Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> anno_i:[1970 TO 2000}
I dioscuri del privilegio ( Petruccioli Claudio , 1976 )
StampaQuotidiana ,
Che perfetta sintonia , quale identico istinto , quanta reciproca simpatia fra Montanelli , Pannella e De Carolis ! La stessa vena trascorre nelle frasi che il primo ha scritto ieri e nelle battute che i due dioscuri radicali ( ambedue tali per definizione del " Giornale nuovo " ) hanno affastellato l ' altra sera a Roma . E non è la vena dell ' anticomunismo che pure , ribollente e inquieta , li accomuna ; è una vena più profonda e limacciosa , che si snoda lungo tutto il percorso dell ' Italia contemporanea , di volta in volta emerge in superficie o si occulta in percorsi sotterranei . È la vena astiosa e arrogante , allusiva e incolta , insinuante e ricattatoria che raccoglie la schiuma degli umori , delle paure , delle presunzioni , delle aggressività di quanti , in questa società , anche quando non detengono il potere , godono di privilegi . Martedì , pomeriggio e sera , Milano è stata sconvolta da uno stillicidio di vandalismi , di violenze , di scontri con la polizia ad opera di un paio di migliaia di giovani messi in campo da " Circoli giovanili proletari " . Fra le molte cose oscure e confuse che hanno ispirato questa azione e altre analoghe dei cosiddetti " autoriduttori " , del tutto chiaro è proprio il loro atteggiamento verso il privilegio ; la loro ribellione è sì contro il privilegio , ma in quanto li esclude . È qui la caratterizzazione piccolo borghese e irrazionale della loro ideologia ; è questa la diversità , enorme e decisiva , dalle proteste del '68 che , per quanto talvolta infantili , si ispiravano sempre a ideali di razionalità sociale , di eguaglianza collettiva , mai di appropriazione individuale . Non è stata neppure , come scrive il " Corriere " una jacquerie ; perché le jacqueries , disperate e inefficaci , esposte sempre alla più sanguinosa rivincita repressiva , sono state fiammate e rivolte di contadini , di dannati della terra contro un privilegio che si voleva incendiare e annientare . Come poteva Montanelli soffermarsi su questo e indignarsi per questo , visto che la sua ideologia ha lo stesso impasto di quella degli autoriduttori ? Certo , una differenza c ' è , e grande : Montanelli è ben dentro il recinto del privilegio , mentre gli agitatori di martedì sono ancora fuori . E poi Montanelli è più esperto , più scaltro : sa che il privilegio , per perpetuarsi e proteggersi , deve servire il potere e servirsi del potere , deve dimostrare al potere che gli è utile . Ed ecco , ieri , il compito puntualmente svolto : quella dell ' altra sera a Milano è da lui trasformata in una minacciosa esplosione della violenza delle masse , con il PCI pronto ad approfittarne . Anticomunismo , si può dire , certo : ma c ' è qualcosa di ancestrale , che viene prima ancora dell ' anticomunismo , ed è l ' odio per le masse , escluse dal potere e nemiche dei privilegi , che si muovono e avanzano con fatica e con tenacia passo dopo passo spinte non da ingordigia di appropriazione ma dalla volontà di giustizia , di pulizia , di eguaglianza , di libertà , di onestà , di sincerità , dalla decisione di modellare tutta la società in questi valori . Montanelli per difendere i privilegi posseduti e l ' autoriduttore per aspirare ai privilegi idolatrati devono schierarsi contro queste masse , devono considerarle il peggior nemico : e così fanno . È lo stesso fastidio , lo stesso odio che trasuda dal duetto Pannella De Carolis . Qui il privilegio da difendere è quello del " personaggio " , un privilegio che si manifesta anche nel gesto , nella esibizione , nel gusto del paradosso , nella ammirazione di sé ; fra Pannella e De Carolis non c ' è accordo , c ' è qualcosa di più , c ' è intesa . " Noi ci intendiamo " . Si sono reciprocamente riconosciuti . Sono , Pannella e De Carolis , la vera incarnazione politica e culturale di quella profezia pseudoperaia rappresentata dallo slogan " vogliamo tutto " lanciato qualche anno fa da Balestrini . Ogni idea e ogni valore vanno bene se goduti e consumati individualmente ; ogni idea e ogni valore divengono perversi quando se ne impadroniscono le masse , e tanto più quando li usano per organizzarsi , per costruire un moto di emancipazione , per estendere e approfondire la propria coscienza . Non sorprende affatto , perciò , che Pannella vagheggi i tempi di Scelba né che un corifeo del seguito di Montanelli , riferendo compiaciuto le parole del deputato radicale , si confessi a lui affine . Siamo di fronte alle manifestazioni di un male antico che in Italia ha segnato profondamente anche la storia delle idee e degli intellettuali , non solo sul versante conservatore ; il distacco , la sfiducia e la contrapposizione verso le masse , che si vogliono tenere in una condizione di passività , perché siano oggetto e non soggetto della politica e della cultura , considerate al più quando lo sono campo di esercitazione e di affermazione per il singolo che le interpreta , le guida o le agita . È un male che ci sembra nient ' altro che il riflesso , sullo schermo delle ideologie e dei comportamenti , della avida e gretta difesa di tutti i privilegi materiali , protetti con tanta maggiore protervia quanto più si sa che sono arbitrari e ingiustificati . L ' anticomunismo certo , c ' entra , ma non è il punto di partenza , è la inevitabile conseguenza di ciò . E ' un anticomunismo non vecchio , non tradizionale ; è anzi nuovo , e tanto più aspro e agitato perché ha a che fare con il Partito comunista italiano così come è oggi , per quello che rappresenta , per quello che è , per quello che dice , per quello che fa ; soprattutto per gli aspetti che più esprimono la originalità e la novità del PCI . Perché non siete ci rimproverano Montanelli e Pannella come noi vi immaginiamo , vi vogliamo , vi descriviamo ? Perché non esprimete , voi che siete partito di massa e di masse per eccellenza , l ' immagine che noi diamo di orde minacciose e distruttive , ignare e cieche ? Il fastidio e l ' odio di costoro per il PCI si alimentano per il nostro testardo impegno di organizzare la democrazia con le masse e le masse con la democrazia ; per l ' importanza che attribuiamo alla fatica dell ' apprendere e del lavorare ; per la nostra affermazione dei diritti di libertà degli individui e delle garanzie che li devono proteggere ; perché sosteniamo e dimostriamo che essi devono e possono congiungersi fino a rafforzarsi reciprocamente con i diritti collettivi e i bisogni sociali . Provoca ira in costoro questo nostro volere e sapere essere trasformatori e costruttori , insieme . Gli ingordi di privilegi , gli autoriduttori di ogni risma , i chierici esibizionisti che " vogliono tutto " non ci sopportano perché siamo di un ' altra stoffa .
