StampaQuotidiana ,
Un
tempo
,
esisteva
nel
mondo
quella
qualità
atroce
,
quell
'
incomunicabile
dono
di
natura
,
che
Simone
Weil
chiamava
"
la
forza
"
.
Amava
incarnarsi
nel
volto
di
Giulio
Cesare
:
nel
viso
,
stranamente
femmineo
,
di
Augusto
:
nei
lineamenti
di
Napoleone
;
e
trovò
forse
la
sua
ultima
incarnazione
nella
figura
massiccia
di
Stalin
.
La
forza
si
proponeva
dei
fini
.
Aveva
immensi
progetti
:
invadere
popoli
,
conquistare
nazioni
,
allargare
il
potere
,
possedere
l
'
universo
,
spostare
sempre
più
lontano
i
confini
dell
'
orizzonte
.
Non
pensava
.
Centinaia
di
servi
,
sacerdoti
e
scrittori
,
elaboravano
idee
e
filosofie
di
ogni
specie
che
giustificavano
il
suo
potere
come
se
fosse
voluto
da
Dio
,
anzi
lo
stesso
Dio
in
terra
.
Non
aveva
scrupoli
.
Non
conosceva
sfumature
,
penombre
,
mezzi
termini
,
e
non
le
importava
di
costruire
i
propri
trionfi
sopra
mucchi
di
cadaveri
,
teste
tagliate
e
fiumi
di
sangue
.
Trovava
che
nulla
era
più
piacevole
di
quell
'
acuto
odore
di
sangue
:
nulla
più
sontuoso
di
quelle
montagne
di
corpi
sacrificati
per
lei
e
ammucchiati
ai
suoi
piedi
.
Mentre
gli
altri
uomini
si
lasciavano
trascinare
dalle
passioni
,
il
potente
era
calmo
,
freddo
,
distaccato
,
contemplativo
.
Dominava
le
proprie
passioni
,
impediva
al
proprio
io
di
esibirsi
:
rinviava
,
pazientava
,
attendeva
,
preciso
e
oggettivo
come
lo
sguardo
che
la
Stella
Polare
getta
sul
mondo
.
Se
conosceva
questa
calma
nella
tempesta
,
questa
freddezza
nello
scatenamento
,
se
dormiva
senza
sogni
la
vigilia
della
battaglia
che
avrebbe
deciso
il
suo
destino
,
egli
non
aveva
bisogno
di
combattere
.
Il
potere
era
già
saldo
nelle
sue
mani
.
Quando
agiva
,
aveva
di
fronte
centinaia
di
possibilità
che
si
contraddicevano
a
vicenda
:
migliaia
di
particolari
sui
quali
ciascuno
degli
altri
uomini
avrebbe
posato
lo
sguardo
.
Egli
non
scorgeva
queste
possibilità
,
né
questi
particolari
.
Alzava
il
braccio
,
dava
inizio
alla
battaglia
,
lanciava
una
parola
d
'
ordine
semplicissima
,
inventava
una
formula
elementare
,
che
coglieva
una
minima
parte
della
realtà
.
Gli
altri
uomini
si
chiedevano
:
"
Come
farà
a
vincere
,
se
non
capisce
le
cose
?
"
.
Ma
proprio
perché
non
capiva
i
particolari
,
il
potente
sapeva
aprire
con
la
violenza
le
porte
,
per
gli
altri
ostinatamente
chiuse
,
della
realtà
.
Vi
entrava
,
la
possedeva
,
insediandosi
come
un
sovrano
in
questo
luogo
che
non
capiva
.
Quanto
gli
uomini
hanno
adorato
la
forza
:
quanto
hanno
amato
i
loro
principi
,
tiranni
,
spietati
massacratori
.
Nessuna
qualità
ha
mai
esercitato
più
fascino
della
forza
,
suscitando
una
mescolanza
ripugnante
di
terrore
e
di
attrazione
:
desiderio
di
adorare
,
di
venire
schiacciati
,
umiliati
e
sacrificati
.
Tre
massacratori
come
Napoleone
,
Hitler
e
Stalin
sono
stati
idolatrati
.
In
molte
città
d
'
Europa
vive
ancora
qualcuno
,
che
ha
pianto
tutte
le
sue
lacrime
quando
Stalin
-
il
"
padre
"
mite
e
buono
-
è
stato
portato
via
dalla
morte
.
Alla
fine
,
la
forza
ripagava
i
propri
succubi
.
Quando
il
mondo
era
diventato
suo
,
il
potente
mutava
volto
.
Come
il
sole
allo
zenit
,
lasciava
cadere
sui
milioni
di
sudditi
che
si
agitavano
ai
suoi
piedi
,
sui
nemici
che
aveva
ucciso
,
sugli
uomini
ancora
da
nascere
che
avrebbero
continuato
ad
adorarlo
,
un
sorriso
stranamente
amoroso
.
Nessun
sorriso
umano
era
dolce
come
questo
sorriso
nutrito
di
sangue
.
Da
cinquant
'
anni
,
la
forza
è
quasi
scomparsa
dal
mondo
occidentale
.
Gli
europei
e
gli
americani
moderni
non
l
'
amano
più
.
Per
decine
di
secoli
,
hanno
conosciuto
i
suoi
orrori
,
le
sue
furie
,
il
suo
soffocante
dominio
,
il
suo
logorante
potere
.
Ora
vorrebbero
vivere
nel
regno
della
ragione
,
dove
il
commercio
,
la
mediazione
,
il
compromesso
,
il
discorso
,
forse
l
'
amore
sostituiscono
l
'
urto
degli
eserciti
in
battaglia
.
Nella
società
moderna
,
qualcosa
ripugna
profondamente
alla
forza
.
Le
banche
,
le
industrie
,
i
calcolatori
hanno
bisogno
di
essere
avvolti
e
fasciati
dalla
pace
:
tollerano
,
spesso
provocano
forme
terribili
di
oppressione
,
degenerazioni
che
soffocano
l
'
animo
quanto
la
più
assoluta
delle
dittature
;
ma
la
realtà
della
forza
-
con
quell
'
odore
di
terra
e
di
sangue
-
ripugna
alle
loro
narici
delicate
.
Amano
l
'
irrealtà
:
la
televisione
e
i
computer
ci
introducono
in
un
mondo
irreale
;
mentre
nulla
è
più
reale
della
forza
.
Il
potere
si
è
diffuso
.
È
immagine
televisiva
,
parola
detta
o
stampata
,
libro
che
finge
di
essere
innocente
,
partito
,
sindacato
,
musica
ripetuta
fino
all
'
ossessione
,
pubblicità
,
vestito
innocentemente
indossato
.
Tutti
ne
posseggono
una
piccola
parte
;
ed
è
difficile
che
si
produca
quella
paurosa
concentrazione
psicologica
di
potere
,
dalla
quale
un
tempo
nasceva
la
forza
.
Quando
ricorrono
alla
forza
,
gli
uomini
moderni
intervengono
tardi
,
con
dubbi
e
incertezze
.
Intervengono
con
un
tale
accompagnamento
di
cautele
e
di
riguardi
da
rendere
inefficaci
le
armi
;
e
alla
fine
,
quando
tutto
o
quasi
tutto
è
ormai
perduto
,
sovente
impiegano
la
forza
con
un
eccesso
,
che
tradisce
la
loro
cattiva
coscienza
.
Se
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
avessero
obbligato
Mussolini
ad
abbandonare
l
'
Etiopia
,
se
avessero
salvato
la
democrazia
spagnola
,
se
avessero
impedito
a
Hitler
di
annettere
Austria
e
Cecoslovacchia
,
-
l
'
Europa
non
avrebbe
conosciuto
il
disastro
.
Questa
storia
si
è
ripetuta
senza
fine
nel
dopoguerra
:
in
Vietnam
,
in
Ruanda
,
in
Jugoslavia
,
dove
l
'
Occidente
ha
inviato
i
suoi
aerei
con
molti
anni
di
ritardo
.
Il
risultato
di
queste
inquietudini
,
paure
,
cautele
,
improvvisi
furori
sono
state
ondate
di
terrificante
violenza
.
Qualcuno
ci
dice
:
"
Rinunciate
alla
forza
"
,
ripetendo
agli
uomini
che
si
odiano
la
parola
del
Vangelo
.
Certo
,
la
parola
del
Vangelo
deve
essere
continuamente
proclamata
e
ripetuta
:
la
forza
deve
essere
negata
,
la
violenza
deve
essere
maledetta
,
nella
speranza
che
il
mondo
si
raccolga
alla
fine
nella
nuova
Gerusalemme
celeste
,
attorno
all
'
albero
della
vita
.
Non
dobbiamo
mai
dimenticare
che
Cristo
sta
per
giungere
:
la
storia
,
che
crediamo
una
cosa
semplicemente
umana
,
è
divorata
dall
'
imminenza
divina
.
Ma
il
regno
di
Dio
scenderà
in
terra
soltanto
alla
fine
dei
tempi
:
prima
di
allora
non
conosceremo
l
'
albero
della
vita
.
Se
vogliamo
anticiparlo
,
realizzando
completamente
e
totalmente
il
regno
di
Dio
,
costruiremo
soltanto
l
'
edificio
del
Male
Assoluto
,
come
ci
hanno
dimostrato
tutti
i
tempi
e
i
paesi
.
Intanto
,
mentre
viviamo
in
questo
tempo
intermediario
,
dobbiamo
accontentarci
di
mete
limitate
.
Se
gli
uomini
non
si
amano
tra
loro
,
possiamo
indurli
(
talvolta
costringerli
)
a
tollerarsi
a
vicenda
,
vivendo
gli
uni
accanto
agli
altri
come
coinquilini
se
non
come
fratelli
.
Non
è
possibile
rinunciare
alla
forza
.
Altrimenti
,
sempre
nuovi
assassini
offenderanno
i
loro
cittadini
e
i
loro
vicini
:
costruiranno
le
loro
montagne
di
teste
tagliate
:
si
bagneranno
nel
sangue
,
in
nome
di
ideologie
sempre
diverse
e
tutte
eguali
,
perché
"
lo
smunto
assassinio
"
sa
assumere
tutti
i
nomi
.
Giunti
alla
fine
del
ventesimo
secolo
,
mi
chiedo
se
in
futuro
potremo
usare
la
forza
con
più
saggezza
che
in
passato
.
È
soltanto
un
'
utopia
infantile
?
La
forza
non
è
che
brutalità
scatenata
,
alla
quale
è
necessario
sottometterci
?
Non
ci
resta
che
essere
succubi
e
complici
?
Penso
che
sia
possibile
usarla
e
domarla
.
Ormai
è
una
qualità
del
passato
:
noi
non
la
amiamo
,
siamo
lontanissimi
da
lei
e
dalle
sue
seduzioni
,
detestiamo
i
grandi
tiranni
e
massacratori
,
non
proviamo
nessuna
soggezione
psicologica
occulta
verso
di
loro
.
Proprio
per
questo
possiamo
studiarla
,
reimpararla
,
riapprenderla
,
come
si
tenta
di
apprendere
una
virtù
spirituale
.
È
una
specie
di
esercizio
ascetico
:
il
più
difficile
degli
esercizi
.
Lo
compiamo
contro
noi
stessi
:
odiamo
la
forza
mentre
la
usiamo
,
esecriamo
noi
stessi
che
assumiamo
le
sue
apparenze
;
non
ricorriamo
a
lei
per
imporre
il
nostro
dominio
,
ma
soltanto
per
evitare
mali
più
terribili
.
Compiamo
ogni
azione
come
un
sacrificio
,
del
quale
siamo
le
prime
vittime
.
Simone
Weil
visitò
la
Germania
giovanissima
,
l
'
anno
prima
che
Hitler
prendesse
il
potere
.
Mentre
l
'
Europa
era
cieca
e
confusa
,
mentre
nessuno
capiva
quali
drammi
e
orrori
si
andavano
preparando
,
lei
-
quasi
sola
-
comprese
cosa
avrebbe
travolto
la
Germania
di
Weimar
.
Negli
anni
successivi
,
commise
un
errore
,
di
cui
si
sentì
colpevole
per
il
resto
della
vita
.
Diventò
pacifista
.
Pensava
che
qualsiasi
male
,
persino
Hitler
,
sarebbe
stato
preferibile
alla
guerra
.
Ma
poi
espiò
quest
'
errore
;
e
via
via
che
si
avvicinava
sempre
più
al
suo
Dio
sconosciuto
,
venerando
ciò
che
è
puro
,
i
Vangeli
,
l
'
Antigone
,
Platone
,
la
Baghavadgita
,
la
musica
gregoriana
,
-
la
sua
conoscenza
dei
meccanismi
della
forza
diventò
perfetta
.
Sapeva
che
era
necessario
usare
tutta
la
forza
contro
Hitler
:
senza
limiti
,
né
compromessi
;
e
sacrificò
se
stessa
alla
necessità
tremenda
del
suo
compito
.
Possiamo
imparare
da
quest
'
Antigone
dei
tempi
moderni
.
Qualcuno
ha
già
cominciato
,
come
Emma
Bonino
o
Barbara
Spinelli
che
ci
ricorda
inflessibilmente
i
doveri
dell
'
Europa
mentre
guarda
i
quadri
di
Vermeer
e
gli
angeli
medioevali
.
Dobbiamo
esercitarci
,
stoicamente
,
freddamente
,
a
impiegare
la
forza
che
non
amiamo
.
Se
vogliamo
usarla
,
dobbiamo
domare
le
nostre
passioni
:
impedire
al
nostro
ego
di
offuscarci
lo
sguardo
:
cancellare
idee
,
interessi
,
sentimenti
e
fantasticherie
che
ci
turbano
l
'
animo
:
cercare
di
conoscere
le
diverse
situazioni
storiche
,
con
lucidità
e
precisione
assoluta
;
sapere
che
l
'
azione
deve
essere
rara
,
ma
non
conoscere
rinvii
e
compromessi
.
Solo
allora
,
essa
potrà
scendere
come
un
angelo
dell
'
Apocalisse
e
cauterizzare
il
male
e
la
ferita
.
StampaQuotidiana ,
Ci
sono
porte
destinate
a
non
aprirsi
.
Scantinati
senza
finestre
.
Luoghi
riservati
.
Letti
di
contenzione
,
sedie
per
slogare
.
È
raro
che
vengano
alla
luce
:
per
un
terremoto
,
per
un
'
eruzione
vulcanica
.
È
raro
che
se
ne
parli
:
gli
ospitati
non
ne
escono
vivi
.
È
più
facile
che
ne
parlino
i
gestori
:
si
resiste
difficilmente
alle
vanterie
,
anche
quando
possono
costare
.
Nel
Kosovo
riaperto
si
sapeva
-
purché
lo
si
volesse
sapere
-
che
si
sarebbero
trovati
forni
e
fosse
comuni
.
Non
era
facile
immaginare
lo
scantinato
della
tortura
.
Gira
in
questi
anni
una
-
detestabile
-
mostra
sugli
strumenti
di
tortura
:
la
vergine
di
Norimberga
,
le
ruote
dentate
,
genere
che
ha
i
suoi
amatori
.
Il
repertorio
interrato
che
da
Pristina
è
arrivato
sui
nostri
teleschermi
è
tecnologicamente
grossolano
,
ma
moralmente
scelto
:
i
pugni
di
ferro
,
i
coltellacci
,
i
mazzi
di
preservativi
,
il
bastone
spaccato
in
due
(
ne
sarà
stato
orgoglioso
,
o
seccato
,
quello
che
ha
dato
il
colpo
?
)
,
la
rinfusa
di
documenti
personali
dei
torturati
e
dei
giornaletti
zozzi
dei
torturatori
.
Eloquente
repertorio
:
museo
già
pronto
per
le
scolaresche
.
Resistono
stupidi
pregiudizi
sul
conto
della
tortura
,
di
cui
i
torturatori
sarebbero
i
primi
a
farsi
beffe
.
Che
serva
a
qualcosa
,
a
far
parlare
...
Ma
no
.
La
tortura
è
un
'
arte
,
è
un
piacere
,
è
gratuita
.
Deve
far
male
dentro
il
corpo
dell
'
altro
,
dell
'
altra
.
Quello
scantinato
è
altra
cosa
dall
'
assassinio
di
strada
e
dallo
stupro
compiuto
a
cielo
aperto
,
al
caso
dell
'
agguato
e
della
furia
improvvisa
.
Quello
scantinato
è
la
sala
operatoria
di
una
chirurgia
d
'
eccezione
,
in
cui
la
potenza
dell
'
odio
si
è
presa
un
ufficio
,
e
lavora
con
metodo
.
Il
paziente
è
di
preferenza
una
giovane
donna
,
e
se
no
un
uomo
su
cui
si
compiano
atti
di
effeminazione
oltraggiosa
.
Il
torturatore
è
un
uomo
:
lo
diventa
davvero
lì
dentro
.
È
un
luogo
di
iniziazione
completa
:
dal
giornaletto
porno
alla
precauzione
del
preservativo
,
dal
corpo
spogliato
e
legato
alla
carne
incisa
,
alle
ossa
frantumate
,
al
sangue
scolato
in
un
recipiente
lurido
.
Nella
camera
della
tortura
ogni
movente
mostra
la
propria
fuorviante
superfluità
.
Non
importa
più
la
divergenza
nazionale
e
religiosa
,
neanche
quella
spinta
all
'
assassinio
di
massa
o
allo
stupro
di
massa
.
C
'
è
il
rapporto
di
potere
nella
sua
essenza
:
il
corpo
a
corpo
fra
il
gruppo
di
armati
e
l
'
inerme
denudato
.
Sempre
la
tortura
prende
la
mano
ai
suoi
apprendisti
,
dovunque
,
nelle
caserme
di
polizia
,
nelle
celle
di
punizione
,
nelle
stanze
private
in
cui
uomini
piccoli
e
impazziti
si
vendicano
della
propria
paura
.
Succede
molto
,
molto
largamente
.
Ieri
era
anche
uscito
il
benemerito
rapporto
annuale
di
Amnesty
,
impressionante
:
eppure
succede
ancora
più
largamente
.
L
'
omertà
e
la
paura
tengono
ancora
chiuse
molte
cantine
.
Possiamo
fingere
di
non
saperlo
.
La
mia
generazione
ebbe
fra
le
prime
letture
civili
il
saggio
sulla
tortura
di
Henri
Alleg
:
era
il
1958
,
l
'
Algeria
.
A
nessuna
generazione
è
mancato
il
suo
addestramento
.
Ora
i
bambini
vedono
al
telegiornale
-
i
bambini
vedono
tutto
,
infatti
-
quel
pavimento
disseminato
di
ferri
e
mazze
,
in
uno
strano
disordine
;
ci
si
aspetterebbe
una
cura
diversa
,
da
uomini
d
'
ordine
per
eccellenza
come
sono
i
torturatori
.
Non
so
se
si
solleveranno
dubbi
,
sull
'
"
autenticità
"
di
questo
scantinato
.
Se
le
cose
stanno
così
-
mi
pare
di
sì
-
vorrà
forse
dire
che
gli
aguzzini
si
sono
lasciati
prendere
di
sorpresa
;
ma
anche
che
è
costato
loro
caro
staccarsi
da
quel
laboratorio
professionale
.
Si
dice
che
un
'
antica
dama
implorasse
graziosamente
:
"
Ancora
un
minuto
,
signor
boia
"
.
Qui
,
forse
,
era
il
boia
a
chiedere
per
sè
ancora
un
minuto
.
Chi
ha
percorso
in
questi
anni
la
Jugoslavia
conosce
la
scena
infinita
delle
Pompei
dei
vivi
,
delle
case
abbandonate
senza
il
tempo
di
afferrare
un
oggetto
,
di
dare
un
'
ultima
occhiata
.
A
Spalato
un
soldato
appena
reduce
dalla
"
pulizia
"
della
Krajna
di
Knin
,
bevendo
birra
un
po
'
per
festeggiare
un
po
'
per
tristezza
,
mi
disse
:
"
Si
entra
nelle
case
e
si
trova
la
vita
normale
,
due
bicchieri
di
plastica
colorata
da
bambini
,
ho
visto
un
orsacchiotto
posato
sullo
schienale
di
un
divano
esattamente
come
ce
n
'
è
uno
a
casa
mia
...
Questa
è
la
cosa
più
dolorosa
.
Poi
ho
finito
anch
'
io
col
prendermi
una
targa
d
'
auto
,
come
hanno
fatto
tutti
"
.
Un
altro
mi
volle
regalare
una
bomba
a
mano
serba
,
declinai
,
e
accettai
una
banconota
datata
Knin
1992
.
Neanche
i
soldi
avevano
fatto
in
tempo
a
portarsi
via
.
Nella
cantina
di
Pristina
non
hanno
fatto
in
tempo
a
raccogliere
i
machete
,
né
i
preservativi
.
Bisogna
tener
ferme
le
distinzioni
.
Riconoscere
,
dietro
la
fisionomia
comune
della
violenza
fisica
,
della
violazione
corporale
,
della
tortura
,
i
tratti
speciali
di
ogni
nuova
impresa
.
Pristina
è
Pristina
:
non
solo
un
altro
nome
da
aggiungere
alla
mappa
della
tortura
nel
mondo
.
A
Pristina
la
"
polizia
"
serbista
ha
dovuto
fuggire
all
'
improvviso
,
questo
ci
dicono
le
immagini
dell
'
ispezione
imprevista
.
Ma
ci
dicono
anche
che
avevano
avuto
molto
tempo
.
Per
78
giorni
lo
scantinato
è
stato
un
quieto
riparo
antiaereo
,
nel
quale
fare
il
lavoro
.
Per
78
giorni
noi
abbiamo
fissato
un
buco
nero
che
si
chiamava
Kosovo
,
senza
vederne
se
non
i
bordi
,
persone
schizzate
fuori
a
suon
di
minacce
botte
sparatorie
e
bombe
.
Abbiamo
gremito
il
cielo
,
e
perso
di
vista
la
terra
.
Ci
siamo
chiesti
che
cosa
stesse
succedendo
,
per
terra
,
sotto
la
terra
.
Si
lavorava
,
nella
cantina
di
Pristina
.
È
doloroso
,
oggi
,
guardare
il
corteo
vilipeso
o
esasperato
di
serbi
che
abbandonano
a
loro
volta
il
Kosovo
:
era
diventato
fatale
.
Ma
è
commovente
vedere
il
corteo
di
ritorno
dei
kosovari
albanesi
cacciati
fuori
dai
confini
.
Mai
,
che
mi
ricordi
,
una
popolazione
deportata
ha
fatto
ritorno
alle
sue
case
-
alle
sue
macerie
:
si
possono
amare
le
proprie
macerie
-
per
effetto
del
soccorso
dei
potenti
.
Non
certo
dopo
la
Seconda
guerra
,
e
tanto
meno
per
i
suoi
scampati
ebrei
.
Bisogna
esultare
per
questo
rientro
,
ed
esserne
grati
.
Bisogna
dire
che
l
'
incriminazione
di
Milosevic
e
i
suoi
all
'
Aia
non
ha
affatto
dilazionato
la
resa
,
ma
l
'
ha
accelerata
:
e
sarebbe
stata
comunque
giusta
.
Bisogna
riconoscere
in
sé
il
rischio
orribile
del
negazionismo
e
della
minimizzazione
di
fronte
alla
misura
e
alla
profondità
di
una
persecuzione
,
in
nome
di
diffidenze
e
di
partiti
presi
.
Bisogna
congratularsi
che
la
nostra
parte
di
mondo
,
a
differenza
che
per
la
Bosnia
,
non
si
sia
lasciata
piegare
dall
'
antipatia
per
l
'
anagrafe
musulmana
della
maggioranza
della
gente
kosovaro
-
albanese
.
Tuttavia
,
si
deve
tornare
all
'
inizio
della
questione
.
Perché
una
ottusità
politica
indusse
a
chiedersi
se
si
dovesse
o
no
intervenire
a
difesa
dei
kosovari
,
piuttosto
che
come
intervenire
.
Anche
dopo
l
'
inizio
dell
'
intervento
,
quando
le
milizie
serbiste
hanno
risposto
con
l
'
inaudita
deportazione
di
centinaia
di
migliaia
di
persone
,
e
nessuno
avrebbe
dovuto
più
esitare
ad
affrontare
quella
tragedia
,
qualunque
giudizio
si
desse
sulla
sua
origine
.
Oggi
ci
si
congratula
dello
scampato
maggior
pericolo
,
e
si
rischia
di
barattare
la
"
vittoria
"
-
com
'
era
possibile
che
una
"
vittoria
"
non
arrivasse
?
-
con
la
rassegnazione
al
modo
in
cui
è
stata
ottenuta
.
Credo
che
non
dovrebbe
succedere
.
Né
per
questa
volta
,
né
per
le
prossime
,
che
purtroppo
ci
saranno
.
Non
si
può
lasciare
per
tanto
tempo
una
gente
indifesa
in
balia
degli
scannatori
.
Non
si
può
tenersi
il
cielo
,
e
abbandonare
loro
il
suolo
e
gli
scantinati
.
Risparmiare
le
"
nostre
"
vite
è
un
proposito
lodevole
,
purché
non
manchi
il
soccorso
.
Non
è
con
quel
proposito
che
agiscono
le
forze
di
polizia
,
o
i
vigili
del
fuoco
:
perché
dev
'
essere
altrimenti
per
la
strapotenza
militare
del
soccorso
internazionale
?
Qualunque
conclusione
si
raggiunga
sull
'
efficacia
di
interventi
militari
nel
corso
della
seconda
guerra
mondiale
,
resta
imperdonabile
l
'
omissione
,
vile
o
rassegnata
,
di
qualunque
tentativo
per
anni
,
mentre
si
sapeva
dello
sterminio
,
dei
suoi
modi
,
dei
suoi
luoghi
.
Altri
paragoni
troppo
ravvicinati
sono
impropri
,
ma
questo
confronto
è
difficile
da
eludere
.
Chi
di
noi
non
ha
ceduto
al
sarcasmo
nei
confronti
delle
armi
"
intelligenti
"
,
e
degli
imbecilli
che
le
hanno
chiamate
così
?
Ma
è
un
fatto
che
una
delle
obiezioni
-
non
la
peggiore
-
all
'
invocazione
di
bombardare
Auschwitz
-
Birkenau
durante
la
guerra
riguardava
l
'
imprecisione
delle
armi
.
L
'
obiezione
principale
fu
che
nessuna
energia
andava
distolta
dalla
vittoria
nella
guerra
,
e
che
quella
sarebbe
coincisa
con
il
salvataggio
delle
vittime
.
Col
Kosovo
,
non
poteva
essere
ripetuta
.
Bisognava
soccorrere
le
vittime
,
non
"
vincere
la
guerra
"
.
Mi
dispiace
del
fraintendimento
che
mi
procurerò
,
ma
voglio
fare
un
altro
paragone
.
I
nazisti
si
servirono
della
guerra
,
che
aveva
i
suoi
propri
fini
,
per
spingersi
alla
soluzione
finale
del
problema
ebraico
-
per
sterminare
gli
ebrei
.
Anche
per
questo
la
posizione
degli
Alleati
-
vincere
la
guerra
per
salvare
le
vittime
dello
sterminio
-
era
fuori
luogo
.
In
un
certo
senso
,
questo
spostamento
si
è
ripetuto
nella
vicenda
del
Kosovo
:
la
Nato
ha
trattato
come
una
guerra
il
suo
intervento
,
e
ha
affidato
alla
ripetizione
della
strategia
aerea
la
"
vittoria
"
.
Il
regime
serbo
ha
usato
della
"
guerra
"
come
dell
'
occasione
per
liquidare
il
problema
kosovaro
:
cioè
decimare
con
gli
assassinii
la
popolazione
maschile
,
deportare
quanta
più
gente
possibile
,
e
ridurre
un
popolo
in
gran
maggioranza
numerica
e
in
forte
crescita
demografica
a
una
proporzione
"
accettabile
"
:
la
metà
.
I
deportati
che
non
torneranno
,
gli
uccisi
che
riempiono
le
fosse
comuni
o
i
pozzi
di
miniera
,
sono
un
risultato
acquisito
.
L
'
intervento
della
Nato
non
l
'
ha
impedito
,
l
'
ha
in
parte
involontariamente
favorito
.
E
la
scoperta
del
sotterraneo
della
tortura
ha
divaricato
fino
al
paradosso
la
distanza
fra
il
pilota
cui
era
interdetto
scendere
sotto
i
5000
metri
,
e
il
perseguitato
nel
sottosuolo
.
La
camera
della
tortura
di
Pristina
è
un
di
più
,
un
lusso
che
la
pulizia
etnica
si
è
regalata
,
nei
suoi
attori
più
scelti
.
Come
ogni
impresa
gratuita
,
ha
rivelato
a
perfezione
il
fondo
della
contesa
.
L
'
attaccamento
all
'
odio
,
al
potere
,
al
sangue
versato
,
all
'
abiezione
inflitta
in
gruppo
a
ciascuno
degli
altri
.
La
morte
del
nemico
,
nella
tortura
,
diventa
un
'
appendice
,
un
effetto
finale
,
se
non
addirittura
un
infortunio
:
la
cosa
sta
nella
sottomissione
e
nell
'
agonia
protratta
,
nel
dolore
distillato
,
nello
spettacolo
offerto
dal
suppliziato
al
macellaio
.
Le
vittime
sono
comunque
inermi
:
alla
tortura
ci
si
addestra
tormentando
una
lucertola
,
sbatacchiando
furiosamente
un
neonato
che
piange
.
Alla
vista
del
locale
e
dei
suoi
utensili
abbandonati
,
non
riesco
a
vedere
né
a
sentire
le
vittime
,
perché
non
voglio
.
Da
quella
cantina
non
si
sentiva
il
rombo
dei
bombardieri
della
Nato
:
figurarsi
se
si
potessero
sentire
dal
nostro
cielo
le
urla
e
i
gemiti
dei
tormentati
.
Mute
,
le
vittime
.
Quella
camera
improvvisamente
spalancata
non
deve
mostrar
loro
,
né
farle
immaginare
con
paura
o
con
raccapriccio
.
Deve
far
vedere
gli
aguzzini
,
il
loro
spalleggiarsi
,
le
loro
risate
ubriache
,
i
loro
giornaletti
e
le
loro
tre
dita
levate
.
Restituire
i
jingle
politici
-
la
nazione
serba
,
la
battaglia
sacra
di
Lazar
,
i
monasteri
magnifici
e
la
fraternità
panslava
-
alla
loro
dimensione
personale
,
alla
libertà
senza
confini
di
mettere
alla
prova
se
stessi
sul
corpo
dell
'
altro
.
Sono
scappati
a
gambe
levate
,
quegli
artigiani
efferati
:
lungo
la
strada
avranno
alzato
le
tre
dita
,
incrociando
i
carri
russi
,
o
le
telecamere
di
ogni
parte
.
A
Belgrado
,
o
in
un
'
altra
loro
città
,
in
un
'
osteria
o
in
una
caserma
,
non
resisteranno
al
piacere
di
raccontare
che
cos
'
hanno
fatto
a
Pristina
.
Troveranno
altri
come
loro
cui
le
cose
si
possono
dire
.
Il
bello
di
essere
poliziotti
-
o
paramilitari
,
è
lo
stesso
,
anzi
meglio
:
parastatali
della
brutalità
-
in
tempo
di
guerra
patriottica
è
che
si
può
fare
tutto
per
una
causa
superiore
.
Sarebbe
la
dimostrazione
finale
del
fatto
che
il
male
è
più
forte
del
bene
,
fra
gli
animali
umani
,
se
non
si
ricevesse
ogni
volta
di
nuovo
la
prova
che
resta
nei
torturatori
e
nei
massacratori
il
fondo
di
una
paura
e
una
vergogna
,
la
foga
di
cancellare
le
tracce
.
Qualcuno
di
noi
l
'
aveva
temuto
:
i
serbisti
tiravano
per
le
lunghe
solo
per
avere
il
tempo
di
cancellare
le
tracce
.
La
stessa
cosa
era
successa
ai
nazisti
.
Quando
lo
sterminio
passò
dalle
fucilazioni
di
massa
alle
camere
a
gas
,
fu
anche
per
smaltire
le
scorie
nei
forni
.
I
nazisti
(
e
tanti
altri
)
seppellirono
e
riesumarono
tante
loro
vittime
per
riseppellirle
o
bruciarle
:
come
hanno
appena
fatto
bande
serbe
.
Dicevano
,
gli
altruisti
carnefici
nazisti
:
il
mondo
non
è
ancora
preparato
a
capire
.
Non
si
può
lavorare
alla
luce
del
sole
.
Anche
i
serbisti
devono
aver
pensato
così
.
Il
mondo
non
è
ancora
preparato
,
e
anzi
ha
incaricato
un
tribunale
di
occuparsene
:
benché
non
lo
prenda
ancora
abbastanza
sul
serio
.
StampaQuotidiana ,
In
queste
settimane
di
guerra
nei
Balcani
due
parole
mi
tornano
alla
mente
.
La
prima
è
di
Bertolt
Brecht
al
termine
del
suo
lavoro
teatrale
:
La
resistibile
ascesa
di
Arturo
Ui
:
"
E
voi
imparate
che
occorre
vedere
e
non
guardare
in
aria
;
occorre
agire
e
non
parlare
.
Questo
mostro
stava
,
una
volta
,
per
governare
il
mondo
.
I
popoli
lo
spensero
,
ma
ora
non
cantiamo
vittoria
troppo
presto
,
il
grembo
da
cui
nacque
è
ancora
fecondo
"
.
Questa
metafora
del
grembo
ancora
fecondo
evoca
una
delle
cause
di
quanto
sta
avvenendo
.
C
'
è
una
matrice
dalla
quale
sono
stati
generati
molti
stermini
,
fino
alla
Shoah
.
Essa
continua
a
generarne
.
I
conflitti
nelle
terre
dell
'
ex
Jugoslavia
,
la
"
pulizia
etnica
"
,
l
'
esodo
forzato
delle
genti
del
Kosovo
lo
attestano
,
come
pure
tanti
altri
conflitti
in
altre
regioni
del
mondo
che
,
pur
drammaticamente
vivi
,
non
fanno
notizia
.
Tutto
questo
non
è
lontano
da
noi
.
Anche
il
nostro
Paese
ha
conosciuto
vergognose
"
leggi
razziali
"
.
Altre
"
notti
feroci
"
gravano
sull
'
Europa
,
come
Primo
Levi
ci
aveva
avvertiti
.
Avevamo
sperato
in
un
sempre
più
diffuso
e
radicato
costume
democratico
e
invece
di
nuovo
rinascono
forme
di
dittatura
,
di
violenta
privazione
della
libertà
.
Questo
millennio
si
avvia
alla
conclusione
tra
incursioni
aeree
,
bombardamenti
,
stragi
.
La
seconda
parola
a
cui
ripenso
in
questi
giorni
è
stata
pronunciata
dall
'
Assemblea
delle
chiese
cristiane
europee
a
Basilea
nel
maggio
1989
:
"
Abbiamo
causato
guerre
e
non
siamo
stati
capaci
di
sfruttare
tutte
le
opportunità
di
dialogo
e
di
riconciliazione
:
abbiamo
accettato
e
spesso
giustificato
con
troppa
facilità
le
guerre
"
.
Questa
parola
ci
ricorda
le
responsabilità
che
portiamo
anche
come
cristiani
.
Sulle
ragioni
possibili
di
alcuni
atti
di
guerra
(
cioè
sul
tema
di
una
eventuale
"
guerra
giusta
"
)
,
si
è
ragionato
a
lungo
nei
due
millenni
cristiani
.
Sant
'
Agostino
scriveva
:
"
Fare
la
guerra
è
una
felicità
per
i
malvagi
,
ma
per
i
buoni
una
necessità
...
è
ingiusta
la
guerra
fatta
contro
popoli
inoffensivi
,
per
desiderio
di
nuocere
,
per
sete
di
potere
,
per
ingrandire
un
impero
,
per
ottenere
ricchezze
e
acquistare
gloria
.
In
tutti
questi
casi
la
guerra
va
considerata
un
"
brigantaggio
in
grande
stile
"
"
(
De
Civitate
Dei
,
IV
,
6
)
.
Ma
Giovanni
XXIII
nella
Pacem
in
terris
,
afferma
:
"
Nell
'
era
atomica
è
irrazionale
(
alienum
est
a
ratione
)
pensare
che
la
guerra
possa
essere
utilizzata
come
strumento
di
riparazione
dei
diritti
violati
"
.
Il
concetto
di
"
guerra
giusta
"
viene
così
superato
.
E
il
Concilio
,
che
per
lo
più
non
ha
voluto
pronunciare
anatemi
,
ha
tuttavia
su
questo
punto
un
parola
ferma
e
dura
:
"
Ogni
atto
di
guerra
che
indiscriminatamente
mira
alla
distruzione
di
intere
città
o
di
vaste
regioni
e
dei
loro
abitanti
,
è
delitto
contro
Dio
e
contro
la
stessa
umanità
e
con
fermezza
e
senza
esitazione
deve
essere
condannato
"
.
Tra
le
ragioni
che
hanno
portato
al
superamento
della
dottrina
della
guerra
giusta
,
accanto
alla
percezione
dei
danni
incalcolabili
prodotti
dalle
"
moderne
armi
scientifiche
"
,
vi
è
la
progressiva
adesione
alla
struttura
politica
di
tipo
democratico
,
con
il
riconoscimento
dell
'
opinione
pubblica
come
istanza
di
controllo
e
di
guida
nella
gestione
del
potere
politico
.
Anche
sul
piano
internazionale
,
il
progressivo
consolidarsi
di
una
istanza
sovranazionale
costituisce
una
(
sia
pur
gracile
)
alternativa
alla
guerra
mediante
la
mediazione
politica
.
Con
la
condanna
del
ricorso
alla
guerra
,
la
coscienza
cristiana
va
progressivamente
superando
anche
la
logica
della
deterrenza
.
La
deterrenza
,
afferma
il
Concilio
,
"
non
è
via
sicura
per
conservare
saldamente
la
pace
...
le
cause
di
guerre
anziché
venire
eliminate
da
tale
corsa
minacciano
piuttosto
di
aggravarsi
gradatamente
...
mentre
si
spendono
enormi
ricchezze
per
procurarsi
sempre
nuove
armi
,
diventa
poi
impossibile
arrecare
sufficiente
rimedio
alle
miserie
così
grandi
del
mondo
presente
"
.
In
queste
settimane
di
guerra
ci
ha
costantemente
guidato
il
magistero
coerente
e
coraggioso
del
papa
Giovanni
Paolo
II
.
Non
dimentico
le
sue
parole
il
mattino
del
primo
giorno
della
guerra
nel
Golfo
,
era
il
17
gennaio
1991
:
"
In
queste
ore
di
grandi
pericoli
,
vorrei
ripetere
con
forza
che
la
guerra
non
può
essere
un
mezzo
adeguato
per
risolvere
completamente
i
problemi
esistenti
tra
le
nazioni
.
Non
lo
è
mai
stato
e
non
lo
sarà
mai
.
Continuo
a
sperare
che
ciò
che
è
iniziato
abbia
fine
al
più
presto
.
Prego
affinché
l
'
esperienza
di
questo
primo
giorno
di
conflitto
sia
sufficiente
per
far
comprendere
l
'
orrore
di
quanto
sta
succedendo
e
far
capire
la
necessità
che
le
aspirazioni
e
i
diritti
di
tutti
i
popoli
della
regione
siano
oggetto
di
un
particolare
impegno
della
comunità
internazionale
.
Si
tratta
di
problemi
la
cui
soluzione
può
essere
ricercata
solamente
in
un
contesto
internazionale
,
ove
tutte
le
parti
interessate
siano
presenti
e
cooperino
con
lealtà
"
.
"
Declino
dell
'
umanità
,
scacco
della
comunità
internazionale
,
attentato
ai
valori
più
cari
a
tutte
le
religioni
"
,
così
diceva
il
Papa
a
proposito
della
guerra
nel
Golfo
.
Parole
che
dobbiamo
ancora
ripetere
per
la
guerra
nei
Balcani
.
Dobbiamo
instancabilmente
cercare
,
pensare
una
alternativa
all
'
uso
delle
armi
,
anche
quando
essa
sembra
impossibile
.
Come
vescovo
avverto
l
'
urgenza
di
contribuire
ad
una
educazione
alla
pace
:
solo
scrutando
le
ragioni
misteriose
del
male
nella
storia
e
nel
cuore
dell
'
uomo
possiamo
comprendere
perché
la
pace
sia
problema
sempre
aperto
.
Il
riconoscimento
del
male
in
tutte
le
sue
forme
,
questa
immane
potenza
del
negativo
che
ha
nella
guerra
la
sua
manifestazione
più
drammatica
,
non
deve
però
indurci
al
pessimismo
paralizzando
la
fiducia
nelle
risorse
positive
dell
'
uomo
.
Nasce
di
qui
la
tensione
al
dialogo
come
via
privilegiata
alla
pace
:
"
Ogni
uomo
,
credente
o
no
,
pur
restando
prudente
e
lucido
circa
la
possibile
ostinazione
del
suo
fratello
,
può
e
deve
conservare
una
sufficiente
fiducia
nell
'
uomo
,
nella
sua
capacità
di
essere
ragionevole
,
nel
suo
senso
del
bene
,
della
giustizia
,
dell
'
equità
,
nella
sua
possibilità
di
amore
fraterno
e
di
speranza
,
mai
totalmente
pervertiti
,
per
scommettere
sul
ricorso
al
dialogo
e
sulla
sua
possibile
ripresa
"
(
Giovanni
Paolo
II
,
Messaggio
per
la
Giornata
della
pace
1983
)
.
Questa
fiducia
nell
'
uomo
è
anzitutto
fiducia
nelle
risorse
della
sua
coscienza
,
soprattutto
di
quanti
patiscono
ingiustizia
.
Bisogna
puntare
"
sulle
forze
di
pace
nascoste
negli
uomini
e
nei
popoli
che
soffrono
...
così
da
sottoporre
le
forze
oppressive
a
delle
spinte
efficaci
di
trasformazione
,
più
efficaci
di
quelle
fiammate
di
violenza
che
in
genere
non
producono
nulla
,
se
non
un
futuro
di
sofferenze
ancora
più
grandi
"
(
Messaggio
per
la
Giornata
della
pace
,
1980
)
.
Alla
forza
della
coscienza
e
non
alla
violenza
è
affidata
la
causa
della
pace
.
Sul
versante
politico
,
la
pace
richiede
strutture
politiche
sovranazionali
davvero
efficaci
nell
'
arginare
le
possibili
sopraffazioni
.
Era
già
questo
l
'
auspicio
di
Paolo
VI
nel
suo
discorso
alle
Nazioni
Unite
nel
1965
:
"
Il
bene
comune
universale
pone
ora
problemi
a
dimensioni
mondiali
che
non
possono
essere
adeguatamente
affrontati
e
risolti
che
ad
opera
di
Poteri
pubblici
aventi
ampiezza
,
strutture
e
mezzi
delle
stesse
proporzioni
,
di
Poteri
pubblici
cioè
,
che
siano
in
grado
di
operare
in
modo
efficiente
sul
piano
mondiale
.
Lo
stesso
ordine
morale
quindi
domanda
che
tali
poteri
vengano
istituiti
...
Chi
non
vede
il
bisogno
di
giungere
così
,
progressivamente
,
a
instaurare
un
'
autorità
mondiale
,
capace
di
agire
con
efficacia
sul
piano
giuridico
e
politico
?
"
.
In
questi
giorni
di
guerra
ripenso
al
lungo
,
difficile
cammino
della
coscienza
cristiana
durante
due
millenni
nel
giudicare
la
guerra
e
gli
armamenti
.
Prima
delle
armi
nucleari
e
chimiche
il
principio
della
legittima
difesa
poteva
in
certi
casi
condurre
a
parlare
di
guerra
giusta
.
Ora
invece
si
è
convinti
della
tragica
inutilità
e
moralità
di
una
guerra
condotta
con
questi
nuovi
tipi
di
armamenti
.
Dobbiamo
augurarci
che
la
coscienza
critica
dei
cristiani
e
di
ogni
uomo
faccia
ancora
dei
passi
ulteriori
.
Intanto
occorre
che
la
mobilitazione
contro
il
male
sia
accompagnata
da
un
'
opera
progettuale
,
che
dia
nuova
consistenza
alla
pace
,
alla
sicurezza
,
alla
stessa
dissuasione
.
In
tale
linea
:
una
ricerca
di
giustizia
,
di
eguaglianza
,
di
solidarietà
,
il
potenziamento
del
dialogo
,
dei
sistemi
democratici
,
degli
organismi
di
controllo
internazionali
.
La
stessa
dissuasione
dovrebbe
fondarsi
non
già
sulla
minaccia
rappresentata
dagli
arsenali
,
bensì
su
quelle
risorse
ben
più
degne
dell
'
uomo
che
sono
la
solidarietà
internazionale
,
le
sanzioni
giuridiche
,
l
'
isolamento
di
chi
fa
ricorso
alla
prepotenza
e
alla
forza
.
Rassegnarsi
alla
logica
della
guerra
o
della
dissuasione
armata
vuol
dire
accettare
la
spirale
perversa
degli
armamenti
e
finire
in
una
trappola
mortale
per
l
'
umanità
.
Dal
punto
di
vista
progettuale
,
accanto
alla
proposta
di
studiare
forme
efficaci
di
difesa
civile
non
violenta
,
sta
il
riconoscimento
del
valore
della
obiezione
di
coscienza
,
la
denuncia
di
certe
forme
di
ricerca
scientifica
subalterne
a
logiche
di
distruzione
,
lo
scandalo
rappresentato
dal
divario
crescente
Nord
-
Sud
alimentato
dal
commercio
delle
armi
.
Sta
l
'
appello
alla
mediazione
politica
come
strumento
di
composizione
dei
conflitti
;
l
'
appello
a
disarmare
gli
animi
,
armando
la
ragione
;
l
'
appello
a
credere
nella
Parola
:
"
Forgeranno
le
loro
spade
in
vomeri
,
le
loro
lance
in
falci
,
un
popolo
non
alzerà
più
la
spada
contro
un
altro
popolo
"
.
(
Isaia
,
2,4
)
.
StampaQuotidiana ,
Nel
dicembre
del
1993
si
è
svolto
alla
Sorbona
,
sotto
l
'
egida
della
Academie
Universelle
des
Cultures
,
un
congresso
sul
concetto
di
intervento
internazionale
.
C
'
erano
non
solo
giuristi
,
politologi
,
militari
,
politici
,
ma
anche
filosofi
e
storici
come
Paul
Ricoeur
o
Jacques
Le
Goff
,
medici
senza
frontiere
come
Bernard
Koutchner
,
rappresentanti
di
minoranze
un
tempo
perseguitate
come
Elie
Wiesel
,
Ariel
Dorfmann
,
Toni
Morrison
,
vittime
della
repressione
di
vari
dittatori
,
come
Leszek
Kolakowski
o
Bronislaw
Geremek
o
Jorge
Semprun
,
insomma
molta
gente
a
cui
la
guerra
non
piace
,
non
è
mai
piaciuta
e
non
vorrebbero
vederne
più
.
Si
aveva
paura
a
usare
parole
come
"
intervento
"
,
che
sapeva
troppo
di
ingerenza
(
anche
Sagunto
è
stato
un
intervento
,
e
ha
permesso
ai
romani
di
fare
fuori
i
cartaginesi
)
,
e
si
preferiva
parlare
di
soccorso
e
di
"
azione
internazionale
"
.
Pura
ipocrisia
?
No
,
i
romani
che
intervengono
a
favore
di
Sagunto
sono
romani
,
e
basta
.
In
quel
convegno
invece
si
stava
parlando
di
comunità
internazionale
,
di
un
gruppo
di
paesi
che
ritengono
che
la
situazione
,
in
un
punto
qualsiasi
del
globo
,
abbia
raggiunto
l
'
intollerabile
,
e
decidono
di
intervenire
per
porre
fine
a
quello
che
la
coscienza
comune
definisce
un
delitto
.
Ma
quali
paesi
fanno
parte
della
comunità
internazionale
,
e
quali
sono
i
limiti
della
coscienza
comune
?
Si
può
certo
sostenere
che
per
ogni
civiltà
uccidere
sia
un
male
,
ma
solo
entro
certi
limiti
.
Noi
europei
e
cristiani
ammettiamo
per
esempio
l
'
omicidio
per
legittima
difesa
,
ma
gli
antichi
abitanti
del
Centro
e
Sud
America
ammettevano
il
sacrificio
umano
rituale
,
e
gli
attuali
abitanti
degli
Stati
Uniti
ammettono
la
pena
di
morte
.
Una
delle
conclusioni
di
quel
tormentatissimo
convegno
era
stata
che
,
come
avviene
in
chirurgia
,
intervenire
significa
agire
energicamente
per
interrompere
o
eliminare
un
male
.
La
chirurgia
vuole
il
bene
,
ma
i
suoi
metodi
sono
violenti
.
È
consentita
una
chirurgia
internazionale
?
Tutta
la
filosofia
politica
moderna
ci
dice
che
,
per
evitare
la
guerra
di
tutti
contro
tutti
,
lo
Stato
deve
esercitare
una
certa
violenza
sugli
individui
.
Ma
quegli
individui
hanno
sottoscritto
un
contratto
sociale
.
Che
cosa
avviene
tra
stati
che
non
hanno
sottoscritto
un
contratto
comune
?
Di
solito
una
comunità
,
che
si
ritiene
depositaria
di
valori
molto
diffusi
(
diciamo
i
paesi
democratici
)
stabilisce
i
limiti
di
ciò
che
essa
giudica
intollerabile
.
Non
è
tollerabile
condannare
a
morte
per
reati
d
'
opinione
.
Non
è
tollerabile
il
genocidio
.
Non
è
tollerabile
l
'
infibulazione
(
almeno
,
se
praticata
a
casa
nostra
)
.
Pertanto
si
decide
di
difendere
coloro
che
sono
danneggiati
ai
limiti
dell
'
intollerabile
.
Ma
sia
chiaro
che
quell
'
intollerabile
è
intollerabile
per
noi
,
non
per
"loro".Chi
siamo
noi
?
I
cristiani
?
Non
necessariamente
,
cristiani
rispettabilissimi
,
anche
se
non
cattolici
,
appoggiano
Milosevic
.
Il
bello
è
che
questo
"
noi
"
(
anche
se
è
definito
da
un
trattato
,
come
quello
nord
-
atlantico
)
è
un
Noi
impreciso
.
È
una
Comunità
che
si
riconosce
su
alcuni
valori
.
Dunque
quando
si
decide
di
intervenire
in
base
ai
valori
di
una
Comunità
,
si
fa
una
scommessa
:
che
i
nostri
valori
,
e
il
nostro
senso
dei
limiti
tra
tollerabile
e
intollerabile
,
siano
giusti
.
Si
tratta
di
una
sorta
di
scommessa
storica
non
diversa
da
quella
che
legittima
le
rivoluzioni
,
o
i
tirannicidi
:
chi
mi
dice
che
io
abbia
diritto
di
esercitare
la
violenza
(
e
che
violenza
,
talora
)
per
ristabilire
quella
che
ritengo
una
giustizia
violata
?
Non
c
'
è
nulla
che
legittimi
una
rivoluzione
,
per
chi
l
'
avversa
:
semplicemente
chi
vi
si
impegna
crede
,
scommette
,
che
ciò
che
fa
sia
giusto
.
Non
diversamente
accade
per
la
decisione
di
un
intervento
internazionale
.
È
questa
situazione
quella
che
spiega
l
'
angoscia
che
afferra
tutti
in
questi
giorni
.
C
'
è
un
male
terribile
a
cui
opporsi
(
la
pulizia
etnica
)
:
è
l
'
intervento
bellico
lecito
o
no
?
Si
deve
fare
una
guerra
per
impedire
una
ingiustizia
?
Secondo
giustizia
sì
.
E
secondo
carità
?
Ancora
una
volta
si
ripropone
il
problema
della
scommessa
:
se
con
una
violenza
minima
avrò
impedito
una
ingiustizia
enorme
,
avrò
agito
secondo
carità
,
come
fa
il
poliziotto
che
spara
al
pazzo
assassino
per
salvare
la
vita
a
molti
innocenti
.
Ma
la
scommessa
è
duplice
.
Da
un
lato
si
scommette
che
noi
siamo
in
accordo
col
senso
comune
,
che
quello
che
vogliamo
reprimere
è
qualche
cosa
di
universalmente
intollerabile
(
e
peggio
per
chi
non
lo
capisce
e
ammette
ancora
)
.
Dall
'
altro
si
scommette
che
la
violenza
che
giustifichiamo
riuscirà
a
prevenire
violenze
maggiori
.
Sono
due
problemi
assolutamente
diversi
.
Ora
provo
a
dare
per
scontato
il
primo
,
che
scontato
non
è
,
ma
vorrei
ricordare
a
tutti
che
questo
non
è
un
trattato
di
etica
,
bensì
un
articolo
di
giornale
,
sordidamente
ricattato
da
esigenze
di
spazio
e
di
comprensibilità
.
In
altre
parole
,
il
primo
problema
è
così
grave
,
e
angoscioso
,
che
non
può
,
anzi
non
deve
essere
trattato
sulle
gazzette
.
Diciamo
allora
che
è
giusto
,
per
impedire
un
delitto
come
la
pulizia
etnica
(
foriero
di
altri
delitti
e
di
altre
atrocità
che
il
nostro
secolo
ha
conosciuto
)
,
ricorrere
alla
violenza
.
Ma
la
seconda
domanda
è
se
la
forma
di
violenza
che
esercitiamo
possa
davvero
prevenire
violenze
maggiori
.
Qui
non
siamo
più
di
fronte
a
un
problema
etico
bensì
a
un
problema
tecnico
,
il
quale
ha
tuttavia
un
risvolto
etico
:
se
l
'
ingiustizia
a
cui
mi
piego
non
prevenisse
l
'
ingiustizia
maggiore
,
sarebbe
stato
lecito
usarla
?
Questo
equivale
a
fare
un
discorso
sulla
utilità
della
guerra
,
nel
senso
di
guerra
guerreggiata
,
di
guerra
tradizionale
,
che
ha
per
fine
l
'
annientamento
finale
del
nemico
e
la
vittoria
del
vincitore
.
Il
discorso
sulla
inutilità
della
guerra
è
difficile
perché
pare
che
chi
lo
fa
parli
in
favore
dell
'
ingiustizia
che
la
guerra
cerca
di
sanare
.
Ma
questo
è
un
ricatto
psicologico
.
Se
qualcuno
per
esempio
dicesse
che
tutti
i
guai
della
Serbia
derivano
dalla
dittatura
di
Milosevic
,
e
che
se
i
servizi
segreti
occidentali
riuscissero
a
uccidere
Milosevic
tutto
si
risolverebbe
in
un
giorno
,
questo
qualcuno
criticherebbe
la
guerra
come
strumento
utile
per
risolvere
il
problema
del
Kosovo
,
ma
non
sarebbe
pro
-
Milosevic
.
D
'
accordo
?
Perché
nessuno
adotta
questa
posizione
?
Per
due
ragioni
.
Una
,
che
i
servizi
segreti
di
tutto
il
mondo
sono
per
definizione
inefficienti
,
non
sono
stati
capaci
di
fare
ammazzare
né
Castro
né
Saddam
ed
è
vergognoso
che
si
consideri
ancora
giusto
sperperare
per
essi
pubblico
denaro
.
L
'
altro
è
che
non
è
affatto
vero
che
quello
che
fanno
i
serbi
sia
dovuto
alla
follia
di
un
dittatore
,
ma
dipende
da
odi
etnici
millenari
,
che
coinvolgono
e
loro
e
altre
etnie
balcaniche
,
il
che
rende
il
problema
ancora
più
drammatico
.
Torniamo
allora
al
discorso
sulla
utilità
della
guerra
.
Qual
è
stato
nel
corso
dei
secoli
il
fine
di
quella
che
chiameremo
paleo
-
guerra
?
Sconfiggere
l
'
avversario
in
modo
da
trarre
un
beneficio
dalla
sua
perdita
.
Questo
imponeva
tre
condizioni
:
che
al
nemico
dovessero
essere
tenute
segrete
le
nostre
forze
e
le
nostre
intenzioni
,
in
modo
da
poterlo
prendere
di
sorpresa
;
che
ci
fosse
una
forte
solidarietà
nel
fronte
interno
;
che
infine
tutte
le
forze
a
disposizione
fossero
utilizzate
per
distruggere
il
nemico
.
Per
questo
nella
paleo
-
guerra
(
compresa
la
guerra
fredda
)
si
stroncavano
coloro
che
dall
'
interno
del
fronte
amico
trasmettevano
informazioni
al
fronte
nemico
(
fucilazione
di
Mata
Hari
,
i
Rosenberg
sulla
sedia
elettrica
)
,
si
impediva
la
propaganda
del
fronte
avverso
(
si
metteva
in
prigione
chi
ascoltava
Radio
Londra
,
McCarthy
condannava
i
filocomunisti
di
Hollywood
)
,
e
si
punivano
coloro
che
,
dall
'
interno
del
fronte
nemico
,
lavoravano
contro
il
proprio
paese
(
impiccagione
di
John
Amery
,
segregazione
a
vita
di
Ezra
Pound
)
perché
non
si
doveva
fiaccare
lo
spirito
dei
cittadini
.
E
infine
si
insegnava
a
tutti
che
il
nemico
andava
ucciso
,
e
i
bollettini
di
guerra
esultavano
quando
le
forze
nemiche
venivano
sterminate
.
Queste
condizioni
sono
entrate
in
crisi
con
la
prima
neo
-
guerra
,
quella
del
Golfo
,
ma
si
attribuiva
ancora
la
smagliatura
alla
stupidità
dei
popoli
di
colore
,
che
ammettevano
i
giornalisti
americani
a
Bagdad
,
forse
per
vanità
,
o
per
corruzione
.
Ora
non
ci
sono
più
equivoci
,
l
'
Italia
invia
aerei
in
Serbia
ma
mantiene
relazioni
diplomatiche
con
la
Jugoslavia
,
le
televisioni
della
Nato
comunicano
ora
per
ora
ai
serbi
quali
aerei
Nato
stanno
lasciando
Aviano
,
agenti
serbi
sostengono
le
ragioni
del
governo
avversario
dagli
schermi
della
televisione
di
stato
,
giornalisti
italiani
trasmettono
da
Belgrado
con
l
'
appoggio
delle
autorità
locali
.
Ma
è
guerra
questa
,
col
nemico
in
casa
che
fa
propaganda
per
i
suoi
?
Nella
neo
-
guerra
ciascun
belligerante
ha
il
nemico
nelle
retrovie
e
,
dando
continuamente
la
parola
all
'
avversario
,
i
media
demoralizzano
i
cittadini
(
mentre
Clausewitz
ricordava
che
condizione
della
vittoria
è
la
coesione
morale
di
tutti
i
combattenti
)
.
D
'
altra
parte
,
quand
'
anche
i
media
fossero
imbavagliati
,
le
nuove
tecnologie
della
comunicazione
permettono
flussi
d
'
informazione
inarrestabili
-
e
non
so
quanto
Milosevic
possa
bloccare
non
dico
Internet
ma
le
trasmissioni
radio
da
paesi
nemici
.
Tutte
le
cose
che
ho
detto
sembrano
contraddire
il
bell
'
articolo
di
Furio
Colombo
su
Repubblica
del
19
aprile
scorso
,
dove
si
sostiene
che
il
Villaggio
Globale
di
McLuhaniana
memoria
sarebbe
morto
il
13
aprile
1999
,
quando
in
un
mondo
di
media
,
cellulari
,
satelliti
,
spie
spaziali
e
così
via
,
si
dovette
dipendere
dal
telefonino
da
campo
di
un
funzionario
di
agenzia
internazionale
,
incapace
di
chiarire
se
davvero
fosse
avvenuta
una
infiltrazione
serba
in
territorio
albanese
.
"
Noi
non
sappiamo
nulla
dei
serbi
.
I
serbi
non
sanno
nulla
di
noi
.
Gli
albanesi
non
riescono
a
vedere
sopra
il
mare
di
teste
che
li
sta
invadendo
.
La
Macedonia
scambia
i
profughi
per
nemici
e
li
massacra
di
botte
"
.
Ma
allora
,
questa
è
una
guerra
dove
ciascuno
sa
tutto
degli
altri
o
dove
nessuno
sa
niente
?
Tutte
e
due
le
cose
.
Il
fronte
interno
è
trasparente
,
mentre
la
frontiera
è
opaca
.
Gli
agenti
di
Milosevic
parlano
nelle
trasmissioni
di
Gad
Lerner
,
mentre
sul
fronte
,
là
dove
i
generali
di
un
tempo
esploravano
col
binocolo
,
e
sapevano
benissimo
dove
si
appostava
il
nemico
,
oggi
non
si
sa
niente
.
Questo
accade
perché
,
se
il
fine
della
paleo
-
guerra
era
distruggere
quanti
più
nemici
fosse
possibile
,
pare
tipico
della
neo
-
guerra
cercare
di
ucciderne
il
meno
possibile
,
perché
a
ucciderne
troppi
si
incorrerebbe
nella
riprovazione
dei
media
.
Nella
neo
-
guerra
non
si
è
ansiosi
di
distruggere
il
nemico
,
perché
i
media
ci
rendono
vulnerabili
di
fronte
alla
sua
morte
-
non
più
evento
lontano
e
impreciso
,
ma
evidenza
visiva
insostenibile
.
Nella
neo
-
guerra
ogni
armata
si
muove
all
'
insegna
del
vittimismo
.
Milosevic
accusa
orribili
perdite
(
Mussolini
se
ne
sarebbe
vergognato
)
,
e
basta
che
un
aviatore
della
Nato
caschi
a
terra
che
tutti
si
commuovono
.
Insomma
,
nella
neo
-
guerra
perde
,
di
fronte
all
'
opinione
pubblica
,
chi
ha
ammazzato
troppo
.
E
dunque
è
giusto
che
alla
frontiera
nessuno
si
affronti
e
nessuno
sappia
niente
dell
'
altro
.
In
fondo
la
neo
-
guerra
è
all
'
insegna
della
"
bomba
intelligente
"
,
che
dovrebbe
distruggere
il
nemico
senza
ammazzarlo
,
e
si
capiscono
i
nostri
ministri
che
dicono
:
noi
,
scontri
col
nemico
?
ma
niente
affatto
!
Che
poi
un
sacco
di
gente
muoia
lo
stesso
è
tecnicamente
irrilevante
.
Anzi
,
il
difetto
della
neo
-
guerra
è
che
muore
della
gente
,
ma
non
si
vince
.
Ma
possibile
che
nessuno
sappia
condurre
una
neo
-
guerra
?
Nessuno
,
è
naturale
.
L
'
equilibrio
del
terrore
aveva
preparato
gli
strateghi
a
una
guerra
atomica
ma
non
a
una
terza
guerra
mondiale
,
dove
si
dovessero
spezzare
le
reni
alla
Serbia
.
É
come
se
i
migliori
laureati
del
Politecnico
fossero
stati
tenuti
per
cinquant
'
anni
a
fare
videogiochi
.
Vi
fidereste
a
lasciargli
fare
ora
un
ponte
?
Ma
infine
,
l
'
ultima
beffa
della
neo
-
guerra
non
è
che
non
ci
sia
nessuno
oggi
in
servizio
che
sia
vecchio
abbastanza
da
avere
imparato
a
fare
una
guerra
-
e
non
ci
potrebbe
essere
in
ogni
caso
,
perché
la
neo
-
guerra
è
un
gioco
dove
per
definizione
si
perde
sempre
,
anche
perché
la
tecnologia
che
viene
usata
è
più
complessa
del
cervello
di
coloro
che
la
manovrano
e
un
semplice
computer
,
benché
fondamentalmente
idiota
,
può
giocare
più
scherzi
di
quanti
ne
immagini
colui
che
lo
manovra
..
Bisogna
intervenire
contro
il
delitto
del
nazionalismo
serbo
,
ma
forse
la
guerra
è
un
'
arma
spuntata
.
Forse
l
'
unica
speranza
è
nell
'
avidità
umana
.
Se
la
vecchia
guerra
ingrassava
i
mercanti
di
cannoni
,
e
questo
guadagno
faceva
passare
in
secondo
piano
l
'
arresto
provvisorio
di
alcuni
scambi
commerciali
,
la
neo
-
guerra
,
se
pure
permette
di
smerciare
un
surplus
di
armamenti
prima
che
diventino
obsoleti
,
mette
in
crisi
i
trasporti
aerei
,
il
turismo
,
gli
stessi
media
(
che
perdono
pubblicità
commerciale
)
e
in
genere
tutta
l
'
industria
del
superfluo
.
Se
l
'
industria
degli
armamenti
ha
bisogno
di
tensione
,
quella
del
superfluo
ha
bisogno
di
pace
.
Prima
o
poi
qualcuno
più
potente
di
Clinton
e
di
Milosevic
dirà
basta
,
e
tutti
e
due
ci
staranno
a
perdere
un
poco
di
faccia
,
pur
di
salvare
il
resto
.
È
triste
,
ma
almeno
è
vero
.
Saggistica ,
1
.
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
È
facile
rispondere
:
È
lo
studio
scientifico
della
lingua
.
Non
è
però
facile
andare
oltre
questa
elementare
affermazione
,
cioè
risolverne
le
ambiguità
,
esplicitarne
le
implicazioni
.
Anzitutto
:
"
la
lingua
"
;
che
valore
daremo
a
questo
singolare
?
È
un
singolare
specifico
e
quindi
significa
"
la
nostra
lingua
,
la
lingua
materna
"
?
;
o
un
singolare
generico
,
e
quindi
significa
"
la
facoltà
di
linguaggio
,
il
linguaggio
"
?
;
o
è
un
singulare
pro
plurali
e
quindi
significa
"
le
lingue
,
tutte
le
lingue
del
globo
,
morte
e
viventi
"
?
Mettiamo
di
interpretare
nel
senso
specifico
,
e
apparente
-
mente
più
concreto
,
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
"
la
nostra
lingua
naturale
,
materna
"
.
Ma
è
davvero
possibile
studiare
scientificamente
la
nostra
propria
lingua
senza
avere
idee
generali
sulla
facoltà
di
linguaggio
,
su
questa
facoltà
costitutiva
dell
'
uomo
quale
noi
lo
conosciamo
e
che
evidentemente
presiede
a
tutte
le
lingue
naturali
?
Se
vogliamo
una
prova
storica
di
questa
impossibilità
,
pensiamo
agli
antichi
grammatici
greci
che
fecero
la
descrizione
grammaticale
del
greco
appoggiandola
alla
struttura
logica
del
giudizio
e
alle
categorie
aristoteliche
e
fondarono
le
loro
etimologie
su
opposte
soluzioni
del
gran
problema
dell
'
origine
(
e
quindi
della
natura
)
della
lingua
.
Ci
limitiamo
a
questo
solo
esempio
storico
,
perché
è
dirimente
.
Infatti
dopo
di
allora
non
c
'
è
stato
studio
di
lingua
,
fosse
pure
il
più
ristretto
e
il
più
episodico
-
dalla
semplice
normativa
grammaticale
alla
storia
di
singoli
fenomeni
-
,
che
non
abbia
implicato
idee
generali
sul
linguaggio
;
le
quali
erano
spesso
quelle
ereditate
dalla
tradizione
greco
-
latina
e
perciò
date
come
scontate
,
ma
non
perciò
meno
condizionatrici
dei
metodi
e
dei
risultati
.
È
poi
facile
constatare
che
il
maggior
rigoglio
degli
studi
linguistici
si
è
avuto
quando
,
in
età
antica
o
moderna
,
lo
studio
delle
singole
lingue
e
di
particolari
fenomeni
è
stato
accompagnato
o
addirittura
promosso
da
nuove
concezioni
del
linguaggio
.
Si
potrebbe
logicamente
concludere
che
allo
"
studio
scientifico
della
lingua
"
(
come
abbiamo
definito
la
linguistica
)
è
necessaria
una
teoria
del
linguaggio
;
o
,
in
termini
più
odierni
,
che
alla
linguistica
applicata
è
indispensabile
la
linguistica
teorica
.
Ma
non
affrettiamoci
.
Proviamo
ad
interpretare
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
un
singulare
pro
plurali
.
Ebbene
:
lo
studio
di
più
lingue
naturali
,
se
non
fatto
a
scopo
di
pratico
poliglottismo
,
ha
sempre
indotto
lo
studioso
ad
un
confronto
sistematico
tra
varie
lingue
;
confronto
che
può
portare
alla
scoperta
di
una
origine
comune
(
è
stato
il
caso
,
modernamente
,
delle
lingue
indeuropee
,
ed
anche
,
nel
Rinascimento
,
di
quelle
neolatine
)
o
alla
constatazione
di
profonde
diversità
strutturali
.
Dalla
scoperta
dell
'
origine
comune
è
sorta
la
ricerca
della
causa
della
separazione
originaria
o
dei
motivi
del
progressivo
diversificarsi
nel
tempo
;
dalla
constatazione
delle
differenze
strutturali
è
sorto
il
problema
della
diversità
dei
prodotti
(
le
lingue
)
di
un
'
unica
facoltà
umana
(
il
linguaggio
)
,
e
dei
modi
e
limiti
di
tale
diversità
.
Dalla
linguistica
comparata
,
insomma
,
o
contrastiva
(
come
oggi
si
usa
dire
)
è
nata
la
tipologia
linguistica
nella
sua
duplice
dimensione
:
storica
e
teorica
.
Può
dunque
darsi
che
una
seria
osservazione
empirica
susciti
esigenze
teoriche
e
proponga
problemi
di
portata
generale
;
come
,
all
'
inverso
,
che
una
concezione
teorica
scopra
aspetti
nuovi
della
realtà
e
suggerisca
sperimentazioni
prima
intentate
.
In
ogni
caso
,
resta
confermato
il
principio
che
nessuna
scienza
,
quindi
neppure
la
scienza
dei
fenomeni
linguistici
,
può
prescindere
da
una
teoria
o
,
detto
in
termini
più
odierni
,
da
un
modello
,
unico
o
plurimo
,
dell
'
oggetto
.
2
.
Ma
qual
è
l
'
oggetto
della
linguistica
?
Abbiamo
già
detto
che
lo
studio
della
lingua
materna
rinvia
il
linguista
a
delle
idee
generali
sulla
lingua
intesa
come
facoltà
di
linguaggio
;
e
che
lo
studio
comparato
di
lingue
diverse
,
ivi
compresa
la
materna
del
linguista
,
lo
rinvia
del
pari
all
'
unica
facoltà
di
linguaggio
come
problema
della
compatibilità
di
questa
con
la
pluralità
delle
lingue
umane
in
quanto
prodotte
da
un
'
unica
facoltà
fondamentale
e
tuttavia
diverse
.
È
il
problema
degli
universali
linguistici
,
che
periodicamente
risorge
imponendo
al
linguista
la
ricerca
degli
elementi
o
caratteri
presumibilmente
comuni
a
tutte
o
alla
maggior
parte
delle
lingue
.
L
'
oggetto
della
linguistica
è
dunque
un
oggetto
complesso
:
anzitutto
la
facoltà
di
linguaggio
(
o
semplicemente
linguaggio
)
,
poi
la
lingua
materna
,
infine
le
lingue
naturali
non
materne
.
Lo
studio
delle
lingue
naturali
non
materne
implica
la
consapevole
conoscenza
della
lingua
materna
,
e
lo
studio
della
lingua
materna
implica
l
'
assunzione
,
magari
acritica
,
di
una
concezione
del
linguaggio
.
La
complessità
e
direi
globalità
dell
'
oggetto
si
è
fatta
irrefutabile
quando
l
'
attributo
"
scientifico
"
applicato
allo
studio
dei
fenomeni
linguistici
non
si
è
più
limitato
a
significare
"
descrittivo
,
classificatorio
»
,
ma
ha
voluto
significare
"
esplicativo
"
;
quando
insomma
la
linguistica
da
empiria
umanistica
,
cioè
filologica
,
retorica
e
normativa
,
è
assurta
a
sapere
organico
e
formalizzato
.
Non
si
creda
,
però
,
che
alla
complessità
e
globalità
dell
'
oggetto
della
linguistica
si
sia
addivenuti
in
epoca
recente
,
come
farebbero
credere
certi
manuali
che
dividono
la
storia
della
linguistica
in
una
fase
prescientifica
,
che
giungerebbe
fino
alle
soglie
dell
'
età
romantica
,
e
in
una
fase
scientifica
,
nella
quale
si
affermerebbe
,
durante
quasi
tutto
l
'
Ottocento
,
la
linguistica
comparata
come
indirizzo
prima
storico
e
poi
positivistico
,
e
finalmente
si
aprirebbe
,
con
Ferdinand
de
Saussure
,
la
linguistica
propriamente
moderna
,
fondata
su
una
teoria
radicalmente
nuova
.
Studiosi
sagaci
del
passato
,
tra
i
quali
è
doveroso
segnalare
Luigi
Rosiello
,
hanno
dimostrato
che
ciò
è
vero
solo
al
patto
di
ignorare
la
imponente
tradizione
speculativa
di
due
secoli
,
abbassando
una
saracinesca
nella
continuità
costruttiva
della
storia
.
In
realtà
i
problemi
e
i
temi
che
costituiscono
la
linguistica
odierna
sono
stati
impostati
tra
la
seconda
metà
del
Seicento
e
la
fine
del
Settecento
,
col
sorgere
del
pensiero
moderno
,
e
sono
divenuti
le
costanti
di
uno
sviluppo
coerente
e
irreverso
della
disciplina
,
pur
nel
mutare
delle
professioni
ideologiche
.
Mi
si
consenta
di
ripercorrere
per
sommi
capi
tale
sviluppo
,
restaurando
,
insieme
con
la
continuità
di
una
linea
,
la
possibilità
di
meglio
valutare
le
peculiarità
della
linguistica
dell
'
età
nostra
.
3
.
Il
razionalismo
cartesiano
,
sostenitore
della
corrispondenza
fra
la
struttura
della
lingua
e
la
innata
struttura
razionale
del
pensiero
umano
,
mirò
,
attraverso
la
Scuola
di
Port
-
Royal
,
alla
formulazione
di
una
grammatica
generale
,
cioè
di
un
metodo
di
analisi
e
di
descrizione
che
in
ogni
lingua
storica
reperisse
gli
universali
logici
presenti
nella
varietà
dei
fenomeni
.
Tale
grammatica
era
l
'
indubbio
superamento
di
quella
propria
dell
'
umanesimo
,
prescrittiva
e
retorica
.
D
'
altra
parte
l
'
empirismo
inglese
,
concependo
le
parole
,
nominalisticamente
,
come
segni
delle
idee
(
e
non
delle
cose
)
costituiti
al
fine
di
assicurare
la
comunicazione
fra
gli
uomini
,
si
avviò
a
considerare
il
linguaggio
come
un
sistema
semiotico
convenzionale
,
diversificato
a
seconda
della
cultura
e
dei
bisogni
dei
vari
popoli
.
Con
ciò
pose
in
termini
non
biblici
il
gran
problema
dell
'
origine
del
linguaggio
e
affermò
esplicitamente
quel
principio
dell
'
arbitrarietà
del
segno
linguistico
,
cioè
del
suo
rapporto
non
necessario
con
le
cose
,
che
alcuni
hanno
ritenuto
una
scoperta
di
Saussure
.
Alla
metà
del
Settecento
nell
'
opera
del
sensista
francese
Condillac
troviamo
il
culmine
della
speculazione
illuministica
sul
linguaggio
e
già
annunciati
alcuni
temi
della
linguistica
odierna
.
Per
lui
il
linguaggio
,
anziché
il
prodotto
della
mente
razionale
dell
'
uomo
,
è
un
fattore
costitutivo
di
quella
mente
,
giacché
organizza
i
contenuti
sensibili
.
dell
'
esperienza
in
segni
che
esprimono
le
idee
e
,
combinandosi
,
le
pongono
in
contatto
reciproco
.
Il
linguaggio
è
insomma
la
chiave
e
la
garanzia
della
funzionalità
operativa
della
mente
.
Il
problema
della
origine
delle
facoltà
dell
'
intelletto
,
e
del
linguaggio
stesso
,
si
trasferiva
così
dalla
metafisica
alla
psicologia
,
nel
cui
ambito
si
dava
una
classificazione
dei
segni
fondata
sul
rapporto
(
o
accidentale
o
naturale
o
istituzionale
[
cioè
arbitrario
]
)
col
loro
contenuto
e
con
le
reazioni
psichiche
degli
uomini
.
È
ovvio
che
la
spiegazione
psicologica
e
convenzionale
della
genesi
del
linguaggio
,
e
l
'
ammissione
del
suo
condizionamento
sociale
,
giustificassero
la
diversità
delle
lingue
storiche
assai
meglio
dell
'
ontologismo
linguistico
cartesiano
e
invitassero
allo
studio
della
loro
individualità
.
Fu
così
aperta
la
via
da
un
lato
all
'
approfondimento
dei
rapporti
della
logica
e
dei
linguaggi
formalizzati
con
le
lingue
naturali
,
dall
'
altro
alla
linguistica
comparata
e
storica
e
alla
tipologia
linguistica
dell
'
età
romantica
,
e
finalmente
allo
psicologismo
e
sociologismo
dell
'
età
positivistica
.
Non
rileva
poi
molto
,
ai
fini
del
progresso
generale
della
disciplina
,
che
questo
o
quel
problema
,
questa
o
quella
esperienza
fossero
affrontati
all
'
insegna
dell
'
idealismo
o
del
positivismo
:
entrambi
gli
orientamenti
contribuirono
ad
arricchire
il
patrimonio
concettuale
della
linguistica
,
ad
additare
nuove
soluzioni
e
prospettive
.
Faremo
due
soli
grandi
esempi
.
L
'
idealismo
di
Humboldt
mise
in
superba
luce
l
'
aspetto
attivo
e
creativo
del
linguaggio
,
da
concepire
non
come
prodotto
inerte
(
o
èrgon
)
ma
come
creazione
continua
(
o
enèrgeia
)
,
come
forma
formante
anziché
come
materia
,
come
processo
universale
dell
'
umanità
e
voce
individuale
delle
nazioni
,
come
scoperta
e
comprensione
del
mondo
piuttosto
che
come
nomenclatura
e
strumento
di
comunicazione
.
Una
teoria
siffatta
fu
del
pari
idonea
a
promuovere
gli
studi
di
antropologia
e
tipologia
linguistiche
e
quelli
sulle
grandi
lingue
di
cultura
.
L
'
altro
esempio
,
che
sta
sotto
l
'
opposta
insegna
del
positivismo
,
è
quello
di
Schleicher
.
Egli
concepì
le
lingue
storiche
come
organismi
naturali
,
che
nascono
,
crescono
e
muoiono
per
proprie
leggi
interne
,
analoghe
a
quelle
biologiche
,
cioè
indipendenti
dalla
volontà
e
dall
'
intelletto
dell
'
uomo
.
Il
suo
genealogismo
e
il
rigoroso
concetto
di
legge
fonetica
gli
permisero
di
trattare
le
lingue
come
fenomeni
oggettivi
,
quindi
spiegabili
,
prevedibili
,
ricostruibili
entro
un
loro
sviluppo
necessario
,
al
quale
fini
col
dare
un
definitivo
crisma
naturalistico
la
teoria
evoluzionistica
di
Darwin
.
Luigi
Rosiello
tenta
di
chiudere
in
una
formula
il
senso
di
questa
storia
bisecolare
della
linguistica
dicendo
che
,
dopo
una
fase
di
ricerca
di
universali
razionali
,
fondata
sull
'
assunto
cartesiano
del
linguaggio
come
rappresentazione
della
innata
razionalità
del
pensiero
,
la
linguistica
mirò
,
attraverso
la
grammatica
generale
di
Port
-
Royal
e
dell
'
Encyclopédie
,
al
conseguimento
di
universali
metodologici
,
che
successivamente
,
calati
nella
comparazione
delle
lingue
storiche
,
divennero
universali
storici
.
4
.
Agli
inizi
del
Novecento
la
linguistica
disponeva
dunque
di
una
problematica
essenziale
e
specifica
,
già
sperimentata
alla
luce
di
orientamenti
diversi
e
in
diverse
prospettive
;
si
era
inoltre
adusata
alla
collaborazione
con
discipline
scientifiche
quali
la
psicologia
,
l
'
etnologia
,
la
sociologia
,
le
scienze
naturali
;
aveva
accumulato
una
grande
e
preziosa
quantità
di
dati
concreti
attraverso
la
comparazione
di
lingue
affini
e
la
ricostruzione
di
fasi
comuni
non
documentate
(
genealogia
indeuropea
,
semitica
ecc
.
)
,
o
l
'
inchiesta
dialettologica
ed
etnologica
sul
campo
(
rilievi
geolinguistici
,
atlanti
linguistici
,
lessici
dialettali
ecc
.
)
.
Ma
nella
seconda
metà
dell
'
Ottocento
le
discipline
con
cui
la
linguistica
aveva
collaborato
si
erano
profondamente
mutate
.
La
più
antica
di
esse
,
la
logica
classica
e
medievale
,
aveva
ceduto
il
posto
alla
teorizzazione
del
linguaggio
simbolico
come
calcolo
indipendente
dal
linguaggio
naturale
,
cioè
a
quella
logica
matematica
che
rifonda
la
semantica
e
la
sintassi
e
studia
la
forma
del
conoscere
scientifico
con
un
rigore
che
s
'
imporrà
all
'
attenzione
della
linguistica
teorica
.
La
psicologia
,
superata
la
fase
filosofica
e
divenuta
empirica
e
poi
sperimentale
,
abbandonava
l
'
originario
associazionismo
per
una
concezione
totale
della
coscienza
e
per
una
analisi
più
complessa
della
percezione
in
rapporto
alla
costituzione
dell
'
intelligenza
;
e
sorgeva
,
a
incontrare
tali
tendenze
;
la
psicanalisi
.
L
'
etnologia
si
andava
distaccando
dall
'
antropologia
fisica
e
temperava
la
visione
evoluzionistica
con
quella
degli
scambi
e
prestiti
culturali
,
arricchendosi
di
una
prospettiva
storica
.
La
sociologia
con
tecniche
di
rilevamento
statistico
innestava
nell
'
organicismo
oggettivo
della
linguistica
schleicheriana
il
riferimento
ad
organismi
collettivi
concreti
,
quali
gruppi
,
ceti
,
sfere
sociali
e
culturali
.
All
'
interno
,
d
'
altronde
,
della
stessa
linguistica
positivistica
la
critica
dell
'
assolutezza
della
legge
fonetica
in
nome
del
ricorso
all
'
analogia
e
a
fattori
soggettivi
di
eccezione
,
riproponeva
la
presenza
e
l
'
intervento
dell
'
uomo
in
un
ambito
di
fenomeni
che
pareva
dovergli
essere
sottratto
,
e
insinuava
una
concezione
storica
,
anziché
naturalistica
,
dell
'
organismo
della
lingua
.
Le
polemiche
,
poi
,
del
risorgente
idealismo
sgretolavano
l
'
apparente
compattezza
della
linguistica
positivistica
,
sia
con
l
'
asserire
il
carattere
estetico
dell
'
attività
linguistica
e
porre
al
suo
centro
la
fantasia
individuale
,
sia
col
ritenere
la
lingua
un
mero
specchio
della
storia
delle
idee
,
sostituendo
bene
spesso
allo
studio
del
sistema
linguistico
lo
studio
delle
singole
parole
come
esponenti
concettuali
o
come
tessere
stilistiche
.
La
linguistica
rischiava
,
specialmente
in
Italia
,
di
ridursi
a
lessicologia
storica
di
indirizzo
semasiologico
od
onomasiologico
,
collocandosi
ai
margini
di
discipline
ben
più
ricche
di
contenuti
intellettuali
.
E
ciò
proprio
nel
tempo
in
cui
le
scienze
naturali
avevano
superato
lo
stadio
descrittivo
ed
erano
entrate
in
quello
esplicativo
e
predittivo
,
e
fra
di
esse
la
fisiologia
,
allargando
e
affinando
le
proprie
tecniche
d
'
indagine
,
offriva
al
grezzo
naturalismo
dei
linguisti
l
'
occasione
di
rivedere
a
fondo
i
metodi
e
i
programmi
.
5
.
Se
in
Italia
,
e
in
altre
aree
periferiche
,
la
linguistica
rischiò
di
subordinarsi
,
pur
con
ottimi
risultati
parziali
,
alla
filologia
,
alla
storia
delle
idee
,
alla
critica
stilistica
,
nell
'
Europa
scientificamente
più
evoluta
essa
,
la
meno
letteraria
delle
discipline
umanistiche
,
senti
il
bisogno
di
adeguarsi
al
moto
e
al
modo
delle
scienze
.
Il
primo
linguista
ad
avvertire
lucidamente
questo
bisogno
fu
il
ginevrino
Ferdinand
de
Saussure
,
che
volle
anzitutto
definire
con
precisione
l
'
oggetto
della
disciplina
come
un
sistema
di
segni
considerato
in
sé
e
per
sé
,
rivendicandone
la
specificità
e
l
'
autonomia
di
contro
a
interpretazioni
ancillari
,
e
ritenendo
perciò
la
linguistica
una
semiologia
.
Approfondendo
il
concetto
di
segno
,
ne
riaffermò
l
'
arbitrarietà
ma
al
tempo
stesso
la
sua
solidarietà
entro
il
sistema
,
in
cui
vide
,
anziché
un
agglomerato
di
sostanze
monadiche
,
una
rete
di
relazioni
e
di
valori
collettivi
,
di
costanti
differenziali
presenti
alla
mente
di
ogni
parlante
come
una
tastiera
potenziale
per
l
'
attuazione
del
discorso
.
Così
,
senza
negare
l
'
evoluzione
delle
lingue
e
quindi
il
loro
studio
diacronico
,
reagì
ad
uno
storicismo
frantumante
col
porre
prioritario
lo
studio
sincronico
,
cioè
sistematico
,
che
è
proprio
delle
scienze
naturali
,
e
coerentemente
,
pur
avendo
dato
un
geniale
contributo
alla
ricostruzione
preistorica
dell
'
indeuropeo
,
costituì
oggetto
primario
della
linguistica
la
vivente
lingua
parlata
,
riassorbendo
nella
naturalità
dell
'
oggetto
i
processi
psichici
,
quindi
il
fattore
umano
.
Non
si
può
dire
che
tutta
la
nuova
linguistica
del
Novecento
sia
scaturita
dall
'
insegnamento
teorico
di
Saussure
.
La
linguistica
statunitense
,
ad
esempio
,
formatasi
sulla
ricerca
etnologica
ed
etnolinguistica
relativa
agli
indiani
d
'
America
,
trovò
una
sua
via
moderna
nel
contatto
con
lingue
orali
,
prive
di
letteratura
scritta
e
mal
inseribili
nei
paradigmi
della
grammatica
di
tradizione
classica
.
Essa
ideò
una
tecnica
descrittiva
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
immediati
,
e
sulla
distribuzione
delle
parole
nella
frase
,
cioè
elevò
le
posizioni
costanti
delle
parole
a
categorie
di
equivalenza
grammaticale
,
prescindendo
per
quanto
possibile
dal
significato
in
senso
concettualistico
,
anzi
respingendolo
in
nome
di
una
psicologia
comportamentistica
.
Vide
perciò
la
lingua
come
uno
stimolo
rivolto
ad
assicurare
l
'
interazione
dei
membri
di
una
comunità
;
come
un
sistema
formale
,
autonomo
dai
contenuti
mentali
delle
altre
discipline
ed
esso
stesso
non
mentalistico
(
cioè
indipendente
da
fattori
non
fisici
,
quali
lo
"
spirito
"
,
la
"
volontà
"
o
la
"
mente
"
)
,
ma
meccanicistico
,
cioè
retto
dai
meccanismi
del
sistema
nervoso
.
Una
grammatica
così
concepita
,
formalistica
e
operante
sul
corpus
di
ogni
lingua
con
metodo
rigorosamente
induttivo
,
se
da
un
lato
costituiva
un
allineamento
della
linguistica
con
la
psicologia
prevalente
in
America
e
faceva
esplicito
ricorso
alla
fisiologia
,
dall
'
altro
riduceva
semplicisticamente
il
gran
problema
del
significato
alla
situazione
schematica
stimolo
-
reazione
,
cioè
alle
manifestazioni
linguistiche
meramente
pratiche
,
e
si
appagava
di
risultati
tassonomici
e
descrittivi
.
Va
però
detto
che
questa
corrente
della
linguistica
statunitense
,
benemerita
sia
per
il
risoluto
tentativo
di
rinnovamento
metodologico
sia
per
l
'
attenzione
portata
allo
studio
della
sintassi
(
cenerentola
della
linguistica
tradizionale
)
,
fu
la
principale
,
non
l
'
unica
.
Di
contro
al
nome
di
Leonard
Bloomfield
,
suo
capostipite
,
va
posto
il
nome
di
Edward
Sapir
,
che
,
provenendo
dallo
stesso
campo
dell
'
etnolinguistica
,
collegò
acutamente
i
fatti
di
lingua
alla
mentalità
dei
popoli
primitivi
e
avanzò
l
'
ipotesi
di
una
stretta
correlazione
fra
le
civiltà
e
le
strutture
delle
lingue
rispettive
,
in
quanto
implicanti
un
'
analisi
dell
'
esperienza
e
una
visione
del
mondo
.
Orientamenti
analoghi
si
affermavano
quasi
contemporaneamente
nella
scuola
londinese
,
linguistica
e
antropologica
,
di
Firth
e
Malinowski
.
6
.
Dalla
teoria
di
Saussure
,
date
le
sue
molte
pregnanze
,
potevano
diramarsi
e
si
diramarono
indirizzi
diversi
.
Tutti
però
assunsero
il
carattere
comune
di
strutturalismo
linguistico
,
studiando
ogni
lingua
come
un
insieme
in
cui
"
tout
se
tient
,
tout
se
rallie
"
,
un
insieme
dunque
raccolto
in
una
coesione
ed
equilibrio
interni
che
lo
rendono
sistematico
.
Il
concetto
di
struttura
largamente
applicato
nelle
scienze
della
natura
e
nella
tecnologia
ora
con
valore
ontologico
ora
come
semplice
metodo
conoscitivo
od
operativo
,
ebbe
una
splendida
affermazione
nella
Scuola
di
Praga
,
che
alla
fine
degli
anni
Venti
,
sotto
la
guida
di
Trubeckoj
,
trasformò
la
fonetica
da
studio
generale
dei
suoni
linguistici
in
fonologia
,
ossia
in
studio
dei
fonemi
delle
singole
lingue
come
sistemi
chiusi
di
elementi
fonici
aventi
valore
distintivo
delle
parole
.
Si
sottrasse
così
,
per
la
prima
volta
,
il
suono
linguistico
ad
una
individuazione
generica
e
fluttuante
e
lo
si
correlò
direttamente
al
significato
,
ponendo
un
rapporto
funzionale
tra
i
due
aspetti
,
il
fonico
e
il
semantico
,
del
segno
linguistico
.
Lo
stesso
criterio
,
applicato
,
oltre
che
al
livello
fonetico
,
a
quello
morfologico
(
cioè
ad
un
altro
dei
cosiddetti
inventari
chiusi
della
lingua
)
,
consenti
eccellenti
descrizioni
,
ovviamente
sincroniche
,
di
lingue
vive
e
morte
,
e
forni
anche
la
spiegazione
di
fenomeni
diacronici
presentandoli
come
alterazione
dell
'
equilibrio
di
parti
del
sistema
in
una
certa
fase
e
come
suo
riassestamento
in
una
fase
ulteriore
;
una
diacronia
,
insomma
,
vista
come
la
successiva
stratificazione
di
più
stadi
subsistematici
entro
un
sistema
a
tendenza
autoconservativa
e
stabilizzatrice
.
Il
difetto
di
questa
filiazione
della
teoria
saussuriana
(
come
del
parallelo
strutturalismo
americano
di
cui
abbiamo
parlato
)
era
la
visione
eccessivamente
oggettuale
e
statica
della
lingua
,
la
cui
coesione
,
dovuta
alle
forze
interne
,
alla
entelechia
del
sistema
,
non
poteva
ricevere
da
interventi
esterni
,
primi
fra
tutti
quelli
dei
parlanti
,
se
non
impulsi
turbatori
e
destabilizzanti
.
Venne
però
al
soccorso
dello
strutturalismo
il
concetto
di
funzione
,
concetto
della
matematica
e
della
fisiologia
,
ma
già
diffuso
in
altri
rami
del
sapere
scientifico
e
tecnologico
;
il
quale
,
formalizzato
algebricamente
dalla
glossematica
del
danese
Hjelmslev
per
la
combinatoria
degli
elementi
del
sistema
,
assurse
a
principio
informatore
di
un
cospicuo
ramo
dello
strutturalismo
che
ben
si
poté
chiamare
funzionale
;
dove
il
concetto
di
funzione
non
solo
mise
in
evidenza
il
dinamismo
delle
strutture
,
cioè
i
fattori
che
le
muovono
governando
l
'
uso
della
lingua
e
ne
provocano
le
modificazioni
diacroniche
,
ma
intervenne
nel
definire
i
fini
stessi
dell
'
istituto
.
Non
posso
non
ricordare
qui
la
griglia
funzionale
proposta
dal
maggior
esponente
di
questo
strutturalismo
,
Roman
Jakobson
,
uno
dei
capi
del
formalismo
russo
e
dei
fondatori
della
Scuola
di
Praga
;
griglia
che
,
assorbendo
e
arricchendo
quella
precedentemente
formulata
dallo
psicologo
tedesco
Karl
Bühler
,
intreccia
e
distingue
sei
funzioni
della
lingua
:
referenziale
(
o
rappresentativa
o
denotativa
)
,
conativa
(
o
appellativa
o
ingiuntiva
)
,
emotiva
(
o
espressiva
o
affettiva
)
,
fatica
(
individuata
da
Malinowski
)
,
metalinguistica
,
poetica
.
L
'
inclusione
della
poetica
nella
griglia
delle
funzioni
della
lingua
segna
una
svolta
storica
,
in
quanto
rivendica
alla
linguistica
e
al
linguista
quella
"
grammatica
(
per
dirla
con
lo
stesso
Jakobson
)
della
poesia
"
che
per
secoli
ha
gravitato
sulla
retorica
e
,
più
modernamente
,
sulla
stilistica
,
senza
trarne
motivazione
sufficiente
.
Questa
griglia
funzionale
s
'
imposta
su
uno
schema
dell
'
atto
di
parola
,
o
atto
linguistico
,
che
Jakobson
mutua
dalla
teoria
ingegneresca
delle
comunicazioni
:
la
comunicazione
verbale
presuppone
un
emittente
e
un
destinatario
-
ricevente
che
abbiano
un
codice
comune
e
si
tengano
in
contatto
mediante
un
canale
entro
cui
passi
il
messaggio
.
Tale
schema
e
la
connessa
,
non
meno
ingegneresca
,
teoria
dell
'
informazione
,
che
ha
reso
possibile
la
quantificazione
del
significato
,
nonostante
la
loro
rigidità
tecnologica
hanno
aperto
nuove
prospettive
e
possibilità
allo
studio
del
parlato
nella
situazione
comunicativa
,
tanto
sotto
l
'
aspetto
attivo
che
ricettivo
.
È
grande
merito
di
Jakobson
non
aver
mai
trascurato
di
collegare
la
linguistica
con
discipline
scientifiche
e
tecnologiche
da
cui
essa
potesse
trarre
spunti
,
suggerimenti
,
occasioni
di
avanzamento
.
