StampaQuotidiana ,
Dopo
tante
esitazioni
e
tante
dispute
tra
i
fautori
del
«
filo
diretto
»
con
Berlinguer
e
i
sostenitori
dell
'
«
accordo
guerreggiato
»
con
i
socialisti
,
i
partiti
di
centro
sono
giunti
a
un
risultato
che
non
potrebbe
essere
più
fallimentare
.
I
socialisti
e
i
comunisti
sono
più
vicini
tra
loro
di
quanto
lo
siano
mai
stati
negli
ultimi
quindici
o
vent
'
anni
;
si
va
alle
elezioni
in
uno
stato
di
confusione
e
di
incertezza
che
ha
pochi
confronti
;
la
pressione
comunista
sull
'
area
democratica
è
più
massiccia
e
più
pericolosa
che
mai
.
Si
sarebbe
tentati
di
dire
che
nelle
polemiche
dei
mesi
scorsi
tutti
i
disputanti
avessero
ragione
:
sia
che
sostenessero
l
'
opportunità
di
preferire
l
'
infida
alleanza
socialista
al
rapporto
con
il
micidiale
apparato
di
potere
comunista
;
sia
che
indicassero
nelle
concessioni
alla
demagogia
dei
socialisti
il
battistrada
più
sicuro
dell
'
avvento
del
Pci
al
potere
.
E
la
tentazione
ulteriore
sarebbe
di
prendere
atto
di
questa
realtà
,
di
riconoscere
la
pratica
impossibilità
di
stabilire
un
rapporto
accettabile
e
con
1
uno
e
con
l
'
altro
dei
due
partiti
marxisti
,
e
di
invitare
dunque
i
partiti
democratici
a
far
quadrato
in
uno
sforzo
supremo
di
difesa
.
Ma
in
queste
materie
non
sono
lecite
conclusioni
precipitose
.
I
partiti
democratici
devono
dunque
muovere
dalla
considerazione
di
una
serie
di
ipotesi
realistiche
sulle
prospettive
post
-
elettorali
:
nella
fiducia
che
le
elezioni
si
svolgeranno
in
un
quadro
di
sufficiente
normalità
,
e
che
le
scelte
post
-
elettorali
potranno
essere
effettuate
,
almeno
in
un
primo
tempo
,
secondo
le
regole
del
processo
democratico
.
Una
prima
ipotesi
,
resa
purtroppo
assai
probabile
non
dai
meriti
delle
sinistre
ma
dai
demeriti
dei
partiti
democratici
,
è
che
i
partiti
marxisti
riescano
ad
ottenere
una
maggioranza
sufficiente
a
governare
anche
senza
l
'
apporto
della
Dc
e
dei
suoi
alleati
.
E
verosimile
che
in
questo
caso
l
'
offerta
del
«
compromesso
storico
»
,
e
addirittura
di
un
governo
di
«
emergenza
»
,
esteso
a
tutto
l
'
«
arco
costituzionale
»
,
venga
mantenuta
.
Occorre
ribadire
,
senza
troppe
parole
,
che
se
l
'
offerta
venisse
accettata
la
democrazia
italiana
avrebbe
i
giorni
contati
.
Già
sarebbe
difficile
parlare
,
dopo
un
terzo
insuccesso
politico
-
elettorale
della
Dc
,
di
un
vero
«
compromesso
»
che
in
realtà
sarebbe
solo
illusorio
tra
un
Pci
più
forte
che
mai
e
una
Dc
umiliata
e
indebolita
da
un
'
ulteriore
sconfitta
.
Di
fatto
,
avrebbe
allora
inizio
il
graduale
assorbimento
dei
partiti
democratici
nell
'
apparato
di
potere
comunista
:
e
ogni
tentativo
di
costituire
un
'
opposizione
,
di
creare
o
salvaguardare
un
'
alternativa
al
comunismo
,
verrebbe
subito
paralizzato
o
reso
assai
più
arduo
dalla
facile
assimilazione
all
'
opposizione
della
destra
,
non
a
caso
tenuta
in
piedi
per
l
'
opportunità
che
essa
offre
di
qualificare
ogni
opposizione
come
«
fascista
»
;
e
si
sa
che
«
ammazzare
un
fascista
non
è
reato
»
.
Diremo
ancora
una
volta
che
non
si
tratta
di
fare
il
processo
alle
intenzioni
dei
dirigenti
comunisti
:
ma
solo
di
prendere
atto
che
nelle
tensioni
provocate
dallo
sforzo
di
avviare
il
socialismo
,
il
Pci
si
vedrà
presto
costretto
a
scegliere
tra
l
'
abbandono
della
democrazia
e
l
'
abbandono
del
potere
;
e
l
'
esperienza
di
tutti
i
processi
rivoluzionari
insegna
quale
sia
,
in
questi
casi
,
l
'
alternativa
destinata
a
prevalere
.
1;
anche
chiaro
che
nessun
confronto
è
possibile
con
il
precedente
del
centrosinistra
,
nel
quale
la
Dc
si
è
trovata
a
convivere
,
e
a
che
prezzo
,
con
un
Psi
che
raggiungeva
appena
un
quarto
delle
sue
dimensioni
elettorali
.
Adesso
si
dovrebbe
rinnovare
l
'
esperienza
con
un
partito
di
struttura
assai
diversa
,
burocratico
-
militaresca
,
qual
è
il
Pci
,
che
dispone
di
una
forza
elettorale
pressoché
pari
e
forse
,
dopo
le
elezioni
,
superiore
a
quella
della
Dc
;
senza
contare
l
'
apporto
di
un
Psi
verosimilmente
ancora
cresciuto
dopo
la
prova
elettorale
.
Si
può
invece
supporre
,
e
ci
si
deve
augurare
,
che
la
Dc
e
i
suoi
alleati
si
rifiutino
a
questo
tipo
di
alleanze
miranti
alla
decapitazione
preventiva
dell
'
opposizione
;
e
anzi
non
è
affatto
escluso
che
sull
'
onda
del
successo
elettorale
i
partiti
marxisti
siano
essi
stessi
ad
abbandonare
la
politica
del
compromesso
e
dell
'
«
arco
costituzionale
»
,
e
puntino
invece
direttamente
all
'
alternativa
di
sinistra
.
Di
questa
,
i
socialisti
si
sono
fatti
,
negli
ultimi
anni
,
i
più
attivi
sostenitori
:
ma
è
probabile
che
proprio
dalle
loro
file
vengano
le
remore
più
gravi
.
La
pratica
attuazione
dell
'
alternativa
di
sinistra
è
stata
infatti
sottoposta
,
nei
deliberati
congressuali
e
nelle
dichiarazioni
ultime
dei
dirigenti
socialisti
,
a
condizioni
irrealizzabili
,
che
sembrano
fatte
apposta
per
consentire
al
partito
di
De
Martino
di
rinviare
indefinitamente
ogni
decisione
.
Si
è
messa
avanti
l
'
esigenza
che
il
rapporto
di
forza
tra
i
due
partiti
marxisti
si
sposti
sensibilmente
a
favore
del
Psi
,
che
è
cosa
praticamente
fuori
della
realtà
;
e
sul
piano
internazionale
si
è
chiesto
insistentemente
che
il
Pci
«
chiarisca
»
i
suoi
rapporti
con
l
'
Urss
,
che
al
punto
in
cui
sono
le
cose
equivale
a
una
richiesta
di
rottura
che
il
Pci
non
può
prendere
in
considerazione
.
In
tal
caso
il
quadro
post
-
elettorale
si
riaprirebbe
su
una
nuova
prospettiva
di
collaborazione
fra
cattolici
e
socialisti
,
non
troppo
mutata
rispetto
alla
situazione
degli
ultimi
anni
.
Non
è
una
prospettiva
brillante
,
date
le
esperienze
:
ma
molto
dipenderà
,
e
lo
diremo
tra
poco
,
dal
modo
come
l
'
affronteranno
i
partiti
di
centro
.
Se
poi
i
socialisti
entrano
nel
governo
di
alternativa
,
egemonizzato
-
qualunque
sia
la
distribuzione
dei
portafogli
-
dai
comunisti
,
essi
si
troveranno
a
condividere
le
responsabilità
di
una
politica
costantemente
al
limite
della
degenerazione
totalitaria
.
Chi
non
ha
perduto
la
fiducia
nelle
tradizioni
di
democrazia
che
sono
tanta
parte
delle
tradizioni
socialiste
,
deve
augurarsi
che
la
concreta
esperienza
di
ciò
che
significa
il
potere
comunista
abbia
per
i
socialisti
quella
efficacia
pedagogica
che
le
esortazioni
e
gli
ammonimenti
degli
altri
partiti
democratici
finora
non
hanno
avuto
.
Non
è
neppure
escluso
,
del
resto
,
che
i
partiti
di
centro
riescano
a
conservare
la
maggioranza
.
Ma
ciò
non
elimina
il
problema
di
un
qualche
rapporto
con
l
'
opposizione
:
e
lo
mostra
l
'
esperienza
degli
ultimi
anni
di
questa
legislatura
,
nella
quale
era
tuttavia
disponibile
sulla
carta
una
maggioranza
centrista
.
Può
essere
,
dunque
,
che
i
partiti
di
centro
siano
chiamati
a
fronteggiare
la
pressione
comunista
senza
sostanziali
apporti
da
parte
socialista
:
che
i
socialisti
alla
prova
(
lei
fatti
rifiutino
l
'
alternativa
e
che
sia
dunque
possibile
riprendere
l
'
esperienza
di
centrosinistra
;
che
si
abbia
un
governo
di
«
compromesso
storico
»
o
di
«
arco
costituzionale
»
,
o
che
anche
si
realizzi
l
'
alternativa
di
sinistra
,
e
che
tuttavia
i
socialisti
riescano
in
un
secondo
tempo
,
e
prima
che
sia
troppo
tardi
,
a
svincolarsi
dall
'
abbraccio
comunista
.
Può
anche
essere
che
nessuna
di
questa
ipotesi
si
realizzi
e
che
gli
eventi
prendano
altre
vie
.
Ma
se
i
partiti
di
centro
vogliono
conservare
reali
prospettive
politiche
,
e
garantirsi
qualche
margine
per
la
difesa
dei
loro
princìpi
irrinunciabili
,
occorre
che
essi
abbandonino
le
ubbìe
della
«
irreversibilità
»
,
e
facciano
intendere
ben
chiaro
che
la
difesa
delle
posizioni
democratiche
continuerà
,
se
necessario
,
anche
dall
'
opposizione
.