LA POLONIA INSEGNA ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Invano i comunisti italiani negano che si tratti di un altro momento della « crisi del sistema » . La tragedia polacca , ai loro occhi , si identifica con una « strada sbagliata » , con una serie di errori di direzione politica . È la stessa tesi che fu adottata per i delitti di Stalin , dopo il rapporto Kruscev ; è la stessa tesi che fu assunta per l ' Ungheria . Ma come continuare a sostenerla ? Il sistema comunista , cioè collettivista , appare in crisi quasi in eguale misura nelle società industriali avanzate , come la Cecoslovacchia , e nelle società prevalentemente rurali e di limitata o parziale evoluzione capitalistica , come la Polonia . Una volta sono gli operai di Praga a sollevarsi contro il comunismo , sia pure in nome di un ideale di revisionismo neo - marxista duramente represso e soffocato dai carri armati sovietici ; un ' altra volta sono le massaie di Danzica o di Gdynia a rinnovare le antiche jacqueries plebee con la devastazione dei magazzini , il saccheggio dei negozi , l ' incendio delle sedi del partito , identificato nel simbolo di un potere predatore e sopraffattore . Scene che ricordano l ' ancien régime . La Polonia è il solo paese dell ' Est europeo che aveva tentato una sua strada nazionale al comunismo : il contemperamento della proprietà pubblica dei mezzi di produzione e di scambio con la salvaguardia della piccola e media proprietà contadina , radicata in un tessuto di tradizioni tanto profondo da apparire inestirpabile perfino nel periodo del più cupo e ottuso stalinismo , lo stalinismo di cui fu vittima , a suo tempo eroica , Gomulka . Ma si tratta di un esperimento che è naufragato , non meno del comunismo integrale incondizionato adottato a Budapest od a Praga . Lo spazio riservato all ' impresa agricola , in uno Stato fondato su una prevalente struttura centralizzata , è apparso troppo ristretto per alimentare le capacità dell ' iniziativa e dell ' inventiva individuale ; lo spazio occupato dall ' impresa pubblica nell ' industria troppo vasto e soffocante per consentire un equilibrio effettivo di forze . E le leggi del mercato hanno preso la loro rivincita , una volta di più , su tutte le coercizioni , parziali o totali . È la stessa tragedia che si è riflessa in altri aspetti della vita polacca . In quella religiosa , per esempio . È certo che la Polonia rappresenta la sola nazione dell ' Est europeo , che sia riuscita a difendere l ' indipendenza e l ' integrità della fede cattolica nella grande maggioranza del popolo anche durante l ' epoca nera dell ' oppressione e del terrore staliniani . Il cardinale Wyszinsky è una figura legata al mondo , adesso tanto lontano da sembrare quasi irreale , di Pio XII . Abbozzi e sforzi per un concordato fra Santa Sede e regime comunista non furono mai intermessi , neppure nell ' età delle grandi purghe . Senonché ilprezzo pagato per evitare la prevalenza dell ' ateismo appare grandissimo ; i compromessi volti a salvare il salvabile infiniti ed estenuanti : le deviazioni di parte del clero a favore di un ' intesa diretta col regime - si ricordi il movimento pro sovietico « pax » - insidiose e ritornanti ; la salvaguardia dell ' equilibrio fra i due poteri malsicura e precaria . Quando il presidente polacco Ochab , un fedelissimo di Gomulka , venne in Italia , or sono tre anni e mezzo , finì per non rendere visita al Papa : lui , il rappresentante di uno degli Stati più tenacemente e direi misticamente cattolici d ' Europa . A differenza , magari , del genero di Kruscev o di Gromiko ! Tanti erano i motivi di contrasto e di contrapposizione : tutt ' altro che « conciliari » , allora . Certo , il dramma della Polonia impone un senso profondo di rispetto non disgiunto da un ' accorata vena di malinconia . La stessa repressione ordinata dalle autorità di Varsavia nelle zone baltiche del Paese , zone in gran parte ex tedesche , appare particolarmente severa , e in molti casi spietata , proprio in vista di togliere alla Russia il pretesto ad un qualunque intervento militare . Stretta fra Germania e Russia da secoli , la Polonia non ha dimenticato il turpe mercato del '39 fra Hitler e Stalin , mercato che portò alla sua scomparsa come nazione , all ' amputazione di larga parte delle sue province orientali in favore dell ' Unione Sovietica , ai successivi compensi post - bellici con Pomerania e Alta Slesia , quasi nell ' intento di creare un fossato incolmabile fra tedeschi e polacchi . I riflessi della Ostpolitik di Brandt , cioè dell ' avvicinamento fra Bonn e Mosca , non sono estranei alla nuova fase di turbamenti e di sconvolgimenti della Polonia . Da un lato c ' è il modello economico della Germania occidentale che esercita un indubbio fascino sulle regioni non lontane della Polonia , degradate ad un livello di vita infinitamente più basso ( altro che la polemica contro la civiltà dei consumi ! ) . Dall ' altro c ' è l ' attenuazione del terrore , tradizionale e tutt ' altro che ingiustificato , verso il nemico germanico e la ripresa di un sentimento nazionale anti - russo , che è comune a quasi tutto il Paese , non escluso il grosso del partito comunista . Si è detto che , se la Russia ripetesse in Polonia anche la metà dell ' operazione cecoslovacca , assisteremmo ad una autentica carneficina : le forze armate polacche ripeterebbero contro l ' invasore dell ' Est quello che fecero , con incomparabile eroismo , nei diciassette giorni della resistenza agli invasori dell ' Ovest , nel settembre del '39 . Per tali motivi di fondo , Gomulka , che pur tornò al potere sull ' onda dei fatti di Poznan del '56 , evitò di trarre poi tutte le conseguenze dalla liberalizzazione del comunismo , che invano fu attesa in Europa ; per tali ragioni di fondo , la successiva evoluzione del regime revisionista polacco coincise piuttosto con una involuzione , non priva di ombre inquietanti , come la formazione di un ' ala nazionalstalinista , con un fondo antisemita , quella di Moczar . Oggi tutti i nodi tornano al pettine : riesplodono le contraddizioni , che Gomulka si era illuso di conciliare sull ' onda di un prestigio personale tanto alto quanto meritato . Il divario fra Stato comunista e società civile si approfondisce : al livello della gioventù universitaria non meno che delle maestranze operaie , non meno che delle grandi masse contadine . La struttura del comunismo centralizzatore appare sempre più imposta , ed imposta dall ' alto , ad un paese pluralista , fedele ad una visione occidentale della vita , nutrito da un ' esperienza cattolica che è esperienza di costume e di civiltà . Le eresie , invano respinte o represse , ritornano attraverso forme imprevedibili , che squarciano e lacerano tutti gli ottimismi ufficiali . E l ' ombra della dottrina Breznev sulla sovranità limitata torna a gravare sulla nazione che pur si rifiutò di alzare anche una sola statua a Stalin , nel periodo del suo splendore . A differenza della Cecoslovacchia , che elevò la statua più alta . Nessuna speculazione , quindi , ma una lezione chiarissima . È il sistema del comunismo che appare dovunque in crisi , in una crisi profonda cui non si ripara con le furbizie o le ambiguità delle « vie nazionali » , comode ed evasive nei paesi a democrazia garantita e sicura , come l ' Italia o la Francia . Motivo di meditazione per tutti i fautori della « nuova maggioranza » . Purtroppo , in Italia , c ' è una crisi che appare più grande e profonda di quella dei comunisti : ed è la crisi dei democratici , di troppi democratici . Una crisi , anzi - diciamolo pure - una mancanza di fede in se stessi . E nella libertà .
