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> anno_i:[1970 TO 2000}
Caro Fiorelli ( Montanelli Indro , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Il celebre giornalista che ha inventato i due neologismi è ( tanto per cambiare ) Longanesi che una sera , sorprendendo me e Ansaldo in trattoria a discutere su certe tipologie umane , tagliò la questione con una delle sue solite perentorie battute : « Tutte baggianate . Gli uomini si dividono in due categorie : i nardones e i leccobardi » . Sono sicuro che inventò quelle parole lì per lì perché non seppe darci nessuna spiegazione della loro etimologia ( solo in seguito risultò che nardones gli era rimasto nell ' orecchio dai suoi tempi di Napoli dove c ' è un vicolo , una volta famoso per i suoi bordelli , che s ' intitola così ) , ma in compenso cominciò subito a chiarirci il concetto con riferimenti storici concreti . « Per esempio - disse - Churchill era un nardones , Eden un leccobardo ; Stalin era un nardones , Trotzki un leccobardo ; Cesare era un nardones , Augusto un leccobardo . Mussolini e Franco erano nardones ; mentre Hitler no , era un leccobardo Gli avventori delle tavole accanto avevano smesso di mangiare e di parlare fra loro per ascoltare Longanesi che , come al solito , declamava . E piano piano , senza conoscerci né conoscersi tra loro , cominciarono a partecipare al giuoco di quella contrapposizione , facendo domande e accendendo discussioni . « E oggi ? » chiedevano . « Oggi - pontificava Longanesi - , assistiamo a un fenomeno di leccobardizzazione collettiva : la democrazia cristiana . C ' erano tre nardones soli in quel partito : Don Sturzo , De Gasperi e Scelba , e appunto per questo sono stati eliminati . Ma anche all ' estero i nardones sono pochi : Mao , Tito , De Gaulle , Salazar ... No , mi sbaglio : Salazar è leccobardo . » Fu un contagio . Accorsero anche dai tavoli più lontani , la discussione diventò generale , durò accesissima fino alle due del mattino . E se lei , caro Fiorelli , si prova a riaprirla coi suoi amici , al caffè o al circolo , vedrà che ottiene lo stesso effetto . Ci cascano tutti , tutti ci si divertono . Ma attenzione : che nessuno tenti di spiegare quei due termini e di dargli un significato preciso . Granzotto , che ci si è provato , ha fatto fiasco : per fare un nardones ci vuol altro che la calma , la serenità eccetera : Petrarca era calmo e sereno , eppure era un leccobardo . E per fare un leccobardo non bastano la magrezza e la bile : Dante possedeva al massimo sia l ' una che l ' altra , eppure era un nardones . No , né all ' uno né all ' altro archetipo si possono attribuire connotati definiti . Contentatevi delle esemplificazioni , e soprattutto sfuggite alla tentazione di stabilire , fra i due termini , una gerarchia . Nardonismo non è affatto sinonimo di grandezza , come leccobardismo non è affatto sinonimo di meschinità . Fra i nardones ci sono molti grandi , ma c ' è anche , per esempio , Starace ch ' era solo un bravo e onesto coglione . Mentre fra i leccobardi c ' è un Roosevelt , canaglia sì , ma di non comuni dimensioni , molto più grosso di Johnson che era nardones ( come Truman e Nixon ) . Fra i contemporanei , i due leccobardi più esemplari sono stati Paolo VI e Moro . Wojtyla è certamente nardones . Su Andreotti , sono incerto : a volte mi sembra un leccobardo travestito da nardones , a volte un nardones travestito da leccobardo : comunque , un travestito . Caro Fiorelli , dia retta a me . Stasera stessa apra coi suoi amici questa discussione . Vedrà : ci rimarrete appiccicati fino all ' alba , come successe a noi e continua ogni tanto a succederci . Perché Longanesi aveva ragione : le due categorie umane son quelle . E sebbene io non sia riuscito a spiegargliene la differenza , sono sicuro che lei l ' ha capita .
Caro amico ( Montanelli Indro , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Caro amico , non solo capisco la sua amarezza e il suo sdegno , ma li condivido . L ' Università italiana è in pezzi : anzi è in pezzi la scuola italiana , a tutti i livelli . Logico che , quanto più si sale di livello , tanto più siano avvertibili , e funeste , la degradazione dell ' insegnamento , la disorganizzazione : insomma il caos demagogico . Non voglio dilungarmi sulle ragioni specifiche di questa o quella rivendicazione , agitazione , occupazione . Ce n ' è sempre . Stia pur certo che , se non cambia il clima generale della scuola italiana , rimosso un ostacolo se ne presenterà un altro , all ' infinito , in una spirale progressiva ( e pseudo progressista ) che porta alla paralisi . Prima che i rivoluzionari e riformatori si mettessero all ' opera , l ' Università italiana non era certo perfetta . Peccava di accademismo ; non preparava i ragazzi all ' esercizio delle professioni cui aspiravano ; dava posto eccessivo , nella composizione della massa studentesca , ai figli della borghesia ; era dominata da « baroni » che a volte avevano conquistato il loro titolo professorale per veri meriti , ed esercitavano la loro missione con scrupolo , e a volte erano soltanto pompose e arroganti nullità . Pur con tutti questi grossi difetti , l ' Università italiana nel suo complesso reggeva , dal punto di vista degli studi e delle ricerche , il confronto con le Università estere . Alcuni Atenei , e alcune facoltà , erano di altissimo livello . Era , quella , una Università , che doveva certamente essere migliorata , resa più efficiente dal punto di vista tecnico , più giusta dal punto di vista sociale , e più severa - rilievo che riguarda soprattutto talune sedi - dal punto di vista degli studi . Se si fosse agito in questo senso , gli studenti di modeste condizioni economiche , ma bravi - come immagino sia suo figlio - avrebbero potuto ottenere non solo la gratuità della frequenza , ma un presalario sufficiente per vivere , e riservato a chi meritasse questo sacrificio della collettività . Gli svogliati , gli eterni fuori corso , i venditori di chiacchiere demagogiche , anche se ricchi e privilegiati economicamente , fuori . Ma sull ' onda dell ' ormai mitico '68 , sotto la spinta di sciagurati agitatori , come Capanna , che si proclamavano apostoli degli studenti , e sono stati i loro peggiori nemici , con la complicità di professori malati di giovanilismo spensierato , deboli , politicamente ambiziosi , con l ' avallo di governanti sprovveduti e populisti , si è proceduto in senso opposto : Università aperte a tutti , studi declassati , lauree a portata di qualsiasi somaro , gli Atenei trasformati in covi di una rivoluzione permanente e inconcludente , tanti Lenin in sessantaquattresimo associati all ' insegnamento . Questa stravolta riforma , culminata nei fasti del 27 a tutti ( da qualche professore vergognosamente accettato ) nelle facoltà di architettura , ha punito , caro amico , proprio le famiglie come la sua . I giovani intelligenti e diligenti , che hanno fretta di laurearsi perché un padre operaio deve scannarsi per mantenerli agli studi , sono bloccati dalle lotte continue di professori politicizzati e di compagni « rivoluzionari » con Kawasaki e vacanze alle Seychelles . Quando il suo ragazzo entrerà - le auguro presto - nella professione riuscirà probabilmente , perché è in gamba e perché ha scelto una facoltà che ritengo sia tra le meno affollate . Ma altri faticheranno immensamente trovandosi a competere con laureati che sono bestie : ma grazie al metodo Capanna hanno completato senza fatica i corsi , e sono ammanigliati , e hanno famiglie influenti . I « rivoluzionari » hanno cioè punito proprio i figli dei proletari , che asseriscono vociando di voler redimere . Se tanti studenti in gamba che sono figli di povera gente non potranno essere , nella vita , ciò che avrebbero voluto , e dovranno ammainare le ali delle loro legittime aspirazioni , ne rendano grazie ai demagoghi .
