StampaQuotidiana ,
Chi
volesse
capire
in
concreto
cos
'
è
e
come
funziona
una
mentalità
corporativa
,
legga
-
per
favore
-
le
trentaquattro
cartelle
dell
'
ordinanza
con
cui
il
giudice
per
le
indagini
preliminari
di
Brescia
Anna
Di
Martino
ha
archiviato
la
scorsa
settimana
l
'
inchiesta
sul
giudice
Giangiacomo
Della
Torre
,
presidente
del
terzo
processo
d
'
appello
per
il
delitto
Calabresi
,
indagato
per
abuso
d
'
ufficio
.
La
conclusione
,
ampiamente
attesa
,
è
che
il
dottor
Della
Torre
è
un
irreprensibile
magistrato
,
che
la
sua
"
condotta
"
prima
del
processo
,
nel
corso
del
dibattimento
,
in
camera
di
consiglio
è
stata
ineccepibile
.
C
'
era
da
aspettarselo
,
visti
i
precedenti
della
dottoressa
Di
Martino
:
qualche
mese
fa
,
aveva
negato
persino
in
linea
teorica
la
possibilità
d
'
indagare
su
un
'
altra
stranezza
della
Calabresi
-
story
,
la
sentenza
suicida
redatta
da
un
altro
ottimo
giudice
,
Ferdinando
Pincioni
.
Carlo
Guarnieri
,
docente
di
sistemi
giudiziari
comparati
,
aveva
acutamente
definito
quello
della
Di
Martino
"
un
ragionamento
alla
Comma
22
"
,
in
base
al
quale
qualsiasi
ricorso
che
abbia
a
che
fare
con
una
sentenza
e
una
camera
di
consiglio
è
-
a
priori
-
"
impossibile
"
.
Quel
paradigma
viene
usato
anche
per
il
caso
Della
Torre
.
E
a
stupire
non
è
tanto
l
'
archiviazione
,
quanto
il
di
più
di
protervia
che
la
dottoressa
Di
Martino
mette
a
difesa
del
sacro
mestiere
del
giudice
.
Riassumiamo
,
partendo
dalla
coda
,
il
filo
del
ragionamento
dell
'
ordinanza
.
La
notizia
di
reato
-
le
presunte
pressioni
e
irregolarità
attuate
da
Della
Torre
per
arrivare
a
una
condanna
a
tutti
i
costi
-
"
è
risultata
infondata
"
.
I
giudici
popolari
che
hanno
testimoniato
che
le
pressioni
ci
furono
sono
"
inattendibili
"
.
Gli
esposti
di
Adriano
Sofri
e
Ovidio
Bompressi
contro
Della
Torre
sono
carta
straccia
:
i
due
non
avevano
neppure
titolo
a
presentarli
.
Il
pubblico
ministero
Fabio
Salamone
ha
fatto
malissimo
a
prenderli
in
considerazione
e
ha
fatto
ancor
peggio
a
sciogliere
i
giurati
dal
segreto
,
a
raccogliere
le
loro
testimonianze
sull
'
andamento
della
camera
di
consiglio
.
Il
reprobo
Salamone
ha
commesso
un
terzo
errore
:
ha
aperto
un
'
inchiesta
che
non
doveva
neppure
iniziare
,
non
essendoci
elementi
che
evidenzino
il
dolo
(
l
'
intenzione
soggettiva
di
arrecare
danno
o
vantaggio
a
qualcuno
)
da
parte
di
Della
Torre
,
senza
il
quale
non
si
configura
il
reato
di
abuso
d
'
ufficio
.
Anche
noi
,
ingenui
e
non
dottori
,
pensavamo
che
Salamone
un
errore
l
'
avesse
commesso
,
ma
di
segno
opposto
ai
tanti
che
gli
rimprovera
il
gip
Di
Martino
.
Essersi
fermato
a
metà
dell
'
indagine
,
rassegnarsi
all
'
archiviazione
senza
aver
messo
a
confronto
i
testi
,
nonostante
le
testimonianze
"
inquietanti
"
e
non
menzognere
raccolte
.
La
dottoressa
Di
Martino
,
invece
,
sostiene
che
Salamone
ha
fatto
troppo
,
non
troppo
poco
,
e
tratta
il
collega
come
un
emerito
asino
.
Lette
le
34
cartelle
,
è
difficile
stabilire
quale
sia
il
bersaglio
privilegiato
dell
'
accanimento
del
gip
:
Salamone
,
Sofri
o
i
due
giudici
popolari
che
hanno
testimoniato
contro
Della
Torre
.
Tutti
trattati
a
pesci
in
faccia
.
Guanti
di
velluto
,
invece
,
per
l
'
indagato
.
E
'
singolare
che
la
famosa
terzietà
del
gip
si
dispieghi
in
tutta
la
sua
potenza
quando
l
'
inquisito
è
un
altro
giudice
.
Questo
lo
scheletro
dell
'
ordinanza
.
Vediamone
qualche
giuntura
particolarmente
raccapricciante
.
Sull
'
abuso
d
'
ufficio
-
scrive
il
gip
-
si
registrano
due
orientamenti
in
dottrina
:
il
"
più
rigorista
"
sostiene
che
"
la
persona
offesa
"
è
esclusivamente
"
la
pubblica
amministrazione
"
;
l
'
altro
afferma
che
il
soggetto
offeso
è
anche
"
il
privato
"
cittadino
cui
l
'
abuso
abbia
recato
danno
.
La
dottoressa
Di
Martino
,
naturalmente
,
condivide
la
prima
impostazione
,
"
l
'
unica
corretta
"
,
e
da
ciò
deduce
che
Sofri
e
Bompressi
non
avrebbero
avuto
titolo
neppure
d
'
opporsi
all
'
archiviazione
.
Ma
chi
,
di
grazia
,
avrebbe
dovuto
farlo
?
La
pubblica
amministrazione
,
cioè
,
in
questo
caso
,
la
Signora
Giustizia
?
Voltiamo
pagina
ed
ecco
un
'
altra
perla
.
"
Secondo
una
minoritaria
ma
autorevole
opinione
dottrinale
,
l
'
attività
giudiziaria
sfuggirebbe
al
reato
di
abuso
d
'
ufficio
"
.
I
giudici
sarebbero
cittadini
a
parte
,
anzi
sopra
.
Purtroppo
(
per
la
dottoressa
Di
Martino
,
che
si
mette
tra
i
pochi
e
autorevoli
)
la
dottrina
prevalente
sostiene
che
anche
i
giudici
sono
mortali
e
quindi
,
"
in
astratto
"
,
possono
peccare
d
'
abuso
d
'
ufficio
.
Ma
perché
il
reato
sussista
,
incalza
il
gip
,
va
dimostrato
che
"
l
'
azione
sia
stata
ispirata
da
settarietà
,
da
prepotenza
,
da
rappresaglia
,
da
vendetta
,
da
rancore
,
o
da
altri
riprovevoli
motivi
"
.
Gli
esposti
di
Sofri
non
evidenziano
per
quale
motivo
"
egoistico
"
Della
Torre
avrebbe
commesso
un
abuso
d
'
ufficio
.
Dunque
,
gli
esposti
dovevano
finire
direttamente
nel
cestino
.
L
'
indimostrabilità
del
dolo
(
cioè
dell
'
intenzionalità
del
reato
)
è
il
filo
conduttore
dell
'
ordinanza
che
culmina
in
questa
categorica
affermazione
:
"
nel
caso
in
esame
...
risultava
,
risulta
e
risulterà
esclusa
la
possibilità
di
provare
la
componente
soggettiva
del
reato
"
.
Anche
i
digiuni
in
materia
di
diritto
sanno
che
il
dolo
è
il
classico
elemento
che
si
valuta
in
dibattimento
,
non
nella
fase
delle
indagini
dove
il
pm
concentra
la
sua
attenzione
sugli
aspetti
materiali
dell
'
ipotesi
di
reato
.
Se
si
applicasse
il
criterio
della
dottoressa
Di
Martino
,
i
rinvii
a
giudizio
subirebbero
un
crollo
verticale
(
il
che
potrebbe
anche
andar
bene
,
se
a
beneficiare
di
quel
criterio
non
fossero
solo
i
magistrati
inquisiti
)
.
Per
quanto
riguarda
i
fatti
,
la
questione
è
risolta
velocemente
:
i
giudici
popolari
Giovanni
Settimo
e
Marilena
Tuana
raccontano
cose
diverse
dagli
altri
membri
della
giuria
e
,
per
di
più
,
si
contraddicono
tra
loro
.
I
loro
sono
o
"
cattivi
ricordi
"
o
qualcosa
di
peggio
.
Il
loro
strano
procedere
(
perchè
non
hanno
spontaneamente
denunciato
le
supposte
irregolarità
di
Della
Torre
invece
di
rivolgersi
a
politici
e
giornalisti
"
assai
vicini
a
Sofri
"
?
)
è
sospetto
.
Si
"
allineano
"
alle
tesi
di
Sofri
e
questo
basta
e
avanza
,
secondo
il
gip
,
per
considerarli
"
inattendibili
"
.
Qui
siamo
al
deliro
.
Perchè
,
semmai
,
le
cose
sono
andate
esattamente
a
rovescio
:
è
stato
Sofri
ad
"
allinearsi
"
ai
due
testi
,
per
il
semplice
fatto
che
lui
in
camera
di
consiglio
non
c
'
era
,
Settimo
e
Tuana
sì
.
C
'
è
un
particolare
che
tradisce
il
partito
preso
del
gip
là
dove
interpreta
una
banale
osservazione
della
teste
Tuana
sulla
sentenza
suicida
come
una
"
maliziosa
quanto
gratuita
allusione
"
,
"
scopertamente
allineata
"
con
la
tesi
di
Sofri
.
Ma
che
quella
di
Pincioni
fosse
una
sentenza
suicida
era
arcinoto
ben
prima
che
il
processo
presieduto
da
Della
Torre
iniziasse
.
Bastava
leggere
i
giornali
,
visto
che
i
primi
a
parlare
di
sentenza
suicida
sono
stati
i
cronisti
di
palazzo
di
giustizia
(
vicini
alla
procura
)
e
non
Sofri
.
Nell
'
offensiva
osservazione
del
gip
c
'
è
un
eco
della
frase
rivolta
da
Della
Torre
alla
signora
Tuana
:
"
Cosa
le
ha
suggerito
Sofri
questa
notte
?
"
.
A
regola
di
briscola
,
c
'
è
da
meravigliarsi
che
il
gip
non
abbia
trasmesso
gli
atti
alla
procura
perché
proceda
contro
Settimo
e
Tuana
per
falsa
testimonianza
.
Forse
sarebbe
stato
troppo
,
anche
per
l
'
eccessiva
dottoressa
Di
Martino
.
L
'
orrore
suscitato
da
queste
34
cartelle
prescinde
dal
ritenere
colpevoli
o
innocenti
Sofri
,
Bompressi
e
Pietrostefani
.
Resterebbero
orribili
anche
se
fossero
colpevoli
.
Rafforzano
il
desiderio
che
questa
storia
finisca
per
ragioni
bassamente
egoistiche
(
confesso
il
dolo
)
:
poter
finalmente
girare
la
testa
dall
'
altra
parte
.
Brucia
dover
sottoscrivere
una
frase
del
'91
di
Piergiorgio
Bellocchio
:
"
Come
la
malattia
e
la
miseria
,
anche
la
cosiddetta
giustizia
è
una
sventura
che
tendiamo
irresistibilmente
a
rimuovere
dalla
coscienza
,
salvo
che
ci
colpisca
personalmente
,
o
colpisca
persone
che
amiamo
,
valori
in
cui
crediamo
"
.
Allora
non
la
condividevo
,
presumevo
molto
di
me
,
pensavo
di
potermi
occupare
di
tante
ingiustizie
.
Oggi
mi
dichiaro
vinta
:
le
mie
spalle
riescono
a
stento
a
sostenerne
solo
una
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Dario
,
le
regole
di
questa
clausura
mi
mettono
sempre
in
ritardo
.
Dunque
l
'
andamento
-
come
al
solito
-
travolgente
dei
tuoi
movimenti
ha
accumulato
nella
mia
cella
una
quantità
di
pensieri
,
che
cerco
di
smaltire
in
parte
.
Comincio
dal
dirvi
grazie
(
mi
rivolgo
sempre
ad
ambedue
,
Franca
e
te
)
.
Che
siate
generosi
,
si
sa
.
Ma
che
arrivaste
a
buttare
fino
i
primi
momenti
della
vostra
gioia
di
qua
dai
nostri
muri
(
e
di
quelli
,
tanto
più
brutali
,
delle
galere
turche
o
algerine
)
è
un
segno
di
vera
prodigalità
.
Non
ero
stato
tanto
sorpreso
-
un
po
'
sì
,
come
te
-
dal
premio
che
ti
è
toccato
.
Grazie
a
Dio
ho
girato
un
po
'
per
il
mondo
,
e
soprattutto
ho
frequentato
molto
la
Norvegia
,
e
lì
non
c
'
è
nessuno
che
possa
reagire
alla
notizia
del
tuo
Nobel
simulando
di
non
sapere
chi
sei
.
Mi
è
anche
difficile
ammettere
che
si
possa
,
qui
da
noi
,
dolersi
del
Nobel
a
te
,
perché
si
desiderava
che
andasse
ad
altri
.
Io
per
esempio
ammiro
la
poesia
di
Luzi
e
ho
simpatia
per
lui
.
Sono
stato
molto
contento
che
la
campagna
contro
le
mine
sia
stata
premiata
,
all
'
indomani
della
grave
posizione
tenuta
a
Oslo
anche
dal
governo
degli
Usa
.
Doppiamente
contento
,
perché
c
'
è
un
versante
italiano
peculiare
della
campagna
.
Noi
siamo
gran
produttori
e
trafficanti
di
questi
giocattoli
,
e
abbiamo
fatto
tesoro
della
nostra
eredità
umanistica
per
battezzarli
con
questa
parola
atroce
:
"
antiuomo
"
.
Altri
paesi
hanno
trovato
degli
eufemismi
,
per
un
residuo
di
vergogna
:
noi
ce
ne
freghiamo
perfino
della
estrema
ipocrisia
del
lessico
.
In
compenso
la
partecipazione
italiana
alla
campagna
,
da
parte
di
associazioni
come
l
'
Emergency
del
dottor
Gino
Strada
,
di
comunicatori
come
Costanzo
,
di
politici
come
Occhetto
,
e
dello
stesso
governo
,
è
stata
importante
.
Insomma
mi
sono
rallegrato
per
questo
premio
(
mondanità
compresa
:
ce
ne
fossero
di
Audrey
Hepburn
e
di
Lady
Diana
)
,
benché
sperassi
molto
che
venisse
premiato
l
'
intellettuale
cinese
Wej
Jingsheng
,
imprigionato
da
anni
,
e
,
dalla
sua
prigionia
,
lucido
e
impavido
denunciatore
dei
despoti
del
suo
paese
.
Quando
leggerete
le
sue
lettere
-
le
conosco
grazie
a
mio
fratello
Gianni
-
ne
sarete
commossi
e
ammirati
,
e
avrete
voglia
di
fare
qualcosa
.
Questa
specie
di
scarso
patriottismo
,
diciamo
così
(
te
lo
posso
dire
dopo
che
hai
dovuto
raccogliere
dalla
polvere
l
'
elmo
di
Scipio
)
,
dell
'
accoglienza
fatta
al
tuo
Nobel
mi
ha
fatto
ripensare
-
non
so
se
altri
l
'
abbiano
già
detto
-
che
tu
sei
il
vero
contraltare
delle
sciocchezze
separatiste
lombarde
.