Si
pensi
ai
suoi
famosi
saggi
sull
'
apprendimento
infantile
del
linguaggio
e
sulle
menomazioni
afasiche
,
nei
quali
egli
ha
utilizzato
i
risultati
degli
esperimenti
psicolinguistici
sui
bambini
,
e
delle
osservazioni
neurologiche
sugli
afasici
,
come
indizi
della
fondazione
delle
leggi
strutturali
fonologiche
e
delle
leggi
di
codificazione
e
decodificazione
in
cagione
dei
rapporti
di
similarità
(
o
metafora
)
e
di
contiguità
(
o
metonimia
)
su
cui
si
impernia
la
libertà
selettiva
e
combinatoria
del
parlante
.
L
'
idea
nuova
che
unisce
questi
saggi
è
che
tanto
i
processi
di
instaurazione
che
quelli
di
degradazione
o
dissoluzione
dell
'
attività
linguistica
(
disturbi
di
contiguità
,
o
combinazione
,
e
disturbi
di
similarità
,
o
selezione
)
possono
dare
al
linguista
preziose
indicazioni
sull
'
origine
,
la
struttura
,
il
funzionamento
e
i
mutamenti
del
linguaggio
.
Ma
anche
gli
psicologi
e
i
neurologi
dalla
interpretazione
linguistica
dei
fenomeni
fisiologici
o
patologici
osservati
possono
trarre
orientamento
sia
per
la
sperimentazione
sia
per
la
localizzazione
e
interpretazione
dei
disturbi
,
se
è
vero
quanto
asserisce
Jakobson
che
non
è
assurdo
pensare
ad
una
correlazione
tra
la
topografia
cerebrale
e
le
coordinate
di
simultaneità
e
successione
che
presiedono
all
'
uso
del
linguaggio
;
e
la
terapia
trova
senza
dubbio
un
gran
vantaggio
nella
collaborazione
iatrolinguistica
.
7
.
All
'
analisi
dell
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
si
sono
rivolti
negli
ultimi
decenni
studiosi
di
indirizzi
affatto
diversi
.
Si
è
accennato
allo
schema
ingegneresco
ripreso
da
Jakobson
e
da
lui
sotteso
alla
sua
griglia
funzionale
.
Un
filosofo
inglese
,
John
Austin
,
capo
della
Scuola
analitica
di
Oxford
,
ne
ha
data
invece
una
formulazione
fondata
non
tanto
sulla
funzione
e
quindi
natura
del
messaggio
,
quanto
sulla
sua
forza
illocutiva
,
definita
con
criteri
psico
-
semantici
.
La
quale
forza
illocutiva
prende
,
secondo
l
'
intenzione
del
parlante
,
il
modo
della
domanda
o
del
consiglio
o
dell
'
asserzione
o
dell
'
ordine
o
della
promessa
ecc
.
,
e
mira
ad
un
effetto
perlocutivo
,
che
può
essere
di
ottenere
una
.
risposta
,
di
convincere
,
d
'
impedire
,
di
spaventare
ecc
.
,
e
può
non
essere
raggiunto
.
Importante
è
stata
la
scoperta
di
una
categoria
di
verbi
che
,
usati
in
enunciati
affermativi
alla
prima
persona
del
tempo
presente
,
hanno
un
effetto
performativo
o
,
per
dirla
italianamente
,
esecutivo
,
giacché
il
parlante
(
o
scrivente
)
col
solo
emettere
il
proprio
enunciato
compie
un
'
azione
pragmatica
:
quali
ì
verbi
ordinare
,
promettere
,
approvare
,
attestare
,
comunicare
ecc
.
;
a
patto
,
ovviamente
,
che
i
relativi
enunciati
siano
emessi
in
una
condizione
di
"
felicità
"
,
che
cioè
siano
presenti
i
presupposti
necessari
all
'
effetto
.
Con
tale
concezione
l
'
atto
linguistico
da
intellettivo
che
era
entra
in
pieno
dentro
il
mondo
della
prassi
,
dell
'
azione
,
e
rifonda
modernamente
le
intuizioni
dell
'
antica
retorica
.
Un
passo
ulteriore
si
deve
al
filosofo
americano
Paul
Grice
,
che
si
è
adoperato
ad
accorciare
la
distanza
tra
la
semantica
dei
linguaggi
formali
e
quella
dei
linguaggi
naturali
,
tra
la
logica
del
vero
e
del
falso
e
la
logica
di
quell
'
opera
di
collaborazione
che
è
la
conversazione
,
governata
da
una
serie
di
massime
e
di
implicature
conversazionali
che
Grice
formula
con
vivo
senso
del
contesto
situazionale
dell
'
atto
linguistico
,
del
suo
carattere
pragmatico
e
dell
'
importanza
dell
'
ascoltatore
collaborante
.
Queste
teorie
hanno
promosso
nell
'
ultimo
decennio
un
crescente
interesse
per
la
pragmatica
,
cioè
per
l
'
effettivo
studio
di
quella
lingua
parlata
che
,
nonostante
gli
appelli
di
Saussure
e
dei
suoi
seguaci
,
non
è
mai
stata
esaminata
nella
globalità
e
nella
immediatezza
del
suo
manifestarsi
.
È
evidente
la
complessità
di
una
tale
analisi
:
resta
arduo
,
anzitutto
,
delimitare
il
contesto
pragmatico
dell
'
interazione
dialogica
,
le
componenti
di
sua
pertinenza
(
nozioni
generali
presupposte
comuni
ai
parlanti
,
o
loro
"
enciclopedia
"
;
presupposizioni
particolari
;
differenze
sociolinguistiche
ecc
.
)
,
e
ipotizzare
modelli
di
complementarizzazione
fra
tali
componenti
e
la
materia
linguistica
.
Si
deve
poi
tener
conto
che
il
messaggio
orale
è
pluricodice
,
giacché
il
codice
linguistico
viene
integrato
,
quando
non
duplicato
,
dal
codice
gestuale
,
e
il
profferimento
degli
enunciati
è
modulato
da
un
andamento
prosodico
,
cioè
da
fattori
di
intonazione
,
durata
e
intensità
che
incidono
profondamente
sul
significato
degli
enunciati
e
sugli
effetti
perlocutivi
;
fattori
sinora
scarsamente
considerati
,
ma
che
la
fonetica
strumentale
,
ormai
dotata
di
apparecchiature
raffinate
,
sta
analizzando
con
la
indispensabile
collaborazione
di
acustici
,
audiologi
,
matematici
.
L
'
osservazione
diretta
del
parlato
,
come
ha
contribuito
a
distaccare
il
significato
dal
concettualismo
,
e
dal
vero
funzionalismo
della
logica
,
così
ha
indotto
il
linguista
a
superare
i
limiti
della
grammatica
di
frase
per
entrare
in
quella
del
discorso
,
la
cui
concatenazione
e
progressione
non
erano
state
finora
sottoposte
a
rilievi
sistematici
.
Tanto
sul
versante
del
parlato
che
sul
versante
dello
scritto
si
va
elaborando
quella
"
linguistica
del
testo
"
che
cerca
di
render
conto
di
una
compagine
discorsiva
con
ragioni
linguistiche
ignote
alla
tradizionale
teoria
dei
generi
letterari
.
In
che
modo
può
cominciare
un
discorso
(
o
un
testo
)
,
e
come
certi
modi
sono
condizionati
da
certe
situazioni
e
da
certi
presupposti
;
con
quali
elementi
s
'
imposta
la
deissi
spazio
-
temporale
del
dialogo
o
del
racconto
;
in
che
modo
si
attua
la
connessione
e
progressione
tematica
o
rematica
del
discorso
(
o
testo
)
;
che
cosa
assicura
l
'
unità
e
identità
di
esso
:
ecco
i
principali
problemi
di
questa
linguistica
in
cui
confluiscono
,
oltre
a
metodologie
letterarie
e
semiotiche
(
basta
fare
il
nome
del
geniale
filologo
e
critico
tedesco
Harald
Weinrich
e
richiamare
i
numerosi
studi
di
semiotica
del
racconto
o
narratologia
)
,
la
semantica
generativa
e
la
semantica
logica
rispettivamente
applicate
all
'
analisi
del
testo
dalla
scuola
olandese
di
van
Dijk
e
dalla
scuola
tedesca
di
Petöfi
.
Né
va
dimenticato
che
l
'
analisi
approfondita
del
testo
parlato
ha
giovato
ad
una
migliore
definizione
,
per
differentiam
,
del
testo
scritto
e
dei
suoi
caratteri
relativamente
autonomi
dalla
situazione
pragmatica
;
testo
scritto
il
cui
organismo
linguistico
è
stato
dato
per
conosciuto
durante
molti
secoli
ed
ha
servito
soltanto
come
documento
di
lingua
o
come
oggetto
di
rilievi
stilistici
.
Ovviamente
l
'
attenzione
all
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
non
poteva
non
avere
conseguenze
sulle
ricerche
dialettologiche
di
campo
.
Accanto
al
tradizionale
carattere
della
raccolta
lessicologica
e
della
cartografia
linguistica
esse
hanno
assunto
quelle
dell
'
inchiesta
sociolinguistica
.
La
degradazione
dei
dialetti
sotto
la
pressione
della
lingua
nazionale
o
della
emigrazione
interna
,
la
condizione
delle
minoranze
linguistiche
,
la
correlazione
tra
inferiorità
linguistica
e
inferiorità
sociale
,
la
questione
della
lingua
comune
come
problema
politico
nel
quadro
della
cultura
dominante
,
della
scuola
dell
'
obbligo
e
della
lotta
di
classe
,
ecco
le
principali
prospettive
di
un
ramo
della
odierna
linguistica
che
assume
toni
impegnati
laddove
si
presentano
dislivelli
e
travagli
sociali
e
dove
più
ferve
il
dibattito
ideologico
.
Siamo
in
quel
campo
della
linguistica
applicata
dove
l
'
interesse
teorico
per
il
linguaggio
cede
a
quello
per
la
vita
delle
singole
lingue
nel
contesto
delle
comunità
storiche
,
interesse
che
può
sfociare
,
attraverso
programmazioni
glottodidattiche
,
in
una
vera
e
propria
politica
della
lingua
.
Un
documento
tipico
della
ideologizzazione
del
problema
della
lingua
nella
società
e
nella
scuola
contemporanee
è
la
Lettera
a
una
professoressa
scritta
da
don
Lorenzo
Milani
nel
1967
,
lettera
che
riuscì
a
sommuovere
l
'
opinione
degli
insegnanti
e
ad
avviare
un
fortemoto
di
contestazione
dell
'
insegnamento
tradizionale
nel
suo
aspetto
non
soltanto
linguistico
;
giacché
toccare
la
lingua
come
problema
sociale
significa
,
specialmente
in
Italia
,
toccare
anche
la
cultura
di
cui
la
lingua
è
stata
strumento
.
8
.
La
più
importante
e
originale
teoria
linguistica
apparsa
dopo
lo
strutturalismo
di
Saussure
e
della
Scuola
di
Praga
è
_
senza
dubbio
la
grammatica
generativa
proposta
dal
linguista
statunitense
Noam
Chomsky
col
celebre
libretto
Syntactic
Structures
del
1957
e
instancabilmente
,
fino
ad
oggi
,
rielaborata
.
Per
rendersi
conto
della
sua
portata
speculativa
e
metodologica
occorre
rifarsi
all
'
ambiente
culturale
da
cui
è
emersa
e
a
cui
si
è
contrapposta
:
quello
strutturalismo
formalistico
e
antimentalistico
americano
che
era
approdato
ad
una
descrizione
tassonomica
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
,
sulla
categorizzazione
delle
parole
secondo
la
loro
distribuzione
nella
frase
e
sul
significato
come
meccanismo
comportamentistico
;
analisi
condotta
con
metodo
induttivo
sopra
un
corpus
di
enunciati
.
Chomsky
non
rinnega
l
'
analisi
in
costituenti
né
la
maggiore
innovazione
di
quell
'
indirizzo
:
lo
straordinario
rilievo
dato
alla
sintassi
come
oggetto
primo
dell
'
analisi
linguistica
.
Ma
respinge
la
concezione
comportamentistica
che
esteriorizza
e
meccanizza
banalmente
il
processo
linguistico
,
e
afferma
la
necessità
di
riportarlo
all
'
interno
,
alla
mente
del
parlante
.
Una
mente
,
però
,
non
contrapposta
al
corpo
,
concetto
d
'
altronde
aperto
ed
in
rapido
svolgimento
,
ma
biologicamente
costituita
;
e
non
unitaria
,
ma
composta
di
varie
facoltà
che
possiamo
assimilare
agli
organi
del
corpo
e
analizzare
come
analizziamo
quelli
.
Una
di
tali
facoltà
è
appunto
il
linguaggio
,
il
cui
studio
fa
dunque
parte
della
biologia
umana
.
Il
linguaggio
è
una
facoltà
"
computazionale
"
,
cioè
un
processing
di
principi
e
regole
per
larga
parte
inconsci
,
che
determinano
la
forma
e
il
significato
delle
frasi
e
si
dividono
in
due
sistemi
:
un
sistema
geneticamente
innato
,
che
definisce
la
facoltà
di
linguaggio
per
tutto
il
genere
umano
ed
è
perciò
composto
di
universali
linguistici
,
i
quali
si
manifestano
con
straordinaria
rapidità
e
facilità
nell
'
acquisizione
infantile
della
lingua
materna
;
ed
un
sistema
più
ricco
,
più
complesso
,
diversificato
da
lingua
a
lingua
,
che
viene
acquisito
per
costruzione
lenta
nel
contatto
con
l
'
ambiente
.
Ad
una
grammatica
universale
o
centrale
si
unisce
dunque
,
in
ogni
lingua
storica
,
una
grammatica
particolare
,
intendendo
col
termine
"
grammatica
"
tanto
l
'
insieme
finito
delle
regole
che
costituiscono
nella
mente
del
parlante
la
facoltà
di
linguaggio
e
quindi
producono
o
,
con
termine
matematico
,
"
generano
"
mediante
processi
ricorsivi
le
infinite
possibili
frasi
di
una
data
lingua
,
quanto
la
teoria
scientifica
,
formalizzata
,
che
corrisponde
a
quella
grammatica
e
che
ha
la
più
forte
capacità
di
"
generare
"
la
descrizione
strutturale
delle
stesse
frasi
.
La
grammatica
interiorizzata
costituisce
quella
che
Chomsky
chiama
la
competenza
del
parlante
(
e
dell
'
ascoltatore
)
e
che
non
è
identificabile
né
al
"
sentimento
linguistico
"
degli
studiosi
di
formazione
storico
-
idealistica
,
né
alla
"
lingua
"
degli
strutturalisti
,
cioè
al
sistema
linguistico
come
virtuale
compagine
di
tostanti
,
ma
è
la
facoltà
stessa
di
linguaggio
nella
sua
incessante
generatività
o
"
creatività
"
(
non
però
in
accezione
idealistica
)
,
che
consiste
nell
'
applicare
con
ordine
ciclico
le
regole
e
,
anche
,
nel
cambiarle
.
Il
codice
e
programma
computazionale
,
il
software
della
facoltà
di
linguaggio
è
l
'
insieme
delle
regole
sintattiche
,
il
cui
dinamico
processing
porta
alla
superficie
enunciativa
gli
elementi
lessicali
nella
loro
veste
fonetica
e
nella
loro
"
forma
logica
'
'
,
che
è
quella
forma
per
cui
-
come
osservò
il
vecchio
Aristotele
-
il
significato
della
frase
(
o
significato
linguistico
)
non
è
la
somma
dei
significati
delle
parole
(
significato
nozionale
)
che
la
compongono
.
La
sintassi
è
dunque
al
centro
della
concezione
chomskiana
;
la
quale
lascia
in
ombra
la
semantica
,
pur
riconoscendo
la
sua
presenza
e
problematicità
(
e
in
penombra
la
fonetica
,
affidandola
alla
naturalità
dell
'
esecuzione
)
.
È
per
questo
che
una
corrente
,
per
così
dire
scismatica
,
della
scuola
di
Chomsky
,
la
Semantica
generativa
,
ha
tentato
di
restituire
al
significato
una
funzione
primaria
,
ponendo
le
funzioni
semantiche
della
frase
(
i
"
casi
"
)
come
struttura
profonda
.
E
,
più
o
meno
indipendentemente
dalla
stessa
concezione
chomskiana
,
la
teorizzazione
sul
segno
linguistico
(
semiotica
)
e
recenti
indirizzi
della
logica
(
Montague
,
Searle
,
Cresswel
ecc
.
)
hanno
riportato
il
significato
nell
'
orbita
problematica
delle
lingue
naturali
e
lo
hanno
riproposto
ai
linguisti
.
Dei
risultati
della
grammatica
generativa
nella
descrizione
ed
esplicazione
delle
singole
lingue
faranno
un
bilancio
preciso
gli
anni
futuri
.
Nel
presente
s
'
impone
la
novità
e
l
'
audacia
di
una
teoria
che
,
fondandosi
sopra
una
epistemologia
rigorosa
,
ha
rimosso
la
lingua
dalla
oggettività
oggettuale
e
dal
funzionalismo
astratto
in
cui
aveva
finito
col
bloccarla
lo
strutturalismo
e
l
'
ha
in
toto
richiamata
all
'
interno
del
soggetto
.
9
.
Il
mio
sommario
discorso
ha
tentato
o
,
per
essere
più
onesti
,
ha
presunto
di
dare
una
risposta
alla
domanda
:
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
,
che
meglio
sarebbe
stato
formulare
:
Che
cosa
sono
le
linguistiche
?
,
tante
specializzazioni
vanta
ormai
questa
disciplina
per
la
quale
può
valere
il
motto
"
Quantumvis
circumi
;
numquam
me
complecteris
"
.
Una
disciplina
,
comunque
,
non
è
mai
ciò
che
parrebbe
indicare
la
sua
tramandata
e
corrente
etichetta
;
una
disciplina
non
è
,
ma
si
fa
,
si
fa
incessantemente
,
e
incessantemente
plasma
il
proprio
oggetto
;
aggiungerei
"
inquietamente
"
,
perché
l
'
inquietudine
mentale
,
la
"
santa
impazienza
"
di
Valéry
,
è
la
ragion
di
vita
della
scienza
e
dello
scienziato
.
Perciò
ho
voluto
e
quasi
dovuto
presentare
la
linguistica
,
sia
pur
schematicamente
,
nel
suo
rincorrere
se
stessa
attraverso
l
'
imponente
maturazione
scientifica
dell
'
età
moderna
;
e
ho
tenuto
a
mettere
in
evidenza
,
accanto
alle
sue
giuste
pretese
di
autonomia
,
l
'
appello
che
essa
rivolge
,
soprattutto
oggi
,
non
solo
alle
discipline
che
le
furono
sempre
compagne
,
come
la
logica
,
l
'
etnologia
e
la
psicologia
,
ma
alla
fisica
,
alla
cibernetica
,
alla
fisiologia
,
alla
neurologia
,
a
tutte
quelle
scienze
,
insomma
,
che
possono
far
luce
sulle
strategie
di
percezione
,
di
acquisizione
,
di
memorizzazione
,
di
programmazione
,
di
esecuzione
dell
'
individuo
parlante
e
ascoltante
.
Questo
appello
essa
rivolge
non
per
esorbitare
presuntuosamente
dal
proprio
compito
di
studiare
le
lingue
naturali
negli
accettati
livelli
di
struttura
(
fonetico
,
morfologico
-
sintattico
e
semantico
)
e
nel
dinamico
rapporto
fra
tali
livelli
solo
conoscitivamente
separabili
,
ma
per
non
potersi
oggi
esimere
dall
'
estendere
la
sua
intellezione
alla
integrale
fenomenologia
del
linguaggio
come
facoltà
costitutiva
dell
'
essere
umano
,
né
dal
fondarsi
sopra
assunti
teorici
che
,
al
punto
di
esigenza
metodologica
ed
esplicativa
cui
è
giunta
oggi
,
la
linguistica
ritiene
tanto
indispensabili
quanto
non
più
formulabili
in
via
di
domestica
ipotesi
.
Chi
insomma
oggi
fa
della
linguistica
,
sa
e
deve
sapere
che
,
o
faccia
della
modesta
grammatica
storica
o
della
formalizzata
grammatica
generativa
,
egli
si
muove
in
un
flusso
di
pensiero
e
in
una
prospettiva
giudicante
cui
il
suo
operare
non
può
sottrarsi
,
ma
solo
il
dato
nella
sua
ingenua
e
disponibile
datità
.
Al
postutto
,
siano
le
linguistiche
molte
o
una
sola
,
siano
i
loro
temi
e
problemi
costanti
o
ricorrenti
e
le
loro
motivazioni
alternative
o
complementari
,
sta
di
fatto
che
è
il
loro
oggetto
,
la
lingua
,
ad
essere
indelimitabile
e
inesauribile
da
qualsiasi
approccio
,
cioè
non
riassorbibile
in
nessuno
di
essi
.
Al
di
là
della
logica
,
dell
'
acustica
,
della
biologia
resta
sempre
la
lingua
,
e
il
vero
linguista
se
la
ritrova
davanti
,
circolarmente
,
oltre
le
griglie
cognitive
di
cui
essa
è
pur
sempre
un
presupposto
.
L
'
approccio
logico
o
biologico
,
che
punta
sugli
universali
mentali
o
fisiologici
,
e
l
'
approccio
idealistico
,
che
punta
sull
'
individualità
storica
e
creatrice
,
sono
stati
e
sono
momenti
alterni
e
ricorrenti
,
che
rispondono
a
istanze
complementari
dei
loro
oggetti
,
cioè
di
quella
facoltà
di
linguaggio
che
non
è
un
mero
automatismo
e
di
quelle
lingue
storiche
che
non
sono
né
mera
naturalità
né
meri
codici
,
e
sono
pertanto
non
passibili
di
"
calcoli
"
di
precisione
,
e
di
previsione
se
non
probabilistica
,
stando
al
loro
centro
un
principio
d
'
indeterminazione
,
quel
principio
d
'
indeterminazione
della
storia
umana
che
è
,
secondo
il
parere
di
un
fisico
molto
autorevole
,
l
'
individuo
.
Saggistica ,
Prefazione
L
'
origine
di
questo
saggio
è
una
conferenza
tenuta
nel
marzo
del
1972
per
invito
dell
'
Associazione
culturale
italiana
di
Torino
.
Il
testo
fu
pubblicato
,
in
parte
,
nel
fascicolo
del
31
marzo
1972
dell
'
"
Astrolabio
"
e
,
integralmente
,
nel
fascicolo
XXXI
dell
'
Associazione
culturale
italiana
(
giugno
1972
)
;
una
versione
rielaborata
apparve
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
(
dicembre
1972
)
;
ampi
estratti
sono
stati
poi
inclusi
nell
'
antologia
curata
da
Paolo
Farneti
,
Il
sistema
politico
italiano
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1973
)
.
Il
tema
prescelto
per
la
conferenza
si
ricollegava
a
riflessioni
che
andavo
facendo
da
qualche
tempo
sulla
situazione
economico
-
sociale
del
nostro
paese
e
sul
nuovamente
insorgente
pericolo
fascista
.
In
modo
particolare
intendevo
richiamare
l
'
attenzione
dei
sociologi
,
degli
studiosi
di
scienze
politiche
e
degli
stessi
uomini
politici
sulla
necessità
di
dare
il
giusto
peso
,
nel
predisporre
i
loro
studi
e
le
loro
azioni
,
ai
dati
quantitativi
della
struttura
sociale
italiana
.
A
quanto
pare
,
esisteva
il
bisogno
di
un
'
indagine
di
questo
tipo
,
poiché
prima
l
'
articolo
apparso
sull
'
"
Astrolabio
"
e
,
in
seguito
,
il
saggio
apparso
sui
"
Quaderni
di
sociologia
"
sono
stati
oggetto
di
numerosi
dibattiti
.
Vi
sono
state
critiche
;
e
di
queste
,
nella
misura
in
cui
mi
hanno
convinto
,
ho
cercato
di
tener
conto
nella
nuova
versione
del
mio
lavoro
,
che
costituisce
appunto
questo
libro
.
Non
entrerò
nel
merito
delle
critiche
che
non
mi
convincono
,
eccetto
che
in
un
caso
:
mi
riferisco
alla
critica
proveniente
da
alcuni
intellettuali
di
sinistra
secondo
la
quale
io
avrei
indebitamente
incluso
fra
le
classi
medie
alcuni
strati
,
come
lo
strato
dei
contadini
poveri
,
che
a
tutti
gli
effetti
vanno
assimilati
al
proletariato
;
più
in
generale
,
io
avrei
sottovalutato
il
processo
di
proletarizzazione
,
che
investe
oramai
la
maggior
parte
dei
lavoratori
dipendenti
,
inclusi
gli
impiegati
pubblici
e
privati
.
Ora
,
non
c
'
è
dubbio
che
qualsiasi
classificazione
,
e
quindi
anche
quella
qui
proposta
,
è
fondata
su
criteri
,
in
misura
non
piccola
,
arbitrari
:
ho
presentato
le
stime
delle
sottoclassi
e
delle
singole
categorie
proprio
per
aiutare
quei
lettori
a
ricomporre
il
quadro
in
rapporto
ai
loro
fini
.
Tuttavia
,
debbo
avvertire
che
io
sono
radicalmente
contrario
ad
una
concezione
di
tipo
pirandelliano
(
così
è
se
vi
pare
)
.
L
'
arbitrio
delle
definizioni
e
delle
classificazioni
è
inevitabile
,
ma
solo
entro
limiti
;
e
le
definizioni
,
come
le
classificazioni
,
non
avvengono
nel
vuoto
,
ma
acquistano
significato
in
un
contesto
ben
definito
.
Così
,
avevo
incluso
fra
le
"
classi
medie
"
tutti
i
coltivatori
diretti
compresi
i
contadini
poveri
tenendo
conto
,
più
che
delle
loro
condizioni
economiche
,
del
loro
tipo
di
cultura
e
dell
'
attaccamento
a
certi
valori
tradizionali
e
patriarcali
;
ma
avevo
già
avvertito
che
queste
persone
si
trovano
in
condizioni
simili
(
spesso
anche
peggiori
)
di
quelle
dei
salariati
dell
'
industria
,
cosicché
i
loro
interessi
possono
convergere
con
quelli
della
classe
operaia
;
e
si
può
operare
politicamente
in
questa
direzione
.
Tuttavia
,
se
si
fa
riferimento
ad
un
paese
come
l
'
Italia
e
si
vuole
studiare
la
situazione
sociale
così
com
'
è
e
non
come
si
vorrebbe
che
fosse
o
come
forse
sarà
,
conviene
includere
anche
i
contadini
poveri
fra
le
così
dette
classi
medie
.
Viceversa
,
in
paesi
economicamente
arretrati
,
dove
masse
di
contadini
e
di
salariati
agricoli
vivono
al
limite
della
sussistenza
biologica
e
dove
,
man
mano
che
si
fa
strada
la
coscienza
della
loro
condizione
,
la
domanda
di
una
riforma
agraria
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
sommerge
qualsiasi
tradizionalismo
,
una
tale
procedura
non
sarebbe
corretta
;
ed
in
effetti
,
nel
testo
,
per
i
paesi
relativamente
arretrati
,
ho
proposto
una
diversa
suddivisione
delle
classi
,
in
cui
si
mette
nel
dovuto
rilievo
la
posizione
dei
diversi
strati
sociali
e
delle
diverse
classi
nell
'
ambito
dell
'
agricoltura
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
In
ogni
modo
,
è
certo
importante
approfondire
l
'
analisi
critica
della
struttura
sociale
nell
'
agricoltura
del
nostro
paese
.
Ed
è
importante
definire
accuratamente
e
tentare
di
valutare
,
da
un
lato
,
il
fenomeno
della
proletarizzazione
di
certi
strati
di
ceti
medi
e
,
dall
'
altro
,
il
fenomeno
dell
'
imborghesimento
di
certi
strati
di
operai
.
Ma
la
tesi
secondo
cui
il
processo
di
proletarizzazíone
coinciderebbe
col
processo
di
espansione
dei
lavoratori
dipendenti
,
di
modo
che
esso
investirebbe
oramai
la
massima
parte
dei
lavoratori
,
è
una
tesi
falsa
sul
piano
dell
'
analisi
e
pericolosa
anche
da
un
punto
di
vista
politico
di
sinistra
.
Sostenere
che
gl
'
impiegati
di
aziende
municipalizzate
,
o
delle
aziende
di
credito
,
o
di
enti
locali
,
che
hanno
oggi
(
1974
)
uno
stipendio
medio
che
si
aggira
su
quattrocento
mila
lire
mensili
(
con
punte
di
2-3
milioni
)
stanno
nella
stessa
barca
in
cui
navigano
gli
operai
metalmeccanici
,
che
oggi
hanno
una
retribuzione
media
nettamente
inferiore
alla
metà
e
svolgono
un
lavoro
duro
,
alienante
e
soggetto
a
gravi
rischi
d
'
infortuni
,
non
significa
affatto
compiere
una
coraggiosa
opera
di
critica
e
di
denuncia
,
ma
significa
oscurare
l
'
essenza
del
principale
problema
politico
contemporaneo
di
paesi
come
il
nostro
,
che
è
il
problema
dei
rapporti
fra
classe
operaia
e
ceti
medi
.
Anzi
,
tesi
di
questo
genere
sono
esse
stesse
una
delle
espressioni
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
che
tende
a
minimizzare
le
differenze
(
spesso
enormi
)
fra
operai
e
ceti
medi
.
Nel
suo
importante
libro
La
giungla
retributiva
(
Il
Mulino
,
Bologna
,
1972
)
Ermanno
Corrieri
denuncia
questa
mistificazione
in
termini
così
efficaci
,
che
non
mi
resta
che
riportarli
:
"
Oggi
(...)
questa
ideologia
[
di
ceti
medi
]
assume
caratteri
ancor
più
sottili
e
insidiosi
,
in
quanto
spesso
si
ammanta
di
tutto
un
complesso
di
argomentazioni
"
di
sinistra
"
.
Si
afferma
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
dei
ceti
medi
,
che
la
loro
condizione
va
assimilandosi
sempre
più
a
quella
degli
operai
e
dei
contadini
.
Si
aggiunge
che
l
'
area
dello
sfruttamento
capitalistico
si
va
estendendo
a
nuovi
gruppi
sociali
:
ai
tecnici
,
agli
intellettuali
,
agli
artigiani
,
ai
commercianti
,
ai
piccoli
industriali
.
Quindi
il
nemico
da
combattere
è
uno
solo
:
il
grande
capitale
monopolistico
;
e
sull
'
altare
di
questa
battaglia
,
non
hanno
importanza
le
altre
diseguaglianze
;
anzi
il
soffermarsi
su
di
esse
indebolisce
la
necessaria
alleanza
della
classe
operaia
e
contadina
con
i
ceti
medi
,
contro
i
"
padroni
"
.
Si
teorizza
la
figura
dell
'
intellettuale
spogliato
di
ogni
funzione
libera
e
autonoma
e
trasformato
in
strumento
di
trasmissione
della
cultura
borghese
e
di
conservazione
del
sistema
capitalistico
:
come
tale
,
anch
'
egli
,
al
pari
dell
'
operaio
e
del
contadino
,
è
espropriato
di
qualcosa
e
quindi
è
uno
sfruttato
.
Ora
,
è
evidente
che
queste
tesi
,
di
per
sé
,
non
sono
prive
di
fondamento
.
Ma
la
mistificazione
consiste
nel
passare
da
un
discorso
di
sfruttamento
e
di
subordinazione
"
politica
"
ad
un
discorso
di
disagio
e
di
inferiorità
economico
-
sociale
che
sarebbe
comune
ai
ceti
intellettuali
e
alla
classe
operaia
e
contadina
.
In
forza
di
questo
passaggio
,
gli
intellettuali
"
di
sinistra
"
e
i
loro
sindacati
,
se
a
parole
sono
pronti
a
riconoscere
la
legittimità
delle
rivendicazioni
operaie
e
contadine
,
di
fatto
,
più
che
schierarsi
e
lottare
al
loro
fianco
,
si
sentono
in
diritto
di
chiedere
la
loro
solidarietà
a
favore
delle
proprie
lotte
,
anche
se
queste
,
spesso
hanno
per
obiettivo
la
conservazione
e
il
consolidamento
di
condizioni
economiche
avvantaggiate
e
,
di
conseguenza
,
il
mantenimento
delle
distanze
rispetto
agli
operai
e
ai
contadini
.
Il
fatto
è
che
la
matrice
culturale
e
la
collocazione
sociale
influenzano
inconsapevolmente
e
pesantemente
anche
chi
è
impegnato
,
da
posizioni
di
sinistra
,
in
un
sincero
sforzo
di
trasformazione
della
società
.
E
gli
interessi
costituiscono
una
molla
potente
che
spinge
tutti
ad
elaborare
ideologie
di
giustificazione
e
di
sostegno
delle
proprie
esigenze
.
E
così
uomini
di
sinistra
si
associano
alle
rivendicazioni
retributive
delle
categorie
impiegatizio
-
intellettuali
(
o
magari
alle
lotte
per
il
salario
a
tutti
gli
studenti
)
,
nella
convinzione
di
operare
di
conserva
con
gli
operai
e
i
contadini
contro
il
"
sistema
"
,
ma
senza
considerare
che
queste
rivendicazioni
finiscono
per
essere
finanziate
con
un
ulteriore
prelievo
sul
risultato
dell
'
attività
produttiva
e
quindi
per
esser
pagate
dai
lavoratori
impegnati
in
tale
attività
"
.
Mi
è
stata
attribuita
l
'
idea
secondo
cui
la
"
classe
media
"
consisterebbe
in
un
coacervo
di
ceti
e
di
gruppi
sociali
essenzialmente
corrotti
e
retrivi
,
così
che
nel
nostro
paese
le
prospettive
non
solo
della
vita
sociale
ma
della
stessa
vita
politica
sarebbero
catastrofiche
.
Una
tale
interpretazione
è
ingiustificata
.
Sebbene
io
faccia
più
volte
riferimento
agli
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
,
che
sono
molto
numerosi
fra
i
ceti
medi
,
avverto
altrettanto
spesso
che
esistono
strati
civilmente
robusti
e
capaci
di
operare
come
forze
di
progresso
;
si
tratta
di
strati
esili
,
è
vero
,
ma
non
trascurabili
e
suscettibili
di
espansione
.
Anzi
,
ritengo
che
il
problema
politico
centrale
nel
nostro
paese
(
e
non
solo
nel
nostro
paese
)
consista
oggi
i
nel
fatto
che
la
classe
operaia
,
pur
essendo
sempre
una
classe
subalterna
,
lo
è
in
misura
decrescente
e
,
nel
suo
complesso
,
si
trova
economicamente
e
politicamente
in
ascesa
.
Ora
,
di
fronte
a
questo
processo
i
ceti
medi
reagiscono
in
modi
profondamente
contrastanti
:
alcuni
l
'
accettano
,
altri
lo
considerano
con
orrore
.
Tuttavia
,
l
'
area
del
consenso
cresce
come
conseguenza
non
di
un
processo
di
proletarizzazione
economica
,
inesistente
in
quanto
processo
generale
,
ma
di
un
processo
di
crescita
civile
e
di
maturazione
culturale
,
processo
che
non
si
svolge
nelle
nuvole
ma
che
certo
,
nella
terminologia
marxista
,
appartiene
più
alla
sovrastruttura
che
alla
struttura
.
Oltre
ad
alcune
varianti
di
non
grande
rilievo
,
introdotte
per
tener
conto
di
certe
critiche
o
per
chiarire
e
integrare
le
analisi
già
svolte
,
ho
introdotte
diverse
innovazioni
nel
testo
apparso
nei
"
Quaderni
di
sociologia
"
.
Ecco
le
principali
innovazioni
.
1
.
Ho
modificate
le
stime
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
,
specialmente
quelle
connesse
con
l
'
agricoltura
,
dopo
esser
venuto
a
conoscenza
dell
'
importante
monografia
di
Ornello
Vitali
,
La
popolazione
attiva
in
agricoltura
attraverso
i
censimenti
italiani
(
Istituto
di
demografia
della
Facoltà
di
scienze
statistiche
,
Roma
,
1968
)
.
Le
valutazioni
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
sono
comunque
incerte
e
arbitrarie
,
per
molte
ragioni
,
in
primo
luogo
per
la
posizione
delle
donne
che
vivono
in
campagna
e
che
,
specialmente
nelle
piccole
aziende
contadine
,
possono
essere
classificate
come
"
attive
"
o
come
"
casalinghe
"
secondo
i
criteri
adottati
.
Le
difficoltà
si
manifestano
quando
si
vogliono
compiere
confronti
intertemporali
fra
i
diversi
censimenti
.
Vitali
ha
compiuto
una
faticosa
opera
per
rendere
omogenei
i
criteri
rispetto
a
quelli
adottati
in
questo
dopoguerra
e
ricostruire
dati
comparabili
.
Sebbene
le
mie
stime
precedenti
,
fondate
sulle
cifre
dei
censimenti
e
su
valutazioni
della
Svimez
,
siano
per
certi
anni
(
fino
al
1951
)
inferiori
in
misura
tutt
'
altro
che
trascurabile
ai
dati
forniti
da
Vitali
,
nessuna
delle
considerazioni
e
illazioni
proposte
nel
saggio
originario
viene
modificata
in
modo
sostanziale
,
se
si
eccettua
la
tendenza
alla
proletarizzazione
di
una
parte
dei
contadini
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
3
)
.
Occorre
però
avvertire
che
dai
nuovi
dati
possono
ricavarsi
illazioni
diverse
da
quelle
ricavabili
dalle
precedenti
stime
per
problemi
che
qui
non
vengono
trattati
.
2
.
Oltre
i
dati
aggregati
per
l
'
Italia
,
si
presentano
cifre
per
le
tre
grandi
circoscrizioni
:
Nord
,
Centro
e
Sud
;
vengono
brevemente
discusse
alcune
tendenze
che
emergono
da
questi
dati
,
concentrando
l
'
attenzione
sull
'
Italia
meridionale
(
parte
I
,
cap
.
4
)
.
3
.
Sono
stati
estesi
i
confronti
internazionali
.
Nel
saggio
originario
,
oltre
l
'
Italia
,
si
consideravano
solo
la
Francia
e
il
Giappone
e
si
compivano
confronti
intertemporali
solo
per
l
'
Italia
.
Ora
,
attraverso
i
dati
,
si
considera
la
struttura
sociale
contemporanea
di
cinque
paesi
relativamente
evoluti
(
Gran
Bretagna
,
Spagna
,
Giappone
,
Argentina
,
Cile
)
e
si
compiono
confronti
intertemporali
per
altri
tre
paesi
evoluti
:
Francia
(
1886
e
1968
)
,
Stati
Uniti
(
1890
e
1969
)
e
Unione
Sovietica
(
vari
anni
compresi
nel
periodo
1913-1972
)
;
infine
,
si
presentano
i
dati
relativi
a
cinque
paesi
relativi
a
cinque
paesi
relativamente
arretrati
(
parte
I
,
cap
.
8
)
.
4
.
Si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
,
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
:
non
giova
a
nessuno
,
certamente
non
giova
all
'
obiettivo
di
una
sempre
più
ampia
e
vigorosa
solidarietà
fra
operai
e
impiegati
,
ignorare
o
minimizzare
le
differenze
(
parte
Il
,
cap
.
5
)
.
Le
tabelle
statistiche
sono
in
appendice
e
,
di
regola
,
sono
precedute
da
un
commento
esplicativo
.
Anche
le
note
al
testo
sono
riportate
in
appendice
;
per
chiarezza
,
sono
precedute
da
sottotitoli
,
affinché
possano
esser
lette
anche
in
modo
autonomo
.
Per
non
appesantire
il
testo
,
indico
fra
parentesi
le
opere
citate
e
non
riporto
,
alla
fine
,
nessuna
nota
bibliografica
;
qui
mi
limito
a
segnalare
il
dibattito
a
23
voci
,
curato
da
Fabio
Luca
Cavazza
e
Stephen
R
.
Graubard
e
pubblicato
da
Garzanti
nel
marzo
1974
in
un
volume
col
titolo
Il
caso
italiano
e
l
'
ampia
bibliografia
pubblicata
in
appendice
all
'
articolo
di
Antonio
Zavoli
,
Classi
,
proletariato
e
ceti
medi
in
Marx
e
oggi
per
la
rivoluzione
(
"
Per
la
lotta
"
,
n
.
34-36
,
1973
,
pp.
55-8
)
.
Ringrazio
Marina
Addis
,
Arturo
Barone
,
Federico
Caffè
,
Giorgio
Careri
,
Flaminio
De
Cindio
,
Vittorio
Frosini
,
Antonio
Giolitti
e
Claudio
Pavone
per
le
loro
critiche
e
i
loro
suggerimenti
;
ringrazio
,
in
modo
particolare
,
Luciano
Gallino
,
Michele
Salvati
e
Leo
Valiani
,
le
cui
osservazioni
critiche
mi
hanno
indotto
a
correggere
alcuni
errori
e
a
chiarire
punti
oscuri
o
incompleti
o
male
espressi
.
Avverto
tuttavia
che
non
si
può
attribuire
agli
studiosi
ora
ricordati
nessuna
responsabilità
per
le
tesi
qui
espresse
.
Paolo
Sylos
Labini
Roma
,
15
aprile
1974
Introduzione
Il
fisico
studia
gli
atomi
,
ma
egli
non
è
un
atomo
.
Il
microbiologo
studia
i
microbi
,
ma
egli
non
è
un
microbo
.
L
'
economista
,
non
diversamente
dal
sociologo
,
studia
la
società
della
quale
fa
parte
:
egli
non
è
estraneo
all
'
oggetto
del
suo
studio
nel
senso
particolare
in
cui
si
può
affermare
che
lo
sia
il
cultore
di
scienze
naturali
.
Di
conseguenza
,
lo
studioso
di
discipline
sociali
nella
sua
attività
intellettuale
(
e
politica
)
è
necessariamente
condizionato
dall
'
educazione
che
ha
ricevuto
,
dall
'
ambiente
dal
quale
proviene
,
dalle
sue
preferenze
circa
i
movimenti
della
società
in
cui
vive
,
in
una
parola
,
dalla
sua
ideologia
.
Di
ciò
egli
deve
essere
ben
consapevole
,
proprio
per
ridurre
le
distorsioni
che
nelle
sue
analisi
-
addirittura
nella
scelta
stessa
dei
temi
da
studiare
-
può
provocare
la
sua
ideologia
.
Lo
studioso
di
discipline
sociali
che
si
crede
orgogliosamente
"
obiettivo
"
,
neutrale
,
fuori
della
mischia
,
è
,
tutto
sommato
,
un
personaggio
patetico
,
perché
è
vittima
di
una
ideologia
senza
saperlo
e
senza
possibilità
di
contrastarne
le
pressioni
.
Se
lo
studioso
non
può
sperare
di
essere
rigorosamente
"
obiettivo
"
(
ciò
che
è
impossibile
)
,
può
e
deve
tuttavia
sforzarsi
di
essere
intellettualmente
onesto
,
ossia
può
e
deve
cercare
di
vedere
tutti
gli
aspetti
di
un
determinato
problema
,
anche
gli
aspetti
per
lui
sgradevoli
,
e
non
solo
quelli
che
sono
conformi
alla
sua
ideologia
o
utili
per
la
sua
parte
politica
.
Detto
tutto
questo
,
credo
di
dover
spiegare
ai
lettori
alcuni
frammenti
della
mia
ideologia
,
nella
misura
in
cui
ne
sono
consapevole
:
tali
indicazioni
potranno
anche
chiarire
,
spero
,
il
motivo
o
i
motivi
che
mi
hanno
indotto
ad
affrontare
questi
problemi
,
ciò
che
a
rigore
rappresenta
un
'
invasione
in
campo
altrui
.
Indicherò
,
in
particolare
,
tre
punti
.
Punto
primo
.
La
posizione
del
singolo
nella
società
-
in
una
determinata
classe
o
gruppo
sociale
-
condiziona
il
suo
modo
di
pensare
e
di
agire
,
ma
non
lo
determina
in
modo
puntuale
.
Il
singolo
può
ampliare
(
ma
non
indefinitamente
)
i
limiti
entro
cui
pensa
e
agisce
proprio
attraverso
la
coscienza
e
la
conoscenza
critica
della
sua
posizione
nella
vita
sociale
.
Per
il
bene
o
per
il
male
,
la
zona
discrezionale
è
specialmente
ampia
nel
caso
di
coloro
che
appartengono
alle
classi
intermedie
e
,
ancora
più
specialmente
,
nel
caso
degli
intellettuali
;
ma
tende
a
crescere
anche
per
coloro
che
appartengono
alle
così
dette
masse
,
man
mano
che
il
livello
medio
di
vita
supera
il
livello
di
sussistenza
(
comunque
venga
inteso
)
.
Punto
secondo
.
Con
riferimento
alla
classificazione
indicata
nella
prima
tabella
(
v
.
l
'
Appendice
)
,
dal
punto
di
vista
economico
-
sociale
chi
scrive
,
che
è
un
professore
universitario
,
si
considera
membro
di
una
frangia
che
sta
fra
la
media
e
la
piccola
borghesia
.
Egli
è
dunque
,
per
diversi
motivi
,
un
privilegiato
-
lo
è
dal
punto
di
vista
economico
,
lo
è
dal
punto
di
vista
del
grado
d
'
istruzione
che
ha
potuto
conseguire
grazie
alla
posizione
sociale
della
sua
famiglia
e
non
per
virtù
"
innate
"
.
Ma
il
privilegio
non
è
,
in
sé
e
per
sé
,
un
motivo
di
censura
o
di
vergogna
:
lo
è
se
è
fine
a
se
stesso
;
non
lo
è
se
viene
usato
per
fini
socialmente
e
civilmente
validi
-
in
ultima
analisi
e
in
prospettiva
,
per
negare
i
privilegi
stessi
.
Punto
terzo
.
Chi
scrive
si
considera
,
politicamente
,
un
onesto
riformista
-
onesto
nel
senso
che
non
solo
crede
ma
,
con
le
sue
modestissime
forze
,
opera
per
le
riforme
,
specialmente
per
quelle
riforme
che
possano
contribuire
a
"
sgombrare
il
terreno
da
tutti
quegli
impedimenti
legalmente
controllabili
che
impacciano
lo
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
,
Prefazione
al
Capitale
,
Ed
.
Rinascita
,
Roma
,
1951
,
p
.
17
)
.
Egli
pensa
di
avere
una
tale
concezione
non
per
una
straordinaria
nobiltà
di
animo
e
per
una
generosità
senza
pari
,
ma
semplicemente
per
ragioni
di
meditato
egoismo
:
il
processo
di
trasformazione
sociale
del
nostro
paese
"
si
muoverà
in
forme
più
brutali
o
più
umane
secondo
il
grado
di
sviluppo
della
classe
operaia
"
(
Marx
)
e
,
più
in
generale
,
secondo
il
grado
di
sviluppo
delle
classi
inferiori
o
subalterne
:
lo
stesso
livello
civile
della
nostra
società
e
,
in
definitiva
,
della
nostra
vita
quotidiana
,
dipendono
dal
grado
di
sviluppo
di
queste
classi
,
che
nessuna
legge
soprannaturale
ha
condannato
a
rimanere
per
sempre
subalterne
.
Pur
considerandosi
un
riformista
,
chi
scrive
non
ha
ostilità
,
ha
anzi
rispetto
,
per
coloro
che
vogliono
operare
da
rivoluzionari
,
a
condizione
che
si
tratti
di
rivoluzionari
seri
e
non
di
miserevoli
parolai
o
di
luridi
imbroglioni
.
E
sebbene
egli
auspichi
le
riforme
non
per
consolidare
il
sistema
ma
per
cambiarlo
,
chi
scrive
deve
ammettere
che
gli
fa
difetto
la
fede
rivoluzionaria
-
la
fede
nella
necessità
o
nell
'
utilità
di
un
grande
trauma
nel
processo
di
trasformazione
sociale
.
Dopo
questa
premessa
,
lunga
ma
,
spero
,
non
inutile
,
entro
nel
tema
che
mi
sono
proposto
.
Intendo
,
in
particolare
,
presentare
un
breve
abbozzo
di
analisi
,
anche
quantitativa
,
delle
classi
sociali
considerate
,
in
prima
istanza
,
dal
punto
di
vista
economico
.
L
'
obiettivo
è
di
contribuire
alla
comprensione
critica
di
noi
stessi
e
dei
nostri
problemi
sociali
;
oggi
,
in
particolare
,
è
importante
cercare
di
comprendere
la
natura
degli
ostacoli
che
finora
hanno
in
gran
parte
impedito
l
'
attuazione
delle
riforme
e
il
significato
delle
lotte
sociali
e
politiche
e
delle
alleanze
che
in
queste
lotte
si
stabiliscono
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
.
Si
tratta
solo
di
un
esame
preliminare
:
se
il
punto
di
partenza
è
valido
altri
potranno
elaborare
una
vera
e
propria
analisi
critica
della
società
italiana
di
cui
tutti
,
ma
specialmente
gli
uomini
della
sinistra
,
avvertono
oramai
un
acuto
bisogno
.
I
.
Tendenze
di
lungo
periodo
1
.
Distribuzione
del
reddito
e
classi
sociali
La
distribuzione
del
reddito
nazionale
costituisce
il
problema
centrale
degli
economisti
classici
,
particolarmente
di
Adam
Smith
e
David
Ricardo
,
i
quali
considerano
essenzialmente
tre
grandi
categorie
di
redditi
,
ossia
tre
grandi
classi
sociali
:
i
proprietari
fondiari
(
rendita
fondiaria
)
,
i
capitalisti
agrari
,
industriali
e
commerciali
(
profitto
)
e
i
lavoratori
dipendenti
(
salario
)
.
Per
gli
economisti
classici
la
rendita
urbana
costituisce
una
sottocategoria
della
rendita
fondiaria
e
l
'
interesse
è
-
usando
l
'
espressione
di
Smith
-
un
"
reddito
derivato
"
:
dal
profitto
nel
caso
di
prestiti
alla
produzione
,
da
uno
degli
altri
due
redditi
nel
caso
di
prestiti
al
consumo
;
generalmente
,
sono
i
mercanti
che
fanno
prestiti
allo
Stato
o
a
privati
-
Marx
parlerà
poi
di
"
capitalisti
monetari
"
.
I
classici
sono
ben
consapevoli
che
esistono
i
lavoratori
indipendenti
,
al
loro
tempo
molto
numerosi
:
coltivatori
diretti
(
farmers
)
e
artigiani
(
independent
manufacturers
)
:
costoro
ottengono
redditi
che
sono
una
combinazione
di
due
o
tre
dei
redditi
originari
sopra
indicati
;
oggi
parliamo
di
redditi
"
misti
"
.
Infine
,
ci
sono
tutti
coloro
che
percepiscono
stipendi
o
altri
compensi
dallo
Stato
o
da
istituzioni
o
da
"
ricchi
"
:
sono
tutti
lavoratori
"
improduttivi
"
,
che
ottengono
redditi
derivati
(
Smith
,
Ricchezza
delle
nazioni
,
ed.
Cannan
,
Methuen
,
Londra
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
352
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Il
lavoro
di
alcuni
dei
più
rispettabili
ordini
della
società
è
,
come
quello
dei
servitori
,
improduttivo
di
ogni
valore
,
e
non
si
fissa
o
si
realizza
in
alcun
oggetto
durevole
o
in
alcuna
merce
vendibile
...
Il
sovrano
,
per
esempio
,
e
tutti
gli
impiegati
civili
e
militari
che
servono
sotto
di
lui
,
l
'
intero
esercito
e
l
'
intera
marina
sono
lavoratori
improduttivi
.
Essi
sono
servitori
del
pubblico
e
sono
mantenuti
con
una
parte
del
prodotto
annuo
dell
'
operosità
degli
altri
...
Alla
stessa
classe
appartengono
gli
ecclesiastici
,
i
giuristi
,
i
letterati
di
ogni
genere
,
i
medici
,
come
pure
i
commedianti
,
i
buffoni
,
i
musicisti
,
i
cantanti
,
le
ballerine
,
ecc.
Mentre
il
concetto
smithiano
di
lavoratori
improduttivi
è
stato
vivacemente
attaccato
dai
successori
degli
economisti
classici
,
la
tripartizione
smithiana
dei
redditi
(
e
delle
classi
)
è
stata
sostanzialmente
accettata
e
tuttora
si
ritrova
nei
libri
di
testo
di
economia
,
anche
se
in
questi
libri
si
parla
solo
di
redditi
e
non
di
classi
;
l
'
unico
emendamento
,
per
così
dire
,
riguarda
l
'
interesse
,
che
è
stato
elevato
al
grado
di
reddito
originario
,
imputabile
al
capitale
e
quindi
al
proprietario
del
capitale
stesso
,
distinguendolo
dal
profitto
,
imputabile
all
'
imprenditore
.
(
L
'
emendamento
è
importante
e
si
ricollega
ad
una
certa
evoluzione
della
teoria
economica
,
che
oggi
è
soggetta
a
critiche
sempre
più
stringenti
;
ma
su
tale
questione
non
mi
soffermo
)
.
Un
altro
emendamento
,
che
pochi
economisti
fanno
ma
che
comunque
deve
essere
fatto
,
riguarda
la
rendita
urbana
e
i
connessi
guadagni
speculativi
:
mentre
al
tempo
dei
classici
era
giusto
considerare
la
rendita
fondiaria
come
la
categoria
principale
e
la
rendita
urbana
dome
una
sottocategoria
di
secondaria
importanza
,
oggi
,
col
tumultuoso
sviluppo
delle
città
e
,
in
certi
casi
,
delle
megalopoli
,
occorre
rovesciare
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
delle
due
rendite
:
oggi
gli
stessi
spostamenti
di
ricchezza
e
la
rapida
formazione
di
cospicui
patrimoni
provengono
spesso
da
speculazioni
connesse
con
la
rendita
urbana
,
speculazioni
nelle
quali
,
oltre
il
mercato
,
entra
il
potere
politico
,
al
livello
centrale
o
al
livello
locale
;
di
più
,
quel
che
avviene
in
questo
campo
deturpa
molte
nostre
città
,
ne
rende
penosa
la
vita
e
concorre
grandemente
a
creare
quella
carenza
di
case
a
basso
prezzo
e
quelle
congestioni
che
,
fra
l
'
altro
,
facendo
salire
il
costo
della
vita
e
sterilizzando
una
parte
del
potere
di
acquisto
dei
salari
,
contribuiscono
a
distorcere
e
a
frenare
il
processo
di
sviluppo
economico
.
(
Tuttavia
,
non
va
soltanto
rivisto
il
giudizio
sull
'
importanza
relativa
sui
due
tipi
di
rendite
:
va
rivista
la
stessa
concezione
degli
economisti
classici
,
anche
sulla
traccia
delle
analisi
di
Marx
e
di
Engels
,
poiché
la
natura
della
rendita
urbana
è
profondamente
diversa
da
quella
della
rendita
fondiaria
)
.
Come
eredità
dei
classici
,
è
rimasto
anche
il
concetto
di
reddito
misto
che
,
per
definizione
,
costituirebbe
una
combinazione
dei
redditi
originari
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
continuano
ad
essere
considerati
quali
redditi
derivati
,
ciò
che
del
resto
è
ovvio
,
essendo
tali
redditi
pagati
col
gettito
di
tributi
o
contributi
.
Già
Marx
aveva
avvertito
(
Capitale
,
libro
III
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1965
,
p
.
993
)
che
quelli
che
oggi
chiamiamo
redditi
"
misti
"
(
principalmente
quelli
dei
coltivatori
diretti
,
degli
artigiani
e
dei
piccoli
commercianti
)
avevano
carattere
pre
-
capitalistico
e
"
solo
fino
ad
un
certo
punto
"
potevano
essere
considerati
come
una
combinazione
dei
tre
redditi
originari
di
Adam
Smith
.
In
verità
,
la
teoria
tradizionale
,
che
accoglie
acriticamente
e
senza
qualificazioni
una
tale
concezione
,
va
riconsiderata
a
fondo
:
se
fra
i
redditi
"
misti
"
e
i
tre
redditi
originari
vi
sono
importanti
elementi
comuni
,
vi
sono
anche
differenze
profonde
:
perfino
dal
punto
di
vista
quantitativo
in
pratica
accade
spesso
(
e
non
solo
in
Italia
)
che
l
'
intero
reddito
di
un
piccolo
coltivatore
diretto
,
per
esempio
,
che
in
astratto
dovrebbe
conglobare
rendita
,
profitto
e
salario
,
è
inferiore
al
solo
salario
medio
pagato
nel
settore
industriale
moderno
.
Per
una
tale
revisione
critica
della
teoria
dei
redditi
misti
che
sono
ottenuti
dai
così
detti
lavoratori
indipendenti
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
,
piccoli
commercianti
,
professionisti
indipendenti
)
,
è
necessario
partire
dalla
distinzione
fra
beni
che
entrano
e
beni
che
non
entrano
in
concorrenza
con
quelli
prodotti
da
unità
produttive
moderne
.
Nel
primo
caso
,
vi
sarà
una
tendenza
alla
graduale
emarginazione
e
,
a
lungo
andare
,
eliminazione
dei
produttori
indipendenti
,
che
appunto
soccombono
nella
concorrenza
con
le
unità
moderne
:
su
questa
base
Marx
formulava
la
sua
previsione
della
tendenziale
scomparsa
di
quei
gruppi
sociali
.
Una
tale
tendenza
,
che
è
debole
quando
è
lento
lo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
forte
quando
questo
sviluppo
è
rapido
,
può
essere
deliberatamente
frenata
dalla
classe
dominante
,
per
mezzo
di
leggi
e
di
altri
interventi
,
proprio
con
l
'
obiettivo
di
una
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Così
,
in
Italia
è
stato
frenato
il
declino
numerico
ed
economico
dei
coltivatori
diretti
,
con
successo
fino
alla
seconda
guerra
mondiale
,
anche
per
il
relativamente
lento
sviluppo
industriale
;
in
seguito
,
sia
per
il
processo
d
'
integrazione
economica
internazionale
,
sia
per
l
'
accelerazione
dello
sviluppo
dell
'
industria
moderna
,
i
freni
non
hanno
più
funzionato
o
,
meglio
,
sono
solo
serviti
a
rendere
forse
meno
precipitoso
il
processo
;
in
ogni
modo
,
la
flessione
della
massa
dei
coltivatori
è
stata
non
meno
rilevante
di
quella
dei
salariati
in
agricoltura
-
essendo
queste
le
due
componenti
dell
'
enorme
esodo
agrario
che
si
è
verificato
nel
dopoguerra
(
v
.
la
tabella
1.1
)
.
Molto
più
efficaci
sono
stati
e
continuano
ad
essere
gl
'
interventi
a
favore
dei
piccoli
commercianti
,
il
cui
numero
è
andato
crescendo
e
continua
a
crescere
praticamente
senza
interruzione
.
Riguardo
ai
coltivatori
diretti
,
il
processo
di
espulsione
va
studiato
,
da
un
lato
,
con
riferimento
ai
prezzi
e
ai
costi
dei
prodotti
agricoli
e
,
dall
'
altro
,
con
riferimento
alle
possibilità
di
occupazione
ed
ai
redditi
(
particolarmente
ai
salari
)
ottenibili
nel
settore
moderno
.
Riguardo
ai
piccoli
commercianti
,
occorre
osservare
che
la
concorrenza
potenziale
non
proviene
da
merci
ma
da
servizi
,
che
potrebbero
essere
-
e
in
misura
nel
nostro
paese
molto
modesta
sono
-
forniti
da
unità
commerciali
grandi
ed
efficienti
:
la
legge
e
,
sulla
base
della
legge
,
gl
'
interventi
amministrativi
spesso
semplicemente
impediscono
a
queste
unità
di
sorgere
.
Inoltre
,
in
queste
condizioni
-
a
differenza
di
quanto
accade
per
le
merci
-
la
concorrenza
internazionale
manca
del
tutto
.
Questa
è
una
delle
principali
ragioni
che
spiegano
il
successo
degli
interventi
pubblici
a
favore
dei
piccoli
commercianti
.
Nel
caso
di
merci
o
servizi
prodotte
da
lavoratori
s
indipendenti
che
non
concorrono
ma
anzi
sono
complementari
rispetto
alle
merci
o
ai
servizi
offerti
dalle
'
'
unità
moderne
,
non
c
'
è
quella
tendenza
al
declino
,
ma
anzi
la
tendenza
opposta
:
ciò
appunto
si
verifica
per
egli
artigiani
e
i
piccoli
produttori
che
forniscono
merci
o
servizi
alle
grandi
unità
,
le
quali
cercano
di
utilizzare
questi
produttori
per
il
proprio
vantaggio
.
Un
fenomeno
analogo
si
verifica
anche
per
le
officine
per
la
riparazione
di
automobili
o
di
elettrodomestici
o
di
altri
oggetti
o
attrezzature
domestiche
.
In
ultima
analisi
,
le
unità
artigianali
di
tipo
moderno
sono
sempre
direttamente
o
indirettamente
satelliti
delle
grandi
o
grandissime
imprese
.
In
una
situazione
particolare
si
trovano
i
professionisti
indipendenti
(
specialmente
medici
,
avvocati
,
ingegneri
,
architetti
)
:
molti
di
questi
professionisti
sono
oramai
indipendenti
solo
di
nome
,
poiché
sempre
più
frequenti
sono
i
casi
di
rapporti
organici
con
grandi
società
e
con
istituzioni
pubbliche
;
altri
,
tuttavia
,
sono
effettivamente
indipendenti
,
almeno
entro
certi
limiti
.
Per
questi
professionisti
,
specialmente
per
quelli
che
riescono
a
raggiungere
posizioni
di
rilievo
,
conviene
usare
come
punto
di
partenza
l
'
analisi
del
monopolio
o
del
quasi
monopolio
,
tenendo
conto
che
i
prezzi
dei
loro
servizi
-
come
anche
,
sostanzialmente
,
i
prezzi
dei
servizi
commerciali
-
non
sono
propriamente
regolati
dal
mercato
ma
sono
prezzi
"
amministrati
"
sulla
base
di
intese
tacite
o
espresse
o
di
regolamenti
di
ordini
professionali
.
Vi
sono
infine
gli
stipendi
degli
impiegati
,
che
l
'
analisi
economica
tradizionale
assimila
ai
salari
,
cosicché
la
teoria
del
salario
viene
ad
includere
la
teoria
dello
stipendio
.
Questo
punto
di
vista
va
radicalmente
riconsiderato
.
Gli
stipendi
degli
impiegati
che
operano
in
imprese
o
aziende
pubbliche
o
private
che
producono
merci
o
servizi
nel
mercato
aperto
rientrano
nelle
spese
generali
e
sono
in
qualche
modo
collegati
con
l
'
attività
produttiva
,
con
i
costi
ed
i
prezzi
,
anche
se
il
collegamento
è
diverso
da
quello
dei
salari
,
che
di
regola
,
almeno
finora
,
rientrano
nelle
spese
dirette
e
variano
immediatamente
al
variare
della
produzione
.
Per
gli
stipendi
di
questi
impiegati
valgono
,
ma
solo
fino
ad
un
certo
punto
,
le
analisi
che
si
possono
elaborare
per
i
salari
degli
operai
.
In
una
posizione
particolare
si
trovano
gli
alti
dirigenti
delle
società
per
azioni
private
e
pubbliche
,
i
quali
ottengono
emolumenti
che
solo
per
una
parte
hanno
la
natura
di
stipendi
:
per
un
'
altra
parte
-
la
parte
variabile
-
rappresentano
una
sorta
di
partecipazione
ai
profitti
.
Inoltre
,
fra
gl
'
impiegati
conviene
distinguere
gl
'
impiegati
amministrativi
dai
tecnici
,
che
sovraintendono
agli
impianti
,
alle
macchine
e
ai
laboratori
.
Per
gli
stipendi
degli
impiegati
che
lavorano
in
imprese
o
aziende
che
non
producono
merci
o
servizi
per
il
mercato
o
che
lavorano
in
pubbliche
amministrazioni
,
i
punti
di
contatto
con
la
logica
che
regola
i
salari
sono
molto
indiretti
e
limitati
.
Perché
il
livello
degli
stipendi
degli
impiegati
pubblici
è
quello
che
è
?
Perché
varia
?
Per
rispondere
a
queste
domande
,
occorre
certamente
considerare
,
come
punto
di
partenza
,
il
livello
e
le
variazioni
degli
stipendi
degli
impiegati
privati
,
così
come
,
per
comprendere
il
livello
e
le
variazioni
di
questi
stipendi
,
occorre
partire
dalla
considerazione
dei
salari
.
Ma
è
solo
il
primo
passo
:
analogamente
ai
lavoratori
salariati
,
che
nel
periodo
moderno
non
sono
affatto
costretti
al
livello
di
sussistenza
,
sia
pure
inteso
in
senso
sociale
o
storico
,
anche
i
lavoratori
stipendiati
si
battono
per
partecipare
nella
massima
misura
possibile
al
sovrappiù
,
o
reddito
nazionale
netto
,
e
al
suo
incremento
.
Sia
i
salariati
che
gli
impiegati
non
si
battono
solo
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
ma
anche
con
mezzi
più
ampiamente
politici
,
principalmente
influendo
sull
'
azione
dei
partiti
che
ne
rappresentano
gl
'
interessi
per
ottenere
leggi
e
interventi
amministrativi
ad
essi
favorevoli
.
L
'
azione
degli
impiegati
,
tuttavia
,
è
caratterizzata
da
almeno
due
importanti
elementi
differenziali
rispetto
all
'
azione
dei
salariati
,
uno
a
loro
vantaggio
,
l
'
altro
a
loro
danno
.
L
'
elemento
a
loro
vantaggio
sta
nel
fatto
che
la
gestione
della
cosa
pubblica
,
come
anche
la
gestione
dei
partiti
,
è
in
grandissima
parte
nelle
mani
di
membri
della
stessa
classe
alla
quale
appartengono
,
la
piccola
borghesia
,
particolarmente
della
piccola
borghesia
impiegatizia
,
così
che
essi
trovano
i
loro
punti
di
forza
,
più
che
negli
scioperi
,
nel
campo
degli
interventi
legislativi
e
amministrativi
.
Sia
pure
con
un
significato
alquanto
diverso
,
si
può
ripetere
quanto
Smith
scriveva
quasi
due
secoli
fa
(
Ricchezza
delle
nazioni
,
cit
.
,
II
,
p
.
395
,
trad.
dell
'
autore
)
:
Gli
emolumenti
dei
funzionari
sono
forse
,
nella
maggior
parte
dei
paesi
,
più
elevati
di
quanto
occorrerebbe
,
poiché
coloro
che
amministrano
la
cosa
pubblica
sono
in
generale
inclini
a
remunerare
se
stessi
e
i
loro
immediati
dipendenti
piuttosto
troppo
che
troppo
poco
.
Questa
osservazione
tuttavia
,
se
vogliamo
prendere
Smith
alla
lettera
,
vale
per
gl
'
impiegati
che
dipendono
immediatamente
dai
capi
politici
e
amministrativi
,
i
quali
,
oltre
lo
stipendio
,
hanno
anche
altri
canali
per
attingere
al
"
sovrappiù
"
-
compensi
speciali
di
vario
genere
,
liquidazioni
principesche
e
pensioni
speciali
.
Vale
anche
per
tutti
quei
funzionari
e
impiegati
che
riescono
a
conquistare
posizioni
di
quasi
monopolio
e
a
difenderle
con
appropriate
barriere
istituzionali
e
legislative
;
ciò
avviene
,
nel
nostro
paese
,
in
certi
settori
della
burocrazia
,
negli
istituti
di
credito
,
negli
istituti
di
assistenza
e
previdenza
-
prima
charitas
mea
charitas
-
,
in
numerosi
enti
pubblici
e
in
aziende
municipalizzate
.
(
Una
particolareggiata
analisi
quantitativa
degli
stipendi
e
dei
compensi
dei
gradi
più
elevati
della
burocrazia
pubblica
e
degli
enti
di
tipo
pubblico
sarebbe
molto
istruttiva
;
ma
,
per
ovvie
ragioni
,
è
difficilissima
da
fare
)
.
Il
risultato
delle
spinte
molteplici
e
d
'
intensità
molto
differenziata
messe
in
atto
dalle
diverse
categorie
di
dipendenti
pubblici
(
in
senso
lato
)
è
una
impressionante
varietà
di
retribuzioni
,
che
di
recente
è
stata
illustrata
con
tanta
efficacia
da
Ermanno
Gorrieri
.
Questa
varietà
,
a
sua
volta
,
costituisce
una
fonte
inesauribile
di
agitazioni
,
poiché
i
gruppi
che
restano
indietro
compiono
ogni
sforzo
per
avvicinarsi
,
economicamente
,
a
quelli
che
sono
riusciti
ad
andare
avanti
;
in
queste
agitazioni
tutti
i
gruppi
imitano
la
strategia
e
le
parole
d
'
ordine
dei
sindacati
operai
e
qualche
volta
adottano
perfino
una
fraseologia
rivoluzionaria
.
In
queste
agitazioni
-
che
si
aggravano
nei
periodi
d
'
inflazione
-
prevalgono
i
gruppi
che
sono
più
compatti
e
più
forti
,
per
motivi
economici
(
posizione
di
tipo
monopolistico
nel
mercato
)
o
istituzionali
,
o
politici
,
o
,
spesso
,
per
una
combinazione
di
questi
motivi
.
Restano
indietro
i
gruppi
più
deboli
,
che
generalmente
si
trovano
negli
strati
intermedi
o
inferiori
degli
impiegati
pubblici
o
parastatali
.
E
qui
compare
l
'
altro
elemento
,
quello
sfavorevole
,
che
differenzia
gl
'
impiegati
dai
salariati
:
data
la
minore
penosità
del
lavoro
e
data
la
garanzia
della
stabilità
,
la
pressione
dei
candidati
ai
posti
del
pubblico
impiego
è
forse
perfino
proporzionalmente
maggiore
dell
'
analoga
pressione
esercitata
da
coloro
che
vogliono
diventare
salariati
-
s
'
intende
,
nel
settore
moderno
;
comunque
,
le
resistenze
sono
minori
,
perché
nell
'
amministrazione
pubblica
sono
ben
più
incerte
e
indefinite
che
nelle
imprese
di
produzione
le
esigenze
organizzative
e
amministrative
.
Il
limite
,
a
rigore
,
è
dato
dalla
capacità
dei
bilanci
degli
organismi
su
cui
quegli
impiegati
gravano
;
ma
poiché
si
tratta
di
bilanci
non
collegati
direttamente
con
attività
produttive
,
quel
limite
è
molto
elastico
.
Nello
stesso
tempo
,
per
ragioni
di
potere
e
di
stabilizzazione
politica
,
è
forte
l
'
inclinazione
dei
gruppi
dominanti
,
centrali
o
locali
,
a
far
entrare
nella
burocrazia
quelli
che
sono
o
possono
diventare
loro
clienti
.
Il
risultato
è
,
sotto
un
certo
aspetto
,
sfavorevole
per
gli
strati
inferiori
e
intermedi
di
impiegati
,
nel
senso
che
le
remunerazioni
di
questi
impiegati
,
a
causa
del
numero
,
sono
e
restano
relativamente
basse
o
molto
basse
.
Tuttavia
,
non
va
dimenticato
che
per
numerosi
impiegati
dei
gradi
inferiori
il
vantaggio
non
sta
in
uno
stipendio
elevato
,
ma
nel
fatto
stesso
di
essere
entrati
,
grazie
a
favori
di
tipo
politico
,
nella
burocrazia
,
salvandosi
,
per
così
dire
,
da
un
lavoro
manuale
duro
e
mal
remunerato
o
da
condizioni
di
vera
e
propria
disoccupazione
.
Esempi
di
attività
in
cui
le
frequenti
retribuzioni
privilegiate
sono
imputabili
essenzialmente
a
posizioni
di
tipo
monopolistico
ovvero
oligopolistico
sono
l
'
industria
elettrica
il
servizio
telefonico
,
le
aziende
di
credito
;
gli
ospedali
,
le
aziende
municipalizzate
,
le
amministrazioni
degli
enti
locali
offrono
esempi
di
aree
in
cui
operano
,
contemporaneamente
,
fattori
economici
e
fattori
politici
,
specialmente
di
carattere
clientelare
.
Vi
sono
dunque
nella
nostra
società
numerosi
e
ampi
casi
di
parassitismo
e
una
fetta
non
indifferente
del
reddito
nazionale
viene
sprecata
,
dal
punto
di
vista
economico
,
in
diversi
modi
,
a
volte
in
modi
che
non
comportano
semplicemente
una
redistribuzione
,
ma
anche
una
riduzione
del
reddito
e
una
distorsione
nella
sua
composizione
:
rendite
urbane
(
con
le
connesse
operazioni
speculative
che
in
questo
dopoguerra
sono
all
'
origine
di
numerosi
patrimoni
di
medie
e
grandi
dimensioni
)
,
guadagni
di
intermediazione
spesso
ingiustificabili
sul
piano
strettamente
economico
,
stipendi
e
compensi
ingiustificatamente
elevati
per
i
gradi
più
alti
della
burocrazia
statale
e
parastatale
,
stipendi
e
compensi
per
persone
economicamente
inutili
.
Si
tratta
,
in
tutti
i
casi
,
di
parassitismo
economico
;
se
in
molti
casi
-
specialmente
nel
settore
del
piccolo
commercio
e
degli
impiegati
dei
gradi
inferiori
-
i
guadagni
sono
magri
,
ciò
non
toglie
affatto
che
si
tratta
,
dal
punto
di
vista
economico
,
di
guadagni
parassitari
.
Ci
sono
,
oramai
,
più
parassiti
e
sfruttatori
fra
i
così
detti
ceti
medi
che
nell
'
intera
classe
capitalistica
.
(
A
rigore
,
sono
da
considerare
parassitari
anche
i
redditi
che
vanno
a
operai
di
industrie
passive
,
che
sono
tenute
in
piedi
con
sovvenzioni
statali
;
ma
indubbiamente
il
fenomeno
del
parassitismo
è
molto
più
grave
nei
settori
sopra
ricordati
di
ceti
medi
)
.
Una
considerazione
a
parte
meritano
i
redditi
di
coloro
che
hanno
occupazioni
precarie
e
saltuarie
e
,
più
specificamente
,
di
coloro
che
appartengono
al
sottoproletariato
(
i
quali
,
tutti
,
hanno
occupazioni
precarie
)
;
in
certi
casi
si
tratta
di
redditi
simili
ai
salari
,
ma
di
regola
sensibilmente
più
bassi
;
in
altri
,
di
redditi
simili
a
quelli
che
sono
stati
definiti
redditi
"
misti
"
(
commercianti
ambulanti
)
.
In
ogni
caso
si
tratta
di
redditi
che
,
oltre
ad
essere
,
considerati
nel
tempo
,
fra
i
più
bassi
,
sono
anche
incerti
ed
altamente
variabili
,
ciò
che
ha
conseguenze
di
rilievo
non
solo
dal
punto
di
vista
economico
ma
anche
da
quello
sociologico
.
Appare
chiaro
,
ora
,
quanto
siano
insoddisfacenti
quegli
schemi
teorici
che
considerano
,
sia
pure
come
prima
approssimazione
,
solo
due
grandi
quote
,
in
corrispondenza
delle
due
grandi
classi
sociali
(
proletari
e
capitalisti
)
:
si
può
stimare
che
la
somma
dei
salari
e
dei
profitti
propriamente
detti
non
arrivi
neppure
al
50%
del
reddito
nazionale
(
v
.
la
tabella
3.2
)
.
2
.
Cause
della
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
In
via
generale
,
la
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
può
essere
oggetto
di
due
critiche
distinte
,
secondo
che
essa
si
ricolleghi
alla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ovvero
alla
differenziazione
delle
attività
lavorative
.
Con
riferimento
al
primo
ordine
di
critiche
occorre
ammettere
,
sempre
in
via
generale
,
che
in
una
società
capitalistica
la
diseguaglianza
dipende
,
alla
radice
,
da
un
fatto
istituzionale
,
che
non
può
essere
modificato
se
non
modificando
l
'
intero
assetto
istituzionale
;
subordinatamente
,
ma
non
marginalmente
,
dipende
dalla
forza
comparativa
,
variabile
nel
tempo
,
dei
gruppi
sociali
che
concorrono
alla
spartizione
del
reddito
.
Nel
settore
privato
di
una
società
capitalistica
il
fatto
istituzionale
(
proprietà
privata
)
ha
una
rilevanza
diretta
,
mentre
nel
settore
pubblico
ha
assunto
una
rilevanza
indiretta
:
nel
settore
pubblico
il
reddito
viene
ottenuto
attraverso
prelievi
di
tipo
tributario
e
poi
distribuito
ai
pubblici
funzionari
secondo
leggi
e
regole
che
dipendono
appunto
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
.
Una
posizione
particolare
assume
il
settore
che
fa
capo
alle
società
per
azioni
,
in
cui
la
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
diviene
un
concetto
ambiguo
e
problematico
;
una
posizione
ancor
più
particolare
assume
poi
il
sottosettore
che
fa
capo
a
società
per
azioni
a
prevalente
partecipazione
statale
.
Nell
'
intera
società
,
la
posizione
preminente
è
quella
di
coloro
che
riescono
in
qualche
modo
a
controllare
o
quanto
meno
ad
influire
sul
processo
di
accumulazione
nel
settore
privato
o
nel
settore
pubblico
inteso
in
senso
ampio
.
(
Anche
nel
collettivismo
si
può
avere
una
diseguaglianza
nella
distribuzione
del
reddito
non
imputabile
ad
attività
lavorative
differenziate
nella
qualità
e
nella
specializzazione
:
l
'
appropriazione
privilegiata
di
una
quota
del
reddito
da
parte
di
alcuni
gruppi
dipende
in
questo
caso
dall
'
assetto
politico
e
istituzionale
,
ma
non
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
la
cui
abolizione
,
da
sola
,
non
assicura
affatto
l
'
attuazione
del
socialismo
)
.
Le
critiche
del
secondo
ordine
(
diseguaglianza
imputabile
alle
diverse
qualificazioni
e
specializzazioni
)
pongono
la
questione
dell
'
accesso
ai
livelli
medi
e
superiori
dell
'
istruzione
e
,
più
in
generale
,
quella
dei
rapporti
fra
distribuzione
del
reddito
e
divisione
sociale
del
lavoro
:
una
questione
che
un
tempo
fu
molto
dibattuta
fra
gli
economisti
(
per
esempio
,
da
Smith
e
dai
suoi
epigoni
)
,
ma
che
oggi
lo
è
solo
eccezionalmente
;
è
invece
studiata
da
sociologi
e
da
pedagogisti
,
i
quali
ultimi
per
le
società
più
avanzate
hanno
posto
,
come
prospettiva
di
lungo
periodo
,
la
questione
della
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
con
una
certa
rotazione
verticale
del
lavoro
che
quanto
meno
elimini
i
lavori
più
ripetitivi
e
più
umilianti
;
naturalmente
un
tale
processo
implicherebbe
l
'
accelerazione
e
,
per
certi
aspetti
,
la
modifica
dell
'
evoluzione
tecnologica
.
In
una
società
come
quella
italiana
,
questo
non
sembra
un
problema
urgente
,
come
lo
è
invece
quello
delle
diseguaglianze
nella
distribuzione
del
reddito
e
del
potere
economico
e
politico
discendenti
da
altri
motivi
(
quelle
che
ho
chiamate
diseguaglianze
del
primo
ordine
)
.
Il
pedagogista
Visalberghi
,
tuttavia
,
sostiene
che
gli
studiosi
e
gli
uomini
politici
che
vogliono
vedere
lontano
e
che
vogliono
operare
in
vista
di
una
società
senza
classi
debbono
porsi
il
problema
fin
da
adesso
anche
in
Italia
.
Oggi
intanto
domina
l
'
ideologia
piccolo
-
borghese
,
molto
efficacemente
descritta
da
Ermanno
Gorrieri
:
si
fa
una
netta
distinzione
fra
lavoro
manuale
e
intellettuale
e
si
proclama
giusto
il
fatto
che
il
secondo
sia
remunerato
assai
meglio
del
primo
e
riscuota
maggior
prestigio
,
dato
che
esso
si
fonda
su
sacrifici
,
dispendio
di
tempo
per
lo
studio
e
rinuncia
a
guadagni
più
immediati
.
Questo
punto
di
vista
-
sostiene
Gorrieri
,
a
mio
parere
assai
fondatamente
-
costituisce
in
ultima
analisi
una
mistificazione
:
1
)
perché
non
è
vero
che
lo
studiare
comporti
sacrifici
maggiori
che
il
lavorare
;
2
)
perché
"
la
possibilità
di
rinviare
il
momento
di
guadagnare
e
di
sostenere
le
spese
per
gli
studi
dipende
quasi
sempre
dalle
condizioni
economiche
,
della
famiglia
a
cui
il
giovane
appartiene
.
Nella
maggior
parte
dei
casi
non
si
tratta
di
libera
scelta
degli
interessati
ma
costituisce
un
privilegio
di
cui
alcuni
possono
usufruire
e
altri
no
.
In
pratica
,
la
possibilità
di
avvio
e
di
riuscita
negli
studi
superiori
non
rappresenta
un
'
opportunità
offerta
a
tutti
con
uguale
facilità
;
la
parità
delle
condizioni
di
partenza
è
ben
lontana
dal
verificarsi
nella
realtà
"
.
Insomma
,
non
è
lecito
"
il
porre
un
privilegio
(
l
'
accesso
alla
cultura
)
come
legittimazione
di
un
secondo
privilegio
(
una
condizione
economica
più
elevata
)
"
(
La
giungla
retributiva
,
cit
.
,
pp.
251-2
)
.
Dunque
,
in
una
società
come
quella
italiana
,
la
distribuzione
del
reddito
oggi
dipende
,
congiuntamente
,
dalla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
,
dal
controllo
politico
e
amministrativo
del
processo
di
accumulazione
e
dai
diversi
gradi
di
istruzione
e
di
qualificazione
di
coloro
che
lavorano
:
i
tre
aspetti
in
parte
si
sovrappongono
.
Si
può
affermare
che
la
lotta
per
il
potere
-
economico
e
politico
-
in
ultima
analisi
riguarda
le
modalità
e
le
conseguenze
della
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
e
le
possibilità
di
controllare
e
quindi
d
'
indirizzare
,
direttamente
o
indirettamente
,
il
processo
di
accumulazione
.
Si
può
affermare
tutto
ciò
purché
si
tenga
sempre
presente
che
le
tre
espressioni
al
singolare
(
"
la
lotta
"
,
"
la
proprietà
"
e
"
il
controllo
"
)
sono
modi
abbreviati
per
indicare
realtà
estremamente
complesse
,
contraddittorie
,
differenziate
e
mutevoli
nel
tempo
.
Nei
capitoli
che
seguono
mi
propongo
appunto
di
presentare
elementi
utili
per
un
futuro
approfondimento
critico
e
particolareggiato
di
quelle
affermazioni
:
non
è
da
escludere
che
,
una
volta
compiuto
un
tale
approfondimento
,
quelle
affermazioni
,
che
qui
sono
assunte
come
pure
ipotesi
di
lavoro
,
debbano
essere
modificate
o
addirittura
sostituite
con
ipotesi
diverse
.
Sulla
base
della
precedente
analisi
della
distribuzione
del
reddito
possiamo
formulare
la
seguente
suddivisione
delle
classi
sociali
.
I
.
Borghesia
vera
e
propria
:
grandi
proprietari
di
fondi
rustici
e
urbani
(
rendite
)
;
imprenditori
e
alti
dirigenti
di
società
per
azioni
(
profitti
e
redditi
misti
che
contengono
elevate
quote
di
profitto
)
;
professionisti
autonomi
(
redditi
misti
,
con
caratteri
di
redditi
di
monopolio
)
.
IIa
.
Piccola
borghesia
impiegatizia
(
stipendi
)
.
IIb
.
Piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
redditi
misti
)
:
coltivatori
diretti
,
artigiani
(
inclusi
i
piccoli
professionisti
)
,
commercianti
.
IIc
.
Piccola
borghesia
:
categorie
particolari
(
militari
,
religiosi
ed
altri
)
(
stipendi
)
.
IIIa
.
Classe
operaia
(
salari
)
.
IIIb
.
Sottoproletariato
.
Le
tre
categorie
della
piccola
borghesia
corrispondono
a
quelle
che
comunemente
sono
chiamate
classi
medie
La
definizione
delle
classi
sociali
e
del
concetto
stesso
di
classe
richiederebbe
un
'
ampia
discussione
,
che
qui
neppure
tento
di
affrontare
.
Mi
limito
a
ricordare
che
le
diverse
classi
e
sottoclassi
non
sono
divise
da
steccati
:
alcune
zone
sono
terra
di
nessuno
ed
esiste
una
certa
mobilità
sociale
,
che
presumibilmente
è
tanto
maggiore
quanto
più
rapido
è
il
processo
di
sviluppo
economico
.
Vi
sono
,
inoltre
,
numerose
persone
che
ottengono
redditi
plurimi
.
Si
tratta
,
per
esempio
,
di
professionisti
,
o
di
impiegati
,
o
di
commercianti
,
che
sono
anche
proprietari
di
fondi
rustici
o
urbani
;
in
questo
caso
i
redditi
si
sommano
e
gl
'
interessi
dei
titolari
sono
molteplici
:
dal
punto
di
vista
economico
converrà
includere
i
titolari
nella
classe
o
nella
sottoclasse
in
relazione
alla
fonte
del
reddito
prevalente
.
Ancora
:
mentre
i
"
ricchi
"
sono
inclusi
tutti
nella
prima
classe
,
nelle
altre
troviamo
individui
"
agiati
"
o
"
poveri
"
o
addirittura
"
poverissimi
"
,
secondo
il
livello
del
reddito
.
Se
si
considera
la
distribuzione
del
reddito
per
classe
o
sottoclasse
,
il
valore
di
massima
frequenza
(
moda
)
decresce
passando
dalla
classe
economicamente
più
elevata
alle
altre
;
ma
occorre
tener
presente
che
,
per
certi
aspetti
,
può
esservi
comunanza
d
'
interessi
e
quindi
solidarietà
fra
gli
strati
più
elevati
o
,
al
contrario
,
fra
quelli
più
bassi
delle
diverse
classi
e
sottoclassi
-
dove
il
concetto
di
alto
o
basso
,
naturalmente
,
è
riferito
al
livello
del
reddito
.
Tuttavia
,
da
un
punto
di
vista
più
ampio
di
quello
strettamente
economico
si
debbono
considerare
i
legami
dovuti
al
tipo
di
cultura
,
al
modo
di
vita
e
all
'
ambiente
(
per
esempio
:
grandi
città
e
piccoli
centri
,
città
e
campagna
)
.
Infine
,
occorre
considerare
la
dinamica
e
quindi
anche
la
storia
precedente
di
ciascuna
classe
o
sottoclasse
;
da
questo
punto
di
vista
,
le
stesse
classi
e
sottoclassi
appaiono
profondamente
diverse
nelle
regioni
settentrionali
rispetto
alle
regioni
meridionali
del
nostro
paese
;
e
le
differenze
diventano
ancora
più
grandi
quando
si
considerano
paesi
diversi
.
Per
distinguere
le
diverse
classi
sociali
il
reddito
è
dunque
un
elemento
importante
,
ma
non
tanto
per
il
suo
livello
,
quanto
per
il
modo
attraverso
cui
si
ottiene
;
tale
modo
si
riflette
nell
'
ambiente
e
nel
tipo
di
cultura
ed
è
condizionato
dalla
storia
precedente
della
società
di
cui
le
classi
costituiscono
parti
integranti
.
"
Con
riferimento
alla
divisione
delle
società
in
classi
,
il
"
modo
"
è
rilevante
in
quanto
attiene
ai
rapporti
di
potere
,
e
cioè
in
quanto
indica
attraverso
quali
forme
di
lotta
per
il
potere
si
determina
,
o
si
concorre
a
determinare
,
una
certa
distribuzione
del
reddito
e
un
certo
tipo
di
accumulazione
,
ossia
di
sviluppo
del
reddito
stesso
"
[
Queste
osservazioni
,
riportate
fra
virgolette
,
mi
sono
state
espresse
,
in
una
lettera
,
da
Antonio
Giolitti
:
ho
ritenuto
utile
riportarle
testualmente
]
.
Tenendo
ben
presenti
queste
avvertenze
,
può
essere
utile
riflettere
sulla
distribuzione
quantitativa
del
reddito
fra
le
diverse
classi
e
sottoclassi
sociali
in
Italia
.
Le
stime
(
tabelle
3.1
e
3.2
)
riguardano
il
1971
e
rappresentano
semplici
ordini
di
grandezza
:
mi
sono
deciso
a
presentarle
solo
perché
spero
che
esse
possano
provocare
indagini
più
approfondite
.
3
.
Tendenze
delle
classi
sociali
L
'
analisi
quantitativa
delle
classi
e
sottoclassi
sociali
nel
nostro
paese
mostra
che
il
fenomeno
più
rilevante
è
il
fortissimo
aumento
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
:
da
meno
di
un
milione
su
16
milioni
di
occupati
al
principio
del
secolo
ad
oltre
5
milioni
su
19
milioni
di
occupati
.
Prima
di
considerare
i
motivi
di
questa
enorme
espansione
,
dobbiamo
considerare
insieme
le
tendenze
quantitative
che
emergono
dalla
prima
tabella
.
L
'
aspetto
più
impressionante
è
che
,
nel
corso
del
tempo
,
le
quote
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
pur
fra
qualche
oscillazione
,
mostrano
una
fondamentale
stabilità
.
Questa
stabilità
,
tuttavia
,
è
il
risultato
di
variazioni
contrastanti
delle
quote
delle
sottoclassi
.
In
particolare
,
la
relativa
stabilità
della
quota
imputabile
alla
piccola
borghesia
nel
suo
complesso
è
il
risultato
di
un
forte
aumento
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
(
dal
2%
nel
1881
al
17%
nel
1971
)
,
accompagnato
da
un
'
altrettanto
forte
diminuzione
della
quota
relativa
alla
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
dal
41
al
29%
)
;
ed
anzi
la
diminuzione
di
quest
'
ultima
quota
sarebbe
stata
anche
maggiore
se
non
ci
fosse
stato
l
'
aumento
(
interno
a
questa
sottoclasse
)
nel
numero
dei
commercianti
.
Analogamente
,
la
relativa
stabilità
della
quota
relativa
alla
"
classe
operaia
"
è
il
risultato
di
una
somma
algebrica
fra
la
forte
flessione
della
quota
dei
salariati
agricoli
(
dal
36
al
6%
)
e
un
aumento
non
meno
rilevante
nella
quota
dei
salariati
che
lavorano
in
attività
extra
-
agricole
(
dal
17
al
42%
)
.
La
borghesia
vera
e
propria
costituisce
in
tutto
l
'
arco
del
periodo
considerato
una
quota
esigua
:
dal
2
al
2,5%
.
Anche
in
questo
caso
particolare
la
quota
è
relativamente
stabile
,
come
relativamente
stabile
,
anche
se
di
meno
,
è
il
livello
assoluto
.
Tuttavia
,
se
le
cifre
cambiano
poco
,
cambiano
profondamente
i
contenuti
:
questa
osservazione
vale
per
tutte
le
classi
,
anche
per
quelle
in
forte
espansione
,
ma
vale
con
particolare
forza
per
la
borghesia
.
I
grandi
proprietari
agrari
,
che
nel
secolo
scorso
avevano
grande
peso
sociale
e
politico
,
oltre
che
economico
,
oggi
hanno
una
modesta
rilevanza
.
Gl
'
imprenditori
proprietari
o
comproprietari
di
grandi
e
medie
imprese
(
quelli
che
posseggono
piccole
o
piccolissime
imprese
sono
inclusi
fra
gli
artigiani
)
hanno
pur
sempre
importanza
,
anche
se
la
loro
posizione
relativa
è
mutata
,
mentre
grandemente
accresciuto
è
il
peso
dei
dirigenti
delle
grandi
imprese
private
e
pubbliche
organizzate
nella
forma
di
società
per
azioni
,
dei
gruppi
finanziari
che
in
certi
settori
controllano
queste
imprese
e
dei
grandi
organismi
pubblici
di
produzione
e
di
erogazione
.
Oramai
,
coloro
che
dirigono
i
grandi
complessi
produttivi
e
finanziari
non
ne
sono
proprietari
che
in
piccola
parte
,
quelli
che
dirigono
i
grandi
organismi
pubblici
sono
ovviamente
esclusi
dalla
proprietà
di
quegli
organismi
:
la
separazione
fra
proprietà
e
direzione
è
andata
molto
avanti
nel
settore
moderno
dell
'
economia
italiana
.
Se
l
'
espressione
"
neocapitalismo
"
ha
un
significato
preciso
,
è
appunto
questo
:
un
'
economia
che
nell
'
industria
e
nella
finanza
è
dominata
da
gruppi
di
società
per
azioni
private
e
pubbliche
e
da
enti
pubblici
,
i
cui
massimi
dirigenti
(
i
generali
)
"
s
'
identificano
"
col
gruppo
o
con
la
società
o
con
l
'
ente
,
mentre
gl
'
impiegati
esecutivi
(
gli
ufficiali
subalterni
che
hanno
i
rapporti
diretti
con
i
sergenti
e
i
soldati
)
sono
tagliati
fuori
dai
processi
decisionali
e
i
dirigenti
intermedi
in
parte
diventano
"
fiduciari
"
dei
massimi
dirigenti
e
in
parte
seguono
la
sorte
degli
impiegati
esecutivi
.
La
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
,
ossia
la
piccola
borghesia
tradizionale
,
costituita
nella
massima
parte
da
contadini
proprietari
,
da
artigiani
e
da
piccoli
commercianti
,
è
andata
via
via
diminuendo
nel
numero
,
come
aveva
previsto
Marx
.
Ma
questa
flessione
è
imputabile
esclusivamente
ai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
,
che
,
insieme
con
numerosi
salariati
,
hanno
abbandonato
l
'
agricoltura
.
Secondo
Marx
,
anche
gli
artigiani
e
i
piccoli
commercianti
sarebbero
dovuti
diminuire
,
progressivamente
eliminati
dalla
concorrenza
delle
grandi
unità
moderne
.
Ora
,
questo
fenomeno
ha
avuto
luogo
per
l
'
artigianato
domestico
(
se
ne
ha
un
chiara
traccia
nel
periodo
che
va
dal
1881
al
1901
)
e
,
comunque
,
per
l
'
artigianato
di
tipo
antico
,
un
artigianato
produttore
di
merci
che
entravano
in
concorrenza
con
quelle
sempre
più
efficientemente
prodotte
dalle
imprese
moderne
(
tessuti
,
scarpe
,
mobili
,
oggetti
di
vestiario
,
prodotti
dell
'
industria
alimentare
)
:
un
tale
processo
si
è
svolto
e
tuttora
si
sta
svolgendo
,
soprattutto
nel
Mezzogiorno
.
Ma
,
accanto
a
questo
processo
di
crisi
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
si
è
andato
sviluppando
un
artigianato
di
tipo
nuovo
,
che
non
solo
non
è
danneggiato
dallo
sviluppo
dell
'
industria
moderna
ma
se
ne
avvantaggia
,
poiché
produce
merci
e
,
più
ancora
,
servizi
,
che
sono
complementari
rispetto
ai
prodotti
dell
'
industria
moderna
.