Una
grande
opposizione
democratica
,
in
un
paese
come
il
nostro
,
a
struttura
sociale
così
complessa
e
per
tanti
fili
legati
all
'
Europa
e
all
'
occidente
,
ha
ancora
molto
spazio
,
se
solo
avrà
la
coerenza
e
la
chiarezza
di
idee
necessarie
per
difenderlo
:
e
il
terrorismo
della
polizia
segreta
e
delle
squadre
armate
di
partito
non
arriva
in
un
giorno
.
I
comunisti
lo
sanno
,
e
per
questo
hanno
escogitato
la
formula
del
compromesso
storico
.
E
'
troppo
sperare
che
lo
capiscano
,
chissà
quando
,
i
socialisti
?
Ed
è
troppo
chiedere
ai
partiti
di
centro
che
i
loro
esponenti
chiariscano
agli
elettori
la
loro
posizione
su
questi
temi
vitali
,
in
modo
che
ciascuno
sappia
a
chi
dà
realmente
il
proprio
voto
,
al
di
là
delle
etichette
?
StampaQuotidiana ,
Giuseppe
Chiarante
non
ha
ancora
capito
che
le
vecchie
astuzie
,
di
stampo
togliattiano
non
servono
più
;
e
che
non
basta
fare
sfoggio
di
serietà
e
di
rigore
intellettuale
a
parole
per
trarre
in
inganno
lettori
ed
ascoltatori
.
Ormai
,
sulla
vera
natura
e
sugli
obiettivi
del
Pci
si
è
venuta
accumulando
una
mole
imponente
di
fatti
e
di
esperienze
;
e
nel
confronto
le
cortine
verbali
reggono
poco
.
Non
basta
dunque
proclamare
,
come
ha
fatto
Chiarante
ne
«
L
'
Unità
»
del
19
maggio
,
la
purezza
dei
propri
intenti
,
o
appellarsi
a
disposizioni
isolate
e
interpretate
a
rovescio
,
per
negare
la
logica
totalitaria
del
progetto
comunista
per
l
'
università
.
Non
basta
dire
che
i
dipartimenti
ci
sono
in
tutto
il
mondo
occidentale
,
per
contrabbandare
come
centri
d
'
insegnamento
e
di
ricerca
scientifica
gli
organismi
politico
-
sindacali
a
carattere
intimidatorio
previsti
dal
progetto
comunista
;
e
anche
meno
serve
ricordare
che
i
docenti
di
ruolo
sarebbero
in
maggioranza
nelle
Giunte
di
Dipartimento
,
quando
esse
sono
soltanto
organi
di
esecuzione
dei
deliberati
di
assemblee
nelle
quali
bidelli
,
borsisti
e
infermieri
sono
chiamati
a
votare
su
questioni
di
ricerca
e
d
'
insegnamento
allo
stesso
titolo
e
con
lo
stesso
voto
dei
docenti
e
ricercatori
.
Non
parliamo
poi
della
foglia
di
fico
delle
«
chiamate
»
di
nuovi
professori
riservate
ai
docenti
,
secondo
un
emendamento
dell
'
ultima
ora
,
nel
quale
del
resto
si
ribadisce
che
anch
'
esse
saranno
discusse
in
assemblee
comuni
di
tutto
il
personale
,
in
cui
la
Cgil
avrà
solo
la
scelta
degli
strumenti
per
imporre
le
proprie
decisioni
.
Ed
è
vergognoso
che
Chiarante
rimproveri
a
una
non
meglio
specificata
«
maggioranza
governativa
»
la
liberalizzazione
degli
accessi
all
'
università
o
la
moltiplicazione
insensata
del
personale
insegnante
a
tutti
i
livelli
.
La
liberalizzazione
porta
il
nome
del
non
onorevole
Tristano
Codignola
,
esponente
del
Psi
,
alleato
d
'
elezione
del
Pci
;
ed
essa
,
al
pari
della
campagna
per
la
sistemazione
in
ruolo
,
a
ogni
costo
e
con
tutti
i
mezzi
,
di
ogni
sorta
di
aspiranti
,
fu
una
richiesta
portata
avanti
anzitutto
dai
comunisti
e
dalle
loro
organizzazioni
sindacali
.
Ila
dimenticato
,
Chiarante
,
l
'
agitazione
condotta
per
anni
sulla
base
di
assurdi
e
pretestuosi
raffronti
tra
il
rapporto
docenti
-
studenti
in
America
e
in
Italia
?
Ignora
forse
i
regolamenti
liberticidi
di
cui
i
sindacati
comunisti
nell
'
ultimo
anno
si
sono
fatti
promotori
nelle
università
di
Torino
e
di
Firenze
,
di
Bologna
e
di
Roma
?
Qualche
settimana
fa
,
nel
Consiglio
della
Facoltà
di
Lettere
di
Roma
una
mozione
mirante
a
sottoporre
a
deliberazioni
assembleari
di
tutto
il
personale
docente
e
non
docente
il
controllo
dell
'
attività
didattica
e
persino
dell
'
attività
di
ricerca
dei
«
singoli
docenti
»
è
stata
presentata
da
Alberto
Asor
Rosa
,
membro
del
direttivo
della
federazione
comunista
della
capitale
,
e
votata
da
tutti
i
comunisti
presenti
.
I
comunisti
sono
stati
alla
testa
di
tutte
le
azioni
volte
a
distruggere
le
strutture
della
nostra
università
,
a
privare
i
responsabili
scientifici
e
didattici
dei
mezzi
atti
a
controllare
l
'
agitazione
e
a
dirigerla
verso
obiettivi
di
rinnovamento
e
non
di
mera
e
nichilistica
distruzione
.
Adesso
i
vari
Chiarante
vorrebbero
rovesciare
le
parti
e
presentarsi
come
vittime
dei
guasti
che
hanno
scientemente
alimentato
e
provocato
.
Ma
queste
son
cose
note
a
chiunque
lavora
nell
'
università
,
e
chi
le
nega
è
solo
un
mentitore
.
Sarebbe
utile
che
anche
chi
opera
in
altri
settori
confrontasse
le
parole
dei
comunisti
con
l
'
esperienza
di
ogni
giorno
.
Ne
verrebbe
,
probabilmente
,
un
quadro
d
'
insieme
atto
a
disingannare
profondamente
gli
ingenui
che
davvero
sono
disposti
a
scambiare
gli
incendiari
con
i
pompieri
,
e
a
riporre
le
loro
speranze
d
'
ordine
negli
autori
e
responsabili
dell
'
aggressione
e
del
disordine
.
StampaQuotidiana ,
Alla
vigilia
delle
ultime
elezioni
l
'
accordo
su
alcune
candidature
comuni
da
parte
dei
tre
partiti
minori
e
una
significativa
dichiarazione
di
Giovanni
Agnelli
parvero
imprimere
nuovo
slancio
alla
tematica
già
un
po
'
stanca
dell
'
alleanza
laica
.
Si
trattava
,
beninteso
,
di
cose
assai
diverse
.
Le
candidature
nascevano
infatti
su
un
terreno
di
ordinaria
cucina
elettorale
,
stilla
base
del
calcolo
dei
voti
ottenuti
in
precedenza
dai
tre
alleati
(
provvisori
)
in
alcuni
collegi
;
mentre
la
simpatia
espressa
da
Agnelli
per
l
'
iniziativa
documentava
l
'
interesse
che
una
prospettiva
del
genere
aveva
suscitato
in
un
settore
importante
della
società
italiana
come
quello
imprenditoriale
,
che
molti
considerano
politicamente
sottorappresentato
.
Anche
i
risultati
delle
elezioni
hanno
dunque
un
significato
diverso
come
elemento
di
giudizio
nei
due
casi
.
L
'
esperimento
elettorale
non
ha
avuto
,
nell
'
insieme
,
risultati
molto
persuasivi
,
anche
se
essi
sono
stati
pesantemente
condizionati
dalla
crisi
che
ha
investito
tutte
le
forze
di
democrazia
laica
(
con
la
parziale
eccezione
del
Pri
)
,
anche
fuori
dell
'
alleanza
,
e
dell
'
atteggiamento
di
netto
distacco
di
due
almeno
dei
tre
partiti
nei
confronti
dell
'
iniziativa
.
Resta
invece
da
vedere
quale
sia
il
significato
permanente
dell
'
interesse
che
la
proposta
ha
suscitato
al
di
fuori
delle
strutture
dei
partiti
,
e
che
è
documentato
da
una
serie
di
manifestazioni
sorte
a
fianco
della
campagna
elettorale
e
dalle
dichiarazioni
di
disponibilità
che
si
sono
raccolte
nei
più
vari
settori
.
Va
detto
subito
che
l
'
interesse
mostrato
dai
ceti
imprenditoriali
e
di
borghesia
produttiva
per
l
'
alleanza
non
può
significare
che
essa
sia
destinata
a
proporsi
come
un
ipotetico
partito
dei
produttori
.
In
un
paese
classista
come
l
'
Italia
,
industrializzatosi
-
ed
è
un
caso
quasi
unico
-
senza
un
'
«
ideologia
dell
'
industrializzazione
»
,
il
partito
dei
produttori
verrebbe
subito
identificato
col
partito
dei
«
padroni
»
,
e
questa
non
sarebbe
solo
una
caratterizzazione
negativa
sul
piano
della
propaganda
ma
l
'
espressione
di
un
errore
di
sostanza
.
Nel
mondo
moderno
non
è
infatti
sopportabile
che
all
'
enorme
potere
economico
dell
'
impresa
capitalistica
si
sommi
addirittura
l
'
esercizio
diretto
del
potere
politico
;
ed
è
invece
necessario
,
per
un
corretto
funzionamento
del
sistema
,
che
un
potere
politico
indipendente
sia
in
grado
di
dialogare
,
condizionare
,
dirigere
a
finalità
di
interesse
generale
le
incomparabili
capacità
di
realizzazione
dell
'
impresa
privata
.
Ma
ciò
non
toglie
che
all
'
origine
di
queste
sollecitazioni
spontanee
alla
convergenza
di
forze
storicamente
e
ideologicamente
così
diverse
,
in
apparenza
,
come
sono
quelle
liberali
,
socialdemocratiche
e
repubblicane
,
vi
sia
comunque
l
'
intuizione
immediata
,
a
livello
popolare
se
si
vuole
,
di
una
realtà
complessa
che
finora
le
forze
politiche
si
sono
mostrate
incapaci
di
cogliere
:
la
realtà
,
cioè
,
del
processo
che
durante
il
XX
secolo
ha
condotto
le
grandi
forze
storiche
nelle
quali
si
era
divisa
la
società
ottocentesca
a
confluire
su
politiche
e
obiettivi
largamente
comuni
,
ai
quali
si
deve
la
fisionomia
dell
'
Europa
moderna
.
