StampaQuotidiana ,
Il
celebre
giornalista
che
ha
inventato
i
due
neologismi
è
(
tanto
per
cambiare
)
Longanesi
che
una
sera
,
sorprendendo
me
e
Ansaldo
in
trattoria
a
discutere
su
certe
tipologie
umane
,
tagliò
la
questione
con
una
delle
sue
solite
perentorie
battute
:
«
Tutte
baggianate
.
Gli
uomini
si
dividono
in
due
categorie
:
i
nardones
e
i
leccobardi
»
.
Sono
sicuro
che
inventò
quelle
parole
lì
per
lì
perché
non
seppe
darci
nessuna
spiegazione
della
loro
etimologia
(
solo
in
seguito
risultò
che
nardones
gli
era
rimasto
nell
'
orecchio
dai
suoi
tempi
di
Napoli
dove
c
'
è
un
vicolo
,
una
volta
famoso
per
i
suoi
bordelli
,
che
s
'
intitola
così
)
,
ma
in
compenso
cominciò
subito
a
chiarirci
il
concetto
con
riferimenti
storici
concreti
.
«
Per
esempio
-
disse
-
Churchill
era
un
nardones
,
Eden
un
leccobardo
;
Stalin
era
un
nardones
,
Trotzki
un
leccobardo
;
Cesare
era
un
nardones
,
Augusto
un
leccobardo
.
Mussolini
e
Franco
erano
nardones
;
mentre
Hitler
no
,
era
un
leccobardo
Gli
avventori
delle
tavole
accanto
avevano
smesso
di
mangiare
e
di
parlare
fra
loro
per
ascoltare
Longanesi
che
,
come
al
solito
,
declamava
.
E
piano
piano
,
senza
conoscerci
né
conoscersi
tra
loro
,
cominciarono
a
partecipare
al
giuoco
di
quella
contrapposizione
,
facendo
domande
e
accendendo
discussioni
.
«
E
oggi
?
»
chiedevano
.
«
Oggi
-
pontificava
Longanesi
-
,
assistiamo
a
un
fenomeno
di
leccobardizzazione
collettiva
:
la
democrazia
cristiana
.
C
'
erano
tre
nardones
soli
in
quel
partito
:
Don
Sturzo
,
De
Gasperi
e
Scelba
,
e
appunto
per
questo
sono
stati
eliminati
.
Ma
anche
all
'
estero
i
nardones
sono
pochi
:
Mao
,
Tito
,
De
Gaulle
,
Salazar
...
No
,
mi
sbaglio
:
Salazar
è
leccobardo
.
»
Fu
un
contagio
.
Accorsero
anche
dai
tavoli
più
lontani
,
la
discussione
diventò
generale
,
durò
accesissima
fino
alle
due
del
mattino
.
E
se
lei
,
caro
Fiorelli
,
si
prova
a
riaprirla
coi
suoi
amici
,
al
caffè
o
al
circolo
,
vedrà
che
ottiene
lo
stesso
effetto
.
Ci
cascano
tutti
,
tutti
ci
si
divertono
.
Ma
attenzione
:
che
nessuno
tenti
di
spiegare
quei
due
termini
e
di
dargli
un
significato
preciso
.
Granzotto
,
che
ci
si
è
provato
,
ha
fatto
fiasco
:
per
fare
un
nardones
ci
vuol
altro
che
la
calma
,
la
serenità
eccetera
:
Petrarca
era
calmo
e
sereno
,
eppure
era
un
leccobardo
.
E
per
fare
un
leccobardo
non
bastano
la
magrezza
e
la
bile
:
Dante
possedeva
al
massimo
sia
l
'
una
che
l
'
altra
,
eppure
era
un
nardones
.
No
,
né
all
'
uno
né
all
'
altro
archetipo
si
possono
attribuire
connotati
definiti
.
Contentatevi
delle
esemplificazioni
,
e
soprattutto
sfuggite
alla
tentazione
di
stabilire
,
fra
i
due
termini
,
una
gerarchia
.
Nardonismo
non
è
affatto
sinonimo
di
grandezza
,
come
leccobardismo
non
è
affatto
sinonimo
di
meschinità
.
Fra
i
nardones
ci
sono
molti
grandi
,
ma
c
'
è
anche
,
per
esempio
,
Starace
ch
'
era
solo
un
bravo
e
onesto
coglione
.
Mentre
fra
i
leccobardi
c
'
è
un
Roosevelt
,
canaglia
sì
,
ma
di
non
comuni
dimensioni
,
molto
più
grosso
di
Johnson
che
era
nardones
(
come
Truman
e
Nixon
)
.
Fra
i
contemporanei
,
i
due
leccobardi
più
esemplari
sono
stati
Paolo
VI
e
Moro
.
Wojtyla
è
certamente
nardones
.
Su
Andreotti
,
sono
incerto
:
a
volte
mi
sembra
un
leccobardo
travestito
da
nardones
,
a
volte
un
nardones
travestito
da
leccobardo
:
comunque
,
un
travestito
.
Caro
Fiorelli
,
dia
retta
a
me
.
Stasera
stessa
apra
coi
suoi
amici
questa
discussione
.
Vedrà
:
ci
rimarrete
appiccicati
fino
all
'
alba
,
come
successe
a
noi
e
continua
ogni
tanto
a
succederci
.
Perché
Longanesi
aveva
ragione
:
le
due
categorie
umane
son
quelle
.
E
sebbene
io
non
sia
riuscito
a
spiegargliene
la
differenza
,
sono
sicuro
che
lei
l
'
ha
capita
.
StampaQuotidiana ,
Caro
amico
,
non
solo
capisco
la
sua
amarezza
e
il
suo
sdegno
,
ma
li
condivido
.
L
'
Università
italiana
è
in
pezzi
:
anzi
è
in
pezzi
la
scuola
italiana
,
a
tutti
i
livelli
.
Logico
che
,
quanto
più
si
sale
di
livello
,
tanto
più
siano
avvertibili
,
e
funeste
,
la
degradazione
dell
'
insegnamento
,
la
disorganizzazione
:
insomma
il
caos
demagogico
.
Non
voglio
dilungarmi
sulle
ragioni
specifiche
di
questa
o
quella
rivendicazione
,
agitazione
,
occupazione
.
Ce
n
'
è
sempre
.
Stia
pur
certo
che
,
se
non
cambia
il
clima
generale
della
scuola
italiana
,
rimosso
un
ostacolo
se
ne
presenterà
un
altro
,
all
'
infinito
,
in
una
spirale
progressiva
(
e
pseudo
progressista
)
che
porta
alla
paralisi
.
Prima
che
i
rivoluzionari
e
riformatori
si
mettessero
all
'
opera
,
l
'
Università
italiana
non
era
certo
perfetta
.
Peccava
di
accademismo
;
non
preparava
i
ragazzi
all
'
esercizio
delle
professioni
cui
aspiravano
;
dava
posto
eccessivo
,
nella
composizione
della
massa
studentesca
,
ai
figli
della
borghesia
;
era
dominata
da
«
baroni
»
che
a
volte
avevano
conquistato
il
loro
titolo
professorale
per
veri
meriti
,
ed
esercitavano
la
loro
missione
con
scrupolo
,
e
a
volte
erano
soltanto
pompose
e
arroganti
nullità
.
Pur
con
tutti
questi
grossi
difetti
,
l
'
Università
italiana
nel
suo
complesso
reggeva
,
dal
punto
di
vista
degli
studi
e
delle
ricerche
,
il
confronto
con
le
Università
estere
.
Alcuni
Atenei
,
e
alcune
facoltà
,
erano
di
altissimo
livello
.
Era
,
quella
,
una
Università
,
che
doveva
certamente
essere
migliorata
,
resa
più
efficiente
dal
punto
di
vista
tecnico
,
più
giusta
dal
punto
di
vista
sociale
,
e
più
severa
-
rilievo
che
riguarda
soprattutto
talune
sedi
-
dal
punto
di
vista
degli
studi
.
Se
si
fosse
agito
in
questo
senso
,
gli
studenti
di
modeste
condizioni
economiche
,
ma
bravi
-
come
immagino
sia
suo
figlio
-
avrebbero
potuto
ottenere
non
solo
la
gratuità
della
frequenza
,
ma
un
presalario
sufficiente
per
vivere
,
e
riservato
a
chi
meritasse
questo
sacrificio
della
collettività
.
Gli
svogliati
,
gli
eterni
fuori
corso
,
i
venditori
di
chiacchiere
demagogiche
,
anche
se
ricchi
e
privilegiati
economicamente
,
fuori
.
Ma
sull
'
onda
dell
'
ormai
mitico
'68
,
sotto
la
spinta
di
sciagurati
agitatori
,
come
Capanna
,
che
si
proclamavano
apostoli
degli
studenti
,
e
sono
stati
i
loro
peggiori
nemici
,
con
la
complicità
di
professori
malati
di
giovanilismo
spensierato
,
deboli
,
politicamente
ambiziosi
,
con
l
'
avallo
di
governanti
sprovveduti
e
populisti
,
si
è
proceduto
in
senso
opposto
:
Università
aperte
a
tutti
,
studi
declassati
,
lauree
a
portata
di
qualsiasi
somaro
,
gli
Atenei
trasformati
in
covi
di
una
rivoluzione
permanente
e
inconcludente
,
tanti
Lenin
in
sessantaquattresimo
associati
all
'
insegnamento
.
