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Le gocce d'acqua ( Bobbio Norberto , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Sulla caduta di tensione ideale nella lotta politica in Italia in questi ultimi anni ritengo non si possa non essere d ' accordo con quanto ha detto l ' on. Berlinguer nella nota intervista sulla « Repubblica » del 28 luglio . L ' argomento è stato opportunamente ripreso , fra gli altri , da Antonio Giolitti , il 5 agosto . Ma tanto Berlinguer quanto Giolitti , attribuendo ogni colpa ai partiti , o a certi partiti , sembrano volerne scagionare gli italiani confrontando il voto dato nei referendum con quello delle normali elezioni politiche e amministrative . Per il primo , col voto « libero da ogni condizionamento dei partiti » , che hanno espresso in occasione dei referendum sul divorzio nel 1974 e sull ' aborto nel 1981 , gli italiani avrebbero fornito « l ' immagine di un paese liberissimo e moderno » e avrebbero dato « un voto di progresso » ; il secondo si domanda : « Come mai i governati , di fronte a un referendum , mostrano di volere e sapere scegliere , e non altrettanto di fronte a elezioni in cui competono i partiti ? » L ' argomento non mi convince , almeno per due ragioni : anzitutto , perché nei vari referendum che si sono svolti sinora il risultato è stato la conservazione delle leggi approvate in Parlamento , e quindi dai partiti ; in secondo luogo , specie per quel che riguarda l ' ultima tornata , il voto favorevole alla liberalizzazione dell ' aborto non è stato un voto di progresso ma semplicemente di comodo ( in fondo l ' aborto libero rende meno responsabile la coppia nel rapporto sessuale , specie l ' uomo , e una legge che libera il cittadino da una responsabilità non è mai una legge progressiva ) , per non parlare della schiacciante maggioranza in favore dell ' ergastolo , di cui non mi sento di lodare né la sorprendente modernità né l ' audace spirito progressivo . Se gli italiani siano migliori o peggiori della classe politica che li rappresenta , e li rappresenta perché essi stessi la scelgono , è una domanda cui è difficile dare una risposta . Ma non vedo come si possa scartare del tutto l ' ipotesi che gli uni e l ' altra si assomiglino come due gocce d ' acqua . Dopo più d ' un secolo di democrazia rappresentativa siamo troppo smaliziati per conservare l ' illusione dei primi fautori del sistema parlamentare , che le elezioni dei governanti siano la procedura più adatta per la scelta dei migliori . Anche se non è detto che sempre siano proprio i peggiori a essere scelti . In un regime democratico il potere si misura a voti . Più voti significa più potere . Con questo non voglio dire che bastino i voti , perché il potere dipende anche dal posto che un partito occupa nello schieramento dei partiti e nelle coalizioni di maggioranza , e sino ad ora è indubbio che i partiti alleati della democrazia cristiana hanno avuto un potere superiore alla loro forza elettorale . Ma i voti sono necessari . Ora , se la maggior parte dei partiti vanno a caccia di voti , e li ottengono , e addirittura li aumentano , senza sbandierare la questione morale , anzi facendo finta di niente e parlandone il meno possibile ( e considerando con un certo altezzoso fastidio coloro che ne parlano ) , senza proclamare ai quattro venti i loro ideali ( posto che ne abbiano ) , ma promettendo posti , miglioramenti economici , erogazioni pubbliche per faccende private , e amministrando saggiamente la paura del peggio , è segno che conoscono bene con chi hanno da fare . Del resto , si sa quali sono stati i principi ideali che hanno presieduto sin dall ' origine alla formazione di un partito dei cattolici : la difesa di alcuni valori cristiani minacciati dall ' inarrestabile e forse inevitabile processo di secolarizzazione che accompagna lo sviluppo delle società industriali . Strano , ma le sole due volte che la democrazia cristiana ha difeso con fermezza questi principi ideali , in occasione dei due referendum sul divorzio e sull ' aborto , è rimasta in minoranza . Le uniche due grandi battaglie perdute dal partito dei cattolici sono quelle in cui ha messo in gioco la sua grande forza elettorale in difesa di principi . Quale miglior prova che i principi non rendono ? Ma si può sapere perché non rendono ? In fondo mi pare che anche per il partito comunista si possa fare lo stesso ragionamento . Il grande balzo in avanti è avvenuto nel 1975 e nel 1976 , quando il partito continuava a considerarsi un partito non solo marxista ma anche leninista . Più di un terzo degli italiani erano diventati marxisti e leninisti ? Non vorrei sbagliare , ma mi parrebbe lecito affermare che per la maggior parte di coloro che hanno votato il partito comunista i grandi ideali del marxismo abbiano avuto la stessa forza di attrazione che i principi evangelici per la democrazia cristiana . Si grida agli scandali . Ma gli scandali non sono una prerogativa della classe politica . Abbiamo già dimenticato i casi clamorosi di corruzione nello sport nazionale , il calcio ? E non abbiamo assistito in questa circostanza allo stesso fenomeno di fedeltà al proprio gruppo che fa dire ( ahimè , con orgoglio ) : « Torto o ragione , è la mia patria » ? Torto o ragione , è la mia squadra , torto o ragione , è il mio partito . E che dire degli scandali di cui sono state protagoniste talune istituzioni bancarie , scandali che hanno gettato il discredito su istituzioni che dovrebbero fondare il loro potere e il loro prestigio sulla loro credibilità ? Naturalmente , per l ' onore di una nazione è offesa meno grave , più sopportabile , un calciatore corrotto che un politico corrotto o sospettato di corruzione . Ma la gente ci è abituata . Una vecchia diffidenza per la politica e per chi fa della politica il proprio mestiere , dà per ammesso e scontato che il politico sia più un profittatore che un idealista . Sono riflessioni amare , lo so , che qualcuno potrebbe considerare anche ingiuste . Ma è meglio guardarsi in faccia e vedere la questione da tutti i lati , dall ' alto e dal basso , dal diritto e dal rovescio . Non già che l ' Italia sia un paese , com ' è stato spesso rappresentato , soltanto di cinici o di conformisti . Ci sono grandi energie morali , di cui ci rendiamo conto nella nostra vita di tutti i giorni . Ma nella vita politica stentano a farsi luce . Certo , sarebbe compito di una classe politica degna di questo nome risvegliarle là dove sono assopite , suscitarle là dove si sono spente , aiutarle a esprimersi , a riconoscersi , ad acquistare coscienza della propria funzione non solo nella vita privata ma anche nella pubblica . Fare emergere le nostre virtù anziché blandire i nostri difetti . Ma forse chiediamo troppo . Eppure abbiamo la convinzione profonda che una democrazia può essere uccisa dalla violenza esterna , ma muore anche per interna consunzione .
