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> anno_i:[1970 TO 2000}
StampaQuotidiana ,
Dopo tante esitazioni e tante dispute tra i fautori del « filo diretto » con Berlinguer e i sostenitori dell ' « accordo guerreggiato » con i socialisti , i partiti di centro sono giunti a un risultato che non potrebbe essere più fallimentare . I socialisti e i comunisti sono più vicini tra loro di quanto lo siano mai stati negli ultimi quindici o vent ' anni ; si va alle elezioni in uno stato di confusione e di incertezza che ha pochi confronti ; la pressione comunista sull ' area democratica è più massiccia e più pericolosa che mai . Si sarebbe tentati di dire che nelle polemiche dei mesi scorsi tutti i disputanti avessero ragione : sia che sostenessero l ' opportunità di preferire l ' infida alleanza socialista al rapporto con il micidiale apparato di potere comunista ; sia che indicassero nelle concessioni alla demagogia dei socialisti il battistrada più sicuro dell ' avvento del Pci al potere . E la tentazione ulteriore sarebbe di prendere atto di questa realtà , di riconoscere la pratica impossibilità di stabilire un rapporto accettabile e con 1 uno e con l ' altro dei due partiti marxisti , e di invitare dunque i partiti democratici a far quadrato in uno sforzo supremo di difesa . Ma in queste materie non sono lecite conclusioni precipitose . I partiti democratici devono dunque muovere dalla considerazione di una serie di ipotesi realistiche sulle prospettive post - elettorali : nella fiducia che le elezioni si svolgeranno in un quadro di sufficiente normalità , e che le scelte post - elettorali potranno essere effettuate , almeno in un primo tempo , secondo le regole del processo democratico . Una prima ipotesi , resa purtroppo assai probabile non dai meriti delle sinistre ma dai demeriti dei partiti democratici , è che i partiti marxisti riescano ad ottenere una maggioranza sufficiente a governare anche senza l ' apporto della Dc e dei suoi alleati . E verosimile che in questo caso l ' offerta del « compromesso storico » , e addirittura di un governo di « emergenza » , esteso a tutto l ' « arco costituzionale » , venga mantenuta . Occorre ribadire , senza troppe parole , che se l ' offerta venisse accettata la democrazia italiana avrebbe i giorni contati . Già sarebbe difficile parlare , dopo un terzo insuccesso politico - elettorale della Dc , di un vero « compromesso » che in realtà sarebbe solo illusorio tra un Pci più forte che mai e una Dc umiliata e indebolita da un ' ulteriore sconfitta . Di fatto , avrebbe allora inizio il graduale assorbimento dei partiti democratici nell ' apparato di potere comunista : e ogni tentativo di costituire un ' opposizione , di creare o salvaguardare un ' alternativa al comunismo , verrebbe subito paralizzato o reso assai più arduo dalla facile assimilazione all ' opposizione della destra , non a caso tenuta in piedi per l ' opportunità che essa offre di qualificare ogni opposizione come « fascista » ; e si sa che « ammazzare un fascista non è reato » . Diremo ancora una volta che non si tratta di fare il processo alle intenzioni dei dirigenti comunisti : ma solo di prendere atto che nelle tensioni provocate dallo sforzo di avviare il socialismo , il Pci si vedrà presto costretto a scegliere tra l ' abbandono della democrazia e l ' abbandono del potere ; e l ' esperienza di tutti i processi rivoluzionari insegna quale sia , in questi casi , l ' alternativa destinata a prevalere . 1; anche chiaro che nessun confronto è possibile con il precedente del centrosinistra , nel quale la Dc si è trovata a convivere , e a che prezzo , con un Psi che raggiungeva appena un quarto delle sue dimensioni elettorali . Adesso si dovrebbe rinnovare l ' esperienza con un partito di struttura assai diversa , burocratico - militaresca , qual è il Pci , che dispone di una forza elettorale pressoché pari e forse , dopo le elezioni , superiore a quella della Dc ; senza contare l ' apporto di un Psi verosimilmente ancora cresciuto dopo la prova elettorale . Si può invece supporre , e ci si deve augurare , che la Dc e i suoi alleati si rifiutino a questo tipo di alleanze miranti alla decapitazione preventiva dell ' opposizione ; e anzi non è affatto escluso che sull ' onda del successo elettorale i partiti marxisti siano essi stessi ad abbandonare la politica del compromesso e dell ' « arco costituzionale » , e puntino invece direttamente all ' alternativa di sinistra . Di questa , i socialisti si sono fatti , negli ultimi anni , i più attivi sostenitori : ma è probabile che proprio dalle loro file vengano le remore più gravi . La pratica attuazione dell ' alternativa di sinistra è stata infatti sottoposta , nei deliberati congressuali e nelle dichiarazioni ultime dei dirigenti socialisti , a condizioni irrealizzabili , che sembrano fatte apposta per consentire al partito di De Martino di rinviare indefinitamente ogni decisione . Si è messa avanti l ' esigenza che il rapporto di forza tra i due partiti marxisti si sposti sensibilmente a favore del Psi , che è cosa praticamente fuori della realtà ; e sul piano internazionale si è chiesto insistentemente che il Pci « chiarisca » i suoi rapporti con l ' Urss , che al punto in cui sono le cose equivale a una richiesta di rottura che il Pci non può prendere in considerazione . In tal caso il quadro post - elettorale si riaprirebbe su una nuova prospettiva di collaborazione fra cattolici e socialisti , non troppo mutata rispetto alla situazione degli ultimi anni . Non è una prospettiva brillante , date le esperienze : ma molto dipenderà , e lo diremo tra poco , dal modo come l ' affronteranno i partiti di centro . Se poi i socialisti entrano nel governo di alternativa , egemonizzato - qualunque sia la distribuzione dei portafogli - dai comunisti , essi si troveranno a condividere le responsabilità di una politica costantemente al limite della degenerazione totalitaria . Chi non ha perduto la fiducia nelle tradizioni di democrazia che sono tanta parte delle tradizioni socialiste , deve augurarsi che la concreta esperienza di ciò che significa il potere comunista abbia per i socialisti quella efficacia pedagogica che le esortazioni e gli ammonimenti degli altri partiti democratici finora non hanno avuto . Non è neppure escluso , del resto , che i partiti di centro riescano a conservare la maggioranza . Ma ciò non elimina il problema di un qualche rapporto con l ' opposizione : e lo mostra l ' esperienza degli ultimi anni di questa legislatura , nella quale era tuttavia disponibile sulla carta una maggioranza centrista . Può essere , dunque , che i partiti di centro siano chiamati a fronteggiare la pressione comunista senza sostanziali apporti da parte socialista : che i socialisti alla prova ( lei fatti rifiutino l ' alternativa e che sia dunque possibile riprendere l ' esperienza di centrosinistra ; che si abbia un governo di « compromesso storico » o di « arco costituzionale » , o che anche si realizzi l ' alternativa di sinistra , e che tuttavia i socialisti riescano in un secondo tempo , e prima che sia troppo tardi , a svincolarsi dall ' abbraccio comunista . Può anche essere che nessuna di questa ipotesi si realizzi e che gli eventi prendano altre vie . Ma se i partiti di centro vogliono conservare reali prospettive politiche , e garantirsi qualche margine per la difesa dei loro princìpi irrinunciabili , occorre che essi abbandonino le ubbìe della « irreversibilità » , e facciano intendere ben chiaro che la difesa delle posizioni democratiche continuerà , se necessario , anche dall ' opposizione . Una grande opposizione democratica , in un paese come il nostro , a struttura sociale così complessa e per tanti fili legati all ' Europa e all ' occidente , ha ancora molto spazio , se solo avrà la coerenza e la chiarezza di idee necessarie per difenderlo : e il terrorismo della polizia segreta e delle squadre armate di partito non arriva in un giorno . I comunisti lo sanno , e per questo hanno escogitato la formula del compromesso storico . E ' troppo sperare che lo capiscano , chissà quando , i socialisti ? Ed è troppo chiedere ai partiti di centro che i loro esponenti chiariscano agli elettori la loro posizione su questi temi vitali , in modo che ciascuno sappia a chi dà realmente il proprio voto , al di là delle etichette ?
