StampaPeriodica ,
In
un
'
edizione
per
ogni
verso
superba
e
,
come
tutti
sanno
,
con
successo
grandissimo
,
la
Scala
ha
presentato
al
Teatro
Lirico
1'«azione
scenica
»
di
Luigi
Nono
Al
gran
sole
carico
d
'
amore
:
messa
in
scena
,
sotto
la
bacchetta
di
Claudio
Abbado
,
da
un
'
équipe
sovietica
(
Jurij
Ljubimov
primo
regista
e
David
Borovskij
primo
scenografo
del
Teatro
alla
Taganka
di
Mosca
,
Leonid
Jakobson
coreografo
del
Kirov
di
Leningrado
)
,
solisti
di
canto
Slavska
Taskova
Paoletti
,
Kristina
Goranceva
,
Franca
Fabbri
,
Luisella
Ciaffi
Ricagno
,
Eleonora
Jankovic
,
Mario
Basiola
,
Federico
Davià
,
Gianni
Socci
,
prima
ballerina
Rosalia
Kovacs
,
maestri
del
coro
Romano
Gandolfi
e
Vittorio
Rosetta
.
Forse
a
intendere
che
cosa
questo
Nono
-
Ljubimov
sia
sarà
bene
chiarire
subito
che
cosa
non
è
:
non
è
quel
messaggio
«
politico
»
,
anzi
marxista
,
che
s
'
è
preteso
.
Marxismo
salvo
errore
è
critica
,
analisi
dialettica
,
indagine
su
perché
e
percome
;
e
la
politica
in
genere
,
qualcosa
di
simile
.
Ma
da
questo
ci
estromette
,
qui
,
già
la
struttura
del
testo
.
La
quale
,
nonostante
il
sottotitolo
,
non
un
'
«
azione
»
ci
offre
ma
un
collage
d
'
interiezioni
:
un
seguito
di
detti
,
versi
,
battute
(
di
Che
Guevara
,
Brecht
,
Gramsci
,
Marx
,
Lenin
,
Tania
Bunke
eccetera
)
,
a
evocare
immagini
della
Comune
,
di
Cuba
,
Viet
Nam
,
Torino
postbellica
,
Russia
1905
(
accuratamente
esclusa
restandone
beninteso
,
«
nel
quadro
»
d
'
un
asse
Giudecca
-
Mosca
,
la
Cina
)
.
Ma
immagini
,
appunto
,
fotogrammi
:
con
oppressori
soltanto
oppressori
di
qua
,
e
oppressi
soltanto
oppressi
di
là
.
Nono
,
è
vero
,
ha
dichiarato
di
proscrivere
la
«
contrapposizione
di
personaggi
positivi
e
negativi
»
quale
«
elemento
di
schematizzazione
estremamente
superficiale
»
;
ma
in
pratica
tale
contrapposizione
si
riscontra
anche
in
questa
sua
ultima
fatica
,
che
pure
estremamente
superficiale
non
è
.
Nell
'
interesse
dunque
della
medesima
ci
permettiamo
di
correggerlo
:
non
è
necessariamente
superficiale
,
soltanto
non
è
marxista
;
piuttosto
,
riuscirà
moralistica
,
forse
sentimentale
.
Il
marxismo
non
sta
nel
ridurre
il
«
borghese
»
a
un
protervo
delinquente
bensì
nel
rivelare
la
parte
,
complicata
alquanto
,
che
la
«
borghesia
»
nel
processo
della
storia
sostiene
.
Il
che
non
vuol
dire
che
alla
scena
in
cui
la
tuba
di
Thiers
,
razzisticamente
vilipeso
come
un
disgustoso
nanerottolo
,
è
presa
a
calci
da
un
Bismarck
cavalcante
una
specie
di
tubo
Innocenti
,
ovvero
al
sarcastico
e
coreograficamente
geniale
ballet
noir
che
la
segue
,
l
'
inventore
del
marxismo
non
si
sarebbe
divertito
.
Perfino
superflue
vengono
poi
rese
queste
considerazioni
dalla
realizzazione
musicale
,
dove
novantanove
parole
su
cento
non
raggiungono
lo
spettatore
e
innumerevoli
«
voci
»
,
estrapolate
come
sono
da
personaggi
visibili
,
risultano
materialmente
irrelate
ad
alcunché
.
Come
potrebbe
Gramsci
farcisi
presente
se
non
solo
la
sua
unica
battuta
non
arriva
al
nostro
orecchio
,
ma
il
suo
fisico
personaggio
non
è
in
scena
?
Pensare
che
tra
i
capi
d
'
accusa
di
quegli
assessori
milanesi
che
volevano
interdire
il
lavoro
come
propaganda
di
partito
era
la
presenza
di
Bandiera
rossa
;
della
quale
neppure
l
'
orecchio
supersonico
di
Abbado
potrebbe
estrarre
,
dal
groviglio
della
partitura
,
le
parole
né
le
note
.
Accertare
,
all
'
inizio
,
che
siamo
ai
giorni
della
Comune
è
già
difficile
;
ma
chi
poi
,
nella
donna
che
dopo
le
prime
incomprensibili
battute
del
coro
ne
intona
un
'
altra
incomprensibile
non
meno
,
ravviserebbe
mai
quel
collegamento
tra
la
Comune
e
la
guerrigliera
caduta
in
Bolivia
un
secolo
dopo
che
l
'
autore
asserisce
di
proporci
?