Mercato politico ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
La recente ristampa delle opere principali di Gaetano Mosca ( Scritti politici , a cura di Giorgio Sola , 2 voll . , Utet , Torino 1982 ) potrà richiamare l ' attenzione del lettore di oggi sulla critica del sistema parlamentare di un secolo fa , di cui Mosca fu uno dei più autorevoli rappresentanti . Dopo aver affermato che le istituzioni politiche debbono essere tali da non porre gli uomini nella condizione di perseguire soltanto il proprio interesse a danno del senso morale , osserva che il sistema parlamentare « è congegnato in modo da riuscire una generale e sistematica contraddizione di questa massima » . Segue il commento : « Tutti in esso , dal più alto al più basso , dal ministro all ' elettore , trovano il loro privato interesse nel tradire quegli interessi pubblici che loro sono affidati . Tutti devono , per farsi avanti e sostenersi , favorire gli aderenti e gli amici a scapito del buon andamento degli affari , della coscienza e della giustizia » . E poco più avanti : « Procedendo così siamo ridotti a tale che ormai , in molti rami della pubblica azienda , non si può più avere a che fare col governo usando dei soli modi onesti e legali , e bisogna fare il camorrista se non si vuol subire un atto di camorra » . E proprio il caso di dire : nulla di nuovo sotto il sole . Non si rendeva conto il giovane Mosca ( quando scrisse quelle pagine aveva venticinque anni ) che il male lamentato ineriva al sistema democratico in quanto tale , più specificamente al sistema della democrazia rappresentativa , ovvero al regime in cui il potere di prendere le decisioni collettive spetta ai rappresentanti del popolo e il diritto di rappresentare il popolo dipende dal beneplacito degli elettori : se la caccia al favore dell ' elettore da parte del deputato era un male , era un male necessario e , chi sa , rispetto ad altri sistemi politici , un male minore . Però l ' amarezza di Mosca e di tutti gli altri critici del sistema parlamentare era perfettamente spiegabile con la delusione che la pratica quotidiana aveva in loro suscitato rispetto alle speranze delle origini . Alla fine del Settecento , uno dei maggiori scrittori politici americani , James Madison , aveva esaltato lo Stato rappresentativo che stava facendo le prime prove negli Stati Uniti , sostenendo che la delega dell ' azione governativa a un piccolo numero di cittadini eletto dagli altri avrebbe dato vita a « un corpo scelto di cittadini , la cui provata saggezza avrebbe potuto meglio discernere l ' interesse effettivo del proprio paese , e il cui patriottismo e la cui sete di giustizia avrebbe reso meno probabile che si sacrificasse il bene del paese a considerazioni particolarissime e transitorie » . Occorre anche aggiungere che i costituenti del tempo non si erano affidati soltanto alla presunta lungimiranza degli elettori : infatti , come si poteva credere sul serio che il cittadino chiamato a scegliere chi avrebbe dovuto decidere per lui non scegliesse la persona o il partito da cui poteva trarre il maggior tornaconto ? Giacché non era possibile che l ' elettore rinunciasse a fare richieste interessate , non vi era altro rimedio che quello di imporre all ' eletto di non tenerne conto . Così fu formulato e fatto valere il principio , passato alla storia col nome di « divieto di mandato imperativo » , secondo cui gli eletti avrebbero dovuto prendere le decisioni di cui erano investiti nel solo interesse della nazione in generale , ad onta delle richieste particolaristiche e campanilistiche ( oggi si direbbe corporative e clientelari ) di coloro che li avevano mandati col loro voto in Parlamento . Nella Costituzione francese del 1791 fu introdotto il seguente articolo : « I rappresentanti nominati nei dipartimenti non saranno rappresentanti di un dipartimento particolare , ma dell ' intera nazione , e non potrà essere dato loro alcun mandato » . Con l ' introduzione e l ' applicazione di questa regola generale ( una delle vere e proprie regole del gioco della democrazia rappresentativa ) si voleva che la rappresentanza parlamentare non riproducesse più gl ' inconvenienti della tradizionale rappresentanza corporativa , in base alla quale chi riceve la delega a rappresentare la propria corporazione deve fare esclusivamente gl ' interessi di questa , e s ' imponeva un vincolo formale alla naturale tendenza dell ' eletto ad accaparrarsi i favori di coloro da cui dipende la sua elezione , cui corrisponde la tendenza altrettanto naturale dell ' elettore a scegliere il candidato più disposto a proteggerlo . Da allora , il principio è diventato un elemento fondamentale della democrazia rappresentativa . Per restare in casa nostra lo Statuto albertino stabiliva che : i deputati rappresentano la nazione in generale e non le sole province in cui furono eletti , Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori » ( art. 41 ) ; la Costituzione repubblicana ripete : « Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato » ( art. 67 ) . Mai divieto è stato più trasgredito . Non si capisce neppure come avrebbe potuto essere rispettato , anzitutto perché l ' interesse nazionale ciascuno l ' interpreta a suo modo e ogni partito crede , magari anche in buona fede , che l ' interesse del partito coincida con l ' interesse della nazione , e poi perché nella gara elettorale viene premiato in genere il rappresentante o il partito che si è preoccupato non tanto dell ' interesse nazionale quanto di quello dei propri clienti . Il divieto di mandato imperativo è una regola senza sanzione . Anzi , l ' unica sanzione temibile per il rappresentante o il partito è quella che viene dalla trasgressione della regola opposta , dalla regola cioè che impone , o per lo meno consiglia , di soddisfare il più possibile le richieste dei propri elettori . Elettori ed eletti sono legati a filo doppio . Il loro rapporto è un rapporto di « do ut des » , un vero e proprio rapporto di scambio , in cui l ' uno col proprio voto attribuisce all ' altro un potere da cui si aspetta un beneficio e l ' altro dispensa un beneficio da cui si aspetta il consenso . Forzando , ma non troppo , l ' analogia tra lo scambio politico e lo scambio economico , si può dire che l ' elettore è un produttore e l ' eletto un consumatore di potere , e inversamente l ' elettore è un produttore e l ' eletto un consumatore di consenso . L ' idea , del resto non nuova , che la democrazia possa essere paragonata a un grande e libero mercato la cui merce principale è il voto non è esaltante . Ma è da tener sempre presente per capire il comportamento degli uomini politici specie nell ' imminenza di elezioni . Come il mercato economico , anche il mercato politico sfugge a ogni controllo che si voglia imporre dall ' alto e anche da questo punto di vista l ' analogia regge alla prova dei fatti .
Quel voto di scambio ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
L ' analogia tra mercato economico e mercato politico deve essere però presa con una certa cautela . L ' analogia è fondata sulla considerazione che tra l ' elettore e l ' eletto si può configurare un rapporto di « do ut des » , come quello che avviene nel mercato tra compratore e venditore . Ciò che l ' elettore dà al partito o alla persona cui concede il proprio voto è il bene politico per eccellenza , il potere , ovvero la capacità di ottenere effetti desiderati . Ciò che egli si aspetta in cambio è che il potere così conferito venga esercitato a suo vantaggio . Ma a differenza di quel che avviene nel mercato , l ' elettore non conosce in anticipo l ' effetto della sua scelta , perché il maggiore o minor potere del partito o del candidato cui ha dato il voto dipende anche dal maggiore o minore numero di voti che essi riceveranno da altri elettori sui quali egli non esercita di solito alcuna influenza . In un sistema maggioritario , in cui dei due candidati in lizza l ' uno vince e l ' altro perde , chi vota per il candidato perdente ha scambiato il proprio voto , il bene che egli possiede come cittadino che gode dei diritti politici , con una speranza che non si è realizzata . Ma anche in un sistema proporzionale dove ogni voto va a segno , il maggiore o minore effetto del mio voto come datore di consenso dipende da come votano gli altri , cioè da una circostanza di cui ogni elettore non può avere che una vaga conoscenza . Anche nel caso in cui il voto contribuisca a dare potere a un partito o a un candidato , non è detto che il potere da questi ricevuto sia tanto grande da consentire l ' esaudimento delle domande poste dall ' elettore . Superfluo sottolineare la diversa capacità di rispondere alle domande degli elettori , rispettivamente , di un partito di governo e di un partito di opposizione . Votando , l ' elettore non sa con esattezza in anticipo se il partito o il candidato che egli vota farà parte del governo o dell ' opposizione . Vota anche in questo caso a suo rischio e pericolo , offrendo l ' unico bene che ha nell ' arena politica , ancora una volta , per scambiarlo con un bene soltanto sperato . Il rapporto che si viene instaurando fra l ' elettore e l ' eletto è simile a quello di un contratto aleatorio , in cui a una prestazione certa da una parte corrisponde una prestazione incerta dall ' altra , come avviene in una lotteria . ( La miglior prova che le elezioni vengono percepite come una sorta di lotteria , sta nell ' intensa curiosità con cui nei giorni successivi al voto sono seguite le operazioni di spoglio delle schede ) . L ' altra ragione per cui l ' analogia del mercato politico non può essere presa alla lettera sta nella varietà e complessità delle motivazioni di voto . Il rapporto tra elettore ed eletto si può assimilare a un rapporto di scambio , paragonabile a quelli che avvengono nel mercato , solo nel caso del cosiddetto voto clientelare , nel caso cioè in cui tra elettore ed eletto sia avvenuta un ' intesa personale come quella che passa tra patrono e cliente , e il primo abbia concordato col secondo , se pure sempre con un margine di rischio , un beneficio specifico , come l ' assegnazione di una pensione , di una casa o di un posto . Che poi il cliente sia , anziché un singolo individuo , un gruppo d ' interesse che ottiene un favore economico in cambio di un appoggio politico , la cosa non cambia . Ma non tutti i voti sono clientelari . Gli studiosi di politica ( mi riferisco in particolare a Gianfranco Pasquino ) prendono in considerazione , accanto al voto di scambio , il voto di appartenenza , che è il voto di chi si è identificato talmente in un determinato partito da dare ad esso il proprio appoggio indipendentemente dalle decisioni politiche che esso prenderà e da quelle che impedirà , e quindi dall ' esigenza di soddisfare interessi individuali e specifici ; e il voto di opinione , che è il voto dato a un partito per una certa consonanza o concordanza nelle vedute generali , nel programma globale di conservazione o di riforma , senza un particolare riguardo ai propri interessi immediati . Di queste ultime due motivazioni di voto quella che si contrappone maggiormente alla motivazione derivata dall ' interesse personale , è la motivazione che sottostà al voto di opinione . Il voto di appartenenza è per certi aspetti un voto di opinione ( « le idee del partito sono le mie idee » ) , sotto altri un voto di scambio ( « gl ' interessi del partito sono i miei stessi interessi » ) . Ma entrambi irrigiditi : infatti , fra tutte le specie di voto è quello più stabile . Chi vota comunista per solidarietà di gruppo continua a votare pci quale che sia la linea politica seguita dai dirigenti ( fronte popolare , compromesso storico , alternativa democratica ) . Chi vota democristiano perché è cattolico , perché ritiene , a torto o a ragione , che la democrazia cristiana difenda gl ' interessi e i principi dei cattolici , continua a concederle la propria fiducia a onta degli scandali e senza tenere il minimo conto della pratica quotidiana di governo . Se si vuol capire perché nelle analisi degli osservatori torni sempre più insistentemente l ' immagine del mercato politico , nonostante la varietà delle motivazioni di voto , bisogna prender coscienza del fatto che nelle democrazie più consolidate , dove la ripetizione delle elezioni rende sempre più stretto il rapporto fra elettori ed eletti , si manifesta una chiara tendenza alla diminuzione del voto di opinione e all ' aumento del voto di scambio . Il voto di opinione sopravvive con maggiore intensità nei piccoli partiti che hanno minore capacità di soddisfare interessi particolari . Occorre se mai fare attenzione all ' aumento delle astensioni e delle schede bianche : entrambi gli atteggiamenti esprimono una vera e propria opinione . Tanto che qualcuno ha potuto affermare che mentre i partiti raccolgono sempre più voti di scambio , il voto di opinione si rifugia paradossalmente in coloro che non vanno a votare o non votano nessuno dei partiti in gara . Queste osservazioni , e altre che si potrebbero fare sulla « democrazia reale » , non sono irriverenti . Sono semplicemente realistiche . Servono a farci capire che in crisi non è la democrazia ma una sua falsa immagine .
