StampaQuotidiana ,
Alla
vigilia
delle
ultime
elezioni
l
'
accordo
su
alcune
candidature
comuni
da
parte
dei
tre
partiti
minori
e
una
significativa
dichiarazione
di
Giovanni
Agnelli
parvero
imprimere
nuovo
slancio
alla
tematica
già
un
po
'
stanca
dell
'
alleanza
laica
.
Si
trattava
,
beninteso
,
di
cose
assai
diverse
.
Le
candidature
nascevano
infatti
su
un
terreno
di
ordinaria
cucina
elettorale
,
stilla
base
del
calcolo
dei
voti
ottenuti
in
precedenza
dai
tre
alleati
(
provvisori
)
in
alcuni
collegi
;
mentre
la
simpatia
espressa
da
Agnelli
per
l
'
iniziativa
documentava
l
'
interesse
che
una
prospettiva
del
genere
aveva
suscitato
in
un
settore
importante
della
società
italiana
come
quello
imprenditoriale
,
che
molti
considerano
politicamente
sottorappresentato
.
Anche
i
risultati
delle
elezioni
hanno
dunque
un
significato
diverso
come
elemento
di
giudizio
nei
due
casi
.
L
'
esperimento
elettorale
non
ha
avuto
,
nell
'
insieme
,
risultati
molto
persuasivi
,
anche
se
essi
sono
stati
pesantemente
condizionati
dalla
crisi
che
ha
investito
tutte
le
forze
di
democrazia
laica
(
con
la
parziale
eccezione
del
Pri
)
,
anche
fuori
dell
'
alleanza
,
e
dell
'
atteggiamento
di
netto
distacco
di
due
almeno
dei
tre
partiti
nei
confronti
dell
'
iniziativa
.
Resta
invece
da
vedere
quale
sia
il
significato
permanente
dell
'
interesse
che
la
proposta
ha
suscitato
al
di
fuori
delle
strutture
dei
partiti
,
e
che
è
documentato
da
una
serie
di
manifestazioni
sorte
a
fianco
della
campagna
elettorale
e
dalle
dichiarazioni
di
disponibilità
che
si
sono
raccolte
nei
più
vari
settori
.
Va
detto
subito
che
l
'
interesse
mostrato
dai
ceti
imprenditoriali
e
di
borghesia
produttiva
per
l
'
alleanza
non
può
significare
che
essa
sia
destinata
a
proporsi
come
un
ipotetico
partito
dei
produttori
.
In
un
paese
classista
come
l
'
Italia
,
industrializzatosi
-
ed
è
un
caso
quasi
unico
-
senza
un
'
«
ideologia
dell
'
industrializzazione
»
,
il
partito
dei
produttori
verrebbe
subito
identificato
col
partito
dei
«
padroni
»
,
e
questa
non
sarebbe
solo
una
caratterizzazione
negativa
sul
piano
della
propaganda
ma
l
'
espressione
di
un
errore
di
sostanza
.
Nel
mondo
moderno
non
è
infatti
sopportabile
che
all
'
enorme
potere
economico
dell
'
impresa
capitalistica
si
sommi
addirittura
l
'
esercizio
diretto
del
potere
politico
;
ed
è
invece
necessario
,
per
un
corretto
funzionamento
del
sistema
,
che
un
potere
politico
indipendente
sia
in
grado
di
dialogare
,
condizionare
,
dirigere
a
finalità
di
interesse
generale
le
incomparabili
capacità
di
realizzazione
dell
'
impresa
privata
.
Ma
ciò
non
toglie
che
all
'
origine
di
queste
sollecitazioni
spontanee
alla
convergenza
di
forze
storicamente
e
ideologicamente
così
diverse
,
in
apparenza
,
come
sono
quelle
liberali
,
socialdemocratiche
e
repubblicane
,
vi
sia
comunque
l
'
intuizione
immediata
,
a
livello
popolare
se
si
vuole
,
di
una
realtà
complessa
che
finora
le
forze
politiche
si
sono
mostrate
incapaci
di
cogliere
:
la
realtà
,
cioè
,
del
processo
che
durante
il
XX
secolo
ha
condotto
le
grandi
forze
storiche
nelle
quali
si
era
divisa
la
società
ottocentesca
a
confluire
su
politiche
e
obiettivi
largamente
comuni
,
ai
quali
si
deve
la
fisionomia
dell
'
Europa
moderna
.
