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> anno_i:[1970 TO 2000}
Aldo Crespi ( Montanelli Indro , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Il dottor Aldo Crespi è morto alla bella età di 93 anni , ma credo che avrebbe fatto volentieri a meno di arrivarci . Sebbene lucidissimo , o forse proprio per questo , l ' ultimo periodo lo ha trascorso in amara solitudine , distaccato dal mondo , chiuso nella sua casa senz ' altra compagnia che quella dei propri ricordi . I ricordi del dottor Aldo erano il Corriere della Sera , di cui per quasi mezzo secolo fu proprietario e editore insieme ai suoi due fratelli Mario e Vittorio , scomparsi da tempo . Fu nel '25 che , secondo una certa leggenda , essi " s ' impadronirono " del giornale di via Solferino , estromettendone Albertini con l ' aiuto del fascismo . Non è qui il caso di far polemiche . Ma crediamo che , se fosse sopravvissuto , lo stesso Albertini , nella sua immacolata onestà , avrebbe contestato questa versione dei fatti . La maggioranza azionaria del Corriere era già , grazie al loro padre Benigno , in mano ai Crespi . Quando Mussolini ne decise l ' allontanamento , fu lo stesso Albertini a proporre loro di rilevare la sua quota , che venne pagata - a quanto ne so - una cinquantina di milioni : prezzo considerato , coi milioni di quei tempi , abbastanza equo . Dei tre , il dottor Aldo era di gran lunga quello più attaccato al giornale . Ma di questo amore erano a conoscenza solo gl ' intimi perché era considerato peccaminoso . I fratelli Crespi non erano litigiosi come quelli Perrone del Messaggero , che trascorsero la vita a farsi processi tra loro . Però si sorvegliavano strettamente , in modo che nessuno potesse apparire più editore dell ' altro . La legge di famiglia imponeva che le decisioni le prendessero d ' accordo , ma l ' accordo era difficile da trovare . Nel bagno annesso al loro ufficio c ' erano tre saponi e tre salviette , ognuna con la sua cifra : anche l ' epidermide volevano salva dal contagio . In quell ' ufficio , il dottor Aldo avrebbe volentieri trascorso le sue giornate , domenica compresa . Ma siccome gli altri due ci venivano una volta sola alla settimana , anche lui si sentiva in obbligo di osservare la regola . Vi arrivavano insieme , in modo da escludere " precedenze " passando da una porticina quasi di servizio per non farsi notare . Una volta che , trovandola chiusa , imboccarono quella principale , furono bruscamente scacciati da un fattorino che , non avendoli mai visti , non sapeva chi fossero . Nemmeno io , in trentasette anni di Corriere , li ho mai visti passare per le stanze e gli anditi della redazione . Fuori di lì li conobbi , e qualche volta li incontravo , ma dalla conversazione era severamente bandito l ' argomento del giornale . Del giornale , parlavano solo col direttore , poco anche con lui , e tutti e tre insieme . Tale era il dettato costituzionale di quella curiosa monarchia trina . Fu parecchio dopo la Liberazione che seppi di dover loro qualcosa . I tedeschi mi avevano arrestato e sulla mia testa pendeva la condanna a morte . Qualcuno della Gestapo andò dai Crespi e chiese , per la mia pelle , un milione . I Crespi lo sborsarono senza batter ciglio . Ma questo racconto mi fu fatto dietro giuramento di non farne mai parola con loro . Dopo vent ' anni mi considerai esentato dall ' impegno e , morti ormai Mario e Vittorio , ne parlai col dottor Aldo . Non negò , ma finse di non ricordar bene come si erano svolte le cose , poi concluse : « Se andarono veramente così , non fu un cattivo affare » , e cambiò discorso . A quei tempi , avevo stabilito con lui una certa dimestichezza , e qualche volta m ' invitava al Biffo , la bella villa che aveva in Brianza . Non mi ci trovavo molto ad agio perché sua moglie Giuseppina ne aveva fatto un centro di mondanità , nella quale ho sempre guazzato male . Ma credo che il dottor Aldo mi c ' invitasse appunto per avere sotto mano qualcuno che ci guazzasse male quanto lui e gli facesse compagnia nelle passeggiate nel parco e nella sua appartata libreria . I