Liberalismo
e
socialismo
,
divisi
e
contrapposti
da
conflitti
drammatici
nel
XIX
secolo
,
hanno
conosciuto
un
processo
di
reciproca
integrazione
che
si
è
tradotta
in
acquisizioni
durature
e
irrinunciabili
della
nostra
civiltà
.
Il
processo
si
è
realizzato
in
modo
assai
diverso
in
paesi
come
la
Gran
Bretagna
e
la
Germania
,
nelle
regioni
del
Benelux
e
in
quelle
scandinave
:
ma
attraverso
queste
diversità
,
che
hanno
visto
il
ridimensionamento
e
talora
la
scomparsa
di
alcune
grandi
forze
storiche
,
dal
liberalismo
inglese
al
comunismo
tedesco
,
certi
fatti
fondamentali
sono
venuti
alla
luce
.
Lo
sviluppo
dei
diritti
e
dei
valori
dell
'
individuo
,
in
un
quadro
intangibile
di
democrazia
formale
,
è
diventato
obiettivo
primario
e
irrinunciabile
nelle
nuove
forme
di
socialità
realizzate
dalle
grandi
socialdemocrazie
;
e
a
sua
volta
il
riformismo
liberale
,
una
volta
sorpassata
la
fase
della
conquista
di
garanzie
dello
Stato
con
cui
s
'
identifica
la
storia
delle
libertà
moderne
,
ha
preso
la
forma
di
una
serrata
battaglia
per
la
realizzazione
di
strutture
sociali
atte
a
dare
più
vasto
spazio
e
più
concreta
verità
all
'
esigenza
liberale
di
assicurare
la
piena
espansione
della
personalità
e
della
creatività
individuale
.
E
storia
ormai
vecchia
,
e
l
'
emblematica
adesione
al
partito
liberale
di
sir
William
Beveridge
,
autore
del
programma
di
sicurezza
sociale
che
doveva
tradursi
nel
Welfare
State
laburista
,
è
cosa
di
trent
'
anni
fa
.
E
tuttavia
,
da
noi
si
è
sentito
parlare
anche
di
recente
di
contrapposizioni
insuperabili
fra
socialdemocratici
e
liberali
riformisti
,
e
di
contrasti
inconciliabili
tra
la
liberal
-
democrazia
dei
repubblicani
e
la
socialdemocrazia
dei
socialdemocratici
:
da
parte
di
chi
sarebbe
poi
assai
imbarazzato
se
dovesse
indicare
,
in
Europa
,
paesi
e
società
liberal
-
democratiche
che
non
siano
quelle
socialdemocratiche
e
viceversa
.
Tanto
la
realtà
dei
fatti
ha
sopravanzato
la
scolastica
di
pregiudizi
programmatici
invecchiati
di
mezzo
secolo
.
Se
un
ritardo
c
'
è
,
e
vistoso
,
nella
cultura
politica
del
nostro
paese
,
non
sul
piano
accademico
e
dottrinario
ma
su
quello
dei
valori
concretamente
fatti
propri
dalle
forze
politiche
,
esso
sta
in
questa
incapacità
di
prender
atto
dei
mutamenti
che
intanto
sono
avvenuti
nelle
cose
da
parte
di
chi
avrebbe
maggior
interesse
a
farlo
.
La
fedeltà
alle
bandiere
e
alle
tradizioni
ha
fatto
schermo
,
in
questo
come
in
tanti
altri
casi
,
alla
pigrizia
mentale
.
Naturalmente
,
liberalismo
e
socialismo
restano
,
sul
piano
teorico
,
cose
diverse
,
e
la
tematica
dell
'
assoluto
egualitarismo
e
quella
dell
'
assoluto
individualismo
non
sono
sempre
e
chiaramente
conciliabili
.
Ma
questo
,
che
è
alimento
fecondo
e
irrinunciabile
della
riflessione
critica
,
non
va
confuso
con
la
valutazione
storica
e
politica
della
presente
fase
di
sviluppo
delle
società
industriali
avanzate
,
e
tanto
meno
dev
'
essere
abbassato
a
strumento
di
tendenze
che
in
concreto
servono
solo
a
frenare
l
'
ascesa
delle
forze
reali
maturate
nella
società
civile
e
politica
del
nostro
paese
durante
gli
ultimi
decenni
.
Sarebbe
tuttavia
troppo
facile
,
se
bastasse
constatare
l
'
esistenza
di
queste
realtà
altrove
per
vederne
garantito
lo
sviluppo
anche
in
Italia
:
dove
,
a
non
dir
altro
,
il
partito
comunista
ha
catturato
gran
parte
del
movimento
operaio
,
che
invece
ha
avuto
un
ruolo
fondamentale
nella
costruzione
delle
più
avanzate
democrazie
dell
'
Europa
moderna
.
Il
problema
,
naturalmente
,
non
si
pone
per
chi
è
convinto
di
avere
già
trovato
,
nel
Pci
,
l
'
autentico
partito
socialdemocratico
di
cui
l
'
Italia
aveva
bisogno
.
Ma
questo
è
vero
solo
per
chi
ha
deciso
di
chiudere
gli
occhi
a
ciò
che
accade
ogni
giorno
nella
vita
di
tutti
noi
.
Per
chi
non
ama
né
apprezza
questi
esercizi
dell
'
arte
consolatoria
la
questione
è
e
rimane
quella
della
costruzione
di
una
vera
e
solida
alternativa
democratica
nel
paese
più
minacciato
dal
comunismo
tra
quelli
del
mondo
occidentale
.
Questa
alternativa
non
può
ignorare
che
il
centro
dello
schieramento
democratico
è
tuttora
occupato
dall
'
area
cattolica
,
che
ne
ha
costituito
per
trent
'
anni
il
fondamento
,
e
che
nelle
ultime
elezioni
ha
dimostrato
una
vitalità
che
molti
non
sospettavano
.
Il
successo
elettorale
della
Dc
,
accompagnato
dal
gravissimo
cedimento
dei
laici
,
può
anzi
sollevare
l
'
interrogativo
se
costoro
non
abbiano
ormai
smarrito
la
loro
specifica
funzione
,
e
non
debbano
invece
rassegnarsi
al
trionfo
di
un
bipartitismo
che
anche
ai
più
prudenti
appare
di
tipo
quanto
meno
anomalo
.
Ma
appunto
l
'
incapacità
del
sistema
politico
italiano
a
realizzare
altro
che
un
bipartitismo
anomalo
ripropone
il
problema
dei
laici
anche
in
una
situazione
in
apparenza
così
brutalmente
semplificata
dopo
il
20
giugno
.
Anche
ai
più
calorosi
simpatizzanti
della
Dc
sarà
difficile
negare
che
una
larga
parte
del
successo
elettorale
democristiano
è
derivato
da
elementi
,
per
così
dire
,
negativi
,
di
rifiuto
del
comunismo
che
non
comportano
alcuna
adesione
ai
valori
specifici
di
cui
la
Dc
dovrebbe
essere
portatrice
.
Il
divario
tra
quei
valori
e
la
nuova
realtà
della
società
italiana
come
società
industriale
è
venuto
allargandosi
negli
ultimi
decenni
,
ed
è
diventato
sempre
più
palese
dopo
il
referendum
.
Sarebbe
un
grave
errore
se
il
successo
elettorale
del
20
giugno
facesse
dimenticare
alla
Dc
la
difficoltà
che
il
partito
e
le
sue
organizzazioni
trovano
ogni
giorno
a
stabilire
un
vero
dialogo
con
strati
vastissimi
e
importanti
della
società
italiana
,
a
proporre
soluzioni
accettabili
di
una
serie
di
problemi
fondamentali
nella
vita
del
mondo
moderno
.
Sarebbe
un
errore
anche
più
grave
sottovalutare
le
risultanze
di
inchieste
come
quella
di
cui
il
«
Giornale
»
ha
dato
notizia
qualche
giorno
fa
,
e
che
ha
documentato
come
le
vocazioni
religiose
vengano
ormai
dalle
sole
zone
rurali
,
e
non
abbiano
invece
più
posto
nella
realtà
urbana
,
che
è
poi
realtà
dell
'
Italia
moderna
.
Sono
problemi
da
affrontare
,
se
si
vuole
che
il
precario
equilibrio
garantito
dal
20
giugno
non
diventi
in
avvenire
anche
più
precario
.
Le
risposte
saranno
certo
diverse
,
a
seconda
della
direzione
che
nel
futuro
prenderanno
le
forze
ancora
una
volta
riunitesi
dietro
lo
scudo
crociato
;
e
,
in
misura
non
minore
,
a
seconda
della
evoluzione
come
sempre
imprevedibile
del
mondo
socialista
.
Ma
è
indubbio
che
a
questi
temi
converrà
rivolgere
una
più
meditata
attenzione
,
nella
pausa
di
respiro
che
sembra
esserci
concessa
dopo
la
vicenda
elettorale
.
StampaQuotidiana ,
Tra
coloro
che
in
anni
recenti
sono
volati
nelle
grandi
braccia
del
Pci
non
pochi
fanno
appello
,
per
giustificarsi
,
alle
superiori
virtù
politiche
che
avrebbero
consentito
ai
comunisti
di
evitare
i
tanti
errori
di
cui
invece
si
sono
resi
responsabili
i
partiti
democratici
.
I
comunisti
vincono
,
si
proclama
,
perché
hanno
ragione
:
e
i
loro
successi
sono
lì
a
dimostrarlo
.
E
una
forma
di
quel
deteriore
storicismo
che
già
in
altri
tempi
fu
chiamato
a
giustificare
i
cedimenti
nei
confronti
dei
potenti
del
giorno
:
sacrificando
ai
superiori
diritti
della
storia
quelli
della
coscienza
individuale
e
facendo
in
tal
modo
,
come
i
fatti
si
incaricarono
di
dimostrare
,
un
cattivo
servizio
anche
alla
storia
.
Ma
le
giustificazioni
restano
ugualmente
inconsistenti
.
Perché
se
proprio
si
vuol
fare
la
caccia
agli
errori
,
non
v
'
è
dubbio
che
il
primo
posto
spetta
proprio
ai
comunisti
,
senza
contrasto
.