L'Università totalitaria ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Giuseppe Chiarante non ha ancora capito che le vecchie astuzie , di stampo togliattiano non servono più ; e che non basta fare sfoggio di serietà e di rigore intellettuale a parole per trarre in inganno lettori ed ascoltatori . Ormai , sulla vera natura e sugli obiettivi del Pci si è venuta accumulando una mole imponente di fatti e di esperienze ; e nel confronto le cortine verbali reggono poco . Non basta dunque proclamare , come ha fatto Chiarante ne « L ' Unità » del 19 maggio , la purezza dei propri intenti , o appellarsi a disposizioni isolate e interpretate a rovescio , per negare la logica totalitaria del progetto comunista per l ' università . Non basta dire che i dipartimenti ci sono in tutto il mondo occidentale , per contrabbandare come centri d ' insegnamento e di ricerca scientifica gli organismi politico - sindacali a carattere intimidatorio previsti dal progetto comunista ; e anche meno serve ricordare che i docenti di ruolo sarebbero in maggioranza nelle Giunte di Dipartimento , quando esse sono soltanto organi di esecuzione dei deliberati di assemblee nelle quali bidelli , borsisti e infermieri sono chiamati a votare su questioni di ricerca e d ' insegnamento allo stesso titolo e con lo stesso voto dei docenti e ricercatori . Non parliamo poi della foglia di fico delle « chiamate » di nuovi professori riservate ai docenti , secondo un emendamento dell ' ultima ora , nel quale del resto si ribadisce che anch ' esse saranno discusse in assemblee comuni di tutto il personale , in cui la Cgil avrà solo la scelta degli strumenti per imporre le proprie decisioni . Ed è vergognoso che Chiarante rimproveri a una non meglio specificata « maggioranza governativa » la liberalizzazione degli accessi all ' università o la moltiplicazione insensata del personale insegnante a tutti i livelli . La liberalizzazione porta il nome del non onorevole Tristano Codignola , esponente del Psi , alleato d ' elezione del Pci ; ed essa , al pari della campagna per la sistemazione in ruolo , a ogni costo e con tutti i mezzi , di ogni sorta di aspiranti , fu una richiesta portata avanti anzitutto dai comunisti e dalle loro organizzazioni sindacali . Ila dimenticato , Chiarante , l ' agitazione condotta per anni sulla base di assurdi e pretestuosi raffronti tra il rapporto docenti - studenti in America e in Italia ? Ignora forse i regolamenti liberticidi di cui i sindacati comunisti nell ' ultimo anno si sono fatti promotori nelle università di Torino e di Firenze , di Bologna e di Roma ? Qualche settimana fa , nel Consiglio della Facoltà di Lettere di Roma una mozione mirante a sottoporre a deliberazioni assembleari di tutto il personale docente e non docente il controllo dell ' attività didattica e persino dell ' attività di ricerca dei « singoli docenti » è stata presentata da Alberto Asor Rosa , membro del direttivo della federazione comunista della capitale , e votata da tutti i comunisti presenti . I comunisti sono stati alla testa di tutte le azioni volte a distruggere le strutture della nostra università , a privare i responsabili scientifici e didattici dei mezzi atti a controllare l ' agitazione e a dirigerla verso obiettivi di rinnovamento e non di mera e nichilistica distruzione . Adesso i vari Chiarante vorrebbero rovesciare le parti e presentarsi come vittime dei guasti che hanno scientemente alimentato e provocato . Ma queste son cose note a chiunque lavora nell ' università , e chi le nega è solo un mentitore . Sarebbe utile che anche chi opera in altri settori confrontasse le parole dei comunisti con l ' esperienza di ogni giorno . Ne verrebbe , probabilmente , un quadro d ' insieme atto a disingannare profondamente gli ingenui che davvero sono disposti a scambiare gli incendiari con i pompieri , e a riporre le loro speranze d ' ordine negli autori e responsabili dell ' aggressione e del disordine .
Mammuth dell'ideologia ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Alla vigilia delle ultime elezioni l ' accordo su alcune candidature comuni da parte dei tre partiti minori e una significativa dichiarazione di Giovanni Agnelli parvero imprimere nuovo slancio alla tematica già un po ' stanca dell ' alleanza laica . Si trattava , beninteso , di cose assai diverse . Le candidature nascevano infatti su un terreno di ordinaria cucina elettorale , stilla base del calcolo dei voti ottenuti in precedenza dai tre alleati ( provvisori ) in alcuni collegi ; mentre la simpatia espressa da Agnelli per l ' iniziativa documentava l ' interesse che una prospettiva del genere aveva suscitato in un settore importante della società italiana come quello imprenditoriale , che molti considerano politicamente sottorappresentato . Anche i risultati delle elezioni hanno dunque un significato diverso come elemento di giudizio nei due casi . L ' esperimento elettorale non ha avuto , nell ' insieme , risultati molto persuasivi , anche se essi sono stati pesantemente condizionati dalla crisi che ha investito tutte le forze di democrazia laica ( con la parziale eccezione del Pri ) , anche fuori dell ' alleanza , e dell ' atteggiamento di netto distacco di due almeno dei tre partiti nei confronti dell ' iniziativa . Resta invece da vedere quale sia il significato permanente dell ' interesse che la proposta ha suscitato al di fuori delle strutture dei partiti , e che è documentato da una serie di manifestazioni sorte a fianco della campagna elettorale e dalle dichiarazioni di disponibilità che si sono raccolte nei più vari settori . Va detto subito che l ' interesse mostrato dai ceti imprenditoriali e di borghesia produttiva per l ' alleanza non può significare che essa sia destinata a proporsi come un ipotetico partito dei produttori . In un paese classista come l ' Italia , industrializzatosi - ed è un caso quasi unico - senza un ' « ideologia dell ' industrializzazione » , il partito dei produttori verrebbe subito identificato col partito dei « padroni » , e questa non sarebbe solo una caratterizzazione negativa sul piano della propaganda ma l ' espressione di un errore di sostanza . Nel mondo moderno non è infatti sopportabile che all ' enorme potere economico dell ' impresa capitalistica si sommi addirittura l ' esercizio diretto del potere politico ; ed è invece necessario , per un corretto funzionamento del sistema , che un potere politico indipendente sia in grado di dialogare , condizionare , dirigere a finalità di interesse generale le incomparabili capacità di realizzazione dell ' impresa privata . Ma ciò non toglie che all ' origine di queste sollecitazioni spontanee alla convergenza di forze storicamente e ideologicamente così diverse , in apparenza , come sono quelle liberali , socialdemocratiche e repubblicane , vi sia comunque l ' intuizione immediata , a livello popolare