Il senso della sfida ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Da tre giorni l ' impresa dell ' « Apollo 13 » , che al suo inizio non aveva suscitato né interesse né scalpore , tiene col fiato sospeso tutta l ' umanità che dispone di servizi d ' informazione sufficienti . L ' impresa è fallita e gli astronauti sono in pericolo . Il lato umano della vicenda per ora prevale , nell ' atmosfera di suspense che si è creata . Tre uomini eccezionali per la loro struttura psicofisica , la loro preparazione tecnica e il loro coraggio , devono sfruttare al massimo le loro risorse e la loro vita rimane attaccata ad un filo . Tutti sperano che se la caveranno e tutti faranno il possibile per aiutarli ; ma nessuno riesce ad essere troppo ottimista . Ma comunque vadano le cose , il fallimento dell ' impresa contiene una lezione solenne . È facile prevedere che esso rinfocolerà le polemiche sull ' opportunità stessa dei voli spaziali : sulla saggezza di una scelta che destina a tali voli somme enormi di ricchezza , di energie umane e di sacrifici , somme che potrebbero essere più utilmente , o almeno con vantaggi più evidenti e immediati , destinate ad alleviare le miserie , le disuguaglianze e le conseguenti tensioni che ancora regnano in tutte le parti del mondo , anche nelle più fortunate . I vantaggi immediati ricavati dai viaggi spaziali sono finora minimi : a prescindere dalla somma di conoscenze nuove ( ma ancora non decisive ) che essi hanno apportato , si riducono a perfezionamenti tecnici che , scoperti o messi a prova per la prima volta in occasione di quei viaggi , possono essere utilizzati in campi diversi . Il problema dunque permane . E non c ' è dubbio che la soluzione negativa di questo problema , fondata com ' è su un argomento d ' immediata evidenza , vedrà crescere il numero dei suoi sostenitori . Tuttavia ci si accorgerà subito che , se essa viene sufficientemente generalizzata , prova troppo , come dicevano gli antichi logici . L ' umanità ha sempre sofferto di miserie , ingiustizie e disuguaglianze . Se tutte le sue risorse fossero state destinate al soddisfacimento dei suoi bisogni immediati e non anche , in parte , all ' arricchimento delle sue conoscenze , avrebbe rinunciato agli strumenti più efficaci per fronteggiare i suoi mali ; anzi , forse , non sarebbe giunta neppure a conoscere l ' estensione , la portata , e la causa dei suoi mali . Non ne avrebbe avuti i mezzi né l ' opportunità , le sarebbero sfuggiti i dati indispensabili per la loro diagnosi e la loro prognosi . E , sempre in quell ' ipotesi , che cosa dire della somma di ricchezze e di energie che , in tutte le civiltà passate e presenti , sono state e sono impiegate per l ' arte e il divertimento : templi , edifici grandiosi , tombe monumentali , opere d ' arte di tutte le specie , giochi spettacolari , mantenimento di caste sacerdotali o privilegiate per la natura del compito loro affidato , sono il frutto dell ' impiego di una parte delle sempre limitate risorse di cui l ' umanità è stata fornita per scopi che non erano quelli dei bisogni immediati . Certo , non sappiamo se e quando le conoscenze acquisite con le imprese spaziali si trasformeranno in denaro contante , in benefici o vantaggi per l ' umanità tutta . Ma la storia della scienza è ricca d ' insegnamenti a questo proposito . Scoperte o invenzioni ritenute inutili , inconcludenti o troppo « astratte » per servire a un qualsiasi scopo pratico , si sono rivelate feconde di risultati concreti e utilizzabili nei più disparati campi per la salute o il benessere dell ' uomo . E così la missione dell ' « Apollo 13 » è fallita ; e questo fallimento è la lezione principale da mandare a memoria . Ad eccezione dei tre astronauti che , in virtù dell ' addestramento ricevuto , hanno conservato una calma esemplare e , forse , dei dirigenti dell ' impresa che li guidano da terra , questo fallimento ha colpito il resto del genere umano come un fulmine a ciel sereno , come un evento straordinario e fatale . Tutti davano per scontata la perfezione degli ordigni , l ' efficienza infallibile dell ' organizzazione , l ' assenza di imprevisti rischiosi . Una volta raggiunto un successo , che può anche essere un colpo di fortuna , l ' uomo tende a credere di aver avuto partita vinta e che il successo continuerà , ed è portato ad imprecare e a sentirsi offeso dalla sorte e a perdere ogni coraggio appena si accorge che le cose non stanno così , che il rischio permane tutt ' ora . In particolare , per quanto riguarda il dominio delle forze naturali , gli uomini sono portati a credere oggi che la scienza sia pressoché onnipotente , che il dominio da essa stabilito sulla natura sia totale e definitivo e che la natura sia diventata docile ai suoi comandi come uno spirito folletto agli incantesimi di uno stregone . Purtroppo le cose non stanno così e , per quel che è dato sapere , non saranno mai così . Una quota ineliminabile di rischio rimane nelle imprese della scienza come nelle più banali azioni quotidiane dell ' uomo . Può comportare un rischio entrare in una vasca da bagno , manovrare un aggeggio domestico o uscir di casa la mattina . E anzi , quanto più complessi , meticolosi e raffinati sono i congegni che l ' uomo riesce a creare , tanto più son delicati e soggetti a guasti imprevisti . Un granello di sabbia non dà nessun fastidio a una macchina semplice ma può bloccare un calcolatore elettronico . La dipendenza dell ' uomo dalla natura non è ridotta a zero dagli strumenti di cui egli si serve per dominarla , ma è elevata a potenza in proporzione della complessità delle macchine . E lo stesso vale per ogni tipo o forma di organizzazione , di istituzione , di struttura umana o sociale . A misura che queste organizzazioni e strutture diventano più complesse e ordinate , quindi più efficienti rispetto agli scopi che si propongono , la loro fragilità aumenta e si accrescono i rischi che incombono sul loro funzionamento . Istituzioni secolari possono esser messe in crisi dal granello di sabbia di un problema non risolto , di un dissenso interno e di un mutamento di circostanze . Siamo tutti portati a credere , con ingenuità quasi infantile , che la potenzialità scientifica , tecnica ed economica della nostra società sia destinata a raggiungere punte sempre più alte , che il progresso verso la libertà non possa arrestarsi , che la vita dell ' uomo sarà in tutti i sensi meglio garantita , nel futuro , dalla forza intrinseca e impersonale degli organismi collettivi , a prescindere dalla buona o cattiva volontà di coloro che vi prendono parte . Ma questi organismi diventano tanto più fragili quanto più si perfezionano e la loro vita può essere messa in pericolo , ad ogni istante , dalla mancanza di impegno , di vigilanza e di controllo . Oggi più che mai l ' uomo deve sottrarsi alla morsa dell ' alternativa tra l ' esaltazione entusiastica e la disperazione angosciata . Dove considerare ogni successo una conquista che richiede ancora lavoro e sacrifici per essere conservata e potenziata e ogni insuccesso come un rischio inevitabile che non deve distoglierlo dal lavoro e dalla ricerca ulteriore . Forse tra alcune ore , come tutti speriamo , i tre uomini dello spazio saranno di nuovo sulla Terra , trionfatori nell ' insuccesso . Ma l ' insuccesso rimane con la sua perdita enorme di denaro , di lavoro e di energie . E l ' importante è che la lezione salutare che esso ci ha inflitta non vada dimenticata e sia messa a partito da tutti quelli che possono e debbono intenderla .