CHIESA E STATO ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
I rapporti fra Chiesa e Stato , specie in Italia , sono fatti di sfumature . Ecco perché si impone sempre , ma soprattutto nei momenti di tensione o di inquietudine , una grande dose di discrezione , di prudenza , di misura . Talvolta può bastare un aggettivo ad alterarli , una parola di troppo a turbarli . Un esempio . All ' indomani del varo della legge sul divorzio , dopo il contrastato e tormentato dibattito prolungatosi fino all ' alba di martedì a Montecitorio , in un clima evocante le grandi dispute del Risorgimento ( con un tono di nobiltà comune alle due sponde : basti pensare ad un Gonella per i cattolici ) , giunse da Sydney la notizia che il Papa aveva espresso « profondo dolore » per il voto del Parlamento italiano . Ci furono due versioni , a distanza di poche ore , di quello che era presentato come un comunicato della sala stampa della Santa Sede . Una accennava all ' iter della legge che non poteva dirsi ancora completo , « esigendosi per questo la firma del capo dello Stato » . L ' altro testo , quello poi ripreso dalle fonti cattoliche , si limitava a parlare della decisione dell ' assemblea , « per quanto non inattesa » , che aveva colpito il Pontefice , ma ometteva giustamente , e responsabilmente , ogni riferimento , diretto o indiretto , al capo dello Stato . Tutto fa pensare che la seconda versione , la più cauta e la più vigilata , corrispondesse al vero pensiero di Paolo VI . La prima , scritta in fretta da qualche collaboratore forse troppo zelante , poteva generare l ' impressione che la Santa Sede ipotizzasse un possibile contrasto - del tutto inimmaginabile - fra il Parlamento e il capo dello Stato , calcolasse su un gesto di reazione o di ritardo da parte del presidente della Repubblica nei riguardi del solenne « sì » di Montecitorio : un gesto che costituzionalmente non era pensabile , per il carattere parlamentare della nostra Repubblica , e nel caso specifico era escluso dai sentimenti e dalle convinzioni di fedeltà laica e risorgimentale , anche se al di fuori di ogni suggestione anticlericale , caratteristiche di Saragat ( immaginate il dramma di un presidente democristiano ! ) . Ecco un ' area in cui la prudenza non è mai troppa . Se il testo del comunicato pontificio non avesse contenuto , in nessuna delle due versioni , l ' incauto ed in ogni caso impreciso riferimento al capo dello Stato e alla sua « firma » , si sarebbe evitato un momento , non diciamo di antagonismo o di contrapposizione , ma semplicemente di ombra e di sospetto fra Chiesa e Stato , fra Vaticano e Quirinale . È quello che dobbiamo augurarci per i prossimi sviluppi della vicenda divorzista , all ' indomani del ritorno del Pontefice dal suo lungo e drammatico periplo asiatico , cominciato con l ' attentato delle Filippine e terminato con 1'«autocensura» del messaggio di Hong - Kong , di fronte alla polemica , ormai aperta e non senza abili inserimenti comunisti , sulla revisione del Concordato davanti alle prospettive di una nuova regolamentazione dell ' intero diritto di famiglia . La democrazia cristiana ha dimostrato , occorre riconoscerlo , un grande senso di responsabilità nell ' ultimo arco della battaglia divorzista . Dapprima ha appoggiato - merito della segretaria Forlani - la mediazione Leone sul progetto Fortuna - Baslini ; in un secondo tempo , nonostante le oscure e spesso oblique manovre sul decretone , ha imposto alla Camera la salvaguardia sostanziale dei patti di palazzo Madama , che implicavano la rinuncia , non formale ma nei fatti , ad ulteriori emendamenti al testo del progetto già rivisto . Le pressioni del mondo cattolico più oltranzista sono state respinte o contenute . Non si è ceduto alla tentazione , pur forte , di una « guerra di religione » sul divorzio ; si sono salvaguardate le intese , ben altrimenti importanti , coi partiti di democrazia laica , malgrado il prezzo così amaro . L ' atteggiamento della parte migliore della Dc , sul referendum è indicativo al riguardo . Né Colombo né Forlani hanno detto « no » all ' iniziativa di un possibile referendum abrogativo , annunciata da gruppi anche autorevoli del laicato credente ; ma hanno fatto capire chiaramente , attraverso calcolati silenzi o indirette allusioni , che non desidererebbero una prova di forza , necessariamente estesa a rimettere in discussione l ' anagrafe cattolica degli italiani . Non vorrebbero trovarsi alleati con la sola estrema destra , una compagna di strada troppo ingombrante ; non vorrebbero rialzare gli storici steccati fra guelfi e ghibellini , che tanto preoccupavano De Gasperi . La Dc preferirebbe una riforma concordata - Colombo l ' ha detto con lealtà - del diritto di famiglia : concordata nell ' ambito della coalizione quadripartita , e senza le ritornanti e riammiccanti offerte dei comunisti , più che mai cauti e sottili nel loro complesso rapporto col mondo cattolico . E pronti a spostarsi , dal « sì » obbligato al divorzio , ad una linea possibilista e di dialogo articolato . Non sappiamo quanto le prudenze della Dc saranno premiate , o confortate , dallo sviluppo dei fatti . Tutto è incerto : la linea dell ' azione cattolica , l ' atteggiamento dei vescovi , le stesse decisioni della conferenza episcopale , che riflette le divisioni post - conciliari . Sappiamo solo che molto dipende dalla Curia , dal Vaticano , diciamolo pure senza mezzi termini dal Papa , da questo Papa tormentato e problematico in cui sembrano consumarsi tutte le contraddizioni della Chiesa di oggi , tese e laceranti fino quasi ad un ' ansia di martirio . Per la formazione anche culturale e familiare tipica di Paolo VI , il colpo subito dal Papa , con l ' introduzione del divorzio in Italia , deve essere stato grandissimo . Pensiamo alla vecchia borghesia cattolica di Brescia , al clima in cui il giovane Montini si è formato , in quell ' età giolittiana in cui nessun progetto di divorzio arrivava alle soglie dell ' aula , anche per l ' ironica resistenza di Giolitti ( « il divorzio interessa solo due scapoli : il Papa e Zanardelli » : amava dire il grande statista quando era ancora ministro dell ' interno nel governo di Zanardelli , un altro bresciano , il contraltare laico del mondo guelfo ) . Ma la delicatezza dei rapporti fra Chiesa e Stato in Italia , e degli stessi precari assetti concordatari , sopravvissuti ad un regime così diverso e lontano da quello di oggi , deve spingere il Pontefice ad un grande sforzo di comprensione e di moderazione , il solo degno dei tempi , il solo ispirato alla carità pastorale del Pontificato , all ' ecumenismo che equipara l ' Italia alle Filippine . Tutta la materia del Concordato è oggetto di revisione : fin dalla commissione costituita da Moro . Il matrimonio concordatario come tale è un monstrum giuridico , seguito ad un ' abdicazione irripetibile del potere civile , in cambio di vantaggi di prestigio oggi irreali . Ci sono certe difese , che non difendono nulla ; certe resistenze ad oltranza , che compromettono solo i valori fondamentali . Ed oggi il valore fondamentale è , per ammissione generale , la salvezza della libertà religiosa , la difesa della libertà di coscienza : egualmente sacre al mondo laico e al mondo cattolico . Un secolo non dovrebbe essere passato invano dal 20 settembre .
