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> anno_i:[1970 TO 2000}
Superman assente ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
L ' organismo vivente è programmato come un calcolatore elettronico . Come un calcolatore , esso ha una memoria costituita dai messaggi ereditari che gli vengono trasmessi , attraverso i geni , dai suoi genitori ; e , come il calcolatore , è costituito da un progetto cioè da un piano che regola fino ai minimi particolari la sua formazione . Per queste analogie , la teoria dell ' informazione trova eguale applicazione nella cibernetica e nella biologia . Ma esistono anche differenze sostanziali tra il programma cibernetico e il programma genetico . Il primo si può modificare a volontà , perché l ' informazione registrata su nastro magnetico si aggiunge o si cancella a seconda dei risultati ottenuti ; il secondo invece , iscritto com ' è nella struttura stessa della cellula , non può essere modificato dall ' esperienza e resta quindi immutato nel succedersi delle generazioni . Le istruzioni della macchina non regolano la sua struttura fisica e i pezzi che la compongono ; quelle dell ' organismo invece regolano la produzione degli stessi organi incaricati dell ' esecuzione del programma . Anche se fosse possibile costruire una macchina capace di riprodursi , essa darebbe luogo soltanto a copie esatte di se stessa e dopo qualche generazione degenererebbe verso il disordine statistico . L ' essere vivente , invece , non è mai la copia dei genitori quali sono al momento della procreazione : è un essere nuovo , che ripercorre nell ' intero ciclo la vita dei genitori . Il programma genetico , inoltre , non è mai assolutamente rigido : spesso impone soltanto limiti all ' azione dell ' ambiente sull ' organismo o dà a quest ' ultimo il potere di reagire in un certo modo all ' ambiente . Nell ' ampliarsi di questi limiti , nella loro maggiore elasticità si può scorgere la direzione verso cui muove l ' evoluzione , nonostante i suoi errori , i suoi vicoli ciechi e il suo procedere a caso . Tale almeno è l ' opinione di François Jacob ( La logica del vivente , ed. Einaudi ) che ebbe nel 1965 il Premio Nobel insieme con Jacques Monod , l ' autore di Il caso e la necessità pubblicato quasi contemporaneamente a questo libro . L ' evoluzione , secondo Jacob , è caratterizzata dalla sua « apertura » , dalla sua tendenza a rendere più elastica l ' esecuzione del programma genetico , che permette all ' organismo di sviluppare i suoi rapporti con l ' ambiente e di estendere il suo raggio d ' azione . Questo è proprio ciò che è avvenuto , al grado massimo , nell ' uomo e ha reso possibile la costruzione di quel mondo della cultura che è un nuovo livello di vita ed è capace di reagire sulla stessa evoluzione biologica : « Di tutti gli organismi viventi , scrive Jacob , è l ' uomo quello che possiede il programma genetico più aperto ed elastico . Ma dove si arresta l ' elasticità ? In quale misura il comportamento umano è prescritto dai geni ? A quali restrizioni ereditarie è sottoposto lo spirito umano ? » . Queste domande sono lasciate da Jacob senza risposta perché , allo stato attuale degli studi , non possono averne . Non si conoscono , in altri termini , con esattezza i gradi di libertà che il codice genetico consente all ' uomo : non si ha quindi un criterio sicuro per discernere , tra le possibilità diverse che la sua vita culturale gli fa intravedere , quelle che la sua organizzazione biologica gli consente di realizzare e quelle che esclude . Ma un punto , tuttavia , è chiaro per Jacob come per Monod . Lo sviluppo culturale ha annullato o estremamente limitato la funzione della selezione naturale nella trasformazione dell ' uomo . Monod ha insistito sulle conseguenze disastrose che ha nella nostra società la soppressione della selezione naturale che favoriva , nelle età precedenti , la sopravvivenza del più adatto . E , come rimedio , ha proposto la « selezione delle idee » cioè la eliminazione di tutte le credenze e le ideologie che contrastano con l ' obbiettività e la serenità della conoscenza scientifica e minano i valori su cui essa si fonda . Jacob invece rimane estraneo a questo umanesimo scientifico . Da un lato , infatti , è meno dogmatico di Monod nel riconoscere carattere definitivo allo stato attuale della scienza . « Oggi , egli dice , viviamo in un mondo di messaggi , di codici , di informazione . Quale ulteriore analisi scomporrà domani gli oggetti della nostra conoscenza per ricomporli in una nuova dimensione ? Quale nuova bambolina russa ne emergerà ? » . Sono le ultime parole del suo libro . Dall ' altro lato , Jacob dà più credito a quella che oggi si chiama l ' « ingegneria genetica » . Ritiene possibile che un giorno si potrà intervenire sulla costruzione del programma genetico per correggere certi difetti e inserire alcune aggiunte : che si riuscirà forse anche a produrre , a volontà e nel numero di esemplari desiderato , la copia esatta di ogni individuo : un uomo politico , un artista , una reginetta di bellezza , un atleta . Monod respinge nelle chimere fantascientifiche queste alternative . « Si potranno , egli dice , trovare palliativi per certe tare genetiche , ma solo per l ' individuo colpito , non per la sua discendenza . La genetica molecolare moderna non solo non ci offre alcun mezzo per agire sul patrimonio ereditario e arricchirlo di caratteri nuovi , per creare un superuomo genetico , ma ci rivela la vanità di questa speranza : la scala microscopica del genoma vieta per il momento e forse per sempre tali manipolazioni . » Questi opposti punti di vista di due scienziati , che condividono la stessa impostazione generale della biologia e lavorano nello stesso campo , riflettono il contrasto di opinioni che si è venuto determinando nel mondo moderno intorno al futuro della scienza e della tecnologia in generale . Gli ottimisti ritengono che alla scienza è affidato il futuro dell ' uomo perché essa sarà capace di migliorare la qualità della vita e di consolidare la dignità dell ' uomo . I pessimisti prevedono per l ' uomo e per il suo ambiente le conseguenze più disastrose dal rafforzamento e dall ' ampliamento dei mezzi tecnici della scienza . Il pubblico grosso sembra inclinare al pessimismo : il numero degli astrologi , dei maghi , di coloro che difendono contro la scienza le vecchie concezioni animistiche e antropomorfiche dell ' universo , è in crescente aumento . L ' oscillazione , dalla quale l ' umanità è sempre stata tentata , fra il tutto e il nulla , trova in questi atteggiamenti la sua espressione più critica . O la scienza è tutto , cioè è capace di risolvere tutti i problemi presenti e futuri dell ' uomo ; o non serve a nulla ed è meglio ritornare alle antiche credenze . Questa alternativa è puerile e pericolosa . La scienza , certo , non è tutta la vita dell ' uomo , la sua forma attuale non è quella definitiva e , molto probabilmente ( se è vera la lezione del passato ) una forma definitiva non l ' avrà mai . Ma , dall ' altro lato , la rinunzia alla scienza porrebbe l ' uomo completamente allo scoperto di fronte ai pericoli che lo minacciano da ogni parte . Quel certo grado di conoscenza obbiettiva , che l ' uomo ha saputo conquistare attraverso una lunga vicenda di pericoli e di lotte è ancora lo strumento migliore di cui dispone per la sua sopravvivenza . Occorre solo che continui a coltivarlo , che non lo ritenga perfetto e che soprattutto impari a servirsene nei modi che sono più conformi al suo benessere e alla sua dignità . E , per quest ' ultimo scopo , la « saggezza » , di cui gli antichi parlavano , è certamente essenziale : una saggezza che ignori il tutto ed il nulla , che sia fatta di modestia e costanza , e soprattutto riconosca i limiti e gli autentici bisogni dell ' uomo .
