StampaQuotidiana ,
Invano
i
comunisti
italiani
negano
che
si
tratti
di
un
altro
momento
della
«
crisi
del
sistema
»
.
La
tragedia
polacca
,
ai
loro
occhi
,
si
identifica
con
una
«
strada
sbagliata
»
,
con
una
serie
di
errori
di
direzione
politica
.
È
la
stessa
tesi
che
fu
adottata
per
i
delitti
di
Stalin
,
dopo
il
rapporto
Kruscev
;
è
la
stessa
tesi
che
fu
assunta
per
l
'
Ungheria
.
Ma
come
continuare
a
sostenerla
?
Il
sistema
comunista
,
cioè
collettivista
,
appare
in
crisi
quasi
in
eguale
misura
nelle
società
industriali
avanzate
,
come
la
Cecoslovacchia
,
e
nelle
società
prevalentemente
rurali
e
di
limitata
o
parziale
evoluzione
capitalistica
,
come
la
Polonia
.
Una
volta
sono
gli
operai
di
Praga
a
sollevarsi
contro
il
comunismo
,
sia
pure
in
nome
di
un
ideale
di
revisionismo
neo
-
marxista
duramente
represso
e
soffocato
dai
carri
armati
sovietici
;
un
'
altra
volta
sono
le
massaie
di
Danzica
o
di
Gdynia
a
rinnovare
le
antiche
jacqueries
plebee
con
la
devastazione
dei
magazzini
,
il
saccheggio
dei
negozi
,
l
'
incendio
delle
sedi
del
partito
,
identificato
nel
simbolo
di
un
potere
predatore
e
sopraffattore
.
Scene
che
ricordano
l
'
ancien
régime
.
La
Polonia
è
il
solo
paese
dell
'
Est
europeo
che
aveva
tentato
una
sua
strada
nazionale
al
comunismo
:
il
contemperamento
della
proprietà
pubblica
dei
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
con
la
salvaguardia
della
piccola
e
media
proprietà
contadina
,
radicata
in
un
tessuto
di
tradizioni
tanto
profondo
da
apparire
inestirpabile
perfino
nel
periodo
del
più
cupo
e
ottuso
stalinismo
,
lo
stalinismo
di
cui
fu
vittima
,
a
suo
tempo
eroica
,
Gomulka
.
Ma
si
tratta
di
un
esperimento
che
è
naufragato
,
non
meno
del
comunismo
integrale
incondizionato
adottato
a
Budapest
od
a
Praga
.
Lo
spazio
riservato
all
'
impresa
agricola
,
in
uno
Stato
fondato
su
una
prevalente
struttura
centralizzata
,
è
apparso
troppo
ristretto
per
alimentare
le
capacità
dell
'
iniziativa
e
dell
'
inventiva
individuale
;
lo
spazio
occupato
dall
'
impresa
pubblica
nell
'
industria
troppo
vasto
e
soffocante
per
consentire
un
equilibrio
effettivo
di
forze
.
E
le
leggi
del
mercato
hanno
preso
la
loro
rivincita
,
una
volta
di
più
,
su
tutte
le
coercizioni
,
parziali
o
totali
.
È
la
stessa
tragedia
che
si
è
riflessa
in
altri
aspetti
della
vita
polacca
.
In
quella
religiosa
,
per
esempio
.
È
certo
che
la
Polonia
rappresenta
la
sola
nazione
dell
'
Est
europeo
,
che
sia
riuscita
a
difendere
l
'
indipendenza
e
l
'
integrità
della
fede
cattolica
nella
grande
maggioranza
del
popolo
anche
durante
l
'
epoca
nera
dell
'
oppressione
e
del
terrore
staliniani
.
Il
cardinale
Wyszinsky
è
una
figura
legata
al
mondo
,
adesso
tanto
lontano
da
sembrare
quasi
irreale
,
di
Pio
XII
.
Abbozzi
e
sforzi
per
un
concordato
fra
Santa
Sede
e
regime
comunista
non
furono
mai
intermessi
,
neppure
nell
'
età
delle
grandi
purghe
.
Senonché
ilprezzo
pagato
per
evitare
la
prevalenza
dell
'
ateismo
appare
grandissimo
;
i
compromessi
volti
a
salvare
il
salvabile
infiniti
ed
estenuanti
:
le
deviazioni
di
parte
del
clero
a
favore
di
un
'
intesa
diretta
col
regime
-
si
ricordi
il
movimento
pro
sovietico
«
pax
»
-
insidiose
e
ritornanti
;
la
salvaguardia
dell
'
equilibrio
fra
i
due
poteri
malsicura
e
precaria
.
Quando
il
presidente
polacco
Ochab
,
un
fedelissimo
di
Gomulka
,
venne
in
Italia
,
or
sono
tre
anni
e
mezzo
,
finì
per
non
rendere
visita
al
Papa
:
lui
,
il
rappresentante
di
uno
degli
Stati
più
tenacemente
e
direi
misticamente
cattolici
d
'
Europa
.
A
differenza
,
magari
,
del
genero
di
Kruscev
o
di
Gromiko
!
Tanti
erano
i
motivi
di
contrasto
e
di
contrapposizione
:
tutt
'
altro
che
«
conciliari
»
,
allora
.
Certo
,
il
dramma
della
Polonia
impone
un
senso
profondo
di
rispetto
non
disgiunto
da
un
'
accorata
vena
di
malinconia
.