Il significato della sofferenza ( Sofri Adriano , 1999 )
StampaPeriodica ,
Indro Montanelli ha rivendicato l ' intenzione di disporre di sé anche al momento della propria morte e si è augurato di trovare un medico ad aiutarlo . Ha spiegato di non voler accettare la degradazione fisica e tantomeno morale . In apparenza , si è trattato di un intervento sull ' eutanasia . Ma solo in apparenza , come ha mostrato Lalla Romano , la quale ha sostenuto l ' opinione di Montanelli , dichiarando la propria avversione ( se ho capito bene ) alle discussioni categoriali , in particolare su una nozione carica di ombre come quella di eutanasia ; e soprattutto ha trasferito la riflessione sul rifiuto della sofferenza , della rassegnazione alla sofferenza , e di qualunque sua valorizzazione . Per questo rifiuto , ha detto , « non possiamo dirci cristiani » . Mi pare un punto molto importante e complicato . Esso eccede il tema del triste diritto a decidere di sé anche per la propria morte , che riconosco senz ' altro . È invece il punto del significato della sofferenza e , anzitutto , se la sofferenza abbia un significato . Di recente , Paolo Flores è intervenuto con passione contro il divieto religioso o legale al suicidio assistito e contro il suo pregiudizio profondo : il « dovere » della sofferenza . « La condanna a una sofferenza ... senza fine , senza scopo , senza riscatto . Insensata , innanzitutto ( a meno che non soccorra la fede di chi considera la sofferenza un bene in sé , ovviamente ) . Nella malattia terminale non c ' è più nulla , infatti , oltre la sofferenza stessa . Quando l ' anestesia era ancora e solo qualche sorsata di acquavite , le mostruose sofferenze di un ' amputazione possedevano il senso della differenza capitale : quella tra la vita e la morte . L ' agonia irreversibile del malato terminale è , invece , semplice certezza di tortura a morte » . Flores , che ha dovuto pensare a ciò di cui parla , parla tuttavia della malattia terminale : che non è l ' orizzonte esclusivo della discussione ora riaccesa . In una vecchiezza che immagina il modo della propria fine , la malattia terminale è la vita stessa che si approssima al suo compimento , e minaccia la perdita di sé . Con questa forte differenza , resta il problema posto da quell ' inciso : « A meno che non soccorra la fede di chi considera la sofferenza un bene in sé , ovviamente » . Esso vuol dire , com ' è davvero ovvio , che il diritto al « suicidio assistito » è appunto solo un diritto e non un opposto dovere , e che non può coinvolgere se non la libera volontà delle persone , senza di che diventa un fanatismo opposto e abominevole , come la decisione di Stato , o medicale , o di qualunque altra autorità o convenienza fuori delle persone , a metter fine a vite « inutili » . Pascal pregava « pour demander à Dieu le bon usage des maladies » : « Fate che io mi senta in questa malattia come in una specie di morte , separato dal mondo , privo di tutto , solo in vostra presenza ... » . La domanda delicata è un ' altra : solo la fede può indurre a considerare la sofferenza « un bene in sé » ? Anche a Flores la questione non sfugge , benché non vi veda che un espediente estremo del bigottismo per replicare alla perdita di autorità dogmatica della gerarchia ecclesiastica . È la questione della « natura » , del « lasciare che la natura faccia il suo corso » . In suo nome , e ipocritamente , dice Flores , si rifiuta il farmaco che « in una volta » abbrevi la sofferenza insopportabile , e si somministrano i farmaci che , pur micidiali , accorciano la vita in una specie di eutanasia al rallentatore . Lasciar fare alla natura imporrebbe , per coerenza , di rinunciare a ogni vaccino , a ogni antibiotico . Che cosa , se non un ' ipocrisia , separa l ' omissione , l ' astensione dall ' accanimento terapeutico , la spina staccata , dall ' azione ( una flebo attaccata , una compressa fornita ) che ottiene lo stesso risultato ? Io sono , tremando , d ' accordo . Ma ho fatto in tempo ad appartenere a una cultura umana millenaria , solo da poco abbandonata , per la quale ( non solo nella sua versione cristiana ) il timore nei confronti della violazione della « natura » , il senso del sacrilegio , era forte e profondo . Si sentiva che una febbre doveva alzarsi e bruciare , prima di ricadere . Si sentiva che il dolore era parte della guarigione , e anzi ne era il prezzo . La « natura » , e per essa il tempo , il tempo che uccide , o risana , erano sentiti come inviolabili e pronti a prendersi la rivincita . L ' anestesia era sentita con vergogna come una debolezza da quella cultura virile , ma anche come un ' usurpazione . Quella cultura era spaventata e coraggiosa insieme , superstiziosa e nobile . Per essa Tolstoj avversava come immorale la cura del mal di denti e si teneva la sofferenza . Non ho nostalgia di quella cultura , al contrario . Bisogna che tutti gli esseri viventi vengano liberati quanto è possibile dal dolore e dalla debolezza . Ma so che nel modo di questa liberazione c ' è un prezzo alto . Che la longevità spinta in cerca dell ' immortalità e l ' anestesia universale possono storcere il disegno della vita umana in qualcosa di cattivo . Che nel modo della manipolazione della natura può esserci l ' eccesso e la ritorsione . Sia lode agli antibiotici : ma abbiamo imparato a temerne gli effetti di ritorno . La sanità personale , come l ' ecologia comune , non ci promettono più solo felicità e progresso , ma vulnerabilità e riparazione perpetua . Anche a non voler vedere la folla di persone condannate alla fame , all ' umiliazione e a una breve vita che riterremmo per noi peggiore della morte . Dunque : c ' è un significato nella sofferenza , e che significato è ? Io non lo so . Provo a immaginarlo , da molto lontano , immagino che l ' esperienza della sofferenza dia un solo acquisto : la comprensione della sofferenza altrui . La cognizione del dolore . Non è poco . Nel Cristianesimo c ' è anche questo , oltre al bigottismo della sofferenza salvifica ed espiatrice .
Non siamo gentili ( Fortebraccio , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Secondo noi , ha avuto ragione « Il Popolo » ieri , che si è preoccupato , a proposito delle mille voci che corrono sulla evasione del Celio , di farne anche , se non principalmente , una questione di buona creanza . « Proprio per questo » ha scritto tra l ' altro il giornale democristiano in un suo corsivo editoriale « troviamo non solo di pessimo gusto , ma anche moralmente e politicamente immotivata e irresponsabile la campagna scandalistica che da alcune parti si cerca di montare sul "caso"...» Sì , veramente , non siamo gentili . Ci sono laggiù , che ancora non riposano , 335 patrioti massacrati alle Fosse Ardeatine da un assassino più che spietato , disumano , che ora è fuggito sotto gli occhi complici ( sì , complici , non disattenti o inesperti ) di chi doveva sorvegliarlo in basso e in alto ( soprattutto in alto ) , e noi commettiamo la scortesia - come ci rimprovera « Il Popolo » - di voler conoscere la verità tutta quanta sul « caso » , come lo chiama finemente lui ; e siamo così volgari da raccogliere anche i pettegolezzi , se possono servire in qualche modo a illuminarci contro chi vuole deliberatamente , consapevolmente , tenerci al buio . Per esempio : si è letto ieri che non tutti i pareri concordano sulla diagnosi disastrosa pronunciata a suo tempo dai medici sulle condizioni del prigioniero . Non accusiamo nessuno , non siamo in grado di farlo . Ma abbiamo il diritto di porre una domanda : ci si preoccupò di sapere come la pensavano anche in politica questi clinici ? Viviamo in un Paese dove migliaia di parroci e di padroni hanno per anni schedato ( e forse tuttora schedano ) operai e fedeli , prima di ammetterli al torchio o in chiesa . E non parliamo dei cosiddetti servizi segreti . Si è pensato di assicurarsi che medici , assistenti , sorveglianti di Kappler non fossero per caso , bravura a parte , fascisti ? Un Terracini , un Pertini ci avrebbero sicuramente pensato . Guardateli in faccia , si vede subito . Ma guardate in faccia Lattanzio : vi pare che costui abbia una faccia da antinazista o anche soltanto da antifascista ? Per la sua età , direte , non ha potuto esserlo . Ma ai vent ' anni del fascismo sono seguiti questi trent ' anni , in cui un uomo di governo avrebbe avuto il dovere di diventarlo . Invece eccolo lì , Lattanzio , a , comportarsi come avete visto e sentito in questi giorni . E un uomo di pezza . E non usiamo un ' altra parola che ci starebbe meglio , perché « Il Popolo » ci invita al buon gusto e perché noi stessi , del resto , teniamo a praticarlo . Ma ci soffriamo molto .
