StampaQuotidiana ,
Nei
giorni
intorno
allo
scorso
Natale
mi
telefonò
una
persona
.
Mi
disse
che
aveva
da
propormi
un
lavoro
.
Venne
.
Era
uno
che
non
avevo
mai
visto
prima
;
lo
trovai
molto
simpatico
.
Parlammo
a
lungo
e
di
varie
cose
.
Di
lui
non
so
e
non
potrei
dire
nulla
,
se
non
che
è
molto
simpatico
e
che
lavora
alla
televisione
.
Mi
chiese
se
volevo
fare
,
per
la
televisione
,
un
'
inchiesta
sulla
donna
in
Italia
.
Risposi
che
non
sapevo
fare
le
inchieste
e
che
non
mi
piaceva
per
niente
pensare
«
alla
donna
»
,
cioè
pensare
ai
problemi
delle
donne
isolati
da
quelli
degli
uomini
.
Gli
dissi
inoltre
che
non
mi
piaceva
viaggiare
.
Non
avrei
avuto
nessuna
voglia
di
viaggiare
per
l
'
Italia
con
dei
fotografi
.
Gli
dissi
che
l
'
unica
cosa
che
amavo
al
mondo
era
scrivere
,
sul
divano
di
casa
mia
,
tutto
quello
che
mi
passava
per
la
testa
.
Mi
disse
che
non
avrei
dovuto
viaggiare
perché
altri
avrebbero
viaggiato
per
me
.
Io
potevo
restare
a
casa
mia
.
Mi
disse
che
in
questo
lavoro
non
sarei
stata
sola
,
perché
un
sociologo
avrebbe
lavorato
con
me
.
L
'
idea
di
lavorare
con
un
sociologo
mi
spaventò
moltissimo
e
rifiutai
.
Non
saprei
parlare
con
un
sociologo
;
la
sociologia
è
troppo
lontana
da
me
.
Mi
disse
allora
il
nome
del
sociologo
a
cui
avevano
pensato
e
a
cui
si
proponevano
di
scrivere
per
sapere
se
acconsentiva
.
Era
Ardigò
.
Ardigò
io
lo
conosco
poco
;
lo
conosco
però
da
molti
anni
.
Ne
ho
stima
.
Mi
ispira
simpatia
.
Ho
in
comune
con
lui
la
memoria
d
'
un
amico
.
Questo
amico
è
Felice
Balbo
,
morto
nel
'64
.
Mi
venne
a
un
tratto
il
desiderio
di
vedere
Ardigò
che
non
vedo
mai
.
Felice
Balbo
aveva
molti
amici
,
persone
diverse
fra
loro
e
che
non
avevano
fra
loro
niente
in
comune
,
se
non
l
'
abitudine
di
discutere
con
lui
fino
a
tarda
notte
.
Si
discuteva
con
lui
di
solito
in
piedi
,
perché
lui
usava
stare
in
piedi
,
e
la
discussione
diventava
particolarmente
appassionata
sul
pianerottolo
al
momento
di
salutarsi
.
Pensai
che
Balbo
sarebbe
forse
stato
contento
se
io
e
Ardigò
,
due
suoi
amici
,
avessimo
lavorato
insieme
a
un
'
inchiesta
sulla
donna
in
Italia
.
Quella
persona
simpatica
,
nell
'
andarsene
,
mi
disse
che
m
'
avrebbe
fatto
sapere
se
Ardigò
accettava
.
Quando
se
ne
fu
andato
mi
accorsi
che
non
avevo
mai
saputo
,
fino
a
quel
momento
,
che
Ardigò
era
un
sociologo
.
In
verità
non
mi
ero
mai
chiesta
cosa
fosse
Ardigò
.
Per
me
era
un
amico
di
Balbo
e
basta
.
Non
tutti
i
suoi
amici
mi
piacevano
.
Ardigò
mi
piaceva
.
La
mia
simpatia
per
lui
si
basava
su
impressioni
fuggevoli
,
ma
precise
.
Enumerai
le
cose
che
sapevo
su
Ardigò
.
Era
simpatico
.
Viveva
a
Bologna
.
Aveva
una
sorella
bionda
che
avevo
conosciuto
in
montagna
.
Pensai
che
le
mie
nozioni
sulle
persone
erano
spesso
assai
rozze
,
limitate
e
confuse
.
E
pensai
che
da
questa
mia
limitazione
,
da
questa
mia
miseria
di
nozioni
,
mi
veniva
un
senso
di
malinconia
,
di
miseria
e
di
confusione
.
Mi
veniva
come
una
sensazione
di
muovermi
nel
vuoto
.
Pensai
che
ero
l
'
ultima
persona
al
mondo
che
poteva
fare
un
'
inchiesta
in
compagnia
d
'
un
sociologo
.
Muovendomi
io
così
spesso
nel
vuoto
e
nella
nebbia
,
non
potevo
scambiar
parola
né
con
dei
politici
né
con
dei
sociologi
,
persone
che
certo
avevano
sulla
realtà
uno
sguardo
sempre
lucido
,
esatto
,
completo
e
puntuale
.
Pensai
che
Ardigò
mi
avrebbe
subito
disprezzato
.
Oppure
poteva
succedere
anche
di
peggio
,
che
cioè
lui
cadesse
in
un
equivoco
e
mi
supponesse
dotata
di
qualità
di
cultura
e
di
penetrazione
sociale
che
io
in
verità
non
possiedo
affatto
.
Pensai
che
è
molto
difficile
essere
capiti
.
Essere
capiti
vuol
dire
essere
presi
e
accettati
per
quello
che
siamo
.
Il
pericolo
più
triste
che
noi
corriamo
con
le
persone
,
non
è
tanto
che
non
vedano
o
non
amino
le
nostre
qualità
,
ma
che
invece
suppongano
che
le
nostre
qualità
reali
abbiano
proliferato
in
noi
numerose
altre
qualità
che
sono
in
noi
assolutamente
inesistenti
.
E
pensai
che
la
cosa
più
bella
che
aveva
Felice
Balbo
,
nel
suo
stare
con
le
persone
,
era
non
travisarle
mai
e
non
guarnirle
di
doni
che
esse
non
possedevano
,
ma
cercare
invece
nel
prossimo
che
aveva
davanti
a
sé
il
suo
nucleo
più
vitale
e
profondo
,
scegliere
e
liberare
il
meglio
che
l
'
altro
aveva
dentro
di
sé
e
quello
solo
,
senza
mai
un
'
ombra
di
sorpresa
,
di
disprezzo
o
di
scherno
,
dinanzi
alle
limitazioni
e
alle
povertà
dell
'
altro
.
Egli
infatti
viveva
con
il
suo
prossimo
nell
'
unico
luogo
dove
l
'
intelligenza
del
suo
prossimo
poteva
seguirlo
senza
limitazioni
.
Non
usava
mai
cercare
nel
prossimo
la
propria
immagine
,
essendo
,
quando
stava
con
gli
altri
,
totalmente
immemore
di
sé
.
Era
la
persona
meno
narcisista
che
ho
mai
conosciuto
.
Indifferente
a
se
stesso
,
non
si
sceglieva
mai
degli
amici
perché
gli
rassomigliavano
,
o
perché
erano
il
suo
contrario
,
o
perché
potevano
arricchirlo
di
nozioni
o
penetrazioni
che
lui
non
aveva
.
Semplicemente
stava
con
persone
con
cui
gli
era
possibile
una
qualche
sorta
di
colloquio
.
Quando
stava
con
una
persona
,
non
era
mai
in
posizione
di
superiorità
,
né
in
posizione
di
inferiorità
,
era
con
l
'
altro
sempre
un
eguale
.
Conservai
davanti
a
me
nel
futuro
,
d
'
altronde
assai
vaga
,
la
prospettiva
di
quell
'
inchiesta
,
prospettiva
in
cui
mi
rallegrava
,
e
insieme
mi
preoccupava
,
il
nome
di
Ardigò
,
e
in
cui
mi
rallegrava
il
ricordo
della
persona
molto
simpatica
che
era
venuta
a
casa
mia
quel
giorno
.
Passò
del
tempo
e
non
seppi
più
nulla
di
quel
lavoro
.
Pensai
che
era
sfumato
come
sfumano
tante
proposte
.
Però
l
'
altro
giorno
è
uscita
sull
'
«
Unità
»
una
fotocopia
d
'
un
foglio
dattiloscritto
della
televisione
,
con
una
serie
di
proposte
fra
cui
quella
dell
'
inchiesta
sulla
donna
.
C
'
era
il
mio
nome
e
il
nome
di
Ardigò
.
Accanto
,
era
scritta
a
penna
un
'
osservazione
che
esprimeva
perplessità
.
Era
scritto
a
penna
:
«
Due
comunisti
»
.
La
cosa
mi
precipitò
in
uno
stupore
profondo
.
Ero
anche
molto
contenta
.
Perché
fossi
così
contenta
,
non
lo
so
.
Dal
commento
dell
'
«
Unità
»
appresi
che
Ardigò
è
consigliere
nazionale
della
Dc
.
A
dire
il
vero
non
sapevo
di
lui
neanche
questo
.
Mi
sono
chiesta
allora
cosa
sapevo
con
precisione
su
di
me
.
Per
quanto
riguarda
la
politica
,
devo
dire
che
non
so
su
di
me
niente
di
preciso
.
L
'
unica
cosa
che
so
con
assoluta
certezza
,
è
che
di
politica
io
non
ne
capisco
niente
.
Nella
mia
vita
,
sono
stata
iscritta
a
partiti
per
due
volte
.
Una
volta
era
il
partito
d
'
azione
.
Un
'
altra
volta
era
il
partito
comunista
.
L
'
una
e
l
'
altra
volta
,
era
un
errore
.
Siccome
non
capisco
niente
di
politica
,
era
stupido
che
fingessi
di
capirne
qualcosa
,
che
andassi
alle
riunioni
,
che
avessi
in
mano
la
tessera
d
'
un
partito
.
E
'
bene
che
,
finché
vivo
,
io
non
appartenga
mai
a
nessun
partito
.
Se
mi
chiedessero
come
vorrei
che
fosse
governato
un
paese
,
in
coscienza
non
saprei
rispondere
.
I
miei
pensieri
politici
sono
quanto
mai
rozzi
,
imbrogliati
,
elementari
,
confusi
.
Per
questo
fatto
,
mi
sento
spesso
disprezzata
da
persone
che
amo
.
Esse
pensano
che
la
mia
povertà
di
pensiero
,
nei
confronti
della
politica
,
è
frivolezza
,
mancanza
di
serietà
,
assenteismo
colpevole
.
Lo
pensano
in
silenzio
.
Ma
il
peso
del
loro
disprezzo
è
per
me
oppressivo
.
Se
cercassi
di
giustificarmi
in
presenza
di
quel
severo
silenzio
,
non
troverei
che
parole
di
una
grottesca
goffaggine
e
futilità
.
Eppure
son
sicura
che
ci
deve
essere
un
posto
al
mondo
anche
per
quelli
che
,
come
me
,
non
capiscono
la
politica
,
che
se
parlassero
di
politica
direbbero
solo
banalità
e
imbecillità
,
perciò
la
cosa
migliore
che
possono
fare
è
non
esprimere
quasi
mai
nessuna
opinione
.
Quasi
mai
.
A
volte
,
dire
di
sì
o
di
no
è
indispensabile
.
Vorrei
però
limitarmi
a
dire
o
di
sì
o
di
no
,
E
poiché
ho
parlato
di
Felice
Balbo
,
dirò
che
gli
sono
grata
per
non
avermi
mai
disprezzato
,
per
non
essersi
mai
stupito
né
sdegnato
della
mia
ignoranza
politica
,
gli
sono
immensamente
grata
per
avermi
sempre
accettato
per
quello
che
ero
e
capito
.
Lo
seguii
prima
nel
partito
comunista
,
poi
fuori
,
feci
tutto
quello
che
lui
faceva
pensando
che
lui
capiva
la
politica
e
io
no
.
Pure
non
ebbi
mai
,
con
lui
,
la
sensazione
di
sottostare
a
una
sua
superiorità
,
di
subire
una
personalità
più
forte
.
Fra
noi
era
inteso
che
lui
capiva
e
sapeva
un
gran
numero
di
cose
,
io
no
.
Ma
non
aveva
importanza
,
eravamo
eguali
.
Nei
ricordi
degli
anni
che
ho
passato
nel
partito
comunista
,
nei
ricordi
di
riunioni
e
comizi
,
la
sua
figura
è
sempre
presente
.
Forse
per
questo
,
se
mi
dicono
comunista
,
sono
contenta
.
Perché
mi
ricordo
degli
anni
che
io
e
Balbo
eravamo
là
.
Per
quanto
riguarda
i
due
partiti
a
cui
ho
appartenuto
,
uno
dei
quali
da
tempo
ha
cessato
di
esistere
,
mi
sembra
di
avere
conservato
con
essi
dei
legami
viscerali
,
oscuri
e
sotterranei
,
che
non
saprei
chiarire
con
parole
,
che
non
trovano
alcun
fondamento
nella
ragione
,
che
non
hanno
nessun
rapporto
con
le
scelte
della
ragione
ma
sgorgano
dal
profondo
come
gli
affetti
.
Vorrei
ancora
dire
che
se
un
giorno
ci
fosse
una
rivoluzione
e
io
dovessi
fare
una
scelta
politica
,
preferirei
molto
essere
ammazzata
piuttosto
che
ammazzare
qualcuno
.
E
questo
è
uno
dei
pochissimi
pensieri
politici
che
la
mia
mente
possa
mai
formulare
.
StampaQuotidiana ,
Sono
andata
a
vedere
,
a
Palazzo
Braschi
,
la
mostra
dei
grandi
naifs
jugoslavi
.
I
naifs
jugoslavi
sono
pittori
contadini
.
Dipingono
su
vetro
.
Fanno
parte
d
'
una
scuola
che
si
chiama
«
Zemlja
»
,
cioè
terra
.
Il
caposcuola
,
che
si
chiama
Generalovic
,
non
ha
mandato
i
suoi
quadri
alla
mostra
perché
uno
dei
pittori
invitati
,
cioè
Lackovic
,
non
gli
andava
.
Così
dicevano
nelle
sale
della
galleria
e
non
so
se
sia
vero
o
se
sia
una
chiacchiera
.
Non
ho
mai
visto
i
quadri
di
Generalovic
.
Fino
a
poco
prima
di
visitare
la
mostra
,
non
sapevo
nulla
né
della
scuola
«
Zemlja
»
,
né
di
Lackovic
,
né
di
Generalovic
.
Questo
per
mia
ignoranza
,
perché
a
quanto
ho
saputo
i
naifs
jugoslavi
sono
famosissimi
.
Se
ho
voluto
visitare
questa
mostra
non
è
stato
per
amore
della
pittura
,
ma
perché
avendo
io
saputo
che
erano
pittori
-
contadini
,
pensavo
che
avrei
visto
dei
villaggi
.
Tutta
la
vita
ho
sempre
sentito
grande
curiosità
di
vedere
villaggi
,
ovunque
,
nella
realtà
e
nei
quadri
.
Quando
sono
in
treno
,
guardo
e
scelgo
nella
campagna
villaggi
dove
forse
vorrei
vivere
.
Nello
stesso
tempo
,
mentre
penso
la
mia
vita
perduta
in
mezzo
a
prati
o
rocce
o
abbarbicata
sull
'
alto
d
'
una
collina
,
mi
prende
una
sensazione
pungente
di
vertigine
e
malinconia
.
Perché
unito
al
desiderio
di
abitare
in
campagna
,
vive
in
me
non
meno
forte
e
profondo
il
sospetto
che
vivendo
in
campagna
mi
struggerei
di
noia
e
solitudine
.