L'intelligenza contro il caos ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Quando la capsula dell ' « Apollo 13 » si è dolcemente posata sulle acque del Pacifico , una nuova fiducia è spuntata nel cuore degli uomini , come uno splendido fiore in una steppa desolata . Un mondo tormentato da problemi e inquietudini di ogni genere , dilaniato da conflitti sociali , razziali , ideologici , da catastrofi e guerre , minacciato nelle sue stesse condizioni naturali di sopravvivenza , ha avuto un attimo di sollievo perché gli è balenata dinanzi una prospettiva favorevole . Forse domani dimenticherà tutto questo , ricadrà nella tensione angosciata che lo caratterizza e tornerà alle sue preoccupazioni e alle sue lotte quotidiane . Ma , forse , quell ' esile fiore non sarà germogliato invano nella sua breve stagione : durerà nel ricordo dei molti o dei pochi che ne avranno tratto un insegnamento . Una vittoria dell ' uomo e della solidarietà umana : così viene quasi universalmente definito il felice ritorno degli uomini dell ' « Apollo 13 » . Ma l ' uomo deve ogni giorno registrare sconfitte dolorose ; e una sconfitta è , nel suo complesso , la spedizione dell ' « Apollo 13 » . La solidarietà umana , proclamata a gran voce da filosofi , teologi e uomini di tutte le parti , si riduce spesso a una etichetta ideologica , a un pretesto polemico che rimane inoperante nella maggior parte dei casi . La conclusione umanamente felice dell ' impresa spaziale è , vista a mente fredda , solo una mezza vittoria , la vittoria su di un insuccesso . Eppure questa mezza vittoria rende più fiduciosi di quanto avrebbe fatto una vittoria completa . Forse perché tre uomini , tre « eroi » , si sono salvati ? Molti uomini muoiono ogni giorno o uccisi dalle guerre o per disgrazia o per mostrare la loro bravura , come gli scalatori di vette . Chiamare « eroi » gli astronauti è vieta retorica : l ' eroe è un essere mitico , sovrumano , dietro il quale gli antichi ponevano sempre una divinità benevola , pronta a sconfiggere i tranelli della divinità ostile . I tre astronauti sono uomini come gli altri , solo disciplinati e addestrati in modo speciale e messi in grado di superare l ' urto delle emozioni , vive in loro come nel resto del genere umano . Si è trattato di uno « spettacolo » appassionante ? Ma , quando si è annunziata , l ' impresa lunare aveva già cessato di esser « spettacolo » ; era apparsa un esercizio di routine , come il sèguito di uno scavo archeologico o di un esperimento di laboratorio ; e l ' essere ridiventato spettacolo non è certo dovuto a una curiosità malsana per la tragedia . Se un lume di speranza , un germe di rinnovata fiducia nelle sorti future , è nato tra gli uomini con il ritorno degli astronauti , è perché questo ritorno è stato una vittoria dell ' intelligenza umana . Di un ' intelligenza che non si consuma nella testa o nell ' opera di un individuo isolato , sia pure geniale , ma che registra e prevede , disciplina , organizza e fa continuamente leva sul noto per affrontare l ' ignoto . Di un ' intelligenza che è continuamente in lotta con il caso o con l ' imprevisto e sa affrontare questa lotta con strumenti adeguati . Di una intelligenza che non è certo superumana od onnipotente , perché può sbagliare e sbaglia ; ma proprio perciò è fatta di lunghe ricerche , di lavoro paziente , di ordine razionale e di disciplina . È quest ' intelligenza che ha riportato gli astronauti sulla Terra in condizioni che apparivano disperate . È quest ' intelligenza che ha creato le macchine , l ' enorme numero di aggeggi indispensabili per il loro funzionamento , che ha insegnato a utilizzare l ' energia che le anima , che ha preso corpo negli elaboratori elettronici capaci di calcoli istantanei , e nei « simulatori » che , a terra , hanno consentito di riprodurre le condizioni in cui gli astronauti si trovavano e di raccogliere i dati indispensabili per guidarli nella manovra . La stessa intelligenza ha presieduto a quell ' enorme apparato di energie umane , intellettuali e fisiche , che ha guidato gli astronauti nel loro viaggio e alla loro salvezza . Il grosso pubblico conosce appena il nome di qualche inventore od organizzatore che ha avuto una parte cospicua in questo o quell ' aspetto dell ' impresa : ma anche l ' opera di costoro non avrebbe dato frutto fuori dall ' organizzazione di cui fa parte . E tuttavia questa organizzazione non è una cosa anonima , non obbedisce a un istinto proprio , non funziona come un sistema impersonale , ma è il risultato di un ' armonia di sforzi , rivolti in direzioni multiple e tuttavia convergenti in un unico disegno comune . E , infine , la stessa intelligenza ha guidato gli astronauti nei loro compiti imprevisti , ha frenato il loro panico e le loro emozioni , e li ha impegnati all ' impiego di tutte le energie disponibili . La solidarietà che li ha accompagnati nel mondo è stata quindi mobilitata dal fatto che la loro straordinaria avventura era un esperimento cruciale , una messa a prova decisiva , delle possibilità che l ' intelligenza umana , pur nei suoi limiti , può offrire all ' uomo nel futuro . Nessuno si è preoccupato che fossero in ballo la Scienza e la Tecnica , la politica delle superpotenze o il prestigio di una di esse : queste preoccupazioni avrebbero scisso e disperso l ' attenzione appassionata degli uomini . Si trattava solo di vedere se l ' ingegno umano fosse in grado di superare una prova difficile , se ancora si potesse fare su di esso qualche affidamento per la sorte comune . Ebbene , la prova è stata superata e l ' umanità respira di sollievo . Che i voli spaziali continuino o no , che le ricerche scientifiche o tecniche si concentrino in questo campo o in altri , non è la cosa più importante . La cosa che importa veramente è che l ' intelligenza umana sia uscita vincitrice da una prova che era quasi al limite delle sue forze ; che la fiducia negli strumenti e negli uomini , che essa riesce a forgiare , non sia andata delusa . Si è rafforzata la speranza che un ' intelligenza capace di tanto possa anche , un giorno o l ' altro , sconfiggere l ' ignoranza e il pregiudizio , l ' odio e il cieco egoismo , la violenza brutale e il calcolo meschino o sbagliato , l ' ingiustizia e la lotta fratricida ; che possa convincere l ' uomo a non distruggere sconsideratamente le risorse ambientali di cui vive e addestrarlo , se non ad una fraternità beatifica , ad una collaborazione rispettosa e feconda . Che una tale speranza si sia affacciata , sia pure in modo più o meno consapevole , nel cuore di tante persone che , in essa e per essa , si sono sentite solidali , è già un fatto positivo . Ma una speranza non basta e una rinata fiducia non deve degradare in un ' attesa passiva . L ' intelligenza autentica che , pur con le sue deboli forze e con i suoi interventi saltuari , ha reso possibile all ' uomo di sopravvivere su questa Terra , non deve sprecarsi nella ricerca di escogitazioni brillanti , ma ineffettuali , di paradossi volutamente urtanti , di utopie semplificatrici ; né deve degradarsi a giustificare post factum gli errori degli uomini , le manifestazioni caotiche dei loro istinti e delle loro emozioni o le loro ridicole pretese sataniche . Deve impegnarsi in tutti i campi , dall ' economia alla politica , dall ' arte alla scienza , dal più modesto artigianato alla più astratta speculazione , in progetti concreti , in realizzazioni effettive , che saranno rese possibili solo da una collaborazione aperta a tutti e da una competizione priva di invidia .
INCOGNITE DEL '71 ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Il 1970 termina in un clima politico di incertezza e di disorientamento non minore del 1969 , di quel triste dicembre che era stato funestato dagli oscuri morti di piazza Fontana e dall ' improvviso e cupo ritorno della violenza . Questa volta il bilancio delle vittime è molto meno grave : la dolorosa morte del giovane Saltarelli non potrebbe essere paragonata alla misteriosa strage della banca dell ' Agricoltura . Ma c ' è un senso di amarezza e di insicurezza nell ' aria , diffuso un po ' dovunque , che mette a nudo tutti i terribili e insoluti problemi nazionali ; il fossato fra la classe politica e il paese , già delineatosi nel '68 e accentuatosi nel '69 , si è ulteriormente approfondito ; l ' indifferenza di tanta parte della pubblica opinione verso le vicende governativo - parlamentari di Roma rasenta il sarcasmo o il cinismo , fino ad investire lo stesso prestigio delle istituzioni . Allora , un anno fa , di fronte alle bombe di piazza Fontana - esplosione di quella violenza selvaggia che accomunava le estreme extraparlamentari e quasi sembrava riassumere la degenerazione dei miti contestativi - ci fu un largo movimento popolare di ritorno alla democrazia , di rinnovata fiducia nella legalità , di ansia , comune anche a larghi settori della classe operaia , di una Repubblica capace di difendere l ' ordine , di imporre la maestà della legge scaturita dalla guerra e dalla liberazione . Il negoziato di Rumor per riformare l ' intesa a quattro cominciò dal gennaio , in un clima che era pieno di difficoltà ma anche di speranze ; il tentativo , così sottile e abile , di un uomo come Moro fallì solo per l ' intransigenza vaticana sul divorzio ( un ' intransigenza non ancora sopita ) . Certo si constatarono profonde divergenze fra i partiti ; ma un minimo di « lealtà repubblicana » si impose su tutti i motivi di divergenza o di contrapposizione , e su quel terreno si affrontò la riforma , rischiosa ma ormai inevitabile , delle regioni , ci si avvicinò a quelle elezioni locali del 7 giugno , che furono felicemente superate , con un risultato complessivo incoraggiante per la democrazia . Ma dopo ? Dal momento in cui la tensione del dicembre '69 , una tensione che aveva toccato brividi di guerra civile , apparve scaricata o almeno fortemente attenuata , tutto sembrò nuovamente in discussione o in pericolo . Dopo il 7 giugno del '70 si ripartì da zero . Il governo Rumor fu messo in crisi dal moto centrifugo dei partiti , estrema conseguenza della scissione socialista e della scissione , inconfessata , nella democrazia cristiana ; i compromessi del preambolo Forlani , pur realistici e accettabili , dettero luogo a infiniti equivoci ; il dissenso circa le giunte locali si aggravò ; sulla delimitazione della maggioranza le antitesi apparvero incolmabili ; l ' ombra del divorzio si fece sentire , e fu forse decisiva per le stesse repentine dimissioni del presidente Rumor . La legislatura , salvata miracolosamente nella primavera , sembrò nuovamente in agonia . Fra luglio e agosto , si ebbe una crisi profonda , una crisi che non risparmiò nulla e nessuno . La formula del quadripartito di emergenza , del quadripartito di restaurazione economica e finanziaria , incarnata