StampaQuotidiana ,
Nella
bella
biografia
dedicata
a
Berlinguer
da
Gorresio
un
capitolo
s
'
intitola
«
Di
fronte
ai
cattolici
»
.
Berlinguer
come
Lenin
:
«
L
'
unità
della
lotta
per
un
paradiso
in
terra
che
preme
più
dell
'
unità
delle
opinioni
per
un
paradiso
in
cielo
»
.
Prescindo
da
Berlinguer
,
che
,
per
quanto
so
,
è
rispettosissimo
della
fede
religiosa
delle
persone
a
lui
più
vicine
,
né
fa
opera
di
proselitismo
ateistico
.
Ma
l
'
espressione
di
Lenin
è
da
considerare
:
siano
con
tutti
noi
coloro
che
vogliono
conquistare
un
paradiso
in
terra
;
poco
importa
se
poi
c
'
è
tra
loro
chi
crede
anche
ad
un
paradiso
in
cielo
.
Non
so
quale
significato
avesse
per
Lenin
l
'
espressione
«
paradiso
in
terra
»
;
certo
non
dimenticava
che
la
sofferenza
,
le
malattie
,
la
decadenza
della
vecchiaia
,
la
perdita
delle
persone
care
,
non
sono
eliminabili
dal
cammino
umano
.
Ma
,
nato
nel
1870
,
avendo
a
diciassette
anni
visto
un
fratello
condannato
a
morte
per
complotto
,
avendo
conosciuto
a
25
la
prigione
e
poi
la
deportazione
in
Siberia
,
e
soprattutto
essendo
vissuto
in
una
Russia
dove
ancora
dovevano
essere
forti
le
tracce
della
servitù
della
gleba
,
l
'
arbitrio
della
polizia
era
praticamente
senza
limiti
,
mentre
c
'
erano
signori
con
tenute
delle
dimensioni
di
una
provincia
e
patrimoni
in
gioielli
valutabili
a
centinaia
di
milioni
di
allora
,
ed
il
popolo
era
quello
che
appare
da
Dostoevskij
(
l
'
ubriachezza
unica
consolazione
dello
squallore
,
la
prostituzione
unica
risorsa
per
le
ragazze
povere
)
,
poteva
chiamare
paradiso
anche
la
vita
dignitosa
che
l
'
operaio
tedesco
e
francese
cominciavano
a
conquistare
ed
avrebbero
raggiunto
alla
vigilia
della
prima
guerra
mondiale
.
Se
così
inteso
,
il
motto
di
Lenin
poteva
accettarsi
,
sia
pure
con
la
riserva
sulla
liceità
dell
'
uso
dello
stesso
vocabolo
ad
indicare
tanto
qualcosa
di
relativo
,
imperfetto
e
transitorio
,
come
qualcosa
di
assoluto
ed
eterno
.
Però
già
allora
l
'
espressione
imponeva
una
ulteriore
riserva
,
ed
oggi
questa
è
più
valida
che
mai
,
quanto
meno
per
i
cristiani
,
cui
Lenin
si
riferiva
.
Giacché
non
si
dà
contrasto
tra
i
due
paradisi
nella
comune
e
volgare
accezione
di
un
paradiso
di
Maometto
,
che
ripeterebbe
abbellita
una
vita
terrestre
(
nella
quale
può
anche
enunciarsi
che
il
paradiso
è
all
'
ombra
delle
spade
)
,
con
tutti
i
godimenti
carnali
,
della
gola
e
del
sesso
;
il
paradiso
cristiano
è
invece
quello
cui
si
perviene
con
la
rinuncia
,
l
'
accettazione
,
la
sofferenza
.
C
'
è
,
sì
,
la
ricchezza
barriera
insormontabile
per
entrare
nel
regno
di
Dio
;
e
si
può
attenuare
il
«
discorso
delle
beatitudini
»
,
ricordando
che
basta
la
povertà
sia
nello
spirito
;
ma
non
si
può
cancellare
la
beatitudine
per
gli
afflitti
,
i
miseri
,
i
pacifici
.
Non
si
può
capovolgere
il
Vangelo
e
non
scorgere
che
in
esso
la
vita
terrena
è
quella
della
sofferenza
:
sempre
evocati
i
ciechi
,
i
paralitici
,
i
lebbrosi
,
le
madri
che
piangono
il
figlio
morto
.
Per
questo
,
rispettosissimo
sempre
di
tutte
le
opinioni
,
mi
riesce
impossibile
accettare
un
Cristianesimo
che
in
nome
della
giustizia
ami
la
violenza
.
(
La
si
ama
,
diciamolo
pure
;
accettatala
,
non
è
più
un
male
necessario
,
perché
al
pari
dell
'
Eros
,
la
violenza
ha
una
sua
voluttà
,
non
è
lo
strumento
di
cui
l
'
uomo
si
serve
quando
gli
occorre
,
per
poi
gettarlo
,
ma
prende
l
'
uomo
:
chi
si
guarda
intorno
sa
che
il
ricordo
di
un
'
azione
di
guerra
in
cui
rifulse
il
coraggio
è
nella
mente
di
chi
la
compì
ricordo
più
luminoso
di
ogni
azione
di
bontà
,
di
ogni
salvataggio
di
un
fratello
)
.