Liberalismo
e
socialismo
,
divisi
e
contrapposti
da
conflitti
drammatici
nel
XIX
secolo
,
hanno
conosciuto
un
processo
di
reciproca
integrazione
che
si
è
tradotta
in
acquisizioni
durature
e
irrinunciabili
della
nostra
civiltà
.
Il
processo
si
è
realizzato
in
modo
assai
diverso
in
paesi
come
la
Gran
Bretagna
e
la
Germania
,
nelle
regioni
del
Benelux
e
in
quelle
scandinave
:
ma
attraverso
queste
diversità
,
che
hanno
visto
il
ridimensionamento
e
talora
la
scomparsa
di
alcune
grandi
forze
storiche
,
dal
liberalismo
inglese
al
comunismo
tedesco
,
certi
fatti
fondamentali
sono
venuti
alla
luce
.
Lo
sviluppo
dei
diritti
e
dei
valori
dell
'
individuo
,
in
un
quadro
intangibile
di
democrazia
formale
,
è
diventato
obiettivo
primario
e
irrinunciabile
nelle
nuove
forme
di
socialità
realizzate
dalle
grandi
socialdemocrazie
;
e
a
sua
volta
il
riformismo
liberale
,
una
volta
sorpassata
la
fase
della
conquista
di
garanzie
dello
Stato
con
cui
s
'
identifica
la
storia
delle
libertà
moderne
,
ha
preso
la
forma
di
una
serrata
battaglia
per
la
realizzazione
di
strutture
sociali
atte
a
dare
più
vasto
spazio
e
più
concreta
verità
all
'
esigenza
liberale
di
assicurare
la
piena
espansione
della
personalità
e
della
creatività
individuale
.
E
storia
ormai
vecchia
,
e
l
'
emblematica
adesione
al
partito
liberale
di
sir
William
Beveridge
,
autore
del
programma
di
sicurezza
sociale
che
doveva
tradursi
nel
Welfare
State
laburista
,
è
cosa
di
trent
'
anni
fa
.
E
tuttavia
,
da
noi
si
è
sentito
parlare
anche
di
recente
di
contrapposizioni
insuperabili
fra
socialdemocratici
e
liberali
riformisti
,
e
di
contrasti
inconciliabili
tra
la
liberal
-
democrazia
dei
repubblicani
e
la
socialdemocrazia
dei
socialdemocratici
:
da
parte
di
chi
sarebbe
poi
assai
imbarazzato
se
dovesse
indicare
,
in
Europa
,
paesi
e
società
liberal
-
democratiche
che
non
siano
quelle
socialdemocratiche
e
viceversa
.
Tanto
la
realtà
dei
fatti
ha
sopravanzato
la
scolastica
di
pregiudizi
programmatici
invecchiati
di
mezzo
secolo
.
Se
un
ritardo
c
'
è
,
e
vistoso
,
nella
cultura
politica
del
nostro
paese
,
non
sul
piano
accademico
e
dottrinario
ma
su
quello
dei
valori
concretamente
fatti
propri
dalle
forze
politiche
,
esso
sta
in
questa
incapacità
di
prender
atto
dei
mutamenti
che
intanto
sono
avvenuti
nelle
cose
da
parte
di
chi
avrebbe
maggior
interesse
a
farlo
.
La
fedeltà
alle
bandiere
e
alle
tradizioni
ha
fatto
schermo
,
in
questo
come
in
tanti
altri
casi
,
alla
pigrizia
mentale
.
Naturalmente
,
liberalismo
e
socialismo
restano
,
sul
piano
teorico
,
cose
diverse
,
e
la
tematica
dell
'
assoluto
egualitarismo
e
quella
dell
'
assoluto
individualismo
non
sono
sempre
e
chiaramente
conciliabili
.
Ma
questo
,
che
è
alimento
fecondo
e
irrinunciabile
della
riflessione
critica
,
non
va
confuso
con
la
valutazione
storica
e
politica
della
presente
fase
di
sviluppo
delle
società
industriali
avanzate
,
e
tanto
meno
dev
'
essere
abbassato
a
strumento
di
tendenze
che
in
concreto
servono
solo
a
frenare
l
'
ascesa
delle
forze
reali
maturate
nella
società
civile
e
politica
del
nostro
paese
durante
gli
ultimi
decenni
.
Sarebbe
tuttavia
troppo
facile
,
se
bastasse
constatare
l
'
esistenza
di
queste
realtà
altrove
per
vederne
garantito
lo
sviluppo
anche
in
Italia
:
dove
,
a
non
dir
altro
,
il
partito
comunista
ha
catturato
gran
parte
del
movimento
operaio
,
che
invece
ha
avuto
un
ruolo
fondamentale
nella
costruzione
delle
più
avanzate
democrazie
dell
'
Europa
moderna
.