Caro Bertani ( Montanelli Indro , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Caro Bertani , è curioso : di tutti i nostri lettori , lei è l ' unico ad aver interpretato quel mio articolo come una presa di posizione contro le centrali elettronucleari . Non è così , e tengo a ribadirlo per chiunque possa essere caduto nello stesso abbaglio . Se ho fatto un ' allusione a Hiroshima , cioè all ' uso perverso che si può fare dell ' energia nucleare , è stato solo per prevenire la propaganda avversaria che certamente si varrà di questo ingannevole , ma suggestivo argomento per impostare il suo referendum . E per controbatterlo ne ho portati altri tre che mi sembrano di facile comprensione anche per il lettore più digiuno di questa materia , e quindi i più adatti a una contro - propaganda di massa : 1° ) Il fatto di non avere centrali termonucleari non basterebbe a metterci al riparo da catastrofi tipo Hiroshima perché in un mondo nuclearizzato , « zone di rispetto » non ne esistono . 2° ) Le installazioni termonucleari costruite finora ( e sono più di 600 ) non hanno mai dato luogo a incidenti , e si dimostrano anche meno inquinanti di tante altre . 3° ) Lo sviluppo industriale è a un bivio : o infila la strada termonucleare , o dovrà rassegnarsi a restare a corto , di qui a un po ' , di fonti di energia perché il petrolio non è inesauribile e costa sempre più caro . Più di questo , caro Bertani , che dovevo dire ? Lei forse mi rimprovera di non avere abbastanza sottolineato la differenza che passa fra l ' uso bellico e distruttivo , e quello pacifico e costruttivo , dell ' energia nucleare . Ma , santo Dio , questa differenza la conoscono tutti ed è implicita nel discorso . Nessuno dubita , nessuno può dubitare che l ' Italia voglia le centrali per lanciarsi nella gara dell ' armamento atomico : d ' imbecilli nel nostro Paese ce ne sono tanti , ma non fino al punto di correr dietro a simili sogni , o per meglio dire incubi . Il mio ragionamento era questo , già implicito nel titolo dell ' articolo ( A lume di candela ) : « Decidiamoci : o l ' energia termonucleare , o il ritorno alla candela » . E questo , lei , me lo chiama un argomento contro l ' energia termonucleare ?
Caro Banfi ( Montanelli Indro , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Caro Banfi , vedo che lei ha abbastanza ben capito la differenza , per quanto refrattaria ad ogni definizione , fra nardones e leccobardi . Per quanto mi riguarda , anch ' io credo che spetti ai lettori , non a me , stabilire a quale categoria appartengo . Lei però rischia di trarli in inganno spacciando per leccobardismo il mio invito a votare Dc « con schifo , con rabbia , con voltastomaco » ecc. E glielo dimostro con un esempio . Lei , vedo , elenca Churchill fra i nardones , e ha ragione perché ne era addirittura un archetipo . Ma non crede lei che , dopo aver passato la vita a combattere il comunismo , avesse anche lui la rabbia , lo schifo e il voltastomaco quando dovette allearsi con Stalin e stringergli la mano ? E crede che questo basti a trasformarlo in leccobardo ? Con ciò non voglio mettermi , per l ' amordiddio , sul piano di Churchill . Voglio soltanto dire che un uomo non si può giudicarlo dalle azioni che compie in stato di necessità . Eppoi , non creda che la qualifica di leccobardo mi offenderebbe . Pericle ( dico Pericle ) lo era . Lo era Erasmo . E molte sono le volte in cui un leccobardo - p . es. Federico il grande di Prussia - ha fregato i nardones . Anche fra i nostri contemporanei , guardi un Giscard d ' Estaing . Più leccobardo di lui , si muore . Eppure , sebbene non ne abbia le forze , riesce a tenersi alla pari di un nardones come Schmidt . Dimenticavo di aggiungere che il discorso vale anche per le donne . Esse passano quasi sempre per leccobarde . Ma anche fra loro ci sono le nardones . Anzi , di solito succede questo : che uno crede di sposare una leccobarda , e poi si trova in casa una nardones , e che nardones . Prenda la signora Anna Bonomi . Ma forse l ' esempio è scelto male : la signora Bonomi non ha mai nemmeno tentato di passare per leccobarda .