Arte contro religione ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
A chi abbia anche una scarsa familiarità con l ' arte contemporanea può apparire sorprendente la definizione che György Lukács dà dell ' arte nella sua Estetica ( 1600 pagine ora tradotte presso l ' Editore Einaudi : il solo primo volume dell ' opera che dovrebbe comprenderne altri due ) : l ' arte è il rispecchiamento della realtà . Coloro che visitino qualche galleria o mostra d ' arte contemporanea o siano appena al corrente della varietà di indirizzi , di stili e di gusti che sono proposti , difesi e illustrati da artisti e da critici , si rendono subito conto che « il rispecchiamento della realtà » è ciò di cui l ' arte contemporanea si preoccupa meno , anche quando non lo rifiuta esplicitamente o non lo disprezza come una degradazione dell ' arte . E , d ' altronde , non è quello un altro nome dell ' imitazione ( o mimési ) che già Platone e Aristotele consideravano come la sola funzione dell ' arte e che l ' estetica moderna , da Vico in poi , ha combattuta e respinta ? Lukács ritiene che non solo l ' arte , ma tutta la vita umana , in tutti i suoi aspetti , non fa che rispecchiare la realtà . Solo questa tesi , egli dice , consente di respingere definitivamente l ' idealismo , che considera la realtà come la creazione della coscienza . E solo il rifiuto dell ' idealismo consente di negare alla realtà il carattere sovratemporale o atemporale , cioè « eterno » , e di considerarla come mutamento e divenire , cioè come storia . L ' intera opera di Lukács è stata e rimane diretta soprattutto alla difesa dello storicismo ; cioè di una concezione che vede nel mondo una realtà che si sviluppa e diviene con un ritmo razionale o dialettico e che perciò coincide con lo sviluppo e il divenire della Ragione . Non per nulla egli è stato frequentemente accusato di idealismo da parte dei suoi critici marxisti e non marxisti , nonostante le sue pretese di essere un materialista seguace di Marx e Lenin . Ma , dal suo punto di vista , l ' arte non è rispecchiamento nel senso di essere la copia fotografica della realtà . La realtà è in continuo mutamento per opera del lavoro umano , e della scienza che ne continua e rafforza l ' azione . L ' arte rispecchia a ogni istante questo mutamento , lo simboleggia , quale esso è qui e ora , e ne coglie la radice profonda che sta nella stessa umanità dell ' uomo . Quando Lukács dice che l ' arte rispecchia la realtà , intende per « realtà » il rapporto indissolubile uomo - mondo . Questo rapporto è mediato dal lavoro . Una cosa naturale diventa un oggetto solo in quanto diventa oggetto di lavoro o mezzo di lavoro , sicché solo con il lavoro nasce un autentico rapporto tra l ' uomo e il mondo . Lukács su questo punto non vede alcuna differenza tra Hegel e Marx : afferma che « solo la teoria hegeliano - marxiana dell ' autocreazione dell ' uomo attraverso il proprio lavoro » ha messo in luce il principio che ( secondo le parole di Gordon Childe ) « l ' uomo crea se stesso » . Il rispecchiamento dell ' arte è allora il rispecchiamento di questa autocreazione : e cioè la via , sia pure obliqua , approssimativa e imperfetta , attraverso la quale l ' umanità giunge alla propria autocoscienza . Anche quando l ' arte rappresenta , o si propone di rappresentare , cose o eventi del mondo naturale , pretendendo di esserne la semplice copia fotografica , essa include nel suo prodotto ( sia esso romanzo , poesia o raffigurazione ) un rapporto inscindibile della cosa o dell ' evento con l ' umanità e precisamente con quel momento della storia di essa , cui l ' artista appartiene . « L ' oggetto di questo rispecchiamento - scrive Lukács - deve apparire non soltanto come è in sé , ma anche come momento dell ' interazione fra società e natura , fra le sue cause e le conseguenze nella società . Nella posizione degli oggetti , comprende quindi anche il rapporto umano , la reazione umana agli oggetti stessi . » Non è indispensabile che l ' artista abbia consapevolezza di questo rapporto , che è l ' oggetto autentico della sua arte , giacché anche se lo nega , esso è presente a lui come uomo che vive tra gli altri uomini e nel mondo . Ma se tutta la vita è un rispecchiamento della realtà , in che modo l ' arte si distingue dalle altre forme dell ' attività umana , e per esempio dalla scienza ? Fin dai suoi primordi nel mondo greco , la scienza ha cercato di « disantropomorfizzare » il mondo , cioè di interpretarlo prescindendo da ogni carattere o attività umana . Questo disantropomorfizzare conferisce alla conoscenza scientifica la sua validità oggettiva e ne fa uno strumento indispensabile per l ' esistenza umana nel mondo : ma essa accentua pure il distacco , anzi la frattura , tra il rispecchiamento scientifico e il rispecchiamento estetico . La scienza vede nella natura un oggetto completamente indipendente e staccato dall ' uomo ; l ' arte vede nella natura un oggetto che è in rapporto essenziale con l ' uomo : un rapporto sociale , perché mediato dal lavoro e dalle relazioni tra gli uomini che il lavoro comporta . Perciò l ' oggetto , di cui si occupa l ' arte , non è la natura nella sua universalità né l ' individuo nella sua particolarità : è piuttosto un tipo nel quale il rapporto uomo - natura si specifica in un dato momento della storia . Ma , dall ' altro lato , l ' arte si allea alla scienza contro la religione in quanto entrambe tendono ad eliminare dal mondo il soprannaturale , l ' eterno , il trascendente . La scienza e l ' arte , secondo Lukács , sono gli organi creati dall ' umanità per se stessa , per conquistarsi la realtà , per sottometterla , per trasformarla in un possesso durevole e sempre disponibile del genere umano . Ma la scienza può procedere su questa via solo fino ad un certo punto : si rifiuta di dare una « visione del mondo » , si avvale soprattutto di astratti strumenti o di modelli matematici , e così lascia ancora libero il campo al bisogno religioso . Solo l ' arte può liberare definitivamente l ' uomo da tale bisogno e realizzare la catarsi definitiva . Solo la catarsi estetica rivelerà all ' uomo la sua vera essenza , facendogli vedere che la storia è fatta da lui stesso , e non da una forza trascendente , e dandogli l ' autocoscienza che gli permette di viverla e di parteciparvi in quanto lotta di forze e debolezze umane , di virtù e di vizi umani . Lukács identifica perciò l ' avvenire socialista della società umana con il trionfo dell ' arte . Solo l ' arte porta l ' uomo alla coscienza dei suoi rapporti con gli altri uomini , gli fa scorgere la propria essenza e gli consente di rispondere al vecchio imperativo del « conosci te stesso » . Ma « conoscere se stesso » significa per l ' uomo riconoscersi come l ' unico Soggetto della storia , come la vera e sola divinità che domina e dirige lo sviluppo progressivo della società umana . Come autocoscienza dell ' umanità , l ' arte non solo tende a eliminare il bisogno religioso che fa appello a una Realtà trascendente , sia pure indefinita o indefinibile , ma anche limita e subordina a sé le altre attività umane , il lavoro e la scienza . E perché non l ' economia e la politica ? Questa estetica di Lukács non è un ' analisi dei fenomeni artistici ma un sistema di filosofia che , sulla scia del romanticismo del secolo scorso , scorge nell ' arte il solo strumento adeguato per la conoscenza dell ' Assoluto . Le strutture economiche e sociali , per quanto episodicamente richiamate da Lukács , perdono ogni importanza in questo contesto . Sembra che tutte le speranze dell ' uomo , per uscire dalle strettoie in cui oggi si trova e dai conflitti che lo tormentano , debbano appuntarsi sull ' arte . Ma questa esaltazione dell ' arte , questa specie di delirio idealistico , non è una fuga dalla realtà più che esserne il rispecchiamento ?
L'arte e il caso ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Un bambino galoppa fieramente su un manico di scopa come su di un cavallo : questa è la prima o più lontana radice dell ' arte , secondo Ernst H . Gombrich , uno dei più colti e acuti storici e interpreti contemporanei dell ' arte , un cui volume di saggi è stato ora pubblicato in italiano ( A cavallo di un manico di scopa , Saggi di teoria dell ' arte , ed. Einaudi , 1971 ) . La radice dell ' arte non è ancora l ' arte : il manico di scopa non è ancora un ' immagine artistica , è soltanto un sostituto del cavallo . Ma se il bambino sente il bisogno di aggiungere due occhi , un muso , due orecchie affinché il suo manico di scopa si avvicini alla rappresentazione comune del cavallo , l ' arte comincia a nascere nella sua forma primitiva che è quella appunto dell ' immagine , e non è più un surrogato dell ' oggetto reale , ma qualcosa che lo evoca o lo simboleggia richiamandone i tratti . Nello scegliere e nel segnare questi tratti , l ' artista non è mai l ' occhio innocente che vede il mondo qual è : se fosse tale , sarebbe paralizzato e travolto dal caos di forme e di colori che gli si para dinanzi . Non può allora che assumere come punto di partenza « il vocabolario convenzionale delle forme basilari » , cioè gli schemi o le forme che trova già bell ' e fatti nel mondo comune di percepire e rappresentare le cose e che è proprio del mondo o della civiltà cui appartiene . E così , secondo Gombrich , appena uscita dalla fase del cavalluccio a manico di scopa ( la fase del surrogato ) , l ' arte acquista la libertà di scegliere i tratti da fissare nell ' opera e deve fare appello alla collaborazione di chi la contempla , affinché questi possa evocare , sulla falsariga dei suggerimenti che essa gli dà , l ' immagine concettuale che gli sta davanti . « La macchia che nel dipinto di Manet - dice Gombrich - sta a rappresentare un cavallo , è altrettanto lontana dall ' imitarne la forma esterna quanto lo è il nostro cavalluccio a manico di scopa . Eppure Manet l ' ha congegnata con tanta abilità che essa evoca per noi l ' immagine di un cavallo ; a patto , beninteso , che ci sia la nostra collaborazione . » Il passaggio dal surrogato di un oggetto utilizzabile ( come sarebbe il manico di scopa che fa da cavallo ) ad un ' immagine rappresentativa della realtà veduta o sperimentata ( cioè all ' arte naturalistica ) segna perciò , secondo Gombrich , l ' inizio della libertà dell ' artista . Esso infatti elimina l ' esigenza di incorporare nella sua opera tutti i tratti essenziali dell ' oggetto e fa di essa « un appunto che fissa ciò che l ' artista ha visto o avrebbe potuto vedere » e che lo spettatore , partecipando al gioco , completa con la sua fantasia , aggiungendovi i tratti che l ' oggetto reale possiede . Il che vuol dire che , proprio quando l ' arte si propone di rappresentare la natura o i procedimenti naturali , l ' arte perde la sua passività nei confronti della natura stessa , acquista la libertà di scegliere tra gli infiniti tratti che possono caratterizzare un oggetto e fa appello alla libertà interpretativa dello spettatore . Questa conclusione è solo apparentemente paradossale , perché la psicologia moderna ha mostrato che la percezione degli oggetti naturali non è la registrazione passiva di essi , ma piuttosto una costruzione attiva che utilizza , a seconda dei casi , questo o quel tratto caratteristico ; e che questa costruzione tende a fissarsi in forme convenzionali più o meno accettate da tutti , esattamente come le parole della lingua corrente . Alla psicologia , come alla psicanalisi , allo strutturalismo e alla teoria dell ' informazione , il Gombrich attinge per rispondere in modo non sempre chiaro , ma sempre suggestivo , alle domande cruciali che oggi si pongono sulla natura dell ' arte . È , l ' arte , assoluta libertà creativa ? È l ' espressione del sentimento ? O è invece comunicazione e trasmissione di messaggi ? Alla prima domanda , la risposta è già implicita in quanto si è detto . L ' arte non è , come voleva Schopenhauer , il « puro occhio del mondo » che guarda le cose con perfetta innocenza ; e non è neppure la creazione dal nulla di un mondo nuovo . È , in ogni caso , una costruzione artigianale che attinge dalla natura i suoi materiali , scegliendoli e combinandoli assieme . Ma neppure in questa scelta e combinazione l ' artista è assolutamente libero . Le forme convenzionali che gli oggetti hanno assunto nella percezione comune e nell ' arte del suo tempo lo condizionano , anche se egli tenta di reagire ad esse e di trasformarle . Gombrich cita l ' osservazione di Wòlfflin che tutti i quadri devono di più ad altri quadri che non alla natura ; e per suo conto osserva che anche l ' artista che si strugge dal desiderio di sottrarsi alla convenzionalità rivela , perciò stesso , l ' importanza che