StampaQuotidiana ,
Bisogna
onestamente
riconoscere
a
Francesco
De
Martino
di
non
avere
mai
fatto
mistero
delle
sue
riserve
nei
confronti
dell
'
impostazione
originaria
del
centrosinistra
.
Riserve
relative
non
tanto
al
programma
,
che
anche
l
'
esponente
socialista
ha
sempre
definito
nei
termini
consueti
di
superamento
degli
squilibri
,
incremento
dei
consumi
pubblici
,
riforme
,
sviluppo
democratico
;
quanto
alla
formula
politica
.
A
giudizio
di
De
Martino
,
infatti
,
gli
strati
conservatori
che
fanno
capo
alla
Democrazia
cristiana
sono
troppo
estesi
e
troppo
solidamente
abbarbicati
a
posizioni
di
potere
perché
una
politica
davvero
incisiva
di
riforme
possa
essere
realizzata
senza
l
'
apporto
delle
forze
organizzate
nell
'
opposizione
comunista
.
Da
ciò
la
richiesta
insistente
di
una
sostanziale
immissione
di
queste
forze
nell
'
area
del
potere
,
sempre
rinnovata
sotto
le
formule
mutevoli
,
ma
di
fatto
equivalenti
,
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
dei
«
nuovi
rapporti
con
l
'
opposizione
»
,
delle
«
integrazioni
»
miranti
a
dare
al
governo
una
supposta
maggiore
rappresentatività
.
Una
volta
realizzato
,
questo
disegno
riuscirebbe
con
ogni
probabilità
fatale
alla
sopravvivenza
dell
'
Italia
come
paese
libero
,
a
meno
che
non
si
voglia
coltivare
l
'
illusione
che
il
potere
comunista
in
Italia
sarebbe
,
e
chissà
perché
,
tutt
'
altra
cosa
da
quel
che
è
sempre
stato
altrove
.
Ma
non
si
può
negare
che
esso
sia
comunque
un
disegno
politico
di
vasto
respiro
,
sostenuto
da
una
determinata
visione
di
quel
che
l
'
Italia
e
gli
italiani
debbono
essere
;
e
non
resterebbe
,
a
questo
punto
,
che
riconoscere
al
segretario
socialista
di
avere
fatto
in
tal
modo
la
sua
parte
di
leader
di
una
delle
grandi
forze
politiche
del
paese
.
Bisogna
tuttavia
chiedersi
perché
mai
politici
così
navigati
come
quelli
democristiani
si
siano
prestati
fino
a
ieri
,
e
si
mostrino
ancor
oggi
disposti
,
a
collaborare
alla
realizzazione
di
questo
disegno
:
che
,
in
qualunque
versione
lo
si
voglia
immaginare
,
passa
necessariamente
attraverso
una
drastica
riduzione
del
potere
della
Democrazia
cristiana
e
,
al
limite
,
attraverso
la
sua
eliminazione
come
forza
significativa
dalla
scena
politica
italiana
.
E
la
sola
risposta
plausibile
è
,
semplicemente
,
che
essi
non
ci
hanno
mai
creduto
,
e
non
hanno
preso
il
gran
disegno
demartiniano
troppo
sul
serio
.
Hanno
avuto
torto
?
Non
del
tutto
,
a
giudicare
il
De
Martino
dai
fatti
e
non
dalle
parole
.
A
sentir
queste
certamente
,
i
socialisti
si
sono
sempre
schierati
per
le
soluzioni
più
radicali
,
dal
disarmo
della
polizia
alla
demagogia
scolastica
,
alla
prepotenza
sindacale
,
alle
forme
più
viscerali
di
contestazione
culturale
:
ma
,
di
fatto
,
il
segretario
socialista
ha
sempre
evitato
di
compiere
passi
decisivi
,
rifiutandosi
all
'
alleanza
di
governo
e
mettendo
così
veramente
in
questione
,
la
possibilità
che
la
Democrazia
cristiana
riesca
a
conservare
il
potere
.