Questa
stravolta
riforma
,
culminata
nei
fasti
del
27
a
tutti
(
da
qualche
professore
vergognosamente
accettato
)
nelle
facoltà
di
architettura
,
ha
punito
,
caro
amico
,
proprio
le
famiglie
come
la
sua
.
I
giovani
intelligenti
e
diligenti
,
che
hanno
fretta
di
laurearsi
perché
un
padre
operaio
deve
scannarsi
per
mantenerli
agli
studi
,
sono
bloccati
dalle
lotte
continue
di
professori
politicizzati
e
di
compagni
«
rivoluzionari
»
con
Kawasaki
e
vacanze
alle
Seychelles
.
Quando
il
suo
ragazzo
entrerà
-
le
auguro
presto
-
nella
professione
riuscirà
probabilmente
,
perché
è
in
gamba
e
perché
ha
scelto
una
facoltà
che
ritengo
sia
tra
le
meno
affollate
.
Ma
altri
faticheranno
immensamente
trovandosi
a
competere
con
laureati
che
sono
bestie
:
ma
grazie
al
metodo
Capanna
hanno
completato
senza
fatica
i
corsi
,
e
sono
ammanigliati
,
e
hanno
famiglie
influenti
.
I
«
rivoluzionari
»
hanno
cioè
punito
proprio
i
figli
dei
proletari
,
che
asseriscono
vociando
di
voler
redimere
.
Se
tanti
studenti
in
gamba
che
sono
figli
di
povera
gente
non
potranno
essere
,
nella
vita
,
ciò
che
avrebbero
voluto
,
e
dovranno
ammainare
le
ali
delle
loro
legittime
aspirazioni
,
ne
rendano
grazie
ai
demagoghi
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Bertani
,
è
curioso
:
di
tutti
i
nostri
lettori
,
lei
è
l
'
unico
ad
aver
interpretato
quel
mio
articolo
come
una
presa
di
posizione
contro
le
centrali
elettronucleari
.
Non
è
così
,
e
tengo
a
ribadirlo
per
chiunque
possa
essere
caduto
nello
stesso
abbaglio
.
Se
ho
fatto
un
'
allusione
a
Hiroshima
,
cioè
all
'
uso
perverso
che
si
può
fare
dell
'
energia
nucleare
,
è
stato
solo
per
prevenire
la
propaganda
avversaria
che
certamente
si
varrà
di
questo
ingannevole
,
ma
suggestivo
argomento
per
impostare
il
suo
referendum
.
E
per
controbatterlo
ne
ho
portati
altri
tre
che
mi
sembrano
di
facile
comprensione
anche
per
il
lettore
più
digiuno
di
questa
materia
,
e
quindi
i
più
adatti
a
una
contro
-
propaganda
di
massa
:
1°
)
Il
fatto
di
non
avere
centrali
termonucleari
non
basterebbe
a
metterci
al
riparo
da
catastrofi
tipo
Hiroshima
perché
in
un
mondo
nuclearizzato
,
«
zone
di
rispetto
»
non
ne
esistono
.
2°
)
Le
installazioni
termonucleari
costruite
finora
(
e
sono
più
di
600
)
non
hanno
mai
dato
luogo
a
incidenti
,
e
si
dimostrano
anche
meno
inquinanti
di
tante
altre
.
3°
)
Lo
sviluppo
industriale
è
a
un
bivio
:
o
infila
la
strada
termonucleare
,
o
dovrà
rassegnarsi
a
restare
a
corto
,
di
qui
a
un
po
'
,
di
fonti
di
energia
perché
il
petrolio
non
è
inesauribile
e
costa
sempre
più
caro
.
Più
di
questo
,
caro
Bertani
,
che
dovevo
dire
?
Lei
forse
mi
rimprovera
di
non
avere
abbastanza
sottolineato
la
differenza
che
passa
fra
l
'
uso
bellico
e
distruttivo
,
e
quello
pacifico
e
costruttivo
,
dell
'
energia
nucleare
.
Ma
,
santo
Dio
,
questa
differenza
la
conoscono
tutti
ed
è
implicita
nel
discorso
.
Nessuno
dubita
,
nessuno
può
dubitare
che
l
'
Italia
voglia
le
centrali
per
lanciarsi
nella
gara
dell
'
armamento
atomico
:
d
'
imbecilli
nel
nostro
Paese
ce
ne
sono
tanti
,
ma
non
fino
al
punto
di
correr
dietro
a
simili
sogni
,
o
per
meglio
dire
incubi
.
Il
mio
ragionamento
era
questo
,
già
implicito
nel
titolo
dell
'
articolo
(
A
lume
di
candela
)
:
«
Decidiamoci
:
o
l
'
energia
termonucleare
,
o
il
ritorno
alla
candela
»
.
E
questo
,
lei
,
me
lo
chiama
un
argomento
contro
l
'
energia
termonucleare
?
StampaQuotidiana ,
Caro
Banfi
,
vedo
che
lei
ha
abbastanza
ben
capito
la
differenza
,
per
quanto
refrattaria
ad
ogni
definizione
,
fra
nardones
e
leccobardi
.
Per
quanto
mi
riguarda
,
anch
'
io
credo
che
spetti
ai
lettori
,
non
a
me
,
stabilire
a
quale
categoria
appartengo
.
Lei
però
rischia
di
trarli
in
inganno
spacciando
per
leccobardismo
il
mio
invito
a
votare
Dc
«
con
schifo
,
con
rabbia
,
con
voltastomaco
»
ecc.
E
glielo
dimostro
con
un
esempio
.
Lei
,
vedo
,
elenca
Churchill
fra
i
nardones
,
e
ha
ragione
perché
ne
era
addirittura
un
archetipo
.
Ma
non
crede
lei
che
,
dopo
aver
passato
la
vita
a
combattere
il
comunismo
,
avesse
anche
lui
la
rabbia
,
lo
schifo
e
il
voltastomaco
quando
dovette
allearsi
con
Stalin
e
stringergli
la
mano
?
E
crede
che
questo
basti
a
trasformarlo
in
leccobardo
?
Con
ciò
non
voglio
mettermi
,
per
l
'
amordiddio
,
sul
piano
di
Churchill
.
Voglio
soltanto
dire
che
un
uomo
non
si
può
giudicarlo
dalle
azioni
che
compie
in
stato
di
necessità
.
Eppoi
,
non
creda
che
la
qualifica
di
leccobardo
mi
offenderebbe
.
Pericle
(
dico
Pericle
)
lo
era
.
Lo
era
Erasmo
.
E
molte
sono
le
volte
in
cui
un
leccobardo
-
p
.
es.
Federico
il
grande
di
Prussia
-
ha
fregato
i
nardones
.
Anche
fra
i
nostri
contemporanei
,
guardi
un
Giscard
d
'
Estaing
.
Più
leccobardo
di
lui
,
si
muore
.
Eppure
,
sebbene
non
ne
abbia
le
forze
,
riesce
a
tenersi
alla
pari
di
un
nardones
come
Schmidt
.
Dimenticavo
di
aggiungere
che
il
discorso
vale
anche
per
le
donne
.
Esse
passano
quasi
sempre
per
leccobarde
.
Ma
anche
fra
loro
ci
sono
le
nardones
.
Anzi
,
di
solito
succede
questo
:
che
uno
crede
di
sposare
una
leccobarda
,
e
poi
si
trova
in
casa
una
nardones
,
e
che
nardones
.
Prenda
la
signora
Anna
Bonomi
.
Ma
forse
l
'
esempio
è
scelto
male
:
la
signora
Bonomi
non
ha
mai
nemmeno
tentato
di
passare
per
leccobarda
.
StampaQuotidiana ,
Caro
senatore
,
il
suo
discorso
non
fa
una
grinza
.
Io
sono
perfettamente
d
'
accordo
con
lei
che
una
spesa
di
74
miliardi
,
e
anche
quella
di
270
prevista
per
il
'79
,
è
ben
poca
cosa
in
confronto
al
valore
dell
'
enorme
patrimonio
artistico
da
salvare
;
e
anzi
questo
giornale
è
sempre
stato
in
prima
linea
nel
reclamare
che
a
questa
difesa
siano
dati
mezzi
sempre
più
grandi
ed
efficienti
.
Ma
Ricossa
non
contestava
affatto
questa
tesi
.
Semplicemente
diceva
:
Prendiamo
il
più
modesto
di
tutti
i
nostri
bilanci
,
quello
per
i
Beni
culturali
,
74
miliardi
appena
.
Il
cittadino
è
in
grado
di
controllare
come
viene
amministrato
questo
stanziamento
,
e
se
esso
serve
di
più
a
mantenere
il
suddetto
patrimonio
o
coloro
che
vi
sovrintendono
?
No
.