Ma
nelle
pieghe
di
quella
noia
si
nasconde
per
me
un
incanto
segreto
.
Questi
sono
i
miei
pensieri
abituali
mentre
vado
in
treno
,
pensieri
totalmente
oziosi
perché
non
mi
propongo
e
forse
nemmeno
desidero
veramente
di
lasciare
la
città
in
cui
vivo
da
molti
anni
.
In
un
'
epoca
ormai
lontana
della
mia
vita
,
abitai
in
campagna
per
alcuni
anni
.
Quel
villaggio
io
non
l
'
avevo
scelto
ma
altri
l
'
avevano
scelto
per
me
.
Difatti
era
un
confino
di
polizia
.
Pure
avendo
preso
a
poco
a
poco
ad
amarlo
,
non
dimenticai
mai
,
nel
tempo
che
dovetti
soggiornarvi
,
che
non
l
'
avevo
scelto
e
non
smisi
mai
di
sognare
altri
e
più
remoti
villaggi
.
Quel
villaggio
non
era
per
nulla
sperduto
nella
campagna
ma
invece
stava
schierato
su
una
strada
larga
,
polverosa
e
piena
di
biciclette
e
carretti
.
La
casa
dove
abitavo
era
sopra
la
farmacia
.
Avendo
io
allora
bambini
piccoli
trovavo
la
presenza
di
quella
farmacia
assai
comoda
e
rassicurante
.
Tuttavia
essa
distruggeva
in
me
ogni
sensazione
di
stare
in
campagna
.
Le
nostre
finestre
non
guardavano
sulla
campagna
ma
su
tetti
e
vicoli
.
Sulla
porta
della
farmacia
sedeva
la
farmacista
.
Di
lei
dicevano
che
«
parlava
col
diavolo
»
.
Perché
e
quando
mai
parlasse
col
diavolo
quella
grassa
e
gentile
farmacista
in
vestaglia
e
ciabatte
,
non
lo
so
.
Ma
l
'
idea
che
le
aleggiasse
intorno
questo
sospetto
mi
rallegrava
facendomi
sembrare
il
paese
strano
e
primitivo
.
Perché
in
verità
quel
paese
era
assai
poco
strano
e
in
fondo
anche
assai
poco
primitivo
benché
sporco
e
povero
.
Alzando
gli
occhi
vedevo
le
colline
.
Sulle
colline
erano
villaggi
e
casali
dove
avrei
amato
vivere
.
Ma
soprattutto
c
'
era
,
non
molto
lontana
dal
paese
,
una
frazione
chiamata
Cavallari
,
cinque
o
sei
case
sparse
in
mezzo
a
un
acquitrino
,
e
io
usavo
figurarmi
la
mia
vita
là
.
Certo
era
un
gioco
ozioso
della
mia
frivola
immaginazione
.
Camminando
nei
prati
per
arrivare
a
Cavallari
si
affondava
nel
fango
fino
al
ginocchio
e
nei
vicoli
fra
quelle
case
nere
e
diroccate
si
affondava
nel
letame
.
Cavallari
,
dagli
abitanti
del
paese
dove
io
stavo
,
era
chiamato
«
Piccolo
Parigi
»
per
dileggio
.
Credo
che
se
mi
fosse
accaduto
di
vivere
per
più
di
un
giorno
nel
Piccolo
Parigi
sarei
impazzita
.
Vi
andavo
a
volte
per
qualche
ora
e
conobbi
là
alcuni
contadini
.
Essi
erano
tutt
'
altro
che
lieti
di
vivere
in
quel
fango
e
li
soccorreva
soltanto
una
secolare
abitudine
.
Non
avevano
né
acqua
né
luce
e
per
comprare
una
candela
o
una
cartina
d
'
aghi
dovevano
fare
chilometri
.
Avendo
io
le
idee
quanto
mai
confuse
progettavo
di
battermi
nei
miei
anni
futuri
per
strappare
quei
contadini
a
quel
miserevole
luogo
ma
nello
stesso
tempo
accarezzavo
il
sogno
di
passare
la
mia
vita
futura
in
una
di
quelle
nere
cucine
soffocate
nel
fumo
e
nel
letame
e
affacciarmi
la
sera
a
guardare
il
tramonto
su
quel
desolato
acquitrino
.
Se
avevo
all
'
origine
un
'
immagine
di
villaggi
idilliaca
e
pastorale
,
con
ruscelli
bisbiglianti
e
tenera
erba
,
essa
certo
andò
distrutta
per
sempre
nel
fango
del
Piccolo
Parigi
e
nei
vicoli
del
paese
in
cui
vissi
.
Non
che
non
vi
fossero
là
tenera
erba
e
pecore
,
ma
il
fango
,
il
fumo
e
la
noia
regnavano
incontrastati
in
quei
luoghi
e
ne
formavano
la
realtà
essenziale
.
Conobbi
varie
frazioni
e
sobborghi
in
quella
vallata
e
cercai
di
pensarvi
la
mia
vita
con
acuta
curiosità
,
con
desolazione
e
desiderio
.
Del
paese
in
cui
stavo
conoscevo
ormai
le
minime
pieghe
,
i
minimi
buchi
e
i
vicoli
,
e
la
mia
noia
d
'
averlo
davanti
agli
occhi
era
sterminata
.
Andavo
a
vedere
altre
frazioni
e
sobborghi
come
uno
si
gira
e
si
rigira
in
un
letto
per
cercare
punti
più
freschi
.
Mi
avrei
dato
non
so
cosa
per
aprire
gli
occhi
un
mattino
sui
balconi
di
una
città
.
Eppure
vissi
felice
in
quei
luoghi
.
Perché
non
è
vero
che
la
noia
escluda
la
felicità
.
Esse
possono
sussistere
insieme
e
unirsi
in
un
viluppo
inestricabile
.
Ricordando
la
noia
di
quegli
anni
conservo
in
me
la
persuasione
assoluta
che
la
vita
in
un
paese
in
campagna
sarebbe
quella
che
io
sceglierei
se
l
'
uomo
potesse
scegliere
il
suo
destino
.
Per
tornare
alla
mostra
di
Palazzo
Braschi
,
ci
sono
andata
dunque
per
vedere
dei
villaggi
.
Ne
sono
uscita
con
una
nostalgia
di
villaggi
profonda
e
pungente
.
Desideravo
essere
una
persona
precisa
,
e
cioè
desideravo
essere
il
pittore
contadino
Ivan
Vecenaj
.
I
grandi
naifs
jugoslavi
che
hanno
esposto
quadri
in
questa
mostra
sono
essenzialmente
quattro
:
Vecenaj
,
Rabuzin
,
Lackovic
e
Kovacic
.
Dirò
subito
che
non
mi
piace
Rabuzin
.
Dal
catalogo
ho
saputo
che
non
è
un
contadino
ma
un
imbianchino
.
Questo
spiega
di
lui
molte
cose
.
Evidentemente
imbiancando
muri
avrà
addensato
dentro
di
sé
molto
bianco
.
Nei
suoi
quadri
c
'
è
una
costante
luce
bianca
.
Per
i
cieli
rosa
e
celeste
viaggiano
nuvole
che
sembrano
palle
di
neve
,
al
suolo
giacciono
immensi
palloni
verdi
come
immensi
meloni
o
limoni
e
sono
foglie
.
Cerchi
lontani
di
piccole
case
non
testimoniano
vita
umana
essendo
i
suoi
villaggi
,
orti
e
campi
sigillati
in
una
geometria
immota
.
I
paesaggi
di
Rabuzin
sembrano
paradisi
luminosi
e
gelidi
,
non
destinati
agli
uomini
ma
alle
nuvole
,
ai
meloni
e
ai
limoni
,
e
chiusi
per
sempre
in
una
vitrea
e
nivea
primavera
.
Essi
mi
hanno
affascinato
ma
li
ho
trovati
agghiaccianti
.
Lackovic
mi
ispira
maggiore
simpatia
.
Lackovic
fa
degli
uomini
piccolissimi
seguiti
da
cani
piccolissimi
che
sembrano
volpi
.
Fa
delle
pianure
invernali
e
delle
lune
rosse
e
rotonde
,
dei
villaggi
armoniosamente
composti
in
un
delicato
intrico
di
arbusti
.
Dipinge
come
un
bambino
vivace
,
spiritoso
e
ciarliero
.
Tuttavia
i
suoi
orizzonti
non
sono
infiniti
,
né
sono
mai
sterminate
le
sue
distese
di
campi
.
Ogni
suo
paesaggio
è
raccolto
nella
vivacità
e
nella
grazia
.
In
questa
mostra
i
due
pittori
che
amo
sono
Kovacic
e
Vecenaj
.
Kovacic
ha
paludi
d
'
un
verde
grigiastro
,
autunni
fiammeggianti
e
villaggi
invernali
dipinti
con
attenzione
intensa
e
intensa
tristezza
.
Perché
l
'
orizzonte
nei
quadri
di
Lackovic
non
sia
infinito
,
e
sia
invece
infinito
nei
paesaggi
di
Kovacic
e
di
Vecenaj
,
non
lo
so
,
ma
penso
che
tutto
il
segreto
della
pittura
stia
in
questo
punto
.
I
quadri
di
Ivan
Vecenaj
sono
nella
prima
stanza
.
Dopo
aver
visto
gli
altri
sono
ritornata
da
lui
e
penso
che
lo
preferisco
a
tutti
.
I
suoi
paesaggi
sono
dipinti
con
estrema
minuzia
nei
minimi
e
più
lontani
particolari
e
l
'
orizzonte
sopra
di
essi
è
fosco
e
solenne
.
Nel
mezzo
del
paesaggio
campeggia
a
volte
un
evento
drammatico
:
brucia
una
casa
;
san
Giovanni
è
seduto
con
la
sua
aquila
;
un
vaso
di
fiori
azzurri
è
stato
posato
su
una
distesa
di
neve
;
una
donna
insegue
le
sue
oche
;
hanno
crocifisso
Gesù
.
I
colori
di
Vecenaj
sono
crudeli
e
violenti
.
Le
sue
figure
umane
sono
tozze
e
stupefatte
.
Hanno
larghi
volti
legnosi
,
larghe
mani
ossute
e
nodose
,
stanchissime
e
forti
.
I
suoi
animali
sono
irsuti
e
aspri
,
pieni
di
penne
e
di
peli
.
Ogni
quadro
dice
l
'
aspra
fatica
del
vivere
e
la
desolata
solitudine
dell
'
uomo
nella
campagna
.
Ogni
quadro
dice
come
sia
sterminata
e
senza
risposta
la
natura
intorno
alle
opere
degli
uomini
,
intorno
ai
villaggi
.
Dal
catalogo
ho
appreso
che
Vecenaj
vive
sempre
nel
suo
villaggio
e
fa
il
contadino
.
Questo
mi
ha
dato
gran
gioia
,
perché
avrei
trovato
tristissimo
doverlo
pensare
in
un
anonimo
appartamento
d
'
una
qualche
città
,
col
telefono
e
l
'
ascensore
.
Quando
sono
uscita
dalla
mostra
era
il
crepuscolo
.
C
'
era
folla
,
traffico
e
rumore
.
Gli
occhi
non
riuscivano
a
fermarsi
su
niente
,
non
c
'
era
che
disordine
,
le
strade
non
erano
più
strade
ma
solo
gente
e
automobili
,
i
suoni
laceravano
le
orecchie
.
Mi
consolava
il
pensiero
che
tutto
questo
fosse
risparmiato
a
Vecenaj
.
Era
,
in
quel
grigio
crepuscolo
,
l
'
unico
pensiero
che
mi
consolava
.
Per
me
stessa
,
desideravo
due
cose
,
ed
erano
tutt
'
e
due
impossibili
:
desideravo
essere
Vecenaj
,
e
desideravo
di
stare
per
sempre
in
uno
dei
villaggi
che
lui
ha
dipinto
.
Stare
là
come
la
guardiana
di
oche
,
o
come
l
'
aquila
,
o
san
Giovanni
,
o
Gesù
.
Avere
ai
miei
piedi
quella
campagna
.
Avere
sulla
mia
testa
quel
cielo
.
StampaQuotidiana ,
Tre
anni
fa
sono
andata
in
America
per
la
prima
volta
nella
mia
vita
.
Un
mio
figlio
vi
soggiornava
da
un
anno
ed
era
nato
là
un
mio
nipote
.
Mio
figlio
,
sua
moglie
e
il
bambino
dovevano
rimanere
là
un
anno
ancora
.
Quel
bambino
aveva
ormai
qualche
mese
e
io
non
l
'
avevo
visto
che
in
fotografia
.
Così
conobbi
insieme
l
'
America
e
mio
nipote
Simone
.
Non
posso
dire
d
'
aver
capito
e
visto
molto
dell
'
America
essendo
io
tarda
nei
riflessi
e
poco
dotata
per
capire
velocemente
luoghi
ignoti
.
Del
viaggio
ho
questo
ricordo
:
per
moltissime
ore
era
pomeriggio
,
l
'
aereo
ronzava
in
apparenza
immobile
in
un
cielo
d
'
un
azzurro
intenso
e
su
candide
groppe
di
nuvole
dove
il
sole
non
si
sognava
di
tramontare
;
poi
di
colpo
fu
pioggia
e
notte
.
L
'
istante
in
cui
quel
pomeriggio
immobile
e
glorioso
si
trasformò
in
una
bufera
notturna
,
dovette
essere
rapidissimo
perché
non
ne
ho
memoria
.
Quando
scendemmo
infuriava
il
vento
e
nel
campo
dell
'
aeroporto
erano
state
installate
passerelle
con
tettoie
di
zinco
su
cui
la
pioggia
scrosciava
.
Le
mie
prime
immagini
furono
vie
battute
dal
temporale
e
lunghi
sottopassaggi
illuminati
a
giorno
e
rombanti
.
La
città
era
Boston
.
Avevo
letto
nella
mia
vita
moltissimi
libri
che
parlavano
di
Boston
ma
non
so
perché
il
solo
che
mi
venne
in
mente
allora
fu
un
romanzo
chiamato
Il
lampionaio
che
avevo
letto
e
amato
all
'
età
di
nove
anni
.
Si
svolgeva
a
Boston
e
c
'
era
una
bambina
di
nome
Gertrude
,
assai
povera
,
maltrattata
e
selvaggia
,
che
veniva
raccolta
e
adottata
da
un
buonissimo
vecchio
,
lampionaio
di
professione
.
Mi
rallegrai
a
un
tratto
con
me
stessa
di
trovarmi
nella
città
di
Gertrude
.
Non
c
'
era
però
intorno
a
me
traccia
di
lampioni
e
mi
era
difficile
riconoscere
in
quei
rombanti
sottopassaggi
le
calme
e
vuote
immagini
che
avevo
costruito
intorno
al
nome
di
Boston
nella
mia
remota
infanzia
.
Tuttavia
la
memoria
del
Lampionaio
rimase
in
me
per
tutto
il
tempo
che
fui
a
Boston
e
in
fondo
dopo
un
attento
esame
scopersi
che
quella
città
non
era
molto
dissimile
da
quella
che
era
sorta
dissepolta
fra
le
ceneri
della
mia
immaginazione
infantile
.
Di
Gertrude
,
ricordavo
che
quando
era
così
povera
usava
nutrirsi
di
spazzatura
.
Così
osservavo
con
attenzione
per
le
strade
di
Boston
i
grandi
bidoni
di
spazzatura
che
si
trovavano
davanti
alle
case
.
Per
la
spazzatura
mio
figlio
mi
spiegò
al
mattino
che
c
'
erano
due
bidoni
,
uno
destinato
all
'
organico
e
l
'
altro
all
'
inorganico
.
Perciò
ogni
volta
che
dovevo
buttar
via
qualcosa
mi
fermavo
a
pensare
se
andava
nel
bidone
dell
'
organico
o
nel
bidone
dell
'
inorganico
.