La
scelta
stalinista
nell
'
epoca
peggiore
,
al
tempo
del
processo
dei
medici
,
di
Popov
inventore
della
radio
,
della
biologia
materialistico
-
dialettica
di
Lysenko
;
l
'
insistenza
sulla
terra
ai
contadini
,
quando
l
'
Italia
si
avviava
al
miracolo
economico
,
che
avrebbe
tolto
ogni
radice
alle
impostazioni
di
quel
tipo
;
un
meridionalismo
contraddetto
a
ogni
passo
da
rivendicazioni
di
settore
a
carattere
nettamente
antimeridionale
;
il
rifiuto
dell
'
Europa
,
quando
il
nostro
paese
si
avviava
a
compiere
un
salto
di
qualità
di
vera
portata
storica
con
l
'
inserimento
nell
'
Europa
:
sono
queste
le
risposte
che
il
Pci
ha
dato
ai
problemi
fondamentali
che
l
'
Italia
ha
dovuto
affrontare
nel
dopoguerra
;
e
ciascuna
di
esse
denuncia
una
netta
inferiorità
politico
-
culturale
in
confronto
alle
scelte
effettuate
dai
partiti
democratici
.
La
superiorità
dei
comunisti
sta
invece
nella
disciplina
,
nell
'
unità
di
vedute
e
nella
compattezza
che
li
distingue
:
ma
su
questo
terreno
ogni
partito
a
struttura
autoritaria
e
totalitaria
può
vincere
facilmente
il
confronto
con
partiti
d
'
opinione
e
a
basso
grado
di
militanza
quali
sono
i
partiti
democratici
;
senza
che
questo
dimostri
poi
gran
che
.
Certo
,
i
comunisti
parlano
oggi
un
linguaggio
«
diverso
»
:
ma
questa
revisione
,
a
livello
meramente
tattico
,
senza
spessore
ideologico
ed
effettuata
mentre
si
accentua
l
'
infiltrazione
comunista
in
tutti
i
settori
della
società
italiana
,
può
essere
rovesciata
senza
lasciar
traccia
appena
lo
vorranno
le
esigenze
della
tattica
;
e
il
metodo
leninista
fornisce
giustificazioni
di
ogni
tipo
per
questo
genere
di
operazioni
.
Indizio
di
superiorità
vera
,
che
un
'
analisi
davvero
storicista
deve
mettere
in
primo
piano
,
è
piuttosto
la
tenacia
con
la
quale
il
Pci
ha
saputo
tener
fede
ai
suoi
obiettivi
strategici
anche
nei
momenti
più
oscuri
,
dopo
la
grande
sconfitta
elettorale
del
1948
e
quando
il
successo
iniziale
dell
'
operazione
di
centrosinistra
lo
aveva
isolato
e
costretto
in
un
angolo
dello
schieramento
politico
italiano
.
Allora
furono
rarissime
e
assai
sommesse
le
voci
che
in
campo
comunista
suggerirono
di
adattarsi
alla
situazione
,
apparentemente
senza
prospettive
,
che
sembrava
destinata
a
caratterizzare
gli
anni
avvenire
;
e
fu
quello
invece
il
periodo
in
cui
si
elaborò
la
strategia
che
,
alternando
l
'
attacco
seminsurrezionale
della
contestazione
universitaria
e
dell
'
estremismo
sindacale
con
l
'
azione
restauratrice
del
Pci
,
ha
condotto
i
comunisti
all
'
attuale
posizione
di
forza
.
Giustizia
vuole
,
del
resto
,
che
l
'
elaborazione
di
questo
tipo
nuovo
di
strategia
si
attribuisca
non
tanto
ai
dirigenti
ufficiali
del
Pci
quanto
a
quelle
frange
intellettuali
che
,
dapprima
messe
al
margine
e
in
più
casi
espulse
dal
partito
,
hanno
poi
finito
per
determinare
la
linea
di
condotta
e
del
partito
e
di
buona
parte
del
movimento
sindacale
.
Al
contrario
,
proprio
questa
tenacia
e
la
connessa
capacità
di
revisione
delle
strategie
tradizionali
è
mancata
ai
partiti
democratici
:
i
quali
,
davanti
alla
nuova
linea
d
'
azione
adottata
dalle
sinistre
,
hanno
oscillato
e
tuttora
oscillano
fra
le
suggestioni
populistico
-
trasformistiche
dei
cattolici
e
le
velleità
contraddittorie
dei
laici
,
perduti
dietro
il
miraggio
di
una
mediazione
non
richiesta
e
alla
quale
in
ogni
caso
le
loro
forze
sono
di
gran
lunga
insufficienti
.
Ogni
serio
ripensamento
della
strategia
dello
schieramento
democratico
e
dei
rapporti
fra
i
partiti
che
per
trent
'
anni
hanno
operato
nel
suo
ambito
,
deve
muovere
,
in
primo
luogo
,
dalla
rinuncia
a
questo
miraggio
.
In
un
blocco
clerico
-
comunista
e
,
peggio
,
in
uno
schieramento
egemonizzato
dai
soli
comunisti
,
per
i
laici
non
c
'
è
posto
.
Non
sarà
certo
la
cultura
liberal
-
democratica
a
cementare
la
precaria
unione
-
carica
di
ogni
sorta
di
pericoli
-
tra
comunisti
e
cattolici
;
e
in
uno
schieramento
di
stampo
prevalentemente
comunista
i
laici
non
possono
né
dare
garanzie
,
che
non
è
in
loro
potere
di
fornire
,
né
assolvere
un
'
autonoma
funzione
culturale
,
che
l
'
omogeneità
del
blocco
ideologico
di
ispirazione
marxista
tende
intrinsecamente
a
rifiutare
.
La
revisione
delle
strategie
democratiche
può
trarre
invece
vantaggio
dalle
stesse
difficoltà
della
situazione
attuale
,
nella
misura
in
cui
esse
impongono
una
più
realistica
considerazione
degli
affari
interni
ai
partiti
democratici
e
della
funzione
che
essi
sono
chiamati
a
svolgere
nel
paese
.
Per
anni
,
questa
considerazione
è
stata
offuscata
dal
trionfalismo
dei
cattolici
e
dai
rancori
malcelati
dei
laici
.
Ma
la
Dc
ha
oggi
seri
motivi
per
rinunciare
all
'
illusione
di
poter
governare
da
sola
l
'
Italia
per
altri
cinquant
'
anni
;
e
i
laici
hanno
motivi
altrettanto
seri
per
capire
che
le
minacce
più
gravi
all
'
avvenire
dell
'
Italia
non
vengono
dall
'
inesistente
ipoteca
clericale
sulla
cultura
del
paese
.
Su
questa
base
un
discorso
serio
può
e
deve
essere
aperto
tra
forze
che
per
trent
'
anni
sono
state
solidali
nella
lotta
per
la
democrazia
,
e
che
non
si
vede
perché
non
debbano
esserlo
ancora
.
Non
si
tratta
,
neppure
adesso
,
e
ora
anzi
meno
che
mai
,
di
chiedere
transazioni
impossibili
fra
cultura
laica
e
cultura
cattolica
:
ma
di
riconoscere
l
'
essenziale
importanza
di
una
concreta
collaborazione
sul
terreno
politico
,
da
porre
su
nuove
e
più
solide
basi
,
senza
strumentalizzazioni
da
una
parte
e
senza
pretese
egemoniche
dall
'
altra
.
Vi
sono
settori
del
mondo
cattolico
,
legati
a
una
tematica
politico
-
religiosa
di
tipo
ancora
confessionale
e
integralista
,
che
non
sono
certo
disponibili
per
un
discorso
del
genere
:
e
nessun
laico
di
spirito
liberale
negherà
la
legittimità
e
la
funzione
di
queste
forze
.
Ma
ogni
osservatore
non
pregiudicato
deve
anche
ammettere
che
se
esse
esprimono
componenti
di
rilievo
della
presente
realtà
italiana
,
non
possono
tuttavia
aspirare
a
rappresentare
le
istanze
più
generali
e
più
diffuse
:
perché
nella
società
industriale
moderna
questo
compito
non
può
più
essere
svolto
da
forze
caratterizzate
prevalentemente
in
senso
religioso
.
In
questi
termini
il
discorso
è
probabilmente
destinato
ad
assumere
un
rilievo
crescente
nella
crisi
italiana
:
e
nessuno
più
dei
laici
ha
interesse
a
sollecitarlo
.
Nello
schieramento
democratico
spetta
ad
essi
una
funzione
che
non
possono
assolvere
le
sole
forze
di
estrazione
cattolica
:
ed
è
qui
che
essi
possono
identificare
il
loro
ruolo
autonomo
e
conforme
ai
grandi
interessi
del
paese
,
che
è
invece
impensabile
in
un
quadro
condizionato
dalla
preliminare
accettazione
dell
'
egemonia
comunista
.
StampaQuotidiana ,
Con
i
suoi
14
milioni
di
voti
la
Dc
ha
dato
il
20
giugno
una
nuova
prova
della
sua
forza
elettorale
.
Il
significato
di
questo
successo
non
va
sottovalutato
.
E
'
l
'
ennesima
riprova
che
al
messaggio
cristiano
è
riservato
un
grande
spazio
tra
le
forze
destinate
a
modellare
la
realtà
in
cui
viviamo
.
In
una
società
così
fortemente
competitiva
come
quella
capitalistica
,
dove
la
solitudine
esistenziale
nella
folla
senza
nome
è
per
molti
una
esperienza
drammatica
,
e
dove
sfide
sempre
nuove
nascono
ogni
giorno
dalla
scienza
,
dalla
tecnologia
,
dalla
crisi
dei
vecchi
valori
e
dalle
dimensioni
accresciute
della
vita
sociale
,
il
riferimento
religioso
è
per
molti
irrinunciabile
,
sul
piano
individuale
e
su
quello
collettivo
.
Solidarietà
e
carità
cristiana
acquistano
per
i
deboli
e
per
i
meno
fortunati
un
significato
che
si
traduce
in
un
livello
d
'
impegno
sociale
e
politico
spesso
ignoto
alle
formazioni
«
laiche
»
e
che
conferisce
un
preciso
contenuto
alla
caratterizzazione
«
popolare
»
della
Dc
.
Ma
se
queste
sono
realtà
innegabili
,
va
però
sottolineato
anche
che
la
Dc
ha
riscosso
il
grosso
dei
consensi
in
settori
della
società
italiana
assai
più
estesi
,
che
le
hanno
affidato
la
propria
rappresentanza
politica
al
di
fuori
di
ogni
motivazione
religiosa
.
Il
voto
di
questi
settori
per
la
Dc
è
solo
un
'
espressione
della
loro
scelta
per
il
modello
civile
occidentale
,
con
i
suoi
ordinamenti
economici
fondati
sull
'
impresa
e
la
sua
esaltazione
della
libera
personalità
individuale
.
Non
è
cosa
nuova
,
e
su
questa
scelta
la
Dc
ha
sempre
fondato
le
proprie
fortune
elettorali
.
Ma
adesso
le
esigenze
della
società
sono
cresciute
,
e
le
risposte
della
vecchia
Dc
non
bastano
più
.