la convenzionalità delle forme ha per la sua opera . In secondo luogo , la vecchia definizione romantica dell ' arte come « linguaggio delle emozioni » non rende conto della struttura delle opere d ' arte ; né l ' artista dispone di mezzi infallibili per comunicare le sue emozioni , di un equivalente naturale , quasi mandato da Dio , tra la loro totalità e le forme in cui esse si esprimono . Egli sceglie nella sua tavolozza , fra i colori disponibili , quello che gli sembra che si accosti di più all ' emozione che desidera esprimere ; ma molti degli strumenti tecnici di cui l ' arte si è avvalsa a questo scopo son nati forse per caso e potrebbero essere sostituiti da altri . Così è probabile , ad esempio , che il nero sia interpretato come espressione di tristezza , solo se si sa già che esiste una scelta fra due possibilità di cui una esprime tristezza e l ' altra gioia . L ' esistenza di possibilità diverse , note sia all ' artista che allo spettatore , avvicina l ' opera d ' arte al messaggio di cui parla la teoria dell ' informazione : giacché tali possibilità costituiscono il codice comune all ' artista e allo spettatore . In generale , i messaggi contengono informazioni solo in virtù della loro capacità selettiva : agiscono sulle possibilità alterne che costituiscono il dubbio di chi le riceve . L ' artista può presentare questi messaggi in cifre volutamente imbrogliate fino a renderli inintelligibili e così scuote l ' inerzia delle nostre convenzioni e il torpore delle nostre abitudini . Ma né comunicazione né espressione possono funzionare nel vuoto . « Tanto chi trasmette come chi riceve ha bisogno di essere guidato , nella giusta misura , dice Gombrich , da una schiera di possibilità alterne fra le quali una scelta può diventare espressiva . » O , in altri termini , un artista può infrangere una certa struttura o riformare un certo codice di messaggi solo proponendone altri , seppure in forma approssimata od oscura e suscettibile d ' interpretazioni diverse . Da questa trama concettuale , che regge i saggi di Gombrich , il quale ( è bene notarlo ) non muove da alcuna pregiudiziale contro questa o quella forma dell ' arte contemporanea , emerge una constatazione che Gombrich stesso ha fatto solo di sfuggita : il riconoscimento della funzione del caso nell ' arte . Non è solo la fisica o la biologia , l ' informatica o la teoria dei sistemi , che devono ammettere l ' esistenza del caso : anche la teoria dell ' arte lo esige . Oggi come non mai , l ' arte cerca nuove forme di espressione e di comunicazione , nuove finestre da cui guardare il mondo : procede per tentativi il più delle volte condotti a caso , in tutte le direzioni possibili , cercando di stabilire codici interpretativi più o meno chiari che possano sostituire quelli già esistenti . Come tutti i tentativi , alcuni possono riuscire e altri no : l ' arte si appiglia a tutte le possibilità disponibili e cerca di scoprirne di nuove . Il suo successo non è garantito in anticipo . Giustamente Gombrich si pronunzia contro la credenza nella « marcia inesorabile del progresso » , secondo la quale tutto ciò che è nuovo sarebbe un passo in avanti . Si tratta invece di esplorare e sperimentare , esattamente come si fa nella scienza , anche se il criterio della riuscita non è così preciso come quello che la scienza pretende . Inoltre il successo di un esperimento non sempre coincide con il plauso del pubblico . Ma in ogni caso , per l ' arte come per la teoria dell ' arte , si tratta di trovare possibilità interpretative e espressive che siano realmente tali e ogni opera d ' arte è una specie di test che mette a prova il valore di queste possibilità . Nel mondo del caso , anche l ' arte cerca una qualche struttura o un qualche ordine , che però rimane instabile e non elimina mai del tutto il pericolo dell ' insuccesso e della frustrazione .
Tra stregonerie vecchi e nuove ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Si crede comunemente che la stregoneria sia un insieme di credenze superstiziose , proprie di società primitive o ( come si diceva ) di « popolazioni selvagge » ; e si potrebbe credere che , nel nostro tipo di civiltà , sia un ricordo del passato , oggetto solo di interesse storico o di curiosità svagata . Gli ultimi processi alle streghe furono infatti celebrati in Europa prima della Rivoluzione francese ( circa due secoli fa ) ; e sebbene il maccartismo , per la sua persecuzione indiscriminata contro tutti i sospetti di comunismo , sia stato chiamato « la caccia alle streghe » e come tale rappresentato dal commediografo Arthur Miller ( The Crucible , 1952 ) , l ' espressione si intese in senso metaforico o approssimato . Infatti in un ' epoca come la nostra , dominata dal razionalismo scientifico e tecnologico e in cui autentici prodigi sono realizzati da macchine perfezionate e da procedimenti ingegnosi di cui si conosce esattamente la logica e il funzionamento , sembra assurdo che si continui a credere a influenze o poteri occulti , di cui certi uomini o donne siano dotati e che siano capaci di infliggere agli altri danni immeritati . Ma gli antropologi moderni , a differenza degli antichi viaggiatori , che si limitavano a descrivere i costumi dei popoli visitati e a scandalizzarsi quando li trovavano diversi dai loro , cercano di capire la funzione che credenze e istituzioni esercitano nella società in cui vigono , di scorgerle nella struttura complessiva di tali società e determinare il bisogno a cui rispondono o il fine che , più o meno palesemente , tendono a raggiungere . Così hanno fatto per la stregoneria che , a partire da un ' opera classica di EvansPritchard ( 1937 ) , è stata sottoposta , sulla base di una documentazione sempre più larga , ad analisi e a considerazioni teoriche le quali dimostrano che le sue radici affondano più che in un certo tipo di cultura o di società , nella stessa realtà umana . In primo luogo , si distingue oggi la stregoneria dalla magia , che è un ' arte e una scienza presunta , la quale si può insegnare o imparare e ha quindi i suoi « dottori » . La stregoneria invece consiste in un naturale potere malefico , innato in certe persone , di danneggiare gli altri in modo misteriosamente segreto . Per via di questa segretezza , lo stregone o la strega opera di notte , cioè al buio ; e sempre per malizia o dispetto più che per sete di guadagno . Commette atti che vanno contro tutti i canoni stabiliti nel gruppo umano in cui vive : incesto , bestialità , antropofagia , violazione di tombe . Preferisce andar nudo e deporre i suoi escrementi nel luogo dove abita . Questi e altri particolari pittoreschi si raccontano sulle streghe nei paesi in cui ci credono . Questi paesi sono ancora molti in Africa , in Oceania e in America . Molti Stati africani modernizzati hanno tolto la stregoneria dal novero dei reati legalmente perseguibili ; ma la credenza persiste . Quali ne sono i fondamenti ? In primo luogo , l ' esistenza del male nel mondo ; infatti in un mondo perfettamente ordinato o sorretto da un ' unica forza benefica , la stregoneria non troverebbe posto . In secondo luogo , l ' attribuzione dell ' origine del male al potere occulto di alcune persone . Quest ' attribuzione è l ' aspetto più importante della stregoneria perché consente di esercitare la sua funzione fondamentale , che è quella di salvare l ' ordine morale in cui si crede e in generale il sistema di istituzioni , di tecniche e di credenze in cui esso consiste . Se qualcosa va male nel mondo , la causa del male non risiede nell ' ordine riconosciuto , ma nell ' influenza occulta di individui sospetti . Se uno ha coltivato il suo campo nel modo tradizionale e non ha ottenuto il raccolto sperato , può , attribuendo la causa di questo evento a un potere malefico , esimersi dal sottoporre a critiche e a revisioni il suo metodo di coltivazione . Se una malattia non risponde a un determinato trattamento , la colpa sarà del malocchio o del maleficio lanciato da qualcuno , non dell ' insufficienza del trattamento stesso . Così ogni fallimento o insuccesso non metterà in crisi il sistema delle tecniche e dei valori riconosciuti : quindi , la delusione , l ' odio e l ' ostilità per i danni subiti troveranno , nella stregoneria , un canale di sfogo che lascerà intatta la struttura d ' insieme del gruppo sociale . Allo stesso modo , chi si è visto abbandonare dalla moglie che è fuggita con un altro dirà : « Quell ' individuo l ' ha stregata » piuttosto che riconoscere la sua incapacità di conservarsi l ' affetto della moglie e il suo fallimento di marito . Da un punto di vista più generale e filosofico , si può dire che il ricorso alla stregoneria in una forma o nell ' altra è proprio di tutti i modi di vita che non conoscono alternative e non offrono scelte ; che costituiscono totalità chiuse , di cui nessuna parte o elemento può essere mutata o corretta senza far crollare tutto l ' insieme ; e che perciò sono portati a sacralizzare le credenze su cui si fondano e a considerare con angoscia e terrore ogni comportamento che costituisca per esse una potenziale minaccia . Se tutto questo è vero ( e non c ' è ragione di dubitarne ) , l ' interesse crescente per la stregoneria nel mondo moderno , la reviviscenza , sia pure sporadica , di pratiche e culti diabolici , non sono il segno di una trasformazione radicale della nostra società e della sua fine imminente , ma piuttosto quello di un irrigidimento delle sue strutture tradizionali : cioè un canale di sfogo dello spirito di ostilità o di aggressione che la travaglia , o , in parole povere , una scusa per mantenerla immutata . Ma è dubbio che nella nostra società stia rinascendo la credenza nella stregoneria o ci siano le condizioni per una tale rinascita . Nelle società primitive è questa credenza che conta , perché è essa ad esercitare la funzione di raccolta e di sfogo delle ostilità interurbane e quindi della conservazione della struttura totale . Ciò che la cronaca odierna documenta è , invece , una imitazione reale delle azioni presunte della stregoneria : omicidi gratuiti , attentati , orge sessuali , violenze senza scopo . « Imitazione reale » la chiamo , perché perseguita non per via di misteriosi poteri , ma con mezzi reali , adatti allo scopo . Ciò che quindi veramente rimane della stregoneria nel mondo moderno è una negazione totale che si oppone ad una affermazione altrettanto totale . La stregoneria rappresenta infatti , nelle società in cui è stata ed è un ' istituzione vivente , la negazione totale di tutto il sistema dei valori su cui tali società si fondano ; e provoca pertanto la riaffermazione e la conservazione di tale sistema . Affermazione e negazione totali sono le due facce indivisibili di una stessa realtà : si richiamano e si condizionano a vicenda . Nel loro insieme , costituiscono un ostacolo pressoché insormontabile a ogni novità o sviluppo autentico , perché escludono la ricerca di nuove soluzioni dei problemi umani , delle possibilità reali che una situazione presenta di essere mutata o corretta , delle alternative nuove che si prospettano e di una scelta autonoma e razionale fra tali alternative . Sono pochi ( seppure ci sono ) quelli che credono oggi a misteriosi poteri , a maligne influenze segrete , esercitate da individui determinati . assai improbabile che si tornino ad accendere nelle piazze roghi destinati a bruciare streghe e stregoni . Eppure , la struttura concettuale della stregoneria e la funzione da essa esercitata permangono ancora in molti aspetti e in molte parti della società contemporanea . Quando si condannano come « traditori » tutti coloro che si allontanano da un ' ideologia politica , quando si reprimono con la forza i dissensi e le critiche degli intellettuali o i pacifici sviluppi sociali di certi paesi o di certi ceti , si fa ancora ricorso alla stregoneria . E quando , dall ' altro lato , si condanna in blocco una società che , almeno in certi limiti , è permissiva o tollerante e si crede di poter distruggere senza edificare colla semplice ostentazione della violenza o di comportamenti che si crede incutano scandalo o terrore , si fa ancora della stregoneria , imitandone talora anche i riti . Ciò che in un caso e nell ' altro veramente si distrugge non è l ' ordine stabilito o il pericolo che incombe su di esso , ma la possibilità di mutamenti ordinati , di sviluppi consapevoli e razionali verso ordini o forme di vita più promettenti . E ciò da cui si evade non è la realtà insoddisfacente dell ' oggi , che così continua a rafforzarsi e a incombere , ma la ricerca di alternative reali e la scelta intelligente fra esse : ricerca e scelta che costituiscono il solo privilegio dell ' uomo e l ' impronta della sua dignità .