Lor signori vanno sempre in paradiso ( Fortebraccio , 1981 )
StampaQuotidiana ,
I giornali di ieri hanno riferito che , contrariamente ai timori espressi unanimemente dagli ambienti laici e democratici , e dalla stampa che ne è portavoce , il papa è intervenuto al Palasport di Roma alla festa dei Focolari ( come era in programma ) e vi ha parlato da quel sacerdote che è - e che non dovrebbe mai cessare di essere - pronunciandovi un discorso « tutto religioso » , come lo ha definito « Il Messaggero » . Non stiamo a chiederci ( ciò che potrebbe apparire inutilmente puntiglioso ) se questo sia avvenuto in seguito alla generale sollevazione provocata dagli ultimi interventi del pontefice a Sotto il Monte e a Bergamo , veri e propri comizi . Limitiamoci a constatare che domenica al Palasport il papa ha fatto il papa e non il propagandista elettorale : gliene diamo atto volentieri e ci auguriamo - e gli auguriamo - che continui così . Ma non c ' è soltanto Giovanni Paolo II . Ci sono anche tanti altri preti di vario grado che si occupano dell ' ormai prossimo referendum sull ' aborto e noi ci accontenteremo - per oggi - di citare uno dei maggiori tra essi e forse il più noto : quel cardinale Giuseppe Siri , arcivescovo di Genova , che ha già scritto per tutte le chiese della sua Diocesi un appello da leggersi domenica 10 ( a una settimana dal voto ) , al confronto col quale i passati e tanto deplorati interventi del papa sembrano lievi e languide allusioni , platonici incitamenti e carezzevoli accenni , tali da farci ricordare quei trepidi versi di Di Giacomo , che parevano sparire come in un soffio : « Nu pianefforte e ' notte sona luntanamente ... » . Qui c ' è ben altro . Qui Siri « ordina » come si deve votare e ne indica addirittura il modo con smaccata anzi sfrontata violazione della legge elettorale . C ' è qualcuno che ha fatto notare all ' arcivescovo di Genova che questo è un vero e proprio reato e che gli ha ingiunto di ritirare la sua lettera ? Ma in fondo il cardinale Siri dà un colore di classe ( noi lo sospettavamo fondatamente ) alla campagna del Movimento per la vita che pure conta anche chi vi aderisce con sincerità di cuore e con disinteresse . Ma Siri è colui che una volta , parlando a ricchi signori , disse : « Homo sine pecunia , imago mortis » , l ' uomo senza soldi è l ' immagine della morte . Questo « sì » alla cancellazione della legge 194 piace a coloro che hanno denari , che possono pagarsi i cucchiai d ' oro . Forse il cardinale Siri dice tra sé : « Femina ( o mulier ) cum pecunia , imago vitae » , perché gli piace un mondo nel quale i ricchi comandino . Anche peccando , ma Iddio è misericordioso ; e poi ci sono dei cardinali per i quali i conti correnti valgono anche lassù .
StampaQuotidiana ,
I giorni trascorrono , sempre più lenti e più lunghi , quel terribile 16 marzo si allontana nel tempo , siamo già a maggio , ci avviamo verso il compimento del secondo mese dal rapimento dell ' on. Moro e dal massacro della sua scorta . E l ' opinione pubblica comincia ad avvertire che la vicenda , così grave , così tragica , sta assumendo aspetti sempre più inquietanti . Convince sempre meno l ' idea che ci troviamo di fronte soltanto a una banda di terroristi . Ci sono i " fiancheggiatori " , l ' area magmatica dell ' eversione e della violenza , e questo si sapeva . Ma ormai si deve pensare che c ' è anche altro : collegamenti , complicità , ispiratori in zone ben più " rispettabili " e " rispettate " della realtà italiana . Perché le indagini non fanno un passo avanti ? Perché invece di discutere tanto su ipotesi impraticabili che dovrebbero indurre - chissà perché - i terroristi a rilasciare Moro , al prezzo di un rovinoso cedimento dello Stato , non si comincia a mettere le mani su qualcuno ? Sono domande che non si possono più ignorare . Tutti si dichiarano per la lotta contro il terrorismo . E , nonostante le oscillazioni dei socialisti , una imponente maggioranza è schierata , intorno al governo , sulla linea della fermezza . Come mai , allora , coloro che tale fermezza dovrebbero concretare con l ' azione pratica sembrano come paralizzati , o quasi ? E ' un fatto che le indagini ristagnano . Un " covo " , è vero , è stato scoperto , ma per caso , a Roma . Altri sono emersi dalle nebbie del mistero in periferie più o meno lontane . Qualche mandato di cattura , qualche fermo o arresto . E un solo " brigatista " caduto nelle mani della polizia , e ciò perché la sua vittima ha avuto il tempo di ferirlo , prima di morire . Ma , sulla sostanza , sulla pista principale , non un solo passo avanti . Nel frattempo , però , le BR hanno continuato a sparare e ad uccidere . Hanno continuato ( continuano ) a lanciare bombe . Soprattutto hanno intensificato la diffusione di comunicati e lettere , infine di sole lettere a firma Aldo Moro , " con una puntualità e un ' immediatezza - ha scritto con sarcasmo un commentatore - di cui da tempo i nostri servizi pubblici sono incapaci " . In questura si dice che queste lettere siano ormai parecchie decine . Non solo . Il cittadino legge nei giornali che la famiglia Moro " presumibilmente " è anche l ' ultima mittente conosciuta ( mittente , non destinataria ) di tutte queste missive . Legge che la famiglia " ha evidentemente trovato un canale di contatto con i rapitori senza che la polizia lo scopra " . Legge , rilegge , si sente ripetere dalla radio e dalla TV i nomi degli " intimi collaboratori " del presidente della DC , a cui i cronisti , quasi con naturalezza , e pur senza dirlo , attribuiscono il ruolo di " postini " . Scopre l ' esistenza di " un avvocato vestito in modo dimesso " che secondo alcuni sarebbe il " canale " di cui si servono i terroristi per inoltrare le lettere personali di Moro . E , pur nel rispetto per il dramma della famiglia del rapito , il cittadino è indotto a confrontare questo caso ad altri analoghi , non così rilevanti , certo , sul piano politico , ma non meno dolorosi , sul piano umano , come i due ultimi , quello di Giovanna Amati e di Marta Beni - Raddi . Qui , la polizia e la magistratura non sono rimaste paralizzate . Hanno anzi agito e hanno messo le mani sui delinquenti che telefonavano o che tenevano contatti per altre vie . O forse il ragionamento va rovesciato ? Forse si deve concludere che , appunto perché carico di implicazioni politiche , il caso Moro rende l ' arma delle indagini " scarica e inutile " , per citare le parole di un giornale che le BR hanno usato volentieri per diffondere gli scritti loro e del loro prigioniero ? Noi abbiamo anche seri dubbi che per queste vie tortuose sarebbe possibile proteggere meglio la vita di Aldo Moro .