Che
ora
siffatti
ermetismi
,
questo
celare
le
chiavi
d
'
un
significato
in
allusioni
e
antefatti
affidati
al
programma
di
sala
,
delle
liturgie
del
negativo
praticate
dall
'
avanguardia
d
'
oggi
siano
un
elemento
indispensabile
,
è
ben
noto
;
sta
nelle
regole
del
loro
gioco
.
Ma
con
i
fini
di
quest
'
avanguardia
la
ferma
tendenza
di
Nono
al
positivo
e
all
'
immediatezza
agitatoria
ha
ben
poco
a
che
fare
.
Diversamente
da
coloro
,
Nono
è
ciò
che
appare
:
stavolta
dunque
,
è
il
combinato
disposto
tra
ciò
che
la
musica
e
lo
spettacolo
sensibilmente
ci
esibiscono
;
ritraendosi
le
Tanie
,
i
Viet
Nam
,
gli
assalti
al
Moncada
,
in
una
nebbia
di
ipotetiche
allusioni
.
Laddove
l
'
assunto
generale
non
è
nebuloso
affatto
,
consistendo
in
una
serie
di
variazioni
su
un
tema
ben
elementare
:
la
povertà
insorge
contro
il
potere
,
ne
è
brutalmente
repressa
,
piange
la
sconfitta
,
torna
ad
insorgere
,
è
di
nuovo
conculcata
e
così
via
.
Allo
spettacolo
sono
affidate
le
variazioni
;
che
la
fantasia
e
la
scenotecnica
di
Ljubimov
centrano
come
più
icasticamente
non
si
potrebbe
.
Alla
musica
invece
il
tema
,
l
'
invariante
,
l
'
«
ostinato
»
;
ch
'
essa
fornisce
,
al
suo
modo
naif
,
benissimo
.
Conta
infatti
,
questa
musica
,
su
pochissime
corde
,
ognuna
tesa
a
una
sua
funzione
,
e
immutabile
da
cima
a
fondo
.
Così
la
«
repressione
»
è
nell
'
orchestra
,
che
a
parte
moderate
truculenze
della
percussione
si
fonda
ossessivamente
sui
clusters
(
cioè
«
grappoli
»
di
note
cromaticamente
adiacenti
)
assegnati
,
di
volta
in
volta
,
a
timbri
omogenei
;
mentre
gli
sfrigolii
dei
nastri
elettronici
(
realizzati
con
la
collaborazione
di
Marino
Zuccheri
)
suggeriscono
ovviamente
inquietudine
,
sventura
.
Alle
voci
è
affidato
invece
il
pianto
degli
oppressi
:
nello
sfondo
alle
lacrimanti
,
in
distinte
polifonie
da
ex
voto
dei
cori
,
in
primo
piano
alle
canore
volute
delle
soliste
,
sfogate
su
grandi
sbalzi
di
registro
fino
alla
stratosfera
dei
sovracuti
.
E
in
queste
appunto
è
l
'
acme
espressiva
del
tutto
:
perché
nell
'
idea
della
donna
come
verifica
«
naturale
»
dell
'
umano
,
dunque
nella
voce
femminile
,
è
l
'
ispirazione
prima
del
lavoro
;
e
perché
quei
loro
arabeschi
non
sono
melodie
compiute
ma
indeterminati
aneliti
verso
la
melodia
,
struggente
gemito
di
prefiche
che
va
lamentando
la
sua
stessa
impossibilità
di
costituirsi
in
discorso
.
Giacché
ancora
una
volta
la
differenza
fra
Nono
e
l
'
avanguardia
«
negativa
»
è
qui
;
ciò
che
in
coloro
è
strangolamento
del
canto
,
in
lui
è
ingenua
tensione
a
raggiungerlo
.
Ma
stavolta
,
collocata
come
pedale
a
quella
lanterna
magica
,
questa
tensione
significa
,
nei
suoi
limiti
,
più
che
mai
.
A
meraviglia
l
'
organica
afasia
di
Nono
,
questa
«
infanzia
»
in
cerca
della
parola
,
riflette
il
disarmante
candore
con
cui
vittime
sprovvedute
aspirano
ad
un
riscatto
del
quale
non
riescono
a
configurarsi
i
termini
.
E
quanto
ai
clusters
.
Si
pensi
all
'
abuso
che
ne
fa
un
Penderecki
.
Ma
quale
differenza
.
Senza
dubbio
la
maestria
di
Penderecki
sta
a
quella
di
Nono
come
dieci
a
uno
.
Ma
dei
suoi
arnesi
Penderecki
usa
al
modo
dell
'
industriale
che
cinicamente
sceglie
di
produrre
mitra
o
medicinali
in
base
a
pure
considerazioni
di
mercato
.
Invece
Nono
usa
i
suoi
solo
in
quanto
mezzi
adatti
ad
esprimere
quel
punto
esclamativo
che
è
l
'
alfa
e
l
'
omega
della
sua
Weltanschauung
;
dunque
perché
,
semplicemente
,
ci
crede
.
Ora
appunto
questo
crederci
,
questo
aver
qui
creduto
,
Nono
,
in
quel
che
faceva
,
si
comunica
allo
spettatore
,
lo
riscalda
e
convince
.
L
'
amore
di
cui
questo
suo
sole
è
carico
non
sarà
così
sublime
come
ci
vanno
raccontando
,
ma
è
autentico
,
una
verità
.
Mentre
i
vari
diavoli
di
Loudon
e
passioni
secondo
san
Luca
son
carichi
soltanto
di
ben
costrutte
menzogne
.