Mefistofele e Faust ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La traduzione che Franco Fortini ci presenta del Faust di Goethe ( con testo a fronte , Mondadori , 1970 ) ha lo scopo dichiarato di riuscire utile al lettore : di aiutarlo a portare avanti un suo lavoro di approfondimento e di riflessione . E bisogna dire che questo scopo l ' ha raggiunto perché , fra tutte le versioni italiane , essa è quella che meno sacrifica il testo di Goethe al gusto letterario del traduttore o al suo personale lirismo . La tragedia di Goethe non è , come tutti sanno , un organismo compatto . Se la prima parte ( pubblicata nel 1808 ) ha un ordine e uno sviluppo unitario , la seconda parte , cui Goethe lavorò negli anni successivi e fu pubblicata postuma ( 1832 ) , è sconcertante per la varietà dei suoi motivi , per l ' eterogeneità del materiale adoperato , per l ' andirivieni continuo di personaggi sempre nuovi , reali e fittizi , tolti dalla storia , dalla mitologia , dalla magia o inventati da Goethe , ognuno dei quali porta la sua voce o presenta un tema che difficilmente lascia scorgere la continuità sinfonica dell ' insieme . Ma forse proprio per questo , la seconda parte è per il lettore moderno la più appassionante , quella che costituisce per lui la sfida maggiore e l ' invito più pressante a riflettere . Non si potrebbe oggi condividere il parere di Croce che il secondo Faust sia una specie di libretto d ' opera o il gioco d ' immaginazione di un vecchio artista , che mette a partito la sua sapienza mondana e la sua cultura , rimanendo al di fuori del gioco in una sua serenità imperturbabile . Certamente , né il primo né il secondo Faust sono « tragedia » . Alla fine del primo , una voce dal cielo annuncia la salvezza di Margherita e il secondo si conclude con la salvezza di Faust . Nonostante peccati ed errori , la parte immortale dell ' uomo si salva e la sfida fra Dio e il Diavolo viene , com ' era prevedibile , vinta da Dio . Ma l ' interesse dell ' opera non è in questa conclusione felice . Nel contesto del panteismo di Goethe , che alla fine gli Angeli ribadiscono proclamando : « Chi si affatica sempre a tendere più oltre , noi possiamo redimerlo » , la redenzione dell ' uomo è già implicita nella sua brama dell ' Infinito . Faust è appunto la personificazione di questa brama che con Schopenhauer si potrebbe chiamare volontà di vita . Ha raggiunto il culmine del sapere , ma questo non lo soddisfa : vuol conoscere il mondo , non più attraverso le parole dei libri , ma con l ' esperienza diretta e goderne tutti i piaceri e gli splendori possibili . L ' Infinito cui tende non è nel pensiero ma nell ' azione , non è nella contemplazione ma nel sentimento : cioè nel rapporto immediato , e vissuto nella forma più intensa , con il mondo e con gli uomini . A Faust non importa che le esperienze cui va incontro siano illusorie o reali , buone o cattive , e si concludano nella gloria o nel disastro . Non intende scegliere fra esperienza e esperienza , vuol essere il Microcosmo che abbraccia in sé il Macrocosmo . Per accontentare la sua brama , non può quindi che rivolgersi a Mefistofele , che non è il Principio del male , ma lo Stratega cinico e potente che gli offre i mezzi per realizzarla ma nello stesso tempo gliene dimostra i limiti , le illusioni e la vanità . Ma proprio perché Faust è tale , il suo destino non poteva concludersi nella prima parte del poema di Goethe . Muovendosi , con l ' aiuto di Mefistofele , tra taverne e tregende , fra giardini e caverne , di giorno e di notte , Faust non fa , in questa parte dell ' opera , che alimentare e sfogare la sua passione d ' amore . L ' amore della natura e l ' amore della donna ( la quale è parte della natura e ne compendia la bellezza ) dominano questa prima fase del suo destino . Il sentimento ( Ge f iihl ) è tutto , in questa fase : Faust lo identifica con Dio , quando Margherita gli chiede se è credente . Ma conclusasi , con la morte tragica di Margherita , la sua prima esperienza del mondo , Faust rinasce con nuovo spirito , con la brama di altre esperienze . Come infatti potrebbe bastargli , per essere il Microcosmo , una sola esperienza di amore e di morte ? Faust ora vuole il potere . « Dovranno compiersi cose mirabili » , dice ad un certo punto ; « mi sento forte per imprese temerarie » . E alla domanda di Mefistofele : « Vuoi allora la gloria ? » , risponde : « Voglio avere dominio , possesso . L ' azione è tutto , la gloria è nulla » . É questo lo spirito che domina il secondo Faust . Esso si apre nel palazzo imperiale con Faust al servizio del potere ed egli stesso diventato strumento e volontà di potenza . Con l ' aiuto di Mefistofele , Faust riempie le casse dell ' Imperatore con la carta moneta garantita dai tesori sepolti ; e appare come un Re , nelle vesti di Pluto , il Dio della ricchezza , Illusione e realtà si mescolano , come in tutta l ' opera , anche in questa ricerca di un potere senza limiti . Dalla visione delle Madri , simboli goethiani delle origini delle cose , Faust attinge « nuova forza per la grande impresa » . Creature magiche , mitiche e mitologiche , antichi filosofi e personaggi famosi possono rivivere davanti ai suoi occhi per magia della fiala in cui è racchiuso il ridicolo Homunculus creato da Wagner . L ' amore di Faust è ora Elena , ma è un amore diverso da quello per Margherita : è volontà di potenza : « Conferma il mio potere , le dice Faust , dividendolo con te sul regno tuo illimitato e in una sola persona tu abbia chi ti venera e serve e difende » . Ma da ultimo la volontà di potenza di Faust si rivolge al dominio della natura . È contro le forze e gli elementi naturali che egli vuole combattere la sua ultima battaglia , respingendo le frontiere del mare e diventando il padrone delle terre emerse . Qui appare in piena luce il contrasto tra il primo e il secondo Faust . « Chi vuole comandare - dice Faust - ha da trovare nel comando la sua gioia . » Il potere è fine a se stesso , non uno strumento per procurarsi il godimento . Con l ' aiuto dei demoni di Mefistofele , Faust riesce a far vincere l ' Imperatore contro il suo rivale e ne ottiene in compenso il feudo delle terre emerse . Perfino il piccolo lembo di terra dove vive felice un ' anziana coppia ( Filemone e Bauci ) gli dà fastidio . « Quei pochi alberi non miei , il dominio del mondo mi guastano . » E dà ordine a Mefistofele di scacciarla . Solo alle soglie della morte Faust si accorge che il potere può vincere la Penuria , il Debito , la Miseria , ma non la Cura , cioè la preoccupazione angosciosa , che finisce per accecarlo . Si affretta al suo ultimo grandioso progetto di bonificare una palude dove gli uomini possano vivere liberi e felici ; ma la morte lo coglie proprio nell ' attimo in cui vagheggia questo progetto . Non c ' è dubbio che , nella storia di Faust , Goethe abbia voluto rappresentare il destino dell ' uomo . La volontà di vita e la volontà di potenza , dalle quali Faust è dominato nella prima e nella seconda parte dell ' opera , sono anche oggi assunte , talora mescolate o contrapposte o designate con altri nomi , come le radici o le molle di ogni attività umana . Ma nell ' opera di Goethe , Faust non potrebbe far nulla senza Mefistofele . Mefistofele non è solo lo strumento indispensabile che gli consente di realizzare le sue volontà , ma è anche colui che gli ricorda continuamente i suoi limiti umani , il disordine e l ' incoerenza dei suoi appetiti , il carattere illusorio delle sue realizzazioni ; e , pur aiutandolo , commenta , con ironico cinismo , l ' intera condotta di Faust . Fin dall ' inizio , a Faust che « vuole tutto » ricorda che il Tutto è solo per un Dio . Poi difende la ragione e la scienza , « poteri supremi dell ' uomo » . Rimprovera a Faust di gonfiarsi sino a credersi una divinità per avvoltolarsi nel godimento ; ammonisce i giovani che non si può pensare nulla che non sia stato già pensato . E appare a Faust come « l ' antitesi , l ' amarezza e lo scherno di quello di cui l ' uomo ha bisogno » . Mefistofele vede la vanità del mondo e vorrebbe essere lui stesso « il vuoto eterno » : la morte di Faust è anche la sua sconfitta finale . Non c ' è Mefistofele senza Faust , come non c ' è Faust senza Mefistofele . Il destino dell ' uomo non può identificarsi solo con quello di Faust : è piuttosto rappresentato dal binomio Faust - Mefistofele . Proprio perché è « l ' antitesi , l ' amarezza e lo scherno di ciò di cui l ' uomo ha bisogno » Mefistofele fa parte dell ' uomo . La magia , di cui egli è il depositario , non crea che illusioni o fantasmi che si annunziano o si svelano tali e portano alla tragedia finale .. Certo Faust , o almeno la sua « parte immortale » , si salva per l ' intervento di intermediari potenti , ma soprattutto perché ha incarnato l ' aspirazione dell ' uomo all ' Infinito . Ma questa aspirazione sarebbe rimasta lettera morta e si sarebbe consumata vanamente nello studio professorale di Faust , senza il cinico razionalismo e le subdole arti di Mefistofele . Queste arti non stanno sempre e tutte dalla parte del male : la seconda metà dell ' uomo è intrisa di male e di bene , come quella di Faust ; e non per nulla riceve la sua investitura dall ' alto . Mefistofele , il diavolo che è con l ' uomo o nell ' uomo , non è , dopotutto , un cattivo diavolo . Riflettendo ora sul poema di Goethe , possiamo renderci conto che nell ' uomo c ' è , o può esserci , un diavolo più maligno .