A
parte
il
lombardo
scritto
,
Porta
o
Gadda
o
Testori
,
il
lombardo
ascoltato
mi
arrivò
,
tanto
tempo
fa
,
dalle
tue
canzoni
e
poi
dai
tuoi
spettacoli
,
compresa
la
stessa
parola
"
padano
"
,
come
nel
tuo
(
genovese
però
)
Johan
Padân
,
in
commedie
che
usavano
dialetti
e
grammelot
per
farsi
capire
da
tutti
e
far
divertire
tutti
.
Ora
che
hai
il
Nobel
,
dovrai
provarci
tu
a
riacchiap
pare
dalla
coda
questa
pazzia
padanista
,
se
non
è
già
troppo
tardi
.
E
poi
c
'
è
il
mio
affare
,
naturalmente
.
Non
dirò
niente
sui
meriti
del
pool
contro
la
corruzione
politica
.
Non
c
'
entra
.
Ecco
invece
un
sommario
promemoria
sugli
inizi
del
mio
caso
.
La
Procura
milanese
aveva
seguito
per
moltissimi
anni
la
tesi
che
l
'
omicidio
Calabresi
fosse
stato
compiuto
da
persone
in
qualche
modo
legate
a
Lotta
Continua
,
al
suo
servizio
d
'
ordine
,
"
frange
militariste
"
,
eccetera
.
Ogni
tanto
si
avventurò
fino
a
indicare
nomi
e
cognomi
,
cedendo
a
vociferazioni
e
illazioni
incontrollate
,
per
amor
di
tesi
.
Quando
lo
fece
,
commise
un
doppio
arbitrio
,
accusando
persone
del
tutto
estranee
(
e
presto
dimostrate
tali
)
e
facendole
finire
sui
giornali
prima
di
avvisarle
:
così
nel
1981
nel
caso
di
Marco
F
.
,
indicato
in
fotografia
come
l
'
assassino
.
Non
credo
che
,
al
momento
dell
'
attentato
,
e
ancora
per
molti
anni
,
quei
magistrati
,
pur
così
affezionati
alla
loro
tesi
,
potessero
prendere
sul
serio
l
'
idea
che
un
omicidio
fosse
stato
deciso
dal
"
vertice
"
di
Lotta
Continua
,
da
una
delibera
presa
a
voto
di
maggioranza
nel
suo
Esecutivo
,
e
altre
follie
del
genere
(
oggi
sancite
dalle
sentenze
)
.
Quell
'
idea
era
allora
inconciliabile
col
senso
comune
,
che
poi
il
tempo
avrebbe
deformato
.
Ne
ho
una
conferma
indiretta
nel
fatto
che
,
nel
corso
degli
anni
,
da
qualcuno
di
questi
magistrati
mi
venne
inviata
per
interposta
persona
la
richiesta
di
aiutarli
alle
loro
indagini
con
quello
che
sapessi
:
richiesta
del
tutto
fuori
luogo
.
Era
abitudine
di
qualcuno
di
quei
magistrati
-
per
esempio
del
sostituto
Armando
Spataro
,
che
è
ripetutamente
intervenuto
,
in
aula
e
fuori
,
per
sostenere
l
'
accusa
contro
di
noi
,
e
che
ho
appena
reinvitato
a
discutere
con
me
le
prove
che
ritiene
raggiunte
a
nostro
carico
-
di
chiedere
,
spesso
fuori
verbale
,
agli
indagati
della
"
lotta
armata
"
se
avessero
sentito
qualcosa
circa
Lotta
continua
e
l
'
omicidio
Calabresi
.
Poiché
l
'
appetito
viene
mangiando
,
da
un
qualche
momento
a
quegli
interrogati
furono
fatti
anche
il
mio
nome
e
quello
di
altri
fra
i
più
noti
dirigenti
dell
'
antica
Lotta
continua
.
Dunque
quando
nell
'
estate
1988
scoppia
,
come
un
'
impresa
militare
,
la
nostra
cattura
e
incriminazione
,
non
si
tratta
affatto
dell
'
improvvisa
e
imprevedibile
rivelazione
di
un
pentito
che
venne
da
nulla
,
bensì
dell
'
inveramento
di
un
'
idea
a
lungo
perseguita
ed
elaborata
.
Fino
a
che
punto
,
lo
mostra
un
episodio
documentato
negli
atti
del
processo
,
e
ancora
oggetto
di
uno
strascico
giudiziario
derivato
:
un
anno
prima
,
nel
luglio
1987
,
Marco
Boato
mi
telefonò
da
Trento
per
farmi
gli
auguri
di
compleanno
,
e
per
dirmi
,
a
metà
tr
a
l
'
ilarità
e
lo
sdegno
,
la
seguente
storia
.
Un
imputato
veneto
di
reati
di
banda
armata
,
interrogato
anche
lui
fuori
verbale
sull
'
omicidio
Calabresi
da
un
giudice
istruttore
a
Milano
,
ne
aveva
ricavato
la
notizia
che
lo
stesso
Boato
e
io
,
Sofri
,
saremmo
stati
arrestati
quella
notte
come
responsabili
dell
'
omicidio
.
(
A
parte
me
,
pensare
Boato
corresponsabile
di
un
omicidio
è
una
pazzia
grottesca
)
.
Mi
disse
Boato
:
"
Che
cosa
pensi
di
fare
?
"
.
"
Di
cenare
e
andarmene
a
dormire
"
,
risposi
.
Dormimmo
bene
e
non
se
ne
parlò
più
:
fino
all
'
estate
successiva
.
Questo
prova
fin
dove
arrivasse
il
peccato
di
gola
di
qualche
investigatore
milanese
,
ufficialmente
un
anno
prima
che
Leonardo
Marino
andasse
a
riversare
il
suo
pentimento
in
una
caserma
dell
'
Arma
;
o
,
se
si
preferisce
,
nel
tempo
stesso
in
cui
la
coppia
Marino
-
Bistolfi
inaugurava
i
suoi
colloqui
con
avvocati
e
notabili
politici
sul
tema.Siamo
nell
'
estate
1988
.
Pubblico
ministero
è
Ferdinando
Pomarici
.
Del
quale
non
importa
se
fosse
di
sinistra
o
di
destra
,
e
quanto
:
era
il
Pm
che
aveva
deriso
gli
scettici
garantendo
di
aver
"
scarnificato
mattonella
per
mattonella
"
il
"
covo
"
Br
di
via
Monte
Nevoso
,
salvo
lasciarvi
un
arsenale
di
armi
e
carte
in
una
intercapedine
protetta
da
"
quattro
chiodini
"
.
Pomarici
aveva
l
'
aria
di
volersi
sbrigare
:
la
prima
e
unica
volta
che
mi
interrogarono
,
lui
e
il
Giudice
istruttore
Lombardi
,
mi
disse
:
"
Guardi
,
tanto
è
tutto
prescritto
,
abbiamo
amici
in
comune
,
lei
confessa
e
spiega
anche
il
contesto
storico
e
politico
,
nessuno
lo
farebbe
meglio
di
lei
"
.
E
'
durato
nove
anni
,
il
nostro
maledetto
processo
.
Lui
avrebbe
risolto
tutto
in
un
'
oretta
.
Poche
persone
hanno
detto
tante
bugie
,
dimostrate
tali
,
di
cui
nessuno
ha
mai
chiesto
conto
.
Per
un
anno
e
mezzo
Pomarici
dichiarò
di
non
aver
mai
saputo
dei
rapporti
prolungati
e
occultati
fra
Marino
e
i
carabinieri
:
poi
un
giorno
,
quasi
con
fastidio
,
disse
di
averlo
sempre
saputo
.
Quando
Marino
passava
nottate
con
l
'
allora
colonnello
(
oggi
generale
,
con
un
incarico
altissimo
nei
servizi
d
'
informazione
)
Bonaventura
,
Pomarici
stava
conducendo
con
lui
un
'
indagine
su
un
episodio
milanese
:
inoltre
aveva
lavorato
con
lui
nel
corso
degli
anni
nell
'
inchiesta
Calabresi
.
Eppure
,
lui
Pm
del
caso
,
ebbe
l
'
ardire
di
sostenere
di
non
aver
avuto
il
minimo
sentore
del
fatto
che
quel
colonnello
Bonaventura
,
che
passava
i
giorni
con
lui
a
Milano
,
passasse
le
notti
con
Marino
a
Sarzana
a
proposito
dell
'
omicidio
Calabresi
.
A
sua
volta
,
Pomarici
ritardò
inspiegabilmente
il
momento
di
investire
dell
'
inchiesta
il
Gi
Lombardi
,
che
ne
era
da
anni
il
titolare
.
Come
sia
stata
condotta
quell
'
istruttoria
,
nascondendo
alla
difesa
ogni
circostanza
dell
'
accusa
,
rattoppando
costantemente
,
fino
alla
manipolazione
,
gli
svarioni
,
le
contraddizioni
e
le
smentite
di
Marino
,
non
si
può
ridire
qui
.
Voglio
solo
ricordare
una
questione
recente
circa
il
Gi
Antonio
Lombardi
.
Nel
1993
un
ufficiale
del
Ros
dei
carabinieri
di
Trapani
consegnò
agli
atti
dell
'
indagine
trapanese
sull
'
assassinio
di
Mauro
Rostagno
un
rapporto
su
carta
intestata
e
con
tanto
di
firma
.
L
'
ufficiale
riferiva
di
essersi
incontrato
a
Milano
col
Gi
Lombardi
,
che
gli
aveva
detto
che
Rostagno
era
stato
assassinato
in
connessione
col
processo
Calabresi
,
per
impedirgli
di
denunciare
,
come
era
intenzionato
a
fare
,
i
suoi
compagni
di
un
tempo
.
Queste
e
altre
infamie
simili
-
non
solo
infami
,
ma
ridicolizzate
da
ogni
genere
di
prova
,
a
cominciare
dalla
voce
stessa
di
Mauro
che
parlava
del
nostro
arresto
e
di
me
nella
sua
televisione
-
giacquero
,
coperte
dal
segreto
,
fra
le
carte
dell
'
inchiesta
trapanese
,
finché
potei
leggerle
nel
luglio
del
1996
,
e
denunciare
quel
documento
calunnioso
e
scandaloso
.
Il
Gi
Lombardi
smentì
con
veemenza
,
a
mezzo
agenzia
,
di
aver
mai
detto
quelle
cose
:
non
mi
risulta
che
abbia
denunciato
l
'
ufficiale
,
autore
di
un
così
smaccato
falso
.
Io
denunciai
ambedue
,
e
aspetto
ancora
di
ricevere
la
minima
notizia
sull
'
itinerario
della
mia
denuncia
.
Non
c
'
è
male
,
no
?
Ogni
volta
che
cose
particolarmente
insopportabili
sono
successe
nel
corso
dei
nostri
processi
-
alla
rinfusa
:
la
descrizione
della
via
di
fuga
dall
'
attentato
madornalmente
sbagliata
da
Marino
,
e
lodata
per
iscritto
per
la
sua
"
esattezza
"
da
Pomarici
e
poi
da
Lombardi
;
la
accidentale
(
accidentale
sul
serio
,
Dario
)
rivelazione
dei
rapporti
occultati
fra
Marino
e
i
carabinieri
;
la
distruzione
sistematica
dei
corpi
di
reato
,
dopo
il
nostro
arresto
e
incriminazione
;
la
stesura
di
una
sentenza
"
suicida
"
per
rovesciare
un
verdetto
di
assoluzione
;
il
pregiudizio
dimostrato
di
un
presidente
di
corte
di
assise
d
'
appello
,
e
così
via
-
ogni
volta
,
non
una
voce
della
procura
milanese
si
è
alzata
a
criticare
,
o
anche
solo
a
manifestare
dubbio
o
rammarico
.
Al
contrario
,
molte
voci
,
a
partire
dalla
più
autorevole
,
quella
di
Borrelli
,
si
sono
alzate
a
sostenere
l
'
accusa
contro
di
noi
,
durante
e
dopo
i
processi
,
a
criticare
la
sentenza
di
annullamento
pronunciata
dalle
Sezioni
unite
della
Cassazione
(
cosa
che
D
'
Ambrosio
ha
appena
rifatto
,
sui
giornali
,
addebitandole
di
essere
entrata
"
nel
merito
"
)
,
a
criticare
la
sentenza
di
assoluzione
del
secondo
processo
di
appello
,
e
così
via
.
Ripeterò
,
non
avendo
mai
avuto
il
minimo
cenno
di
ricevuta
,
un
esempio
clamoroso
,
che
non
poteva
non
interessare
i
pareri
altrimenti
così
pronti
dei
magistrati
della
procura
.
I
due
giudici
togati
del
nostro
primo
processo
si
chiamano
Manlio
Minale
,
che
presiedeva
la
Corte
di
Appello
(
come
ti
è
stato
appena
ricordato
)
e
Galileo
Proietto
,
giudice
a
latere
.
Ebbene
,
Minale
era
al
suo
ultimo
processo
da
giudice
,
essendo
già
stato
designato
,
prima
dell
'
apertura
stessa
del
dibattimento
,
procuratore
aggiunto
,
dunque
collega
,
subalterno
di
Borrelli
,
e
superiore
in
grado
di
Pomarici
,
dei
magistrati
di
quella
procura
che
con
tanto
impegno
e
spirito
di
"
squadra
"
,
aveva
sostenuto
l
'
accusa
in
istruttoria
,
e
l
'
avrebbe
sostenuta
in
dibattimento
.
Tu
hai
notato
forse
come
in
tutti
questi
anni
io
abbia
cercato
di
tenere
un
equilibrio
,
di
non
farmi
risucchiare
dentro
schieramenti
costituiti
,
di
non
prendere
posizione
su
questioni
generali
(
comprese
le
più
spinose
,
come
l
'
uso
e
l
'
abuso
dei
"
pentiti
"
)
attraverso
il
filtro
esclusivo
della
mia
personale
vicissitudine
.
Questo
valeva
dunque
anche
per
un
tema
come
la
separazione
delle
carriere
fra
magistrati
dell
'
accusa
e
del
giudizio
,
sul
quale
conservo
un
preoccupato
dubbio
.
Esemplificando
i
paradossi
cui
può
portare
la
carriera
unica
,
si
è
spesso
evocata
la
possibilità
che
un
magistrato
finisca
col
giudicar
e
gli
stessi
imputati
di
cui
è
stato
lui
,
da
Pm
,
a
costruire
l
'
accusa
.
Bene
:
nel
mio
caso
si
è
compiuto
il
paradosso
opposto
,
col
giudice
chiamato
a
sconfessare
l
'
operato
,
particolarmente
esposto
e
discusso
,
dei
suoi
colleghi
in
pectore
.
Per
completezza
di
paradosso
,
aggiungo
che
anche
il
giudice
a
latere
,
ed
estensore
della
motivazione
della
sentenza
,
Proietto
,
è
passato
alla
procura
.
Ho
invano
aspettato
che
qualcuno
,
Borrelli
,
D
'
Ambrosio
,
Spataro
,
un
altro
a
piacere
,
dicessero
una
parola
sulla
singolarità
del
caso
.
Tanto
più
che
si
trattava
di
un
processo
,
non
dirò
importante
(
tutti
i
processi
,
avendo
in
palio
il
diritto
e
il
destino
delle
persone
,
dovrebbero
essere
importanti
)
ma
costellato
di
delicati
colpi
di
scena
,
come
la
ricordata
accidentale
scoperta
della
convivenza
notturna
taciuta
e
negata
fra
Marino
e
i
carabinieri
,
venuta
fuori
per
l
'
ingenuità
di
un
curato
di
paese
,
e
trattata
con
ineffabili
riguardi
dalla
procura
(
Pomarici
che
dichiarava
di
aver
telefonato
a
Borrelli
per
avvertirlo
della
venuta
dei
carabinieri
a
testimoniare
)
e
dal
Presidente
,
che
pure
era
stato
il
primo
menato
per
il
naso
dall
'
originaria
versione
sul
pentimento
spontaneo
e
repentino
.