Qualche
volta
De
Martino
ha
capeggiato
manovre
che
per
qualche
tempo
hanno
tenuto
i
socialisti
fuori
del
governo
;
ma
sempre
conservando
con
la
Democrazia
cristiana
estesi
rapporti
di
sottogoverno
,
come
premessa
di
un
immancabile
sollecito
ritorno
.
Persino
nella
crisi
di
questi
giorni
,
più
grave
di
tutte
le
precedenti
,
in
confronto
alla
spensieratezza
del
vecchio
Nenni
,
De
Martino
ha
finito
per
impersonare
posizioni
più
caute
e
possibiliste
.
E
allora
ecco
che
il
grande
disegno
si
immeschinisce
alle
sue
vere
dimensioni
:
che
son
quelle
di
una
politica
di
provincia
,
mirante
solo
a
un
allargamento
della
propria
fetta
di
potere
e
,
se
possibile
,
a
un
aumento
di
suffragi
elettorali
,
attraverso
pressioni
e
minacce
di
tipo
ricattatorio
,
esercitate
fino
a
quando
appaiono
produttive
di
concrete
utilità
,
e
ritirate
poi
quando
si
profila
il
rischio
che
esse
vengano
raccolte
,
e
che
i
socialisti
debbano
trovarsi
davvero
a
fronteggiare
la
responsabilità
di
una
effettiva
trasformazione
della
società
italiana
.
Prospettiva
,
questa
,
di
fronte
alla
quale
De
Martino
ha
sempre
mostrato
di
esitare
;
non
tanto
perché
gli
pesi
la
misura
di
quella
responsabilità
,
ché
in
materia
egli
ha
sempre
dato
prova
di
grande
disinvoltura
:
ma
per
il
timore
che
una
effettiva
assunzione
dei
comunisti
al
potere
,
anche
in
forme
più
o
meno
larvate
,
significhi
la
fine
della
propria
autonomia
politica
e
il
proprio
declassamento
a
notabile
di
secondo
piano
dello
schieramento
frontista
.
E
'
già
triste
che
uomini
e
politiche
di
questo
livello
possano
esercitare
una
così
grande
influenza
nel
nostro
paese
.
Ma
ancora
più
gravi
sono
le
conseguenze
effettive
di
quella
politica
.
De
Martino
ha
rivelato
infatti
di
non
essere
in
grado
di
controllare
e
dosare
adeguatamente
,
come
pur
sarebbe
stato
necessario
ai
fini
della
sua
tecnica
di
potere
,
gli
intralci
da
lui
sistematicamente
creati
all
'
azione
di
governo
della
Democrazia
cristiana
e
le
facilitazioni
così
offerte
al
dispiegarsi
delle
forze
dell
'
opposizione
.
Ogni
volte
che
si
è
determinata
una
crisi
nella
vita
del
paese
,
l
'
intervento
del
socialismo
demartiniano
è
sempre
valso
a
paralizzare
ogni
ragionevole
azione
di
governo
,
ogni
politica
che
seriamente
mirasse
a
dare
dei
problemi
una
soluzione
ispirata
in
qualche
modo
agli
interessi
generali
del
paese
.
In
una
situazione
come
quella
italiana
,
carica
di
tante
tensioni
e
minata
da
tante
debolezze
,
ciò
ha
provocato
devastazioni
materiali
e
morali
davvero
ingiustificabili
:
col
risultato
di
rendere
concretamente
possibile
quell
'
ascesa
dei
comunisti
al
potere
che
De
Martino
e
i
suoi
hanno
tante
ragioni
di
paventare
.
Disgraziatamente
,
la
posta
in
gioco
va
molto
al
di
là
del
destino
di
costoro
,
e
del
posto
che
a
loro
sarà
riservato
nella
gerarchia
dei
notabili
della
sinistra
frontista
.