E
allora
figuriamoci
quanto
è
in
grado
di
controllare
una
spesa
globale
di
64
mila
miliardi
,
qual
è
quella
dello
Stato
,
del
suo
Stato
.
Questo
,
diceva
Ricossa
.
Egli
ha
portato
l
'
esempio
del
bilancio
dei
Beni
culturali
perché
,
appunto
per
la
sua
modestia
,
era
quello
che
meglio
si
prestava
a
dimostrare
il
suo
assunto
che
trova
consenzienti
-
glielo
posso
garantire
-
tutti
i
lettori
.
Perché
tutti
i
lettori
-
anche
questo
le
posso
garantire
-
hanno
le
scatole
piene
di
questo
Stato
ciaccione
,
avido
e
dissipatore
,
che
vuol
fare
troppe
cose
e
le
fa
malissimo
,
a
cominciare
da
una
contabilità
talmente
ingarbugliata
che
nessuno
,
nemmeno
i
cosiddetti
uomini
di
Stato
e
la
loro
burocrazia
,
riescono
a
capirci
più
nulla
.
Lei
non
vorrà
negarmi
,
spero
,
che
l
'
enorme
prelievo
che
lo
Stato
fa
del
pubblico
denaro
viene
adibito
soprattutto
a
mantenere
coloro
che
lo
maneggiano
,
e
a
mantenerli
male
perché
sono
troppi
e
costretti
ad
operare
in
un
guazzabuglio
di
leggi
che
li
condanna
all
'
inefficienza
e
al
parassitismo
:
Non
so
se
i
Beni
culturali
facciano
eccezione
alla
regola
.
Ma
la
regola
è
quella
che
dice
Ricossa
:
uno
Stato
che
dovunque
mette
le
mani
combina
guai
e
per
ripararli
ha
sempre
più
bisogno
di
succhiare
quattrini
al
cittadino
senza
dargli
modo
di
controllare
come
li
usa
.
Per
difendersi
non
c
'
è
che
un
mezzo
:
ridurre
la
spesa
pubblica
,
che
significa
anche
ridurre
gl
'
interventi
dello
Stato
,
insomma
riprivatizzare
il
Paese
.
Ne
convenga
anche
lei
,
caro
senatore
.
Altrimenti
,
perde
i
voti
.
Lei
parla
di
contraddizione
,
caro
Lo
Cascio
,
e
ha
ragione
.
Ma
il
problema
va
posto
,
a
mio
avviso
,
in
termini
un
po
'
diversi
da
quelli
esposti
nella
sua
lettera
.
E
'
vero
:
il
mondo
politico
italiano
intrattiene
rapporti
assidui
con
gli
esponenti
di
quegli
stati
dell
'
Est
«
socialista
»
che
hanno
indubbie
connotazioni
totalitarie
.
Ciò
può
turbare
la
coscienza
dei
democratici
ma
è
difficilmente
evitabile
,
anche
se
certe
inutili
sbracature
e
indulgenze
sono
eccessive
.
L
'
impero
sovietico
è
una
realtà
.
Così
come
è
una
realtà
la
assoluta
prevalenza
numerica
,
nel
mondo
,
dei
regimi
dittatoriali
sui
regimi
democratici
.
Se
questi
ultimi
dovessero
chiudersi
in
se
stessi
,
rifiutando
ogni
contatto
con
gli
«
impuri
»
,
e
troncando
con
essi
rapporti
diplomatici
,
economici
,
culturali
,
si
arriverebbe
a
una
situazione
paradossale
:
alla
situazione
cioè
di
una
coalizione
della
libertà
che
rinuncerebbe
ad
influire
sulle
vicende
del
mondo
,
e
che
,
respingendoli
in
blocco
,
costringerebbe
gli
altri
,
i
non
liberi
,
ossia
,
ripetiamo
,
la
maggioranza
degli
stati
,
a
coalizzarsi
a
loro
volta
.
La
confusione
tra
morale
e
politica
produce
effetti
di
solito
negativi
,
a
volte
catastrofici
.
Se
ne
è
accorto
anche
Carter
,
che
giuoca
la
carta
cinese
contro
la
carta
russa
pur
sapendo
perfettamente
che
,
quanto
a
democrazia
,
se
Mosca
piange
Pechino
non
ride
.
Io
penso
,
insomma
,
che
la
politica
internazionale
di
un
Paese
debba
accettare
questi
compromessi
e
adattarsi
agli
incontri
,
ai
brindisi
,
ai
comunicati
finali
,
con
tutte
le
loro
ipocrisie
e
reticenze
.
La
contraddizione
,
secondo
me
,
sta
altrove
.
Sotto
la
spinta
dei
partiti
di
sinistra
e
della
loro
propaganda
la
politica
estera
italiana
pecca
di
duplicità
e
di
incoerenza
.
Se
la
ragion
di
stato
deve
prevalere
sulla
morale
internazionale
,
se
impone
di
colloquiare
con
i
totalitari
,
la
regola
deve
valere
per
tutti
:
per
la
Unione
Sovietica
come
per
il
Cile
,
per
l
'
Albania
come
per
la
Rhodesia
.
Invece
non
è
così
.
Non
si
vuole
che
sia
così
.
Pertini
,
Andreotti
e
Forlani
,
possono
tranquillamente
recarsi
in
visita
ufficiale
a
Mosca
,
ma
guai
se
si
azzardassero
a
visitare
Argentina
e
Cile
;
possono
ricevere
Gheddafi
,
ma
guai
se
accogliessero
a
Roma
Pinochet
.
Abbiamo
normali
rappresentanze
diplomatiche
perfino
nell
'
Uganda
di
Idi
Amin
,
ma
non
a
Santiago
del
Cile
.
Allora
qual
è
il
criterio
?
Vale
la
ragion
di
stato
,
che
consiglia
di
mantenere
canali
in
ogni
direzione
,
o
vale
la
morale
politica
,
che
consiglierebbe
di
negare
reciprocità
di
rapporti
a
chi
non
ha
le
carte
in
regola
con
la
democrazia
?
Non
si
sa
.
O
piuttosto
si
sa
benissimo
.
In
obbedienza
non
a
un
criterio
uniforme
,
ma
al
vociare
propagandistico
e
al
ricatto
parlamentare
,
si
usano
due
pesi
e
due
misure
.
I
totalitari
di
sinistra
sono
ritenuti
internazionalmente
più
frequentabili
di
quelli
di
destra
.
La
Farnesina
si
indigna
:
ma
con
juicio
.
StampaQuotidiana ,
Caro
amico
(
visto
che
lei
mi
considera
tale
)
,
se
l
'
allusione
sul
modo
in
cui
vivono
certi
giornali
è
rivolta
al
nostro
,
la
invito
senz
'
altro
a
fare
un
sopralluogo
da
noi
,
pagandole
anche
biglietto
e
diaria
,
e
in
compagnia
di
uno
stuolo
di
avvocati
e
commercialisti
per
controllare
,
fatture
alla
mano
,
quanto
e
da
dove
introiamo
,
quanto
e
come
spendiamo
.
Si
accorgerebbe
che
,
come
rigore
amministrativo
,
e
non
soltanto
amministrativo
,
abbiamo
lezioni
da
dare
,
non
da
prendere
,
specie
dai
Comuni
e
dalle
Province
.
Per
quanto
concerne
la
sua
attività
di
consigliere
provinciale
,
lei
ha
tutto
il
diritto
di
credere
che
in
essa
rientri
anche
la
politica
estera
nazionale
;
io
ho
quello
di
pensare
e
di
scrivere
che
gli
elettori
eleggono
un
consigliere
provinciale
perché
s
'
interessi
delle
cose
della
provincia
,
non
della
Rhodesia
e
dello
Zimbabwe
,
delle
quali
può
benissimo
occuparsi
quando
parla
con
gli
amici
al
caffè
,
non
quando
siede
nel
consiglio
provinciale
.
Chi
di
noi
due
abbia
ragione
,
lasciamolo
giudicare
ai
lettori
.
Quanto
alla
Dc
,
lei
fa
benissimo
,
come
militante
e
gerarca
,
a
difenderla
.
Ma
non
può
dire
che
chi
vota
per
essa
perde
,
dopo
aver
depositato
la
scheda
nell
'
urna
,
qualsiasi
diritto
,
compreso
quello
di
avvertire
certi
puzzi
e
di
turarsi
il
naso
.
Noi
,
lo
sappiamo
benissimo
,
non
possiamo
impedirvi
di
puzzare
;
ma
voi
non
potete
impedirci
di
sentire
il
puzzo
e
di
dire
che
lo
sentiamo
.
Resta
la
questione
dei
butteri
,
di
cui
lei
si
aderge
a
difensore
.
Ma
contro
chi
?
Io
sono
un
vecchio
amico
dei
butteri
coi
quali
ho
convissuto
intere
estati
,
quando
mio
nonno
mi
conduceva
a
caccia
a
Capalbio
e
dintorni
.
Magari
ce
ne
fossero
ancora
,
perché
erano
gran
gente
.
Ma
dove
fossero
la
Rhodesia
e
lo
Zimbabwe
non
lo
sapevano
,
né
credo
che
lo
sappiano
oggi
,
se
ce
n
'
è
ancora
qualcuno
.