D'ONOFRIO: 'I LAICI POSSONO LASCIARCI'. ( Armeni Ritanna , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Liberalizzazione delle droghe leggere ? " Sono più d ' accordo con Prodi che con Martino " . Francesco d ' Onofrio , esponente del CCD ed ex - Ministro dell ' Istruzione , è favorevole alla " prevenzione ededucazione " , ma non alla liberalizzazione dell ' hashish . " Pannella - dice - è molto faticoso ed è un grosso problema per il Polo : Temo che posizioni molto cattoliche nel nostro schieramento spingano i laici verso il centrosinistra o verso un terzo Polo " . " La droga ? Sono più d ' accordo con Prodi che con Martino " . Francesco D ' Onofrio dirigente del CCD , ex - Ministro della Pubblica Istruzione , si schiera con il fronte anti - Pannelliano del Polo . Con Meluzzi e Gasparri , quindi , e contro Martino , Maiolo e Del Noce . Ed approva la posizione di Romano Prodi che ieri aveva richiamato la necessità di dissuadere dall ' uso delle droghe leggere attraverso " un profondo processo educativo " . E aveva condannato lo spettacolo di Pannella . D - Allora lei che cosa pensa di tutta questa vicenda ? R - Penso quel che ha sempre pensato anche quando ero Ministro della Pubblica Istruzione : la droga è un problema serio e va affrontato evitando le posizioni estreme . D - Cioè ? R - Evitando la liberizzazione a tutti i costi , come chiede Pannella , e l ' antiproibizionismo più pesante come fanno altri . D - Quindi lei è contro la liberalizzazione delle droghe leggere ? R - Io muovo da posizioni di ordine sanitario . Quelle leggere sono o non sono droghe ? C ' è una dipendenza ... D - La questione è stata ampiamente discussa . Lei conosce l ' obiezione . Anche dall ' alcool e dal fumo c ' è una dipendenza , ma chiunque può comprare alcolici o sigarette . R - Benissimo , è un ' obiezione che accetto , l ' acool e lo spinello fanno male , ma fanno male entrambi . Per entrambi la questione è di educazione . Ovviamente non di repressione , se non in alcuni casi . D - Antonio Martino , suo collega del Polo , è per la liberalizzazione delle droghe . Dice che ciascuno è libero di disporre del suo corpo finché non fa danno ad altri . Lei cosa ne pensa ? R - Penso che la sua non sia una posizione liberale , come afferma , ma liberista e libertina . Non è vero che assumendo droghe leggere non si fa danno ad altri . Col fumo , il danno agli altri è limitato , l ' ubriaco può danneggiare gli altri ... D - E chi fuma lo spinello che danno può fare ? R - C ' è il danno che procura a se stesso , come quello del passaggio inevitabile dalle droghe leggere alle droghe pesanti . Questo è il punto più delicato . Se su mille consumatori di hashish , 950 passano all ' eroina , il problema è grave , molto grave . D - Non c ' è dubbio , ma non mi pare esistano statistiche in questo senso . Non c ' è niente che dimostri questo inevitabile passaggio . O lei ha dei dati ? R - Io credo che vadano fatti degli accertamenti seri . Che si debba sapere con certezza qual è il danno che le droghe leggere arrecano , se c ' è questo passaggio a quelle pesanti ed in quale percentuale . Non si può procedere per posizioni ideologiche . Ci vogliono dati di fatto e ricerche serie . D - Ma sempre Martino sostiene che anche cocaina ed eroina andrebbero liberalizzate ... R - Questa è una posizione proprio inaccettabile . Martino è indubbiamente coerente , ma io non sono assolutamente d ' accordo . D - Nel frattempo qualcosa bisogna fare . Pannella in modo spettacolare , forse non del tutto condivisibile , comunque ha posto un problema . Lei cosa risponde . R - Sono per la prevenzione , sono perché non vi siano sanzioni penali per chi consuma droghe leggere . Nessuna repressione , quindi . Questa si può giustificare solo se , con l ' uso della droga , si procura danno ad altri . D - Ma la presenza di Pannella nel Polo comincia ad essere faticosa ? R - Faticosa sì , molto faticosa . E ' la questione più delicata che abbiamo di fronte . E non ne faccio una questione di disciplina del Polo , ne faccio una questione politica . D - Ma lei Pannella lo conosceva bene . Adesso che cosa c ' è di nuovo che la preoccupa ? R - Il fatto che siamo in un sistema maggioritario . Pannella solleva problemi enormi , quelli che riguardano le coscienze , e che in genere sono materia di referendum . Ma in un sistema maggioritario , nel quale si vota l ' uomo e le sue posizioni , far emergere questi problemi può essere pericoloso . Chi è antiabortista può non votare il candidato del suo schieramento perché è abortista , chi è per la liberalizzazione delle droghe leggere può dire di no al candidato che è contrario ... D - Insomma un bel guaio . E lei in questa situazione che cosa teme ? R - Che il centro - destra , se assume su alcune questioni una posizione troppo cattolica , possa essere abbandonato dai laici che potrebbero confluire nel centro sinistra o in un terzo polo . Insomma il problema c ' è . D - Non c ' è dubbio . Lei per esempio ha visto la posizione di Prodi su questa questione delle droghe leggere ? R - Sì , e sono d ' accordo con lui . Sono sicuramente più d ' accordo con lui che con Martino . Anzi , con Martino il mio dissenso aumenta .