da Colombo , apparve a tutti gli uomini di buona volontà come l ' unica atta ad evitare lo scioglimento delle Camere . Il governo Colombo iniziò la sua opera con senso congiunto di alacrità e di responsabilità . Si orientò ad affrontare come prioritaria la situazione economica , che era allora gravissima ( ma oggi non lo è meno ) ; impostò , con una visione globale dei problemi , la tematica del decretone . L ' improvvisa ventata ostruzionista annullò in gran parte il vantaggio del rimedio , la celerità : in pochi mesi i problemi che il decretone doveva avviare a soluzione , a cominciare dalle mutue , si aggravarono anziché attenuarsi . L ' ondata degli scioperi , che era stata contenuta dai primi positivi incontri fra governo e sindacati , riprese con un ritmo non meno convulso e assai più ingiustificato dei tempi aspri dell ' autunno caldo . Si consolidò l ' abitudine , veramente insensata , delle agitazioni per le cosiddette riforme ( nel '69 ci si batteva , ed era tutt ' altro discorso , per l ' aumento delle retribuzioni , per l ' adeguamento dei livelli operai ) . La spirale della confusione e della stanchezza ha ripreso come nel dicembre '69 e senza più neppure le forze di reazione o di riscossa che nel '69 erano emerse dal campo democratico e socialista . Quasi tutti i vantaggi dell ' ultimo anno sono apparsi illusori ; solo la linea di stabilizzazione monetaria , indubbia benemerenza del governo Colombo , ha evitato che i progressi dell ' autunno caldo fossero vanificati dal moto inflazionistico . Ma se la situazione della moneta è buona , non lo è altrettanto quella della produzione : il ritmo degli investimenti è stagnante , in molte aziende le assenze recano maggiori danni degli scioperi duri di un anno fa , una nuova fiammata di spontaneismo anarco - maoista paralizza o contraddice anche le migliori intenzioni del sindacalismo organizzato . Diventa sempre più difficile reggere alla concorrenza straniera , tenere il passo con l ' Europa . E il rischio , il rischio più grave , incombe su quelli che nel brutto linguaggio di oggi si chiamano i livelli occupazionali , l ' occupazione cioè di mano d ' opera , minacciata dai dissesti e dalle difficoltà sempre maggiori , quasi angosciose , in cui versa la media e piccola industria . Il coraggioso appello di La Malfa per un riesame globale della condotta economica e finanziaria del governo , in occasione della pubblicazione ormai non lontana del Libro bianco , porterà certamente , fra gennaio e febbraio , a quel « chiarimento » che il decretone non è riuscito a raggiungere . Ma i problemi politici e psicologici di fondo non si risolvono neppure col Libro bianco . Occorre che il paese riacquisti fiducia nella sua classe politica ; ma occorre soprattutto che la classe politica riacquisti fiducia in se stessa , riguadagni quella credibilità che è ormai compromessa dalle spietate lotte per il potere , a cominciare dalla gara per il Quirinale . Il quadripartito non ha alternative , almeno in questa legislatura . Tutti i suoi componenti debbono compiere qualche sacrificio : dal comune di Milano fino al governo di Roma . Ma il continuo richiamo verbalista e retorico agli « equilibri più avanzati » , caro a taluni socialisti del Psi , è destinato soltanto a dissolvere gli equilibri attuali - giunti ormai ad un punto di logoramento oltre il quale non si può andare - senza favorire la formazione di nessuna nuova alleanza capace di reggere . Né a Milano né a Roma , c ' è spazio per il bipartito : il bipartito oggi si identificherebbe con l ' apertura al Pci ( e proprio dopo i fatti di Polonia e la sentenza di Leningrado ! ) . È nelle peggiori condizioni di equivoco e di reticenza reciproche : condizioni negative , in primo luogo , per il Psi . A proposito di socialisti . L ' inconcludenza paralizzante degli « equilibri più avanzati » ci fa tornare in mente una formula di Enrico Ferri , i bei tempi dell ' integralismo , verso il 1906 : « Riforme più rivoluzione diviso due » . Che era tutto e nulla . Il peggior nemico del socialismo italiano fu e rimane il massimalismo : l ' ossequio cioè alle formule intransigenti unito ad una duplicità insuperabile sul piano dell ' azione . Auguriamoci tutti che non si debba riparlare una seconda volta , - come fece un socialista galantuomo dopo il '45 - di espiazione massimalista .
La terza faccia della luna ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
È probabile che la spedizione lunare dell ' Apollo 15 , che prenderà l ' avvio nelle prossime ore , non susciti l ' ondata di entusiasmo e di attenzione spasmodica che accompagnò la prima discesa degli uomini sulla Luna . Già l ' impresa dell ' Apollo 13 era cominciata nell ' indifferenza generale ; e la stessa indifferenza ha accompagnato ( tranne forse che in Russia ) la prolungata passeggiata spaziale della Soyuz 11 . Ma il rischio mortale cui il fallimento dell ' Apollo 13 fece andare incontro gli astronauti e la morte degli esploratori spaziali russi , che pure avevano portato a compimento la loro missione , ridestarono l ' attenzione del mondo ; e questa tragica conclusione ha suscitato il cordoglio unanime di coloro ai quali stanno ancora a cuore le doti umane che più rifulgono in queste imprese : l ' intelligenza e il coraggio . Certo è che sarebbe meglio smettere di considerare imprese del genere come semplici spettacoli di avventure che appassionano più o meno a seconda del grado di pericolo e di imprevedibilità che comportano . Esse infatti non hanno più nulla di straordinario o di inaudito : sulla Luna gli uomini hanno già posto piede ; certamente vi torneranno ancora con mezzi più potenti e forse spingeranno più in là le loro esplorazioni . E il rischio , per quanto le macchine siano perfette e gli uomini eccezionali , non sarà mai eliminato : perché , se è sempre presente nel naturale ambiente terrestre , non può esser certo annullato al di fuori di questo ambiente . Non è il caso di rispolverare i temi di polemica politica cui fornirono occasioni le precedenti spedizioni americane : che si trattasse di una gara di potenza e di prestigio con l ' Unione Sovietica ; di uno spreco di risorse che avrebbero dovuto esser meglio destinate a urgenti esigenze di giustizia sociale ; di una manifestazione di forza della tecnocrazia capitalistica . Pochi ormai mettono in dubbio il valore scientifico di tali spedizioni , quindi i vantaggi che indirettamente o direttamente possono portare alla vita dell ' uomo . E la collaborazione fra gli Stati che sono in grado di effettuarle , che ora si prospetta come possibile , anzi probabile ( essendo di comune interesse ) , sottrae le imprese spaziali ad ogni imputazione ideologica , perché tali Stati sono retti da regimi completamente diversi . D ' altronde , se è vero che al programma di ricerche e sviluppo scientifico viene destinato , negli Stati Uniti e nell ' Unione Sovietica , il 3 per cento del prodotto nazionale lordo , può ben darsi che una quota assai maggiore di tale prodotto risulterebbe destinata , a conti fatti , ai divertimenti futili o dannosi , alla prostituzione , all ' alcool , alla droga , al gioco d ' azzardo e ad altre attività che possono vantare benemerenze solo nei confronti di quelli che le sfruttano per loro profitto . Nella distribuzione delle risorse di cui dispongono , non sempre i governanti dei vari paesi del mondo dimostrano molta saggezza ; ma molto meno ne dimostrerebbero se lesinassero tali risorse , proprio nei paesi in cui abbondano , allo sviluppo della scienza e della tecnologia , dal quale dipende in buona parte l ' avvenire del genere umano . E proprio dal punto di vista di tale sviluppo va considerata l ' impresa dell ' Apollo 15 . Essa è annunciata come la prima vera e propria spedizione scientifica sulla Luna . I tre uomini che la conducono hanno avuto un ' educazione scientifica di prim ' ordine , perciò dispongono di una competenza specifica che i precedenti astronauti non avevano . Il veicolo lunare , che sbarcherà in uno dei punti più difficili della superficie del satellite , è un raffinatissimo sistema meccanico che può essere guidato sulla strada del ritorno da un piccolo calcolatore elettronico che registra la rotta d ' andata . La mole delle osservazioni astronomiche , geologiche , chimiche , biologiche che si attende da questi astronauti - scienziati è enorme e complessa , e suscettibile di fornire informazioni disparate o convergenti sui più diversi fenomeni della natura . Non si può valutare in anticipo l ' importanza che tali informazioni avranno per lo sviluppo della scienza e della tecnologia nei campi specifici . Ma forse il vantaggio maggiore che le ricerche sul nostro satellite potranno apportare sarà un orientamento , cioè una coordinazione crescente , delle attuali indagini scientifiche . Tali indagini si svolgono ora prevalentemente per tentativi , cioè rivolgendosi in tutte le direzioni possibili , senza un finalismo o una mira preliminare . Molte scoperte sono state fatte a caso , perché l ' indagatore cercava altro . Accade come se un cacciatore sparasse intorno a sé continuamente a pallini senza mirare a nulla . Finirebbe , alla lunga , per colpire una preda qualsiasi , piccola o grande che sia . Questo procedimento richiede l ' impiego di mezzi enormi e non può evitare lo spreco . Contro di esso si rivolgono spesso le critiche degli stessi scienziati che , per evitare lo spreco , vorrebbero una politica della ricerca più orientata verso mete definite . Ma come determinare queste mete ? Il problema è tanto più complesso in quanto le ricerche più promettenti sono oggi quelle interdisciplinari , che non esigono una semplice somma di risultati , ma una accurata coordinazione di indagini . A giudicare le vie e i modi di questa coordinazione possono vantaggiosamente servire le esplorazioni lunari , che la mettono in pratica e che , oltretutto , mettono a prova le capacità e i limiti della struttura biologica dell ' uomo : un problema che si conosce troppo poco per azzardare ipotesi avveniristiche sulla permanenza prolungata dell ' uomo nello spazio e su esplorazioni che vadano al di là del nostro satellite . Da che gli uomini sono nati sulla Terra , la Luna ha mostrato loro sempre la stessa faccia . Nel 1969 alcuni di essi potettero per la prima volta vedere e fotografare la faccia nascosta . Ma è certo che ci interessa di più quella che potremmo chiamare la terza faccia della Luna : la sua struttura fisico - chimica , le influenze da essa subite o esercitate nel sistema solare , le tracce , ch ' essa probabilmente conserva , della storia del nostro Universo . Soltanto una serie di esplorazioni riuscite può rivelarci qualcosa di questa terza faccia : che certamente non sarà mai oggetto di spettacolo , ma forse ci aiuterà a capire meglio il mondo in cui siamo e a vivere meglio .