Più
tardi
tornata
in
Italia
riflettevo
ancora
sull
'
organico
e
sull
'
inorganico
pur
gettando
poi
tutto
in
un
unico
secchio
come
usiamo
fare
qui
.
Tornando
alla
sera
del
mio
arrivo
,
mio
figlio
e
sua
moglie
parlarono
subito
del
lungo
viaggio
che
si
preparavano
a
fare
in
automobile
,
col
bambino
,
nelle
«
Rocky
Mountains
»
.
Sapevo
di
questo
loro
progetto
da
tempo
ma
in
quella
bufera
di
vento
e
pioggia
l
'
idea
mi
parve
insensata
e
dissi
che
il
bambino
avrebbe
patito
il
freddo
.
Mi
fecero
osservare
che
eravamo
nel
mese
di
maggio
,
il
viaggio
sarebbe
avvenuto
d
'
estate
e
quindi
se
mai
il
rischio
era
la
calura
estiva
.
Dissero
che
però
erano
andati
dal
pediatra
con
la
carta
geografica
,
gli
avevano
mostrato
l
'
itinerario
del
loro
viaggio
e
il
pediatra
aveva
approvato
.
Questo
pediatra
usava
farsi
chiamare
«
Jerry
»
dai
suoi
clienti
.
Quando
accordava
una
visita
,
lasciava
nella
cassetta
della
posta
un
cartoncino
con
scritto
:
«
Jerry
sarà
felice
di
incontrarsi
con
Simone
martedì
alle
tre
»
.
Tuttavia
se
Simone
avesse
avuto
la
febbre
a
quaranta
,
Jerry
non
si
sarebbe
spostato
di
un
millimetro
perché
non
faceva
visite
a
casa
.
Era
questa
la
regola
e
non
vi
contravveniva
in
America
nessun
pediatra
.
Sul
conto
di
Jerry
appresi
ancora
che
trovava
Simone
in
buona
salute
,
ma
un
po
'
troppo
grasso
.
Jerry
voleva
che
i
bambini
fossero
magri
.
Trovai
che
infatti
l
'
America
era
un
paese
di
bambini
magri
.
I
bambini
inoltre
mi
sembravano
poco
vestiti
e
con
mani
paonazze
dal
freddo
perché
non
portavano
guanti
.
Quando
lo
vidi
per
la
prima
volta
,
la
sera
del
mio
arrivo
,
Simone
era
nel
suo
letto
,
sveglio
,
vestito
d
'
una
tuta
bianca
di
cotone
,
e
giocava
con
un
gatto
piatto
di
tela
cerata
rossa
.
Aveva
una
testa
completamente
nuda
di
capelli
e
occhi
neri
ironici
,
acutissimi
e
penetranti
.
Guardando
con
molta
attenzione
,
si
poteva
scorgere
su
quella
sua
testa
nuda
una
finissima
peluria
bionda
.
Gli
occhi
erano
stretti
e
allungati
verso
le
tempie
.
Trovai
che
assomigliava
a
Gengis
-
Kan
.
Dopo
alcuni
giorni
di
bufera
,
esplose
a
un
tratto
un
'
estate
torrida
.
Dissi
allora
che
un
viaggio
con
quel
caldo
era
pericoloso
.
Avrei
dato
non
so
cosa
per
portare
il
bambino
con
Te
in
Italia
,
in
campagna
,
all
'
ombra
di
frondosi
alberi
.
Ma
i
suoi
genitori
erano
irremovibili
.
Pensavano
che
nelle
«
Rocky
Mountains
»
si
sarebbe
divertito
di
più
.
Io
replicavo
che
un
bambino
di
pochi
mesi
non
avrebbe
visto
differenze
fra
le
«
Rocky
Mountains
»
e
una
conigliera
.
Prediche
,
querimonie
e
contumelie
furono
nel
mio
soggiorno
in
America
le
mie
manifestazioni
essenziali
.
Soprattutto
non
mi
davo
pace
che
per
tre
mesi
quel
tenero
e
ignaro
bambino
non
avrebbe
avuto
una
casa
.
Infatti
mio
figlio
e
sua
moglie
avevano
subaffittato
la
loro
casa
fino
al
mese
di
ottobre
.
Simone
avrebbe
dormito
in
automobile
,
o
nei
motel
,
o
sotto
la
tenda
,
tenda
che
era
già
stata
comperata
e
che
mio
figlio
montava
per
esercizio
nel
prato
d
'
un
amico
.
Fino
ai
primi
di
ottobre
,
Simone
non
avrebbe
avuto
sulla
sua
testa
il
soffitto
di
casa
sua
.
Avrebbe
però
avuto
sempre
mi
dissero
il
suo
letto
.
Quel
letto
era
infatti
smontabile
e
poteva
essere
rimpicciolito
e
sistemato
dentro
l
'
automobile
.
Anche
di
questo
furono
fatte
molteplici
prove
.
Non
so
se
fosse
imperizia
di
mio
figlio
ma
l
'
operazione
della
sistemazione
del
letto
nell
'
automobile
era
lentissima
e
laboriosa
non
meno
dell
'
installazione
della
tenda
sul
prato
.
Assistetti
a
quei
preparativi
di
viaggio
con
crescente
paura
.
Mio
figlio
e
sua
moglie
tornavano
ogni
giorno
a
casa
con
oggetti
destinati
al
viaggio
,
bottiglioni
di
plastica
per
l
'
acqua
e
polveri
contro
i
morsi
degli
scorpioni
.
Comprarono
anche
una
enorme
sacca
di
plastica
e
vi
cacciarono
dentro
tutti
i
giocattoli
del
bambino
.
Osservai
che
era
un
ingombro
inutile
,
ma
loro
avevano
letto
nel
libro
del
dottor
Spock
che
un
bambino
deve
viaggiare
in
compagnia
di
tutti
i
suoi
giocattoli
.
Infatti
non
potendo
sempre
interrogare
Jerry
,
essi
spesso
cercavano
risposte
e
conforto
nel
libro
del
dottor
Spock
.
Ignaro
di
essere
minacciato
dalle
«
Rocky
Mountains
»
il
bambino
viveva
nella
casa
come
se
fosse
stata
sua
fino
alla
fine
dei
secoli
.
Stava
in
carrozzina
nella
loggia
di
legno
davanti
a
casa
,
agitava
il
suo
gatto
rosso
e
squadrava
il
mondo
con
i
suoi
occhi
da
Gengis
-
Kan
.
Era
un
bel
bambino
grasso
e
forte
,
troppo
grasso
anzi
per
i
gusti
di
Jerry
,
e
mandava
giù
con
gioia
bottiglie
di
latte
ma
si
batteva
ferocemente
contro
ogni
altra
specie
di
cibo
.
Avanzai
la
proposta
di
fargli
il
famoso
brodo
vegetale
,
In
Italia
si
svezzano
i
bambini
con
il
brodo
vegetale
.
Ma
mio
figlio
e
sua
moglie
ebbero
contro
il
brodo
vegetale
espressioni
di
forte
disprezzo
.
D
'
altronde
capivo
anch
'
io
che
era
inutile
abituare
il
bambino
al
brodo
vegetale
,
che
doveva
bollire
ore
e
non
era
possibile
preparare
nel
corso
d
'
un
viaggio
in
automobile
.
Tornata
in
Italia
fui
per
tutta
l
'
estate
inquieta
nonostante
arrivassero
cartoline
dalle
«
Rocky
Mountains
»
e
rassicuranti
fotografie
del
bambino
nudo
e
abbronzato
sulle
spalle
dei
genitori
.
Alla
fine
dell
'
estate
e
quando
loro
erano
ormai
tornati
a
casa
ricevetti
una
lettera
di
mio
figlio
dove
mi
raccontava
del
viaggio
e
diceva
fra
l
'
altro
che
una
notte
si
erano
trovati
in
un
campeggio
dove
erano
arrivati
degli
orsi
probabilmente
attratti
dall
'
odore
di
una
bottiglia
di
sciroppo
che
si
era
rotta
sul
tetto
della
loro
automobile
.
Acquattati
nella
tenda
col
bambino
in
collo
avevano
spiato
gli
orsi
che
armeggiavano
intorno
all
'
automobile
e
infuriavano
contro
una
ghiacciaia
.
Non
si
trattava
affatto
di
graziosi
orsacchiotti
,
ma
di
brutti
animali
alti
e
grossi
,
e
per
scacciarli
avevano
dovuto
sbattere
dei
coperchi
di
pentole
.
All
'
alba
erano
andati
all
'
azienda
-
turismo
e
avevano
chiesto
che
gli
venisse
indicato
un
campeggio
dove
gli
orsi
non
mettessero
mai
piede
.
Quelle
notizie
paurose
benché
superate
da
tempo
mi
sconvolsero
e
scrissi
lettere
di
prediche
e
contumelie
.
Tornarono
in
Italia
dopo
un
altro
inverno
e
un
'
altra
estate
nella
quale
fecero
ancora
un
viaggio
,
questa
volta
nel
«
deeper
South
»
,
luogo
che
sapevo
caldo
e
pericoloso
.
Accolsi
il
bambino
con
la
sensazione
che
fosse
scampato
da
viaggi
pericolosi
.
Il
bambino
ora
camminava
e
parlava
.
Sulla
sua
testa
lunga
e
delicata
erano
cresciuti
fini
e
tenerissimi
capelli
biondi
.
Aveva
alcune
manie
.
Non
voleva
saperne
di
frutta
fresca
ed
esigeva
sughi
di
pera
in
bottiglia
.
Non
voleva
saperne
di
golf
di
lana
perché
«
avevano
il
pelo
»
.
L
'
unico
indumento
che
accettava
di
indossare
col
freddo
,
era
una
sua
vecchia
giacca
a
vento
scolorita
.
Pensai
che
nella
sua
ripugnanza
«
per
il
pelo
»
c
'
era
magari
una
ripugnanza
o
paura
per
quegli
orsi
che
aveva
visto
.
Ma
forse
è
una
mia
deduzione
insensata
,
essendo
e
l
allora
troppo
piccolo
per
spaventarsi
.
A
poco
a
poco
,
lo
persuademmo
che
«
il
pelo
»
dai
golf
poteva
sparire
strofinandone
con
forza
una
manica
.
Tuttavia
la
giacca
a
vento
è
rimasta
il
suo
indumento
preferito
.
Un
pomeriggio
,
doveva
venire
a
casa
mia
.
Lo
aspettavo
alla
finestra
.
Lo
vidi
attraversare
la
strada
con
suo
padre
.
Camminava
serio
,
per
mano
a
suo
padre
e
tuttavia
assorto
in
se
stesso
e
come
in
solitudine
,
portando
una
borsa
di
nylon
in
cui
aveva
cacciato
la
sua
giacca
a
vento
.
In
quei
giorni
gli
era
nata
una
sorella
,
cosa
che
forse
lo
rendeva
serio
.
Il
suo
passo
,
la
sua
lunga
testa
fiera
e
delicata
,
il
suo
sguardo
buio
e
profondo
,
mi
fecero
a
un
tratto
scorgere
in
lui
qualcosa
di
ebraico
che
non
avevo
mai
visto
.
Mi
parve
anche
un
piccolo
emigrante
.
Quando
sedeva
sulla
loggia
a
Boston
,
sembrava
regnare
da
sovrano
nel
mondo
che
aveva
intorno
.
Sembrava
Gengis
-
Kan
.
Ora
non
era
più
Gengis
-
Kan
,
il
mondo
gli
si
era
rivelato
mutevole
e
instabile
,
nella
sua
persona
era
sorta
forse
una
precoce
consapevolezza
che
le
cose
erano
minacciose
e
sfuggenti
e
che
un
essere
umano
deve
bastare
a
se
stesso
.
Pareva
sapere
che
nulla
gli
apparteneva
,
salvo
quella
scolorita
borsa
di
nylon
contenente
quattro
figurine
,
due
matite
mangiate
e
una
scolorita
giacca
a
vento
.
Piccolo
ebreo
senza
terra
,
con
la
sua
borsa
attraversava
la
strada
.
Film ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Ho
visto
,
in
un
cineclub
,
un
film
scritto
da
Beckett
,
recitato
da
Buster
Keaton
,
e
chiamato
Film
.
Dura
forse
meno
di
mezz
'
ora
ed
è
privo
di
parole
.
Un
uomo
,
in
una
stanza
,
mette
fine
alla
sua
vita
.
Non
lo
vediamo
né
morire
,
né
uccidersi
;
ma
è
chiaro
che
di
là
da
quei
momenti
,
non
vi
sarà
mai
più
nulla
per
lui
.
Nella
stanza
c
'
è
un
letto
,
una
coperta
,
uno
specchio
,
un
seggiolone
a
dondolo
,
un
gatto
e
un
cane
in
un
cestello
,
un
pesce
in
una
vasca
,
un
pappagallo
in
gabbia
.
Nonostante
questi
mobili
e
questi
animali
,
la
stanza
appare
nuda
e
vuota
.
L
'
istante
in
cui
quell
'
uomo
ha
portato
là
quel
letto
e
quello
specchio
,
quel
cestino
,
quella
vasca
e
quella
gabbia
,
appare
lontanissimo
e
perduto
in
un
tempo
senza
memoria
.
Con
gesti
ansiosi
e
pieni
di
terrore
,
come
inseguito
da
persecutori
invisibili
,
l
'
uomo
copre
con
un
panno
lo
specchio
,
fa
uscire
il
cane
e
il
gatto
,
richiude
la
porta
,
copre
la
vasca
e
la
gabbia
.
Poi
si
siede
sul
seggiolone
e
si
dondola
,
in
mezzo
alla
stanza
.
A
tratti
si
tasta
il
polso
,
con
quell
'
ansia
per
le
proprie
pulsazioni
,
quella
sollecitudine
per
se
stesso
che
sente
chi
non
ha
nessuno
sulla
terra
salvo
se
stesso
,
con
quella
paura
della
morte
che
sente
chi
non
vuole
più
nulla
fuor
che
la
morte
.
Da
una
cartella
di
cuoio
,
egli
trae
e
osserva
alcune
fotografie
.
Sono
antiche
immagini
di
un
essere
che
è
stato
lui
stesso
.
L
'
infanzia
,
il
volto
materno
,
le
feste
scolastiche
,
le
gare
sportive
,
il
matrimonio
,
una
donna
,
un
bambino
.
Sono
le
immagini
di
una
vita
respirabile
,
tiepida
,
abitata
da
affetti
.
Una
vita
ormai
remota
da
quella
stanza
,
da
quelle
suppellettili
desolate
.
Egli
accarezza
un
attimo
,
con
il
pollice
,
la
fotografia
del
bambino
.
Strappa
una
per
una
,
a
metà
,
tutte
le
fotografie
.
Le
strappa
a
metà
una
per
una
,
senza
esitazione
e
questa
volta
senza
ansia
,
attentamente
,
scrupolosamente
.
Le
lascia
cadere
a
terra
.
Finora
non
abbiamo
visto
il
suo
viso
,
ma
sempre
solo
le
sue
mani
,
le
sue
spalle
,
la
sua
sciarpa
,
le
crepe
nel
muro
,
le
pieghe
della
coperta
.
Infine
vediamo
il
suo
viso
:
un
viso
devastato
,
scavato
,
un
occhio
coperto
da
una
benda
nera
.
Per
un
attimo
:
perché
egli
subito
chiude
quel
viso
tra
le
mani
devastate
.
Unico
e
ultimo
gesto
di
pietà
per
se
stesso
;
unico
e
ultimo
tentativo
di
nascondere
a
se
stesso
la
sua
stessa
immagine
,
di
smarrirsi
al
di
là
della
ragione
e
delle
memorie
;
unico
e
ultimo
implorare
il
buio
,
il
nulla
e
la
morte
.