Ecco
tutto
,
caro
amico
.
StampaQuotidiana ,
Pubblico
insieme
queste
due
lettere
perché
mi
pare
ch
'
esse
formino
un
perfetto
pendant
,
a
conferma
di
quanto
dicevo
nell
'
articolo
(
è
il
caso
di
dirlo
)
incriminato
.
Per
coloro
che
non
lo
avessero
letto
,
o
non
lo
ricordassero
,
ne
riassumerò
brevemente
la
tesi
.
Non
capisco
,
dicevo
,
perché
il
contrasto
fra
Stato
e
Chiesa
sull
'
aborto
faccia
scandalo
.
Essi
parlano
a
due
diversi
interlocutori
:
l
'
uno
al
cittadino
,
l
'
altra
al
credente
.
Quando
l
'
uno
concede
come
diritto
ciò
che
l
'
altra
proibisce
come
peccato
,
sta
ad
ognuno
di
noi
decidere
secondo
coscienza
il
da
farsi
.
Nessuno
è
condannato
all
'
aborto
.
È
una
facoltà
.
Lo
Stato
non
poteva
non
regolarla
,
visti
i
pericoli
e
le
ingiustizie
della
pratica
clandestina
.
La
Chiesa
non
può
non
condannare
questa
pratica
.
Non
è
la
prima
volta
,
e
non
è
questo
il
solo
caso
in
cui
norma
civile
e
norma
religiosa
discordano
.
La
grande
conquista
dello
Stato
di
diritto
è
di
porre
il
cittadino
nella
condizione
di
scegliere
fra
l
'
una
e
l
'
altra
.
Ora
il
sig.
Tornaquinci
mi
dice
addio
perché
non
trova
questa
posizione
abbastanza
laica
,
il
sig.
Strampelli
mi
dice
addio
perché
non
trova
questa
posizione
abbastanza
cattolica
.
Sembra
che
dicano
cose
antitetiche
.
E
invece
dicono
la
stessa
cosa
.
Dicono
cioè
che
non
vogliono
esser
loro
a
scegliere
.
Secondo
l
'
uno
questo
compito
spetta
allo
Stato
,
secondo
l
'
altro
alla
Chiesa
,
senza
rendersi
conto
che
uno
Stato
che
proibisse
alla
Chiesa
d
'
interloquire
su
un
problema
morale
come
questo
sarebbe
uno
Stato
totalitario
,
così
come
una
Chiesa
che
proibisse
allo
Stato
di
regolare
un
problema
come
questo
,
che
è
anche
civile
,
sarebbe
una
teocrazia
.
Per
quanto
mi
dispiaccia
perderli
(
e
mi
dispiace
moltissimo
)
,
debbo
riconoscere
che
il
nostro
giornale
non
è
fatto
per
questi
lettori
.
Noi
ci
rivolgiamo
a
quelli
che
,
fra
un
imperativo
civile
e
un
imperativo
religioso
,
accettano
di
assumersi
la
responsabilità
di
una
scelta
,
anche
quando
è
angosciosa
come
nel
caso
dell
'
aborto
.
In
quanti
siamo
?
Non
lo
so
.
Certo
,
una
minoranza
.
Ma
una
minoranza
di
uomini
,
qualifica
che
spetta
solo
a
coloro
che
hanno
una
coscienza
,
e
non
sono
disposti
a
portarla
all
'
ammasso
pur
sapendo
di
avere
in
essa
il
tribunale
più
difficile
cui
rispondere
.
Anche
in
pochi
,
è
preferibile
restare
tra
noi
.
StampaQuotidiana ,
Forse
è
perfino
un
sollievo
,
una
volta
arrivati
qui
,
nella
saletta
bianca
delle
guardie
carcerarie
,
superata
la
trafila
dei
controlli
e
i
metal
detector
e
le
pesanti
porte
d
'
acciaio
foderate
di
vetro
antiproiettile
,
una
volta
passato
il
visibilissimo
confine
tra
"
fuori
"
e
"
dentro
"
,
sentirli
parlare
dei
detenuti
e
del
carcere
,
delle
sue
follie
e
umiliazioni
,
della
lotta
dei
detenuti
e
dello
sciopero
della
fame
che
si
estende
,
da
Roma
-
Rebibbia
a
Pisa
oggi
,
e
domani
forse
dovunque
.
Adriano
Sofri
,
ironico
e
diretto
,
e
Giorgio
Pietrostefani
che
borbotta
e
ride
,
e
Ovidio
Bompressi
affilato
e
il
collo
magro
che
balla
dentro
il
colletto
abbottonato
di
una
camicia
bianca
;
non
parlano
di
sé
,
anzi
sì
,
parlano
di
tre
detenuti
e
di
altri
cinquantamila
,
come
persone
che
non
riescono
più
a
sopportare
la
stupidità
feroce
della
vita
carceraria
,
dove
"
il
tempo
si
sbriciola
-
dice
Adriano
Sofri
-
e
non
è
affatto
vero
che
qui
per
lo
meno
hai
tempo
per
leggere
e
scrivere
,
ci
sono
le
mille
incombenze
inutili
,
i
'
rapporti
'
,
ovvero
quando
ti
rimproverano
per
cose
futili
,
e
gli
altri
che
ti
vengono
a
parlare
,
non
hai
idea
di
quanti
mi
scrivano
dalle
carceri
,
e
hai
soprattutto
il
tempo
di
osservare
le
miserie
,
la
povertà
della
maggior
parte
dei
detenuti
,
la
mancanza
di
tutto
"
.
E
'
per
questo
,
contro
questo
,
che
per
il
momento
digiunano
.
Hanno
cominciato
domenica
scorsa
,
prendono
solo
caffè
,
tè
,
e
acqua
,
moltissima
acqua
:
"
così
puoi
resistere
a
lungo
"
,
dice
Adriano
,
poi
si
volta
verso
Ovidio
,
mentre
Tano
D
'
Amico
fa
loro
la
foto
che
serve
,
tutti
e
tre
insieme
,
la
foto
che
manca
,
e
scherzano
su
quanto
sei
alto
tu
e
quanto
basso
io
,
e
dice
al
suo
compagno
,
come
meravigliato
:
"
Ma
lo
sai
che
sono
già
dimagrito
tre
chili
?
Almeno
,
è
quel
che
dice
la
bilancia
"
.
Qui
,
nel
carcere
,
sei
"
una
persona
espulsa
per
giusta
causa
dalla
società
-
spiega
meticoloso
Ovidio
Bompressi
-
o
almeno
così
pensa
l
'
opinione
,
e
sei
perciò
una
parte
distaccata
e
disseccata
"
.
Lento
,
lo
ripete
,
come
una
formula
cui
ha
pensato
a
lungo
:
"
Una
parte
distaccata
e
disseccata
"
.
"
E
'
la
massima
degradazione
dell
'
individuo
"
,
aggiunge
.
Adriano
dice
:
"
Siamo
stati
quasi
felici
-
si
capisce
che
c
'
è
un
po
'
d
'
ironia
-
quando
abbiamo
saputo
dello
sciopero
della
fame
a
Rebibbia
.
Ecco
che
partecipiamo
di
qualcosa
più
vasta
di
noi
,
e
abbiamo
iniziato
uno
sciopero
della
fame
che
probabilmente
avremmo
fatto
comunque
.
Ma
ora
siamo
vincolati
a
questo
movimento
,
di
cui
,
sia
chiaro
,
non
vogliamo
diventare
esponenti
;
siamo
tre
detenuti
tra
altri
,
che
si
ribellano
a
una
vergogna
,
il
carcere
,
che
mortifica
la
dignità
umana
"
.
Poveri
,
malati
,
soli
.
Ma
la
separazione
,
tra
qui
e
l
'
altrove
,
è
tale
,
che
parole
come
queste
possono
suonare
retoriche
.
Come
dice
Ovidio
,
se
sei
dentro
è
per
qualche
ragione
,
così
pensa
la
gente
.
E
i
poveri
,
i
malati
,
i
soli
che
sono
in
cella
sono
perciò
più
poveri
,
più
malati
e
più
soli
.
Bisogna
farsi
raccontare
i
particolari
,
per
capire
.
E
i
tre
te
li
raccontano
pazientemente
.
Il
carcere
passa
una
tazza
di
"
caffè
"
la
mattina
,
un
primo
caldo
e
un
pezzetto
di
formaggio
a
mezzogiorno
,
un
secondo
caldo
la
sera
;
un
rotolo
di
carta
igienica
,
una
saponetta
e
alcuni
sacchetti
per
i
rifiuti
ogni
mese
.
Ed
è
tutto
.
Chi
non
ha
i
soldi
per
il
"
sopravvitto
"
e
per
comprarsi
dentifricio
e
detersivi
per
la
cella
,
scarpe
e
maglioni
,
le
sigarette
,
insomma
per
tutto
il
resto
,
cioè
quasi
tutto
,
ne
resta
privo
.