E
visto
che
ci
siamo
,
e
che
D
'
Ambrosio
ti
ha
invitato
a
portare
elementi
nuovi
per
la
revisione
del
nostro
processo
,
se
ne
hai
(
chissà
perché
tu
,
a
volte
l
'
ironia
di
certe
battute
mi
sfugge
;
siamo
noi
a
cercare
di
farlo
,
com
'
è
noto
)
terrei
a
chiedergli
se
abbia
mai
pensato
,
nei
ventidue
anni
che
ci
separano
dalla
sentenza
del
1975
sul
"
malore
attivo
"
di
Pinelli
,
alla
revisione
,
o
alla
riapertura
,
di
quel
processo
.
E
'
ancora
oggi
contento
,
o
rassegnato
,
Gerardo
D
'
Ambrosio
,
a
quel
Pinelli
che
si
piroetta
oltre
la
ringhiera
per
il
malore
attivo
,
o
si
chiede
ogni
tanto
come
sia
andata
davvero
?
Non
sto
barattando
il
processo
Pinelli
con
quello
Calabresi
(
non
l
'
ho
mai
fatto
,
l
'
hanno
fatto
i
miei
nemici
,
pretendendo
di
fare
della
nostra
condanna
la
condizione
per
la
"
riabilitazione
"
del
commissario
)
,
né
facendo
una
battuta
politica
o
un
commento
morale
:
la
mia
è
un
'
osservazione
,
per
così
dire
,
strettamente
tecnica
o
giudiziaria.Calabresi
fu
ucciso
,
ma
ci
sono
parecchie
persone
che
si
trovavano
nella
stanza
da
cui
un
interrogato
fermato
illegalmente
e
innocente
uscì
a
capofitto
dalla
finestra
,
e
nessuna
di
quelle
persone
,
che
allora
mentirono
tutte
-
come
il
dottor
D
'
Ambrosio
appurò
-
ha
più
aperto
bocca
.
Io
sono
in
galera
-
ma
non
commiserarmi
troppo
:
ne
abbiamo
viste
di
peggio
-
secondo
i
procuratori
e
alcuni
giudici
,
perché
Lotta
continua
aveva
una
specie
di
struttura
illegale
che
"
non
può
non
essere
stata
"
,
come
dice
Marino
,
l
'
autrice
dell
'
omicidio
Calabresi
,
di
cui
io
"
non
posso
non
essere
stato
"
a
conoscenza
.
Oppure
:
sono
in
galera
perché
il
13
maggio
del
1972
alla
fine
di
un
mio
comizio
Pietrostefani
e
io
avvicinammo
Marino
per
comunicargli
un
mandato
a
uccidere
,
però
Pietrostefani
non
c
'
era
;
perché
alla
fine
del
comizio
andai
con
Brogi
e
Marini
in
un
bar
e
di
lì
uscii
in
strada
per
dare
a
Marino
un
mandato
a
uccidere
,
ma
Brogi
e
Marino
erano
uno
a
Genova
e
l
'
altro
a
casa
,
e
nessuno
andò
al
bar
,
e
la
gente
si
sparpagliò
perché
pioveva
forte
,
ma
Marino
si
è
dimenticato
che
piovesse
;
ricevuto
il
mandato
a
uccidere
,
Marino
mi
salutò
e
tornò
a
Torino
,
però
invece
si
fermò
a
Pisa
e
anzi
la
sera
tardi
venne
con
tanti
altri
a
casa
mia
.
E
così
via
.
Sono
in
galera
per
questo
,
e
così
i
miei
amici
.
Sono
in
galera
anche
perché
dopo
che
Pomarici
,
Lombardi
e
una
quantità
di
altri
hanno
tuonato
che
io
,
potente
e
amico
di
potenti
(
caro
Dario
,
amico
mio
)
,
non
sarei
mai
stato
toccato
,
mentre
il
solo
povero
Marino
avrebbe
pagato
per
tutti
.
Con
un
piccolo
cambio
di
ausiliare
-
aver
pagato
,
essere
pagato
-
è
andata
proprio
così
,
e
Marino
,
intervistato
,
ci
concede
benignamente
la
grazia
.
Carnevali
,
mondi
a
testa
in
giù
:
ma
che
aspettiamo
a
battergli
le
mani
.
Non
ho
alzato
la
voce
verso
quel
disgraziato
di
Marino
,
in
questi
anni
,
né
avrei
parlato
all
'
ingrosso
della
procura
di
Milano
se
tu
,
nel
tuo
modo
travolgente
,
non
avessi
fatto
venire
giù
il
loggione
.
E
'
vero
,
l
'
ultima
sentenza
milanese
si
imperniò
sul
fatto
che
il
pentimento
(
no
:
la
crisi
"
mistica
"
)
di
Marino
sono
autentici
perché
da
ragazzo
era
passato
dai
Salesiani
.
Bestemmia
che
mi
dispiace
tanto
più
,
perché
ho
simpatia
e
stima
per
molti
Salesiani
.
Non
mi
auguro
affatto
che
tu
-
né
altri
-
modifichi
la
tua
stima
per
la
magistratura
milanese
per
solidarietà
con
me
.
Mi
dispiacerebbe
perfino
.
Vorrei
che
,
tenendosi
al
mio
processo
,
di
ogni
cosa
detta
a
carico
o
a
difesa
,
si
verificasse
,
per
quanto
è
possibile
(
molto
!
)
la
fondatezza
e
la
lealtà
.
Il
17
maggio
1972
Luigi
Calabresi
fu
assassinato
.
Gli
attentatori
arrivarono
e
e
fuggirono
a
bordo
di
una
125
blu
rubata
.
Tutti
i
testimoni
in
grado
di
distinguere
riferirono
che
alla
guida
c
'
era
una
donna
.
Nell
'
auto
abbandonata
,
furono
ritrovati
sul
cruscotto
,
al
posto
di
guida
,
degli
occhiali
neri
da
donna
che
i
proprietari
dell
'
auto
non
avevano
mai
visto
.
Quando
venne
sospettato
il
neofascista
Nardi
,
fu
arrestata
una
giovane
donna
tedesca
,
Gudrun
Kiess
,
accusata
di
essere
stata
la
guidatrice
dell
'
auto
.
La
Kiess
restò
in
carcere
a
lungo
,
benché
non
avesse
mai
preso
la
patente
.
Nel
luglio
del
1988
gli
inquirenti
dichiararono
che
la
donna
al
volante
dell
'
auto
dell
'
attentato
era
Leonardo
Marino
.
Anch
'
io
non
ho
mai
preso
la
patente
.
Sono
qui
che
cammino
avanti
e
indietro
e
mi
fanno
male
i
piedi
.
La
lampadina
è
un
micidiale
doppio
tubo
al
neon
e
non
riesce
a
somigliare
alla
luna
.
Grazie
,
ciao
.
StampaQuotidiana ,
Difficile
che
domani
Berlusconi
alzi
le
spalle
:
«
Sono
più
quelli
che
votano
di
quelli
che
scioperano
o
manifestano
»
.
Neanche
ad
Arcore
si
possono
dire
più
d
'
una
volta
certe
sciocchezze
.
E
non
solo
perché
da
due
mesi
gli
scioperi
sono
battenti
e
diffusi
come
non
succedeva
da
quindici
anni
,
e
domani
una
folla
mai
vista
confluirà
a
Roma
,
malgrado
,
o
anche
a
causa
,
del
disastro
nel
Nord
.
Sono
dodici
milioni
in
Italia
i
lavoratori
dipendenti
:
quelli
immediatamente
minacciati
nel
lavoro
,
nel
salario
,
nelle
pensioni
.
Dodici
su
57
milioni
di
italiani
,
su
40
milioni
di
elettori
.
Ognuno
di
essi
ha
,
legate
alla
sua
esistenza
,
almeno
una
o
due
persone
.
Ma
soprattutto
,
non
sono
una
parte
come
le
altre
:
se
si
fermano
loro
,
si
ferma
la
città
,
la
regione
,
il
paese
.
È
così
oggi
e
sarà
così
domani
,
perché
anche
un
terminale
resta
inerte
senza
la
mano
e
la
testa
che
lo
accendono
e
interrogano
.
Se
si
fermano
dodici
milioni
di
altri
cittadini
,
l
'
impatto
simbolico
è
grande
ma
la
macchina
produttiva
e
amministrativa
cammina
.
Anche
se
si
fermano
gli
otto
milioni
di
cosiddetti
«
autonomi
»
;
perfino
i
fatali
camionisti
,
ce
ne
vuole
perché
da
soli
inceppino
tutto
come
farebbero
due
,
tre
,
sei
giorni
di
sciopero
dei
salariati
.
Sarebbe
la
paralisi
.
La
guerra
sociale
totale
.
Sui
salariati
se
ne
son
dette
di
tutte
,
soprattutto
che
,
in
declino
la
grande
impresa
,
erano
una
specie
in
estinzione
.
Ma
il
lavoro
salariato
resta
il
sistema
sanguigno
della
società
industriale
e
postindustriale
,
per
diffusa
e
retificata
che
sia
.
E
mentre
nel
voto
si
confondono
salariato
o
padrone
,
manager
o
casalinga
,
peso
e
potere
sociale
sono
un
altro
paio
di
maniche
.
Da
due
mesi
questo
è
tornato
a
evidenziarsi
sullo
schermo
della
società
non
virtuale
.
Sono
corpi
che
non
entrano
in
fabbrica
o
in
ufficio
,
mani
che
non
attivano
macchine
o
computer
,
non
alzano
lo
sportello
,
non
emettono
biglietti
,
non
mettono
in
moto
vagoni
,
tram
e
ferrovie
.
Mutano
,
luogo
per
luogo
,
il
ritmo
delle
giornate
,
i
meccanismi
del
quotidiano
,
l
'
uso
della
città
.
E
nei
paesaggi
metropolitani
,
dove
non
si
addensava
che
il
passeggio
domenicale
,
si
materializzano
presenze
aggregate
,
fuse
in
manifestazioni
e
cortei
,
parlanti
.
La
società
ha
ripreso
voce
,
altro
che
l
'
anonimia
dei
sondaggi
.
Sono
voci
diverse
,
domande
,
volontà
,
tensioni
,
anche
lacerazioni
,
non
riducibili
a
numeri
.
Con
costoro
in
piazza
si
tratta
o
gli
si
gettano
contro
gli
odierni
corrispondenti
dei
carabinieri
a
cavallo
.
E
questo
è
il
problema
di
Berlusconi
.
Ma
su
che
cosa
e
come
si
tratta
è
anche
il
problema
dei
progressisti
,
o
come
diavolo
si
vogliono
chiamare
.
Quel
che
vuole
Berlusconi
è
ridurre
il
peso
contrattuale
,
rendere
la
massa
dei
salariati
plastica
alla
«
competitività
»
,
in
un
mondo
dove
esiste
una
sorta
di
dumping
del
mercato
di
manodopera
,
cinque
o
dieci
volte
più
a
buon
prezzo
nell
'
Est
europeo
e
in
Asia
.
Perciò
si
vuole
che
da
noi
il
lavoro
costi
meno
,
diventi
precario
e
flessibile
,
e
a
questo
giova
l
'
abolizione
degli
ammortizzatori
sociali
.
Scuola
,
sanità
,
pensione
non
hanno
da
essere
più
un
servizio
cui
si
ha
diritto
:
devono
essere
privatizzati
e
quindi
acquistati
,
e
per
poterlo
fare
competano
fra
salariati
per
il
posto
,
concorrano
per
il
salario
,
si
scannino
gli
immigrati
.
Per
chi
resterà
a
margine
se
la
vedranno
le
Regioni
,
con
fondi
abbondanti
dove
ce
ne
sarà
meno
bisogno
,
magri
dove
ce
ne
sarà
:
questa
è
l
'
autonomia
fiscale
.
Ma
questo
modello
-
non
meniamo
il
can
per
l
'
aia
-
è
stato
accettato
dai
progressisti
,
Rifondazione
esclusa
.
La
caduta
del
Muro
di
Berlino
per
l
'
Italia
non
è
stata
la
rinuncia
al
comunismo
,
ma
a
qualsiasi
regolazione
politica
del
mercato
.
Di
qui
la
inefficacia
dell
'
opposizione
,
il
suo
prendere
di
petto
il
governo
più
sulle
regole
che
sulla
finanziaria
.
Anche
il
sindacato
ha
avuto
un
sussulto
soltanto
quando
s
'
è
visto
che
nessuno
degli
antichi
e
nuovi
patti
sarebbe
stato
tenuto
,
e
la
gente
si
è
mossa
senza
starlo
ad
aspettare
.
Non
c
'
è
futuro
accettabile
per
i
lavoratori
di
oggi
e
quelli
di
domani
,
oggi
studenti
,
in
questo
quadro
.
Non
è
una
terapia
d
'
urto
,
dopo
la
quale
come
in
passato
la
crescita
tornerà
espansione
e
sviluppo
,
seppellirà
morti
e
feriti
e
riaggregherà
lembi
allargati
di
società
.
Il
modello
competitivo
non
moltiplica
più
il
ventaglio
dei
prodotti
,
non
alimenta
più
,
attraverso
la
redistribuzione
salariale
,
il
mercato
interno
,
non
mira
più
ad
allargare
la
sua
area
:
oggi
tutti
producono
le
stesse
merci
per
la
stessa
fascia
alta
di
consumi
.
Un
mercato
saturo
,
nel
quale
battersi
a
morte
per
concorrere
a
qualità
sempre
più
alta
e
a
prezzo
sempre
più
basso
.
Che
il
mercato
oggi
sia
questo
lo
sa
qualsiasi
operaio
o
impiegato
della
Fiat
o
di
Lucchini
o
di
De
Benedetti
.
Lo
sanno
gli
economisti
.
Lo
sa
il
governatore
Fazio
.
Lo
sa
Scalfari
,
che
protesta
soltanto
per
il
prelievo
di
classe
.
Abbattere
i
salari
,
privatizzare
i
servizi
,
liberare
i
movimenti
dei
capitali
non
è
stata
l
'
unica
scelta
anche
per
i
progressisti
?
Che
propongono
,
salvo
qualche
emendamento
,
D
'
Alema
,
Buttiglione
,
Spini
,
Orlando
e
quant
'
altri
?
Sottinteso
:
qualche
sacrificio
,
poi
tutto
andrà
da
sé
.
No
,
nulla
andrà
da
sé
.
Domani
Roma
lo
dirà
.
Non
si
risponda
,
per
favore
:
buona
manifestazione
,
come
sarebbe
bello
riavere
,
al
posto
di
Berlusconi
,
Ciampi
.
Alain
Minc
,
che
ebbe
fortuna
anche
in
Italia
per
aver
firmato
con
Simon
Nora
il
primo
rapporto
sull
'
informatica
,
poi
come
brillante
manager
del
postindustriale
e
poi
meno
brillante
consulente
di
Carlo
De
Benedetti
,
ha
reso
pubblico
il
rapporto
sulle
«
Sfide
economiche
e
sociali
del
2000»
,
affidatogli
dal
commissario
governativo
del
Piano
in
Francia
.
La
tesi
è
sempre
quella
,
ma
il
bello
sono
gli
argomenti
che
la
adornano
.
Nell
'
ordine
:
la
rivoluzione
è
epocale
.
Si
è
rivelato
caduco
il
contratto
che
nelle
democrazie
europee
s
'
era
instaurato
dopo
il
1945
fra
le
parti
sociali
e
lo
Stato
:
era
basato
sulla
«
compassione
»
della
collettività
(
sic
)
,
radicata
nel
mito
dell
'
uguaglianza
,
sceso
direttamente
dalla
Rivoluzione
francese
.
Con
perniciosi
effetti
.
Ha
immobilizzato
la
società
,
ha
frenato
le
forze
produttive
più
audaci
con
lacci
e
lacciuoli
.