Caro senatore ( Montanelli Indro , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Caro senatore , il suo discorso non fa una grinza . Io sono perfettamente d ' accordo con lei che una spesa di 74 miliardi , e anche quella di 270 prevista per il '79 , è ben poca cosa in confronto al valore dell ' enorme patrimonio artistico da salvare ; e anzi questo giornale è sempre stato in prima linea nel reclamare che a questa difesa siano dati mezzi sempre più grandi ed efficienti . Ma Ricossa non contestava affatto questa tesi . Semplicemente diceva : Prendiamo il più modesto di tutti i nostri bilanci , quello per i Beni culturali , 74 miliardi appena . Il cittadino è in grado di controllare come viene amministrato questo stanziamento , e se esso serve di più a mantenere il suddetto patrimonio o coloro che vi sovrintendono ? No . E allora figuriamoci quanto è in grado di controllare una spesa globale di 64 mila miliardi , qual è quella dello Stato , del suo Stato . Questo , diceva Ricossa . Egli ha portato l ' esempio del bilancio dei Beni culturali perché , appunto per la sua modestia , era quello che meglio si prestava a dimostrare il suo assunto che trova consenzienti - glielo posso garantire - tutti i lettori . Perché tutti i lettori - anche questo le posso garantire - hanno le scatole piene di questo Stato ciaccione , avido e dissipatore , che vuol fare troppe cose e le fa malissimo , a cominciare da una contabilità talmente ingarbugliata che nessuno , nemmeno i cosiddetti uomini di Stato e la loro burocrazia , riescono a capirci più nulla . Lei non vorrà negarmi , spero , che l ' enorme prelievo che lo Stato fa del pubblico denaro viene adibito soprattutto a mantenere coloro che lo maneggiano , e a mantenerli male perché sono troppi e costretti ad operare in un guazzabuglio di leggi che li condanna all ' inefficienza e al parassitismo : Non so se i Beni culturali facciano eccezione alla regola . Ma la regola è quella che dice Ricossa : uno Stato che dovunque mette le mani combina guai e per ripararli ha sempre più bisogno di succhiare quattrini al cittadino senza dargli modo di controllare come li usa . Per difendersi non c ' è che un mezzo : ridurre la spesa pubblica , che significa anche ridurre gl ' interventi dello Stato , insomma riprivatizzare il Paese . Ne convenga anche lei , caro senatore . Altrimenti , perde i voti . Lei parla di contraddizione , caro Lo Cascio , e ha ragione . Ma il problema va posto , a mio avviso , in termini un po ' diversi da quelli esposti nella sua lettera . E ' vero : il mondo politico italiano intrattiene rapporti assidui con gli esponenti di quegli stati dell ' Est « socialista » che hanno indubbie connotazioni totalitarie . Ciò può turbare la coscienza dei democratici ma è difficilmente evitabile , anche se certe inutili sbracature e indulgenze sono eccessive . L ' impero sovietico è una realtà . Così come è una realtà la assoluta prevalenza numerica , nel mondo , dei regimi dittatoriali sui regimi democratici . Se questi ultimi dovessero chiudersi in se stessi , rifiutando ogni contatto con gli « impuri » , e troncando con essi rapporti diplomatici , economici , culturali , si arriverebbe a una situazione paradossale : alla situazione cioè di una coalizione della libertà che rinuncerebbe ad influire sulle vicende del mondo , e che , respingendoli in blocco , costringerebbe gli altri , i non liberi , ossia , ripetiamo , la maggioranza degli stati , a coalizzarsi a loro volta . La confusione tra morale e politica produce effetti di solito negativi , a volte catastrofici . Se ne è accorto anche Carter , che giuoca la carta cinese contro la carta russa pur sapendo perfettamente che , quanto a democrazia , se Mosca piange Pechino non ride . Io penso , insomma , che la politica internazionale di un Paese debba accettare questi compromessi e adattarsi agli incontri , ai brindisi , ai comunicati finali , con tutte le loro ipocrisie e reticenze . La contraddizione , secondo me , sta altrove . Sotto la spinta dei partiti di sinistra e della loro propaganda la politica estera italiana pecca di duplicità e di incoerenza . Se la ragion di stato deve prevalere sulla morale internazionale , se impone di colloquiare con i totalitari , la regola deve valere per tutti : per la Unione Sovietica come per il Cile , per l ' Albania come per la Rhodesia . Invece non è così . Non si vuole che sia così . Pertini , Andreotti e Forlani , possono tranquillamente recarsi in visita ufficiale a Mosca , ma guai se si azzardassero a visitare Argentina e Cile ; possono ricevere Gheddafi , ma guai se accogliessero a Roma Pinochet . Abbiamo normali rappresentanze diplomatiche perfino nell ' Uganda di Idi Amin , ma non a Santiago del Cile . Allora qual è il criterio ? Vale la ragion di stato , che consiglia di mantenere canali in ogni direzione , o vale la morale politica , che consiglierebbe di negare reciprocità di rapporti a chi non ha le carte in regola con la democrazia ? Non si sa . O piuttosto si sa benissimo . In obbedienza non a un criterio uniforme , ma al vociare propagandistico e al ricatto parlamentare , si usano due pesi e due misure . I totalitari di sinistra sono ritenuti internazionalmente più frequentabili di quelli di destra . La Farnesina si indigna : ma con juicio .
Caro amico ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Caro amico ( visto che lei mi considera tale ) , se l ' allusione sul modo in cui vivono certi giornali è rivolta al nostro , la invito senz ' altro a fare un sopralluogo da noi , pagandole anche biglietto e diaria , e in compagnia di uno stuolo di avvocati e commercialisti per controllare , fatture alla mano , quanto e da dove introiamo , quanto e come spendiamo . Si accorgerebbe che , come rigore amministrativo , e non soltanto amministrativo , abbiamo lezioni da dare , non da prendere , specie dai Comuni e dalle Province . Per quanto concerne la sua attività di consigliere provinciale , lei ha tutto il diritto di credere che in essa rientri anche la politica estera nazionale ; io ho quello di pensare e di scrivere che gli elettori eleggono un consigliere provinciale perché s ' interessi delle cose della provincia , non della Rhodesia e dello Zimbabwe , delle quali può benissimo occuparsi quando parla con gli amici al caffè , non quando siede nel consiglio provinciale . Chi di noi due abbia ragione , lasciamolo giudicare ai lettori . Quanto alla Dc , lei fa benissimo , come militante e gerarca , a difenderla . Ma non può dire che chi vota per essa perde , dopo aver depositato la scheda nell ' urna , qualsiasi diritto , compreso quello di avvertire certi puzzi e di turarsi il naso . Noi , lo sappiamo benissimo , non possiamo impedirvi di puzzare ; ma voi non potete impedirci di sentire il puzzo e di dire che lo sentiamo . Resta la questione dei butteri , di cui lei si aderge a difensore . Ma contro chi ? Io sono un vecchio amico dei butteri coi quali ho convissuto intere estati , quando mio nonno mi conduceva a caccia a Capalbio e dintorni . Magari ce ne fossero ancora , perché erano gran gente . Ma dove fossero la Rhodesia e lo Zimbabwe non lo sapevano , né credo che lo sappiano oggi , se ce n ' è ancora qualcuno . Ecco tutto , caro amico .