La macchina e le scelte dell'uomo ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Un esercito di scimmie che battessero a caso i tasti di macchine da scrivere riuscirebbe a produrre , in qualche milione di anni , tutti i libri di una grande biblioteca . Un risultato siffatto sarebbe il prodotto del puro caso . Tra le combinazioni innumerevoli di lettere , di sillabe , di parole e di frasi , finirebbero per uscir fuori , a lunga scadenza , quelle che compongono nel loro insieme la Divina Commedia o la Critica della ragion pura , le Odi di Pindaro o i Dialoghi di Galilei . Le scimmie però non sarebbero in grado di riconoscere queste opere né di imparare ad avvalersi , nel corso del loro lavoro , delle combinazioni più promettenti , selezionandole via via , accumulandole e trascurando le altre . Paradosso Questo paradosso , ironicamente proposto da alcuni scienziati contemporanei , è assai meno ragionevole di quello di Swift che nei Viaggi di Gulliver ( 1726 ) racconta che il suo eroe s ' incontra , nel paese di Lagado , con un maestro il quale fa manovrare ai suoi scolari le leve di una macchina , che contiene tutte le parole del Dizionario , così da combinarle in tutti i modi possibili . Quando le combinazioni risultavano significanti , venivano registrate su un quaderno ; e il maestro si riprometteva di ordinarle in maniera da produrre libri filosofici , politici , giuridici , matematici e teologici . Se quel maestro avesse anche addestrato i suoi allievi a non ripetere le combinazioni sbagliate e a selezionare e ordinare opportunamente quelle riuscite , avrebbe dato un buon modello del comportamento intelligente che oggi si ritiene proprio dell ' uomo , degli animali e delle macchine . Il comportamento intelligente è infatti una specie di incontro o di fusione tra il caso e la scelta . Il caso offre l ' occasione per tentativi che , in un primo momento , sono effettuati alla cieca : la scelta restringe l ' ambito di questi tentativi eliminando quelli che non conducono a nulla . Se uno è chiuso in una caverna buia e desidera uscirne , procede a caso in una certa direzione finché urta contro un muro ; cambiando direzione ogni volta che ciò accade , imboccherà alla fine l ' uscita . Ma per far questo deve registrare ( cioè ricordare ) la direzione dei movimenti che lo portano ad urtare contro il muro , eliminandoli via via , e correggere quindi di volta in volta la direzione del suo movimento . Ogni correzione sarà perciò la retroazione ( feedback ) del suo tentativo precedente e restringerà l ' ambito ( cioè il numero delle direzioni ) dei suoi tentativi ulteriori . Questo semplice schema è oggi utilizzato nelle discipline più disparate : dai biologi per spiegare l ' evoluzione degli organismi mediante il loro progressivo adattamento all ' ambiente ; dagli psicologi per spiegare il comportamento psichico degli animali e dell ' uomo ; dagli antropologi per spiegare la formazione e la trasformazione dei modi di vivere dei gruppi umani ; e dai cibernetici per progettare e costruire macchine intelligenti . In generale , ogni congegno elettronico possiede questa capacità : di correggere il suo funzionamento sulla base dei risultati di esso , selezionando e adattando meglio le sue operazioni allo scopo per cui è costruito . I congegni elettronici chiamati calcolatori , automi , elaboratori , cervelli o , con più retorica , macchine pensanti , posseggono a un grado eminente la capacità di autocorrezione , cioè di selezione delle proprie operazioni che è la caratteristica del comportamento intelligente . Le macchine elettroniche di cui oggi disponiamo e che sono adoperate nei più svariati campi dell ' attività umana , seguono , di regola , il compito determinato che il programmatore ha loro imposto . Esse sono semplici « risparmiatori di tempo » nel senso che eseguono un certo compito con rapidità e sicurezza enormemente maggiore di quanto il cervello umano può fare . Ma sono anche allo studio e in progetto macchine che sono state chiamate « amplificatori dell ' intelligenza » perché capaci di modificare il loro programma o , in altri termini , di apprendere e sviluppare una certa « iniziativa » . Così una macchina per giocare a dama ( o qualche altro gioco relativamente semplice ) può imparare a migliorare la strategia del gioco stesso . Se si procedesse abbastanza avanti su questa via , si potrebbero inventare macchine che risolvono i più importanti problemi dell ' uomo , economici o morali , politici o sociali . Non mancano , tra gli scienziati , le speranze più ottimistiche a questo proposito . Ma la macchina , come l ' uomo , si trova di fronte ai limiti che sono inerenti ad ogni situazione che offre alternative e scelte . In primo luogo , né l ' uomo né la macchina potranno mai disporre di informazioni esaurienti e complete , cioè di un sapere infinito che implicherebbe la previsione infallibile del futuro . In secondo luogo , non sempre esistono , per l ' uomo e la macchina , criteri sicuri di valutazione che consentano di riconoscere la importanza di un ' informazione rispetto ad un ' altra e di effettuare quindi la distinzione tra ciò che è essenziale e ciò che non è essenziale per la soluzione di un problema qualsiasi . L ' ignoto È stato osservato che una macchina potrebbe meglio di un giocatore comune prevedere il risultato di una corsa di cavalli tenendo presenti certi fattori , come l ' età e le vittorie precedenti dei cavalli , l ' abilità dei fantini e così via . Ma se dovesse preliminarmente valutare l ' importanza di fattori casuali e imprevedibili , come l ' allergia del cavallo , il malumore del fantino o le innumerevoli frodi che sono talora messe in atto , non riuscirebbe mai a completare il calcolo necessario per predire l ' esito di una corsa . Il cervello umano può far meglio della macchina perché è più vitalmente interessato agli scopi da raggiungere e può , di fronte ad una alternativa imprevista , mollare uno scopo per l ' altro e così salvare l ' essenziale . Non per niente Norbert Wiener , che non ha mai sottovalutato l ' importanza che gli automi hanno ed avranno per l ' uomo , ha sempre messo in guardia contro i pericoli che da essi possono derivare . « Se il processo di retroazione , egli ha scritto , è incorporato in una macchina che non può essere ispezionata finché lo scopo finale non si è raggiunto , le possibilità di una catastrofe aumentano grandemente » . La macchina è fatta per uno scopo e le tecniche che essa adopera sono adatte a raggiungerlo . Ma di fronte a un pericolo sconosciuto o a un fatto imprevisto , la realizzazione di questo scopo può essere perniciosa per l ' uomo . « Le conseguenze negative di errori di previsione , che sono già grandi adesso ( ha scritto ancora Wiener ) , cresceranno enormemente quando dell ' automazione si farà un uso pieno . » La polemica contro le macchine è stata prevalentemente ispirata da veri o presunti privilegi dell ' uomo : la coscienza , l ' intuizione , il sentimento , la genialità inventiva . Questa polemica , anche se tuttora in atto , ha fatto il suo tempo . I limiti della macchina sono , a un livello più alto o più basso ( a seconda dei casi ) , i limiti stessi dell ' uomo . Questi limiti sono costituiti dall ' incompiutezza delle informazioni , dalla difficoltà della loro selezione e organizzazione e dall ' incertezza circa i fini che si devono preferire nelle scelte . La macchina diventa pericolosa per l ' uomo quando lo scopo per cui è costruita si rivolge contro l ' uomo stesso o contro altri scopi che egli deve preferire , come la sua conservazione e la sua integrità . Ma così si comportano pure gli uomini e i gruppi umani tra loro . Lo scopo La polemica contro il conformismo e l ' appiattimento , che sarebbero propri della società contemporanea , ha fatto anch ' essa il suo tempo : non perché questi fenomeni non esistono , ma perché sono bilanciati da vistosi fenomeni opposti . Il genere umano si va sempre più dividendo in gruppi e sottogruppi che professano scopi essenzialmente diversi . La tendenza al benessere , che sembra così diffusa , è minata da critiche radicali , per le quali la cosiddetta « opulenza » è una maledizione divina . Il lavoro è ancora fonte per molti di soddisfazioni e di equilibrio vitale ; ma per altri è una penosa condanna . Il successo , che molti cercano , è per altri l ' avvio a problemi insolubili . L ' efficienza , il merito , le capacità eccezionali di individui e di gruppi sono talvolta ritenuti una minaccia all ' eguaglianza e all ' equilibrio della società umana . C ' è chi vorrebbe il ritorno dell ' uomo alla vita feudale o al primitivismo tribale e chi vorrebbe che la società tecnologica sviluppasse una perfetta gerarchia di compiti e di funzioni . C ' è chi si propone l ' ideale della vita attiva , fatta di lavoro , di ricerche , di scambi di ogni genere , che è stata propria per millenni della società occidentale ; e chi preferisce rivolgersi alla vita contemplativa che prospetta l ' estasi o l ' annullamento finale degli individui nel Tutto . Fra questi scopi , tutti dichiarati assoluti , e in aspro conflitto tra loro , le macchine non possono aiutare l ' uomo ad una scelta qualsiasi . Egli stesso potrebbe trovare un criterio di scelta , o almeno di orientamento , nella loro maggiore o minore capacità di contribuire alla sua sopravvivenza nel mondo . Ma molti dei comportamenti umani smentiscono che egli tenga costantemente presente questo criterio . I suicidi , le fughe , le evasioni di ogni genere , lo scarso impegno nella lotta contro la distruzione del suo ambiente , la sovrappopolazione minacciosa , la preferenza sempre più estesamente accordata a pochi attimi di una felicità artificiale e distruttiva , sono tutti fenomeni che fanno dubitare di un serio impegno del genere umano verso la ricerca , sempre più faticosa e difficile , di una sua pacifica sopravvivenza nel mondo . A questa sopravvivenza , l ' uomo dovrà pensare da sé , attraverso una scelta dei fini e dei mezzi suggeritagli dalla conoscenza precisa dei pericoli immediati e lontani che lo minacciano . Se terrà presente questo scopo finale e non si arrenderà alle seduzioni di sirene mortali , le macchine potranno aiutarlo . Ma in nessun caso potranno addossarsi la responsabilità che spetta a lui solo .
