StampaQuotidiana ,
Che
il
voto
di
scambio
aumenti
a
danno
del
voto
di
opinione
,
come
ho
scritto
precedentemente
,
è
,
anche
questa
,
una
vecchia
storia
.
In
un
discorso
pronunciato
alla
Camera
dei
deputati
il
27
gennaio
1848
,
Tocqueville
,
lamentando
la
degenerazione
dei
costumi
pubblici
,
per
cui
«
alle
opinioni
,
ai
sentimenti
,
alle
idee
comuni
si
sostituiscono
sempre
più
interessi
particolari
»
,
diceva
,
rivolto
ai
colleghi
del
Parlamento
:
«
Mi
permetterei
di
domandarvi
se
,
per
quanto
ne
sapete
,
in
questi
ultimi
cinque
,
o
dieci
,
o
quindici
anni
,
non
sia
cresciuto
incessantemente
il
numero
di
coloro
che
vi
votano
per
interessi
personali
o
particolari
;
e
se
il
numero
di
chi
vi
vota
sulla
base
di
un
'
opinione
politica
non
decresca
incessantemente
»
.
Considerava
questa
tendenza
espressione
di
«
morale
bassa
e
volgare
»
seguendo
la
quale
chi
gode
dei
diritti
politici
«
ritiene
di
essere
in
dovere
verso
se
stesso
,
i
propri
figli
,
la
propria
moglie
,
i
propri
genitori
,
di
farne
un
uso
personale
nel
proprio
interesse
»
.
Se
la
storia
è
così
vecchia
bisogna
concluderne
che
la
democrazia
ideale
e
la
democrazia
«
realizzata
»
(
per
servirci
della
stessa
espressione
con
cui
si
rappresenta
la
degenerazione
del
sistema
sovietico
rispetto
all
'
ideale
ottocentesco
del
socialismo
)
non
sono
la
stessa
cosa
.
Idealmente
la
democrazia
è
la
forma
di
governo
in
cui
esistono
alcuni
istituti
,
in
special
modo
il
diritto
di
voto
distribuito
a
tutti
,
destinati
a
consentire
ai
governati
di
controllare
i
governanti
.
In
realtà
le
cose
sono
un
po
'
più
complicate
.
E
'
vero
che
il
potere
dei
governanti
dipende
in
larga
misura
dal
numero
dei
voti
,
ma
è
anche
vero
che
il
numero
dei
voti
dipende
dalla
maggiore
o
minor
capacità
dei
governanti
di
trovare
i
mezzi
per
soddisfare
le
richieste
degli
elettori
.
Tra
elettore
ed
eletto
si
viene
così
a
stabilire
un
rapporto
di
dipendenza
reciproca
.
L
'
eletto
dipende
dall
'
elettore
riguardo
alla
sua
legittimazione
a
governare
;
l
'
elettore
dipende
dall
'
eletto
se
vuole
ottenere
certi
benefici
di
cui
il
presunto
dispensatore
è
chi
dispone
di
pubbliche
risorse
.
In
questo
modo
colui
che
dovrebbe
essere
il
controllore
diventa
a
sua
volta
il
controllato
.
Si
ponga
mente
alla
espressione
comune
del
linguaggio
politico
:
«
Quanti
voti
controlla
quel
tale
deputato
,
quel
tale
consigliere
comunale
,
quel
tale
leader
politico
nel
proprio
partito
?
»
Tocqueville
credeva
che
l
'
unico
rimedio
fosse
nell
'
elevazione
della
pubblica
moralità
.
Era
convinto
che
al
buongoverno
contribuissero
più
i
costumi
che
le
istituzioni
,
più
gli
uomini
che
le
leggi
.
Diceva
:
«
Questa
malattia
da
cui
bisogna
guarire
ad
ogni
costo
e
che
,
credetemi
,
ci
colpirà
tutti
,
tutti
capite
,
se
non
faremo
attenzione
,
è
nello
stato
in
cui
si
trovano
lo
spirito
pubblico
e
i
pubblici
costumi
»
.
Non
diversamente
,
un
altro
grande
scrittore
politico
dell
'
Ottocento
,
John
Stuart
Mill
,
riconosceva
che
il
buongoverno
dipende
dalle
buone
leggi
,
ma
aggiungeva
che
le
buone
leggi
abbisognano
di
buoni
uomini
per
essere
applicate
:
«
A
che
servono
le
buone
regole
di
procedura
-
si
domandava
-
se
le
condizioni
morali
del
popolo
sono
tali
che
i
testimoni
generalmente
mentono
e
i
giudici
si
lasciano
corrompere
?
»
Distinguendo
i
cittadini
in
attivi
e
passivi
,
sosteneva
che
i
governi
dispotici
si
reggono
sui
secondi
,
i
governi
democratici
hanno
bisogno
dei
primi
.
Di
fronte
alla
pubblica
corruzione
,
precisava
,
i
passivi
dicono
:
«
Bisogna
aver
pazienza
»
,
gli
attivi
:
«
Che
vergogna
!