E
se
i
detenuti
sono
,
come
a
Pisa
e
dappertutto
,
per
il
40
per
cento
immigrati
,
nella
grande
maggioranza
poveracci
o
tossicodipendenti
,
insomma
senza
un
soldo
,
la
conseguenza
sarà
,
come
racconta
Ovidio
,
una
grandinata
di
microconflitti
tra
detenuti
poveri
,
e
tra
i
poveri
e
quelli
che
hanno
qualcosa
.
"
Dice
:
gli
immigrati
non
portano
le
scarpe
.
Per
forza
-
è
Adriano
che
parla
-
non
le
hanno
,
semplicemente
non
le
hanno
"
.
E
la
seconda
conseguenza
sarà
che
"
questo
è
un
posto
di
ospedalizzati
coatti
,
qui
siamo
tutti
malati
,
più
o
meno
,
uno
su
tre
ha
l
'
epatite
C
e
per
fortuna
che
in
questo
carcere
-
dice
ancora
Adriano
-
ancora
somministrano
l
'
interferone
,
l
'
unica
terapia
conosciuta
per
quel
tipo
di
malattia
"
.
In
poche
e
terribili
parole
,
la
situazione
è
questa
:
negli
ultimi
anni
la
"
popolazione
carceraria
"
,
cioè
questo
lazzaretto
di
abbandonati
,
ha
tracimato
oltre
ogni
argine
,
"
perché
soprattutto
con
la
custodia
cautelare
-
dice
Pietro
-
si
mette
dentro
gente
per
reati
di
ogni
tipo
e
là
-
gira
la
testa
in
una
qualche
direzione
-
al
giudiziario
,
si
tagliano
tutti
i
giorni
,
mentre
qui
al
penale
,
dove
sono
quelli
condannati
in
via
definitiva
,
è
un
po
'
più
tranquillo
"
.
"
Si
tagliano
"
significa
autolesionismo
:
per
essere
notati
,
ascoltati
,
per
non
"
essere
partiti
"
,
come
si
dice
in
gergo
,
un
terribile
transitivo
che
sta
per
essere
trasferiti
,
nelle
celle
di
punizione
o
in
un
altro
carcere
,
ad
ogni
piccola
"
mancanza
"
.
E
mentre
le
carceri
scoppiano
,
cioè
,
come
dice
pacato
e
preciso
Ovidio
,
"
funzionano
da
discarica
sociale
,
in
cui
finisce
tutto
quel
che
la
disoccupazione
,
la
povertà
,
la
crisi
dello
stato
sociale
provoca
,
in
Italia
e
in
tutto
l
'
Occidente
"
,
il
governo
,
appunto
,
taglia
i
bilanci
.
"
Meno
30
per
cento
l
'
anno
scorso
,
meno
15
quest
'
anno
-
enumera
Adriano
-
quasi
la
metà
in
meno
in
due
anni
.
E
il
primo
settore
ad
essere
tagliato
è
la
sanità
,
ecco
perché
a
Rebibbia
digiunano
i
malati
di
Aids
,
tanto
sono
lì
non
perché
li
curino
,
ma
per
impedirgli
di
morire
fuori
dal
carcere
.
E
infatti
il
personale
sanitario
è
in
agitazione
"
.
E
gli
educatori
,
tre
per
295
detenuti
a
Pisa
;
e
gli
agenti
di
custodia
,
che
,
"
poveracci
-
dice
Pietro
-
hanno
alloggi
quasi
peggio
delle
nostre
celle
"
,
e
comunque
sono
sempre
pochi
,
pochi
.
Dopo
tangentopoli
.
Allora
,
che
si
può
fare
?
Secondo
Adriano
,
"
solo
un
brusco
calo
del
numero
dei
detenuti
,
dieci
o
quindicimila
in
meno
d
'
un
colpo
,
può
far
ripartire
il
sistema
carcerario
in
una
direzione
diversa
.
Ma
non
mi
pare
che
questo
sarebbe
l
'
effetto
della
legge
Simeone
di
cui
si
parla
in
questi
giorni
.
E
d
'
altra
parte
,
dopo
tangentopoli
è
una
bestemmia
anche
solo
parlare
di
amnistia
,
per
la
quale
oggi
ci
vogliono
almeno
i
due
terzi
dei
voti
del
parlamento
,
come
nemmeno
per
una
riforma
costituzionale
.
Come
se
in
galera
ci
fossero
loro
,
i
grandi
corrotti
,
e
non
questi
poveretti
,
a
cui
è
stata
tolta
anche
questa
concessione
,
questa
grazia
periodica
.
D
'
Ambrosio
(
magistrato
milanese
,
ndr
.
)
ha
avuto
una
buona
battuta
:
ha
detto
che
se
si
fa
l
'
amnistia
verrebbero
da
tutta
Europa
,
qui
in
Italia
.
E
be
'
,
a
parte
che
le
pene
,
da
noi
,
sono
molto
più
alte
che
nel
resto
d
'
Europa
,
e
per
esempio
in
Francia
un
reato
come
quello
che
ci
ha
condotti
qui
è
prescritto
dopo
15
anni
,
e
noi
siamo
dentro
dopo
25
,
a
parte
questo
,
che
io
sappia
,
sono
accorsi
da
tutta
Europa
solo
Giorgio
Pietrostefani
e
Toni
Negri
"
.
Ovidio
aggiunge
che
sì
,
i
progetti
di
legge
servirebbero
,
come
servirebbero
regolamenti
meno
assurdi
di
quelli
che
proibiscono
i
libri
rilegati
e
le
giacche
(
mi
guarda
e
dice
:
"
Lo
sai
che
avevo
una
giacca
come
la
tua
?
Che
nostalgia
"
)
e
i
cappotti
,
e
se
li
concedono
è
a
seconda
della
personalità
e
del
tipo
di
reato
,
col
risultato
,
dice
Adriano
,
"
che
magari
me
ne
andrò
in
giro
con
un
bel
cappotto
di
castorino
,
in
mezzo
a
gente
che
trema
per
il
freddo
"
,
ecco
,
se
il
governo
facesse
il
molto
che
può
fare
e
il
parlamento
si
sbrigasse
,
certo
sarebbe
un
bene
.
Ma
il
problema
della
separazione
,
dell
'
essere
"
distaccati
e
disseccati
"
,
lo
si
può
medicare
solo
se
le
associazioni
,
il
volontariato
,
cioè
il
modo
che
la
società
inventa
per
difendersi
,
si
allarga
anche
al
carcere
.
E
racconta
:
"
Attraverso
il
vescovo
di
Massa
e
persone
legate
alla
Caritas
abbiamo
creato
,
caso
unico
in
Italia
,
un
fondo
cassa
per
i
detenuti
poveri
,
e
a
ciascuno
diamo
da
trenta
a
cinquantamila
lire
al
giorno
;
si
è
sparsa
la
voce
e
molti
hanno
mandato
soldi
,
oggi
abbiamo
quattro
milioni
,
ma
non
bastano
"
.
(
Questo
,
di
conseguenza
,
è
un
appello
:
chi
vuole
mandare
soldi
,
li
può
indirizzare
a
Athe
Gracci
,
via
tosco
-
romagnola
77
,
Pontedera
;
per
informazioni
invece
si
può
telefonare
al
cercere
di
Pisa
e
chiedere
della
dottoressa
Truscello
)
.
Il
colloquio
è
già
molto
lungo
,
Tano
chiede
di
mettersi
qui
e
là
per
fare
le
foto
,
Pietro
comincia
a
elencare
aneddoti
sugli
anni
settanta
milanesi
in
cui
lui
compare
sempre
nella
parte
del
cattivo
,
e
ci
ride
sopra
.
Pende
una
domanda
:
e
voi
?
Proprio
voi
tre
?
"
Se
avessi
un
'
idea
di
quel
che
faremo
quando
il
digiuno
di
protesta
nelle
carceri
si
fermerà
,
te
lo
direi
,
onestamente
te
lo
direi
"
,
risponde
Adriano
.
Quel
che
è
sicuro
è
che
tra
la
metà
e
la
fine
di
novembre
sarà
depositata
la
richiesta
di
revisione
del
processo
,
"
e
lì
vogliamo
arrivarci
in
piedi
"
,
aggiunge
.
Ma
nove
mesi
sono
passati
,
da
quando
si
sono
consegnati
,
e
loro
sono
grati
per
tutto
quello
che
si
è
fatto
,
le
160
mila
firme
,
l
'
assemblea
di
oggi
a
Roma
,
"
ma
uscire
di
qui
-
dice
Ovidio
-
uscire
in
ogni
modo
,
è
un
obbligo
verso
noi
stessi
,
ed
è
un
gesto
di
rispetto
verso
il
diritto
come
dovrebbe
essere
"
.
"
E
'
chiaro
-
conclude
Adriano
-
che
andremo
fino
in
fondo
in
tempi
molto
brevi
"
.
Cade
un
silenzio
,
anche
le
Laika
di
Tano
tacciono
.
Adriano
chiede
dello
stato
di
salute
del
manifesto
,
ha
sul
tavolo
la
copia
con
la
lettera
aperta
di
Rossana
Rossanda
al
presidente
della
repubblica
.