Un
paese
dove
il
reddito
reale
per
abitante
è
tre
volte
superiore
a
quello
del
1951
,
con
una
popolazione
residente
nei
centri
con
oltre
50
mila
abitanti
pari
al
40
per
cento
del
totale
,
e
con
un
tasso
di
scolarità
e
d
'
informazione
incomparabilmente
più
alto
,
pone
alla
classe
politica
problemi
assai
diversi
da
quelli
affrontati
al
tempo
di
De
Gasperi
.
Più
elevate
disponibilità
di
reddito
significano
infatti
maggiore
larghezza
e
varietà
di
vita
,
possibilità
più
diversificate
,
attese
e
prospettive
più
ampie
di
accesso
ai
beni
e
ai
valori
del
mondo
:
che
sono
poi
i
contenuti
di
una
società
«
secolarizzata
»
con
i
quali
vengono
a
più
diretto
contatto
le
grandi
masse
investite
dai
moderni
processi
di
sviluppo
economico
.
E
questa
Italia
nuova
,
l
'
Italia
davvero
europea
,
che
alla
Dc
chiede
oggi
l
'
acquisizione
di
un
modo
diverso
di
far
politica
,
meno
legato
ai
moduli
della
vita
parrocchiale
e
più
a
quelli
dell
'
azienda
e
della
produzione
,
e
insieme
meglio
adatto
ad
accettare
e
a
promuovere
i
valori
e
il
costume
che
son
propri
della
nuova
realtà
.
Riconoscere
che
questa
è
la
sfida
che
la
Dc
è
chiamata
a
fronteggiare
non
significa
auspicarne
la
trasformazione
in
un
partito
laico
e
«
liberale
»
.
Ci
piaccia
o
non
ci
piaccia
,
l
'
ultimo
mezzo
secolo
di
storia
italiana
ha
relegato
i
partiti
laici
non
socialisti
a
un
ruolo
minoritario
e
assegnato
un
peso
determinante
al
partito
cattolico
.
Ma
la
Dc
deve
ugualmente
raccogliere
quella
sfida
,
se
vuole
restare
fedele
alla
sua
vocazione
interclassista
in
termini
adeguati
alle
esigenze
di
oggi
.
E
potrà
farlo
senza
chiedere
nessuna
rinuncia
a
quelli
fra
i
suoi
militanti
che
derivano
dalla
coscienza
religiosa
le
motivazioni
ultime
del
proprio
impegno
politico
.
Nel
quadro
di
un
'
ispirazione
cristiana
i
valori
della
società
libera
e
democratica
trovano
giustificazioni
certamente
diverse
da
quelle
che
si
richiamano
invece
alla
cultura
laica
:
ma
è
proprio
nell
'
ispirazione
religiosa
che
le
forze
più
autentiche
del
cristianesimo
hanno
trovato
durante
gli
ultimi
decenni
le
motivazioni
più
profonde
della
loro
scelta
per
la
libertà
e
contro
il
totalitarismo
,
al
di
qua
e
al
di
là
della
cortina
di
ferro
.
Certo
,
questi
sono
problemi
interni
al
mondo
cattolico
e
,
più
in
particolare
,
al
partito
della
Dc
.
Ma
sono
problemi
ai
quali
non
può
restare
indifferente
il
mondo
laico
:
che
ha
un
innegabile
interesse
a
tutto
ciò
che
tende
a
conferire
una
fisionomia
di
maggiore
modernità
al
più
grande
partito
dello
schieramento
democratico
,
e
dunque
a
tutto
il
sistema
politico
del
paese
.
Nell
'
ineliminabile
differenza
delle
motivazioni
ultime
sul
piano
culturale
,
esiste
un
vasto
terreno
comune
sul
quale
le
forze
democratiche
di
ogni
estrazione
ideologica
sono
chiamate
a
incontrarsi
.
Ed
è
stato
un
errore
assai
grave
delle
forze
laiche
non
avere
finora
guardato
con
la
necessaria
attenzione
a
quei
settori
del
mondo
cattolico
che
sono
più
aperti
ai
valori
di
cui
la
cultura
liberal
-
democratica
si
vanta
di
essere
portatrice
.
Il
«
dialogo
»
con
i
cattolici
è
così
rimasto
monopolio
dei
comunisti
,
da
sempre
campioni
di
ineguagliata
spregiudicatezza
in
questa
materia
.
Non
è
affatto
detto
che
questa
linea
risulterà
vincente
nella
Dc
.
E
possibile
che
i
suoi
dirigenti
,
dall
'
alto
della
propria
forza
elettorale
,
ritengano
invece
che
nulla
vi
sia
da
mutare
nelle
vecchie
ricette
politico
-
ideologiche
;
e
che
di
fatto
esse
bastino
ad
assicurare
al
partito
cattolico
,
anche
in
avvenire
(
se
non
interveranno
fattori
eccezionali
di
crisi
)
,
successi
analoghi
a
quelli
del
passato
.
Resta
tuttavia
da
vedere
se
un
voto
con
valore
meramente
numerico
,
non
sostenuto
da
quel
concreto
e
fattivo
ricambio
con
la
società
civile
in
cui
si
concreta
una
moderna
vita
politica
,
possa
essere
sufficiente
oggi
,
quando
il
Pci
è
ormai
a
un
soffio
dal
traguardo
del
potere
.
StampaQuotidiana ,
Democrazia
e
pluralismo
sono
il
pezzo
forte
della
grande
«
operazione
sorriso
»
lanciata
negli
ultimi
anni
dal
Pci
:
ma
l
'
opinione
democratica
,
alla
quale
è
in
primo
luogo
rivolta
questa
campagna
pubblicitaria
,
dovrebbe
guardare
con
attenzione
il
contenuto
della
scatola
che
le
viene
offerta
con
tanta
generosità
.
Potrebbe
rivelarsi
intriso
di
contenuti
inquinanti
,
e
di
autentici
veleni
.
Un
buon
punto
di
partenza
può
essere
l
'
esame
del
duplice
atteggiamento
del
gruppo
dirigente
comunista
verso
l
'
ondata
di
contestazione
iniziata
nel
1968
.
Dopo
una
fase
di
incertezza
,
condanne
e
deplorazioni
si
sono
moltiplicate
:
il
movimento
è
stato
bollato
come
espressione
di
estremismo
infantile
e
di
spontaneismo
incontrollato
;
la
sua
debolezza
organizzativa
,
l
'
inconsistenza
delle
sue
posizioni
teoriche
,
la
povertà
delle
sue
mitologie
-
non
ultima
il
maoismo
-
sono
state
duramente
denunciate
e
non
di
rado
fatte
oggetto
di
impietose
derisioni
.
Sono
queste
le
posizioni
alle
quali
attinge
fiducia
e
sicurezza
il
pubblico
democratico
e
borghese
,
vittima
per
tanti
anni
di
ogni
sorta
di
aggressioni
materiali
e
morali
,
e
tentato
alfine
di
vedere
nel
Pci
quella
forza
d
'
ordine
e
di
restaurazione
di
cui
la
sua
stanchezza
gli
fa
avvertire
così
vivamente
il
bisogno
.
Non
v
'
è
alcuna
necessità
di
mettere
in
discussione
la
buona
fede
di
chi
adesso
si
fa
paladino
di
tesi
così
rassicuranti
.
Viene
piuttosto
in
mente
il
«
bispensiero
»
di
orwelliana
memoria
-
se
il
riferimento
è
consentito
a
proposito
di
un
partito
che
si
presenta
agli
italiani
con
la
figura
rispettabile
di
Giorgio
Amendola
e
con
quella
,
un
po
'
più
ambigua
,
di
Enrico
Berlinguer
.
E
tuttavia
,
quale
immagine
più
adatta
a
designare
l
'
intreccio
fra
le
ampie
assicurazioni
date
ai
pavidi
e
ai
timorosi
,
e
la
spregiudicata
utilizzazione
che
il
Pci
continua
a
fare
delle
spinte
eversive
così
duramente
condannate
in
altra
sede
?
Di
fatto
,
le
spinte
eversive
vengono
condannate
dai
comunisti
sino
a
quando
sono
controllate
dai
«
gruppuscoli
»
dell
'
ultrasinistra
;
ma
vengono
invece
levate
al
cielo
,
ed
esaltate
come
grande
moto
democratico
dei
lavoratori
,
dei
giovani
e
delle
donne
,
quando
il
Pci
riesce
ad
assoggettarle
alla
propria
guida
.
Che
è
ciò
che
in
misura
sempre
più
ampia
è
accaduto
negli
ultimi
anni
,
grazie
alla
superiore
efficienza
dell
'
organizzazione
comunista
ufficiale
.
In
tal
modo
le
spinte
contestatrici
e
le
loro
emanazioni
sono
venute
ad
assumere
un
posto
centrale
nelle
nuove
strategie
del
Pci
:
e
il
non
averlo
inteso
è
all
'
origine
di
non
pochi
errori
di
alcuni
dei
più
noti
leader
democratici
.
Del
movimento
sessantottesco
il
Pci
ha
infatti
ritenuto
e
fatto
propria
soprattutto
la
spinta
al
regime
assembleare
,
che
i
gruppuscoli
avevano
promosso
per
imporre
la
propria
volontà
di
minoranza
alle
maggioranze
disorganizzate
.
Nella
versione
controllata
dal
Pci
,
alla
violenza
dei
gruppuscoli
si
sostituisce
l
'
azione
ben
più
vasta
e
penetrante
del
partito
e
delle
organizzazioni
parallele
ad
esso
collegate
.
Esautorati
i
poteri
legali
creati
dal
voto
espresso
dalle
maggioranze
democratiche
,
le
loro
funzioni
vengono
di
fatto
trasferite
ad
assemblee
che
si
presumono
unitarie
,
ma
di
cui
i
comunisti
sono
certi
di
acquistare
il
controllo
grazie
ad
una
organizzazione
politico
-
sindacale
di
tipo
capillare
alla
quale
i
partiti
democratici
,
proprio
perché
democratici
,
non
hanno
nulla
di
equivalente
da
contrapporre
.
Gli
esempi
sono
sotto
gli
occhi
di
tutti
.
Sul
terreno
sindacale
,
opportune
disposizioni
dello
statuto
dei
lavoratori
,
riecheggiate
in
decine
di
provvedimenti
legislativi
,
escludono
dalla
rappresentanza
le
organizzazioni
diverse
dalla
Triplice
,
anche
quando
sono
di
fatto
maggioritarie
.
Nelle
università
e
nelle
scuole
è
in
corso
già
da
qualche
anno
una
vasta
manovra
tendente
ad
affidare
il
controllo
ad
assemblee
di
tutto
il
personale
docente
e
non
docente
dominate
dai
sindacati
confederali
,
senza
alcun
riguardo
ai
livelli
tecnici
e
di
competenza
.
