StampaQuotidiana ,
Chi
s
'
era
immaginato
che
le
proteste
degli
abusivi
siciliani
fossero
una
subitanea
esplosione
di
rabbia
,
è
costretto
a
ricredersi
.
A
più
di
un
mese
dalla
marcia
su
Roma
dei
trentamila
,
avvenuta
il
17
febbraio
,
il
movimento
è
passato
dalla
protesta
pacifica
all
'
azione
illegale
di
massa
.
Un
'
azione
che
in
quanto
tale
avrebbe
dovuto
essere
fermamente
condannata
dal
governo
e
dall
'
opposizione
.
Anche
dall
'
opposizione
che
,
sino
a
prova
contraria
,
è
l
'
opposizione
di
uno
Stato
democratico
.
Ciò
che
è
avvenuto
in
Sicilia
è
uno
degli
episodi
più
gravi
,
forse
il
più
grave
,
di
disobbedienza
civile
,
che
il
nostro
paese
abbia
conosciuto
in
questi
quarant
'
anni
.
Oggetto
in
un
primo
tempo
d
'
istigazione
,
cui
non
sono
stati
estranei
alcuni
sindaci
,
la
disobbedienza
è
ora
oggetto
di
una
vera
e
propria
minaccia
,
compiuta
con
azioni
di
continuata
violenza
.
Per
«
disobbedienza
civile
»
s
'
intende
quella
particolare
forma
di
disobbedienza
che
viene
attuata
allo
scopo
immediato
di
mostrare
pubblicamente
che
la
legge
cui
si
dovrebbe
prestare
obbedienza
è
ingiusta
e
allo
scopo
mediato
d
'
indurre
il
governo
a
cambiarla
.
Abitualmente
viene
accompagnata
da
giustificazioni
tali
da
farla
apparire
non
solo
lecita
ma
anche
doverosa
,
e
da
esigere
che
venga
tollerata
,
contrariamente
a
qualsiasi
altra
trasgressione
,
dalle
pubbliche
autorità
.
Si
chiama
«
civile
»
perché
chi
la
compie
ritiene
di
non
venir
meno
al
proprio
dovere
di
cittadino
,
anzi
ritiene
di
comportarsi
da
buon
cittadino
piuttosto
disobbedendo
che
obbedendo
.
Per
questo
suo
carattere
dimostrativo
tende
a
esprimersi
in
pubblico
a
differenza
dalla
disobbedienza
comune
la
quale
per
raggiungere
il
proprio
scopo
deve
nascondersi
.
La
disobbedienza
civile
può
essere
giudicata
da
due
punti
di
vista
:
l
'
uno
strettamente
giuridico
,
l
'
altro
etico
.
Dal
punto
di
vista
dello
stretto
diritto
ogni
forma
di
disobbedienza
è
da
considerarsi
in
generale
illecita
.
La
nostra
Costituzione
stabilisce
all
'
art.
54
che
«
tutti
i
cittadini
hanno
il
dovere
di
essere
fedeli
alla
Repubblica
e
di
osservarne
la
Costituzione
e
le
leggi
»
.
Non
c
'
è
bisogno
di
consultare
un
libro
di
logica
per
rendersi
conto
che
l
'
obbligo
di
osservare
le
leggi
implica
il
divieto
di
non
osservarle
.
A
maggior
ragione
in
un
regime
democratico
.
Nel
quale
ai
cittadini
è
riconosciuto
il
diritto
di
riunirsi
e
di
associarsi
pacificamente
per
protestare
contro
una
legge
che
ritengono
ingiusta
e
impedirne
l
'
approvazione
o
promuoverne
l
'
abrogazione
.
Un
regime
democratico
può
essere
definito
come
quello
in
cui
alla
disobbedienza
civile
,
che
è
l
'
extrema
ratio
cui
possono
ricorrere
i
sudditi
di
un
regime
dispotico
,
si
sostituisce
il
diritto
di
protesta
e
oltre
la
protesta
il
diritto
di
partecipare
direttamente
o
indirettamente
alla
formazione
delle
leggi
.
Dal
diritto
sacrosanto
di
protestare
contro
l
'
emanazione
di
una
legge
non
discende
il
diritto
di
non
osservarla
dopo
che
essa
sia
stata
democraticamente
approvata
.