Non
buono
,
rispondo
,
stato
di
salute
non
buono
.
Si
apre
la
porta
,
i
tre
si
alzano
,
ci
salutiamo
.
Quando
è
sulla
soglia
,
Adriano
si
gira
e
mi
dice
:
"
Resistete
"
.
StampaQuotidiana ,
Norberto
Bobbio
è
tornato
nell
'
ultimo
numero
di
«
l
'
Espresso
»
a
ragionare
sull
'
impossibilità
del
fascismo
.
È
una
esperienza
storica
conclusa
,
non
si
può
ripetere
.
Anche
a
sospettare
che
Fini
nasconda
le
più
fosche
intenzioni
,
non
ci
sono
le
condizioni
perché
le
metta
in
atto
.
Qualche
tempo
fa
Leonardo
Paggi
aggiungeva
che
è
il
contesto
internazionale
a
rendere
impensabile
un
fascismo
italiano
.
Sono
considerazioni
giuste
.
Meno
persuasivo
è
concluderne
,
come
già
aveva
fatto
Lucio
Colletti
,
e
ieri
gli
si
sono
affiancati
Nilde
Jotti
e
Augusto
Barbera
,
che
perciò
Alleanza
nazionale
è
una
forza
democratica
,
buon
materiale
di
costruzione
della
seconda
Repubblica
.
Qualche
tempo
fa
anche
Eugenio
Scalfari
,
della
cui
severità
verso
il
Polo
della
libertà
non
si
può
dubitare
,
ascriveva
fra
i
non
molti
meriti
di
Berlusconi
l
'
avere
«
sdoganato
»
Fini
.
Ed
è
di
pochi
giorni
fa
l
'
assoluzione
del
«
New
York
Times
»
.
Fascismo
non
è
.
E
allora
che
cosa
è
?
Conviene
chiederselo
,
nel
momento
in
cui
Alleanza
nazionale
si
delinea
come
la
struttura
più
consistente
del
Polo
berlusconiano
,
capace
di
raddoppiare
nel
giro
di
un
anno
i
massimi
storici
di
voto
del
Msi
,
penetrando
anche
nel
nord
dove
questo
era
stato
men
che
marginale
.
Non
basta
dire
che
Alleanza
nazionale
è
in
qualche
misura
«
radicata
nel
territorio
»
:
fino
a
sei
mesi
fa
questo
pareva
un
limite
,
un
segno
del
vecchio
modo
d
'
essere
politico
,
destinato
a
essere
travolto
dal
messaggio
mediatico
e
del
resto
perché
An
ha
retto
dove
insediamenti
semisecolari
nel
territorio
sono
crollati
?
Ammesso
che
abbia
digerito
ogni
nostalgia
e
si
indirizzi
verso
spazi
diversi
dal
passato
,
di
che
cosa
li
riempie
?
Che
cosa
vuole
?
In
che
cosa
si
identificano
coloro
che
la
votano
?
Si
fa
presto
a
dire
che
se
non
è
il
fascismo
che
abbiamo
conosciuto
,
vuoi
dire
che
è
democrazia
;
che
si
fonda
sul
consenso
elettorale
e
tanto
ci
garantisce
.
Anche
Hitler
s
'
era
fondato
sul
consenso
elettorale
,
anche
Perón
.
Non
basta
:
il
più
proceduralista
dei
politologi
sa
che
democrazia
non
è
soltanto
andare
a
votare
,
è
una
certa
idea
degli
orizzonti
e
limiti
della
comunità
politica
.
Qui
il
profilo
del
partito
di
Fini
è
assai
sfuggente
.
Il
suo
non
è
un
progetto
liberale
,
il
germoglio
della
famosa
destra
civilizzata
;
non
è
che
,
sepolto
Mussolini
,
prenda
per
riferimento
Einaudi
o
Malagodi
o
La
Malf
a
,
e
tanto
meno
Kelsen
;
sarà
se
mai
Cari
Schmitt
.
Non
nasconde
l
'
avversione
per
il
liberismo
federalista
della
Lega
:
e
per
questo
l
'
ha
erosa
a
Brescia
.
Bossi
strilla
che
Fini
è
statalista
,
dunque
un
residuato
della
prima
Repubblica
,
che
era
appunto
centralista
,
burocratica
e
spartitoria
.
Ma
Bossi
confonde
:
lo
statalisimo
di
Fini
non
è
burocratico
e
spartitorio
,
è
totalitario
.
E
in
questo
si
separa
dal
plebiscitarismo
di
Berlusconi
,
per
il
quale
lo
Stato
ha
da
essere
quel
minimo
che
garantisce
all
'
impresa
di
far
quel
che
più
le
serve
.
Per
Fini
lo
Stato
è
lo
Stato
,
ordinatore
delle
gerarchie
,
garante
del
grande
capitale
e
delle
plebi
.
Per
Berlusconi
l
'
Italia
è
un
'
azienda
,
per
Fini
un
destino
.
L
'
ideale
dell
'
uno
è
un
borghese
approssimativo
e
gaudente
,
mollemente
democratico
,
senza
altri
orizzonti
che
quelli
del
bilancio
,
quello
dell
'
altro
è
l
'
italiano
,
che
finalmente
realizza
se
stesso
,
si
distingue
dagli
altri
,
non
perdona
nulla
all
'
immigrato
,
preferisce
che
non
ci
sia
.
È
vero
che
in
altri
tempi
ha
esagerato
con
gli
ebrei
,
sicuro
,
gli
va
chiesto
perdono
,
ma
fermo
restando
che
sono
«
altro
»
.
Il
suo
nazionalismo
è
prudente
,
frena
Tremaglia
,
ma
chiede
alla
Slovenia
di
mettersi
in
ginocchio
per
essersi
liberata
dagli
ustascia
amici
degli
italiani
.
E
pesca
nelle
acque
non
limpide
degli
«
italiani
all
'
estero
»
.
Si
potrebbe
continuare
.
Sta
di
fatto
che
An
funge
da
guardia
pretoriana
al
presidente
che
l
'
ha
sdoganata
,
ma
non
cela
l
'
ambizione
di
mangiarsi
Forza
Italia
dalla
testa
alla
coda
,
o
per
fusione
o
per
sottrazione
di
voti
.
E
già
ora
influisce
sui
suoi
equilibri
interni
,
mentre
Forza
Italia
non
intacca
minimamente
i
suoi
.
Tra
Fini
e
Berlusconi
le
parti
previste
dal
signore
di
Arcore
,
quale
sarebbe
stata
la
corda
e
quale
l
'
impiccato
,
si
sono
invertite
.
Il
loro
vero
cemento
è
l
'
avversione
per
la
sinistra
-
che
per
Berlusconi
rappresenta
il
classico
elemento
di
disturbo
d
'
una
forza
di
lavoro
ancora
vagamente
organizzata
,
di
cui
vanno
ridotte
pretese
e
libertà
di
manovra
,
per
Fini
l
'
avversario
storico
,
ideologico
,
la
tentazione
mai
abbastanza
sradicata
d
'
una
società
di
uguali
.
Fini
sopporta
più
facilmente
la
violenza
dei
naziskin
-
sono
un
fenomeno
sociale
,
dice
-
che
un
popolo
che
si
faccia
con
calma
soggetto
di
autodeterminazione
.
Meglio
un
pizzico
di
sovversivismo
,
sale
della
società
serialiazzata
.
Sono
lineamenti
riconoscibili
.
Dubito
che
appartengano
alla
democrazia
.
Un
Terzo
Reich
non
è
in
vista
,
ma
sta
ridisegnandosi
nella
società
un
volto
che
speravamo
perduto
.
Beniamino
Placido
scriveva
qualche
tempo
fa
che
i
fascismi
saranno
superati
,
ma
il
fascismo
risponde
a
una
pulsione
alla
sopraffazione
,
da
tener
d
'
occhio
perché
ha
radici
nel
lato
oscuro
che
sta
in
tutti
.
Condivido
.
Ma
c
'
è
dell
'
altro
:
essendo
una
pulsione
umana
,
troppo
umana
,
non
effimera
,
cerca
e
produce
ideologie
forti
.
Di
quella
forza
che
sarebbe
nelle
origini
,
nel
sangue
,
nel
sacro
,
nell
'
indeclinabile
-
e
prefigura
comunità
di
eletti
,
rifiutando
la
massificazione
.
Se
il
fascismo
lusinga
certe
rozzezze
è
perché
la
plebe
vuol
essere
guidata
e
foraggiata
come
il
cavallo
dal
padrone
,
ma
il
signore
non
ha
altre
regole
che
quelle
che
si
impone
.
E
trova
iscritte
in
qualche
eternità
.
È
comprensibile
che
di
fronte
a
una
infinita
problematicità
del
senso
,
affascini
il
suggerimento
che
da
qualche
parte
c
'
è
un
segno
,
per
tutti
ma
visibile
soltanto
agli
eletti
,
rassicurante
e
non
omologante
.
Si
tratta
di
discernerlo
e
seguirlo
per
coloro
che
sanno
leggere
.
Non
soli
ma
esoterici
.