Questo
racconto
rapido
e
muto
,
lo
poteva
recitare
solo
l
'
attore
Buster
Keaton
.
Impossibile
pensare
un
essere
diverso
,
là
in
quella
stanza
.
Egli
non
recita
:
egli
è
quell
'
uomo
.
Della
vita
di
Buster
Keaton
io
non
so
molto
,
salvo
quello
che
sanno
forse
tutti
.
E
morto
solo
e
povero
,
alcuni
anni
fa
.
Probabilmente
i
suoi
ultimi
giorni
furono
assai
simili
alle
ore
di
quell
'
uomo
in
quella
stanza
.
Ebbe
un
destino
crudele
.
Fu
un
attore
comico
famosissimo
ai
tempi
del
muto
;
con
l
'
avvento
del
sonoro
,
non
lo
cercarono
più
e
fu
presto
dimenticato
.
Era
del
resto
impensabile
che
dalla
sua
bocca
uscissero
mai
parole
.
Il
suo
viso
magro
e
arido
,
le
sue
labbra
sigillate
e
negate
al
sorriso
,
le
mascelle
irrigidite
e
contratte
,
erano
la
maschera
stessa
del
silenzio
.
Era
stato
un
grande
attore
,
un
grande
attore
comico
.
La
comicità
nasceva
dalle
sue
mosse
rapide
,
dal
suo
silenzio
,
dalla
sua
fissità
.
Apparvero
sui
giornali
,
a
volte
,
sue
fotografie
.
Un
viso
su
cui
gli
anni
e
l
'
ombra
avevano
scavato
ombre
e
solchi
.
Un
viso
coperto
di
una
rete
di
rughe
fittissime
,
come
una
carta
geografica
.
Le
labbra
sempre
strette
e
sigillate
.
Dovette
chiudersi
nel
suo
silenzio
,
da
vivo
,
come
in
un
sepolcro
.
Ebbe
solo
qualche
piccola
parte
,
breve
e
secondaria
.
Fu
il
pianista
in
Luci
della
ribalta
.
Film
dovette
essere
uno
dei
suoi
ultimi
film
se
non
l
'
ultimo
;
e
non
ebbe
,
credo
,
alcuna
diffusione
.
A
Chaplin
toccò
una
sorte
diversa
.
Erano
stati
,
credo
,
compagni
di
giovinezza
.
Chaplin
ebbe
a
profusione
tutto
quello
che
lui
,
dopo
una
certa
epoca
,
non
ebbe
più
.
Chaplin
,
dopo
gli
anni
amari
d
'
una
infanzia
orfana
e
povera
,
ebbe
gloria
,
denaro
e
onori
e
li
avrà
per
tutta
la
durata
della
sua
vita
.
La
sua
gloria
è
,
da
tempo
,
indistruttibile
.
Era
,
senza
dubbio
,
un
più
grande
attore
.
I
ricordi
della
sua
infanzia
,
i
tristi
vicoli
popolati
di
poveri
,
divennero
presto
per
lui
un
mondo
remoto
.
Per
moltissimi
anni
,
trasse
la
sua
ispirazione
da
quelle
buie
memorie
.
Inventò
la
figura
immortale
che
ben
conosciamo
.
La
figura
zoppicante
e
rapida
,
con
i
riccioli
neri
intorno
al
volto
pallido
,
con
il
sorriso
luminoso
e
mite
.
Era
anch
'
essa
priva
di
parola
.
Conosceva
bene
anch
'
essa
l
'
inadeguatezza
e
la
miseria
della
parola
umana
.
In
vecchiaia
,
Chaplin
si
trasformò
in
una
persona
che
è
in
qualche
modo
il
contrario
di
quella
figura
randagia
,
zoppicante
e
fuggevole
.
Divenne
un
vecchio
canuto
e
florido
,
ottimista
e
miliardario
.
Vive
in
una
villa
in
Svizzera
,
con
uno
sciame
di
figli
.
Se
per
caso
si
incontrassero
,
l
'
antica
figura
zoppicante
e
randagia
e
questo
furbo
e
florido
vecchio
signore
,
non
avrebbero
niente
da
dirsi
.
In
vecchiaia
,
Chaplin
scrisse
e
parlò
.
Scrisse
perfino
un
libro
di
memorie
.
Quando
ci
accade
di
vedere
sullo
schermo
l
'
antica
figura
che
amiamo
,
dobbiamo
isolarla
dal
ricordo
della
persona
che
l
'
ha
creata
e
che
ne
è
diventata
così
diversa
.
Dobbiamo
scacciare
il
ricordo
dei
pensieri
che
ha
espresso
nel
suo
libro
,
delle
sue
affermazioni
ottimistiche
,
della
sua
vanità
per
nulla
ingenua
,
della
sua
solida
e
robusta
persona
da
cui
è
totalmente
scomparso
ogni
istinto
di
fuga
.
Da
cui
è
scomparso
anche
ogni
istinto
di
libertà
.
Chaplin
ha
fatto
,
in
vecchiaia
alcuni
brutti
film
.
Essi
hanno
avuto
successo
.
Certo
l
'
idea
d
'
aver
fatto
dei
brutti
film
non
l
'
ha
nemmeno
sfiorato
,
essendo
egli
ormai
troppo
compiaciuto
di
sé
per
dire
a
se
stesso
parole
vere
.
D
'
altronde
la
cosa
in
sé
non
avrebbe
importanza
e
i
suoi
brutti
film
non
scalfiscono
il
suo
genio
.
Quando
vediamo
sullo
schermo
la
figura
immortale
da
lui
un
tempo
creata
,
non
pensiamo
ai
suoi
ultimi
brutti
film
.
Pensiamo
invece
alla
sua
persona
attuale
che
si
trova
,
rispetto
alla
sua
persona
antica
,
sull
'
altra
sponda
.
Non
possiamo
fargli
rimprovero
di
essere
diventato
,
in
vecchiaia
,
ricco
e
furbo
.
Penso
che
uno
possa
essere
ricchissimo
e
furbissimo
,
restando
in
qualche
modo
libero
e
randagio
.
Penso
che
sia
difficile
,
ma
possibile
.
Quello
che
rattrista
in
lui
oggi
è
forse
proprio
l
'
ottimismo
.
Le
parole
che
ha
scritto
e
pensato
.
Il
suo
miserevole
e
squallido
ottimismo
di
ottuagenario
a
cui
tutto
è
andato
così
bene
.
Buster
Keaton
non
ha
lasciato
,
che
io
sappia
,
libri
di
memorie
.
Il
silenzio
in
lui
,
e
il
silenzio
che
lo
circondava
,
dev
'
essere
stato
immenso
.
La
vecchiaia
è
infuriata
su
di
lui
devastando
il
suo
corpo
,
il
suo
viso
arido
,
nudo
e
indifeso
.
Egli
però
rimasto
se
stesso
,
sigillato
nel
suo
silenzio
,
fedele
alla
sua
sconfinata
disperazione
che
non
poteva
avere
parole
essendo
la
parola
umana
così
inadeguata
e
miserevole
,
fedele
per
sempre
alla
sua
sconfinata
libertà
di
non
sillabare
mai
una
sola
parola
.
StampaQuotidiana ,
In
questa
ultima
convulsa
fase
della
campagna
elettorale
del
13
giugno
-
un
quinto
del
corpo
elettorale
ma
la
macchina
dei
partiti
impegnata
con
tutta
la
pesantezza
degli
slogans
e
tutta
la
aggressività
degli
apparati
-
è
tornata
in
primo
piano
la
polemica
sul
«
dopo
»
,
è
riaffiorata
l
'
ombra
della
verifica
all
'
indomani
del
turno
amministrativo
di
domenica
prossima
.
Verifica
della
volontà
dei
quattro
partiti
di
restare
insieme
:
ha
chiesto
,
non
certo
a
torto
,
l
'
onorevole
Ferri
,
leader
di
un
partito
che
segue
con
crescente
malessere
lo
sviluppo
dei
sintomi
di
scollamento
e
di
disintegrazione
all
'
interno
del
centro
-
sinistra
.
Necessità
di
mantenere
il
quadro
istituzionale
del
quadripartito
,
senza
scosse
e
senza
prove
pericolose
,
almeno
fino
alla
difficile
scadenza
dell
'
elezione
presidenziale
:
ha
risposto
,
con
motivi
almeno
altrettanto
fondati
,
l
'
onorevole
La
Malfa
,
capo
di
un
altro
partito
che
si
è
ispirato
ad
una
costante
regola
di
coerenza
e
di
serietà
e
che
non
manca
di
condividere
le
preoccupazioni
del
Psdi
,
ma
teme
ancora
più
la
lacerazione
della
superstite
solidarietà
democratica
nei
mesi
bloccati
e
paralizzati
del
«
semestre
bianco
»
.
Nessuna
verifica
:
ha
aggiunto
,
da
parte
sua
,
il
vice
-
presidente
De
Martino
,
insistendo
sulla
tesi
socialista
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
che
degrada
il
centro
-
sinistra
ad
una
formula
interlocutoria
e
di
transizione
,
e
tornando
sullo
spartiacque
delle
riforme
come
solo
criterio
di
divisione
fra
le
forze
politiche
,
indipendentemente
,
si
potrebbe
dire
,
dalla
loro
collocazione
nella
maggioranza
o
nell
'
opposizione
.
Riforme
e
centro
-
sinistra
:
ecco
il
tema
che
in
ogni
caso
,
verifiche
o
meno
,
dominerà
le
settimane
successive
al
13
giugno
.
Ma
quali
riforme
?
E
con
quali
mezzi
?
Una
volta
di
più
l
'
astrattismo
socialista
rischia
di
prevalere
sui
dati
obiettivi
della
realtà
,
condizionata
da
una
recessione
economica
minacciante
tutti
gli
approdi
e
i
traguardi
della
stessa
classe
lavoratrice
.
La
recente
relazione
del
governatore
della
Banca
d
'
Italia
-
relazione
che
gli
stessi
comunisti
hanno
accolto
con
qualche
maggiore
apertura
del
passato
-
indica
i
confini
insuperabili
di
una
politica
economica
che
,
pur
salvaguardando
l
'
impegno
delle
riforme
indispensabili
alla
promozione
della
società
civile
,
non
può
non
preoccuparsi
di
evitare
i
danni
congiunti
della
spirale
inflazionista
e
della
contrazione
produttiva
:
danni
capaci
da
soli
di
travolgere
ogni
riforma
.
Sì
:
perché
l
'
Italia
attraversa
una
fase
-
caso
unico
nel
mondo
occidentale
-
di
tensione
inflazionista
congiunta
ad
un
ristagno
produttivo
.
Carli
è
stato
esplicito
.
L
'
eccezionale
aumento
dei
costi
di
lavoro
non
è
stato
compensato
,
come
pur
avevano
teorizzato
i
vari
Donat
Cattin
nei
mesi
dell
'
autunno
caldo
,
da
un
aumento
di
produttività
.
Anzi
:
la
produzione
industriale
è
diminuita
del
2,6
per
cento
nei
primi
quattro
mesi
dell
'
anno
rispetto
al
periodo
corrispondente
del
1970
:
e
con
un
'
incidenza
di
maggiori
costi
di
lavoro
che
ha
toccato
la
media
del
23
per
cento
,
con
punte
del
27
nelle
industrie
metalmeccaniche
e
del
33
nelle
chimiche
.
Il
nostro
sistema
economico
non
ha
potuto
reagire
agli
aggravi
salariali
con
rapidi
processi
di
razionalizzazione
:
la
capacità
di
utilizzare
meglio
gli
impianti
è
stata
gravemente
compromessa
dalla
«
conflittualità
permanente
»
(
quello
che
succede
alla
Fiat
è
sufficientemente
indicativo
)
e
dalle
forme
di
anarchia
sindacale
,
che
sembrano
trascendere
le
stesse
direttive
delle
tre
confederazioni
.
L
'
aumento
dei
prezzi
tende
a
superare
l
'
aumento
dei
redditi
di
lavoro
.
Si
sviluppano
,
con
ritmo
paurosamente
crescente
,
le
ore
concesse
dalla
Cassa
integrazione
guadagni
.
Le
piccole
e
medie
industrie
,
che
chiedono
protezione
allo
Stato
,
che
sognano
di
essere
«
irizzate
»
o
«
statizzate
»
,
si
moltiplicano
a
vista
d
'
occhio
.
Il
risparmio
ha
paura
:
si
concentra
nelle
banche
,
anche
a
basso
tasso
d
'
interesse
,
e
rifugge
dagli
investimenti
.
La
crisi
della
Borsa
-
l
'
ha
rilevato
acutamente
il
professor
Dell
'
Amore
nelle
osservazioni
successive
alla
relazione
Carli
-
si
identifica
con
una
crisi
dell
'
intero
sistema
di
alimentazione
degli
investimenti
.
La
nostra
competitività
sui
mercati
internazionali
declina
ogni
giorno
.
Gli
scambi
con
l
'
estero
di
beni
e
servizi
,
migliorati
nell
'
ultimo
scorcio
del
1970
,
hanno
presentato
nuovamente
un
saldo
negativo
nel
primo
trimestre
del
'71
.
L
'
edilizia
,
molla
essenziale
dell
'
economia
nazionale
,
non
tira
:
il
Governatore
ha
rivelato
che
molte
gare
di
appalti
pubblici
sono
andate
deserte
,
trovandosi
i
costruttori
nell
'
impossibilità
di
prevedere
la
misura
delle
maggiorazioni
di
costo
durante
il
periodo
di
esecuzione
dei
lavori
.
Le
prospettive
dell
'
occupazione
sono
tutt
'
altro
che
rosee
:
gli
iscritti
alle
liste
di
collocamento
si
sono
accresciuti
di
un
quinto
in
un
anno
e
si
aggrava
l
'
inquietante
fenomeno
della
«
sottoccupazione
»
,
dalle
mille
e
insondabili
facce
,
con
gravi
riflessi
sul
volume
dei
consumi
,
già
contratto
dalla
quotidiana
taglia
inflazionista
.
Incremento
del
reddito
?
In
queste
condizioni
tutte
le
previsioni
del
'71
rischiano
di
essere
vanificate
.
Non
dimentichiamoci
che
l
'
aumento
del
reddito
nazionale
è
stato
del
5,9
per
cento
nel
1969
ed
è
già
sceso
al
5,1
nel
'70
.
Le
previsioni
del
piano
per
il
'71
parlavano
di
un
incremento
minimo
del
4
per
cento
.
Ma
come
raggiungerlo
?
Senza
un
limite
alla
spesa
pubblica
improduttiva
-
quello
che
La
Malfa
ha
chiesto
nuovamente
a
Genova
-
,
senza
un
rilancio
degli
investimenti
nel
settore
privato
,
inseparabili
da
un
clima
di
fiducia
,
tutte
le
anticipazioni
dei
programmatori
sarebbero
destinate
alla
più
crudele
e
beffarda
smentita
.
Altro
che
equilibri
più
avanzati
!
Per
salvare
le
riforme
,
per
attuare
la
nuova
disciplina
della
casa
,
della
sanità
,
della
scuola
,
irrinunciabile
per
le
forze
democratiche
,
occorre
fissare
un
preciso
ordine
di
priorità
,
rinunciare
ad
ogni
facile
fuga
nella
demagogia
.
Le
maggioranze
aperte
,
di
cui
favoleggiano
i
socialisti
,
non
potrebbero
mai
sostenere
gli
sforzi
e
i
sacrifici
necessari
per
un
'
attuazione
realistica
e
graduale
dei
piani
riformatori
.