suoi interessi erano più letterari che politici . Era uomo di buone , anche se non vaste letture , tutte nel filone e nel gusto di quel cattolicesimo liberale manzoniano , ch ' era tipico della grande borghesia milanese , quando Milano aveva una grande borghesia . Scriveva anche , ma di nascosto . E ricordo lo sgomento che s ' impadronì di tutti noi al Corriere , quando si seppe che aveva pubblicato un libro sotto lo pseudonimo Alpi . A chi sarebbe toccata la difficile incombenza di recensirlo in modo da evitare lo sgarbo di una stroncatura senza cadere nella piaggeria ? Per fortuna giunse , discreto ma perentorio , l ' ordine d ' ignorare il libro . Quando , con l ' animo sollevato dal cessato pericolo , mi decisi a leggerlo , mi accorsi che si poteva parlarne bene senza ricorrere al falso : non erano più che bozzetti e ritratti di personaggi della vita ambrosiana , ma centrati e vivaci , pur tra i vezzi un po ' stantii di uno stile ottocentesco . Non mi sono mai accorto ch ' egli fosse il " padrone " nel senso che a questa parola davano i giornali concorrenti e avversari . Mai , in trentasette anni , mi fece rilievi su qualche articolo , o mi suggerì argomenti . Una sola volta ricevetti da lui un biglietto di sommessa doglianza , che conservo , e che cominciava così : « Caro Montanelli , Ella sa con quanta simpatia , partecipazione e ammirazione ho seguito e seguo i suoi scritti , sempre trovandovi ( anche nei più impertinenti ) motivi di consenso . Mi permetta quindi , per una volta , di fare eccezione e di esprimerle un addolorato dissenso - di cui tuttavia Ella è liberissimo di non tenere alcun conto - per quanto ha detto a proposito della conversione di Manzoni ... » . Ecco : quando parlava da " padrone " , il dottor Aldo Crespi lo faceva in questi termini , e solo per difendere Manzoni . Poco prima di passar la mano alla figlia nella gestione del Corriere , lo incontrai ai giardini , di fronte ai quali abitava e dove , quando era a Milano , andava sovente a passeggiare . Non mi fece cenno delle sue intenzioni di ritiro . Mi disse soltanto che si sentiva molto stanco - aveva passato da un pezzo gli ottanta - e infatti la sua alta e fragile figura non era più dritta come una volta . Poi , si rinchiuse in casa , e non lo rividi che quando mi pregò di passare da lui per ringraziarmi di un libro che gli avevo mandato . Capii che si trattava di una scusa , e lo era . Per la prima volta , mi chiese esplicitamente cosa pensavo del Corriere nella sua nuova versione . Altrettanto esplicitamente glielo dissi . Un velo di tristezza gli scese sugli occhi . « Me lo immaginavo » rispose , e parlammo d ' altro , a lungo e affettuosamente . Capii che quello era un addio , e infatti non ci vedemmo più . Quando seppe che anch ' io me n ' ero andato , mi scrisse una lettera che " affidata al riserbo dell ' amico " , non chiedeva risposta , anzi la escludeva . A mia volta gliene scrissi una quando seppi che anche l ' ultima fetta di Corriere , quella ch ' era stata sua , era passata in proprietà ad altro editore . Gli chiedevo se potevo andarlo a trovare . Attraverso un comune amico mi pregò di non farlo " perché temeva di commuoversi " . L ' ultimo messaggio , anch ' esso orale , me lo mandò attraverso il medesimo amico , pochi giorni dopo l ' uscita del Giornale : « Grazie » diceva « di avermi ridato da leggere un Corriere » . Il dottor Aldo morì allora , credo . E con lui moriva un certo tipo di editore , il cui unico torto è stato quello di non aver allevato dei successori . Non erano stati i Crespi a fare la grandezza del Corriere , ma erano stati i Crespi , e particolarmente il dottor Aldo , a salvarne quanto , nei mutati tempi , si poteva salvare . Non ho mai capito se il Corriere era com ' era perché lui era così , o se lui era così perché il Corriere era com ' era . So soltanto che , senza mai interferirvi , quest ' uomo schivo e discreto sapeva fare tutt ' uno di se stesso e del suo giornale . Che al Corriere ci fosse un padrone noi ci accorgemmo solo quando lui non fu più tale . E anche per questo ce ne andammo .