Curioso
come
questa
tentazione
sia
stata
anch
'
essa
sdoganata
dalla
postmodernità
stanca
di
responsabilizzazioni
totali
.
Nessun
automatismo
lega
il
fascino
del
segno
alla
pratica
dei
fascismi
,
ma
non
c
'
è
fascismo
senza
il
segno
-
un
ordine
simbolico
signorile
,
iscritto
prima
dei
tempi
.
Questo
segno
affascina
.
Hermann
Hesse
non
è
stato
nazista
,
anzi
con
il
nazismo
ha
avuto
dei
guai
.
Ma
è
dallo
stesso
humus
germanico
che
è
nato
Siddharta
,
un
libro
che
da
anni
non
esce
dalle
classifiche
,
uno
dei
più
letti
dalla
generazione
giovane
.
Non
avrà
la
stessa
fortuna
,
forse
,
il
suo
romanzo
più
bello
,
Demian
,
da
poco
uscito
da
Marsilio
,
storia
d
'
un
contemporaneo
figlio
di
Caino
:
anche
lui
porta
un
segno
,
ed
è
tanto
più
splendente
dei
figli
di
Abele
.
Niente
è
semplice
.
L
'
anno
scorso
un
liceo
francese
ha
imposto
alle
studentesse
di
religione
musulmana
di
venire
a
scuola
senza
il
velo
.
Al
rifiuto
delle
famiglie
,
le
ha
espulse
.
Quest
'
anno
i
foulards
si
sono
moltiplicati
,
forse
anche
per
quella
interdizione
,
e
piovono
provvedimenti
analoghi
.
L
'
anno
scorso
la
reazione
di
Sos
-
racisme
era
stata
aspra
:
vergogna
,
lo
stato
calpesta
un
segno
di
identità
.
Quest
'
anno
,
Sos
-
racisme
ha
capovolto
la
linea
:
è
bene
che
la
scuola
sia
laica
,
il
laicismo
implica
che
non
vi
si
faccia
proselitismo
per
nessuna
fede
o
religione
che
non
sia
quella
della
repubblica
,
cioè
una
metodologia
di
convivenza
.
Se
i
musulmani
impongono
il
chador
,
i
cattolici
potrebbero
reintrodurre
il
crocefisso
,
storicamente
estromesso
.
Sono
seguite
divisioni
e
inasprimenti
delle
comunità
musulmane
:
per
l
'
appunto
,
se
accettassimo
l
'
ideologia
della
laicità
ci
assimileremmo
a
un
'
idea
di
comunità
che
non
è
la
nostra
.
Sos
-
racisme
replica
:
non
fatevi
assimilare
ma
accettate
che
il
paese
dove
andate
difenda
spazi
per
così
dire
agnostici
,
se
no
come
si
convive
?
E
chi
vuoi
convivere
,
risponde
a
voce
più
bassa
il
fondamentalismo
:
le
ragazze
portino
d
'
ora
in
poi
il
chador
non
come
segno
di
appartenenza
,
ma
come
segno
di
militanza
.
E
le
donne
in
questione
?
Le
femministe
esitano
fra
la
difesa
delle
differenze
e
l
'
universalismo
della
libertà
femminile
di
Taslima
Nasreen
.
Le
ragazze
che
vanno
a
scuola
non
parlano
,
o
non
sono
interrogate
o
non
gli
è
permesso
.
Il
padre
e
la
madre
impongono
il
foulard
,
che
nasconde
i
capelli
,
la
fronte
,
la
parte
inferiore
del
viso
,
il
collo
,
la
scuola
impone
di
toglierlo
.
Se
tengono
il
foulard
la
scuola
le
esclude
.
Se
lo
tolgono
,
sono
escluse
dalla
famiglia
e
dalla
comunità
.
Quelle
che
l
'
avevano
tolto
per
propria
scelta
già
da
tempo
sono
oggi
incastrate
tra
fedeltà
o
tradimento
della
loro
gente
e
fedeltà
o
tradimento
di
una
idea
di
sé
che
credevano
di
aver
conquistato
.
Da
una
trappola
all
'
altra
.
Prodi ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Raramente
mi
è
successo
di
raccogliere
tante
lodi
e
tanti
rimproveri
come
per
aver
scritto
che
a
me
Prodi
va
bene
.
Mi
si
rimprovera
di
cancellare
cuore
e
ragioni
della
sinistra
appiattendola
a
un
cattolico
democratico
,
mi
si
elogia
perché
finalmente
avrei
smesso
di
essere
una
massimalista
che
insegue
il
tanto
peggio
tanto
meglio
.
Mi
voglio
rovinare
:
tutte
chiacchiere
,
andiamo
al
sodo
.
Che
cosa
sono
oggi
le
sinistre
?
Che
cosa
vogliono
?
Se
non
riescono
a
proporre
un
proprio
candidato
capace
di
raccogliere
dal
40
al
50
per
cento
dei
voti
è
perché
non
hanno
una
risposta
sul
dove
vorrebbero
che
andasse
il
paese
.
Berlusconi
non
ha
vinto
perché
era
un
Grande
comunicatore
,
ma
perché
comunicava
a
un
'
Italia
con
il
Pci
in
caduta
libera
e
il
Caf
in
galera
che
l
'
avrebbe
portata
sulla
via
liberista
.
Prodi
comunica
che
si
può
avere
un
sano
liberismo
,
ma
corretto
da
misure
di
solidarietà
,
perché
,
differentemente
da
Berlusconi
,
non
racconta
che
il
processo
sarà
indolore
.
Che
proporrebbe
invece
l
'
ipotetico
candidato
delle
sinistre
?
Fino
a
dieci
anni
fa
quel
che
la
sinistra
voleva
era
abbastanza
chiaro
,
e
per
questo
,
pur
non
superando
mai
il
30
per
cento
,
influiva
su
alleati
e
avversari
,
pesava
sulla
bilancia
delle
decisioni
.
Quando
il
Polo
strilla
che
i
comunisti
erano
e
sono
dovunque
e
dovunque
vanno
sradicati
,
esprime
un
abito
mentale
fascistoide
,
per
cui
chiunque
fino
a
ieri
era
agente
di
Mosca
oggi
lo
sarebbe
di
D
'
Alema
,
ma
evidenzia
una
verità
:
un
senso
comune
di
sinistra
ha
avuto
una
vera
egemonia
in
questo
paese
.
In
che
consisteva
?
In
politica
,
in
un
'
idea
forte
della
rappresentanza
,
nella
persuasione
che
potevano
e
dovevano
avere
una
voce
tutti
e
sempre
,
non
solo
al
momento
delle
elezioni
.
In
tema
di
società
,
in
un
'
idea
forte
della
cittadinanza
,
per
cui
ogni
italiano
aveva
diritto
a
lavorare
,
a
essere
istruito
e
curato
,
e
doveva
esserne
assicurato
nei
mezzi
per
farlo
.
Nessuna
delle
due
cose
era
venuta
da
sé
,
c
'
erano
volute
la
crisi
del
1929
e
una
guerra
.
Non
andava
da
sé
che
fossimo
un
paese
di
ricche
contraddizioni
,
donne
e
uomini
,
deboli
e
forti
,
ricchi
e
poveri
,
cattolici
e
laici
o
altre
religioni
,
Nord
e
Sud
:
e
che
queste
differenze
si
esprimessero
anche
in
conflitti
,
condotti
dalle
rappresentanze
politiche
ma
anche
da
quelle
sociali
dirette
.
Né
che
esse
volta
a
volta
trovassero
un
provvisorio
punto
di
arrivo
,
o
avanzata
,
o
sconfitta
,
o
mediazione
in
una
società
articolata
che
non
delegava
tutti
i
poteri
a
una
oligarchia
verificata
ogni
quattro
o
cinque
anni
,
e
in
una
idea
del
«
pubblico
»
,
statale
o
comunale
o
regionale
,
che
fungesse
anche
come
compensatore
degli
squilibri
.
Era
la
democrazia
partecipata
,
il
«
non
americanismo
»
italiano
.
Questi
princìpi
hanno
retto
l
'
Italia
dal
dopoguerra
agli
anni
ottanta
e
in
essi
la
sinistra
-
assai
poco
«
comunista
»
nel
senso
filologico
della
parola
-
è
cresciuta
,
e
ha
funzionato
anche
da
frusta
dello
sviluppo
,
tanto
è
vero
che
siamo
nel
club
riservato
dei
G-7
.
Questi
stessi
princìpi
sono
andati
in
crisi
nel
corso
degli
anni
ottanta
e
il
27
marzo
scorso
si
è
tentato
di
abbatterli
.
Ma
quale
partecipazione
?
Ci
vuole
un
esecutivo
forte
e
un
cittadino
che
vota
ogni
quattro
o
cinque
anni
per
dire
sì
o
no
e
per
il
resto
non
disturbi
il
manovratore
.
Ma
quali
diritti
sociali
o
di
cittadinanza
?
I
diritti
sono
solo
politici
;
per
il
resto
il
diritto
dei
diritti
,
il
pilastro
della
società
è
l
'
impresa
,
e
lavoro
casa
scuola
assistenza
sono
sue
variabili
dipendenti
.