Piuttosto
che
studiare
le
convergenze
assembleari
o
milazziane
di
domani
,
sempre
e
tutte
condizionate
dal
miraggio
del
Quirinale
,
i
partiti
del
centro
-
sinistra
,
che
sono
«
condannati
»
a
marciare
insieme
almeno
per
tutto
il
corso
di
questa
legislatura
,
dovrebbero
prendere
solenne
impegno
di
non
promuovere
in
nessuna
sede
spese
pubbliche
che
non
siano
dirette
ad
aumentare
gli
investimenti
,
cioè
a
facilitare
la
ripresa
economica
base
delle
riforme
.
È
l
'
esortazione
dei
repubblicani
:
ma
chi
la
raccoglierà
?
Le
pressioni
corporative
e
settoriali
si
intrecciano
e
si
agitano
su
un
esecutivo
che
riflette
tutta
la
debolezza
del
sistema
e
rispecchia
il
travaglio
,
paralizzante
,
dei
partiti
.
Solo
se
il
13
giugno
si
manterrà
l
'
equilibrio
complessivo
delle
forze
democratiche
,
senza
pericolosi
spostamenti
né
a
sinistra
né
a
destra
,
la
prova
di
saggezza
delle
urne
potrà
esercitare
qualche
effetto
positivo
su
una
classe
politica
ogni
giorno
più
staccata
dal
paese
e
ricondurla
a
quello
che
Saragat
ha
chiamato
«
il
massimo
senso
di
responsabilità
»
.
Un
senso
di
responsabilità
di
cui
ci
sarà
particolarmente
bisogno
nei
prossimi
sei
mesi
:
forse
i
più
difficili
del
dopoguerra
.
StampaQuotidiana ,
Conobbi
Soldati
un
mucchio
di
anni
fa
.
Allora
era
più
vecchio
di
me
.
Oggi
no
,
oggi
siamo
vecchi
uguali
.
Era
magro
come
un
fiammifero
,
e
sulla
sua
fronte
fiammeggiava
un
ciuffetto
nero
.
Lo
conobbi
in
casa
di
mia
sorella
,
a
Torino
.
C
'
erano
varie
persone
che
non
ricordo
,
era
un
pranzo
.
Nel
corso
di
quel
pranzo
,
lui
s
'
arrabbiò
con
qualcuno
e
si
mise
a
urlare
.
Disse
allora
una
frase
,
che
ricordai
sempre
.
La
frase
era
:
«
Gli
amici
non
si
scelgono
»
.
Non
avevo
seguito
il
resto
del
discorso
,
ero
stata
fino
a
quel
momento
distratta
.
Al
vederlo
a
un
tratto
così
infuriato
,
restai
stupita
e
forse
mi
spaventai
.
Urlava
con
voce
roca
,
e
il
suo
erre
francese
rotolava
pieno
di
collera
.
Era
scattato
in
piedi
e
il
ciuffo
nero
sventolava
in
disordine
sul
suo
pallore
.
Finito
il
pranzo
,
crollò
a
sedere
e
disse
ancora
una
volta
con
voce
roca
e
stanca
,
con
un
viso
disfatto
e
desolato
:
«
Non
si
scelgono
.
Gli
amici
non
si
scelgono
»
.
Poi
la
sua
collera
di
colpo
svanì
.
Chiese
a
un
certo
punto
chi
ero
.
Lo
stupì
di
sapere
che
ero
la
sorella
della
persona
che
l
'
aveva
invitato
a
pranzo
.
Disse
che
m
'
aveva
preso
per
una
suivante
.
La
parola
suivante
,
che
io
non
avevo
mai
sentito
prima
d
'
allora
,
mi
umiliò
.
Pensai
che
dovevo
essere
vestita
male
.
Mi
chiese
cosa
facevo
.
Gli
dissi
che
facevo
il
liceo
.
Qualcuno
disse
che
scrivevo
racconti
.
Chiese
di
leggerli
.
Avevo
con
me
quei
racconti
,
in
un
quaderno
,
dentro
la
mia
cartella
nell
'
ingresso
.
La
cartella
l
'
avevo
con
me
perché
ero
venuta
là
direttamente
da
scuola
.
Il
quaderno
l
'
avevo
sempre
con
me
.
Credo
che
me
lo
portavo
sempre
dietro
nella
speranza
che
qualcuno
mi
chiedesse
di
leggerlo
.
Lui
partiva
,
e
promise
di
leggere
il
mio
quaderno
in
viaggio
.
Qualche
giorno
dopo
,
mi
mandò
un
telegramma
.
I
miei
racconti
gli
sembravano
belli
.
Ne
fui
felice
.
Ancora
oggi
gli
sono
grata
per
avermi
mandato
un
telegramma
.
Quel
telegramma
per
molto
tempo
lo
conservai
,
sgualcito
,
in
una
scatola
,
fra
altri
oggetti
che
stimavo
preziosi
.
Era
il
primo
telegramma
che
avessi
mai
ricevuto
;
e
per
molti
anni
ancora
rimase
l
'
unico
.
La
suivante
,
il
telegramma
,
e
la
frase
«
gli
amici
non
si
scelgono
»
,
sono
tre
cose
per
me
inseparabili
dall
'
immagine
di
Soldati
.
La
suivante
e
il
telegramma
non
riguardano
tanto
Soldati
,
quanto
me
stessa
e
la
mia
vanità
.
La
frase
«
gli
amici
non
si
scelgono
»
riguarda
sia
Soldati
che
la
verità
.
Ricordo
di
aver
pensato
,
quella
sera
,
a
tutti
i
miei
amici
,
e
di
essermi
chiesta
se
li
avevo
scelti
o
trovati
per
caso
.
Ancora
oggi
mi
chiedo
se
gli
amici
si
scelgono
.
Credo
che
,
per
quanto
riguarda
gli
amici
dell
'
infanzia
e
della
giovinezza
,
non
si
scelgono
affatto
ma
ci
vengono
buttati
ai
piedi
dalla
nostra
sorte
.
Gli
amici
dell
'
età
adulta
,
in
qualche
modo
si
scelgono
.
E
'
vero
però
che
nelle
nostre
scelte
,
giocano
sempre
tre
elementi
essenziali
:
in
parte
scegliamo
noi
stessi
,
in
parte
veniamo
scelti
,
e
in
parte
il
caso
sceglie
per
noi
.
D
'
altronde
l
'
atto
della
nostra
scelta
non
ha
grande
valore
.
Scegliendo
i
nostri
amici
,
noi
ubbidiamo
a
un
criterio
di
valutazione
assai
rozzo
,
superficiale
e
confuso
.
Quello
che
conta
non
è
l
'
atto
della
nostra
scelta
,
ma
i
vincoli
che
sorgono
in
noi
dall
'
affetto
e
che
sono
sempre
ciechi
,
imperiosi
e
senza
spiegazione
.
L
'
affetto
non
sceglie
nulla
,
o
meglio
la
sua
scelta
è
così
rapida
che
siamo
subito
immemori
di
averla
compiuta
.
Tornando
a
Soldati
,
nel
ricordare
più
tardi
le
sue
furie
di
quella
sera
compresi
che
egli
non
era
per
nulla
infuriato
.
Recitava
.
Recitava
la
parte
dell
'
uomo
in
collera
.
Quello
che
io
credevo
il
fuoco
della
collera
,
era
in
verità
il
fuoco
della
recitazione
.
Compresi
più
tardi
che
egli
recita
sovente
,
per
divertire
gli
altri
e
se
stesso
.
Mi
colpì
più
tardi
,
leggendo
i
suoi
romanzi
,
il
fatto
che
nei
suoi
romanzi
non
c
'
è
mai
traccia
né
di
simulazione
né
di
sovreccitazione
.
Scrive
in
una
prosa
pacata
,
chiara
,
austera
e
paziente
.
E
una
prosa
invisibile
come
l
'
acqua
o
il
vetro
.
Penso
che
i
suoi
romanzi
provengano
dalla
parte
più
calma
e
più
seria
della
sua
persona
.
Il
gioco
magico
,
nei
suoi
romanzi
,
è
in
genere
quello
di
insinuare
in
una
trasparenza
di
vetro
o
d
'
acqua
,
entro
una
realtà
abitabile
,
respirabile
e
chiara
,
un
'
incrinatura
obliqua
,
un
lampo
verde
e
sinistro
,
che
sembra
provenire
da
altri
mondi
e
indicarne
la
realtà
non
respirabile
,
non
abitabile
,
notturna
e
priva
di
stelle
.
I
suoi
romanzi
sono
,
sempre
o
quasi
sempre
,
storie
d
'
incontri
col
male
.
Nei
suoi
romanzi
,
sempre
o
quasi
sempre
,
ci
sono
due
personaggi
essenziali
.
Un
narratore
,
uno
che
dice
«
io
»
,
persona
da
cui
sembra
scorrere
la
prosa
stessa
della
narrazione
,
pacata
,
nitida
,
non
mai
rotta
da
singhiozzi
,
immune
da
incubi
o
nevrosi
;
persona
che
non
parla
della
sua
vita
o
ne
parla
appena
,
come
non
meritasse
di
parlarne
,
trattandosi
di
una
vita
risolta
e
libera
,
una
vita
che
scorre
nella
piena
luce
del
giorno
;
e
a
un
tratto
,
su
un
angolo
di
strada
,
o
davanti
a
un
chiosco
di
giornali
,
o
in
una
botteguccia
polverosa
,
o
nella
hall
d
'
un
albergo
vecchiotto
con
paralumi
e
tappeti
,
si
profila
al
suo
sguardo
un
secondo
essere
,
qualcuno
a
cui
egli
si
accosta
con
sentimenti
usuali
e
pacati
,
senza
allarme
,
come
ci
si
inoltra
su
quieti
sentieri
erbosi
per
una
passeggiata
tranquilla
.
Questo
secondo
essere
,
sia
esso
un
amico
della
sua
giovinezza
,
o
una
donna
incontrata
in
passato
,
o
semplicemente
uno
sconosciuto
che
desta
la
sua
attenzione
o
pietà
,
lo
conduce
lentamente
fuori
dal
suo
chiarore
giornaliero
e
verso
una
notte
ignota
,
fredda
e
tortuosa
come
una
plaga
d
'
inferno
.
Allora
comprendiamo
che
il
chiosco
dei
giornali
,
la
hall
immersa
nella
rosea
penombra
,
la
botteguccia
dalle
merci
addormentate
,
erano
le
porte
dell
'
inferno
.
Ci
accorgiamo
che
infatti
su
quei
luoghi
pesava
una
strana
paura
.
La
realtà
ignota
nella
quale
il
narratore
si
inoltra
,
sui
passi
di
quel
secondo
essere
che
gli
ispira
insieme
pietà
,
repulsione
e
un
'
acuta
curiosità
,
è
una
realtà
dove
non
ci
sono
esseri
liberi
,
perché
ciascuno
è
servo
d
'
una
macchinazione
tetra
e
ineluttabile
;
una
trama
sottile
e
tortuosa
di
denaro
e
di
ossessioni
sessuali
governa
e
opera
in
questo
mondo
notturno
,
muove
gli
umani
e
li
avviluppa
ai
piedi
d
'
una
potenza
ambigua
,
fredda
come
la
morte
e
indecifrabile
.
E
in
questo
mondo
notturno
,
pesa
il
sospetto
che
il
male
non
si
trovi
situato
là
dove
i
fatti
sembrano
individuarlo
e
situarlo
,
nei
volti
beffardi
e
servili
di
coloro
che
in
noi
chiamiamo
i
malvagi
;
ma
ancora
altrove
,
in
uh
punto
molto
più
lontano
,
dove
non
ne
avvertiamo
che
gli
echi
e
i
lampi
;
o
forse
invece
molto
vicino
:
forse
nelle
pieghe
segrete
della
nostra
stessa
anima
.
Il
narratore
si
sente
a
un
tratto
coinvolto
in
una
sorta
di
sinistra
complicità
.
La
presenza
del
male
in
un
mondo
così
prossimo
al
nostro
,
ci
rende
spie
e
complici
del
male
;
essendo
noi
amici
e
testimoni
del
male
,
forse
siamo
il
male
stesso
.
Quel
volto
insieme
domestico
e
misterioso
che
si
è
avvicinato
al
nostro
,
quella
mano
che
ci
ha
condotto
sulla
plaga
infernale
,
sono
forse
la
nostra
stessa
mano
e
il
nostro
stesso
volto
.
Nell
'
ultimo
romanzo
di
Soldati
,
L
'
attore
,
il
narratore
,
avendo
incontrato
un
amico
di
giovinezza
e
avendo
saputo
di
sue
difficoltà
finanziarie
causategli
dalla
moglie
,
che
ha
il
vizio
del
gioco
,
va
a
trovare
questa
moglie
nella
sua
villa
di
Bordighera
.
L
'
aspetto
abbandonato
della
villa
,
lo
sfacelo
e
il
silenzio
in
cui
giace
il
luogo
,
acuiscono
il
senso
di
angoscia
con
cui
siamo
arrivati
là
.
Nelle
difficoltà
finanziarie
che
l
'
amico
attore
ha
raccontato
,
abbiamo
sospettato
menzogne
e
macchinazioni
.
In
questa
coppia
di
coniugi
,
uno
dei
due
è
vittima
dell
'
altro
,
ma
ignoriamo
quale
sia
la
vittima
e
quale
il
persecutore
.
Ma
quando
appare
la
moglie
,
col
suo
fresco
dialetto
triestino
e
la
sua
persona
generosa
,
cordiale
e
ilare
,
l
'
angoscia
è
dissipata
.
Ci
sentiamo
sollevati
e
rassicurati
.
In
questa
donna
,
il
vizio
del
gioco
appare
una
mania
innocente
,
in
qualche
modo
ilare
e
limpida
,
una
cosa
di
cui
si
può
chiacchierare
a
voce
alta
,
nella
piena
luce
del
giorno
,
in
dialetto
triestino
.
Il
suo
affetto
per
il
marito
è
pieno
di
pietà
e
ironia
.
Il
marito
,
«
pòvaro
mona
d
'
un
vecio
»
,
usa
innamorarsi
delle
serve
.
Tale
debolezza
è
in
sé
anch
'
essa
innocente
,
forse
solo
un
poco
pericolosa
.
Tuttavia
ogni
vago
senso
d
'
allarme
svapora
tra
le
risate
cordiali
della
donna
,
argentine
,
generose
di
tenerezza
.
Il
narratore
sta
per
andarsene
sollevato
.
In
quel
momento
si
sente
la
voce
della
serva
.
La
serva
si
rivolge
alla
donna
con
accenti
di
prepotenza
intima
e
brutale
.
Torna
l
'
angoscia
,
e
il
sospetto
di
qualche
fosco
potere
.
Spiando
dalle
finestre
,
il
narratore
vede
la
serva
.
I
suoi
tratti
sono
volgari
e
leggiadri
,
la
persona
è
insieme
banale
e
misteriosa
,
di
una
giovinezza
caparbia
e
fragile
,
forse
costretta
senza
voglia
a
una
parte
crudele
.
L
'
angoscia
sorge
dal
non
sapere
dove
è
il
male
,
da
quale
punto
provengano
gli
agguati
e
le
macchinazioni
del
male
.
La
ragazza
sarà
trovata
morta
,
vittima
predestinata
e
incauta
d
'
una
macchinazione
.
Tra
la
donna
,
la
ragazza
e
l
'
uomo
,
vediamo
lentamente
che
si
è
stesa
una
trama
ingegnosa
e
industriosa
,
avviluppandoli
e
trascinandoli
alla
deriva
.
Essa
è
nata
dalle
profondità
d
'
un
sentimento
amoroso
insieme
tortuoso
e
semplice
,
che
si
alza
sopra
le
congetture
e
le
insidie
con
una
sorta
di
fosca
innocenza
.
Forse
il
male
non
è
situato
fra
questi
esseri
,
ma
ancora
altrove
,
nella
figura
dal
volto
«
duro
e
frivolo
»
che
appare
e
scompare
alle
loro
spalle
e
che
sembra
vincere
.