Così
pure
dal
dovere
di
osservare
una
legge
non
discende
l
'
obbligo
di
rinunciare
a
protestare
affinché
sia
modificata
o
abrogata
.
Vi
sono
due
modi
per
reagire
a
una
legge
che
si
considera
ingiusta
:
la
protesta
e
la
disobbedienza
.
In
un
regime
dispotico
sono
proibiti
tutti
e
due
.
In
un
regime
democratico
è
ammesso
il
primo
e
non
il
secondo
.
Non
esiste
alcun
regime
politico
in
cui
siano
ammessi
entrambi
.
Il
che
vuol
dire
che
la
disobbedienza
civile
può
essere
attuata
,
in
ogni
caso
,
sempre
e
soltanto
a
proprio
rischio
e
pericolo
.
Che
all
'
istigazione
abbiano
sin
dall
'
inizio
partecipato
non
soltanto
semplici
cittadini
ma
anche
persone
investite
di
pubblica
autorità
,
rende
la
«
rivolta
»
siciliana
ancora
più
preoccupante
.
Mi
pare
che
il
caso
non
abbia
precedenti
,
e
bisogna
ammettere
che
come
precedente
è
di
una
gravità
eccezionale
.
Tra
i
mille
segni
di
disgregazione
della
nostra
vita
civile
,
è
uno
dei
più
funesti
.
Uomini
chiamati
a
provvedere
all
'
interesse
pubblico
proteggono
i
più
sfacciati
e
insolenti
interessi
privati
.
Invece
di
reprimere
gli
abusi
li
difendono
e
difendendoli
li
favoriscono
.
Invece
di
mettersi
dalla
parte
dei
pochi
onesti
danno
voce
ai
molti
che
onesti
non
sono
stati
.
Giustificandoli
con
argomenti
spesso
speciosi
(
in
Sicilia
non
ci
sarebbero
abusi
per
causa
di
speculazione
)
li
incoraggiano
a
perseverare
nell
'
oltraggio
alle
leggi
e
nella
violenza
contro
lo
Stato
.
Diverso
è
il
punto
di
vista
morale
.
La
disobbedienza
civile
può
essere
in
alcuni
casi
moralmente
giustificata
.
Ma
occorre
che
la
causa
sia
nobile
.
Occorre
,
per
usare
una
nota
formula
giuridica
,
«
l
'
aver
agito
per
motivi
di
particolare
valore
morale
e
sociale
»
.
Giustifichiamo
(
e
ammiriamo
)
la
disobbedienza
dei
neri
nell
'
Africa
del
Sud
.
Ci
siamo
schierati
dalla
parte
dei
neri
che
negli
Stati
Uniti
entravano
pacificamente
in
un
locale
pubblico
o
in
un
autobus
riservato
ai
soli
bianchi
.
Ma
rispetto
a
questi
esempi
,
le
parti
sono
,
nell
'
attuale
vicenda
siciliana
,
invertite
.
Lo
scopo
della
rivolta
è
la
difesa
non
già
di
un
diritto
conculcato
ma
della
violazione
di
un
diritto
.
L
'
impunità
viene
chiesta
non
contro
il
sopruso
altrui
ma
per
non
subire
le
conseguenze
della
propria
condotta
sin
dall
'
inizio
giuridicamente
illecita
e
in
molti
casi
socialmente
rovinosa
.
Si
disobbedisce
non
per
non
essere
più
sottoposti
a
una
legge
iniqua
,
ma
per
essere
autorizzati
da
una
legge
che
sarebbe
non
meno
iniqua
a
perpetuare
uno
stato
d
'
ingiustizia
.
Il
nostro
Stato
di
diritto
è
una
nave
che
fa
acqua
da
tutte
le
parti
.
Ma
il
consentire
che
ognuno
si
faccia
la
legge
che
vuole
,
e
il
cittadino
rispettoso
delle
leggi
paghi
anche
per
coloro
che
non
le
rispettano
,
è
assolutamente
intollerabile
.
E
anche
il
modo
più
sicuro
e
più
rapido
per
farla
affondare
.