Lo
Stato
,
il
«
pubblico
»
come
luogo
di
compensazione
,
garante
di
una
qualche
uguaglianza
sui
beni
essenziali
,
si
tolga
di
mezzo
.
La
sinistra
ha
subìto
questa
ondata
,
non
difende
l
'
ottica
di
prima
e
per
questo
ha
perduto
,
se
non
voti
,
la
capacità
di
essere
un
riferimento
anche
oltre
il
proprio
ambito
.
Perciò
si
divide
,
non
solo
tra
Pds
e
Rifondazione
e
soggetti
politici
minori
,
ma
anche
fra
soggetti
sociali
maggiori
,
che
in
qualche
modo
hanno
tentato
di
declinare
in
forme
diverse
quei
princìpi
e
quei
bisogni
-
vale
anche
per
il
pensiero
delle
donne
-
e
per
questo
non
c
'
è
oggi
un
candidato
delle
sinistre
.
Perché
è
avvenuto
?
È
una
storia
di
errori
o
tradimenti
,
come
mi
scrivono
alcuni
compagni
?
È
una
modernizzazione
fatale
,
come
pensano
altri
?
Io
non
credo
né
ai
tradimenti
né
alle
fatalità
.
Credo
che
ci
sia
stato
un
franamento
del
terreno
sul
quale
la
sinistra
della
mia
generazione
è
cresciuta
.
Era
il
terreno
dello
sviluppo
,
magari
cattivo
ma
certo
,
in
cui
ormai
stavamo
e
nel
quale
i
nostri
diritti
,
politici
e
sociali
,
erano
in
qualche
misura
garantiti
.
Mi
spiego
.
Eravamo
persuasi
che
il
capitalismo
comportava
una
crescita
allargata
di
beni
,
dunque
di
lavoro
,
dunque
di
consumi
.
Ci
dividevamo
dopo
:
i
comunisti
la
trovavano
brutale
,
a
prezzi
sociali
troppo
elevati
,
con
inuguaglianze
feroci
;
i
riformisti
ritenevano
di
poterle
alleviare
con
forme
pubbliche
di
redistribuzione
all
'
interno
e
aiuti
al
terzo
mondo
e
all
'
estero
;
i
nuovi
soggetti
degli
anni
settanta
ne
contestavano
la
natura
di
per
sé
alienante
,
consumista
,
gerarchica
,
maschilista
.
Ma
sviluppo
era
e
,
con
morti
e
feriti
,
andava
unificando
il
mondo
.
Oggi
non
lo
è
più
.
Oggi
la
crescita
di
produzione
e
di
merci
si
fa
per
un
mercato
alto
e
ristretto
,
quindi
come
non
mai
competitivo
,
cui
la
mondializzazione
permette
di
reclutare
manodopera
a
prezzi
stracciati
e
la
tecnologia
di
risparmiarne
una
grande
quantità
.
L
'
Europa
sta
diventando
un
continente
senza
lavoro
.
Vorrei
sommessamente
pregare
la
sinistra
di
partire
da
qui
.
Non
è
problema
«
economico
»
,
di
«
economicismo
»
,
o
come
dicono
i
miei
amici
ex
operaisti
di
«
lavorismo
»
;
le
democrazie
moderne
fondano
la
pienezza
della
cittadinanza
non
più
sulla
proprietà
ma
su
un
possesso
di
sé
,
una
non
dipendenza
,
che
piaccia
o
non
piaccia
nel
capitalismo
passa
per
l
'
accesso
a
una
remunerazione
del
lavoro
.
Il
resto
è
capitale
,
rendita
o
dipendenza
,
come
quella
della
donna
che
non
lavora
o
dei
bambini
.
E
infatti
chi
non
lavora
è
tendenzialmente
un
escluso
.
Vorrei
sempre
sommessamente
aggiungere
che
l
'
Italia
è
arrivata
a
questa
stretta
in
una
condizione
paradossale
:
negli
anni
in
cui
gli
altri
paesi
si
omogeneizzavano
relativamente
nella
crescita
,
noi
siamo
rimasti
con
larghe
zone
deindustrializzate
,
che
si
riproducono
tuttora
in
un
Nord
e
Nordest
fortemente
dinamico
e
in
un
Sud
immobile
,
per
cui
il
lavoro
cessa
di
estendersi
prima
di
essere
arrivato
a
riempire
il
bacino
del
paese
.
Ma
avevamo
una
forte
sinistra
,
con
una
forte
combattività
,
e
lo
Stato
ha
funzionato
non
solo
da
mediatore
dei
conflitti
ma
da
compensatore
nelle
sacche
che
le
tendenze
proprie
del
mercato
o
dell
'
impresa
lasciavano
fuori
.
Non
è
molto
intelligente
deridere
l
'
industria
di
Stato
o
la
pubblica
amministrazione
come
mero
clientelismo
,
senza
capire
che
hanno
svolto
un
ruolo
di
supplenza
a
uno
sviluppo
inuguale
e
manchevole
.
Si
potrebbe
,
anzi
si
dovrebbe
analizzarne
le
conseguenze
,
ma
va
capito
da
dove
è
venuto
il
nostro
specifico
compromesso
sociale
,
e
perché
a
un
certo
punto
è
diventato
un
terreno
da
un
lato
di
paralisi
e
dall
'
altro
di
corruzione
.
Questo
modello
la
destra
lo
vuole
abbattere
.
Ma
non
estendendo
la
crescita
,
per
brutale
che
sia
:
non
può
più
,
se
vuole
restare
mondialmente
competitiva
.
Punta
dunque
a
una
progressiva
separazione
tra
parti
trainanti
e
parti
,
per
così
dire
,
in
perdita
,
lasciate
indietro
.
Le
scelte
del
Polo
-
per
esempio
niente
tasse
,
riduzione
del
peso
del
lavoro
,
dei
contributi
e
delle
pensioni
,
l
'
estensione
della
spesa
pubblica
-
sono
andate
in
questa
direzione
,
seguendo
il
percorso
già
delineato
da
Amato
-
Ciampi
.
La
Lega
nord
è
una
formazione
spuria
ma
dentro
a
un
'
ipotesi
nordista
;
non
raccontiamoci
che
è
un
interessante
invito
all
'
autogoverno
,
è
la
presa
d
'
atto
che
l
'
unificazione
del
tessuto
nazionale
sotto
il
profilo
produttivo
non
c
'
è
stata
,
e
il
rifiuto
di
porla
come
obiettivo
.
Ma
la
sinistra
come
la
mette
?
Mi
pare
che
neppure
ne
parli
.
Ne
parlano
in
Germania
,
Francia
e
Gran
Bretagna
,
pure
meno
squilibrati
di
noi
,
ma
in
Italia
è
il
silenzio
.
Non
parlarne
significa
stare
alla
scelta
dei
G-7
,
che
è
la
scelta
abbozzata
da
Amato
e
Ciampi
e
portata
avanti
da
Berlusconi
.
Il
Pds
non
riesce
a
dirci
in
che
cosa
se
ne
differenzierebbe
.
Rifondazione
dice
che
si
batterà
con
tutti
coloro
che
questa
scelta
umilia
offende
ed
esclude
.
Ma
vogliamo
dirci
per
quale
crescita
o
sviluppo
,
oppure
non
-
crescita
siamo
?
Come
pensiamo
di
condizionare
o
modificare
il
trend
attuale
?
Alzando
dei
grandi
muri
fra
l
'
Italia
e
il
resto
del
mondo
o
facendo
uso
di
strumenti
politici
radicali
per
stare
nel
mondo
ma
contrastare
le
tendenze
che
abbiamo
di
fronte
?
Che
cosa
pensiamo
dell
'
attuale
conglomerato
sociale
,
come
distinguiamo
le
corporazioni
dalle
classi
,
i
ceti
,
i
bisogni
?
A
chi
proponiamo
di
aggregarsi
e
su
quale
obiettivo
?
Come
la
mettiamo
con
l
'
Europa
?
Come
la
mettiamo
con
il
debito
pubblico
in
presenza
di
una
rendita
diffusa
e
di
una
circolazione
di
capitali
del
tutto
incontrollata
?
Non
mi
si
risponda
che
tutto
è
chiaro
.
Non
è
chiaro
nulla
,
per
questo
metto
ostinatamente
al
centro
questo
problema
e
mi
inquieta
una
sinistra
,
vecchia
o
nuova
,
che
non
lo
veda
.
Per
questo
non
mi
appassionano
i
calcoli
sulle
leggi
elettorali
,
non
perdo
i
sensi
sui
sondaggi
e
non
mi
va
di
arricciare
il
naso
perché
Prodi
non
è
un
rivoluzionario
.
Non
vedo
molti
rivoluzionari
in
giro
.
Mi
basta
che
non
mi
rompa
le
ossa
e
non
neghi
che
oggi
il
dilemma
centrale
,
e
ormai
quasi
mortale
,
che
l
'
Europa
ha
davanti
è
questo
.
Sta
a
noi
affrontarlo
,
di
tempo
se
n
'
è
perduto
fin
troppo
.