Pubblico insieme queste due lettere ( Montanelli Indro , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Pubblico insieme queste due lettere perché mi pare ch ' esse formino un perfetto pendant , a conferma di quanto dicevo nell ' articolo ( è il caso di dirlo ) incriminato . Per coloro che non lo avessero letto , o non lo ricordassero , ne riassumerò brevemente la tesi . Non capisco , dicevo , perché il contrasto fra Stato e Chiesa sull ' aborto faccia scandalo . Essi parlano a due diversi interlocutori : l ' uno al cittadino , l ' altra al credente . Quando l ' uno concede come diritto ciò che l ' altra proibisce come peccato , sta ad ognuno di noi decidere secondo coscienza il da farsi . Nessuno è condannato all ' aborto . È una facoltà . Lo Stato non poteva non regolarla , visti i pericoli e le ingiustizie della pratica clandestina . La Chiesa non può non condannare questa pratica . Non è la prima volta , e non è questo il solo caso in cui norma civile e norma religiosa discordano . La grande conquista dello Stato di diritto è di porre il cittadino nella condizione di scegliere fra l ' una e l ' altra . Ora il sig. Tornaquinci mi dice addio perché non trova questa posizione abbastanza laica , il sig. Strampelli mi dice addio perché non trova questa posizione abbastanza cattolica . Sembra che dicano cose antitetiche . E invece dicono la stessa cosa . Dicono cioè che non vogliono esser loro a scegliere . Secondo l ' uno questo compito spetta allo Stato , secondo l ' altro alla Chiesa , senza rendersi conto che uno Stato che proibisse alla Chiesa d ' interloquire su un problema morale come questo sarebbe uno Stato totalitario , così come una Chiesa che proibisse allo Stato di regolare un problema come questo , che è anche civile , sarebbe una teocrazia . Per quanto mi dispiaccia perderli ( e mi dispiace moltissimo ) , debbo riconoscere che il nostro giornale non è fatto per questi lettori . Noi ci rivolgiamo a quelli che , fra un imperativo civile e un imperativo religioso , accettano di assumersi la responsabilità di una scelta , anche quando è angosciosa come nel caso dell ' aborto . In quanti siamo ? Non lo so . Certo , una minoranza . Ma una minoranza di uomini , qualifica che spetta solo a coloro che hanno una coscienza , e non sono disposti a portarla all ' ammasso pur sapendo di avere in essa il tribunale più difficile cui rispondere . Anche in pochi , è preferibile restare tra noi .
Tre uomini in carcere ( Sullo Pierluigi , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Forse è perfino un sollievo , una volta arrivati qui , nella saletta bianca delle guardie carcerarie , superata la trafila dei controlli e i metal detector e le pesanti porte d ' acciaio foderate di vetro antiproiettile , una volta passato il visibilissimo confine tra " fuori " e " dentro " , sentirli parlare dei detenuti e del carcere , delle sue follie e umiliazioni , della lotta dei detenuti e dello sciopero della fame che si estende , da Roma - Rebibbia a Pisa oggi , e domani forse dovunque . Adriano Sofri , ironico e diretto , e Giorgio Pietrostefani che borbotta e ride , e Ovidio Bompressi affilato e il collo magro che balla dentro il colletto abbottonato di una camicia bianca ; non parlano di sé , anzi sì , parlano di tre detenuti e di altri cinquantamila , come persone che non riescono più a sopportare la stupidità feroce della vita carceraria , dove " il tempo si sbriciola - dice Adriano Sofri - e non è affatto vero che qui per lo meno hai tempo per leggere e scrivere , ci sono le mille incombenze inutili , i ' rapporti ' , ovvero quando ti rimproverano per cose futili , e gli altri che ti vengono a parlare , non hai idea di quanti mi scrivano dalle carceri , e hai soprattutto il tempo di osservare le miserie , la povertà della maggior parte dei detenuti , la mancanza di tutto " . E ' per questo , contro questo , che per il momento digiunano . Hanno cominciato domenica scorsa , prendono solo caffè , tè , e acqua , moltissima acqua : " così puoi resistere a lungo " , dice Adriano , poi si volta verso Ovidio , mentre Tano D ' Amico fa loro la foto che serve , tutti e tre insieme , la foto che manca , e scherzano su quanto sei alto tu e quanto basso io , e dice al suo compagno , come meravigliato : " Ma lo sai che sono già dimagrito tre chili ? Almeno , è quel che dice la bilancia " . Qui , nel carcere , sei " una persona espulsa per giusta causa dalla società - spiega meticoloso Ovidio Bompressi - o almeno così pensa l ' opinione , e sei perciò una parte distaccata e disseccata " . Lento , lo ripete , come una formula cui ha pensato a lungo : " Una parte distaccata e disseccata " . " E ' la massima degradazione dell ' individuo " , aggiunge . Adriano dice : " Siamo stati quasi felici - si capisce che c ' è un po ' d ' ironia - quando abbiamo saputo dello sciopero della fame a Rebibbia . Ecco che partecipiamo di qualcosa più vasta di noi , e abbiamo iniziato uno sciopero della fame che probabilmente avremmo fatto comunque . Ma ora siamo vincolati a questo movimento , di cui , sia chiaro , non vogliamo diventare esponenti ; siamo tre detenuti tra altri , che si ribellano a una vergogna , il carcere , che mortifica la dignità umana " . Poveri , malati , soli . Ma la separazione , tra qui e l ' altrove , è tale , che parole come queste possono suonare retoriche . Come dice Ovidio , se sei dentro è per qualche ragione , così pensa la gente . E i poveri , i malati , i soli che sono in cella sono perciò più poveri , più malati e più soli . Bisogna farsi raccontare i particolari , per capire . E i tre te li raccontano pazientemente . Il carcere passa una tazza di " caffè " la mattina , un primo caldo e un pezzetto di formaggio a mezzogiorno , un secondo caldo la sera ; un rotolo di carta igienica , una saponetta e alcuni sacchetti per i rifiuti ogni mese . Ed è tutto . Chi non ha i soldi per il " sopravvitto " e per comprarsi dentifricio e detersivi per la cella , scarpe e maglioni , le sigarette , insomma per tutto il resto , cioè quasi tutto , ne resta privo . E se i detenuti sono , come a Pisa e dappertutto , per il 40 per cento immigrati , nella grande maggioranza poveracci o tossicodipendenti , insomma senza un soldo , la conseguenza sarà , come racconta Ovidio , una grandinata di microconflitti tra detenuti poveri , e tra i poveri e quelli che hanno qualcosa . " Dice : gli immigrati non portano le scarpe . Per forza - è Adriano che parla - non le hanno , semplicemente non le hanno " . E la seconda conseguenza sarà che " questo è un posto di ospedalizzati coatti , qui siamo tutti malati , più o meno , uno su tre ha l ' epatite C e per fortuna che in questo carcere - dice ancora Adriano - ancora somministrano l ' interferone , l ' unica terapia conosciuta per quel tipo di malattia " . In poche e terribili parole , la situazione è questa : negli ultimi anni la " popolazione carceraria " , cioè questo lazzaretto di abbandonati , ha tracimato oltre ogni argine , " perché soprattutto con la custodia cautelare - dice Pietro - si mette dentro gente per reati di ogni tipo e là - gira la testa in una qualche direzione - al giudiziario , si tagliano tutti i giorni , mentre qui al penale , dove sono quelli condannati in via definitiva , è un po ' più tranquillo " . " Si tagliano " significa autolesionismo : per essere notati , ascoltati , per non " essere partiti " , come si dice in gergo , un terribile transitivo che sta per essere trasferiti , nelle celle di punizione o in un altro carcere , ad ogni piccola " mancanza " . E mentre le carceri scoppiano , cioè , come dice pacato e preciso Ovidio , " funzionano da discarica sociale , in cui finisce tutto quel che la disoccupazione , la povertà , la crisi dello stato sociale provoca , in Italia e in tutto l ' Occidente " , il governo , appunto , taglia i bilanci . " Meno 30 per cento l ' anno scorso , meno 15 quest ' anno - enumera Adriano - quasi la metà in meno in due anni . E il primo settore ad essere tagliato è la sanità , ecco perché a Rebibbia digiunano i malati di Aids , tanto sono lì non perché li curino , ma per impedirgli di morire fuori dal carcere . E infatti il personale sanitario è in agitazione " . E gli educatori , tre per 295 detenuti a Pisa ; e gli agenti di custodia , che , " poveracci - dice Pietro - hanno alloggi quasi peggio delle nostre celle " , e comunque sono sempre pochi , pochi . Dopo tangentopoli . Allora , che si può fare ? Secondo Adriano , " solo un brusco calo del numero dei detenuti , dieci o quindicimila in meno d ' un colpo , può far ripartire il sistema carcerario in una direzione diversa . Ma non mi pare che questo sarebbe l ' effetto della legge Simeone di cui si parla in questi giorni . E d ' altra parte , dopo tangentopoli è una bestemmia anche solo parlare di amnistia , per la quale oggi ci vogliono almeno i due terzi dei voti del parlamento , come nemmeno per una riforma costituzionale . Come se in galera ci fossero loro , i grandi corrotti , e non questi poveretti , a cui è stata tolta anche questa concessione , questa grazia periodica . D ' Ambrosio ( magistrato milanese , ndr . ) ha avuto una buona battuta : ha detto che se si fa l ' amnistia verrebbero da tutta Europa , qui in Italia . E be ' , a parte che le pene , da noi , sono molto più alte che nel resto d ' Europa , e per esempio in Francia un reato come quello che ci ha condotti qui è prescritto dopo 15 anni , e noi siamo dentro dopo 25 , a parte questo , che io sappia , sono accorsi da tutta Europa solo Giorgio Pietrostefani e Toni Negri " . Ovidio aggiunge che sì , i progetti di legge servirebbero , come servirebbero regolamenti meno assurdi di quelli che proibiscono i libri rilegati e le giacche ( mi guarda e dice : " Lo sai che avevo una giacca come la tua ? Che nostalgia " ) e i cappotti , e se li concedono è a seconda della personalità e del tipo di reato , col risultato , dice Adriano , " che magari me ne andrò in giro con un bel cappotto di castorino , in mezzo a gente che trema per il freddo " , ecco , se il governo facesse il molto che può fare e il parlamento si sbrigasse , certo sarebbe un bene . Ma il problema della separazione , dell ' essere " distaccati e disseccati " , lo si può medicare solo se le associazioni , il volontariato , cioè il modo che la società inventa per difendersi , si allarga anche al carcere . E racconta : " Attraverso il vescovo di Massa e persone legate alla Caritas abbiamo creato , caso unico in Italia , un fondo cassa per i detenuti poveri , e a ciascuno diamo da trenta a cinquantamila lire al giorno ; si è sparsa la voce e molti hanno mandato soldi , oggi abbiamo quattro milioni , ma non bastano " . ( Questo , di conseguenza , è un appello : chi vuole mandare soldi , li può indirizzare a Athe Gracci , via tosco - romagnola 77 , Pontedera ; per informazioni invece si può telefonare al cercere di Pisa e chiedere della dottoressa Truscello ) . Il colloquio è già molto lungo , Tano chiede di mettersi qui e là per fare le foto , Pietro comincia a elencare aneddoti sugli anni settanta milanesi in cui lui compare sempre nella parte del cattivo , e ci ride sopra . Pende una domanda : e voi ? Proprio voi tre ? " Se avessi un ' idea di quel che faremo quando il digiuno di protesta nelle carceri si fermerà , te lo direi , onestamente te lo direi " , risponde Adriano . Quel che è sicuro è che tra la metà e la fine di novembre sarà depositata la richiesta di revisione del processo , " e lì vogliamo arrivarci in piedi " , aggiunge . Ma nove mesi sono passati , da quando si sono consegnati , e loro sono grati per tutto quello che si è fatto , le 160 mila firme , l ' assemblea di oggi a Roma , " ma uscire di qui - dice Ovidio - uscire in ogni modo , è un obbligo verso noi stessi , ed è un gesto di rispetto verso il diritto come dovrebbe essere " . " E ' chiaro - conclude Adriano - che andremo fino in fondo in tempi molto brevi " . Cade un silenzio , anche le Laika di Tano tacciono . Adriano chiede dello stato di salute del manifesto , ha sul tavolo la copia con la lettera aperta di Rossana Rossanda al presidente della repubblica . Non buono , rispondo , stato di salute non buono . Si apre la porta , i tre si alzano , ci salutiamo . Quando è sulla soglia , Adriano si gira e mi dice : " Resistete " .