Operazioni
,
queste
,
agevolate
dagli
errori
di
valutazione
della
direzione
democristiana
,
ancora
vittima
dell
'
illusione
che
la
società
italiana
rimanga
,
a
livello
«
antropologico
»
,
fondamentalmente
cattolica
.
Su
queste
premesse
Berlinguer
può
dichiarare
tranquillamente
,
come
ha
fatto
nella
sua
ultima
relazione
al
Comitato
Centrale
del
Pci
,
che
i
comunisti
non
vogliono
«
fare
da
soli
né
con
i
soli
partiti
di
sinistra
»
,
e
che
anzi
considerano
«
essenziale
il
ruolo
e
l
'
iniziativa
di
ogni
altra
forza
politica
democratica
e
popolare
»
.
Gli
strumenti
in
possesso
del
Pci
garantiscono
infatti
che
queste
iniziative
resteranno
confinate
a
un
ruolo
nettamente
subordinato
e
che
il
potere
di
controllo
sarà
affidato
a
mani
sicure
.
E
chiaro
che
in
questa
fase
i
comunisti
,
ancora
ai
margini
del
potere
,
dovranno
allargare
i
propri
consensi
anche
facendo
concessioni
a
ogni
sorta
di
richieste
:
ma
esse
diverranno
superflue
nel
secondo
tempo
,
quando
il
Pci
disporrà
di
«
argomenti
»
più
efficaci
.
E
non
si
tratta
di
un
processo
limitato
ai
livelli
intermedi
e
di
base
.
La
nuova
struttura
di
potere
destinata
a
governare
la
società
italiana
in
regime
di
compromesso
storico
dovrebbe
estendersi
,
nei
disegni
del
Pci
,
sino
ai
vertici
dello
Stato
.
Quale
essa
debba
essere
a
livello
costituzionale
è
stato
autorevolmente
indicato
in
uno
studio
recente
dell
'
on.
Natta
,
presidente
del
gruppo
parlamentare
comunista
alla
Camera
(
«
Critica
marxista
»
,
1975
,
n
.
6
)
:
e
le
sue
vedute
sono
state
subito
avallate
dai
soliti
intellettuali
organici
alla
Luigi
Berlinguer
.
Nel
nuovo
regime
,
chiariscono
i
costituzionalisti
del
berlinguerismo
,
maggioranza
parlamentare
e
maggioranza
di
governo
potranno
essere
cose
diverse
;
e
anzi
a
livello
parlamentare
si
potrà
anche
rinunciare
alla
distinzione
fra
maggioranza
e
opposizione
,
e
affidare
invece
le
funzioni
di
controllo
e
d
'
opposizione
ai
canali
«
interni
»
della
partecipazione
ai
vari
livelli
,
regionale
,
sindacale
,
locale
.
Il
Parlamento
assumerebbe
in
tal
modo
la
fisionomia
di
una
sorta
di
stanza
di
compensazione
,
chiamata
a
mediare
le
spinte
diverse
che
vengono
dai
vari
organismi
-
sempre
,
peraltro
,
«
unitari
»
-
nei
quali
si
articola
il
corpo
sociale
.
Naturalmente
,
i
nuovi
teorici
abbondano
in
fatto
di
professione
di
fede
nelle
validità
della
tradizione
garantista
,
e
ammoniscono
anzi
solennemente
sulla
necessità
di
evitare
che
in
Italia
si
ripeta
quel
che
negli
Stati
socialisti
è
capitato
quando
da
quelle
tradizioni
ci
si
è
discostati
.
Quasi
che
non
capitino
tuttora
,
e
quasi
che
il
regime
così
delineato
non
assomigli
pericolosamente
,
al
di
là
di
tutte
le
buone
intenzioni
,
a
quello
sovietico
(
anche
dei
tempi
più
oscuri
)
,
dove
pure
si
pretende
che
il
regime
unanimistico
e
l
'
assenza
di
opposizione
venga
compensato
,
e
largamente
,
dalla
partecipazione
delle
masse
,
mobilitate
a
comando
,
tutte
le
volte
che
serve
,
ad
approvare
democraticamente
le
decisioni
dei
dirigenti
.
«
Pluralismo
»
e
«
democrazia
»
per
i
teorici
dell
'
eurocomunismo
hanno
dunque
un
significato
ben
diverso
da
quello
che
ad
essi
attribuiscono
i
democratici
.
Intanto
,
una
rete
dalle
maglie
sempre
più
strette
viene
stendendosi
su
tutto
il
paese
:
e
ciascuno
può
constatarlo
nell
'
ambito
della
propria
esperienza
.
I
soli
a
non
vederlo
sono
quei
politici
che
,
nonostante
i
leali
ed
espliciti
avvertimenti
di
Berlinguer
,
continuano
a
considerare
il
compromesso
storico
come
un
semplice
incontro
di
vertice
,
che
addirittura
servirebbe
alla
democrazia
.
StampaQuotidiana ,
Avremmo
preferito
una
maggiore
schiettezza
nel
discorso
dell
'
on.
Enrico
Berlinguer
sull
'
austerità
.
Le
prospettive
di
cui
egli
ha
parlato
solo
in
parte
,
e
in
parte
minore
,
nascono
infatti
da
straordinarie
circostanze
,
dipendenti
da
sviluppi
internazionali
o
dalla
interna
fragilità
del
sistema
economico
italiano
.
In
misura
assai
più
grande
la
paralisi
del
«
modello
di
sviluppo
»
finora
esistente
,
la
violenza
e
il
disordine
che
attanagliano
la
vita
del
nostro
paese
,
tutte
quelle
«
traversie
»
,
insomma
,
che
il
Pci
si
propone
di
trasformare
in
«
opportunità
»
,
sono
il
risultato
dell
'
aggressione
che
per
anni
i
comunisti
hanno
condotto
contro
le
istituzioni
politiche
e
sociali
della
democrazia
italiana
,
in
accordo
più
o
meno
dichiarato
con
l
'
estremismo
extraparlamentare
.
Non
si
vede
,
del
resto
,
perché
un
partito
che
si
propone
di
cambiare
la
società
debba
nascondere
la
parte
ch
'
esso
ha
avuto
nella
demolizione
del
vecchio
ordine
di
cose
:
ed
è
verosimile
che
in
sede
storica
i
comunisti
non
mancheranno
di
sottolineare
questo
loro
contributo
.
Ma
per
adesso
non
si
tratta
di
fare
storia
ma
di
sviluppare
un
'
azione
politica
in
corso
:
e
che
in
politica
la
«
simulazione
»
e
la
«
doppia
verità
»
siano
assai
redditizie
non
è
l
'
ultimo
insegnamento
che
i
comunisti
abbiano
tratto
dai
loro
sempre
più
stretti
commerci
con
certo
cattolicesimo
«
di
sinistra
»
.
Ma
ciò
che
conta
è
il
contenuto
specifico
della
proposta
berlingueriana
.
Non
è
impossibile
vedervi
,
e
vi
si
è
vista
,
una
larga
coincidenza
con
tesi
politiche
che
per
anni
sono
state
proprie
della
sinistra
democratica
.
Una
correzione
dello
sviluppo
nel
senso
della
destinazione
di
una
quota
sempre
più
ampia
delle
risorse
disponibili
agli
investimenti
sociali
,
volta
a
riequilibrare
l
'
eccessivo
incremento
dei
consumi
privati
,
è
stata
da
anni
riconosciuta
necessaria
ad
assicurare
alle
grandi
masse
degli
italiani
una
più
autentica
partecipazione
ai
vantaggi
del
progresso
economico
e
civile
del
paese
.
Che
ciò
debba
comportare
il
contenimento
dei
consumi
a
favore
degli
investimenti
,
e
che
in
taluni
casi
possa
essere
opportuna
l
'
adozione
dei
meccanismi
atti
a
soddisfare
con
forme
sociali
e
collettive
bisogni
la
cui
soddisfazione
su
scala
individuale
sarebbe
assai
meno
efficace
e
più
costosa
,
è
parimenti
indiscusso
.
Ma
nel
pensiero
democratico
queste
misure
hanno
solo
un
valore
strumentale
e
subordinato
al
fine
del
migliore
funzionamento
di
un
tipo
di
sviluppo
nel
quale
il
consumo
e
il
consumatore
individuale
rimangono
i
destinatari
principali
dei
beni
prodotti
e
delle
opportunità
offerte
dal
progresso
civile
.
Non
v
'
è
posto
,
in
una
concezione
democratica
del
rapporto
tra
consumi
individuali
e
consumi
pubblici
,
per
l
'
erezione
del
momento
sociale
e
collettivo
a
ideale
politico
e
morale
.
Che
è
proprio
ciò
che
invece
caratterizza
l
'
austerità
berlingueriana
,
di
cui
sarebbe
grave
errore
sottovalutare
le
implicazioni
a
lungo
termine
in
vista
di
parziali
coincidenze
con
gli
obiettivi
delle
forze
democratiche
nel
breve
e
nel
medio
termine
.
L
'
austerità
proposta
dal
Pci
vuol
essere
infatti
la
realizzazione
di
un
modello
di
vita
ispirato
a
una
scala
di
valori
profondamente
diversa
e
al
limite
opposta
a
quella
che
presiede
a
ogni
società
libera
e
democratica
.
Tra
questi
valori
il
momento
collettivo
occupa
un
posto
assai
più
alto
del
momento
individuale
,
e
finisce
di
fatto
per
coincidere
col
momento
etico
in
quanto
superamento
dell
'
individualismo
,
sempre
qualificato
come
«
eccessivo
»
ed
«
esasperato
»
:
che
è
poi
la
motivazione
con
la
quale
si
vorrebbero
giustificare
l
'
indigenza
e
la
mancanza
di
prospettive
personali
e
individuali
che
caratterizzano
i
felici
paesi
del
socialismo
e
della
democrazia
popolare
.
E
possibile
che
nell
'
accezione
berlingueriana
questi
valori
si
colorino
anche
di
un
'
esaltazione
dell
'
istanza
pauperistica
di
cui
è
facile
individuare
l
'
origine
,
ancora
una
volta
,
nelle
frequentazioni
cattoliche
del
leader
comunista
:
e
certo
,
l
'
insistenza
sul
tema
del
sacrificio
quale
connotazione
etica
della
nuova
società
,
in
contrapposizione
all
'
egoismo
e
al
materialismo
che
caratterizzerebbero
la
nostra
realtà
capitalistica
e
borghese
,
conferisce
al
programma
di
austerità
ambizioni
di
riforma
di
grande
respiro
,
sociale
e
morale
:
alle
quali
è
doveroso
dare
risposta
sullo
stesso
terreno
.