Oggi
occorre
un
altro
contratto
sociale
,
fondato
non
più
sull
'
uguaglianza
,
che
si
misurava
sul
diritto
di
ciascuno
,
ma
sull
'
equità
,
cioè
sulla
capacità
di
adeguarsi
al
modello
dell
'
attuale
economia
di
mercato
.
La
quale
è
l
'
unica
,
non
c
'
è
alternativa
.
Meglio
che
l
'
Europa
si
renda
attraente
subito
per
i
capitali
stranieri
.
Come
?
Continuando
con
la
disinflazione
e
accelerando
la
moneta
unica
europea
,
anticipata
dal
1999
al
1997
.
Magari
si
comincia
da
Germania
e
Francia
.
Abbassando
il
costo
del
lavoro
direttamente
e
tagliando
gli
oneri
sociali
,
ma
sul
serio
,
e
quindi
riducendo
le
prestazioni
sociali
,
ma
sul
serio
.
In
attesa
di
abolirlo
,
il
salario
minimo
garantito
va
ridotto
:
funziona
contro
i
disoccupati
.
Eccetera
.
Con
Alain
Minc
,
firmano
il
rapporto
anche
Alain
Touraine
,
Edgar
Morin
,
Pierre
Rosanvallon
.
La
sinistra
pensante
.
Un
'
idea
geniale
da
Reims
,
quella
del
viaggio
di
Rossini
.
Il
23
ottobre
scorso
la
società
di
promozione
Athletics
e
una
ventina
di
imprese
nazionali
hanno
indetto
la
corsa
del
disoccupato
.
Quota
di
partecipazione
:
lire
15000
,
scarpe
e
maglietta
a
carico
del
partecipante
.
Fornito
dai
promotori
l
'
originale
cartello
da
appendere
sulla
schiena
con
su
scritto
il
curriculum
vitae
.
Tre
percorsi
:
minimo
io
chilometri
,
meglio
i
21
,
consigliata
la
maratona
dei
42
.
Si
tratta
infatti
di
mettere
in
luce
i
disoccupati
dotati
di
maggior
tenacia
e
spirito
di
sacrificio
,
qualità
più
apprezzate
dalle
imprese
.
Uno
scherzo
?
Una
provocazione
di
qualche
Centro
sociale
?
No
,
la
corsa
è
stata
patrocinata
dal
Comune
di
Reims
e
dall
'
Anpe
(
Associazione
nazionale
per
l
'
occupazione
)
,
che
ha
offerto
ai
concorrenti
una
consulenza
per
la
formulazione
ottimale
del
loro
profilo
professionale
.
Paure ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non
è
la
prima
volta
che
gli
italiani
si
precipitano
compatti
a
destra
,
osserva
su
«
La
Stampa
»
Norberto
Bobbio
,
ricordando
che
anche
nel
1948
la
grande
paura
della
sinistra
portò
a
quel
voto
democristiano
che
ci
avrebbe
condizionato
per
mezzo
secolo
.
Anche
altri
hanno
scritto
di
questa
paura
della
sinistra
che
continuerebbe
a
far
tremare
le
masse
.
Nel
1994
paura
dei
progressisti
,
cavallo
di
Troia
dei
comunisti
?
Stento
a
crederlo
.
Nel
1948
l
'
Urss
era
uscita
dalla
guerra
come
grande
potenza
,
che
,
dopo
aver
fermato
i
tedeschi
all
'
Est
e
ripreso
Berlino
,
aveva
il
controllo
su
Polonia
,
Cecoslovacchia
,
Ungheria
,
Romania
,
Bulgaria
,
per
un
poco
la
Iugoslavia
e
i
paesi
baltici
.
La
minaccia
sovietica
era
assai
minore
di
quel
che
si
dice
,
per
le
disastrose
condizioni
nelle
quali
l
'
invasione
tedesca
aveva
lasciato
l
'
Est
e
perché
Yalta
aveva
fermamente
determinato
le
aree
di
influenza
a
favore
della
intatta
potenza
militare
ed
economica
americana
;
ma
si
poteva
temere
,
almeno
in
Italia
e
in
Francia
,
una
egemonia
dei
partiti
comunisti
.
Erano
diventati
forti
nei
fronti
popolari
,
avevano
praticamente
diretto
la
resistenza
,
il
fascismo
faceva
orrore
,
una
ventata
di
sinistra
spolverava
gli
scaffali
della
vecchia
Europa
.
Ma
nel
1994
?
L
'
Unione
Sovietica
non
esiste
più
.
Le
grandi
potenze
che
si
affacciano
nel
mondo
,
Germania
e
Giappone
,
sono
per
i
borghesi
del
tutto
rassicuranti
.
Minacce
di
armate
rosse
non
se
ne
vedono
.
Va
da
sé
che
il
comunismo
è
morto
,
e
in
ogni
caso
l
'
Italia
sembra
tutto
fuorché
sull
'
orlo
d
'
una
rivoluzione
operaia
.
Nessuno
mi
persuaderà
che
chi
ha
votato
Berlusconi
,
Fini
e
Bossi
lo
abbia
fatto
per
timore
della
dittatura
del
proletariato
.
Per
timore
di
espropri
,
nazionalizzazioni
,
comandi
operai
in
azienda
.
Quel
voto
massiccio
del
triangolo
industriale
non
è
un
voto
«
contro
»
la
sinistra
,
è
un
voto
«
per
»
la
destra
.
Nella
sinistra
non
credono
più
perché
pensano
che
ormai
padroni
,
capitale
,
Europa
dei
tedeschi
che
l
'
hanno
fatta
,
la
società
è
diretta
dai
più
ricchi
e
più
forti
,
la
competitività
è
selvaggia
attorno
a
una
torta
non
sufficientemente
vasta
e
da
dividere
fra
tutti
.
Il
Nord
non
ha
votato
per
la
democrazia
e
l
'
Occidente
,
ha
votato
per
sé
.
Ha
detto
addio
al
«
vecchio
sistema
politico
»
perché
«
assistenziale
»
e
ha
affondato
Martinazzoli
e
Rosy
Bindi
perché
ancora
proponevano
una
relativa
suddivisione
dei
carichi
.
Chi
ha
,
non
intende
più
assistere
nessuno
.
Se
ci
dev
'
essere
una
sola
Italia
,
sia
quella
di
Fini
,
dove
i
poveri
stanno
al
loro
posto
,
i
giovani
non
sono
fannulloni
,
le
donne
stanno
a
casa
a
fungere
da
stato
sociale
.
Oppure
sia
l
'
Italia
di
Berlusconi
,
dove
tutto
funziona
come
in
una
squadra
di
calcio
o
un
'
azienda
,
non
occorrono
le
SS
,
basta
un
capo
del
personale
;
riconosciamo
che
c
'
è
una
differenza
.
Hanno
tenuto
le
regioni
rosse
perché
le
amministrazioni
di
sinistra
avevano
garantito
un
modello
produttivo
di
piccole
e
medie
aziende
.
E
il
Sud
-
tolta
Roma
e
la
Sicilia
,
le
più
vendicative
e
malate
-
si
è
arroccato
come
poteva
.
Questo
mi
pare
il
senso
del
voto
.
Paura
per
sé
in
un
sistema
che
ha
un
solo
modello
e
molto
rigido
.
Non
è
la
classica
reazione
piccolo
borghese
.
Per
questa
sarebbe
bastata
come
sempre
la
Democrazia
cristiana
.
Uno
guarda
sui
grafici
la
suddivisione
della
nuova
camera
e
vede
la
società
dei
due
terzi
di
Glotz
.
E
sui
giornali
già
si
profila
un
qualche
allineamento
sui
vincenti
,
che
per
qualche
giorno
paiono
incredibili
alla
stampa
estera
.
E
chi
sarà
mai
,
questo
Berlusconi
?
Non
è
neanche
fascista
come
Fini
,
né
maleducato
come
Bossi
.
Se
non
piace
agli
intellettuali
,
vuol
dire
che
ha
i
piedi
per
terra
,
saprà
far
andare
le
cose
,
non
spaccherà
l
'
Italia
e
la
farà
rigare
dritta
dalle
Alpi
a
Lampedusa
.
Chi
accetta
le
regole
del
gioco
entra
nel
gioco
,
non
senza
trarre
saporose
vendette
su
chi
non
ci
sta
.
C
'
è
però
un
tratto
comune
con
il
1948;
sta
nella
paura
dell
'
assumersi
responsabilità
totali
su
di
sé
,
marciare
sulle
proprie
gambe
in
una
società
terrestre
di
cittadini
in
linea
di
principio
uguali
.
Nel
1948
l
'
Italia
non
si
dava
,
per
difendersi
dai
comunisti
,
un
normale
governo
democratico
,
correva
sotto
il
mantello
della
Chiesa
,
pregando
la
Madonna
e
facendosi
consigliare
dai
parroci
.
Quella
del
1994
per
difendersi
dall
'
esclusione
è
corsa
sotto
il
mantello
dell
'
Imprenditore
,
facendosi
consigliare
dalla
televisione
.
Non
inganniamoci
:
Rai
e
Fininvest
sono
state
identiche
nell
'
irridere
alle
«
utopie
»
che
dividono
sfera
politica
e
sfera
economica
,
nel
vantare
il
mercato
non
come
regolatore
dello
scambio
ma
come
regolatore
dei
valori
,
principio
dell
'
etica
pubblica
.
Un
intelligente
amico
di
Milano
,
Italia
chiedeva
qualche
mese
fa
a
un
invitato
:
ma
lei
crede
ancora
che
ci
siano
diritti
a
prescindere
dal
mercato
?
Lo
domandava
sul
serio
,
lui
non
ci
credeva
più
,
e
l
'
altro
si
difendeva
in
modo
un
po
'
cattolico
.
Questa
totalizzazione
dell
'
economico
è
manifestamente
la
fine
d
'
una
divisione
dei
poteri
fra
politico
ed
economico
,
ma
con
questo
è
anche
la
fine
di
un
possibile
primato
della
persona
.
L
'
individualismo
del
mercato
è
quello
dell
'
imprenditore
e
solo
il
suo
.
Chi
non
ha
capitale
è
macchina
o
merce
o
consumatore
,
non
è
metro
sul
quale
si
misura
il
modo
di
produrre
e
organizzare
la
propria
esistenza
.
E
qui
s
'
è
verificato
l
'
incontro
fra
destra
e
postmoderno
,
nella
riduzione
dell
'
io
debole
a
privatezze
che
lo
rendono
solipsista
,
se
ha
un
certo
reddito
,
e
obbediente
,
se
non
lo
ha
.
Si
tratta
d
'
una
appena
travestita
regressione
a
prima
della
Rivoluzione
francese
.
Non
è
un
'
operazione
semplice
e
scompagina
le
culture
.
Se
il
1994
segna
una
data
storica
,
è
nel
senso
che
il
carisma
della
Chiesa
ha
ceduto
a
quello
di
Berlusconi
.
La
Chiesa
era
tornata
sulla
scena
politica
dopo
una
lunga
assenza
per
invocare
l
'
unità
dei
cattolici
contro
il
capitalismo
selvaggio
e
in
favore
di
quello
temperato
dalla
solidarietà
e
dai
valori
che
vorrebbe
Martinazzoli
.
Ma
non
ha
funzionato
,
perché
nessun
valore
ha
mai
temperato
le
scelte
del
capitale
;
le
ha
moderate
talvolta
lo
Stato
moderno
,
e
con
la
stessa
mano
sorrette
,
diminuendo
gli
attriti
che
il
suo
selvaggio
procedere
provocava
.
Forse
che
le
politiche
sul
mezzogiorno
non
hanno
fornito
un
esercito
di
riserva
al
Nord
,
e
la
spesa
pubblica
non
ha
permesso
i
bassi
salari
?
Per
favore
.
La
Chiesa
sarà
per
il
primato
dell
'
uomo
,
ma
non
per
quello
del
cittadino
.
Tutta
la
sua
storia
dopo
i
Padri
è
una
trattativa
con
i
poteri
per
spartirsi
il
terreno
,
a
loro
gli
eserciti
e
la
proprietà
,
alla
sede
di
Pietro
la
gerarchia
dei
valori
.
Ma
nei
momenti
di
impetuosa
crescita
del
capitale
,
essa
perde
sempre
.
Le
strade
del
Signore
sono
infinite
ma
quelle
del
capitale
sembrano
più
sbrigative
.
Così
l
'
Italia
si
è
scristianizzata
.
Non
era
vero
che
la
parola
partito
destasse
ormai
in
tutti
una
vivace
repulsione
.
Lo
credevamo
a
torto
.
Berlusconi
ha
parlato
con
orgoglio
del
suo
partito
,
spuntato
come
un
fungo
:
la
sua
rapidità
di
crescita
,
ha
detto
commentando
il
voto
,
dimostra
come
l
'
Italia
fervesse
del
bisogno
di
raggrupparsi
,
fare
finalmente
riunioni
e
dedicarsi
al
volantinaggio
.
Le
mancava
soltanto
la
sigla
giusta
.
Anche
quello
di
Fini
è
un
partito
,
e
muscoloso
.
E
un
partito
è
la
Lega
,
con
attivisti
,
congressi
,
funzionari
e
tutto
.
Dunque
la
forma
partito
va
ancora
.
Va
per
quello
che
avevamo
stigmatizzato
come
il
suo
maggior
vizio
,
la
centralizzazione
,
il
potere
del
capo
.
Dunque
quel
che
si
voleva
non
era
tanto
distruggere
i
partiti
,
ma
adeguarli
ai
soggetti
postindustrialmente
ruggenti
.
Anche
il
precetto
dell
'
onestà
si
è
rivelato
relativo
,
Berlusconi
s
'
è
arricchito
alle
spalle
dei
cittadini
con
il
Caf
?
Che
altro
poteva
fare
.
C
'
è
qualche
piccolo
sospetto
su
legami
mafiosi
?
Bisogna
essere
garantisti
.
Tutto
è
relativo
.
E
quanto
al
leader
referendario
,
l
'
identificazione
diretta
,
personale
,
ravvicinata
fra
cittadino
e
potere
,
sarà
per
un
'
altra
volta
.
StampaQuotidiana ,
Neanche
dopo
una
travolgente
ondata
elettorale
abbiamo
una
destra
che
riesce
a
essere
presentabile
,
o
almeno
capace
di
sembrarlo
come
nel
resto
d
'
Europa
.
Ne
abbiamo
tre
lacerti
impossibilitati
al
compromesso
e
trascinati
in
una
zuffa
per
il
primato
alla
fine
della
quale
almeno
uno
resterà
cadavere
sul
terreno
.
Gli
opinionisti
dell
'
ex
centro
vorrebbero
che
fosse
Bossi
,
quelli
dell
'
ex
sinistra
preferirebbero
Berlusconi
.
La
testa
di
Fini
non
la
chiede
nessuno
,
perché
per
ora
si
tiene
defilato
alle
spalle
del
cavaliere
.
Non
sorprende
che
in
Italia
non
sia
agevole
per
la
destra
darsi
espressione
politica
coerente
.
Fino
a
ieri
l
'
altro
è
stata
fascista
,
poi
democratico
-
cristiana
e
poi
democristian
-
socialista
,
e
tutte
e
tre
sono
finite
indecentemente
.
Né
va
da
sé
un
riproporsi
sotto
forme
fasciste
nell
'
Europa
del
1994
:
per
questo
,
si
suppone
,
Vittorio
Foa
o
Norberto
Bobbio
ritenevano
finita
la
funzione
dell
'
antifascismo
e
Lucio
Colletti
garantiva
l
'
innocuità
di
Fini
.
Con
qualche
imprudenza
,
perché
un
grosso
voto
fascista
apre
la
strada
a
uno
Stato
manganellatore
,
e
non
è
detto
che
se
la
crisi
sociale
si
acutizza
esso
non
torni
utile
:
dopo
una
prima
perplessità
,
«
Le
Figaro
»
invidia
all
'
Italia
un
governo
che
saprebbe
rispondere
meglio
di
Balladur
ai
disoccupati
e
ai
giovani
in
piazza
.