Fascismi ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Norberto Bobbio è tornato nell ' ultimo numero di « l ' Espresso » a ragionare sull ' impossibilità del fascismo . È una esperienza storica conclusa , non si può ripetere . Anche a sospettare che Fini nasconda le più fosche intenzioni , non ci sono le condizioni perché le metta in atto . Qualche tempo fa Leonardo Paggi aggiungeva che è il contesto internazionale a rendere impensabile un fascismo italiano . Sono considerazioni giuste . Meno persuasivo è concluderne , come già aveva fatto Lucio Colletti , e ieri gli si sono affiancati Nilde Jotti e Augusto Barbera , che perciò Alleanza nazionale è una forza democratica , buon materiale di costruzione della seconda Repubblica . Qualche tempo fa anche Eugenio Scalfari , della cui severità verso il Polo della libertà non si può dubitare , ascriveva fra i non molti meriti di Berlusconi l ' avere « sdoganato » Fini . Ed è di pochi giorni fa l ' assoluzione del « New York Times » . Fascismo non è . E allora che cosa è ? Conviene chiederselo , nel momento in cui Alleanza nazionale si delinea come la struttura più consistente del Polo berlusconiano , capace di raddoppiare nel giro di un anno i massimi storici di voto del Msi , penetrando anche nel nord dove questo era stato men che marginale . Non basta dire che Alleanza nazionale è in qualche misura « radicata nel territorio » : fino a sei mesi fa questo pareva un limite , un segno del vecchio modo d ' essere politico , destinato a essere travolto dal messaggio mediatico e del resto perché An ha retto dove insediamenti semisecolari nel territorio sono crollati ? Ammesso che abbia digerito ogni nostalgia e si indirizzi verso spazi diversi dal passato , di che cosa li riempie ? Che cosa vuole ? In che cosa si identificano coloro che la votano ? Si fa presto a dire che se non è il fascismo che abbiamo conosciuto , vuoi dire che è democrazia ; che si fonda sul consenso elettorale e tanto ci garantisce . Anche Hitler s ' era fondato sul consenso elettorale , anche Perón . Non basta : il più proceduralista dei politologi sa che democrazia non è soltanto andare a votare , è una certa idea degli orizzonti e limiti della comunità politica . Qui il profilo del partito di Fini è assai sfuggente . Il suo non è un progetto liberale , il germoglio della famosa destra civilizzata ; non è che , sepolto Mussolini , prenda per riferimento Einaudi o Malagodi o La Malf a , e tanto meno Kelsen ; sarà se mai Cari Schmitt . Non nasconde l ' avversione per il liberismo federalista della Lega : e per questo l ' ha erosa a Brescia . Bossi strilla che Fini è statalista , dunque un residuato della prima Repubblica , che era appunto centralista , burocratica e spartitoria . Ma Bossi confonde : lo statalisimo di Fini non è burocratico e spartitorio , è totalitario . E in questo si separa dal plebiscitarismo di Berlusconi , per il quale lo Stato ha da essere quel minimo che garantisce all ' impresa di far quel che più le serve . Per Fini lo Stato è lo Stato , ordinatore delle gerarchie , garante del grande capitale e delle plebi . Per Berlusconi l ' Italia è un ' azienda , per Fini un destino . L ' ideale dell ' uno è un borghese approssimativo e gaudente , mollemente democratico , senza altri orizzonti che quelli del bilancio , quello dell ' altro è l ' italiano , che finalmente realizza se stesso , si distingue dagli altri , non perdona nulla all ' immigrato , preferisce che non ci sia . È vero che in altri tempi ha esagerato con gli ebrei , sicuro , gli va chiesto perdono , ma fermo restando che sono « altro » . Il suo nazionalismo è prudente , frena Tremaglia , ma chiede alla Slovenia di mettersi in ginocchio per essersi liberata dagli ustascia amici degli italiani . E pesca nelle acque non limpide degli « italiani all ' estero » . Si potrebbe continuare . Sta di fatto che An funge da guardia pretoriana al presidente che l ' ha sdoganata , ma non cela l ' ambizione di mangiarsi Forza Italia dalla testa alla coda , o per fusione o per sottrazione di voti . E già ora influisce sui suoi equilibri interni , mentre Forza Italia non intacca minimamente i suoi . Tra Fini e Berlusconi le parti previste dal signore di Arcore , quale sarebbe stata la corda e quale l ' impiccato , si sono invertite . Il loro vero cemento è l ' avversione per la sinistra - che per Berlusconi rappresenta il classico elemento di disturbo d ' una forza di lavoro ancora vagamente organizzata , di cui vanno ridotte pretese e libertà di manovra , per Fini l ' avversario storico , ideologico , la tentazione mai abbastanza sradicata d ' una società di uguali . Fini sopporta più facilmente la violenza dei naziskin - sono un fenomeno sociale , dice - che un popolo che si faccia con calma soggetto di autodeterminazione . Meglio un pizzico di sovversivismo , sale della società serialiazzata . Sono lineamenti riconoscibili . Dubito che appartengano alla democrazia . Un Terzo Reich non è in vista , ma sta ridisegnandosi nella società un volto che speravamo perduto . Beniamino Placido scriveva qualche tempo fa che i fascismi saranno superati , ma il fascismo risponde a una pulsione alla sopraffazione , da tener d ' occhio perché ha radici nel lato oscuro che sta in tutti . Condivido . Ma c ' è dell ' altro : essendo una pulsione umana , troppo umana , non effimera , cerca e produce ideologie forti . Di quella forza che sarebbe nelle origini , nel sangue , nel sacro , nell ' indeclinabile - e prefigura comunità di eletti , rifiutando la massificazione . Se il fascismo lusinga certe rozzezze è perché la plebe vuol essere guidata e foraggiata come il cavallo dal padrone , ma il signore non ha altre regole che quelle che si impone . E trova iscritte in qualche eternità . È comprensibile che di fronte a una infinita problematicità del senso , affascini il suggerimento che da qualche parte c ' è un segno , per tutti ma visibile soltanto agli eletti , rassicurante e non omologante . Si tratta di discernerlo e seguirlo per coloro che sanno leggere . Non soli ma esoterici . Curioso come questa tentazione sia stata anch ' essa sdoganata dalla postmodernità stanca di responsabilizzazioni totali . Nessun automatismo lega