La
stessa
repressione
ordinata
dalle
autorità
di
Varsavia
nelle
zone
baltiche
del
Paese
,
zone
in
gran
parte
ex
tedesche
,
appare
particolarmente
severa
,
e
in
molti
casi
spietata
,
proprio
in
vista
di
togliere
alla
Russia
il
pretesto
ad
un
qualunque
intervento
militare
.
Stretta
fra
Germania
e
Russia
da
secoli
,
la
Polonia
non
ha
dimenticato
il
turpe
mercato
del
'39
fra
Hitler
e
Stalin
,
mercato
che
portò
alla
sua
scomparsa
come
nazione
,
all
'
amputazione
di
larga
parte
delle
sue
province
orientali
in
favore
dell
'
Unione
Sovietica
,
ai
successivi
compensi
post
-
bellici
con
Pomerania
e
Alta
Slesia
,
quasi
nell
'
intento
di
creare
un
fossato
incolmabile
fra
tedeschi
e
polacchi
.
I
riflessi
della
Ostpolitik
di
Brandt
,
cioè
dell
'
avvicinamento
fra
Bonn
e
Mosca
,
non
sono
estranei
alla
nuova
fase
di
turbamenti
e
di
sconvolgimenti
della
Polonia
.
Da
un
lato
c
'
è
il
modello
economico
della
Germania
occidentale
che
esercita
un
indubbio
fascino
sulle
regioni
non
lontane
della
Polonia
,
degradate
ad
un
livello
di
vita
infinitamente
più
basso
(
altro
che
la
polemica
contro
la
civiltà
dei
consumi
!
)
.
Dall
'
altro
c
'
è
l
'
attenuazione
del
terrore
,
tradizionale
e
tutt
'
altro
che
ingiustificato
,
verso
il
nemico
germanico
e
la
ripresa
di
un
sentimento
nazionale
anti
-
russo
,
che
è
comune
a
quasi
tutto
il
Paese
,
non
escluso
il
grosso
del
partito
comunista
.
Si
è
detto
che
,
se
la
Russia
ripetesse
in
Polonia
anche
la
metà
dell
'
operazione
cecoslovacca
,
assisteremmo
ad
una
autentica
carneficina
:
le
forze
armate
polacche
ripeterebbero
contro
l
'
invasore
dell
'
Est
quello
che
fecero
,
con
incomparabile
eroismo
,
nei
diciassette
giorni
della
resistenza
agli
invasori
dell
'
Ovest
,
nel
settembre
del
'39
.
Per
tali
motivi
di
fondo
,
Gomulka
,
che
pur
tornò
al
potere
sull
'
onda
dei
fatti
di
Poznan
del
'56
,
evitò
di
trarre
poi
tutte
le
conseguenze
dalla
liberalizzazione
del
comunismo
,
che
invano
fu
attesa
in
Europa
;
per
tali
ragioni
di
fondo
,
la
successiva
evoluzione
del
regime
revisionista
polacco
coincise
piuttosto
con
una
involuzione
,
non
priva
di
ombre
inquietanti
,
come
la
formazione
di
un
'
ala
nazionalstalinista
,
con
un
fondo
antisemita
,
quella
di
Moczar
.
Oggi
tutti
i
nodi
tornano
al
pettine
:
riesplodono
le
contraddizioni
,
che
Gomulka
si
era
illuso
di
conciliare
sull
'
onda
di
un
prestigio
personale
tanto
alto
quanto
meritato
.
Il
divario
fra
Stato
comunista
e
società
civile
si
approfondisce
:
al
livello
della
gioventù
universitaria
non
meno
che
delle
maestranze
operaie
,
non
meno
che
delle
grandi
masse
contadine
.
La
struttura
del
comunismo
centralizzatore
appare
sempre
più
imposta
,
ed
imposta
dall
'
alto
,
ad
un
paese
pluralista
,
fedele
ad
una
visione
occidentale
della
vita
,
nutrito
da
un
'
esperienza
cattolica
che
è
esperienza
di
costume
e
di
civiltà
.
Le
eresie
,
invano
respinte
o
represse
,
ritornano
attraverso
forme
imprevedibili
,
che
squarciano
e
lacerano
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
.
E
l
'
ombra
della
dottrina
Breznev
sulla
sovranità
limitata
torna
a
gravare
sulla
nazione
che
pur
si
rifiutò
di
alzare
anche
una
sola
statua
a
Stalin
,
nel
periodo
del
suo
splendore
.
A
differenza
della
Cecoslovacchia
,
che
elevò
la
statua
più
alta
.
Nessuna
speculazione
,
quindi
,
ma
una
lezione
chiarissima
.
È
il
sistema
del
comunismo
che
appare
dovunque
in
crisi
,
in
una
crisi
profonda
cui
non
si
ripara
con
le
furbizie
o
le
ambiguità
delle
«
vie
nazionali
»
,
comode
ed
evasive
nei
paesi
a
democrazia
garantita
e
sicura
,
come
l
'
Italia
o
la
Francia
.
Motivo
di
meditazione
per
tutti
i
fautori
della
«
nuova
maggioranza
»
.
Purtroppo
,
in
Italia
,
c
'
è
una
crisi
che
appare
più
grande
e
profonda
di
quella
dei
comunisti
:
ed
è
la
crisi
dei
democratici
,
di
troppi
democratici
.
Una
crisi
,
anzi
-
diciamolo
pure
-
una
mancanza
di
fede
in
se
stessi
.
E
nella
libertà
.