Tuttavia
il
dubbio
permane
che
anche
il
volto
«
duro
e
frivolo
»
non
sia
nulla
,
che
non
sia
lui
il
vero
artefice
di
agguati
e
disgrazie
,
che
non
sia
una
vipera
ma
un
povero
topo
di
siepe
.
Forse
il
suo
trionfo
è
volgare
e
casuale
,
forse
non
è
che
il
nuoto
cieco
e
immemore
d
'
una
grigia
anguilla
,
il
canto
di
una
rana
in
una
palude
.
Le
trame
del
male
sono
profondamente
immerse
nella
notte
.
La
sola
liberazione
possibile
è
per
gli
esseri
umani
rincorrerne
sulla
terra
le
ombre
sfuggenti
,
spiare
e
interrogare
all
'
infinito
le
orme
del
vero
,
portare
alla
luce
del
giorno
i
pochi
indizi
rubati
nel
cuore
d
'
una
notte
impenetrabile
.
StampaQuotidiana ,
Non
mi
è
facile
scrivere
di
Carlo
Levi
,
avendolo
avuto
caro
come
un
fratello
.
La
sua
persona
è
per
me
strettamente
legata
a
eventi
,
persone
e
anni
della
mia
giovinezza
.
La
sera
che
ho
saputo
che
stava
male
,
e
moriva
,
ho
radunato
insieme
,
dentro
di
me
,
tanti
ricordi
sparsi
.
Non
credo
di
riuscire
a
parlare
distesamente
di
lui
come
pittore
,
né
come
scrittore
,
né
come
uomo
politico
.
Posso
unicamente
allineare
ricordi
.
Negli
ultimi
anni
,
lo
vedevo
di
rado
.
Quando
lo
incontravo
,
mi
sembrava
di
incontrare
una
folla
di
esseri
amati
e
perduti
.
Questo
,
e
la
grande
serenità
che
spirava
dalla
sua
persona
,
mi
facevano
sentire
,
ogni
volta
che
lo
incontravo
,
commossa
e
felice
.
In
verità
non
so
perché
non
cercassi
di
vederlo
di
più
.
Noi
abbiamo
,
con
la
nostra
giovinezza
e
con
le
persone
che
la
abitavano
,
rapporti
complicati
,
tortuosi
e
pesanti
.
I
nostri
movimenti
ne
sono
spesso
impediti
.
Pure
quando
incontravo
Carlo
Levi
,
sentivo
dissolversi
ogni
tortuosità
e
complicazione
e
il
suo
viso
grande
e
roseo
mi
rallegrava
.
Negli
era
una
persona
con
la
quale
i
rapporti
erano
diretti
e
leggeri
.
I
primi
ricordi
che
ho
di
lui
,
risalgono
al
tempo
della
mia
adolescenza
,
a
Torino
,
sua
e
mia
città
.
Nera
più
vecchio
di
me
di
quattordici
anni
.
Quattordici
anni
mi
sembravano
allora
moltissimi
.
Apparteneva
al
mondo
degli
adulti
,
mondo
nel
quale
io
anelavo
di
entrare
con
una
ansia
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
dello
snobismo
,
come
si
anela
di
raggiungere
una
più
alta
e
nobile
sfera
sociale
.
Nero
però
timida
,
e
questa
ansia
restava
nascosta
.
Egli
mi
intimidiva
,
così
che
in
sua
presenza
trovano
difficile
sillabare
parola
.
Non
so
come
,
gli
era
capitato
fra
le
mani
un
mio
quaderno
di
poesie
,
e
ogni
volta
che
mi
vedeva
citava
un
pezzetto
di
una
mia
poesia
sul
mattino
,
che
io
avevo
scritto
a
dieci
anni
:
«
Ogni
fronte
si
copre
di
sudore
I
ogni
cuore
si
riempie
d
'
amore
I
lavoratori
,
il
ciel
vi
benedica
!
»
Questi
versi
io
li
trovano
orribili
,
e
mi
sembrava
di
averne
scritti
,
in
seguito
,
di
migliori
.
Ma
a
lui
il
verso
dei
lavoratori
dava
grande
allegria
.
Lo
ripeteva
guardandosi
intorno
con
il
suo
solare
sorriso
.
Non
era
molto
alto
ma
era
grande
,
riempiva
lo
spazio
con
la
sua
persona
così
che
intorno
a
lui
tutti
sembravano
striminziti
.
Sembrava
colorato
,
e
grigi
gli
altri
.
Aveva
un
viso
grande
,
largo
,
roseo
,
circondato
da
una
corona
di
riccioli
.
Aveva
un
cappotto
chiaro
,
quasi
bianco
,
largo
e
corto
,
sempre
sbottonato
e
di
una
lana
moscia
e
pelosa
.
Aveva
giacche
di
velluto
a
coste
che
allora
nessuno
portava
,
bottoni
dorati
e
istoriati
,
cravatte
arabescate
,
mosce
e
con
un
largo
nodo
.
Era
amico
dei
miei
fratelli
.
Aveva
studiato
medicina
,
e
quando
qualcuno
era
malato
,
dava
consigli
medici
,
che
in
casa
mia
dicevano
molto
acuti
.
Ma
aveva
lasciato
la
medicina
.
Era
un
pittore
.
Io
pensavo
«
un
grande
pittore
»
,
forse
perché
mi
sembrava
che
in
lui
nulla
potesse
esservi
di
mediocre
o
piccolo
,
e
non
mi
sono
mai
chiesta
,
in
verità
nemmeno
in
seguito
,
quale
fosse
la
reale
importanza
della
sua
pittura
.
A
me
sembrava
che
nei
quadri
degli
altri
,
a
lui
contemporanei
,
vi
fosse
squallore
e
grigio
,
e
nei
suoi
quadri
,
un
festoso
tumulto
di
colore
.
I
paesaggi
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembravano
bellissimi
:
perché
frustati
dal
vento
.
Era
un
vento
senza
né
polvere
né
bufera
,
un
vento
che
spazzava
e
scompigliava
la
natura
per
accartocciarla
e
illimpidirla
.
Anche
le
figure
umane
erano
frustate
dal
medesimo
vento
forte
e
tumultuoso
,
che
soffiava
nelle
giacche
e
nelle
cravatte
e
nei
capelli
e
li
tingeva
di
rosa
,
di
viola
e
di
verde
,
non
per
offenderli
o
mortificarli
o
renderli
grotteschi
ma
per
festeggiarne
la
prepotenza
,
la
complessità
e
la
gloria
.
Orecchie
e
riccioli
,
così
accartocciati
diventavano
conchiglie
.
Il
mondo
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembrava
spesso
simile
a
una
spiaggia
immensa
,
dove
regnava
una
luce
bianca
e
dove
tutto
era
nuvole
,
vento
e
conchiglie
.
Queste
non
sono
altro
che
delle
rozze
impressioni
infantili
.
Egli
era
l
'
unico
pittore
che
mi
fosse
mai
accaduto
di
conoscere
bene
di
persona
e
mi
capitò
anche
di
vederlo
dipingere
con
il
sigaro
fra
le
labbra
,
gli
occhi
socchiusi
,
un
piede
sollevato
sulla
punta
,
i
gesti
lentissimi
,
pigri
e
leggeri
.
Il
suo
studio
,
in
piazza
Vittorio
,
all
'
ultimo
piano
,
con
le
finestre
che
guardavano
sulla
piazza
,
e
la
sua
casa
di
via
Bezzecca
,
con
il
giardino
e
alcune
piante
di
nespolo
,
mi
sembravano
tra
i
luoghi
più
allegri
che
esistessero
al
mondo
.
Scopersi
che
si
occupava
di
politica
e
che
anzi
era
,
fra
le
persone
che
io
frequentavo
quotidianamente
,
un
'
autorità
politica
,
un
capo
.
Mi
sembrò
stupendo
che
egli
fosse
,
insieme
,
un
capo
della
politica
clandestina
e
un
grande
pittore
.
Venne
arrestato
,
in
quegli
anni
,
due
volte
,
una
volta
nel
'34
,
una
volta
nel
'35
.
Quando
fu
arrestato
,
quei
luoghi
allegri
e
chiari
che
erano
il
suo
studio
e
la
sua
casa
mi
sembrarono
affondare
nelle
tenebre
.
Quando
fu
arrestato
nel
'35
,
mandò
dal
carcere
,
a
una
amica
,
un
foglietto
con
dei
versi
che
egli
aveva
scritto
in
carcere
,
e
che
io
ho
sempre
ricordato
e
che
mi
accade
ancora
oggi
,
ogni
tanto
,
di
canticchiare
.
L
'
amica
gli
aveva
spedito
lettere
con
nome
falsi
,
e
poi
,
da
Londra
,
una
cartolina
con
una
riproduzione
di
Monet
,
firmata
con
il
vero
nome
.
I
versi
dicevano
:
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
i
ma
perché
i
nomi
doppi
I
lasciasti
nel
Tamigi
I
e
son
finiti
i
troppi
I
giorni
senza
di
te
»
.
A
me
questi
versi
sembravano
molto
belli
,
e
mi
sembrava
inoltre
molto
bello
che
egli
riuscisse
a
scrivere
,
in
carcere
,
delle
piccole
strofe
liete
,
mentre
tutti
noi
,
da
fuori
,
vedevamo
il
carcere
drammaticamente
.
Le
parole
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
»
mi
sembravano
spinte
da
un
impeto
libero
e
lieto
,
e
restarono
nella
mia
memoria
indissolubili
dalla
sua
persona
,
così
com
'
erano
indissolubili
dalla
sua
persona
la
luce
e
il
vento
dei
suoi
quadri
,
e
nel
pensarlo
mentre
era
in
carcere
mi
sembrava
che
tutta
la
sua
persona
fosse
spinta
dal
vento
e
dall
'
aria
e
scompigliata
come
erano
scompigliate
nei
suoi
quadri
le
fluttuanti
chiome
degli
alberi
e
le
acque
dei
fiumi
.
Quando
lo
rividi
dopo
molti
anni
che
non
lo
vedevo
,
a
Firenze
,
dopo
la
liberazione
,
non
sentivo
più
fra
lui
e
me
una
grande
distanza
,
sia
perché
ero
cresciuta
di
anni
sia
perché
,
ero
stata
colpita
da
sventure
.
Inoltre
lui
stesso
mi
sembrava
disceso
da
quelle
altezze
e
profondità
in
cui
l
'
avevo
sempre
scorto
.
Mi
accorsi
allora
,
in
quei
giorni
a
Firenze
,
che
egli
in
passato
sembrava
dimorare
o
su
vette
di
montagne
,
o
negli
abissi
marini
.
Era
stato
lontano
e
diverso
dalla
gente
che
camminava
per
strada
.
Adesso
,
sembrava
mescolarsi
alla
gente
.
Al
suo
desiderio
di
stravaganza
,
era
venuto
ad
accoppiarsi
un
desiderio
di
rassomigliare
a
tutti
.
/
Non
avrei
dovuto
stupirmene
,
dito
che
le
sventure
e
la
guerra
avevano
operato
trasformazioni
in
ognuno
.
Non
so
se
ne
fui
stupita
ma
lo
notai
.
Aveva
un
cappotto
color
tabacco
dal
bavero
liso
e
logoro
,
una
cravatta
logora
e
una
magrezza
nel
viso
e
nel
collo
che
mi
faceva
pensare
a
mio
padre
.
Egli
ora
mi
sembrava
umile
.
In
passato
,
c
'
era
l
'
abitudine
,
fra
gli
amici
,
di
ridere
di
lui
e
canzonarlo
per
la
sua
trionfante
sicurezza
di
sé
,
per
la
sua
vanità
.
Era
,
e
rimase
sempre
,
placidamente
sicuro
,
placidamente
fiero
e
con
una
alta
e
magnifica
idea
di
se
stesso
.
A
Firenze
,
in
quei
giorni
,
scopersi
che
nella
sua
vanità
poteva
esistere
anche
l
'
umiltà
.
Scopersi
che
egli
era
uno
di
quei
rari
esseri
in
cui
la
vanità
non
era
un
difetto
ma
una
qualità
.
La
vanità
era
,
nella
sua
persona
,
un
sentimento
generoso
e
limpido
,
frutto
di
gentilezza
,
di
bontà
e
di
gioia
.
Come
la
luce
del
sole
,
la
sua
vanità
risplendeva
e
prodigava
a
lui
stesso
e
agli
altri
un
'
eguale
,
calda
e
chiara
luce
.
Nella
vanità
,
è
presente
di
solito
il
disprezzo
per
gli
altri
e
l
'
invidia
.
Ma
in
lui
non
c
'
era
una
sola
stilla
d
'
invidia
,
né
una
sola
stilla
di
disprezzo
per
anima
vivente
.
Nera
,
a
Firenze
,
direttore
della
«
Nazione
»
.
Pubblicava
,
sulla
«
Nazione
»
,
delle
sue
vignette
accompagnate
da
rime
.
Una
di
queste
vignette
rappresentava
i
ponti
distrutti
,
e
sotto
c
'
era
una
strofetta
che
diceva
:
«
Ministro
Ivanoè
I
giudice
Coppedè
I
ricostruiremo
i
ponti
I
col
gusto
dei
geronti
»
.
Nera
stato
al
confino
in
Lucania
,
e
aveva
scritto
,
mi
disse
,
un
libro
su
quegli
anni
di
confino
,
che
pensava
di
pubblicare
.
Penso
di
essere
stata
fra
le
prime
persone
che
hanno
letto
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
Mi
sembrò
bellissimo
.
Anche
lui
lo
trovava
bellissimo
.
A
Roma
,
qualche
mese
dopo
,
Einaudi
mandò
quel
manoscritto
in
tipografia
,
e
poiché
ora
io
lavoravo
in
quella
casa
editrice
,
corressi
le
bozze
.
Le
tipografie
romane
erano
scadenti
e
quelle
bozze
erano
,
disse
Carlo
,
«
grigie
e
pelose
»
.
Disse
che
quel
suo
libro
avrebbe
avuto
una
risonanza
immensa
,
che
ne
sarebbero
state
vendute
migliaia
e
migliaia
di
copie
,
e
che
sarebbe
stato
tradotto
in
tutti
i
paesi
del
mondo
.
Io
non
gli
credetti
.
Invece
tutto
questo
avvenne
.
Ho
riletto
,
in
tempi
recenti
,
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
E
un
grande
libro
.
Avevo
avuto
la
sensazione
,
leggendolo
la
prima
volta
,
che
lui
scrivendo
non
raccontasse
,
ma
invece
dipingesse
e
cantasse
.
Questa
sensazione
era
,
io
credo
,
giusta
,
ed
è
miracoloso
come
queste
pagine
tutte
cantate
e
dipinte
formino
una
realtà
storica
,
umana
e
civile
che
nessuno
aveva
mai
scoperto
.
Il
prodigio
di
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
è
di
aver
congiunto
insieme
l
'
arte
e
l
'
impegno
civile
,
l
'
ozio
fantastico
e
lo
studio
della
realtà
,
e
l
'
Italia
del
Nord
e
del
Sud
in
una
visione
armoniosa
,
dove
appare
remota
ogni
ombra
di
superiorità
o
alterigia
di
cultura
e
dove
hanno
eguale
spazio
l
'
immota
contemplazione
e
l
'
impeto
rivoluzionario
.
Regna
ovunque
nel
libro
una
luce
bianca
,
e
non
sappiamo
se
questa
bianca
luce
provenga
dalle
mura
delle
case
divorate
dal
sole
o
se
provenga
dalla
chiarezza
dell
'
intelligenza
che
le
ha
contemplate
.