La nostalgia dell'infanzia ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Perché non si dovrebbe vedere nel sole , se non a costo di essere ritenuti pazzi o poeti , un coro di angeli fiammeggianti che annunciano la gloria di Dio ? Perché non si dovrebbe proclamare l ' esistenza di un nuovo cielo e di una nuova terra così vasti e meravigliosi da far apparire squallida e tetra la visione che del mondo ci dà la scienza ? Perché astrarre e generalizzare , meccanizzare e calcolare , rinunziando all ' immaginazione visionaria , al mistero , all ' avventura in un mondo di forme fantastiche e splendenti , in cui ognuno si troverebbe a suo agio ? In altri termini , perché credere allo scienziato invece che allo sciamano ? Perché ridurre il mondo a un insieme di forze oggettive ed impersonali , invece di scorgere in esso un luogo formicolante di personalità potenti e invisibili ma assai simili all ' uomo ? Sono queste le domande che , secondo Roszak , stanno alla radice della controcultura ( La nascita di una controcultura , ed. Feltrinelli , 1971 ) : cioè di un nuovo modo di vivere da cercarsi in direzione opposta a quella in cui finora si è mossa la civiltà occidentale : un modo di vivere che faccia a meno della scienza e della tecnica , eliminando la tecnocrazia e i suoi mali , e coltivi ed esalti nell ' uomo il sentimento del sacro . La scienza sradica questo sentimento e con esso ogni impegno morale , riducendolo ad una retorica superficiale . Solo questo sentimento può consentire all ' uomo di ritornare alla natura e di raggiungere l ' equilibrio autentico dentro se stesso e con gli altri . La controcultura intende così proporre all ' uomo l ' alternativa di una vita diversa , che elimini i rischi dell ' impoverimento dell ' uomo e del suo ambiente che scienza e tecnica fanno incombere su di lui . Ma questa alternativa non è nuova ma antichissima , perché è quella di tutti i popoli primitivi . E in realtà la nostalgia per ciò che è primitivo , naturale , semplice , informe , non ridotto a un modello che implichi previsione , misura e programmazione , è assai diffusa nel mondo contemporaneo e condivisa da molti scienziati . Questi sono certamente più cauti nella loro critica della scienza e si guardano dal raccomandarne la pura e semplice eliminazione . Ma è significativo che in uno dei più seri e togati periodici scientifici americani , che è l ' organo dell ' Associazione americana per il progresso della scienza ( Science , 4 giugno 1971 ) , un professore di chimica proponga una riforma della scienza proprio sulla linea difesa dalla controcultura : si dovrebbe saldare , sul tronco della ricerca obiettiva e razionale , l ' esigenza di un intuizione sensuale , cioè immediata , diretta , concreta delle cose , che è quella difesa dallo sciamanesimo e dalle religioni orientali . Da questo punto di vista , però , non ci sarebbe opposizione fra le due alternative di vita , tra i due modi di conoscere la natura e di entrare in rapporto con essa . Si tratterebbe di modi complementari che si integrano a vicenda : proprio come sono complementari , nella fisica contemporanea , la descrizione dei fenomeni in termini di onde e quella in termini di corpuscoli . Il vantaggio di questa complementarità consisterebbe nell ' eliminare dalla scienza un certo numero di astrazioni inutili , nel considerare gli aspetti concreti , sensibili o estetici delle cose , e nel consentire di vedere nella natura una totalità organica mediante un unico atto di intuizione . Poco o nulla , tuttavia , ci viene detto circa i mezzi per raggiungere questa mèta ambiziosa , che equivarrebbe a una visione esauriente e perfetta del mondo nella sua struttura generale e nei suoi particolari minimi : ad una visione di cui solo Dio può ritenersi capace . Come professore di chimica , l ' autore in questione invita gli studenti a osservare i colori , i sapori , la solidità , i mutamenti delle sostanze che essi si apprestano a sottoporre a qualche elaborato esperimento : il che è troppo poco per una « visione sensuale » del mondo ed è del tutto inutile ai fini dell ' esperimento . Non c ' è dubbio che gli scienziati , imprigionati come ora sono nella loro specializzazione , oppressi dalla quantità enorme e non selezionata di informazioni che piovono loro addosso da tutte le parti , e dalla coscienza del cattivo uso che si può fare delle loro scoperte , anche più meritorie , cerchino una via d ' uscita da questa situazione di disagio e aspirino a una visione del mondo semplice e totale che non sacrifichi né la scienza né le esigenze emotive e morali dell ' uomo . Ma è dubbio se lo sciamanesimo e l ' animismo , cioè la credenza che il mondo è un insieme di esseri spirituali in rapporto simpatetico con l ' uomo , possano aiutarli a uscire dal frangente in cui si trovano . Questa credenza costituisce certo un ' alternativa alla scienza , ma non può conciliarsi con essa e supplire alle sue deficienze . Essa è il fondamento di un ' altra tecnica , quella della magia . Se la natura è un complesso di forze spirituali che , mediante opportuni incantesimi , possono essere comandate , convinte o ingraziate , la scienza non serve a nulla . Che senso ha ingraziarsi la gravità o convincere l ' energia nucleare a non essere dannosa per l ' uomo ? Che senso ha prevedere , calcolare , misurare e progettare in un mondo costituito da spiriti folletti , che fanno quello che vogliono e possono essere addomesticati solo dalle arti subdole dello sciamano ? La ricerca scientifica è oggettiva , cioè conduce agli stessi risultati chiunque sia in possesso della tecnica adatta ; l ' arte dello sciamano è un privilegio concessogli dalle stesse potenze misteriose cui egli fa appello . Non si possono imboccare contemporaneamente le due vie e ritenerle complementari . La scienza non può tutto né fa tutto : i limiti di essa sono sempre presenti a chi la coltiva sul serio . I suoi problemi si moltiplicano con il suo progresso e il suo prezzo naturale e umano si accresce in proporzione . Voler saldare questo prezzo col ricorso all ' animismo e alla magia , al sentimento e alla sensibilità indifferenziata dei primitivi significa pagare con moneta falsa . Può ben darsi che il genere umano , in tutto o in parte , scelga domani di lasciarsi guidare dallo sciamanesimo invece che dalla scienza . Ma la civiltà di cui lo sciamanesimo è parte integrante è fondata sulla caccia , sulla pesca , sulla agricoltura primitiva . Il ritorno a questa forma di vita segnerebbe perciò la condanna a morte della maggior parte del genere umano , per la mancanza del vitto e delle difese indispensabili contro l ' ostilità della natura . La parte sopravvivente dovrebbe cercare di mantenere immutabili i costumi e le forme di vita che ne garantiscono la permanenza . Questo può certo accadere , come può accadere che la civiltà attuale soccomba perché non riesce a soddisfare gli uomini o a salvaguardare le risorse naturali di cui vivono . L ' importante , in ogni caso , è rendersi conto delle conseguenze che la scelta in un senso o in un altro comporta , e non vivere nell ' illusione che si possa conciliare il diavolo con l ' acqua santa . Su questa illusione vive oggi la cosiddetta avanguardia della cultura contemporanea . I mali da essa denunciati sono reali , ma puerili i rimedi proposti . Essa fa come l ' adulto che , disilluso dalle difficoltà della vita e nella incapacità di affrontarle , si rifugia nel mondo delle fiabe che ha ascoltato da bambino e che parlano di fate e di maghi benefici . Ma basta , questo , per farlo ridiventare bambino ?