Il
risultato
delle
contrastanti
tendenze
,
l
'
una
col
segno
meno
l
'
altra
col
segno
più
,
è
una
relativa
stazionarietà
negli
ultimi
decenni
nelle
dimensioni
di
questo
gruppo
sociale
.
La
massa
dei
piccoli
commercianti
,
invece
,
non
solo
non
è
diminuita
ma
è
andata
crescendo
,
grazie
soprattutto
alla
protezione
concessa
dall
'
autorità
politica
,
protezione
che
in
questo
caso
ha
avuto
pieno
successo
.
La
classe
operaia
nelle
attività
extra
-
agricole
è
andata
sensibilmente
crescendo
dal
1881
al
1921
,
corrispondentemente
allo
sviluppo
del
primo
nucleo
di
capitalismo
industriale
moderno
,
soprattutto
nelle
regioni
settentrionali
,
e
poi
dal
1936
al
1961
.
In
ogni
modo
,
le
variazioni
quantitative
,
che
finora
sono
state
trascurate
da
quasi
tutti
gli
studiosi
,
vanno
considerate
con
spirito
critico
e
sempre
in
congiunzione
con
le
variazioni
qualitative
.
Così
,
dalla
tabella
1.1
appare
che
la
borghesia
vera
e
propria
numericamente
è
cresciuta
assai
poco
negli
ultimi
novant
'
anni
.
Ma
non
solo
si
deve
tener
conto
che
il
peso
delle
singole
categorie
è
profondamente
variato
nel
corso
del
tempo
;
si
deve
anche
tener
presente
che
questa
classe
aveva
,
nel
suo
complesso
,
ben
altri
poteri
e
ben
altra
influenza
verso
la
fine
del
secolo
scorso
,
quando
una
bassissima
percentuale
di
adulti
aveva
il
diritto
di
voto
e
quando
i
sindacati
dei
lavoratori
erano
nella
difficilissima
fase
della
loro
formazione
.
In
quel
tempo
la
gestione
politica
e
amministrativa
era
molto
più
semplice
di
quanto
sia
diventata
poi
,
specialmente
dopo
la
seconda
guerra
:
la
classe
dominante
era
divisa
,
nel
suo
interno
,
da
precisi
contrasti
d
'
interessi
;
e
la
vita
politica
risultava
essenzialmente
dallo
scontro
e
poi
dai
compromessi
dei
diversi
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
classe
dominante
.
Oggi
,
soprattutto
per
l
'
enorme
espansione
numerica
e
per
l
'
aumento
del
peso
politico
della
piccola
borghesia
e
per
il
fortemente
accresciuto
peso
politico
della
classe
operaia
,
i
contrasti
sono
molto
più
differenziati
e
l
'
intera
gestione
della
società
è
divenuta
di
gran
lunga
più
complessa
di
quanto
fosse
nel
passato
.
Su
un
piano
diverso
,
occorre
poi
osservare
che
le
variazioni
numeriche
che
si
riscontrano
nelle
diverse
classi
sono
di
difficile
interpretazione
,
a
causa
dei
processi
di
travaso
fra
una
classe
e
l
'
altra
e
a
causa
dei
movimenti
della
popolazione
.
Questo
processo
e
questi
movimenti
rendono
incerte
le
illazioni
,
anche
nei
casi
di
rilevanti
variazioni
numeriche
,
come
quelle
che
si
sono
verificate
,
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
,
nelle
categorie
di
coloro
che
esplicano
attività
di
tipo
agricolo
(
coltivatori
diretti
e
salariati
,
fissi
e
giornalieri
)
.
Può
essere
utile
,
tuttavia
,
riflettere
sulle
seguenti
cifre
,
che
in
sintesi
indicano
,
da
un
lato
,
la
riduzione
della
popolazione
attiva
in
agricoltura
e
quindi
l
'
entità
dell
'
esodo
agrario
negli
ultimi
due
decenni
e
,
dall
'
altro
,
l
'
espansione
di
certe
categorie
sociali
che
svolgono
attività
extra
-
agricole
.
Le
cifre
sono
espresse
in
milioni
:
Coltivatori
Borghesia
Impiegati
Commercianti
diretti
ed
altri
-3,7
+0,1
+1,4
+0,6
=
-1,6
Salariati
agricoli
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
-1,1
+2,2
=
+1,1
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Occupazione
totale
-0,5
Queste
cifre
(
ricavate
dalla
tabella
1.1
)
non
consentono
illazioni
precise
e
inequivocabili
,
a
causa
del
carattere
molto
approssimativo
dei
dati
e
a
causa
di
processi
di
travaso
fra
le
classi
.
Tuttavia
è
possibile
ricavare
alcune
indicazioni
di
larga
massima
:
-
numerosi
contadini
proprietari
,
o
i
loro
figli
,
"
salgono
"
nelle
categorie
impiegatizie
o
,
in
misura
molto
piccola
,
al
livello
della
borghesia
vera
e
propria
,
ovvero
si
spostano
nella
categoria
dei
commercianti
e
di
altri
lavoratori
autonomi
;
-
altri
contadini
,
o
i
loro
figli
,
come
anche
la
massima
parte
dei
salariati
agricoli
,
diventano
salariati
in
attività
extra
-
agricole
.
Conviene
ricordare
che
per
i
salariati
che
lasciano
le
campagne
l
'
edilizia
costituisce
una
specie
di
sala
d
'
attesa
:
l
'
intento
è
trovare
impiego
nell
'
industria
manifatturiera
.
Se
l
'
edilizia
entra
in
crisi
,
molti
di
coloro
che
lavorano
in
tale
attività
ritornano
nelle
campagne
o
vanno
a
popolare
,
come
sottoproletari
,
le
bidonvilles
e
i
quartieri
poverissimi
delle
città
(
molti
sottoproletari
,
comunque
,
vivono
fra
occupazioni
saltuarie
nell
'
edilizia
e
piccoli
traffici
di
vario
genere
;
v
.
l
'
interessante
monografia
di
Giulio
Salierno
,
Il
sottoproletariato
in
Italia
,
Samonà
e
Savelli
,
Roma
,
1972
)
.
Poiché
un
'
elevata
quota
dei
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
proviene
dalle
regioni
meridionali
,
appare
qui
una
importante
sovrapposizione
fra
esodo
agrario
ed
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
.
Presumibilmente
,
i
contadini
proprietari
,
che
"
scendono
"
e
diventano
salariati
,
appartengono
agli
strati
più
poveri
,
mentre
i
contadini
che
"
salgono
"
appartengono
agli
strati
relativamente
più
benestanti
,
che
sono
in
grado
di
istruirsi
o
di
fare
istruire
adeguatamente
i
loro
figli
.
Di
"
proletarizzazione
"
in
senso
stretto
si
può
parlare
solo
per
quei
contadini
proprietari
che
diventano
salariati
.
Come
risulta
dalle
cifre
indicate
sopra
,
ha
luogo
,
sempre
negli
ultimi
venti
anni
,
una
flessione
dell
'
occupazione
circa
500
mila
persone
.
Questa
flessione
,
che
dal
punto
di
vista
puramente
statistico
dipende
dal
fatto
che
l
'
esodo
agrario
è
maggiore
dell
'
aumento
dell
'
occupazione
nelle
attività
extra
-
agricole
,
è
imputabile
principalmente
alla
flessione
netta
dell
'
occupazione
femminile
in
agricoltura
:
le
donne
che
lasciano
le
campagne
,
ove
svolgono
attività
ausiliarie
,
quando
vanno
in
città
insieme
con
i
mariti
o
con
i
padri
non
trovano
lavoro
a
causa
del
basso
grado
d
'
istruzione
e
di
qualificazione
ed
a
causa
delle
particolari
caratteristiche
della
domanda
di
lavoro
femminile
,
che
,
nella
domanda
complessiva
,
costituisce
la
frazione
marginale
:
due
fatti
,
questi
,
che
sono
fra
loro
interdipendenti
e
che
,
per
l
'
estensione
che
raggiungono
nel
nostro
paese
,
sono
di
natura
essenzialmente
patologica
.
In
complesso
,
e
facendo
riferimento
alla
classificazione
qui
adottata
,
sembra
che
negli
ultimi
venti
anni
l
'
esodo
agrario
si
traduca
in
larga
misura
a
spostamenti
interni
alle
classi
:
da
un
lato
molti
contadini
,
o
i
loro
figli
,
abbandonano
le
campagne
ma
restano
nell
'
ambito
di
quella
che
qui
è
stata
chiamata
piccola
borghesia
(
impiegatizia
o
relativamente
autonoma
)
;
dall
'
altro
lato
,
i
salariati
che
lasciano
l
'
agricoltura
,
o
i
loro
figli
,
restano
nell
'
ambito
della
"
classe
operaia
"
(
e
del
sottoproletariato
:
v
.
la
tabella
4.4
)
.
Tuttavia
,
anche
gli
spostamenti
interni
alle
classi
hanno
grande
rilievo
dal
punto
di
vista
dell
'
equilibrio
sociale
,
poiché
molto
diversi
sono
gl
'
interessi
e
gli
atteggiamenti
politici
prevalenti
nelle
sottoclassi
coinvolte
.
Gli
spostamenti
fra
l
'
una
e
l
'
altra
classe
riguardano
l
'
ascesa
di
un
certo
numero
,
molto
esiguo
,
di
contadini
proprietari
verso
la
borghesia
propriamente
detta
e
,
in
misura
più
consistente
,
la
discesa
di
un
buon
numero
di
contadini
proprietari
(
presumibilmente
:
contadini
poveri
)
verso
il
proletariato
extra
-
agricolo
.
Infine
,
una
parte
dell
'
esodo
si
traduce
in
flessione
netta
dell
'
occupazione
complessiva
.
La
tendenza
dell
'
occupazione
a
diminuire
merita
un
commento
particolare
.
Estendiamo
l
'
orizzonte
temporale
.
Dal
1881
al
1921
il
livello
assoluto
dell
'
occupazione
cresce
in
misura
rilevante
:
da
16,3
a
20,4
milioni
.
Dal
1921
al
1961
quel
livello
subisce
fluttuazioni
molto
modeste
e
,
tutto
sommato
,
varia
relativamente
poco
.
La
flessione
del
livello
assoluto
si
profila
nell
'
ultimo
decennio
,
non
per
un
'
accelerazione
dell
'
esodo
agrario
,
ma
a
causa
dell
'
indebolimento
dello
sviluppo
industriale
.
Come
conseguenza
di
questi
andamenti
,
la
quota
della
popolazione
attiva
sulla
popolazione
totale
che
nel
1881
superava
il
55%
,
oggi
non
raggiunge
il
36%
.
Questa
flessione
va
attribuita
,
in
parte
,
a
cause
di
natura
fisiologica
,
come
l
'
aumento
della
scolarità
e
il
ritiro
volontario
dal
mercato
del
lavoro
di
un
certo
numero
di
persone
anziane
per
il
miglioramento
delle
pensioni
.
Ma
per
una
quota
non
piccola
,
anche
se
non
facilmente
misurabile
,
si
tratta
di
un
fenomeno
patologico
:
lo
sviluppo
della
domanda
di
lavoro
è
troppo
debole
e
la
struttura
di
questa
domanda
non
è
quella
socialmente
desiderabile
.
4
.
Nord
,
Centro
e
Sud
L
'
evoluzione
economica
e
sociale
non
è
un
processo
uniforme
ed
equilibrato
in
nessun
paese
e
da
nessun
punto
di
vista
,
neppure
dal
punto
di
vista
territoriale
;
meno
che
mai
è
uniforme
nel
nostro
paese
,
dove
il
contrasto
fra
Nord
e
Sud
costituisce
il
più
grave
problema
nazionale
;
inoltre
,
come
si
è
già
osservato
,
le
stesse
classi
hanno
connotati
diversi
nelle
diverse
regioni
del
nostro
paese
.
Ma
prima
di
soffermarci
,
schematicamente
,
su
alcuni
aspetti
qualitativi
consideriamo
,
nelle
grandi
linee
,
gli
aspetti
quantitativi
(
v
.
le
tabelle
1.3
,
1.4
,
1.5
e
1.6
)
.
La
fondamentale
stabilità
delle
tre
grandi
classi
sociali
,
che
avevamo
notato
esaminando
i
dati
nazionali
,
si
nota
anche
al
livello
delle
tre
circoscrizioni
(
Nord
,
Centro
e
Sud
)
,
sebbene
a
questo
livello
le
oscillazioni
risultino
più
accentuate
.
Anche
per
queste
circoscrizioni
vale
l
'
osservazione
che
le
variazioni
più
importanti
hanno
luogo
all
'
interno
delle
classi
medie
e
della
classe
operaia
:
flessione
dei
lavoratori
autonomi
ed
aumento
degli
impiegati
;
flessione
dei
salariati
in
agricoltura
ed
aumento
dei
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
Queste
flessioni
e
questi
aumenti
,
che
sono
l
'
espressione
di
un
processo
di
"
modernizzazione
"
,
hanno
luogo
in
tutte
e
tre
le
circoscrizioni
;
ma
,
com
'
era
da
attendersi
,
nel
Nord
sono
molto
più
accentuati
.
Soffermandoci
sulla
situazione
attuale
,
è
importante
osservare
che
oggi
,
nel
Sud
,
la
quota
degli
impiegati
privati
-
che
sono
direttamente
collegati
con
la
produzione
-
è
sensibilmente
inferiore
a
quella
nazionale
e
,
ancor
più
,
a
quella
del
Nord
.
Il
quadro
si
rovescia
se
si
considerano
gl
'
impiegati
pubblici
:
nel
Sud
la
quota
è
maggiore
della
media
nazionale
ed
è
molto
maggiore
di
quella
del
Nord
.
Le
quote
risultano
tutte
spostate
in
alto
di
un
punto
e
mezzo
o
due
punti
se
invece
degli
impiegati
pubblici
si
considerano
i
dipendenti
della
pubblica
amministrazione
,
i
quali
includono
anche
i
militari
e
i
salariati
.
Ecco
le
percentuali
sulla
popolazione
attiva
:
Nord
7,2
,
Centro
12,8
,
Sud
10,5
,
media
nazionale
9,2
.
Poiché
nel
Sud
,
che
è
un
'
area
arretrata
,
c
'
è
relativamente
meno
da
amministrare
che
nel
Nord
e
poiché
la
quota
del
Centro
è
spinta
in
alto
dalla
burocrazia
ministeriale
ubicata
a
Roma
,
appare
chiaro
che
la
quota
del
Sud
è
patologicamente
elevata
.
Quanto
ai
professionisti
,
è
interessante
rilevale
che
la
quota
degli
avvocati
sulla
popolazione
nel
Sud
è
pari
a
circa
il
doppio
di
quella
del
Nord
(
0,30
contro
lo
0,15%
)
.
Questo
è
il
risultato
di
due
spinte
:
da
un
lato
,
la
scarsezza
di
sbocchi
professionali
e
quindi
l
'
affollamento
di
questa
come
di
certe
altre
professioni
;
dall
'
altro
lato
,
la
litigiosità
nel
campo
economico
,
che
è
tanto
più
alta
quanto
più
povera
è
l
'
economia
e
quanto
più
stentato
e
diseguale
e
il
suo
sviluppo
.
Consideriamo
ora
la
classe
operaia
.
Nell
'
agricoltura
i
salariati
rappresentano
il
doppio
della
media
nazionale
(
6,2%
)
ed
oltre
tre
volte
la
quota
del
Nord
.
Viceversa
i
salariati
dell
'
industria
,
esclusa
l
'
edilizia
,
nel
Sud
rappresentano
una
quota
pari
alla
metà
della
media
nazionale
(
25%
)
ed
a
poco
più
di
un
terzo
della
quota
del
Nord
.
A
causa
dell
'
esodo
agrario
,
negli
ultimi
vent
'
anni
i
contadini
proprietari
(
più
i
mezzadri
e
i
fittavoli
)
e
i
salariati
si
riducono
sensibilmente
.
È
da
notare
che
la
velocità
assoluta
e
relativa
dell
'
esodo
agrario
nel
Sud
è
paragonabile
a
quella
dell
'
esodo
che
ha
avuto
luogo
nel
Nord
e
nel
Centro
,
sebbene
le
occasioni
di
lavoro
extra
-
agricolo
,
in
queste
due
aree
,
fossero
molto
maggiori
e
sebbene
l
'
emigrazione
in
regioni
lontane
(
o
all
'
estero
)
sia
molto
più
dolorosa
,
umanamente
,
di
spostamenti
nell
'
ambito
della
stessa
regione
.
Questo
fatto
è
chiaramente
la
conseguenza
delle
condizioni
di
miseria
e
di
deficienza
e
di
precarietà
delle
occupazioni
,
soprattutto
nelle
zone
agrarie
dell
'
interno
.
L
'
esodo
agrario
e
l
'
emigrazione
,
insieme
con
lo
sviluppo
molto
fiacco
della
domanda
di
lavoro
fuori
dall
'
agricoltura
,
spiegano
l
'
agghiacciante
caduta
nel
Sud
,
ben
più
grave
che
nel
Centro
e
nel
Nord
,
del
tasso
di
attività
.
Esodo
agrario
in
parte
patologico
,
ipotrofia
dell
'
industria
moderna
,
ipertrofia
del
pubblico
impiego
:
sono
queste
le
caratteristiche
economico
-
sociali
del
Mezzogiorno
.
In
generale
,
la
flessione
dei
gruppi
sociali
legati
all
'
agricoltura
e
l
'
accrescimento
di
quelli
urbani
tende
;
ad
aggravare
l
'
instabilità
politica
,
almeno
in
una
prima
lunga
fase
.
D
'
altra
parte
,
l
'
ipertrofia
dell
'
impiego
pubblico
accompagnata
all
'
ipotrofia
dell
'
impiego
privato
tende
,
come
sempre
,
in
linea
generale
,
a
rafforzare
le
posizioni
della
conservazione
,
poiché
gli
impiegati
privati
,
quando
sono
collegati
alla
produzione
e
,
in
particolare
,
alle
fabbriche
,
tendono
ad
essere
politicamente
più
"
progressisti
"
dei
loro
colleghi
del
settore
pubblico
,
ove
prospera
il
clientelismo
.
Tutto
questo
è
grave
e
preoccupante
,
ma
è
comprensibile
:
in
una
situazione
economica
come
quella
meridionale
,
la
domanda
di
lavoro
extra
-
agricolo
cresce
lentamente
;
soprattutto
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
o
i
giovani
appartenenti
ai
ceti
medi
costituiti
dai
lavoratori
relativamente
autonomi
(
specialmente
artigiani
e
contadini
proprietari
)
,
che
non
vogliono
o
non
possono
trovare
impiego
nelle
attività
dei
loro
padri
,
premono
in
tutti
i
modi
per
ottenere
un
posto
,
un
impiego
,
dopo
essersi
muniti
di
un
diploma
o
di
una
laurea
.
In
queste
condizioni
,
le
fortune
stesse
degli
uomini
politici
sono
legate
alle
loro
capacità
di
procurare
"
posti
"
;
ed
i
"
posti
"
spesso
vengono
assegnati
in
gran
parte
in
modo
indipendente
dalla
capacità
delle
persone
.
Si
tratta
di
posti
a
livelli
umili
-
per
il
così
detto
personale
d
'
ordine
e
esecutivo
-
e
si
tratta
,
in
minor
misura
,
di
posti
a
livelli
relativamente
elevati
che
specialmente
negli
enti
locali
comportano
stipendi
buoni
,
relativamente
agli
altri
lavoratori
e
relativamente
alla
situazione
economica
.
Domina
dunque
,
nel
Mezzogiorno
,
il
clientelismo
politico
e
amministrativo
.
Gli
stessi
partiti
di
sinistra
,
quelli
che
hanno
la
falce
e
il
martello
e
magari
un
libro
come
simbolo
,
rimangono
inquinati
da
una
tale
situazione
.
Il
clientelismo
piccolo
-
borghese
rischia
di
travolgere
anche
questi
partiti
,
che
in
teoria
dovrebbero
costituire
,
in
primo
luogo
,
l
'
espressione
dei
contadini
più
poveri
e
dei
salariati
agricoli
(
falce
)
e
dei
lavoratori
salariati
nell
'
industria
(
martello
)
.
In
realtà
,
questi
partiti
,
almeno
negli
organismi
centrali
,
sono
gestiti
e
diretti
da
piccoli
borghesi
,
più
o
meno
illuminati
:
l
'
elogio
del
"
proletario
"
,
la
proclamazione
della
sua
egemonia
,
spesso
diventano
una
maschera
della
situazione
reale
,
in
cui
l
'
egemonia
è
dei
piccoli
borghesi
:
molto
libro
,
poco
martello
,
pochissima
falce
.
La
verità
è
che
i
piccoli
borghesi
hanno
conquistato
l
'
elettorato
attivo
e
quello
passivo
,
mentre
gli
uomini
della
falce
e
del
martello
di
regola
hanno
solo
l
'
elettorato
attivo
.
Le
critiche
ed
anzi
le
invettive
che
Gaetano
Salvemini
scaglia
contro
la
piccola
borghesia
meridionale
sono
dunque
largamente
valide
anche
oggi
.
Ecco
qualche
citazione
:
"
La
vita
pubblica
nel
Mezzogiorno
è
assolutamente
impraticabile
per
chi
non
sia
una
canaglia
(...)
.
Va
da
sé
che
le
lotte
fra
le
fazioni
non
hanno
nessun
contenuto
né
sociale
né
politico
.
Si
tratta
di
clientele
concorrenti
in
cui
si
scinde
l
'
unica
classe
dominante
(...)
.
Se
qualcosa
c
'
è
da
dire
sugli
ideali
dei
vari
eserciti
in
lotta
,
è
che
tutti
hanno
lo
stesso
ideale
:
togliersi
un
po
'
di
fame
sul
bilancio
del
comune
"
(
La
piccola
borghesia
intellettuale
nel
Mezzogiorno
d
'
Italia
,
saggio
del
1911
incluso
nel
volume
Movimento
socialista
e
questione
meridionale
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1963
,
pp.
487-93
)
.
Nel
nostro
tempo
,
in
alcuni
centri
meridionali
ove
si
sono
insediate
grandi
imprese
si
è
creato
un
peculiare
modus
vivendi
,
di
tacita
divisione
di
attività
fra
la
piccola
borghesia
locale
e
i
dirigenti
delle
nuove
unità
industriali
:
i
piccoli
borghesi
locali
si
occupano
dell
'
amministrazione
pubblica
,
assai
spesso
con
metodi
clientelari
non
molto
diversi
dagli
antichi
,
e
i
dirigenti
si
occupano
dell
'
attività
produttiva
:
sfortunatamente
,
non
c
'
è
stata
,
o
non
c
'
è
ancora
stata
,
una
vera
integrazione
su
un
livello
moderno
e
civilmente
accettabile
(
A
.
Graziani
,
Il
Mezzogiorno
nell
'
economia
italiana
degli
ultimi
anni
,
nel
volume
Nord
e
Sud
nella
società
e
nell
'
economia
italiana
di
oggi
,
Atti
del
convegno
promosso
dalla
Fondazione
Luigi
Einaudi
,
Torino
,
1968
,
spec
.
pp.
34-7
)
.
Dal
principio
del
secolo
ad
oggi
,
dunque
,
le
condizioni
della
vita
pubblica
sembra
siano
mutate
più
nella
forma
che
nella
sostanza
.
In
gran
parte
le
cose
stanno
proprio
così
.
Tuttavia
,
se
l
'
osservatore
riesce
a
dominare
le
sue
emozioni
e
l
'
angoscia
e
la
rabbia
di
fronte
ad
uno
spettacolo
spesso
barbaro
ed
incivile
,
egli
deve
riconoscere
che
molte
cose
sono
cambiate
anche
nella
sostanza
;
ed
i
cambiamenti
hanno
avuto
luogo
non
solo
nelle
campagne
(
le
condizioni
economiche
dei
contadini
sono
molto
migliorate
ed
il
loro
numero
è
fortemente
diminuito
per
via
dell
'
emigrazione
)
,
ma
anche
nelle
città
dove
,
in
certi
casi
,
sono
sorti
nuclei
piccoli
ma
dinamici
di
classe
operaia
moderna
.
I
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
,
che
sono
in
forte
espansione
,
destano
le
maggiori
preoccupazioni
poiché
costituiscono
il
terreno
ideale
per
la
coltura
e
lo
sviluppo
dei
virus
del
clientelismo
,
che
diventa
mafia
quando
assume
connotati
criminali
.
Tuttavia
,
perfino
in
quest
'
ambito
vi
sono
cambiamenti
rilevanti
o
almeno
potenzialmente
rilevanti
,
grazie
all
'
accresciuta
mobilità
delle
persone
ed
al
miglioramento
del
livello
culturale
e
grazie
alle
conseguenze
dell
'
irrobustimento
dei
sindacati
,
a
cominciare
da
quelli
degli
operai
,
irrobustimento
che
rende
più
difficili
di
quanto
fossero
ai
tempi
di
Salvemini
le
prevaricazioni
e
gli
abusi
sistematici
.
È
legittimo
sperare
che
,
lottando
molto
duramente
,
cambiamenti
più
vasti
e
profondi
possano
essere
,
attuati
;
ma
occorre
tener
sempre
ben
presente
che
assai
grave
è
il
peso
della
storia
recente
e
,
ancor
più
,
il
peso
della
storia
passata
:
non
bisogna
farsi
nessuna
illusione
sui
tempi
e
sugli
sforzi
necessari
.
5
.
Marx
e
la
piccola
borghesia
Mentre
Marx
aveva
esattamente
previsto
la
flessione
della
piccola
borghesia
agraria
e
dell
'
artigianato
di
tipo
antico
,
bisogna
dire
che
egli
non
aveva
previsto
né
lo
sviluppo
dell
'
artigianato
di
tipo
nuovo
né
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
.
È
vero
:
in
un
passo
sovente
citato
della
Storia
delle
teorie
economiche
(
Einaudi
,
Torino
,
1935
,
vol.
II
,
p
.
634
)
Marx
,
dopo
aver
notato
che
il
progresso
tecnico
fa
aumentare
il
reddito
netto
,
afferma
che
questo
aumento
a
sua
volta
dà
luogo
ad
una
"
costante
espansione
delle
classi
che
si
trovano
in
mezzo
fra
gli
operai
da
un
lato
ed
i
capitalisti
e
i
proprietari
fondiari
dall
'
altro
,
le
quali
in
gran
parte
sono
mantenute
direttamente
dal
reddito
e
,
mentre
gravano
sulla
sottostante
base
lavoratrice
,
accrescono
la
sicurezza
e
la
potenza
sociale
dei
diecimila
soprastanti
"
.
Tuttavia
,
questa
osservazione
rimane
isolata
;
sembra
che
Marx
attribuisca
maggiore
importanza
ad
un
'
altra
conseguenza
del
progresso
della
tecnica
in
regime
capitalistico
,
una
conseguenza
che
egli
considera
nel
primo
libro
del
Capitale
(
l
'
unico
che
abbia
rivisto
e
completato
per
la
pubblicazione
)
:
"
lo
straordinario
aumento
raggiunto
dalla
forza
produttiva
nelle
sfere
della
grande
industria
-
egli
scrive
-
permette
di
adoperare
improduttivamente
una
parte
sempre
maggiore
della
classe
operaia
e
quindi
di
riprodurre
specialmente
gli
antichi
schiavi
domestici
sotto
il
nome
di
"
classe
di
servitori
"
,
come
camerieri
,
serve
,
lacchè
,
ecc
.
,
sempre
più
in
massa
"
;
e
per
suffragare
le
sue
tesi
si
ferma
ad
esaminare
alcune
statistiche
inglesi
(
libro
I
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1952
,
vol.
II
,
pp.
154-5
)
.
La
prima
osservazione
,
quella
riguardante
le
classi
medie
,
era
sulla
strada
giusta
;
lo
stesso
non
si
può
dire
della
seconda
:
a
quanto
pare
la
tendenza
all
'
aumento
dei
servitori
durò
pochi
decenni
e
fu
poi
sostituita
da
una
tendenza
opposta
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
2.1
)
.
In
ogni
modo
,
la
"
questione
dei
domestici
"
,
pur
essendo
apparentemente
umile
,
presenta
interesse
,
poiché
ha
fatto
parte
integrante
di
un
certo
modo
di
vita
e
riveste
comunque
rilevanza
nelle
famiglie
della
media
e
piccola
borghesia
(
per
quelle
della
grande
borghesia
la
questione
si
pone
in
termini
assai
diversi
)
.
La
questione
delle
classi
medie
,
pressoché
ignorata
da
Marx
sul
piano
dell
'
elaborazione
concettuale
,
è
stata
acutamente
e
ripetutamente
discussa
da
un
grande
pensatore
che
si
dichiara
seguace
di
Marx
e
cioè
da
Mao
Tse
-
tung
(
v
.
specialmente
il
saggio
Analisi
delle
classi
sociali
cinesi
incluso
nel
I
volume
delle
Opere
scelte
,
Casa
editrice
in
lingue
estere
,
Pechino
,
1969
)
.
Quell
'
accenno
all
'
espansione
delle
classi
medie
,
dunque
,
resta
isolato
,
come
restano
isolate
altre
osservazioni
-
geniali
,
considerando
il
tempo
in
cui
Marx
scriveva
-
sui
dirigenti
industriali
(
managers
)
e
sui
tecnici
.
Riguardo
alle
classi
medie
sembra
che
tanto
le
conseguenze
analitiche
quanto
le
conseguenze
politiche
rimangano
,
per
Marx
,
quelle
che
egli
insieme
con
Engels
considerava
nel
Manifesto
,
nel
quale
prospettava
il
declino
,
fin
quasi
alla
sparizione
in
quanto
forza
sociale
e
politica
,
della
piccola
borghesia
,
che
nello
stesso
Manifesto
è
vista
come
una
classe
composta
da
contadini
proprietari
,
artigiani
e
piccoli
commercianti
.
Nelle
opere
storiche
concrete
(
per
esempio
:
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
Il
18
brumaio
di
Luigi
Bonaparte
)
,
Marx
considera
diverse
classi
e
sottoclassi
e
mostra
di
essere
ben
consapevole
del
ruolo
della
piccola
borghesia
.
Egli
mette
in
rilievo
i
conflitti
fra
la
borghesia
industriale
moderna
,
da
un
lato
,
e
la
borghesia
agraria
e
quella
finanziaria
dall
'
altro
:
è
la
lotta
fra
il
nuovo
ed
il
vecchio
nel
seno
stesso
della
classe
dominante
,
la
lotta
attraverso
la
quale
la
borghesia
industriale
cerca
di
imporre
il
suo
predominio
;
le
altre
frazioni
della
borghesia
,
a
loro
volta
,
cercano
di
allearsi
alla
piccola
borghesia
.
Ma
la
piccola
borghesia
di
Marx
è
essenzialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
nel
tempo
avrebbe
subito
una
"
inevitabile
decadenza
"
,
così
come
le
altre
frazioni
della
grande
borghesia
avrebbero
progressivamente
perduto
d
'
importanza
,
lasciando
libero
il
campo
ai
due
grandi
protagonisti
-
antagonisti
:
la
borghesia
industriale
e
il
proletariato
industriale
.
La
successiva
evoluzione
delle
classi
sociali
non
ha
corrisposto
alla
previsione
di
Marx
.
Il
fatto
nuovo
più
rilevante
nell
'
evoluzione
delle
classi
nel
nostro
paese
,
come
anche
negli
altri
paesi
che
si
sono
andati
sviluppando
secondo
lo
schema
capitalistico
,
è
stato
appunto
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
,
in
via
subordinata
,
di
quella
commerciale
.
Se
la
borghesia
vera
e
propria
(
la
grande
e
media
borghesia
)
può
essere
quasi
certamente
considerata
come
una
classe
sia
dal
punto
di
vista
sociale
sia
da
quello
politico
;
e
se
la
classe
operaia
,
anche
in
seguito
allo
sviluppo
di
molte
imprese
moderne
e
alla
forte
flessione
dei
salariati
agricoli
,
comincia
probabilmente
ora
ad
assumere
i
caratteri
di
una
classe
,
almeno
nel
suo
nucleo
più
omogeneo
(
salariati
dell
'
industria
moderna
)
,
la
piccola
borghesia
-
i
ceti
medi
-
non
sono
propriamente
una
classe
:
si
può
parlare
,
al
massimo
,
di
una
quasi
classe
,
che
possiede
alcune
solidarietà
di
fondo
(
per
ragioni
economiche
e
culturali
)
,
ma
che
è
suddivisa
in
tanti
e
tanti
gruppi
,
con
interessi
economici
diversi
e
spesso
contrastanti
,
con
diversi
tipi
di
cultura
e
con
diversi
livelli
di
quella
che
si
potrebbe
chiamare
moralità
civile
.
È
stato
sostenuto
,
soprattutto
da
studiosi
marxisti
,
che
è
in
atto
un
processo
di
proletarizzazione
(
culturale
e
politica
,
più
che
economica
)
dei
ceti
medi
.
Per
contro
,
è
stato
sostenuto
,
da
critici
del
marxismo
,
che
è
in
atto
un
processo
di
"
integrazione
"
e
di
imborghesimento
(
economico
,
culturale
e
politico
)
della
classe
operaia
.
Non
posso
entrare
in
tali
questioni
,
che
sono
state
dibattute
a
lungo
dai
sociologi
e
continuano
ad
essere
discusse
.
Tuttavia
,
considero
false
entrambe
le
tesi
se
ad
esse
si
vuole
attribuire
validità
generale
:
è
vero
,
invece
,
che
certi
strati
dei
ceti
medi
tendono
a
proletarizzarsi
,
così
come
è
vero
che
tendono
a
imborghesirsi
alcuni
strati
superiori
della
classe
operaia
.
È
possibile
che
il
processo
di
proletarizzazione
di
certi
strati
dei
ceti
medi
compia
rapidi
progressi
(
v
.
oltre
,
parte
I
,
cap
.
7
)
;
ed
è
possibile
al
contrario
che
il
processo
d
'
imborghesimento
col
tempo
si
estenda
addirittura
a
tutta
la
classe
operaia
;
come
è
possibile
che
tutto
ciò
non
avvenga
.
Quel
che
è
certo
è
che
oggi
la
classe
operaia
italiana
è
ancora
molto
arretrata
:
sono
ancora
numerosi
i
salariati
agricoli
,
fissi
e
giornalieri
(
braccianti
)
;
numerosi
sono
anche
gli
occupati
nell
'
edilizia
,
un
'
attività
dispersa
e
in
gran
parte
arretrata
.
Nell
'
industria
,
inclusa
l
'
edilizia
,
gli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
100
addetti
-
le
unità
industriali
moderne
-
sono
circa
2
milioni
(
poco
più
di
un
quinto
dell
'
intera
classe
operaia
:
v
.
le
tabelle
4.2
e
4.3
)
.
Al
polo
opposto
vi
sono
oltre
3
milioni
e
mezzo
di
occupati
precari
,
tre
quarti
dei
quali
si
trovano
nel
Mezzogiorno
,
dove
tuttavia
vive
soltanto
un
terzo
della
popolazione
totale
(
nella
tabella
1.1
gli
occupati
precari
e
,
in
particolare
,
i
sottoproletari
non
sono
considerati
separatamente
;
alcune
stime
di
larga
massima
sono
indicate
nella
tabella
4.4
)
.
Ricordiamoci
poi
che
oltre
il
70%
di
coloro
che
appartengono
alle
forze
di
lavoro
al
massimo
ha
la
licenza
elementare
;
e
si
deve
presumere
che
in
gran
parte
queste
persone
siano
lavoratori
salariati
(
vedi
la
tabella
6.2
)
.
Il
quadro
è
spaventoso
;
ma
la
politica
dello
struzzo
non
ha
mai
giovato
a
nessuno
.
6
,
La
rapida
espansione
della
burocrazia
privata
e
pubblica
Perché
è
cresciuta
tanto
la
piccola
borghesia
impiegatizia
?
Principalmente
per
tre
ragioni
.
In
primo
luogo
,
per
il
progresso
tecnico
e
organizzativo
,
che
ha
portato
ad
un
continuo
aumento
nelle
dimensioni
e
quindi
ad
una
"
burocratizzazione
"
di
molte
imprese
ed
ha
dato
luogo
alla
formazione
e
allo
sviluppo
di
nuovi
uffici
pubblici
per
amministrare
tutti
quegli
interventi
necessari
per
sostenere
lo
sviluppo
delle
grandi
imprese
o
per
puntellare
o
"
salvare
"
quelle
grandi
imprese
che
si
venivano
a
trovare
in
difficoltà
.
Al
tempo
stesso
,
diverse
grandi
imprese
,
salvate
appunto
nei
periodi
di
crisi
ovvero
create
dall
'
autorità
pubblica
per
sostenere
lo
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
,
sono
diventate
imprese
pubbliche
e
gl
'
impiegati
sono
entrati
a
far
parte
di
una
burocrazia
di
tipo
nuovo
,
formalmente
privata
ma
sostanzialmente
pubblica
(
nella
tabella
1.1
questi
sono
inclusi
fra
gli
impiegati
privati
)
.
In
secondo
luogo
,
è
stato
creato
e
poi
progressivamente
allargato
un
gran
numero
di
organismi
e
di
uffici
pubblici
per
amministrare
le
così
dette
spese
di
trasferimento
(
che
oggi
rappresentano
circa
il
40%
del
bilancio
pubblico
)
:
è
questo
il
risultato
di
una
vasta
opera
di
"
mediazione
"
(
l
'
espressione
è
di
Augusto
Illuminati
)
,
attuata
dalla
classe
dominante
per
stabilizzare
il
sistema
sociale
dando
,
sia
pure
in
parte
,
soddisfazione
alle
richieste
delle
classi
subalterne
:
si
tratta
essenzialmente
di
pensioni
1e
di
contributi
agli
enti
di
previdenza
e
di
assistenza
.
In
terzo
luogo
,
un
numero
crescente
di
persone
,
che
erano
riuscite
a
conseguire
un
diploma
o
una
laurea
,
sono
poi
riuscite
a
entrare
nella
burocrazia
centrale
o
locale
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
:
non
i
funzionari
a
servizio
del
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
servizio
dei
funzionari
.
In
questi
casi
gli
stipendi
non
sono
altro
che
larvati
sussidi
di
disoccupazione
;
in
ultima
analisi
,
anche
questi
casi
sono
la
conseguenza
di
una
particolare
opera
di
stabilizzazione
sociale
e
politica
.
Mentre
i
casi
relativi
ai
primi
due
ordini
di
motivi
possono
essere
considerati
fisiologici
,
quelli
del
terzo
ordine
di
motivi
sono
certamente
patologici
dal
punto
di
vista
economico
.
Che
l
'
inflazione
patologica
della
burocrazia
abbia
assunto
,
in
Italia
,
proporzioni
cospicue
è
provato
,
oltre
che
dall
'
esperienza
diretta
,
da
almeno
due
fatti
.
1
)
L
'
incidenza
degli
impiegati
pubblici
sull
'
occupazione
totale
è
sensibilmente
più
alta
nel
Sud
di
quanto
sia
nel
Nord
;
e
nessuno
potrà
credere
che
nelle
regioni
meridionali
le
esigenze
del
primo
e
del
secondo
ordine
siano
maggiori
che
nelle
più
evolute
regioni
settentrionali
.
(
Naturalmente
ho
escluso
dal
confronto
le
regioni
del
Centro
,
dove
si
trova
,
a
Roma
,
la
burocrazia
ministeriale
)
.
2
)
Di
tanto
in
tanto
il
governo
promette
premi
e
liquidazioni
speciali
per
indurre
un
certo
numero
d
'
impiegati
a
dimettersi
e
a
lasciare
la
burocrazia
;
provvedimenti
che
non
rimediano
a
nulla
,
sia
per
i
loro
limitatissimi
effetti
,
sia
perché
l
'
inflazione
patologica
non
si
distribuisce
in
modo
uniforme
in
tutti
i
rami
della
pubblica
amministrazione
,
ma
è
particolarmente
grave
nel
caso
del
personale
puramente
amministrativo
e
poco
qualificato
;
negli
uffici
tecnici
vi
è
anzi
carenza
di
personale
specializzato
.
(
Anche
a
questo
motivo
va
attribuita
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
)
.
La
conformazione
della
burocrazia
italiana
è
simile
,
insomma
,
a
quella
che
assume
il
corpo
di
molti
bambini
sottonutriti
del
terzo
mondo
:
un
ventre
patologicamente
gonfio
,
uno
scheletro
debolissimo
e
insufficientemente
sviluppato
.
Non
si
deve
pensare
,
tuttavia
,
che
i
larvati
sussidi
di
disoccupazione
,
ossia
gli
stipendi
non
giustificati
dalle
"
necessità
sociali
della
produzione
"
e
dell
'
amministrazione
,
riguardino
solo
certi
strati
inferiori
della
burocrazia
.
In
alcune
sfere
dell
'
alta
burocrazia
,
nell
'
area
degli
enti
pubblici
e
delle
aziende
municipalizzate
si
trovano
numerose
persone
la
cui
attività
sarebbe
arduo
giustificare
con
quelle
necessità
sociali
.
Sono
persone
che
riescono
a
"
farsi
assegnare
taglie
ingenti
sul
reddito
nazionale
"
approfittando
di
una
sorta
di
omertà
di
classe
e
facendo
leva
sulle
"
necessità
politiche
del
gruppo
fondamentale
dominante
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
10
)
.
Come
in
parte
si
può
desumere
da
quanto
si
è
detto
dianzi
e
in
parte
potrà
apparire
più
oltre
nel
capitolo
riguardante
il
fascismo
(
parte
I
,
cap
.
9
)
,
la
espansione
patologica
della
burocrazia
è
anche
il
risultato
di
situazioni
politiche
di
stallo
che
più
volte
si
sono
create
nel
nostro
paese
nei
periodi
in
cui
più
aspri
sono
stati
i
conflitti
fra
borghesia
vera
e
propria
e
strati
più
o
meno
ampi
di
lavoratori
salariati
(
fra
i
due
litiganti
il
terzo
gode
)
.
In
quei
periodi
gli
strati
più
elevati
della
borghesia
hanno
favorito
le
concessioni
,
in
termini
di
impieghi
e
di
aumenti
di
stipendi
,
ai
funzionari
e
specialmente
ai
funzionari
di
grado
più
elevato
,
per
tirarli
dalla
propria
parte
.
In
siffatti
periodi
la
burocrazia
non
solo
si
espande
,
ma
acquista
un
potere
relativamente
autonomo
,
per
la
"
crisi
di
autorità
"
e
il
"
vuoto
di
potere
"
che
risultano
dalla
situazione
di
stallo
fra
i
maggiori
contendenti
.
Probabilmente
quello
che
stiamo
vivendo
oggi
in
Italia
costituisce
uno
di
tali
periodi
[
Sono
stato
indotto
ad
esprimere
le
osservazioni
contenute
in
questo
capoverso
dopo
la
lettura
dei
commenti
critici
che
Marcello
Colitti
mi
ha
comunicato
in
una
lettera
.
Cfr
.
M
.
Colitti
,
Le
grandi
imprese
e
lo
Stato
,
Einaudi
,
Torino
1972
e
A
.
Gramsci
,
Note
sul
Machiavelli
,
Einaudi
,
Torino
1953
,
pp.
50-62
.
]
.
Privilegiata
,
però
,
non
è
l
'
intera
burocrazia
,
ma
solo
la
fetta
già
elevata
;
e
un
'
analoga
considerazione
vale
per
tutti
gli
altri
ceti
medi
.
Più
precisamente
,
vi
sono
aree
di
privilegio
sia
in
singoli
settori
di
attività
,
protetti
economicamente
e
politicamente
,
o
,
nell
'
ambito
di
tutti
o
quasi
tutti
i
settori
,
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
.
In
via
generale
,
le
condizioni
economiche
delle
classi
medie
(
esclusi
i
contadini
proprietari
,
che
costituiscono
un
caso
a
parte
)
sono
tanto
migliori
rispetto
a
quelle
della
classe
operaia
quanto
più
tardivo
è
il
processo
di
sviluppo
dell
'
industria
moderna
e
quanto
più
debole
è
la
forza
contrattuale
della
classe
dei
lavoratori
salariati
,
per
la
presenza
di
un
'
ampia
disoccupazione
manifesta
e
nascosta
,
soprattutto
in
agricoltura
.
In
queste
condizioni
,
infatti
,
i
salari
reali
aumentano
ad
un
saggio
relativamente
lento
,
cosicché
i
lavoratori
partecipano
in
misura
modesta
all
'
aumento
del
sovrappiù
sociale
,
o
reddito
netto
;
di
conseguenza
,
una
parte
crescente
del
sovrappiù
diviene
disponibile
per
i
non
salariati
:
capitalisti
veri
e
propri
,
proprietari
di
case
e
di
terreni
e
ceti
medi
,
che
mettono
a
frutto
la
loro
posizione
di
quasi
monopolio
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
Di
qui
,
l
'
aumento
del
benessere
relativo
di
certi
strati
di
impiegati
e
di
commercianti
.
(
Questa
ipotesi
,
che
è
emersa
da
una
conversazione
con
Fernando
Vianello
,
andrebbe
verificata
sulla
base
di
confronti
con
l
'
evoluzione
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
in
altri
paesi
,
specialmente
di
quelli
molto
sviluppati
e
,
all
'
opposto
,
relativamente
arretrati
.
Un
punto
di
partenza
per
tali
confronti
può
essere
offerto
dall
'
ottimo
volume
di
Gino
Germani
,
Sociologia
della
modernizzazione
.
L
'
esperienza
dell
'
America
Latina
,
Laterza
,
Bari
,
1971
,
particolarmente
i
capp
.
VI
e
X
)
.
7
.
L
'
ubiquità
della
piccola
borghesia
Sebbene
la
piccola
borghesia
non
costituisca
propriamente
una
classe
,
essa
tuttavia
,
come
certi
santi
,
possiede
il
dono
dell
'
ubiquità
.
Gli
stessi
interessi
della
classe
operaia
sono
in
gran
parte
gestiti
-
almeno
sul
piano
politico
e
su
quello
delle
organizzazioni
sindacali
centrali
-
da
membri
della
piccola
borghesia
,
i
quali
a
differenza
dei
lavoratori
salariati
hanno
,
fra
gli
altri
privilegi
,
più
tempo
libero
e
un
più
elevato
grado
d
'
istruzione
.
Pur
amministrando
la
cosa
pubblica
e
,
nella
massima
parte
,
gli
apparati
dei
partiti
politici
,
e
pur
condizionando
ampiamente
i
gusti
e
le
aspirazioni
sociali
,
non
si
può
affermare
che
il
"
potere
"
sia
nelle
mani
di
questa
quasi
classe
.
Nei
paesi
economicamente
più
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
gli
amministratori
universali
;
condizionano
le
scelte
di
fondo
-
fin
quasi
ad
esercitare
in
molti
casi
una
specie
di
potere
di
veto
-
,
ma
non
sono
loro
a
prenderle
.
Se
si
considera
che
la
piccola
borghesia
è
spezzettata
in
tanti
e
tanti
gruppi
(
localmente
,
in
tante
e
tante
clientele
)
e
che
non
pochi
di
questi
gruppi
sono
costituiti
in
misura
notevole
da
individui
famelici
,
servili
e
culturalmente
rozzi
-
da
quelli
che
chiamerei
i
topi
nel
formaggio
-
si
comprende
perché
nella
nostra
vita
pubblica
siano
così
diffuse
certe
pratiche
non
di
rado
sgradevoli
e
perfino
ripugnanti
della
nostra
vita
pubblica
,
fra
cui
sono
da
annoverare
molte
pratiche
di
sottogoverno
.
Forse
gli
strati
civilmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
s
sono
da
ricercare
ai
due
estremi
:
fra
quelli
di
formazione
più
antica
(
che
hanno
certe
"
tradizioni
"
)
e
quelli
di
formazione
più
recente
e
appartenenti
a
famiglie
non
proprio
miserabili
(
i
cui
membri
anziani
,
di
origine
contadina
e
operaia
,
hanno
impartito
un
'
educazione
"
austera
"
ai
membri
più
giovani
)
;
mentre
fra
gli
strati
di
formazione
intermedia
,
specialmente
se
provengono
da
famiglie
miserabili
,
si
ritrovano
più
di
frequente
gli
individui
peggiori
,
disposti
a
intraprendere
l
'
ascesa
sociale
e
la
scalata
al
benessere
con
ogni
mezzo
.
Questi
individui
,
se
restano
ai
margini
,
in
posizioni
umili
quanto
a
reddito
e
quanto
a
prestigio
sociale
,
sono
spesso
indotti
,
dall
'
ansia
di
differenziarsi
dalle
classi
di
provenienza
,
a
prendere
anche
politicamente
le
posizioni
più
reazionarie
.
L
'
instabilità
politica
e
la
superficialità
culturale
che
caratterizzano
numerosi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
l
'
acuto
desiderio
di
sfuggire
ad
una
vita
mediocre
e
squallida
e
di
"
emergere
"
ad
ogni
costo
,
possono
contribuire
a
spiegare
i
salti
acrobatici
compiuti
da
certi
individui
dall
'
estrema
sinistra
all
'
estrema
destra
(
molto
raramente
nella
direzione
opposta
)
:
uno
dei
più
noti
campioni
di
questo
genere
di
salti
è
,
nella
nostra
storia
,
Benito
Mussolini
,
rappresentante
caratteristico
di
certi
strati
della
piccola
borghesia
provinciale
.
Debbo
insistere
:
non
vedo
,
nella
piccola
borghesia
soltanto
individui
di
questo
tipo
;
non
vedo
questa
quasi
classe
soltanto
a
colori
foschi
.
Certo
,
a
causa
della
nostra
storia
,
la
fascia
che
può
esser
vista
a
colori
non
foschi
è
piuttosto
esile
;
ma
esiste
;
ed
in
questa
fascia
risiede
una
delle
speranze
per
il
futuro
.
In
ogni
modo
,
l
'
espressione
"
piccola
borghesia
"
,
spesso
usata
in
senso
quasi
dispregiativo
,
non
deve
trarre
in
inganno
:
in
questa
quasi
classe
,
non
meno
che
nelle
altre
,
si
trovano
individui
di
grande
onestà
civile
,
di
grande
coraggio
e
di
grande
forza
d
'
animo
:
furono
molti
i
piccoli
borghesi
che
morirono
nella
Resistenza
o
nei
campi
di
concentramento
nazisti
.
Ma
anche
fra
i
torturatori
erano
assai
numerosi
i
piccoli
borghesi
.
La
mediocrità
della
vita
quotidiana
di
moltissime
famiglie
piccolo
-
borghesi
non
esclude
dunque
-
anzi
,
forse
,
in
certe
circostanze
contribuisce
a
determinare
-
una
polarizzazione
verso
gli
estremi
,
verso
il
meglio
ed
il
peggio
che
si
può
trovare
nell
'
umanità
.
Proprio
a
causa
della
sua
frammentazione
in
tanti
`
e
tanti
gruppi
e
per
la
sua
eterogeneità
economica
e
sociale
,
la
piccola
borghesia
è
politicamente
instabile
.
L
'
instabilità
è
accresciuta
dal
fatto
che
,
per
non
essere
costretti
,
come
gli
operai
,
ad
una
dura
disciplina
di
lavoro
e
ad
uno
sforzo
incessante
di
sopravvivenza
,
molti
piccoli
borghesi
-
fra
cui
sono
numerosi
intellettuali
-
hanno
una
non
indifferente
zona
discrezionale
,
ossia
possono
scegliere
,
per
il
bene
o
per
il
male
,
entro
limiti
relativamente
più
ampi
non
solo
degli
operai
,
ma
perfino
della
grande
e
media
borghesia
,
i
cui
membri
subiscono
fortemente
le
pressioni
della
loro
classe
,
assai
più
omogenea
della
piccola
borghesia
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
o
indeterminatezza
politica
della
piccola
borghesia
assumono
la
massima
intensità
nei
suoi
strati
giovanili
.
Nei
movimenti
giovanili
piccolo
-
borghesi
,
specialmente
,
in
quello
che
è
stato
il
movimento
studentesco
e
poi
negli
attuali
gruppi
extra
-
parlamentari
di
estrema
sinistra
,
confluiscono
le
motivazioni
e
gl
'
impulsi
più
diversi
:
alcuni
certamente
nobili
e
degni
del
massimo
rispetto
,
altri
assai
poco
rispettabili
.
Numerosi
giovani
o
giovanissimi
hanno
scoperto
l
'
esistenza
delle
classi
e
le
discriminazioni
e
le
tremende
ingiustizie
che
discendono
da
questa
realtà
e
sovente
si
sono
gettati
all
'
estrema
sinistra
per
una
sorta
di
complesso
di
colpa
derivante
dai
privilegi
di
cui
si
sono
accorti
di
godere
,
o
per
un
"
inconscio
desiderio
di
realizzare
essi
l
'
egemonia
della
loro
propria
classe
sul
popolo
"
(
Gramsci
,
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
cit
.
,
p
.
43
)
.
Numerosi
giovani
e
giovanissimi
hanno
messo
sotto
accusa
i
padri
,
molti
dei
quali
avevano
la
coda
di
paglia
(
il
contrasto
fra
giovani
e
anziani
è
antico
quanto
l
'
umanità
;
oggi
,
cadute
molte
bardature
ipocrite
,
ha
assunto
in
molti
paesi
forme
nuove
ed
esasperate
)
.
La
tensione
,
fra
gli
studenti
,
i
diplomati
e
i
laureati
,
è
stata
aggravata
dalla
crescente
disoccupazione
intellettuale
-
un
fenomeno
anche
questo
antico
,
che
di
recente
ha
assunto
proporzioni
molto
gravi
,
sia
per
l
'
impulso
proveniente
dallo
sviluppo
del
sistema
economico
verso
una
più
larga
base
per
la
selezione
di
tecnici
e
di
specialisti
,
sia
per
l
'
accresciuto
reddito
di
famiglie
appartenenti
a
gruppi
sociali
relativamente
meno
agiati
,
che
hanno
potuto
inviare
i
loro
figli
alle
scuole
di
ordine
superiore
e
far
loro
prendere
un
diploma
o
una
laurea
,
senza
però
che
,
nell
'
economia
,
la
domanda
di
lavoro
intellettuale
aumentasse
in
misura
corrispondente
all
'
offerta
.
L
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
della
piccola
borghesia
trovano
un
contrappeso
,
o
un
correttivo
,
in
una
serie
di
elementi
ai
quali
è
necessario
dedicare
un
brevissimo
cenno
.
Per
ottenere
e
mantenere
il
"
consenso
"
e
la
lealtà
dei
ceti
piccolo
-
borghesi
verso
il
così
detto
"
sistema
"
e
,
possibilmente
,
per
mantenerli
in
uno
stato
di
subordinazione
,
in
una
parola
per
rafforzare
ed
allargare
le
propensioni
conservatrici
di
quei
ceti
,
la
classe
dominante
tende
,
da
un
lato
,
a
facilitare
moderatamente
la
mobilità
ascendente
di
quei
ceti
e
,
dall
'
altro
,
a
utilizzare
le
diverse
istituzioni
.
La
mobilità
ascendente
non
è
affatto
costante
nei
diversi
periodi
e
nelle
diverse
società
ed
è
difficile
da
definire
e
misurare
in
modo
rigoroso
;
ma
è
certo
che
non
è
molto
ampia
(
specialmente
quando
si
tratta
della
cooptazione
nella
stessa
classe
dominante
)
ed
è
anche
certo
che
la
classe
dominante
tende
a
presentarla
come
molto
più
ampia
di
quanto
essa
in
realtà
sia
.
Non
si
tratta
di
un
programma
razionalmente
elaborato
e
consapevolmente
perseguito
dalla
classe
dominante
;
si
tratta
piuttosto
di
un
processo
che
viene
alimentato
in
modo
quasi
automatico
attraverso
un
sistema
,
prodotto
da
una
lunga
tradizione
storica
,
di
approvazioni
e
di
riprovazioni
morali
e
sociali
e
,
corrispondentemente
,
di
promozioni
o
di
punizioni
,
secondo
i
comportamenti
individuali
di
conservazione
e
di
accettazione
ovvero
di
dissenso
e
di
rifiuto
.
Un
analogo
processo
,
autoperpetuantesi
in
forme
nuove
anche
dopo
cambiamenti
e
perfino
dopo
fratture
nella
vita
sociale
,
è
all
'
origine
delle
"
istituzioni
"
(
magistratura
,
scuola
,
esercito
,
polizia
ed
altre
)
,
che
costituiscono
l
'
area
sociale
dove
tipicamente
opera
la
piccola
borghesia
impiegatizia
del
settore
pubblico
e
la
cui
logica
(
incluse
le
specifiche
"
scale
di
valori
"
)
mira
ad
attuare
l
'
identificazione
fra
gli
uomini
e
l
'
istituzione
alla
quale
appartengono
e
il
totale
condizionamento
della
loro
personalità
.
L
'
appartenenza
alle
diverse
istituzioni
dei
diversi
gruppi
della
piccola
borghesia
impiegatizia
costituisce
il
principale
elemento
connettivo
di
questi
ceti
ed
entro
certi
limiti
li
stabilizza
e
li
subordina
alla
classe
dominante
.
Tuttavia
,
soprattutto
in
questo
periodo
,
la
stabilizzazione
e
,
ancora
di
più
,
la
subordinazione
non
sono
più
generalmente
accolte
come
fatti
ovvi
,
ossia
spontanei
,
ossia
fondati
sul
consenso
,
ma
sono
messi
in
discussione
.
In
linguaggio
marxista
,
tutti
questi
fenomeni
fanno
parte
della
"
sovrastruttura
"
-
un
'
espressione
ambigua
e
,
io
ritengo
,
ingannevole
se
intesa
in
senso
letterale
.
Se
usata
con
un
grano
di
sale
,
si
può
dire
che
nel
capitalismo
moderno
,
con
i
crescenti
margini
discrezionali
consentiti
dalla
liberazione
dalle
necessità
elementari
della
vita
di
masse
crescenti
di
persone
,
specialmente
nel
settore
della
piccola
borghesia
,
la
"
sovrastruttura
"
diventa
almeno
altrettanto
importante
della
"
struttura
"
[
Ho
scritto
queste
ultime
osservazioni
in
seguito
alle
critiche
ed
ai
suggerimenti
espressi
da
Giorgio
Ruffolo
e
da
Giulio
Salierno
in
un
dibattito
promosso
il
24
novembre
1972
dall
'
Istituto
romano
per
la
storia
dal
fascismo
alla
Resistenza
,
dibattito
che
riguardava
appunto
questo
lavoro
]
.
Nonostante
l
'
instabilità
e
la
polivalenza
politica
che
caratterizzano
la
piccola
borghesia
nei
suoi
molteplici
strati
,
e
nonostante
i
correttivi
istituzionali
e
politici
cui
ora
si
è
accennato
,
probabilmente
è
giusto
sostenere
,
come
hanno
fatto
alcuni
sociologi
(
Luciano
Gallino
ed
altri
)
,
che
nell
'
ambito
di
quella
che
io
chiamo
piccola
borghesia
impiegatizia
comincia
a
delinearsi
una
certa
differenziazione
fra
i
quadri
intermedi
che
vengono
a
integrarsi
nel
gruppo
dominante
e
i
quadri
intermedi
che
invece
assumono
le
caratteristiche
di
impiegati
esecutivi
(
cfr.
parte
I
,
cap
.
3
)
.
E
si
può
dire
che
questi
,
specialmente
nelle
grandi
fabbriche
,
tendono
a
proletarizzarsi
,
non
tanto
nel
senso
strettamente
economico
(
reddito
individuale
)
,
quanto
dal
punto
di
vista
della
qualità
del
lavoro
e
dello
status
sociale
e
quindi
nel
senso
che
i
loro
interessi
e
i
loro
ideali
si
avvicinano
progressivamente
a
quelli
della
classe
operaia
;
corrispondentemente
,
le
azioni
sindacali
e
politiche
di
questi
impiegati
e
quelle
degli
operai
dell
'
industria
moderna
diventano
sempre
più
simili
fra
loro
.
Per
altri
strati
della
piccola
borghesia
specialmente
nel
settore
pubblico
,
si
è
avuta
invece
una
proletarizzazione
non
nel
senso
sociale
e
politico
ma
nel
senso
economico
,
ossia
nel
senso
di
un
avvicinamento
alle
condizioni
materiali
di
vita
degli
operai
.
Tuttavia
,
la
tendenza
alla
proletarizzazione
nel
senso
economico
di
certi
strati
di
piccoli
borghesi
può
spingerli
,
per
un
desiderio
di
rivalsa
e
di
differenziazione
sociale
,
non
verso
posizioni
sindacali
e
politiche
di
sinistra
,
ma
,
proprio
al
contrario
,
verso
posizioni
di
destra
o
di
estrema
destra
:
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
il
problema
è
indeterminato
.
Per
alcuni
strati
della
piccola
borghesia
impiegatizia
probabilmente
ha
avuto
luogo
un
processo
di
proletarizzazione
nel
senso
economico
.
In
effetti
,
confrontando
le
variazioni
di
lungo
periodo
dei
salari
reali
dell
'
industria
moderna
con
quelle
delle
retribuzioni
reali
degli
impiegati
pubblici
,
si
notano
le
seguenti
tendenze
(
v
.
la
tabella
5.3
)
:
1
)
un
aumento
molto
notevole
dei
salari
reali
(
dal
1880
al
1970
circa
5
volte
)
;
2
)
un
aumento
molto
meno
accentuato
degli
stipendi
reali
(
meno
di
2
volte
nello
stesso
periodo
)
;
3
)
un
conseguente
progressivo
avvicinamento
fra
le
condizioni
economiche
degli
impiegati
pubblici
e
quelle
degli
operai
nell
'
industria
moderna
(
fa
eccezione
il
periodo
fascista
,
durante
il
quale
i
salari
reali
diminuiscono
di
circa
il
15-20%
e
gli
stipendi
reali
aumentano
del
3-4%
)
.
È
necessario
tener
ben
presente
che
la
riduzione
della
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
non
contraddice
l
'
ipotesi
che
in
certe
fasce
le
distanze
siano
perfino
aumentate
.
Inoltre
,
è
necessario
tener
presente
che
quell
'
avvicinamento
è
avvenuto
in
salita
,
ossia
con
un
aumento
sensibile
per
tutti
,
ma
specialmente
per
gli
operai
,
del
tenore
di
vita
.
Questo
non
significa
che
le
spinte
verso
una
trasformazione
radicale
o
addirittura
rivoluzionaria
necessariamente
vengano
meno
.
Significa
però
che
le
spinte
innovatrici
perdono
man
mano
il
carattere
elementare
di
protesta
economica
:
notevoli
gruppi
di
operai
e
di
impiegati
tendono
a
porsi
sul
piano
,
ben
più
complesso
,
dell
'
affermazione
e
dell
'
ascesa
sociale
in
una
struttura
sempre
più
differenziata
.
Rispetto
alla
situazione
studiata
dai
classici
del
marxismo
i
termini
del
problema
appaiono
profondamente
mutati
.
Perché
,
dunque
,
molti
piccoli
borghesi
decidono
di
schierarsi
con
gli
operai
e
comunque
di
"
andare
a
sinistra
"
?
I
motivi
sono
disparati
.
Innanzi
tutto
ci
sono
i
motivi
ignobili
:
arricchirsi
in
nomine
falcis
et
mallei
coi
mezzi
e
nei
modi
più
svariati
-
essenzialmente
con
posti
conquistati
"
politicamente
"
e
retribuiti
munificamente
.
Motivi
di
questo
genere
,
che
,
è
doloroso
dirlo
,
sono
tutt
'
altro
che
rari
,
appaiono
particolarmente
ripugnanti
,
considerata
l
'
ideologia
professata
e
considerati
gl
'
interessi
che
per
la
platea
si
pretende
di
voler
difendere
.
Ma
consideriamo
i
motivi
non
ignobili
.
Gli
strati
piccolo
-
borghesi
le
cui
condizioni
economiche
si
sono
avvicinate
a
quelle
della
grande
maggioranza
degli
operai
(
redditi
relativamente
bassi
,
nessuna
proprietà
di
immobili
o
titoli
)
possono
trovare
conveniente
associarsi
agli
operai
,
oltre
che
sul
piano
politico
,
anche
sul
piano
sindacale
,
raccordando
le
loro
rivendicazioni
con
quelle
operaie
.
Una
tale
situazione
ha
luogo
specialmente
nel
caso
degli
impiegati
collegati
con
le
fabbriche
.
Negli
strati
più
colti
della
piccola
borghesia
possono
essere
frequenti
coloro
che
si
sentono
solidali
con
gli
operai
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
ideali
o
di
progresso
civile
;
e
si
comprende
allora
perché
vi
sono
persone
che
appoggiano
anche
provvedimenti
dannosi
per
i
propri
interessi
economici
immediati
.
La
scelta
dei
piccoli
borghesi
che
si
dedicano
alla
vita
politica
o
sindacale
può
essere
determinata
da
motivazioni
ideali
,
ma
può
essere
anche
(
e
contemporaneamente
)
determinata
dalla
più
o
meno
consapevole
considerazione
che
andando
dalla
parte
degli
operai
essi
possono
divenire
leaders
,
mentre
volgendosi
verso
la
grande
borghesia
essi
diverrebbero
ufficiali
subalterni
o
amministratori
o
,
peggio
,
maggiordomi
o
,
peggio
ancora
,
servitori
.
Tuttavia
,
nell
'
ipotesi
che
la
scelta
sia
"
a
sinistra
"
,
esiste
in
ogni
caso
la
possibilità
che
i
piccoli
borghesi
,
qualunque
sia
la
motivazione
della
scelta
,
gretta
ed
egoistica
o
generosa
e
nobile
,
nel
fatto
operino
preoccupandosi
in
primo
luogo
dell
'
immediato
vantaggio
proprio
o
del
gruppo
sociale
dal
quale
provengono
e
solo
in
via
subordinata
del
vantaggio
della
classe
operaia
.
In
conclusione
,
nel
seno
di
tutti
i
ceti
della
piccola
borghesia
troviamo
numerose
frange
di
sinistra
e
numerose
frange
di
destra
(
in
atto
o
in
potenza
)
;
ma
,
considerata
la
grande
differenziazione
di
questa
quasi
classe
,
i
confini
non
sono
né
stabili
né
ben
definiti
.
Inoltre
,
non
bisogna
fidarsi
delle
etichette
,
che
certe
volte
(
specialmente
quando
si
va
"
in
alto
"
)
possono
essere
ingannevoli
:
è
indispensabile
esaminare
criticamente
e
a
fondo
i
contenuti
e
le
azioni
effettive
.
8
.
Confronti
internazionali
Nelle
considerazioni
espresse
nei
due
precedenti
capitoli
è
implicita
l
'
idea
che
nell
'
analizzare
la
distribuzione
del
reddito
non
sia
da
considerare
solo
l
'
antagonismo
fra
salari
e
profitti
;
esiste
un
antagonismo
anche
fra
salari
e
redditi
caratteristici
di
ampi
strati
di
ceti
medi
,
specialmente
stipendi
e
certi
tipi
di
redditi
misti
.
Un
tale
antagonismo
come
quello
fra
salari
e
profitti
,
risulta
attenuato
quando
il
reddito
,
crescendo
,
lascia
maggiore
spazio
per
tutti
i
redditi
,
così
che
quel
duplice
antagonismo
riguarda
solo
le
quote
.
Tuttavia
,
l
'
aumento
del
reddito
,
nel
breve
periodo
-
un
anno
-
raramente
supera
il
5-6%;
e
l
'
aumento
è
ben
lungi
da
ripartirsi
proporzionalmente
fra
tutti
i
redditieri
.
Il
contrasto
diventa
veramente
aspro
quando
il
reddito
cessa
di
crescere
o
addirittura
diminuisce
.
Quell
'
antagonismo
,
dunque
,
sussiste
,
e
non
può
essere
trascurato
,
considerando
le
dimensioni
che
le
classi
medie
hanno
raggiunto
nel
nostro
paese
.
Si
pone
allora
il
quesito
:
negli
altri
paesi
le
classi
medie
sono
altrettanto
ampie
?
La
risposta
è
affermativa
:
indubbiamente
i
confronti
internazionali
sulla
stratificazione
sociale
sono
molto
problematici
;
ma
sono
importanti
:
l
'
estero
è
lo
specchio
del
diavolo
,
in
esso
possiamo
vedere
meglio
noi
stessi
,
possiamo
comprenderci
e
criticarci
con
maggiore
cognizione
di
causa
.
Dunque
,
nonostante
le
difficoltà
,
è
indispensabile
procedere
a
confronti
internazionali
,
usando
la
necessaria
cautela
.
Ritengo
che
,
se
vengono
considerati
come
ordini
di
grandezza
i
dati
con
gran
fatica
selezionati
per
certi
paesi
e
riportati
nelle
tabelle
,
in
appendice
,
non
siamo
ingannevoli
e
,
se
pure
entro
limiti
molto
ristretti
,
consentono
certi
confronti
(
i
paesi
esaminati
,
oltre
l
'
Italia
,
sono
la
Spagna
,
il
Giappone
,
la
Francia
,
la
Gran
Bretagna
gli
Stati
Uniti
,
l
'
Argentina
e
il
Cile
(
v
.
le
tabelle
2.1
e
2.2
)
.
Da
questi
confronti
emergono
due
caratteristiche
degne
di
nota
:
la
quota
delle
classi
medie
sulla
popolazione
attiva
è
molto
simile
a
quella
osservata
per
l
'
Italia
(
50%
)
e
,
come
per
l
'
Italia
,
è
relativamente
stabile
nel
tempo
.
Si
tratta
di
caratteristiche
sorprendenti
(
mezzo
secolo
fa
sarebbe
stata
proclamata
l
'
esistenza
di
una
"
legge
"
)
,
poiché
si
osservano
in
paesi
molto
diversi
e
,
per
alcuni
dei
paesi
considerati
,
in
tempi
molto
diversi
.
Più
precisamente
:
le
quote
delle
classi
medie
e
delle
classi
operaie
in
complesso
sono
stabili
(
se
mai
,
la
quota
della
classe
operaia
ha
forse
una
certa
tendenza
a
flettere
)
.
Ma
cambiano
in
modo
molto
significativo
i
contenuti
:
nell
'
ambito
delle
classi
medie
,
diminuiscono
i
coltivatori
diretti
e
,
almeno
relativamente
,
gli
altri
lavoratori
autonomi
(
eccetto
i
commercianti
)
,
mentre
aumentano
gli
impiegati
sia
privati
che
pubblici
;
nell
'
ambito
della
classe
operaia
,
diminuiscono
i
salariati
agricoli
ed
aumentano
i
salariati
nelle
altre
attività
,
specialmente
nell
'
industria
.
t
lecito
presumere
che
col
procedere
dello
sviluppo
economico
aumentano
,
in
termini
assoluti
e
relativi
,
gli
operai
occupati
in
aziende
industriali
moderne
(
diciamo
,
in
aziende
che
impiegano
più
di
cento
addetti
)
;
questa
presunzione
si
fonda
,
oltre
che
sulla
logica
,
su
un
confronto
internazionale
(
tabella
4.3
)
.
Poiché
i
paesi
esaminati
si
trovano
in
stadi
molto
diversi
dello
sviluppo
economico
,
conviene
riflettere
sui
rapporti
fra
grado
di
sviluppo
e
quote
dei
diversi
gruppi
sociali
(
tabella
2.2
)
.
Risulta
confermato
che
col
procedere
dello
sviluppo
diminuisce
la
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
e
cresce
la
piccola
borghesia
impiegatizia
.
Anzi
,
il
confronto
internazionale
mostra
che
l
'
Italia
non
è
affatto
più
avanti
degli
altri
paesi
sulla
strada
dell
'
espansione
burocratica
;
e
mostra
anche
che
ha
ancora
.
una
strada
relativamente
lunga
da
percorrere
riguardo
alla
flessione
della
piccola
borghesia
autonoma
.
Restano
confermati
anche
i
mutamenti
che
hanno
luogo
nell
'
ambito
della
classe
operaia
:
man
mano
che
procede
lo
sviluppo
diminuiscono
i
salariati
agricoli
e
aumentano
gli
operai
industriali
;
ma
non
sembra
che
vi
sia
uno
stretto
legame
fra
altezza
della
percentuale
degli
operai
nell
'
industria
e
grado
di
sviluppo
(
probabilmente
,
il
nesso
è
stretto
se
si
considerano
solo
gli
operai
della
grande
industria
)
.
Le
uniformità
sopra
indicate
costituiscono
,
in
sostanza
,
delle
specificazioni
di
quella
che
Colin
Clark
chiama
"
legge
di
Petty
"
e
che
riguarda
le
relazioni
fra
sviluppo
economico
e
sviluppo
relativo
dei
tre
grandi
settori
:
col
procedere
dello
sviluppo
economico
,
si
sviluppano
in
via
preliminare
le
attività
primarie
(
agricoltura
e
miniere
)
e
poi
,
via
via
,
le
attività
secondarie
(
industriali
)
e
quelle
terziarie
(
commercio
,
credito
,
servizi
,
pubblica
amministrazione
)
.
Le
specificazioni
sopra
indicate
permettono
di
dar
ragione
di
alcune
anomalie
e
di
alcune
apparenti
eccezioni
alla
"
legge
"
,
come
quella
secondo
cui
in
certi
paesi
molto
arretrati
l
'
espansione
del
commercio
precede
quella
delle
così
dette
attività
primarie
:
il
punto
è
che
occorre
disaggregare
e
distinguere
,
in
relazione
al
procedere
dello
sviluppo
,
le
diverse
attività
terziarie
(
C
.
Clark
,
The
Conditions
to
Economic
Progress
,
Macmillan
,
London
,
19573;
P
.
T
.
Bauer
and
B
.
S
.
Yamey
,
The
Economics
of
Underdeveloped
Countries
,
Cambridge
University
Press
,
1957
)
.
Quanto
alla
piccola
borghesia
impiegatizia
,
se
è
vero
che
l
'
Italia
si
trova
in
linea
,
sia
per
la
quota
di
impiegati
privati
sia
per
quella
di
impiegati
pubblici
,
come
si
può
affermare
che
la
burocrazia
pubblica
del
nostro
paese
è
ipertrofica
?
Innanzi
tutto
,
occorre
richiamare
le
ragioni
dell
'
espansione
burocratica
(
parte
I
,
cap
.
6
)
:
1
)
crescenti
esigenze
amministrative
per
sempre
più
ampi
interventi
nell
'
economia
;
2
)
crescenti
spese
di
trasferimento
;
3
)
"
sistemazione
"
di
un
certo
numero
di
persone
grazie
a
pressioni
clientelari
o
politiche
.
L
'
ipertrofia
,
ossia
l
'
espansione
patologica
,
ha
luogo
quando
la
burocrazia
cresce
per
il
terzo
ordine
di
motivi
.
Ora
,
come
si
è
già
fatto
rilevare
,
questa
ipertrofia
non
riguarda
l
'
intera
burocrazia
,
ma
soltanto
i
gradi
più
bassi
e
le
fasce
meno
qualificate
della
burocrazia
(
negli
uffici
tecnici
v
'
è
carenza
di
personale
)
.
Che
le
cose
stiano
così
è
indicato
dal
fatto
(
anche
questo
già
messo
in
rilievo
)
che
la
quota
della
burocrazia
pubblica
è
più
alta
nel
più
arretrato
Sud
che
nel
Nord
.
Inoltre
,
se
si
distinguono
,
fra
gli
impiegati
pubblici
,
gl
'
insegnanti
dagli
altri
impiegati
,
si
ha
il
quadro
che
segue
e
che
riguarda
,
oltre
l
'
Italia
,
quattro
paesi
per
i
quali
si
sono
trovati
i
dati
necessari
per
il
confronto
(
i
dati
sono
espressi
in
percentuale
della
popolazione
attiva
)
.
Spagna
Italia
Francia
Gran
Bretagna
Stati
Uniti
(
1970
)
(
1971
)
(
1968
)
(
1968
)
(
1969
)
Insegnanti
2,4
3,1
3,6
5,6
5,7
Altri
impiegati
3,9
5,0
3,7
5,6
8,2
pubblici
In
Italia
,
la
percentuale
degli
impiegati
pubblici
,
esclusi
gl
'
insegnanti
,
è
nettamente
maggiore
che
in
Francia
ed
è
simile
a
quella
dell
'
Inghilterra
,
il
cui
sviluppo
economico
e
civile
è
ben
più
avanzato
.
Da
ciò
si
può
dedurre
che
la
detta
percentuale
in
Italia
è
patologicamente
elevata
.
L
'
aspetto
patologico
appare
anche
più
grave
se
si
considera
che
negli
altri
paesi
non
è
stato
possibile
separare
la
quota
(
piccola
ma
non
trascurabile
)
dei
salariati
pubblici
,
quota
che
dovrebbe
essere
inclusa
nella
classe
operaia
.
Aggiungendo
questa
quota
,
che
in
Italia
era
stata
esclusa
,
si
giunge
ad
una
percentuale
di
dipendenti
pubblici
(
esclusi
gli
insegnanti
)
del
5,5%
,
una
cifra
pressoché
identica
a
quella
inglese
.
Negli
Stati
Uniti
sono
sensibilmente
più
elevate
che
in
Italia
tanto
la
quota
degli
insegnanti
quanto
quella
degli
altri
dipendenti
pubblici
.
È
senz
'
altro
fisiologico
questo
fatto
?
Considerato
l
'
elevato
grado
di
sviluppo
economico
della
società
americana
,
la
risposta
potrebbe
essere
affermativa
.
Tuttavia
,
non
può
essere
scartata
a
priori
l
'
ipotesi
che
anche
negli
Stati
Uniti
,
se
pure
per
motivi
alquanto
diversi
da
quelli
considerati
per
l
'
Italia
,
la
burocrazia
pubblica
sia
ipertrofica
:
una
volta
che
la
struttura
produttiva
ha
raggiunto
un
elevato
grado
di
concentrazione
,
lo
sviluppo
economico
capitalistico
può
proseguire
solo
se
la
domanda
effettiva
viene
sostenuta
dall
'
autorità
pubblica
;
e
questo
vale
sia
per
la
domanda
di
prodotti
che
per
la
domanda
di
lavoro
.
D
'
altro
canto
,
in
regime
capitalistico
lo
sviluppo
deve
proseguire
se
si
vuole
evitare
un
aumento
crescente
della
disoccupazione
,
dato
che
l
'
aumento
di
produttività
-
risultato
necessario
della
competizione
nazionale
e
internazionale
caratteristica
del
capitalismo
-
proseguirebbe
in
ogni
modo
.
(
Una
tale
tesi
è
stata
proposta
,
in
forme
e
tempi
diversi
da
diversi
autori
;
è
stata
proposta
dallo
scrivente
nell
'
opera
Oligopolio
e
progresso
tecnico
,
ed
.
,
Giuffrè
,
Milano
,
1956;
è
stata
proposta
da
Michal
Kalecki
in
un
articolo
pubblicato
in
polacco
pure
nel
1956
e
pubblicato
,
tradotto
in
inglese
,
solo
recentemente
;
l
'
articolo
ha
per
titolo
The
Economic
Situation
in
the
United
States
as
Compared
with
the
Pre
-
War
Period
,
ed
è
incluso
nel
volume
The
Last
Phase
in
the
Transformation
of
Capitalism
,
Monthly
Review
Press
,
New
York
,
1972
)
.
Che
lo
sviluppo
della
burocrazia
negli
Stati
Uniti
sia
abnorme
,
può
forse
risultare
da
un
confronto
con
la
situazione
dell
'
Unione
Sovietica
.
fi
una
opinione
diffusa
che
gli
Stati
Uniti
sono
il
paese
della
iniziativa
individuale
,
mentre
l
'
economia
dell
'
Unione
Sovietica
è
retta
da
una
burocrazia
mastodontica
e
onnipresente
.
Confrontare
i
dati
sovietici
con
i
dati
americani
è
ancora
più
rischioso
che
negli
altri
casi
;
ma
io
penso
che
questo
confronto
abbia
un
senso
.
Esso
mostra
che
la
realtà
è
ben
lontana
da
quella
opinione
:
se
per
burocrazia
"
privata
"
s
'
intende
,
con
riferimento
all
'
Unione
Sovietica
,
quella
corrispondente
alla
massa
degli
impiegati
di
azienda
e
per
burocrazia
"
pubblica
"
s
'
intende
quella
costituita
da
insegnanti
,
da
ricercatori
e
da
impiegati
addetti
all
'
istruzione
e
da
tutti
gl
'
impiegati
addetti
all
'
apparato
statale
,
risulta
che
la
percentuale
sulla
popolazione
attiva
della
burocrazia
"
pubblica
"
così
intesa
non
supera
il
12%
,
mentre
la
corrispondente
percentuale
negli
Stati
Uniti
è
del
13,9%
(
v
.
le
tabelle
2.2
e
2.5
)
.
$
da
notare
che
la
valutazione
della
burocrazia
"
pubblica
"
dell
'
Unione
Sovietica
è
probabilmente
errata
per
eccesso
,
dato
che
non
pochi
ricercatori
e
non
pochi
addetti
all
'
istruzione
negli
Stati
Uniti
appartengono
al
settore
privato
.
In
ogni
modo
,
i
possibili
dubbi
sul
grado
di
burocratizzazione
degli
Stati
Uniti
rispetto
all
'
Unione
Sovietica
vengono
a
cadere
se
si
considerano
le
quote
degli
impiegati
,
sia
"
pubblici
"
che
"
privati
"
:
il
38%
negli
Stati
Uniti
e
solo
il
21%
nell
'
Unione
Sovietica
.
Lungi
dall
'
essere
il
paese
dell
'
iniziativa
individuale
gli
Stati
Uniti
sono
dunque
divenuti
un
paese
di
colletti
bianchi
e
di
mezze
maniche
;
ed
anzi
l
'
incremento
degli
impiegati
rispetto
alla
forza
di
lavoro
addizionale
rappresenta
una
quota
anche
più
alta
della
media
:
60-70%
ogni
anno
contro
il
38-40%
.
Insomma
:
è
molto
più
burocratizzata
l
'
economia
americana
di
quella
russa
!
Molte
altre
illazioni
potrebbero
essere
tratte
dall
'
esame
dei
dati
riguardanti
i
due
colossi
,
quello
capitalistico
e
quello
collettivistico
.
Per
esempio
,
la
struttura
sociale
dell
'
Unione
Sovietica
mostra
,
almeno
apparentemente
(
com
'
è
ovvio
,
i
contenuti
sono
profondamente
diversi
)
,
parecchie
rassomiglianze
con
quello
degli
Stati
Uniti
e
di
altri
paesi
non
collettivistici
.
La
struttura
sociale
della
Russia
del
1913
,
invece
,
presentava
caratteristiche
molto
particolari
e
,
a
quanto
pare
,
costituiva
un
'
eccezione
rispetto
alla
composizione
sociale
prevalente
in
tempi
molto
diversi
negli
altri
paesi
qui
esaminati
:
borghesia
16,3%
,
piccola
borghesia
impiegatizia
2,4%
,
contadini
e
artigiani
66,7%
,
operai
14,6%
(
v
.
la
tabella
2.3
)
.
Ma
,
a
parte
l
'
inclusione
-
dichiarata
-
dei
contadini
ricchi
(
kulaki
)
fra
la
borghesia
vera
e
propria
,
è
possibile
che
fra
i
contadini
poveri
siano
state
incluse
molte
persone
che
lavoravano
prevalentemente
da
salariati
agricoli
,
così
che
la
classe
dei
"
contadini
e
artigiani
"
risulta
gonfiata
(
considerati
i
criteri
seguiti
in
questo
saggio
)
rispetto
alla
classe
operaia
.
In
ogni
modo
,
è
certo
che
subito
prima
della
rivoluzione
quella
russa
era
,
in
misura
preponderante
,
una
società
a
carattere
rurale
,
con
una
classe
operaia
molto
piccola
e
con
una
classe
dominante
numericamente
molto
esigua
,
in
parte
aristocratica
e
in
parte
borghese
(
v
.
la
tabella
2.4
)
.
I
paesi
considerati
nei
precedenti
confronti
appaiono
tutti
,
sia
pure
in
diversi
gradi
,
socialmente
evoluti
(
o
"
moderni
"
)
se
si
usano
congiuntamente
due
indici
,
ossia
la
quota
degli
impiegati
e
quella
dei
contadini
:
più
alta
è
la
prima
e
più
bassa
la
seconda
e
più
socialmente
evoluto
è
il
paese
in
esame
.
(
Faccio
osservare
che
sulla
base
di
questo
criterio
certi
paesi
dell
'
America
latina
,
come
l
'
Argentina
e
il
Cile
,
debbono
essere
annoverati
fra
i
paesi
evoluti
,
mentre
altri
paesi
,
come
il
Brasile
,
vanno
inclusi
fra
quelli
arretrati
)
.
Per
i
paesi
arretrati
nel
senso
ora
specificato
,
conviene
usare
una
diversa
suddivisione
fra
le
classi
,
che
consenta
di
mettere
in
adeguato
rilievo
la
struttura
sociale
dell
'
agricoltura
.
Una
suddivisione
adatta
allo
scopo
potrebbe
essere
la
seguente
(
fra
parentesi
sono
indicate
le
percentuali
di
composizione
)
(
v
.
la
tabella
2.6
)
:
I
.
Grandi
proprietari
,
grossi
commercianti
,
industriali
medi
e
grandi
(
1-2%
)
.
II
.
Impiegati
privati
e
pubblici
(
5-10%
)
.
III
.
Lavoratori
autonomi
,
esclusi
i
contadini
poveri
(
15-20%
)
.
IV
.
Contadini
poveri
e
salariati
agricoli
(
incluso
il
sottoproletariato
delle
campagne
)
(
40-70%
)
.
V
.
Salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
(
incluso
il
sottoproletariato
urbano
)
(
7-37%
)
.
In
questi
paesi
solo
le
classi
II
e
III
possono
essere
considerate
piccola
borghesia
.
Ho
già
osservato
più
volte
,
ed
argomenterò
fra
breve
con
riferimento
al
fascismo
,
che
nei
paesi
detti
evoluti
i
piccoli
borghesi
sono
diventati
oggi
gli
amministratori
universali
,
ma
non
sono
i
dirigenti
effettivi
;
hanno
contribuito
a
fornire
una
base
di
massa
a
regimi
di
destra
o
anche
di
sinistra
,
ma
non
sono
mai
stati
la
classe
dominante
.
Tuttavia
,
secondo
una
interessante
tesi
di
Michal
Kalecki
,
in
diversi
paesi
arretrati
,
dove
la
piccola
borghesia
(
specialmente
quella
di
tipo
tradizionale
,
che
ha
interessi
opposti
a
quelli
delle
imprese
capitalistiche
moderne
)
ha
un
peso
relativo
considerevole
-
essendo
normalmente
nullo
il
peso
politico
della
gran
massa
di
contadini
-
e
dove
la
borghesia
moderna
è
assai
poco
sviluppata
,
anche
a
causa
del
predominio
delle
grandi
società
straniere
,
sono
sorte
condizioni
favorevoli
alla
costituzione
di
governi
che
rappresentano
in
modo
preminente
e
diretto
gl
'
interessi
delle
classi
medie
inferiori
,
nonostante
l
'
alleanza
fra
gl
'
interessi
stranieri
e
i
gruppi
locali
di
grandi
proprietari
di
tipo
feudale
e
di
grossi
commercianti
;
la
formula
economica
è
quella
del
capitalismo
di
Stato
e
la
formula
politica
contiene
elementi
di
un
feroce
anticomunismo
(
M
.
Kalecki
,
Intermediate
Regimes
,
articolo
incluso
nel
volume
già
citato
)
.
9
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
L
'
instabilità
politica
della
piccola
borghesia
ha
rilevanti
conseguenze
:
quando
,
in
periodi
di
crisi
,
ampi
strati
di
questa
quasi
classe
si
alleano
con
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
,
il
paese
corre
il
pericolo
del
fascismo
.
Nel
nostro
paese
conosciamo
una
tale
esperienza
.
Per
evitare
il
rischio
di
affermazioni
generiche
,
rischio
elevato
in
questo
tipo
di
analisi
,
conviene
richiamare
alcuni
aspetti
essenziali
dell
'
ascesa
al
potere
del
fascismo
in
Italia
,
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
Nel
1921
l
'
economia
italiana
subì
una
crisi
,
che
in
parte
aveva
origini
internazionali
e
che
nel
nostro
paese
risultò
particolarmente
grave
sia
per
la
debolezza
della
struttura
industriale
italiana
,
fondata
ancora
in
misura
modesta
su
imprese
moderne
,
sia
per
le
difficoltà
connesse
con
la
conversione
delle
industrie
che
avevano
rifornito
l
'
amministrazione
militare
durante
la
guerra
.
La
crisi
rese
acutissime
le
tensioni
sociali
e
quindi
le
tensioni
politiche
.
Ai
contadini
sotto
le
armi
ed
agli
operai
nelle
fabbriche
durante
la
guerra
erano
state
fatte
promesse
di
ampie
concessioni
,
che
poi
,
passato
il
pericolo
,
erano
state
mantenute
solo
in
minima
parte
;
la
crisi
anzi
aggravava
le
loro
condizioni
economiche
.
Queste
promesse
erano
state
ripetute
in
trincea
,
sulla
base
delle
dichiarazioni
degli
uomini
politici
,
dagli
ufficiali
subalterni
-
uomini
provenienti
nella
massima
parte
dalla
media
e
piccola
borghesia
;
tornata
la
pace
,
l
'
ostilità
e
perfino
l
'
odio
delle
masse
popolari
,
esasperate
per
il
peggioramento
delle
loro
condizioni
,
si
riversarono
verso
le
persone
fisiche
che
avevano
ripetuto
loro
quelle
promesse
.
Né
stavano
molto
meglio
,
tornati
a
casa
,
gli
ex
ufficiali
subalterni
,
che
stentavano
a
trovare
una
occupazione
;
ma
la
loro
volontà
di
un
radicale
cambiamento
si
mosse
in
direzione
opposta
a
quella
delle
masse
popolari
,
che
li
attaccavano
personalmente
.
Si
ebbero
scioperi
e
agitazioni
gravissime
,
numerose
fabbriche
e
proprietà
terriere
furono
occupate
.
La
spinta
delle
masse
popolari
veniva
rafforzata
e
resa
fortissima
,
anche
se
rimaneva
in
gran
parte
caotica
e
disorganizzata
,
dall
'
esempio
della
rivoluzione
bolscevica
russa
.
La
grande
borghesia
fu
presa
dal
panico
;
estese
i
finanziamenti
ai
giornali
e
a
molti
uomini
politici
di
destra
;
finanziò
bande
armate
,
che
misero
a
ferro
e
a
fuoco
le
sedi
di
molte
organizzazioni
popolari
:
sindacati
,
cooperative
,
sedi
di
partiti
di
sinistra
.
Vi
furono
numerosi
assassinii
.
La
grande
borghesia
terriera
e
industriale
(
con
diverse
eccezioni
,
tuttavia
)
trovò
in
ampi
strati
della
media
e
,
soprattutto
,
nella
piccola
borghesia
gli
alleati
più
decisi
;
gli
scherani
,
come
altre
volte
è
successo
in
condizioni
analoghe
,
furono
reclutati
nel
sottoproletariato
;
i
principali
centri
del
potere
pubblico
-
ampie
sezioni
della
magistratura
,
della
polizia
e
dell
'
apparato
militare
-
in
modo
aperto
o
nascosto
fornirono
il
loro
appoggio
.
La
guida
politica
della
reazione
fu
assunta
dal
partito
fascista
,
che
-
ironicamente
,
ma
non
immotivatamente
,
poiché
sfruttava
a
fini
concreti
la
retorica
piccolo
-
borghese
-
si
autodefiniva
partito
rivoluzionario
.
In
particolare
,
per
mobilitare
diversi
strati
della
piccola
borghesia
il
partito
fascista
sfruttò
il
mito
della
"
vittoria
mutilata
"
-
il
sentimento
di
frustrazione
per
le
concessioni
coloniali
e
territoriali
ritenute
insufficienti
,
che
il
trattato
di
Versailles
attribuiva
all
'
Italia
.
Anche
se
il
fascismo
cominciò
ad
organizzarsi
nel
1919-21
,
esso
divenne
virulento
e
pervenne
a
conquistare
il
potere
non
durante
la
crisi
economica
del
1921
,
ma
proprio
quando
questa
crisi
era
chiaramente
in
via
di
superamento
,
non
solo
in
Italia
,
ma
anche
negli
altri
paesi
industriali
(
primavera
-
estate
1922
)
.
Subito
dopo
essere
salito
al
potere
,
il
partito
fascista
pagò
il
conto
per
gli
aiuti
finanziari
e
politici
ottenuti
negli
anni
precedenti
dalla
grande
borghesia
.
Il
governo
decise
:
1
)
di
sopprimere
,
in
pratica
,
la
Commissione
per
l
'
indagine
sui
sovraprofitti
di
guerra
;
2
)
di
abolire
la
nominatività
dei
titoli
azionari
;
3
)
di
trasferire
la
rete
telefonica
a
società
private
;
4
)
di
rinnovare
le
concessioni
alle
società
elettriche
;
5
)
di
abolire
il
monopolio
statale
delle
assicurazioni
sulla
vita
e
di
trasferire
una
cospicua
quota
di
tali
assicurazioni
a
società
private
;
6
)
di
attuare
il
salvataggio
,
con
danaro
pubblico
,
di
alcune
grandi
banche
,
che
restarono
private
;
7
)
di
riformare
il
regime
fiscale
,
in
senso
favorevole
ai
privati
,
dei
trasferimenti
a
titolo
ereditario
;
8
)
di
"
sospendere
"
la
legge
di
riforma
agraria
;
9
)
di
abolire
,
attraverso
una
numerosa
serie
di
eccezioni
,
il
limite
massimo
di
otto
ore
per
la
giornata
lavorativa
,
limite
che
gli
operai
avevano
conquistato
dopo
dure
lotte
nel
1919
e
nel
1920
.
A
favore
di
una
parte
della
piccola
borghesia
furono
presi
diversi
provvedimenti
,
fra
cui
occorre
ricordare
:
1
)
l
'
assunzione
di
notevoli
schiere
di
persone
nella
burocrazia
,
nell
'
esercito
,
in
quella
speciale
milizia
di
partito
denominata
"
milizia
volontaria
per
la
sicurezza
nazionale
"
e
negli
uffici
organizzati
nell
'
ambito
del
partito
fascista
;
2
)
la
revoca
delle
sovvenzioni
governative
alle
cooperative
(
che
danneggiavano
gl
'
interessi
dei
piccoli
commercianti
)
;
3
)
la
revisione
,
in
senso
restrittivo
,
delle
norme
per
la
concessione
delle
licenze
per
il
commercio
al
minuto
;
4
)
provvedimenti
a
favore
di
varie
categorie
di
artigiani
.
Da
questa
cospicua
serie
di
concessioni
restavano
esclusi
i
lavoratori
salariati
,
i
quali
,
anzi
,
dopo
essere
stati
privati
delle
loro
organizzazioni
sindacali
e
cooperative
e
dei
partiti
che
ne
esprimevano
gl
'
interessi
,
ben
presto
subirono
duri
colpi
anche
sotto
forma
di
riduzioni
salariali
.