Matematica, automi e libertà dell'uomo ( Abbagnano Nicola , 1970 )
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Uno studente ritorna dall ' Università , dopo aver seguito il suo primo corso di psicologia , e scandalizza sua zia dicendole che tutte le attività cui ella si dedica - andare in chiesa , far beneficenza , visitare mostre d ' arte ecc. - sono soltanto surrogati o compensi per la sua mancanza di soddisfazioni sessuali . Dopo averci pensato sopra , la zia gli risponde che , sì , essa è d ' accordo sul principio che tutte le attività sono manifestazioni della libido e che non ha obbiezioni contro il sesso ; soltanto , preferisce le manifestazioni della sessualità cui essa si dedica , a quelle che hanno a che fare con gli organi genitali . La zia non si scandalizza più e il nipote rimane senza risposta . L ' episodio insegna che quando a un concetto o a una parola si tolgono i limiti che lo definiscono nei confronti di altri concetti o parole e si dice che « tutto è questo » o « tutto è quello » , concetto o parola perdono ogni significato e non servono a nulla . Quando si dice che tutte le attività umane sono « sessuali » , « religiose » o « politiche » ecc. non si dice nulla , perché i termini relativi hanno perduto il loro significato specifico e possono riacquistarlo soltanto ridistinguendosi dagli altri . Lo stesso vale per la libertà umana . Che tutte le azioni siano libere o che tutte siano determinate da fattori causali , sono due tesi che tolgono alle parole « libertà » e « determinismo » il loro significato specifico e rendono impossibile stabilire , in ogni caso particolare , se un ' azione è libera o no , determinata o no . Eppure , proprio di un criterio utile a questo scopo abbiamo bisogno per decidere se , e in quali limiti , l ' uomo è responsabile delle sue azioni . Sembra che a misura che si estendono le nostre conoscenze biologiche , antropologiche e sociologiche , il determinismo abbia partita vinta e i limiti della responsabilità umana divengano sempre più ristretti . L ' eredità biologica , l ' ambiente , le condizioni sociali e politiche sono spesso ritenuti fattori determinanti della condotta di individui e gruppi , e anche delle forme più aberranti di tale condotta . Siamo sempre più guardinghi nell ' ascrivere ad un uomo la responsabilità di ciò che ha fatto perché siamo sempre più al corrente dei fattori che hanno potuto determinare la sua azione . Ma che cosa ne è , allora , della libertà ? Il problema è affrontato nell ' opera recentissima del filosofo inglese J . R . Lucas ( The Freedom of the Will , Clarendon Press : Oxford University Press , 1970 ) la cui parte più originale è la discussione di ciò che la matematica moderna può dirci pro o contro la libertà umana . Quest ' argomento è solo apparentemente paradossale . Spinoza diceva già nel XVII secolo che tutte le azioni dell ' uomo seguono dalla sua natura con la stessa necessità con la quale un teorema geometrico segue dagli assiomi della geometria . L ' uomo non può essere o agire diversamente , come non può esser diverso un teorema : è egli stesso un teorema nella grande geometria della Natura . Ma la matematica ha cambiato completamente faccia dai tempi di Spinoza : è diventata molto più astratta e formale , perché prescinde da ogni particolare oggetto ( numeri , figure , quantità ) ed è diventata semplicemente la disciplina che deduce rigorosamente le conclusioni dalle premesse implicite negli assiomi o postulati che costituiscono i suoi punti di partenza . Non importa che tali assiomi o postulati siano « veri » in un senso qualsiasi : importante è che il procedimento matematico derivi con rigore tutti i teoremi che sono impliciti in essi . Con rigore significa : senza mai dar luogo ad una contraddizione , cioè a teoremi che sono incompatibili l ' uno con l ' altro . In questa nuova veste , la matematica si è dimostrata fecondissima : nuovi sistemi di calcolo sono stati inventati e perfezionati e sono applicati nei campi più disparati , che vanno dalla fisica all ' organizzazione industriale e alla costruzione dei computers . Ma , da questo punto di vista , l ' unica cosa che conferisce validità a un qualsiasi sistema di calcolo è la sua coerenza intrinseca , la sua assenza di contraddizioni . Il matematico dovrebbe esser sempre sicuro che un certo calcolo , per quanto condotto avanti e sviluppato , non condurrà mai ad una contraddizione ; se vi conducesse , sarebbe da buttar via . Qui appunto s ' incontra l ' ostacolo . Il matematico non potrà mai avere questa sicurezza . Un teorema stabilito da Gödel nel 1931 , che è uscito indenne da tutte le critiche , stabilisce che nessun calcolo è in grado di provare , con i mezzi di cui dispone , che esso è perfettamente coerente , cioè non condurrà mai a contraddizioni . L ' aritmetica , per esempio , non può provare , aritmeticamente , di essere coerente . In certi casi ( come quello dell ' aritmetica ) , la prova della coerenza si può ottenere ricorrendo ad altri tipi di calcolo logico ; ma , a loro volta , questi calcoli sono sottoposti alla stessa limitazione : non possono provare la loro coerenza , cioè la loro legittimità o validità logica . Su questa conclusione fa leva il libro di Lucas per mostrare che non si può considerare l ' uomo come determinato necessariamente dai fattori causali : perché non può essere identificato o paragonato con un qualsiasi sistema di calcolo . Egli sa infatti di essere coerente , può correggere i suoi errori e le sue incoerenze , scegliere le vie che li evitano e decidere in conformità . Ma non potrebbe far questo se fosse ridotto a un puro calcolo logico . Ma c ' è di più . Il teorema di Gödel significa pure ( secondo una certa interpretazione che è accettata da Lucas , ma non da tutti i cibernetici ) che non si possono costruire macchine o automi che rispondano a tutti i problemi . Si possono costruire automi sempre più perfetti e complessi , che fanno assai meglio e più rapidamente dell ' uomo certe operazioni di calcolo . Ma nessuno di questi automi si sottrarrà alla minaccia rappresentata dal teorema di Gödel : di trovarsi , ad un certo punto , privo di risposta di fronte a un problema nuovo , che metta in giuoco la coerenza del calcolo su cui è fondato . Questo vuol dire , secondo Lucas , che l ' uomo non può essere considerato un automa , cioè che la sua condotta e le sue scelte non possono essere preformate o predeterminate come il determinismo suppone . All ' uomo è essenziale la decisione di essere coerente , di disciplinare il suo pensiero , di stabilire una qualche distinzione tra il vero e il falso . Ma poiché nessuna prova può esser addotta di questa sua razionalità irrinunciabile , questa razionalità è solo una professione di fede , una proposizione di « teologia matematica » . Di essa non si può dar prova ; tuttavia , senza di essa , la condotta dell ' uomo sarebbe stolta , perché egli non potrebbe distinguere tra ciò che è vero e degno di esser creduto e ciò che è falso e va rigettato . Certamente , l ' uomo non può rinunciare all ' uso del principio di causalità che collega insieme tutti i fenomeni e gli dà una veduta d ' insieme , semplice e completa , della natura . Ma , dall ' altro lato , non può rinunciare ad agire secondo ragioni di cui egli stesso è il solo arbitro e giudice , al di fuori di ogni calcolo matematico o logico . Per ogni azione effettuata , l ' uomo può dare le sue ragioni ; non gli è possibile invece dare le ragioni di tali ragioni . Perciò Lucas conclude : « Io rispondo per le mie azioni . Io sono libero di scegliere quello che farò . Ma io , e solo io , sono responsabile per la mia scelta » . Il libro di Lucas è un esempio notevole del modo in cui oggi vengono trattati i problemi della filosofia . Apparentemente , tali problemi sono sempre quelli , i cosiddetti « problemi eterni » sui quali l ' uomo si è affaticato sin dagli inizi della sua riflessione . Ma il modo di trattarli oggi è radicalmente diverso . Essi vengono considerati sul fondamento delle acquisizioni scientifiche più recenti e utilizzando tali acquisizioni per prospettarne soluzioni nuove . Lucas ha messo come epigrafe del suo libro un passo di Epicuro : « Era meglio credere ai miti sugli Dei piuttosto che essere schiavi del destino dei fisici : quelli infatti suggerivano la speranza di placare gli Dei per mezzo degli onori , questo invece ha implacabile necessità » . E questa sembra veramente la conclusione dell ' opera di Lucas : nella quale « l ' implacabile necessità » non è esorcizzata del tutto e la libertà è piuttosto affidata alla « teologia matematica » , cioè a un atto di fede nella razionalità dell ' uomo . Ma così la libertà è ridotta entro i limiti della soggettività umana , dell ' io individuale : sappiamo solo che non è impossibile , non sappiamo ancora cos ' è . Un ' analisi più ravvicinata dovrebbe mostrarcela operante nelle scelte che l ' uomo fa e nelle condizioni oggettive in cui le scelte sono effettuate . Un ' indagine sulla nozione di scelta , sui suoi limiti e sulle possibilità obbiettive che le sono offerte nei vari campi in cui l ' uomo agisce , diventa sempre più urgente , non solo ai fini della scienza e della filosofia , ma anche per mettere l ' uomo di fronte alle sue responsabilità precise .