Né
è
facile
tornare
democristiani
malgrado
le
preghiere
dei
vescovi
.
Nelle
pentole
scoperchiate
da
Mani
pulite
è
esplosa
l
'
unità
politica
dei
cattolici
,
metà
dei
quali
si
sono
consegnati
al
signore
degli
spot
,
subito
seguiti
da
metà
della
Chiesa
.
Un
partito
cattolico
doveva
essere
interclassista
e
per
l
'
interclassismo
spazio
non
ce
n
'
è
più
.
La
domanda
più
interessante
è
perché
da
noi
non
si
sia
mai
formata
una
destra
moderna
e
liberale
.
Einaudi
fu
presidente
più
per
stima
che
per
convinzione
,
Malagodi
restò
poca
cosa
,
inutilmente
Pannunzio
,
Scalfari
e
Ad
hanno
coltivato
i
fragili
La
Malfa
o
Segni
,
o
qualche
altro
si
è
illuso
su
boccioli
presto
degenerati
,
tipo
Martelli
o
i
radicali
.
È
dall
'
epoca
di
Beccaria
che
una
borghesia
puritana
e
industriosa
,
una
cultura
conservatrice
e
liberale
non
abitano
qui
.
Qui
abita
in
Bossi
,
sola
novità
,
l
'
eredità
della
incompiutezza
capitalistica
del
paese
.
Essa
riflette
anche
nei
nostri
confini
la
nuova
divisione
del
mondo
,
non
più
fra
capitalismo
e
socialismo
,
fra
Stato
e
Stato
nazionale
,
ma
fra
zone
forti
e
zone
deboli
.
Perciò
Bossi
è
altro
da
Fini
e
Berlusconi
,
e
venderà
cara
la
sua
pelle
.
Quanto
a
Berlusconi
,
è
la
sinistra
sconfitta
a
vedere
in
lui
un
capitale
nazionale
a
statura
europea
,
piuttosto
che
le
banche
continentali
che
ne
conoscono
i
conti
.
E
Fini
,
sarà
tanto
se
al
parlamento
europeo
qualcuno
non
chiederà
di
metterci
fuori
dalla
Comunità
,
se
lo
portiamo
al
governo
.
Già
Ciampi
ha
avvertito
che
gli
dorrebbe
di
essere
stato
Facta
.
Mentre
la
destra
insegue
se
stessa
,
gli
intellettuali
di
sinistra
inseguono
i
sogni
.
Pensare
che
erano
stati
severamente
ammoniti
di
tornare
a
terra
,
smetterla
con
il
messianismo
,
le
utopie
,
le
chimere
del
socialismo
e
,
Dio
non
voglia
,
comunismo
.
Massimo
Cacciari
confida
a
«
Repubblica
»
che
se
i
progressisti
non
ce
l
'
hanno
fatta
è
solo
per
via
dell
'
immagine
:
alla
faccia
nuova
e
seducente
di
Berlusconi
non
hanno
opposto
che
quella
nota
e
poco
amena
di
Occhetto
.
Ma
quel
che
in
Cacciari
suona
ancora
come
un
certo
disprezzo
per
le
élections
piège
à
cons
,
in
molti
nostri
amici
diventa
filosofia
e
la
confidano
al
«
Cerchio
quadrato
»
.
Il
«
polo
della
libertà
»
ha
vinto
,
scrivono
domenica
scorsa
,
non
perché
prometteva
occupazione
e
meno
tasse
,
ma
perché
,
come
Ariel
nella
Tempesta
,
liberava
la
fantasia
,
dava
voce
alle
pulsioni
del
profondo
,
esprimeva
spinte
esistenziali
.
La
mancanza
della
sinistra
non
è
stata
di
idee
,
per
non
dire
di
progetto
(
tediosissima
parola
)
ma
di
miti
e
di
sogni
.
Soprattutto
di
sogni
,
perché
il
mito
ha
un
suo
qualche
spessore
e
durata
,
talvolta
ha
a
che
fare
con
il
logos
,
il
razionalismo
,
l
'
illuminismo
,
l
'
assolutismo
laico
che
ci
hanno
malefiziato
finora
.
I
bisogni
,
come
dice
la
parola
stessa
,
sono
in
gran
parte
fatti
di
sogni
.
I
progressisti
non
l
'
hanno
capito
e
ci
hanno
inondato
-
basti
pensare
alle
loro
prestazioni
televisive
-
di
concretezza
e
materialità
,
antico
vizio
da
modernità
perdente
.
Non
che
le
cosiddette
questioni
sociali
siano
irrilevanti
,
ma
quel
che
conta
sono
le
vie
esistenziali
del
malessere
,
che
dipendono
dall
'
immaginario
.
La
tv
ammonisce
il
nostro
bieco
economicismo
che
non
è
l
'
essere
a
determinare
la
coscienza
ma
viceversa
.
All
'
anima
.
Non
l
'
avevano
capito
neanche
i
francofortesi
,
e
Dio
sa
quanto
diffidassero
dalle
trappole
.
Ma
sono
poi
trappole
?
Le
mie
amiche
della
differenza
lo
chiamano
ordine
simbolico
,
insistono
che
è
decisivo
,
ma
talvolta
scordano
che
gli
ordini
simbolici
non
si
inventano
,
non
si
autolegittimano
,
non
vanno
in
parallelo
agli
ordini
reali
,
ne
sono
una
proiezione
e
tendono
a
eternarli
.
E
quindi
non
si
abbattono
per
dichiarazione
.
Un
ordine
simbolico
diverso
presuppone
o
impone
ordini
sociali
diversi
.
In
questo
senso
è
vero
quel
che
altri
scrive
:
che
non
è
più
tempo
di
disvelamenti
.
Tutto
è
disvelato
nella
sua
serializzazione
e
mercificazione
,
ma
ambedue
sono
accettate
.
Finiamola
di
credere
che
la
gente
non
sa
quel
che
vota
.
Ha
votato
Berlusconi
non
perché
appariva
favoloso
,
ma
esattamente
quel
che
è
,
un
padrone
lombardo
furbo
che
ce
l
'
ha
fatta
con
il
Caf
e
dopo
.
Da
soli
gli
italiani
non
pensano
più
di
farcela
,
se
mai
l
'
hanno
pensato
.
Questa
è
la
miseria
,
e
miserabilismo
è
lo
starci
.
Fuggendo
nell
'
immaginario
e
affidando
alla
genetica
vocazione
antiautoritaria
del
mercato
di
regolare
le
cose
per
noi
,
spazzando
le
escrescenze
patrimoniali
del
potere
,
che
dovrebbero
mettere
in
contraddizione
il
Berlusconi
profittatore
di
regime
con
il
Berlusconi
liberista
e
garantire
la
società
«
sana
»
.
Sana
come
la
Mosca
di
Eltsin
...
ma
via
,
prendiamo
il
meglio
,
la
Germania
,
il
Giappone
,
il
Sudest
asiatico
,
New
York
,
Messico
.
Che
il
mondo
sia
ammalato
e
si
aggraverà
se
non
cambia
un
sistema
fondato
sulla
competitività
,
si
dice
oggi
correntemente
a
Bruxelles
e
alle
Nazioni
Unite
.
I
progressisti
invece
ne
dubitano
,
e
sono
pronti
a
battersi
il
petto
perché
sugli
spiriti
libertari
del
mercato
sarebbero
stati
messi
lacci
e
lacciuoli
,
e
sui
lavoratori
troppe
provvidenze
.
Basterebbe
che
la
gente
desse
retta
alle
proprie
domande
immateriali
invece
che
a
quelle
di
salario
,
magari
autoledendosi
per
un
po
'
,
e
tutto
si
aggiusterebbe
.
Come
dice
il
Fondo
monetario
internazionale
.
Cari
amici
,
perdiamo
perché
siamo
incantati
dall
'
avversario
.
Di
che
materia
sarebbero
fatti
i
nostri
sogni
se
è
stato
un
abbaglio
credere
di
dovere
e
poter
cambiare
questo
mondo
?
Su
che
cosa
fonderemmo
una
comunità
altra
,
se
già
sono
garantite
da
questa
le
ragioni
della
libertà
?
Se
non
è
questione
di
vita
o
morte
per
sette
degli
otto
miliardi
di
persone
che
fra
un
po
'
siamo
,
e
ormai
per
un
margine
crescente
delle
nostre
periferie
?
Non
si
fa
politica
senza
necessità
.
Non
è
un
optional
.
Se
le
cose
vanno
da
sé
e
in
fondo
non
tanto
male
,
facciamo
a
meno
della
sinistra
o
almeno
non
prendiamola
sul
serio
.
Perché
tanta
enfasi
?
Sembra
sempre
che
cada
il
mondo
e
invece
abbiamo
solo
i
fascisti
di
ritorno
.
Enrico
Ghezzi
ha
fatto
vedere
a
Fuori
Orario
,
la
notte
prima
del
voto
,
Tre
inni
a
Lenin
di
Dziga
Vertov
.
Curiosa
scelta
e
bizzarro
prodotto
.
Girato
negli
anni
venti
,
montato
nel
1934
-
alle
spalle
di
quel
Congresso
dei
vincitori
del
cui
Comitato
centrale
sarebbero
rimasti
vivi
in
una
dozzina
-
e
rimontato
con
musiche
orrende
negli
anni
settanta
.
Le
immagini
bellissime
parlano
di
un
sogno
.
Mio
,
dice
la
gente
,
tutto
mio
.
La
mia
terra
,
la
mia
fabbrica
,
la
mia
elettricità
,
il
mio
libro
,
il
mio
potere
.
Mio
di
lui
,
mio
di
lei
.
Mio
di
tutti
.
Neppure
la
grondante
retorica
delle
scritte
non
so
quando
sovrapposte
offusca
questo
sogno
dei
sogni
,
cui
abbiamo
rinunciato
non
per
troppa
scienza
.
Per
troppa
paura
di
vedere
che
cosa
è
stato
,
dove
e
perché
s
'
è
spezzato
,
gli
giriamo
attorno
,
coltiviamo
risentimenti
e
oblii
.
StampaQuotidiana ,
Che
in
nessun
paese
un
solo
signore
possieda
tre
canali
più
tre
è
certo
.
Che
nessuno
se
li
tenga
quando
diventa
presidente
del
Consiglio
,
è
certo
.
Che
Berlusconi
venne
vide
e
vinse
perché
possiede
tre
più
tre
canali
tv
,
è
meno
certo
.
Se
lo
fosse
,
non
si
capisce
perché
nel
1963
quando
la
Rai
era
tutta
ferreamente
democristiana
la
Dc
perdette
.
E
invece
la
sinistra
,
che
in
due
mesi
di
campagna
elettorale
ebbe
sei
volte
dieci
minuti
di
spazi
spaventosamente
autogestiti
,
più
il
messaggio
finale
fra
gli
altri
,
andò
avanti
.
Come
media
non
aveva
che
«
l
'
Unità
»
e
1'«Avanti
!
»
,
maldestri
fogli
e
foglietti
che
risfogliati
sembrano
ancora
più
distanti
dalla
tv
di
Bernabei
di
quanto
oggi
i
quotidiani
siano
dal
video
.
Eppure
quella
tv
unificò
la
lingua
ma
non
la
testa
degli
italiani
.
Il
fatto
è
che
la
testa
si
formava
anche
su
altro
,
la
mediatizzazione
non
era
la
sola
forma
di
socializzazione
,
o
il
suo
sostitutivo
.
Qualche
milione
di
persone
si
era
fatto
cittadino
nel
reticolo
dei
partiti
e
sindacati
,
e
sì
,
anche
delle
parrocchie
,
era
divenuto
soggetto
nel
confliggere
delle
idee
e
delle
identità
sociali
,
scoperto
e
agito
nel
luogo
di
lavoro
in
città
o
nelle
campagne
in
naufragio
.
Per
poco
che
contasse
quel
cittadino
parlava
,
chiedeva
,
protestava
,
si
univa
ad
altri
,
si
faceva
un
giudizio
.
Aveva
una
idea
di
sé
che
comparava
con
altri
,
che
gli
erano
noti
e
meno
noti
,
dalla
fabbrica
alla
scuola
alla
cascina
al
comizio
alle
prime
lotte
di
strada
.
Esercitava
un
frammento
di
potere
del
quale
aveva
qualche
frammento
di
pratica
.
Accendeva
il
televisore
accanto
o
dopo
una
esperienza
politica
ravvicinata
che
fungeva
da
filtro
.
Sapeva
distinguere
l
'
immagine
dalla
realtà
,
metterle
a
confronto
,
e
divorava
immagini
senza
rischio
di
una
perdita
di
sé
.
La
pervasività
della
tv
non
sta
dunque
nella
diabolicità
del
mezzo
,
sta
nell
'
essersi
fatto
il
cittadino
non
più
che
spettatore
,
atomo
e
quindi
unidimensionale
,
senza
altra
idea
di
sé
che
quella
ricevuta
dal
video
e
i
suoi
annessi
,
e
docilmente
rinviante
al
video
lo
stesso
comando
che
quello
gli
suggerisce
,
per
cui
l
'
uno
riflette
l
'
altro
all
'
infinito
.
Faremmo
meglio
a
chiederci
perché
è
avvenuto
.
Negli
anni
settanta
avrebbero
avuto
un
bel
cantare
,
Berlusconi
e
Fiorello
.
La
tv
non
ci
ha
espropriato
,
ha
riempito
un
vuoto
di
un
altro
esproprio
.
Autoesproprio
.
La
sinistra
parlamentare
non
ha
predicato
che
la
politica
moderna
era
consenso
,
e
quella
extraparlamentare
,
uomini
e
donne
,
che
della
politica
se
ne
aveva
abbastanza
?
Non
hanno
tutti
accettato
che
il
partito
fosse
leggero
o
non
fosse
?
Ma
che
vuol
dire
leggero
se
non
ridotto
a
comitato
elettorale
addestrato
a
fornire
immagini
suggestive
?
Il
partito
leggero
espropria
la
sua
base
della
stessa
possibilità
d
'
una
esperienza
politica
magari
elementare
ma
diretta
.
Compreso
il
come
del
finanziamento
:
non
le
case
del
popolo
e
i
festival
fai
-
da
-
te
dei
pesanti
partiti
operai
e
popolari
furono
costruiti
dalle
tangenti
,
ma
il
leggerissimo
Psi
.
La
famelica
Dc
di
Milano
ai
tempi
di
Mongini
non
aveva
neanche
diecimila
iscritti
.
Quando
Mario
Segni
dichiarò
,
con
la
lungimiranza
che
lo
distingue
,
che
politica
altro
non
doveva
essere
che
fiducia
negata
o
data
ogni
quattro
anni
dal
singolo
al
deputato
della
sua
circoscrizione
,
non
solo
riduceva
l
'
Italia
del
1994
all
'
Inghilterra
del
circolo
Pickwick
,
ma
riduceva
la
formazione
della
coscienza
politica
a
cosa
tanto
fragile
,
che
basta
un
soffio
a
volgerla
da
una
parte
all
'
altra
,
ed
egli
per
primo
ne
ha
pagato
il
prezzo
.
Quando
nel
plauso
generale
Orlando
ha
distrutto
i
consigli
comunali
,
ha
deprivato
il
paese
e
anche
la
sua
causa
di
decine
di
migliaia
di
persone
che
avevano
un
'
idea
di
che
significa
amministrare
una
società
complessa
.
In
pochi
anni
tutto
il
tessuto
politico
-
sindacale
-
sociale
è
stato
concordemente
demolito
,
da
destra
e
da
sinistra
.
È
a
quel
punto
che
gli
italiani
sono
diventati
carta
assorbente
.
Può
esserci
una
televisione
di
sinistra
?