In
breve
,
dal
punto
di
vista
sociale
e
politico
si
può
affermare
che
il
fascismo
fu
il
risultato
della
saldatura
fra
grande
borghesia
terriera
,
finanziaria
e
industriale
e
larghe
sezioni
della
piccola
borghesia
(
impiegati
pubblici
e
privati
,
liberi
professionisti
,
piccoli
commercianti
)
.
Tale
saldatura
fu
rafforzata
dalla
rivalutazione
della
lira
del
1926
,
una
decisione
che
bloccava
il
processo
inflazionistico
e
in
questo
modo
,
almeno
per
un
certo
periodo
,
consentiva
l
'
aumento
del
potere
d
'
acquisto
degli
stipendi
e
favoriva
il
risparmio
individuale
.
(
La
rivalutazione
danneggiò
gl
'
industriali
che
producevano
per
l
'
esportazione
,
anche
se
avvantaggiò
gl
'
industriali
che
producevano
principalmente
per
il
mercato
interno
con
materie
prime
importate
,
come
era
il
caso
delle
principali
industrie
tessili
.
Inoltre
,
essendo
stata
completata
l
'
opera
di
distruzione
dei
sindacati
operai
,
i
salari
vennero
decurtati
,
ciò
che
compensò
almeno
parzialmente
gli
industriali
danneggiati
dalla
rivalutazione
.
Il
principale
obiettivo
della
rivalutazione
della
lira
,
tuttavia
,
era
un
obiettivo
politico
,
di
"
stabilizzazione
sociale
"
,
condiviso
da
un
'
ampia
parte
della
grande
borghesia
industriale
:
si
voleva
favorire
la
piccola
borghesia
risparmiatrice
,
che
era
stata
danneggiata
dalla
precedente
tendenza
inflazionistica
)
.
Pare
certo
che
il
reddito
individuale
medio
assoluto
e
relativo
della
piccola
borghesia
impiegatizia
e
commerciale
sia
sensibilmente
aumentato
durante
il
periodo
fascista
,
mentre
è
diminuito
il
reddito
medio
assoluto
e
,
ancora
di
più
,
relativo
dei
lavoratori
salariati
.
Il
fascismo
è
dunque
il
risultato
di
un
'
alleanza
fra
grande
e
piccola
borghesia
;
ma
non
si
tratta
di
un
'
alleanza
inter
pares
:
la
responsabilità
prevalente
va
attribuita
alla
grande
borghesia
.
È
esatto
affermare
che
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
insieme
con
limitati
strati
di
lavoratori
relativamente
privilegiati
o
,
all
'
opposto
,
poverissimi
(
sottoproletari
)
,
hanno
fornito
al
fascismo
una
certa
base
di
massa
,
i
quadri
intermedi
e
buona
parte
dei
quadri
superiori
.
È
anche
esatto
sostenere
che
l
'
iniziativa
di
organizzare
il
partito
fascista
partì
,
anche
cronologicamente
(
1919-21
)
,
da
piccoli
e
medi
borghesi
e
che
solo
in
un
secondo
tempo
(
1922
)
la
grande
borghesia
intervenne
con
il
suo
aiuto
finanziario
e
politico
.
Occorre
però
subito
aggiungere
che
senza
questo
aiuto
-
e
senza
l
'
aiuto
di
ampie
sezioni
dei
poteri
costituiti
-
il
fascismo
non
avrebbe
preso
il
potere
;
ed
occorre
anche
aggiungere
che
,
se
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
intervennero
in
forza
solo
in
un
secondo
tempo
,
ci
furono
i
pionieri
della
prima
ora
,
che
cercarono
subito
di
sfruttare
il
malcontento
popolare
,
causato
per
esempio
dal
caro
-
viveri
,
fomentando
i
tumulti
proprio
allo
scopo
di
preparare
il
terreno
per
una
feroce
azione
di
repressione
(
Salvemini
,
Scritti
sul
fascismo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1961
,
vol.
I
,
p
.
474
)
.
È
vero
:
i
gruppi
dominanti
della
grande
borghesia
che
appoggiarono
il
fascismo
lo
volevano
in
via
transitoria
,
per
ripristinare
l
'
"
ordine
"
:
il
disegno
era
quello
di
restaurare
una
rispettabile
democrazia
parlamentare
.
Ma
quell
'
appoggio
fu
determinante
;
ed
anche
quando
i
vassalli
si
abbarbicarono
al
potere
gestendolo
poi
in
modo
non
sempre
conforme
agli
interessi
della
borghesia
,
quei
gruppi
non
ritirarono
il
loro
appoggio
ma
fecero
buon
viso
a
cattivo
gioco
.
La
tesi
opposta
-
essere
cioè
il
fascismo
da
attribuire
all
'
azione
autonoma
e
comunque
determinante
di
ampi
strati
della
piccola
borghesia
-
risulta
grossolanamente
falsa
,
anche
se
corrisponde
al
modo
con
cui
i
piccoli
borghesi
protagonisti
dell
'
esperienza
fascista
vedevano
,
o
volevano
vedere
,
se
stessi
.
Per
fare
giustizia
sommaria
di
tale
tesi
basterebbe
,
da
sola
,
la
documentazione
raccolta
ed
analizzata
da
uno
studioso
non
marxista
,
Ernesto
Rossi
,
documentazione
che
include
i
due
"
bollettini
della
vittoria
"
della
Confindustria
del
1922
(
subito
dopo
l
'
ascesa
del
fascismo
)
e
del
1926
(
subito
dopo
le
leggi
eccezionali
)
e
si
avvale
dell
'
analisi
e
delle
candide
ammissioni
di
uno
dei
responsabili
della
politica
economica
fascista
(
Padroni
del
vapore
e
fascismo
,
Laterza
,
Bari
,
1966
,
specialmente
le
pp.
11-5
e
50-1
)
.
Tenuto
conto
dell
'
evoluzione
subita
dalla
piccola
borghesia
nell
'
ultimo
mezzo
secolo
e
,
in
particolare
,
considerata
la
comparsa
di
strati
nuovi
di
intellettuali
e
di
tecnici
,
oggi
le
spinte
di
tipo
fascista
sono
ben
diverse
da
quelle
del
primo
dopoguerra
.
Ma
le
varietà
del
fascismo
-
è
triste
riconoscerlo
-
sono
molteplici
.
In
ogni
modo
,
pare
abbastanza
evidente
che
o
,
T
la
grande
borghesia
,
e
specialmente
la
grande
borghesia
industriale
,
salvo
poche
se
pur
rilevanti
eccezioni
,
non
vuole
il
fascismo
,
e
per
diverse
ragioni
,
fra
cui
sono
i
conflitti
sociali
,
gravi
e
di
esito
incerto
,
che
un
tentativo
in
quella
direzione
comporterebbe
e
la
conclusione
,
fallimentare
per
tutti
,
della
precedente
esperienza
.
Oggi
il
fascismo
esprime
quasi
esclusivamente
gli
strati
più
retrivi
della
piccola
borghesia
ed
è
appoggiato
da
alcune
sezioni
dei
poteri
costituiti
(
magistratura
,
polizia
,
esercito
)
,
sezioni
di
ampiezza
non
trascurabile
ma
di
gran
lunga
minore
di
quelle
che
aiutarono
il
fascismo
nel
1920-1922
.
Il
tentativo
dell
'
attuale
movimento
fascista
di
ripetere
,
nelle
mutate
condizioni
,
la
strategia
di
mezzo
secolo
fa
-
crescere
numericamente
,
irrobustirsi
organizzativamente
,
creare
il
caos
con
mezzi
criminali
per
poi
offrirsi
come
forza
di
restaurazione
-
sembra
destinato
a
fallire
.
Tuttavia
esiste
pur
sempre
il
pericolo
di
un
peggioramento
della
situazione
economica
e
di
un
aumento
delle
tensioni
sociali
,
tensioni
che
potrebbero
venire
aggravate
da
errori
di
tattica
e
di
strategia
dei
sindacati
e
dei
partiti
di
sinistra
.
II
.
Lo
stato
attuale
e
le
prospettive
1
.
La
questione
delle
riforme
Dunque
,
in
periodi
di
crisi
,
un
'
alleanza
fra
la
grande
borghesia
e
ampi
strati
della
piccola
borghesia
può
condurre
al
fascismo
.
Viceversa
,
un
'
alleanza
di
strati
(
pure
ampi
,
ma
in
larga
misura
diversi
)
della
piccola
borghesia
con
coloro
che
gestiscono
gl
'
interessi
della
classe
operaia
può
dar
luogo
a
politiche
di
tipo
laburista
e
,
comunque
,
può
consentire
riforme
anche
radicali
.
Tuttavia
gli
ostacoli
alle
riforme
,
più
che
nella
grande
borghesia
,
vanno
ricercati
nel
seno
stesso
della
piccola
borghesia
e
particolarmente
nei
gruppi
che
hanno
i
maggiori
privilegi
e
la
più
forte
capacità
di
condizionare
le
scelte
politiche
.
Gli
ostacoli
si
manifestano
in
tre
fasi
:
nella
fase
della
preparazione
dei
progetti
di
riforma
,
preparazione
faticosissima
per
le
spinte
eterogenee
e
contraddittorie
,
poi
nella
fase
dell
'
approvazione
e
,
infine
,
nella
fase
dell
'
attuazione
(
finora
raggiunta
in
Italia
da
ben
pochi
progetti
)
.
Consideriamo
alcuni
esempi
particolari
.
L
'
esempio
più
ovvio
di
un
progetto
rimasto
fermo
addirittura
alla
prima
fase
è
quello
della
riforma
della
pubblica
amministrazione
:
il
sabotaggio
è
stato
compiuto
dalle
cerchie
più
influenti
della
burocrazia
.
In
altri
casi
occorre
,
sì
,
considerare
gli
ostacoli
frapposti
da
gruppi
d
'
interessi
operanti
nell
'
ambito
della
grande
borghesia
,
ma
bisogna
guardarsi
dal
trascurare
quelli
provenienti
da
gruppi
appartenenti
alla
media
e
alla
piccola
borghesia
.
Così
,
gli
ostacoli
alla
riforma
sanitaria
non
sono
stati
posti
solo
dai
grandi
"
baroni
"
della
medicina
,
dai
proprietari
delle
cliniche
private
,
dalle
opere
pie
e
dai
gruppi
d
'
interessi
legati
alle
case
farmaceutiche
,
ma
anche
dalla
burocrazia
alta
e
bassa
delle
mutue
e
dal
personale
medico
in
generale
,
che
,
appena
si
è
cominciato
a
parlare
di
riforme
,
ha
immediatamente
scatenato
una
serie
di
rivendicazioni
di
tipo
monetario
e
di
tipo
normativo
favorendo
in
tal
modo
,
nel
fatto
se
non
nelle
intenzioni
,
i
nemici
della
riforma
.
La
riforma
urbanistica
ha
trovato
ostacoli
non
solo
nelle
grandi
società
immobiliari
,
ma
anche
nella
miriade
di
proprietari
di
piccole
aree
potenzialmente
fabbricabili
,
oltre
che
nella
burocrazia
dei
diversi
organi
ed
enti
per
l
'
edilizia
pubblica
.
La
riforma
universitaria
è
stata
ostacolata
non
solo
dall
'
opposizione
dei
grandi
baroni
(
soprattutto
medici
e
baroni
politici
)
ma
anche
dalla
rivendicazione
penosamente
corporativa
dell
'
immissione
automatica
(
ope
legis
)
nei
ruoli
dei
docenti
"
subalterni
"
,
rivendicazione
per
la
quale
si
sono
ostinatamente
battuti
,
facendo
perdere
molto
tempo
prezioso
,
gruppi
che
rappresentavano
una
parte
tutto
considerato
esigua
dei
suddetti
docenti
.
Grandi
energie
sono
state
dedicate
alla
questione
dei
pre
-
salari
,
che
per
la
massima
parte
vanno
a
beneficio
di
famiglie
piccolo
-
borghesi
,
mentre
lo
sforzo
anche
finanziario
per
spalancare
le
porte
della
scuola
secondaria
ai
figli
della
classe
operaia
è
stato
estremamente
modesto
o
addirittura
trascurabile
.
Gli
investimenti
per
la
costruzione
di
edifici
scolastici
e
universitari
-
oltre
che
per
la
costruzione
di
ospedali
-
sono
rimasti
in
buona
parte
sulla
carta
non
solo
e
non
tanto
per
la
famosa
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
,
quanto
perché
sono
stati
mantenuti
e
perfino
resi
più
complicati
i
paralizzanti
controlli
,
le
competenze
ministeriali
plurime
ed
i
molteplici
concorsi
per
volontà
della
burocrazia
e
degli
ordini
professionali
degli
ingegneri
e
degli
architetti
,
volontà
pienamente
assecondata
dai
politici
.
L
'
idea
,
semplice
e
ovvia
,
di
unificare
competenze
,
controlli
e
concorsi
ha
incontrato
la
più
fiera
opposizione
:
più
numerosi
sono
i
controlli
,
maggiore
è
il
potere
della
burocrazia
e
minori
le
sue
responsabilità
.
È
importante
osservare
che
nei
due
casi
in
cui
erano
colpiti
quasi
soltanto
gl
'
interessi
di
certe
sezioni
della
grande
borghesia
-
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
elettrica
e
lo
statuto
dei
lavoratori
-
i
riformatori
hanno
avuto
la
meglio
.
Tutto
sommato
,
la
grande
borghesia
,
particolarmente
quella
industriale
,
ha
interesse
che
si
facciano
le
riforme
rivolte
alla
"
razionalizzazione
"
del
sistema
ed
alla
stabilizzazione
sociale
:
si
tratterebbe
,
è
vero
,
di
riforme
limitate
,
ma
tali
da
non
impedire
di
compiere
passi
avanti
.
Tuttavia
,
la
grande
borghesia
,
che
da
sola
rappresenta
un
'
entità
numericamente
modesta
e
quindi
politicamente
vulnerabile
,
ha
bisogno
di
cercare
alleanze
fra
i
ceti
medi
,
soprattutto
fra
gli
strati
più
conservatori
.
In
questo
senso
la
grande
borghesia
ha
un
'
assai
rilevante
responsabilità
per
la
mancata
attuazione
delle
principali
riforme
;
in
effetti
,
per
mantenere
e
allargare
l
'
appoggio
degli
strati
più
conservatori
deí
ceti
medi
ha
attivamente
contribuito
a
contrastare
le
riforme
,
in
modo
particolare
quella
urbanistica
.
Lo
strato
più
"
progressista
"
della
grande
borghesia
è
dato
da
quello
che
controlla
l
'
industria
moderna
;
ma
la
stessa
grande
borghesia
industriale
non
ha
interessi
limitati
alla
sola
industria
:
i
suoi
interessi
si
intrecciano
con
quelli
immobiliari
e
finanziari
"
.
Inoltre
,
lo
strato
più
retrivo
,
quello
che
controlla
la
finanza
,
non
è
affatto
fuori
gioco
:
come
ricorderemo
fra
breve
,
negli
ultimi
tempi
ha
acquistato
un
notevole
peso
politico
oltre
che
economico
.
Se
le
cose
stanno
così
,
quali
sono
le
forze
sociali
che
in
un
paese
come
l
'
Italia
possono
spingere
verso
l
'
attuazione
di
riforme
radicali
?
La
destra
ben
difficilmente
può
farlo
,
almeno
in
regime
di
democrazia
parlamentare
,
per
le
ragioni
richiamate
poco
fa
.
La
sinistra
in
via
di
principio
può
farlo
,
sulla
base
di
una
alleanza
fra
quegli
strati
della
classe
operaia
e
dei
ceti
medi
che
alle
riforme
sono
interessati
,
per
ragioni
economiche
o
civili
.
Considerata
l
'
eterogeneità
dei
ceti
medi
,
che
è
anche
più
accentuata
di
quella
della
classe
operaia
,
le
possibilità
di
successo
di
una
strategia
rivolta
all
'
attuazione
delle
riforme
dipendono
in
larga
misura
dalla
capacità
e
dall
'
abilità
degli
uomini
politici
al
potere
e
dalla
loro
conoscenza
critica
dei
problemi
e
delle
forze
in
gioco
.
È
chiaro
che
una
riforma
sanitaria
,
per
esempio
,
difficilmente
si
potrà
fare
se
la
maggioranza
dei
medici
la
osteggiano
;
e
d
'
altra
parte
,
non
tutte
le
proposte
(
o
le
controproposte
)
dei
medici
sono
necessariamente
viziate
da
"
interessi
corporativi
"
:
possono
esserci
medici
che
,
più
che
allo
stipendio
o
a
posizioni
di
potere
o
di
micro
-
potere
,
sono
interessati
a
lavorare
in
ambienti
civili
e
moderni
,
capaci
di
consentire
un
'
attività
soddisfacente
:
in
primo
luogo
,
essi
vogliono
sentirsi
effettivamente
utili
.
D
'
altra
parte
,
anche
le
proposte
o
le
critiche
di
tipo
corporativo
possono
contenere
-
se
opportunamente
depurate
ed
emendate
-
elementi
validi
per
una
riforma
radicale
e
socialmente
soddisfacente
.
Considerazioni
analoghe
valgono
per
la
riforma
della
scuola
e
per
gl
'
insegnanti
.
L
'
abilità
dei
politici
sta
nel
compiere
una
sintesi
nell
'
interesse
generale
,
mediando
,
sì
,
i
diversi
interessi
,
ma
evitando
sia
il
compromesso
con
í
gruppi
più
retrivi
sia
le
posizioni
demagogiche
,
che
sono
avallate
o
da
intellettuali
che
non
sanno
valutare
le
forze
in
gioco
,
o
da
gruppi
di
persone
"
escluse
"
ed
esasperate
,
che
intendono
rifarsi
di
colpo
delle
passate
privazioni
,
spingendo
verso
un
male
opposto
ma
non
meno
grave
di
quello
che
si
vuole
eliminare
.
La
strategia
delle
riforme
esige
dunque
,
soprattutto
in
Italia
,
una
cospicua
abilità
di
sintesi
da
parte
degli
uomini
politici
che
la
guidano
;
ma
esige
anche
una
grande
capacità
intellettuale
e
critica
:
concepire
e
poi
attuare
il
nuovo
,
presenta
difficoltà
che
si
aggiungono
agli
ostacoli
frapposti
dagli
interessi
minacciati
.
In
via
generale
,
la
democrazia
italiana
oggi
si
trova
in
una
situazione
di
crisi
,
apparentemente
non
catastrofica
né
clamorosa
,
ma
certo
molto
grave
.
A
determinare
una
tale
situazione
ha
contribuito
il
contrasto
fra
le
attese
suscitate
dai
governi
di
centro
-
sinistra
di
vaste
riforme
e
le
modestissime
realizzazioni
.
Nel
tentativo
di
chiarire
i
motivi
di
questa
situazione
,
di
disorientamento
e
di
frustrazione
,
si
è
andati
anche
più
indietro
nel
tempo
e
,
soprattutto
da
alcune
frazioni
delle
nuove
generazioni
,
è
stato
imbastito
il
processo
alla
Resistenza
ed
alle
ragioni
del
fallimento
delle
aspettative
,
che
l
'
avevano
animata
,
di
un
rinnovamento
ben
più
profondo
e
radicale
(
anche
se
non
ben
specificato
)
di
quello
promesso
dai
governi
di
centro
-
sinistra
.
Perché
quelle
aspettative
sono
andate
deluse
?
Per
colpa
degli
uomini
dei
partiti
innovatori
,
che
non
hanno
avuto
sufficiente
coraggio
,
tenacia
e
determinazione
,
o
per
ragioni
di
forza
maggiore
?
Indubbiamente
le
colpe
ci
sono
e
sono
gravi
.
Ma
a
mio
parere
all
'
origine
di
quella
delusione
esiste
una
forte
componente
di
illusione
sulle
reali
condizioni
sociali
del
nostro
paese
e
sul
grado
di
sviluppo
civile
delle
diverse
classi
,
specialmente
della
piccola
borghesia
.
Alla
luce
delle
numerose
indagini
storiche
e
sociologiche
riguardanti
l
'
Italia
moderna
e
contemporanea
,
appare
oramai
evidente
che
il
fascismo
non
fu
un
accidente
,
non
fu
un
fenomeno
paragonabile
all
'
invasione
degli
Hyksos
in
Egitto
,
come
disse
Croce
,
né
fu
una
camicia
di
forza
imposta
ad
un
paese
democraticamente
maturo
da
un
pugno
di
banditi
prezzolati
dal
grande
capitale
;
appare
chiaro
,
viceversa
,
che
il
fascismo
ha
avuto
un
'
ampia
base
sociale
fra
strati
della
piccola
borghesia
e
perfino
fra
strati
,
sia
pure
esigui
,
di
operai
relativamente
privilegiati
.
Pertanto
,
cessata
la
guerra
,
quella
di
"
un
fascismo
senza
Mussolini
"
era
una
possibilità
effettiva
che
per
un
certo
periodo
fu
molto
seriamente
considerata
anche
da
influenti
circoli
alleati
,
come
hanno
dimostrato
Salvemini
e
La
Piana
(
La
sorte
dell
'
Italia
,
ed.
inglese
1943
,
trad.
it.
nel
volume
L
'
Italia
vista
dall
'
America
,
a
cura
di
E
.
Tagliacozzo
,
Feltrinelli
,
Milano
,
1969
)
.
Il
regio
governo
di
Badoglio
(
che
aveva
avuto
l
'
intenzione
di
nominare
Dino
Grandi
come
ministro
degli
Esteri
)
era
appunto
un
tentativo
di
avviare
un
"
fascismo
senza
Mussolini
"
.
Questo
tentativo
falli
,
come
fallirono
altri
tentativi
consimili
,
proprio
grazie
alla
Resistenza
ed
all
'
ampiezza
ed
alla
forza
del
movimento
popolare
che
la
esprimeva
.
È
vero
:
mentre
non
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
proletaria
,
che
neppure
il
partito
comunista
veramente
voleva
,
esisteva
la
possibilità
di
una
rivoluzione
democratica
,
caratterizzata
da
profonde
riforme
sociali
,
non
diverse
,
almeno
negli
elementi
essenziali
,
da
quelle
introdotte
in
Inghilterra
subito
dopo
la
fine
della
guerra
;
e
gli
uomini
che
sono
emersi
dalla
Resistenza
come
leaders
hanno
la
responsabilità
di
non
aver
saputo
sfruttare
una
tale
possibilità
.
Ma
bisogna
aggiungere
che
i
limiti
erano
molto
angusti
,
non
solo
e
non
tanto
per
i
condizionamenti
imposti
dalle
potenze
vincitrici
quanto
per
le
condizioni
sociali
italiane
.
Se
ci
si
rende
veramente
conto
,
di
là
dalla
retorica
di
cui
,
più
o
meno
,
tutti
siamo
vittime
,
della
nostra
gravissima
arretratezza
civile
,
si
deve
dire
che
le
aspettative
di
una
palingenesi
sociale
erano
generose
,
nobili
ma
molto
ingenue
:
non
diversamente
dalle
aspettative
degli
intellettuali
che
guidarono
,
nel
1799
,
il
tentativo
rivoluzionario
a
Napoli
,
quelle
aspettative
erano
fondate
su
un
'
immagine
del
tutto
utopistica
del
nostro
paese
.
Il
"
fallimento
"
della
Resistenza
appare
tale
solo
se
misurato
sul
metro
di
quelle
aspettative
;
se
invece
si
assume
,
come
si
deve
,
il
metro
della
realtà
,
ossia
quello
di
un
paese
paurosamente
arretrato
sul
piano
civile
,
il
"
fallimento
"
appare
uno
straordinario
successo
.
Oggi
noi
tutti
non
potremmo
godere
di
quelle
libertà
e
di
quelle
autonomie
-
circoscritte
,
limitate
,
condizionate
finché
si
vuole
,
ma
sensibilmente
maggiori
di
zero
-
senza
il
sacrificio
degli
uomini
della
Resistenza
[
Ho
modificato
alcuni
dei
giudizi
espressi
nella
seconda
parte
di
questo
paragrafo
dopo
le
osservazioni
critiche
gentilmente
comunicatemi
da
Leo
Valiani
]
.
In
ogni
caso
,
per
giudicare
correttamente
i
nostri
attuali
problemi
,
occorre
essere
ben
consapevoli
che
il
nostro
paese
"
per
trecento
lunghi
anni
patì
l
'
obbrobrio
e
il
danno
delle
dominazioni
straniere
"
(
Giustino
Fortunato
)
.
È
straordinariamente
cupa
la
storia
di
due
terzi
del
nostro
paese
,
il
Sud
ed
il
Centro
:
quasi
inesistente
,
nel
Sud
,
l
'
esperienza
dell
'
autonomia
comunale
,
una
dominazione
di
tipo
al
tempo
stesso
feudale
e
coloniale
,
con
l
'
aggravante
delle
frequenti
incursioni
dei
pirati
lungo
le
coste
;
un
regime
,
quello
borbonico
,
definito
da
uno
straniero
,
distaccato
nel
suo
giudizio
,
William
Gladstone
:
"
the
negation
of
God
transformed
into
a
system
of
government
"
;
un
'
amministrazione
,
nel
Centro
,
che
dal
punto
di
vista
civile
,
pur
considerando
la
diversità
dei
tempi
,
non
è
esagerato
definire
raccapricciante
,
se
si
deve
prestar
fede
alle
descrizioni
di
un
altro
straniero
,
anch
'
esso
distaccato
e
disinteressato
,
William
Nassau
Senior
.
La
riflessione
approfondita
e
critica
del
nostro
presente
e
,
per
comprenderlo
,
sul
nostro
passato
,
può
dar
luogo
a
conclusioni
catastrofiche
e
paralizzanti
per
l
'
azione
:
la
realtà
è
veramente
orribile
.
Ma
-
si
spera
-
può
dar
luogo
a
una
benefica
rabbia
di
ricostruzione
e
,
paradossalmente
,
può
indurre
a
giudizi
tutto
sommato
positivi
(
come
nel
caso
della
Resistenza
)
poiché
,
nonostante
tutto
,
molte
cose
stanno
cambiando
nel
nostro
paese
.
2
.
Intellettuali
e
tecnici
Dove
si
trovano
,
quali
sono
gli
strati
socialmente
più
robusti
della
piccola
borghesia
?
Ho
già
risposto
,
in
parte
,
a
questa
domanda
:
si
trovano
in
tutti
i
gruppi
che
formano
questa
classe
composita
.
Sociologi
e
politici
hanno
concentrato
la
loro
attenzione
su
due
gruppi
particolari
:
quello
degli
intellettuali
e
quello
degli
scienziati
,
dei
tecnici
e
degli
specialisti
,
di
formazione
molto
recente
(
gli
"
intellettuali
di
tipo
nuovo
"
di
Gramsci
)
.
Ritengo
che
sia
giusto
soffermarsi
in
modo
particolare
su
questi
due
gruppi
,
sia
perché
il
grado
di
cultura
critica
è
,
in
media
,
più
elevato
che
negli
altri
gruppi
,
considerati
nel
loro
complesso
,
sia
perché
anche
la
relativa
"
libertà
di
scelta
"
è
più
ampia
.
Benedetto
Croce
aveva
torto
quando
considerava
gl
'
intellettuali
come
persone
totalmente
libere
e
"
indipendenti
"
,
addirittura
come
artefici
collettivi
ma
autonomi
della
storia
;
aveva
tuttavia
ragione
ad
attribuire
grande
importanza
nello
svolgimento
della
storia
a
quella
che
egli
chiamava
"
classe
intellettuale
"
.
E
Antonio
Gramsci
,
che
esortava
"
a
fare
i
conti
"
in
termini
dialettici
con
la
filosofia
crociana
(
"
occorre
rifare
per
la
concezione
filosofica
del
Croce
la
stessa
riduzione
che
i
primi
teorici
della
filosofia
della
prassi
hanno
fatto
per
la
concezione
hegeliana
"
)
,
aveva
ragione
quando
scriveva
:
Il
pensiero
del
Croce
...
deve
,
per
lo
meno
,
essere
apprezzato
come
valore
strumentale
,
e
così
si
può
dire
che
esso
ha
energicamente
attirato
l
'
attenzione
sull
'
importanza
dei
fatti
di
cultura
e
di
pensiero
sullo
sviluppo
della
storia
,
sulla
funzione
dei
grandi
intellettuali
nella
vita
organica
della
società
civile
e
dello
Stato
,
sul
momento
dell
'
egemonia
e
del
consenso
come
forma
necessaria
del
blocco
storico
concreto
(
Il
materialismo
storico
e
la
filosofia
di
Benedetto
Croce
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
pp.
199-201
)
.
Coloro
che
,
come
chi
scrive
,
si
augurano
che
una
profonda
trasformazione
dell
'
ordinamento
sociale
possa
essere
promossa
,
nel
nostro
paese
,
da
una
rinnovata
e
organica
alleanza
fra
classe
operaia
ed
ampi
strati
della
piccola
borghesia
,
debbono
puntare
soprattutto
su
quei
due
gruppi
.
Ma
è
necessario
non
farsi
illusioni
:
anche
in
questi
due
gruppi
la
fascia
socialmente
solida
,
capace
di
sostenere
gli
sforzi
di
lungo
periodo
che
una
tale
alleanza
richiede
,
è
ancora
esile
nel
nostro
paese
.
D
'
altra
parte
,
in
questi
due
gruppi
particolari
-
intellettuali
e
tecnici
-
,
come
del
resto
negli
altri
gruppi
e
nelle
altre
classi
sociali
,
non
esiste
solo
una
fascia
civilmente
robusta
ed
una
fascia
di
topi
nel
formaggio
;
esiste
anche
una
larga
fascia
intermedia
di
individui
personalmente
onesti
ma
politicamente
indifferenti
,
individui
che
sarebbero
capaci
di
sacrificare
alcuni
loro
interessi
economici
in
nome
di
interessi
civili
più
ampi
.
È
anche
su
questa
fascia
che
bisogna
puntare
per
quella
rinnovata
alleanza
.
Sotto
l
'
aspetto
della
classificazione
qui
adottata
,
gl
'
intellettuali
in
senso
stretto
e
i
tecnici
si
trovano
prevalentemente
nella
piccola
borghesia
(
gli
strati
più
elevati
sono
inclusi
nella
borghesia
vera
e
propria
)
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
4.1
)
.
Gl
'
intellettuali
,
non
diversamente
dai
quadri
intermedi
della
burocrazia
(
parte
I
,
capp
.
5
e
7
)
,
tendono
a
suddividersi
in
due
categorie
:
quelli
organicamente
integrati
nella
classe
dominante
e
quelli
che
tendono
ad
avvicinarsi
agli
interessi
e
agli
ideali
della
classe
operaia
;
e
una
tale
suddivisione
vale
non
solo
per
gl
'
intellettuali
di
nuovo
tipo
(
scienziati
,
ricercatori
,
tecnici
di
livello
elevato
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
scientifica
"
)
,
ma
anche
per
gl
'
intellettuali
di
tipo
tradizionale
(
letterati
,
filosofi
,
artisti
e
,
in
generale
,
uomini
di
cultura
prevalentemente
"
umanistica
"
)
.
Parlo
di
tendenze
e
non
di
realtà
effettive
,
poiché
i
margini
d
'
indeterminazione
,
non
trascurabili
in
nessuna
classe
o
sottoclasse
,
sono
particolarmente
rilevanti
nel
caso
degli
intellettuali
,
soprattutto
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
storico
della
nostra
società
.
La
posizione
dei
tecnici
(
che
,
come
i
politici
,
rientrano
nella
categoria
degli
intellettuali
in
senso
lato
)
è
anche
più
indeterminata
e
polivalente
di
quella
degli
intellettuali
in
senso
stretto
:
possono
essere
cooptati
dalla
classe
dominante
,
come
quegli
impiegati
che
ne
diventano
"
fiduciari
"
;
ma
possono
anche
allearsi
con
la
classe
operaia
;
infine
,
possono
restare
,
per
così
dire
,
disponibili
,
in
una
posizione
critica
ed
autonoma
,
se
pure
non
neutrale
.
In
ogni
modo
,
la
questione
dei
tecnici
va
vista
congiuntamente
a
quella
dei
dirigenti
(
managers
dei
massimi
livelli
,
che
in
parte
sono
appunto
i
tecnici
cooptati
dalla
classe
dominante
)
;
ed
entrambe
le
questioni
vanno
considerate
nel
quadro
dell
'
evoluzione
del
capitalismo
moderno
,
che
ha
assunto
le
caratteristiche
che
oggi
conosciamo
(
non
solo
nel
nostro
paese
)
con
lo
sviluppo
delle
società
per
azioni
,
quindi
dei
gruppi
finanziari
di
queste
società
(
holdings
)
e
infine
,
nel
periodo
più
recente
,
specialmente
nei
paesi
capitalistici
più
avanzati
,
dei
gruppi
multinazionali
.
Questo
capitalismo
è
caratterizzato
da
una
progressiva
separazione
fra
proprietà
e
controllo
:
il
processo
di
concentrazione
-
intravisto
,
già
al
suo
primo
manifestarsi
,
da
Marx
e
da
Engels
-
ha
compiuto
,
nel
tempo
,
passi
da
gigante
;
ma
(
ed
è
questa
una
tesi
fondamentale
di
Alberto
Breglia
)
,
un
tale
processo
non
sembra
condurre
di
per
sé
al
collettivismo
pubblico
(
socialismo
)
;
può
invece
condurre
,
e
in
una
certa
misura
ha
condotto
,
ad
una
sorta
di
collettivismo
privato
,
ossia
a
un
sistema
che
perpetua
i
privilegi
sotto
forme
nuove
,
non
fondate
più
,
principalmente
,
sulla
proprietà
privata
dei
mezzi
di
produzione
ma
sulla
forza
politica
e
sulla
divisione
del
lavoro
,
in
un
peculiare
assetto
istituzionale
,
che
risulta
da
una
commistione
fra
pubblico
e
privato
.
3
.
I
condizionamenti
internazionali
e
le
tensioni
di
origine
interna
I
movimenti
e
le
tendenze
politiche
che
si
manifestano
,
in
Italia
,
nel
seno
di
ciascuna
delle
diverse
classi
condizionano
e
sono
condizionati
dai
movimenti
e
dalle
tendenze
politiche
che
si
manifestano
nelle
analoghe
classi
sociali
degli
altri
paesi
relativamente
evoluti
,
specialmente
dell
'
Europa
.
Data
la
sua
particolare
instabilità
sociale
e
politica
e
dato
il
suo
maggior
grado
di
cultura
,
ciò
è
specialmente
vero
per
la
piccola
borghesia
,
i
cui
movimenti
,
come
quelli
di
un
pendolo
,
entrano
in
risonanza
con
i
movimenti
delle
piccole
borghesie
degli
altri
paesi
che
si
trovano
in
condizioni
relativamente
simili
:
l
'
"
effetto
dimostrativo
"
,
rilevante
per
tutti
i
gruppi
sociali
,
è
particolarmente
rilevante
nel
caso
della
piccola
borghesia
.
Di
ciò
occorre
tener
conto
nel
riflettere
sulla
grave
crisi
sociale
e
politica
che
ora
è
in
atto
nel
nostro
paese
:
le
spinte
e
le
tensioni
che
l
'
hanno
provocata
hanno
origine
non
solo
all
'
interno
ma
anche
all
'
esterno
della
nostra
società
.
Il
movimento
studentesco
e
poi
i
gruppi
extra
-
parlamentari
sono
stati
fortemente
influenzati
da
spinte
esterne
,
così
come
lo
sono
state
le
tensioni
nel
mercato
del
lavoro
:
in
tutti
i
paesi
più
evoluti
negli
ultimi
anni
gli
scioperi
sono
diventati
più
frequenti
e
più
lunghi
,
e
ciò
come
conseguenza
dell
'
accresciuta
pressione
inflazionistica
(
che
è
un
fenomeno
internazionale
)
e
per
una
sorta
di
reciproco
"
effetto
dimostrativo
"
,
che
in
certi
casi
(
autunno
caldo
italiano
del
1969
)
è
stato
rafforzato
dal
timore
che
i
sindacati
avevano
di
essere
scavalcati
a
sinistra
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
,
com
'
era
avvenuto
nel
maggio
francese
del
1968
.
La
conseguenza
dell
'
esplosione
salariale
che
,
più
o
meno
,
si
è
verificata
in
tutti
o
quasi
tutti
i
paesi
industrializzati
,
è
stata
una
sensibile
flessione
del
saggio
del
profitto
,
la
quale
a
sua
volta
ha
frenato
gl
'
investimenti
e
fatto
aumentare
la
disoccupazione
.
Le
difficoltà
economiche
sono
state
aggravate
dal
disordine
nel
sistema
monetario
internazionale
e
dalla
crisi
di
importanti
rami
produttivi
,
come
l
'
industria
tessile
e
la
chimica
di
base
,
crisi
provocata
,
oltre
che
dal
forte
aumento
del
costo
del
lavoro
,
dall
'
accresciuta
concorrenza
internazionale
e
da
cospicui
errori
compiuti
negli
ultimi
anni
da
certi
grandi
complessi
produttivi
nella
politica
di
investimenti
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
nelle
quali
si
dibatte
il
nostro
paese
da
alcuni
anni
hanno
avuto
e
stanno
avendo
rilevanti
conseguenze
:
hanno
fatto
crescere
il
numero
dei
fallimenti
e
,
per
le
imprese
con
un
numero
di
addetti
relativamente
elevato
,
hanno
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
;
più
in
generale
,
hanno
dato
luogo
ad
una
rapida
accelerazione
dell
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
;
infine
,
insieme
con
altri
fattori
,
hanno
concorso
a
stimolare
fusioni
non
solo
al
livello
interno
ma
anche
al
livello
internazionale
.
La
debolezza
del
capitale
privato
italiano
ha
comportato
dunque
una
espansione
assoluta
e
relativa
sia
del
capitale
pubblico
sia
del
capitale
estero
,
specialmente
nell
'
industria
;
in
certi
rami
sono
comparse
oppure
hanno
grandemente
esteso
la
loro
influenza
le
grandi
società
multinazionali
.
Questo
è
un
fatto
nuovo
di
fondamentale
importanza
di
cui
d
'
ora
in
poi
non
solo
i
sindacati
ma
anche
i
partiti
di
sinistra
dovranno
tenere
il
massimo
conto
.
Le
difficoltà
economiche
,
aggravando
il
problema
della
disoccupazione
(
operaia
e
intellettuale
)
,
hanno
esasperato
le
tensioni
sociali
,
sia
nel
mondo
del
lavoro
sia
,
più
in
generale
,
nel
mondo
dei
giovani
.
Queste
tensioni
,
che
sono
comuni
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
hanno
assunto
caratteristiche
particolarmente
gravi
nel
nostro
paese
,
che
ha
strutture
civili
debolissime
,
sia
perché
il
suffragio
universale
è
un
fatto
relativamente
recente
(
in
pratica
comincia
ad
essere
applicato
solo
dopo
la
seconda
guerra
mondiale
)
,
sia
per
il
basso
grado
d
'
istruzione
delle
masse
sia
per
l
'
espansione
enorme
,
relativamente
recente
e
in
parte
patologica
,
della
piccola
borghesia
.
La
persistente
flessione
del
saggio
medio
del
profitto
,
che
-
ripeto
-
è
comune
a
molti
altri
paesi
capitalistici
,
può
avere
effetti
molto
gravi
sia
sul
piano
economico
sia
sul
piano
politico
,
dato
che
"
il
saggio
del
profitto
costituisce
la
forza
motrice
della
produzione
capitalistica
"
(
Marx
)
.
Una
crisi
economica
è
già
in
atto
ed
è
elevato
il
rischio
che
si
aggravi
,
con
un
cospicuo
aumento
della
disoccupazione
.
Politicamente
,
sono
fortissime
le
spinte
per
una
svolta
a
destra
;
è
da
prevedere
che
la
reazione
della
borghesia
diventerà
ancora
più
dura
,
con
spinte
di
tipo
fascista
che
oggi
a
quanto
pare
provengono
,
più
che
dalla
grande
borghesia
,
dagli
strati
reazionari
della
piccola
borghesia
.
Si
tratta
di
vedere
quale
risposta
sono
in
grado
di
dare
i
partiti
che
in
qualche
modo
rappresentano
gl
'
interessi
della
classe
operaia
e
i
sindacati
:
sono
pronti
al
decisivo
scontro
frontale
,
comunque
a
una
strategia
rivolta
a
impartire
colpi
d
'
intensità
progressivamente
crescente
per
mutare
il
"
sistema
"
?
La
risposta
di
chi
scrive
è
negativa
.
Sembra
che
la
classe
operaia
sia
diventata
abbastanza
forte
sul
piano
sindacale
da
impartire
duri
colpi
al
"
sistema
"
,
ma
non
abbastanza
forte
e
compatta
e
consapevole
da
mutarlo
.
Se
così
è
,
dovrebbe
essere
ovvio
che
alla
classe
operaia
e
ai
suoi
rappresentanti
e
alleati
oggi
conviene
evitare
lo
scontro
frontale
e
,
comunque
,
non
conviene
adottare
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
.
Di
questo
i
dirigenti
politici
e
sindacali
sembrano
convinti
,
poiché
si
rendono
conto
che
la
grande
maggioranza
degli
operai
non
vuole
veramente
una
rivoluzione
.
Ma
una
frazione
della
"
base
"
,
che
tuttavia
riesce
ad
avere
una
notevole
influenza
,
anche
sotto
la
spinta
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
continua
a
spingere
come
se
una
strategia
di
tipo
rivoluzionario
fosse
desiderabile
.
Questa
è
una
contraddizione
grave
,
che
nel
nostro
paese
assume
una
gravità
ben
maggiore
che
in
altri
paesi
capitalistici
europei
.
Il
massimalismo
,
non
suffragato
da
una
forza
proporzionata
agli
obiettivi
,
non
ha
mai
dato
frutti
positivi
in
nessun
paese
e
in
nessun
tempo
.
Sul
piano
sociale
e
politico
,
le
spinte
esterne
s
'
intrecciano
e
si
combinano
con
spinte
e
tensioni
specificamente
interne
.
A
titolo
illustrativo
,
si
possono
considerare
due
aree
,
profondamente
diverse
,
in
cui
qualche
anno
fa
si
sono
localizzate
le
tensioni
più
acute
:
Milano
e
Reggio
Calabria
.
A
Milano
è
particolarmente
acuta
,
in
molte
fabbriche
,
la
tensione
fra
dirigenti
e
operai
,
soprattutto
quelli
da
poco
immigrati
dal
Sud
.
Questi
operai
,
che
hanno
reciso
i
legami
con
le
zone
di
origine
attratti
dal
miraggio
di
un
relativo
benessere
,
hanno
scoperto
:
1
)
che
il
loro
salario
viene
decurtato
da
fitti
esosi
;
2
)
che
,
dato
il
loro
grado
d
'
istruzione
,
sono
assegnati
ai
lavori
più
umili
e
più
"
alienanti
"
;
3
)
che
l
'
ambiente
sociale
è
quasi
razzialmente
ostile
nei
loro
confronti
.
Di
qui
la
loro
rabbia
,
che
si
riversa
sui
dirigenti
di
fabbrica
,
da
loro
visti
come
capitalisti
e
sfruttatori
,
e
che
a
volte
viene
incanalata
e
diretta
dai
gruppi
extra
-
parlamentari
.
È
rilevante
anche
la
tensione
fra
certi
strati
di
operai
di
recente
immigrazione
e
certi
strati
di
operai
di
provenienza
locale
.
Anche
in
certi
strati
di
operai
locali
vi
sono
tensioni
,
come
conseguenza
del
fatto
che
,
dopo
gli
elevati
aumenti
salariali
del
1962-1964
,
gl
'
industriali
hanno
cercato
di
accrescere
la
produttività
non
tanto
con
nuove
macchine
,
quanto
attraverso
processi
di
"
razionalizzazione
"
aziendale
,
attraverso
l
'
intensificazione
dei
ritmi
di
lavoro
e
il
ricorso
al
lavoro
straordinario
.
Queste
tensioni
,
tuttavia
,
assumono
più
la
forma
di
rivendicazioni
sindacali
(
aumenti
dei
salari
e
migliori
condizioni
di
lavoro
)
che
la
forma
di
spinte
rabbiose
o
eversive
.
Per
Reggio
Calabria
,
occorre
in
primo
luogo
tener
presente
la
seguente
osservazione
di
Gramsci
:
Il
"
morto
di
fame
"
piccolo
-
borghese
è
originato
dalla
borghesia
rurale
:
la
proprietà
si
spezzetta
in
famiglie
numerose
e
finisce
con
l
'
essere
liquidata
,
ma
gli
elementi
della
classe
non
vogliono
lavorare
manualmente
:
così
si
forma
uno
strato
famelico
di
aspiranti
a
piccoli
impieghi
municipali
,
di
scrivani
,
di
commissionari
,
eccetera
...
Molti
piccoli
impiegati
delle
città
derivano
socialmente
da
questi
strati
...
Il
"
sovversivismo
"
di
questi
strati
ha
due
facce
:
verso
sinistra
e
verso
destra
,
ma
il
volto
sinistro
è
un
mezzo
ricatto
:
essi
vanno
sempre
a
destra
nei
momenti
decisivi
e
il
loro
"
coraggio
"
disperato
preferisce
avere
i
carabinieri
come
alleati
(
Passato
e
presente
,
Einaudi
,
Torino
,
1953
,
p
.
15
)
.
In
effetti
,
la
rivolta
di
Reggio
è
stata
promossa
da
piccoli
borghesi
"
sovversivi
"
che
hanno
fatto
leva
soprattutto
sulla
rabbia
di
alcuni
strati
del
sottoproletariato
cittadino
.
Naturalmente
,
l
'
osservazione
di
Gramsci
riguarda
solo
un
aspetto
della
complessa
situazione
(
uno
degli
elementi
particolari
sta
in
ciò
,
che
l
'
istituzione
degli
uffici
regionali
può
avere
grande
importanza
per
l
'
impiego
di
numerose
persone
)
;
un
altro
aspetto
è
dato
dall
'
esasperazione
,
che
serpeggia
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
meridionale
,
per
le
promesse
,
fatte
ripetutamente
dai
politici
e
in
gran
parte
non
mantenute
,
circa
l
'
avvio
di
un
vigoroso
processo
di
sviluppo
del
reddito
e
dell
'
occupazione
.
Queste
indicazioni
,
pur
brevi
e
frammentarie
,
bastano
a
mettere
in
evidenza
la
necessità
di
studiare
a
fondo
i
seguenti
fenomeni
,
che
in
parte
si
sovrappongono
e
che
comunque
sono
fra
loro
interdipendenti
:
l
'
esodo
agrario
,
l
'
emigrazione
dal
Sud
al
Nord
e
gli
spostamenti
interni
alle
classi
,
specialmente
quelli
che
hanno
luogo
nelle
regioni
meridionali
.
Come
si
è
osservato
(
parte
I
,
cap
.
4
)
,
gli
spostamenti
principali
avvengono
nell
'
ambito
della
piccola
borghesia
(
flessione
dei
coltivatori
diretti
,
aumento
degli
impiegati
e
dei
commercianti
)
e
nell
'
ambito
della
classe
operaia
(
flessione
dei
salariati
agricoli
,
aumento
dei
salariati
nelle
attività
extra
-
agricole
e
dei
sottoproletari
)
.
Sebbene
le
sottoclassi
ora
nominate
,
specialmente
quelle
della
piccola
borghesia
,
siano
tutte
molto
eterogenee
,
sembra
tuttavia
lecito
affermare
che
la
sottoclasse
composta
dai
contadini
proprietari
(
coltivatori
diretti
)
in
generale
è
caratterizzata
da
tendenze
di
tipo
conservatore
,
e
comunque
è
più
stabile
e
tradizionalista
delle
altre
sottoclassi
piccolo
-
borghesi
,
ben
più
eterogenee
e
oscillanti
verso
l
'
uno
o
l
'
altro
estremo
dello
schieramento
politico
(
la
spinta
verso
l
'
estrema
destra
eversiva
essendo
presente
soprattutto
nelle
fasce
poco
o
male
inserite
in
attività
economiche
moderne
)
.
Analogamente
,
i
salariati
dell
'
agricoltura
sono
più
tradizionalisti
degli
altri
e
più
suscettibili
,
almeno
in
certe
zone
,
di
subire
l
'
influenza
delle
autorità
ecclesiastiche
locali
,
mentre
i
salariati
dei
settori
extra
-
agricoli
sono
ben
più
attivi
dal
punto
di
vista
sindacale
e
politico
.
Il
risultato
di
quegli
spostamenti
sociali
,
pertanto
,
è
un
aumento
dell
'
instabilità
sociale
e
delle
tensioni
politiche
.
4
.
La
sinistra
tradizionale
e
i
ceti
medi
Tensioni
della
più
diversa
natura
esistono
dunque
nel
nostro
paese
.
Queste
tensioni
sono
state
aggravate
anche
da
disordini
e
da
violenze
deliberatamente
provocate
da
settori
della
destra
politica
ed
economica
operante
nell
'
interno
e
fuori
dello
Stato
,
proprio
per
spingere
all
'
estrema
destra
ampi
strati
della
piccola
borghesia
e
per
determinare
così
una
crisi
politica
;
un
'
ulteriore
spinta
a
destra
degli
stessi
strati
è
stata
originata
da
certi
provvedimenti
radicali
del
governo
di
centro
-
sinistra
,
come
le
leggi
,
tutto
considerato
opportune
e
utili
dal
punto
di
vista
generale
,
riguardanti
i
fondi
rustici
e
l
'
edilizia
residenziale
.
La
sinistra
tradizionale
(
partito
comunista
e
partito
socialista
)
ha
indubbiamente
fatto
tesoro
,
e
non
solo
da
ora
,
della
lezione
del
1921-1922
,
quando
,
come
scrive
Gramsci
,
con
la
sua
politica
passiva
e
permissiva
nei
riguardi
delle
spinte
caotiche
che
spaventavano
molti
piccoli
borghesi
,
già
traumatizzati
dagli
sconvolgimenti
della
guerra
,
la
sinistra
"
se
li
rese
nemici
gratis
,
invece
di
renderseli
alleati
,
cioè
li
ributtò
verso
la
classe
dominante
"
(
Passato
e
presente
,
cit
.
,
p
.
54
)
.
Di
qui
una
politica
cauta
e
comprensiva
,
verso
i
così
detti
ceti
medi
,
sia
del
partito
socialista
sia
del
partito
comunista
(
i
cui
apparati
centrali
,
d
'
altra
parte
,
sono
in
larga
misura
composti
da
persone
provenienti
da
questi
ceti
ed
i
cui
votanti
sono
,
per
quote
non
piccole
,
persone
appartenenti
agli
stessi
ceti
)
.
I
giovani
dei
gruppi
extra
-
parlamentari
,
che
criticano
"
da
sinistra
"
il
partito
socialista
e
quello
comunista
,
dovrebbero
cercare
di
comprendere
le
ragioni
di
una
tale
politica
.
È
vero
:
l
'
attuale
sinistra
potrà
apparire
ai
futuri
storici
come
oggi
ci
appare
la
"
sinistra
storica
"
del
secolo
scorso
;
ma
non
ha
senso
attribuire
la
politica
perseguita
dall
'
attuale
sinistra
al
"
tradimento
"
dei
capi
o
al
loro
imborghesimento
:
la
critica
può
diventare
seria
solo
dopo
un
'
analisi
approfondita
,
che
deve
tener
conto
dell
'
attuale
grado
di
sviluppo
delle
forze
produttive
e
delle
diverse
classi
sociali
nel
nostro
paese
.
Il
rabbioso
estremismo
di
certi
gruppi
della
sinistra
extra
-
parlamentare
non
è
affatto
un
fenomeno
tipicamente
italiano
;
anzi
,
nel
nostro
paese
questi
gruppi
sono
meno
virulenti
che
altrove
.
Si
tratta
,
salvo
poche
eccezioni
,
di
gruppi
di
piccoli
borghesi
declassati
e
disperati
:
è
questa
la
caratteristica
dei
tupamaros
di
certi
paesi
latino
-
americani
;
era
questa
la
caratteristica
dei
nichilisti
russi
del
secolo
scorso
.
Non
c
'
è
dubbio
che
i
gruppi
extra
-
parlamentari
con
la
loro
azione
hanno
contribuito
alla
ripresa
del
pericolo
fascista
;
per
esempio
,
l
'
attacco
ai
"
dirigenti
"
delle
fabbriche
,
assecondato
e
certe
volte
diretto
da
questi
gruppi
,
ricorda
sotto
certi
aspetti
l
'
attacco
agli
ufficiali
reduci
dal
fronte
dopo
la
prima
guerra
mondiale
,
attacco
che
certi
settori
della
sinistra
assecondarono
o
promossero
e
che
contribuì
alla
"
cessione
gratuita
"
di
questi
reduci
alla
classe
dominante
.
Fortunatamente
,
la
scala
del
fenomeno
oggi
è
molto
più
limitata
;
oggi
non
sussistono
le
condizioni
di
sconvolgimento
che
allora
sussistevano
;
la
sinistra
ha
imparato
la
lezione
;
infine
,
il
ventennio
nero
ha
rappresentato
una
forte
vaccinazione
,
non
solo
per
la
classe
operaia
ma
anche
per
molti
strati
delle
classi
medie
.
Tuttavia
,
se
il
pericolo
del
fascismo
manifesto
è
basso
,
è
elevato
il
pericolo
di
una
svolta
politica
antifascista
a
parole
ma
sostanzialmente
fascista
nei
fatti
:
l
'
arretratezza
sociale
e
politica
del
nostro
paese
e
la
protervia
di
ampie
sezioni
della
classe
dominante
rende
questo
pericolo
molto
reale
nelle
attuali
condizioni
di
crisi
.
Il
partito
democratico
cristiano
,
che
ha
la
sua
base
elettorale
in
tutte
e
tre
le
classi
sociali
(
v
.
le
tabelle
7.1
,
7.2
,
7.3
e
7.4
dell
'
Appendice
)
,
preoccupato
per
la
fuga
a
destra
di
una
frazione
dell
'
elettorato
piccolo
-
borghese
,
dalla
fine
del
1971
in
poi
ha
attuato
una
sterzata
a
destra
.
I
risultati
delle
elezioni
del
maggio
1972
mostrano
che
la
manovra
di
recupero
ha
avuto
un
notevole
successo
.
È
necessario
tuttavia
tener
conto
che
la
piccola
borghesia
è
una
classe
,
o
quasi
classe
,
particolarmente
instabile
;
per
questo
una
manovra
di
recupero
a
destra
può
avere
successo
in
un
periodo
breve
,
senza
determinare
perdite
sensibili
di
voti
operai
.
Ma
se
la
rotta
dovesse
continuare
verso
destra
,
in
un
periodo
non
breve
le
perdite
di
voti
a
sinistra
potrebbero
diventare
rilevanti
:
le
contraddizioni
dell
'
interclassismo
vengono
alla
luce
nei
periodi
di
gravi
tensioni
sociali
e
politiche
[
Scrivevo
queste
osservazioni
verso
la
fine
del
1972
]
.
La
situazione
della
sinistra
italiana
(
e
per
questo
aspetto
quella
della
sinistra
francese
)
è
resa
difficile
dal
fatto
che
il
partito
comunista
,
il
quale
politicamente
rappresenta
una
quota
rilevante
,
anche
se
non
maggioritaria
,
della
classe
operaia
ed
una
quota
pure
notevole
di
ceti
medi
(
v
.
le
tabelle
7.3
e
7.4
)
,
è
tuttora
in
una
certa
misura
legato
al
modello
sovietico
,
nonostante
le
distanze
prese
nell
'
ultimo
decennio
,
specialmente
dopo
la
tragedia
cecoslovacca
;
e
per
un
paese
come
l
'
Italia
(
e
la
Francia
)
il
modello
sovietico
appare
sempre
meno
un
"
modello
"
da
seguire
,
non
solo
e
non
tanto
per
ragioni
economiche
,
quanto
per
ragioni
civili
.
Perfino
quella
rottura
così
profonda
che
è
stata
la
rivoluzione
bolscevica
non
è
valsa
a
interrompere
certe
linee
della
storia
russa
,
che
si
ricollegano
ad
antiche
tradizioni
autocratiche
e
repressive
,
comprensibili
(
dolorosamente
)
in
un
paese
che
in
pratica
non
ha
avuto
una
vera
e
propria
rivoluzione
borghese
e
che
fino
a
pochi
decenni
or
sono
era
un
paese
molto
arretrato
.
Si
tratta
di
una
contraddizione
grave
,
le
cui
conseguenze
si
riflettono
negativamente
non
solo
sulla
sinistra
,
ma
sull
'
intera
vita
sociale
e
politica
del
nostro
paese
.
Quanto
prima
se
ne
potrà
uscire
,
tanto
meglio
sarà
.
Riguardo
alle
relazioni
fra
classi
e
partiti
,
bisogna
dire
che
anche
il
partito
comunista
è
interclassista
,
come
lo
è
il
partito
socialista
.
Tuttavia
,
se
è
vero
che
tutti
i
partiti
di
sinistra
e
di
destra
sono
interclassisti
,
alcuni
lo
sono
più
degli
altri
.
In
particolare
,
i
ceti
medi
sono
largamente
rappresentati
sia
a
sinistra
che
a
destra
.
Ma
vi
sono
ceti
medi
genuinamente
progressisti
,
almeno
in
modo
potenziale
;
e
vi
sono
ceti
medi
conservatori
o
reazionari
.
(
A
questo
proposito
conviene
leggere
,
naturalmente
interpretandola
con
un
grano
di
sale
per
adattarla
alla
nostra
situazione
,
l
'
analisi
delle
classi
di
Mao
Tse
-
tung
citata
nel
capitolo
5
della
parte
I
)
.
Inoltre
,
certe
categorie
di
persone
sono
bene
ancorate
a
interessi
organici
di
classe
;
altre
,
lo
sono
poco
e
male
,
come
accade
nel
caso
degli
studenti
,
'
dei
pensionati
e
delle
così
dette
casalinghe
.
P
.
presumibile
che
i
voti
di
queste
persone
siano
particolarmente
fluttuanti
.
Ed
è
anche
presumibile
che
la
Democrazia
cristiana
sia
riuscita
finora
ad
ottenere
una
percentuale
relativamente
stabile
di
voti
grazie
a
oscillazioni
di
segno
opposto
dei
votanti
.
La
varietà
delle
frazioni
di
classi
e
di
sottoclassi
che
convergono
nella
Democrazia
cristiana
appare
impressionante
,
se
si
giudica
dalla
varietà
degli
uomini
rappresentativi
:
alcuni
fanno
parte
di
quanto
di
meglio
offra
il
nostro
paese
,
molti
altri
sono
personaggi
da
galera
;
e
sembra
siano
particolarmente
numerosi
,
fra
i
votanti
della
Democrazia
cristiana
,
quelli
che
appartengono
alle
categorie
"
disancorate
"
(
vedi
l
'
indagine
di
Giuliana
Saladino
pubblicata
da
"
L
'
Ora
"
di
Palermo
nei
giorni
16
,
18
,
20
,
23
e
27
luglio
1973
)
.
Ci
si
deve
domandare
che
cosa
può
accadere
a
questo
partito
se
continua
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
e
se
i
partiti
di
sinistra
riescono
a
rinnovarsi
in
profondità
,
rendendo
molto
più
omogeneo
e
compatto
il
loro
interclassismo
e
promuovendo
una
rappresentanza
operaia
diretta
attraverso
una
qualche
trasfusione
di
sangue
,
per
esempio
,
attraverso
l
'
introduzione
negli
organismi
centrali
di
un
quorum
gradualmente
crescente
riservato
agli
operai
;
un
provvedimento
,
questo
,
che
appare
quanto
mai
auspicabile
se
è
vero
che
il
movimento
operaio
è
immune
da
quelle
degenerazioni
e
da
quegli
"
intrallazzi
"
che
inquinano
la
piccola
borghesia
.
Sul
piano
della
gestione
concreta
della
cosa
pubblica
,
occorre
riflettere
sull
'
esperienza
emiliana
e
di
altre
regioni
"
rosse
"
,
dove
si
è
attuata
un
'
alleanza
organica
fra
ceti
medi
e
classe
operaia
,
con
un
'
evidente
egemonia
dei
primi
.
5
.
Sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
Nella
prima
parte
ho
avuto
occasione
di
far
notare
che
la
distanza
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
per
mezzo
dello
stipendio
medio
e
del
salario
medio
,
negli
anni
più
recenti
è
andata
diminuendo
e
che
,
ciò
nonostante
,
in
singoli
settori
o
al
vertice
delle
diverse
gerarchie
,
le
distanze
presumibilmente
sono
andate
crescendo
.
La
questione
è
importante
e
merita
un
attento
esame
.
Per
un
complesso
di
circostanze
,
il
movimento
operaio
,
insieme
con
quelle
ampie
fette
del
movimento
sindacale
e
della
sinistra
politica
che
bene
o
male
lo
rappresentano
,
ha
raggiunto
importanti
risultati
,
specialmente
negli
ultimi
anni
.
La
posizione
degli
operai
nella
fabbrica
e
nella
società
è
pur
sempre
subordinata
,
ma
lo
è
incomparabilmente
meno
di
quanto
fosse
appena
dieci
anni
fa
.
Questo
importante
processo
di
crescita
civile
avviene
attraverso
dure
lotte
,
attraverso
errori
e
rilevanti
costi
economici
,
che
vanno
a
carico
di
tutti
,
sia
pure
in
diverse
proporzioni
.
In
questo
processo
s
'
innesta
quell
'
avvicinamento
delle
posizioni
medie
di
cui
ho
detto
.
La
scelta
sindacale
dell
'
inquadramento
unico
in
parte
sanziona
questa
nuova
tendenza
e
in
parte
contribuisce
ad
accelerarla
,
almeno
nel
settore
degli
impiegati
di
azienda
.
Si
tratta
di
una
scelta
di
grande
rilievo
.
Ora
questo
processo
di
avvicinamento
economico
e
sociale
fra
certi
strati
di
operai
e
certi
strati
di
ceti
medi
sta
provocando
-
come
già
altre
volte
nel
passato
ma
in
forme
e
con
conseguenze
nuove
-
una
spaccatura
nell
'
ambito
degli
stessi
ceti
medi
.
In
alcuni
strati
quell
'
avvicinamento
suscita
orrore
e
dà
luogo
a
sforzi
per
contrapporsi
ad
esso
,
anche
attraverso
una
strategia
"
corporativa
"
rivolta
a
ripristinare
le
distanze
e
possibilmente
ad
accrescerle
;
l
'
orrore
per
il
comunismo
e
,
più
in
generale
,
per
la
sinistra
,
ha
spesso
una
tale
origine
.
Altri
strati
di
ceti
medi
,
invece
,
considerano
positivamente
questo
processo
,
poiché
l
'
alleanza
organica
con
gli
operai
,
se
ha
degli
svantaggi
economici
(
da
un
punto
di
vista
piccolo
-
borghese
)
,
ha
diversi
rilevanti
vantaggi
in
termini
di
civiltà
e
di
forza
politica
.
Da
un
lato
,
l
'
ascesa
di
una
parte
della
classe
operaia
e
l
'
affermazione
di
una
strategia
"
non
corporativa
"
(
specialmente
nelle
fabbriche
e
fra
gli
intellettuali
)
,
dall
'
altro
lato
,
la
reazione
di
particolari
strati
di
ceti
medi
a
tali
tendenze
ha
assai
inasprito
le
lotte
sociali
e
politiche
,
non
solo
nel
nostro
ma
anche
in
altri
paesi
europei
.
Gli
stessi
capitalisti
industriali
sono
divisi
.
È
in
gioco
non
solo
il
potere
della
grande
borghesia
,
ma
anche
quello
,
a
carattere
in
gran
parte
condominiale
e
subalterno
,
della
media
e
piccola
borghesia
.
All
'
origine
di
questi
contrasti
e
di
queste
contrapposizioni
,
dunque
,
è
l
'
ascesa
non
solo
assoluta
ma
anche
relativa
della
classe
operaia
;
un
'
ascesa
che
ha
luogo
non
solo
nel
campo
economico
ma
anche
nel
campo
sociale
e
politico
e
che
presenta
a
sua
volta
elementi
in
parte
contraddittori
:
da
un
lato
ha
una
componente
potenzialmente
rivoluzionaria
-
almeno
nel
lungo
periodo
-
dall
'
altra
parte
promuove
le
tendenze
verso
l
'
imborghesimento
.
Una
tale
ascesa
,
se
da
un
lato
costituisce
una
minaccia
per
la
grande
borghesia
,
dall
'
altro
lato
costituisce
(
di
nuovo
,
contraddittoriamente
)
una
minaccia
e
,
al
tempo
stesso
,
una
possibilità
di
alleanza
per
la
piccola
borghesia
,
a
cominciare
da
quella
impiegatizia
e
intellettuale
.
Tutto
questo
dimostra
com
'
è
importante
studiare
le
relazioni
(
complementari
e
di
contrapposizione
)
fra
operai
e
ceti
medi
,
in
tutti
i
campi
sociali
,
compreso
quel
campo
particolarissimo
che
è
il
campo
sindacale
.
Un
tale
studio
è
tanto
più
necessario
in
quanto
finora
sulle
relazioni
fra
sindacati
operai
e
sindacati
dei
ceti
medi
(
sindacati
che
in
molti
casi
fanno
capo
alle
stesse
organizzazioni
centrali
)
è
stato
steso
pudicamente
un
velo
;
è
possibile
che
questo
sia
accaduto
sotto
l
'
influsso
dell
'
ideologia
piccolo
-
borghese
che
,
col
pretesto
di
non
creare
divisioni
all
'
interno
della
"
classe
lavoratrice
"
,
mira
a
cementare
una
solidarietà
che
va
in
buona
parte
a
beneficio
dei
ceti
medi
impiegatizi
e
professionali
.
Ora
,
l
'
opportunismo
e
l
'
ipocrisia
nelle
analisi
sociali
non
hanno
mai
giovato
a
nessuno
,
tanto
meno
hanno
giovato
agli
"
innovatori
"
,
ossia
agli
uomini
della
sinistra
.
Con
non
poca
fatica
,
e
grazie
all
'
aiuto
di
diversi
amici
sindacalisti
,
sono
riuscito
a
elaborare
due
tabelle
in
cui
si
presentano
le
stime
degli
iscritti
ai
sindacati
distinguendo
gli
operai
dagli
impiegati
nei
diversi
settori
di
attività
(
v
.
tabelle
5.1
e
5.2
)
.
Le
statistiche
degli
iscritti
ai
sindacati
godono
di
pessima
reputazione
e
in
effetti
fino
a
pochi
anni
fa
erano
inattendibili
;
da
qualche
tempo
,
da
quando
cioè
la
concorrenza
fra
le
tre
grandi
centrali
sindacali
si
è
andata
attenuando
in
seguito
alla
graduale
attuazione
di
una
strategia
unitaria
,
si
è
andata
attenuando
anche
la
"
guerra
delle
cifre
"
e
i
dati
sugli
iscritti
sono
oramai
abbastanza
attendibili
,
o
per
lo
meno
non
sono
grossolanamente
ingannevoli
.
La
distinzione
fra
operai
e
impiegati
nei
settori
direttamente
produttivi
,
come
l
'
industria
,
è
frutto
di
stime
suggeritemi
dai
sindacalisti
;
nel
caso
dei
sindacati
d
'
impiegati
,
collegati
con
le
tre
centrali
sindacali
o
autonomi
,
questo
problema
non
si
pone
.
Sui
dati
esprimerò
pochi
e
schematici
commenti
.
Rispetto
al
totale
degli
iscritti
di
ciascuna
centrale
sindacale
,
la
Cgil
ha
la
più
alta
quota
degli
iscritti
di
operai
e
impiegati
addetti
all
'
industria
,
il
49%
,
contro
il
39%
della
Cisl
e
il
42%
dell
'
Uil
;
e
poiché
nell
'
industria
gli
operai
costituiscono
la
grande
maggioranza
degli
addetti
(
oltre
il
90%
)
,
si
può
desumere
che
la
Cgil
ha
,
fra
i
propri
iscritti
,
la
più
alta
quota
di
operai
.
Al
contrario
,
la
Cisl
ha
la
più
alta
quota
di
iscritti
nelle
altre
attività
,
dove
prevalgono
gl
'
impiegati
.
La
diversa
composizione
della
Cgil
e
della
Cisl
si
ricollega
ad
un
diverso
rapporto
col
partito
dominante
,
la
Dc
,
ciò
che
fino
ad
un
tempo
recente
ha
anche
comportato
discriminazioni
nelle
assunzioni
,
specialmente
nell
'
ambito
dei
ceti
medi
e
,
in
parte
,
un
diverso
modo
di
concepire
l
'
alleanza
fra
operai
e
ceti
medi
(
particolarmente
quelli
impiegatizi
)
,
anche
se
tanto
l
'
una
quanto
l
'
altra
concezione
-
quella
della
Cgil
proclama
l
'
esigenza
dell
'
egemonia
operaia
-
sono
ambigue
,
per
le
ragioni
più
volte
chiarite
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
,
naturalmente
,
va
riferito
agli
operai
occupati
in
unità
con
oltre
10
addetti
(
per
gli
impiegati
la
questione
non
si
pone
)
.
Ora
,
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
alto
nell
'
industria
per
quanto
riguarda
gli
operai
(
oltre
il
60%
)
,
mentre
è
relativamente
basso
nel
caso
degli
impiegati
(
circa
un
terzo
)
.
Per
le
altre
attività
le
quote
corrispondenti
sono
il
20%
(
livello
,
come
si
vede
,
molto
basso
)
e
62%
(
livello
relativamente
elevato
:
le
attività
terziarie
costituiscono
il
caratteristico
campo
degli
impiegati
)
.
Nella
pubblica
amministrazione
-
un
settore
quasi
esclusivamente
composto
da
impiegati
-
il
grado
di
sindacalizzazione
è
relativamente
elevato
:
1'80%;
ma
per
circa
un
sesto
si
tratta
di
iscritti
a
sindacati
detti
autonomi
,
che
spesso
sono
affetti
dal
virus
del
corporativismo
.
I
sindacati
autonomi
sono
incredibilmente
numerosi
:
se
ne
contano
alcune
decine
nel
solo
settore
dell
'
istruzione
e
non
meno
di
cinque
nel
settore
della
sanità
.
Paradossalmente
,
una
tale
situazione
di
divisione
e
frammentazione
non
fa
la
debolezza
,
ma
,
spesso
,
fa
la
forza
,
se
si
considera
che
il
così
detto
"
datore
di
lavoro
"
ha
,
come
precipuo
interesse
,
quello
di
far
funzionare
il
servizio
per
ragioni
che
in
un
modo
o
nell
'
altro
sono
di
ordine
pubblico
,
così
che
perfino
un
singolo
sindacato
,
che
raggruppi
una
quota
non
proprio
trascurabile
di
lavoratori
altamente
specializzati
in
un
sottosettore
circoscritto
ma
indispensabile
,
può
esercitare
una
pressione
straordinariamente
forte
.
La
frammentazione
sindacale
può
essere
anche
il
risultato
di
una
deliberata
politica
,
tendente
a
favorire
certi
gruppi
di
lavoratori
o
certe
clientele
,
o
mirante
ad
impedire
l
'
affermarsi
di
determinate
organizzazioni
sindacali
.
Il
grado
di
sindacalizzazione
dei
pubblici
dipendenti
è
elevato
;
ma
non
c
'
è
molto
da
rallegrarsi
per
questo
.
Il
fatto
è
che
le
alte
percentuali
spesso
sono
la
conseguenza
d
'
intese
con
le
amministrazioni
,
per
una
sorta
d
'
iscrizione
automatica
degli
impiegati
(
e
fin
qui
,
nonostante
i
pericoli
di
burocratizzazione
,
non
ci
sarebbe
molto
da
criticare
)
;
ma
non
di
rado
le
alte
percentuali
delle
tre
grandi
organizzazioni
sindacali
sono
imputabili
alla
facilità
con
cui
esse
hanno
accolto
,
come
affiliati
,
dei
sindacati
assai
poco
diversi
,
nella
linea
di
condotta
di
tipo
corporativo
,
dai
sindacati
autonomi
.
In
realtà
,
fra
certi
sindacati
e
le
grandi
centrali
sussistono
legami
puramente
formali
,
simili
a
quelli
che
venivano
ad
instaurarsi
nel
tardo
Medioevo
fra
il
re
o
l
'
imperatore
e
certi
signori
feudali
.
Inoltre
,
i
sindacati
di
diversi
settori
del
pubblico
impiego
riescono
a
non
far
pagare
gli
scioperi
ai
propri
iscritti
con
diversi
espedienti
;
ora
,
gli
scioperi
sono
una
cosa
seria
solo
se
sono
una
forma
di
lotta
effettiva
;
e
le
lotte
sono
costose
.
Per
gli
operai
le
lotte
sono
costose
e
rischiose
(
licenziamento
)
e
non
è
ammissibile
che
ci
siano
due
pesi
e
due
misure
.
Senza
dubbio
,
nel
settore
del
pubblico
impiego
ci
sono
agitazioni
e
scioperi
pienamente
validi
,
ossia
non
corporativi
,
ossia
ancora
capaci
di
promuovere
la
crescita
economica
e
civile
di
tutti
i
lavoratori
;
ma
è
legittimo
affermare
che
la
percentuale
di
scioperi
di
questo
genere
è
molto
inferiore
a
quella
che
si
riscontra
nel
caso
della
classe
operaia
.
Le
tre
grandi
centrali
sindacali
hanno
la
grave
responsabilità
di
aver
assecondato
o
di
non
aver
condannato
,
o
di
aver
condannato
con
estrema
timidezza
,
gli
scioperi
e
le
rivendicazioni
a
carattere
manifestamente
corporativo
di
impiegati
e
di
professionisti
operanti
nel
settore
pubblico
:
il
reddito
nazionale
,
anche
quando
cresce
,
è
limitato
:
se
la
quota
che
va
a
certi
gruppi
sociali
cresce
,
le
altre
quote
necessariamente
diminuiscono
.
In
breve
,
nel
campo
sindacale
,
il
settore
del
pubblico
impiego
inteso
in
senso
lato
è
quello
che
più
degli
altri
esige
una
vasta
opera
di
riorganizzazione
,
strettamente
collegata
con
direttive
politiche
generali
,
prima
fra
tutte
la
direttiva
di
una
stretta
integrazione
fra
la
strategia
dei
sindacati
del
pubblico
impiego
e
sindacati
operai
,
in
antitesi
alle
spinte
clientelari
e
corporative
tuttora
paurosamente
diffuse
.
Non
può
andare
esente
da
critiche
neppure
il
sindacato
a
prevalente
partecipazione
operaia
.
Tuttavia
,
se
si
eccettuano
evidenti
errori
di
strategia
e
soprattutto
di
tattica
(
agitazioni
in
certi
periodi
troppo
frequenti
,
abuso
di
scioperi
con
rivendicazioni
di
politica
generale
)
,
bisogna
dire
che
da
questa
parte
le
cose
vanno
molto
meglio
;
e
più
di
una
volta
,
se
ci
sono
state
al
vertice
incertezze
e
impostazioni
burocratiche
,
la
base
ha
imposto
rivendicazioni
sacrosante
come
quella
,
già
ricordata
,
dell
'
inquadramento
unico
,
o
quella
per
gl
'
investimenti
nel
Mezzogiorno
,
o
le
rivendicazioni
per
il
miglioramento
delle
condizioni
di
lavoro
nelle
fabbriche
,
specialmente
la
lotta
a
favore
della
salubrità
degli
ambienti
e
contro
l
'
assai
gravemente
insufficiente
prevenzione
degli
infortuni
.
Il
fatto
che
rivendicazioni
qualitative
stiano
avendo
un
peso
crescente
in
confronto
alle
rivendicazioni
puramente
pecuniarie
è
un
fatto
di
grande
rilievo
,
poiché
è
un
indice
della
crescita
civile
degli
operai
,
pur
fra
tanti
errori
,
tante
ingenuità
e
tante
aberrazioni
.
In
ogni
modo
,
per
il
meglio
o
per
il
peggio
,
i
sindacati
sono
al
centro
dell
'
attuale
crisi
politica
,
la
quale
è
grave
e
complessa
e
richiede
un
'
analisi
molto
approfondita
,
illuminata
da
ipotesi
appropriate
.
6
.
L
'
attuale
crisi
politica
e
la
borghesia
finanziaria
Sotto
molti
aspetti
,
l
'
attuale
quadro
politico
italiano
appare
come
una
desolata
palude
:
specialmente
(
ma
non
esclusivamente
)
nella
cerchia
dei
ceti
medi
,
la
corruzione
,
le
spinte
corporative
e
la
caccia
ai
privilegi
si
moltiplicano
,
come
una
volta
in
Uruguay
,
con
un
progressivo
aumento
dell
'
uso
parassitario
delle
risorse
a
danno
degli
impieghi
produttivi
e
quindi
a
danno
delle
capacità
di
sviluppo
economico
.
Al
centro
del
quadro
-
con
ramificazioni
a
destra
e
a
sinistra
-
c
'
è
una
gran
massa
di
piccoli
borghesi
che
pensa
principalmente
,
o
esclusivamente
,
al
proprio
"
particolare
"
e
se
ne
infischia
della
cosa
pubblica
.
A
sinistra
ci
sono
quei
partiti
di
cui
ho
parlato
e
che
,
senza
una
profonda
riorganizzazione
e
senza
una
"
trasfusione
di
sangue
"
,
rischiano
di
corrompersi
o
di
sclerotizzarsi
in
modo
irreversibile
.
All
'
estrema
sinistra
ci
sono
alcuni
gruppi
,
che
oggi
tutto
possono
far
meno
che
la
rivoluzione
.
Ancora
a
sinistra
,
nelle
fabbriche
,
c
'
è
un
consistente
nucleo
di
classe
operaia
industriale
moderna
in
netta
ascesa
.
Corrispondentemente
,
all
'
estrema
destra
si
profila
il
pericolo
di
una
reazione
fascista
di
tipo
nuovo
.
Insomma
,
sembra
che
la
prospettiva
sia
quella
di
uscire
dalla
palude
per
andare
a
finire
o
in
un
campo
di
concentramento
o
in
un
bel
cimitero
,
con
i
viali
ordinati
ed
ornati
di
fiori
,
oppure
in
una
palude
di
altro
genere
.
Che
cosa
si
può
fare
per
uscire
dalla
crisi
?
La
strada
è
certamente
ardua
e
lunga
.
Il
passo
preliminare
consiste
in
un
'
adeguata
analisi
critica
della
situazione
attuale
(
1974
)
:
da
un
lato
occorre
studiare
la
condotta
idei
diversi
sindacati
e
i
condizionamenti
posti
dalla
così
detta
base
,
dall
'
altro
si
devono
esaminare
i
cambiamenti
che
stanno
avendo
luogo
nella
parte
alta
della
piramide
sociale
.
Per
avviare
la
suddetta
analisi
critica
conviene
riflettere
in
modo
particolare
su
alcuni
punti
emersi
nei
precedenti
capitoli
.
1
.
Nei
periodi
di
aspri
conflitti
fra
borghesia
e
parte
della
classe
operaia
,
le
concessioni
ai
funzionari
e
specialmente
a
quelli
di
grado
più
elevato
sono
state
più
frequenti
e
più
sostanziose
.
In
questo
modo
si
sono
rafforzati
i
privilegi
dell
'
alta
burocrazia
(
parte
I
,
cap
.
6
)
.
2
.
Mentre
la
distanza
media
fra
impiegati
e
operai
,
misurata
dai
livelli
delle
retribuzioni
,
è
andata
diminuendo
negli
ultimi
anni
,
in
certe
fasce
di
impiegati
le
distanze
specifiche
sono
perfino
aumentate
,
come
conseguenza
di
reazioni
corporative
,
rese
rabbiose
da
quello
che
i
sociologhi
chiamano
"
panico
di
status
"
(
parte
I
,
cap
.
7
)
.
3
.
Con
l
'
esodo
agrario
e
l
'
urbanesimo
,
sono
grandemente
cresciute
le
rendite
urbane
,
con
le
connesse
operazioni
speculative
;
si
è
formato
in
questo
modo
,
un
numero
relativamente
consistente
di
nouveaux
riches
(
parte
I
,
cap
.
1
)
.
4
.
Da
anni
il
nostro
paese
si
dibatte
in
gravi
difficoltà
economiche
che
in
gran
parte
sono
la
conseguenza
di
agitazioni
sindacali
particolarmente
violente
(
parte
II
,
cap
.
4
)
e
le
agitazioni
sindacali
sono
state
e
sono
particolarmente
violente
anche
a
causa
dell
'
insufficienza
di
quelle
infrastrutture
civili
che
dovrebbero
essere
attuate
con
l
'
attuazione
delle
riforme
;
di
recente
,
le
difficoltà
economiche
sono
state
drammaticamente
aggravate
dall
'
aumento
nei
prezzi
internazionali
delle
materie
prime
e
,
soprattutto
,
del
petrolio
,
con
un
conseguente
enorme
deficit
nella
bilancia
dei
pagamenti
(
parte
II
,
capp
.
1
e
3
)
.
5
.
Principalmente
a
causa
della
politica
clientelare
perseguita
con
crescente
protervia
dagli
stati
maggiori
dei
partiti
che
sono
al
potere
al
centro
e
alla
periferia
ed
a
causa
di
leggi
approvate
per
favorire
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
dei
gruppi
burocratici
e
dei
"
corpi
separati
"
,
il
deficit
della
pubblica
amministrazione
è
andato
crescendo
in
misura
paurosa
.
Per
finanziare
tale
deficit
,
il
pubblico
erario
e
il
sistema
creditizio
hanno
dovuto
destinare
mezzi
crescenti
,
sottraendoli
al
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
.
Alla
formazione
e
poi
alla
crescita
di
questo
deficit
,
che
sta
diventando
una
voragine
,
hanno
contribuito
in
parte
notevole
i
disavanzi
degli
ospedali
e
degli
enti
locali
,
disavanzi
che
a
loro
volta
sono
stati
alimentati
da
assunzioni
massicce
,
di
tipo
appunto
clientelare
,
e
da
enormi
aumenti
di
stipendio
ottenuti
dai
diversi
gruppi
di
dipendenti
con
l
'
appoggio
-
o
almeno
senza
l
'
opposizione
-
delle
centrali
sindacali
.
Il
costo
del
finanziamento
degli
investimenti
produttivi
,
d
'
altro
canto
,
è
andato
crescendo
anche
a
causa
dei
molto
gravosi
oneri
per
il
personale
appartenente
alle
istituzioni
creditizie
,
che
dal
punto
di
vista
delle
retribuzioni
costituisce
un
'
altra
caratteristica
isola
di
privilegio
.
6
.
Le
gravi
difficoltà
economiche
si
sono
tradotte
,
fra
l
'
altro
,
in
una
flessione
dei
profitti
e
in
un
crescente
numero
di
fallimenti
,
ciò
che
ha
provocato
salvataggi
da
parte
dell
'
autorità
pubblica
,
ha
rapidamente
allargato
l
'
area
d
'
influenza
delle
imprese
a
partecipazione
statale
ed
ha
favorito
l
'
ingresso
,
silenzioso
ma
massiccio
,
del
capitale
estero
,
controllato
,
in
parte
,
da
grandi
società
multinazionali
(
parte
II
,
cap
.
3
)
.
Queste
difficoltà
economiche
hanno
reso
più
debole
la
borghesia
industriale
a
vantaggio
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
,
che
ha
avuto
tendenza
a
integrarsi
con
l
'
alta
borghesia
burocratica
(
punti
1
e
2
)
e
a
rafforzarsi
sia
inserendosi
in
speculazioni
edilizie
(
punto
3
)
sia
collegandosi
con
le
attività
connesse
col
petrolio
.
In
effetti
,
se
si
mette
da
parte
la
petrolchimica
,
si
deve
riconoscere
che
il
commercio
e
la
raffinazione
dei
prodotti
petroliferi
richiedono
ben
poche
capacità
imprenditoriali
:
si
tratta
di
sapersi
muovere
nel
mondo
della
pubblica
amministrazione
ed
in
quello
delle
compagnie
petrolifere
multinazionali
piuttosto
che
saper
affrontare
le
così
dette
alee
dell
'
organizzazione
produttiva
e
del
mercato
.
Quelle
del
petrolio
possono
quindi
a
buon
diritto
essere
incluse
fra
le
attività
speculative
intese
in
senso
ampio
e
i
proprietari
che
le
controllano
possono
essere
inclusi
nella
borghesia
finanziaria
.
Speculazioni
edilizie
,
esportazioni
di
capitali
,
petrolio
,
costituiscono
le
tipiche
aree
del
profitto
speculativo
:
sono
aree
economicamente
inquinate
anche
da
un
punto
di
vista
capitalistico
;
a
fortiori
sono
aree
inquinate
ed
inquinanti
dal
punto
di
vista
politico
.
7
.
La
flessione
dei
profitti
(
parte
II
,
cap
.
3
)
è
stata
interrotta
dalla
"
fluttuazione
libera
"
della
lira
,
ossia
,
in
sostanza
,
dalla
svalutazione
della
nostra
moneta
in
termini
di
divise
estere
,
che
è
cominciata
nel
febbraio
del
1973
e
che
oggi
(
aprile
1974
)
supera
il
20%
.
Tale
svalutazione
ha
favorito
,
in
generale
,
i
profitti
e
,
in
particolare
,
ha
favorito
le
operazioni
speculative
(
comprese
le
esportazioni
e
le
importazioni
di
capitali
)
dirette
ed
organizzate
dalla
borghesia
finanziaria
.
I
punti
6
e
7
ora
ricordati
sono
stati
elaborati
da
Giorgio
Galli
,
che
ha
formulato
la
seguente
ipotesi
interpretativa
della
crisi
politica
in
atto
:
"
Si
è
venuta
formando
in
Italia
una
borghesia
finanziaria
e
speculativa
nei
suoi
strati
superiori
e
burocratico
-
parassitaria
nei
suoi
strati
immediatamente
inferiori
,
che
non
è
affatto
interessata
alla
razionalizzazione
del
sistema
sociale
e
che
sta
conquistando
l
'
egemonia
nell
'
ambito
dell
'
alta
borghesia
.
Quella
che
si
viene
consolidando
,
dunque
,
è
un
'
alleanza
non
tra
grande
borghesia
industriale
e
ceti
medi
conservatori
(
come
negli
anni
Sessanta
)
,
bensì
un
'
alleanza
tra
alta
borghesia
speculativa
e
media
borghesia
burocratica
,
l
'
una
e
l
'
altra
non
legate
alle
imprese
ed
alle
professioni
,
ma
alla
speculazione
ed
alla
rendita
derivante
dal
controllo
di
posizioni
chiave
nell
'
apparato
amministrativo
(
alti
burocrati
)
,
creditizio
(
alti
funzionari
delle
banche
)
,
delle
imprese
ed
enti
pubblici
e
nell
'
apparato
politico
strettamente
connesso
ai
precedenti
(
lo
strato
superiore
dei
funzionari
di
partito
)
,
dei
politici
professionisti
"
;
gl
'
interessi
politici
della
borghesia
finanziaria
e
speculativa
sarebbero
rappresentati
in
misura
nettamente
prevalente
dalla
Democrazia
cristiana
(
Distribuzione
dei
reddito
e
classi
sociali
,
comunicazione
presentata
al
convegno
"
Distribuzione
del
reddito
e
modello
di
sviluppo
"
,
organizzato
dal
Club
Turati
di
Torino
,
nei
giorni
6-7
marzo
1974
,
pp.
1
e
6
)
.
Quella
che
io
chiamo
borghesia
finanziaria
e
Giorgio
Galli
borghesia
finanziaria
e
speculativa
è
denominata
da
Carlo
Marx
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Marx
la
descrive
nei
seguenti
termini
:
"
Sotto
Luigi
Filippo
,
non
regnava
la
borghesia
francese
,
ma
una
frazione
di
essa
.
I
banchieri
,
i
re
della
borsa
,
i
re
delle
ferrovie
,
i
proprietari
delle
miniere
di
carbone
e
di
ferro
e
delle
foreste
,
e
una
parte
della
proprietà
fondiaria
venuta
con
essi
a
un
accordo
:
la
cosiddetta
"
aristocrazia
finanziaria
"
.
Essa
sedeva
sul
trono
,
essa
dettava
leggi
nelle
Camere
,
essa
distribuiva
gli
impieghi
dello
Stato
,
dal
ministero
allo
spaccio
dei
tabacchi
.
(...)
Mentre
l
'
aristocrazia
finanziaria
faceva
le
leggi
,
dirigeva
l
'
amministrazione
dello
Stato
,
disponeva
di
tutti
i
pubblici
poteri
organizzati
,
dominava
l
'
opinione
pubblica
,
coi
fatti
e
con
la
stampa
,
in
tutti
gli
ambienti
,
dalla
corte
sino
al
Café
Borgne
,
si
spandeva
l
'
identica
prostituzione
,
l
'
identica
frode
svergognata
,
l
'
identica
smania
di
arricchirsi
non
con
la
produzione
,
ma
rubando
le
ricchezze
altrui
già
esistenti
.
Alla
sommità
stessa
della
società
borghese
trionfava
il
soddisfacimento
sfrenato
,
in
urto
ad
ogni
istante
con
le
stesse
leggi
borghesi
,
degli
appetiti
malsani
e
sregolati
in
cui
logicamente
cerca
la
sua
soddisfazione
la
ricchezza
scaturita
dal
giuoco
,
in
cui
il
godimento
diventa
crapuleux
,
e
il
denaro
,
il
fango
e
il
sangue
scorrono
insieme
.
L
'
aristocrazia
finanziaria
,
nelle
sue
forme
di
guadagno
come
nei
,
suoi
piaceri
,
non
è
altro
che
la
riproduzione
del
sottoproletariato
alla
sommità
della
società
borghese
"
(
Le
lotte
di
classe
in
Francia
dal
1848
al
1850
,
in
Opere
scelte
di
Marx
e
di
Engels
,
Editori
Riuniti
,
Roma
,
1966
,
pp.
376
e
378-9
)
.
D
'
altro
lato
,
la
corruzione
dilagante
,
nel
nostro
come
anche
in
altri
paesi
,
nell
'
ambito
della
borghesia
ed
in
particolare
della
piccola
borghesia
ricorda
,
sotto
alcuni
aspetti
,
la
corruzione
dilagante
nell
'
ambito
delle
aristocrazie
feudali
quando
stavano
per
perdere
potere
e
predominio
.
In
quelle
circostanze
trionfava
la
filosofia
del
carpe
diem
o
dell
'
après
moi
le
déluge
-
manifestazione
caratteristica
,
questa
,
di
una
classe
dominante
che
perde
la
fiducia
nei
propri
valori
e
nei
propri
ideali
.
Potremmo
essere
tentati
d
'
interpretare
l
'
attuale
processo
di
sgretolamento
facendo
riferimento
all
'
ascesa
,
di
cui
abbiamo
parlato
più
volte
,
della
classe
nuova
,
quella
degli
operai
,
che
,
insieme
con
molti
tecnici
e
intellettuali
e
parecchi
impiegati
relativamente
immuni
da
interessi
corporativi
,
ha
posto
la
candidatura
all
'
egemonia
.
Debbo
dire
che
una
tale
interpretazione
a
me
sembra
troppo
ottimistica
e
troppo
semplicistica
.
Però
credo
che
tanto
in
questa
interpretazione
quanto
in
quella
precedentemente
accennata
(
che
hanno
certi
punti
di
contatto
)
ci
siano
elementi
di
verità
su
cui
dobbiamo
riflettere
.
Per
la
così
detta
"
aristocrazia
finanziaria
"
Marx
ha
dunque
parole
di
fuoco
:
egli
parla
di
"
prostituzione
"
-
naturalmente
in
senso
civile
-
di
"
frode
svergognata
"
;
parla
anche
di
"
contratti
d
'
appalto
fraudolenti
,
corruzioni
,
malversazioni
,
bricconate
di
ogni
specie
"
.
La
descrizione
di
Marx
(
che
,
sia
detto
fra
parentesi
,
deve
apparire
moralistica
ai
nostri
marxisti
ortodossi
)
è
di
un
'
attualità
impressionante
.
Detto
questo
,
e
pur
considerando
l
'
ipotesi
interpretativa
di
Galli
interessante
e
degna
di
riflessione
e
di
studio
,
non
mi
sento
in
grado
di
pronunciarmi
sulla
sua
validità
.
Mi
limito
tuttavia
a
ricordare
che
i
legami
fra
borghesia
finanziaria
e
le
altre
frazioni
della
borghesia
sono
oggi
così
stretti
,
in
Italia
,
da
rendere
particolarmente
problematica
l
'
attribuzione
di
ruoli
distinti
.
Chi
voglia
,
ciò
nonostante
,
isolare
la
borghesia
finanziaria
,
deve
tener
presente
che
,
per
la
sua
natura
,
il
potere
economico
(
e
politico
)
di
questa
frazione
della
borghesia
è
assai
più
instabile
e
oscillante
di
quello
che
,
di
tempo
in
tempo
e
di
zona
in
zona
,
può
essere
stato
conquistato
dalle
altre
frazioni
(
specialmente
:
borghesia
agraria
e
borghesia
industriale
)
.
In
questo
caso
,
perciò
,
anche
più
che
in
altri
,
occorre
essere
molto
cauti
nelle
generalizzazioni
.
Ricordiamoci
,
in
ogni
modo
,
che
l
'
ascesa
della
borghesia
finanziaria
-
ossia
della
frazione
meno
"
rispettabile
"
della
classe
-
più
che
essere
la
causa
è
l
'
effetto
del
declino
(
non
si
sa
se
duraturo
o
temporaneo
)
della
borghesia
industriale
e
di
quel
vuoto
di
potere
di
cui
ho
parlato
più
volte
.
7
.
Un
popolo
di
semianalfabeti
Le
attuali
difficoltà
economiche
e
politiche
sono
in
larga
misura
simili
a
quelle
sperimentate
da
altri
paesi
;
all
'
origine
,
io
credo
,
c
'
è
l
'
ascesa
assoluta
e
relativa
della
classe
operaia
(
si
consideri
in
modo
speciale
il
caso
della
Gran
Bretagna
;
si
considerino
i
recenti
massicci
scioperi
in
Giappone
,
i
cui
sindacati
erano
presentati
come
modelli
di
autocontrollo
e
di
disciplina
)
.
Tuttavia
,
in
Italia
le
difficoltà
assumono
una
gravità
particolare
per
ragioni
connesse
con
la
nostra
struttura
sociale
.
Noi
siamo
un
paese
relativamente
sviluppato
dal
punto
di
vista
economico
;
ma
siamo
un
paese
arretrato
dal
punto
di
vista
civile
.
Ho
già
fatto
osservare
che
il
70%
della
popolazione
attiva
del
nostro
paese
possiede
,
al
massimo
,
la
licenza
elementare
:
una
percentuale
che
non
trova
riscontro
in
nessuno
dei
paesi
considerati
civili
(
v
.
la
tabella
6.2
)
.
E
sappiamo
che
,
con
la
licenza
elementare
,
si
possono
fare
solo
lavori
ripetitivi
:
salvo
casi
eccezionali
,
non
si
può
partecipare
,
neppure
in
forma
modesta
,
alla
gestione
della
cosa
pubblica
o
dei
patiti
;
di
regola
,
non
si
può
neppure
gestire
la
sezione
di
un
partito
in
un
piccolo
comune
.
