StampaQuotidiana ,
Sarà
modesta
la
sorte
ecclesiale
dell
'
enciclica
Evangelium
vitae
.
I
teologi
o
ne
tacciono
o
la
giudicano
severamente
.
E
gli
umili
pastori
d
'
anime
sanno
bene
che
per
parlare
e
farsi
ascoltare
dalle
coscienze
inquiete
della
gente
dovranno
regolarsi
come
se
non
ci
fosse
.
Essere
papa
è
una
dura
prova
per
un
uomo
.
Isolato
,
senza
più
una
vera
comunicazione
,
esaltato
e
sovraccaricato
dall
'
esser
la
voce
di
Cristo
in
terra
,
dovrebbe
avere
grande
capacità
di
ascolto
e
grande
saggezza
di
parola
.
Erano
le
virtù
di
Giovanni
XXIII
.
Karol
Wojtyla
non
le
possiede
o
le
ha
perdute
,
e
più
le
sue
forze
declinano
più
smisurata
diventa
in
lui
l
'
idea
,
o
la
tentazione
,
di
avere
una
funzione
secolare
immensa
,
del
contare
nel
mondo
in
nome
di
un
potere
più
che
umano
.
È
fin
inquietante
a
vedersi
,
scavato
,
ammalato
,
in
piedi
con
fatica
,
mentre
legge
con
voce
tremante
un
foglietto
sorretto
da
mani
tremanti
per
ribadire
l
'
interpretazione
autentica
della
profluvie
di
encicliche
,
lettere
apostoliche
,
discorsi
vari
e
«
statements
»
con
i
quali
si
affanna
a
statuire
,
a
impedire
,
a
chiudere
porte
e
tirar
su
paletti
davanti
a
qualcosa
che
incalza
.
Stavolta
a
incalzare
sono
le
nuove
minacce
della
morte
alla
vita
-
quella
morte
che
«
entra
nel
mondo
a
causa
dell
'
invidia
del
diavolo
e
del
peccato
dei
progenitori
»
.
Di
quale
morte
parla
?
Non
inganniamoci
.
Non
è
l
'
angoscia
che
ci
ha
colti
con
Hiroshima
,
quando
per
la
prima
volta
abbiamo
pensato
che
il
pianeta
poteva
finire
.
Né
il
timore
per
l
'
Aids
,
moderna
pestilenza
,
né
per
l
'
impulso
distruttivo
che
sembra
infuriare
in
violenze
cieche
e
in
guerre
illeggibili
.
L
'
Evangelium
vitae
non
ha
al
centro
la
conservazione
della
specie
alla
soglia
del
terzo
millennio
né
le
guerre
né
le
calamità
naturali
:
il
Vaticano
sa
bene
che
mai
gli
uomini
sono
stati
in
così
grande
numero
,
che
in
meno
di
un
secolo
l
'
umanità
si
è
quadruplicata
e
si
è
raddoppiata
la
speranza
di
vita
.
Sa
anche
che
per
la
prima
volta
nella
storia
da
un
capo
all
'
altro
del
pianeta
ci
si
interroga
in
qualche
modo
sui
«
diritti
umani
»
ai
quali
fino
a
ieri
l
'
altro
nessuno
o
ben
pochi
facevano
caso
.
Sulle
calamità
naturali
non
ha
nulla
da
dire
,
e
quanto
alle
guerre
stavolta
appena
si
attarda
a
nominarle
,
essendo
state
rigettate
alla
periferia
di
quell
'
Occidente
che
di
questa
enciclica
è
il
vero
interlocutore
.
In
esso
infatti
egli
vede
covare
il
nemico
:
la
morte
per
così
dire
privata
,
quella
che
si
annida
nel
più
intimo
dei
rapporti
,
la
famiglia
,
nel
vicino
più
prossimo
da
persona
a
persona
.
Non
tanto
la
morte
di
un
solo
,
ma
la
morte
o
la
non
-
vita
o
la
,
vita
-
a
-
certe
-
condizioni
-
per
Wojtyla
sono
quasi
sinonimi
-
la
vita
insomma
non
come
fatalità
ma
come
scelta
.
Così
egli
non
spende
troppe
parole
sull
'
omicidio
,
antica
interdizione
,
e
neppure
sulla
pena
di
morte
;
e
non
solo
perché
la
Chiesa
non
ama
intrattenersi
troppo
sul
biblico
«
Nessuno
tocchi
Caino
»
o
è
avvezza
a
patteggiare
con
i
poteri
costituiti
.
Stavolta
non
patteggia
,
minaccia
.
Chiama
anzi
alla
disubbidienza
civile
,
cosa
rarissima
,
su
quel
che
più
di
ogni
cosa
le
preme
:
la
vita
degli
«
innocenti
»
.
Chi
sono
gli
«
innocenti
»
?