UNA LOGICA IMMUTABILE' ( Spadolini Giovanni , 1971 )
StampaQuotidiana ,
Non è ancora spenta l ' eco del processo di Leningrado , e della successiva commutazione delle pene capitali sotto la pressione dell ' opinione mondiale , che già si annunciano nuovi processi di ebrei in Russia , nuovi atti militanti di antisemitismo di stile staliniano . Non sono ancora cessate le polemiche sul verdetto di Burgos , verdetto corretto in extremis da Franco sotto il peso dei richiami internazionali e delle divisioni interne , che già si eseguono in tutta la Spagna nuovi arresti di pistoleros al servicio de la subversión , nuovi giri di vite contro un ' opposizione variegata e composita che va dai malinconici e patetici carlisti ai gruppi operai delle città industriali o alla tenace minoranza basca , una specie di Alto Adige della penisola iberica . È la logica immutabile di tutte le dittature , non importa se di sinistra o di destra . L ' atto di clemenza di Mosca o di Madrid non cambia in nulla la sostanza di regimi che non possono consentire le libertà personali nel senso occidentale , che non riconoscono le garanzie degli imputati , che ignorano la pubblicità dei dibattimenti , che non concepiscono la magistratura svincolata da un potere politico onnipotente e assoluto , capriccioso e indiscutibile , nella pena come nella clemenza , nell ' arbitrio come nella grazia . Le due commutazioni hanno dimostrato che oggi non si riesce più impunemente ad uccidere una singola vita umana . Si possono ancora compiere genocidi , si possono operare ancora massacri di massa , dall ' Asia all ' Africa ; ma difficilmente si riesce a consumare - sotto la maschera della giustizia di Stato - un assassinio individuale . Senza che si scatenino nel mondo forze di reazione o di protesta tali da assumere un valore politico anche determinante , pur nella mancanza assoluta di mezzi coercitivi o coattivi . Ma gli stessi casi della Russia e della Spagna , casi che si sono influenzati e condizionati a vicenda , provano pure un ' altra realtà : e cioè che gli accorgimenti della ragion di Stato internazionale o interna , sufficienti a portare ad alleviamenti delle pene o a correzioni di precedenti sentenze , non coincidono minimamente con evoluzioni normalizzatrici o liberali dei regimi dispotici , i quali restano tali al di là delle scarse e tormentate concessioni che possono esser loro strappate . Basta leggere i giornali sovietici a proposito del caso di Leningrado . Ne hanno parlato solo dopo che tutto il mondo era a conoscenza della sentenza . Hanno ignorato il dibattimento , ma hanno poi gonfiato ad arte la revisione del verdetto . Hanno insistito sull ' esistenza del reato per il solo fatto che era stato concepito ma non attuato : spiegandoci che l ' articolo 15 del codice penale sovietico - e questo dice tutto ! - stabilisce che un crimine tentato od ideato viene punito come se fosse stato effettivamente commesso . E i giornali amici dell ' Unione Sovietica in Italia hanno il coraggio di mettere in luce , nei titoli dedicati all ' avvenimento , l ' « equità » di una sentenza che commina in ogni caso , anche dopo la correzione , quindici anni di lavori forzati per due cittadini sovietici che avevano ufficialmente chiesto di espatriare e di raggiungere il loro focolare nazionale , Israele : diritto teoricamente riconosciuto nella Costituzione dell ' Urss ma calpestato e smentito nella realtà di una pratica discriminatrice e violatrice delle garanzie fondamentali della comunità ebraica , dalla lotta ai grandi dissidenti israeliti al processo dei medici . Né c ' è da meravigliarsi . Chi vive nell ' ambito di un regime totalitario trova « straordinario » ciò che negli Stati di diritto , negli Stati a democrazia garantita , è considerato appena « ordinario » . Il fascismo si vantava di lasciar scrivere Croce ed avocava a suo merito quello che era un elementare dovere , il non bruciare , o il non far bruciare dalle squadre , i fascicoli della « Critica » ; così il comunismo sovietico si vanta di non aver arrestato Solgenitsin solo per essere stato insignito del Premio Nobel - che non ha potuto comunque ritirare a Stoccolma - o il franchismo spagnolo contrappone la forzata clemenza di oggi all ' atroce esecuzione di Grimau , appena sette anni fa . La verità è che nessuna democrazia è concepibile se tutti i diritti umani non vengono egualmente riconosciuti e garantiti : attraverso ordinamenti precisi , validi verso chiunque , e non illusorie od effimere concessioni dall ' alto , sempre revocabili . Saragat , che di libertà s ' intende per aver conosciuto le vie dell ' esilio contro la repressione totalitaria , ha giustamente ricordato nel messaggio di Capodanno che « tutti noi siamo rattristati e sgomenti per quanto avviene nei paesi in cui le libertà politiche e la giustizia sociale sono calpestate » . Allusione diretta alla Polonia ; ma indiretta alla Russia e alla Spagna e a tutti i paesi dove non sono consacrati i diritti dei cittadini , e quindi neppure quelli dei lavoratori . Perché è inutile perdersi in sofismi ingannatori ; non esiste democrazia sostanziale , cioè economica , cioè eguaglianza dei punti di partenza , cioè correzione delle sperequazioni o degli squilibri sociali , dove non c ' è democrazia formale , cioè Stato di diritto , cioè assicurazione e tutela delle libertà di stampa , di riunione , di associazione , di sciopero , e separazione dei poteri esecutivo e legislativo e giudiziario , sotto il controllo dei liberi Parlamenti , non Soviet alla russa o Camere corporative alla spagnola . I fautori degli « equilibri più avanzati » in Italia , che sono poi equilibri più reazionari , dovrebbero dirci quale progresso sociale possa essere realizzato alleandosi con partiti che non hanno ancora riconosciuto , nella realtà degli Stati da loro presi a modello , né il pluralismo sociale né la regola della dialettica parlamentare estesa sino alla rivincita dei soccombenti di oggi . Quale regime comunista ha mai consentito ad un ' opposizione organizzata di prenderne il posto ? Neppure l ' eccezione italiana , sotto un ' eventuale protezione del Vaticano , potrebbe essere un ' eccezione . Si guardi alla Polonia , che in materia di cattolicesimo non ha niente da imparare dall ' Italia . Venticinque anni di regime comunista polacco hanno portato al paradosso di trasformare la Chiesa di Varsavia , una delle più intransigenti e conservatrici d ' Europa , nella propugnatrice delle libertà politiche e delle conquiste sociali . L ' appello dei vescovi polacchi a Gierek dovrebbe diventare un testo di lettura obbligatorio per tutti i fautori della Repubblica conciliare .
Perché debbo esser morale? ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Perché debbo esser morale ? Perché debbo obbedire a regole e leggi , adattarmi ad una disciplina , impormi limiti e rinunzie , reprimere i miei istinti , rinunziare a fare quel che mi piace e quando mi piace ? Queste domande non sono puramente teoriche e non sono oggi poste solo da filosofi intenti a trovare un « fondamento » della morale . Sono diffuse tra un gran numero di persone di tutte le età e condizioni e specialmente tra le giovani generazioni in dissenso con la morale tradizionale . Ma esse non mettono in crisi solo la morale tradizionale cioè il codice delle norme morali riconosciute e la tavola dei valori fondata su tale codice . La crisi esiste , certamente , ed investe non solo il costume , ma la legislazione , la politica , la religione , l ' arte e gli spettacoli . In tutti questi campi , non c ' è norma , per quanto riconosciuta e sacralizzata da una lunga tradizione , che non sia posta in dubbio o negata . E anche nel seno di istituzioni secolari che si ispirano a una rivelazione originaria , che avrebbe dovuto stabilire una volta per sempre la tavola dei valori morali , i dissensi si accentuano circa l ' interpretazione di tali valori e si va in cerca di aggiornamenti o modifiche . Ma questo è solo l ' aspetto superficiale della crisi , che è più profonda : perché in essa , e nella confusione babelica che ne deriva , non si affaccia neppure da lontano lo schema di un nuovo codice di norme , di una nuova tavola dei valori che dovrebbero prendere il posto dei vecchi ; e neanche nella forma di quella « inversione di tutti i valori » che era stata preconizzata da Nietzsche . In altri termini , non si mette in dubbio questa o quella morale ma la morale ; non si combattono certi valori in nome di altri , ma i valori come tali ; si mette in dubbio se ci siano o debbano esserci norme , che comunque regolino o disciplinino la condotta degli individui e dei gruppi , e valori relativamente stabili che consentano di giudicare tale condotta . Così i confini tra il bene e il male , tra il lecito e l ' illecito , tendono a sfumare nel nulla ; e ogni condotta può essere giustificata o non giustificata , perché in realtà la cosa è indifferente . Le ragioni che si adducono a giustificarla in un certo caso valgono solo come pretesti che possono essere negati , o addirittura rovesciati , in un caso analogo , con la massima disinvoltura . La morale non esiste più , se non esiste il problema della morale . In questa situazione , i tentativi dei filosofi di trovare un « fondamento » o una « giustificazione » della morale rischiano di rimanere inoperanti . Che la morale sia fondata su un sentimento innato di benevolenza o di simpatia dell ' uomo verso gli altri uomini , su un istintivo amore di tutto il genere umano , sembra cosa smentita dai fatti : i quali mostrano ogni giorno , con le violenze e le lotte che travagliano l ' umanità , come poco affidamento si possa fare su impulsi e sentimenti benefici . Che la morale sia fondata sulla ragione che prescrive all ' uomo , come Kant riteneva , i suoi doveri con il suo comando assoluto , è tesi che urta contro il carattere incerto , debole e problematico della ragione umana ; la quale troppo spesso si presta compiacentemente a tutti gli abusi . Che la morale sia diretta a promuovere la felicità di ciascuno e di tutti , come sostenevano e sostengono gli utilitaristi , è tesi che lascia il tempo che trova . Ciò che per uno è « felicità » non lo è per l ' altro ; e perché non dovrei costruire la mia felicità sull ' infelicità altrui , se questo è il modo più facile per realizzarla ? Comunque si giri e si rigiri , l ' ostacolo maggiore che si oppone alla posizione del problema morale ( qualunque poi ne sia la soluzione ) - cioè la sua considerazione seria e impegnativa da parte di ognuno - è la pretesa dell ' individuo di costituire da solo l ' intero mondo , di negare , a tutti gli effetti pratici , la realtà degli altri individui , vicini o lontani , coi quali convive , di considerarli