Con
la
licenza
elementare
(
che
è
il
livello
massimo
di
quel
70%
)
si
giunge
a
scrivere
qualche
lettera
alla
madre
o
alla
fidanzata
quando
l
'
uomo
è
sotto
le
armi
e
a
leggere
un
giornale
sportivo
.
(
Certo
,
gli
autodidatti
possono
svilupparsi
culturalmente
anche
con
la
sola
licenza
elementare
;
ma
è
ben
difficile
pensare
che
si
tratti
di
un
numero
elevato
di
persone
)
.
Quella
percentuale
è
illuminante
:
spiega
,
da
sola
,
perché
le
tirature
dei
giornali
sono
da
noi
vergognosamente
limitate
;
spiega
l
'
atteggiamento
spesso
arrogante
e
insolente
dei
piccoli
burocrati
,
specialmente
nelle
zone
più
depresse
,
dove
,
naturalmente
,
la
percentuale
dei
semianalfabeti
è
ancora
più
alta
della
media
nazionale
,
come
ben
più
alta
di
quella
ufficiale
è
la
percentuale
degli
analfabeti
totali
o
degli
analfabeti
di
ritorno
;
spiega
il
basso
livello
della
nostra
vita
politica
(
ciascuno
di
noi
,
in
quanto
uomo
di
parte
,
è
incline
a
vedere
le
miserie
culturali
e
morali
negli
altri
partiti
e
ad
essere
particolarmente
indulgente
con
quelle
del
partito
al
quale
appartiene
o
per
il
quale
vota
)
;
spiega
-
ma
qui
l
'
analisi
diventa
molto
più
difficile
-
l
'
atteggiamento
dei
"
mandarini
"
-
di
noi
,
piccoli
e
medi
borghesi
-
che
spesso
inconsapevolmente
tendono
a
trar
vantaggio
nei
modi
più
diversi
dalla
loro
posizione
di
quasi
monopolisti
dell
'
istruzione
media
e
superiore
.
È
vero
:
l
'
afflusso
nelle
scuole
medie
e
superiori
delle
nuove
leve
è
sensibilmente
maggiore
che
nel
passato
,
così
che
quella
percentuale
(
70%
)
va
diminuendo
;
ma
la
velocità
con
cui
diminuisce
(
poco
più
di
un
punto
l
'
anno
)
non
è
grande
:
con
una
tale
velocità
solo
fra
tre
o
quattro
lustri
arriveremo
al
livello
attuale
della
Francia
(
circa
il
45%
)
,
che
pure
è
fra
i
più
alti
nell
'
ambito
dei
paesi
civili
.
Ma
allora
,
oltre
ad
essere
un
popolo
di
eroi
,
di
santi
,
di
poeti
,
di
navigatori
e
di
scienziati
siamo
anche
,
e
innanzi
tutto
,
un
popolo
di
semianalfabeti
?
Dopo
aver
tolto
di
mezzo
la
storia
degli
eroi
e
degli
scienziati
-
una
espressione
caratteristica
della
retorica
piccolo
-
borghese
-
togliamo
pure
di
mezzo
ogni
forma
di
feroce
esagerazione
autocritica
;
riconosciamo
pure
l
'
esistenza
di
una
minoranza
di
persone
civili
,
che
oltre
a
non
essere
semianalfabete
non
sono
neppure
topi
nel
formaggio
e
non
si
preoccupano
esclusivamente
del
proprio
"
particolare
"
;
in
quella
minoranza
-
se
proprio
abbiamo
deciso
di
tirarci
su
il
morale
-
possiamo
includere
anche
noi
:
me
che
scrivo
,
voi
che
leggete
.
Dopo
aver
fatto
tutto
questo
,
resta
la
fondamentale
verità
della
risposta
:
sì
,
le
eccezioni
sono
eccezioni
,
le
oasi
non
impediscono
al
deserto
di
restare
deserto
,
anzi
ne
sono
la
conferma
.
Come
massa
,
siamo
un
popolo
di
semianalfabeti
;
e
ciò
ci
condiziona
tutti
,
in
un
modo
o
nell
'
altro
,
nell
'
indurci
in
tentazione
,
ossia
nel
dar
sfogo
al
nostro
egoismo
o
nell
'
attuare
una
qualche
forma
di
prevaricazione
sociale
;
ci
condiziona
anche
negli
sforzi
che
possiamo
fare
per
migliorare
la
situazione
,
sforzi
faticosissimi
e
in
gran
parte
,
almeno
a
prima
vista
,
inutili
,
o
nello
spingerci
verso
atteggiamenti
scettici
o
cinici
e
,
nel
fondo
,
quasi
disperati
.
Quella
percentuale
è
il
più
grave
atto
di
accusa
ai
gruppi
che
si
sono
succeduti
al
potere
nel
nostro
paese
,
alla
così
detta
classe
dirigente
,
in
ultima
analisi
a
noi
stessi
-
chi
legge
questo
scritto
può
esser
certo
di
appartenere
alla
frazione
più
elevata
del
30%
dei
privilegiati
(
i
laureati
non
raggiungono
neppure
il
4%
della
popolazione
attiva
)
.
Come
si
concilia
quella
tremenda
percentuale
con
l
'
esplosione
scolastica
,
di
cui
tutti
parlano
?
Si
concilia
per
diverse
ragioni
.
In
primo
luogo
,
l
'
esplosione
è
tale
,
o
appare
tale
,
per
la
radicale
insufficienza
delle
strutture
scolastiche
(
delle
strutture
molto
più
che
del
personale
)
.
In
secondo
luogo
,
la
mortalità
scolastica
è
molto
elevata
:
non
sono
pochi
i
ragazzi
che
frequentano
una
,
due
o
tre
classi
delle
scuole
medie
inferiori
senza
giungere
al
diploma
.
In
terzo
luogo
,
l
'
aumento
dei
diplomati
(
o
dei
diplomandi
)
,
certamente
più
rapido
che
nel
passato
,
incide
solo
lentamente
sullo
stock
:
l
'
Italia
imperiale
di
Mussolini
ci
aveva
lasciato
il
90%
di
semianalfabeti
.
Ora
siamo
al
70%
:
un
progresso
è
stato
fatto
;
ma
quanto
è
lunga
la
via
!
Il
quadro
è
spaventoso
se
visto
nei
suoi
termini
quantitativi
.
Forse
sarebbe
ancora
più
grave
se
si
potessero
esaminare
a
fondo
gli
aspetti
qualitativi
:
i
diplomi
e
le
lauree
di
quel
30%
di
quasi
-
monopolisti
,
quale
valore
hanno
?
Possiamo
tentare
di
ridurre
l
'
angoscia
pensando
alla
curva
di
Gauss
,
che
domina
in
tutti
i
fenomeni
sociali
:
una
parte
,
non
proprio
piccola
,
delle
scuole
funziona
,
una
parte
,
non
proprio
esigua
,
del
personale
insegnante
è
costituita
da
persone
capaci
e
preparate
.
Tuttavia
,
la
curva
di
Gauss
va
interpretata
considerando
l
'
altezza
della
moda
e
l
'
unità
di
misura
,
e
forse
è
un
bene
che
queste
due
quantità
restino
indeterminate
.
L
'
aumento
nel
numero
dei
diplomati
e
dei
laureati
è
troppo
lento
sotto
l
'
aspetto
dello
sviluppo
civile
,
ma
,
al
contrario
,
è
troppo
rapido
con
riferimento
allo
sviluppo
economico
,
poiché
l
'
espansione
della
domanda
del
lavoro
intellettuale
qualificato
risulta
inferiore
all
'
espansione
dell
'
offerta
:
il
risultato
è
un
aumento
della
disoccupazione
intellettuale
,
soprattutto
fra
i
giovani
.
Sia
chiaro
:
l
'
accento
posto
sulle
gravi
carenze
nel
campo
dell
'
istruzione
non
implica
che
queste
carenze
costituiscano
la
"
causa
"
dell
'
arretratezza
civile
,
oltre
che
economica
,
della
nostra
società
:
esse
ne
sono
piuttosto
un
importante
indicatore
.
(
D
'
altra
parte
,
come
Gino
Germani
mette
in
evidenza
nell
'
opera
citata
-
spec
.
a
p
.
131
-
coloro
che
acquistano
un
grado
di
istruzione
relativamente
alto
e
poi
non
riescono
ad
ottenere
le
posizioni
sociali
cui
aspirano
o
addirittura
restano
disoccupati
,
possono
diventare
causa
di
forti
tensioni
sociali
)
.
L
'
arretratezza
civile
risulta
da
tanti
e
tanti
elementi
,
che
possono
essere
efficacemente
riassunti
-
me
l
'
ha
fatto
osservare
lo
stesso
Germani
-
dal
concetto
di
"
estraneità
"
delle
masse
dalla
vita
politica
,
estraneità
quasi
totale
nel
secolo
scorso
,
ma
tuttora
ampia
,
essendo
la
partecipazione
delle
masse
alla
vita
politica
o
circoscritta
ovvero
saltuaria
ed
episodica
.
8
.
Contrasti
economici
e
contrasti
sociali
Si
sente
ripetere
spesso
che
oramai
l
'
Italia
è
diventata
un
paese
moderno
,
che
è
entrata
nel
novero
dei
dieci
paesi
più
industrializzati
del
mondo
.
Questo
è
vero
,
ma
è
solo
una
parte
della
verità
.
Per
una
distorsione
probabilmente
imputabile
alla
grande
influenza
del
pensiero
economico
sulla
cultura
sociale
e
politica
,
si
tende
a
stabilire
un
'
equivalenza
fra
grado
di
sviluppo
economico
e
grado
di
sviluppo
civile
.
t
triste
osservare
che
così
non
è
:
il
nostro
reddito
individuale
medio
oggi
è
solo
limitatamente
inferiore
a
quello
inglese
-
siamo
arrivati
al
70-75%
.
Ma
,
pur
senza
tener
conto
del
fatto
che
la
distribuzione
personale
e
regionale
del
reddito
nazionale
italiano
è
molto
più
diseguale
di
quanto
sia
in
Inghilterra
,
si
deve
dire
che
se
il
grado
di
sviluppo
civile
fosse
quantificabile
esso
sarebbe
molto
inferiore
a
quel
70%
.
Qualche
aspetto
quantitativo
della
nostra
arretratezza
economica
e
civile
,
ben
più
significativo
del
livello
relativo
del
reddito
individuale
,
può
essere
individuato
esaminando
con
attenzione
i
contrasti
economici
e
sociali
che
caratterizzano
il
nostro
paese
.
Certo
,
tutte
le
società
contengono
nel
proprio
seno
elementi
contrastanti
;
ma
nella
società
italiana
i
contrasti
raggiungono
un
'
intensità
molto
difficilmente
riscontrabile
in
altri
paesi
:
-
accanto
a
imprese
moderne
,
grandi
e
piccole
,
esiste
nell
'
industria
un
gran
numero
di
unità
produttive
arcaiche
e
inefficienti
,
la
cui
attività
si
fonda
sul
lavoro
a
domicilio
o
sui
sottosalari
o
su
opere
ottenute
in
sub
-
appalto
;
-
l
'
esodo
agrario
-
che
si
è
svolto
e
si
svolge
in
tutti
i
paesi
industrializzati
-
in
Italia
assume
caratteristiche
patologiche
,
poiché
le
terre
che
si
spopolano
non
sono
necessariamente
le
meno
fertili
e
le
meno
suscettibili
di
sviluppo
,
ma
quelle
in
cui
manca
Il
supporto
dello
sviluppo
di
attività
extra
-
agricole
;
moderne
;
-
le
attività
produttive
moderne
si
concentrano
in
certe
aree
del
Nord
,
in
contrasto
crescente
con
la
rarefazione
delle
attività
produttive
in
molte
aree
del
Sud
:
alla
congestione
di
quelle
aree
fanno
riscontro
i
vuoti
delle
zone
meridionali
;
-
la
percentuale
dei
disoccupati
è
fra
le
più
alte
dei
paesi
industrializzati
,
e
certamente
la
più
alta
è
la
percentuale
di
occupati
precari
,
in
gran
parte
concentrati
nelle
regioni
meridionali
;
corrispondentemente
,
il
sottoproletariato
urbano
e
quello
rurale
assumono
proporzioni
enormi
,
specialmente
nelle
città
e
nelle
aree
ad
agricoltura
povera
del
Mezzogiorno
;
viceversa
,
la
percentuale
della
popolazione
attiva
è
fra
le
più
basse
(
forse
la
più
bassa
dei
paesi
industrializzati
)
;
-
l
'
Italia
è
forse
l
'
unico
paese
che
riesce
ad
esportare
simultaneamente
lavoratori
e
capitali
-
un
fatto
apparentemente
assurdo
,
da
un
punto
di
vista
economico
;
-
allo
sviluppo
del
settore
privato
moderno
fa
riscontro
un
gravissimo
sottosviluppo
del
settore
pubblico
(
problema
della
burocrazia
e
questione
delle
riforme
)
.
A
questi
contrasti
economici
corrispondono
,
necessariamente
,
contrasti
nella
società
e
nella
composizione
delle
classi
sociali
:
-
la
percentuale
di
semianalfabeti
non
trova
riscontro
in
nessun
paese
civile
;
-
la
classe
borghese
,
che
pure
è
relativamente
la
più
omogenea
,
presenta
,
nel
suo
interno
,
differenziazioni
culturali
e
politiche
rilevanti
;
-
la
classe
operaia
,
se
si
eccettua
il
suo
nucleo
industriale
moderno
,
è
fortemente
differenziata
,
come
conseguenza
dello
sviluppo
fortemente
differenziato
in
senso
geografico
e
settoriale
(
nel
Mezzogiorno
la
classe
operaia
in
senso
proprio
è
molto
limitata
:
i
legami
fra
i
diversi
gruppi
di
salariati
e
di
contadini
poveri
sono
deboli
)
;
-
la
piccola
borghesia
è
ancor
più
fortemente
differenziata
,
sia
in
senso
economico
che
in
senso
sociale
e
politico
;
considerata
l
'
instabilità
di
questa
quasi
classe
e
considerata
la
sua
estensione
numerica
,
è
qui
che
occorre
concentrare
l
'
analisi
critica
per
porre
in
termini
appropriati
i
problemi
politici
del
nostro
paese
.
9
.
Il
grande
tiro
alla
fune
Oramai
è
chiaro
che
l
'
enorme
espansione
della
piccola
borghesia
-
un
'
espansione
che
nel
nostro
paese
è
stata
patologicamente
rapida
-
ha
modificato
in
profondità
i
termini
dei
conflitti
sociali
e
delle
lotte
di
classe
.
In
ultima
analisi
nel
nostro
tempo
la
lotta
politica
consiste
essenzialmente
in
un
grande
tiro
alla
fune
(
ammesso
che
la
fune
non
si
spezzi
,
a
destra
o
a
sinistra
)
:
da
un
lato
i
partiti
di
destra
,
che
esprimono
soprattutto
gli
interessi
della
grande
e
media
borghesia
,
e
,
dall
'
altro
,
i
partiti
di
sinistra
,
che
in
qualche
modo
esprimono
gl
'
interessi
della
molto
più
differenziata
classe
operaia
,
si
sforzano
di
trascinare
dalla
propria
parte
la
massima
fetta
possibile
della
piccola
borghesia
,
una
quasi
classe
socialmente
eterogenea
e
politicamente
instabile
.
In
questo
tiro
alla
fune
,
come
abbiamo
visto
,
i
partiti
delle
due
ali
pagano
certi
prezzi
,
facendo
concessioni
che
possono
andare
e
spesso
vanno
a
detrimento
degli
interessi
immediati
e
diretti
delle
classi
o
sottoclassi
di
cui
sono
l
'
espressione
politica
.
Per
la
sinistra
il
problema
è
reso
più
grave
dal
fatto
che
gli
apparati
dei
partiti
sono
amministrati
in
prevalenza
a
da
piccoli
borghesi
.
Questo
è
un
fatto
in
buona
parte
-
sebbene
non
completamente
-
inevitabile
e
fisiologico
nelle
presenti
condizioni
storiche
del
nostro
paese
;
ma
di
ciò
i
dirigenti
della
sinistra
debbono
essere
ben
consapevoli
se
vogliono
ridurre
i
condizionamenti
che
da
questo
fatto
derivano
.
Spesso
,
nella
preoccupazione
di
consolidare
e
perfino
di
allargare
l
'
alleanza
fra
la
fetta
della
classe
operaia
su
cui
si
appoggiano
ed
una
fetta
della
piccola
borghesia
,
i
partiti
di
sinistra
hanno
fatto
concessioni
eccessive
e
tutto
sommato
inutili
ai
gruppi
più
retrivi
di
questa
quasi
classe
(
tipica
è
la
vicenda
della
così
detta
riforma
del
commercio
al
minuto
,
tipiche
le
condiscendenze
e
le
concessioni
a
diverse
rivendicazioni
"
corporative
"
di
certi
gruppi
di
impiegati
statali
e
parastatali
)
;
concessioni
inutili
ed
anzi
dannose
,
perché
si
tratta
di
gruppi
politicamente
irrecuperabili
per
la
sinistra
,
o
recuperabili
a
costi
tali
da
snaturarne
profondamente
la
strategia
.
È
augurabile
che
i
partiti
di
sinistra
intraprendano
una
riforma
dei
loro
apparati
e
rivedano
la
loro
strategia
e
la
loro
politica
di
alleanze
al
fine
di
ricomporre
la
loro
base
,
cercando
di
allargare
l
'
appoggio
non
solo
della
classe
operaia
ma
anche
dei
gruppi
più
robusti
e
relativamente
più
omogenei
della
piccola
borghesia
e
rinunciando
con
decisione
a
ricercare
l
'
appoggio
dei
gruppi
più
retrivi
,
che
,
sfortunatamente
,
sono
ampi
.
Preliminare
,
ad
una
tale
riforma
e
ad
una
tale
revisione
,
è
un
'
approfondita
analisi
critica
delle
classi
e
dei
gruppi
sociali
e
delle
loro
tendenze
.
Nelle
odierne
società
capitalistiche
,
caduta
la
previsione
del
Manifesto
circa
la
progressiva
scomparsa
delle
classi
medie
,
non
è
più
sostenibile
la
tesi
del
bipolarismo
classista
,
sia
pure
solo
tendenziale
,
un
bipolarismo
che
solo
pochi
studiosi
marxisti
cercano
di
motivare
o
giustificare
in
qualche
modo
sul
piano
analitico
e
che
molti
invece
,
specialmente
fra
i
giovani
e
fra
i
leaders
politici
e
sindacali
di
sinistra
,
intendono
in
modo
rozzo
e
primitivo
,
nonostante
i
frequenti
e
generici
richiami
ai
ceti
medi
.
Negli
ultimi
decenni
tutte
le
società
capitalistiche
hanno
subito
grandi
mutamenti
strutturali
;
ma
la
sinistra
ha
continuato
a
vivere
di
rendita
sul
patrimonio
intellettuale
trasmesso
dai
grandi
pensatori
del
passato
,
tradendo
,
in
definitiva
,
il
fondamentale
messaggio
critico
del
più
grande
dei
pensatori
di
sinistra
.
È
vitale
,
oramai
,
un
approfondito
riesame
critico
,
condotto
con
mente
aperta
,
della
società
in
cui
viviamo
.
Note
al
testo
1
.
La
nazionalizzazione
e
le
retribuzioni
nell
'
industria
elettrica
(
nota
a
p
.
18
)
Fino
a
quando
l
'
industria
elettrica
era
divisa
in
diversi
compartimenti
privati
,
pubblici
e
municipalizzati
,
i
salari
e
gli
stipendi
erano
notevolmente
differenziati
,
ma
i
salari
medi
non
erano
molto
diversi
da
quelli
delle
altre
industrie
.
Con
la
nazionalizzazione
e
quindi
con
l
'
unificazione
dell
'
intera
industria
,
dovevano
necessariamente
essere
unificati
anche
salari
e
stipendi
;
e
ciò
non
poteva
esser
fatto
che
ai
livelli
più
alti
-
livelli
che
erano
,
in
alcuni
casi
,
molto
alti
,
poiché
certe
aziende
,
particolarmente
quelle
municipalizzate
,
avevano
trasformato
in
aumenti
di
salari
e
di
stipendi
parte
dei
loro
profitti
monopolistici
,
che
non
potevano
investire
in
altri
campi
.
Di
qui
il
molto
rapido
aumento
del
costo
del
lavoro
e
la
caduta
dei
margini
netti
,
dopo
la
nazionalizzazione
;
di
qui
la
comparsa
,
per
le
retribuzioni
,
di
un
'
area
di
privilegio
,
che
tuttora
permane
.
2
.
Le
rendite
edilizie
(
nota
a
p
.
18
)
Le
rendite
edilizie
e
i
connessi
guadagni
speculativi
sono
generati
o
accresciuti
dal
rapido
inurbamento
di
masse
cospicue
di
persone
,
che
è
il
fenomeno
complementare
dell
'
esodo
agrario
.
In
via
di
larga
massima
,
ho
stimato
che
in
Italia
negli
ultimi
anni
le
rendite
provenienti
dalle
aree
edificate
(
valutate
come
frazione
dei
fitti
effettivamente
pagati
)
ascendono
,
ogni
anno
e
in
media
,
all'1-1,5%
del
reddito
nazionale
e
che
le
aree
annualmente
vendute
per
l
'
edificazione
di
nuovi
fabbricati
raggiungono
,
in
valore
,
il
4-5%
del
reddito
nazionale
(2.000-2.500
miliardi
di
lire
)
.
3
.
Sulla
possibile
graduale
sostituzione
della
divisione
orizzontale
del
lavoro
con
una
certa
rotazione
verticale
(
nota
a
p
.
23
)
L
'
idea
è
che
,
nei
paesi
più
avanzati
,
sia
per
l
'
aumento
del
reddito
individuale
medio
degli
strati
più
bassi
della
popolazione
,
sia
per
la
diffusione
dell
'
istruzione
,
diventa
sempre
più
difficile
trovare
persone
disposte
a
compiere
lavori
umili
e
non
gratificanti
,
come
quello
degli
edili
,
degli
imbianchini
,
degli
scaricatori
,
dei
manovali
.
Questi
paesi
,
per
sopperire
a
queste
esigenze
,
sono
indotti
a
importare
da
altri
paesi
mano
d
'
opera
non
qualificata
-
gli
"
schiavi
moderni
"
.
(
Si
calcola
,
per
esempio
,
che
nei
paesi
europei
più
avanzati
,
come
la
Germania
,
l
'
Inghilterra
,
la
Francia
,
la
Svizzera
e
il
Belgio
,
vivono
e
lavorano
,
quasi
tutti
svolgendo
mestieri
umili
e
rifiutati
dai
lavoratori
nati
in
quei
paesi
,
non
meno
di
6
milioni
di
persone
,
di
cui
circa
la
metà
provenienti
dai
paesi
o
dalle
regioni
più
arretrate
dell
'
Europa
-
Grecia
,
Spagna
,
Turchia
,
Italia
meridionale
-
e
l
'
altra
metà
da
paesi
extra
-
europei
,
specialmente
africani
)
.
Inoltre
,
un
tale
stato
di
cose
spinge
un
numero
crescente
di
industriali
dei
paesi
avanzati
a
trasferire
all
'
estero
certi
impianti
e
certi
processi
produttivi
che
richiedono
lavoratori
non
qualificati
(
l
'
incentivo
ad
un
tale
trasferimento
è
anche
maggiore
se
quegli
impianti
e
quei
processi
provocano
inquinamento
dell
'
aria
e
dell
'
acqua
)
.
Per
l
'
Italia
,
dolorosamente
,
il
problema
non
è
urgente
,
poiché
le
regioni
meridionali
del
nostro
paese
sono
tuttora
larghe
esportatrici
di
"
schiavi
moderni
"
.
Cfr
.
A
.
Visalberghi
,
Educazione
e
divisione
del
lavoro
.
Prospettive
della
formazione
tecnica
e
professionale
nelle
società
tecnologicamente
avanzate
,
La
Nuova
Italia
,
Firenze
1973;
M
.
Salvati
e
B
.
Beccalli
,
Divisione
del
lavoro
.
Capitalismo
,
socialismo
,
utopia
,
"
Quaderni
piacentini
"
,
1970
,
n
.
40
,
e
S
.
Marglin
,
Origine
et
fonctions
de
la
parcellization
des
tàches
,
nel
volume
Critique
de
la
division
du
travail
,
a
cura
di
A
.
Gorz
,
Editions
du
Seuil
,
Paris
1973
.
4
.
Intorno
alla
suddivisione
delle
classi
sociali
(
nota
a
p
.
25
)
Nella
stesura
originaria
avevo
suddiviso
in
modo
diverso
la
piccola
borghesia
:
oltre
alle
categorie
particolari
,
avevo
distinto
fra
piccola
borghesia
legata
e
quella
non
legata
direttamente
al
processo
produttivo
ed
avevo
incluso
,
nella
prima
,
i
coltivatori
diretti
e
gli
artigiani
e
,
nella
seconda
,
gl
'
impiegati
e
i
commercianti
.
Michele
Salvati
mi
ha
persuaso
a
modificare
la
classificazione
,
distinguendo
fra
piccola
borghesia
impiegatizia
(
lavoratori
dipendenti
stipendiati
)
e
piccola
borghesia
relativamente
autonoma
(
coltivatori
diretti
,
artigiani
e
commercianti
)
,
una
distinzione
che
si
concilia
meglio
con
i
criteri
ricavati
dall
'
analisi
della
distribuzione
del
reddito
,
la
quale
serve
di
base
all
'
intera
classificazione
.
5
.
"
Uomini
di
grande
onestà
civile
"
(
nota
a
p
.
54
)
Per
evitare
possibili
malintesi
o
equivoci
su
espressioni
di
questo
tipo
(
"
strati
civilmente
robusti
"
,
«
uomini
di
grande
onestà
civile
"
ed
altre
che
userò
in
seguito
)
,
espressioni
che
potrebbero
indurre
a
ritenere
che
l
'
autore
è
affetto
da
"
moralismo
"
,
o
che
propende
verso
una
ingenua
concezione
"
idealistica
"
della
vita
sociale
,
in
contrasto
con
una
(
non
meno
ingenua
)
visione
"
marxista
"
o
"
materialistica
"
,
debbo
dire
che
uso
queste
espressioni
nel
senso
in
cui
credo
le
usasse
lo
stesso
Carlo
Marx
,
quando
,
per
esempio
,
definisce
"
uomini
competenti
,
imparziali
e
privi
di
rispetti
umani
"
"
i
relatori
inglesi
sulla
salute
pubblica
[
cominciando
dal
loro
capo
,
Leohnard
Horner
]
,
i
commissari
inglesi
per
le
inchieste
sullo
sfruttamento
delle
donne
e
dei
fanciulli
,
sulle
condizioni
delle
abitazioni
e
della
nutrizione
"
.
Osservo
che
molte
delle
vigorose
denunce
fatte
da
Marx
sulle
condizioni
di
vita
della
classe
operaia
inglese
dei
suoi
tempi
si
fondano
proprio
sulle
relazioni
ufficiali
di
quegli
uomini
;
e
quelle
denunce
e
quelle
relazioni
,
quindi
,
non
hanno
avuto
un
valore
moralistico
,
ma
analitico
e
politico
.
Osservo
ancora
che
quello
che
negli
stessi
termini
ingenui
cui
alludevo
dianzi
potrebbe
essere
definito
il
"
moralismo
"
o
l
'
"
idealismo
"
di
Marx
-
un
idealismo
che
include
il
pieno
riconoscimento
di
una
circoscritta
ma
importante
libertà
di
scelta
e
quindi
di
una
precisa
responsabilità
dei
singoli
individui
-
è
sistematicamente
ignorato
o
misconosciuto
da
diversi
studiosi
di
Marx
,
soprattutto
(
paradossalmente
)
fra
i
giovani
,
molti
dei
quali
si
professano
marxisti
non
per
l
'
acquisita
coscienza
di
appartenere
ad
una
determinata
classe
,
ma
,
se
è
lecito
esprimersi
così
,
per
"
idealismo
"
.
Mi
auguro
dunque
di
non
essere
frainteso
se
affermo
che
la
posizione
di
classe
di
ciascuno
entro
certi
limiti
dipende
non
dal
foro
esterno
ma
da
quello
interno
:
entro
certi
limiti
,
appunto
,
è
oggetto
di
scelta
,
anche
se
i
condizionamenti
obiettivi
che
derivano
dalla
classe
di
origine
ben
difficilmente
possono
essere
del
tutto
eliminati
.
6
.
Espansione
della
burocrazia
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
76
)
Come
appare
dalla
tabella
1.1
,
nel
periodo
fascista
la
burocrazia
aumentò
rapidamente
.
Se
si
considera
che
specialmente
durante
gli
anni
Trenta
molti
impiegati
furono
assunti
per
meriti
politici
e
non
per
la
loro
capacità
o
qualificazione
,
che
allora
non
erano
possibili
né
le
critiche
della
stampa
né
quelle
di
un
'
opposizione
parlamentare
e
che
certe
abitudini
di
irresponsabilità
istituzionalizzata
cominciarono
a
mettere
le
radici
in
quel
periodo
,
ci
si
rende
conto
che
l
'
idropisia
e
l
'
inefficienza
della
pubblica
amministrazione
che
oggi
ci
affiggono
costituiscono
in
misura
non
piccola
un
'
eredità
del
passato
regime
.
7
.
Salari
e
stipendi
nel
periodo
fascista
(
nota
a
p
.
77
)
Secondo
mie
stime
di
larga
massima
,
durante
il
periodo
fascista
,
esclusi
gli
anni
di
guerra
,
la
massa
dei
salari
reali
è
diminuita
di
una
percentuale
che
va
dal
10
al
15%
,
per
l
'
effetto
combinato
di
una
flessione
del
15-20%
dei
salari
reali
individuali
e
di
un
modesto
aumento
nel
numero
dei
salariati
,
mentre
la
massa
degli
stipendi
reali
degli
impiegati
pubblici
e
privati
è
cresciuta
di
circa
il
doppio
,
per
effetto
di
un
sia
pure
modesto
aumento
degli
stipendi
reali
individuali
e
del
raddoppio
nel
numero
degli
impiegati
(
v
.
le
tabelle
1.1
e
5.3
)
.
8
.
Piccola
borghesia
e
fascismo
(
nota
a
p
.
78
)
Come
ho
già
osservato
e
come
più
ampiamente
argomenterò
fra
breve
,
non
è
fatale
che
la
piccola
borghesia
vada
verso
il
fascismo
,
anche
se
non
necessariamente
va
verso
movimenti
di
carattere
rivoluzionario
.
Con
riferimento
alla
situazione
della
piccola
borghesia
nel
periodo
che
precede
il
fascismo
e
poi
alla
confluenza
,
nel
fascismo
,
di
gruppi
nazionalisti
da
un
lato
e
di
socialisti
di
sinistra
e
sindacalisti
dall
'
altro
,
tutti
di
provenienza
piccolo
-
borghese
,
Renzo
Del
Carria
scrive
:
"
Occorre
...
abbandonare
la
visione
di
un
ceto
medio
che
"
fatalmente
"
sia
prima
pre
-
fascista
e
poi
fascista
,
così
come
lo
ha
voluto
sia
la
storiografia
fascista
sia
quella
antifascista
in
una
analoga
visione
.
Occorre
vedere
invece
la
piccola
e
media
borghesia
italiana
nella
sua
impossibilità
d
'
inserirsi
economicamente
,
socialmente
,
politicamente
e
culturalmente
nell
'
Italia
giolittiana
per
le
strozzature
tipiche
del
sistema
economico
-
sociale
di
allora
,
oscillanti
,
nell
'
anelito
di
conquistare
la
propria
libertà
e
di
inserirsi
in
una
società
che
la
respingeva
,
tra
una
vocazione
reazionaria
ed
una
volontà
rivoluzionaria
di
rompere
l
'
ordine
esistente
"
(
Proletari
senza
rivoluzione
.
Storia
delle
classi
subalterne
italiane
dal
1860
al
1950
,
Edizioni
Oriente
,
Milano
1971
,
vol.
I
,
pp.
352-3
)
.
Del
Carria
passa
poi
ad
esaminare
le
ragioni
che
possono
spiegare
il
prevalere
della
vocazione
reazionaria
nella
piccola
borghesia
dopo
la
prima
guerra
mondiale
.
L
'
opera
di
Del
Carria
mi
è
stata
segnalata
dopo
che
avevo
già
scritto
e
poi
rielaborato
questo
saggio
;
sebbene
l
'
angolo
visuale
ideologico
sia
diverso
,
debbo
dire
che
concordo
con
la
massima
parte
dei
giudizi
che
Del
Carria
esprime
sui
ceti
medi
e
,
in
particolare
,
sulla
piccola
borghesia
(
v
.
particolarmente
le
pp.
347-54
del
primo
volume
)
.
9
.
Riforma
scolastica
(
nota
a
p
.
84
)
Anche
le
riforme
dei
contenuti
dei
programmi
scolastici
sono
state
oggetto
di
accese
discussioni
e
di
spinte
profondamente
contraddittorie
,
in
vista
di
diversi
obiettivi
relativi
alla
formazione
degli
studenti
(
cultura
per
la
cultura
,
istruzione
per
l
'
inserimento
nell
'
attività
produttiva
e
professionale
,
spazio
da
destinare
alla
cultura
critica
riguardante
la
società
)
;
anche
queste
spinte
contraddittorie
vanno
viste
non
come
il
risultato
di
diverse
idee
astratte
,
ma
,
principalmente
,
come
il
risultato
della
indeterminatezza
e
della
polivalenza
culturale
caratteristiche
della
piccola
(
e
,
in
parte
,
della
grande
)
borghesia
nell
'
attuale
fase
dello
sviluppo
economico
-
sociale
.
10
.
Potere
,
controlli
e
responsabilità
della
burocrazia
(
nota
a
p
.
85
)
Osserva
Gunnar
Myrdal
,
a
proposito
dell
'
inefficienza
del
sistema
amministrativo
indiano
e
delle
difficoltà
nel
migliorarlo
,
che
"
in
una
situazione
di
diffusa
corruzione
il
funzionario
ha
interesse
a
mantenere
macchinose
le
procedure
burocratiche
:
se
è
disonesto
,
siffatte
procedure
possono
accrescere
le
occasioni
di
intascare
"
bustarelle
"
,
se
è
onesto
,
possono
proteggerlo
dai
sospetti
"
.
Infatti
,
nota
ancora
Myrdal
,
la
propensione
della
burocrazia
a
rendere
minime
le
responsabilità
moltiplicando
i
controlli
è
tanto
maggiore
quanto
più
diffusi
sono
i
sospetti
di
corruzione
sulla
pubblica
amministrazione
;
e
sebbene
questi
sospetti
da
noi
siano
probabilmente
più
diffusi
di
quanto
sia
giustificato
,
è
doloroso
ma
doveroso
riconoscere
che
un
tale
fattore
esiste
anche
nel
nostro
paese
,
ha
un
non
trascurabile
fondamento
e
contribuisce
alla
grave
lentezza
della
burocrazia
.
Conviene
riportare
alcune
osservazioni
di
un
autore
indiano
(
Chhatrapati
)
,
citate
da
Myrdal
:
"
Per
evitare
responsabilità
dirette
in
qualsiasi
decisione
di
rilievo
,
la
burocrazia
si
sforza
di
associare
a
tali
decisioni
il
maggior
numero
possibile
di
uffici
e
di
funzionari
.
Le
consultazioni
debbono
lasciare
una
traccia
scritta
.
Perciò
,
un
fascicolo
deve
essere
trasferito
-
cosa
che
,
da
sola
,
richiede
un
certo
tempo
-
da
un
tavolino
all
'
altro
e
da
un
ministero
all
'
altro
,
per
le
osservazioni
;
e
passano
mesi
e
mesi
prima
che
la
decisione
giunga
alla
conclusione
.
Perfino
quando
i
fatti
rendono
ovvia
la
decisione
e
non
implicano
nessun
allontanamento
dalla
consuetudine
,
siffatte
consultazioni
sono
considerate
necessarie
per
"
sicurezza
"
"
(
G
.
Myrdal
,
Asian
Drama
.
An
Inquiry
into
the
Poverty
of
Nations
,
Penguin
Books
,
Harmondsworth
,
Middlesex
,
England
,
1968
,
vol.
II
,
pp.
954-5
)
.
11
.
La
strategia
della
grande
borghesia
industriale
(
nota
a
p
.
86
)
È
essenziale
tenere
ben
presente
che
,
in
Italia
,
nel
settore
industriale
sono
rimaste
oramai
pochissime
grandi
imprese
private
:
come
conseguenza
di
una
lunga
evoluzione
,
che
fa
capo
al
processo
di
concentrazione
e
che
è
contrassegnata
da
crisi
di
vario
genere
,
le
grandi
imprese
industriali
sono
divenute
in
gran
parte
statali
o
sono
cadute
sotto
il
controllo
dello
Stato
e
l
'
area
privata
si
è
ristretta
alle
medie
e
piccole
imprese
.
Fra
le
pochissime
eccezioni
è
la
Fiat
,
controllata
dalla
famiglia
Agnelli
,
che
,
anche
nel
seno
della
Confederazione
generale
dell
'
industria
,
sta
elaborando
una
complessa
strategia
,
i
cui
principali
obiettivi
sembrano
essere
i
seguenti
:
1
)
assicurarsi
l
'
egemonia
sul
settore
industriale
privato
,
ossia
sul
settore
delle
medie
e
piccole
imprese
,
un
buon
numero
delle
quali
,
in
Piemonte
e
fuori
del
Piemonte
,
lavora
per
conto
della
Fiat
;
2
)
rafforzare
il
settore
industriale
privato
e
,
corrispondentemente
,
contenere
l
'
espansione
delle
imprese
controllate
dallo
Stato
,
le
quali
,
grazie
ai
fondi
di
dotazione
e
alla
maggiore
facilità
di
ottenere
crediti
,
possono
fare
una
concorrenza
che
spesso
disturba
non
solo
le
imprese
private
italiane
ma
anche
quelle
straniere
(
e
la
Fiat
ha
importanti
interessi
internazionali
)
;
3
)
conquistare
un
'
influenza
crescente
sulla
cultura
italiana
moderna
,
con
vari
mezzi
,
fra
cui
è
il
controllo
di
una
fetta
crescente
dell
'
industria
editoriale
;
4
)
assicurarsi
alleanze
con
alcuni
settori
moderni
del
proletariato
industriale
e
della
piccola
borghesia
attraverso
un
attacco
alle
"
rendite
"
(
presumibilmente
,
nel
settore
commerciale
e
nel
settore
urbanistico
)
ed
una
spinta
ad
ammodernare
alcuni
settori
della
pubblica
amministrazione
(
a
cominciare
dal
settore
previdenziale
)
,
anche
a
costo
di
provocare
l
'
ostilità
di
certi
gruppi
sociali
e
di
subire
un
"
lucro
cessante
"
,
considerato
l
'
intreccio
fra
gli
interessi
industriali
della
Fiat
con
gli
interessi
immobiliari
,
finanziari
e
commerciali
.
Ritengo
che
questa
strategia
,
anche
se
ha
limiti
abbastanza
ristretti
per
le
ragioni
brevemente
richiamate
nel
testo
,
deve
essere
considerata
dalle
forze
di
sinistra
con
molta
attenzione
.
Saggistica ,
Ridentem
dicere
verum
quid
vetat
?
ORAZIO
Ma
che
c
'
entra
l
'
assurdo
Chi
scrive
queste
pagine
è
un
fisico
,
che
nell
'
esercizio
della
sua
ricerca
è
stato
abituato
da
sempre
a
perseguire
il
rigore
logico
,
l
'
esattezza
matematica
,
la
massima
razionalità
.
Ci
si
aspetterebbe
che
di
conseguenza
egli
rifuggisse
da
ogni
discorso
vago
,
basato
su
semplici
analogie
o
sull
'
abuso
della
metafora
;
e
che
massimamente
si
tenesse
lontano
dal
vaneggiamento
onirico
.
Ma
bisogna
fare
attenzione
a
non
concludere
troppo
sbrigativamente
su
questi
argomenti
.
Il
nostro
cervello
è
come
un
formidabile
calcolatore
che
,
nel
corso
dei
millenni
(
anzi
,
dei
milioni
di
anni
)
,
si
è
evoluto
e
adattato
nel
modo
più
propizio
per
farci
sopravvivere
in
un
certo
ambiente
.
Si
tratta
precisamente
della
superficie
della
Terra
,
quale
a
noi
si
è
offerta
circa
quattro
miliardi
e
mezzo
di
anni
dopo
la
nascita
del
pianeta
(
e
di
tutto
il
sistema
solare
)
.
A
prima
vista
si
potrebbe
pensare
che
le
condizioni
dell
'
ambiente
non
dovessero
in
alcun
modo
avere
a
che
fare
col
corretto
funzionamento
del
cervello
.
Un
ragionamento
,
se
è
giusto
,
dovrebbe
essere
giusto
sulla
Terra
,
come
su
Marte
,
come
su
Andromeda
.
Ma
in
realtà
non
è
esattamente
così
:
infatti
prima
di
stabilire
se
l
'
argomentazione
è
corretta
o
no
,
si
tratta
di
sapere
se
i
termini
in
cui
essa
è
formulata
hanno
senso
.
Vediamo
di
spiegarci
meglio
.
La
Terra
non
è
un
oggetto
di
tipo
molto
comune
nell
'
Universo
.
La
sua
temperatura
assoluta
alla
superficie
è
molto
bassa
e
varia
in
un
intervallo
piccolissimo
,
che
va
all
'
incirca
da
220
a
330
°
K
(
gradi
Kelvin
)
.
Per
capire
che
cosa
questo
significa
,
si
pensi
che
nell
'
Universo
si
trovano
temperature
che
vanno
dai
2,7
°
K
della
radiazione
elettromagnetica
di
fondo
(
quella
che
riempie
tutto
lo
spazio
cosiddetto
"
vuoto
"
)
alle
centinaia
di
milioni
di
°
K
dell
'
interno
delle
stelle
.
Una
conseguenza
decisiva
di
questo
stato
di
cose
è
che
nel
nostro
ambiente
terrestre
l
'
energia
media
dell
'
agitazione
termica
delle
molecole
è
spesso
minore
della
forza
di
coesione
intermolecolare
;
è
per
questo
che
una
gran
parte
delle
molecole
hanno
tendenza
a
riunirsi
in
corpi
solidi
o
quasi
solidi
.
Il
nostro
stesso
corpo
è
di
tale
tipo
ed
è
formato
da
parecchi
miliardi
di
miliardi
di
molecole
.
È
per
tale
circostanza
che
nella
vita
quotidiana
noi
abbiamo
a
che
fare
più
che
altro
con
sistemi
solidi
e
macroscopici
,
o
,
come
suol
dirsi
,
a
misura
d
'
uomo
.
I
solidi
hanno
per
loro
natura
la
tendenza
a
mantenersi
a
lungo
aggregati
in
forma
stabile
e
distinti
dal
mondo
circostante
;
tanto
che
nella
didattica
scientifica
di
altri
tempi
si
insisteva
addirittura
sulla
cosiddetta
impenetrabilità
dei
corpi
.
In
una
parola
,
a
noi
sembra
che
essi
abbiano
e
conservino
ciascuno
una
propria
identità
separata
.
Questo
comportamento
ci
ha
suggerito
di
attribuire
a
ognuno
degli
oggetti
un
nome
,
come
pure
di
contarli
e
di
distribuirli
quali
elementi
distinti
nei
loro
diversi
insiemi
.
Non
c
'
è
dunque
da
meravigliarsi
se
,
allo
scopo
di
sopravvivere
al
meglio
nel
nostro
ambiente
,
abbiamo
sviluppato
per
selezione
naturale
una
logica
classica
,
che
opera
con
individui
e
insiemi
di
individui
.
Su
di
essa
abbiamo
fondato
la
nostra
razionalità
e
,
dati
gli
ottimi
risultati
ottenuti
con
quella
logica
nell
'
orientarsi
e
nell
'
agire
in
un
mondo
di
oggetti
macroscopici
,
abbiamo
concluso
che
è
molto
bene
evitare
di
discostarsene
.
Ma
insistiamo
ancora
sull
'
importanza
dell
'
ambiente
,
facendo
un
'
ipotesi
...
assurda
.
Supponiamo
che
gli
umani
fossero
nati
e
si
fossero
sviluppati
sul
Sole
.
In
tale
ambiente
non
esistono
corpi
solidi
:
e
anche
se
vi
venissero
portati
,
si
volatilizzerebbero
immediatamente
.
In
nessun
modo
avremmo
potuto
farci
un
'
idea
dei
corpi
solidi
e
della
loro
individualità
.
In
ogni
caso
,
una
tale
idea
sarebbe
stata
assolutamente
inutile
per
sbrigarcela
sul
Sole
!
Naturalmente
si
obietterà
che
anche
sul
Sole
esistono
gli
oggetti
della
microfisica
,
vale
a
dire
i
singoli
atomi
e
molecole
,
nonché
i
corpuscoli
subatomici
,
come
protoni
ed
elettroni
.
E
supponiamo
pure
che
i
nostri
ipotetici
uomini
solari
,
fin
dall
'
epoca
dell
'
apparizione
della
loro
specie
sulla
superficie
dell
'
astro
,
fossero
stati
in
grado
di
scoprire
e
di
osservare
i
suddetti
oggetti
.
Ne
sarebbe
derivata
-
per
noi
esseri
umani
terrestri
e
attuali
-
una
conseguenza
assolutamente
sconcertante
.
Infatti
gli
oggetti
della
microfisica
,
stando
alla
nostra
logica
,
si
comportano
in
modo
proprio
assurdo
.
Ci
ritorneremo
a
suo
tempo
.
Ma
già
da
ora
ricordiamo
che
quando
si
muovono
,
non
hanno
una
traiettoria
;
quando
non
sono
osservati
,
non
ha
senso
dire
dove
si
trovano
;
il
luogo
in
cui
verranno
osservati
si
può
prevedere
solo
in
modo
probabilistico
;
appena
vengono
osservati
cambia
la
loro
distribuzione
di
probabilità
riguardo
alle
osservazioni
future
;
a
volte
appaiono
come
corpuscoli
,
a
volte
come
onde
,
a
seconda
dell
'
esperienza
che
eseguiamo
;
due
corpuscoli
della
stessa
specie
sono
indistinguibili
e
appena
ne
chiamiamo
uno
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
possiamo
più
determinare
in
nessun
modo
quale
è
Paolo
e
quale
è
Pietro
;
e
altre
stranezze
che
qui
non
stiamo
a
elencare
.
La
nostra
logica
classica
è
ancora
adeguata
per
trattare
enti
così
singolari
?
La
risposta
a
questa
domanda
non
è
chiaramente
univoca
.
Si
può
,
come
si
è
fatto
fin
dai
primi
decenni
di
questo
secolo
,
continuare
ad
applicare
la
logica
classica
,
accettando
di
buon
grado
che
il
comportamento
dei
microggetti
sia
diverso
da
quello
dei
macroggetti
con
i
quali
abbiamo
a
che
fare
di
solito
;
e
che
la
loro
individualità
,
come
pure
la
loro
identità
,
o
non
abbiano
senso
o
abbiano
un
significato
diverso
da
quello
che
noi
concepiamo
.
Oppure
si
possono
prendere
misure
più
drastiche
,
ideando
addirittura
nuove
logiche
,
in
un
certo
senso
sorprendenti
,
perché
più
tolleranti
della
logica
classica
:
come
le
logiche
a
più
valori
,
le
logiche
sfumate
(
fuzzy
)
,
la
logica
quantistica
e
altre
diavolerie
che
sono
tuttora
in
corso
di
rapida
elaborazione
.
Non
di
rado
in
esse
si
fa
a
meno
perfino
del
principio
di
contraddizione
e
non
si
paventa
la
minaccia
di
Duns
Scoto
:
"
ex
absurdo
sequitur
quodlibet
"
.
Non
di
questi
sviluppi
tecnici
ci
vogliamo
qui
occupare
.
Ci
basterà
osservare
che
oggi
i
concetti
di
logico
e
di
assurdo
hanno
una
validità
molto
meno
assoluta
di
una
volta
.
Ma
,
qualunque
sia
la
logica
che
vogliamo
adottare
,
è
lecito
domandarsi
:
il
nostro
pensiero
nasce
logico
?
Probabilmente
tutti
si
saranno
accorti
che
non
è
così
.
L
'
ideazione
,
frutto
di
quella
che
a
volte
chiamiamo
fantasia
,
è
sempre
anteriore
a
qualsiasi
sistemazione
logica
.
Si
ha
quasi
l
'
impressione
che
nella
nostra
mente
-
forse
nell
'
inconscio
-
esista
una
ricchissima
"
sorgente
"
d
'
immagini
,
di
suggestioni
e
di
collegamenti
,
che
obbedisce
a
una
sorta
di
logica
a
noi
assolutamente
ignota
,
o
che
addirittura
non
è
soggetta
ad
alcuna
logica
.
Soltanto
in
un
secondo
tempo
noi
passiamo
al
setaccio
quelle
immagini
,
prima
trasformandole
in
concetti
logici
,
poi
mettendole
a
confronto
con
tutto
ciò
che
già
sappiamo
-
o
crediamo
di
sapere
-
del
mondo
,
infine
scartando
più
o
meno
inconsciamente
tutto
quello
che
non
ci
sembra
aver
senso
.
Di
solito
l
'
uomo
colto
e
civilizzato
esegue
l
'
intera
operazione
con
grande
celerità
.
Infatti
-
come
abbiamo
già
notato
-
si
tratta
di
usare
uno
strumento
che
nel
nostro
ambiente
agisce
con
notevole
efficacia
e
ci
conferisce
un
deciso
vantaggio
nella
lotta
per
la
sopravvivenza
.
Ma
chi
lo
usa
è
quasi
sempre
convinto
che
in
quel
modo
si
avvicina
meglio
alla
"
realtà
"
.
Forse
più
lenti
nel
compiere
l
'
operazione
di
vaglio
sono
gli
uomini
cosiddetti
primitivi
,
il
visionario
,
il
sognatore
.
Tuttavia
si
badi
bene
che
il
poeta
(
quello
vero
)
di
proposito
non
sottopone
troppo
severamente
le
sue
immagini
alla
sistemazione
logica
,
ben
sapendo
che
,
se
lo
facesse
,
le
distruggerebbe
.
E
del
resto
soltanto
una
tradizione
filosofica
piuttosto
vecchiotta
e
dubbia
può
continuare
a
sostenere
che
quelle
immagini
non
sono
realtà
.
Invece
sono
una
realtà
umana
,
umanissima
,
niente
affatto
da
scartare
.
Semmai
rimane
tuttora
un
affascinante
problema
:
quello
della
strana
-
quasi
schizofrenica
-
mescolanza
di
immagini
accettate
tali
e
quali
dalla
scaturigine
primitiva
e
della
successiva
sistemazione
logica
,
che
-
pur
attenuandosi
in
misura
sempre
più
decisiva
nel
corso
dei
secoli
-
non
può
certo
cessare
né
è
cessata
interamente
presso
i
poeti
contemporanei
.
Ebbene
,
lasciando
ormai
da
parte
le
poesie
e
í
sogni
,
ci
si
può
domandare
se
l
'
assurdo
abbia
ancora
una
qualche
funzione
essenziale
o
illuminante
in
ben
altre
e
più
"
severe
"
speculazioni
,
quali
quelle
della
scienza
,
della
filosofia
,
dell
'
ordinamento
sociale
,
o
addirittura
della
tecnica
.
Ma
certo
che
ce
l
'
ha
!
Si
tratta
niente
meno
che
della
perenne
sorgente
delle
nostre
ideazioni
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
"
un
pizzico
di
assurdo
"
c
'
è
sempre
.
Consideriamo
una
delle
più
nobili
aspirazioni
umane
:
la
curiosità
e
la
voglia
di
sapere
.
Per
millenni
si
sono
utilizzate
le
acque
del
Nilo
per
alimentare
una
stupenda
civiltà
,
senza
sapere
da
dove
venisse
giù
quella
benedizione
.
Ma
la
voglia
di
conoscere
le
sorgenti
ha
assillato
le
menti
più
acute
di
antichi
e
moderni
,
reclamando
anche
non
poche
vittime
nell
'
ardua
esplorazione
.
Certo
si
credeva
che
quella
ricerca
fosse
solo
fine
a
se
stessa
.
Ma
,
come
sempre
avviene
nelle
imprese
conoscitive
umane
,
una
volta
risolto
l
'
enigma
,
la
scoperta
si
è
rivelata
(
magari
alla
lunga
)
utilissima
per
il
progresso
agricolo
,
energetico
,
industriale
,
politico
e
quanto
altro
.
Allo
stesso
modo
non
è
vano
indagare
in
generale
quali
siano
le
scaturigini
del
pensiero
umano
.
Esse
stanno
riposte
in
quelle
immagini
"
assurde
"
,
che
noi
a
posteriori
ci
diamo
ad
arginare
e
a
regolamentare
nei
concetti
e
nelle
regole
logiche
.
Quest
'
ultima
operazione
-
ripetiamolo
ancora
,
a
scanso
dei
soliti
insulsi
,
tendenziosi
equivoci
di
chi
disprezza
la
razionalità
-
è
necessaria
per
sviluppare
la
scienza
e
indispensabile
per
agire
proficuamente
nel
nostro
mondo
.
Ma
il
chiudere
,
il
disseccare
le
sorgenti
del
pensiero
,
o
anche
solo
il
tentare
di
ignorarle
,
sarebbe
pura
follia
.
Oggi
ci
stiamo
rendendo
conto
sempre
meglio
che
lo
studio
delle
scaturigini
ci
può
aiutare
immensamente
perfino
nello
sviluppo
del
processo
logico
e
del
razionale
.
Soprattutto
può
aiutarci
molto
nella
scoperta
di
nuove
vie
.
Se
Newton
avesse
rifiutato
a
priori
di
soffermarsi
sull
'
idea
"
assurda
"
dell
'
azione
a
distanza
,
tutta
la
scienza
moderna
sarebbe
stata
priva
di
una
sua
parte
essenziale
.
E
sarà
certo
inutile
ricordare
(
anche
senza
scomodare
la
psicoanalisi
)
quanto
le
fantasticherie
assurde
,
alle
quali
ogni
tanto
-
per
nostra
fortuna
-
ci
abbandoniamo
,
ci
aiutino
a
sondare
e
a
capire
meglio
noi
stessi
.
Mi
pare
ora
che
sia
più
che
opportuno
riflettere
su
un
fatto
abbastanza
paradossale
.
La
vita
-
sì
,
la
vita
stessa
-
rappresenta
per
ciascuno
di
noi
l
'
avventura
più
"
assurda
"
che
ci
potesse
capitare
.
Eppure
quelli
che
lo
avvertono
meglio
-
e
qui
sta
il
paradosso
-
sono
proprio
coloro
che
si
dedicano
con
più
impegno
a
indagare
razionalmente
la
condizione
della
nostra
esistenza
e
a
tentare
di
dare
una
sistemazione
sensata
,
logica
,
sicura
,
a
ciò
che
ne
sappiamo
e
ne
pensiamo
.
Naturalmente
si
può
semplicemente
scaricare
la
responsabilità
di
ciò
che
ci
sta
accadendo
,
attribuendola
alla
imperscrutabile
volontà
di
un
essere
superiore
.
È
una
via
senza
dubbio
degna
di
rispetto
e
da
molti
seguita
in
varie
forme
e
in
diversi
gradi
.
Ma
in
quel
modo
si
cancella
,
non
si
risolve
l
'
assurdo
.
Per
completare
questa
breve
introduzione
alle
pagine
che
seguiranno
,
facciamo
un
'
altra
riflessione
.
Tutti
sanno
che
l
'
assurdo
ha
assai
spesso
legami
piuttosto
stretti
con
il
comico
.
Fin
da
tempi
immemorabili
si
è
tentato
di
capire
che
cosa
sia
il
comico
:
perché
una
cosa
è
buffa
,
perché
la
troviamo
umoristica
,
perché
ne
ridiamo
?
Innumerevoli
spiegazioni
e
teorie
sono
state
presentate
-
a
volte
anche
con
una
certa
supponenza
-
invocando
la
psicologia
,
la
sociologia
,
l
'
inconscio
(
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
)
.
Il
sottoscritto
non
è
mai
rimasto
convinto
da
simili
teorie
;
e
si
guarderà
bene
dall
'
aggiungere
la
sua
inutile
opinione
in
proposito
.
Quello
che
è
certo
è
che
l
'
assurdo
,
una
volta
riconosciuto
,
suscita
quasi
sempre
l
'
ilarità
.
Allora
,
per
meglio
scorgere
che
cosa
c
'
è
sotto
,
faremo
bene
a
non
negarci
all
'
occasione
una
sana
risata
;
o
almeno
un
sorriso
.
Tuttavia
non
sarà
male
guardarsi
dalle
indebite
generalizzazioni
e
dalle
inversioni
d
'
implicazioni
logiche
.
Se
è
vero
che
l
'
assurdo
provoca
il
riso
,
non
è
vero
che
solo
l
'
assurdo
possa
indurci
al
riso
o
al
sorriso
.
L
'
incantevole
esametro
di
Virgilio
:
"
Incipe
,
parve
puer
,
risu
cognoscere
matrem
"
non
vuoi
dire
affatto
che
per
il
bambino
la
madre
sia
un
personaggio
assurdo
!
1
.
Quando
Margherita
filava
L
'
arcolaio
era
di
quelli
che
si
usavano
molto
tempo
fa
e
che
si
vedono
ancora
oggi
in
tante
riproduzioni
o
nei
musei
:
una
grande
ruota
azionata
da
un
pedale
,
sulla
quale
si
avvolgeva
il
filo
proveniente
dalla
rocca
.
La
fanciulla
filava
e
cantava
,
seguendo
distratta
il
regolare
ma
vivace
sfarfallìo
dei
raggi
della
ruota
e
scandendo
il
ritmo
col
monotono
su
e
giù
del
pedale
;
eppure
il
canto
era
tutt
'
altro
che
monotono
.
Era
quasi
un
grido
agitato
e
convulso
di
chi
ha
un
peso
sul
cuore
e
sente
di
aver
perduto
per
sempre
la
pace
interiore
;
di
chi
non
può
distogliere
la
mente
da
un
'
immagine
adorata
e
allo
stesso
tempo
temuta
.
Margherita
era
altrove
,
il
suo
pensiero
volava
a
quell
'
uomo
fatale
che
l
'
aveva
incantata
,
al
ricordo
di
quel
nobile
portamento
,
di
quel
sorriso
,
di
quegli
occhi
,
di
quella
voce
,
di
quel
bacio
...
ah
,
il
suo
bacio
!
Intuiva
benissimo
che
dinanzi
a
lei
si
apriva
un
abisso
pauroso
,
eppure
le
era
impossibile
ritrarsi
.
Ma
come
avevano
fatto
quel
poeta
e
quel
musicista
(
che
tra
l
'
altro
le
pareva
non
fossero
ancora
nati
)
a
capire
così
bene
quello
che
ella
sentiva
e
soffriva
?
Alla
fine
,
volendo
tornare
a
badare
al
suo
lavoro
,
si
dette
a
raccogliere
il
filo
in
una
matassa
.
Ma
,
avendo
ripreso
subito
a
vagare
col
pensiero
,
riusciva
solo
a
combinare
un
grosso
pasticcio
e
finì
col
trovarsi
lei
stessa
avvolta
in
un
inestricabile
groviglio
.
In
quel
mentre
si
affacciò
alla
porta
un
soldato
,
che
,
dato
un
rapido
sguardo
,
chiese
meravigliato
:
"
Sorella
mia
,
che
stai
facendo
?
Hai
perso
il
senno
?
"
"
Sì
,
credo
proprio
di
aver
perso
il
senno
...
Ma
ora
sto
cercando
il
bandolo
da
dare
a
questa
matassa
.
Voglio
sincerarmi
che
il
filo
fatto
oggi
sia
lo
stesso
di
quello
che
avevo
cominciato
a
filare
ieri
.
"
Il
fratello
,
che
pure
era
arrivato
piuttosto
accigliato
,
si
mise
a
ridere
ed
esclamò
:
"
Ma
che
dici
?
Come
fa
quello
di
oggi
a
essere
lo
stesso
di
quello
che
hai
filato
ieri
?
"
Ci
sembra
altamente
improbabile
che
Valentino
,
un
modesto
soldato
della
guarnigione
,
conoscesse
le
acute
enunciazioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
"
tutto
scorre
e
cambia
"
e
che
"
non
ci
si
può
bagnare
due
volte
nello
stesso
fiume
"
.
Lui
si
stava
soltanto
attenendo
a
quell
'
elementare
buon
senso
,
che
a
volte
circola
perfino
nelle
caserme
.
"
Tu
hai
voglia
di
scherzare
,
"
ribatté
triste
la
sorella
,
"
ma
io
no
,
non
sono
di
quell
'
umore
.
Eppure
è
semplice
.
Se
riavvolgendo
il
filo
in
un
gomitolo
arrivo
all
'
inizio
di
quello
che
ho
filato
ieri
,
vuol
dire
che
è
lo
stesso
filo
e
ne
posso
fare
un
'
unica
matassa
,
senza
ingannare
nessuno
a
cui
lo
cedo
.
Se
invece
trovo
un
'
interruzione
,
vuoi
dire
che
sono
due
fili
diversi
.
"
Il
soldato
non
sembrava
molto
convinto
e
stava
a
sua
volta
per
replicare
,
quando
alla
porta
comparve
un
altro
personaggio
piuttosto
inquietante
:
un
bell
'
uomo
dal
fare
calmo
,
alquanto
ironico
e
sicuro
di
sé
,
ma
dallo
sguardo
fulminante
.
Appena
Valentino
lo
scorse
,
parve
riconoscerlo
e
gli
si
rivolse
minaccioso
:
"
Ah
,
sei
tu
quel
malnato
furfante
che
si
dà
da
fare
per
rovinare
mia
sorella
!
"
Ma
quello
lo
tacitò
,
alzando
tranquillamente
una
mano
:
"
Piano
,
piano
,
coraggioso
soldatino
!
Non
è
ancora
venuto
il
momento
di
inscenare
quell
'
insensato
duello
in
cui
vorrai
per
forza
trovare
la
morte
.
Piuttosto
mi
sento
coinvolto
dal
problema
che
stavate
discutendo
.
È
una
questione
molto
più
spinosa
e
profonda
di
quanto
possiate
immaginare
;
un
problema
che
sconcerta
e
assilla
anche
me
.
"
I
due
fratelli
si
guardavano
meravigliati
e
smarriti
.
Ma
che
c
'
entrava
quell
'
individuo
terrificante
-
che
in
realtà
Margherita
già
conosceva
,
senza
volerlo
ammettere
davanti
a
Valentino
-
e
che
intendeva
dire
?
Ma
l
'
uomo
,
sorridendo
beffardo
,
riprese
con
una
bizzarra
domanda
:
"
Tu
,
Valentino
,
se
vuoi
partire
per
Norimberga
,
che
strada
prendi
?
"
"
Quella
che
esce
dalla
porta
meridionale
della
città
.
"
"
E
se
invece
vuoi
recarti
a
Spira
,
che
strada
prendi
?
"
"
La
stessa
strada
.
"
"
Ecco
dunque
:
tu
hai
detto
che
quella
che
porta
a
Norimberga
e
quella
che
porta
a
Spira
sono
la
stessa
strada
.
"
Valentino
si
grattò
la
testa
alquanto
confuso
e
imbarazzato
,
poi
esclamò
un
po
'
irritato
:
"
Ma
no
!
Procedendo
per
la
strada
meridionale
,
a
un
certo
punto
trovo
un
bivio
.
Lì
,
se
prendo
a
destra
vado
a
Spira
,
se
prendo
a
sinistra
,
arrivo
a
Norimberga
.
"
"
Allora
ti
ingannavi
quando
hai
dichiarato
che
avresti
preso
la
stessa
strada
.
In
realtà
sono
due
strade
diverse
.
Ciononostante
,
se
parti
di
qui
,
sia
che
tu
vada
a
Norimberga
,
sia
che
tu
vada
a
Spira
,
non
trovi
alcuna
interruzione
e
il
tuo
cavallo
continua
a
seguire
a
testa
bassa
la
strada
.
È
proprio
quello
che
avviene
anche
per
il
filo
di
Margherita
.
Lei
può
continuare
a
raccoglierlo
dal
principio
alla
fine
,
senza
interruzioni
;
e
tuttavia
non
essere
sicura
che
sia
'
lo
stesso
'
filo
.
"
I
due
fratelli
rimanevano
sempre
più
sbigottiti
da
quei
ragionamenti
astrusi
.
Ma
si
accorsero
che
sulla
porta
era
comparso
un
quarto
personaggio
:
un
giovane
,
distinto
,
elegante
e
fascinoso
,
dalla
fronte
ampia
e
l
'
aria
intelligente
.
Margherita
si
precipitò
a
buttargli
le
braccia
al
collo
ed
esclamò
:
"
Enrico
!
Finalmente
tu
sei
qui
;
sono
felice
e
non
desidero
sapere
altro
.
"
L
'
uomo
dagli
occhi
di
fuoco
si
mostrò
stupito
e
domandò
al
nuovo
venuto
:
"
Enrico
?
Dottore
,
che
vuoi
dire
?
"
"
Sì
...
lei
mi
conosce
con
questo
nome
.
"
Poi
,
superato
un
po
'
d
'
imbarazzo
,
proseguì
:
"
Ma
ora
,
se
Margherita
si
decide
a
lasciarmi
respirare
,
parliamo
di
altro
.
Sono
qui
da
qualche
tempo
e
ho
udito
quanto
dicevate
.
Io
lo
so
bene
perché
quel
tale
problema
ti
assilla
.
Tu
l
'
hai
presa
larga
,
parlando
a
questi
giovani
di
strade
e
di
bivii
.
Ma
in
realtà
,
ragionando
vorresti
convincerti
che
l
'
uomo
che
si
è
impegnato
a
servirti
nell
'
"
aldilà
"
(
quell
'
aldilà
che
tu
nella
tua
strana
lingua
chiami
drüben
)
sarò
sempre
io
.
Ebbene
no
,
disilluditi
:
non
sarò
io
.
"
"
Come
,
non
sarete
voi
?
"
e
gli
occhi
minacciosi
ora
sprigionavano
proprio
faville
.
"
Ricordatevi
che
avete
firmato
un
patto
col
vostro
sangue
!
"
"
Sì
,
questo
è
vero
.
Ma
tu
credi
che
quando
sarò
drüben
,
avrò
il
sangue
?
"
"
Che
domanda
sciocca
,
Dottore
.
Certo
che
non
l
'
avrete
.
Gli
spiriti
non
hanno
il
sangue
.
"
"
Allora
è
sicuro
che
non
mi
potrai
più
rinfacciare
che
la
firma
è
stata
tracciata
col
mio
sangue
.
Sarà
il
sangue
di
un
altro
,
di
un
individuo
a
me
drüben
totalmente
sconosciuto
;
e
di
quello
sconosciuto
,
nonché
di
ciò
che
egli
ha
firmato
o
non
firmato
non
me
ne
importerà
proprio
nulla
.
"
"
Come
?
Ignorate
forse
che
dopo
la
morte
sarete
voi
,
sì
proprio
voi
,
a
sopravvivere
come
puro
spirito
?
Osereste
dunque
mettere
in
dubbio
perfino
quello
che
hanno
sempre
affermato
gli
stessi
seguaci
della
'
vostra
'
religione
?
"
"
Oh
,
oh
,
ora
mi
fai
proprio
ridere
!
Dunque
tu
credi
a
quelle
assurde
favole
.
Mi
stai
forse
diventando
religioso
?
"
"
Ohibò
,
io
religioso
...
assolutamente
no
!
Eppure
sono
sicuro
che
la
religione
è
necessaria
.
Per
me
poi
è
necessaria
,
come
per
voi
è
necessaria
l
'
aria
che
respirate
.
"
"
Questa
è
bella
davvero
,
non
l
'
avrei
mai
creduta
!
"
"
Ma
riflettete
un
po
'
spassionatamente
,
Dottore
.
Gli
uomini
hanno
una
maledetta
voglia
di
conoscere
,
che
li
spinge
a
scoprire
e
a
imparare
sempre
di
più
.
Un
bel
giorno
,
seguendo
quella
perversa
inclinazione
,
si
permetteranno
perfino
di
mettere
in
dubbio
che
io
esista
!
Per
fortuna
saranno
proprio
le
più
alte
autorità
delle
grandi
religioni
a
rimettere
le
cose
a
posto
e
a
imporre
ai
fedeli
di
credere
che
io
esisto
.
"
"
Allora
tu
dovresti
...
ringraziare
quelle
'
alte
autorità
'."
"
Certamente
,
sono
disposto
a
ringraziarle
:
purché
loro
ringrazino
me
.
Il
favore
è
reciproco
.
Loro
non
danno
mai
nulla
per
nulla
.
Se
i
fedeli
non
fossero
convinti
che
io
esisto
e
che
posso
trascinarli
drüben
,
che
se
ne
farebbero
della
religione
?
Credetemi
,
l
'
accordo
è
funzionale
e
vantaggioso
per
tutti
.
Ma
c
'
è
di
più
.
È
convinzione
comune
che
il
mondo
è
pieno
di
'
male
'
.
Ora
come
può
un
Dio
onnipotente
e
infinitamente
buono
aver
creato
un
mondo
pieno
di
male
?
Per
tirarsi
fuori
da
questo
assurdo
addossano
a
me
tutta
la
colpa
;
dicono
che
sono
io
,
che
voglio
il
male
e
lo
introduco
nel
mondo
.
"
"
Sì
,
mi
persuadi
e
non
posso
darti
torto
.
Comunque
sappi
che
quella
che
tu
chiami
la
'
mia
'
religione
non
è
affatto
tale
.
Io
sono
convinto
che
non
saprò
mai
se
Dio
esiste
o
no
.
Ma
sono
del
pari
sicuro
che
,
se
esiste
,
non
è
così
banalmente
umano
come
lo
dipingono
tutte
le
religioni
.
"
E
dopo
un
momento
di
riflessione
aggiunse
:
"
Ma
questo
vale
anche
per
te
.
Già
Senofane
quasi
duemila
anni
fa
riconosceva
che
,
se
i
cavalli
e
i
buoi
sapessero
disegnare
,
raffigurerebbero
gli
dèi
come
cavalli
o
come
buoi
.
Così
,
dato
che
gli
uomini
sono
cattivi
,
non
possono
ammettere
che
il
diavolo
,
cioè
un
essere
almeno
altrettanto
cattivo
quanto
loro
,
non
abbia
caratteristiche
umane
"
.
2
.
Davvero
sopravvivo
a
me
stesso
?
La
questione
che
aveva
dato
origine
al
dibattito
fra
Mefistofele
e
Faust
ha
radici
remote
,
quasi
quanto
il
mondo
degli
esseri
viventi
.
Gli
animali
hanno
quello
che
-
con
espressione
un
po
'
vecchiotta
,
ma
efficace
-
si
chiama
istinto
di
conservazione
.
Probabilmente
essi
non
hanno
idea
chiara
di
che
cosa
sia
la
propria
morte
,
ma
di
fatto
il
loro
comportamento
naturale
li
spinge
a
evitare
in
tutti
i
modi
di
morire
;
perché
?
Chi
muore
non
ha
più
possibilità
di
continuare
a
propagare
il
proprio
patrimonio
genetico
;
di
conseguenza
esso
si
può
estinguere
.
È
facile
quindi
capire
com
'
è
che
,
per
via
di
mutazione
e
selezione
,
il
comportamento
di
autoconservazione
finisce
per
inscriversi
nello
stesso
genoma
della
specie
.
I
gruppi
o
le
specie
che
non
avessero
tale
comportamento
sarebbero
destinati
a
soccombere
ben
presto
e
sparirebbero
dalla
Terra
.
Facciamo
subito
una
doverosa
correzione
,
nonché
una
precisazione
.
Non
è
detto
che
la
conservazione
a
tutti
i
costi
dell
'
individuo
sia
sempre
giovevole
alla
specie
.
Il
caso
di
un
individuo
che
si
sacrifica
per
difendere
il
gruppo
o
la
propria
discendenza
è
frequente
,
non
solo
fra
gli
animali
sociali
come
le
api
o
le
formiche
,
ma
in
tutto
il
regno
animale
.
Anche
quello
è
un
comportamento
ben
a
ragione
selezionato
dalla
natura
.
Per
esempio
,
ci
sono
certe
specie
di
ragni
(
come
la
vedova
nera
)
in
cui
il
maschio
dopo
l
'
accoppiamento
si
lascia
mangiare
dalla
femmina
.
Si
può
arrivare
,
come
caso
limite
,
allo
strabiliante
comportamento
,
recentemente
descritto
,
di
un
ragno
maschio
,
ridicolmente
più
piccolo
della
femmina
,
che
dopo
l
'
accoppiamento
si
getta
spontaneamente
-
e
con
apparente
soddisfazione
!
-
nelle
fauci
della
femmina
,
che
se
lo
mangia
.
Così
il
maschio
-
che
,
a
quanto
pare
,
avrebbe
grandissima
difficoltà
a
trovare
altre
femmine
-
riesce
almeno
a
favorire
in
qualche
modo
la
nascita
della
sua
prole
.
Naturalmente
nel
caso
dell
'
uomo
le
cose
sono
ben
più
complicate
che
per
gli
altri
animali
.
Prima
di
tutto
l
'
uomo
ha
coscienza
-
anche
se
tutt
'
altro
che
accettata
di
buon
grado
-
dell
'
ineluttabilità
della
propria
morte
;
in
secondo
luogo
,
qualunque
individuo
ha
in
sé
,
sovrapposta
alla
semplice
natura
,
una
massiccia
dose
di
cultura
,
che
si
sviluppa
gradualmente
ed
entra
a
far
parte
della
sua
stessa
identità
.
La
cultura
nelle
varie
regioni
e
nelle
varie
epoche
può
assumere
le
forme
più
svariate
,
ma
quasi
sempre
arriva
ad
aggiungere
potenzialità
alle
qualità
naturali
dell
'
individuo
.
Per
questo
-
come
del
resto
da
tempo
immemorabile
e
quasi
universalmente
si
è
capito
-
la
sapienza
e
l
'
esperienza
degli
anziani
possono
essere
altrettanto
utili
alla
sopravvivenza
del
gruppo
quanto
la
capacità
riproduttiva
dei
giovani
.
Forse
sarà
per
tale
ragione
che
la
pressione
selettiva
non
ha
privato
dell
'
istinto
di
conservazione
nemmeno
gli
anziani
(
salvo
rare
eccezioni
)
.
Sia
come
sia
,
è
certo
che
l
'
essere
umano
è
sempre
in
aspettazione
e
in
progettazione
del
suo
futuro
;
non
può
in
nessun
modo
accettare
,
se
non
facendo
violenza
a
se
stesso
,
l
'
assenza
di
futuro
.
Di
qui
è
facile
-
sì
,
forse
anche
troppo
facile
-
arrivare
a
capire
perché
,
almeno
da
vari
millenni
,
si
è
immaginato
un
qualche
tipo
di
continuazione
della
vita
dopo
la
morte
.
Ciò
è
attestato
,
se
non
altro
,
dalle
sepolture
che
fin
da
tempi
remoti
venivano
fornite
di
risorse
e
di
oggetti
necessari
alla
vita
...
del
defunto
.
Per
non
parlare
delle
piramidi
dei
faraoni
e
dei
mausolei
degl
'
imperatori
,
che
dimostrano
che
il
morto
,
non
solo
sopravviveva
,
ma
doveva
continuare
a
essere
importante
e
a
godere
della
ricchezza
che
aveva
avuto
da
vivo
.
I
poveri
invece
potevano
rimanere
tali
.
Tutto
questo
a
noi
sembra
ridicolo
,
è
vero
.
Ma
siamo
giusti
e
domandiamoci
:
l
'
approdo
del
cristianesimo
e
di
altre
religioni
al
concetto
di
"
puro
spirito
"
e
di
"
anima
"
segna
proprio
in
tutto
e
per
tutto
un
progresso
?
Certamente
sì
;
e
certamente
no
.
Da
un
lato
libera
gli
esseri
umani
da
una
troppo
ingenua
superstizione
di
sopravvivenza
;
ma
dall
'
altro
li
mette
dinanzi
a
un
formidabile
problema
filosofico
...
insolubile
.
È
il
problema
del
sangue
di
Faust
,
il
problema
dell
'
identità
di
individui
,
che
prima
e
dopo
la
morte
riconosciamo
essere
ben
disparati
.
Cavarsela
dicendo
che
si
tratta
di
un
mistero
è
una
misera
scappatoia
.
Si
può
legittimamente
parlare
di
mistero
quando
si
constata
che
avviene
un
qualcosa
di
molto
strano
,
che
(
almeno
per
il
momento
)
non
sappiamo
in
nessun
modo
spiegare
.
Ma
questo
qualcosa
,
ancorché
strano
,
deve
potersi
descrivere
con
termini
che
hanno
tutti
un
ben
preciso
significato
e
non
sono
solo
emissioni
di
suoni
.
"
Papé
Satàn
,
papé
Satàn
aleppe
"
non
è
un
mistero
.
Piuttosto
,
per
chiarire
meglio
l
'
idea
,
mi
si
perdoni
ora
,
senza
storcere
troppo
il
naso
,
una
fuggevole
caduta
in
un
genere
ben
minore
rispetto
al
poema
di
Goethe
.
I
mystery
stories
della
letteratura
poliziesca
ci
prospettano
veri
e
propri
misteri
,
in
quanto
ci
descrivono
le
situazioni
in
termini
tutti
di
per
sé
comprensibili
e
significativi
;
e
non
per
niente
alla
fine
ci
viene
svelato
che
cosa
è
realmente
accaduto
e
"
chi
è
l
'
assassino
"
.
Ma
che
cosa
può
significare
che
io
sopravviverò
alla
mia
morte
?
Ripetiamo
,
perché
le
confusioni
purtroppo
sono
quanto
mai
frequenti
:
non
si
tratta
di
sapere
se
sopravviverò
o
no
,
ma
di
dare
un
qualche
significato
plausibile
a
quella
sopravvivenza
.
Decine
e
decine
di
grandi
filosofi
,
di
teologi
,
di
ministri
del
culto
,
hanno
dedicato
profonde
meditazioni
a
questo
tema
(
e
sarebbe
velleitario
tentare
di
riassumerle
in
poche
parole
)
.
Ciò
nondimeno
nessuno
di
quegl
'
ingegnosi
tentativi
sembra
aver
portato
con
sé
la
fulgida
luce
della
convinzione
:
i
filosofi
rimangono
quanto
meno
perplessi
,
mentre
gli
"
uomini
della
strada
"
si
limitano
a
dire
che
,
poiché
così
ci
viene
insegnato
che
è
(
e
così
speriamo
che
sia
)
,
un
qualche
significato
ci
sarà
certo
.
Quando
rivolgo
lo
sguardo
alla
mia
esistenza
,
io
scorgo
un
essere
che
vede
,
sente
,
mangia
,
beve
,
dorme
;
progetta
,
agisce
sul
mondo
esterno
,
costruisce
;
desidera
,
gioisce
,
si
rattrista
,
ha
paura
,
soffre
.
Che
cosa
di
tutto
questo
può
avere
un
puro
spirito
?
Niente
,
altrimenti
non
sarebbe
un
puro
spirito
.
Allora
si
deve
concludere
che
non
vivrà
affatto
.
Ma
si
obietterà
che
qui
di
proposito
mi
sono
limitato
alle
mie
qualità
più
meschinamente
terrene
.
Ho
dimenticato
il
meglio
:
cioè
il
fatto
che
oltre
ad
avere
quelle
attività
,
io
anche
penso
e
amo
.
Va
bene
;
se
vogliamo
seguire
Cartesio
,
accettiamo
pure
che
basti
che
nell
'
aldilà
io
pensi
,
per
poter
affermare
che
sono
.
Ma
si
rifletta
che
per
Cartesio
"
pensare
"
voleva
dire
seguire
nella
mente
una
catena
di
immagini
simboliche
-
o
addirittura
di
parole
-
destinate
ad
approdare
a
una
conclusione
;
a
una
nuova
determinazione
del
mio
agire
,
o
almeno
a
una
nuova
conoscenza
,
a
un
nuovo
stato
d
'
animo
.
Ma
quale
puro
spirito
può
voler
raggiungere
tali
scopi
e
può
aver
bisogno
per
raggiungerli
di
seguire
quella
catena
lungo
Io
scorrer
del
tempo
?
Quanto
all
"
`
amare
"
,
prendiamo
pure
il
termine
nella
sua
accezione
più
nobile
e
conveniente
a
un
puro
spirito
:
vuol
dire
sentirsi
attratto
dalla
persona
amata
e
desiderarne
il
bene
.
Ma
di
chi
desidererò
il
bene
nell
'
aldilà
?
Di
Dio
?
Ne
ha
proprio
bisogno
?
Di
un
'
anima
già
passata
nell
'
aldilà
?
Che
vuole
dire
?
E
se
si
tratta
invece
di
una
persona
ancora
rimasta
in
terra
,
perché
dovrei
amare
quella
piuttosto
che
un
'
altra
?
Umano
,
troppo
umano
.
Come
è
ben
noto
,
molti
di
quegli
assurdi
che
presenta
la
questione
della
sopravvivenza
dopo
la
morte
,
vengono
superati
da
alcune
religioni
mediante
lo
stratagemma
della
"
resurrezione
dei
corpi
"
.
A
questo
proposito
anche
i
più
ingenui
sono
portati
a
domandarsi
:
ma
a
che
età
risusciterò
?
Sarò
giovane
,
sarò
vecchio
,
sarò
imberbe
,
sarò
calvo
?
Riavrò
anche
la
gamba
che
persi
da
bambino
?
E
se
sarò
morto
appena
nato
,
si
darà
per
scontato
che
debba
essere
cresciuto
,
oppure
continuerò
a
vagire
?
E
poi
dove
va
a
finire
la
convinzione
moderna
che
la
nostra
identità
personale
consiste
anche
nella
cultura
ricevuta
dall
'
ambiente
in
cui
viviamo
e
pertanto
si
va
formando
e
completando
fino
all
'
ora
della
morte
?
Bene
ha
visto
Jean
Cocteau
(
Poésie
critique
)
quando
ha
affermato
:
De
notre
naissance
à
notre
mort
,
nous
sommes
un
cortège
d
'
autres
qui
sont
reliés
par
un
fil
tenu
.
E
inoltre
,
di
qui
fino
alla
risurrezione
dei
corpi
che
cosa
farò
?
Sarò
ibernato
?
Bella
soddisfazione
,
sussistere
ibernati
!
Ma
c
'
è
qualcosa
di
meno
banale
.
Oggi
sappiamo
benissimo
che
(
nonostante
le
mirabolanti
promesse
di
certa
genetica
più
o
meno
giornalistica
)
vivere
è
invecchiare
.
La
morte
è
inclusa
nel
nostro
programma
genetico
di
vita
.
Le
nostre
cellule
non
si
riproducono
oltre
un
certo
numero
di
generazioni
.
Il
nostro
cervello
perde
ogni
giorno
migliaia
e
migliaia
di
neuroni
.
Se
i
puri
spiriti
non
invecchiano
,
non
vivono
.
Se
poi
si
afferma
che
la
vita
nell
'
aldilà
è
cosa
totalmente
diversa
da
quella
nell
'
aldiqua
,
ci
risiamo
con
il
mistero
e
con
il
problema
del
significato
.
Dire
che
un
certo
termine
della
lingua
umana
ha
un
significato
,
ma
che
nessun
essere
umano
lo
può
conoscere
,
è
come
non
dire
nulla
.
Proviamo
allora
a
seguire
l
'
indicazione
piena
di
saggezza
di
Leibniz
:
due
oggetti
sono
identici
-
e
quindi
secondo
lui
sono
lo
stesso
oggetto
-
quando
hanno
tutte
e
sole
le
stesse
proprietà
.
Ora
l
'
esempio
del
sangue
ci
convince
che
il
Faust
terreno
e
quello
ultraterreno
non
possono
essere
identici
in
quel
senso
.
Il
Faust
ultraterreno
o
non
ha
il
sangue
,
e
allora
non
è
Faust
;
oppure
il
suo
corpo
è
risorto
,
ma
nessuno
sa
se
apparirà
qual
era
prima
della
...
cura
Mefistofele
o
dopo
.
Ma
,
a
parte
gli
scherzi
,
è
certo
che
in
questo
caso
non
possiamo
applicare
il
criterio
leibniziano
alle
proprietà
che
i
due
oggetti
da
comparare
hanno
allo
stesso
tempo
.
Qui
intervengono
invece
quei
filosofi
che
si
sono
occupati
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
;
questione
spinosissima
fino
dall
'
epoca
dei
presocratici
e
che
,
fra
l
'
altro
,
la
fisica
moderna
è
venuta
a
complicare
notevolmente
.
Per
l
'
individuo
umano
molti
si
sono
basati
sulla
proprietà
della
memoria
:
io
sono
oggi
lo
stesso
di
ieri
o
di
un
anno
fa
,
perché
mi
ricordo
quello
che
ho
fatto
ieri
o
un
anno
fa
.
Ma
il
guaio
è
che
ormai
si
sa
che
la
memoria
non
è
cosa
puramente
spirituale
:
ha
anch
'
essa
una
base
organica
.
Tanto
è
vero
che
chi
subisce
una
certa
lesione
al
cervello
non
ricorda
,
così
come
chi
subisce
un
altro
tipo
di
lesione
non
parla
o
non
cammina
.
Pertanto
,
passando
nell
'
aldilà
dovremmo
portarci
dietro
il
cervello
(
che
invece
è
rimasto
a
marcire
nella
tomba
)
.
Dunque
l
'
idea
dell
'
identità
"
anamnestica
"
oltre
la
morte
non
è
sostenibile
.
Dal
punto
di
vista
psicologico
è
molto
interessante
notare
come
anche
chi
avrebbe
tutti
i
mezzi
intellettuali
per
compiere
i
ragionamenti
testé
svolti
,
ne
rifugga
e
speri
nientemeno
che
di
riposare
nella
tomba
.
Fra
le
migliaia
di
esempi
che
ognuno
conosce
,
citiamo
lo
stesso
Goethe
che
,
in
quella
piccola
gemma
che
è
il
primo
Canto
notturno
del
viandante
,
promette
:
Warte
nur
,
balde
/
Ruhest
du
auch
,
aspetta
,
ché
presto
riposi
anche
tu
.
E
non
parliamo
dell
'
assurdo
requiescat
in
pace
augurato
al
morto
da
coloro
che
pur
sono
fermamente
convinti
dell
'
esistenza
dell
'
anima
.
Ma
chi
deve
riposare
?
L
'
anima
o
le
ossa
?
Che
mai
vorrà
dire
il
riposo
eterno
(
requiem
aeternam
ecc
.
)
per
chi
è
destinato
a
finire
o
all
'
inferno
o
in
paradiso
?
Si
ricordi
che
nella
Passione
secondo
Matteo
di
Bach
il
coro
arriva
ad
augurare
"
dolce
riposo
"
(
Ruhe
sanfte
)
a
Gesù
Cristo
.
Ma
lui
doveva
pensare
a
risorgere
,
non
a
riposare
!
Nella
descrizione
che
Dumas
(
La
Comtesse
de
Charny
)
fa
della
morte
di
Mirabeau
si
trova
un
'
affermazione
di
commovente
profondità
e
chiaroveggenza
.
Il
grande
oratore
giace
sul
letto
di
morte
e
soffre
terribilmente
.
All
'
amico
medico
,
che
tenta
più
o
meno
di
consolarlo
,
promettendogli
una
rapida
fine
,
egli
esclama
:
"
Je
ne
meurs
pas
mort
,
cher
docteur
,
je
meurs
vivant
...
"
.
Sì
,
splendido
!
Ecco
fatto
il
punto
in
pochissime
parole
.
Tutto
quello
che
noi
pensiamo
,
diciamo
,
soffriamo
a
causa
della
morte
lo
soffriamo
da
vivi
.
Altro
che
riposo
eterno
!
Di
quello
non
ce
ne
facciamo
proprio
nulla
.
Anche
al
momento
della
morte
noi
siamo
saldamente
legati
all
'
aldiqua
.
Sempre
sul
piano
psicologico
è
davvero
suggestivo
che
perfino
un
fermo
credente
come
Dante
ritenga
che
a
chi
è
già
nell
'
aldilà
stia
tanto
a
cuore
l
'
aldiquà
.
Com
'
è
possibile
che
la
notizia
che
Guido
è
morto
sia
un
colpo
straziante
per
Cavalcante
,
tanto
che
egli
"
supin
ricadde
e
più
non
parve
fora
"
?
Allora
lo
stare
sulla
terra
è
il
bene
supremo
?
E
perché
i
morti
desiderano
così
ardentemente
e
costantemente
di
essere
ricordati
dai
vivi
?
Anche
la
dolce
,
timida
Pia
-
che
pare
che
da
sé
si
sia
collocata
alla
fine
del
Canto
,
per
non
disturbare
e
andarsene
in
punta
di
piedi
-
non
può
resistere
al
desiderio
di
sussurrare
:
"
ricorditi
di
me
che
son
la
Pia
...
"
.
3
.
I
binari
e
gli
scambi
Mefistofele
l
'
aveva
presa
larga
col
soldatino
:
a
lui
stava
a
cuore
soprattutto
il
problema
dell
'
identità
dell
'
individuo
attraverso
il
tempo
,
per
essere
sicuro
che
quelli
che
trascinava
presso
di
sé
dopo
la
morte
fossero
proprio
coloro
che
in
vita
era
riuscito
a
sedurre
.
Ma
aveva
cominciato
col
chiedere
una
cosa
apparentemente
molto
diversa
:
se
e
perché
una
strada
potesse
dirsi
sempre
la
stessa
,
quando
si
prolunga
nello
spazio
.
Non
sembra
proprio
che
si
tratti
del
medesimo
problema
semantico
.
In
ogni
caso
converrà
approfondire
un
po
'
.
Prima
di
tutto
si
è
portati
a
chiedersi
se
la
domanda
riguardo
alla
strada
abbia
un
senso
ben
chiaro
,
o
se
invece
si
tratti
solo
di
vuote
parole
.
Che
un
qualche
senso
debba
averlo
e
che
la
cosa
sia
tutt
'
altro
che
di
poco
conto
anche
nella
realtà
,
lo
si
può
vedere
per
esempio
così
:
molte
volte
nel
resoconto
di
un
disastro
ferroviario
ci
capita
di
leggere
che
due
treni
,
per
un
tragico
errore
,
sono
stati
avviati
sullo
stesso
binario
.
Eppure
,
sia
prima
dello
scontro
,
sia
proprio
al
momento
dell
'
impatto
,
le
rotaie
sulle
quali
si
trovavano
l
'
uno
e
l
'
altro
treno
erano
necessariamente
diverse
.
Come
si
può
parlare
dello
stesso
binario
?
Un
criterio
di
pura
continuità
materiale
è
molto
ingenuo
e
non
può
certo
bastare
;
infatti
sappiamo
bene
che
la
strada
ferrata
seguita
da
un
treno
può
incontrare
sul
suo
cammino
un
certo
numero
di
scambi
,
che
decidono
la
destinazione
finale
,
ma
non
interrompono
la
continuità
del
metallo
.
La
domanda
è
analoga
a
quella
che
era
stata
posta
al
soldato
:
anche
se
seguiamo
con
continuità
la
strada
,
con
quale
criterio
si
può
giudicare
che
al
termine
si
tratta
proprio
della
stessa
strada
?
Il
problema
si
presenta
senza
difficoltà
quando
,
invece
che
di
una
continuità
materiale
,
si
parla
semplicemente
di
due
linee
geometriche
consecutive
:
si
riconosce
infatti
in
tal
caso
che
nell
'
affermare
che
esse
sono
parti
di
una
medesima
linea
,
noi
introduciamo
sempre
una
buona
dose
di
convenzionalità
.
Spesso
si
tratta
di
una
pura
definizione
:
per
esempio
,
due
segmenti
consecutivi
di
una
retta
appartengono
alla
stessa
retta
proprio
per
definizione
.
E
non
bisogna
nemmeno
dimenticare
l
'
importanza
del
"
sistema
di
riferimento
"
nel
quale
ci
poniamo
per
formulare
il
giudizio
.
Supponiamo
che
un
astronomo
stia
spiegando
che
il
cammino
seguito
oggi
dalla
nostra
Terra
è
solo
un
segmento
di
una
ben
determinata
ellisse
attorno
al
Sole
,
che
-
a
parte
piccolissime
differenze
-
si
prolungherà
identica
a
se
stessa
anno
dopo
anno
.
Nel
dire
questo
egli
ha
ragione
:
purché
lui
e
i
suoi
ascoltatori
convengano
-
magari
tacitamente
-
di
riferirsi
alla
traiettoria
rispetto
al
Sole
,
pensato
come
fisso
.
Altrimenti
l
'
astronomo
non
parlerebbe
certo
di
piccolissime
differenze
.
Infatti
tutta
la
Galassia
ruota
;
e
il
Sole
-
che
non
è
affatto
al
centro
di
essa
-
si
muove
vertiginosamente
con
tutto
il
suo
sistema
di
pianeti
.
La
traiettoria
che
ne
risulta
per
la
Terra
è
una
sorta
di
"
cicloide
"
,
enormemente
diversa
dalla
classica
ellisse
kepleriana
!
Si
può
dunque
comprendere
che
anche
l
'
identità
del
binario
,
che
prosegue
la
sua
traiettoria
(
con
porzioni
di
acciaio
sempre
diverse
)
è
piuttosto
convenzionale
:
si
potrebbe
addirittura
supporre
che
per
il
ferroviere
quell
'
identità
significhi
semplicemente
che
due
treni
che
procedono
in
senso
inverso
su
due
segmenti
contigui
del
binario
vengono
necessariamente
a
collisione
.
Lasciamo
dunque
stare
l
'
identità
di
un
ente
che
si
prolunga
puramente
nello
spazio
e
veniamo
a
parlare
dell
'
identità
attraverso
lo
scorrere
del
tempo
.
Questa
sembra
una
questione
ben
diversa
e
non
banalmente
convenzionale
.
Naturalmente
qui
non
ci
occuperemo
più
della
sopravvivenza
dell
'
anima
di
un
individuo
,
perché
abbiamo
già
messo
in
serio
dubbio
che
i
termini
usati
nella
formulazione
tradizionale
di
quel
problema
siano
tutti
provvisti
di
un
ragionevole
significato
.
Prendiamo
invece
di
mira
un
oggetto
materiale
e
osserviamolo
con
continuità
lungo
tutto
il
suo
cammino
.
Non
possiamo
forse
esser
certi
che
alla
fine
si
tratta
ancora
dello
stesso
oggetto
?
Veramente
sappiamo
già
che
a
tale
conclusione
potremmo
arrivare
solo
se
-
con
un
po
'
di
buona
volontà
-
fossimo
disposti
a
trascurare
le
già
menzionate
obiezioni
di
Eraclito
sul
fatto
che
tutto
cambia
;
e
noi
le
trascureremo
.