se si vuole , di una realtà complessa che finora le forze politiche si sono mostrate incapaci di cogliere : la realtà , cioè , del processo che durante il XX secolo ha condotto le grandi forze storiche nelle quali si era divisa la società ottocentesca a confluire su politiche e obiettivi largamente comuni , ai quali si deve la fisionomia dell ' Europa moderna . Liberalismo e socialismo , divisi e contrapposti da conflitti drammatici nel XIX secolo , hanno conosciuto un processo di reciproca integrazione che si è tradotta in acquisizioni durature e irrinunciabili della nostra civiltà . Il processo si è realizzato in modo assai diverso in paesi come la Gran Bretagna e la Germania , nelle regioni del Benelux e in quelle scandinave : ma attraverso queste diversità , che hanno visto il ridimensionamento e talora la scomparsa di alcune grandi forze storiche , dal liberalismo inglese al comunismo tedesco , certi fatti fondamentali sono venuti alla luce . Lo sviluppo dei diritti e dei valori dell ' individuo , in un quadro intangibile di democrazia formale , è diventato obiettivo primario e irrinunciabile nelle nuove forme di socialità realizzate dalle grandi socialdemocrazie ; e a sua volta il riformismo liberale , una volta sorpassata la fase della conquista di garanzie dello Stato con cui s ' identifica la storia delle libertà moderne , ha preso la forma di una serrata battaglia per la realizzazione di strutture sociali atte a dare più vasto spazio e più concreta verità all ' esigenza liberale di assicurare la piena espansione della personalità e della creatività individuale . E storia ormai vecchia , e l ' emblematica adesione al partito liberale di sir William Beveridge , autore del programma di sicurezza sociale che doveva tradursi nel Welfare State laburista , è cosa di trent ' anni fa . E tuttavia , da noi si è sentito parlare anche di recente di contrapposizioni insuperabili fra socialdemocratici e liberali riformisti , e di contrasti inconciliabili tra la liberal - democrazia dei repubblicani e la socialdemocrazia dei socialdemocratici : da parte di chi sarebbe poi assai imbarazzato se dovesse indicare , in Europa , paesi e società liberal - democratiche che non siano quelle socialdemocratiche e viceversa . Tanto la realtà dei fatti ha sopravanzato la scolastica di pregiudizi programmatici invecchiati di mezzo secolo . Se un ritardo c ' è , e vistoso , nella cultura politica del nostro paese , non sul piano accademico e dottrinario ma su quello dei valori concretamente fatti propri dalle forze politiche , esso sta in questa incapacità di prender atto dei mutamenti che intanto sono avvenuti nelle cose da parte di chi avrebbe maggior interesse a farlo . La fedeltà alle bandiere e alle tradizioni ha fatto schermo , in questo come in tanti altri casi , alla pigrizia mentale . Naturalmente , liberalismo e socialismo restano , sul piano teorico , cose diverse , e la tematica dell ' assoluto egualitarismo e quella dell ' assoluto individualismo non sono sempre e chiaramente conciliabili . Ma questo , che è alimento fecondo e irrinunciabile della riflessione critica , non va confuso con la valutazione storica e politica della presente fase di sviluppo delle società industriali avanzate , e tanto meno dev ' essere abbassato a strumento di tendenze che in concreto servono solo a frenare l ' ascesa delle forze reali maturate nella società civile e politica del nostro paese durante gli ultimi decenni . Sarebbe tuttavia troppo facile , se bastasse constatare l ' esistenza di queste realtà altrove per vederne garantito lo sviluppo anche in Italia : dove , a non dir altro , il partito comunista ha catturato gran parte del movimento operaio , che invece ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione delle più avanzate democrazie dell ' Europa moderna . Il problema , naturalmente , non si pone per chi è convinto di avere già trovato , nel Pci , l ' autentico partito socialdemocratico di cui l ' Italia aveva bisogno . Ma questo è vero solo per chi ha deciso di chiudere gli occhi a ciò che accade ogni giorno nella vita di tutti noi . Per chi non ama né apprezza questi esercizi dell ' arte consolatoria la questione è e rimane quella della costruzione di una vera e solida alternativa democratica nel paese più minacciato dal comunismo tra quelli del mondo occidentale . Questa alternativa non può ignorare che il centro dello schieramento democratico è tuttora occupato dall ' area cattolica , che ne ha costituito per trent ' anni il fondamento , e che nelle ultime elezioni ha dimostrato una vitalità che molti non sospettavano . Il successo elettorale della Dc , accompagnato dal gravissimo cedimento dei laici , può anzi sollevare l ' interrogativo se costoro non abbiano ormai smarrito la loro specifica funzione , e non debbano invece rassegnarsi al trionfo di un bipartitismo che anche ai più prudenti appare di tipo quanto meno anomalo . Ma appunto l ' incapacità del sistema politico italiano a realizzare altro che un bipartitismo anomalo ripropone il problema dei laici anche in una situazione in apparenza così brutalmente semplificata dopo il 20 giugno . Anche ai più calorosi simpatizzanti della Dc sarà difficile negare che una larga parte del successo elettorale democristiano è derivato da elementi , per così dire , negativi , di rifiuto del comunismo che non comportano alcuna adesione ai valori specifici di cui la Dc dovrebbe essere portatrice . Il divario tra quei valori e la nuova realtà della società italiana come società industriale è venuto allargandosi negli ultimi decenni , ed è diventato sempre più palese dopo il referendum . Sarebbe un grave errore se il successo elettorale del 20 giugno facesse dimenticare alla Dc la difficoltà che il partito e le sue organizzazioni trovano ogni giorno a stabilire un vero dialogo con strati vastissimi e importanti della società italiana , a proporre soluzioni accettabili di una serie di problemi fondamentali nella vita del mondo moderno . Sarebbe un errore anche più grave sottovalutare le risultanze di inchieste come quella di cui il « Giornale » ha dato notizia qualche giorno fa , e che ha documentato come le vocazioni religiose vengano ormai dalle sole zone rurali , e non abbiano invece più posto nella realtà urbana , che è poi realtà dell ' Italia moderna . Sono problemi da affrontare , se si vuole che il precario equilibrio garantito dal 20 giugno non diventi in avvenire anche più precario . Le risposte saranno certo diverse , a seconda della direzione che nel futuro prenderanno le forze ancora una volta riunitesi dietro lo scudo crociato ; e , in misura non minore , a seconda della evoluzione come sempre imprevedibile del mondo socialista . Ma è indubbio che a questi temi converrà rivolgere una più meditata attenzione , nella pausa di respiro che sembra esserci concessa dopo la vicenda elettorale .