Occorre
dunque
ricordare
che
per
la
cultura
liberale
e
democratica
-
quella
autentica
,
rimasta
fedele
ai
princìpi
da
cui
è
nata
la
libertà
moderna
-
l
'
individuo
non
è
un
disvalore
ma
il
fine
stesso
alla
cui
esaltazione
e
al
cui
sviluppo
sono
ordinate
tutte
le
attività
economiche
e
culturali
della
società
.
Che
l
'
uomo
abbia
diritto
a
un
proprio
individuale
destino
e
a
riempire
la
propria
vita
dei
contenuti
che
liberamente
vorrà
scegliere
e
riuscirà
a
conseguire
è
il
principio
sul
quale
si
regge
l
'
insieme
di
garanzie
che
il
mondo
libero
ha
eretto
a
difesa
della
persona
umana
.
In
questo
senso
,
l
'
abbondanza
dei
beni
di
consumo
e
la
possibilità
della
loro
appropriazione
individuale
nella
misura
più
larga
possibile
offrono
una
sempre
più
vasta
e
più
varia
gamma
di
alternative
tra
le
quali
si
opera
la
libera
scelta
di
ognuno
:
e
quanto
più
ampia
sarà
questa
possibilità
di
scelta
tanto
più
concreta
e
più
ricca
di
contenuti
sarà
la
libertà
di
ciascuno
.
Gli
italiani
della
generazione
presente
hanno
sperimentato
ciò
che
questo
può
significare
per
la
vita
dei
singoli
e
delle
collettività
nel
suo
insieme
:
con
la
possibilità
,
incomparabilmente
maggiore
che
in
passato
,
che
dopo
il
«
miracolo
economico
»
si
è
offerta
a
ciascuno
di
accedere
a
nuove
forme
di
svago
e
di
cultura
,
dai
viaggi
alle
letture
agli
spettacoli
e
non
meno
alla
possibilità
di
impiegare
le
proprie
energie
'
ad
attività
di
lavoro
che
,
nonostante
tutti
i
discorsi
sull
'
alienazione
,
sono
assai
più
diversificate
e
significative
di
quelle
consentite
nella
vecchia
società
rurale
e
pauperistica
.
In
tal
senso
va
denunciato
l
'
equivoco
contenuto
nelle
affermazioni
dei
Berlinguer
,
Lama
o
Barca
sull
'
austerità
come
momento
caratterizzante
di
tutte
le
fasi
creative
della
storia
.
Perché
certo
anche
nell
'
economia
di
mercato
vi
è
un
momento
di
«
astinenza
capitalistica
»
di
smithiana
memoria
,
nella
misura
in
cui
la
limitazione
del
consumo
è
ineliminabile
da
ogni
processo
di
accumulazione
.
Ma
nella
società
libera
,
che
i
marxisti
chiamano
borghese
,
l
'
astinenza
e
l
'
austerità
sono
preliminari
al
conseguimento
di
quella
abbondanza
di
beni
al
servizio
dei
bisogni
individuali
che
resta
la
finalità
ultima
di
tutto
il
processo
produttivo
.
Non
l
'
austerità
ma
l
'
edonismo
»
è
l
'
asse
su
cui
ruotano
i
sistemi
capitalistici
:
quelli
attuali
non
meno
di
quelli
delle
origini
,
ai
quali
si
deve
l
'
abbattimento
del
modo
di
produzione
preindustriale
.
Edonismo
da
intendere
nel
senso
,
che
i
vecchi
trattatisti
ritenevano
appena
necessario
chiarire
,
che
i
«
piaceri
»
da
soddisfare
possono
essere
i
più
diversi
,
dai
minori
e
triviali
ai
più
alti
.
Vi
sono
state
e
vi
sono
,
in
questi
sistemi
,
distorsioni
che
è
doveroso
correggere
con
misure
atte
ad
assicurare
la
necessaria
priorità
ai
bisogni
riconosciuti
prioritari
,
e
ad
affinare
e
qualificare
sempre
meglio
i
bisogni
di
cui
la
domanda
presente
sul
mercato
chiede
la
soddisfazione
.
Ma
nelle
società
libere
questo
compito
è
affidato
alle
capacità
di
progresso
interne
alla
società
stessa
,
attraverso
la
crescita
della
cultura
e
della
coscienza
civile
quali
forze
chiamate
a
orientarla
e
a
dirigerla
verso
nuove
e
più
alte
finalità
.
Vi
sono
anche
altri
modi
per
affrontare
questi
problemi
:
quelli
,
per
esempio
,
che
affidano
ai
poteri
pubblici
e
alle
istanze
collettive
le
scelte
che
le
società
libere
riservano
invece
agli
individui
.
Allora
,
sarà
il
consumatore
collettivo
,
espresso
dalle
istituzioni
sociali
,
a
indicare
quali
beni
,
quali
servizi
o
quale
tipo
di
svaghi
siano
da
preferire
agli
altri
,
magari
designati
dalle
preferenze
individuali
.
Sono
modi
nei
quali
si
realizza
il
ricorrente
bisogno
di
dare
un
ordine
(
che
spesso
è
solo
la
proiezione
dei
propri
criteri
e
valori
)
all
'
apparente
disordine
e
al
caos
delle
molteplici
scelte
degli
individui
.
Tra
i
due
modi
siamo
tutti
chiamati
a
fare
,
in
qualche
modo
,
la
nostra
scelta
.
Ma
chi
sceglie
lo
faccia
avendo
ben
chiaro
che
l
'
alternativa
è
tra
la
società
libera
dell
'
Occidente
e
lo
squallido
universo
senza
speranza
che
abbiamo
imparato
a
conoscere
nei
paesi
dell
'
orbe
sovietico
:
che
restano
,
nonostante
tutte
le
acrobazie
dialettiche
,
il
solo
e
unico
modello
al
quale
siano
capaci
di
guardare
i
nostri
«
eurocomunisti
»
.
In
nome
di
scelte
collettive
e
di
«
austerità
»
destinate
a
realizzare
un
mondo
migliore
si
sono
a
lungo
considerati
gli
individui
alla
stregua
di
pietre
sulle
quali
passa
il
cammino
della
storia
.
Al
di
là
delle
intenzioni
personali
(
che
sono
anche
in
questo
caso
irrilevanti
)
l
'
austerità
berlingueriana
è
figlia
della
stessa
matrice
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Topner
,
non
ho
letto
l
'
articolo
di
Alberoni
:
mi
rimane
da
vivere
troppo
poco
tempo
per
sprecarlo
coi
sociologi
.
Debbo
tuttavia
riconoscere
che
l
'
ipotesi
di
un
matrimonio
fra
islamismo
e
marxismo
,
anche
se
per
ora
litigano
(
ma
non
dappertutto
:
in
Libia
,
per
esempio
,
c
'
è
una
specie
di
castrismo
mussulmano
)
,
è
tutt
'
altro
che
infondata
.
Non
sono
due
regimi
.
Sono
due
Chiese
,
entrambe
totalitarie
e
nemiche
delle
libertà
individuali
,
che
per
sopprimerle
potrebbero
anche
mettersi
d
'
accordo
.
Tutte
due
impongono
ai
loro
fedeli
di
portare
il
cervello
all
'
ammasso
,
e
fra
scervellati
è
facile
intendersi
.
Il
punto
in
cui
mi
pare
che
Alberoni
dica
una
grossa
sciocchezza
(
se
è
esatto
quanto
tu
mi
riferisci
del
suo
articolo
)
è
là
dove
sostiene
che
marxismo
e
islamismo
sono
le
uniche
due
culture
vive
del
nostro
tempo
.
E
dove
la
vede
,
questa
vita
?
L
'
Islam
ebbe
una
grande
cultura
solo
quando
,
nella
loro
cavalcata
conquistatrice
,
i
suoi
Califfi
incontrarono
la
cultura
greca
,
quella
egiziana
e
quella
ebraica
.
Ma
questo
risale
a
Averroè
e
ad
Avicenna
,
cioè
a
mille
anni
fa
pressappoco
.
Da
allora
l
'
atteggiamento
dell
'
Islam
verso
la
cultura
è
sempre
rimasto
quello
del
famoso
Califfo
che
,
quando
gli
chiesero
cosa
dovevano
fare
della
grande
biblioteca
di
Alessandria
,
da
lui
conquistata
,
rispose
:
«
Se
tutti
quei
libri
dicono
ciò
che
dice
il
Corano
,
sono
inutili
.
Se
dicono
cose
diverse
,
sono
dannosi
.
Nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
,
meglio
bruciarli
»
.
Si
dirà
:
«
Altri
tempi
»
.
No
,
Khomeini
pensa
e
parla
come
quel
Califfo
.
L
'
Islam
è
una
religione
di
analfabeti
,
in
cui
la
cultura
è
monopolio
degli
Ulema
,
che
sanno
solo
di
Corano
e
passano
la
vita
a
indagarne
i
misteri
(
che
non
ci
sono
)
.
Mi
citi
Alberoni
un
'
opera
d
'
arte
e
di
pensiero
islamica
degli
ultimi
due
o
trecent
'
anni
.
I
mussulmani
colti
sono
quelli
che
escono
dalle
nostre
università
.
Quanto
al
marxismo
,
senza
dubbio
esso
ha
portato
nella
nostra
cultura
cose
nuove
.
Ma
a
parte
il
fatto
che
da
questa
cultura
esso
stesso
deriva
(
nessuno
più
contesta
,
credo
,
la
discendenza
di
Marx
da
Hegel
e
quindi
la
sua
parentela
con
tutto
l
'
idealismo
)
,
i
suoi
fiori
sono
da
un
pezzo
avvizziti
.
La
sua
esplosione
culturale
risale
agli
anni
ruggenti
di
Essenin
e
Majakovski
,
entrambi
suicidi
.
Da
quando
Stalin
lo
congelò
,
il
marxismo
non
è
più
che
una
enorme
mummia
in
cui
di
vivo
e
vitale
c
'
è
solo
il
dissenso
.
Gl
'
intellettuali
dell
'
Occidente
che
baciano
la
pantofola
al
marxismo
non
s
'
inchinano
al
marxismo
,
ma
alle
divisioni
corazzate
e
ai
carri
armati
del
marxismo
,
così
come
i
loro
padri
si
erano
inchinati
a
quelli
del
nazismo
.
Gli
intellettuali
sono
bravissimi
a
nobilitare
la
loro
viltà
attribuendo
blasoni
culturali
a
chi
gli
fa
paura
.