Anzi
,
faremo
di
più
:
accetteremo
per
buone
le
affermazioni
della
scienza
classica
,
quando
essa
ci
assicura
che
un
certo
corpo
materiale
avrebbe
potuto
essere
seguito
con
continuità
,
anche
se
in
realtà
non
lo
abbiamo
fatto
.
È
il
caso
della
"
stella
del
mattino
"
e
della
"
stella
della
sera
"
(
Venere
)
,
che
Gottlob
Frege
,
padre
della
semantica
moderna
,
prende
come
esempio
di
un
medesimo
corpo
designato
con
nomi
diversi
.
Ma
i
guai
veramente
seri
sono
stati
portati
dall
'
affermarsi
nella
fisica
delle
particelle
atomiche
e
subatomiche
-
alle
quali
già
accennammo
-
della
teoria
quantistica
(
spesso
chiamata
un
po
'
restrittivamente
"
meccanica
quantistica
"
)
.
Quella
teoria
al
suo
sorgere
-
e
per
lungo
tempo
in
seguito
-
dette
luogo
a
gravissimi
dubbi
,
a
vivaci
dibattiti
,
a
vere
e
proprie
polemiche
.
Sarebbe
fuori
luogo
qui
anche
solo
tentare
di
ricapitolare
tutta
la
storia
.
Ci
limiteremo
invece
a
ricordare
che
esiste
un
"
`
interpretazione
ortodossa
"
della
teoria
-
a
volte
anche
chiamata
"
di
Copenhagen
"
,
perché
originata
in
sostanza
dal
sommo
fisico
danese
Niels
Bohr
-
che
a
tutt
'
oggi
è
condivisa
dalla
grande
maggioranza
dei
fisici
e
che
non
è
mai
stata
contraddetta
dall
'
esperienza
.
Secondo
la
concezione
ortodossa
una
particella
ha
solo
una
probabilità
di
essere
rivelata
in
un
punto
o
in
un
altro
,
ma
non
ha
una
traiettoria
!
Vediamo
se
si
riesce
a
suffragare
con
poche
parole
(
ma
non
è
facile
)
quest
'
ultima
affermazione
,
chiedendoci
come
si
muove
una
particella
della
microfisica
.
Poniamo
di
aver
osservato
la
particella
nel
punto
di
partenza
A
:
secondo
le
indicazioni
della
meccanica
classica
non
vi
sarebbe
limite
alla
precisione
con
cui
-
avendone
gli
strumenti
-
potremmo
determinare
la
posizione
di
A
.
Egualmente
potremmo
determinare
senza
alcun
limite
teorico
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
.
Con
questi
dati
le
leggi
della
meccanica
classica
ci
permettono
di
calcolare
con
precisione
quando
e
come
raggiungerà
un
punto
finale
B
.
Naturalmente
,
se
la
particella
è
libera
,
seguirà
la
retta
AB
(
se
invece
è
soggetta
a
forze
conosciute
-
gravitazionali
,
elettriche
ecc.
-
potremo
egualmente
stabilire
con
precisione
la
traiettoria
percorsa
;
ma
non
complichiamo
le
cose
)
.
Con
la
meccanica
quantistica
invece
nascono
i
guai
.
Infatti
in
tal
caso
è
ineluttabile
il
principio
d
'
indeterminazione
di
Heisenberg
.
Esso
stabilisce
che
:
quanto
maggiore
è
la
precisione
con
cui
determiniamo
la
posizione
di
A
,
tanto
minore
sarà
la
precisione
con
cui
potremo
conoscere
la
velocità
e
la
direzione
di
partenza
della
particella
.
Pertanto
la
traiettoria
esatta
non
è
conoscibile
.
Proviamo
allora
con
un
metodo
osservativo
,
anziché
predittivo
,
e
supponiamo
di
aver
visto
la
particella
in
un
punto
intermedio
C
,
fra
A
e
B
.
Ciò
significa
che
in
C
la
particella
è
stata
colpita
da
un
fotone
e
lo
ha
riflesso
verso
il
nostro
occhio
.
Ora
il
fotone
,
rimbalzando
verso
di
noi
,
dà
una
botta
alla
particella
e
le
comunica
una
quantità
di
moto
(
il
cui
valore
è
noto
solo
con
distribuzione
probabilistica
)
.
Dunque
non
possiamo
assolutamente
asserire
che
,
se
la
particella
fosse
stata
libera
(
e
non
disturbata
dal
nostro
fotone
)
,
sarebbe
proprio
finita
in
B
.
D
'
altra
parte
,
se
effettivamente
l
'
abbiamo
vista
prima
in
A
e
poi
in
B
,
ma
non
abbiamo
illuminato
la
zona
intermedia
,
non
possiamo
asserire
con
sicurezza
che
è
passata
per
C
.
Si
pensi
che
perfino
nel
caso
che
fra
A
e
B
si
interponga
un
diaframma
opaco
con
due
forellini
molto
vicini
,
vedendo
la
particella
giungere
in
B
,
senza
averla
in
alcun
modo
disturbata
nel
frattempo
,
non
si
può
assolutamente
decidere
da
quale
dei
due
forellini
è
passata
.
Se
invece
la
disturbiamo
,
per
vedere
da
quale
forellino
passa
,
la
particella
o
non
arriva
in
B
o
,
arrivata
in
quel
punto
,
si
comporta
in
modo
diverso
da
quanto
avrebbe
fatto
indisturbata
.
Quest
'
ultima
affermazione
vuol
dire
quanto
segue
:
se
facciamo
partire
da
A
uno
sciame
di
particelle
eguali
e
non
riveliamo
per
quale
forellino
passa
ciascuna
,
le
particelle
,
arrivando
su
un
successivo
schermo
,
si
distribuiscono
secondo
una
figura
caratteristica
che
si
chiama
frange
d
'
interferenza
;
se
invece
noi
riveliamo
da
quale
forellino
passa
ciascuna
particella
,
spariscono
le
frange
d
'
interferenza
.
Che
le
cose
stiano
proprio
così
,
è
ormai
accettato
da
tutti
i
fisici
.
Bisogna
rassegnarci
quindi
a
concludere
che
la
traiettoria
ha
un
senso
solo
per
gli
oggetti
"
macroscopici
"
,
cioè
per
quegli
oggetti
che
vediamo
e
tocchiamo
e
che
(
praticamente
)
non
vengono
perturbati
dalla
nostra
osservazione
.
Gli
oggetti
atomici
e
subatomici
invece
non
possono
essere
seguiti
e
osservati
con
continuità
senza
essere
perturbati
e
senza
che
si
perda
di
conseguenza
la
possibilità
di
affermare
che
cosa
avrebbero
fatto
spontaneamente
.
Chiariamo
ora
in
che
modo
tutto
questo
può
essere
rilevante
,
anzi
decisivo
,
per
la
questione
dell
'
identità
.
Bisogna
prima
di
tutto
ricordare
che
nella
microfisica
s
'
incontrano
diverse
specie
di
particelle
e
che
quelle
che
appartengono
a
una
medesima
specie
hanno
tutte
esattamente
le
stesse
proprietà
.
Per
esempio
,
un
elettrone
ha
tutte
le
proprietà
eguali
a
quelle
di
un
altro
elettrone
;
e
lo
stesso
dicasi
per
la
specie
dei
protoni
,
per
quella
dei
neutroni
ecc.
Si
dice
che
al
di
dentro
di
ciascuna
specie
si
tratta
di
particelle
indistinguibili
l
'
una
dall
'
altra
.
Bisognerà
precisare
meglio
.
A
volte
si
è
portati
ad
affermare
che
due
gemelli
sono
indistinguibili
l
'
uno
dall
'
altro
.
In
questo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
esagerazione
;
ma
ora
prescindiamone
.
Per
trarci
d
'
impaccio
,
potremo
sempre
legare
un
nastro
rosso
al
braccio
dell
'
uno
e
un
nastro
verde
al
braccio
dell
'
altro
.
In
tal
modo
avremo
conferito
due
proprietà
diverse
a
due
individui
e
riusciremo
facilmente
a
distinguerli
.
Tuttavia
non
potremo
legare
nessun
nastro
al
braccio
di
un
elettrone
!
Né
potremo
deformarlo
,
portarne
via
un
pezzo
,
dargli
un
colore
,
una
carica
,
una
temperatura
diversi
dall
'
altro
elettrone
.
Appena
avremo
stabilito
che
un
elettrone
si
chiama
Pietro
e
l
'
altro
Paolo
,
non
avremo
alcun
modo
per
riconoscere
quale
è
Pietro
e
quale
è
Paolo
.
Non
c
'
è
nessuna
proprietà
che
li
distingue
.
A
questo
punto
il
lettore
accorto
obietterà
che
una
proprietà
diversa
ci
può
essere
:
vale
a
dire
la
collocazione
nello
spazio
.
Se
Pietro
si
trova
nel
punto
P
e
Paolo
nel
punto
Q
(
e
non
si
muovono
)
,
continueremo
a
chiamare
Pietro
quello
in
P
e
Paolo
quello
in
Q
.
Eppure
non
va
bene
nemmeno
questo
!
Purtroppo
qui
dobbiamo
ricorrere
a
considerazioni
non
troppo
elementari
:
quelle
della
fisica
statistica
.
In
tale
parte
della
fisica
si
suole
contare
in
quanti
modi
diversi
si
possono
distribuire
le
particelle
microscopiche
per
arrivare
a
realizzare
un
medesimo
stato
macroscopico
.
Nella
fisica
classica
il
caso
in
cui
Pietro
è
in
P
e
Paolo
in
Q
e
quello
in
cui
Pietro
è
in
Q
e
Paolo
in
P
sono
due
casi
differenti
e
come
tali
vanno
contati
.
Invece
nella
fisica
quantistica
essi
costituiscono
uno
stesso
caso
e
così
contandoli
danno
luogo
a
risultati
diversi
da
quelli
classici
.
Ebbene
,
l
'
esperienza
dà
ragione
alla
statistica
quantistica
.
Pietro
e
Paolo
possono
essere
scambiati
,
senza
che
accada
assolutamente
nulla
di
rilevabile
.
Leibniz
certo
non
ci
avrebbe
creduto
.
E
si
badi
che
oggi
si
hanno
prove
inoppugnabili
che
quel
comportamento
non
è
valido
solo
per
le
particelle
singole
,
bensì
-
in
condizioni
opportune
-
anche
per
atomi
e
molecole
,
cioè
per
sistemi
in
ciascuno
dei
quali
sono
riunite
più
particelle
.
Da
tutto
ciò
si
dovrà
concludere
che
l
'
identità
individuale
non
ha
senso
per
i
corpi
microscopici
.
Sembrerebbe
allora
che
essa
fosse
un
'
emergenza
,
una
proprietà
nuova
,
che
scaturisce
nel
caso
macroscopico
,
cioè
quando
si
mettono
assieme
miriadi
e
miriadi
di
particelle
,
come
per
esempio
in
due
palle
di
biliardo
o
addirittura
in
due
corpi
umani
.
Questo
in
un
certo
senso
è
vero
e
in
un
altro
senso
non
è
vero
.
Supponiamo
infatti
che
sia
possibile
avere
due
gemelli
assolutamente
identici
dal
punto
di
vista
fisico
.
I
loro
corpi
dovranno
essere
costituiti
esattamente
da
eguali
atomi
e
molecole
,
distribuiti
nello
stesso
modo
,
e
negli
stessi
stati
di
eccitazione
.
Si
badi
bene
che
ciò
implica
che
anche
tutti
i
neuroni
dei
due
gemelli
e
tutte
le
loro
sinapsi
dovranno
trovarsi
negli
stessi
identici
stati
.
Cosicché
i
due
dovranno
avere
le
stesse
memorie
;
e
se
l
'
uno
dirà
di
chiamarsi
Pietro
,
anche
l
'
altro
dovrà
dirlo
!
In
queste
condizioni
è
difficile
dubitare
che
anche
per
loro
varrebbe
la
perfetta
interscambiabilità
quantistica
.
Tuttavia
questo
caso
,
non
solo
è
fantastico
,
ma
è
addirittura
impossibile
.
Infatti
basta
che
uno
dei
gemelli
veda
un
oggetto
dal
suo
punto
di
vista
e
l
'
altro
da
un
punto
di
vista
differente
perché
le
loro
memorie
comincino
a
differire
e
siano
distinguibili
.
Ma
del
resto
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
parlare
proprio
di
gemelli
umani
per
convincersi
che
due
corpi
identici
non
esistono
praticamente
mai
.
Stando
così
le
cose
,
non
ci
si
può
meravigliare
se
la
mente
umana
,
nata
ed
evoluta
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
,
si
è
abituata
a
concepire
l
'
identità
in
senso
leibniziano
,
e
ad
affermare
che
due
corpi
non
possono
differire
"
solo
numero
"
,
cioè
avere
tutte
le
stesse
proprietà
,
pur
essendo
due
corpi
,
anziché
un
corpo
solo
.
Invece
due
elettroni
hanno
tutte
le
stesse
proprietà
,
eppure
sono
certamente
due
.
E
così
dicasi
per
i
numeri
superiori
a
due
.
Per
esempio
,
l
'
atomo
di
uranio
ha
novantadue
elettroni
,
distribuiti
in
diversi
stati
di
diversa
energia
.
Questo
lo
sappiamo
per
certo
.
Ma
sarebbe
assurdo
dire
che
nel
primo
stato
-
che
contiene
due
elementi
-
ci
sono
Pietro
e
Paolo
,
nel
secondo
-
che
ne
contiene
sei
-
ci
sono
Giovanni
,
Mario
,
Guido
,
Luigi
,
Marco
,
Alberto
;
e
così
via
.
È
chiaro
che
da
tutto
questo
si
deve
trarre
un
grande
insegnamento
.
Chi
pensa
che
la
nostra
logica
e
la
nostra
semantica
siano
qualcosa
di
superiore
ed
estraneo
all
'
uomo
e
non
rappresentino
invece
facoltà
ordinatrici
del
nostro
sistema
nervoso
centrale
-
facoltà
che
l
'
uomo
ha
faticosamente
acquisito
nel
corso
della
sua
evoluzione
,
allo
scopo
di
riuscire
a
vivere
in
un
certo
ambiente
fisico
-
fa
semplicemente
cattiva
filosofia
.
Credere
che
quelle
classificazioni
che
ci
sono
necessarie
-
e
in
molti
casi
perfino
sufficienti
-
per
cavarcela
in
un
ambiente
di
corpi
macroscopici
(
ciascuno
costituito
da
miriadi
di
particelle
aggregate
)
debbano
valere
in
tutti
i
campi
della
realtà
,
è
molto
ingenuo
.
È
un
'
estrapolazione
assolutamente
gratuita
e
ingiustificata
,
almeno
fino
a
che
l
'
esperienza
non
ne
abbia
confermata
la
validità
.
Ebbene
,
si
dà
il
caso
che
l
'
esperienza
l
'
abbia
inequivocabilmente
smentita
!
Perfino
il
venerabile
principio
d
'
identità
non
è
nelle
cose
,
ma
si
rivela
un
'
esigenza
puramente
umana
.
4
.
Dio
bono
!
"
Maestro
,
che
vuoi
dire
sessuofobia
?
"
La
domanda
a
bruciapelo
era
stata
formulata
con
perfetta
semplicità
,
senza
un
pizzico
(
almeno
apparente
)
di
malizia
,
da
Mario
,
un
frugoletto
dagli
occhi
vispi
e
dalla
curiosità
di
solito
inesauribile
.
La
sua
parlata
schiettamente
toscana
-
con
qualche
sfumatura
addirittura
arcaica
-
rivelava
sì
la
provenienza
da
un
ceto
culturalmente
piuttosto
modesto
,
ma
non
si
abbassava
quasi
mai
alla
volgarità
esibita
da
certi
compagni
"
signorini
"
.
Il
maestro
Consigli
,
superando
un
momento
di
esitazione
,
ma
stando
bene
attento
a
non
mostrare
imbarazzo
,
rispose
con
naturalezza
:
"
Vuoi
dire
paura
del
sesso
.
È
chiaro
.
"
E
intanto
diceva
spavaldamente
dentro
di
sé
:
no
,
no
,
non
sono
affatto
imbarazzato
,
che
diamine
!
Ciononostante
quasi
arrossì
quando
si
accorse
di
provare
un
certo
sollievo
nel
poter
buttare
tutto
sull
'
erudito
e
sul
didascalico
:
"
La
parola
oggi
è
spesso
usata
e
probabilmente
l
'
avrai
letta
in
qualche
giornale
.
Non
è
molto
ben
formata
,
perché
la
prima
parte
vien
dal
latino
e
la
seconda
dal
greco
.
"
Ma
Mario
non
mollava
e
,
dopo
un
po
'
di
riflessione
,
riprese
:
"
Che
cos
'
è
il
sesso
non
avrei
a
saperlo
:
lo
so
.
Per
esempio
io
sono
un
maschio
e
la
Lorella
è
una
femmina
.
Ma
perché
la
gente
ne
ha
da
aver
paura
?
"
A
questo
punto
il
bravo
Consigli
-
pur
non
volendo
ammetterlo
-
dovette
avvertire
qualche
difficoltà
.
A
ogni
modo
proseguì
imperterrito
:
"
Vedi
,
Mario
,
l
'
essere
uomo
o
donna
implica
tante
cose
,
oltre
a
portare
i
pantaloni
o
la
sottana
(
quando
si
portava
)
.
Dovrei
cominciare
col
premettere
molte
spiegazioni
...
"
Ma
la
quindicenne
Lorella
intervenne
subito
in
tono
di
sfida
:
"
Per
me
è
inutile
.
Io
so
tutto
!
"
Si
erano
trovati
ai
giardini
prospicienti
le
scuole
,
l
'
elementare
e
la
media
,
ospitate
in
un
medesimo
edificio
.
Il
maestro
sedeva
su
una
panchina
un
po
'
stanco
e
un
po
'
pensoso
,
domandandosi
per
l
'
ennesima
volta
se
proprio
valeva
la
pena
di
continuare
a
sgolarsi
per
quei
marmocchi
.
Loro
,
in
fondo
,
quando
erano
in
classe
non
aspettavano
altro
che
il
suono
della
campanella
finale
,
per
sciamare
festosi
o
litigiosi
via
dal
chiuso
delle
aule
,
lontano
dai
maestri
e
dai
bidelli
.
Non
c
'
era
dubbio
che
quello
della
scuola
era
il
contatto
fra
due
mondi
diversi
:
solo
un
legame
temporaneo
,
costrittivo
e
insopportabile
.
E
poi
nell
'
era
dei
"
media
"
lui
aveva
l
'
impressione
che
ogni
sera
sistematicamente
qualcuno
disfacesse
quella
tela
che
lui
con
fatica
tentava
di
tessere
di
giorno
.
Non
si
sentiva
affatto
di
rimpiangere
i
tempi
passati
e
di
respingere
il
nuovo
.
Ma
avvertiva
che
quel
nuovo
creava
paurose
dissonanze
.
Ricordava
con
cocente
umiliazione
quel
giorno
in
cui
,
essendo
di
buon
umore
,
accennava
fischiettando
il
tema
dell
'
Inno
alla
gioia
di
Beethoven
e
un
ragazzo
passando
osservò
:
"
È
la
musica
dell
'
Arancia
meccanica
!
"
.
E
quanto
alla
scuola
,
si
domandava
se
in
fondo
non
avesse
ragione
Ivan
Illich
,
che
proponeva
di
"
descolarizzare
la
società
"
.
Come
si
fa
a
persuadere
gli
alunni
a
interessarsi
di
quello
che
non
li
interessa
affatto
,
e
com
'
è
possibile
per
un
maestro
continuare
a
occuparsi
sempre
di
cose
che
per
lui
ormai
sono
routine
banale
?
Ma
forse
...
non
era
proprio
così
.
Già
altre
volte
,
quando
Consigli
sedeva
su
quella
panchina
,
assorto
nelle
sue
considerazioni
,
gli
si
era
avvicinato
Mario
,
che
invece
di
correre
a
casa
con
lo
zainetto
multicolore
sulle
spalle
,
gli
si
accoccolava
ai
piedi
e
lo
scrutava
.
E
poi
arrivava
anche
la
Lorella
,
che
qualche
anno
prima
era
stata
sua
scolara
;
ma
adesso
lo
guardava
con
occhi
ben
diversi
da
allora
.
Lei
certo
non
lo
sapeva
,
ma
lui
lo
avvertiva
e
non
di
rado
doveva
studiare
come
comportarsi
.
Del
resto
non
era
la
prima
volta
che
gli
capitava
:
giovane
,
con
aspetto
malinconico
e
un
po
'
trasandato
,
aveva
già
incontrato
qualche
ex
scolara
che
lo
contemplava
con
aria
adorante
.
E
,
in
fondo
,
sentiva
benissimo
che
quella
presenza
cambiava
per
lui
in
modo
sottile
l
'
ambiente
circostante
.
In
quel
mentre
nel
vialetto
dinanzi
a
loro
stava
passando
un
distinto
signore
con
i
capelli
grigi
ben
pettinati
,
in
un
semplice
,
ma
elegante
completo
anch
'
esso
grigio
e
un
maglione
celestino
paricollo
.
"
Don
Rino
,
don
Rino
!
"
chiamò
il
maestro
,
quasi
volesse
aggrapparsi
a
una
tavola
di
salvezza
.
L
'
insegnante
di
religione
si
soffermò
a
guardarli
,
poi
si
avvicinò
premuroso
,
con
la
domanda
:
"
Che
c
'
è
,
Consigli
?
"
"
C
'
è
che
Mario
qui
mi
ha
chiesto
che
cos
'
è
la
sessuofobia
.
Forse
lei
glielo
sa
spiegare
meglio
di
me
.
"
Don
Rino
represse
a
stento
una
risata
divertita
ed
esclamò
:
"
Proprio
io
?
"
.
Poi
si
riprese
e
aggiunse
:
"
Ma
sì
...
forse
è
giusto
.
Pensi
che
,
per
aver
parlato
troppo
liberamente
in
classe
di
queste
cose
e
di
altre
del
genere
,
mi
sono
già
beccato
varie
ramanzine
da
parte
della
Curia
;
e
anche
da
più
in
alto
"
.
"
Quanto
più
in
alto
?
"
si
azzardò
a
chiedere
Consigli
.
"
Be
'
...
per
via
indiretta
,
s
'
intende
:
da
chi
sta
al
vertice
della
Chiesa
.
"
"
Accipicchia
!
A
me
mi
pare
che
sia
il
Papa
!
"
esclamò
sbalordito
Mario
,
che
-
pur
usando
un
pleonasmo
rimproverato
dai
pedanti
-
maneggiava
benissimo
e
con
naturalezza
i
congiuntivi
.
Ma
don
Rino
,
come
se
non
avesse
sentito
,
proseguì
:
"
Io
credo
che
insegnando
nelle
scuole
,
predicando
ai
fedeli
o
scrivendo
,
si
debba
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
;
con
prudenza
sì
,
ma
anche
con
chiarezza
.
E
se
su
qualcosa
uno
non
è
d
'
accordo
con
la
dottrina
ufficiale
,
ha
il
dovere
di
dichiararlo
,
sia
pure
con
tutta
umiltà
.
La
fede
in
Dio
non
ne
viene
intaccata
:
è
il
Vangelo
stesso
che
ci
esorta
a
dire
sì
sì
e
no
no
,
senza
infingimenti
.
"
"
Allora
,
don
Rino
,
"
intervenne
la
Lorella
con
spavalderia
,
ma
anche
con
un
lieve
sospetto
di
rossore
,
"
ci
dica
pane
al
pane
e
sesso
al
sesso
,
senza
infingimenti
.
"
"
Tutti
sanno
,
"
incominciò
don
Rino
,
comprendendo
bene
che
ormai
non
poteva
sottrarsi
,
"
che
per
procreare
i
figli
ci
vogliono
un
uomo
e
una
donna
che
facciano
all
'
amore
.
Ora
l
'
amore
è
certamente
una
cosa
molto
bella
...
"
"
È
la
cosa
più
bella
che
esista
!
"
esclamò
la
Lorella
;
e
Consigli
si
sorprese
a
domandarsi
se
lei
lo
sapeva
davvero
o
se
invece
volesse
a
tutti
i
costi
immaginarlo
.
"
Sì
,
è
molto
bella
,
"
riprese
imperturbabile
e
un
po
'
didattico
don
Rino
.
"
Ma
proprio
perché
può
dare
grande
gioia
,
anche
fisica
,
all
'
essere
umano
,
qualcuno
è
portato
a
scambiarlo
per
un
puro
piacere
,
anziché
per
quello
che
deve
essere
in
realtà
:
un
innalzamento
e
un
completamento
spirituale
dell
'
uomo
.
La
Chiesa
,
specie
in
passato
,
vedendo
nella
ricerca
del
piacere
una
tentazione
del
demonio
,
un
atteggiamento
peccaminoso
,
una
deviazione
da
quella
concezione
ascetica
della
vita
che
riteneva
avvicinasse
a
Dio
,
finì
quasi
per
condannare
il
sesso
in
quanto
tale
.
Arrivò
così
a
concepire
e
a
diffondere
nei
suoi
ranghi
la
`
sessuofobia
'
.
Ma
fu
un
errore
:
e
di
esso
si
avvertono
ancora
nefaste
conseguenze
.
"
"
Fu
un
errore
?
"
domandò
sorridendo
Consigli
,
che
si
divertiva
un
mondo
a
punzecchiare
l
'
amico
don
Rino
.
"
Ma
lei
non
è
scapolo
proprio
in
quanto
prete
cattolico
?
"
"
Non
scherziamo
troppo
su
queste
cose
,
che
sono
molto
serie
,
"
rispose
l
'
altro
con
una
punta
di
rimprovero
.
"
Io
sono
disposto
ad
accettare
umilmente
rinunce
anche
gravi
,
impostemi
da
chi
guida
la
Chiesa
,
pur
di
continuare
a
esercitare
il
mio
ministero
.
Ma
credo
di
avere
diritto
alla
mia
opinione
.
E
sono
convinto
che
i
preti
protestanti
sposati
possono
svolgere
benissimo
(
chissà
,
forse
anche
meglio
di
noi
)
la
loro
missione
.
Del
resto
i
tempi
cambiano
;
bisogna
attendere
con
pazienza
il
futuro
...
"
"
Ma
come
si
fa
a
pensare
,
"
intervenne
la
Lorella
,
"
che
qualcosa
creato
e
voluto
da
Dio
sia
cattivo
e
da
fuggire
?
Dio
può
aver
fatto
soltanto
cose
belle
e
da
amare
;
altrimenti
dove
starebbe
la
sua
infinita
bontà
?
"
"
Dici
bene
,
Lorella
,
non
lo
nego
.
Ma
chi
siamo
noi
per
pretendere
di
capire
tutto
?
È
impossibile
sfuggire
alla
domanda
:
perché
ci
sono
le
cose
che
a
noi
paiono
cattive
?
E
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
arrivare
a
parlare
delle
pratiche
più
riprovevoli
del
sesso
.
L
'
amore
,
anche
quello
puro
e
sublime
,
può
far
soffrire
immensamente
l
'
essere
umano
.
Quasi
ogni
giorno
c
'
è
un
ragazzo
o
una
ragazza
che
si
uccide
per
amore
.
Si
può
pensare
una
cosa
più
orribile
?
Ma
io
credo
che
il
giudizio
che
noi
diamo
su
quello
che
è
buono
o
è
cattivo
risenta
troppo
spesso
della
nostra
miopia
,
della
nostra
inadeguatezza
.
Il
bene
può
essere
anche
dove
non
siamo
capaci
di
vederlo
.
In
fondo
,
quando
uno
ha
letto
la
fine
tragica
di
Romeo
e
Giulietta
,
è
certamente
spinto
a
sentirsi
più
in
alto
e
più
buono
.
"
"
Sì
,
è
proprio
così
,
"
disse
la
Lorella
.
"
Io
non
ho
letto
quella
commedia
...
"
"
Quella
tragedia
!
"
interruppe
ridendo
Consigli
.
...
ma
ho
visto
alla
televisione
la
storia
di
Romeo
e
Giulietta
.
Fa
piangere
;
ma
non
fa
male
,
fa
bene
.
"
Seguì
qualche
momento
di
silenzio
.
Ciascuno
rimaneva
impigliato
in
quei
pensieri
che
difficilmente
si
riesce
a
esprimere
pienamente
,
anche
a
se
stessi
.
Consigli
si
domandava
:
devo
dirlo
o
no
come
mi
sembra
che
stiano
realmente
le
cose
?
Perché
insinuare
dubbi
sulla
bellezza
e
sulla
bontà
del
mondo
in
chi
dimostra
di
volerci
credere
con
entusiasmo
?
Naturalmente
non
pensava
a
don
Rino
:
quello
su
certi
argomenti
la
sapeva
lunga
.
Ma
Mario
e
Lorella
...
Lui
tempo
addietro
aveva
intrapreso
gli
studi
di
scienze
all
'
università
,
proprio
perché
voleva
capire
come
è
fatto
veramente
il
mondo
.
Certo
,
moltissime
nozioni
utili
le
aveva
imparate
e
aveva
allargato
enormemente
il
suo
orizzonte
.
Ma
alla
fine
si
era
convinto
che
anche
per
quella
via
non
si
arrivava
mai
a
scoprire
quello
che
a
lui
sembrava
"
il
nocciolo
della
questione
"
,
cioè
il
perché
e
il
come
della
condizione
umana
.
Aveva
rinunciato
a
laurearsi
-
pur
continuando
ad
aggiornarsi
come
poteva
-
e
si
era
dedicato
invece
a
educare
alla
vita
i
bambini
,
cioè
coloro
che
dovevano
essere
preparati
a
costituire
in
futuro
una
società
civile
e
democratica
.
Sapeva
benissimo
che
pochi
lo
approvavano
,
anzi
che
molti
lo
criticavano
:
ma
quella
era
stata
la
sua
scelta
.
Ora
,
ricordando
quante
volte
lui
stesso
aveva
insegnato
che
bisogna
esprimere
con
franchezza
il
proprio
parere
,
si
risolse
ad
affrontare
l
'
argomento
:
"
Sentite
,
amici
miei
,
finché
si
parla
di
esseri
umani
,
di
alti
sentimenti
e
di
poesia
,
potrei
anche
esser
d
'
accordo
con
voi
.
Gli
antichi
Greci
usavano
un
parolone
,
`
catarsi
'
,
per
esprimere
quel
senso
di
purificazione
che
eleva
l
'
animo
umano
al
termine
di
una
tragedia
.
Ma
al
mondo
non
tutto
è
poesia
;
e
non
ci
sono
soltanto
gli
esseri
umani
...
"
"
Ci
sono
anche
le
bestie
!
"
intervenne
Mario
,
che
già
aveva
intuito
dove
si
andava
a
parare
.
"
Certo
,
"
ribatté
don
Rino
.
"
Ma
,
come
ben
avvertiva
san
Francesco
,
la
bontà
di
Dio
discende
verso
tutte
le
sue
creature
.
Io
credo
che
un
uomo
offenda
Dio
anche
quando
fa
soffrire
inutilmente
un
animale
.
Il
creato
è
buono
.
Solo
gli
uomini
sono
spesso
molto
cattivi
.
"
"
Sarà
,
"
riprese
perplesso
il
maestro
,
"
ma
io
non
ne
sono
così
convinto
.
Nella
scienza
naturale
sono
noti
mille
casi
in
cui
sembrerebbe
proprio
il
contrario
.
Voglio
farvi
un
esempio
fra
mille
.
C
'
è
un
gruppo
di
vespe
dal
difficile
nome
scientifico
,
a
proposito
delle
quali
il
grande
Darwin
scriveva
che
non
poteva
persuadersi
che
un
Dio
benefico
e
onnipotente
le
avesse
create
con
l
'
intento
specifico
che
si
cibassero
dei
corpi
vivi
dei
bruchi
.
Infatti
la
vespa
depone
le
uova
nel
corpo
di
un
bruco
,
ma
prima
colpisce
col
suo
pungiglione
ciascun
ganglio
del
sistema
nervoso
del
poveretto
,
in
modo
da
paralizzarlo
totalmente
senza
ucciderlo
.
Schiusesi
poi
le
uova
,
le
larve
si
cibano
di
carne
sempre
fresca
,
guardandosi
fino
all
'
ultimo
dal
distruggere
i
centri
vitali
della
vittima
.
Il
bruco
si
sente
gradualmente
straziare
dentro
,
patisce
atrocemente
,
ma
non
può
reagire
,
non
può
muovere
un
muscolo
.
Quando
poi
non
c
'
è
più
nulla
da
mangiare
e
il
bruco
è
svuotato
,
lo
si
lascia
morire
.
"
"
Dio
bono
!
"
sbottò
Mario
inorridito
.
"
Sì
,
"
riprese
Consigli
sorridendo
amaramente
,
"
forse
hai
detto
giusto
,
anche
senza
volerlo
.
C
'
è
proprio
da
chiedersi
se
Dio
e
la
natura
esprimano
soltanto
bontà
verso
le
proprie
creature
.
L
'
esistenza
di
cose
così
terribili
pone
angosciose
domande
,
non
solo
ai
credenti
,
ma
anche
ai
laici
come
me
.
Perché
tutto
questo
?
Ma
vedi
,
alcuni
pensatori
di
grande
levatura
affermano
che
la
domanda
è
insensata
;
dicono
che
semplicemente
non
c
'
è
un
perché
.
Io
non
credo
che
abbiano
del
tutto
torto
.
Ma
allora
mi
assilla
un
dubbio
ulteriore
:
perché
ci
poniamo
quelle
domande
?
"
Don
Rino
da
qualche
minuto
guardava
nervosamente
l
'
orologio
e
disse
:
"
È
tardi
,
Consigli
.
Io
devo
scappare
e
questi
ragazzi
devono
correre
a
casa
.
Non
è
che
io
mi
voglia
sottrarre
a
questa
discussione
,
intendiamoci
.
Anch
'
io
sono
turbato
,
lo
confesso
;
ma
sono
aiutato
dalla
fede
.
Bisognerà
ritrovarsi
ed
esaminare
tutto
con
calma
.
"
E
s
'
incamminò
con
passo
elastico
verso
il
convento
,
presso
il
quale
aveva
trovato
ospitalità
incondizionata
da
quei
buoni
padri
.
Ma
già
Mario
correva
a
perdifiato
verso
il
suo
autobus
,
facendo
segni
disperati
al
conduttore
,
mentre
la
Lorella
si
avviava
a
malincuore
verso
la
macchina
,
nella
quale
la
mamma
l
'
attendeva
un
po
'
spazientita
.
5
.
L
'
importanza
di
essere
un
pomo
"
Le
Dieu
des
chrétiens
est
un
père
qui
fait
grand
cas
de
ses
pommes
et
fort
peu
de
ses
enfants
"
[
"
Il
Dio
dei
cristiani
è
un
padre
che
fa
gran
caso
dei
suoi
pomi
e
ben
poco
dei
suoi
figli
"
]
.
Così
annotava
Diderot
nella
sedicesima
aggiunta
ai
suoi
pensieri
filosofici
.
Forse
,
trasportato
un
po
'
dalla
sua
corrosiva
vis
polemica
,
si
era
dimenticato
di
dire
che
in
realtà
quello
era
il
Dio
degli
ebrei
;
un
Dio
che
i
cristiani
si
trovarono
già
bell
'
e
fatto
così
com
'
era
e
che
-
spinti
del
resto
da
non
disprezzabili
ragioni
di
tradizione
storica
-
ebbero
poi
l
'
imprudenza
di
ereditare
senza
beneficio
d
'
inventario
,
accettando
perfino
quella
bizzarra
gelosia
per
le
sue
"
pommes
"
.
Sembrerebbe
che
nel
pensiero
espresso
dal
filosofo
i
figli
di
cui
Dio
non
si
curerebbe
abbastanza
fossero
gli
esseri
umani
.
Ma
in
verità
Diderot
era
troppo
fino
per
accettare
senza
obiezioni
quella
ben
nota
noncuranza
per
le
sofferenze
degli
animali
,
che
era
abbastanza
abituale
ai
suoi
tempi
.
Infatti
in
una
successiva
riflessione
,
parlando
della
condanna
della
donna
a
partorire
nel
dolore
:
la
donna
-
egli
dice
-
era
in
fondo
una
peccatrice
,
ma
che
gli
avevano
fatto
(
al
Creatore
)
le
femmine
degli
animali
,
che
pure
generano
con
dolore
?
Il
buon
maestro
Consigli
dunque
non
aveva
tirato
fuori
cose
troppo
nuove
.
Cartesio
se
la
cavava
immaginando
che
gli
animali
fossero
soltanto
macchine
:
meravigliose
sì
,
ma
pur
sempre
macchine
.
E
noi
dobbiamo
riconoscere
che
i
robot
che
oggi
sono
capaci
-
e
ancor
più
lo
saranno
domani
-
di
fare
cose
strabilianti
,
sono
appunto
macchine
.
Tuttavia
non
possiamo
ignorare
che
qualcuno
comincia
ormai
a
non
essere
più
tanto
sicuro
che
gli
elaboratori
di
grande
complessità
siano
necessariamente
privi
di
sentimenti
e
di
sofferenze
(
si
rammentino
,
per
esempio
,
le
suggestioni
di
2001
:
Odissea
nello
spazio
)
.
Ma
lasciamo
stare
la
fantascienza
.
È
innegabile
che
la
sensibilità
del
pubblico
generale
nei
riguardi
degli
animali
è
oggi
in
larga
misura
cambiata
rispetto
a
quella
che
era
molto
diffusa
una
volta
.
Chi
,
possedendo
e
amando
un
cane
,
può
dubitare
che
quello
sia
capace
di
soffrire
?
Certo
si
può
sensatamente
obiettare
che
,
per
sapere
se
le
cose
stanno
veramente
così
,
bisognerebbe
entrare
nella
testa
del
cane
.
I
segni
esteriori
di
sofferenza
potrebbe
darli
anche
una
macchina
.
E
non
è
affatto
inimmaginabile
che
si
arrivi
a
costruire
un
automa
elettronico
che
,
alla
nostra
domanda
se
soffra
,
risponda
con
un
lamento
e
affermi
:
sì
,
sto
soffrendo
.
Ma
attenzione
!
Siamo
su
una
china
pericolosa
.
Per
quella
via
si
arriva
facilmente
a
dubitare
che
anche
i
nostri
simili
umani
soffrano
,
dato
che
,
per
quanti
segni
esteriori
essi
diano
,
noi
non
possiamo
mai
entrare
nella
loro
testa
.
Tutto
questo
è
vero
;
eppure
la
compassione
e
l
'
empatia
sono
costituenti
irrinunciabili
della
nostra
natura
,
sì
che
negandole
negheremmo
noi
stessi
.
Soffrire
nel
vedere
in
altri
i
segni
della
sofferenza
fa
parte
della
nobiltà
della
natura
umana
.
Dostoevskij
nell
'
Idiota
afferma
:
"
La
compassione
è
la
più
importante
e
forse
l
'
unica
legge
di
vita
dell
'
umanità
intera
"
.
Del
resto
nessuno
può
dimenticare
il
dantesco
:
"
E
se
non
piangi
,
di
che
pianger
suoli
?
"
.
Fra
le
due
posizioni
estreme
-
quella
che
gli
animali
abbiano
una
sensibilità
di
tipo
umano
e
quella
che
li
vuole
assolutamente
insensibili
-
ce
n
'
è
una
più
ragionevole
,
anch
'
essa
espressa
bene
da
Dante
.
È
l
'
affermazione
della
tradizione
aristotelico
-
tomistica
seguita
dal
poeta
,
"
che
vuol
quanto
la
cosa
è
più
perfetta
/
più
senta
il
bene
e
così
la
doglienza
"
.
Può
essere
un
pregiudizio
,
confessiamolo
pure
,
ma
anche
coloro
che
ne
negano
la
validità
,
non
se
ne
liberano
mai
sul
serio
;
altrimenti
non
si
avvierebbero
mai
a
una
passeggiata
nel
bosco
,
dissuasi
dal
timore
di
calpestare
centinaia
di
formiche
e
di
altre
innocue
bestioline
;
né
prenderebbero
mai
un
antibiotico
,
ben
sapendo
che
con
quello
uccidono
miliardi
di
poveri
germi
!
Certo
per
applicare
la
massima
di
Dante
a
quanto
stiamo
discutendo
bisogna
credere
che
un
essere
umano
sia
più
"
perfetto
"
di
un
verme
;
e
qualcuno
potrà
obiettare
che
una
tale
affermazione
è
solo
segno
di
ingenua
presunzione
.
Riconosciamo
pure
che
questo
è
anche
vero
,
nel
senso
che
il
verme
è
"
perfettamente
"
adatto
a
fare
quello
che
fa
e
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
.
In
realtà
si
tratta
solo
di
un
uso
un
po
'
antiquato
del
concetto
di
perfezione
,
che
di
per
sé
può
significare
molte
cose
diverse
.
Forse
oggi
preferiremmo
parlare
piuttosto
di
complessità
che
di
perfezione
;
ed
è
certo
che
il
sistema
nervoso
dell
'
uomo
è
enormemente
più
complesso
di
quello
del
verme
.
Che
poi
questo
significhi
che
l
'
essere
umano
sia
capace
di
soffrire
più
del
verme
è
un
'
inferenza
non
garantita
da
alcuna
prova
sicura
.
Ciononostante
noi
viviamo
come
se
fosse
proprio
così
e
ci
è
difficile
dar
credito
a
chi
lo
nega
.
Tutto
quello
che
si
potrebbe
supporre
abbastanza
sensatamente
è
che
l
'
uomo
,
più
degli
animali
cosiddetti
inferiori
,
sia
conscio
di
soffrire
;
e
probabilmente
qualcuno
vorrebbe
aggiungere
che
proprio
questa
è
la
vera
sofferenza
.
Comunque
,
anche
accettando
l
'
ipotesi
della
maggiore
o
minore
capacità
di
soffrire
e
pensando
che
essa
sia
massima
nell
'
uomo
,
il
discorso
sarcastico
di
Diderot
non
perde
molta
della
sua
incisività
.
Anzi
,
può
lasciare
il
pio
credente
ancora
più
perplesso
di
prima
.
Infatti
,
mentre
l
'
uomo
può
sperare
in
un
compenso
nell
'
aldilà
,
che
cosa
può
aspettarsi
il
verme
in
cambio
della
sua
più
o
meno
grande
sofferenza
?
Non
è
crudele
farlo
patire
senza
alcuno
scopo
?
È
difficile
non
cedere
all
'
umana
tentazione
di
colpevolizzare
qualcuno
per
la
propria
e
l
'
altrui
sofferenza
.
Questa
non
lodevole
abitudine
può
magari
portarci
a
prendercela
con
la
natura
,
come
faceva
Leopardi
,
quando
gridava
a
se
stesso
:
"
Ormai
disprezza
/
te
,
la
natura
,
il
brutto
/
poter
che
,
ascoso
,
a
comun
danno
impera
...
"
.
Una
concezione
più
moderna
-
che
da
qualcuno
molto
impropriamente
viene
supposta
ateistica
-
non
nega
che
possa
esserci
stato
un
creatore
dell
'
universo
(
qualunque
cosa
si
voglia
intendere
per
creazione
)
;
ma
non
può
ammettere
che
costui
,
una
volta
costruito
questo
immenso
marchingegno
e
datagli
la
spinta
iniziale
,
sorvegli
con
ansietà
la
sua
creatura
e
intervenga
continuamente
a
violare
le
leggi
che
egli
stesso
ha
stabilito
,
allo
scopo
di
modificarne
quelle
conseguenze
che
non
gli
vanno
a
genio
.
Si
arriva
allora
alla
teoria
della
suprema
indifferenza
,
quella
che
lo
stesso
Leopardi
,
quando
è
meno
stizzito
e
più
lucido
,
esprime
con
le
amare
parole
:
"
Ma
da
natura
/
altro
negli
atti
suoi
/
che
nostro
male
o
nostro
ben
si
cura
"
.
La
teoria
dell
'
indifferenza
non
viene
di
solito
accettata
di
buon
grado
,
perché
rende
molto
arduo
-
per
tutti
quelli
che
ci
credono
-
continuare
a
sperare
nella
divina
provvidenza
ed
essere
così
aiutati
a
sopportare
le
sventure
.
L
'
autore
di
queste
pagine
(
gli
si
perdoni
un
vivo
ricordo
personale
)
aveva
molti
anni
fa
un
amico
,
ormai
scomparso
,
frate
domenicano
di
rara
intelligenza
e
apertura
mentale
.
Una
volta
,
durante
la
guerra
,
sentendo
qualcuno
pronunciare
la
frase
stereotipa
:
"
siamo
nelle
mani
della
provvidenza
,
"
non
poté
trattenersi
dall
'
esclamare
:
"
In
che
brutte
mani
siamo
!
"
.
Che
era
successo
?
Aveva
forse
perduto
la
fede
,
bestemmiava
?
Assolutamente
no
;
la
sua
fede
era
salda
.
Voleva
solo
osservare
realisticamente
che
per
arrivare
a
invocare
un
improbabile
intervento
dall
'
alto
bisognava
trovarsi
proprio
male
!
Lui
credeva
in
un
Dio
molto
al
di
sopra
dei
terreni
desideri
o
timori
umani
.
Lasciando
stare
la
teologia
e
spostandoci
su
un
piano
ben
differente
,
non
possiamo
fare
a
meno
di
affermare
che
la
teoria
dell
'
indifferenza
va
perfettamente
d
'
accordo
con
le
migliori
risultanze
della
scienza
contemporanea
.
Si
tratta
della
ben
nota
fusione
del
vecchio
-
ma
sempre
valido
-
concetto
darwiniano
di
selezione
naturale
con
le
conoscenze
derivanti
dalla
scoperta
del
codice
genetico
e
delle
sue
casuali
mutazioni
.
Riassumiamo
in
pochissime
-
e
di
conseguenza
quanto
mai
inadeguate
-
parole
di
che
si
tratta
.
I
caratteri
di
un
essere
vivente
sono
dettati
da
certe
complesse
strutture
molecolari
che
si
chiamano
geni
e
che
nel
loro
insieme
costituiscono
il
genoma
o
genotipo
di
quell
'
individuo
.
I
geni
-
per
varie
cause
,
sulle
quali
ora
non
ci
soffermiamo
-
sono
soggetti
a
subire
ogni
tanto
dei
cambiamenti
.
Una
mutazione
del
genotipo
ha
per
conseguenza
una
mutazione
del
fenotipo
,
cioè
della
costituzione
e
del
comportamento
dell
'
essere
vivente
.
Se
la
mutazione
è
favorevole
,
quel
fenotipo
è
più
adatto
a
sopravvivere
nel
suo
ambiente
e
quindi
ad
avere
discendenti
,
ai
quali
passerà
in
eredità
il
suo
mutato
genoma
:
in
tal
modo
può
anche
nascere
una
nuova
specie
.
Se
invece
la
mutazione
è
sfavorevole
,
minore
(
o
nulla
)
sarà
la
probabilità
che
quella
varietà
di
essere
vivente
si
propaghi
:
prima
o
poi
il
nuovo
genotipo
e
il
suo
fenotipo
si
estinguono
.
Con
questo
meccanismo
è
avvenuta
(
e
avviene
tuttora
)
l
'
evoluzione
delle
specie
.
Per
quanto
ne
sappiamo
a
tutt
'
oggi
,
le
mutazioni
avvengono
a
caso
;
e
questo
desta
non
poche
perplessità
.
Ma
Monod
(
Il
caso
e
la
necessità
)
afferma
senza
mezzi
termini
:
"
Il
caso
puro
,
il
solo
caso
,
libertà
assoluta
ma
cieca
,
sta
alla
radice
del
prodigioso
edificio
dell
'
evoluzione
;
oggi
questa
nozione
centrale
della
biologia
non
è
più
un
'
ipotesi
fra
le
molte
possibili
o
perlomeno
concepibili
,
ma
è
la
sola
concepibile
in
quanto
è
l
'
unica
compatibile
con
la
realtà
quale
ce
la
mostrano
l
'
osservazione
e
l
'
esperienza
"
.
Tutto
si
svolge
dunque
a
caso
.
Ma
la
selezione
naturale
fa
sì
che
le
cose
vadano
"
come
se
"
l
'
unico
interesse
e
scopo
di
un
gene
fosse
quello
di
continuare
a
sussistere
e
di
propagarsi
nei
successivi
esseri
viventi
,
senza
alcun
riguardo
per
la
maggiore
o
minore
sofferenza
dell
'
individuo
del
quale
fa
parte
.
Si
può
arrivare
a
parlare
(
Dawkins
)
di
gene
egoista
.
Quanto
alla
natura
,
essa
è
certamente
indifferente
a
quanto
accade
alle
"
pommes
"
di
Dio
o
agli
esseri
umani
.
Già
Chamfort
(
Massime
)
scrisse
sapidamente
:
"
Qualcuno
diceva
che
provvidenza
è
il
nome
di
battesimo
del
caso
;
qualche
devoto
dirà
che
caso
è
un
soprannome
della
provvidenza
"
.
In
un
certo
senso
avevano
ragione
tutti
e
due
!
Infatti
,
se
è
vero
che
tutto
avviene
per
puro
caso
,
non
si
può
che
rimanere
strabiliati
nel
constatare
che
il
caso
ci
ha
portato
a
risultati
così
incredibili
,
quasiché
un
sapiente
architetto
li
abbia
progettati
.
Il
guaio
è
che
non
abbiamo
alcun
modo
per
dimostrare
che
l
'
architetto
c
'
è
stato
veramente
.
Anzi
,
poiché
quell
'
immagine
si
rifà
inevitabilmente
a
un
'
esperienza
umana
,
in
cui
un
uomo
provvisto
di
speciali
competenze
prima
progetta
e
poi
,
valendosi
di
materiali
e
di
leggi
già
esistenti
,
costruisce
l
'
edificio
,
è
impossibile
sottrarsi
alla
conclusione
che
stiamo
ancora
parlando
di
uomini
e
non
di
dèi
.
6
.
Gli
altri
:
che
scocciatura
!
L
'
apparire
della
visione
biologica
testé
descritta
,
porta
necessariamente
a
domandarci
:
che
ne
è
oggi
dei
concetti
di
bene
,
di
male
,
di
etica
,
di
morale
?
Che
ne
è
dei
valori
,
la
cui
supposta
"
perdita
"
fa
stare
tanti
valentuomini
con
il
fazzoletto
in
mano
per
asciugarsi
il
pianto
(
magari
non
del
tutto
sincero
)
?
Non
è
forse
venuto
il
momento
di
riesaminare
tutta
la
questione
con
un
'
attrezzatura
un
po
'
più
critica
e
sensata
di
quella
del
passato
?
Attualmente
ci
sono
in
proposito
tre
atteggiamenti
differenti
,
abbastanza
diffusi
.
1
)
Il
primo
è
solo
l
'
intransigente
arroccamento
sulle
posizioni
tradizionali
,
che
attribuiscono
a
tutti
quei
concetti
un
contenuto
oggettivo
,
indipendente
dalle
credenze
e
dalle
circostanze
umane
,
se
non
addirittura
trascendente
e
dettato
da
Dio
.
(
E
in
quest
'
ultimo
caso
sono
divertenti
le
dispute
su
che
cosa
veramente
Dio
abbia
voluto
dettare
.
)
2
)
Il
secondo
atteggiamento
-
spesso
egualmente
intransigente
-
è
quello
di
chi
,
estendendo
in
modo
indebito
le
scoperte
moderne
della
genetica
,
butta
tutto
sul
biologico
e
considera
i
suddetti
concetti
come
ormai
in
tutto
superati
dalla
concezione
scientifica
dell
'
indifferenza
.
3
)
Il
terzo
atteggiamento
-
molto
più
saggio
,
ci
si
permetta
di
dirlo
-
è
di
chi
,
senza
trionfalismi
,
ma
anche
senza
sciocchi
"
rimpianti
"
del
buon
tempo
antico
,
prende
atto
delle
conquiste
della
scienza
moderna
e
indaga
in
quel
quadro
il
sorgere
delle
varie
assiologie
,
il
loro
significato
e
la
loro
importanza
per
la
sopravvivenza
e
lo
sviluppo
dell
'
umanità
.
Qui
ci
atterremo
senz
'
altro
alla
terza
delle
concezioni
indicate
,
anche
se
,
essendo
la
meno
semplicistica
,
è
anche
ovviamente
la
meno
semplice
da
seguire
in
tutti
i
suoi
risvolti
.
Naturalmente
vogliamo
arrivare
a
parlare
di
noi
stessi
,
cioè
della
specie
homo
sapiens
sapiens
.
Per
quanto
riguarda
i
cosiddetti
"
animali
inferiori
"
,
la
loro
etologia
è
certamente
fissata
in
larga
misura
-
ma
,
a
quanto
appare
dalle
indagini
moderne
,
non
proprio
sempre
e
interamente
-
dal
loro
patrimonio
genetico
.
Per
fare
un
semplice
esempio
,
le
formiche
di
una
certa
specie
costruiscono
il
formicaio
,
seguendo
un
certo
modello
,
che
è
come
disegnato
e
stampato
al
loro
interno
.
Quel
modello
è
il
risultato
di
un
lungo
processo
di
selezione
.
Se
,
per
ipotesi
assurda
,
una
formica
un
po
'
bizzarra
si
discostasse
molto
dal
procedimento
tradizionale
della
sua
specie
e
convincesse
le
sue
compagne
a
imitarla
,
quella
specie
(
quasi
certamente
)
si
estinguerebbe
.
Quanto
detto
non
esclude
affatto
che
il
genoma
di
un
animale
sia
così
congegnato
da
indurlo
anche
a
tutta
una
serie
di
comportamenti
che
noi
,
col
nostro
metro
umano
,
classificheremmo
come
"
morali
"
.
Prima
di
tutto
è
abbastanza
generalizzata
la
proibizione
di
uccidere
i
propri
simili
.
La
spiegazione
di
questo
comportamento
è
addirittura
banale
.
Se
gl
'
individui
di
una
stessa
specie
si
uccidono
fra
loro
,
la
specie
ha
una
notevole
probabilità
di
estinguersi
.
Ma
stiamo
attenti
:
questa
proibizione
è
soggetta
anche
a
eccezioni
.
Si
tratta
di
quei
casi
in
cui
l
'
uccisione
dei
propri
simili
-
e
perfino
il
cannibalismo
!
-
trovano
giustificazione
proprio
nel
vantaggio
del
gene
egoista
.
Campioni
di
questa
naturale
trasgressione
sono
certi
insetti
.
Per
esempio
,
le
coccinelle
-
pur
così
graziose
-
si
rivelano
esseri
feroci
:
quando
una
scarsezza
di
naturali
risorse
minaccia
la
propagazione
del
gruppo
,
non
esitano
a
divorare
le
loro
simili
più
giovani
o
appena
nate
.
Tuttavia
negli
animali
cosiddetti
superiori
è
abbastanza
diffusa
la
regola
del
"
cane
non
mangia
cane
"
.
I
moderni
studi
di
sociobiologia
vanno
molto
più
in
là
e
arrivano
a
giustificare
con
la
selezione
naturale
perfino
l
'
altruismo
.
Fanno
osservare
che
un
membro
del
mio
gruppo
ha
grande
probabilità
di
avere
alcuni
geni
uguali
ai
miei
:
aiutandolo
a
sopravvivere
,
aiuto
quei
geni
(
benché
egoisti
come
tutti
i
geni
)
a
continuare
a
sussistere
e
a
propagarsi
.
Ma
tutto
quello
che
abbiamo
detto
ci
appare
come
pura
etologia
,
non
etica
nel
senso
umano
.
Per
quanto
riguarda
l
'
uomo
,
le
cose
sono
molto
più
complicate
.
Prima
di
tutto
sgombriamo
il
terreno
da
un
ingenuo
pregiudizio
,
abbastanza
diffuso
fra
molti
che
si
credono
saggi
.
Si
tratta
di
coloro
che
vogliono
a
tutti
i
costi
che
i
nostri
comportamenti
siano
tutti
e
soltanto
appresi
e
non
derivino
anche
dalla
nostra
costituzione
genetica
.
Per
vedere
che
è
una
sciocchezza
basterebbe
riflettere
banalmente
che
,
se
il
patrimonio
genetico
non
fosse
tale
da
impartire
al
fenotipo
la
capacità
di
apprendere
-
anzi
una
spiccata
propensione
a
farlo
,
soprattutto
mediante
la
curiosità
-
non
vi
sarebbero
comportamenti
appresi
.
È
vero
che
molti
animali
superiori
hanno
almeno
un
barlume
di
tale
capacità
e
possono
essere
ammaestrati
.
Ma
proprio
il
fatto
che
,
pur
lasciandoci
ammirati
,
essi
rimangono
ben
lontani
dall
'
imparare
a
fare
tutto
quello
che
fa
l
'
uomo
,
dimostra
che
le
loro
strutture
genetiche
non
sono
adatte
a
quei
compiti
.
E
indubbio
che
altrettanto
ingenuo
sarebbe
,
per
converso
,
supporre
che
tutto
quello
che
facciamo
stesse
scritto
così
com
'
è
nel
nostro
patrimonio
genetico
.
Se
questo
fosse
proprio
vero
,
parleremmo
tutti
la
stessa
lingua
e
crederemmo
tutti
nello
stesso
Dio
!
Tuttavia
si
faccia
attenzione
:
nel
genoma
umano
c
'
è
fissato
molto
di
più
di
quanto
generalmente
si
creda
.
A
questo
proposito
-
tanto
per
fare
un
esempio
-
è
sommamente
interessante
quanto
è
stato
recentemente
descritto
di
un
gruppo
di
qualche
centinaio
di
bambini
del
Nicaragua
,
affetti
da
sordità
congenita
.
Ciascuno
di
essi
era
vissuto
,
fin
quasi
dalla
nascita
,
praticamente
isolato
da
rapporti
con
adulti
.
Dopo
alcuni
anni
di
convivenza
nel
gruppo
,
quei
bambini
hanno
sviluppato
un
linguaggio
gestuale
assolutamente
originale
,
che
contiene
nomi
e
verbi
,
sottopone
questi
ultimi
a
una
rudimentale
coniugazione
e
distingue
perfino
il
soggetto
dall
'
oggetto
!
Ciò
-
sia
detto
per
inciso
-
va
d
'
accordo
con
le
idee
di
Chomski
sull
'
esistenza
di
una
grammatica
universale
innata
.
La
posizione
di
quasi
tutti
gli
studiosi
moderni
è
che
il
comportamento
umano
derivi
da
un
'
inestricabile
interazione
fra
i
geni
e
l
'
ambiente
(
anche
umano
,
ovviamente
)
,
o
-
come
spesso
si
dice
più
volgarmente
-
fra
natura
e
cultura
.
Continua
certamente
a
sussistere
in
noi
la
propensione
a
seguire
la
primitiva
etologia
animale
,
ma
il
comportamento
si
complica
notevolmente
quando
-
immaginando
tutta
una
pluralità
di
mondi
possibili
alla
Leibniz
-
cominciamo
a
capire
e
a
pesare
le
conseguenze
del
nostro
agire
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
.
Inoltre
è
di
enorme
importanza
il
nascere
negli
uomini
della
coscienza
di
essere
liberi
di
scegliere
la
via
da
seguire
.
(
Ma
qui
non
vogliamo
certo
risollevare
la
vetusta
controversia
del
libero
arbitrio
.
)
Ne
scaturisce
un
nuovo
originalissimo
concetto
,
che
ci
fa
passare
dalla
pura
etologia
del
"
fare
"
all
'
etica
del
"
dover
fare
"
.
Sorge
subito
la
domanda
:
perché
tutto
questo
?
Qual
è
per
la
nostra
specie
il
vantaggio
selettivo
del
passare
dal
fare
al
dover
fare
?
Cominciamo
col
dare
una
prima
risposta
,
che
è
abbastanza
facile
,
ma
probabilmente
non
del
tutto
sufficiente
.
I
comportamenti
dettati
puramente
dall
'
impianto
genetico
sono
in
numero
magari
grande
,
ma
necessariamente
limitato
.
Le
condizioni
di
vita
degli
esseri
umani
divengono
invece
sempre
più
complicate
e
le
possibili
nuove
evenienze
sono
innumerevoli
.
Soltanto
un
enorme
elaboratore
qual
è
il
nostro
cervello
può
tentare
di
far
fronte
a
tutto
,
purché
inoltre
l
'
utilizzatore
abbia
intera
libertà
di
giudizio
e
di
scelta
.
La
continua
scelta
diviene
una
componente
essenziale
della
vita
umana
.
Gli
uomini
,
fin
dal
più
lontano
paleolitico
,
hanno
vissuto
in
piccoli
gruppi
e
hanno
senza
dubbio
ereditato
per
via
genetica
quelle
prescrizioni
di
comportamento
del
"
cane
non
mangia
cane
"
,
che
abbiamo
già
riconosciute
comuni
a
moltissimi
animali
.
Ma
è
facile
presumere
che
con
lo
sviluppo
di
enormi
facoltà
intellettuali
,
col
sorgere
del
linguaggio
e
della
trasmissione
culturale
,
si
siano
resi
ben
conto
che
era
necessario
darsi
delle
regole
di
comportamento
al
di
dentro
del
gruppo
,
a
vantaggio
di
tutti
.
Bisognava
costantemente
tener
conto
degli
altri
.
E
altamente
probabile
che
-
almeno
agli
inizi
-
non
avessero
chiara
coscienza
che
in
tal
modo
stavano
stringendo
un
vero
e
proprio
patto
sociale
;
ma
lo
stipulavano
di
fatto
.
Ed
è
anche
probabile
che
quei
gruppi
che
erano
più
lenti
o
più
restii
nello
stipularlo
risultavano
perdenti
e
rischiavano
l
'
estinzione
.
Non
sarà
proprio
così
,
cioè
per
via
di
"
selezione
culturale
"
,
che
nel
nostro
patrimonio
genetico
cominciò
a
inscriversi
la
norma
fondamentale
di
ogni
convivenza
civile
:
pacta
sunt
servanda
?
Non
ne
abbiamo
le
prove
,
né
mai
le
avremo
;
ma
ci
atterremo
a
questa
come
a
un
'
ipotesi
molto
verosimile
.
Certamente
col
mesolitico
e
soprattutto
poi
col
neolitico
la
vita
associata
ebbe
uno
sviluppo
enorme
.
Dalla
pura
caccia
e
raccolta
si
passa
all
'
agricoltura
,
alla
domesticazione
degli
animali
,
alla
divisione
del
lavoro
;
nascono
la
città
con
le
sue
fortificazioni
e
il
suo
esercito
,
lo
stato
,
il
diritto
,
la
legge
.
La
compravendita
mediante
denaro
,
forse
più
di
ogni
altra
istituzione
,
denuncia
chiaramente
l
'
esistenza
di
un
patto
.
La
legge
,
prima
orale
poi
scritta
,
farà
nascere
un
vero
e
proprio
contratto
sociale
.
Come
un
giorno
dirà
Rousseau
(
Du
contrat
social
)
,
il
fine
del
contratto
è
:
"
Trouver
une
forme
d
'
association
qui
défende
et
protège
de
toute
la
force
commune
la
personne
et
les
biens
de
chaque
associé
,
et
par
laquelle
chacun
s
'
unissant
à
tous
n
'
obeisse
pourtant
qu
'
à
lui
-
même
et
reste
aussi
libre
qu
'
auparavant
"
[
"
Trovare
una
forma
di
associazione
che
difenda
e
protegga
con
tutta
la
forza
comune
la
persona
e
i
beni
di
ciascun
associato
,
e
per
la
quale
ciascuno
unendosi
a
tutti
non
obbedisca
tuttavia
che
a
se
stesso
e
resti
libero
come
prima
"
]
.
L
'
ultima
frase
è
essenziale
.
Bellissima
poi
è
la
nota
di
Rousseau
,
quasi
intraducibile
in
italiano
:
"
les
maisons
font
la
ville
,
mais
les
citoyens
font
la
cité
"
.
E
la
fanno
proprio
in
virtù
del
patto
.
A
questa
rivoluzione
epocale
conseguì
fra
l
'
altro
uno
sviluppo
demografico
senza
precedenti
.
I
diversi
gruppi
umani
,
ormai
numerosi
e
potenti
,
cominciarono
a
gareggiare
mediante
la
concorrenza
commerciale
,
ma
più
spesso
con
le
armi
.
I
gruppi
che
non
avevano
un
patto
sociale
efficiente
e
rispettato
venivano
più
facilmente
eliminati
dalla
scena
.
Accanto
all
'
etologia
di
ogni
animale
,
che
bada
soprattutto
-
ma
non
soltanto
,
come
già
detto
-
alla
sopravvivenza
dell
'
individuo
,
si
sviluppa
necessariamente
e
viene
inscritto
nel
genoma
l
'
impulso
a
compiere
quelle
azioni
che
sono
necessarie
alla
preservazione
del
gruppo
.
Il
fare
e
il
dover
fare
:
due
leggi
,
spesso
contraddittorie
,
regnano
ormai
nell
'
animo
umano
.
E
,
data
la
complicazione
dei
casi
nei
quali
esse
si
scontrano
,
i
millenni
non
sono
ancora
stati
sufficienti
per
conciliarle
interamente
.
Non
per
niente
Sartre
(
Huis
clos
)
esclamò
:
"
L
'
enfer
,
c
'
est
les
autres
"
.
Ed
è
proprio
la
frequente
contraddizione
fra
le
due
leggi
che
fa
nascere
la
meraviglia
,
la
speculazione
sull
'
originale
condizione
umana
.
Fra
l
'
altro
obbliga
a
trovare
,
per
distinguere
e
intendersi
,
una
nuova
terminologia
.
Ma
è
dubbio
che
dietro
di
essa
si
debba
vedere
qualche
cosa
di
più
di
una
serie
di
definizioni
.
Così
la
naturalissima
tendenza
a
fare
il
proprio
interesse
diviene
il
"
riprovevole
"
egoismo
,
mentre
la
tendenza
a
fare
gli
interessi
degli
altri
o
del
gruppo
diviene
il
"
lodevole
"
comportamento
morale
.
Quando
un
individuo
non
segue
quest
'
ultimo
,
diviene
preda
del
senso
di
colpa
e
del
rimorso
.
E
uno
stato
d
'
animo
piuttosto
spiacevole
;
ma
,
poiché
persuade
l
'
individuo
a
comportarsi
diversamente
la
prossima
volta
,
alla
fin
fine
torna
a
vantaggio
del
gruppo
e
dei
suoi
geni
.
Forse
a
questo
punto
possiamo
inserire
qualche
parola
su
quell
'
atteggiamento
ancor
più
ossessionante
(
e
ridicolo
)
dell
'
egoismo
che
è
chiamato
egocentrismo
.
Spesso
è
insopportabile
.
Ma
bisogna
partire
dalla
presa
di
atto
che
nel
fondo
tutti
siamo
egocentrici
e
non
fingere
di
non
saperlo
.
È
cosa
naturale
e
perciò
non
deve
scandalizzare
.
Volere
primeggiare
e
attrarre
l
'
attenzione
di
tutti
è
una
56strategia
abbastanza
ben
giustificata
per
arrivare
a
proteggere
i
propri
geni
.
Ma
diventa
pagliaccesca
e
addirittura
controproducente
quando
assume
i
caratteri
di
un
vizio
,
quando
spinge
a
parlare
ininterrottamente
(
magari
urlando
)
senza
ascoltare
,
a
mettersi
in
mostra
a
ogni
occasione
,
a
non
tener
conto
che
nel
patto
sociale
c
'
è
anche
il
rispetto
della
personalità
degli
altri
.
La
cosiddetta
buona
educazione
è
un
atteggiamento
civile
,
corollario
appunto
del
patto
sociale
.
L
'
egocentrismo
si
risolve
spesso
in
pura
maleducazione
.
7
.
Vendetta
,
tremenda
vendetta
Ebbene
,
con
tutto
il
rispetto
dovuto
a
un
grandissimo
come
Kant
-
che
ammirava
il
cielo
stellato
sopra
di
sé
e
la
legge
morale
dentro
di
sé
(
Critica
della
ragion
pratica
)
-
decidiamoci
a
riconoscere
che
tutto
quello
che
vi
è
in
natura
può
destare
il
più
alto
stupore
.
Lo
desta
indubbiamente
il
cielo
stellato
sopra
di
me
;
ma
in
eguale
misura
lo
destano
sia
la
legge
morale
che
è
dentro
di
me
,
sia
l
'
istinto
di
conservazione
individuale
,
che
è
pure
dentro
di
me
.
Non
è
affatto
vero
che
la
prima
sia
più
mirabile
del
secondo
.
Del
resto
lo
stesso
Kant
afferma
che
le
nostre
azioni
non
ci
risultano
affatto
ordinate
da
Dio
:
"
al
contrario
,
ci
sembrano
ordinate
da
Dio
perché
ci
sono
imposte
da
una
nostra
legge
interiore
"
.
E
non
è
forse
una
nostra
legge
interiore
anche
quella
che
ci
ordina
l
'
autoconservazione
?
Il
tentare
di
spiegare
con
considerazioni
scientifiche
per
quale
via
tutti
e
due
quegl
'
impulsi
-
ormai
interiorizzati
-
siano
sorti
,
si
siano
sviluppati
e
per
selezione
naturale
siano
stati
incorporati
nel
patrimonio
genetico
non
sminuisce
in
nessun
modo
la
grandezza
dell
'
universo
,
il
misterioso
fascino
della
natura
,
la
nobiltà
dell
'
uomo
,
la
sublimità
del
suo
creatore
(
se
vi
è
stato
)
.
E
se
vogliamo
chiamare
morale
l
'
azione
che
mira
a
conservare
la
specie
attraverso
la
preservazione
degli
altri
,
anziché
dell
'
individuo
che
agisce
,
facciamolo
pure
.
Siamo
liberi
di
definire
quello
che
vogliamo
.
Ma
non
fingiamo
d
'
ignorare
che
la
preservazione
dell
'
individuo
mira
esattamente
allo
stesso
scopo
.
A
questo
punto
,
al
fine
di
chiarire
bene
il
concetto
,
converrà
inserire
qualche
parola
sulla
vendetta
e
sulla
sua
(
quasi
)
generale
condanna
.
Ebbene
,
la
vendetta
-
secondo
la
stessa
definizione
testé
data
-
risponde
a
un
impulso
altamente
morale
!
Chi
la
esercita
non
ci
guadagna
nulla
,
anzi
quasi
sempre
rischia
.
(
Il
povero
Rigoletto
-
certo
senza
saperlo
coscientemente
-
in
quel
modo
rischia
e
sacrifica
addirittura
la
vita
dell
'
amata
figlia
.
)
Ma
il
vendicatore
di
regola
si
sacrifica
in
favore
di
tutti
gli
altri
.
Infatti
va
a
finire
che
nel
gruppo
primitivo
un
individuo
evita
di
compiere
certe
azioni
dannose
a
un
altro
individuo
,
proprio
perché
teme
la
vendetta
di
costui
.
E
un
deterrente
che
di
solito
funziona
bene
.
Ciò
non
toglie
che
,
quando
avanza
la
civiltà
,
si
scopre
che
è
mille
volte
meglio
delegare
il
deterrente
alla
società
formalmente
costituita
,
cioè
allo
stato
;
ma
ci
risparmieremo
lo
sviluppo
delle
serie
ragioni
,
facilmente
intuibili
,
per
cui
ciò
è
vero
.
Nasce
così
il
concetto
di
giustizia
pubblica
e
il
patto
di
rispettarla
.
Quanto
sono
ridicole
le
protestazioni
-
udite
fino
alla
nausea
-
di
coloro
che
affermano
virtuosamente
di
non
volere
vendetta
,
ma
solo
giustizia
!
Pare
impossibile
che
così
pochi
si
chiedano
:
e
perché
la
vogliono
proprio
quelli
?
Forse
perché
sono
parenti
delle
vittime
?
Ma
andiamo
!
La
giustizia
devono
volerla
egualmente
tutti
i
cittadini
.
L
'
espressione
continuamente
usata
e
abusata
,
"
farsi
giustizia
da
sé
"
,
è
semplicemente
idiota
.
E
ancor
più
idiota
è
affermare
che
giustizia
chiedono
i
morti
.
Eppure
è
molto
,
molto
difficile
liberarsi
da
quell
'
impulso
-
in
sé
naturalissimo
,
ripetiamo
-
che
ci
spinge
a
inscrivere
l
'
istinto
di
vendetta
addirittura
nel
campo
dei
sentimenti
onorevoli
.
La
mente
corre
subito
,
naturalmente
,
alle
consorterie
della
criminalità
organizzata
(
gli
uomini
d
'
onore
)
;
ma
limitarsi
a
ciò
è
quanto
mai
semplicistico
e
riduttivo
.
Dobbiamo
proprio
ricordare
la
canzone
in
cui
il
pio
Dante
afferma
:
"
Ché
bell
'
onor
s
'
acquista
in
far
vendetta
"
,
o
ignorare
le
mille
volte
che
Dante
stesso
-
e
una
folla
di
autori
di
tutte
le
letterature
-
parlano
nientemeno
che
della
vendetta
di
Dio
o
del
Cielo
?
Ma
,
una
volta
accettata
la
visione
sopra
esposta
,
che
ne
è
del
male
e
del
bene
,
di
cui
parliamo
continuamente
?
Dovrebbe
esser
chiaro
che
non
si
tratta
di
enti
trascendenti
oggettivi
,
bensì
di
due
delle
innumerevoli
ipostatizzazioni
,
di
cui
gli
uomini
da
che
mondo
è
mondo
si
sono
resi
responsabili
.
Prima
si
introduce
un
concetto
astratto
,
che
ci
è
utile
per
capirsi
in
modo
sintetico
;
quindi
si
attribuisce
a
esso
un
'
entità
sostanziale
,
che
in
realtà
non
c
'
è
.
Non
ci
si
limita
a
riconoscere
che
abbiamo
semplicemente
introdotto
una
parola
per
esprimere
un
concetto
da
noi
stessi
costruito
.
No
:
si
crede
possibile
tirar
fuori
dalla
parola
il
vero
contenuto
di
quel
concetto
.
Quanti
insigni
pensatori
hanno
sprecato
il
loro
tempo
dietro
a
quei
venerabili
fantasmi
!
Non
stiamo
scoprendo
nulla
di
nuovo
.
Infatti
,
è
ben
noto
che
il
pregiudizio
è
molto
antico
.
Vi
fu
una
(
quasi
)
unanime
oggettivazione
del
Bene
e
del
Male
da
parte
dei
filosofi
antichi
e
medievali
.
Per
Platone
(
Repubblica
)
,
come
il
Sole
illumina
,
rende
visibili
e
alimenta
le
cose
sensibili
,
così
il
Bene
rende
conoscibili
gli
oggetti
intelligibili
e
conferisce
a
essi
l
'
esistenza
.
A
complicare
le
cose
ci
si
misero
poi
le
religioni
,
con
i
loro
dèi
,
angeli
,
arcangeli
,
santi
ecc.
da
una
parte
,
nonché
con
le
schiere
di
diavoli
e
di
geni
malevoli
dall
'
altra
.
Gli
uni
impersonano
e
difendono
il
bene
,
mentre
gli
altri
impersonano
e
difendono
il
male
,
in
un
'
eterna
battaglia
,
combattuta
sulla
pelle
degli
uomini
.
Tuttavia
si
farebbe
torto
ad
alcuni
pensatori
più
vicini
a
noi
,
affermando
che
nel
passato
si
è
sempre
creduto
a
un
contenuto
puramente
oggettivo
del
bene
e
del
male
.
Per
esempio
Spinoza
(
Ethica
)
dice
testualmente
:
"
Bonum
et
malum
quod
attinet
,
nihil
etiam
positivum
in
rebus
,
in
se
scilicet
consideratis
,
indicant
,
nec
aliud
sunt
,
praeter
cogitandi
modos
,
seu
notiones
,
quas
formamus
ex
eo
,
quod
res
ad
invicem
comparamus
.
Nam
una
eademque
res
potest
eodem
tempore
bona
,
et
mala
,
et
etiam
indifferens
esse
"
.
[
"
Per
quel
che
riguarda
il
bene
e
il
male
,
neanch
'
essi
indicano
qualcosa
di
positivo
nelle
cose
,
cioè
considerate
in
sé
,
ed
essi
non
sono
altro
se
non
modi
del
pensare
,
o
nozioni
che
formiamo
perché
confrontiamo
le
cose
fra
di
loro
.
Infatti
una
sola
e
medesima
cosa
può
essere
allo
stesso
tempo
buona
e
cattiva
e
anche
indifferente
"
]
.
Fra
i
contemporanei
nostri
poi
moltissimi
hanno
decisamente
cominciato
ad
affermare
che
la
valutazione
è
puramente
soggettiva
.
E
infatti
,
proprio
come
Spinoza
,
fanno
notare
che
essa
è
diversa
da
individuo
a
individuo
,
da
luogo
a
luogo
,
da
epoca
a
epoca
.
Fecero
male
o
fecero
bene
i
congiurati
che
uccisero
Giulio
Cesare
?
Fecero
male
o
fecero
bene
i
vandeani
a
opporsi
alla
Rivoluzione
?
Fecero
male
o
fecero
bene
gli
americani
a
costruire
la
bomba
atomica
?
Sembra
impossibile
:
ma
alcuni
pensatori
piuttosto
attardati
ne
discutono
ancora
,
naturalmente
senza
alcun
risultato
che
possa
incontrare
approvazione
generale
.
Vi
è
anche
chi
stenta
addirittura
ad
afferrare
il
concetto
della
imperturbabile
indifferenza
della
natura
e
arriva
a
invocare
la
pioggia
(
il
bene
)
o
a
scongiurare
i
terremoti
(
il
male
)
.
La
tempesta
che
nel
1588
semidistrusse
l
'
Invencible
Armada
fu
un
bene
per
gli
inglesi
,
un
male
per
gli
spagnoli
.
C
'
è
da
giurare
che
qualcuno
nelle
cattedrali
britanniche
ringraziò
Dio
per
il
beneficio
,
mentre
qualcuno
dei
sudditi
di
Filippo
II
(
e
forse
lo
stesso
re
)
si
diede
a
far
penitenza
dei
suoi
peccati
,
perché
certamente
quella
era
stata
una
punizione
di
Dio
.
Ma
veniamo
a
qualcosa
di
ben
più
importante
,
qualcosa
che
è
divenuto
addirittura
assillante
nell
'
epoca
contemporanea
.
Che
dobbiamo
fare
con
tutte
le
nuove
,
meravigliose
e
spaventose
possibilità
che
ci
offre
la
scienza
?
Probabilmente
fra
qualche
centinaio
di
anni
i
nostri
discendenti
si
meraviglieranno
della
pervicacia
dimostrata
dagli
uomini
della
fine
del
ventesimo
secolo
nel
voler
tirar
fuori
dai
logori
concetti
di
bene
e
di
male
,
supposti
"
oggettivi
"
,
le
risposte
sul
da
farsi
in
situazioni
che
né
la
naturale
evoluzione
né
le
religioni
tradizionali
potevano
minimamente
prevedere
.
Da
quella
parte
le
risposte
"
giuste
"
non
possono
venire
,
semplicemente
perché
le
relative
domande
non
erano
mai
state
poste
!
È
venuto
il
momento
di
convincersi
che
,
prima
di
statuire
per
contratto
sociale
che
cosa
dobbiamo
fare
,
bisogna
ben
consultarsi
su
che
cosa
vogliamo
fare
.
L
'
unica
via
veramente
razionale
sta
nella
ricerca
scientifica
seria
,
unita
alla
democrazia
.
Questo
non
significa
che
si
possa
ammettere
a
priori
di
esser
liberi
di
fare
tutto
quello
che
si
vuole
.
Infatti
della
vecchia
e
gloriosa
etica
tradizionale
c
'
è
certamente
una
massima
irrinunciabile
,
proprio
perché
si
può
star
sicuri
che
è
voluta
da
tutti
e
sarebbe
facilmente
sancita
da
qualsiasi
referendum
.
È
quella
contenuta
nel
quarto
articolo
della
dichiarazione
dei
diritti
dell
'
uomo
del
1789
:
"
La
libertà
consiste
nel
poter
fare
tutto
quello
che
non
nuoce
altrui
"
.
E
appunto
per
stabilire
fondatamente
che
cosa
non
nuoce
altrui
-
anche
e
soprattutto
,
si
badi
bene
,
alle
generazioni
future
-
la
ricerca
scientifica
dovrà
procedere
intensamente
.
Ma
,
se
proprio
ci
teniamo
,
continuiamo
pure
a
parlare
con
solennità
dei
comitati
di
bioetica
.
Il
nome
conta
poco
.
8
.
Dimmi
come
parli
Il
signor
Bartoni
era
da
anni
impiegato
al
catasto
.
Ma
ogni
giorno
,
terminato
coscienziosamente
il
suo
lavoro
,
s
'
immergeva
nella
lettura
di
buoni
libri
o
in
solitarie
meditazioni
,
sì
da
meritarsi
indubbiamente
la
qualifica
di
uomo
colto
e
intellettuale
.
Non
era
affatto
entusiasta
del
suo
mestiere
,
per
il
quale
non
sentiva
"
vocazione
"
.
Ma
chi
-
si
domandava
per
consolarsi
-
ha
la
vocazione
di
fare
l
'
impiegato
del
catasto
?
Einstein
non
aveva
forse
lavorato
all
'
ufficio
brevetti
in
Svizzera
?
Melville
non
era
finito
in
un
servizio
di
dogana
a
New
York
?
Kafka
non
era
stato
alle
dipendenze
di
una
compagnia
di
assicurazioni
a
Trieste
?
Bastava
sapere
aspettare
:
e
poi
chissà
.
Gli
piaceva
assumere
dinanzi
a
se
stesso
l
'
atteggiamento
dell
'
uomo
saggio
,
che
prende
atto
del
mondo
come
è
e
non
si
lascia
scuotere
nella
propria
atarassia
.
E
poi
chi
mai
è
contento
del
lavoro
che
fa
e
del
ruolo
che
gli
altri
gli
assegnano
nella
vita
?
Ognuno
è
sicuro
di
essere
sottovalutato
,
ma
non
deve
prendersela
per
questo
.
Sì
,
eppure
...
eppure
nel
subconscio
qualcosa
continuava
a
tormentarlo
.
E
lui
-
molto
spesso
senza
rendersene
conto
-
si
sfogava
di
quel
qualcosa
pungendo
gli
altri
con
amara
ironia
.
Ma
non
era
cattivo
;
del
resto
,
quella
ironia
la
rivolgeva
imparzialmente
(
o
quasi
)
anche
a
se
stesso
.
Quando
si
dava
a
riflettere
,
abbandonandosi
al
suo
malinconico
umorismo
,
gli
piaceva
recarsi
a
passeggiare
in
un
luogo
solitario
,
nelle
periferie
più
anonime
della
città
,
dove
gli
amici
intellettuali
di
buon
gusto
non
si
incontrano
proprio
mai
;
tanto
lui
-
affermava
a
se
stesso
,
ridendo
per
primo
di
quella
megalomania
-
guardava
soprattutto
dentro
di
sé
.
E
poi
,
anche
se
guardava
fuori
,
come
faceva
in
realtà
...
qualcuno
(
Gide
)
non
aveva
detto
:
l
'
importanza
sia
nel
tuo
sguardo
,
non
in
quello
che
guardi
?
Ma
non
sempre
si
recava
in
periferia
.
A
volte
seguiva
proprio
la
strategia
opposta
.
Infischiandosene
dei
dettami
dei
salutisti
,
andava
a
sedersi
a
un
tavolino
all
'
aperto
di
un
caffè
situato
nel
punto
più
nevralgico
della
città
,
in
mezzo
alla
confusione
infernale
di
una
folla
che
andava
e
veniva
,
sempre
indaffarata
e
affrettata
,
nonché
al
crepitare
e
strombazzare
di
veicoli
perennemente
in
ingorgo
.
Diceva
a
se
stesso
(
ma
sapeva
benissimo
di
non
scoprire
nulla
di
originale
)
che
lì
,
fra
tutte
quelle
facce
anonime
,
si
trovava
la
vera
solitudine
,
quella
triste
,
spessa
,
da
tagliarsi
col
coltello
:
quella
che
,
trascurando
i
troppi
particolari
,
ci
fa
scorgere
cose
di
grande
importanza
.
Quel
giorno
era
proprio
seduto
al
solito
tavolino
e
si
stava
ripetendo
le
cose
pensate
mille
volte
,
quando
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
un
curioso
giovane
azzimato
,
con
una
bella
cravatta
a
farfallino
,
che
,
venendo
dall
'
interno
del
bar
,
era
comparso
sulla
porta
e
guardava
ansiosamente
di
qua
e
di
là
.
Teneva
con
una
mano
una
tazzina
di
caffè
e
con
l
'
altra
le
reggeva
sotto
il
piattino
.
Bartoni
,
vedendo
che
tutti
i
tavolini
erano
occupati
,
gli
si
rivolse
gentilmente
,
invitandolo
:
"
Se
vuoi
sedersi
qui
,
c
'
è
una
sedia
libera
.
"
Quello
fu
per
un
po
'
titubante
,
poi
si
decise
e
si
sedette
,
dicendo
:
"
Grazie
.
Buon
giorno
e
buona
giornata
.
"
Bartoni
alzò
un
po
'
le
sopracciglia
,
meravigliato
dall
'
insulsa
ridondanza
.
Comunque
stese
la
mano
e
disse
:
"
Permette
?
Bartoni
.
"
"
Ah
...
come
l
'
attore
Barton
.
"
"
Forse
vuol
riferirsi
all
'
attore
Burton
[
pronunciato
correttamente
]..."
"
Alla
televisione
,
l
'
ho
sentito
benissimo
,
dicono
Barton
.
"
Bartoni
rimase
un
po
'
perplesso
.
Ribattere
pedantemente
o
lasciar
correre
?
Poi
non
poté
fare
a
meno
di
chiedere
:
"
Ma
lei
impara
a
parlare
dalla
televisione
?
"
L
'
altro
sembrò
non
poco
infastidito
dalla
domanda
,
che
aveva
l
'
aria
di
una
presa
di
bavero
,
e
ribatté
:
"
Esatto
.
Guardi
...
"
"Guardo..."
"...mi
consenta
...
"
"
Le
consento
...
"...guardi,
mi
consenta
un
attimo
.
La
televisione
è
...
come
dire
...
un
fatto
pubblico
nazionale
ed
è
...
così
...
un
attimino
attenta
nei
confronti
di
come
parla
,
no
?
"
"
Veramente
la
televisione
di
`
confronti
'
ne
fa
pochi
,
soprattutto
con
i
vocabolari
-
italiani
e
stranieri
-
e
con
i
buoni
libri
.
"
"
Ecco
l
'
autogol
:
i
libri
,
me
l
'
aspettavo
;
ora
possono
partire
le
immagini
...
"
"
Partono
?
E
dove
vanno
?
"
"
Lei
sicuramente
dovrebbe
essere
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
così
...
diciamo
un
intellettuale
.
"
Bartoni
stava
pensando
:
non
c
'
è
speranza
con
questo
.
È
meglio
cambiare
discorso
:
"
Non
mi
ha
detto
ancora
chi
è
lei
.
"
"
Chi
sono
?
Sono
un
poeta
.
"
"
Veramente
questa
è
già
stata
detta
.
Ma
che
fa
per
vivere
?
"
"
Cosa
faccio
?
Scrivo
.
"
"
Anche
questa
è
stata
detta
.
E
come
si
chiama
?
"
"Chicco."
"
Chicco
...
di
nome
o
di
cognome
?
"
"
Fa
lo
stesso
.
Il
nominativo
completo
è
inutile
.
"
"
Ah
,
già
:
un
poeta
lo
conoscono
tutti
con
il
nome
di
battaglia
.
"
"Esatto."
Bartoni
fece
alcuni
sforzi
non
affatto
convinti
per
ricordare
se
per
caso
avesse
visto
da
qualche
parte
una
poesia
firmata
Chicco
,
ma
invano
.
Ebbe
anche
voglia
di
scherzare
su
quel
noto
verso
di
Dante
che
parla
del
"
bel
paese
là
dove
l
'
esatto
sona
"
.
Poi
si
disse
ancora
una
volta
che
era
meglio
piantarla
lì
.
Intanto
l
'
altro
guardava
nervosamente
l
'
orologio
ed
esclamava
con
impazienza
:
"
Perbacco
,
si
fa
tardi
;
si
sta
sforando
!
"
"
Aspetta
qualcuno
?
"
"
Esatto
.
Dovrebbe
proprio
arrivare
...
come
dire
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
...
no
?
"
"
Eh
,
con
le
donne
non
si
sa
mai
.
"
Chicco
rimase
un
po
'
interdetto
,
quindi
ribatté
:
"
Guardi
,
mi
consenta
un
attimo
.
Chi
le
ha
detto
che
aspetto
...
diciamo
...
una
donna
?
"
Ahimè
,
disse
fra
sé
Bartoni
,
forse
,
chissà
,
ho
fatto
una
gaffe
.
Ma
guarda
un
po
'
,
proprio
io
che
non
ho
nessun
pregiudizio
in
proposito
e
che
vado
predicando
saggiamente
che
se
lui
è
diverso
da
me
,
io
sono
diverso
da
lui
e
quindi
siamo
pari
.
Ma
adesso
chi
lo
convince
questo
che
io
appunto
non
ho
nessun
pregiudizio
?
Comunque
provò
a
riconoscere
con
grande
naturalezza
:
"
Ah
,
sì
,
potrebbe
essere
un
uomo
.
Perché
no
?
"
"
Esatto
.
Ma
è
un
giallo
...
"
"
Ah
,
un
giapponese
...
"
"...è
un
giallo
perché
non
so
chi
sia
:
è
una
scheggia
impazzita
.
Potrebbe
essere
un
uomo
,
ma
potrebbe
essere
una
donna
...
il
condizionale
è
d
'
obbligo
,
no
?
Niente
.
So
solo
e
soltanto
che
mi
deve
portare
un
'
agenzia
eclatante
.
A
mio
avviso
...
"
"
Di
garanzia
?
"
"
Non
faccia
così
tanto
lo
spiritoso
e
mi
consenta
.
In
buona
sostanza
...
"
"
E
se
fosse
cattiva
sostanza
?
"
"...in
buona
sostanza
,
a
mio
avviso
lei
sta
facendo
muro
contro
muro
...
"
"
Veramente
basta
un
muro
solo
,
dato
che
i
muri
non
si
muovono
.
"
"...quelli
come
lei
fanno
quadrato
,
mettono
paletti
nei
miei
confronti
...
e
portano
avanti
...
così
...
un
teorema
...
"
"
Come
quello
di
Pitagora
?
"
"
Chi
è
,
un
'
attrice
?
E
che
ci
azzecca
quella
?
"
"
Mi
scusi
.
Lasciamo
stare
e
continui
pure
a
dirmi
quale
sarebbe
il
mio
teorema
'
nei
suoi
confronti
'."
Non
c
'
era
bisogno
di
chiederglielo
.
Chicco
-
dando
di
tanto
in
tanto
nuovi
impazienti
sguardi
all
'
orologio
-
continuava
ormai
inesorabile
come
un
fiume
in
piena
,
che
straripa
da
tutte
le
parti
:
"
Niente
.
Ormai
sono
nel
suo
mirino
.
Il
suo
teorema
nei
miei
confronti
è
che
io
sono
...
come
dire
...
di
basso
profilo
,
no
?
"
"
Veramente
io
la
sto
guardando
in
faccia
...
"
"...e
invece
si
dice
proprio
così
:
di
basso
profilo
.
Oggi
si
fa
un
gran
parlare
...
"
"
Ah
,
il
parlare
si
fa
...
"
"...di
persone
di
serie
A
e
di
serie
B
,
no
?
A
suo
avviso
io
sarei
di
serie
B
o
perlomeno
...
così
...
come
dire
...
fuorigioco
,
no
?
Niente
,
lei
vuoi
fare
l
'
arbitro
,
ma
non
può
supportare
il
suo
verdetto
...
diciamo
...
senza
consultare
il
guardalinee
.
Non
si
salvi
in
calcio
d
'
angolo
.
Ma
mettiamo
la
palla
al
centro
e
cerchiamo
alcuni
comuni
denominatori
...
"
"
Quanti
?
"
"
Guardi
,
sediamoci
attorno
a
un
tavolo
...
"
"
In
due
sarà
difficile
.
"
"...Dunque
io
mi
trovo
ora
in
una
enclave
[
pronunciato
all
'
italiana
]
o
in
una
impasse
[
pronunciato
all
'italiana]..."
"
Vuol
dire
in
un
'
impasse
[
pronunciato
correttamente
]."
"
Ma
lasci
stare
l
'
Enpas
!
Niente
...
è
un
giallo
.
Non
so
perché
ce
l
'
hanno
così
tanto
...
"
"...basta
dire
tanto
...
"
"...così
tanto
nei
miei
confronti
.
È
una
cosa
di
estrema
importanza
,
uno
scoop
con
prezzo
da
capogiro
;
ma
finora
nessuno
mi
ha
voluto
aiutare
un
attimino
a
capire
:
bocche
cucite
.
Vogliono
mettermi
in
ginocchio
:
non
vorrei
...
come
dire
...
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
nei
miei
confronti
...
"
"
Se
non
vuole
essere
raggiunto
,
si
metta
a
correre
velocemente
...
"
Ma
Bartoni
non
poté
terminare
la
frase
,
perché
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
donna
con
una
lunga
sottana
,
che
lei
sì
,
correva
velocemente
per
non
essere
raggiunta
,
aprendosi
il
varco
a
gomitate
.
Dopo
poco
comparve
una
signora
che
la
inseguiva
gridando
:
fermatela
!
Mi
ha
derubata
,
fermatela
!
Infine
arrivò
un
vigile
trafelato
,
che
teneva
legata
con
una
corda
,
a
mo
'
di
guinzaglio
,
una
bambina
piagnucolante
.
Bartoni
non
credeva
ai
suoi
occhi
.
Non
riuscì
a
trattenersi
e
sbottò
indignato
:
"
Ma
che
fa
?
Le
pare
questo
il
modo
?
Sleghi
subito
quella
bambina
!
"
"
Non
posso
.
Se
la
slego
,
scappa
.
E
io
devo
riportarla
alla
madre
.
"
"
Lasci
stare
la
bambina
e
si
occupi
piuttosto
del
furto
commesso
dalla
madre
.
"
"
Quello
non
è
compito
mio
,
ma
della
polizia
.
Io
devo
riportare
la
bambina
alla
sua
mamma
,
sennò
si
perde
.
"
Intanto
la
bambina
,
molto
meravigliata
,
si
era
avvicinata
al
tavolino
di
quello
strano
signore
che
la
difendeva
,
mentre
tutti
gli
astanti
mostravano
solidarietà
col
vigile
.
Bartoni
si
accorse
allora
divertito
(
ma
non
troppo
)
che
la
pargoletta
aveva
fatto
scomparire
dal
piattino
le
cinquemila
lire
che
lui
aveva
lasciate
di
mancia
.
Lo
fece
notare
al
vigile
,
il
quale
ribatté
imperturbabile
:
"
Signore
,
quel
denaro
era
res
nullius
.
"
Bartoni
non
poté
celare
una
esterrefatta
ammirazione
ed
esclamò
:
"
Ma
guarda
che
vigile
colto
!
Comunque
quel
denaro
non
era
affatto
res
nullius
.
Era
del
cameriere
.
"
"
Signore
,
mi
permetta
di
farle
notare
che
il
cameriere
per
ora
non
l
'
aveva
visto
e
non
sapeva
nemmeno
che
esistesse
.