Matrimonio all'italiana ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Tra coloro che in anni recenti sono volati nelle grandi braccia del Pci non pochi fanno appello , per giustificarsi , alle superiori virtù politiche che avrebbero consentito ai comunisti di evitare i tanti errori di cui invece si sono resi responsabili i partiti democratici . I comunisti vincono , si proclama , perché hanno ragione : e i loro successi sono lì a dimostrarlo . E una forma di quel deteriore storicismo che già in altri tempi fu chiamato a giustificare i cedimenti nei confronti dei potenti del giorno : sacrificando ai superiori diritti della storia quelli della coscienza individuale e facendo in tal modo , come i fatti si incaricarono di dimostrare , un cattivo servizio anche alla storia . Ma le giustificazioni restano ugualmente inconsistenti . Perché se proprio si vuol fare la caccia agli errori , non v ' è dubbio che il primo posto spetta proprio ai comunisti , senza contrasto . La scelta stalinista nell ' epoca peggiore , al tempo del processo dei medici , di Popov inventore della radio , della biologia materialistico - dialettica di Lysenko ; l ' insistenza sulla terra ai contadini , quando l ' Italia si avviava al miracolo economico , che avrebbe tolto ogni radice alle impostazioni di quel tipo ; un meridionalismo contraddetto a ogni passo da rivendicazioni di settore a carattere nettamente antimeridionale ; il rifiuto dell ' Europa , quando il nostro paese si avviava a compiere un salto di qualità di vera portata storica con l ' inserimento nell ' Europa : sono queste le risposte che il Pci ha dato ai problemi fondamentali che l ' Italia ha dovuto affrontare nel dopoguerra ; e ciascuna di esse denuncia una netta inferiorità politico - culturale in confronto alle scelte effettuate dai partiti democratici . La superiorità dei comunisti sta invece nella disciplina , nell ' unità di vedute e nella compattezza che li distingue : ma su questo terreno ogni partito a struttura autoritaria e totalitaria può vincere facilmente il confronto con partiti d ' opinione e a basso grado di militanza quali sono i partiti democratici ; senza che questo dimostri poi gran che . Certo , i comunisti parlano oggi un linguaggio « diverso » : ma questa revisione , a livello meramente tattico , senza spessore ideologico ed effettuata mentre si accentua l ' infiltrazione comunista in tutti i settori della società italiana , può essere rovesciata senza lasciar traccia appena lo vorranno le esigenze della tattica ; e il metodo leninista fornisce giustificazioni di ogni tipo per questo genere di operazioni . Indizio di superiorità vera , che un ' analisi davvero storicista deve mettere in primo piano , è piuttosto la tenacia con la quale il Pci ha saputo tener fede ai suoi obiettivi strategici anche nei momenti più oscuri , dopo la grande sconfitta elettorale del 1948 e quando il successo iniziale dell ' operazione di centrosinistra lo aveva isolato e costretto in un angolo dello schieramento politico italiano . Allora furono rarissime e assai sommesse le voci che in campo comunista suggerirono di adattarsi alla situazione , apparentemente senza prospettive , che sembrava destinata a caratterizzare gli anni avvenire ; e fu quello invece il periodo in cui si elaborò la strategia che , alternando l ' attacco seminsurrezionale della contestazione universitaria e dell ' estremismo sindacale con l ' azione restauratrice del Pci , ha condotto i comunisti all ' attuale posizione di forza . Giustizia vuole , del resto , che l ' elaborazione di questo tipo nuovo di strategia si attribuisca non tanto ai dirigenti ufficiali del Pci quanto a quelle frange intellettuali che , dapprima messe al margine e in più casi espulse dal partito , hanno poi finito per determinare la linea di condotta e del partito e di buona parte del movimento sindacale . Al contrario , proprio questa tenacia e la connessa capacità di revisione delle strategie tradizionali è mancata ai partiti democratici : i quali , davanti alla nuova linea d ' azione adottata dalle sinistre , hanno oscillato e tuttora oscillano fra le suggestioni populistico - trasformistiche dei cattolici e le velleità contraddittorie dei laici , perduti dietro il miraggio di una mediazione non richiesta e alla quale in ogni caso le loro forze sono di gran lunga insufficienti . Ogni serio ripensamento della strategia dello schieramento democratico e dei rapporti fra i partiti che per trent ' anni hanno operato nel suo ambito , deve muovere , in primo luogo , dalla rinuncia a questo miraggio . In un blocco clerico - comunista e , peggio , in uno schieramento egemonizzato dai soli comunisti , per i laici non c ' è posto . Non sarà certo la cultura liberal - democratica a cementare la precaria unione - carica di ogni sorta di pericoli - tra comunisti e cattolici ; e in uno schieramento di stampo prevalentemente comunista i laici non possono né dare garanzie , che non è in loro potere di fornire , né assolvere un ' autonoma funzione culturale , che l ' omogeneità del blocco ideologico di ispirazione marxista tende intrinsecamente a rifiutare . La revisione delle strategie democratiche può trarre invece vantaggio dalle stesse difficoltà della situazione attuale , nella misura in cui esse impongono una più realistica considerazione degli affari interni ai partiti democratici e della funzione che essi sono chiamati a svolgere nel paese . Per anni , questa considerazione è stata offuscata dal trionfalismo dei cattolici e dai rancori malcelati dei laici . Ma la Dc ha oggi seri motivi per rinunciare all ' illusione di poter governare da sola l ' Italia per altri cinquant ' anni ; e i laici hanno motivi altrettanto seri per capire che le minacce più gravi all ' avvenire dell ' Italia non vengono dall ' inesistente ipoteca clericale sulla cultura del paese . Su questa base un discorso serio può e deve essere aperto tra forze che per trent ' anni sono state solidali nella lotta per la democrazia , e che non si vede perché non debbano esserlo ancora . Non si tratta , neppure adesso , e ora anzi meno che mai , di chiedere transazioni impossibili fra cultura laica e cultura cattolica : ma di riconoscere l ' essenziale importanza di una concreta collaborazione sul terreno politico , da porre su nuove e più solide basi , senza strumentalizzazioni da una parte e senza pretese egemoniche dall ' altra . Vi sono settori del mondo cattolico , legati a una tematica politico - religiosa di tipo ancora confessionale e integralista , che non sono certo disponibili per un discorso del genere : e nessun laico di spirito liberale negherà la legittimità e la funzione di queste forze . Ma ogni osservatore non pregiudicato deve anche ammettere che se esse esprimono componenti di rilievo della presente realtà italiana , non possono tuttavia aspirare a rappresentare le istanze più generali e più diffuse : perché nella società industriale moderna questo compito non può più essere svolto da forze caratterizzate prevalentemente in senso religioso . In questi termini il discorso è probabilmente destinato ad assumere un rilievo crescente nella crisi italiana : e nessuno più dei laici ha interesse a sollecitarlo . Nello schieramento democratico spetta ad essi una funzione che non possono assolvere le sole forze di estrazione cattolica : ed è qui che essi possono identificare il loro ruolo autonomo e conforme ai grandi interessi del paese , che è invece impensabile in un quadro condizionato dalla preliminare accettazione dell ' egemonia comunista .