Cinque motivi per non votare radicale ( Asor Rosa Alberto , 1979 )
StampaQuotidiana ,
Premetto che non sono fra quelli che liquidano il fenomeno radicale come qualunquismo o che trovano comodo etichettare Pannella come fascista ( anzi , più in generale proporrei di usare quest ' ultimo termine con maggiore discrezione e appropriatezza : se ne fanno un uso e un abuso , che rivelano , temo , la carenza di analisi più approfondite e aggiornate ) . C ' è invece , una complessità e contraddittorietà del fenomeno con le quali occorre misurarsi . E c ' è al tempo stesso il pericolo che un aumento della forza elettorale di questo partito , ottenuto sulla base degli " slogans " che esso utilizza nel corso di questa campagna , ne scateni gli aspetti e le componenti peggiori . C ' è , ancora , il pericolo che verso la suggestione radicale s ' indirizzino il sentimento di protesta e le frustrazioni di certi settori dei giovani , i quali possono nei radicali individuare l ' ennesima proiezione illusoria di certe loro aspettative non ingiustificate di " rinnovamento e di trasformazione " . Perciò , prendendo i radicali , o , per meglio dire , il loro gruppo dirigente , per quello che sono , e cioè una forza che interpreta e strumentalizza stati d ' animo e reazioni , che nascono dalla crisi profonda di certi settori della società italiana e delle istituzioni , mi proverò a spiegare ad un giovane , presumibilmente progressista e democratico , le ragioni per cui " non " deve votare radicale . Non deve votare radicale : 1 ) Perché i radicali sono antioperai prima che anticomunisti , o , più esattamente , anticomunisti in quanto antioperai . Non c ' è un solo punto del programma radicale che riguardi gli interessi , i bisogni , le lotte della classe operaia . Mi si potrà rispondere : cosa ce ne importa a noi della classe operaia ? non basta lottare per i propri più immediati e avvertiti interessi ? Ma è appunto questo l ' elemento grave che il radicalismo introduce nel dibattito politico italiano , anche rispetto alla lunga conquista di posizioni e di coscienze seguita al '68-'69 : il convincimento che si possano soddisfare interessi e bisogni di qualsiasi settore in movimento della società italiana è , senza fare riferimento alla classe operaia . Mettendo fra parentesi la classe operaia e la sua strategia di trasformazione , il radicalismo spezza il campo delle forze progressiste , fa un favore alla conservazione . 2 ) Perché il gruppo dirigente radicale è , intimamente , borghese e conservatore . Non fermiamoci alle apparenze : alle urla , agli strilli , alle proteste da gruppo minoritario perseguitato ed oppresso . Ciò che il gruppo dirigente radicale ha in mente come democrazia organizzata delle grandi masse , è l ' enorme rilievo che , attraverso i moderni partiti e sindacati , hanno assunto i soggetti sociali collettivi della trasformazione . Il loro sogno è quello di ricostruire una società politica in cui il potere dell ' » organizzazione sia fortemente ridimensionato e il " leaderismo " e il " carisma " di alcuni notabili vengano restituiti al valore d ' un tempo . Lo Stato di diritto , a cui i radicali pensano , assomiglia molto allo Stato liberal - borghese post - unitario : Bertrando Spaventa conta , in questa visione , molto ma molto più di Marx . Ma questo sarebbe un andare avanti o un tornare indietro ? Il sistema dei partiti ha bisogno di essere profondamente rinnovato , lo sappiamo tutti , penso che i giovani siano interessati a rinnovarlo nel senso di una partecipazione crescente delle masse alla democrazia , non in quello esattamente opposto di un ripristino delle condizioni che reggevano in piedi il vecchio notabilato liberal - conservatore ( che , non a caso , comprimeva e mortificava proprio la presenza delle giovani forze politiche e culturali nella società ) . 3 ) Perché la strategia di lotte parziali , che i radicali propongono , rinuncia per definizione alla visione generale , complessiva , dello scontro di classe e della battaglia politica . Questo spiega anche perché dentro ci si può ammucchiare di tutto : dai sentimenti di frustrazione di una piccola borghesia impiegatizia e localistica al ragionamento opportunistico dell ' ex rivoluzionario deluso . Ma può piacere ai giovani tutto questo ? Fra una battaglia parziale e l ' altra ci stanno spazi larghi come una casa : dentro questi spazi il potere della vecchia classe dominante ci si adagia comodamente . Ai democristiani questa strategia gli fa il solletico : tant ' è vero che preferirebbero di gran lunga un successo radicale ad una rinnovata affermazione comunista . 4 ) Perché il radicalismo è una mentalità che nella storia italiana , anche nella storia della cultura italiana , ha sempre rappresentato un approccio superficiale ai problemi , uno schematizzare , un semplificare , ecc. Avete mai sentito , onestamente , un dirigente radicale fare un " ragionamento " , tentare un ' " analisi " ? Al posto degli strumenti analitici c ' è , nei casi migliori , un uso brillante della dialettica e una capacità notevole di resa emotiva ; nei casi peggiori , la violenza verbale , la volontà di ridurre il confronto politico ad un gioco di ragioni polemiche sostenute unicamente dalle reciproche volontà distruttive . Questo è potuto sembrare qualche volta affascinante . Ma pensateci bene : a quale tipo di discorso politico il radicalismo ci induce ? A un tipo di discorso politico fondato esclusivamente sulla contrapposizione schematica e spesso puramente verbale . Anche questo è un passo avanti o un passo indietro ? Se siamo d ' accordo che il ragionamento ( e il linguaggio ) politico italiano soffre di formalismo e di vuotaggini , il discorso radicale non fa che confermare e approfondire questo carattere : con un po ' più di verve ma anche con maggiore protervia . 5 ) Perché nel radicalismo c ' è una malcelata e profonda volontà di sopraffazione . Si lamentano di essere costretti a parlare troppo poco , ma in realtà urlano più di tutti . Hanno disprezzo per i loro interlocutori . Fanno scuola d ' intolleranza . Attirano elettori dalla destra facendo sfoggio di battute anticomuniste e antistituzionali . Guardate Marco Pannella quando parla in TV : è dai primi anni '50 che ce l ' ha con i partiti di sinistra e in particolare con i comunisti , e lo dimostra con tutta la rabbia che esprime . Cova un sogno di rivincita : e i sogni di rivincita non badano troppo al sottile , tutti i mezzi sono buoni . Ma cos ' ha a che fare questa rivincita personale o di gruppo con le speranze di trasformazione e di rinnovamento proprie della gioventù italiana ? Per concludere : lo spazio radicale è uno spazio politico e sociale , che il movimento operaio ha in Italia solidamente occupato fin dagli ultimi anni del secolo scorso . E ' lo spazio dei diritti civili e delle lotte per l ' allargamento delle libertà , della critica alle tentazioni autoritarie dello Stato e della rivendicazione di migliori » condizioni di esistenza per l ' individuo e per il cittadino . Non a caso l ' unico episodio rilevante di un ' alleanza tra movimento operaio e partito radicale è legato alla lotta contro l ' " infame " governo Crispi e contro la svolta reazionaria del '98 . Da allora , la battaglia radicale è stata ricompresa nella più complessiva strategia liberatoria del movimento operaio italiano . Se uno spazio radicale si è riaperto , vuol dire che sul terreno dei diritti civili e delle insufficienze del nostro sistema politico e della nostra democrazia , il movimento operaio italiano non ha fatto tutto quello che avrebbe dovuto . Questo i giovani possono e debbono richiedere : che il terreno dello sviluppo della democrazia e della libertà sia individuali che collettive venga praticato fino in fondo dal movimento operaio , dai comunisti , nell ' arco complessivo di una strategia riformatrice , che veda crescere , e non diminuire , l ' unità delle loro forze sociali e politiche progressiste . Ma appunto perciò non si può dar credito al gruppo dirigente radicale , che usa queste tematiche per una battaglia di divisione e di anticomunismo stantio : bisogna , anche col voto , dimostrare che la strumentalizzazione non è passata .
