Mattei ( Montanelli Indro , 1970 )
StampaQuotidiana ,
In
questi
ultimi
giorni
sono
usciti
due
libri
su
Enrico
Mattei
,
il
fondatore
dell
'
ENI
.
Uno
è
un
"
giallo
"
che
pretende
fornire
le
fila
dell
'
attentato
di
cui
egli
sarebbe
rimasto
vittima
,
e
non
val
la
pena
parlarne
:
non
perché
l
'
ipotesi
sia
da
scartare
a
priori
,
ma
perché
gli
autori
non
riescono
a
basarla
che
su
congetture
e
induzioni
scopertamente
romanzate
all
'
insegna
del
sensazionale
.
L
'
altro
,
no
:
è
un
profilo
serio
e
penetrantissimo
,
scritto
da
un
inglese
che
a
Mattei
fu
molto
vicino
in
qualità
di
consulente
:
Paul
H
.
Frankel
.
S
'
intitola
Petrolio
e
potere
(
«
La
Nuova
Italia
»
ed
.
,
175
pagg
.
,
L
.
l.000
)
.
E
non
è
soltanto
una
biografia
;
è
anche
un
saggio
,
asciutto
e
chiarissimo
,
come
solo
sanno
scriverne
gl
'
inglesi
,
su
tutto
il
problema
delle
fonti
d
'
energia
.
D
'
altra
parte
,
solo
così
inquadrato
si
può
capire
e
valutare
Mattei
.
E
di
capirlo
e
valutarlo
,
è
ormai
tempo
.
L
'
uomo
non
aveva
del
resto
nulla
d
'
insondabile
e
misterioso
.
Come
tutti
i
grandi
caratteri
,
Mattei
era
un
carattere
semplice
,
perfino
rozzo
.
La
cosa
che
più
mi
colpì
,
nell
'
unico
personale
contatto
ch
'
ebbi
con
lui
una
sera
a
cena
,
fu
l
'
intensità
della
sua
concentrazione
.
Parlò
di
una
cosa
sola
,
sempre
di
quella
:
ogni
volta
che
cercavo
di
spostare
il
discorso
su
altri
fatti
e
interessi
,
il
suo
volto
si
chiudeva
e
assumeva
l
'
espressione
del
sordo
.
Frankel
dice
che
,
sebbene
non
avesse
mai
avuto
nulla
a
che
fare
col
fascismo
,
Mattei
ne
aveva
respirato
l
'
aria
,
come
del
resto
tutti
gli
uomini
della
sua
generazione
.
L
'
idea
di
un
'
Italia
negletta
e
defraudata
dei
suoi
diritti
a
un
"
posto
al
sole
"
in
lui
era
diventata
convinzione
profonda
forse
perché
il
posto
al
sole
aveva
dovuto
guadagnarselo
egli
stesso
,
figlio
di
un
povero
carabiniere
meridionale
costretto
a
lavorar
di
gomiti
per
inserirsi
nel
mondo
degli
affari
lombardo
.
Nulla
di
straordinario
in
questa
vicenda
.
Milano
è
piena
d
'
immigrati
che
hanno
battuto
la
stessa
strada
e
incontrato
le
medesime
difficoltà
;
ma
che
una
volta
arrivati
,
se
ne
sono
gettati
dietro
le
spalle
il
ricordo
.
Mattei
,
no
.
Anche
dopo
che
vi
ebbe
raggiunto
una
posizione
di
tutto
rispetto
,
per
lui
Milano
rimase
sempre
"
la
plutocrazia
"
.
Non
era
invidia
:
e
lo
dimostra
il
fatto
che
Mattei
non
fece
mai
nulla
per
esservi
accolto
,
anche
quando
avrebbe
potuto
farlo
da
padrone
.
Mattei
non
ambì
mai
agli
status
symbols
della
grande
borghesia
imprenditoriale
né
mai
chiese
l
'
ammissione
al
club
.
Vedeva
veramente
in
questa
categoria
l
'
oppressore
privilegiato
.
Era
convinto
che
in
Italia
i
poveri
fossero
poveri
perché
i
ricchi
erano
ricchi
.
E
fu
per
questo
che
esercitò
tanta
suggestione
anche
fuori
d
'
Italia
..