ombre o apparenze all ' interno del proprio mondo . Si tratta di una pretesa metafisica anche se non è espressa in teoria , ma solo praticamente messa in atto , ma di una metafisica puerile e fantastica , che è smentita dalle più ordinarie esperienze della vita di ogni giorno . Nessun essere umano può venire alla luce , sopravvivere e crescere se non fra gli altri e con gli altri . Nessuno può cominciare ad esercitare la sua intelligenza senza il linguaggio , che è il patrimonio comune delgruppo cui appartiene . Ogni tipo di lavoro , di attività e di divertimento suppone scambi e collaborazione tra individui o gruppi di individui che , quali che siano i loro rapporti , contano sempre , in una certa misura , gli uni sugli altri . Quel che si chiama la « personalità » di un individuo , cioè il suo carattere , le sue costanti di azione , il suo equilibrio interno , è condizionata dai suoi rapporti con gli altri e dal modo in cui reagisce a tali rapporti ; che , se fossero tolti , ridurrebbero a nulla la personalità stessa . In questi stessi rapporti , si radicano successi e insuccessi , frustrazioni e godimenti . La cosiddetta « incomunicabilità » , di cui tanto soffre l ' uomo moderno , è il risvolto negativo della connessione sostanziale che lega gli uomini tra loro . Quando l ' uomo non può riconoscere , in una massa anonima , informe e vociante , il volto dei suoi simili o non può o non sa scorgere , dietro la maschera del suo vicino , l ' umanità di cui ha bisogno , si sente defraudato e solo ; e lo è . Ma da queste elementari esperienze il problema morale emerge soltanto quando si comincia a capire che i rapporti umani , per essere conservati e rafforzati , anziché indeboliti e distrutti , devono essere disciplinati da norme ; e che ogni norma adatta a disciplinarli deve valere per me come per gli altri e reciprocamente . Nei più semplici giochi dell ' infanzia come nelle più complesse attività umane , la presenza di norme impegnative è indispensabile . Chi non le rispetta è « fuori gioco » : non può pretendere che gli altri le rispettino nei suoi confronti . L ' umanità ha finora cercato e tuttora cerca le norme della sua convivenza per tentativi ; e fondatori di religioni , profeti , moralisti e politici le hanno codificate , rinnovandole , sacralizzandole o giustificandole . Ma l ' indifferenza per la morale è oggi il risultato del disprezzo e della diffidenza verso le norme in generale : soprattutto quando la norma colpisce un qualsiasi interesse o desiderio dell ' individuo , che allora recalcitra e reclama l ' eccezione . E disprezzo e diffidenza nascono , ancora una volta , dalla credenza che l ' individuo ( o il gruppo con cui l ' individuo si identifica ) sia l ' intero mondo e che gli altri non esistano o esistano solo per esso . Il bene viene allora tacitamente identificato con il desiderio dell ' individuo e il male con ciò che gli si oppone . La vita morale , e la società civile su cui essa si fonda , può nascere solo quando questo pregiudizio è superato e l ' individuo riesce a considerarsi uno dei molti , soggetto alla stessa norma che vale per gli altri . Una lunga tradizione filosofica , che è stata spesso accusata di pessimismo o peggio , ha insegnato che le norme nascono e vengono accettate , rendendo possibile la convivenza civile , quando l ' individuo si accorge che , senza di esse , la sua sicurezza , la sua vita e la sopravvivenza della sua specie sarebbero a lungo andare impossibili . Platone diceva che anche una banda di briganti deve reggersi in base a norme , se vuole fare qualcosa . Hobbes e Vico parlavano di uomini - lupi o di uomini - bestioni , che vengono a patti tra loro e stabiliscono norme solo per sottrarsi al pericolo della distruzione reciproca . E difatti chi si ritiene un angelo o l ' incarnazione del bene non ha bisogno di norme che lo disciplinino . Sotto l ' apparente pessimismo della società moderna , si nasconde un operante ottimismo : basta abbandonare gli uomini a se stessi perché ognuno cerchi e realizzi il bene . Ma questo ottimismo incomincia a dare oggi i suoi frutti velenosi . Briganti , lupi e bestioni , che siano abbastanza intelligenti e previdenti , possono trovare il modo di convivere , formulando o accettando norme opportune . Ma candidi agnelli imprevidenti o pretesi angeli stupidi sono certamente votati all ' incomprensione reciproca , all ' intolleranza e alla distruzione finale .
Sotto le bombe col cuore stretto ( Sofri Adriano Lombardo Radice Lucio , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Dirò quello che ho visto e sentito in un solo giorno . Ho visto cadere la granata che ha ucciso un bambino di 12 anni nel bagno della sua casa . Ho visto un uomo grande e grosso caricare i corpi dei morti e dei feriti su un ' auto , sul lungofiume e poi entrare in un bar , pieno di sangue , e mettersi a piangere . Ho sentito le bombe cadere dappertutto sulla città , al Ponte Latino , intorno alla Presidenza , sulla città Nuova . Ho ascoltato le istruzioni per il nuovo soggiorno . Tenere un rubinetto spalancato , per svegliarsi di colpo se arrivasse l ' acqua - non è arrivata da più di un mese . Dormire nel corridoio interno . Raccogliere l ' acqua piovana con un tubo derivato dalla grondaia ( per fortuna , ci sono dei temporali pomeridiani ) . Risparmiare le candele : ora costano il doppio . Non uscire di casa , se non è necessario : nessun punto della città è più risparmiato dai bombardamenti . Di fatto , il bombardamento indiscriminato di Sarajevo è cominciato . Soprattutto , stare alla larga dai luoghi frequentati dai bambini , gli asili , i cortili dei giochi , l ' ansa del fiume a Bentbasa : è lì che bombardano di più . Usare l ' acqua piovana per lavare i vestiti . Con l ' acqua risciacquata , lavare quel che si può del gabinetto e della casa . Pregare Dio quando si va , di notte , alle fontane , a caricare l ' acqua . Ricordarsi che non è potabile , benché tutti la bevano . Pensare col cuore stretto a quelle povere persone di Srebrenica . Raccogliere cartoni , schegge di legno , stoffa vecchia per fare un po ' di fuoco in casa : per il caffè , almeno , o per il latte ai bambini piccoli . Imparare a distinguere , anche se è sempre più difficile , il fragore dei tuoni da quello delle bombe e da quello degli aerei della NATO . Ricordarsi della vita di prima per provare a resistere alla pazzia . Continuare a dirsi , senza rallentare il passo : « Come sta ? » . « Bene , grazie , e lei come sta ? » ; e senza scrutare in ogni passante che si incrocia il proprio imminente compagno di morte . Procurarsi della verdura per le vitamine , e perché si può mangiare cruda . Non mangiare verdura cruda senza lavarla bene , perché le malattie intestinali dilagano . Del resto , dove procurarsi l ' acqua , e dove la verdura ? Inoltre , anche gli infarti dilagano . Non si potrà dire più , a Sarajevo : « di morte naturale » . Sebbene stiano al chiuso più che possono e per strada corrano , e si siano fatte esperte di guerra ai civili , le persone di Sarajevo sono braccate dalla morte . Alle nove c ' è il coprifuoco . Quando è sceso il buio completo , la conversazione nella casa si è fatta rada . Uno mi ha detto : « Dovevi aspettare ancora un po ' a venire , dovevi aspettare venerdì » . Venerdì a Londra si riuniscono . Poi nessuno ha più parlato . Si sentiva solo il frastuono delle granate , e un pianto di bambino . Le persone stanno zitte , e immaginano una sera d ' estate in cui sia venuta la pace , e si ritrovino vive , piene di allegria , calma e affetto . Dura da tanto tempo che questo pensiero è diventato raro e doloroso . Rende deboli . I bambini dai quattro anni in giù , a Sarajevo non sanno che possa esistere una sera senza bombe , e forse è meglio che non lo sappiano . Stamattina ho visto anche Mirza . La prima volta era un bambino , ora è quindicenne ed è alto un metro e 97 . Gli avevo detto di imparare a giocare a basket , che gli avrebbe potuto servire per trovare un posto all ' estero . Ha montato un tabellone in un piccolo scantinato , passa ore ad allenarsi da solo : ma ormai è alto quasi fino al soffitto . Avrà dei problemi , con un campo regolamentare . Avranno tutti dei problemi . Venerdì a Londra si discuterà se passare al ricorso internazionale alla forza o permettere ai bosniaci di armarsi . Fino a qualche tempo fa era un ' alternativa : ora non lo è più . Ora è indispensabile decidere ambedue le cose . Non si deciderà né l ' una né l ' altra , vero ? Il governo italiano è stato il più svelto a farlo intendere . Forse si deciderà di aprire la « strada blu » per Sarajevo ? O è troppo , anche questa misura di polizia stradale ? Ecco come sono arrivato io , martedì . L ' unica via , il sentiero sterrato del monte Igman , era chiusa . I militari bosniaci hanno lasciato passare la nostra auto , perché avevamo caricato delle borse frigorifere con l ' occorrente per operazioni urgenti all ' ospedale di Sarajevo . Abbiamo risalito l ' Igman , io , Zlatko Dizdarevic , e Edo Smajc , in una solitudine irreale . L ' Igman era un bellissimo monte fiorito , se non per le troppe cime di abete mutilate dai proiettili . Quando ci siamo avventurati nella discesa , negli ultimi chilometri da fare allo scoperto sotto il tiro dei carri armati e dell ' artiglieria serba , l ' auto , troppo pesante , ha sbattuto sul fondo sconnesso e ha rotto la leva del cambio . Avevamo un ' utilitaria : chi viene a Sarajevo a sue spese , e anzi a portare denaro , non può permettersi le auto blindate . Ci hanno tirato addosso con la mitragliatrice , centinaia di colpi , a raffiche così fitte che la strada davanti a noi ribolliva come di una grandinata . Edo ha buttato l ' auto a precipizio , senza marce , saltando sulle pietre e sui tornanti , fino al riparo in fondo dove siamo arrivati con un rottame , e i soldati bosniaci non sapevano se ridere o piangere . Edo ne ha tratto una conferma al fatalismo locale : come Dio vuole . Un ' ora più tardi , dopo il tunnel , siamo arrivati al check - point di Dobrinja mentre portavano via un morto e i feriti di una granata appena caduta . Questo ho visto e sentito . Mentre scrivo , non sono passate 24 ore dal mio arrivo . Magari questo racconto servisse a inquadrare meglio la questione della « strada blu » . Comunque , di qui a venerdì c ' è ancora tanto tempo . Un po ' mi vergogno di una penna che descriva questo senza che , un minuto dopo , gli aerei del mondo libero si alzino in volo . Ma in realtà l ' hanno fatto , sono qui sulla nostra testa , ne sento il rombo - o è il tuono ? o il mortaio ? - . No , è il loro , è il rumore del sorvolo d ' ordinanza , in cerchi sempre più stretti , come quelli degli uccelli da carogna sulla città che muore .