il fascino del segno alla pratica dei fascismi , ma non c ' è fascismo senza il segno - un ordine simbolico signorile , iscritto prima dei tempi . Questo segno affascina . Hermann Hesse non è stato nazista , anzi con il nazismo ha avuto dei guai . Ma è dallo stesso humus germanico che è nato Siddharta , un libro che da anni non esce dalle classifiche , uno dei più letti dalla generazione giovane . Non avrà la stessa fortuna , forse , il suo romanzo più bello , Demian , da poco uscito da Marsilio , storia d ' un contemporaneo figlio di Caino : anche lui porta un segno , ed è tanto più splendente dei figli di Abele . Niente è semplice . L ' anno scorso un liceo francese ha imposto alle studentesse di religione musulmana di venire a scuola senza il velo . Al rifiuto delle famiglie , le ha espulse . Quest ' anno i foulards si sono moltiplicati , forse anche per quella interdizione , e piovono provvedimenti analoghi . L ' anno scorso la reazione di Sos - racisme era stata aspra : vergogna , lo stato calpesta un segno di identità . Quest ' anno , Sos - racisme ha capovolto la linea : è bene che la scuola sia laica , il laicismo implica che non vi si faccia proselitismo per nessuna fede o religione che non sia quella della repubblica , cioè una metodologia di convivenza . Se i musulmani impongono il chador , i cattolici potrebbero reintrodurre il crocefisso , storicamente estromesso . Sono seguite divisioni e inasprimenti delle comunità musulmane : per l ' appunto , se accettassimo l ' ideologia della laicità ci assimileremmo a un ' idea di comunità che non è la nostra . Sos - racisme replica : non fatevi assimilare ma accettate che il paese dove andate difenda spazi per così dire agnostici , se no come si convive ? E chi vuoi convivere , risponde a voce più bassa il fondamentalismo : le ragazze portino d ' ora in poi il chador non come segno di appartenenza , ma come segno di militanza . E le donne in questione ? Le femministe esitano fra la difesa delle differenze e l ' universalismo della libertà femminile di Taslima Nasreen . Le ragazze che vanno a scuola non parlano , o non sono interrogate o non gli è permesso . Il padre e la madre impongono il foulard , che nasconde i capelli , la fronte , la parte inferiore del viso , il collo , la scuola impone di toglierlo . Se tengono il foulard la scuola le esclude . Se lo tolgono , sono escluse dalla famiglia e dalla comunità . Quelle che l ' avevano tolto per propria scelta già da tempo sono oggi incastrate tra fedeltà o tradimento della loro gente e fedeltà o tradimento di una idea di sé che credevano di aver conquistato . Da una trappola all ' altra .
Prodi ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Raramente mi è successo di raccogliere tante lodi e tanti rimproveri come per aver scritto che a me Prodi va bene . Mi si rimprovera di cancellare cuore e ragioni della sinistra appiattendola a un cattolico democratico , mi si elogia perché finalmente avrei smesso di essere una massimalista che insegue il tanto peggio tanto meglio . Mi voglio rovinare : tutte chiacchiere , andiamo al sodo . Che cosa sono oggi le sinistre ? Che cosa vogliono ? Se non riescono a proporre un proprio candidato capace di raccogliere dal 40 al 50 per cento dei voti è perché non hanno una risposta sul dove vorrebbero che andasse il paese . Berlusconi non ha vinto perché era un Grande comunicatore , ma perché comunicava a un ' Italia con il Pci in caduta libera e il Caf in galera che l ' avrebbe portata sulla via liberista . Prodi comunica che si può avere un sano liberismo , ma corretto da misure di solidarietà , perché , differentemente da Berlusconi , non racconta che il processo sarà indolore . Che proporrebbe invece l ' ipotetico candidato delle sinistre ? Fino a dieci anni fa quel che la sinistra voleva era abbastanza chiaro , e per questo , pur non superando mai il 30 per cento , influiva su alleati e avversari , pesava sulla bilancia delle decisioni . Quando il Polo strilla che i comunisti erano e sono dovunque e dovunque vanno sradicati , esprime un abito mentale fascistoide , per cui chiunque fino a ieri era agente di Mosca oggi lo sarebbe di D ' Alema , ma evidenzia una verità : un senso comune di sinistra ha avuto una vera egemonia in questo paese . In che consisteva ? In politica , in un ' idea forte della rappresentanza , nella persuasione che potevano e dovevano avere una voce tutti e sempre , non solo al momento delle elezioni . In tema di società , in un ' idea forte della cittadinanza , per cui ogni italiano aveva diritto a lavorare , a essere istruito e curato , e doveva esserne assicurato nei mezzi per farlo . Nessuna delle due cose era venuta da sé , c ' erano volute la crisi del 1929 e una guerra . Non andava da sé che fossimo un paese di ricche contraddizioni , donne e uomini , deboli e forti , ricchi e poveri , cattolici e laici o altre religioni , Nord e Sud : e che queste differenze si esprimessero anche in conflitti , condotti dalle rappresentanze politiche ma anche da quelle sociali dirette . Né che esse volta a volta trovassero un provvisorio punto di arrivo , o avanzata , o sconfitta , o mediazione in una società articolata che non delegava tutti i poteri a una oligarchia verificata ogni quattro o cinque anni , e in una idea del « pubblico » , statale o comunale o regionale , che fungesse anche come compensatore degli squilibri . Era la democrazia partecipata , il « non americanismo » italiano . Questi princìpi hanno retto l ' Italia dal dopoguerra agli anni ottanta e in essi la sinistra - assai poco « comunista » nel senso filologico della parola - è cresciuta , e ha funzionato anche da frusta dello sviluppo , tanto è vero che siamo nel club riservato dei G-7 . Questi stessi princìpi sono andati in crisi nel corso degli anni ottanta e il 27 marzo scorso si è tentato di abbatterli . Ma quale partecipazione ? Ci vuole un esecutivo forte e un cittadino che vota ogni quattro o cinque anni per dire sì o no e per il resto non disturbi il manovratore . Ma quali diritti sociali o di cittadinanza ? I diritti sono solo politici ; per il resto il diritto dei diritti , il pilastro della società è l ' impresa , e lavoro casa scuola assistenza sono sue