Quando
Mattei
diceva
ai
Paesi
sottosviluppati
che
il
loro
sottosviluppo
dipendeva
dalla
rapacità
degli
sfruttatori
,
non
lo
diceva
soltanto
per
fare
i
propri
affari
.
Ci
credeva
.
In
lui
c
'
era
una
componente
di
messianismo
populista
.
Aveva
degli
uomini
una
concezione
manichea
:
di
qua
i
deboli
e
buoni
,
di
là
i
potenti
e
cattivi
.
Ricordo
una
sua
intervista
in
televisione
in
cui
egli
parlava
dell
'
ENI
come
di
un
disarmato
gattino
perso
nel
bosco
tra
belve
rapaci
.
La
menzogna
era
smaccata
e
mi
fece
trasalire
d
'
indignazione
:
l
'
ENI
in
quel
momento
aveva
già
zanne
e
artigli
da
tigre
.
Eppure
,
dopo
capii
che
Mattei
era
in
buona
fede
e
che
proprio
questa
era
la
sua
forza
:
per
diventare
il
vindice
di
un
sopruso
,
aveva
bisogno
di
sentirsene
la
vittima
.
Quanto
ci
sia
di
favoloso
e
leggendario
in
ciò
che
i
suoi
agiografi
spacciano
per
biografico
,
non
conta
.
Conta
solo
il
fatto
ch
'
egli
abbia
ispirato
favole
e
leggende
.
Forse
per
esempio
non
è
del
tutto
vero
che
il
suo
impero
nacque
da
un
gesto
di
disobbedienza
quando
,
nominato
dal
governo
commissario
dell
'
Azienda
Generale
Petroli
(
AGI
P
)
col
compito
di
liquidarla
,
vi
si
rifiutò
con
un
'
insolente
lettera
di
sfida
.
Ma
è
del
tutto
vero
che
in
quel
momento
egli
non
aveva
la
minima
idea
di
ciò
che
stava
facendo
e
dove
sarebbe
andato
a
parare
.
Frankel
dice
che
subito
dopo
la
Liberazione
,
Mattei
non
aveva
affatto
deciso
su
che
strada
mettersi
,
ma
che
caso
mai
propendeva
più
per
la
politica
che
per
gli
affari
.
E
probabile
.
Si
era
fatto
un
bel
nome
nella
Resistenza
di
cui
era
stato
il
Grande
Elemosiniere
,
era
strettamente
legato
ai
suoi
più
prestigiosi
capi
,
e
aveva
un
vasto
seguito
fra
i
partigiani
.
Inoltre
,
per
gli
affari
,
gli
mancava
il
maggiore
propellente
:
la
sete
di
denaro
.
Mattei
era
più
ricco
prima
di
creare
la
sua
azienda
che
durante
e
dopo
.
Egli
amava
solo
il
potere
,
e
l
'
amore
del
potere
esclude
tutti
gli
altri
.
Ma
probabilmente
si
era
già
accorto
che
la
politica
in
Italia
non
conduce
al
potere
.
Conduce
solo
alla
politica
,
per
la
quale
a
lui
mancavano
non
solo
le
qualità
,
ma
anche
i
difetti
che
contano
ancora
di
più
:
era
un
pessimo
oratore
e
credeva
in
ciò
che
faceva
con
una
convinzione
e
ostinazione
che
lo
rendevano
inaccessibile
a
quell
'
arte
del
compromesso
,
di
cui
la
politica
ormai
non
fa
più
il
mezzo
,
ma
il
fine
.
Tuttavia
la
sua
scelta
fu
solo
di
strumento
,
non
di
obbiettivo
.
Preferì
il
petrolio
al
Parlamento
perché
pensò
che
fosse
più
facile
dominare
il
Parlamento
col
petrolio
che
il
petrolio
col
Parlamento
.
Del
petrolio
sapeva
ben
poco
,
allora
.
Sapeva
soltanto
che
le
nostro
forniture
dipendevano
da
quelle
grandi
compagnie
internazionali
in
cui
egli
vedeva
la
più
perfetta
e
abominevole
incarnazione
della
"
plutocrazia
"
.