Dunque
non
poteva
essere
suo
.
Vieni
,
mocciosa
,
andiamo
dalla
mamma
.
"
E
,
prima
che
Bartoni
potesse
riprendersi
dallo
stupore
destato
in
lui
da
quella
ferrea
logica
,
il
vigile
e
la
bambina
erano
già
lontani
.
Ma
in
quel
mentre
arrivò
correndo
a
perdifiato
un
altro
personaggio
.
Era
un
signore
piccolo
,
grasso
,
dall
'
aria
insignificante
,
che
sudava
e
gridava
:
eccomi
,
eccomi
qui
!
Si
fermò
raggiante
davanti
a
Bartoni
e
a
Chicco
ed
esclamò
con
tono
rassicurante
:
"
Eccomi
qui
finalmente
,
sono
arrivato
!
"
Bartoni
e
Chicco
si
guardavano
con
aria
interrogativa
,
ciascuno
pensando
che
l
'
altro
sapesse
.
Poi
all
'
unisono
chiesero
:
"
Ma
lei
chi
è
?
"
"
Che
domande
.
Sono
quello
che
aspettate
.
"
"
Quello
che
aspettiamo
?
E
come
si
chiama
?
"
"Godot."
"
Godò
?
"
fece
Chicco
storcendo
il
naso
.
"
Mai
sentito
nominare
.
"
Bartoni
invece
l
'
aveva
sentito
nominare
,
eccome
.
Certamente
era
stupito
.
Eppure
più
che
dalla
meraviglia
era
colpito
da
una
piuttosto
cocente
delusione
.
Ma
come
?
Quello
scialbo
,
insulso
,
banale
omiciattolo
era
il
famoso
Godot
,
quello
che
lui
e
tanti
altri
avevano
aspettato
per
tutta
la
vita
?
Ebbe
improvvisa
la
rivelazione
di
uno
stupido
errore
commesso
.
E
ora
come
farò
,
si
domandava
smarrito
,
ora
che
ho
scoperto
tutto
,
ora
che
mi
mancherà
il
Godot
delle
mie
lunghe
fantasticherie
?
Forse
lui
,
dopo
tutto
,
lo
sa
:
bisogna
chiederlo
proprio
a
lui
.
Ma
Godot
già
si
allontanava
veloce
e
agile
tra
la
folla
.
Di
scatto
Bartoni
si
alzò
e
si
mise
a
rincorrerlo
,
seguito
per
inerzia
da
Chicco
:
"
Godot
,
Godot
,
si
fermi
,
per
favore
,
aspetti
!
"
Chicco
dal
canto
suo
correva
gridando
:
"
Godò
,
si
fermi
.
Così
ci
rovina
il
palinsesto
!
"
Intanto
era
sbucata
di
nuovo
,
da
una
via
laterale
,
la
donna
dalla
lunga
sottana
e
dietro
di
lei
,
sempre
correndo
e
gridando
fra
l
'
indifferenza
generale
,
la
derubata
;
infine
il
vigile
con
la
bambina
al
guinzaglio
.
Il
tutore
dell
'
ordine
si
fermò
un
momento
al
solito
tavolino
per
chiedere
notizie
e
,
visto
che
i
due
non
c
'
erano
più
,
proseguì
l
'
inseguimento
.
Il
cameriere
,
richiamato
dal
trambusto
,
era
uscito
sulla
soglia
,
e
per
forza
di
abitudine
,
aveva
dato
uno
sguardo
al
piattino
:
era
vuoto
.
Infatti
la
bambina
aveva
fatto
a
tempo
ad
afferrare
con
incredibile
destrezza
le
seconde
cinquemila
lire
,
che
Bartoni
,
sorridendo
amaramente
,
aveva
tirato
fuori
dopo
la
prima
sparizione
.
Il
commento
del
cameriere
fu
:
"
Ma
guarda
un
po
'
questi
intellettuali
.
Sempre
tirchi
.
Non
ti
lasciano
nemmeno
una
lira
.
"
9
.
La
vita
non
è
sogno
Bartoni
girellava
pensoso
nella
sua
poco
attraente
e
anonima
periferia
e
andava
rimuginando
sugli
strani
avvenimenti
di
quella
mattinata
.
Li
aveva
vissuti
davvero
,
o
era
stato
solo
un
sogno
?
Ma
che
domande
banali
e
trite
!
Da
che
mondo
è
mondo
miriadi
di
scrittori
,
poeti
,
filosofi
hanno
fatto
a
gara
a
osservare
sospirosamente
-
ripetendosi
quasi
senza
pudore
-
che
la
nostra
vita
si
svolge
come
in
sogno
!
Anche
un
impiegato
del
catasto
poteva
tirare
fuori
decine
di
quelle
citazioni
,
che
sembrano
così
profonde
e
commoventi
e
poi
...
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
Gli
piaceva
piuttosto
ricordare
un
detto
di
Giraudoux
,
che
aveva
letto
da
qualche
parte
:
"
Il
plagio
è
la
base
di
tutte
le
letterature
,
eccettuata
la
prima
,
peraltro
ignota
"
.
E
poi
la
metafora
del
sogno
è
affascinante
,
certo
,
ma
non
sostenibile
fino
in
fondo
,
come
ognuno
ben
sa
.
Bisogna
ragionare
e
distinguere
.
È
vero
che
il
vissuto
della
realtà
giornaliera
e
quello
del
sogno
hanno
spesso
caratteristiche
fenomenologiche
molto
simili
o
addirittura
identiche
.
Tuttavia
l
'
avere
alcune
caratteristiche
comuni
non
significa
,
come
è
ovvio
,
che
due
cose
siano
in
tutto
eguali
.
Quello
che
chiamiamo
"
realtà
"
è
un
testo
che
viene
scritto
-
o
meglio
,
che
si
lascia
leggere
-
con
una
sintassi
ben
diversa
rispetto
a
quella
del
sogno
;
e
chiunque
li
sa
distinguere
.
Lo
stesso
Calderón
de
la
Barca
nel
suo
celebre
La
vida
es
sue
fio
termina
la
seconda
giornata
con
le
parole
:
"
toda
la
vida
es
suefio
y
los
suefios
suenos
son
"
.
Tutta
la
vita
è
sogno
,
sì
,
ma
i
sogni
rimangono
sogni
!
Tanto
è
vero
che
,
mentre
siamo
di
solito
molto
curiosi
di
conoscere
i
fatti
dei
nostri
simili
e
di
sapere
come
"
realmente
sono
andate
le
cose
"
,
i
sogni
degli
altri
spesso
ci
annoiano
.
Non
ci
riguardano
;
e
la
suddetta
mancanza
di
una
riconoscibile
sintassi
li
rende
anche
ben
diversi
dai
romanzi
e
dalle
favole
che
a
volte
ci
dilettiamo
a
leggere
,
ansiosi
di
sapere
come
va
a
finire
.
Chiaramente
se
n
'
è
accorto
il
Della
Casa
,
quando
scrive
(
Galateo
)
:
"
Male
fanno
ancora
quelli
,
che
tratto
tratto
si
pongono
a
recitar
i
sogni
loro
con
tanta
affezione
e
facendone
sì
gran
maraviglia
,
che
è
uno
isfinimento
di
cuore
sentirli
"
.
Esperienza
frequentissima
di
tutti
noi
!
In
fondo
,
anche
l
'
assimilazione
di
una
vita
umana
al
sogno
piuttosto
che
alla
realtà
dipende
solo
dalla
disposizione
di
chi
parla
o
scrive
,
dalla
sua
interiorità
,
dal
voler
privilegiare
le
circostanze
esistenziali
rispetto
alla
questione
della
sintassi
.
Perché
Leopardi
sussurra
a
Silvia
:
"
come
un
sogno
fu
la
tua
vita
"
?
Che
ne
sa
lui
?
È
lui
che
la
sogna
e
la
vede
passare
in
questo
mondo
rapida
,
con
il
perpetuo
canto
,
con
la
mano
veloce
che
si
affatica
a
percorrere
la
tela
.
Non
ci
addentreremo
certo
nelle
varie
"
teorie
"
dei
sogni
come
:
scarica
di
impulsi
repressi
-
sessuali
e
non
-
,
desideri
insoddisfatti
,
espressioni
simboliche
,
pure
ripetizioni
dei
vissuti
della
veglia
,
e
chi
più
ne
ha
più
ne
metta
.
Quanto
tali
congetture
siano
fondate
e
illuminanti
non
è
cosa
che
qui
ci
concerna
e
noi
non
siamo
chiamati
a
pronunciarci
sulla
loro
attendibilità
.
Diremo
soltanto
che
,
proprio
perché
i
vissuti
sono
gli
stessi
e
solo
la
sintassi
è
diversa
,
possiamo
concludere
che
la
distinzione
fra
il
sogno
e
la
vita
che
chiamiamo
"
reale
"
c
'
è
certamente
,
sia
pure
in
via
di
definizione
convenzionale
.
Indubbiamente
una
tale
distinzione
è
essenziale
per
giustificare
l
'
intenzionalità
delle
nostre
azioni
,
il
loro
progetto
,
la
loro
concatenazione
,
il
loro
successo
.
Nel
sogno
ci
sono
ben
poche
intenzionalità
e
concatenazioni
logiche
(
se
pure
in
qualche
misura
ci
sono
)
.
Ma
perché
mai
quello
che
è
così
importante
per
il
nostro
agire
dovrebbe
proprio
incidere
anche
sul
nostro
immaginare
,
sul
nostro
proiettarsi
all
'
esterno
per
esprimersi
,
magari
in
quel
modo
che
chiamiamo
artistico
?
Sembra
una
costrizione
artificiosa
.
Come
non
comprendere
e
non
giustificare
il
desiderio
di
evadere
da
tale
costrizione
?
Quel
desiderio
c
'
è
,
c
'
è
sempre
stato
e
si
è
manifestato
in
tanti
modi
.
"
Je
crois
à
la
résolution
future
de
ces
deux
états
,
en
apparence
si
contradictoires
,
que
sont
le
rêve
et
la
réalité
,
en
une
sorte
de
réalité
absolue
,
de
surréalité
,
si
l
'
on
peut
ainsi
dire
"
[
"
Io
credo
alla
risoluzione
futura
di
questi
due
stati
,
in
apparenza
così
contraddittori
,
che
sono
il
sogno
e
la
realtà
,
in
una
sorta
di
realtà
assoluta
,
di
surrealtà
,
se
così
si
può
dire
"
]
.
Così
scriveva
Breton
nel
primo
manifesto
del
surrealismo
.
Certo
qualcuno
osserverà
pedantemente
che
il
surrealismo
è
datato
.
E
che
vuol
dire
?
Tutto
è
datato
in
questo
mondo
,
anche
noi
siamo
datati
.
Quello
che
importa
sapere
è
se
quel
desiderio
di
evasione
che
portò
al
surrealismo
ebbe
e
ha
tuttora
le
sue
ragioni
.
Le
ha
.
A
proposito
dello
strano
dialogo
che
si
era
svolto
fra
Bartoni
e
Chicco
,
è
suggestivo
ricordare
che
nel
citato
manifesto
Breton
così
si
esprime
(
e
ora
sarebbe
pedante
riportarlo
in
francese
)
:
"
È
ancora
al
dialogo
che
le
forme
del
linguaggio
surrealista
si
adattano
meglio
.
In
esso
due
pensieri
si
affrontano
;
mentre
l
'
uno
si
porge
,
l
'
altro
si
occupa
di
esso
,
ma
come
se
ne
occupa
?
Supporre
che
lo
incorpori
sarebbe
ammettere
che
per
un
certo
tempo
gli
sia
possibile
vivere
tutto
intero
in
quell
'
altro
pensiero
,
ciò
che
è
sommamente
improbabile
[...]
.
La
mia
attenzione
[...]
tratta
il
pensiero
avversario
,
come
nemico
:
nella
conversazione
corrente
,
lo
'
riprende
'
quasi
sempre
sulle
parole
,
sulle
figure
di
cui
si
serve
;
mi
mette
in
grado
di
trarne
partito
nella
replica
snaturandole
"
.
Tutto
questo
certamente
non
è
datato
e
rimane
invece
attualissimo
.
Quante
volte
,
vuoi
nell
'
animata
tavola
rotonda
politica
in
televisione
,
vuoi
nella
conversazione
fra
amici
,
gl
'
interlocutori
dovrebbero
rendersi
conto
che
stanno
sviluppando
un
happening
surrealista
!
Ma
un
simile
sospetto
nemmeno
li
sfiora
.
Stanno
bucando
a
grandi
colpi
la
realtà
,
credendo
di
avere
i
piedi
ancora
posati
sulla
terra
.
Ma
torniamo
al
nostro
assunto
principale
.
Non
poco
dell
'
eredità
surrealista
viene
raccolta
da
Beckett
e
in
genere
dal
teatro
dell
'
assurdo
.
Aspettando
Godot
,
con
il
dialogo
fra
Estragon
e
Vladimir
,
come
pure
con
l
'
apparizione
di
Pozzo
che
tiene
Lucky
legato
al
guinzaglio
,
ci
ricorda
appunto
tante
situazioni
già
viste
e
non
viste
,
tante
parole
ascoltate
e
non
ascoltate
,
una
realtà
che
è
la
nostra
,
ma
non
esattamente
la
nostra
.
Ci
fa
quasi
sentire
rimorso
di
vivere
in
un
mondo
che
noi
chiamiamo
sensato
,
semplicemente
perché
gli
assegnamo
una
nostra
sintassi
.
Non
stiamo
forse
costringendo
il
mondo
e
noi
stessi
in
una
sorta
di
prigione
?
Perché
non
spiare
attraverso
la
nostra
stretta
finestra
lo
sconfinato
,
variegato
pullulare
di
tutti
i
mondi
possibili
?
Facciamo
attenzione
.
Nessuno
potrebbe
rivendicare
come
un
"
progresso
"
il
trasferimento
generalizzato
di
tutta
la
nostra
vita
nell
'
assurdo
.
Ci
condanneremmo
a
non
poter
agire
proficuamente
,
in
una
parola
,
all
'
annientamento
.
Eppure
è
certo
che
,
aprendo
la
mente
all
'
infinito
ventaglio
di
possibilità
da
noi
concepibili
,
anche
se
non
realizzate
,
arriviamo
ad
approfondire
la
conoscenza
di
noi
stessi
.
Sorprendiamo
in
noi
facoltà
insospettate
,
recessi
mai
abbastanza
esplorati
.
Inoltre
arricchiamo
-
e
forse
rendiamo
più
tollerabile
-
la
nostra
vita
,
accompagnandola
e
circondandola
con
quell
'
immenso
svolazzo
variopinto
di
tutti
i
mondi
assurdi
.
Il
razionale
è
certamente
il
pane
della
nostra
vita
;
senza
di
esso
moriremmo
.
Ma
l
'
assurdo
è
il
companatico
.
Se
non
vi
fosse
l
'
assurdo
,
la
vita
perderebbe
sapore
e
non
varrebbe
la
pena
di
essere
vissuta
.
In
un
certo
senso
sarebbe
come
trovarsi
al
di
dentro
del
meccanismo
di
un
orologio
.
Non
ci
resterebbe
che
aspettare
senza
alcuna
trepidazione
o
meraviglia
l
'
inesorabile
scorrere
dei
minuti
e
il
battere
delle
ore
.
I
film
che
non
di
rado
anche
i
registi
apprezzabili
ci
propinano
oggi
sembrano
avere
un
nucleo
più
o
meno
centrale
ragionevole
(
o
quasi
)
e
poi
tutto
un
contorno
assolutamente
assurdo
.
Nessuno
se
ne
cura
:
prima
di
tutto
perché
ciò
che
veramente
interessa
lo
spettatore
medio
è
quello
che
abbiamo
chiamato
il
nucleo
centrale
della
vicenda
;
in
secondo
luogo
perché
anche
chi
assume
un
atteggiamento
più
sensato
sa
bene
che
i
nuclei
centrali
della
vita
nuotano
sempre
in
un
mare
di
assurdo
.
Da
un
punto
di
vista
esistenziale
,
in
tutto
quello
che
intraprende
un
essere
umano
c
'
è
una
parte
di
razionale
e
una
buona
dose
di
assurdo
.
La
stessa
continua
scelta
di
quello
che
ci
sembra
proficuo
e
ragionevole
è
,
in
fondo
,
assurda
,
perché
prima
o
poi
,
qualunque
cosa
facciamo
o
non
facciamo
,
approderemo
inesorabilmente
allo
scacco
finale
.
La
soddisfacente
propagazione
dei
nostri
geni
è
un
fine
giustamente
perseguito
dalla
natura
.
Ma
in
che
modo
riguarda
veramente
noi
e
il
nostro
intimo
?
Tutto
questo
ragionamento
attorno
all
'
assurdo
ha
certamente
del
vero
;
ma
guardiamoci
dal
dargli
una
sopravvalutazione
addirittura
ontologica
,
che
non
può
proprio
sostenere
.
"
Credo
quia
absurdum
"
è
affermazione
...
assurda
,
perché
è
intesa
a
inquadrare
in
quella
stessa
sintassi
,
della
quale
noi
ci
serviamo
per
parlare
di
ciò
che
chiamiamo
"
reale
"
,
concetti
che
invece
le
sono
assolutamente
refrattari
.
È
solo
un
solenne
pasticcio
.
10
.
Il
mezzo
è
ambiente
E
perché
poi
Chicco
-
e
un
'
infinita
turba
di
sciocchi
,
ma
anche
di
non
sciocchi
,
con
lui
-
parla
in
quel
modo
?
Qual
è
la
spiegazione
di
quel
pullulare
di
fastidiosi
linguaggi
,
come
il
burocratese
,
il
politichese
,
il
televisese
(
ma
anche
il
culturese
)
,
che
inesorabilmente
ci
perseguitano
?
Perché
si
affermano
tutte
quelle
squallide
parole
e
frasi
fatte
,
che
non
vogliono
dir
nulla
,
o
addirittura
significano
il
contrario
di
quello
che
vorrebbero
?
Perché
tutti
quegl
'
insulsi
riempitivi
del
discorso
?
Bisogna
forse
cominciare
col
distinguere
i
vari
individui
e
le
varie
situazioni
.
Prendiamo
,
per
esempio
,
il
burocratese
.
Esso
,
anche
se
è
diventato
particolarmente
insopportabile
ai
giorni
nostri
,
ha
origini
e
motivazioni
che
vengono
da
ben
lontano
.
Infatti
esso
ha
certamente
molto
in
comune
col
linguaggio
ieratico
.
Quello
che
viene
dall
'
alto
ed
è
pronunciato
in
nome
di
un
'
indiscussa
autorità
suprema
non
può
essere
rivestito
delle
usuali
parole
del
volgo
profano
.
Far
parlare
quell
'
autorità
come
parlano
i
comuni
mortali
sarebbe
quasi
una
mancanza
di
rispetto
.
Scherza
coi
fanti
,
ma
lascia
stare
i
santi
.
Naturalmente
una
volta
si
trattava
quasi
esclusivamente
delle
parole
di
Dio
e
dei
suoi
sacerdoti
.
Ma
bisogna
riconoscere
che
in
questo
campo
-
almeno
nella
religione
cattolica
-
si
sono
fatti
molti
passi
avanti
.
L
'
abbandono
del
latino
,
che
tuttora
non
pochi
deplorano
,
si
è
reso
necessario
semplicemente
perché
esso
non
era
più
soltanto
una
lingua
ieratica
,
ma
era
diventato
una
lingua
assolutamente
incomprensibile
per
la
stragrande
maggioranza
dei
fedeli
!
E
giustamente
si
è
voluto
che
per
essi
la
trasmissione
di
un
messaggio
di
elevatissimo
contenuto
morale
non
si
riducesse
alla
pura
emissione
di
suoni
senza
senso
.
Certo
non
è
detto
che
all
'
orante
sia
sempre
sgradita
l
'
emissione
di
suoni
senza
senso
:
a
volte
ha
una
funzione
altamente
consolante
anche
quella
.
In
tutte
le
religioni
esistono
formule
assolutamente
prive
di
senso
,
che
vengono
ripetute
con
grande
fiducia
da
tutti
i
fedeli
in
coro
.
E
del
resto
non
è
affatto
sicuro
che
il
fedele
,
anche
quando
vuoi
capire
qualcosa
di
quello
che
gli
viene
dall
'
alto
,
desideri
intendere
proprio
tutto
...
Anzi
,
a
volte
la
sua
concezione
del
"
sacro
"
esige
proprio
il
contrario
.
È
nota
la
storiella
del
buon
villico
che
,
tornato
dalla
messa
celebrata
dal
nuovo
parroco
del
paese
,
fu
interrogato
sull
'
impressione
che
gli
aveva
fatto
la
predica
di
quel
personaggio
.
Non
mi
è
piaciuta
,
disse
candidamente
:
si
è
capito
tutto
!
Oggi
le
cose
sono
alquanto
cambiate
,
non
tanto
perché
le
religioni
stesse
siano
sentite
in
modo
diverso
da
una
volta
-
il
che
ci
sembra
innegabile
-
ma
anche
perché
sono
nati
e
si
sono
rafforzati
gli
stati
laici
.
Ormai
la
suprema
autorità
che
tutti
devono
riconoscere
è
quella
dello
stato
,
che
inesorabile
insegue
ognuno
di
noi
con
documenti
,
identificazioni
,
certificazioni
,
notificazioni
,
assolutamente
indispensabili
per
vivere
.
Anche
quando
non
si
tratta
di
un
"
Grande
Fratello
"
,
è
sempre
lui
che
ci
dà
il
diritto
di
nascere
,
di
morire
,
di
esistere
,
di
possedere
,
che
ci
provvede
dei
necessari
trasporti
,
delle
cure
sanitarie
,
delle
protezioni
(
o
persecuzioni
)
poliziesche
.
Con
lo
stato
non
si
scherza
;
e
per
questo
non
si
può
parlare
la
lingua
volgare
di
tutti
i
giorni
.
I
suoi
biglietti
non
si
timbrano
,
bensì
si
obliterano
,
i
suoi
treni
non
effettuano
servizio
viaggiatori
,
ma
lo
disimpegnano
(
forse
andando
a
ritirarlo
al
Monte
di
Pietà
)
;
e
così
via
,
con
un
ormai
lunghissimo
e
tedioso
elenco
,
noto
a
tutti
.
Ma
,
intendiamoci
,
lo
stato
si
comporta
anche
da
padre
pietoso
,
preoccupato
di
risparmiare
umiliazioni
terminologiche
ai
suoi
sudditi
meno
fortunati
:
ed
ecco
così
i
"
non
vedenti
"
,
i
"
non
udenti
"
,
i
"
non
deambulanti
"
.
Aspettiamo
da
un
momento
all
'
altro
anche
i
"
non
pensanti
"
.
Per
quanto
riguarda
il
politichese
,
in
gran
parte
le
cause
sono
simili
a
quelle
elencate
per
il
linguaggio
ieratico
e
per
il
burocratese
.
Anche
il
politichese
è
un
linguaggio
ieratico
,
in
cui
la
supposta
magia
della
formula
pretende
eludere
-
e
in
parte
,
diciamo
la
verità
,
ci
riesce
-
la
mancanza
di
qualsiasi
riferimento
a
concreti
provvedimenti
o
ad
azioni
da
intraprendere
.
Il
messaggio
unico
,
essenziale
,
che
l
'
uditore
deve
percepire
,
è
:
votate
per
me
e
sostenetemi
al
governo
;
tutto
il
resto
conta
ben
poco
.
Ma
il
linguaggio
involuto
,
incomprensibile
,
del
politico
ha
il
vantaggio
di
lasciare
la
porta
aperta
a
ogni
possibile
cambio
di
direzione
nel
prossimo
futuro
;
oppure
-
e
soprattutto
-
all
'
assoluta
mancanza
di
direzione
.
Non
tutti
gli
uomini
pubblici
sono
così
sprovveduti
come
si
dice
:
invece
molti
politici
conoscono
bene
l
'
efficacia
di
parlare
in
un
certo
modo
.
Di
sfuggita
abbiamo
accennato
anche
al
culturese
.
Non
vogliamo
assolutamente
inoltrarci
nella
sua
stupida
e
abusata
convenzionalità
.
Eppure
...
come
rinunciare
a
nominare
almeno
l
'
insopportabile
chiave
di
lettura
?
Davvero
si
legge
con
le
chiavi
?
Tornando
al
nostro
argomento
generale
,
bisogna
tener
conto
del
fatto
che
tutti
muoiono
dalla
voglia
di
esprimersi
,
di
parlare
o
di
scrivere
;
ma
si
vergognano
di
usare
una
lingua
semplice
,
non
artefatta
,
per
il
timore
di
apparire
banali
e
non
à
la
page
.
Ed
è
spesso
questo
timore
che
li
spinge
a
imbarcarsi
in
imprese
più
grandi
di
loro
,
per
le
quali
non
sono
affatto
preparati
.
Fatto
sta
che
parlare
o
scrivere
bene
è
difficilissimo
.
Rendere
chiaramente
un
pensiero
con
parole
essenziali
e
frasi
brevi
è
un
compito
quanto
mai
arduo
,
che
costa
tempo
,
fatica
e
lungo
esercizio
.
Splendida
l
'
uscita
di
Pascal
(
Les
provinciales
)
,
che
si
scusava
di
aver
fatto
una
lettera
troppo
lunga
,
soltanto
perché
non
aveva
avuto
il
tempo
di
farla
più
corta
!
Naturalmente
è
inutile
ripetere
per
l
'
ennesima
volta
che
,
almeno
per
quanto
riguarda
lo
sviluppo
della
capacità
di
esprimersi
in
quel
modo
,
la
nostra
scuola
è
un
fallimento
.
Viene
il
sospetto
-
o
più
che
il
sospetto
-
che
a
volte
proprio
essa
insegni
a
usare
come
indispensabili
i
paroloni
e
i
periodoni
.
Chi
non
ricorda
la
sofferenza
dello
scolaro
che
,
prima
di
consegnare
il
compito
scritto
di
quella
materia
che
viene
chiamata
italiano
,
si
accorge
di
aver
compilato
soltanto
due
paginette
?
(
Ma
,
a
proposito
,
che
c
'
entra
in
questo
l
'
italiano
?
In
tedesco
o
in
arabo
non
sarebbe
lo
stesso
?
)
E
chi
teme
di
non
riuscire
a
fare
abbastanza
periodoni
,
infarcisce
il
suo
elaborato
di
riempitivi
.
Non
sa
che
la
vera
arte
di
scrivere
sta
nel
saper
sintetizzare
,
anziché
nell
'
espandere
.
Ma
veniamo
ora
al
televisese
,
al
linguaggio
di
Chicco
e
di
tanti
nostri
concittadini
.
Su
di
esso
vale
la
pena
di
soffermarci
(
un
attimino
,
naturalmente
)
:
nonostante
che
tanto
sia
stato
già
detto
-
a
proposito
e
a
sproposito
-
sull
'
argomento
,
forse
ci
sono
ancora
cose
di
un
certo
interesse
da
aggiungere
.
Come
è
noto
,
il
sociologo
canadese
McLuhan
ha
espresso
a
proposito
dei
mezzi
di
comunicazione
di
massa
(
e
diciamo
pure
"
media
"
,
ma
non
l
'
orrendo
midia
!
)
l
'
opinione
che
"
il
mezzo
è
il
messaggio
"
.
Ebbene
,
se
è
davvero
così
,
prepariamoci
e
smettiamo
di
lamentarci
.
Dobbiamo
far
di
necessità
virtù
e
abituarci
.
Oggi
le
grandi
masse
,
ma
soprattutto
i
giovani
,
sono
facilmente
indotti
a
credere
che
solo
in
quel
modo
si
possa
trasmettere
un
messaggio
,
o
meglio
che
per
chi
vive
da
contemporaneo
nel
mondo
contemporaneo
non
ci
sia
altro
messaggio
da
trasmettere
all
'
infuori
di
quello
.
E
il
messaggio
,
proprio
allo
scopo
di
creare
o
preservare
un
'
identità
di
massa
,
vale
a
dire
allo
scopo
di
non
sentirsi
estranei
,
va
trasmesso
in
quelle
forme
.
Ma
forse
c
'
è
qualcosa
di
più
e
di
diverso
da
dire
.
L
'
uomo
non
vive
mai
isolato
nel
nulla
,
ma
vive
in
un
ambiente
.
Anzi
il
nulla
gli
fa
orrore
e
l
'
ambiente
gli
è
necessario
,
non
solo
per
provvedere
ai
suoi
bisogni
materiali
,
ma
anche
per
fornire
una
base
psicologica
alla
sua
identità
.
Per
essere
e
sentirsi
qualcuno
è
necessario
percepire
se
stesso
come
essere
umano
in
un
dato
ambiente
.
Del
resto
con
nessuno
sforzo
d
'
immaginazione
si
riesce
a
intuire
che
cosa
potremmo
essere
,
se
fossimo
privi
di
ambiente
.
Domandiamoci
ora
:
che
cos
'
è
l
'
ambiente
?
Di
solito
si
pensa
che
esso
sia
il
mondo
materiale
e
umano
che
ci
sta
attorno
.
Questo
è
giusto
,
ma
non
è
tutto
.
Per
vederci
più
chiaro
ricorriamo
a
qualche
esempio
.
Supponiamo
che
io
sia
malfermo
di
gambe
e
che
pertanto
ricorra
a
un
bastone
.
Dove
lo
trovo
un
bastone
?
Nell
'
ambiente
circostante
,
sia
che
raccolga
un
ramo
di
albero
,
sia
che
mi
rechi
da
un
venditore
di
bastoni
.
Dunque
il
bastone
fa
parte
dell
'
ambiente
;
ma
è
molto
diversa
la
funzione
del
bastone
da
quella
delle
mie
gambe
?
Forse
è
azzardato
dirlo
.
Supponiamo
ora
che
io
sia
meno
fortunato
e
che
,
essendomi
rotto
una
gamba
,
sia
costretto
a
ricorrere
a
una
clinica
ortopedica
,
nella
quale
mi
sostituiscono
un
pezzo
d
'
osso
con
un
materiale
artificiale
.
Quel
materiale
fa
ancora
parte
dell
'
ambiente
?
Per
quale
magia
ne
sarebbe
escluso
,
venendo
a
far
parte
di
me
stesso
,
come
le
mie
gambe
?
È
abbastanza
chiaro
ora
dove
andiamo
a
parare
,
pensando
a
protesi
sempre
più
importanti
,
alla
sostituzione
di
valvole
cardiache
,
a
tutto
un
cuore
o
ad
altri
organi
artificiali
.
E
per
chi
vive
dentro
un
tubo
metallico
che
lo
fa
respirare
artificialmente
,
il
tubo
non
è
ambiente
anch
'
esso
?
Per
questa
strada
si
arriva
facilmente
a
pensare
che
il
nostro
stesso
corpo
,
con
parti
vuoi
naturali
,
vuoi
artificiali
,
faccia
parte
dell
'
ambiente
in
cui
viviamo
.
Anzi
saremo
più
audaci
e
affermeremo
tout
court
che
il
nostro
primo
ambiente
siamo
noi
stessi
.
Quello
che
chiamiamo
il
nostro
corpo
è
il
nostro
primo
ambiente
.
Ma
,
a
scanso
di
equivoci
,
affrettiamoci
subito
a
dire
che
non
intendiamo
affatto
risuscitare
l
'
antico
dualismo
,
per
cui
noi
siamo
composti
di
anima
e
di
corpo
,
affermando
che
la
prima
abita
in
qualche
modo
nel
secondo
.
No
,
il
nostro
assunto
è
diverso
:
vogliamo
dire
che
l
'
essere
umano
è
un
tutto
che
ha
due
aspetti
inseparabili
,
due
punti
di
vista
dai
quali
può
essere
considerato
.
Quello
che
chiamiamo
ambiente
è
un
aspetto
della
sua
stessa
personalità
e
della
sua
identità
.
Oggi
si
parla
con
grande
interesse
-
e
spesso
con
grande
apprensione
-
della
possibilità
di
modificare
il
nostro
corpo
e
quindi
di
modificare
noi
stessi
.
In
realtà
non
c
'
è
nulla
di
concettualmente
nuovo
se
non
il
grado
in
cui
ci
valiamo
e
ancor
più
ci
varremo
di
questa
possibilità
.
E
la
continuazione
sempre
più
incisiva
di
una
vecchissima
impresa
.
L
'
uomo
ha
cominciato
a
modificare
se
stesso
quando
si
è
dato
a
trasformare
il
suo
ambiente
.
Quando
,
una
volta
ideato
il
linguaggio
simbolico
e
domato
il
fuoco
,
è
arrivato
(
nel
neolitico
)
a
domesticare
gli
animali
,
a
coltivare
i
campi
,
a
costruire
le
case
,
le
città
,
a
darsi
le
relazioni
e
le
istituzioni
sociali
,
ha
certo
modificato
in
modo
possente
l
'
ambiente
,
ma
allo
stesso
tempo
ha
generato
un
nuovo
tipo
di
uomo
,
assolutamente
sconosciuto
ai
suoi
predecessori
.
Si
è
dato
una
nuova
identità
.
Naturalmente
trasformazioni
di
quel
tipo
,
in
misura
maggiore
o
minore
,
si
sono
verificate
nel
corso
di
tutta
la
storia
seguente
.
Ma
forse
non
esageriamo
affermando
che
mai
sono
avvenute
nella
misura
che
oggi
abbiamo
dinanzi
agli
occhi
.
Rinunciando
alle
abbastanza
insulse
previsioni
sul
terzo
millennio
-
che
oggi
vanno
tanto
di
moda
e
che
probabilmente
sono
tutte
sbagliate
-
guardiamoci
attorno
al
tempo
presente
.
Basta
pensare
che
le
facoltà
naturali
del
nostro
corpo
sono
aumentate
a
dismisura
.
Prima
di
tutto
le
difese
contro
i
microaggressori
che
vengono
dall
'
esterno
sono
oggi
diventate
formidabili
(
anche
se
i
soliti
sciocchi
vogliono
tutto
e
subito
e
continuano
a
lamentarsi
della
inadeguatezza
della
scienza
attuale
)
.
In
secondo
luogo
la
mobilità
che
ci
era
stata
garantita
dalle
gambe
oggi
fa
ridere
.
A
proposito
,
quale
guidatore
non
sente
l
'
automobile
come
parte
del
suo
corpo
?
E
lo
specchietto
retrovisore
non
fa
,
sia
pure
all
'
indietro
,
esattamente
quello
che
fanno
i
nostri
occhi
?
Ma
davvero
tutto
quello
è
solo
ambiente
?
Tuttavia
è
innegabile
che
le
cose
più
strabilianti
sono
venute
e
stanno
venendo
dalla
parte
dei
mezzi
di
massa
e
dall
'
informatica
.
Fanno
scorrere
fiumi
di
parole
e
d
'
inchiostro
coloro
che
parlano
di
quei
mezzi
e
soprattutto
della
televisione
.
Non
si
tratta
solo
del
problema
dei
bambini
(
i
quali
,
senza
dubbio
,
vanno
cautamente
protetti
da
diseducative
e
spesso
ignobili
suggestioni
)
,
ma
anche
degli
adulti
,
che
in
media
passano
ore
e
ore
alla
televisione
.
Non
intendiamo
qui
fare
i
moralisti
a
buon
mercato
e
solo
deplorare
.
Cerchiamo
soltanto
di
prendere
atto
di
quello
che
è
avvenuto
e
delle
sue
inevitabili
conseguenze
.
Una
volta
s
'
imparava
a
parlare
dalla
famiglia
,
dalla
scuola
e
dalle
relazioni
sociali
.
In
altre
parole
,
s
'
imparava
dall
'
ambiente
nel
quale
si
cresceva
.
Oggi
s
'
impara
dalla
televisione
,
perché
la
televisione
è
ambiente
.
Ma
lasciamo
stare
le
lamentele
più
o
meno
filologiche
e
destinate
a
estinguersi
di
chi
è
stato
(
se
non
altro
,
per
ragioni
di
età
)
educato
in
modo
ben
diverso
.
Non
fingiamo
d
'
ignorare
che
l
'
ambiente
è
parte
dell
'
identità
dell
'
essere
umano
!
È
per
questo
che
voler
costringere
l
'
uomo
comune
a
parlare
una
lingua
diversa
dal
televisese
è
come
costringerlo
a
privarsi
di
una
parte
della
sua
identità
.
È
quasi
una
crudeltà
inutile
.
E
come
costringere
un
orso
ad
andare
in
bicicletta
in
un
circo
,
un
gatto
ad
abbaiare
,
una
rondine
a
non
fare
il
nido
.
L
'
ascolto
della
televisione
-
anzi
spesso
il
mero
rumore
della
televisione
accesa
-
è
come
il
nido
che
dà
a
tanti
un
senso
di
sicurezza
,
la
riprova
di
essere
se
stessi
e
di
essere
a
casa
.
Mille
esempi
potrebbero
suffragare
l
'
opinione
che
l
'
ambiente
è
parte
essenziale
e
irrinunciabile
della
nostra
identità
.
Se
ne
accorge
amaramente
Mattia
Pascal
di
Pirandello
,
che
,
illusosi
di
essere
ufficialmente
scomparso
per
sempre
e
di
essere
diventato
veramente
Adriano
Meis
,
scopre
che
nel
nuovo
ambiente
non
gli
è
concesso
in
nessun
modo
di
vivere
.
Pentito
,
tenta
di
tornare
indietro
,
ma
non
gli
è
permesso
nemmeno
di
riacquistare
l
'
identità
di
Mattia
Pascal
,
semplicemente
perché
l
'
ambiente
che
aveva
lasciato
non
è
più
quello
;
fra
l
'
altro
la
moglie
si
è
risposata
.
Qual
è
allora
la
vera
identità
di
quel
povero
essere
umano
?
Ma
torniamo
al
televisese
.
Prima
di
tutto
è
difficile
ignorare
quel
pullulare
di
parole
inglesi
-
e
non
inglesi
-
smozzicate
e
mal
pronunciate
,
che
caratterizza
l
'
espressione
verbale
dei
cosiddetti
giovani
d
'
oggi
(
i
quali
spesso
non
sono
nemmeno
giovani
)
.
Forse
è
un
po
'
da
miopi
ribellarsi
a
questo
fenomeno
;
non
stiamo
noi
oggi
assistendo
allo
stabilirsi
di
una
specie
di
koiné
mondiale
?
Ora
,
a
parte
qualsiasi
considerazione
estetica
-
che
allo
stato
attuale
sarebbe
soltanto
disastrosa
,
in
quanto
si
sa
che
i
gusti
possono
cambiare
-
non
ha
essa
il
sicuro
merito
di
essere
appunto
una
lingua
comune
?
È
troppo
presto
per
pronunciarsi
;
tuttavia
non
dimentichiamo
che
spesso
la
lingua
elegante
di
oggi
è
scaturita
dalla
lingua
errata
e
volgare
(
ma
vivacemente
espressiva
)
di
ieri
.
Tuttavia
c
'
è
anche
un
altro
fenomeno
importante
da
segnalare
.
Il
televisese
comincia
ad
abbondare
,
non
solo
nella
lingua
dei
cosiddetti
sciocchi
e
ignoranti
,
ma
si
sta
insinuando
inesorabile
anche
nell
'
espressione
di
parlatori
e
scrittori
colti
.
Sta
persino
forzando
la
penna
dei
migliori
e
più
forbiti
giornalisti
.
È
una
penetrazione
subdola
,
perché
basata
su
locuzioni
che
,
pur
non
essendo
necessariamente
errate
,
andrebbero
usate
solo
quando
aderiscono
perfettamente
al
pensiero
che
si
vuole
esprimere
.
Oggi
invece
non
è
così
:
esse
stanno
acquistando
una
fastidiosa
frequenza
in
contesti
nei
quali
non
tornano
affatto
a
pennello
,
ingenerando
non
solo
tolleranza
,
ma
addirittura
abitudine
.
Ne
abbiamo
già
dato
qualche
esempio
con
:
"
esatto
"
,
"
nei
confronti
di
"
,
"
essere
raggiunto
da
un
provvedimento
"
,
"
consentire
"
,
"
fare
un
gran
parlare
"
,
"
mettere
in
ginocchio
"
,
"
basso
profilo
"
,
"
buon
giorno
e
buona
giornata
"
,
"
così
tanto
"
,
"
in
buona
sostanza
"
;
e
mille
altri
ne
potremmo
aggiungere
,
come
è
ben
noto
a
tutti
.
In
quei
casi
non
si
tratta
affatto
di
sacrificare
l
'
eleganza
allo
scopo
supremo
di
riuscire
un
giorno
a
conquistare
una
koiné
mondiale
.
Si
tratta
invece
di
creare
agli
ascoltatori
italiani
un
ambiente
confusionario
e
di
cattivo
gusto
,
dal
quale
usciranno
inesorabilmente
plasmati
.
A
proposito
di
koiné
falsa
e
buffonesca
,
è
difficile
tacere
di
alcuni
autentici
mostri
che
hanno
preso
dimora
stabile
fra
noi
,
come
se
realmente
esistessero
al
di
fuori
dei
nostri
confini
,
con
quei
significati
che
noi
-
e
soltanto
noi
!
-
gli
attribuiamo
:
esempio
tipico
è
il
"
pullman
"
.
(
George
Pullman
era
semplicemente
quel
signore
che
alla
fine
dell
'
Ottocento
inventò
le
carrozze
ferroviarie
lussuose
e
con
letti
,
carrozze
che
da
lui
presero
il
nome
.
)
11
.
Aspettando
Quanto
al
Godot
di
Beckett
,
egli
rappresentò
la
scoperta
-
tanto
rilevante
quanto
...
ovvia
-
di
un
personaggio
essenziale
nella
vita
umana
.
Tutti
,
senza
eccezione
,
attendiamo
Godot
,
senza
averlo
mai
visto
e
senza
avere
la
minima
idea
di
chi
veramente
egli
sia
.
È
una
presenza
nascosta
che
ci
aiuta
a
vivere
,
o
meglio
ci
costringe
a
vivere
.
Vivere
è
un
'
attesa
,
è
una
continua
proiezione
in
un
futuro
,
che
,
proprio
perché
mai
raggiunto
e
visto
in
faccia
,
ci
permette
di
perpetuare
le
illusioni
:
quelle
illusioni
che
sono
i
I
nostro
nutrimento
,
il
nostro
carburante
.
In
realtà
non
di
rado
crediamo
di
sapere
bene
chi
o
che
cosa
stiamo
aspettando
.
In
tal
caso
di
solito
l
'
attesa
non
è
gradita
e
la
reputiamo
uno
dei
mali
di
quel
mondo
in
cui
l
'
umanità
è
costretta
a
vivere
suo
malgrado
.
Attendiamo
quando
facciamo
la
coda
in
un
ufficio
,
quando
dobbiamo
essere
ricevuti
da
un
dentista
,
quando
il
nostro
treno
ha
ritardo
,
quando
la
giuria
è
in
camera
di
consiglio
,
quando
deve
iniziare
uno
spettacolo
;
e
in
mille
altre
occasioni
.
La
sofferenza
dell
'
attesa
si
è
acutizzata
in
modo
esasperante
nell
'
epoca
moderna
,
ma
,
come
è
ovvio
,
non
è
nata
oggi
.
È
una
costante
della
condizione
umana
.
Attende
Penelope
,
attende
Butterfly
...
L
'
attesa
è
così
universalmente
reputata
spiacevole
,
che
si
è
istituita
nella
società
una
regola
di
precedenza
,
che
stabilisce
chi
deve
aspettare
l
'
altro
.
Specie
nel
caso
che
l
'
atteso
sia
un
personaggio
importante
,
guai
a
trasgredirla
.
Anzi
,
in
tal
caso
si
pretende
perfino
,
per
sicurezza
,
che
la
sofferenza
di
chi
aspetta
sia
lunga
.
Si
narra
(
ma
probabilmente
è
una
leggenda
)
che
una
volta
Luigi
XIV
,
arrivando
soltanto
un
momento
dopo
i
gentiluomini
che
aveva
convocato
in
udienza
,
esclamò
corrucciato
:
"
J
'
ai
failli
attendre
!
"
,
c
'
è
mancato
poco
che
dovessi
aspettare
.
Ma
non
aspettano
solo
gl
'
individui
.
Aspettano
anche
i
gruppi
,
i
partiti
,
i
popoli
,
gli
stati
.
Molto
spesso
ne
va
della
stessa
identità
della
loro
aggregazione
,
che
andrebbe
perduta
se
mancasse
l
'
attesa
.
Basta
pensare
a
tutte
le
minoranze
che
-
a
ragione
o
a
torto
-
si
sentono
oppresse
e
conculcate
e
attendono
l
'
emancipazione
:
è
il
caso
dei
diversi
per
etnia
,
per
colore
,
per
lingua
,
per
inclinazioni
sessuali
,
degl
'
irredentisti
,
degl
'
indipendentisti
di
ogni
tipo
,
o
per
converso
degli
espansionisti
.
Attendono
i
curdi
,
i
baschi
,
i
ceceni
,
i
palestinesi
,
gl
'
israeliani
,
i
corsi
,
i
catalani
,
i
sudtirolesi
;
e
purtroppo
l
'
elenco
non
finirebbe
mai
.
Eppure
per
tutti
costoro
la
sofferenza
dell
'
attesa
è
insieme
una
colla
che
unisce
e
una
ragione
di
vita
.
Molti
di
loro
,
cessata
in
qualche
modo
l
'
attesa
,
si
domanderebbero
qual
è
il
senso
del
loro
esistere
come
gruppo
.
E
che
dire
di
coloro
che
per
secoli
hanno
aspettato
il
Messia
o
il
suo
ritorno
,
l
'
Apocalisse
,
il
Giudizio
universale
?
L
'
essere
umano
è
costretto
per
sua
natura
a
guardare
al
futuro
e
a
credere
che
l
'
essenziale
sia
ancora
da
completare
.
Alcuni
attendono
una
radiosa
meta
sociale
,
come
il
sole
dell
'
avvenire
.
Altri
ipotizzano
che
sia
l
'
uomo
stesso
a
non
aver
ancora
raggiunto
lo
stadio
finale
:
"
l
'
uomo
è
qualcosa
che
deve
essere
superato
"
(
Nietzsche
)
.
Perché
l
'
uomo
è
tanto
legato
all
'
idea
di
futuro
e
alla
relativa
attesa
?
In
fondo
l
'
uomo
è
un
prodotto
dell
'
universo
.
Ma
l
'
Universo
,
nel
quale
siamo
nati
e
nel
quale
ci
troviamo
a
vivere
volenti
o
nolenti
,
è
imperturbabile
:
non
distingue
l
'
ieri
dal
domani
,
e
in
nessun
modo
privilegia
l
'
oggi
.
Tutti
gl
'
istanti
sono
eguali
e
non
ne
esiste
uno
particolarissimo
da
chiamare
ora
.
L
'
Universo
non
attende
affatto
un
suo
completamento
,
che
non
avrebbe
alcun
senso
.
Noi
abbiamo
inventato
l
'
ora
"
e
il
"
domani
"
,
concetti
assolutamente
indefinibili
in
termini
puramente
fisici
,
cioè
senza
fare
intervenire
di
volta
in
volta
il
nostro
orizzonte
temporale
,
il
nostro
esserci
.
Ma
ora
sarà
opportuno
distinguere
il
microscopico
dal
macroscopico
.
Il
corpo
umano
-
compreso
il
cervello
-
è
un
complesso
macroscopico
,
composto
da
miliardi
di
miliardi
di
atomi
e
molecole
.
Qualcuno
ritiene
che
l
'
uomo
non
sia
costituito
soltanto
da
quelle
cose
;
ne
prendiamo
atto
,
tuttavia
non
intendiamo
impegnarci
qui
in
un
dibattito
metafisico
o
addirittura
teologico
.
In
ogni
caso
,
quello
che
nessuno
avrà
il
coraggio
di
negare
è
che
l
'
uomo
sia
anche
un
complesso
d
'
innumerevoli
particelle
.
Come
già
fu
notato
,
i
corpi
della
microfisica
,
quali
gli
atomi
,
le
molecole
o
le
particelle
subatomiche
,
non
invecchiano
,
non
sentono
il
passare
del
tempo
,
non
hanno
un
"
ora
"
;
oppure
possiamo
dire
che
per
loro
è
sempre
ora
,
in
quanto
la
loro
aspettazione
di
vita
è
sempre
la
stessa
.
Se
sopravvivono
a
una
(
impredicibile
)
disintegrazione
,
il
loro
futuro
è
identico
al
passato
,
nel
senso
che
non
c
'
è
barba
d
'
uomo
che
possa
distinguere
un
loro
stato
futuro
da
uno
stato
del
passato
.
I
corpi
macroscopici
invece
si
comportano
in
modo
diverso
.
Sono
soggetti
alla
seconda
legge
della
termodinamica
:
quando
sono
chiusi
e
isolati
,
la
loro
entropia
-
ovvero
il
disordine
complessivo
dei
loro
componenti
-
va
aumentando
.
Un
organismo
vivente
non
è
certo
un
sistema
chiuso
e
isolato
:
è
invece
aperto
,
in
quanto
scambia
continuamente
materia
,
energia
e
informazione
con
l
'
ambiente
esterno
.
In
tali
condizioni
non
sono
da
escludere
fenomeni
di
autorganizzazione
,
nei
quali
nasce
spontaneamente
un
certo
tipo
di
ordine
(
Prigogine
)
.
Appunto
in
questo
modo
si
pensa
che
sia
nata
e
si
sia
sviluppata
la
vita
sulla
Terra
.
Ma
-
sia
detto
per
inciso
-
non
si
creda
che
la
seconda
legge
della
termodinamica
sia
violata
.
Se
diminuisce
l
'
entropia
in
un
certo
sistema
,
esso
riversa
entropia
(
in
misura
maggiore
)
nell
'
ambiente
circostante
e
di
conseguenza
l
'
entropia
complessiva
va
aumentando
.
A
volte
si
parla
di
freccia
del
tempo
,
intendendo
che
essa
indichi
quel
senso
in
cui
aumenta
l
'
entropia
complessiva
.
Ora
noi
viviamo
in
un
ambiente
,
a
rigore
né
chiuso
né
isolato
.
Ciononostante
il
fenomeno
di
gran
lunga
più
cospicuo
che
notiamo
e
contro
il
quale
combattiamo
una
battaglia
(
perduta
)
è
un
continuo
aumento
di
entropia
dell
'
ambiente
esterno
.
Nella
Farsaglia
di
Lucano
,
Cesare
,
che
visita
il
luogo
dove
sorgeva
Troia
,
dà
occasione
al
poeta
di
scrivere
un
magnifico
emistichio
:
"
etiam
periere
ruinae
"
.
Ma
non
c
'
illudiamo
:
anche
il
nostro
corpo
,
pur
essendo
vivente
e
sfruttando
la
sua
apertura
agli
apporti
esterni
per
tentare
in
ogni
modo
di
mantenere
l
'
ordine
dentro
di
sé
,
non
sfugge
alla
legge
dell
'
entropia
.
Le
stesse
reazioni
chimiche
,
che
mettiamo
in
opera
per
fare
quell
'
ordine
,
vanno
per
lo
più
nel
senso
entropico
voluto
dalla
natura
.
In
ogni
caso
se
,
mettendo
una
mano
nell
'
acqua
bollente
,
vedessimo
che
il
calore
passasse
dalla
mano
all
'
acqua
,
penseremmo
di
aver
perduto
la
ragione
;
invece
(
come
è
naturale
)
ci
scottiamo
.
Ci
è
psicologicamente
impossibile
liberarci
da
una
continua
soggezione
alla
freccia
del
tempo
.
Fra
l
'
altro
in
noi
si
accumulano
-
e
si
deteriorano
-
i
ricordi
del
passato
,
non
certo
quelli
dell
'
avvenire
.
In
queste
condizioni
non
possiamo
fare
altro
che
andare
sempre
in
avanti
nel
tempo
e
pensare
continuamente
all
'
avvenire
,
progettando
,
progettandoci
e
attendendo
,
ovvero
anticipando
quello
che
vivremo
.
Ben
inteso
,
ci
aspettiamo
anche
la
morte
.
Quanto
al
passato
,
il
suo
ricordo
ci
può
essere
dolce
o
triste
,
ma
siamo
sicuri
che
è
inutile
progettarlo
,
dato
che
su
di
esso
non
possiamo
intervenire
.
È
immutabile
e
scritto
per
sempre
.
Fin
dai
tempi
di
Plauto
(
Aulularia
)
è
stato
detto
:
"
Factum
illud
infectum
fieri
non
potest
"
.
Ora
,
premesse
queste
doverose
considerazioni
fisiche
sul
nostro
modo
di
vivere
,
cerchiamo
di
scavare
più
nel
profondo
dello
specifico
umano
,
così
esistenzialmente
basato
sull
'
attesa
.
Prima
di
tutto
,
se
è
vero
,
come
testé
ricordato
,
che
gli
umani
e
le
loro
associazioni
attendono
spesso
qualche
cosa
di
cui
credono
di
avere
un
'
idea
ben
precisa
,
è
anche
vero
che
per
lo
più
,
raggiunto
lo
scopo
,
sono
destinati
a
provare
un
'
amara
delusione
.
Hanno
quasi
l
'
impressione
di
una
sconfitta
,
hanno
perso
una
ragione
di
vita
,
sentono
sul
collo
l
'
alito
della
morte
.
Lo
sa
bene
quel
personaggio
di
Joyce
(
Ulisse
)
che
afferma
:
"
Fummo
sempre
fedeli
alle
cause
perse
.
Il
successo
per
noi
è
la
morte
dell
'
intelletto
e
della
fantasia
"
.
Ma
in
secondo
luogo
sta
il
fatto
che
ancora
più
spesso
ci
sentiamo
in
perpetua
attesa
,
senza
avere
nemmeno
una
minima
idea
di
che
cosa
stiamo
aspettando
.
Sono
la
noia
,
l
'
angoscia
,
che
ci
attanagliano
,
almeno
finché
una
sofferenza
-
magari
fisica
-
non
venga
a
liberarcene
.
"
Amaro
e
noia
/
la
vita
,
altro
mai
nulla
,
"
dice
Leopardi
(
A
se
stesso
)
,
non
certo
per
consolarsi
.
E
se
poi
,
credendo
di
aspettare
qualcosa
,
noi
aspettassimo
solo
noi
stessi
?
Veramente
suggestiva
è
questa
riflessione
di
Heidegger
(
Essere
e
tempo
)
:
"
l
'
Esserci
[
Dasein
,
in
sostanza
l
'
uomo
]
non
perviene
primariamente
a
se
stesso
nel
suo
poter
-
essere
più
proprio
e
incondizionato
;
al
contrario
,
prendendo
cura
[
Sorge
]
,
aspetta
se
stesso
da
ciò
che
l
'
oggetto
della
sua
cura
gli
può
offrire
o
rifiutare
"
.
E
più
in
là
riprende
:
"
Soltanto
perché
l
'
Esserci
effettivo
è
aspettantesi
il
suo
poter
-
essere
da
ciò
di
cui
si
prende
cura
,
esso
può
essere
in
attesa
e
ripromettersi
qualcosa
.
L
'
aspettarsi
deve
aver
già
sempre
aperto
l
'
orizzonte
e
l
'
ambito
di
cui
qualcosa
può
essere
atteso
.
L
'
attendere
è
un
modo
dell
'
avvenire
fondato
nell
'
aspettarsi
,
avvenire
che
si
temporalizza
autenticamente
come
anticipazione
.
Ecco
perché
l
'
anticipazione
costituisce
un
essere
-
per
-
la
-
morte
più
originario
di
quello
consistente
nell
'
attesa
della
morte
"
.
Questo
è
verissimo
.
Molto
spesso
noi
aspettiamo
;
ma
quasi
mai
aspettiamo
la
morte
.
Abbiamo
visto
come
già
Mirabeau
in
punto
di
morte
osservasse
amaramente
che
lui
moriva
da
vivo
:
se
avesse
aspettato
la
morte
,
avrebbe
aspettato
qualcosa
che
lui
non
avrebbe
mai
potuto
vedere
e
gustare
.
Il
nostro
essere
-
per
-
la
-
morte
,
per
dirla
con
Heidegger
,
è
una
modalità
costante
della
nostra
vita
,
non
uno
scopo
o
un
fine
che
inseguiamo
e
che
riusciremo
a
raggiungere
.
In
fondo
,
a
ogni
istante
noi
moriamo
e
rinasciamo
e
la
nostra
attesa
è
appunto
una
continua
attesa
di
rinascita
di
noi
stessi
.
Per
terminare
,
dopo
tante
considerazioni
non
esattamente
gioiose
sullo
scorrere
del
tempo
umano
e
sulla
nostra
perpetua
attesa
,
troveremo
forse
qualche
consolazione
ricordando
il
gentile
verso
di
Montale
:
"
ma
in
attendere
è
gioia
più
compita
"
.
12
.
Nei
giardini
di
Academo
Si
annunciava
la
primavera
in
una
splendida
giornata
mediterranea
e
le
piante
erano
già
quasi
tutte
piene
di
bocci
e
di
fiori
.
Nel
giardino
,
su
un
sedile
di
marmo
un
po
'
appartato
,
un
uomo
vigoroso
sulla
quarantina
,
con
una
notevole
barba
fluente
,
già
un
po
'
brizzolata
,
non
sembrava
prendere
parte
a
quella
festa
della
natura
.
Appoggiando
un
gomito
sul
ginocchio
e
la
testa
sulla
mano
,
rimaneva
immerso
nei
suoi
pensieri
.
Molte
domande
lo
assillavano
,
quasi
lo
tormentavano
.
La
principale
si
poteva
forse
riassumere
così
:
era
davvero
sicuro
di
essere
stato
sempre
fedele
al
suo
maestro
,
esponendone
le
idee
genuine
e
il
metodo
,
oppure
si
era
approfittato
della
celebrità
di
lui
per
diffondere
la
sua
dottrina
personale
?
E
poi
quel
Socrate
era
proprio
come
lui
lo
aveva
descritto
,
idealizzandolo
,
oppure
aveva
ragione
Aristofane
,
che
tanti
anni
prima
,
nella
commedia
Le
nuvole
,
lo
aveva
dipinto
in
termini
ben
diversi
,
tutto
intento
a
insegnare
come
si
può
con
un
po
'
di
dialettica
far
prevalere
l
'
opinione
peggiore
su
quella
migliore
?
No
,
a
chi
lo
aveva
conosciuto
bene
non
sembrava
affatto
che
le
cose
stessero
così
come
diceva
Aristofane
.
Gli
sembrava
tendenzioso
,
ingiusto
assimilare
Socrate
ai
sofisti
.
Lui
sapeva
bene
che
il
maestro
era
uno
degli
uomini
più
onesti
,
più
buoni
,
più
saggi
che
fossero
mai
esistiti
.
Ma
a
dire
il
vero
,
lo
aveva
incontrato
troppo
tardi
per
poter
smentire
con
sicurezza
Aristofane
.
Non
poteva
darsi
che
effettivamente
Socrate
in
gioventù
fosse
stato
molto
diverso
da
come
poi
lo
aveva
conosciuto
lui
e
che
a
un
dato
momento
della
vita
fosse
cambiato
in
modo
radicale
?
Non
poteva
ciò
essere
avvenuto
proprio
a
causa
del
responso
ricevuto
dall
'
oracolo
di
Delfi
,
come
del
resto
era
voce
abbastanza
comune
?
Loracolo
,
riferito
da
Cherefonte
,
aveva
sentenziato
che
Socrate
era
il
più
sapiente
degli
uomini
;
e
Socrate
,
conscio
invece
di
non
saper
nulla
,
si
era
dato
alla
ricerca
appassionata
della
verità
,
accompagnandola
con
l
'
assunzione
di
modi
di
vita
ascetici
.
L
'
asserire
che
le
cose
terrene
sono
solo
copie
imperfette
di
modelli
ideali
e
perfetti
non
aiutava
molto
.
Se
l
'
idea
di
uomo
buono
e
saggio
è
fissa
e
inattaccabile
dagli
eventi
mondani
,
quale
Socrate
era
una
copia
imperfetta
di
essa
?
Naturalmente
il
Socrate
successivo
agli
anni
della
giovinezza
.
E
perché
poi
?
Forse
che
il
ravvedersi
e
il
cambiare
avevano
un
significato
assoluto
?
Per
quale
ragione
il
poi
doveva
valere
più
che
il
prima
?
Quello
era
solo
un
pregiudizio
umano
ingiustificato
.
Fra
l
'
altro
,
se
era
così
,
un
punto
fondamentale
della
dottrina
dell
'
unità
e
stabilità
del
Bene
non
tornava
affatto
.
Qualcuno
poteva
essere
buono
in
certi
periodi
della
vita
e
pessimo
in
altri
.
Era
opinione
comune
che
gli
dèi
nell
'
Ade
premiassero
i
buoni
e
punissero
i
cattivi
.
Ma
chi
erano
i
buoni
?
Nel
mondo
delle
idee
che
importanza
poteva
avere
se
uno
era
buono
prima
o
dopo
?
Perché
continuare
a
fingere
che
gli
uomini
fossero
diversi
da
come
realmente
sono
per
natura
?
E
del
resto
quello
stesso
che
ora
seduto
sul
marmo
così
ragionava
non
si
sentiva
profondamente
cambiato
dopo
aver
fatto
quel
viaggio
nella
Grande
Ellade
,
dopo
aver
avuto
quei
colloqui
col
pitagorico
Archita
di
Taranto
,
dopo
aver
visto
a
Siracusa
come
agiva
il
tiranno
Dionigi
?
E
non
provava
anche
un
sottile
rimorso
per
quel
po
'
di
piaggeria
che
,
con
la
magra
scusa
di
cambiarlo
,
aveva
dimostrato
verso
lo
stesso
tiranno
?
Si
riprometteva
di
tornare
un
giorno
in
quelle
terre
,
per
riparare
e
imparare
ulteriormente
.
Inoltre
,
per
quanto
riguarda
il
giudizio
sulla
sofistica
,
che
cosa
vuol
dire
che
un
'
opinione
o
una
ragione
è
migliore
o
peggiore
di
un
'
altra
?
Davvero
lui
credeva
di
saperlo
?
Forse
lo
stesso
Socrate
nella
sua
grande
saggezza
non
aveva
mai
scritto
nulla
di
suo
pugno
,
proprio
perché
si
era
reso
conto
che
una
cosa
è
discutere
a
voce
su
un
concetto
e
impresa
ben
diversa
è
fissarlo
con
la
scrittura
.
Per
lui
la
saggezza
e
la
verità
consistevano
anche
-
o
soprattutto
-
nel
porre
le
giuste
domande
e
nell
'
analizzare
le
risposte
sensate
.
Nella
conversazione
,
nel
dialogo
c
'
è
sempre
una
buona
dose
di
eristica
,
di
voglia
di
vincere
e
sopraffare
l
'
avversario
,
indipendentemente
dalla
maggiore
o
minore
bontà
delle
idee
.
Ma
le
parole
volano
e
quel
peccato
si
può
perdonare
,
anzi
può
essere
di
stimolo
per
escogitare
domande
e
argomenti
sempre
migliori
;
gli
scritti
invece
restano
e
prima
o
poi
vengono
confutati
da
colui
al
quale
non
puoi
rispondere
.
L
'
importante
è
dunque
imparare
a
formulare
correttamente
le
domande
e
a
esaminare
senza
pregiudizio
tutto
il
ventaglio
delle
risposte
possibili
.
Eppure
...
non
poteva
essere
sempre
così
.
Non
molto
tempo
prima
lui
stesso
ne
aveva
dato
una
prova
inconfutabile
,
affermando
che
Socrate
era
riuscito
a
far
dimostrare
a
uno
schiavo
di
Menone
che
,
dato
un
quadrato
,
il
quadrato
costruito
sulla
sua
diagonale
ha
area
doppia
di
esso
.
Si
sentiva
sicuro
che
nessuno
in
avvenire
avrebbe
potuto
smentire
quella
prova
e
quel
risultato
.
Del
resto
nella
matematica
si
danno
centinaia
di
proposizioni
e
di
prove
assolutamente
inattaccabili
come
quella
.
Se
invece
si
voleva
dimostrare
qualche
proposizione
rispetto
alla
virtù
,
al
bene
,
al
male
...
era
un
altro
discorso
.
Ma
in
quel
mentre
la
sua
attenzione
fu
attratta
da
una
ben
strana
apparizione
.
Un
bellissimo
gallo
,
urlando
e
starnazzando
con
le
penne
arruffate
,
attraversava
di
corsa
il
prato
di
fronte
,
per
poi
scomparire
fra
la
vegetazione
,
dalla
quale
subito
sfrecciava
via
un
gruppo
di
uccelli
spaventati
.
Il
filosofo
aveva
appena
alzato
le
sopracciglia
,
un
po
'
stupito
,
quando
vide
comparire
tutto
affannato
un
uomo
che
lui
conosceva
benissimo
e
che
,
a
quanto
pareva
,
inseguiva
il
gallo
.
Lo
chiamò
a
gran
voce
:
"
Critone
,
Critone
!
Che
fai
,
dove
vai
?
"
Critone
arrestò
un
momento
la
corsa
,
piuttosto
sorpreso
e
confuso
:
"
Platone
,
tu
qui
?
Lo
vedi
,
corro
perché
devo
riacchiappare
quel
gallo
.
"
"
E
perché
lo
vuoi
riacchiappare
?
"
"
Perché
lo
devo
portare
ad
Asclepio
,
come
mi
aveva
chiesto
Socrate
prima
di
morire
.
Non
ricordi
il
racconto
di
Fedone
di
Elide
,
quel
racconto
che
tu
stesso
hai
recentemente
messo
per
iscritto
?
"
Platone
ricordava
benissimo
e
forse
era
dei
pochi
che
a
suo
tempo
avevano
capito
.
Socrate
voleva
donare
il
gallo
ad
Asclepio
,
dio
della
salute
,
per
ringraziarlo
di
aver
liberato
la
sua
anima
da
quella
vera
e
propria
malattia
che
era
lo
stare
congiunta
col
corpo
.
Ma
lo
stupore
non
faceva
che
aumentare
.
"
Critone
,
sei
diventato
folle
?
Quell
'
incarico
Socrate
te
lo
dette
dodici
anni
fa
e
tu
lo
adempi
ora
?
"
"
Questo
ritardo
non
ha
nessuna
importanza
.
"
"
Come
asserisci
che
non
ha
importanza
?
"
"
Dimmi
,
Platone
:
è
vero
che
tutti
gli
dèi
sono
immortali
?
"
"
Sì
,
per
Zeus
!
"
"
E
Asclepio
non
è
un
dio
?
"
"Certamente."
"
Allora
Asclepio
è
immortale
.
"
"
Senza
dubbio
.
"
"
E
per
chi
è
immortale
dodici
anni
o
un
'
ora
non
sono
la
stessa
cosa
?
"
"
Così
sembra
anche
a
me
...
"
Ma
Critone
aveva
già
ripreso
la
corsa
dietro
al
gallo
e
stava
provocando
un
nuovo
svolazzìo
di
uccelli
in
fuga
.
Forse
non
era
male
,
perché
in
realtà
Platone
dava
l
'
impressione
di
esser
rimasto
quasi
senza
parole
.
Era
veramente
colpito
da
come
Critone
aveva
appreso
bene
quell
'
arte
dialettica
di
interrogare
e
di
argomentare
,
insegnata
da
Socrate
.
Ormai
sembrava
che
lo
scolaro
fosse
diventato
lui
,
Platone
.
L
'
apparizione
del
gallo
e
il
fugace
scambio
di
battute
con
Critone
avevano
riportato
la
sua
mente
a
quel
tristissimo
giorno
in
cui
Socrate
,
attorniato
da
una
piccola
folla
di
ammiratori
e
di
seguaci
,
aveva
buttato
giù
in
un
sorso
la
cicuta
.
Si
sentiva
in
colpa
e
si
vergognava
.
Perché
lui
non
c
'
era
a
dare
quell
'
ultimo
saluto
al
maestro
?
L
'
affermazione
di
Fedone
"
credo
che
Platone
fosse
malato
"
era
davvero
molto
debole
.
Come
avrebbero
potuto
crederci
i
posteri
,
tanto
più
sapendo
bene
che
tali
parole
in
bocca
a
Fedone
le
aveva
poste
proprio
colui
che
aveva
scritto
il
dialogo
?
Per
disertare
un
incontro
come
quello
ci
sarebbe
voluta
una
malattia
molto
grave
,
tale
da
mettere
in
pericolo
la
sua
vita
,
qualora
fosse
uscito
di
casa
.
Ma
di
che
mai
era
malato
in
quel
lontano
giorno
un
robusto
giovane
che
al
presente
era
ancora
ben
vivo
e
vegeto
e
che
tutto
faceva
presagire
che
sarebbe
vissuto
fino
a
tarda
età
?
Forse
non
se
l
'
era
sentita
di
assistere
a
una
scena
straziante
,
in
cui
nessuno
(
tranne
Socrate
)
era
riuscito
a
trattenere
le
lacrime
.
Ma
un
vero
uomo
dovrebbe
sapere
che
esistono
anche
le
lacrime
.
In
quel
momento
Platone
vide
avanzarsi
dal
fondo
del
giardino
una
turba
di
uomini
che
discutevano
animatamente
fra
loro
e
gesticolavano
.
C
'
erano
i
pitagorici
Echecrate
di
Fliunte
,
Simmia
e
Cebete
di
Tebe
,
il
cinico
Antistene
,
Euclide
di
Megara
,
Aristippo
di
Cirene
,
Apollodoro
(
l
'
affezionatissimo
del
maestro
)
,
Ermogene
,
Critobulo
,
Ctesippo
,
Menesseno
e
tanti
altri
scolari
e
seguaci
di
Socrate
,
che
Platone
non
conosceva
o
lì
per
lì
non
riusciva
a
distinguere
.
Quelli
si
fermarono
facendo
cerchio
attorno
a
lui
,
con
aria
rispettosa
,
ma
abbastanza
decisa
.
Platone
li
guardò
un
po
'
in
silenzio
,
poi
,
sempre
benevolo
e
disponibile
,
domandò
:
"
Che
volete
,
amici
miei
?
"
Seguì
un
certo
imbarazzo
,
quindi
Cebete
si
decise
a
rompere
il
ghiaccio
e
,
facendosi
avanti
,
disse
:
"
Platone
,
or
non
è
molto
tu
hai
scritto
e
diffuso
un
nuovo
dialogo
,
in
cui
fai
raccontare
a
Fedone
le
ultime
ore
di
Socrate
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ebbene
,
molti
di
noi
lo
hanno
letto
con
sommo
interesse
;
e
ora
ne
stavamo
discutendo
.
"
Il
volto
del
filosofo
si
illuminò
.
Anche
Platone
aveva
la
sua
vanità
e
difficilmente
nascondeva
il
desiderio
che
gli
altri
approvassero
quello
scritto
,
che
a
lui
sembrava
un
capolavoro
.
Chiese
allora
con
ansia
:
"
Ebbene
,
che
ve
ne
pare
?
"
"
Per
gli
dèi
,
ci
pare
composto
splendidamente
.
"
"
Ne
sono
lieto
.
Ma
ho
l
'
impressione
che
non
siete
venuti
a
dirmi
soltanto
questo
.
"
L
'
imbarazzo
parve
un
po
'
aumentare
.
Poi
Cebete
si
decise
a
dire
:
"
Non
ti
nascondo
che
alcune
cose
ci
hanno
lasciato
parecchi
dubbi
.
"
"
Per
Zeus
!
Ditemele
.
Che
aspettate
?
"
"
Ecco
,
alcuni
di
noi
non
sono
rimasti
convinti
da
quello
che
affermi
riguardo
all
'
anima
e
alle
sue
trasmigrazioni
da
un
corpo
a
un
altro
.
"
"
Non
mi
meraviglia
.
Ma
spiegati
meglio
.
"
"
Prima
di
tutto
sembra
nel
tuo
dialogo
che
Socrate
desse
per
scontata
quell
'
opinione
che
vuole
che
il
corpo
sia
nettamente
separato
dall
'
anima
,
benché
forse
tale
opinione
sia
tutt
'
altro
che
generalmente
accettata
nell
'
Ellade
e
che
non
sia
dimostrata
con
argomenti
abbastanza
solidi
.
Fatto
questo
,
tu
ti
affidi
troppo
facilmente
al
'
si
dice
'
[
léghetai
]
,
alle
credenze
oracolari
,
ai
miti
orfici
,
dionisiaci
,
popolari
.
Dimentichi
che
quelle
,
anche
quando
fossero
opinioni
vere
-
e
noi
non
contestiamo
che
possano
esserlo
-
non
sono
accompagnate
da
ragioni
[
lògoi
]
tali
da
dissipare
i
dubbi
.
Perfino
ai
grandi
poeti
ti
appelli
,
a
quelli
che
nel
Menone
dici
che
sono
come
gli
dèi
.
"
"
E
non
lo
sono
?
Non
hanno
i
poeti
grandi
visioni
e
divinazioni
?
"
"
A
volte
sì
.
Ma
a
volte
narrano
cose
fantastiche
e
assolutamente
incredibili
.
Immagino
che
tu
ricordi
bene
i
poemi
del
sommo
Omero
.
"
"
Come
no
?
"
"
E
credi
davvero
che
esistano
quei
giganti
con
un
occhio
solo
che
chiamano
Ciclopi
?
Ma
lasciamo
stare
Omero
.
Socrate
afferma
che
il
cigno
canta
prima
di
morire
.
Hai
tu
conosciuto
un
solo
Elleno
che
abbia
veramente
sentito
cantare
un
cigno
in
punto
di
morte
?
"
Platone
appariva
sempre
più
spazientito
e
intervenne
per
riportare
Cebete
in
argomento
:
"
Tu
stai
divagando
e
ti
dimentichi
di
che
cosa
veramente
stavamo
discutendo
.
"
"
Forse
hai
ragione
.
Ma
io
parlavo
dei
poeti
perché
mi
rammento
che
nel
Menone
tu
citi
Pindaro
,
per
suffragare
l
'
opinione
che
quando
uno
ha
trascorso
nove
anni
nell
'
Ade
,
la
sua
anima
può
tornare
alla
luce
in
un
nuovo
corpo
.
"
"
Così
è
.
"
"
Ebbene
,
oggi
Socrate
i
suoi
nove
anni
nell
'
Ade
li
ha
già
trascorsi
e
quindi
può
risorgere
dovunque
,
da
un
momento
all
'altro."
"Certo."
"
Facciamo
allora
una
qualunque
ipotesi
ammissibile
.
Supponiamo
che
fra
tre
anni
egli
rinasca
a
Stagira
e
che
lo
chiamino
Aristotele
.
"
"
Strano
nome
;
e
perché
poi
a
Stagira
?
Ma
le
ipotesi
sono
solo
ipotesi
,
ammettiamolo
pure
.
"
"
Ora
,
data
l
'
inclinazione
alla
filosofia
dimostrata
da
Socrate
nella
vita
precedente
,
è
verosimile
che
il
nuovo
individuo
che
ha
quell
'
anima
si
dia
anch
'
egli
alla
ricerca
della
verità
.
"
"
È
probabile
.
"
"
Supponiamo
che
fra
una
ventina
di
anni
Aristotele
,
ormai
cresciuto
,
entri
nella
tua
scuola
,
qui
all
'
Accademia
.
Credi
forse
che
egli
continuerà
a
insegnare
esattamente
le
stesse
cose
che
insegnava
Socrate
e
che
userà
lo
stesso
metodo
?
"
"
Questo
non
mi
sembra
da
credersi
.
"
"
O
ritieni
che
si
limiterà
a
imparare
e
a
ripetere
esattamente
le
tue
dottrine
?
"
"Nemmeno."
"
Non
è
invece
da
supporre
che
,
essendo
una
mente
di
grande
levatura
,
cambierà
qualcosa
e
aggiungerà
molti
pensieri
suoi
e
originali
?
"
"
Così
sembra
.
"
"
Ma
a
quali
reminiscenze
si
rifarà
la
nuova
dottrina
?
Forse
a
quelle
di
Socrate
o
a
quelle
di
Platone
?
Lo
abbiamo
testé
escluso
.
Allora
dovremmo
concludere
che
Aristotele
avrà
appreso
quei
pensieri
nuovi
nell
'
Ade
e
che
qualcosa
qui
sulla
Terra
gli
desterà
reminiscenza
di
essi
.
"
"
È
vero
.
"
"
Ma
mi
sai
dare
una
ragione
per
cui
quelle
dottrine
non
l
'
avessero
già
apprese
nell
'
Ade
gli
stessi
Socrate
e
Platone
?
Forse
dobbiamo
dire
che
quelle
idee
allora
non
c
'
erano
ancora
nell
'
Ade
e
che
siano
spuntate
solo
recentemente
?
"
"
No
,
no
.
Tu
sbagli
,
Cebete
.
Le
idee
ci
sono
sempre
state
tali
e
quali
nell
'
Ade
.
Tutto
quello
che
possiamo
ragionevolmente
supporre
è
che
nella
loro
vita
Socrate
e
Platone
non
abbiano
incontrato
quelle
particolari
cose
che
hanno
destato
in
Aristotele
le
sue
specifiche
reminiscenze
.
"
"
Sei
molto
astuto
,
Platone
.
Ma
supponi
ora
che
su
alcuni
ben
determinati
argomenti
Aristotele
si
pronunci
in
modo
contrario
a
Socrate
e
a
Platone
.
Che
dici
in
questo
caso
?
"
Platone
sudava
e
appariva
piuttosto
in
difficoltà
.
Ma
guarda
un
po
'
-
si
diceva
-
a
che
punto
può
portare
il
metodo
socratico
delle
domande
e
risposte
quando
è
applicato
a
me
stesso
!
Tuttavia
tentò
di
cavarsela
in
un
modo
che
,
a
vero
dire
,
non
gli
piaceva
molto
:
"
Be
'
,
se
ciò
avviene
(
ma
mi
sembra
poco
verosimile
)
vuoi
dire
che
qualcuno
di
loro
ha
ricordato
male
e
di
conseguenza
ha
avuto
una
reminiscenza
sbagliata
.
In
ogni
caso
rammentati
che
,
per
quanto
riguarda
l
'
immortalità
dell
'
anima
e
dell
'
apprendere
considerato
come
reminiscenza
,
io
ho
avanzato
non
una
sola
ragione
,
ma
tutta
una
molteplicità
di
ragioni
.
"
"
Proprio
qui
ti
volevo
.
Non
ti
sembra
che
il
dare
molte
ragioni
a
sostegno
di
una
stessa
opinione
dimostri
che
nessuna
di
esse
è
veramente
cogente
e
tale
da
togliere
ogni
dubbio
?
"
"
Confesso
che
può
apparire
così
...
"
Ma
qui
intervenne
Simmia
,
che
da
tempo
dava
segni
d
'
impazienza
:
"
No
,
Platone
.
Prima
di
passare
ad
altro
,
torniamo
alla
tua
dottrina
che
imparare
è
avere
reminiscenza
di
ciò
che
si
è
appreso
nell
'
Ade
.
Quante
volte
secondo
te
una
stessa
anima
ha
trasmigrato
da
un
corpo
a
un
altro
?
Infinite
volte
o
un
numero
finito
di
volte
?
"
"
Non
mi
sembra
che
il
numero
possa
essere
infinito
.
"
"
Certo
,
hai
ragione
.
Infatti
se
uno
fosse
passato
infinite
volte
nell
'
Ade
,
ormai
avrebbe
appreso
tutto
.
Altri
passaggi
su
e
giù
,
altre
trasmigrazioni
,
altre
dimenticanze
,
seguite
da
reminiscenze
,
sarebbero
assolutamente
inutili
;
e
gli
dèi
sarebbero
i
primi
a
non
volere
una
cosa
tanto
assurda
.
"
"
Così
pare
anche
a
me
.
"
"
Allora
supponiamo
che
si
tratti
solo
di
un
numero
finito
di
volte
.
In
tal
caso
ci
deve
essere
stata
necessariamente
una
prima
volta
.
Ma
quell
'
individuo
venuto
al
mondo
per
la
prima
volta
come
avrebbe
potuto
imparare
qualcosa
nella
sua
vita
,
dato
che
non
aveva
reminiscenza
di
nulla
?
Se
poi
si
ammette
che
già
avanti
che
nascesse
la
prima
volta
gli
fosse
stato
mostrato
dagli
dèi
tutto
il
mondo
delle
idee
,
che
necessità
ci
sarebbe
di
rinascere
tante
altre
volte
?
"
"
Simmia
,
io
ti
posso
solo
dire
che
sono
molte
le
cose
che
non
sappiamo
riguardo
alle
anime
e
agli
dèi
.
Non
per
questo
dobbiamo
smettere
d
'
indagare
e
di
ragionare
.
"
"
Non
ti
sembra
invece
che
dovremmo
smettere
d
'
indagare
quelle
cose
che
vanno
al
di
là
della
nostra
vita
e
del
mondo
sensibile
e
sulle
quali
non
avremo
mai
ulteriori
informazioni
sicure
,
ma
solo
supposizioni
?
"
"
Eppure
è
indubbio
che
ci
sono
cose
non
attestate
unicamente
dai
sensi
-
che
,
come
si
sa
,
possono
essere
fallaci
-
sulle
quali
,
ragionando
,
si
può
raggiungere
la
verità
.
Lo
può
fare
perfino
uno
schiavo
,
come
io
ho
mostrato
inconfutabilmente
nel
dialogo
intitolato
a
Menone
.
"
A
questo
punto
si
fece
avanti
con
decisione
un
nuovo
personaggio
,
che
Platone
fino
allora
non
aveva
notato
nella
folla
.
Era
un
uomo
giovanissimo
,
dalla
fronte
ampia
e
dalla
chioma
scapigliata
,
che
esclamò
:
"
Platone
,
tu
hai
le
doglie
!
"
Nell
'
udire
tali
parole
,
Platone
rimase
attonito
.
Gli
pareva
che
quel
ragazzo
fosse
un
po
'
insolente
,
ma
non
riusciva
a
sottrarsi
a
un
certo
fascino
che
emanava
da
lui
.
Domandò
un
po
'
indispettito
:
"
Chi
sei
,
giovanotto
?
"
"
Sono
Teeteto
.
"
"
Teeteto
?
Ho
udito
bene
?
"
"
Hai
udito
bene
.
"
"
Allora
saresti
quel
Teeteto
che
adolescente
,
quasi
bambino
,
discusse
con
Socrate
su
che
cosa
è
la
scienza
?
"
"
Sono
quello
.
"
"
Per
Zeus
!
Sono
proprio
felice
di
incontrarti
finalmente
.
Socrate
andava
ripetendo
che
gli
avevi
fatto
una
grande
impressione
e
pronosticava
per
te
un
brillante
avvenire
.
Diceva
che
avresti
potuto
diventare
un
eccellente
matematico
.
"
"
Sono
un
matematico
.
"
"
Sono
stato
or
non
è
molto
a
Megara
e
ancora
una
volta
Euclide
mi
ha
parlato
di
te
.
Egli
ha
preso
nota
della
tua
discussione
con
Socrate
.
Bisogna
proprio
che
un
giorno
-
forse
anche
fra
vent
'
anni
-
si
decida
a
raccontarmi
tutto
per
filo
e
per
segno
,
in
modo
che
io
possa
scriverci
un
dialogo
da
lasciare
ai
posteri
.
Ma
dimmi
,
perché
hai
affermato
quella
strana
cosa
che
io
ho
le
doglie
?
"
"
Ah
,
Platone
,
non
ricordi
in
qual
modo
procedeva
il
tuo
maestro
Socrate
?
"
"
Come
no
?
"
"
Sua
madre
Fenarete
era
una
levatrice
.
E
lui
fin
da
piccolo
era
stato
abituato
a
sapere
che
lei
aiutava
i
bambini
a
nascere
.
I
bambini
c
'
erano
già
ben
formati
nel
ventre
della
madre
,
ma
era
bene
aiutarli
a
uscire
.
Così
,
diceva
Socrate
,
si
doveva
fare
anche
per
le
idee
:
con
la
maieutica
si
deve
solo
aiutare
le
idee
a
uscire
dalla
mente
dell
'
interlocutore
.
Quello
era
il
vero
insegnamento
.
"
"
Ricordo
bene
.
Ma
perché
ora
tu
hai
usato
quell
'
espressione
parlando
di
me
?
"
"
Perché
tu
,
a
proposito
dello
schiavo
di
Menone
,
stavi
per
partorire
un
'
idea
giustissima
.
Poco
importa
ora
che
Socrate
abbia
usato
quella
che
chiamava
maieutica
.
Nelle
cose
matematiche
essa
non
è
affatto
indispensabile
;
o
per
meglio
dire
uno
può
benissimo
usarla
su
se
stesso
,
ragionando
e
tirando
fuori
le
conclusioni
giuste
.
"
"
E
allora
che
cos
'
altro
è
importante
,
secondo
te
?
"
"
Quello
che
nella
matematica
è
importante
secondo
me
è
che
quando
uno
ha
un
'
opinione
vera
,
può
far
sì
mediante
il
ragionamento
che
non
solo
lui
,
ma
anche
un
altro
-
fosse
pure
uno
schiavo
-
sia
costretto
a
riconoscere
che
è
vera
.
Altro
che
maieutica
,
altro
che
reminiscenza
(
non
ti
offendere
,
ti
prego
)
!
"
"
Allora
tu
non
credi
che
lo
schiavo
avesse
già
dentro
di
sé
quelle
nozioni
e
che
bisognasse
solo
tirarle
fuori
?
"
"
No
,
Platone
.
Io
credo
invece
che
la
mente
sana
-
sia
essa
di
un
uomo
,
di
una
donna
,
di
un
cittadino
,
di
uno
schiavo
-
sia
fatta
così
da
saper
ragionare
correttamente
sulle
cose
della
matematica
.
Per
esempio
,
io
ti
potrei
dimostrare
in
modo
inoppugnabile
che
quella
diagonale
di
cui
parlava
Socrate
è
incommensurabile
'
col
lato
del
quadrato
:
cioè
che
non
esistono
due
numeri
interi
che
stanno
fra
loro
come
la
diagonale
e
il
lato
.
Non
è
il
caso
di
farlo
qui
ora
;
ma
,
se
lo
facessi
,
sono
sicuro
che
tutti
gli
astanti
sarebbero
costretti
a
dirsi
d
'accordo."
Platone
non
sembrava
del
tutto
convinto
e
osservò
:
"
Ma
se
lo
schiavo
,
sia
pure
guidato
dalle
domande
di
Socrate
,
è
riuscito
a
dimostrare
una
proposizione
tutt
'
altro
che
facile
,
non
è
evidente
che
egli
aveva
già
visto
altrove
quelle
cose
e
che
in
un
certo
modo
le
ricordava
?
"
"
No
,
Platone
.
Lo
vedi
questo
vaso
che
ho
testé
acquistato
dal
mercante
?
"
"
Sì
,
Teeteto
;
è
molto
bello
.
"
"
Ebbene
,
questo
vaso
è
uscito
or
non
è
molto
dalle
mani
del
vasaio
e
quindi
è
da
credere
che
non
abbia
mai
contenuto
l
'
acqua
o
il
vino
.
Ma
non
credi
che
se
io
ci
verso
dell
'
acqua
o
del
vino
esso
li
conterrà
?
"
"
Non
ne
dubito
.
"
"
Forse
questo
vuol
dire
che
prima
che
lo
portassi
qui
qualcuno
,
a
mia
insaputa
,
ha
versato
dell
'
acqua
nel
vaso
e
che
esso
ora
se
ne
ricorda
?
"
Platone
si
accarezzava
nervosamente
la
barba
,
ma
Teeteto
proseguiva
implacabile
:
"
No
,
tutto
ciò
che
si
può
dire
è
che
l
'
esperto
vasaio
lo
ha
fatto
in
modo
che
potesse
contenere
i
liquidi
.
Nel
fabbricarlo
gli
ha
conferito
questa
capacità
.
Così
gli
dèi
-
o
il
Demiurgo
,
come
forse
diresti
tu
-
hanno
dotato
la
mente
umana
della
capacità
di
ragionare
correttamente
delle
cose
matematiche
.
Naturalmente
questo
non
significa
che
la
tua
opinione
che
la
diagonale
e
il
lato
del
quadrato
esistano
realmente
nel
mondo
delle
idee
sia
necessariamente
giusta
o
errata
.
"
"
Ma
perché
parli
solo
della
matematica
?
Perché
non
possiamo
ragionare
correttamente
e
in
modo
riconosciuto
inoppugnabile
da
tutti
anche
su
altre
cose
:
per
esempio
sulla
virtù
,
sulla
conoscenza
,
sulle
cose
sensibili
,
sull
'
anima
?
In
fondo
,
Critone
mi
ha
testé
fatto
un
ragionamento
che
,
anche
se
non
matematico
,
mi
sembra
inoppugnabile
.
Mi
ha
detto
:
tutti
gli
dèi
sono
immortali
,
Asclepio
è
un
dio
,
dunque
Asclepio
è
immortale
.
"
Teeteto
rimase
per
un
po
'
pensoso
,
poi
rispose
:
"
Platone
,
ti
confesso
che
io
non
so
che
dire
.
Forse
qualcuno
più
sagace
di
me
saprà
mettere
un
po
'
di
ordine
sul
nostro
modo
di
ragionare
in
generale
.
Forse
un
giorno
sarà
quell
'
ipotetico
Aristotele
,
di
cui
parlava
Cebete
,
a
classificare
bene
tutto
ciò
che
riguarda
l
'
arte
di
ragionare
correttamente
[
loghiké
téchne
]
.
Forse
fra
alcuni
secoli
qualcuno
troverà
anche
un
modo
efficace
e
convincente
di
indagare
le
cose
sensibili
.
Ma
dubito
molto
che
si
riesca
a
convincere
tutti
su
tutto
.
E
in
fondo
nemmeno
mi
dispiace
che
sia
così
.
"
A
questo
punto
intervenne
uno
straniero
,
che
tutti
guardavano
con
un
certo
rispetto
misto
a
timore
.
Si
rivolse
subito
a
Platone
con
queste
parole
:
"
Platone
,
arrivo
proprio
ora
dalla
Focide
e
vi
porto
le
ultime
divinazioni
della
Pizia
.
Credo
che
ti
dovrebbero
interessare
.
"
"
Sì
,
per
Zeus
,
parla
!
"
"
Sai
chi
sono
i
Latini
?
"
"
Mi
pare
che
un
giorno
me
ne
parlasse
Archita
di
Taranto
.
Sono
forse
quei
rozzi
e
feroci
contadini
che
abitano
molto
più
a
settentrione
di
Elea
?
Perché
dovrebbero
interessarci
?
"
"
Perché
costoro
stanno
diventando
sempre
più
forti
e
l
'
oracolo
dice
che
un
giorno
conquisteranno
tutta
l
'Ellade."
Platone
si
coprì
il
volto
con
le
mani
ed
esclamò
gemendo
:
"
Ahimè
,
sciagura
,
che
disastro
!
"
"
No
,
forse
non
sarà
un
disastro
.
Sappi
che
quei
rozzi
contadini
sono
abbastanza
intelligenti
.
Una
volta
padroni
dell
'
Ellade
,
capiranno
subito
che
la
nostra
sapienza
e
le
nostre
arti
sono
cento
volte
superiori
alle
loro
.
Allora
faranno
a
gara
a
impararle
e
poi
le
diffonderanno
in
tutto
il
mondo
.
Per
millenni
quello
che
noi
stiamo
seminando
continuerà
a
dare
meravigliosi
frutti
.
"
Il
volto
di
Platone
andava
rasserenandosi
e
il
suo
sguardo
sembrava
già
riempirsi
di
futuro
.
Poi
lo
straniero
continuò
:
"
Quanto
a
te
,
Platone
,
tu
avresti
particolare
ragione
di
rallegrarti
.
L
'
oracolo
ha
predetto
che
fra
ben
ventitré
secoli
,
in
un
'
isola
immersa
nelle
nebbie
iperboree
,
un
grande
sapiente
chiamato
Whitehead
...
"
"
Come
hai
detto
?
"
"
Sì
,
il
nome
è
impronunciabile
da
una
bocca
ellena
...
Bene
,
quel
sapiente
dirà
che
tutto
quello
che
la
filosofia
sarà
riuscita
a
produrre
nel
corso
di
quei
ventitré
secoli
sarà
soltanto
un
commento
alla
filosofia
di
Platone
!
"
Il
sommo
filosofo
non
riusciva
a
nascondere
il
suo
grande
compiacimento
.
In
quel
momento
ricomparve
Critone
,
che
trionfante
teneva
il
gallo
saldamente
per
le
zampe
.
Il
gallo
continuava
ad
agitarsi
e
a
urlare
.
Ciò
che
l
'
oracolo
non
aveva
rivelato
era
che
il
gallo
doveva
ritenersi
ben
più
fortunato
dei
due
polli
che
un
bel
giorno
un
certo
Renzo
avrebbe
portato
tenuti
per
le
zampe
;
quelli
avrebbero
continuato
a
litigare
e
a
becchettarsi
ferocemente
per
tutto
il
cammino
.
StampaPeriodica ,
Chiedo
scusa
al
lettore
,
ma
per
una
volta
devo
cominciare
parlando
di
me
.
Sono
nato
a
Beirut
(
da
una
famiglia
ebraica
)
e
,
benché
risieda
in
Italia
fin
dalla
più
tenera
infanzia
,
il
nome
straniero
accompagnato
sui
documenti
d
'
identità
all
'
indicazione
di
quella
città
insanguinata
procura
immancabilmente
-
quando
io
li
debba
mostrare
ad
un
qualche
controllo
-
istintivi
sospetti
,
soste
prolungate
,
accurate
ispezioni
.
Per
una
volta
,
dunque
,
ho
utilizzato
il
mio
nome
e
il
mio
scomodo
luogo
di
nascita
a
un
utile
scopo
:
percorrere
l
'
Italia
(
Razzista
?
Spaventata
?
Generosa
?
Ospitale
?
)
lungo
l
'
itinerario
tipico
di
un
immigrato
clandestino
,
con
la
barba
lunga
ed
un
abbigliamento
adatto
.
È
una
striscia
di
mare
da
niente
,
solo
138
chilometri
,
ma
divide
il
Sud
dal
Nord
del
mondo
,
e
attraversarla
dalla
Tunisia
alla
Sicilia
è
un
po
'
come
passare
il
Rio
Grande
a
El
Paso
,
dal
Messico
al
Texas
.
Fra
qualche
settimana
Roma
imporrà
il
visto
-
e
allora
bisognerà
pagare
caro
i
pescherecci
disponibili
al
trasbordo
clandestino
-
ma
per
ora
lo
sbarco
a
Trapani
o
a
Palermo
richiede
in
tutto
poco
meno
di
cinquantamila
lire
per
il
biglietto
.
Basta
un
'
occhiata
veloce
al
registro
dei
ricercati
e
degli
indesiderabili
,
poi
il
timbro
d
'
ingresso
arriva
puntuale
sull
'
ennesimo
passaporto
tunisino
,
algerino
,
marocchino
.
Molti
marocchini
da
Trapani
prenderanno
il
pullman
per
Palermo
,
sperando
di
trovare
un
letto
al
loro
solito
albergo
Diana
di
via
Roma
e
ritirando
subito
i
primi
accendini
,
orologi
,
tappeti
dai
grossisti
di
via
Bandiera
,
quelli
che
in
pegno
ti
chiedono
il
passaporto
.