Un altro modo di far politica ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Con i suoi 14 milioni di voti la Dc ha dato il 20 giugno una nuova prova della sua forza elettorale . Il significato di questo successo non va sottovalutato . E ' l ' ennesima riprova che al messaggio cristiano è riservato un grande spazio tra le forze destinate a modellare la realtà in cui viviamo . In una società così fortemente competitiva come quella capitalistica , dove la solitudine esistenziale nella folla senza nome è per molti una esperienza drammatica , e dove sfide sempre nuove nascono ogni giorno dalla scienza , dalla tecnologia , dalla crisi dei vecchi valori e dalle dimensioni accresciute della vita sociale , il riferimento religioso è per molti irrinunciabile , sul piano individuale e su quello collettivo . Solidarietà e carità cristiana acquistano per i deboli e per i meno fortunati un significato che si traduce in un livello d ' impegno sociale e politico spesso ignoto alle formazioni « laiche » e che conferisce un preciso contenuto alla caratterizzazione « popolare » della Dc . Ma se queste sono realtà innegabili , va però sottolineato anche che la Dc ha riscosso il grosso dei consensi in settori della società italiana assai più estesi , che le hanno affidato la propria rappresentanza politica al di fuori di ogni motivazione religiosa . Il voto di questi settori per la Dc è solo un ' espressione della loro scelta per il modello civile occidentale , con i suoi ordinamenti economici fondati sull ' impresa e la sua esaltazione della libera personalità individuale . Non è cosa nuova , e su questa scelta la Dc ha sempre fondato le proprie fortune elettorali . Ma adesso le esigenze della società sono cresciute , e le risposte della vecchia Dc non bastano più . Un paese dove il reddito reale per abitante è tre volte superiore a quello del 1951 , con una popolazione residente nei centri con oltre 50 mila abitanti pari al 40 per cento del totale , e con un tasso di scolarità e d ' informazione incomparabilmente più alto , pone alla classe politica problemi assai diversi da quelli affrontati al tempo di De Gasperi . Più elevate disponibilità di reddito significano infatti maggiore larghezza e varietà di vita , possibilità più diversificate , attese e prospettive più ampie di accesso ai beni e ai valori del mondo : che sono poi i contenuti di una società « secolarizzata » con i quali vengono a più diretto contatto le grandi masse investite dai moderni processi di sviluppo economico . E questa Italia nuova , l ' Italia davvero europea , che alla Dc chiede oggi l ' acquisizione di un modo diverso di far politica , meno legato ai moduli della vita parrocchiale e più a quelli dell ' azienda e della produzione , e insieme meglio adatto ad accettare e a promuovere i valori e il costume che son propri della nuova realtà . Riconoscere che questa è la sfida che la Dc è chiamata a fronteggiare non significa auspicarne la trasformazione in un partito laico e « liberale » . Ci piaccia o non ci piaccia , l ' ultimo mezzo secolo di storia italiana ha relegato i partiti laici non socialisti a un ruolo minoritario e assegnato un peso determinante al partito cattolico . Ma la Dc deve ugualmente raccogliere quella sfida , se vuole restare fedele alla sua vocazione interclassista in termini adeguati alle esigenze di oggi . E potrà farlo senza chiedere nessuna rinuncia a quelli fra i suoi militanti che derivano dalla coscienza religiosa le motivazioni ultime del proprio impegno politico . Nel quadro di un ' ispirazione cristiana i valori della società libera e democratica trovano giustificazioni certamente diverse da quelle che si richiamano invece alla cultura laica : ma è proprio nell ' ispirazione religiosa che le forze più autentiche del cristianesimo hanno trovato durante gli ultimi decenni le motivazioni più profonde della loro scelta per la libertà e contro il totalitarismo , al di qua e al di là della cortina di ferro . Certo , questi sono problemi interni al mondo cattolico e , più in particolare , al partito della Dc . Ma sono problemi ai quali non può restare indifferente il mondo laico : che ha un innegabile interesse a tutto ciò che tende a conferire una fisionomia di maggiore modernità al più grande partito dello schieramento democratico , e dunque a tutto il sistema politico del paese . Nell ' ineliminabile differenza delle motivazioni ultime sul piano culturale , esiste un vasto terreno comune sul quale le forze democratiche di ogni estrazione ideologica sono chiamate a incontrarsi . Ed è stato un errore assai grave delle forze laiche non avere finora guardato con la necessaria attenzione a quei settori del mondo cattolico che sono più aperti ai valori di cui la cultura liberal - democratica si vanta di essere portatrice . Il « dialogo » con i cattolici è così rimasto monopolio dei comunisti , da sempre campioni di ineguagliata spregiudicatezza in questa materia . Non è affatto detto che questa linea risulterà vincente nella Dc . E possibile che i suoi dirigenti , dall ' alto della propria forza elettorale , ritengano invece che nulla vi sia da mutare nelle vecchie ricette politico - ideologiche ; e che di fatto esse bastino ad assicurare al partito cattolico , anche in avvenire ( se non interveranno fattori eccezionali di crisi ) , successi analoghi a quelli del passato . Resta tuttavia da vedere se un voto con valore meramente numerico , non sostenuto da quel concreto e fattivo ricambio con la società civile in cui si concreta una moderna vita politica , possa essere sufficiente oggi , quando il Pci è ormai a un soffio dal traguardo del potere .
Il comunismo come restaurazione ( Romeo Rosario , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Democrazia e pluralismo sono il pezzo forte della grande « operazione sorriso » lanciata negli ultimi anni dal Pci : ma l ' opinione democratica , alla quale è in primo luogo rivolta questa campagna pubblicitaria , dovrebbe guardare con attenzione il contenuto della scatola che le viene offerta con tanta generosità . Potrebbe rivelarsi intriso di contenuti inquinanti , e di autentici veleni . Un buon punto di partenza può essere l ' esame del duplice atteggiamento del gruppo dirigente comunista verso l ' ondata di contestazione iniziata nel 1968 . Dopo una fase di incertezza , condanne e deplorazioni si sono moltiplicate : il movimento è stato bollato come espressione di estremismo infantile e di spontaneismo incontrollato ; la sua debolezza organizzativa , l ' inconsistenza delle sue posizioni teoriche , la povertà delle sue mitologie - non ultima il maoismo - sono state duramente denunciate e non di rado fatte oggetto di impietose derisioni . Sono queste le posizioni alle quali attinge fiducia e sicurezza il pubblico democratico e borghese , vittima per tanti anni di ogni sorta di aggressioni materiali e morali , e tentato alfine di vedere nel Pci quella forza d ' ordine e di restaurazione di cui la sua stanchezza gli fa avvertire così vivamente il bisogno . Non v ' è alcuna necessità di mettere in discussione la buona fede di chi adesso si fa paladino di tesi così rassicuranti . Viene piuttosto in mente il « bispensiero » di orwelliana memoria - se il riferimento è consentito a proposito di un partito che si presenta agli italiani con la figura rispettabile di Giorgio Amendola e con quella , un po ' più ambigua , di Enrico Berlinguer . E tuttavia , quale immagine più adatta a designare l ' intreccio fra le ampie assicurazioni date ai pavidi e ai timorosi , e la spregiudicata utilizzazione che il Pci continua a fare delle spinte eversive così duramente condannate in altra sede ? Di fatto , le spinte eversive vengono condannate dai comunisti sino a quando sono controllate dai « gruppuscoli » dell ' ultrasinistra ; ma vengono invece levate al cielo , ed esaltate come grande moto democratico dei lavoratori , dei giovani e delle donne , quando il Pci riesce ad assoggettarle alla propria guida . Che è ciò che in misura sempre più ampia è accaduto negli ultimi anni , grazie alla superiore efficienza dell ' organizzazione comunista ufficiale . In tal modo le spinte contestatrici e le loro emanazioni sono venute ad assumere un posto centrale nelle nuove strategie del Pci : e il non averlo inteso è all ' origine di non pochi errori di alcuni dei più noti leader democratici . Del movimento sessantottesco il Pci ha infatti ritenuto e fatto propria soprattutto la spinta al regime assembleare , che i gruppuscoli avevano promosso per imporre la propria volontà di minoranza alle maggioranze disorganizzate . Nella versione controllata dal Pci , alla violenza dei gruppuscoli si sostituisce l ' azione ben più vasta e penetrante del partito e delle organizzazioni parallele ad esso collegate . Esautorati i poteri legali creati dal voto espresso dalle maggioranze democratiche , le loro funzioni vengono di fatto trasferite ad assemblee che si presumono unitarie , ma di cui i comunisti sono certi di acquistare il controllo grazie ad una organizzazione politico - sindacale di tipo capillare alla quale i partiti democratici , proprio perché democratici , non hanno nulla di equivalente da contrapporre . Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti . Sul terreno sindacale , opportune disposizioni dello statuto dei lavoratori , riecheggiate in decine di provvedimenti legislativi , escludono dalla rappresentanza le organizzazioni diverse dalla Triplice , anche quando sono di fatto maggioritarie . Nelle università e nelle scuole è in corso già da qualche anno una vasta manovra tendente ad affidare il controllo ad assemblee di tutto il personale docente e non docente dominate dai sindacati confederali , senza alcun riguardo ai livelli tecnici e di competenza . Operazioni , queste , agevolate dagli errori di valutazione della direzione democristiana , ancora vittima dell ' illusione che la società italiana rimanga , a livello « antropologico » , fondamentalmente cattolica . Su queste premesse Berlinguer può dichiarare tranquillamente , come ha fatto nella sua ultima relazione al Comitato Centrale del Pci , che i comunisti non vogliono « fare da soli né con i soli partiti di sinistra » , e che anzi considerano « essenziale il ruolo e l ' iniziativa di ogni altra forza politica democratica e popolare » . Gli strumenti in possesso del Pci garantiscono infatti che queste iniziative resteranno confinate a un ruolo nettamente subordinato e che il potere di controllo sarà affidato a mani sicure . E chiaro che in questa fase i comunisti , ancora ai margini del potere , dovranno allargare i propri consensi anche facendo concessioni a ogni sorta di richieste : ma esse diverranno superflue nel secondo tempo , quando il Pci disporrà di « argomenti » più efficaci . E non si tratta di un processo limitato ai livelli intermedi e di base . La nuova struttura di potere destinata a governare la società italiana in regime di compromesso storico dovrebbe estendersi , nei disegni del Pci , sino ai vertici dello Stato . Quale essa debba essere a livello costituzionale è stato autorevolmente indicato in uno studio recente dell ' on. Natta , presidente del gruppo parlamentare comunista alla Camera ( « Critica marxista » , 1975 , n . 6 ) : e le sue vedute sono state subito avallate dai soliti intellettuali organici alla Luigi Berlinguer . Nel nuovo regime , chiariscono i costituzionalisti del berlinguerismo , maggioranza parlamentare e maggioranza di governo potranno essere cose diverse ; e anzi a livello parlamentare si potrà anche rinunciare alla distinzione fra maggioranza e opposizione , e affidare invece le funzioni di controllo e d ' opposizione ai canali « interni » della partecipazione ai vari livelli , regionale , sindacale , locale . Il Parlamento assumerebbe in tal modo la fisionomia di una sorta di stanza di compensazione , chiamata a mediare le spinte diverse che vengono dai vari organismi - sempre , peraltro , « unitari » - nei quali si articola il corpo sociale . Naturalmente , i nuovi teorici abbondano in fatto di professione di fede nelle validità della tradizione garantista , e ammoniscono anzi solennemente sulla necessità di evitare che in Italia si ripeta quel che negli Stati socialisti è capitato quando da quelle tradizioni ci si è discostati . Quasi che non capitino tuttora , e quasi che il regime così delineato non assomigli pericolosamente , al di là di tutte le buone intenzioni , a quello sovietico ( anche dei tempi più oscuri ) , dove pure si pretende che il regime unanimistico e l ' assenza di opposizione venga compensato , e largamente , dalla partecipazione delle masse , mobilitate a comando , tutte le volte che serve , ad approvare democraticamente le decisioni dei dirigenti . « Pluralismo » e « democrazia » per i teorici dell ' eurocomunismo hanno dunque un significato ben diverso da quello che ad essi attribuiscono i democratici . Intanto , una rete dalle maglie sempre più strette viene stendendosi su tutto il paese : e ciascuno può constatarlo nell ' ambito della propria esperienza . I soli a non vederlo sono quei politici che , nonostante i leali ed espliciti avvertimenti di Berlinguer , continuano a considerare il compromesso storico come un semplice incontro di vertice , che addirittura servirebbe alla democrazia .
Liberi o austeri ( Romeo Rosario , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Avremmo preferito una maggiore schiettezza nel discorso dell ' on. Enrico Berlinguer sull ' austerità . Le prospettive di cui egli ha parlato solo in parte , e in parte minore , nascono infatti da straordinarie circostanze , dipendenti da sviluppi internazionali o dalla interna fragilità del sistema economico italiano . In misura assai più grande la paralisi del « modello di sviluppo » finora esistente , la violenza e il disordine che attanagliano la vita del nostro paese , tutte quelle « traversie » , insomma , che il Pci si propone di trasformare in « opportunità » , sono il risultato dell ' aggressione che per anni i comunisti hanno condotto contro le istituzioni politiche e sociali della democrazia italiana , in accordo più o meno dichiarato con l ' estremismo extraparlamentare . Non si vede , del resto , perché un partito che si propone di cambiare la società debba nascondere la parte ch ' esso ha avuto nella demolizione del vecchio ordine di cose : ed è verosimile che in sede storica i comunisti non mancheranno di sottolineare questo loro contributo . Ma per adesso non si tratta di fare storia ma di sviluppare un ' azione politica in corso : e che in politica la « simulazione » e la « doppia verità » siano assai redditizie non è l ' ultimo insegnamento che i comunisti abbiano tratto dai loro sempre più stretti commerci con certo cattolicesimo « di sinistra » . Ma ciò che conta è il contenuto specifico della proposta berlingueriana . Non è impossibile vedervi , e vi si è vista , una larga coincidenza con tesi politiche che per anni sono state proprie della sinistra democratica . Una correzione dello sviluppo nel senso della destinazione di una quota sempre più ampia delle risorse disponibili agli investimenti sociali , volta a riequilibrare l ' eccessivo incremento dei consumi privati , è stata da anni riconosciuta necessaria ad assicurare alle grandi masse degli italiani una più autentica partecipazione ai vantaggi del progresso economico e civile del paese . Che ciò debba comportare il contenimento dei consumi a favore degli investimenti , e che in taluni casi possa essere opportuna l ' adozione dei meccanismi atti a soddisfare con forme sociali e collettive bisogni la cui soddisfazione su scala individuale sarebbe assai meno efficace e più costosa , è parimenti indiscusso . Ma nel pensiero democratico queste misure hanno solo un valore strumentale e subordinato al fine del migliore funzionamento di un tipo di sviluppo nel quale il consumo e il consumatore individuale rimangono i destinatari principali dei beni prodotti e delle opportunità offerte dal progresso civile . Non v ' è posto , in una concezione democratica del rapporto tra consumi individuali e consumi pubblici , per l ' erezione del momento sociale e collettivo a ideale politico e morale . Che è proprio ciò che invece caratterizza l ' austerità berlingueriana , di cui sarebbe grave errore sottovalutare le implicazioni a lungo termine in vista di parziali coincidenze con gli obiettivi delle forze democratiche nel breve e nel medio termine . L ' austerità proposta dal Pci vuol essere infatti la realizzazione di un modello di vita ispirato a una scala di valori profondamente diversa e al limite opposta a quella che presiede a ogni società libera e democratica . Tra questi valori il momento collettivo occupa un posto assai più alto del momento individuale , e finisce di fatto per coincidere col momento etico in quanto superamento dell ' individualismo , sempre qualificato come « eccessivo » ed « esasperato » : che è poi la motivazione con la quale si vorrebbero giustificare l ' indigenza e la mancanza di prospettive personali e individuali che caratterizzano i felici paesi del socialismo e della democrazia popolare . E possibile che nell ' accezione berlingueriana questi valori si colorino anche di un ' esaltazione