,
a
Torino
,
in
carcere
,
quarant
'
anni
fa
.
L
'
estate
scorsa
mi
telefonò
e
cenammo
insieme
in
una
trattoria
del
centro
.
Non
lo
vedevo
da
tempo
.
Non
lo
trovavo
invecchiato
,
se
non
per
i
capelli
ora
tutti
bianchi
,
leggeri
come
piume
,
e
per
una
magrezza
rosea
nel
viso
e
nel
collo
,
che
di
nuovo
mi
ricordò
mio
padre
.
Avevo
sempre
pensato
che
c
'
era
in
lui
una
vaga
rassomiglianza
con
i
miei
,
forse
perché
gli
ebrei
hanno
spesso
delle
rassomiglianze
,
e
sua
madre
aveva
avuto
i
capelli
rossi
e
c
'
erano
capelli
rossi
anche
nella
mia
famiglia
,
e
lentiggini
,
e
questo
mi
sembrava
stabilisse
fra
noi
e
lui
una
sorta
di
cuginanza
.
Non
eravamo
parenti
,
benché
io
abbia
,
di
nascita
,
il
suo
stesso
cognome
.
Fu
quella
l
'
ultima
volta
che
io
lo
vidi
.
Come
sempre
quando
m
'
incontrava
,
citò
il
mio
verso
«
Lavoratori
»
,
con
un
sorriso
solare
,
e
un
largo
gesto
di
benedizione
.
Lasciammo
la
trattoria
,
e
lo
vidi
ancora
una
volta
camminare
nella
notte
romana
,
come
tanti
anni
fa
,
al
tempo
di
Cristo
,
con
il
suo
passo
ozioso
,
randagio
e
leggero
.
Credo
che
allora
di
nuovo
,
come
nei
giorni
della
liberazione
a
Firenze
,
pensai
alla
sua
grande
umiltà
.
Nel
ricordarlo
,
è
molto
bello
ricordare
insieme
la
sua
umiltà
e
la
sua
sicurezza
trionfante
.
E
bello
ricordare
insieme
il
suo
immenso
ozio
e
il
suo
impegno
civile
,
la
sua
placida
felicità
e
la
sua
solidarietà
con
ogni
umana
sventura
,
le
contraddizioni
che
vivevano
in
armonia
nel
suo
temperamento
,
il
tempo
sconfinato
che
avevano
le
sue
giornate
,
il
suo
cappotto
sempre
sbottonato
,
il
sigaro
,
il
passo
leggero
.