Frankel
dice
che
non
ci
fu
mai
verso
di
convincerlo
ch
'
esse
non
formavano
un
vero
e
proprio
"
cartello
"
,
come
lui
spregiosamente
lo
chiamava
,
cioè
un
monopolio
,
e
che
i
loro
profitti
non
erano
poi
così
esosi
,
come
lui
valutava
.
Mattei
doveva
crederlo
perché
solo
così
poteva
riuscire
a
farlo
credere
ai
Paesi
produttori
.
Egli
portava
nelle
sue
menzogne
una
carica
di
sincerità
che
le
rendeva
irresistibili
.
Non
conosco
i
capi
delle
compagnie
petrolifere
.
Penso
che
sul
piano
tecnico
e
manageriale
debbano
essere
uomini
agguerritissimi
,
rotti
a
qualunque
astuzia
,
e
con
un
pelo
sullo
stomaco
alto
così
.
Ma
sul
piano
umano
la
loro
ottusità
deve
toccare
livelli
da
Himalaya
,
a
giudicarne
dal
modo
con
cui
hanno
condotto
la
lotta
contro
l
'
ENI
.
Essi
risero
quando
Mattei
,
alla
vista
delle
prime
gocce
di
petrolio
portate
alla
superficie
dalle
sue
sonde
in
Val
Padana
,
annunciò
con
la
voce
rotta
dall
'
emozione
che
l
'
Italia
aveva
trovato
nelle
sue
viscere
la
cassaforte
di
una
ricchezza
aperta
a
tutti
.
Avevano
ragione
in
quanto
la
cassaforte
non
conteneva
che
quelle
poche
gocce
.
Ma
non
capirono
che
in
un
Paese
appena
reduce
dalle
mortificazioni
della
disfatta
,
più
che
di
petrolio
,
c
'
era
bisogno
di
fiducia
,
e
che
quell
'
annunzio
riecheggiante
il
solito
«
L
'
Italia
farà
da
sé
»
,
ne
ridava
.
Essi
risero
quando
Mattei
si
mise
a
profondere
miliardi
per
costruire
le
più
belle
moderne
e
lussuose
stazioni
di
servizio
con
la
scritta
"
Supercortemaggiore
,
la
potente
benzina
italiana
"
.
Avevano
ragione
perché
quella
benzina
italiana
era
fornita
dall
'
Anglo
-
Iranian
inglese
.
Ma
non
capirono
che
queste
ostentazioni
affezionavano
la
pubblica
opinione
a
un
'
illusione
cui
non
avrebbe
mai
più
rinunziato
,
dando
così
a
Mattei
la
forza
di
tradurla
in
realtà
.
Essi
credettero
che
Mattei
fosse
un
venditore
di
tappeti
.
Sbagliavano
.
Era
un
venditore
di
sogni
,
merce
molto
più
pericolosa
,
anche
perché
facilmente
esportabile
e
non
soggetta
a
dogana
.
Nessuno
può
dire
se
,
nel
momento
in
cui
il
suo
aereo
precipitò
,
egli
fosse
alla
vigilia
di
una
clamorosa
vittoria
o
di
una
irreparabile
disfatta
.
Cioè
potrebbe
dirlo
solo
il
suo
successore
Cefis
,
che
si
rifiuta
di
parlare
.
E
noto
che
Cefis
,
prima
stretto
collaboratore
di
Mattei
,
se
n
'
era
poi
allontanato
-
e
,
mi
dicono
,
in
malo
modo
-
per
dissensi
sui
criteri
di
gestione
dell
'
azienda
dove
rientrò
dopo
la
morte
del
fondatore
.
Eppure
non
ha
mai
pronunciato
che
parole
di
rispetto
,
quasi
di
venerazione
,
nei
suoi
confronti
.
Io
credo
che
Mattei
abbia
commesso
molti
sbagli
,
ma
che
proprio
questi
diano
la
misura
dell
'
uomo
.
Chiunque
altro
ne
sarebbe
stato
travolto
.
Lui
no
,
perché
era
più
grosso
di
essi
,
un
personaggio
ibseniano
,
cui
è
superfluo
cercar
di
attribuire
un
'
aureola
di
martire
tessendo
cattivi
romanzi
gialli
sulla
sua
fine
.
Non
ne
ha
bisogno
.