dell ' istanza pauperistica di cui è facile individuare l ' origine , ancora una volta , nelle frequentazioni cattoliche del leader comunista : e certo , l ' insistenza sul tema del sacrificio quale connotazione etica della nuova società , in contrapposizione all ' egoismo e al materialismo che caratterizzerebbero la nostra realtà capitalistica e borghese , conferisce al programma di austerità ambizioni di riforma di grande respiro , sociale e morale : alle quali è doveroso dare risposta sullo stesso terreno . Occorre dunque ricordare che per la cultura liberale e democratica - quella autentica , rimasta fedele ai princìpi da cui è nata la libertà moderna - l ' individuo non è un disvalore ma il fine stesso alla cui esaltazione e al cui sviluppo sono ordinate tutte le attività economiche e culturali della società . Che l ' uomo abbia diritto a un proprio individuale destino e a riempire la propria vita dei contenuti che liberamente vorrà scegliere e riuscirà a conseguire è il principio sul quale si regge l ' insieme di garanzie che il mondo libero ha eretto a difesa della persona umana . In questo senso , l ' abbondanza dei beni di consumo e la possibilità della loro appropriazione individuale nella misura più larga possibile offrono una sempre più vasta e più varia gamma di alternative tra le quali si opera la libera scelta di ognuno : e quanto più ampia sarà questa possibilità di scelta tanto più concreta e più ricca di contenuti sarà la libertà di ciascuno . Gli italiani della generazione presente hanno sperimentato ciò che questo può significare per la vita dei singoli e delle collettività nel suo insieme : con la possibilità , incomparabilmente maggiore che in passato , che dopo il « miracolo economico » si è offerta a ciascuno di accedere a nuove forme di svago e di cultura , dai viaggi alle letture agli spettacoli e non meno alla possibilità di impiegare le proprie energie ' ad attività di lavoro che , nonostante tutti i discorsi sull ' alienazione , sono assai più diversificate e significative di quelle consentite nella vecchia società rurale e pauperistica . In tal senso va denunciato l ' equivoco contenuto nelle affermazioni dei Berlinguer , Lama o Barca sull ' austerità come momento caratterizzante di tutte le fasi creative della storia . Perché certo anche nell ' economia di mercato vi è un momento di « astinenza capitalistica » di smithiana memoria , nella misura in cui la limitazione del consumo è ineliminabile da ogni processo di accumulazione . Ma nella società libera , che i marxisti chiamano borghese , l ' astinenza e l ' austerità sono preliminari al conseguimento di quella abbondanza di beni al servizio dei bisogni individuali che resta la finalità ultima di tutto il processo produttivo . Non l ' austerità ma l ' edonismo » è l ' asse su cui ruotano i sistemi capitalistici : quelli attuali non meno di quelli delle origini , ai quali si deve l ' abbattimento del modo di produzione preindustriale . Edonismo da intendere nel senso , che i vecchi trattatisti ritenevano appena necessario chiarire , che i « piaceri » da soddisfare possono essere i più diversi , dai minori e triviali ai più alti . Vi sono state e vi sono , in questi sistemi , distorsioni che è doveroso correggere con misure atte ad assicurare la necessaria priorità ai bisogni riconosciuti prioritari , e ad affinare e qualificare sempre meglio i bisogni di cui la domanda presente sul mercato chiede la soddisfazione . Ma nelle società libere questo compito è affidato alle capacità di progresso interne alla società stessa , attraverso la crescita della cultura e della coscienza civile quali forze chiamate a orientarla e a dirigerla verso nuove e più alte finalità . Vi sono anche altri modi per affrontare questi problemi : quelli , per esempio , che affidano ai poteri pubblici e alle istanze collettive le scelte che le società libere riservano invece agli individui . Allora , sarà il consumatore collettivo , espresso dalle istituzioni sociali , a indicare quali beni , quali servizi o quale tipo di svaghi siano da preferire agli altri , magari designati dalle preferenze individuali . Sono modi nei quali si realizza il ricorrente bisogno di dare un ordine ( che spesso è solo la proiezione dei propri criteri e valori ) all ' apparente disordine e al caos delle molteplici scelte degli individui . Tra i due modi siamo tutti chiamati a fare , in qualche modo , la nostra scelta . Ma chi sceglie lo faccia avendo ben chiaro che l ' alternativa è tra la società libera dell ' Occidente e lo squallido universo senza speranza che abbiamo imparato a conoscere nei paesi dell ' orbe sovietico : che restano , nonostante tutte le acrobazie dialettiche , il solo e unico modello al quale siano capaci di guardare i nostri « eurocomunisti » . In nome di scelte collettive e di « austerità » destinate a realizzare un mondo migliore si sono a lungo considerati gli individui alla stregua di pietre sulle quali passa il cammino della storia . Al di là delle intenzioni personali ( che sono anche in questo caso irrilevanti ) l ' austerità berlingueriana è figlia della stessa matrice .
Caro Topner ( Montanelli Indro , 1980 )
StampaQuotidiana ,
Caro Topner , non ho letto l ' articolo di Alberoni : mi rimane da vivere troppo poco tempo per sprecarlo coi sociologi . Debbo tuttavia riconoscere che l ' ipotesi di un matrimonio fra islamismo e marxismo , anche se per ora litigano ( ma non dappertutto : in Libia , per esempio , c ' è una specie di castrismo mussulmano ) , è tutt ' altro che infondata . Non sono due regimi . Sono due Chiese , entrambe totalitarie e nemiche delle libertà individuali , che per sopprimerle potrebbero anche mettersi d ' accordo . Tutte due impongono ai loro fedeli di portare il cervello all ' ammasso , e fra scervellati è facile intendersi . Il punto in cui mi pare che Alberoni dica una grossa sciocchezza ( se è esatto quanto tu mi riferisci del suo articolo ) è là dove sostiene che marxismo e islamismo sono le uniche due culture vive del nostro tempo . E dove la vede , questa vita ? L ' Islam ebbe una grande cultura solo quando , nella loro cavalcata conquistatrice , i suoi Califfi incontrarono la cultura greca , quella egiziana e quella ebraica . Ma questo risale a Averroè e ad Avicenna , cioè a mille anni fa pressappoco . Da allora l ' atteggiamento dell ' Islam verso la cultura è sempre rimasto quello del famoso Califfo che , quando gli chiesero cosa dovevano fare della grande biblioteca di Alessandria , da lui conquistata , rispose : « Se tutti quei libri dicono ciò che dice il Corano , sono inutili . Se dicono cose diverse , sono dannosi . Nell ' un caso e nell ' altro , meglio bruciarli » . Si dirà : « Altri tempi » . No , Khomeini pensa e parla come quel Califfo . L ' Islam è una religione di analfabeti , in cui la cultura è monopolio degli Ulema , che sanno solo di Corano e passano la vita a indagarne i misteri ( che non ci sono ) . Mi citi Alberoni un ' opera d ' arte e di pensiero islamica degli ultimi due o trecent ' anni . I mussulmani colti sono quelli che escono dalle nostre università . Quanto al marxismo , senza dubbio esso ha portato nella nostra cultura cose nuove . Ma a parte il fatto che da questa cultura esso stesso deriva ( nessuno più contesta , credo , la discendenza di Marx da Hegel e quindi la sua parentela con tutto l ' idealismo ) , i suoi fiori sono da un pezzo avvizziti . La sua esplosione culturale risale agli anni ruggenti di Essenin e Majakovski , entrambi suicidi . Da quando Stalin lo congelò , il marxismo non è più che una enorme mummia in cui di vivo e vitale c ' è solo il dissenso . Gl ' intellettuali dell ' Occidente che baciano la pantofola al marxismo non s ' inchinano al marxismo , ma alle divisioni corazzate e ai carri armati del marxismo , così come i loro padri si erano inchinati a quelli del nazismo . Gli intellettuali sono bravissimi a nobilitare la loro viltà attribuendo blasoni culturali a chi gli fa paura . Anche qui Alberoni ci dica che cosa esporta , come opere d ' arte e di pensiero , il mondo comunista . Esporta Solgenitzin , Bukovski , Siniavski ecc . , cioè coloro che non hanno mai accettato o che hanno ripudiato il marxismo . Oppure esporta i reggimenti che invadono l ' Afghanistan , e che sono senza dubbio una cosa seria . Ma non vedo cosa c ' entri la cultura . Caro Topner , non sei un illuso . Può anche darsi che islamismo e marxismo , miscelandosi , producano una bomba più devastatrice di quella atomica . Essa potrà distruggere la nostra civiltà ( che forse , per la sua codardìa , se lo merita ) . Sostituirla mai .