Quasi
tutti
i
tunisini
,
invece
,
cercheranno
di
rendere
meno
brusco
il
trapasso
andando
col
treno
a
far
sosta
nella
loro
colonia
di
Mazara
del
Vallo
.
Li
seguo
.
Penetro
le
viuzze
dietro
al
porto
dei
pescherecci
e
incontro
suor
Margherita
Fortuna
,
una
fiorentina
che
si
sforza
di
aiutare
gli
stranieri
clandestini
almeno
quando
sono
vecchi
o
malati
.
«
Sorella
,
non
c
'
è
un
centro
di
prima
accoglienza
,
un
dormitorio
?
»
«
Non
c
'
è
niente
,
bisogna
arrangiarsi
con
l
'
ospitalità
degli
altri
cinquemila
tunisini
già
entrati
nelle
case
abbandonate
o
affittate
dagli
italiani
.
»
«
Neanche
una
pensione
?
»
«
Una
volta
a
chi
arrivava
qui
senza
parenti
,
consigliavo
le
camere
di
una
signora
,
in
fondo
a
via
Giotto
.
Ma
poi
ci
ho
litigato
,
ammucchiava
la
gente
come
bestie
su
due
piani
abusivi
senza
vetri
e
senza
porte
,
gli
diceva
di
procurarsi
da
sé
brandine
e
pagliericci
e
per
giunta
si
lamentava
che
erano
sporchi
e
le
distruggevano
la
casa
.
»
Vado
in
via
Giotto
la
sera
di
lunedì
13
gennaio
e
trovo
uno
stabile
piuttosto
nuovo
,
anonimo
,
senza
insegne
,
lontano
dalle
case
fatiscenti
e
terremotate
della
vecchia
casbah
.
Sotto
il
portone
due
ragazzi
arabi
mi
confermano
che
lì
si
fa
pensione
e
che
la
proprietaria
è
una
vedova
energica
e
robusta
,
la
signora
Roccafiorita
.
Con
me
non
perde
tempo
:
«
Via
,
via
,
di
questi
tempi
non
ci
si
può
fidare
,
qui
siamo
tutti
parenti
,
prendo
solo
gente
conosciuta
»
.
Il
giorno
dopo
,
quando
riuscirò
a
entrarci
grazie
ai
buoni
uffici
di
un
vecchio
residente
,
troveranno
conferma
le
peggiori
descrizioni
della
suora
,
e
la
vedova
mostrerà
con
disappunto
l
'
ultimo
piano
diroccato
che
ora
tiene
vuoto
,
ma
che
vorrebbe
affittare
ad
una
famiglia
tunisina
con
donne
al
seguito
:
«
Gli
uomini
soli
bevono
,
litigano
,
si
picchiano
e
sfasciano
tutto
»
.
Intanto
lo
spilungone
dall
'
aria
molto
derelitta
e
dalla
pelle
molto
scura
che
mi
riaccompagna
verso
il
molo
giura
che
quella
lì
è
un
'
ottima
pensione
,
quasi
di
lusso
,
roba
da
diecimila
lire
a
notte
,
secondo
lui
.
In
quanti
per
stanza
?
Cinque
o
sei
,
ma
solo
di
nazionalità
tunisina
.
È
gentile
,
per
consolarmi
mi
offre
di
andare
a
dormire
nella
sua
stanza
dietro
al
porto
,
ma
-
lo
confesso
-
sono
impedito
dal
suo
indelebile
,
nauseabondo
odore
di
stiva
di
peschereccio
,
là
dove
forse
si
sbudellano
i
pesci
da
surgelare
.
Se
anche
questo
è
razzismo
,
ne
sarò
subito
punito
:
per
sbaglio
una
donna
mi
rovescia
addosso
sul
molo
l
'
acqua
in
cui
stavano
a
bagno
i
suoi
pesci
morti
.
Ora
la
mia
somiglianza
con
gli
immigrati
è
ancora
più
completa
.
Martedì
sera
,
14
gennaio
,
il
circolo
dei
biliardini
è
stranamente
meno
affollato
del
solito
.
«
Molti
ragazzi
preferiscono
non
rischiare
.
Sanno
che
la
nave
per
Tunisi
parte
il
mercoledì
,
e
dunque
se
la
polizia
ha
l
'
ordine
di
espellere
un
po
'
di
gente
viene
qui
a
fare
la
retata
una
sera
prima
»
mi
spiegano
.
Mohamed
Bazine
,
il
gestore
,
si
fa
chiamare
Roberto
e
mi
dà
buoni
consigli
.
Evitare
l
'
inutile
passeggio
lungo
il
molo
perché
tanto
sui
400
pescherecci
trovano
lavoro
solo
i
più
robusti
e
sperimentati
.
Meglio
provare
a
vendersi
la
mattina
presto
di
fronte
al
tabaccaio
di
Porta
Palermo
oppure
sulla
piazza
di
Campobello
per
una
giornata
di
lavoro
in
campagna
,
anche
se
non
è
la
stagione
migliore
.
A
meno
che
uno
abbia
la
forza
di
andare
a
tagliare
e
caricare
«
cantuni
»
,
cioè
massi
di
tufo
,
nelle
«
perriere
»
,
le
cave
tra
Marsala
e
Mazara
(
«
quelli
sono
come
gli
schiavi
»
mi
aveva
però
avvertito
suor
Margherita
,
pensando
agli
stranieri
che
poi
si
fermano
a
dormire
lì
di
fianco
alle
cave
,
nelle
grotte
o
nei
ruderi
di
muratura
)
.
«
Schiavi
?
Perché
offenderli
?
»
si
inquieta
Roberto
.
«
Nessuna
vita
è
schifosa
,
se
uno
se
la
sceglie
,
e
loro
,
soli
,
senza
famiglia
,
scelgono
di
risparmiare
.
Dormono
sulla
paglia
,
è
vero
,
col
tetto
aperto
,
ma
hanno
le
coperte
e
quindi
non
soffrono
il
freddo
.
»
L
'
indomani
un
nuovo
amico
,
Habib
,
mi
accompagnerà
a
Santo
Padre
delle
perriere
,
dove
la
terra
è
piena
di
buchi
come
una
gruviera
.
I
neri
,
sotto
l
'
occhio
vigile
dei
loro
padroncini
,
ne
scavano
le
pareti
con
la
sega
elettrica
fino
a
tagliare
dei
«
cantuni
»
da
costruzione
perfettamente
regolari
.
Poi
bisogna
sollevarli
con
delicatezza
uno
a
uno
(
pesano
decine
di
chili
)
,
levigarli
e
caricarli
a
mano
.
Si
lavora
dieci
ore
al
giorno
,
si
possono
guadagnare
duecentomila
lire
alla
settimana
.
Il
massimo
,
per
uno
straniero
.
Intanto
la
nostra
discussione
ha
attirato
Ayed
,
un
ragazzo
dalla
pelle
chiara
,
detto
Maradona
per
via
della
sua
pettinatura
.
Suo
cugino
è
in
mare
col
peschereccio
,
se
voglio
per
stanotte
c
'
è
un
letto
libero
,
all
'
ultimo
portone
di
via
Guido
Cavalcanti
.
«
Gheddafi
?
Chiddu
non
mi
piace
,
chiddu
tiniri
i
fimmine
divisi
dalli
masculi
...
»
Ayed
-
Maradona
,
aiuto
-
cuoco
in
un
ristorante
di
Marsala
,
ha
imparato
a
parlare
il
dialetto
ma
non
l
'
italiano
.
È
un
giovanotto
fortunato
,
Ayed
.
Il
suo
padrone
gli
passa
600
mila
lire
al
mese
,
d
'
estate
qualche
volta
lo
porta
con
la
Bmw
in
una
discoteca
di
Trapani
,
poi
lo
fa
dormire
nella
cucina
del
ristorante
.
In
cambio
,
se
arriva
l
'
ispezione
della
polizia
,
Ayed
dichiara
di
essere
solo
un
amico
.
Abita
in
una
casa
di
recente
costruzione
,
di
quelle
mai
del
tutto
completate
eppure
già
degradate
.
Nessun
armadio
,
pochi
indumenti
di
ricambio
appesi
al
muro
.
La
finestra
con
il
vetro
rotto
,
la
lampadina
nuda
che
pende
dal
soffitto
,
il
vecchio
frigorifero
arrugginito
.
Spoglio
più
ancora
di
una
cella
carceraria
,
è
un
dormitorio
occasionale
al
punto
che
Ayed
non
ha
un
giaciglio
suo
abituale
,
ma
sceglie
a
caso
fra
le
quattro
brandine
notte
per
notte
.
Notti
animate
da
arrivi
improvvisi
,
chiacchiere
e
risate
fino
alle
ore
piccole
quando
i
primi
cominciano
ad
alzarsi
per
cercare
«
servizio
»
.
E
poi
magari
il
rumore
di
un
sasso
lanciato
sulla
tapparella
:
allora
si
sbircia
per
controllare
chi
cerca
un
letto
nel
cuore
della
notte
e
se
è
una
persona
sgradita
si
fa
finta
che
non
ci
sia
nessuno
.
L
'
odore
di
fogna
che
viene
dalle
tubature
del
cesso
impregna
tutta
la
casa
.
Meglio
coricarsi
,
vestiti
e
con
le
coperte
fin
sulla
testa
a
proteggersi
dal
freddo
.
Domattina
sveglia
alle
cinque
e
mezza
per
cercare
«
servizio
»
.
Mercoledì
15
gennaio
,
prima
dell
'
alba
.
Ci
si
vende
sulla
piazza
di
Campobello
,
la
frazione
agricola
di
Mazara
,
sotto
il
cartello
dell
'
Agip
,
di
fianco
alla
locandina
dell
'
ennesimo
cinema
porno
oppure
di
fronte
,
dove
c
'
è
l
'
ingresso
della
Cassa
Rurale
.
Saremo
una
ventina
,
dritti
,
immobili
e
silenziosi
come
prostitute
.
Sto
con
alcuni
ragazzi
che
ho
visto
la
sera
prima
al
circolo
,
hanno
tutti
l
'
alito
inacidito
dal
vino
bevuto
di
prima
mattina
.
Io
preferisco
il
cappuccino
,
ma
quando
la
padrona
del
bar
Mericaff
si
accorge
che
sono
un
italiano
subito
si
sfoga
:
«
Io
ho
paura
,
non
se
ne
può
più
,
se
Iddio
facesse
la
grazia
di
lasciarcene
solo
qualcuno
di
quelli
bravi
,
selezionati
e
si
portasse
via
tutti
gli
altri
!
Questi
si
ubriacano
tutto
il
tempo
,
hanno
violentato
una
ragazza
»
.
«
Davvero
?
Qui
a
Campobello
?
»
«
No
,
a
Castelvetrano
,
ma
può
sempre
succedere
.
Non
sono
razzista
,
anch
'
io
sono
emigrata
in
Svizzera
e
però
lì
erano
duri
,
chi
sgarrava
veniva
sbattuto
via
.
»
Torno
sul
marciapiede
.
Una
131
che
ne
prende
su
tre
caricherebbe
anche
me
.
«
Quanto
?
»
«
Ventimila
come
tutti
gli
altri
,
è
un
lavoro
leggero
,
c
'
è
solo
da
potare
la
vite
.
»
«
No
,
è
poco
,
non
mi
va
»
.
E
gli
altri
si
voltano
stupiti
di
questa
rivolta
,
mentre
l
'
autista
neanche
mi
risponde
e
dà
un
'
accelerata
col
suo
carico
umano
infreddolito
.
A
chi
non
ci
sta
,
resta
una
sola
alternativa
:
salire
su
un
treno
ed
emigrare
ancora
più
a
nord
.
Ci
vogliono
più
di
venti
ore
di
viaggio
per
arrivare
a
Roma
,
capitale
dell
'
immigrazione
clandestina
(
con
i
suoi
presunti
centomila
irregolari
)
,
città
che
la
strage
di
Fiumicino
ha
reso
ostile
nei
confronti
di
chi
ha
la
pelle
nera
od
olivastra
e
che
comunque
non
è
più
da
tempo
in
grado
di
dare
lavoro
.
Chi
,
come
me
,
la
considera
solo
una
tappa
del
viaggio
verso
nord
,
non
può
che
mantenersi
a
ridosso
di
quell
'
epicentro
della
disperazione
che
è
la
stazione
Termini
.
Saremo
in
un
centinaio
a
dover
passare
la
notte
,
fortunatamente
tiepida
,
alla
stazione
.
Quasi
tutti
arabi
e
neri
,
ricomparsi
alla
spicciolata
nell
'
atrio
della
biglietteria
dopo
che
si
è
allontanata
la
speciale
roulotte
di
sorveglianza
piazzata
lì
di
fronte
dalla
polizia
.
Ma
alle
ventitré
i
barboni
italiani
,
sicuri
di
non
venir
più
disturbati
,
ed
esperti
conoscitori
di
ogni
anfratto
,
hanno
già
occupato
i
posti
migliori
.
In
via
Giolitti
,
quella
dell
'
air
terminal
,
hanno
trovato
degli
ottimi
cartoni
semi
-
nuovi
con
su
scritto
«
Fragile
»
.
A
vederli
si
direbbe
che
lì
dentro
non
c
'
è
nessuno
,
non
fosse
che
per
un
piede
che
spunta
.
Sull
'
altro
lato
,
invece
,
in
via
Marsala
,
gli
ambitissimi
balconcini
con
le
grate
di
aerazione
che
soffiavano
aria
calda
sono
stati
da
tempo
carognescamente
bloccati
con
obliqui
coperchi
di
lamiera
,
per
cui
nemmeno
un
equilibrista
ci
si
potrebbe
distendere
più
.
Restano
dunque
i
pur
sempre
comodi
sedili
di
plastica
dell
'
atrio
,
che
oltretutto
sono
al
chiuso
,
su
cui
accartocciarsi
,
magari
tirandosi
sulla
testa
un
maglione
a
collo
alto
fino
a
nasconderla
completamente
.
Di
fronte
ho
una
vecchia
eritrea
senza
calze
,
con
i
capelli
candidi
,
licenziata
l
'
anno
scorso
da
colf
.
Di
fianco
un
ragazzo
tunisino
che
domani
vuole
continuare
il
viaggio
,
non
sa
neppure
bene
lui
per
dove
,
e
quindi
trova
stupido
spendere
i
soldi
per
una
pensione
.
Siamo
tutti
disturbati
da
un
algerino
alto
e
robusto
che
non
smette
un
attimo
di
offrirci
sigarette
,
passeggia
con
la
bottiglia
in
mano
,
grida
in
un
miscuglio
di
francese
,
arabo
e
italiano
,
sputa
dappertutto
.
Sarà
la
nostra
colonna
sonora
molto
a
lungo
.
Ma
intanto
,
all
'
una
meno
dieci
,
i
primi
appisolamenti
sono
bruscamente
interrotti
da
un
ferroviere
che
si
mette
a
gridare
«
Fuori
!
»
,
«
Closed
»
.
Così
,
all
'
aperto
,
ricomincia
un
brulichio
umano
disperato
.
Si
tratta
di
resistere
tre
ore
:
alle
quattro
la
stazione
riapre
.
Ma
sono
le
ore
della
disperazione
,
è
qui
che
-
in
caso
di
freddo
e
pioggia
-
si
organizzano
le
comitive
per
cercare
rifugio
in
qualche
vagone
.
Passeggio
per
piazza
dei
Cinquecento
,
incontro
i
primi
omosessuali
che
vengono
fin
sotto
la
vetrata
di
Termini
,
là
dove
c
'
è
il
posteggio
dei
taxi
,
a
rimorchiare
con
sguardi
disperati
i
ragazzi
arabi
desiderosi
di
un
letto
purchessia
.
Davanti
al
tabaccaio
di
turno
,
urto
per
sbaglio
un
tipo
grande
e
grosso
:
«
Sta
'
attento
,
mao
mao
!
»
impreca
.
Quando
un
poliziotto
sardo
delle
tante
pattuglie
che
ronzano
per
la
piazza
mi
ferma
e
m
'
identifica
,
ricevo
la
seguente
spiegazione
:
«
È
ovvio
che
nella
sorveglianza
se
si
deve
chiudere
un
occhio
è
per
il
vecchietto
italiano
che
dorme
,
poverino
.
Per
gli
stranieri
invece
è
diverso
,
con
tutti
i
casini
che
stanno
facendo
di
questi
tempi
»
.
Alle
tre
siamo
quasi
tutti
accucciati
sotto
la
tettoia
,
anzi
,
chissà
come
,
stiamo
aumentando
di
numero
.
Le
grida
gutturali
dell
'
ubriaco
non
si
spengono
mai
.
Lui
,
un
posto
per
dormire
le
prossime
sere
l
'
ha
trovato
poco
più
tardi
,
quando
,
chissà
perché
,
s
'
è
avventato
su
uno
qualunque
dei
tanti
mucchi
di
cartone
e
ha
preso
a
calci
in
testa
un
barbone
italiano
.
Le
pantere
della
polizia
se
lo
sono
portato
via
,
insieme
a
un
distributore
di
giornali
che
farà
da
testimone
e
al
barbone
tutto
insanguinato
.
Ora
c
'
è
più
silenzio
.
L
'
ufficio
stranieri
della
questura
di
Milano
per
fortuna
non
richiede
le
famigerate
file
dalle
cinque
del
mattino
necessarie
a
Roma
.
Ma
pure
in
questi
giorni
vi
si
coglie
il
nervosismo
tipico
dei
reparti
sotto
pressione
.
Sento
protestare
nella
stanza
accanto
:
«
Ma
chi
è
che
ci
dà
certe
segnalazioni
?
Siamo
andati
in
quattro
pantere
a
piazza
Aspromonte
per
trovarci
solo
uno
jugoslavo
e
un
altro
straniero
segnato
sul
registro
.
Questo
è
spreco
!
»
.
C
'
è
chi
dice
che
dopo
la
strage
di
Fiumicino
le
espulsioni
di
stranieri
irregolari
sono
già
state
duemila
in
tutta
Italia
,
di
certo
solo
a
Milano
si
firmano
cinquemila
fogli
di
via
all
'
anno
(
ma
sono
quasi
tutti
solo
dei
pezzi
di
carta
:
se
non
viene
proprio
espulso
-
a
spese
dello
Stato
-
lo
straniero
mica
se
ne
va
)
.
Si
avverte
la
polemica
con
la
Curia
che
protegge
i
clandestini
:
«
Dandogli
da
dormire
anche
se
sono
fuorilegge
credono
di
aiutarli
,
e
invece
aiutano
chi
li
sfrutta
»
.
C
'
è
un
fondo
di
verità
anche
in
questi
discorsi
poco
pietosi
:
se
per
strada
forse
non
ho
incontrato
il
razzismo
classico
dei
tedeschi
e
dei
francesi
,
non
ci
sarà
invece
una
certa
predisposizione
allo
schiavismo
,
a
far
soldi
con
disinvoltura
sulla
disperazione
altrui
?
Me
lo
chiedo
dopo
essere
sceso
con
molti
altri
marocchini
dal
tram
33
davanti
alla
SOCOR
di
via
Morgagni
,
nei
pressi
della
casbah
di
Porta
Venezia
.
I
gestori
napoletani
buttano
a
piene
mani
sul
banco
orologi
,
pinze
per
batterie
,
calcolatorini
,
portachiavi
sonori
,
qualche
sveglia
...
I
marocchini
scelgono
con
una
cura
che
appare
patetica
,
visto
che
poi
tanto
riusciranno
a
vendere
quasi
solo
accendini
.
Dopo
che
hanno
chiuso
l
'
albergo
Nazionale
-
quello
la
cui
proprietaria
sequestrava
i
passaporti
dei
debitori
-
a
Sesto
San
Giovanni
mi
hanno
consigliato
l
'
alloggio
Il
Ponte
,
vicolo
Baldanza
.
Ma
il
proprietario
è
secco
:
«
Niente
stranieri
,
non
ne
prendo
più
.
Mi
dispiace
,
ci
saranno
anche
dei
bravi
ragazzi
,
ma
litigano
e
poi
danno
rogne
»
.
Dice
solo
una
mezza
verità
,
perché
lui
gli
stranieri
li
ha
cacciati
,
sì
,
quasi
tutti
,
meno
Franco
,
camera
numero
3
.
Franco
si
chiama
Busheib
Jakini
,
è
un
marocchino
di
Casablanca
senza
la
gamba
destra
che
cammina
per
Sesto
con
la
sua
stampella
arrugginita
,
e
che
da
anni
ogni
sera
gli
paga
14
mila
lire
di
pensione
.
Eppure
Franco
è
anche
un
fortunato
,
perché
lui
ormai
ha
il
suo
posto
di
vendita
fisso
alla
stazione
della
metropolitana
.
Vende
-
anzi
,
oggi
,
venerdì
17
gennaio
vendiamo
insieme
-
pullover
e
pantaloni
con
su
l
'
etichetta
di
Armani
o
Coveri
.
Il
prezzo
è
di
35
mila
lire
a
capo
,
a
meno
che
veda
un
poveretto
come
lui
,
e
allora
gli
fa
lo
sconto
.
Quando
ha
tolto
le
400
mila
e
più
della
pensione
,
di
lire
gliene
restano
appena
per
mangiare
.
Qualcuno
compra
per
amicizia
,
per
carità
.
Ma
non
adesso
,
che
sono
appena
passate
le
feste
.
Si
avvicina
un
giovanotto
dalla
giacca
a
vento
azzurra
:
«
Allora
Gheddafi
,
madonna
sei
proprio
identico
a
Gheddafi
,
non
ti
hanno
ancora
cacciato
via
?
»
.
«
Tu
parlare
sempre
fuori
posto
.
Gheddafi
ha
i
miliardi
,
io
non
ho
i
miliardi
.
»
«
Come
no
?
Chissà
perché
voi
marocchini
siete
come
gli
ebrei
,
avete
sempre
le
tasche
piene
di
questi
!
»
e
fa
il
segno
dei
quattrini
con
le
dita
,
mettendogli
l
'
altra
mano
sulla
spalla
.
Insiste
:
«
Ehi
,
Busheib
Jakini
,
dove
hai
messo
le
tue
quattordici
mogli
?
Non
sai
che
non
puoi
averne
più
di
quattro
,
che
se
no
ti
tagliano
il
"
zeb
"
?
E
cos
'
è
,
oggi
ti
sei
portato
l
'
amico
?
»
.
Ride
,
poi
timbra
il
biglietto
e
se
ne
va
.
«
Fa
così
tutti
i
giorni
,
due
volte
al
giorno
»
mi
confesserà
con
disagio
Franco
,
che
non
ha
altri
nemici
se
non
i
vigili
urbani
:
se
ti
sequestrano
la
merce
per
vendita
senza
licenza
,
con
quali
soldi
ne
comprerai
dell
'
altra
?
Per
questo
lui
,
che
è
mutilato
e
non
può
scappare
veloce
,
ha
scelto
í
pantaloni
al
posto
degli
accendini
.
Si
nascondono
in
valigia
molto
più
in
fretta
.
Al
mercato
di
Sesto
San
Giovanni
,
il
sabato
mattina
,
funziona
invece
un
buon
servizio
di
vedetta
.
Appena
un
vigile
compare
in
lontananza
,
la
merce
si
nasconde
dietro
un
'
auto
in
sosta
.
Ad
ogni
potenziale
acquirente
,
poi
,
vibra
un
«
pregoo
»
che
suona
come
un
'
implorazione
.
Così
,
gli
accendini
e
i
ricambi
di
gas
vanno
discretamente
.
E
stasera
si
andrà
tutti
in
mezzo
alla
folla
di
corso
Buenos
Aires
:
«
Dove
c
'
è
ressa
comprano
più
facilmente
»
.
Già
,
se
non
altro
per
eliminare
il
disagio
di
un
marocchino
sempre
intorno
.
Questo
disagio
dei
passanti
,
pietoso
o
disgustato
,
derivato
dal
contatto
con
una
realtà
sempre
più
invadente
oltreché
limitrofa
,
mi
appare
come
una
possibile
premessa
di
quel
nuovo
,
moderno
antisemitismo
,
che
del
semitismo
avversa
anche
il
ceppo
arabo
oltre
che
quello
ebraico
,
prendendo
le
distanze
da
un
mondo
considerato
inferiore
,
sporco
,
inquinante
.
«
Sì
,
qualche
volta
sono
stato
anche
da
fratel
Ettore
,
però
è
meglio
dormire
all
'
aperto
.
Lì
si
dorme
e
si
mangia
gratis
ma
c
'
è
della
brutta
gente
,
con
la
testa
mica
a
posto
»
mi
aveva
avvertito
Franco
.
Ma
la
sera
di
sabato
18
gennaio
vado
lo
stesso
in
via
Sammartini
,
proprio
sul
fondo
,
nel
ventre
oscuro
e
riparato
della
Stazione
Centrale
,
fra
sotterranei
e
binari
morti
,
là
dove
fratel
Ettore
,
a
differenza
di
quanto
accade
nel
dormitorio
comunale
di
viale
Ortles
,
non
chiede
agli
stranieri
se
hanno
il
permesso
di
soggiorno
.
C
'
è
una
specie
di
rete
di
pollaio
che
divide
i
barboni
buoni
da
quelli
cattivi
,
ubriachi
,
urlanti
.
Se
hai
l
'
aria
calma
,
gli
(
eroici
)
volontari
cattolici
aprono
con
cautela
un
lucchetto
e
ti
fanno
passare
.
Gli
altri
,
i
«
pericolosi
»
che
assediano
la
rete
,
ti
lanciano
sguardi
d
'
odio
e
alimentano
il
grande
falò
che
,
notte
dopo
notte
,
ha
rinsecchito
il
salice
piangente
sotto
cui
s
'
accovacciano
.
Vado
dentro
.
Sembra
una
caverna
,
questo
grande
archivolto
,
ex
rifugio
antiaereo
,
tappezzato
con
vari
spezzoni
di
linoleum
e
di
ondulex
,
con
sulla
destra
il
deposito
della
biancheria
sporca
,
sulla
sinistra
i
cessi
,
in
mezzo
i
tavoli
e
tutto
intorno
dei
divani
rimediati
chissà
dove
con
i
vecchi
che
ci
dormono
già
.
Questa
è
la
casa
dei
malati
di
mente
,
dei
vecchi
dalle
barbe
di
lunghezza
inverosimile
,
ma
soprattutto
degli
stranieri
annichiliti
dall
'
incapacità
di
vivere
.
C
'
è
l
'
egiziano
con
un
incredibile
orecchino
che
cerca
di
fregarmi
dalla
tasca
il
berretto
di
lana
.
Altri
si
disputano
una
sciarpa
per
la
notte
.
Un
tunisino
s
'
è
impietrito
davanti
alla
sala
dormitorio
,
con
un
sorriso
ebete
.
Ilsuo
amico
insiste
,
aspetta
che
entri
:
«
Ma
cosa
vuoi
?
Che
ti
spogli
io
?
Vuoi
dormire
in
piedi
?
»
.
Ma
quello
non
si
sposta
,
non
risponde
.
Già
per
due
sere
consecutive
sono
venuti
i
carabinieri
a
setacciare
gli
immigrati
clandestini
,
e
gli
ospiti
italiani
del
dormitorio
ne
sono
soddisfatti
:
«
Lo
vedi
quel
fazzoletto
nuovo
per
terra
?
Lo
ha
chiesto
uno
di
quelli
,
solo
che
non
sa
come
si
usa
e
lo
ha
subito
buttato
via
.
Cosa
credi
,
che
se
vado
a
chiederne
uno
io
me
lo
danno
,
il
fazzoletto
?
»
.
«
Io
facevo
il
cameriere
,
e
se
sono
finito
qui
è
perché
quelli
mi
hanno
rubato
il
lavoro
.
»
«
Si
vede
che
gli
italiani
ci
hanno
scritto
in
fronte
che
sanno
arrangiarsi
,
e
invece
gli
arabi
bisogna
aiutarli
.
»
«
Alla
Stazione
Centrale
da
quando
ci
sono
gli
stranieri
non
si
può
più
passare
la
notte
in
pace
,
ma
finalmente
la
polizia
ha
cominciato
a
beccarli
per
bene
!
»
Saremo
in
ottanta
,
nel
dormitorio
tappezzato
con
le
scritte
in
scotch
rosso
dei
dieci
comandamenti
,
quando
si
apre
una
porta
a
soffietto
e
appare
un
altare
ingenuamente
decorato
.
Non
so
se
sia
un
sacerdote
quello
strano
personaggio
,
piccolo
,
con
gli
occhi
a
mandorla
,
grembiule
blu
e
zuccotto
maghrebino
,
che
recita
in
mezzo
ai
clandestini
:
«
Al
termine
di
questo
giorno
rendiamo
grazie
a
Dio
per
quello
che
ci
ha
dato
»
.
StampaPeriodica ,
MAI
NELLA
STORIA
D
'
ITALIA
TANTO
potere
politico
si
è
concentrato
in
così
pochi
chilometri
quadrati
.
La
provincia
di
Avellino
sta
regalando
alla
patria
il
capo
del
governo
e
il
capo
del
maggiore
partito
:
Ciriaco
De
Mita
;
il
numero
due
del
maggiore
partito
,
Giuseppe
Gargani
;
il
capo
della
regione
più
importante
,
Enrico
De
Mita
,
presidente
del
Consiglio
regionale
della
Lombardia
;
il
capo
della
Rai
,
Biagio
Agnes
;
il
capo
dei
senatori
del
partito
di
maggioranza
,
Nicola
Mancino
;
il
vicepresidente
vicario
della
Camera
,
Gerardo
Bianco
;
un
potente
senatore
,
già
ministro
per
il
Mezzogiorno
,
Salverino
De
Vito
;
un
altro
senatore
,
autorevole
membro
della
direzione
del
maggiore
partito
,
Ortensio
Zecchino
.
Irpini
ad
honorem
per
contiguità
geografica
sono
altresì
il
portavoce
unico
del
partito
di
maggioranza
,
Clemente
Mastella
,
nonché
il
massimo
responsabile
dei
servizi
segreti
Angelo
Salma
.
Anche
il
direttore
de
L
'
Osservatore
Romano
,
Mario
Agnes
,
è
avellinese
.
Alcune
di
queste
cariche
si
assommano
nella
stessa
persona
,
altre
nella
stessa
famiglia
.
Il
quotidiano
di
Napoli
,
Il
Mattino
,
ha
rivelato
inoltre
,
domenica
11
dicembre
1988
,
che
la
Banca
popolare
d
'
Irpinia
-
di
cui
quasi
tutti
gli
eminenti
sopra
citati
sono
azionisti
-
sta
per
conquistare
la
leadership
sull
'
Italia
meridionale
.
Niente
male
,
per
una
provincia
che
non
arriva
a
500mila
abitanti
.
Nemmeno
Cavour
,
Francesco
Crispi
,
Giovanni
Giolitti
,
Benito
Mussolini
,
Alcide
De
Gasperi
,
Aldo
Moro
,
Bettino
Craxi
,
prima
di
Ciriaco
De
Mita
da
Nusco
,
avevano
mai
potuto
contare
su
una
squadra
così
imponente
di
conterranei
nei
posti
chiave
della
nazione
.
Cosicché
i
detrattori
di
De
Mita
parlano
adesso
di
"
clan
degli
avellinesi
"
,
mentre
i
suoi
ammiratori
si
compiacciono
per
l
'
inusitata
fertilità
dell
'
Irpinia
,
fino
a
ieri
oscura
e
povera
provincia
.
Siamo
andati
a
controllare
se
corrispondano
al
vero
alcune
maldicenze
.
Prima
fra
queste
,
che
i
63mila
miliardi
di
lire
stanziati
per
la
ricostruzione
in
Irpinia
del
1980
siano
troppi
e
malspesi
.
Poi
,
se
De
Mita
si
sia
arricchito
grazie
al
sisma
,
come
insinuano
i
comunisti
.
O
,
perlomeno
,
se
abbia
fatto
arricchire
parenti
e
amici
.
Certo
Nusco
non
è
meglio
collegata
oggi
al
resto
dell
'
Italia
di
quanto
lo
fosse
dieci
anni
fa
.
Di
treno
,
neanche
a
parlarne
:
non
solo
il
paesello
di
De
Mita
ma
Avellino
sono
pressoché
irraggiungibili
da
Napoli
in
ferrovia
,
a
meno
che
non
si
vogliano
spendere
giornate
per
percorrere
pochi
chilometri
.
La
caratteristica
dell
'
unica
ferrovia
irpina
è
avere
le
stazioni
piazzate
in
mezzo
al
nulla
,
a
vari
chilometri
di
distanza
dai
paesi
di
cui
pure
esibiscono
il
nome
.
In
corriera
la
situazione
non
migliora
:
le
2.500
lire
del
biglietto
Avellino
-
Nusco
garantiscono
solo
che
i
40
chilometri
del
tragitto
vengano
compiuti
in
circa
due
ore
.
Insomma
,
in
Irpinia
chi
non
ha
la
macchina
è
perduto
.
Per
fortuna
a
Nusco
il
visitatore
può
riposare
nel
nuovo
hotel
Colucci
,
tre
stelle
,
44
camere
.
Ammirando
dalla
terrazza
a
900
metri
di
altitudine
il
panorama
sul
massiccio
del
Vulture
,
i
monti
del
Matese
e
l
'
Appennino
Dauno
,
ci
consoliamo
per
il
freddo
(
nevica
già
da
metà
novembre
)
assaggiando
il
maiale
al
finocchietto
,
i
"
cicalucculi
"
,
ovvero
gli
gnocchi
,
nonché
il
leggendario
torrone
irpino
.
In
tutto
nell
'
hotel
ci
sono
due
ospiti
:
tecnici
romagnoli
per
la
zona
industriale
.
C
'
è
più
gente
d
'
estate
?
«
No
,
è
sempre
cose
>
,
risponde
il
proprietario
,
desolato
.
La
carenza
di
turisti
non
gli
ha
impedito
però
di
chiedere
un
contributo
di
13
miliardi
di
lire
per
la
ricostruzione
.
Oltre
al
contributo
a
fondo
perduto
del
75
per
cento
per
le
nuove
iniziative
industriali
(
l
'
aiuto
più
alto
mai
concesso
dopo
una
calamità
nel
mondo
occidentale
)
,
la
legge
pro
terremotati
provvede
anche
a
regalare
soldi
a
non
meglio
precisate
"
imprese
di
servizi
per
le
infrastrutture
"
alle
aree
industriali
.
Sui
tavoli
dell
'
Italtecna
(
il
consorzio
Iri
-
Italstat
,
quindi
Dc
,
che
dovrebbe
garantire
"
l
'
alta
vigilanza
sull
'
esecuzione
degli
interventi
"
)
è
così
piovuta
una
valanga
di
richieste
di
finanziamenti
per
alberghi
,
imprese
di
trasporti
e
perfino
per
un
centro
commerciale
per
la
vendita
di
prodotti
in
pelle
che
la
signora
Teresa
D
'
Argenio
sarebbe
lieta
di
aprire
in
Avellino
città
.
Una
città
dove
,
come
denuncia
Maurizio
Galasso
del
Wwf
,
dopo
il
terremoto
c
'
è
stata
una
rovinosa
speculazione
edilizia
:
«
E
adesso
vogliono
costruire
un
'
autostrada
che
funzionerà
da
tangenziale
per
arrivare
a
un
megacentro
commerciale
completato
da
tempo
ma
mai
aperto
.
Rovineranno
una
delle
ultime
aree
verdi
»
.
Naturalmente
,
tutto
il
fervore
economico
che
si
è
impossessato
dell
'
Irpinia
provoca
anche
benefici
indiretti
:
è
il
famoso
"
indotto
"
,
parola
magica
che
i
politici
locali
spiattellano
quando
si
fa
loro
presente
che
il
costo
per
ogni
posto
di
lavoro
creato
finora
è
di
2
miliardi
e
mezzo
di
lire
e
di
circa
un
miliardo
a
persona
.
Cifra
smentita
dal
responsabile
(
avellinese
)
dell
'
Ufficio
che
eroga
i
fondi
,
Elveno
Pastorelli
:
secondo
lui
il
costo
per
addetto
sarà
meno
di
300
milioni
di
lire
.
Ma
solo
quando
(
e
se
)
le
imprese
cominceranno
a
produrre
.
Per
ora
la
realtà
è
assai
più
preoccupante
:
«
Soldi
spesi
,
un
migliaio
di
miliardi
di
lire
.
Industrie
insediate
a
oggi
:
57
.
Posti
di
lavoro
:
380
,
invece
dei
3.500
promessi
.
Per
ottenere
il
costo
pro
capite
basta
fare
una
divisione
»
,
spiega
secco
Angelo
Giusto
,
responsabile
enti
locali
del
Pci
irpino
.
Il
quale
desume
i
suoi
dati
dalla
relazione
presentata
dallo
stesso
Pastorelli
al
Parlamento
nel
settembre
1988
,
e
aggiornata
al
luglio
1988
.
È
questa
,
ovvero
esiste
già
,
la
relazione
invocata
da
Bettino
Craxi
lunedì
12
dicembre
1988
al
posto
della
commissione
d
'
inchiesta
voluta
dalle
opposizioni
,
dal
Pli
e
accettata
perfino
dai
democristiani
.
E
l
'
indotto
?
Un
piccolo
esempio
è
il
dépliant
dell
'
hotel
Colucci
di
Nusco
,
stampato
dalla
Poligrafica
irpina
.
Questa
è
una
delle
14
industrie
che
si
sono
stabilite
nella
zona
industriale
di
Nusco
.
«
La
ricostruzione
è
stata
una
manna
»
,
spiega
Gerardo
Calabrese
,
il
proprietario
,
«
perché
prima
operavamo
già
qui
,
ma
ci
mancavano
le
infrastrutture
:
strade
,
telefoni
,
l
'
elettricità
andava
via
20
volte
al
giorno
.
Adesso
si
può
lavorare
»
.
LA
POLIGRAFICA
HA
28
DIPENDENTI
,
un
fatturato
di
circa
2
miliardi
di
lire
l
'
anno
,
e
ha
ricevuto
un
contributo
di
5
miliardi
e
mezzo
.
Accanto
c
'
è
la
Dielve
,
che
produce
vetro
ultraresistente
per
l
'
Enel
:
«
Abbiamo
iniziato
due
mesi
fa
,
abbiamo
70
dipendenti
»
,
dice
l
'
ingegner
Carmine
Tirri
.
Otto
miliardi
di
lire
li
ha
avuti
la
Dietalat
,
il
cui
stabilimento
scintilla
sotto
il
sole
di
fronte
a
un
prato
dove
pascolano
le
pecore
.
Questo
è
il
più
grosso
regalo
che
Calisto
Tanzi
,
il
padrone
della
Parmalat
e
di
Odeon
tv
,
abbia
fatto
al
suo
amico
Ciriaco
:
58
nuschesi
da
due
anni
sfornano
focaccine
e
pizze
.
Veramente
l
'
impegno
era
per
101
dipendenti
,
ma
la
legge
consente
che
il
70
per
cento
del
totale
possa
essere
raggiunto
nello
spazio
di
quattro
anni
.
«
E
adesso
»
,
annuncia
Sergio
Piccini
,
portavoce
della
Parmalat
,
«
con
il
lancio
della
tortafrutta
faremo
35
assunzioni
a
tempo
determinato
»
.
Un
regalo
ancora
più
grande
,
però
,
è
stato
Ciriaco
a
farlo
.
A
se
stesso
:
la
più
imponente
delle
otto
nuove
aree
industriali
in
provincia
di
Avellino
sarà
questa
di
Nusco
,
con
200
miliardi
di
lire
di
contributi
alle
14
aziende
(
che
promettono
a
pieno
regime
980
addetti
)
,
accompagnati
da
investimenti
in
superstrade
,
elettrodotti
,
acquedotti
.
Inoltre
sono
vicinissime
a
Nusco
anche
altre
due
aree
industriali
:
quelle
di
Sant
'
Angelo
dei
Lombardi
(
due
imprese
,
178
addetti
,
29
miliardi
di
lire
di
contributi
)
e
Morra
De
Sanctis
(
cinque
imprese
,
594
addetti
,
95
miliardi
di
lire
)
.
Guarda
caso
,
a
Morra
De
Sanctis
è
nato
Giuseppe
Gargani
,
53
anni
,
da
sempre
fedelissimo
di
De
Mita
,
presidente
della
commissione
Giustizia
alla
Camera
(
nel
1987
)
,
e
soprattutto
-
da
quando
in
aprile
Ciriaco
è
diventato
presidente
del
Consiglio
-
coordinatore
della
segreteria
Dc
.
Cioè
,
numero
due
del
partito
.
A
Morra
si
è
verificato
l
'
ormai
celebre
fiasco
della
Tormene
,
che
avrebbe
dovuto
produrre
barche
in
un
cantiere
piantato
in
mezzo
ad
aspre
montagne
.
Costo
per
il
contribuente
:
più
di
4
miliardi
di
lire
.
Ma
neanche
le
altre
tre
iniziative
(
Fisa
,
Flexplan
e
Teletecnica
)
hanno
avuto
sorte
migliore
:
nonostante
abbiano
ingoiato
16
miliardi
di
lire
di
contributi
,
rimangono
fantasmi
.
Allora
l
'
anno
scorso
è
intervenuta
,
provvidenziale
,
l
'
Aeritalia
di
Napoli
(
che
nella
lottizzazione
delle
Partecipazioni
statali
spetta
alla
Dc
)
,
la
quale
,
in
cambio
di
75
miliardi
di
lire
,
promette
di
creare
360
posti
di
lavoro
.
A
Sant
'
Angelo
dei
Lombardi
si
sono
installate
due
aziende
:
la
Ferrero
,
che
dà
lavoro
a
127
persone
(
contributo
:
24
miliardi
di
lire
)
e
la
Ifs
(
Industria
filtri
Sud
)
.
I
capannoni
di
quest
'
ultima
sono
terminati
,
perfetto
è
il
raccordo
stradale
:
peccato
che
non
ci
sia
alcun
segno
di
vita
.
La
Ferrero
,
invece
,
la
scorsa
settimana
si
è
assunta
anche
un
altro
incarico
molto
importante
perla
provincia
di
Avellino
:
sollecitata
dal
prefetto
Raffaele
Sbrescia
e
dalla
Coldiretti
,
si
è
impegnata
a
comprare
ben
ottantamila
quintali
di
nocciole
(
materia
prima
della
Nutella
)
dai
diecimila
contadini
irpini
che
negli
ultimi
due
anni
sono
stati
messi
in
crisi
dalla
concorrenza
turca
.
Così
,
grazie
alla
piemontese
Ferrero
,
gli
alberi
di
nocciole
irpini
non
saranno
tagliati
.
Un
'
altra
grande
industria
del
Nord
che
è
calata
in
provincia
di
Avellino
approfittando
dei
contributi
post
terremoto
è
l
'
altoatesina
Zuegg
.
Si
è
stabilita
nell
'
area
industriale
di
San
Mango
sul
Calore
,
vicina
,
questa
,
al
paese
di
Montefalcione
,
dove
è
nato
Nicola
Mancino
,
presidente
dei
senatori
de
da
quattro
anni
e
capogruppo
al
consiglio
comunale
di
Avellino
.
A
San
Mango
,
però
,
per
ora
tutto
tace
.
La
Zuegg
offre
solo
lavori
stagionali
ai
suoi
40
addetti
che
producono
marmellate
.
Ma
anche
le
altre
nove
industrie
non
sono
ancora
in
produzione
,
nonostante
i
129
miliardi
di
lire
di
finanziamenti
a
fondo
perduto
e
i
capannoni
che
sono
quasi
tutti
già
pronti
.
«
Inizieremo
l
'
attività
entro
la
fine
dell
'
anno
»
,
promette
Helmut
Kling
,
un
imprenditore
tedesco
che
ha
ricevuto
22
miliardi
di
lire
per
il
suo
calzaturificio
,
dove
dovrebbero
lavorare
200
persone
.
Il
problema
è
che
il
signor
Kling
ha
già
un
calzaturificio
a
Mercogliano
,
nella
zona
industriale
di
Avellino
.
Adesso
vorrebbe
che
una
cinquantina
dei
suoi
160
operai
di
Mercogliano
si
trasferissero
a
San
Mango
,
che
dista
30
chilometri
,
per
avviare
gli
impianti
.
I
sindacati
e
anche
il
sindaco
di
Mercogliano
lo
accusano
di
stare
preparando
la
chiusura
o
la
vendita
del
vecchio
impianto
,
per
trasferirsi
nel
nuovo
.
In
pratica
,
un
rinnovo
degli
impianti
a
spese
dello
Stato
.
Kling
nega
,
e
assicura
di
volersi
tenere
entrambi
gli
stabilimenti
.
Nella
zona
industriale
di
Lacedonia
il
caso
più
significativo
è
quello
della
Mulat
.
Siamo
nel
feudo
del
senatore
dc
Salverino
De
Vito
,
62
anni
,
non
rimpianto
ministro
per
il
Mezzogiorno
fino
all
'
anno
scorso
.
De
Vito
è
anche
sindaco
di
Bisaccia
,
comune
dove
nel
1987
c
'
erano
ancora
450
famiglie
in
container
.
Quattro
anni
fa
la
Mulat
,
un
'
azienda
che
impacchetta
latte
(
tedesco
:
quello
munto
dalle
vacche
locali
è
considerato
troppo
acido
)
,
ha
chiesto
e
ottenuto
20
miliardi
di
lire
promettendo
98
posti
di
lavoro
.
Ebbene
,
oggi
i
23
dipendenti
sono
in
cassa
integrazione
,
e
il
proprietario
vuole
chiudere
.
Il
proprietario
è
il
fratello
del
segretario
regionale
della
Dc
campana
,
l
'
avellinese
Antonio
Argenziano
.
Anzi
,
proprio
segretario
no
:
è
"
coordinatore
della
segreteria
"
,
in
attesa
che
l
'
attuale
segretario
,
il
senatore
Ortensio
Zecchino
di
Ariano
Irpino
(
demitiano
di
ferro
)
si
faccia
più
in
là
.
MA
ZECCHINO
TITUBA
,
NON
VUOLE
mollare
la
poltrona
:
meglio
il
partito
o
lo
Stato
?
E
allora
,
per
tener
calmo
lo
scalpitante
Argenziano
,
gli
regala
una
seconda
poltrona
:
consigliere
di
amministrazione
della
Usi
di
Ariano
Irpino
.
Non
è
finita
.
Argenziano
di
poltrone
ne
ha
quattro
.
È
anche
responsabile
enti
locali
della
Dc
di
Avellino
,
e
soprattutto
presidente
della
potente
Asi
(
Associazione
sviluppo
industriale
)
,
la
quale
vorrebbe
prendere
in
gestione
le
aree
industriali
.
Così
forse
potrà
fare
altri
favori
alla
Mulat
di
suo
fratello
.
Nel
turbinio
della
vita
politica
irpina
c
'
è
stata
la
nomina
del
socialista
Pasquale
Ferrara
a
vicepresidente
dellAsi
.
Lo
ha
messo
lì
non
il
Psi
,
ma
la
Dc
:
Ferrara
era
consigliere
comunale
di
Avellino
,
mala
prima
non
eletta
socialista
,
Enza
Battista
,
aveva
fatto
ricorso
per
brogli
.
Allora
il
capogruppo
dc
Mancino
,
piuttosto
che
rischiare
di
perdere
la
maggioranza
assoluta
conquistata
nel
1985
,
si
è
trasformato
in
paciere
per
le
liti
socialiste
:
ha
fatto
entrare
la
Battista
in
consiglio
comunale
tacitandola
,
e
ha
ricompensato
Ferrara
con
la
vicepresidenza
dell
'
Asi
.
Ecco
,
la
Dc
di
Avellino
è
una
macchina
così
oliata
e
perfetta
da
poter
risolvere
persino
le
liti
altrui
.
Ai
recalcitranti
promette
posti
,
gli
irriducibili
sono
emarginati
.
I
figli
e
i
giovani
,
se
fedeli
,
vengono
ricompensati
:
così
Biagio
Agnes
da
Serino
ha
assunto
al
suo
Tgl
Francesco
Pionati
,
figlio
dell
'
ex
sindaco
dc
di
Avellino
Giovanni
Pionati
,
nonché
Gigi
Marzullo
,
irpino
noto
più
come
accompagnatore
della
first
baby
Antonia
De
Mita
che
per
la
sua
attività
giornalistica
.
L
'
unico
ribelle
è
rimasto
Giuseppe
De
Mita
,
nipote
di
Ciriaco
.
La
sua
tremenda
colpa
?
Democristiano
,
ma
andreottiano
.
StampaPeriodica ,
Invece
di
mandargli
i
fiori
,
ho
fatto
stampare
5mila
manifesti
per
il
giorno
del
suo
funerale
.
Li
ho
fatti
stampare
con
la
fotografia
che
a
me
piace
di
più
,
e
con
una
delle
sue
poesie
che
a
me
sono
più
care
,
e
con
una
frase
che
mi
venne
spontanea
quando
seppi
che
lo
avevano
ammazzato
ma
ora
la
ripetono
tutti
come
uno
slogan
.
La
fotografia
è
quella
che
gli
scattarono
il
giorno
in
cui
fu
eletto
deputato
,
e
sorride
il
sorriso
di
un
bambino
felice
,
e
alza
il
pugno
in
segno
di
vittoria
.
La
poesia
è
quella
che
dice
:
«
Non
piangere
per
me
/
Sappi
che
muoio
/
Non
puoi
aiutarmi
/
Ma
guarda
quel
fiore
/
quello
che
appassisce
ti
dico
/
Annaffialo
»
.
La
frase
che
ora
tutti
ripetono
come
uno
slogan
è
questa
:
«
Nel
1968
Alessandro
Panagulis
fu
condannato
a
morte
perché
cercava
la
libertà
.
Nel
1976
Alessandro
Panagulis
è
morto
perché
cercava
la
verità
e
l
'
aveva
trovata
»
.
Tu
sai
di
quale
verità
sto
parlando
.
In
Grecia
lui
la
trovò
soprattutto
a
proposito
dell
'
Esa
e
delle
responsabilità
sulla
invasione
di
Cipro
.
Me
ne
parlò
subito
,
con
gli
occhi
che
gli
ridevano
di
gioia
fanciullesca
.
A
Roma
,
mi
pare
.
«
Altro
che
rapporto
Pike
,
altro
che
rapporto
Church
»
,
mi
disse
.
Erano
documenti
autografi
,
firmati
dagli
stessi
responsabili
.
«
Ma
come
li
userai
?
»
.
Rispose
:
«
Pubblicherò
un
settimanale
.
Il
primo
numero
avrà
in
copertina
la
lettera
autografa
del
personaggio
più
compromesso
.
Al
secondo
numero
mi
fermeranno
,
forse
.
Ma
ormai
avrò
fatto
sapere
l
'
essenziale
»
.
Per
un
mese
non
discutemmo
d
'
altro
.
Si
accorse
ben
presto
che
non
avrebbe
mai
trovato
quei
soldi
,
o
non
abbastanza
in
tempo
,
e
così
si
decise
a
dare
alcuni
documenti
a
Ta
Nea
,
un
quotidiano
di
Atene
.
Erano
i
documenti
meno
sensazionali
,
gli
hors
d
'
uvre
.
Suscitarono
lo
stesso
un
inferno
,
e
alla
sesta
puntata
Averoff
intervenne
:
la
magistratura
proibì
di
continuare
le
pubblicazioni
.
Averoff
:
il
ministro
della
Difesa
.
Il
suo
nemico
.
Mentre
la
pubblicazione
avveniva
,
Alekos
(
Panagulis
,
ndr
)
era
in
Italia
.
Arrivando
mi
aveva
detto
d
'
esser
venuto
per
scrivere
un
libro
.
Ma
io
avevo
capito
subito
che
la
ragione
era
un
'
altra
,
che
aveva
bisogno
di
stare
qualche
settimana
lontano
dalla
Grecia
dove
si
sentiva
in
pericolo
.
Non
gliene
chiesi
conferma
perché
sapevo
che
non
gli
piaceva
farmi
partecipe
di
certe
preoccupazioni
e
angosciarmi
.
Abitava
a
casa
mia
,
naturalmente
.
Ed
era
sempre
così
inquieto
.
Doveva
tornare
in
Grecia
dopo
30
giorni
.
Al
trentesimo
giorno
disse
:
«
Posso
rimandare
la
partenza
di
24
ore
»
.
Al
trentunesimo
giorno
disse
:
«
In
fondo
posso
rimandarla
anche
di
48»
.
Al
trentaduesimo
giorno
disse
:
«
Potrei
rimandarla
anche
d
'
una
settimana
»
.
E
allora
fui
certa
che
in
Grecia
stava
rischiando
davvero
la
vita
.
Ma
non
lo
pregai
di
restare
in
Italia
.
Era
una
di
quelle
creature
che
bisogna
lasciar
morire
se
hanno
deciso
di
morire
.
Perché
,
se
l
'
hanno
deciso
,
vuol
dire
che
è
giusto
così
.
Una
dura
lezione
che
avevo
imparato
quand
'
era
in
esilio
in
Italia
,
nel
1973
e
nel
1974
,
e
lottava
contro
i
colonnelli
.
Ogni
tanto
spariva
.
Andava
in
Grecia
,
grazie
a
un
passaporto
falso
.
Scendeva
all
'
aeroporto
di
Atene
,
con
quei
baffi
e
con
quella
pipa
che
lo
facevano
riconoscere
tra
mille
,
e
fieramente
passava
tra
le
maglie
della
polizia
,
sotto
gli
sguardi
di
coloro
che
volevano
ammazzarlo
.
Quando
lo
accompagnavo
all
'
aeroporto
,
non
mi
chiedevo
mai
se
sarebbe
tornato
.
Mi
limitavo
a
sperare
che
tornasse
.
Tornava
sempre
,
ridendo
.
No
,
in
certi
casi
anche
piangendo
.
Come
la
volta
in
cui
aveva
trovato
tutte
le
porte
chiuse
.
Gli
amici
che
ora
si
definiscono
tali
e
piangono
lacrime
di
coccodrillo
sfruttando
la
sua
morte
(
come
quel
Papandreu
che
egli
non
rispettava
)
non
gli
aprivano
dicendo
:
«
Ho
famiglia
»
.
Tornò
anche
dalla
Spagna
,
dov
'
era
andato
con
un
altro
passaporto
falso
per
aiutare
la
resistenza
contro
Franco
.
Tornava
sempre
.
E
questa
volta
non
è
tornato
.
Dovevamo
vederci
a
Roma
lo
stesso
giorno
in
cui
avverranno
i
suoi
funerali
.
A
Roma
avrebbe
portato
le
fotocopie
dei
documenti
,
per
metterli
al
sicuro
in
Europa
.
Alla
fine
di
aprile
lo
chiamai
ad
Atene
da
New
York
.
Gli
chiesi
:
«
Come
va
?
»
.
Rispose
:
«
Molto
male
»
.
«
Perché
?
»
.
«
Sono
molto
,
molto
triste
.
E
molto
,
molto
preoccupato
»
.
Per
divertirlo
gli
raccontai
che
i
fascisti
di
Imperia
mi
avevano
condannata
a
morte
.
Invece
non
si
divertì
.
Rispose
:
«
Anche
me
»
.
Replicai
,
tentando
dell
'
umorismo
:
«
I
fascisti
d
'
Imperia
?
!
»
.
E
lui
:
«
No
,
i
fascisti
di
qui
»
.
E
io
:
«
Per
i
documenti
?
»
.
«
Già
»
.
Da
New
York
lo
chiamai
di
nuovo
il
giorno
in
cui
partii
per
rientrare
in
Italia
.
Era
venerdì
30
aprile
,
poche
ore
prima
della
sua
morte
.
Il
suo
tono
era
strano
.
No
,
non
strano
.
Triste
.
No
,
non
triste
.
Rassegnato
.
Sussurrai
:
«
Stai
attento
»
.
E
con
quel
tono
triste
,
no
,
rassegnato
,
replicò
:
«
Tanto
,
se
vogliono
farlo
,
lo
fanno
»
.
L
'
indomani
mattina
ero
a
Roma
.
Pensai
di
avvertirlo
per
confermare
il
nostro
appuntamento
.
Allungai
la
mano
verso
il
telefono
e
,
prima
che
sollevassi
il
ricevitore
,
il
telefono
squillò
.
Era
l
'
ex
avvocato
di
Costantino
di
Grecia
.
Sembrava
sconvolto
.
Quasi
strillò
:
«
Cosa
può
dirmi
sulla
morte
di
Panagulis
?
»
.
Paradossalmente
,
rimasi
calma
.
Stupidamente
risposi
:
«
Panagulis
sta
benissimo
.
Ci
ho
parlato
poche
ore
fa
»
.
E
lui
:
«
No
,
no
,
sembra
proprio
che
sia
morto
.
In
un
incidente
automobilistico
»
.
Composi
due
numeri
:
uno
a
Milano
e
uno
a
Roma
.
A
Milano
mi
dissero
che
,
in
realtà
,
la
voce
era
corsa
ma
la
radio
non
l
'
aveva
confermata
.
A
Roma
mi
dissero
:
«
Un
momento
,
ora
controlliamo
»
.
Erano
quelli
dell
'
Ansa
.
«
Sì
,
purtroppo
è
vero
»
.
Allora
chiamai
un
taxi
e
corsi
di
nuovo
all
'
aeroporto
.
Sull
'
aereo
sono
stati
gentili
.
Mi
hanno
dato
un
posto
lontano
da
tutti
:
perché
potessi
piangere
in
pace
,
suppongo
.
Invece
non
ho
pianto
.
Quello
è
successo
dopo
,
quand
'
ero
proprio
sola
.
Anche
lui
faceva
così
.
All
'
aeroporto
di
Atene
c
'
erano
ad
aspettarmi
i
suoi
amici
.
C
'
erano
anche
i
fotografi
che
mi
sparavano
addosso
fucilate
di
luce
,
e
io
mi
vergognavo
,
mi
sentivo
ridicola
,
mi
sembrava
d
'
essere
la
vedova
nazionale
.
Io
e
gli
amici
siamo
saltati
in
macchina
.
Diretti
all
'
obitorio
.
Sulla
strada
che
porta
in
città
,
a
un
certo
punto
,
c
'
era
una
grande
folla
.
Ho
chiesto
perché
e
mi
hanno
detto
:
«
È
successo
lì
»
.
Allora
ho
fatto
fermare
la
macchina
e
sono
passata
attraverso
la
folla
,
pentendomi
subito
perché
molti
sussurravano
:
«
Fallatzi
,
Fallatzi
»
e
si
scostavano
come
intimiditi
.
Il
luogo
era
circondato
da
un
cordone
di
poliziotti
,
e
al
di
là
del
cordone
c
'
era
un
mucchio
di
ferri
contorti
color
verde
pisello
.
Due
poliziotti
m
'
hanno
fermato
con
la
brutalità
dei
poliziotti
:
mettendomi
le
mani
addosso
.
Non
ricordo
bene
quel
che
è
successo
,
ma
gli
amici
dicono
che
ho
buttato
un
poliziotto
per
terra
,
e
ho
spinto
l
'
altro
molto
lontano
.
Poi
sono
stata
davanti
a
quel
mucchietto
di
ferri
color
verde
pisello
...
E
questi
erano
la
sua
Primavera
,
la
sua
Fiat
.
Erano
tre
anni
che
aspettavo
,
voglio
dire
che
temevo
,
questo
momento
.
Erano
tre
anni
che
dicevo
a
me
stessa
:
prima
o
poi
succederà
.
Aveva
sempre
avuto
fortuna
.
Era
sfuggito
alla
fucilazione
;
era
sopravvissuto
a
torture
inumane
;
era
divenuto
un
poeta
proprio
attraverso
quelle
;
era
uscito
dopo
cinque
anni
da
un
carcere
atroce
dove
sembrava
dovesse
restare
tutta
la
vita
o
morirci
;
era
passato
indenne
attraverso
insidie
,
attentati
;
era
stato
eletto
deputato
nell
'
anniversario
della
sua
condanna
a
morte
;
era
amato
,
venerato
,
adulato
da
alcuni
fino
all
'
eccesso
.
Ma
io
non
mi
facevo
illusioni
.
Del
resto
non
faceva
nulla
per
evitarlo
.
Lo
sfidava
ogni
giorno
quel
suo
destino
di
finire
ammazzato
.
Forse
non
riesco
a
esprimermi
.
Capisci
,
non
sono
molto
lucida
.
Non
dormo
da
quattro
notti
e
anche
se
cerco
di
non
darlo
a
vedere
perché
detesto
il
dolore
esibito
,
dentro
sono
un
unico
urlo
.
Ciò
che
cerco
di
spiegarti
è
difficile
.
Ma
può
riassumersi
così
:
non
c
'
è
stupore
in
me
.
O
meglio
,
uno
stupore
c
'
è
:
quello
di
non
essere
anch
'
io
in
una
cella
frigorifera
di
quell
'
obitorio
.
E
non
sono
certa
di
sentirne
sollievo
.
Quante
volte
,
insieme
,
siamo
stati
inseguiti
da
un
'
automobile
che
voleva
ammazzarci
.
La
prima
volta
fu
nel
settembre
del
1973
,
dodici
giorni
dopo
ch
'
egli
era
uscito
dal
carcere
di
Boyati
.
Praticamente
,
m
'
ero
trasferita
ad
Atene
:
non
solo
perché
lui
me
l
'
aveva
chiesto
,
non
solo
perché
volevo
stargli
vicino
,
ma
perché
mi
sembrava
di
aiutarlo
con
la
mia
presenza
.
Mi
sembrava
che
avrebbero
esitato
a
ucciderlo
se
,
per
uccidere
lui
,
dovevano
uccidere
anche
me
.
Abitavo
nella
sua
casa
di
Glifada
.
Un
giorno
gli
dissi
che
non
conoscevo
Creta
.
E
mi
portò
a
Creta
.
A
Creta
dissi
che
volevo
vedere
la
reggia
di
Cnosso
.
E
mi
portò
a
Cnosso
.
Anzi
,
ci
portò
un
suo
amico
,
avvocato
.
Con
l
'
automobile
.
Ci
accorgemmo
presto
che
un
'
altra
automobile
ci
seguiva
,
con
due
tipi
dalla
faccia
di
poliziotto
.
Dunque
questa
macchina
ci
seguiva
e
,
a
volte
,
accelerava
buttandosi
contro
di
noi
.
Noi
riuscivamo
sempre
a
cavarcela
andando
più
forte
ma
a
un
certo
punto
quelli
presero
ad
accostarsi
sulla
nostra
fiancata
di
sinistra
,
e
a
spingerci
verso
il
precipizio
.
Ci
salvò
,
per
miracolo
,
un
'
altra
macchina
della
polizia
.
Salto
gli
altri
episodi
per
non
diventare
monotona
.
Te
ne
aggiungo
uno
e
basta
:
quello
che
avvenne
nel
settembre
dell
'
anno
scorso
.
Nel
settembre
o
in
estate
?
Eravamo
andati
a
cena
,
io
e
Alekos
,
in
una
trattoria
dove
si
mangia
il
pesce
.
Qui
ci
raggiunse
una
telefonata
.
Un
'
automobile
nera
,
gli
dissero
,
passava
da
ore
dinanzi
al
Politecnico
e
a
intervalli
buttava
una
bomba
.
La
polizia
non
interveniva
.
Alekos
ascoltò
con
calma
e
rispose
:
«
Andrò
a
dare
un
'
occhiata
»
.
Erano
i
giorni
in
cui
si
temeva
un
nuovo
colpo
di
Stato
.
Aveva
preso
in
affitto
una
Peugeot
.
Procedeva
come
un
macinino
di
Stan
Laurel
e
Oliver
Hardy
.
E
ciò
lo
divertiva
perché
diceva
che
io
ero
Stan
Laurel
e
lui
Oliver
Hardy
,
cioè
due
disgraziati
che
si
mettevano
sempre
nei
guai
.
Tossendo
e
sputando
,
la
nostra
Peugeot
giunse
dinanzi
al
Politecnico
.
Qui
ci
fermammo
e
Alekos
interrogò
gli
studenti
.
Stava
interrogandoli
quando
la
macchina
nera
apparì
.
Aveva
una
targa
del
corpo
diplomatico
,
cd.
A
bordo
c
'
erano
quattro
uomini
dal
volto
di
fascisti
.
Alekos
mi
ordinò
perentorio
:
«
Andiamo
»
.
Risalii
sulla
Peugeot
,
e
lui
con
me
.
Partimmo
e
l
'
automobile
nera
era
ormai
lontana
.
Ma
presto
riapparve
,
dietro
di
noi
e
...
A
un
certo
punto
non
fu
più
chiaro
chi
seguiva
e
chi
era
inseguito
.
La
sola
differenza
era
che
loro
inseguivano
noi
per
ammazzarci
e
noi
inseguivamo
loro
per
capire
chi
fossero
e
portarli
dalla
polizia
.
L
'
agonia
durò
due
ore
e
mezzo
.
L
'
automobile
nera
ci
condusse
molto
lontano
,
quasi
fino
al
tempio
di
Sugno
.
A
un
certo
punto
,
devo
ammetterlo
,
ebbi
molta
paura
.
E
non
mi
vergognai
di
gridarlo
a
quest
'
uomo
che
non
aveva
paura
di
nulla
,
mai
.
Lui
non
rispose
nemmeno
.
Ma
il
macinino
di
Stan
Laurel
e
Oliver
Hardy
si
comportò
in
modo
glorioso
.
La
trappola
che
ci
avevano
teso
scattò
solo
alla
fine
,
dopo
che
uno
dei
quattro
fascisti
era
sceso
dall
'
automobile
nera
per
dileguarsi
.
L
'
automobile
nera
finse
di
lasciarsi
inseguire
e
,
in
piena
città
,
imboccò
un
vicolo
cieco
.
Appena
me
ne
accorsi
,
dissi
ad
Alekos
:
«
Siamo
in
trappola
»
.
Lui
rispose
freddo
:
«
Lo
so
»
.
Allora
aggiunsi
:
«
Torniamo
indietro
»
.
E
lui
:
«
È
troppo
tardi
»
.
L
'
automobile
nera
entrò
dentro
un
garage
,
in
fondo
al
vicolo
cieco
.
Si
fermò
,
i
tre
scesero
e
si
piazzarono
in
mezzo
al
garage
ad
aspettarci
.
Alekos
fermò
la
Peugeot
accanto
all
'
automobile
nera
e
mi
disse
:
«
Tu
resta
in
macchina
»
.
Poi
scese
andandogli
incontro
.
Lo
seguii
immediatamente
.
Alekos
si
avvicinò
al
tipo
più
minaccioso
e
sempre
freddo
,
sempre
calmo
,
gli
tirò
la
cravatta
.
Poi
mormorò
,
in
greco
e
in
italiano
:
«
Vedi
,
questi
sono
fascisti
greci
.
E
non
hanno
coglioni
»
.
L
'
uomo
col
pacchetto
posò
la
mano
destra
sopra
il
pacchetto
.
Poi
,
all
'
improvviso
,
si
buttò
in
ginocchio
e
cominciò
a
implorare
pietà
:
«
Alekos
,
noi
ti
ammiriamo
,
ti
rispettiamo
.
Sei
Panagulis
.
È
stato
tutto
un
equivoco
»
.
E
Alekos
:
«
Meglio
.
Gli
equivoci
si
chiariscono
dinanzi
alla
polizia
»
.
Non
mi
crederai
ma
riuscì
a
farsi
seguire
,
stavolta
,
per
portarli
al
Politecnico
e
consegnarli
alla
polizia
.
La
targa
cd
era
una
targa
falsa
e
...
Vedi
,
siamo
qui
nella
sua
stanza
,
io
sto
qui
a
parlarti
distesa
sul
suo
letto
,
e
non
riesco
a
credere
che
sia
morto
davvero
.
Eppure
l
'
ho
visto
morto
.
Non
ci
riesco
,
malgrado
tutto
ciò
che
ti
ho
detto
prima
,
perché
lui
si
comportava
come
se
fosse
immortale
.
Eppure
parlava
sempre
di
morte
.
Le
sue
poesie
parlavano
sempre
di
morte
,
di
morti
.
Quando
poi
aveva
la
febbre
...
Lo
coglievano
febbri
violente
,
assai
spesso
.
Le
torture
subite
lo
avevano
rovinato
.
Una
volta
,
a
Firenze
,
lo
portai
a
fare
una
radiografia
per
vedere
se
quelle
febbri
dipendevano
dai
reni
o
dai
polmoni
.
E
il
radiologo
,
stupefatto
,
esclamò
:
«
Ma
è
tutto
rotto
quest
'
uomo
!
Non
ha
nemmeno
una
costola
intatta
!
Ma
cosa
gli
hanno
fatto
?
!
»
.
Queste
febbri
arrivavano
anche
a
41
,
41
e
mezzo
.
Tremando
diceva
:
«
Muoio
,
Stavolta
muoio
,
Oriana
»
.
Però
lo
diceva
ridendo
.
Temeva
la
morte
o
no
?
È
una
domanda
che
mi
sono
posta
spesso
,
senza
darvi
risposta
.
Ma
ora
posso
dare
una
risposta
.
Non
temeva
la
morte
.
Parlava
della
morte
,
ridendo
,
perché
sapeva
che
sarebbe
giunta
assai
presto
:
come
una
beffa
.
Un
giorno
gli
lessi
la
mano
.
Aveva
una
mano
strana
,
anzi
terrificante
.
Sulle
palme
c
'
erano
solo
tre
segni
.
Quello
del
cuore
,
quello
dell
'
intelligenza
,
quello
della
vita
.
Quello
del
cuore
e
quello
dell
'
intelligenza
erano
senza
fine
,
quello
della
vita
si
interrompeva
bruscamente
.
Provai
un
brivido
a
guardarlo
e
gli
dissi
:
«
Vivrai
fino
a
cent
'
anni
!
»
.
Spalancò
la
bocca
immensa
in
una
immensa
risata
ed
esclamò
:
«
Bugiarda
!
Io
non
diventerò
mai
vecchio
e
l
'
hai
visto
»
.
Gli
dispiaceva
,
sai
.
Perché
il
sogno
di
Alessandro
Panagulis
era
diventare
vecchio
.
Vecchio
e
curvo
come
Ferruccio
Parri
che
amava
e
ammirava
.
Per
questo
si
vestiva
quasi
sempre
da
vecchio
.
Abiti
severi
,
grigi
o
blu
,
camicie
:
bianche
o
color
pastello
,
e
sempre
la
cravatta
.
Per
questo
portava
i
baffi
e
fumava
la
pipa
.
Con
quelle
boccate
lunghe
,
lente
,
da
vecchio
.
Per
questo
camminava
a
passi
così
grevi
,
cardinalizi
.
Io
lo
prendevo
in
giro
.
Sapevo
quanto
gli
piacesse
Makarios
,
quanto
ne
ammirasse
la
ieraticità
,
e
quando
correvo
(
tu
lo
sai
,
io
corro
sempre
)
gli
strillavo
con
impazienza
:
«
E
dai
,
corri
!
Non
fare
il
Makarios
!
»
.
Un
giorno
mi
disse
:
«
Lasciami
fare
.
Ci
ho
messo
tanto
a
imparare
a
camminare
come
un
vecchio
»
.
Poi
ebbe
una
pausa
e
aggiunse
:
«
E
a
pensare
come
un
vecchio
»
.
Anche
la
sua
saggezza
era
saggezza
da
vecchio
.
E
le
sue
profezie
erano
le
profezie
di
un
vecchio
.
Te
le
declamava
lentamente
,
mordendo
la
pipa
,
e
a
volte
erano
profezie
così
paradossali
che
non
lo
contraddicevi
solo
per
il
rispetto
che
suscita
un
vecchio
.
Io
sono
...
io
ero
un
poco
più
vecchia
di
lui
,
eppure
dinanzi
a
lui
,
con
lui
,
mi
sentivo
più
giovane
di
lui
.
Mi
suscitava
rispetto
,
capisci
?
Infatti
tenevo
sempre
conto
dei
suoi
rimproveri
.
Però
era
anche
un
bambino
,
e
ora
non
so
come
metterla
insieme
questa
storia
del
bambino
e
del
vecchio
.
Le
sue
esplosioni
di
gioia
,
ad
esempio
,
erano
esplosioni
da
bambino
.
Quand
'
era
felice
,
saltava
e
giocava
come
un
bambino
:
fino
a
irritarmi
.
Anche
i
suoi
dispetti
erano
dispetti
da
bambino
.
O
da
vecchio
?
Anche
i
suoi
capricci
.
E
le
sue
disperazioni
erano
disperazioni
da
bambino
.
O
da
vecchio
?
Così
le
sue
allegrie
.
Se
tu
sapessi
quant
'
era
allegro
,
buffo
,
divertente
.
Io
non
ho
mai
riso
tanto
come
in
questi
tre
anni
con
Alekos
.
Riso
o
sofferto
?
Diventava
la
stessa
cosa
con
lui
.
Guardiamo
se
posso
spiegarmi
.
Non
c
'
è
nulla
di
più
odioso
,
secondo
me
,
di
un
eroe
.
E
Panagulis
era
un
eroe
.
Ma
era
un
eroe
che
ride
.
Soprattutto
di
se
stesso
.
Si
prendeva
sempre
in
giro
.
Questo
è
il
ritratto
di
un
bambino
o
di
un
vecchio
;
io
temo
che
sia
il
ritratto
di
un
genio
.
Ci
ho
messo
tanto
a
capire
che
era
un
genio
.
Mi
rifiutavo
di
ammetterlo
,
anche
per
riuscire
a
tenergli
testa
.
Avevo
dinanzi
a
me
,
accanto
a
me
,
un
mito
delle
folle
.
E
,
sia
istintivamente
che
razionalmente
,
respingevo
quel
mito
.
Cercavo
di
ridurlo
a
dimensioni
umane
che
in
realtà
non
aveva
.
Perché
tutto
in
lui
era
eccessivo
.
Di
male
c
'
era
così
poco
in
lui
.
I
suoi
difetti
erano
tanto
piccoli
quanto
le
sue
virtù
erano
grandi
.
E
quando
i
suoi
difetti
ti
esasperavano
,
non
avevi
che
ricordare
le
sue
virtù
.
Ad
esempio
la
sua
bontà
,
malamente
nascosta
dietro
gli
atteggiamenti
bruschi
.
Ricordi
quando
perdonò
ai
suoi
torturatori
e
chiese
che
Papadopulos
,
Makaresos
,
Pattakos
,
Joannidis
non
fossero
condannati
a
morte
?
Era
ossessionato
dalla
libertà
,
lo
sanno
tutti
,
ma
anche
dalla
moralità
.
E
questo
non
lo
sanno
tutti
.
Diceva
,
pensa
,
che
la
politica
è
moralità
.
Per
questo
fece
la
sua
campagna
elettorale
con
poche
lire
,
pubblicizzato
soltanto
da
qualche
manifesto
grande
come
un
francobollo
,
e
dai
suoi
discorsi
pronunciati
senza
retorica
e
senza
lusinghe
.
Parlava
alla
folla
con
voce
bassa
,
dicendo
che
lui
non
prometteva
miracoli
perché
i
miracoli
non
esistevano
.
Non
ho
mai
visto
qualcuno
chiedere
d
'
essere
eletto
a
quel
modo
,
cioè
maltrattando
in
tal
modo
i
suoi
possibili
elettori
,
fustigandoli
,
rimproverandoli
.
Era
un
uomo
indulgente
con
tutti
,
capiva
come
nessuno
le
debolezze
e
le
colpe
che
nascono
con
la
vita
.
Eppure
diventava
rigido
come
un
angelo
vendicatore
quando
toccava
il
tema
della
moralità
.
Io
gli
dicevo
:
«
Fai
la
politica
come
un
predicatore
»
.
E
lui
rispondeva
:
«
No
,
faccio
la
politica
come
un
poeta
»
.
Un
poeta
che
ride
.
Una
volta
si
trovò
nel
mezzo
di
una
manifestazione
di
ostetriche
che
facevano
anche
lo
sciopero
della
fame
.
Così
ordinò
a
sua
madre
di
portare
alle
ostetriche
un
soccorso
di
uova
sode
.
Sua
madre
giunse
mentre
la
polizia
le
attaccava
.
Così
lui
agguantò
il
cesto
delle
uova
sode
e
con
quelle
,
una
a
una
,
si
mise
a
bombardare
i
rappresentanti
dell
'
ordine
.
Il
capo
della
polizia
lo
riconobbe
.
Lo
affrontò
e
gli
disse
:
«
Onorevole
Panagulis
,
sono
il
colonnello
Tal
dei
Tali
»
.
Alekos
posò
l
'
uovo
sodo
,
gli
si
avvicinò
,
gli
strappò
le
spalline
coi
gradi
,
e
rispose
:
«
Ora
non
lo
è
più
.
L
'
ho
degradato
»
.
Gli
intentarono
un
processo
per
questo
.
Ma
l
'
intero
Parlamento
votò
quasi
all
'
unanimità
perché
il
processo
non
avvenisse
.
Dico
«
quasi
all
'
unanimità
»
perché
ci
fu
un
voto
contrario
:
il
suo
.
E
lui
lo
motivò
dicendo
:
«
Sì
,
l
'
ho
degradato
.
Ma
non
era
mica
legale
.
Farsi
la
legge
da
soli
è
un
dovere
quando
la
legge
non
c
'
è
perché
la
democrazia
non
esiste
.
Ma
ora
la
democrazia
esiste
.
Be
'
...
comunque
esiste
un
Parlamento
»
.
Mi
dicono
(
e
credo
sia
vero
)
che
durante
l
'
episodio
delle
ostetriche
il
presidente
del
Parlamento
gli
chiedesse
esasperato
:
«
Scusi
,
onorevole
.
Ma
cosa
c
'
entra
,
lei
,
con
le
ostetriche
?
»
.
E
Alekos
:
«
Mi
hanno
fatto
nascere
,
signor
presidente
.
E
a
me
piace
tanto
essere
nato
.
Peccato
che
abbiano
fatto
nascere
anche
lei
»
.
Si
divertiva
anche
a
fare
il
deputato
.
Si
divertiva
a
fare
tutto
.
Trasformava
ogni
suo
problema
personale
in
una
burla
da
Ulisse
.
Era
Ulisse
.
La
sua
Itaca
non
esisteva
.
Per
lui
esisteva
soltanto
il
viaggio
.
E
a
interrompere
il
viaggio
,
la
vita
,
può
essere
solo
la
morte
.
Il
concetto
che
esprime
nella
più
bella
delle
sue
poesie
,
Taxidi
.
Quella
che
mi
ha
dedicato
.
Il
concetto
,
anche
,
che
mi
regalò
con
una
frase
che
ho
messo
nel
mio
libro
Lettera
a
un
bambino
mai
nato
.
Quella
che
dice
:
«
Benedetto
colui
che
può
dirsi
:
io
voglio
camminare
,
non
voglio
arrivare
.
Maledetto
colui
che
s
'
impone
:
voglio
arrivare
fin
là
.
Arrivare
è
morire
,
durante
il
cammino
puoi
concederti
solo
fermate
»
.
E
sua
anche
la
frase
che
chiude
il
libro
:
«
Perché
la
vita
non
muore
»
.
Me
la
gridò
una
notte
,
in
questa
stanza
,
arrabbiato
perché
facevo
morire
la
protagonista
del
libro
.
Solo
con
una
persona
non
si
divertì
mai
:
col
ministro
della
Difesa
Averoff
.
Quello
che
ha
dichiarato
stamani
:
«
Io
non
permetto
nemmeno
che
il
mio
nome
venga
citato
nella
storia
dei
documenti
scoperti
dal
signor
Panagulis
»
.
Quello
che
oggi
non
si
è
presentato
in
Parlamento
dove
l
'
intera
seduta
era
dedicata
alla
commemorazione
di
Panagulis
.
Quello
che
dice
:
«
Voglio
quei
documenti
e
li
avrò
»
.
Del
resto
non
fu
Averoff
a
sollecitare
la
sentenza
della
magistratura
che
ne
interrompeva
e
ne
proibiva
la
pubblicazione
?
L
'
inimicizia
,
mi
pare
,
scoppiò
quando
Alekos
scrisse
per
L
'
Europeo
un
articolo
dove
indicava
in
Averoff
l
'
elemento
più
reazionario
dell
'
attuale
governo
e
l
'
uomo
più
legato
alla
Cia
.
Lo
indicava
anche
come
l
'
ideatore
e
il
direttore
del
colpo
di
Stato
andato
a
monte
verso
la
fine
del
1975
.
Averoff
tentò
di
prenderla
sportivamente
.
Cercò
di
farlo
incontrare
e
ammansire
,
si
dice
,
con
la
sua
bella
figliola
.
Una
extraparlamentare
di
lusso
,
ovviamente
di
estrema
sinistra
.
Ma
il
tentativo
non
riuscì
.
Allora
Averoff
attese
d
'
incontrarlo
nei
corridoi
del
Parlamento
.
Gli
andò
incontro
a
braccia
spalancate
,
un
sorriso
mellifluo
sotto
i
baffetti
alla
Charlot
,
e
:
«
Alessandro
carissimo
,
ma
cos
'
è
questa
incomprensione
tra
noi
?
Siamo
due
persone
intelligenti
,
civili
,
quindi
capaci
di
trovare
un
punto
di
intesa
.
Perché
non
discuterne
?
Parliamone
a
cena
»
.
E
Alekos
:
«
Signor
ministro
,
i
problemi
del
popolo
non
si
discutono
a
cena
.
Si
discutono
in
Parlamento
»
.
Incominciò
a
quel
modo
la
lunga
,
spietata
serie
delle
sue
interrogazioni
al
signor
ministro
.
Alekos
le
chiamava
domandine
.
Solo
nei
casi
più
gravi
,
domande
.
E
,
nei
casi
gravissimi
,
superdomande
.
Quasi
a
ogni
telefonata
mi
diceva
:
«
Stamani
il
domandiere
ha
fatto
arrabbiare
di
nuovo
Averoff
»
.
All
'
inizio
Averoff
rispose
con
grande
indulgenza
.
Ma
poi
divenne
sempre
meno
indulgente
.
Diciamo
subito
che
io
non
so
niente
di
quel
che
è
successo
negli
ultimi
giorni
tra
Alekos
e
Averoff
.
Non
ero
ad
Atene
.
Però
mi
è
stato
detto
che
avvenne
una
telefonata
assai
drammatica
,
la
settimana
scorsa
,
tra
i
due
.
Alekos
disse
:
«
Signor
ministro
,
lei
mi
minaccia
.
Io
non
la
minaccio
,
ma
lei
mi
minaccia
»
.
Lo
disse
tre
volte
.
Me
lo
ha
confermato
anche
un
eminente
uomo
politico
spiegandomi
che
ad
Atene
l
'
episodio
è
conosciuto
da
tutti
.
L
'
eminente
uomo
politico
al
quale
alludevo
poco
fa
sostiene
addirittura
che
stare
in
casa
di
Alekos
è
follia
.
Non
dimentichiamo
che
,
quando
Alekos
era
vivo
,
la
porta
è
stata
forzata
più
volte
.
E
più
volte
vi
hanno
lasciato
minacce
scritte
o
stampate
,
anche
in
italiano
,
con
la
firma
Ordine
Nero
.
L
'
eminente
uomo
politico
ha
preso
l
'
iniziativa
di
chiedere
che
sul
marciapiede
sosti
,
giorno
e
notte
,
una
guardia
in
uniforme
.
Affacciati
alla
finestra
.
Guardalo
:
è
quello
lì
,
poveretto
.
Scommetto
che
muore
di
sonno
e
mi
maledice
.
E
poi
perché
questa
sollecitudine
viene
esibita
con
tanto
ritardo
e
per
me
?
Perché
non
imposero
ad
Alekos
d
'
esser
protetto
da
un
poliziotto
sul
marciapiede
,
anzi
da
un
poliziotto
che
lo
seguisse
in
automobile
per
impedire
che
qualche
automobile
tentasse
di
buttarlo
fuori
strada
come
a
Creta
,
come
a
Sugno
?
Lo
sapevano
bene
quanto
fosse
minacciato
.
No
,
no
,
lungi
dal
sembrarmi
follia
,
stare
qui
a
me
sembra
un
dovere
.
Bisogna
pure
che
qualcuno
dimostri
come
in
questa
stanza
resti
accesa
una
luce
anche
ora
.
Magari
,
alzando
lo
sguardo
verso
queste
finestre
,
chi
passa
è
portato
a
pensare
che
Alekos
è
ancora
qui
:
coi
suoi
documenti
.
E
comunque
,
finché
resto
ad
Atene
,
per
i
suoi
funerali
,
mi
sembra
di
aiutarlo
a
ricordare
che
è
vivo
.
Vivo
quanto
quei
documenti
che
non
ha
fatto
in
tempo
a
consegnarmi
in
fotocopia
,
che
non
so
dove
siano
,
ma
che
prima
o
poi
verranno
fuori
.
Vedrai
.
E
allora
anche
in
Parlamento
se
ne
dovrà
parlare
,
e
nessuno
potrà
permettersi
d
'
essere
assente
:
come
ha
fatto
ieri
Averoff
.
A
proposito
:
lo
sai
che
il
lunedì
3
maggio
Alekos
avrebbe
rivolto
un
'
interrogazione
a
Karamanlis
,
per
quei
documenti
?
Era
la
sua
ultima
carta
.
E
,
vedi
caso
,
lo
hanno
ammazzato
proprio
la
notte
tra
venerdì
e
sabato
.
Ti
ripeteranno
fino
alla
nausea
che
fu
un
incidente
.
Te
lo
dimostreranno
con
un
capro
espiatorio
.
Magari
con
un
giovanottello
che
piange
raccontando
d
'
aver
commesso
un
errore
di
guida
ed
esser
colpevole
solo
di
omissione
di
soccorso
.
Succede
sempre
così
.
Ma
non
ci
credere
,
mai
.
Testimoni
hanno
visto
,
e
le
perizie
tecniche
lo
hanno
dimostrato
.
Almeno
un
'
automobile
(
sembra
infatti
che
fossero
due
)
lo
seguiva
e
lo
provocava
,
mentre
lui
scappava
invano
.
Era
un
'
auto
che
andava
più
forte
della
sua
.
Lo
colpì
una
prima
volta
di
dietro
(
è
dimostrato
dalle
perizie
)
,
poi
gli
si
affiancò
sulla
sinistra
e
prese
a
spingerlo
verso
il
margine
della
strada
:
più
volte
.
Lui
si
trovava
nella
corsia
centrale
,
fu
presto
obbligato
a
buttarsi
sulla
corsia
di
destra
.
E
,
da
questa
,
sullo
spiazzato
che
si
stendeva
oltre
il
marciapiede
.
Obbligato
a
spostarsi
o
buttato
?
Diciamo
buttato
.
Alekos
tentò
di
riprendersi
.
Aveva
riflessi
prontissimi
.
Ma
lo
spazio
era
stretto
,
le
luci
della
Texaco
abbagliavano
,
e
certo
non
vide
che
lo
spiazzato
s
'
interrompeva
su
un
vuoto
che
era
la
corsia
d
'
ingresso
a
un
garage
.
Una
corsia
in
discesa
,
ripida
,
e
limitata
dal
muro
contro
cui
si
schiacciò
.
Si
schiacciò
con
tale
violenza
che
la
sua
Primavera
divenne
corta
corta
.
Dicono
che
sia
morto
sul
colpo
.
Lo
spero
.
Io
continuo
a
chiedere
ai
medici
e
agli
esperti
:
se
ne
sarà
accorto
che
non
sarebbe
diventato
mai
vecchio
?
E
loro
mi
rispondono
no
,
non
ne
ha
avuto
il
tempo
,
è
precipitato
e
si
è
schiacciato
nel
giro
di
mezzo
secondo
,
un
terzo
di
secondo
,
è
svenuto
nello
stesso
momento
in
cui
questo
è
avvenuto
.
Lo
spero
.
Il
suo
assassino
,
intanto
,
girava
con
una
svolta
a
U
,
per
tornare
di
nuovo
in
città
.
Ed
erano
le
una
e
52
del
mattino
di
sabato
primo
maggio
festa
dei
lavoratori
.
Lunedì
mattina
Alekos
avrebbe
dovuto
rivolgere
un
'
interrogazione
a
Karamanlis
sulla
faccenda
dei
documenti
.
Per
insultarlo
anche
da
morto
ti
diranno
anche
quale
percentuale
di
alcool
gli
hanno
trovato
nel
sangue
:
omettendo
di
chiarire
,
s
'
intende
,
che
era
una
percentuale
minima
,
ancora
al
di
sotto
di
quella
consentita
dalla
legge
.
Quella
sera
aveva
bevuto
,
insieme
ad
altri
quattro
,
solo
una
bottiglia
di
vino
.
I
quattro
erano
quattro
vecchi
,
amici
suoi
.
Erano
rimasti
insieme
fino
a
mezzanotte
e
mezzo
,
forse
di
più
.
Poi
lui
li
aveva
accompagnati
a
casa
,
uno
a
uno
.
La
tragedia
è
successa
all
'
una
e
52
mentre
tornava
verso
Glifada
:
per
dormire
a
casa
di
sua
madre
.
Quando
temeva
d
'
esser
aggredito
,
preferiva
dormire
laggiù
.
Ho
detto
tornava
perché
il
ristorante
dove
aveva
mangiato
è
a
Glifada
.
Ed
è
lo
stesso
,
all
'
aperto
,
dove
andò
dopo
esser
uscito
dalla
prigione
,
la
prima
volta
che
rientrò
in
un
ristorante
.
Ci
andammo
insieme
.
Scendendo
dal
taxi
diceva
:
«
Sono
molto
felice
,
I
am
very
happy
»
.
Poi
,
quando
entrammo
,
fu
chiaro
quanto
gli
costasse
ogni
piccola
felicità
.
Il
fatto
di
sentirsi
riconosciuto
,
guardato
,
additato
,
come
l
'
attentatore
di
Papadopulos
,
l
'
eroe
del
nostro
tempo
,
lo
riempiva
d
'
imbarazzo
e
di
angoscia
.
Procedeva
confuso
tra
i
tavoli
,
stringendomi
forte
la
mano
,
quasi
vi
si
volesse
aggrappare
.
Una
volta
seduto
,
si
mise
a
fissare
la
tovaglia
.
Ci
misi
tanto
a
fargli
sollevare
lo
sguardo
verso
il
cielo
per
dimostrargli
che
non
era
più
in
prigione
,
e
che
in
cielo
c
'
eran
le
stelle
.
Tu
non
crederai
a
ciò
che
sto
per
raccontarti
,
lo
so
.
Dirai
che
è
teatro
.
Ma
tutto
ciò
che
accadeva
con
lui
,
e
a
lui
,
era
anche
teatro
.
A
un
certo
punto
,
quella
sera
,
cadde
una
stella
.
E
io
feci
a
tempo
a
esprimere
un
desiderio
:
che
vivesse
ancora
un
po
'
.
Quest
'
uomo
scomodo
,
diverso
da
tutti
,
dai
più
accettabile
solo
da
morto
.
Dopo
aver
visto
la
sua
Primavera
ridotta
a
un
mucchio
di
ferri
contorti
,
sono
risalita
in
macchina
e
sono
andata
all
'
obitorio
.
Anche
dinanzi
a
questo
c
'
era
una
gran
folla
.
E
,
tra
la
folla
,
c
'
erano
i
medici
e
gli
avvocati
giunti
dall
'
Italia
per
una
superperizia
.
Per
vederlo
ci
voleva
il
permesso
del
ministro
della
Giustizia
da
cui
dipendeva
l
'
arrivo
di
due
funzionari
di
nonsoché
.
I
due
funzionari
erano
attesi
da
un
'
ora
e
mezzo
.
Ho
chiesto
il
numero
del
signor
ministro
e
sono
andata
a
telefonargli
da
una
cabina
.
Non
sono
stata
gentile
.
Gli
ho
detto
che
sarei
entrata
in
quell
'
obitorio
coi
suoi
funzionari
o
senza
i
suoi
funzionari
.
L
'
interno
dell
'
obitorio
era
una
scatola
bianca
e
illuminata
da
luci
vivide
,
al
neon
.
Da
un
lato
c
'
era
un
cassone
di
metallo
con
nove
sportelli
.
Nel
primo
sportello
in
basso
,
a
sinistra
,
c
'
era
Alessandro
Panagulis
:
hanno
detto
.
Ho
sentito
una
grande
stanchezza
.
Mi
sono
appoggiata
al
muro
.
Mi
ha
scosso
il
lampo
di
un
flash
.
Hanno
fatto
chiudere
la
finestra
,
e
poi
ci
hanno
mostrato
le
fotografie
di
Alekos
dopo
l
'
autopsia
.
Così
ci
avrebbe
fatto
meno
impressione
vederlo
,
si
sono
giustificati
.
Nelle
fotografie
Alekos
era
disteso
sopra
una
tavola
,
nudo
,
come
quando
lo
torturavano
nel
1968
alla
centrale
della
polizia
militare
.
La
sola
differenza
,
suppongo
,
era
che
qui
non
aveva
le
mani
e
i
piedi
legati
.
Molte
fotografie
offrivano
particolari
raccapriccianti
delle
sue
ferite
.
Altre
,
i
suoi
organi
estratti
.
Il
medico
greco
ci
ha
spiegato
che
gli
era
scoppiato
il
cuore
,
che
il
fegato
s
'
era
rotto
in
19
punti
,
che
la
milza
non
esisteva
più
,
che
il
femore
destro
s
'
era
frantumato
in
mille
pezzetti
,
che
il
polmone
destro
era
ridotto
a
uno
straccio
.
E
così
mi
sono
ricordata
di
un
'
altra
sua
poesia
.
Quella
che
dice
:
«
Non
ti
capisco
Dio
/
Dimmi
di
nuovo
/
Mi
chiedi
di
ringraziarti
/
o
di
scusarti
?
»
.
Mi
sono
anche
ricordata
di
com
'
era
quando
rideva
,
e
quando
saltava
,
e
quando
giocava
,
tutto
contento
d
'
essere
nato
.
E
il
giorno
in
cui
l
'
avevo
accompagnato
,
per
la
prima
volta
dopo
anni
di
calvario
,
a
nuotare
,
nel
mare
.
E
il
giorno
in
cui
aveva
giurato
come
deputato
in
Parlamento
e
dallo
scanno
si
era
girato
a
guardarmi
lassù
sulle
tribune
,
frenando
un
sorriso
,
perché
sapevo
che
le
sue
suole
erano
consumate
e
temevo
che
alzandosi
scivolasse
.
Ma
io
mi
sono
pentita
di
esser
lì
e
ho
avuto
tanta
voglia
di
scappare
per
non
vederlo
come
nelle
fotografie
dell
'
autopsia
.
Invece
loro
hanno
aperto
lo
sportello
della
prima
cella
frigorifera
in
basso
a
sinistra
,
e
hanno
tirato
fuori
una
lastra
di
metallo
su
cui
stava
un
fagotto
insanguinato
.
E
hanno
aperto
il
fagotto
e
hanno
scoperto
Alekos
che
dormiva
serio
serio
,
con
un
visino
bianco
bianco
.
Mi
sono
inginocchiata
davanti
a
lui
e
gli
ho
accarezzato
i
capelli
.
Erano
molto
freddi
,
e
ho
ritirato
la
mano
.
Non
posso
dirti
altro
.
O
forse
non
voglio
.
Dovrei
raccontarti
,
altrimenti
,
qual
è
l
'
odore
dell
'
odio
.