Coloro
che
non
sono
ancora
venuti
alla
luce
,
non
ancora
persone
,
ma
vita
nascente
,
vita
possibile
,
i
purissimi
non
nati
e
,
quasi
altrettanto
inermi
,
i
sofferenti
terminali
che
vorrebbero
morire
.
Creatura
nella
quale
la
volontà
non
c
'
è
ancora
o
non
è
più
in
senso
pieno
;
questo
è
il
«
debole
»
,
sul
quale
preme
la
minaccia
dei
più
vicini
,
i
genitori
,
la
madre
,
la
famiglia
.
Per
egoismo
o
per
pietà
costoro
non
lo
metteranno
alla
luce
o
ne
accelereranno
la
morte
.
Per
egoismo
o
per
pietà
decideranno
quando
e
come
far
nascere
.
Aiutati
da
inedite
possibilità
della
scienza
e
della
tecnologia
.
Questa
è
la
nuova
morte
,
il
vero
nemico
.
Il
come
della
riproduzione
non
è
problema
di
poca
grandezza
:
investe
al
fondo
la
questione
della
persona
e
della
libertà
.
Meritava
,
se
enciclica
doveva
essere
,
una
vera
riflessione
su
questioni
primarie
dell
'
etica
del
nostro
tempo
.
Non
l
'
ha
avuto
;
l
'
Evangelium
vitae
non
ritiene
che
ci
sia
dilemma
né
una
inedita
problematica
della
coscienza
;
tutto
è
sempre
lo
stesso
ed
è
chiaro
.
Si
tratta
di
ribadire
il
già
noto
nelle
due
occasioni
cruciali
,
che
datano
quest
'
ultima
enciclica
:
la
conferenza
delle
Nazioni
Unite
sulla
popolazione
appena
avvenuta
al
Cairo
e
quella
sulla
donna
che
avrà
luogo
dalla
fine
di
agosto
ai
primi
di
settembre
a
Pechino
.
Sulla
popolazione
,
il
Vaticano
aveva
incaricato
una
sua
commissione
di
stendergli
un
rapporto
,
e
si
è
trovato
di
fronte
la
proposta
di
dichiarare
lecita
la
contraccezione
.
È
stato
un
colpo
.
Wojtyla
,
Ratzinger
e
la
curia
di
Roma
hanno
abbattuto
la
commissione
pontificia
e
al
Cairo
i
loro
incaricati
si
sono
battuti
fino
all
'
ultimo
non
solo
contro
l
'
aborto
ma
contro
il
controllo
delle
nascite
,
e
hanno
incontrato
due
scacchi
.
Primo
,
la
defezione
dell
'
Islam
che
ha
lasciato
libera
la
contraccezione
.
Secondo
,
e
più
preoccupante
,
l
'
alleanza
delle
donne
-
si
può
dire
di
tutte
le
donne
,
del
Nord
del
Sud
dell
'
Est
e
dell
'
Ovest
-
per
il
diritto
al
controllo
delle
nascite
.
Era
la
prima
volta
che
paesi
del
Sud
del
mondo
non
si
limitavano
a
dire
a
quelli
del
Nord
«
non
immischiatevi
nelle
nostre
faccende
,
cresciamo
quanto
ci
pare
»
.
Le
donne
hanno
detto
basta
,
la
vita
passa
attraverso
il
nostro
corpo
e
hanno
preso
il
problema
dalle
mani
degli
uni
e
degli
altri
,
ne
hanno
fatto
una
questione
del
loro
essere
,
della
loro
persona
e
libertà
,
e
non
solo
per
la
gestazione
ma
per
il
nutrimento
,
la
crescita
,
l
'
orizzonte
di
chi
viene
al
mondo
.
Hanno
identificato
il
proprio
problema
in
una
idea
forte
di
sviluppo
.
Fra
qualche
mese
esse
torneranno
a
Pechino
.
Non
è
una
lettura
maliziosa
vedere
nell
'
Evangelium
vitae
un
sussulto
di
timore
della
più
autorevole
comunità
monosessuale
,
comprensibilmente
e
miseramente
sessuofoba
,
la
Chiesa
di
Roma
,
davanti
all
'
insorgere
inaspettato
di
un
soggetto
mondiale
femminile
.
La
donna
,
antico
tramite
del
diavolo
e
oggi
tramite
della
«
nuova
»
morte
.
Wojtyla
non
è
neppure
in
grado
di
parlarne
,
se
non
come
matrice
,
grembo
,
luogo
di
maturazione
dell
'
embrione
,
contenitore
di
una
vita
che
in
lei
viene
transitoriamente
immessa
.
Si
commuove
evocando
le
sole
parole
che
gli
vengono
nella
penna
,
quella
della
madre
dei
Maccabei
davanti
ai
figli
spenti
:
«
Non
so
come
siate
apparsi
nel
mio
seno
,
non
io
vi
ho
dato
lo
spirito
e
la
vita
,
non
io
ho
dato
forma
alle
membra
di
ognuno
di
voi
.