Caro amico ( Montanelli Indro , 1980 )
StampaQuotidiana ,
Caro amico , il pericolo più grosso che si corre sempre nel giudicare le cose italiane è di generalizzare facendo di ogni erba un fascio . Io conosco fior di magistrati che fanno il possibile per liberare leggi e procedure dai bizantinismi che le affliggono , e fior di avvocati che a questi bizantinismi si rifiutano di contribuire e di approfittarne . Ma purtroppo il quadro generale è quello che lei , sia pure con qualche forzatura , descrive , e di cui Montesquieu inorridirebbe . Io non credo , sia chiaro , che fra legislatori , giudici e avvocati ci sia una congiura per tenere il cittadino in loro balìa , quando entra negl ' ingranaggi della Giustizia . Ma le leggi le fanno gli avvocati . E non c ' è dubbio che gli avvocati hanno tutto l ' interesse a farle in modo che solo degli specialisti come loro possano penetrarne i misteri concettuali e linguistici , e orientarsi nelle puntigliose procedure di cui sono rivestite . In qualche parte mi pare di aver letto che nella sola Napoli ci sono più avvocati che in tutta l ' Inghilterra . Essi possono vivere solo se anche le cause più semplici come la sua diventano complicate , interminabili e soprattutto incomprensibili al cliente . Ricordo che una volta Ojetti che , da quel grande giornalista che era , aveva la manìa della chiarezza , mi propose di « tradurre in italiano » , insieme a lui , il codice penale . Dapprincipio pensai che scherzasse . Invece diceva sul serio . Poi non ne facemmo nulla . Ma il semplice fatto che nella testa di un uomo intelligente e colto come Ojetti fosse potuta balenare l ' intenzione di « tradurre in italiano » il principale corpo di leggi che regolano i rapporti del cittadino con la società , la dice molto lunga ( e molto brutta ) sul concetto in cui il legislatore tiene questo cittadino : pecorella sconsiderata cui il pastore non deve neanche delle spiegazioni . Ricorda nei Promessi Sposi il discorso che Azzeccagarbugli tiene all ' intontito Renzo ? Badi però , caro amico , che il linguaggio ermetico non è una esclusiva degli uomini di legge . Ogni « corporazione » , in Italia , ha il suo . Se lo lasci dire da un povero direttore di giornale , che deve sudare le sette camicie per indurre i suoi « specialisti » - di medicina , di fisica ecc. - a esprimersi in termini che tutti possano capire . Il loro ermetismo , è ovvio , non è suggerito da nessun calcolo d ' interesse . E solo il derivato dell ' orrendo vizio della cultura italiana a chiudersi in accademie e chiesuole che considerano degradante qualsiasi contatto col « volgo » . I miei libri di storia sono disprezzati dagli accademici proprio per questo : perché non sono scritti nella lingua dell ' accademia . A questi libri non voglio fare pubblicità . Ma se lei legge le mie Italia della Controriforma e Italia del Seicento , ci troverà la spiegazione di questa malformazione , o almeno quella che a me sembra la spiegazione .
Grazie, caro Barni ( Montanelli Indro , 1980 )
StampaQuotidiana ,
Grazie , caro Barni . L ' articolo infatti mi era sfuggito ( chi ha più il tempo di leggere tutto ? ) , e lo trovo un po ' sproporzionato al pretesto che lo ha occasionato . Il pretesto è l ' intitolazione di una piazza di Roncole Verdi , frazione di Busseto , a Giovanni Guareschi , di cui il mio redattore Gualazzini ha ricordato fra l ' altro la condanna scontata in carcere per vilipendio a De Gasperi . E a proposito di questa ha scritto : « Si disse che Guareschi aveva torto , ma è ancora sconcertante il fatto che lo scrittore e giornalista , disarmante e a volte perfino brutale nella sua assoluta sincerità , non abbia mai riconosciuto , neppure in punto di morte , il suo errore » . Se avessi visto l ' articolo di Gualazzini prima che fosse stampato ( in quei giorni non ero in sede ) , gli avrei suggerito di togliere questo passaggio , che lascia l ' ombra del dubbio sulla condotta di uno specchiato galantuomo come De Gasperi . L ' errore da parte di Guareschi ci fu , e nessuno lo sa meglio di me che per questo ebbi con lui un violento alterco . La lettera ch ' egli pubblicò di De Gasperi , in cui questi chiedeva al comando alleato di bombardare Milano , era , come giustamente dice Gorresio , uno smaccato falso . Ma io posso testimoniare che Guareschi la pubblicò perché era convinto della sua autenticità , e per questo non riconobbe l ' errore neanche in punto di morte : perché era persuaso di non averlo commesso . Comunque , questo errore Guareschi lo rimediò pagandone il conto senza raccomandarsi a nessuno e senza chiedere ribassi : credo che sia l ' unico giornalista italiano che , per un vilipendio , si è fatto i suoi due bravi anni di galera , che dovett ' essere galera dura perché ne uscì fisicamente stroncato . E questa è la prova di un carattere , di cui Gorresio ha commesso a sua volta l ' errore di non dargli atto . Quanto all ' indignazione che Gorresio esprime per l ' intitolazione di una piazza a Guareschi , la trovo ingiusta e ingenerosa . Anzitutto , non è vero che si tratti di un ' usurpazione ai danni di Verdi . Roncole , dove sorge la casa del Maestro , seguita a chiamarsi Roncole Verdi . La piazza , che poi è un prato , non aveva nome . Che gli abbiano dato quello di Guareschi , lo trovo del tutto naturale perché Guareschi è stato uno dei personaggi più rappresentativi del dopoguerra italiano . Forse sarà esagerato dire che fu lui a far vincere la Dc nelle elezioni del '48 . Ma che vi abbia potentemente contribuito , non c ' è dubbio . Come non c ' è dubbio che la Dc si dimostrò , nei suoi confronti , ingrata e meschina , come è del resto nel suo costume . Quanto ai libri di Guareschi nessuno , nemmeno lui , ha mai preteso attribuirgli una quotazione letteraria . Ma i personaggi ch ' egli descrisse hanno , pur nella loro sommarietà e rozzezza , un qualcosa che li rende , al pari di Bertoldo e di Simplicissimus , eterni ed universali , come dimostra il successo che incontrarono dovunque . Mescolati forse a qualche errore di sintassi , ci sono nella prosa di Guareschi un vigore , un sangue , un ' immediatezza , una fragranza di vita che tanti altri suoi contemporanei , molto più colti e smaliziati e letterariamente agguerriti di lui , non si sognano nemmeno , e che fanno di Guareschi un superteste del suo tempo . Uno storico che voglia ricostruire fedelmente il clima dell ' immediato dopoguerra italiano potrà ignorare Gorresio e anche me , ma non Guareschi . E infine , Guareschi era un uomo . Massiccio e tagliato con l ' accetta , ma autentico . E in questo Paese di scimmie e di pecore , quando s ' incontra un uomo , caro Gorresio , dedicargli una piazza è ancora poco .