Anche
qui
Alberoni
ci
dica
che
cosa
esporta
,
come
opere
d
'
arte
e
di
pensiero
,
il
mondo
comunista
.
Esporta
Solgenitzin
,
Bukovski
,
Siniavski
ecc
.
,
cioè
coloro
che
non
hanno
mai
accettato
o
che
hanno
ripudiato
il
marxismo
.
Oppure
esporta
i
reggimenti
che
invadono
l
'
Afghanistan
,
e
che
sono
senza
dubbio
una
cosa
seria
.
Ma
non
vedo
cosa
c
'
entri
la
cultura
.
Caro
Topner
,
non
sei
un
illuso
.
Può
anche
darsi
che
islamismo
e
marxismo
,
miscelandosi
,
producano
una
bomba
più
devastatrice
di
quella
atomica
.
Essa
potrà
distruggere
la
nostra
civiltà
(
che
forse
,
per
la
sua
codardìa
,
se
lo
merita
)
.
Sostituirla
mai
.
StampaQuotidiana ,
Caro
amico
,
il
pericolo
più
grosso
che
si
corre
sempre
nel
giudicare
le
cose
italiane
è
di
generalizzare
facendo
di
ogni
erba
un
fascio
.
Io
conosco
fior
di
magistrati
che
fanno
il
possibile
per
liberare
leggi
e
procedure
dai
bizantinismi
che
le
affliggono
,
e
fior
di
avvocati
che
a
questi
bizantinismi
si
rifiutano
di
contribuire
e
di
approfittarne
.
Ma
purtroppo
il
quadro
generale
è
quello
che
lei
,
sia
pure
con
qualche
forzatura
,
descrive
,
e
di
cui
Montesquieu
inorridirebbe
.
Io
non
credo
,
sia
chiaro
,
che
fra
legislatori
,
giudici
e
avvocati
ci
sia
una
congiura
per
tenere
il
cittadino
in
loro
balìa
,
quando
entra
negl
'
ingranaggi
della
Giustizia
.
Ma
le
leggi
le
fanno
gli
avvocati
.
E
non
c
'
è
dubbio
che
gli
avvocati
hanno
tutto
l
'
interesse
a
farle
in
modo
che
solo
degli
specialisti
come
loro
possano
penetrarne
i
misteri
concettuali
e
linguistici
,
e
orientarsi
nelle
puntigliose
procedure
di
cui
sono
rivestite
.
In
qualche
parte
mi
pare
di
aver
letto
che
nella
sola
Napoli
ci
sono
più
avvocati
che
in
tutta
l
'
Inghilterra
.
Essi
possono
vivere
solo
se
anche
le
cause
più
semplici
come
la
sua
diventano
complicate
,
interminabili
e
soprattutto
incomprensibili
al
cliente
.
Ricordo
che
una
volta
Ojetti
che
,
da
quel
grande
giornalista
che
era
,
aveva
la
manìa
della
chiarezza
,
mi
propose
di
«
tradurre
in
italiano
»
,
insieme
a
lui
,
il
codice
penale
.
Dapprincipio
pensai
che
scherzasse
.
Invece
diceva
sul
serio
.
Poi
non
ne
facemmo
nulla
.
Ma
il
semplice
fatto
che
nella
testa
di
un
uomo
intelligente
e
colto
come
Ojetti
fosse
potuta
balenare
l
'
intenzione
di
«
tradurre
in
italiano
»
il
principale
corpo
di
leggi
che
regolano
i
rapporti
del
cittadino
con
la
società
,
la
dice
molto
lunga
(
e
molto
brutta
)
sul
concetto
in
cui
il
legislatore
tiene
questo
cittadino
:
pecorella
sconsiderata
cui
il
pastore
non
deve
neanche
delle
spiegazioni
.
Ricorda
nei
Promessi
Sposi
il
discorso
che
Azzeccagarbugli
tiene
all
'
intontito
Renzo
?
Badi
però
,
caro
amico
,
che
il
linguaggio
ermetico
non
è
una
esclusiva
degli
uomini
di
legge
.
Ogni
«
corporazione
»
,
in
Italia
,
ha
il
suo
.
Se
lo
lasci
dire
da
un
povero
direttore
di
giornale
,
che
deve
sudare
le
sette
camicie
per
indurre
i
suoi
«
specialisti
»
-
di
medicina
,
di
fisica
ecc.
-
a
esprimersi
in
termini
che
tutti
possano
capire
.
Il
loro
ermetismo
,
è
ovvio
,
non
è
suggerito
da
nessun
calcolo
d
'
interesse
.
E
solo
il
derivato
dell
'
orrendo
vizio
della
cultura
italiana
a
chiudersi
in
accademie
e
chiesuole
che
considerano
degradante
qualsiasi
contatto
col
«
volgo
»
.
I
miei
libri
di
storia
sono
disprezzati
dagli
accademici
proprio
per
questo
:
perché
non
sono
scritti
nella
lingua
dell
'
accademia
.
A
questi
libri
non
voglio
fare
pubblicità
.
Ma
se
lei
legge
le
mie
Italia
della
Controriforma
e
Italia
del
Seicento
,
ci
troverà
la
spiegazione
di
questa
malformazione
,
o
almeno
quella
che
a
me
sembra
la
spiegazione
.
StampaQuotidiana ,
Grazie
,
caro
Barni
.
L
'
articolo
infatti
mi
era
sfuggito
(
chi
ha
più
il
tempo
di
leggere
tutto
?
)
,
e
lo
trovo
un
po
'
sproporzionato
al
pretesto
che
lo
ha
occasionato
.
Il
pretesto
è
l
'
intitolazione
di
una
piazza
di
Roncole
Verdi
,
frazione
di
Busseto
,
a
Giovanni
Guareschi
,
di
cui
il
mio
redattore
Gualazzini
ha
ricordato
fra
l
'
altro
la
condanna
scontata
in
carcere
per
vilipendio
a
De
Gasperi
.
E
a
proposito
di
questa
ha
scritto
:
«
Si
disse
che
Guareschi
aveva
torto
,
ma
è
ancora
sconcertante
il
fatto
che
lo
scrittore
e
giornalista
,
disarmante
e
a
volte
perfino
brutale
nella
sua
assoluta
sincerità
,
non
abbia
mai
riconosciuto
,
neppure
in
punto
di
morte
,
il
suo
errore
»
.
Se
avessi
visto
l
'
articolo
di
Gualazzini
prima
che
fosse
stampato
(
in
quei
giorni
non
ero
in
sede
)
,
gli
avrei
suggerito
di
togliere
questo
passaggio
,
che
lascia
l
'
ombra
del
dubbio
sulla
condotta
di
uno
specchiato
galantuomo
come
De
Gasperi
.
L
'
errore
da
parte
di
Guareschi
ci
fu
,
e
nessuno
lo
sa
meglio
di
me
che
per
questo
ebbi
con
lui
un
violento
alterco
.
La
lettera
ch
'
egli
pubblicò
di
De
Gasperi
,
in
cui
questi
chiedeva
al
comando
alleato
di
bombardare
Milano
,
era
,
come
giustamente
dice
Gorresio
,
uno
smaccato
falso
.
Ma
io
posso
testimoniare
che
Guareschi
la
pubblicò
perché
era
convinto
della
sua
autenticità
,
e
per
questo
non
riconobbe
l
'
errore
neanche
in
punto
di
morte
:
perché
era
persuaso
di
non
averlo
commesso
.
Comunque
,
questo
errore
Guareschi
lo
rimediò
pagandone
il
conto
senza
raccomandarsi
a
nessuno
e
senza
chiedere
ribassi
:
credo
che
sia
l
'
unico
giornalista
italiano
che
,
per
un
vilipendio
,
si
è
fatto
i
suoi
due
bravi
anni
di
galera
,
che
dovett
'
essere
galera
dura
perché
ne
uscì
fisicamente
stroncato
.
E
questa
è
la
prova
di
un
carattere
,
di
cui
Gorresio
ha
commesso
a
sua
volta
l
'
errore
di
non
dargli
atto
.
Quanto
all
'
indignazione
che
Gorresio
esprime
per
l
'
intitolazione
di
una
piazza
a
Guareschi
,
la
trovo
ingiusta
e
ingenerosa
.
Anzitutto
,
non
è
vero
che
si
tratti
di
un
'
usurpazione
ai
danni
di
Verdi
.
Roncole
,
dove
sorge
la
casa
del
Maestro
,
seguita
a
chiamarsi
Roncole
Verdi
.
La
piazza
,
che
poi
è
un
prato
,
non
aveva
nome
.
Che
gli
abbiano
dato
quello
di
Guareschi
,
lo
trovo
del
tutto
naturale
perché
Guareschi
è
stato
uno
dei
personaggi
più
rappresentativi
del
dopoguerra
italiano
.
Forse
sarà
esagerato
dire
che
fu
lui
a
far
vincere
la
Dc
nelle
elezioni
del
'48
.
Ma
che
vi
abbia
potentemente
contribuito
,
non
c
'
è
dubbio
.
Come
non
c
'
è
dubbio
che
la
Dc
si
dimostrò
,
nei
suoi
confronti
,
ingrata
e
meschina
,
come
è
del
resto
nel
suo
costume
.
Quanto
ai
libri
di
Guareschi
nessuno
,
nemmeno
lui
,
ha
mai
preteso
attribuirgli
una
quotazione
letteraria
.
Ma
i
personaggi
ch
'
egli
descrisse
hanno
,
pur
nella
loro
sommarietà
e
rozzezza
,
un
qualcosa
che
li
rende
,
al
pari
di
Bertoldo
e
di
Simplicissimus
,
eterni
ed
universali
,
come
dimostra
il
successo
che
incontrarono
dovunque
.
Mescolati
forse
a
qualche
errore
di
sintassi
,
ci
sono
nella
prosa
di
Guareschi
un
vigore
,
un
sangue
,
un
'
immediatezza
,
una
fragranza
di
vita
che
tanti
altri
suoi
contemporanei
,
molto
più
colti
e
smaliziati
e
letterariamente
agguerriti
di
lui
,
non
si
sognano
nemmeno
,
e
che
fanno
di
Guareschi
un
superteste
del
suo
tempo
.
Uno
storico
che
voglia
ricostruire
fedelmente
il
clima
dell
'
immediato
dopoguerra
italiano
potrà
ignorare
Gorresio
e
anche
me
,
ma
non
Guareschi
.
E
infine
,
Guareschi
era
un
uomo
.
Massiccio
e
tagliato
con
l
'
accetta
,
ma
autentico
.
E
in
questo
Paese
di
scimmie
e
di
pecore
,
quando
s
'
incontra
un
uomo
,
caro
Gorresio
,
dedicargli
una
piazza
è
ancora
poco
.