StampaQuotidiana ,
Palermo . Corre questo interrogativo : perché La Torre oggi ? Tante risposte , tanti possibili " fili di ragionamento " , tanti possibili paradigmi indiziari . Si cerca di rispondere nelle riunioni e negli incontri di magistrati , di funzionari e ufficiali che svolgono le indagini . Si cerca di rispondere anche nei crocchi agli angoli di piazza Politeama e di piazza Massimo , e questo chiedevano , con quegli applausi tutti ben mirati e pensati , con quei volti di anziani rigati di lacrime , di giovani storditi , quei siciliani , quei cittadini di Palermo che a decine di migliaia erano in piazza ieri mattina a salutare Pio La Torre e Rosario Di Salvo . Questo si è chiesto a un certo punto del suo discorso anche Enrico Berlinguer : perché La Torre oggi ? La risposta sta proprio in quella capacità di suscitare movimenti di massa - come già avvenne negli anni 50 , gli anni di Li Causi , alla cui scuola furono educati La Torre e tanti altri dirigenti del movimento operaio - che ancora una volta i comunisti stanno dimostrando in Sicilia . Il potere mafioso ha sempre bisogno di una grande pace . Una pace generalizzata , una quiete sociale fatta di rassegnazione e di arrangiamenti spiccioli , un torpore differenziato che non attragga attenzioni , che non faccia puntare i riflettori , che non ecciti le forze dell ' indagine e della repressione del crimine , che non faccia scrivere i giornali . Tanto più questa pace serve quando c ' è in gioco un " business " della portata di quello di questi anni e mesi . Un " business " che coinvolge i fratelli della costa atlantica USA , che porta nell ' isola la silenziosa ed esplosiva ricchezza di oltre ventimila miliardi di lire all ' anno per la produzione e il traffico della droga pesante . Questo gigantesco " laboratorio " ( in senso proprio di raffinerie per l ' eroina e in senso metaforico ) deve essere lasciato nella più grande " pace " , perché i traffici prolifichino , innocui e benefici , senza che alcuno vada a vedere di dove sorgono . Pier Santi Mattarella aveva cominciato a dare qualche segno di rinnovamento nel governare questa regione . Uomo doppiamente pericoloso : figlio di un esponente politico discusso per i suoi rapporti col mondo della mafia approdò infatti a una maturazione di cattolico e democratico pensoso del bene comune , innovatore prudente ma saldo di stampo moroteo . Gaetano Costa , il Procuratore , aveva impresso una svolta , diciamo così " teorica " alle indagini giudiziarie contro la mafia . Si era mosso cioè con i mezzi tecnici di un magistrato , ma con la statura di un intellettuale che minacciava di porre micidiali mine a scoppio ritardato sotto le potenti " mura di Gerico " della cittadella mafiosa . Ecco , ci pare giusto ricordare questi due fra i tanti che la mafia ha assassinato in questi ultimi anni , perché la loro uccisione avviene sotto lo stesso segno politico - tutto politico - che caratterizza quella di Pio La Torre . Il potere mafioso non ha bisogno di uffici studi per capire queste cose , ha antenne sensibili ed intelligenti . Pio La Torre era arrivato qui caricato di un " animus " già di per sè inquietante . Era arrivato forte di una sua nuova , aggiornata cultura su ciò che era la mafia di oggi . E si era mosso subito con una capacità di mobilitazione , un attivismo , una inventiva che sconcertavano il pianeta mafioso e che facevano presa in modo imprevisto fra la gente , fra i giovani , negli ambienti più diversi . Pensiamo a questa campagna per la pace contro i missili a Comiso . Di colpo questa Sicilia , questa Comiso , diventavano una grande scritta in tedesco , in fiammingo o in svedese su cartelli portati da cortei imponenti del movimento per la pace nelle capitali d ' Europa . E La Torre , il PCI , avevano insistito : un milione di firme siciliane contro la base di Comiso . Qualcosa di cui era arrivata notizia persino sui giornali degli Stati Uniti dove dell ' Italia ci si occupa ben di rado . E pensiamo intanto a quello che stava avvenendo in questa isola . Tavoli per le firme della pace davanti alle chiese , anche nei punti più remoti delle città e delle campagne , bene accettati dai parroci ; un banchetto anche davanti al Duomo di Monreale ; il cardinal Pappalardo che dice " Non posso oppormi ad un movimento che chiede la pace " ; i centomila della marcia di Comiso ; dieci deputati regionali dc ( la DC di Sicilia ) che firmano la petizione contro i missili a Comiso ; il presidente dell ' Assemblea Regionale , il socialista Lauricella , che si schiera per le firme ; il sindacato che prima è incerto e poi si mobilita ; il tavolo per le firme davanti alla stazione ferroviaria di Palermo dove fanno la coda , in arrivo da ogni provincia , casuali passanti per firmare ; centomila firme solo nel capoluogo regionale dopo pochi giorni . E intanto , si badi , i convegni del PCI sulla mafia e con la partecipazione di magistrati ; magistrati che vanno poi al congresso regionale del PCI e parlano dalla tribuna contro la mafia . E la delegazione guidata da La Torre che va da Spadolini . E la pronta nomina di Dalla Chiesa prefetto a Palermo , nella città nella quale sino a poco tempo fa si pensava che bastasse per fare il questore uno che non era nemmeno funzionario di polizia , che era solo iscritto alla P2 , come tutto merito . Ma tutto questo non fa rizzare quelle tali antenne mafiose ? Per una serie di ragioni anche generali e di diverso genere questo movimento stava attecchendo in modo imprevedibile . E una delle ragioni era proprio questa nuova capacità impressa al PCI di incidere , di darsi una cultura politica di massa adeguata . C ' è un " antico " che può finire con il coincidere con la neo - cultura del " post - moderno " . La Torre lo aveva felicemente capito . Ha ricordato un suo compagno palermitano della prima ora , Mario Collarà che è segretario della sezione " Francesco Losardo " che era da sempre , qui a Palermo , quella di La Torre : " Mi ricordo negli anni 50 , quando si faceva la diffusione domenicale de L ' Unità e Pio , in una mattinata , riusciva a vendere 700 copie . E quelli erano tempi nei quali qui al quartiere del " Capo " a saper leggere erano ben pochi " . E ha detto un altro compagno di quella sezione comunista palermitana , Mario Viale : " Sono stato con Pio due domeniche fa a raccogliere le firme per la pace . Era allegro , scherzava e convinceva tutti a firmare " . Ecco , appunto , l ' antico che diventa messaggio moderno , che colpisce i giovani come una novità piena di fascino , come un " modo nuovo " di fare politica . Questo , tutto questo , sfasciava il clima della " pax mafiosa " , quella tale pace all ' ombra della quale si è potuto operare tranquilli per due anni dopo l ' intimidazione degli assassinii di Mattarella e di Costa : quando le varie " famiglie " regolavano i conti tra loro ( 130 i morti negli ultimi 13 mesi , opportunamente " potate " le vecchie piante dei Badalamenti , degli Inzerillo , dei Bontade nella disperata lotta per il controllo del " business " dell ' eroina ) e la gente badava solo ai fatti suoi . Ha detto Ninni Guccione , presidente regionale delle ACLI , pochi minuti dopo aver appreso la notizia dell ' uccisione di La Torre : " Chi riesce a muovere le cose , ad innescare processi che comunque cambino le cose , qualcosa , che siano unitari e collettivi , qui in Sicilia ha solo una risposta , che è il piombo , la sentenza di morte " . Non crediamo che sia sempre così . Questa volta il potere mafioso ha lanciato una sfida troppo ardita e dubitiamo fortemente che quel movimento che esso tanto teme , possa fermarsi - piuttosto che intensificarsi - perché il compagno Pio La Torre è stato fucilato a tradimento .