Non
posso
accettare
un
Cristianesimo
che
non
aggiunga
alla
sua
visione
della
giustizia
che
essa
importa
anche
per
tutti
,
volonterosi
o
riluttanti
,
il
distacco
da
troppi
godimenti
terreni
;
che
un
paradiso
(
molto
relativo
)
cristiano
su
questa
terra
può
essere
solo
quello
di
una
cristianità
distaccata
dagli
agi
,
dal
prestigio
,
dalla
fama
,
che
accetta
una
generale
umiltà
.
Trasportate
al
nostro
tempo
,
le
parole
di
Lenin
,
per
ammettere
sinceramente
nelle
proprie
file
di
combattenti
anche
quelli
che
credono
nel
regno
dei
cieli
,
dovrebbero
suonare
:
«
Uniti
tutti
quelli
che
non
vogliamo
spargere
sangue
né
togliere
la
libertà
ad
alcuno
,
per
assicurare
una
società
di
eguali
nel
godimento
dei
beni
economici
,
di
aiuto
reciproco
;
e
allora
poco
può
importarci
che
tra
questi
vi
sia
chi
crede
pure
in
un
regno
dei
cieli
»
.
Ma
la
rivoluzione
russa
non
si
sarebbe
fatta
in
tal
modo
.
E
se
considero
la
perdita
di
ogni
fede
religiosa
come
una
ulteriore
ragione
d
'
infelicità
dell
'
uomo
(
che
vede
marciare
verso
l
'
etica
dello
stordimento
,
un
susseguirsi
senza
posa
di
gioie
diverse
,
tutte
carnali
,
ch
'
egli
vuole
scambiare
per
la
felicità
)
,
tuttavia
mi
rendo
conto
della
propaganda
ateistica
dei
Paesi
comunisti
,
almeno
in
terre
che
furono
cristiane
.
necessario
infatti
che
il
risultato
raggiunto
si
consideri
il
paradiso
conquistato
(
Cotta
in
un
suo
breve
saggio
,
La
sexualité
en
tant
que
dernier
mythe
politique
,
scorge
in
tutte
le
dottrine
rivoluzionarie
una
ricerca
,
spesso
inconscia
,
dell
'
innocenza
perduta
dell
'
uomo
)
;
paradiso
che
occorre
difendere
,
e
dove
,
come
quello
biblico
,
ci
deve
essere
chi
(
uomo
o
collegio
)
ha
il
supremo
potere
,
e
non
può
tollerare
autorità
religiose
o
intellettuali
che
non
convenendo
con
lui
su
ciò
ch
'
è
bene
e
ciò
ch
'
è
male
,
rischino
di
far
perdere
la
fiducia
in
questo
paradiso
.
Poiché
la
montagna
non
andava
a
Maometto
,
andò
Maometto
alla
montagna
:
dalle
inclusioni
di
cattolici
come
indipendenti
nelle
liste
elettorali
comuniste
,
trovo
conferma
alla
mia
antica
constatazione
,
che
il
colloquio
non
ha
mai
portato
un
comunista
a
divenire
fedele
di
una
qualsiasi
religione
,
bensì
degli
uomini
cresciuti
in
ambiente
religioso
a
divenire
comunisti
.
E
,
per
tornare
al
paradiso
,
qui
pure
il
paradiso
cristiano
si
avvicina
per
questi
al
paradiso
di
Lenin
;
su
una
rivista
di
Napoli
di
cattolici
del
dissenso
,
in
un
buon
articolo
di
Carlo
Cardia
«
Il
giurista
e
gli
occhi
della
storia
»
(
buon
articolo
,
in
molti
punti
con
affermazioni
cattolico
-
liberali
cui
sono
sempre
rimasto
fedele
)
,
leggo
anche
affermazioni
in
tema
di
insegnamento
ecclesiastico
circa
l
'
etica
sessuale
,
che
mi
lasciano
più
che
dubbioso
;
e
apprendo
che
un
teologo
tedesco
si
pone
la
domanda
:
«
E
'
moralmente
giustificabile
una
continenza
assoluta
?
»
.
Cardia
è
prudentissimo
,
fino
a
deplorare
che
la
Chiesa
accordi
dispense
matrimoniali
tra
affini
in
primo
grado
.
Ma
,
mentre
non
è
dubbio
che
il
giurista
debba
argomentare
con
gli
occhi
della
storia
,
o
meglio
con
la
coscienza
sociale
,
e
così
pur
nel
non
lungo
periodo
di
durata
di
una
legge
,
mutarne
la
interpretazione
,
il
credente
ritiene
vi
siano
precetti
eterni
,
comandamenti
che
valgano
per
ogni
tempo
.
Per
restare
al
«
paradiso
sulla
terra
»
,
per
il
credente
esso
è
dato
dalla
serenità
di
chi
si
può
abbandonare
completamente
alla
Provvidenza
,
e
ritenere
buono
ciò
che
accade
,
seppure
sia
la
infermità
o
la
mutilazione
che
lo
colpisce
.
Ma
quando
in
tema
di
sesso
comincia
a
considerare
lieve
la
colpa
che
per
secoli
fu
ritenuta
grave
,
ci
si
avvia
su
un
cammino
pericoloso
;
in
fondo
può
anche
trovarsi
il
D
'
Annunzio
giovane
,
col
suo
Eleabani
,
figlio
di
Gesì
,
col
suo
anti
-
Vangelo
:
«
La
carne
è
santa
.
Guai
a
chi
non
piega
l
'
anima
innanzi
a
lei
»
.