variabili dipendenti . Lo Stato , il « pubblico » come luogo di compensazione , garante di una qualche uguaglianza sui beni essenziali , si tolga di mezzo . La sinistra ha subìto questa ondata , non difende l ' ottica di prima e per questo ha perduto , se non voti , la capacità di essere un riferimento anche oltre il proprio ambito . Perciò si divide , non solo tra Pds e Rifondazione e soggetti politici minori , ma anche fra soggetti sociali maggiori , che in qualche modo hanno tentato di declinare in forme diverse quei princìpi e quei bisogni - vale anche per il pensiero delle donne - e per questo non c ' è oggi un candidato delle sinistre . Perché è avvenuto ? È una storia di errori o tradimenti , come mi scrivono alcuni compagni ? È una modernizzazione fatale , come pensano altri ? Io non credo né ai tradimenti né alle fatalità . Credo che ci sia stato un franamento del terreno sul quale la sinistra della mia generazione è cresciuta . Era il terreno dello sviluppo , magari cattivo ma certo , in cui ormai stavamo e nel quale i nostri diritti , politici e sociali , erano in qualche misura garantiti . Mi spiego . Eravamo persuasi che il capitalismo comportava una crescita allargata di beni , dunque di lavoro , dunque di consumi . Ci dividevamo dopo : i comunisti la trovavano brutale , a prezzi sociali troppo elevati , con inuguaglianze feroci ; i riformisti ritenevano di poterle alleviare con forme pubbliche di redistribuzione all ' interno e aiuti al terzo mondo e all ' estero ; i nuovi soggetti degli anni settanta ne contestavano la natura di per sé alienante , consumista , gerarchica , maschilista . Ma sviluppo era e , con morti e feriti , andava unificando il mondo . Oggi non lo è più . Oggi la crescita di produzione e di merci si fa per un mercato alto e ristretto , quindi come non mai competitivo , cui la mondializzazione permette di reclutare manodopera a prezzi stracciati e la tecnologia di risparmiarne una grande quantità . L ' Europa sta diventando un continente senza lavoro . Vorrei sommessamente pregare la sinistra di partire da qui . Non è problema « economico » , di « economicismo » , o come dicono i miei amici ex operaisti di « lavorismo » ; le democrazie moderne fondano la pienezza della cittadinanza non più sulla proprietà ma su un possesso di sé , una non dipendenza , che piaccia o non piaccia nel capitalismo passa per l ' accesso a una remunerazione del lavoro . Il resto è capitale , rendita o dipendenza , come quella della donna che non lavora o dei bambini . E infatti chi non lavora è tendenzialmente un escluso . Vorrei sempre sommessamente aggiungere che l ' Italia è arrivata a questa stretta in una condizione paradossale : negli anni in cui gli altri paesi si omogeneizzavano relativamente nella crescita , noi siamo rimasti con larghe zone deindustrializzate , che si riproducono tuttora in un Nord e Nordest fortemente dinamico e in un Sud immobile , per cui il lavoro cessa di estendersi prima di essere arrivato a riempire il bacino del paese . Ma avevamo una forte sinistra , con una forte combattività , e lo Stato ha funzionato non solo da mediatore dei conflitti ma da compensatore nelle sacche che le tendenze proprie del mercato o dell ' impresa lasciavano fuori . Non è molto intelligente deridere l ' industria di Stato o la pubblica amministrazione come mero clientelismo , senza capire che hanno svolto un ruolo di supplenza a uno sviluppo inuguale e manchevole . Si potrebbe , anzi si dovrebbe analizzarne le conseguenze , ma va capito da dove è venuto il nostro specifico compromesso sociale , e perché a un certo punto è diventato un terreno da un lato di paralisi e dall ' altro di corruzione . Questo modello la destra lo vuole abbattere . Ma non estendendo la crescita , per brutale che sia : non può più , se vuole restare mondialmente competitiva . Punta dunque a una progressiva separazione tra parti trainanti e parti , per così dire , in perdita , lasciate indietro . Le scelte del Polo - per esempio niente tasse , riduzione del peso del lavoro , dei contributi e delle pensioni , l ' estensione della spesa pubblica - sono andate in questa direzione , seguendo il percorso già delineato da Amato - Ciampi . La Lega nord è una formazione spuria ma dentro a un ' ipotesi nordista ; non raccontiamoci che è un interessante invito all ' autogoverno , è la presa d ' atto che l ' unificazione del tessuto nazionale sotto il profilo produttivo non c ' è stata , e il rifiuto di porla come obiettivo . Ma la sinistra come la mette ? Mi pare che neppure ne parli . Ne parlano in Germania , Francia e Gran Bretagna , pure meno squilibrati di noi , ma in Italia è il silenzio . Non parlarne significa stare alla scelta dei G-7 , che è la scelta abbozzata da Amato e Ciampi e portata avanti da Berlusconi . Il Pds non riesce a dirci in che cosa se ne differenzierebbe . Rifondazione dice che si batterà con tutti coloro che questa scelta umilia offende ed esclude . Ma vogliamo dirci per quale crescita o sviluppo , oppure non - crescita siamo ? Come pensiamo di condizionare o modificare il trend attuale ? Alzando dei grandi muri fra l ' Italia e il resto del mondo o facendo uso di strumenti politici radicali per stare nel mondo ma contrastare le tendenze che abbiamo di fronte ? Che cosa pensiamo dell ' attuale conglomerato sociale , come distinguiamo le corporazioni dalle classi , i ceti , i bisogni ? A chi proponiamo di aggregarsi e su quale obiettivo ? Come la mettiamo con l ' Europa ? Come la mettiamo con il debito pubblico in presenza di una rendita diffusa e di una circolazione di capitali del tutto incontrollata ? Non mi si risponda che tutto è chiaro . Non è chiaro nulla , per questo metto ostinatamente al centro questo problema e mi inquieta una sinistra , vecchia o nuova , che non lo veda . Per questo non mi appassionano i calcoli sulle leggi elettorali , non perdo i sensi sui sondaggi e non mi va di arricciare il naso perché Prodi non è un rivoluzionario . Non vedo molti rivoluzionari in giro . Mi basta che non mi rompa le ossa e non neghi che oggi il dilemma centrale , e ormai quasi mortale , che l ' Europa ha davanti è questo . Sta a noi affrontarlo , di tempo se n ' è perduto fin troppo .