SE FOSSE VIVO PIO LA TORRE ( Vasile Vincenzo , 1999 )
StampaQuotidiana ,
Pio La Torre , il dirigente comunista che legò a Comiso non solo gli ultimi anni della sua vita ma forse anche la sua sorte per mano mafiosa , sarebbe certo contento : in questa cittadina siciliana dove quasi vent ' anni fa si decise di dispiegare con le batterie di centododici missili Cruise un formidabile apparato bellico per combattere l ' ultimo capitolo della " guerra fredda " , saranno ospitati cinquemila profughi kosovari . La base militare in disuso , da emblema di guerra si trasforma in un ' icona di solidarietà , ora che la guerra da " fredda " è diventata calda e guerreggiata . Il mondo è cambiato , come fosse passato un secolo , da quel dicembre 1981 , quando un portavoce della Nato a Bruxelles inaugurò la vicenda di Comiso con una gaffe di quelle che rivelano la distanza siderale tra gente e stanze dei bottoni : " I missili ? Non preoccupatevi : li installeremo in un ' area desertica della Sicilia " . La contrada sulle carte militari , è vero , si chiama " Deserto " . Ma è un nome antico , conseguenza di un ' epoca lontana , quando il sud est della Sicilia era una brulla pietraia calcinata dal sole . Deserto ? Il paesaggio parla di fatica secolare e di lavoro : i muri a secco messi su , pietra su pietra , limitano come una ragnatela i confini di una campagna resa fertile dall ' uomo , strappata pezzo a pezzo alla desolazione . C ' era nell'81 a Comiso uno sconosciuto e colto professore che curava la biblioteca del Municipio . Raccolse e stampò i negativi di un fotografo locale e allestì una mostra con tutte le facce ( e le braccia ) dei contadini che s ' erano sudata con le lotte e il lavoro un ' agricoltura sviluppata : la vera e propria industria verde dei cinque , sei raccolti annuali dei primaticci coltivati in serra . Il professore si chiamava Gesualdo Bufalino . Aveva alcuni splendidi racconti nel cassetto . Al Comune il sindaco , Giacomo Cagnes , era uno di quelli che nel 1944 avevano proclamato una " Repubblica " anarchica e socialista , soffocata nel sangue . In zona - a Comiso e nella città accanto , Vittoria - le percentuali elettorali della sinistra toccavano e superavano quelle dell ' Emilia Romagna . Su questa gente dal Dna controcorrente in una Sicilia dominata dalla mafia , dove spadroneggiavano Lima , gli esattori Salvo , Ciancimino , s ' abbatté come un fulmine la notizia degli euromissili . Che furono dislocati a Comiso , non si capì mai bene se contro la " minaccia " dell ' Est comunista ( dopo il dispiegamento degli SS-20 sovietici del Patto di Varsavia ) o contro quella del Sud del mondo . E se Comiso non è un deserto , sicuramente si trova a Sud del Sud , nello zoccolo sudorientale dell ' isola , che sulla carta geografica è a Meridione rispetto alla Tripoli di Gheddafi . Comunque sia andata - qualsiasi fossero i veri piani degli strateghi di una guerra che per fortuna non venne mai combattuta - la bandierina della Nato fu piantata lì , in mezzo alle serre della contrada che aveva il nome ingannatore di " Deserto " . Accettata dal governo Spadolini , edificata dal governo Craxi , la base degli euromissili , poi presa in carico direttamente dagli americani , sorse sul luogo dove durante il secondo conflitto mondiale era stato costruito un aeroporto militare , il " Magliocco " . E questo scalo aveva già precorso il suo destino altalenante tra pace e guerra essendo già stato brevemente riconvertito negli anni Sessanta a supporto del lavoro dei contadini di Vittoria e Comiso , che imbarcavano sugli aerei i loro prodotti risparmiando in tempo e denaro sui trasporti . Durò poco . Chiuso nei primi anni Settanta , mai più riaperto , senza dar ascolto a richieste e proteste dei contadini , il " Magliocco " era stato abbandonato come un relitto in mezzo alla campagna . La sera dell ' annuncio di Bruxelles , andando a Comiso per cercare il posto della futura " base " fu persino difficile trovare la strada , ormai priva di segnalazioni . Il cartello dell ' " Alt , zona militare " arrugginito e illeggibile , un cancello sfondato , le due " piste " coltivate a carciofi , le auto delle coppiette . Attorno a Comiso , sull ' " affare Comiso " , Pio La Torre , tornato proprio in quelle settimane a dirigere il partito siciliano , volle pervicacemente , ostinatamente , lanciare una grande campagna che sfociò nella raccolta di un milione di firme contro la realizzazione della " base " militare . Una campagna controcorrente , perché considerazioni di realpolitik avrebbero forse consigliato ( e molti nello stesso Pci di allora lo fecero ) di evitare accuse - che pure ci furono - di appiattimento " pacifista " di fronte alla necessità di costruire un contrappeso alla minaccia del " deterrente " missilistico sovietico . Una campagna difficile , perché la propaganda dei corrispondenti locali dell ' Italia del Caf ( ricordate il trio Craxi - Andreotti - Forlani ? ) puntava brutalmente sui " benefici " che mille appartamenti , settemila posti letto , i lavori edili e gli appalti avrebbero apportato alla zona . Una campagna travolgente con le suore , i preti , i sindacalisti , i militanti di sinistra e migliaia di giovani impegnati in una miriade di appelli e petizioni . Nel breve volgere di un anno crebbe una " generazione politica " che rifiutava - in anticipo sui tempi - la logica dei Muri e delle contrapposte " deterrenze " a colpi di missili . Per Pio tutto " si teneva " . La memoria storica dell ' ex animatore della prima Commissione antimafia , dell ' ex sindacalista del primo dopoguerra in Sicilia , parlava del pericolo immanente di una miscela esplosiva che la base comisana avrebbe potuto innescare . Chi andò a Comiso in quei giorni gli portò le notizie , allora pressoché inedite , di insediamenti e investimenti di mafia avvenuti in silenzio in quel lato della Sicilia ritenuto immune dalla malapianta . " I Salvo con centinaia di ettari ad Acate , a pochi chilometri da Comiso ? I Greco di casa a Vittoria , con soldi e prestanome ? Finirà come negli anni Quaranta , con le spie e la mafia a braccetto , le stragi di Portella , le minacce ai lavoratori . Stiamo rivoltando il mondo come un calzino e ce la faranno pagare " , prevedeva La Torre . Comiso , anche Comiso , colonia di mafia ? L ' incredibile stava avvenendo , e la campagna promossa da La Torre sottoponeva agli occhi di un ' opinione pubblica nazionale sviata dall ' epoca rovente del terrorismo , una minaccia ben più grave , perché connaturata nella peggiore storia d ' Italia : l ' intreccio della mafia con una " destra " minacciosa ed eversiva . Pio e Rosario - Rosario Di Salvo , che diffidiamo gli archivi a registrare come " l ' autista " di La Torre - li hanno ammazzati una mattina che ricordiamo calda e soffocante , ma forse non c ' era il sole ed erano le lacrime a strangolare il respiro . Stavano andando all ' aeroporto di Punta Raisi a prendere il sindaco di Bologna , lo storico Renato Zangheri , che Pio aveva invitato perché parlasse il primo maggio a Portella delle Ginestre e riannodasse i fili di un discorso nazionale della sinistra su un tema di riscatto nazionale . Ai funerali , funerali di popolo , il partito di La Torre sbagliò tutto quello che si poteva sbagliare affiancando sul palco a Enrico Berlinguer un paio di personaggi - emblema di tutto ciò che La Torre aveva combattuto . Volarono monetine e si pianse anche di rabbia . Sull ' ordine pubblico vigilava confuso tra la folla , il neo prefetto di Palermo , il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa . Falcone indagò , non credeva all ' inizio a questa " pista " complessa e complessiva . Poi lasciò nel suo computer un testamento di indagini da fare , sabotate e bloccate dai suoi " capi " , in cui figurava proprio l ' intrico del delitto La Torre , assieme alle indagini sulla " Gladio " siciliana e sugli appalti governati dal sistema politico - mafioso . Quel testamento sparì , Falcone venne fatto a pezzi . Comiso era divenuta operativa il 30 giugno 1983 : su duecento ettari si costruirono una cittadella autosufficiente , il centro comando , mille appartamenti per i militari , i supermercati , le chiese , i centri sociali , gli impianti sportivi , l ' aria condizionata . Quando Falcone morì la base già non serviva più , era stata smantellata . Il sette aprile scorso il governo aveva accolto la richiesta di riconvertirla in un grande centro di ricerca universitaria , un campus , una cittadella della pace . E ancora ieri questa scelta strategica , voluta dai sindaci e dalle popolazioni , è stata confermata , dopo l ' accoglienza - si spera provvisoria - dei profughi kosovari . Le vittime della guerra dei Balcani non saranno sbattuti in un " deserto " . Ma troveranno ospitalità in una di quelle comunità che Elio Vittorini , che era di queste parti , chiamava " le città del mondo " , monadi con le finestre aperte come occhi sul pianeta . A sud del sud , sull ' altalena incessante di guerra e pace .