I
francofortesi
e
per
ultimo
Enzensberger
dicono
di
no
:
la
tv
,
come
tutte
le
immagini
in
movimento
,
induce
suggestioni
più
che
pensieri
,
imponendo
tempi
e
scansioni
alla
ricezione
,
mentre
il
lettore
si
dà
tempi
e
scansioni
suoi
.
Una
distanza
che
gli
permette
di
accogliere
o
rifiutare
.
Lo
sanno
Placido
e
Guglielmi
,
grandi
lettori
e
sostenitori
del
libro
colto
per
chi
si
presume
dotato
di
intelletto
,
e
dello
schermo
incolto
per
il
telespettatore
,
che
si
presume
mediamente
debole
.
Chi
amministra
le
immagini
gioca
su
questo
,
sia
nel
messaggio
esplicito
sia
in
quello
subliminale
-
del
quale
molto
si
parlava
quando
ci
si
sarebbe
vergognati
di
Funari
.
Ma
questa
tv
non
libera
l
'
immaginario
,
gli
suggerisce
degli
stereotipi
costruiti
sulla
media
di
desideri
semplificati
(
denaro
,
successo
,
sesso
)
e
trasgressioni
consentite
.
È
questa
la
tecnica
dei
serials
,
che
diventa
obbligata
anche
per
chi
li
fabbrica
,
come
spiega
Altman
.
E
tuttavia
,
come
dimostra
Altman
,
non
c
'
è
mezzo
che
non
possa
suggerire
una
presa
di
distanza
dalle
sue
proprie
trappole
.
Che
non
lo
voglia
fare
non
implica
che
non
lo
possa
fare
.
C
'
è
chi
lo
ha
fatto
,
Blob
.
Non
quando
ha
opposto
alle
immagini
del
giorno
immagini
estranee
,
portando
per
mano
il
telespettatore
a
dire
:
ma
guarda
un
po
'
che
roba
,
sembra
un
politico
è
invece
un
sedere
di
donna
(
a
destra
o
al
centro
o
a
sinistra
usano
il
sesso
femminile
come
negazione
e
sprezzo
,
stile
caserma
)
.
Ma
quando
fa
parlare
immagine
contro
immagine
,
dallo
stesso
giorno
e
tempo
e
mondo
,
facendole
dubitare
di
sé
,
cioè
nel
modo
più
antipubblicitario
possibile
.
E
usando
dei
moduli
del
mezzo
,
ripetitività
,
ossessioni
.
Sono
Blob
e
qualche
volta
il
palinsesto
dell
'
imprendibile
Fuori
orario
che
a
volte
ci
accomiatano
con
una
riflessione
invece
che
con
una
suggestione
.
Questo
sarebbe
al
fondo
della
discussione
su
una
tv
o
radio
«
di
sinistra
»
.
Ahimé
,
siamo
però
molto
al
di
qua
del
fondo
.
Forse
che
negli
anni
novanta
è
stato
diverso
il
messaggio
esplicito
della
Rai
e
delle
private
?
La
Rai
,
con
la
coda
di
paglia
della
lottizzazione
,
ha
forse
osato
dire
che
«
pubblico
»
non
equivale
necessariamente
a
«
statale
»
,
stato
non
equivale
a
somma
fra
partiti
,
partito
non
equivale
ad
apparato
?
Non
ha
osato
.
Ha
umilmente
portato
acqua
al
mulino
del
privato
,
del
governo
antiparlamentare
,
delle
corporazioni
.
Curzi
e
Santoro
,
come
Scalfari
,
hanno
pensato
che
liquidando
il
pubblico
e
i
partiti
,
la
crisi
del
Caf
avrebbe
colpito
solo
il
Caf
e
la
valanga
si
sarebbe
gentilmente
fermata
ai
piedi
prima
di
La
Malfa
,
poi
di
Segni
.
E
invece
non
s
'
è
fermata
affatto
.
Anche
i
loro
argomenti
avevano
aiutato
il
parto
del
figlio
naturale
del
Caf
,
Berlusconí
,
che
ora
li
affligge
,
nonché
la
banalizzazione
di
Fini
.
Eppure
l
'
andamento
dell
'
opinione
durante
questo
genere
di
crisi
è
scritto
da
Weimar
in
poi
in
lettere
minacciose
sui
muri
del
secolo
,
e
qualche
riflessione
sul
come
portare
in
altre
acque
la
crisi
d
'
un
detestato
sistema
si
sarebbe
potuta
fare
.
Ma
non
l
'
hanno
fatta
.
Hanno
gridato
«
in
galera
,
in
galera
»
come
un
tempo
faceva
Bracardi
,
mentre
Corrado
Augias
,
che
oggi
si
duole
del
supermercato
Fininvest
,
se
doveva
presentare
a
Babele
un
libro
se
ne
scusava
,
indorando
la
pillola
con
amenità
distraenti
.
Anche
Elvira
Sellerio
ci
fa
sapere
che
la
sola
idea
di
far
«
cultura
»
in
Rai
le
fa
venir
mal
di
testa
.
Non
è
che
la
sinistra
non
abbia
detto
.
Ha
detto
,
ha
detto
.
Ha
deciso
che
la
gente
è
troppo
debole
per
tollerare
una
critica
-
critica
,
e
che
al
nazional
-
popolare
si
poteva
sostituire
dell
'
altro
che
non
fossero
pappette
sessual
-
popolari
-
antipolitiche
-
antipartitiche
-
anticomuniste
.
Se
questa
non
è
stata
egemonia
della
destra
,
mi
sparo
.
Tutti
costoro
si
difendono
dicendo
che
la
tv
non
fa
che
riflettere
l
'
odierna
realtà
.
Ma
andiamo
.
E
come
potrebbe
?
La
tv
,
come
un
giornale
,
ne
sceglie
pochi
sprazzi
e
li
illumina
,
sprofondando
il
resto
nel
buio
.
È
un
teatro
.
Perché
vergognarsene
?
Si
risponda
del
testo
e
della
messinscena
.
Scrivo
queste
note
appena
finito
il
«
Tg
1
»
delle
13.30
di
martedì
.
Dell
'
universo
ha
fatto
22
notizie
.
Otto
delitti
,
ma
tredici
scenari
di
morte
,
due
guerre
e
una
necrologia
inclusi
(
sarebbe
interessante
chiedersi
perché
riflettiamo
l
'
universo
come
morte
)
.
Poi
un
governo
.
Un
fatto
privato
.
Tre
notizie
economiche
.
Tre
di
teatro
.
All
'
ottavo
posto
il
primo
risultato
elettorale
del
Sudafrica
:
vittoria
di
Nelson
Mandela
,
testuale
:
«
I
neri
ballano
»
.
Una
sola
volta
la
realtà
ha
dominato
.
Sulla
fine
di
Ayrton
Senna
la
tv
non
ha
fatto
in
tempo
a
decidere
il
registro
,
e
ha
mandato
in
onda
quel
bel
volto
sorridente
,
la
macchina
sfasciata
.
Senna
santo
,
Senna
libertino
,
l
'
accusa
alla
pista
e
agli
interessi
,
la
difesa
della
pista
e
degli
interessi
,
che
i
piloti
vivano
,
che
i
piloti
muoiano
se
no
che
spettacolo
è
?
E
gli
stessi
che
piangevano
«
è
finita
la
speranza
di
riscatto
del
Brasile
»
,
e
avevano
pagato
perché
ogni
volta
che
correva
poteva
morire
.
Niente
tornava
,
tutto
si
contraddiceva
,
era
un
gigantesco
Blob
.
Molto
utile
.
StampaQuotidiana ,
In
Francia
e
in
Germania
e
in
Spagna
non
si
raccapezzano
che
in
Italia
i
fascisti
siano
al
governo
.
Se
Balladur
avesse
un
uomo
di
Le
Pen
come
vice
primoministro
,
se
Kohl
avesse
chiamato
qualcuno
designato
dai
Republikaner
,
se
in
Spagna
Aznar
si
porterà
dietro
qualcosa
di
più
di
Manuel
Fraga
,
strilleremmo
come
aquile
.
È
per
l
'
Italia
che
gli
italiani
hanno
un
occhio
di
riguardo
,
si
offendono
,
si
perdonano
.
Sono
davvero
fascisti
quei
ministri
,
o
piuttosto
ex
fascisti
o
postfascisti
?
Davvero
Fini
si
prepara
a
liquidare
Berlusconi
e
far
scrivere
a
D
'
Onofrio
le
leggi
speciali
,
sciogliere
il
parlamento
,
internare
i
progressisti
,
buttare
in
acqua
gli
immigrati
,
preparare
le
liste
degli
ebrei
,
prenderne
i
beni
e
sterminarli
-
come
fecero
i
padri
,
Almirante
incluso
?
È
più
verosimile
che
punti
al
progetto
inseguito
fin
dagli
anni
cinquanta
,
dar
vita
a
un
partito
nazionalista
e
conservatore
che
giusto
mancava
in
Italia
a
destra
della
Democrazia
cristiana
.
È
la
tesi
di
Lucio
Colletti
.
Sennonché
gli
eventi
sono
precipitati
e
il
famoso
vuoto
è
stato
riempito
,
al
Nord
,
dalla
Lega
e
,
dalle
Alpi
alla
Sicilia
,
da
Berlusconi
;
l
'
urgenza
di
una
«
vera
»
destra
è
stata
esaudita
.
Al
Msi
-
An
toccherà
quindi
spiegare
che
razza
di
destra
è
.
Perché
c
'
è
di
tutto
.
Prendiamo
per
buono
quel
che
di
sé
dice
Fini
,
innocente
per
età
.
Ma
Rauti
?
Ma
la
galassia
di
sigle
e
siglette
,
avanguardie
nazionali
e
ordini
nuovi
più
o
meno
defunti
e
terze
posizioni
,
e
di
riviste
e
rivistine
fra
celtiche
e
mediterranee
,
ispirate
da
Julius
Evola
venendo
in
giù
fino
a
Marco
Tarchi
,
e
i
congressi
e
i
raduni
con
gente
di
Le
Pen
,
tipo
Pierre
Vial
,
i
ragazzi
di
Schoenhuber
,
i
nipotini
di
Nolte
,
gli
Alain
de
Bénoist
e
gli
Irving
?
Costoro
non
si
sentono
affatto
post
,
hanno
dietro
di
sé
non
nostalgie
ma
,
ahimè
,
idee
:
la
destra
«
rivoluzionaria
»
non
ne
è
sprovvista
affatto
.
Sarebbe
comodo
che
un
'
idea
tremenda
non
fosse
un
'
idea
.
La
tradizione
aristocratica
,
signorile
,
gestuale
,
eroicista
,
valoriale
contro
la
serialità
del
moderno
,
razzista
classica
o
differenzialista
(
quanto
soffrono
i
neri
a
Birmingham
)
dilaga
per
rivoli
nell
'
indifferentismo
debole
dell
'
oggi
.
È
interessante
vedere
che
farà
Fini
di
costoro
.
E
del
suo
partito
,
che
di
idee
ne
ha
poche
ma
tiene
aperte
le
sezioni
,
è
presente
sul
territorio
,
mena
le
mani
e
alimenta
la
fiamma
?
La
rete
militante
del
Msi
non
è
fredda
come
il
suo
segretario
,
è
attiva
e
vendicativa
,
Mussolini
è
il
suo
martire
e
i
suoi
militanti
stanno
ridendo
del
giuramento
che
prestano
i
loro
ministri
.
È
stata
legittimata
prima
da
Berlusconi
e
poi
dagli
elettori
del
«
polo
»
per
quel
che
è
,
non
per
quel
che
non
sarebbe
più
;
lo
zoccoletto
duro
che
per
anni
raramente
ha
superato
il
6
per
cento
e
raramente
è
sceso
sotto
il
3
,
si
è
triplicato
in
tre
mesi
.
Non
è
detto
che
Fini
voglia
e
possa
liberarsene
.
Per
non
parlare
delle
logge
e
del
Sisde
.
La
vera
domanda
è
se
dilagherà
o
no
.
Salvo
i
pestaggi
e
le
oscurità
delle
trame
negli
anni
settanta
,
l
'
Italia
ha
convissuto
con
quella
frangia
,
e
ha
persino
considerato
che
non
andava
soggetta
senza
eccezione
alla
legge
che
proibisce
la
ricostituzione
del
partito
fascista
e
punisce
l
'
apologia
del
fascismo
;
meglio
era
non
creare
dei
martiri
né
sprofondare
certi
umori
nella
clandestinità
.
Si
vedevano
,
quello
erano
,
quello
sarebbero
restati
.
Ragionamento
non
sciocco
,
finché
la
vaccinazione
antifascista
ha
mantenuto
immune
il
resto
del
paese
.
Ma
è
immune
ancora
?
Non
mi
conforta
la
tesi
che
nulla
sarebbe
cambiato
perché
oggi
hanno
votato
Msi
coloro
che
prima
votavano
Dc
.
Intanto
,
c
'
è
un
buon
mucchietto
di
giovani
che
votano
per
la
prima
volta
dopo
il
referendum
e
che
nel
giro
di
un
anno
sono
passati
dal
fervore
per
Mario
Segni
a
una
delle
tre
destre
,
scegliendo
quella
di
radice
fascista
.
E
poi
non
è
indifferente
che
non
andasse
da
sé
,
fino
a
un
anno
fa
,
votare
Msi
o
dare
del
tu
al
suo
segretario
in
tv
.
Era
un
bene
che
una
pregiudiziale
antifascista
fosse
nel
senso
comune
.
Ora
è
caduta
.
Perché
?
Non
basta
dire
che
la
corruzione
rivelata
da
Mani
pulite
ha
dato
spazio
a
un
partito
che
al
potere
non
era
mai
stato
e
dunque
non
era
corrotto
.
Non
solo
a
Roma
il
Msi
ha
fatto
esperienza
di
governo
.
Il
successo
di
Berlusconi
dimostra
quanto
fosse
ambiguo
un
certo
moralismo
considerato
popolare
:
tutti
sapevano
che
Berlusconi
è
nato
e
cresciuto
sui
favori
,
in
altri
paesi
impensabili
,
del
Caf
e
specie
dell
'
abominato
Craxi
,
ma
egli
non
ne
ha
pagato
alcun
prezzo
;
anzi
ha
fatto
strage
dei
voti
degli
integerrimi
lumbard
,
e
si
capisce
che
Bossi
soffochi
di
collera
.
La
spinta
non
è
stata
a
un
ingenuo
rinnovamento
,
è
stata
a
destra
.
E
a
destra
non
ha
trovato
più
dighe
.
Il
fascismo
era
tornato
frequentabile
.
Perché
poi
che
cos
'
era
mai
stato
?
I
fascisti
erano
un
po
'
bestie
,
ma
vuoi
mettere
con
i
nazisti
.
Quando
i
tedeschi
fanno
una
cosa
la
fanno
sul
serio
,
noi
a
metà
.
Prendiamo
l
'
antisemitismo
:
Renzo
De
Felice
ci
ha
spiegato
che
fino
al
1938
non
c
'
era
,
che
allora
Mussolini
è
stato
tirato
per
i
capelli
a
emanare
le
leggi
razziali
,
per
altro
«
blande
»
,
e
che
se
dal
1943
al
1945
ci
sono
stati
persecuzione
,
arresti
,
deportazioni
,
si
deve
all
'
occupazione
tedesca
.
Uno
sguardo
doppio
si
posa
da
sempre
sulla
Repubblica
sociale
italiana
:
per
gli
ideologi
del
Msi
è
un
modello
di
fascismo
rivoluzionario
,
depurato
dai
compromessi
borghesi
del
Mussolini
prima
edizione
,
per
l
'
opinione
corrente
non
è
stata
che
un
'
accolita
di
scagnozzi
,
collaborazionisti
che
non
ci
rappresentano
affatto
,
anzi
a
guardar
bene
non
erano
propriamente
italiani
.
Hanno
rastrellato
e
deportato
su
ordine
altrui
.
Possiamo
essere
servi
,
codardi
,
albertosordisti
,
certo
.