La
verità
,
umanità
e
grandezza
di
Cristo
vanno
oltre
le
sensazioni
di
meraviglia
che
suscitò
quando
fu
stampato
,
meraviglia
che
nasceva
dal
fatto
che
nulla
di
simile
era
stato
scritto
mai
.
La
sua
verità
e
grandezza
sono
oggi
intatte
,
anche
se
quella
visione
armoniosa
è
oggi
lontana
dal
nostro
mondo
,
affaticato
e
rotto
da
infinite
delusioni
e
incapace
di
chiarezze
.
Carlo
Levi
fu
,
per
sua
natura
,
una
persona
in
cui
l
'
armonia
era
indistruttibile
e
indispensabile
,
come
è
indistruttibile
e
indispensabile
per
il
sole
la
propria
stessa
luce
.
Il
mondo
deve
essergli
apparso
,
negli
ultimi
anni
,
disarmonico
e
faticoso
,
ma
egli
lo
amava
ugualmente
e
certo
lo
perdonava
,
per
sua
generosità
e
bontà
e
umiltà
,
così
come
forse
perdonava
agli
amici
indifferenze
e
tradimenti
,
passando
oltre
non
rapido
ma
lentissimo
essendo
egli
incapace
di
atti
ruvidi
,
rapidi
e
brutali
.
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
...
»
Questi
suoi
versi
antichi
,
quante
volte
li
ho
canticchiati
dentro
di
me
.
Non
gliel
'
ho
mai
detto
.
Non
gli
ho
mai
detto
che
li
conoscevo
.
Lui
probabilmente
non
si
ricordava
di
averli
scritti
,
a
Torino
,
in
carcere
,
quarant
'
anni
fa
.
L
'
estate
scorsa
mi
telefonò
e
cenammo
insieme
in
una
trattoria
del
centro
.
Non
lo
vedevo
da
tempo
.
Non
lo
trovavo
invecchiato
,
se
non
per
i
capelli
ora
tutti
bianchi
,
leggeri
come
piume
,
e
per
una
magrezza
rosea
nel
viso
e
nel
collo
,
che
di
nuovo
mi
ricordò
mio
padre
.
Avevo
sempre
pensato
che
c
'
era
in
lui
una
vaga
rassomiglianza
con
i
miei
,
forse
perché
gli
ebrei
hanno
spesso
delle
rassomiglianze
,
e
sua
madre
aveva
avuto
i
capelli
rossi
e
c
'
erano
capelli
rossi
anche
nella
mia
famiglia
,
e
lentiggini
,
e
questo
mi
sembrava
stabilisse
fra
noi
e
lui
una
sorta
di
cuginanza
.
Non
eravamo
parenti
,
benché
io
abbia
,
di
nascita
,
il
suo
stesso
cognome
.
Fu
quella
l
'
ultima
volta
che
io
lo
vidi
.
Come
sempre
quando
m
'
incontrava
,
citò
il
mio
verso
«
Lavoratori
»
,
con
un
sorriso
solare
,
e
un
largo
gesto
di
benedizione
.
Lasciammo
la
trattoria
,
e
lo
vidi
ancora
una
volta
camminare
nella
notte
romana
,
come
tanti
anni
fa
,
al
tempo
di
Cristo
,
con
il
suo
passo
ozioso
,
randagio
e
leggero
.
Credo
che
allora
di
nuovo
,
come
nei
giorni
della
liberazione
a
Firenze
,
pensai
alla
sua
grande
umiltà
.
Nel
ricordarlo
,
è
molto
bello
ricordare
insieme
la
sua
umiltà
e
la
sua
sicurezza
trionfante
.
E
bello
ricordare
insieme
il
suo
immenso
ozio
e
il
suo
impegno
civile
,
la
sua
placida
felicità
e
la
sua
solidarietà
con
ogni
umana
sventura
,
le
contraddizioni
che
vivevano
in
armonia
nel
suo
temperamento
,
il
tempo
sconfinato
che
avevano
le
sue
giornate
,
il
suo
cappotto
sempre
sbottonato
,
il
sigaro
,
il
passo
leggero
.
StampaQuotidiana ,
Non
muovo
alcun
rimprovero
a
Lorenzo
Mondo
,
per
aver
pubblicato
quelle
note
di
Pavese
,
qualche
giorno
fa
.
Ha
aspettato
quarant
'
anni
prima
di
pubblicarle
;
infine
ha
pensato
che
si
trattava
d
'
un
documento
e
i
documenti
è
giusto
farli
conoscere
;
e
difatti
è
giusto
.
Se
fossi
stata
io
a
trovarle
,
non
le
avrei
pubblicate
;
ma
il
mio
rapporto
con
Pavese
era
di
stretta
amicizia
;
avrei
troppo
temuto
le
reazioni
che
potevano
suscitare
e
forse
le
avrei
distrutte
;
non
lo
so
.
Comunque
Lorenzo
Mondo
lo
capisco
e
non
posso
dargli
torto
.
Le
ha
accompagnate
con
un
commento
sommesso
e
discreto
.
Mi
addolora
però
profondamente
la
gran
polvere
,
il
clamore
che
ne
è
seguito
.
Pavese
,
per
quelle
note
,
è
stato
chiamato
fascista
,
filonazista
.
La
sua
figura
pubblica
è
stata
colpita
a
sassate
da
ogni
parte
.
Qualcuno
l
'
ha
difeso
.
Ma
il
clamore
e
la
polvere
hanno
coperto
ogni
argomentazione
pacata
e
sensata
.
I
morti
che
ci
sono
cari
,
noi
vorremmo
che
fossero
rispettati
.
Rispettarli
significa
astenersi
dal
sottoporli
a
un
processo
inquisitorio
.
Risparmiare
alla
loro
immagine
le
deduzioni
malevole
,
giudizi
affrettati
e
recisi
,
il
chiasso
futile
e
malevolo
dei
giornali
.
Ma
esiste
nel
nostro
tempo
uno
strano
e
insano
piacere
nell
'
infierire
contro
la
memoria
dei
morti
.
Nel
fare
strame
della
loro
vita
privata
e
pubblica
,
e
della
loro
opera
,
quando
un
opera
loro
ci
sia
rimasta
.
Ne
successo
a
Hemingway
,
a
Montale
,
a
Felice
Balbo
,
a
tanti
altri
in
varia
forma
e
varia
misura
.
Succede
oggi
a
Pavese
.
Prima
viene
fatta
di
loro
una
sorta
di
statua
,
mirabile
e
immobile
,
poi
la
statua
viene
presa
a
sassate
.
I
morti
,
nel
nostro
tempo
,
bisogna
che
si
aspettino
o
le
genuflessioni
che
vengono
tributate
ai
marmi
sacri
,
o
la
dimenticanza
,
o
le
sassate
.
Non
è
il
nostro
un
tempo
dove
i
morti
possano
convivere
felicemente
coi
vivi
.
Per
quanto
riguarda
Montale
,
non
c
'
è
dubbio
che
ha
agito
male
quando
ha
firmato
con
il
proprio
nome
le
pagine
scritte
da
un
altro
,
ma
è
ben
meschina
,
gretta
e
polverosa
la
furia
che
si
è
scatenata
su
questo
episodio
.
Su
Felice
Balbo
,
anni
fa
,
è
stato
costruito
un
castello
di
accuse
oscure
totalmente
inventate
,
ordite
chissà
a
quale
scopo
da
qualche
mente
perversa
.
Era
una
fra
le
persone
più
limpide
che
ci
siano
mai
state
.
Su
Pavese
,
non
è
stato
inventato
nulla
,
quelle
note
esistono
,
scritte
dalla
sua
mano
.
Ma
la
vita
d
'
un
uomo
è
vasta
,
ed
è
fatta
di
istanti
dei
quali
non
sappiamo
nulla
,
di
atti
nobili
e
meno
nobili
,
di
pensieri
scritti
in
qualche
lettera
o
in
qualche
quaderno
,
poi
contraddetti
da
nuovi
pensieri
o
dal
comportamento
nel
corso
degli
anni
.
Ne
fatta
di
colpe
,
di
rimorsi
,
di
sacrifici
e
azioni
generose
che
a
tutti
resteranno
per
sempre
ignoti
.
Che
senso
ha
processare
un
essere
umano
che
fino
a
ieri
appariva
senza
colpa
,
da
parte
di
chi
non
l
'
ha
mai
conosciuto
e
l
'
ha
conosciuto
poco
e
male
,
o
di
chi
è
nato
molto
dopo
la
sua
morte
?
E
soprattutto
perché
tanto
insano
piacere
nel
fare
strage
della
sua
memoria
,
deturpare
la
sua
immagine
e
renderla
del
tutto
irriconoscibile
a
quanti
l
'
hanno
amata
?
Nessi
ne
conservano
i
veri
connotati
stampati
negli
occhi
,
e
tuttavia
si
sentono
persi
,
come
se
quei
connotati
non
fossero
mai
stati
veri
.
Pavese
è
morto
quarant
'
anni
fa
.
Quelli
che
l
'
hanno
conosciuto
nell
'
intimo
sono
ormai
pochi
:
una
misera
minoranza
.
Pochi
ormai
sono
in
grado
di
evocarne
la
fisionomia
vera
,
i
gesti
,
i
passi
,
la
voce
.
Una
persona
umana
è
fatta
anche
di
questo
:
non
soltanto
delle
pagine
che
ha
scritto
o
delle
idee
che
aveva
.
La
cosa
onesta
che
si
deve
fare
nei
riguardi
d
'
un
morto
,
se
era
uno
scrittore
,
è
leggere
le
sue
opere
,
scrutarne
il
significato
e
prediligerne
le
migliori
;
quelle
che
ci
sembrano
le
migliori
.
Di
uno
scrittore
che
è
morto
,
è
importante
il
meglio
;
il
peggio
va
accantonato
in
disparte
.
E
tuttavia
anche
il
peggio
deve
essere
conosciuto
,
indagato
e
studiato
:
ma
in
disparte
.
Ne
in
qualche
modo
è
lo
stesso
per
ogni
persona
umana
:
non
si
capisce
bene
perché
,
ma
dopo
che
è
morta
,
il
meglio
che
aveva
lo
vediamo
salire
in
superficie
,
e
il
peggio
calare
nel
buio
:
ed
è
il
meglio
che
vogliamo
ricordare
di
più
.
Quelle
note
di
Pavese
che
sono
state
pubblicate
ora
mi
hanno
turbato
,
non
voglio
negarlo
.
So
bene
che
pensava
e
scriveva
a
volte
delle
assurdità
.
La
sua
straordinaria
intelligenza
non
glielo
impediva
.
Di
politica
non
capiva
niente
,
e
quelle
note
sono
per
la
massima
parte
politiche
.
Non
le
ha
stracciate
:
non
stracciava
mai
niente
.
Mi
ha
ferito
soprattutto
,
in
quelle
note
,
quanto
lui
scriveva
sulla
Germania
di
Hitler
.
Le
atrocità
dei
tedeschi
,
dice
,
non
sono
diverse
dalle
atrocità
compiute
nella
Rivoluzione
francese
.
Scriveva
così
nel
'42
,
mentre
gli
ebrei
morivano
a
milioni
nei
campi
di
sterminio
,
nel
modo
che
sappiamo
.
Allora
,
sui
campi
di
sterminio
,
non
sapevamo
tutta
la
verità
,
ma
si
sapeva
pure
che
quanto
stava
succedendo
agli
ebrei
in
Germania
era
qualcosa
di
intollerabile
per
il
nostro
pensiero
.
Sul
fascismo
,
su
Mussolini
,
sulla
guerra
,
dice
delle
frasi
grottesche
.
Fanno
un
'
immensa
rabbia
,
ma
chi
l
'
ha
conosciuto
,
Pavese
,
ricorda
che
era
bastian
contrario
.
L
'
Italia
stava
perdendo
la
guerra
,
nel
'42
,
e
lui
parla
di
vittoria
.
Il
fascismo
,
non
c
'
era
ormai
più
nessuno
in
Italia
che
non
ne
auspicasse
la
fine
,
e
lui
si
domanda
se
non
era
forse
una
cosa
buona
.
Non
le
ha
incluse
nel
suo
diario
,
quelle
note
,
ma
non
le
ha
stracciate
.
Avrà
forse
pensato
che
potevano
essergli
di
qualche
utilità
per
ricostruire
se
stesso
,
in
un
certo
periodo
,
per
osservare
un
giorno
i
percorsi
capricciosi
del
proprio
pensiero
?
per
conservare
il
peggio
di
se
stesso
?
Ma
le
frasi
sulla
Germania
di
Hitler
,
chi
gli
ha
voluto
bene
le
ripensa
con
vivo
turbamento
.
Tuttavia
chi
gli
ha
voluto
bene
non
gli
toglie
certo
una
sola
stilla
d
'
affetto
.
Mi
trovo
d
'
accordo
con
quanto
ha
detto
di
lui
Luisa
Sturani
:
era
come
un
ragazzo
:
la
sera
s
'
addormentava
con
un
'
idea
e
la
mattina
dopo
si
svegliava
con
l
'
idea
opposta
.
Così
succede
ai
ragazzi
.
Usava
scrivere
tutto
quello
che
gli
passava
per
la
testa
.
Che
sia
stato
fino
all
'
ultimo
un
adolescente
,
è
sicuro
.
Ha
portato
avanti
la
propria
esistenza
in
maniera
assurda
,
con
un
carico
di
ossessioni
e
di
fissazioni
che
non
è
mai
riuscito
a
buttare
via
;
e
,
come
fanno
gli
adolescenti
,
ubbidiva
a
discipline
e
privazioni
insensate
e
severe
,
che
si
era
imposto
da
sé
.
E
riuscito
a
rifiutarsi
ostinatamente
tutto
quello
che
desiderava
,
per
una
dolorosa
difficoltà
a
vivere
ma
anche
per
qualche
severa
ingiunzione
mentale
:
desiderava
avere
una
moglie
,
una
casa
:
e
non
le
ebbe
mai
.
Da
giovane
,
diceva
che
si
sarebbe
scelto
per
moglie
una
ragazza
opaca
,
insignificante
,
docile
,
che
occupasse
nella
sua
vita
pochissimo
spazio
:
«
Una
donna
che
,
pregata
,
volesse
dar
mano
alla
casa
»
.
Sono
versi
di
Lavorare
stanca
.
In
seguito
,
questo
sogno
lo
cancellò
.
Cadeva
sempre
con
delle
donne
che
lo
rendevano
infelice
:
donne
forti
,
autoritarie
,
sfuggenti
,
nervose
,
radiose
e
tigresche
:
amando
in
verità
il
dolore
e
le
bufere
che
scatenavano
nella
sua
anima
.
E
tuttavia
l
'
antica
moglie
opaca
ogni
tanto
ricompariva
nella
sua
immaginazione
.
Le
donne
erano
al
centro
dei
suoi
pensieri
:
un
mondo
a
cui
non
gli
riusciva
di
accostarsi
senza
febbre
,
dolore
e
strazio
.
Chiamarlo
fascista
è
una
follia
pura
.
Chi
l
'
ha
conosciuto
vivo
,
chi
è
in
grado
di
evocarne
la
figura
,
i
gesti
,
il
comportamento
,
il
senso
stesso
della
sua
esistenza
,
sa
bene
come
egli
fosse
l
'
esatto
contrario
di
quello
che
il
fascismo
è
stato
.
Tutto
quanto
formava
lo
spirito
del
fascismo
era
assente
dalla
sua
persona
.
Lui
era
un
uomo
schivo
,
scontroso
,
amante
del
silenzio
e
dell
'
ombra
.
Il
fascismo
era
violento
e
declamatorio
,
vociante
nelle
piazze
e
nelle
strade
.
Lui
era
solitario
e
taciturno
;
e
incapace
di
fare
offesa
alla
piuma
d
'
un
passero
.