»
Senza
aver
mai
letto
né
Tocqueville
né
Mill
molti
italiani
di
oggi
la
pensano
nello
stesso
modo
.
Ma
le
prediche
morali
purtroppo
non
servono
.
Si
tratta
di
sapere
se
ci
sono
rimedi
istituzionali
o
politici
.
Scartata
come
inefficace
la
norma
costituzionale
che
vieta
il
mandato
imperativo
ovvero
impone
al
rappresentante
una
volta
eletto
di
non
tener
conto
degli
interessi
particolari
dei
suoi
elettori
(
non
vi
sono
soltanto
prediche
inutili
ma
anche
leggi
inutili
)
,
di
rimedi
istituzionali
non
ne
vedo
che
uno
:
la
durata
prestabilita
e
non
troppo
breve
della
legislatura
.
Prestabilita
,
perché
non
deve
essere
alla
mercè
della
maggioranza
,
e
non
troppo
breve
perché
deve
consentire
alla
maggioranza
di
svolgere
il
programma
senza
essere
incalzata
dall
'
assillo
dell
'
approvazione
immediata
da
parte
del
corpo
elettorale
.
Non
è
difficile
capire
che
il
mandato
imperativo
e
una
legislatura
la
cui
durata
pluriennale
è
stabilita
dalla
costituzione
sono
incompatibili
.
Là
dove
una
costituzione
fissa
in
anticipo
la
scadenza
della
legislatura
dopo
un
certo
numero
di
anni
,
è
segno
che
il
mandato
del
rappresentante
non
può
essere
vincolato
agli
interessi
particolari
e
contingenti
dei
suoi
elettori
.
Si
dirà
che
una
costituzione
come
la
nostra
che
prevede
il
divieto
di
mandato
imperativo
prevede
pure
la
possibilità
dello
scioglimento
anticipato
del
Parlamento
.
Sì
,
ma
è
una
misura
eccezionale
.
Una
delle
maggiori
aberrazioni
del
nostro
sistema
politico
nel
suo
reale
funzionamento
sta
nel
fatto
che
la
fine
immatura
delle
legislature
è
diventata
una
prassi
tanto
che
ci
stiamo
abituando
a
considerare
eccezionali
quelle
che
muoiono
di
morte
naturale
.
Ma
l
'
assuefazione
all
'
idea
che
la
legislatura
possa
essere
troncata
anzi
tempo
secondo
il
beneplacito
delle
forze
politiche
dominanti
è
deleteria
,
perché
impedisce
ai
rappresentanti
del
popolo
di
distogliere
i
loro
sguardi
dagli
interessi
immediati
del
partito
e
indirettamente
degli
elettori
.
I
programmi
a
lunga
scadenza
possono
venir
presentati
soltanto
all
'
inizio
:
invece
la
prassi
delle
legislature
bruciate
ha
fatto
sì
che
sull
'
inizio
incomba
già
la
fine
,
sicché
la
campagna
elettorale
appena
finita
ricomincia
ed
è
sempre
potenzialmente
aperta
.
Sotto
questo
aspetto
la
legislatura
più
disgraziata
è
quella
tuttora
in
corso
,
che
ogni
sei
mesi
è
stata
data
per
morta
.
Si
capisce
che
ogni
volta
che
ne
viene
annunciata
la
fine
,
i
«
moribondi
»
che
vogliono
rivivere
guardano
con
rinnovata
sollecitudine
agli
elettori
che
sono
la
loro
fonte
di
vita
.
Una
legislatura
che
sopravvive
sotto
la
continua
minaccia
di
scioglimento
,
se
non
a
primavera
in
autunno
,
se
non
in
autunno
alla
primavera
successiva
,
attraverso
una
lunga
agonia
,
non
solamente
è
inoperosa
ma
contraddice
allo
spirito
della
costituzione
che
intende
mantenere
le
debite
distanze
tra
il
momento
della
designazione
dei
rappresentanti
e
il
momento
della
formazione
delle
leggi
.
Che
questo
sia
un
problema
di
fondo
lo
ha
capito
benissimo
il
presidente
Pertini
,
di
cui
non
si
può
che
lodare
l
'
ostinata
e
a
parer
mio
salutare
opposizione
alle
elezioni
anticipate
.
Occorre
interrompere
una
prassi
infausta
e
ristabilire
una
buona
volta
il
principio
che
la
durata
di
cinque
anni
è
la
regola
,
lo
scioglimento
anticipato
l
'
eccezione
.
L
'
estrema
facilità
con
cui
attori
e
osservatori
politici
parlano
di
elezioni
imminenti
dipende
anche
dal
non
tener
conto
delle
conseguenze
che
ne
derivano
,
prima
fra
tutte
il
venir
meno
di
una
remora
,
l
'
unica
remora
,
istituzionale
,
alla
frammentazione
delle
domande
dal
basso
e
al
corrispondente
particolarismo
delle
pubbliche
decisioni
dall
'
alto
.