Ma
il
creatore
del
mondo
,
che
ha
plasmato
l
'
origine
e
l
'
uomo
e
ha
provveduto
alla
generazione
di
tutti
»
.
Come
potrebbe
lo
sgorgare
della
vita
-
postilla
Giovanni
Paolo
II
-
essere
lasciato
in
balia
della
specie
umana
?
La
vita
le
è
data
da
Dio
attraverso
il
corpo
della
donna
.
È
l
'
antica
tradizione
occidentale
,
sublimata
dal
principio
del
maschile
-
divino
.
Ogni
intervento
,
ogni
assunzione
di
libertà
su
questo
punto
è
violazione
della
legge
santa
di
Dio
e
il
seme
di
avventure
totalitarie
.
Si
comincia
col
decidere
se
avere
un
figlio
o
no
,
poi
se
portare
avanti
la
gravidanza
o
no
,
e
a
quale
età
,
e
se
nell
'
utero
proprio
o
altrui
,
sole
o
con
un
uomo
;
domani
se
ne
sceglieranno
il
sesso
,
le
fattezze
,
lo
si
clonerà
,
o
gli
si
imporrà
un
Dna
con
vita
a
termine
.
Nella
donna
che
vuol
decidere
di
una
maternità
c
'
è
in
nuce
un
Mengele
.
Qui
sta
la
chiave
e
la
povertà
dell
'
enciclica
.
Il
problema
della
riproduzione
umana
è
arrivato
a
più
di
una
svolta
.
Una
di
esse
è
il
problema
della
libertà
e
del
corpo
femminile
;
complesso
,
non
semplice
.
Un
altro
è
quello
delle
possibilità
di
intervento
indotte
dalla
scienza
,
che
sono
molte
e
inducono
il
dilemma
del
fin
dove
e
del
come
.
Ma
l
'
Evangelium
vitae
annulla
ogni
problema
di
scelta
,
azzera
ogni
dilemmatica
morale
:
non
c
'
è
di
che
discutere
né
interrogarsi
né
decidere
.
Da
una
parte
ci
sono
Dio
e
la
Natura
,
quasi
sinonimi
,
e
dall
'
altra
il
demonio
.
Dio
ha
parlato
una
volta
per
tutte
attraverso
la
Chiesa
,
che
è
sovrumana
custode
della
sua
parola
quindi
delle
leggi
dell
'
universo
.
Non
resta
che
seguirla
,
il
resto
è
crimine
e
sacrilegio
.
La
semplificazione
culturale
è
immensa
e
desolante
;
è
davvero
un
toccare
il
fondo
del
cattolicesimo
,
il
quale
da
tempo
,
del
resto
,
lasciava
al
luteranesimo
la
tragedia
della
persona
,
l
'
etico
,
lo
stesso
interrogarsi
sul
senso
della
vita
nel
disegno
di
Dio
,
che
poi
è
il
fondamento
della
libertà
per
un
credente
.
Domani
saranno
cinquant
'
anni
precisi
da
che
a
Flossenburg
veniva
impiccato
Dietrich
Bonhoeffer
,
che
sembra
più
lontano
da
Karol
Wojtyla
del
Gran
Muftì
di
Gerusalemme
.
Egli
aveva
osato
parlare
di
un
mondo
adulto
,
che
non
ha
più
bisogno
di
un
signore
o
giudice
o
consolatore
,
«
un
mondo
senza
Dio
in
presenza
di
Dio
»
,
non
parentesi
,
non
breve
transito
,
ma
luogo
decisivo
dove
si
giocano
il
senso
e
la
salvezza
.
L
'
Evangelium
vitae
torna
a
disegnarci
un
mondo
dove
velocemente
si
passa
,
segmento
insignificante
,
specie
di
prova
d
'
esame
in
vista
della
vita
vera
,
che
verrà
«
dopo
»
.
È
l
'
antica
tesi
autoritaria
,
assieme
pedagogica
e
consolatoria
,
che
ha
permesso
alla
Chiesa
tutte
le
repressioni
e
tutti
i
compromessi
;
oggi
la
rende
muta
davanti
a
ogni
domanda
sulla
concretezza
della
libertà
.
E
paradossalmente
perfino
sull
'
obbedienza
.
Wojtyla
non
sa
più
parlare
neppure
nel
severo
ambito
dell
'
epistola
di
san
Paolo
ai
Romani
-
fra
lo
sconvolgente
commento
di
Karl
Barth
,
traversato
da
tutta
la
modernità
,
e
i
testi
di
Giovanni
Paolo
II
c
'
è
un
abisso
.
Non
è
un
bene
neanche
per
chi
non
è
cattolico
.
Dal
tema
della
vita
come
scelta
propria
e
altrui
la
Chiesa
si
ritira
,
si
dimette
,
lasciando
scoperti
i
credenti
.
Non
a
caso
le
rispondono
zelantemente
soltanto
i
politici
,
i
medici
e
i
farmacisti
.