Ma
per
natura
non
feroci
.
Italiani
brava
gente
.
Poca
della
cultura
democratica
ha
fatto
i
conti
con
questo
cliché
,
recentemente
esplorato
da
David
Bidussa
.
È
una
bella
vergogna
che
soltanto
alcuni
intellettuali
ebrei
si
soffermino
su
questa
sorta
di
revisionismo
aborigeno
,
nutrito
di
un
'
idea
benevola
di
noi
stessi
.
Non
diamone
la
colpa
al
solo
De
Felice
.
Quell
'
animo
trascorre
,
dopo
Rossellini
,
su
tutto
il
cinema
neorealista
.
I
federali
facevano
ridere
.
Ridere
è
sano
e
dissacrante
.
Ma
qualche
volta
comodo
.
Abbiamo
volentieri
banalizzato
il
fascismo
.
E
parti
insospettabili
hanno
banalizzato
l
'
antifascismo
.
Quando
alcuni
nostri
grandi
vecchi
,
certo
non
indulgenti
verso
il
passato
,
hanno
proposto
di
togliere
di
mezzo
assieme
alla
pregiudiziale
anticomunista
anche
quella
antifascista
hanno
fatto
un
'
operazione
per
metà
revisionista
per
metà
illuminista
.
«
Revisionista
»
perché
inconfessatamente
assume
a
vera
radice
del
fascismo
quella
paura
del
comunismo
nella
quale
le
esitazioni
borghesi
troverebbero
,
bene
o
male
,
una
giustificazione
.
Non
a
caso
la
caduta
dell
'
antifascismo
si
propone
nel
1989
.
Leggo
in
questi
giorni
le
parole
di
un
ostinato
liberale
,
de
Viti
de
Marco
,
che
scriveva
ancora
nel
1929
:
«
Contro
il
caos
sorse
il
fascismo
,
organizzazione
privata
di
resistenza
,
segno
non
dubbio
di
vitalità
del
paese
»
.
E
persisteva
,
con
parole
che
oggi
fanno
particolare
impressione
:
«
Noi
avemmo
in
comune
col
fascismo
un
punto
di
partenza
,
la
critica
e
la
lotta
contro
il
vecchio
regime
»
,
che
era
appunto
il
«
parlamentarismo
degli
interessi
e
dei
privilegi
»
.
Era
giusto
allearsi
con
Mussolini
perché
soltanto
in
un
secondo
e
«
ben
distinto
momento
»
il
fascismo
riplasmava
lo
Stato
che
aveva
felicemente
ricostruito
a
sua
somiglianza
,
«
e
così
il
nostro
gruppo
fu
travolto
»
.
Da
riflettere
.
Illuminista
è
stata
invece
la
persuasione
che
la
modernità
e
in
particolare
il
mercato
garantiscono
,
per
le
necessità
della
concorrenza
,
il
gioco
democratico
.
Vedi
dove
si
ribalta
il
marxismo
volgare
,
ultimo
exploit
del
famoso
rapporto
struttura
-
sovrastruttura
.
Il
capitalismo
come
sistema
mondiale
renderebbe
inattuale
il
ritorno
d
'
una
barbarie
.
Dopo
Biagio
De
Giovanni
,
tutta
la
storia
del
Pds
è
stata
lastricata
da
questa
sciocchezza
.
Come
se
oggi
non
fossimo
in
presenza
di
un
processo
crescente
di
divisione
,
di
emarginazione
,
anche
nel
Nord
oltre
che
fra
Nord
e
Sud
;
come
se
i
fondamentalismi
nascessero
per
caso
in
questo
secolo
,
residuo
del
passato
invece
che
prodotto
del
presente
.
Così
Berlusconi
non
è
fascista
ma
gli
viene
naturale
di
fare
il
governo
con
il
Msi
.
Perché
no
?
I
suoi
elettori
non
gli
hanno
rimproverato
questa
alleanza
.
Né
gliela
rimprovera
la
sinistra
,
preferisce
accusarlo
di
aver
rifatto
il
vecchio
pentapartito
.
Tutti
suggeriscono
di
aspettare
e
vedere
.
Ma
il
fatto
è
già
avvenuto
:
l
'
Italia
non
è
fascista
,
ma
non
è
più
antifascista
.
Non
è
più
democratica
in
quel
senso
pieno
,
anche
vigile
,
che
questa
parola
ha
avuto
fino
a
poco
tempo
fa
,
è
fiacca
e
desiderosa
di
essere
governata
da
un
uomo
forte
.
Pare
composta
più
da
dipendenti
dell
'
azienda
Italia
che
da
cittadini
della
Repubblica
.
Poi
da
cosa
nasce
cosa
.
StampaQuotidiana ,
Non
conviene
dividersi
fra
chi
considera
l
'
attuale
governo
un
fascismo
bell
'
e
impiantato
e
chi
un
governo
di
centro
destra
,
in
grado
di
controllare
un
Msi
in
mutazione
.
La
prima
ipotesi
sospetta
la
seconda
di
smobilitare
gli
animi
,
e
forse
è
vero
:
ma
non
sono
ragionamenti
così
diversi
.
Più
interessante
è
intendersi
sulla
continuità
o
discontinuità
del
nuovo
governo
:
Berlusconi
non
sarebbe
che
un
Caf
muscoloso
,
Berlusconi
è
il
neoliberismo
finalmente
al
potere
.
In
ambedue
i
casi
l
'
aggiunta
d
'
un
partito
,
il
Msi
-
An
,
è
suppletiva
,
roba
da
usare
quando
occorre
menar
le
mani
o
frenare
i
federalismi
leghisti
.
Mario
Tronti
propende
per
la
continuità
,
e
non
certo
per
indulgenza
:
una
egemonia
di
destra
,
scrive
,
era
già
avvenuta
nel
corpo
sociale
e
nella
stessa
sinistra
,
oltre
che
essere
costitutiva
dei
vari
spezzoni
del
centro
.
Che
i
fascisti
stiano
ora
nella
maggioranza
è
un
problema
,
non
il
problema
.
L
'
ampiezza
del
condizionamento
dell
'
estrema
destra
nell
'
Italia
del
1994
-
e
di
estreme
ce
ne
sono
almeno
due
,
quella
del
Msi
e
quella
del
mélange
fra
integralismo
cattolico
e
fondamentalismi
etno
-
lavoristi
dei
lumbard
-
si
valuta
a
seconda
di
quel
che
Berlusconi
si
propone
di
fare
.
Ma
se
ha
un
senso
il
crollo
del
sistema
politico
avvenuto
tra
il
1992
e
il
1994
,
anche
grazie
a
quel
minamento
del
comune
sentire
democratico
che
Tronti
descrive
e
che
è
precipitato
nel
referendum
,
è
che
esso
segna
il
venire
a
fine
dell
'
antico
rapporto
fra
struttura
del
capitale
italiano
e
uno
Stato
che
,
dal
fascismo
in
poi
,
è
sempre
stato
non
solo
legato
ad
esso
,
ma
assieme
protettore
e
protetto
e
negoziatore
.
La
sfera
politica
e
quella
degli
apparati
,
strettamente
interconnessa
nell
'
impresa
pubblica
e
nel
credito
,
si
sono
reciprocamente
condizionate
come
due
soggetti
.
L
'
Italia
del
dopoguerra
è
stata
anzi
,
con
la
presenza
della
più
massiccia
sinistra
europea
,
un
esempio
interessante
di
relativa
«
autonomia
»
del
politico
,
e
perciò
ha
allargato
la
mano
pubblica
,
già
stabilita
dopo
gli
anni
trenta
,
e
ha
esteso
un
welfare
che
è
stato
anche
formativo
d
'
una
certa
idea
dei
diritti
.
La
caduta
della
sinistra
e
un
incerto
governo
del
politico
,
dopo
la
morte
di
Moro
e
nella
arroganza
di
Craxi
,
hanno
fatto
del
Caf
un
apparato
autoreferenziale
che
,
a
ristrutturazione
tecnologica
fatta
,
a
liberalizzazione
del
movimento
dei
capitali
avvenuta
,
a
mercato
mondiale
unificato
,
si
è
rivelato
per
la
prima
volta
soltanto
parassitario
.
Per
un
sistema
produttivo
ansante
e
obbligato
a
una
competitività
almeno
continentale
cui
era
impreparato
-
vecchia
l
'
automobile
,
non
più
specificamente
italiano
l
'
elettrodomestico
,
indietro
l
'
informatica
,
un
pasticcio
avventuristico
la
chimica
pubblica
e
privata
-
lo
scassato
e
ingordo
apparato
di
governo
e
sottogoverno
era
ormai
solo
un
ingombro
.
Con
la
privatizzazione
dell
'
impresa
pubblica
e
del
credito
,
e
con
l
'
attacco
massiccio
agli
apparati
pubblici
della
scuola
e
della
sanità
,
oltre
che
della
pubblica
amministrazione
in
senso
proprio
,
il
«
sistema
politico
»
è
ferito
a
morte
.
Con
la
partitocrazia
è
affondato
,
grazie
all
'
inerzia
della
sinistra
(
che
in
questo
è
apparsa
complice
)
,
lo
Stato
come
luogo
di
conflitto
e
contrattazione
.
Torna
ad
essere
essenzialmente
apparato
classico
di
repressione
-
esercito
,
polizie
,
funzioni
della
giustizia
.
La
discontinuità
non
è
piccola
.
È
grande
.
In
essa
si
ridelineerà
la
leadership
del
capitale
italiano
,
messa
in
questione
non
solo
dal
crollo
della
Montedison
e
dell
'
impresa
di
Stato
,
ma
dal
fiato
corto
della
Fiat
.
Mi
piacerebbe
tanto
che
gli
economisti
ci
dicessero
qualcosa
su
quel
che
va
succedendo
nella
rete
industriale
e
postindustriale
,
oltre
a
rilevare
,
come
vediamo
anche
noi
inesperti
,
che
la
piccola
e
media
azienda
tira
e
s
'
è
data
una
espressione
politica
.
Si
può
presumere
che
in
Berlusconi
si
delinei
un
primato
,
un
traino
dell
'
industria
della
comunicazione
?
O
no
?
Forse
il
primo
atto
essenziale
del
governo
sarà
nell
'
assetto
della
Stet
privatizzata
e
dei
gruppi
di
controllo
(
chissà
che
farà
Mediobanca
)
che
si
formeranno
in
essa
.
Nel
diluvio
in
cui
sprofondano
i
cosiddetti
ammortizzatori
sociali
non
sarà
il
Msi
a
tenere
il
timone
;
fungerà
da
repressore
,
fuorviante
o
magari
,
come
in
parte
è
già
avvenuto
,
assorbente
della
protesta
.
Certo
Berlusconi
non
governerà
come
il
Caf
,
nel
momento
in
cui
il
comando
politico
tende
a
liberare
il
comando
economico
.
L
'
obiettivo
è
prima
andare
,
con
le
buone
o
con
le
cattive
,
a
restaurare
una
costituzione
formale
e
materiale
prekeynesiana
,
poi
,
a
Stato
dimagrito
,
si
potrà
anche
ridiscorrere
di
democrazia
.
L
'
impatto
della
destra
si
vede
già
invece
nella
destrutturazione
dei
«
valori
»
del
paese
,
a
cominciare
da
una
certa
separazione
tra
Stato
e
Chiesa
,
propria
del
resto
dell
'
Europa
moderna
.
Prendiamo
la
scuola
:
non
si
capisce
a
che
serva
a
una
borghesia
competitiva
rinunciare
a
una
formazione
e
trasmissione
di
saperi
laica
e
moderna
,
e
finanziare
invece
tentativi
di
dominio
integrista
;
se
non
che
,
caduta
la
mediazione
della
Democrazia
cristiana
,
l
'
alleanza
di
Berlusconi
con
la
Chiesa
passa
oggi
tramite
la
destra
,
vedi
il
quartetto
D
'
Onofrio
-
Guidi
-
Zeffirelli
e
Squitieri
.
Perno
,
la
famiglia
.
Chi
dice
famiglia
,
dice
che
la
libertà
femminile
è
cosa
perversa
,
quando
non
assassina
.
È
stato
presentato
alla
Camera
,
prima
ancora
del
voto
del
governo
,
un
documento
strabiliante
che
forse
non
avrebbe
circolato
neppure
ai
tempi
dell
'
Opera
Nazionale
Maternità
e
Infanzia
,
cui
si
ispira
.
Al
centro
è
la
ragazza
madre
,
per
la
quale
si
sprecano
enfasi
e
commozione
in
sintonia
con
il
Movimento
per
la
vita
,
e
ad
essa
si
affiancano
spericolatamente
i
deboli
in
genere
:
donne
,
malati
di
Aids
,
handicappati
e
animali
.
Sic
.
Leggere
per
credere
.
Dire
famiglia
significa
anche
trasportare
i
diritti
del
cittadino
,
il
nato
o
la
nata
in
Italia
,
sui
«
genitori
»
,
cioè
su
una
tutela
che
decide
-
per
esempio
in
tema
di
istruzione
e
quindi
in
larga
parte
di
socializzazione
e
destino
professionale
,
perché
lo
stato
,
che
nella
scuola
pubblica
era
proprio
la
collettività
laica
,
si
ritira
.
Avanti
con
il
bonus
per
le
scuole
dei
preti
e
delle
aziende
,
che
di
quattrini
abbisognano
.
Qui
si
va
dritti
verso
le
encicliche
di
Woytila
e
gli
umori
del
cardinal
Biffi
.
Non
se
ne
preoccupa
la
Libreria
delle
donne
di
Milano
,
sedotta
dalla
luce
che
la
destra
sarebbe
finalmente
costretta
a
gettare
su
alcune
donne
.
Differentemente
dalla
sinistra
che
non
lo
faceva
.
Ma
davvero
?
È
un
pezzo
che
in
Europa
e
fuori
avanzano
delle
signore
,
portate
da
partiti
di
sinistra
o
più
raramente
di
destra
.
Signore
in
genere
fedeli
al
mandato
.
Non
trasgredienti
alcune
grandi
,
da
Golda
Meir
a
Indira
Ghandi
,
trasgrediente
per
eccesso
Margareth
Thatcher
,
fedele
al
padre
Benazir
Bhutto
,
al
liberismo
Corazon
Aquino
o
Violeta
Chamorro
-
le
prime
che
vengono
in
mente
.
Adesso
c
'
è
anche
Hillary
Clinton
.
Dal
1981
in
Francia
sono
legioni
le
ministre
e
c
'
è
stata
una
premier
,
Edith
Cresson
.
Dove
sta
la
differenza
tra
Franca
Falcucci
o
Rosa
Russo
Jervolino
,
Tina
Anselmi
o
Rosy
Bindi
e
Ombretta
Fumagalli
Carulli
o
Titti
Parenti
?
La
Anselmi
e
la
Bindi
si
sono
ribellate
a
ben
altro
che
a
un
intervento
di
Berlusconi
.
Com
'
è
che
non
si
sono
viste
?
Quanto
a
Pivetti
,
che
cosa
distingue
la
sua
ascesa
alla
presidenza
della
Camera
da
quella
di
Nilde
Jotti
,
se
non
dall
'
esservi
portata
sulle
spalle
di
Bossi
,
Fini
e
Berlusconi
invece
che
su
quelle
del
Pci
e
d
'
un
governo
che
aveva
rispetto
per
le
minoranze
?
Alcune
mie
amiche
hanno
voluto
vedere
nel
fatto
che
,
al
momento
della
sua
investitura
,
abbia
parlato
di
sé
al
maschile
,
una
micidiale
sortita
dell
'
inconscio
interpellato
dalla
differenza
.
Ma
no
,
era
solo
l
'
introduzione
nel
rito
laico
della
Camera
del
liturgico
:
quasi
vir
fatta
sum
.
Ora
sono
quasi
un
uomo
!