La divinità e il caso ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
È proprio vero che il mondo in cui viviamo è il prodotto del semplice caso ? Dobbiamo proprio credere alla scienza che , dopo aver espulso ogni ordine necessario dalla fisica , tende ora a espungerlo anche dalla biologia che , mostrandoci la complessità e la perfezione degli organismi viventi , sembrava testimoniare la presenza di un disegno finalistico , di un programma diretto alla conservazione e all ' arricchimento della vita dell ' universo ? Non dobbiamo piuttosto ricorrere a considerazioni di metafisica e tecnologia che ci consentano di intravedere nel mondo quell ' ordine , quella finalità , quel disegno che la scienza rifiuta ? Queste e molte altre domande mi sono state rivolte a proposito di un articolo pubblicato su queste colonne il 29 novembre 1970 dal titolo . « Dunque l ' universo non è programmato » , articolo che prendeva lo spunto dal libro del biologo francese Jacques Monod Il caso e la necessità ora apparso anche nell ' edizione italiana . Una delle lettere giuntemi è un vero e proprio saggio di trentadue pagine di Valentino Azzolini . Ma ora un articolo di Gustavo Bontadini apparso su L ' educatore italiano del 15 marzo sottopone quel mio articolo a una critica tanto acuta e stringente quanto rispettosa e cordiale . Rispondendo a questa critica , risponderò , almeno parzialmente , anche alle altre critiche che mi sono state rivolte . Innanzitutto , non sembra che la filosofia possa allegramente infischiarsi della scienza ; in realtà non l ' ha mai fatto . La scienza non risolve certo tutti i problemi dell ' uomo , ma offre i dati di fatto indispensabili per affrontarli con qualche probabilità di successo . Ciò che vale nella vita di ogni giorno , vale in filosofia : se mi dispongo a fare una spesa , devo prima farmi i conti in tasca , cioè ricorrere all ' aritmetica . Potrò scegliere le spese da fare ma , senza quel conto , mi troverò nei pasticci . Così la filosofia : può elaborare concetti e dottrine , avanzare ipotesi più o meno convincenti , ma non prescindere dai risultati della scienza se non vuole avventurarsi in fantasie inconcludenti e parlare di cose che , rigorosamente parlando , non esistono . La scienza può mutare i suoi risultati , come giustamente osserva Bontadini ; ma anche la filosofia muta le sue dottrine e i filosofi che Bontadini cita , Teilhard de Chardin e Bonhoeffer , ci offrono dottrine diverse da quelle di Sant ' Agostino e di San Tommaso , pur ispirandosi alla stessa tradizione religiosa . La scienza oggi si avvale del caso per elaborare le sue ipotesi esplicative e i suoi calcoli . Bontadini dice che questo significa « la nostra ignoranza del profondo determinismo della natura , del suo programma universale » piuttosto che « l ' esistenza - la verità - dell ' indeterminazione , della casualità » . Ma come si possono elaborare dottrine e prospettive , effettuare scelte e orientarsi , in filosofia o nella vita , sulla base di ciò che ignoriamo ? Anche una debole lanterna val meglio del buio per procedere su un sentiero sconosciuto . Ma Bontadini non si mantiene coerente a questa riduzione del caso all ' ignoranza . Egli aggiunge subito che « nessuno può vietare a Dio di giocare ai dadi » : e se è così , il caso non è la nostra ignoranza , ma la natura stessa del mondo , voluta e stabilita da Dio . E proprio su questo punto Bontadini fa leva per la sua difesa della metafisica teologica tradizionale : « Quella conseguenza - se il mondo fosse creato da Dio allora dovrebbe essere " ordinato " nel senso che sappiamo - non sussiste : Dio può creare il mondo come gli pare e piace , nessuno può vietargli di " giocare ai dadi " ( per ciò che riguarda la storia della natura e senza che venga meno la Sua Provvidenza ) » . Sta veramente qui il punto cruciale . Quale significato possono avere l ' esistenza e la provvidenza di Dio in un mondo dominato dal caso ? Quale indizio , segno o prova , questo mondo può offrire di esse ? Non si tratta di « vietare » a Dio di giocare ai dadi : si tratta di vedere come in un giuoco di dadi si può scorgere la presenza di Dio o l ' azione della sua provvidenza . Qui comincia veramente il problema filosofico . E mi sembra paradossale dover ricordare a Bontadini , cultore emerito della metafisica tradizionale , che tutte le prove da essa fornite dell ' esistenza di Dio e soprattutto quelle passate attraverso il vaglio di S . Tommaso , sono fondate sull ' ordine e sulla finalità del mondo , sulla necessità della catena causale , sulla gerarchia perfetta e sulla connessione necessaria degli esseri dell ' universo . Se il mondo è un giuoco di dadi , queste prove vanno a gambe all ' aria . Non ce n ' è una che regga , dal punto di vista in cui Bontadini si mette . Che valore può essere allora riconosciuto a quella metafisica tradizionale che Bontadini intende difendere ? Si possono certo tentare altre vie . Si può , per esempio , tentare di scorgere , nell ' infinitamente vario e complesso gioco di dadi che è il mondo , una mano maestra che , alla lunga o alla lontana , come quella di un grande giocatore professionista , riesca a dirigere il gioco e a indirizzarlo ai suoi fini . Questi tentativi non sono stati fatti finora . Bontadini potrebbe intraprenderne qualcuno perché ne ha la capacità ; e , quando l ' avrà elaborato , potremo discuterlo . Ma per ora siamo lasciati a mani vuote . Affermare che Dio può avere creato tanto un mondo deterministicamente o casualmente ordinato quanto un mondo indeterministico , significa semplicemente togliere ogni significato all ' esistenza di Dio . Che cosa è Dio , allora ? Non l ' essere necessario , non la causa prima , non il primo motore , non l ' essere perfettissimo , non l ' onnipotente : perché tutto ciò che egli fa è solo il risultato di una gettata di dadi . Forse questi dadi sono truccati ; ma bisogna averne una prova o almeno darne un indizio . E si ritorna da capo al problema del caso . Non si tratta perciò di una scelta fra la scienza e la metafisica e neppure fra ateismo e teismo . Si tratta di elaborare dottrine filosofiche , che non si risolvano in una negazione dei fatti meglio accertati e delle ipotesi più probabili . Sarebbe certo assai consolante per l ' uomo credere di vivere in un mondo amichevole , che si prenda cura di lui e gli garantisca la sopravvivenza e il successo . Ma la metafisica tradizionale si è rivelata incapace di dare un fondamento a questa credenza ; e molti teologi e spiriti religiosi ne hanno preso atto . Giacché , quanto alla fede , essa è certamente fuori questione e continua ad offrirsi all ' opzione degli uomini . Basta non dimenticare che la fede si può perdere come si può acquistare . D ' altronde , se non è vietato a Dio di giocare ai dadi , perché dovrebbe essere vietato all ' uomo ?