Nel
giudicarlo
,
chi
legge
quelle
sue
note
e
si
sdegna
per
le
storture
del
suo
pensiero
,
o
chi
lo
condanna
per
non
essersi
lui
battuto
durante
la
Resistenza
e
per
essersi
nascosto
,
non
dovrebbe
dimenticare
che
otto
anni
dopo
,
sette
anni
dopo
si
è
ucciso
:
e
un
suicidio
ha
sempre
infinite
motivazioni
,
fra
le
quali
è
presente
,
sempre
o
quasi
sempre
,
un
senso
di
colpa
,
un
carico
insopportabile
di
rimorsi
,
giusti
o
ingiusti
,
ma
sempre
disperati
.
Perciò
chi
lo
condanna
,
questo
lo
dovrebbe
mettere
in
conto
;
e
certo
ogni
suicidio
va
contemplato
a
sé
;
ma
guardando
al
suicidio
di
Pavese
mi
sembra
debba
cadere
ogni
sdegno
o
collera
,
e
debba
essergli
dato
quel
rispetto
che
è
dovuto
all
'
estrema
disperazione
.
Ai
suoi
amici
,
Pavese
ha
dato
molto
,
e
ha
insegnato
molto
:
ha
insegnato
o
cercato
d
'
insegnare
la
serietà
nel
lavoro
,
il
disinteresse
,
l
'
indifferenza
alla
gloria
.
Ha
insegnato
la
pietà
.
Chi
era
allora
colpito
da
sventure
,
ne
ricorda
la
dedizione
,
la
generosità
,
la
gentile
e
sconfinata
pazienza
.
Ai
suoi
amici
,
ha
anche
insegnato
la
forza
nel
sopportare
il
dolore
;
questa
forza
lui
non
l
'
ha
avuta
,
ma
ne
sapeva
la
necessità
,
ed
essa
era
in
qualche
modo
presente
nelle
pieghe
della
sua
faccia
,
nei
suoi
modi
,
nel
suo
passo
rapido
e
solitario
.
Tuttavia
nessuno
dei
suoi
amici
l
'
ha
mai
considerato
un
maestro
di
vita
o
un
maestro
di
pensiero
:
troppe
volte
pensava
delle
assurdità
;
e
troppo
lo
vedevano
condurre
la
sua
propria
vita
in
un
modo
ostinato
,
sofferente
,
tortuoso
e
maldestro
:
la
sua
grande
intelligenza
,
matura
,
complicata
,
adulta
,
contrastava
con
l
'
immaturità
della
sua
indole
,
con
la
nativa
semplicità
del
suo
essere
;
e
non
gli
ha
dato
mai
alcun
soccorso
nei
rapporti
col
prossimo
,
nei
sentieri
dell
'
esistenza
:
e
anzi
gli
ha
sbarrato
la
strada
.
Ne
è
stato
un
narratore
e
un
poeta
;
così
è
giusto
e
onesto
che
sia
ricordato
;
e
anche
è
stato
uno
degli
uomini
più
appassionati
,
più
umili
e
meno
cinici
che
siano
mai
passati
su
questa
terra
.
StampaQuotidiana ,
L
'
interesse
che
aveva
suscitato
la
discussione
,
su
questo
giornale
,
relativa
ai
problemi
paranormali
,
dopo
le
trasmissioni
televisive
e
il
libro
di
Piero
Angela
,
pare
spegnersi
,
malgrado
l
'
intervento
di
illustri
personalità
come
Jemolo
,
Granone
,
Barone
e
Vacca
.
Essa
sta
esaurendosi
in
seguito
alla
risposta
negativo
-
evasiva
di
Rol
ed
alla
rassegnata
replica
dello
storico
e
giurista
romano
,
e
cioè
di
Temolo
stesso
.
Credo
che
il
lasciar
morire
la
discussione
costituisca
un
errore
sociologico
e
psico
-
sociologico
,
tanto
più
che
,
nel
libro
Angela
,
si
parla
di
un
Comitato
scientifico
per
l
'
esame
dei
problemi
paranormali
.
Sono
dell
'
opinione
che
la
scienza
ufficiale
non
debba
rifiutare
,
sdegnosamente
,
di
occuparsi
dei
fenomeni
paranormali
,
lasciando
,
a
chi
ne
afferma
l
'
esistenza
,
l
'
onere
della
prova
.
In
teoria
ciò
è
più
che
giusto
.
In
pratica
,
se
i
fenomeni
esistessero
,
un
«
sensitivo
»
povero
non
avrebbe
mai
la
possibilità
di
dimostrare
le
proprie
qualità
,
perché
non
potrebbe
istallare
un
laboratorio
con
complessi
strumenti
che
le
provino
.
La
presenza
di
un
prestigiatore
,
infatti
,
può
avallare
l
'
inesistenza
di
trucchi
,
ma
non
può
sancire
la
realtà
,
né
determinare
,
se
possibile
,
la
causa
di
tali
strani
eventi
.
Se
è
perfettamente
inutile
occuparsi
dei
molti
inventori
che
ogni
anno
scoprono
il
moto
perpetuo
,
può
costituire
una
perdita
di
tempo
un
po
'
meno
inutile
il
cercar
di
indagare
su
chi
può
aver
eventualmente
ritenuto
,
in
quella
filogenesi
di
cui
è
frutto
,
alcune
qualità
che
esseri
più
in
basso
di
noi
nella
scala
zoologica
indubbiamente
possiedono
e
noi
abbiamo
presumibilmente
perduto
(
la
percezione
di
ultrasuoni
,
quella
del
magnetismo
terrestre
,
ecc
.
)
.
La
segnalazione
dell
'
importanza
psico
-
sociologica
e
sociologica
di
problemi
del
genere
,
da
un
lato
,
e
l
'
esempio
della
necessità
di
far
luce
,
anche
a
costo
di
distruggere
illusioni
,
dall
'
altro
,
ci
vengono
rispettivamente
dall
'
affluenza
dei
visitatori
all
'
ostensione
della
Sindone
e
dal
Convegno
che
ne
è
seguito
-
con
discussioni
a
livello
nettamente
scientifico
,
salvo
un
paio
di
interventi
soltanto
fideistici
-
e
ancor
più
dalla
coraggiosa
appendice
di
una
indagine
da
condursi
con
i
più
moderni
metodi
d
'
ogni
scienza
per
provare
,
con
procedura
non
difficile
,
l
'
antichità
del
«
lenzuolo
»
e
,
qualora
risulti
possibile
,
la
genesi
delle
macchie
.
I
tre
milioni
di
visitatori
dimostrano
quale
sia
l
'
interesse
per
i
fenomeni
paranormali
,
che
esiste
nella
massa
dell
'
opinione
pubblica
.
La
Sindone
,
infatti
,
costituisce
un
fenomeno
paranormale
anche
per
chi
ne
ammetta
l
'
origine
divina
,
normale
essendo
tutto
ciò
che
può
essere
spiegato
con
le
conoscenze
che
,
in
un
certo
momento
storico
,
la
scienza
possiede
.
Il
normale
è
,
quindi
,
un
concetto
relativo
al
tempo
.
Ad
esempi
,
mezzo
secolo
fa
,
sarebbe
stato
paranormale
il
sentire
e
vedere
a
colori
,
in
Europa
,
una
persona
che
stessa
parlando
nel
Sud
-
America
.
Non
v
'
è
dubbio
che
molte
tra
le
persone
passate
davanti
alla
Sindone
o
compivano
un
atto
di
venerazione
fideistica
,
verso
un
oggetto
in
cui
credevano
,
o
si
impegnavano
nella
lunga
fatica
,
pensando
di
poter
rinforzare
una
fede
vacillante
.
Ma
altri
visitatori
erano
certamente
e
semplicemente
mossi
dalla
curiosità
di
vedere
qualcosa
di
paranormale
,
divino
od
umano
che
fosse
,
per
quel
residuo
di
educazione
magica
esistente
in
ciascuno
di
noi
,
che
ci
porta
a
rifugiarci
in
un
mondo
nel
quale
speriamo
che
forze
ignote
agiscano
in
modo
più
giusto
,
più
umano
,
più
onesto
.
Con
l
'
indagine
scientifica
sulla
Sindone
la
Chiesa
dimostra
molto
coraggio
nel
disilludere
,
eventualmente
,
la
prima
fascia
di
visitatori
e
nel
togliere
un
supporto
alla
fede
dei
dubbiosi
,
se
il
risultato
riuscirà
negativo
.
Ma
compie
un
'
opera
sociologica
altamente
positiva
ed
educativa
nell
'
eliminare
dalla
religione
tutto
ciò
che
di
apparentemente
paranormale
può
esistere
,
ben
distinguendo
tra
la
fede
vera
e
quanto
ha
,
in
sé
,
ancora
di
«
magico
»
,
nel
senso
prettamente
scientifico
di
questa
parola
.
Il
libro
di
Piero
Angela
,
in
un
campo
che
ha
da
fare
con
la
religione
più
di
quanto
si
creda
(
la
parapsicologia
è
,
spesso
,
un
sostituto
della
religione
)
,
ha
grande
importanza
sociologica
perché
può
essere
determinante
per
la
formazione
culturale
di
masse
di
popolazione
molto
più
vaste
di
quel
che
generalmente
si
pensa
.
A
mio
modesto
giudizio
,
perciò
,
occorrerebbe
che
qualcuno
si
muovesse
per
invitare
eventuali
«
sensitivi
»
in
buona
fede
a
mostrare
,
sotto
controllo
scientifico
(
ivi
compreso
il
prestigiatore
)
quali
siano
o
non
siano
i
loro
poteri
paranormali
.
Se
in
un
solo
caso
si
provasse
l
'
esistenza
di
un
sola
forza
che
non
rientrasse
in
quelle
conosciute
,
tutto
il
problema
del
paranormale
sarebbe
risolto
.
E
se
,
invece
,
non
si
riuscisse
a
dimostrarla
mai
,
la
fascia
dei
credenti
sarebbe
molto
disillusa
-
pur
continuando
molti
a
coltivare
la
propria
illusione
-
;
quella
dei
dubbiosi
smetterebbe
i
tentativi
di
ricerca
e
la
grande
massa
di
persone
che
agisce
senza
riflettere
,
facendosi
anche
ingannare
da
eventuali
imbroglioni
,
man
mano
imparerebbe
a
ragionare
con
la
logica
e
non
in
base
a
soli
desideri
ed
a
vane
speranze
.
Perciò
occorre
che
qualcuno
concretamente
si
muova
per
chiarire
una
situazione
che
ha
tanta
importanza
psico
-
sociologica
o
che
qualche
«
sensitivo
»
se
crede
,
in
buona
fede
,
di
possedere
poteri
paranormali
,
li
renda
noti
,
ammettendo
qualsiasi
tipo
di
controllo
sui
fenomeni
che
può
produrre
.
StampaQuotidiana ,
Di
tanto
in
tanto
,
appare
la
notizia
che
,
in
Italia
,
la
popolazione
è
divenuta
stazionaria
e
qualcuno
se
ne
rallegra
,
perché
non
ha
la
più
vaga
idea
di
quante
conseguenze
negative
porti
per
parecchi
decenni
successivi
il
raggiungimento
di
un
equilibrio
del
genere
.
Non
credo
esistano
demografi
e
statistici
italiani
che
non
auspichino
una
sia
pur
lieve
eccedenza
dei
nati
sui
morti
.
Il
saldo
negativo
tra
le
nascite
e
le
morti
era
limitato
nel
1972
a
poche
province
del
Nord
e
a
due
del
Centro
,
mentre
ora
si
sta
allargando
a
macchia
d
'
olio
.
Le
ultime
cifre
ufficiali
-
non
ancora
pubblicate
in
dettaglio
,
provvisorie
,
ma
attendibili
-
per
i
mesi
dal
gennaio
all
'
ottobre
1980
,
indicano
che
,
ormai
,
nell
'
Italia
Settentrionale
,
l
'
eccedenza
dei
morti
sui
nati
è
cronica
e
che
per
i
primi
dieci
mesi
dell
'
anno
è
stata
di
31.611
unità
,
contro
le
13.634
dei
corrispondenti
mesi
del
1979
.
In
Liguria
,
i
morti
sono
il
doppio
dei
nati
;
in
Piemonte
,
si
riscontra
un
supero
di
9927
morti
sui
nati
che
sono
soltanto
33.101
.
In
Toscana
ed
in
Umbria
le
nascite
sono
largamente
inferiori
alle
morti
,
nelle
Marche
sono
lievemente
superiori
,
mentre
,
nel
Lazio
,
si
sente
nettamente
l
'
influsso
del
Meridione
,
con
una
eccedenza
di
12.584
unità
a
favore
delle
nascite
.
L
'
Italia
Meridionale
e
le
Isole
realizzano
un
saldo
attivo
di
118.041
nati
e
l
'
Italia
intera
di
91.197
.
Forse
non
è
male
ricordare
che
,
nel
1972
,
tale
saldo
,
per
l
'
Italia
,
era
di
375.283
unità
.
Poiché
ci
siamo
trasformati
da
Paese
di
emigrazione
in
Paese
di
immigrazione
ed
abbiamo
,
ormai
,
un
saldo
largamente
attivo
di
immigrati
,
la
popolazione
dell
'
Italia
non
corre
,
per
ora
,
un
pericolo
grave
di
diminuzione
:
i1
Nord
non
produce
figli
,
ma
accoglie
gente
che
viene
o
torna
dall
'
estero
;
il
Sud
,
dal
Lazio
in
giù
,
mette
al
mondo
nuovi
nati
e
,
seppur
ormai
raramente
(
nel
febbraio
,
marzo
,
aprile
e
maggio
1980
)
ha
visto
gli
emigrati
per
l
'
estero
superare
gli
immigrati
.
Le
conseguenze
sono
piuttosto
evidenti
.
I
settentrionali
,
non
prolificando
,
fanno
il
possibile
a
che
l
'
Italia
si
meridionalizzi
,
poi
si
lagnano
che
ciò
avvenga
.
Forse
nessuno
ricor
-
da
che
,
attorno
al
1950
,
Torino
aveva
già
raggiunto
il
risultato
di
avere
più
morti
che
nati
e
,
se
non
fossero
immigrati
veneti
e
meridionali
,
essa
sarebbe
oggi
,
la
metà
di
quella
che
è
.
Stiamo
già
ospitando
,
in
Italia
,
più
di
mezzo
milione
di
stranieri
provenienti
dal
Terzo
Mondo
o
da
Paesi
più
poveri
di
noi
.
É
troppo
noto
che
,
tra
pochi
anni
,
il
carico
degli
an
-
ziani
,
dei
vecchi
,
dei
decrepiti
-
i
novantenni
sono
cresciuti
di
sedici
volte
dall
'
inizio
del
secolo
-
sarà
spaventoso
per
le
forze
effettivamente
produttive
:
le
nuove
leve
di
lavoro
,
na
-
te
in
Italia
,
saranno
sempre
più
esigue
e
la
situazione
peggiorerà
di
anno
in
anno
.
La
Francia
e
la
Germania
stanno
prendendo
provvedimenti
di
politica
demografica
per
ovviare
ad
una
situazione
che
è
già
leggermente
peggiore
della
nostra
;
noi
stiamo
a
guardare
.
Anzi
c
'
è
chi
si
compiace
per
le
culle
vuote
.
I
non
demografi
non
sanno
che
la
«
popolazione
stazionaria
»
può
esistere
soltanto
per
un
periodo
brevissimo
,
perché
,
quando
ci
si
mette
sulla
sua
strada
i
morti
tendono
sempre
più
a
crescere
ed
i
nati
sempre
più
a
calare
.
Ed
allora
non
c
'
è
che
l
'
immigrazione
.
Ma
non
tutti
gli
Stati
europei
che
l
'
anno
sperimentata
ne
sono
rimasti
molto
soddisfatti
.