Il
problema
,
naturalmente
,
non
si
pone
per
chi
è
convinto
di
avere
già
trovato
,
nel
Pci
,
l
'
autentico
partito
socialdemocratico
di
cui
l
'
Italia
aveva
bisogno
.
Ma
questo
è
vero
solo
per
chi
ha
deciso
di
chiudere
gli
occhi
a
ciò
che
accade
ogni
giorno
nella
vita
di
tutti
noi
.
Per
chi
non
ama
né
apprezza
questi
esercizi
dell
'
arte
consolatoria
la
questione
è
e
rimane
quella
della
costruzione
di
una
vera
e
solida
alternativa
democratica
nel
paese
più
minacciato
dal
comunismo
tra
quelli
del
mondo
occidentale
.
Questa
alternativa
non
può
ignorare
che
il
centro
dello
schieramento
democratico
è
tuttora
occupato
dall
'
area
cattolica
,
che
ne
ha
costituito
per
trent
'
anni
il
fondamento
,
e
che
nelle
ultime
elezioni
ha
dimostrato
una
vitalità
che
molti
non
sospettavano
.
Il
successo
elettorale
della
Dc
,
accompagnato
dal
gravissimo
cedimento
dei
laici
,
può
anzi
sollevare
l
'
interrogativo
se
costoro
non
abbiano
ormai
smarrito
la
loro
specifica
funzione
,
e
non
debbano
invece
rassegnarsi
al
trionfo
di
un
bipartitismo
che
anche
ai
più
prudenti
appare
di
tipo
quanto
meno
anomalo
.
Ma
appunto
l
'
incapacità
del
sistema
politico
italiano
a
realizzare
altro
che
un
bipartitismo
anomalo
ripropone
il
problema
dei
laici
anche
in
una
situazione
in
apparenza
così
brutalmente
semplificata
dopo
il
20
giugno
.
Anche
ai
più
calorosi
simpatizzanti
della
Dc
sarà
difficile
negare
che
una
larga
parte
del
successo
elettorale
democristiano
è
derivato
da
elementi
,
per
così
dire
,
negativi
,
di
rifiuto
del
comunismo
che
non
comportano
alcuna
adesione
ai
valori
specifici
di
cui
la
Dc
dovrebbe
essere
portatrice
.
Il
divario
tra
quei
valori
e
la
nuova
realtà
della
società
italiana
come
società
industriale
è
venuto
allargandosi
negli
ultimi
decenni
,
ed
è
diventato
sempre
più
palese
dopo
il
referendum
.
Sarebbe
un
grave
errore
se
il
successo
elettorale
del
20
giugno
facesse
dimenticare
alla
Dc
la
difficoltà
che
il
partito
e
le
sue
organizzazioni
trovano
ogni
giorno
a
stabilire
un
vero
dialogo
con
strati
vastissimi
e
importanti
della
società
italiana
,
a
proporre
soluzioni
accettabili
di
una
serie
di
problemi
fondamentali
nella
vita
del
mondo
moderno
.
Sarebbe
un
errore
anche
più
grave
sottovalutare
le
risultanze
di
inchieste
come
quella
di
cui
il
«
Giornale
»
ha
dato
notizia
qualche
giorno
fa
,
e
che
ha
documentato
come
le
vocazioni
religiose
vengano
ormai
dalle
sole
zone
rurali
,
e
non
abbiano
invece
più
posto
nella
realtà
urbana
,
che
è
poi
realtà
dell
'
Italia
moderna
.
Sono
problemi
da
affrontare
,
se
si
vuole
che
il
precario
equilibrio
garantito
dal
20
giugno
non
diventi
in
avvenire
anche
più
precario
.
Le
risposte
saranno
certo
diverse
,
a
seconda
della
direzione
che
nel
futuro
prenderanno
le
forze
ancora
una
volta
riunitesi
dietro
lo
scudo
crociato
;
e
,
in
misura
non
minore
,
a
seconda
della
evoluzione
come
sempre
imprevedibile
del
mondo
socialista
.
Ma
è
indubbio
che
a
questi
temi
converrà
rivolgere
una
più
meditata
attenzione
,
nella
pausa
di
respiro
che
sembra
esserci
concessa
dopo
la
vicenda
elettorale
.