È
inquietante
il
capovolgersi
dell
'
immagine
che
avevano
alcuni
stilemi
della
Libreria
:
l
'
aspra
separatezza
,
la
diffidenza
verso
la
sfera
politica
e
le
istituzioni
perché
iscritte
nel
codice
«
neutro
di
lui
»
,
per
non
parlare
del
«
potere
»
,
ancora
un
mese
fa
esecrato
(
ultimo
numero
di
«
Critica
Marxista
»
)
ora
invocato
come
desiderio
femminile
(
ultimo
numero
del
«
Cerchio
quadrato
»
)
.
È
come
se
mutassero
di
senso
le
parole
che
mi
intrigavano
,
gerarchia
,
autorevolezza
,
affidamento
a
una
madre
reale
o
simbolica
,
disparità
,
o
la
critica
alla
democrazia
come
sinonimo
di
democratismo
(
sopra
la
legge
)
,
indifferenza
alle
paci
e
alle
guerre
,
ai
fascismi
e
agli
antifascismi
(
parzialità
)
,
alla
stessa
condizione
del
«
genere
»
(
basta
con
la
nostra
figura
di
dolenti
e
oppresse
)
o
alle
ingiustizie
(
finiamola
con
il
miserabilismo
)
.
È
l
'
insofferenza
,
anzi
la
negazione
delle
altre
-
specie
se
un
tempo
amate
,
come
la
Irigaray
o
la
Melandri
,
che
seguono
diversi
cammini
.
È
l
'
insistenza
su
un
discorso
analogico
-
simmetrico
a
quello
maschile
:
invece
del
patriarcato
una
genealogia
femminile
,
invece
della
legge
del
padre
l
'
ordine
simbolico
della
madre
.
Molto
mi
pareva
di
dover
concedere
a
un
pensiero
che
si
proponeva
un
'
ambizione
alta
,
ripensare
la
storia
e
il
presente
nell
'
ottica
della
sessuazione
,
una
critica
radicale
alla
mia
stessa
storia
e
al
pensiero
politico
cui
sono
formata
.
Diamoci
tempo
,
mi
dicevo
.
Ma
per
arrivare
a
Irene
Pivetti
?
Che
malinconia
.
StampaQuotidiana ,
Vivo
a
Milano
dal
1948;
avevo
allora
cinquantadue
anni
.
Perché
ho
scelto
Milano
a
preferenza
d
'
altre
città
?
Molti
amici
,
quando
vado
a
Roma
o
altrove
,
me
lo
chiedono
,
tra
stupiti
e
scandalizzati
.
E
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
perché
a
Milano
ho
trovato
un
posto
di
lavoro
soddisfacente
.
Ma
gli
amici
non
si
arrendono
e
obiettano
:
che
ne
è
del
clima
o
meglio
dell
'
habitat
intellettuale
della
città
?
Non
è
forse
vero
che
l
'
incomunicazione
di
massa
ha
qui
toccato
uno
dei
suoi
vertici
?
E
a
questo
punto
la
mia
risposta
è
sempre
la
stessa
:
1°
)
l
'
incomunicazione
di
massa
può
essere
molto
favorevole
a
uno
scrittore
o
artista
che
non
sia
eterodiretto
,
che
non
dipenda
dagli
alti
e
bassi
della
moda
culturale
;
mentre
sarebbe
disastrosa
per
quei
titani
dell
'
aggiornamento
porno
-
sociologico
che
contestano
«
il
sistema
»
ritraendone
lauti
vantaggi
;
2°
)
anche
mettendo
da
parte
ciò
che
Milano
e
la
Lombardia
rappresentano
nella
vita
economica
del
nostro
Paese
,
anche
se
ci
scordiamo
per
un
momento
la
meravigliosa
stagione
del
romanticismo
lombardo
possiamo
tranquillamente
affermare
che
gli
anni
della
scapigliatura
e
del
primo
naturalismo
hanno
fatto
di
Milano
una
città
civilissima
e
culturalmente
importante
.
Sì
,
hanno
fatto
:
ma
ora
?
Io
posso
riferire
due
episodi
diversissimi
,
ma
forse
significativi
.
Nel
1926
incontrai
a
Milano
Italo
Svevo
,
di
cui
conoscevo
solo
l
'
opera
e
la
fotografia
.
Mi
feci
coraggio
,
mi
presentai
e
lo
condussi
subito
in
via
Borgospesso
,
al
«
Convegno
»
.
Vi
trovai
alcuni
scrittori
ben
lieti
di
rendere
omaggio
al
loro
più
anziano
collega
.
Enzo
Ferrieri
,
naturalmente
,
Carlo
Linati
,
Eugenio
Levi
,
Alessandro
Pellegrini
ed
altri
ancora
.
Qualche
mese
dopo
Svevo
tornò
al
«
Convegno
»
per
leggere
una
sua
conferenza
su
Joyce
:
fu
un
avvenimento
che
oggi
non
potrebbe
ripetersi
.
Secondo
episodio
,
trent
'
anni
dopo
.
Nel
1956
si
dette
alla
Scala
un
dramma
lirico
di
sir
William
Walton
,
Troilo
e
Cressida
.
Io
ero
il
traduttore
del
bellissimo
libretto
.
Musicalmente
,
la
partitura
era
elegantissima
,
la
parte
vocale
non
facile
.
Lo
feci
notare
a
Victor
de
Sabata
,
il
quale
sorrise
e
mi
disse
che
la
Scala
sapeva
il
fatto
suo
.
De
Sabata
,
grande
direttore
d
'
orchestra
,
era
notoriamente
incapace
di
mettere
insieme
un
cast
.
Il
risultato
fu
disastroso
:
l
'
opera
,
eseguita
da
artisti
di
terz
'
ordine
,
finì
tra
fischi
assordanti
.
Alla
fine
dello
spettacolo
né
il
Sovrintendente
,
né
il
De
Sabata
,
né
il
direttore
d
'
orchestra
si
fecero
vedere
dall
'
autore
.
Faceva
freddo
,
nevicava
.
Accompagnai
Walton
sguazzando
nella
neve
e
nelle
pozzanghere
.
Lui
era
tranquillo
,
io
pieno
di
vergogna
.
Nonostante
il
freddo
,
la
nebbia
e
lo
smog
Milano
ha
o
avrebbe
tutto
ciò
che
occorre
per
essere
un
'
importante
città
d
'
arte
e
di
cultura
.
Ha
molte
opere
d
'
arte
,
musei
,
biblioteche
(
eccellente
la
Biblioteca
comunale
)
,
alcune
università
;
possiede
due
grandi
orchestre
,
parecchie
istituzioni
musicali
,
è
sede
dei
maggiori
editori
italiani
,
i
suoi
giornali
e
rotocalchi
raggiungono
alte
tirature
.
Ogni
sera
vi
si
tengono
decine
di
conferenze
e
dibattiti
,
il
Piccolo
Teatro
ha
ottenuto
successi
internazionali
,
la
Scala
fa
quel
che
può
(
meno
di
quel
che
potrebbe
)
per
sopravvivere
,
la
direzione
locale
della
Rai
-
TV
compie
lodevoli
sforzi
,
ma
non
si
è
mai
riusciti
a
dare
alla
città
un
decente
museo
d
'
arte
moderna
.
Tuttavia
la
somma
di
simili
meriti
e
demeriti
è
ben
lontana
dal
dare
un
risultato
positivo
.
Non
mancano
le
apparecchiature
e
i
mezzi
,
è
invece
assente
la
volontà
di
coordinare
gli
strumenti
a
disposizione
e
di
dare
al
pubblico
,
anche
al
pubblico
dei
meno
abbienti
,
quei
«
servizi
»
ch
'
esso
avrebbe
il
diritto
di
pretendere
.
Che
Milano
sia
stata
sempre
una
città
sorda
all
'
intelligenza
non
può
dirsi
in
alcun
modo
.
Anche
senza
essere
un
longobardista
(
com
'
era
il
compianto
Bognetti
)
e
nemmeno
un
lombardista
(
com
'
è
il
valentissimo
Dante
Isella
)
io
so
quanto
Milano
abbia
contato
nella
storia
dell
'
intelligenza
italiana
.
Lo
so
per
averlo
letto
nei
libri
,
non
lo
so
affatto
per
mie
recenti
esperienze
personali
.
Tra
il
'25
e
il
'30
io
venivo
a
Milano
come
si
va
alla
Mecca
:
per
rendere
il
mio
tributo
a
una
città
d
'
eccezione
.
Ma
se
debbo
prescindere
dall
'
enorme
importanza
che
Milano
ha
nel
campo
dell
'
industria
e
dell
'
economia
,
io
amo
questa
città
per
l
'
innegabile
senso
civico
dei
suoi
abitanti
,
l
'
amo
perché
vivendoci
riesco
quasi
a
dimenticarmi
di
essere
in
Italia
(
e
non
è
dir
poco
)
,
l
'
amo
perché
qui
il
sottobosco
politico
e
pseudo
culturale
fa
poca
presa
,
l
'
amo
perché
i
miei
amici
A
B
C
...
Z
non
potrebbero
viverci
e
prosperare
,
l
'
amo
perché
qui
si
può
vivere
senza
vedere
nessuno
,
senza
essere
coinvolto
in
qualsiasi
indecoroso
intrallazzo
mondano
,
senza
vergognarmi
di
essere
al
mondo
,
l
'
amo
con
tutto
il
cuore
ma
non
riesco
ad
amarla
per
la
souplesse
,
l
'
agilità
e
l
'
acume
della
sua
intelligenza
.
Dipenderà
dai
cittadini
di
Milano
un
futuro
e
imprevedibile
mutamento
del
volto
,
del
carattere
della
città
?
Certamente
,
ma
non
dai
suoi
uomini
d
'
oggi
.
Milano
è
una
città
buona
,
ma
non
è
una
città
interessante
.
Gli
stranieri
vengono
qui
per
ragioni
d
'
affari
,
ma
ben
pochi
viaggiatori
sentimentali
(
nel
senso
reso
tradizionale
da
Sterne
)
vengono
a
stabilirvisi
.
Milano
potrà
dunque
,
anzi
dovrà
,
diventare
una
città
di
cultura
rinunziando
(
et
pour
cause
)
a
quanto
non
ha
di
congeniale
:
il
colore
locale
,
la
cattiva
reputazione
,
lo
scandalo
,
la
moda
.
Sarà
possibile
?
Tutto
dipenderà
dai
suoi
uomini
di
domani
.
Se
i
giovani
d
'
oggi
si
tagliassero
la
barba
e
imparassero
a
studiare
senza
far
credito
alle
molte
università
che
vi
sorgeranno
,
numerose
come
i
funghi
,
allora
Milano
potrebbe
acquistare
quella
dimensione
morale
e
culturale
che
altre
città
italiane
,
malgrado
l
'
infuriare
delle
discordie
politiche
,
hanno
saputo
in
qualche
modo
difendere
.
Ricordiamo
però
che
la
cultura
non
si
fabbrica
,
nasce
da
sé
quando
è
giunto
il
momento
propizio
.
E
il
momento
stesso
è
una
grazia
che
bisogna
meritare
.
StampaQuotidiana ,
Non
sarà
indolore
accogliere
l
'
istanza
di
revisione
della
condanna
di
Sofri
,
Bompressi
e
Pietrostefani
presentata
dall
'
avvocato
Gamberini
alla
Corte
d
'
appello
di
Milano
.
Ma
sarebbe
ancor
meno
indolore
respingerla
.
Essa
compie
quel
salto
nella
lettura
del
rinvio
a
giudizio
che
andava
fatto
già
al
processo
di
prima
istanza
,
quando
i
carabinieri
ammisero
che
,
prima
di
presentare
il
Marino
alla
magistratura
milanese
,
lo
avevano
intrattenuto
nottetempo
per
oltre
due
settimane
.
Con
il
colonnello
Bonaventura
,
esperto
di
antiterrorismo
,
veniva
giù
da
Milano
a
Sarzana
apposta
.
I
conciliaboli
,
mai
verbalizzati
,
sarebbero
rimasti
segreti
se
un
modesto
prete
non
avesse
innocentemente
detto
in
aula
di
quel
via
vai
notturno
.
Poiché
la
tesi
accusatoria
si
fonda
soltanto
sulla
crediblità
di
Marino
,
l
'
Arma
teneva
a
non
far
sapere
che
tanto
spontaneo
e
improvviso
il
racconto
dell
'
uomo
non
era
:
si
sarebbe
potuto
pensare
che
era
stato
filtrato
,
se
non
addirittura
suggerito
.
Di
questa
menzogna
nessuno
chiese
davvero
conto
ai
carabinieri
.
E
qui
sta
la
seconda
enormità
.
Perché
i
casi
sono
due
:
o
la
procura
di
Milano
,
nelle
persone
del
dottor
Pomarici
e
poi
del
dottor
Lombardi
,
è
sotto
l
'
inganno
dei
carabinieri
quando
ne
avalla
la
versione
nel
rinvio
a
giudizio
,
oppure
sa
che
essa
è
falsa
ma
è
d
'
accordo
con
loro
nel
sottrarre
una
prova
fondamentale
sulla
credibilità
di
Marino
.
Nel
1988
o
l
'
Arma
o
la
procura
hanno
mentito
.
E
non
si
sono
mai
corretti
.
I
carabinieri
guidano
Marino
nel
bizzarro
riconoscimento
dell
'
appartamento
dove
avrebbe
preparato
l
'
attentato
,
o
lo
inducono
nei
loro
stessi
errori
sull
'
identikit
dell
'
omicida
.
Il
colonnello
Bonaventura
dichiara
che
per
lui
"
andava
da
sé
"
che
Lotta
Continua
avesse
ucciso
Calabresi
.
Da
bravo
sceriffo
,
li
deve
incastrare
con
le
buone
o
le
cattive
e
quando
le
cattive
vengono
alla
luce
neppur
sente
il
bisogno
di
difendersi
.
Né
si
correggono
i
giudici
,
soltanto
un
'
analoga
convinzione
e
idea
di
"
efficacia
"
spiega
come
tutte
le
corti
,
eccezion
fatta
per
la
Cassazione
nel
1992
,
abbiano
fatto
agevolmente
a
meno
di
riscontri
effettivi
,
abbiano
screditato
le
testimonianze
contro
l
'
accusa
e
largheggiato
con
le
altre
,
spingendosi
fino
a
stravolgere
le
dichiarazioni
,
o
far
dichiarare
un
defunto
,
per
non
parlare
della
calma
con
la
quale
accettano
la
distruzione
delle
prove
prima
del
processo
,
e
non
chiedono
esami
e
perizie
che
,
come
l
'
istanza
dimostra
,
si
potevano
ben
fare
.
L
'
istanza
di
revisione
chiama
finalmente
con
il
suo
nome
quel
che
somiglia
,
più
che
a
una
serie
di
sbagli
,
a
una
montatura
che
una
volta
partita
cresce
su
stessa
,
coinvolgendo
un
tribunale
dopo
l
'
altro
.
È
il
riordino
e
la
minuziosa
verifica
di
tutti
i
materiali
che
getta
una
luce
impressionante
anche
su
quel
che
sapevamo
.
Il
ricorso
porta
inoltre
elementi
nuovi
.
Non
molti
.
Uno
,
enorme
,
la
dichiarazione
di
una
persona
presente
all
'
attentato
che
inutilmente
dice
di
aver
riconosciuto
l
'
assassino
al
dottor
Allegra
della
questura
di
Milano
-
quello
dell
'
interrogatorio
a
Pinelli
-
e
dal
suo
ostinato
fingere
di
non
sentire
deriva
un
grande
spavento
,
durato
troppo
a
lungo
.
Altri
minori
,
ma
non
meno
ripugnanti
,
come
il
documento
d
'
un
tale
dei
Ros
di
Trapani
che
si
dice
convinto
,
in
comune
con
la
procura
di
Milano
,
che
Rostagno
sia
stato
fatto
ammazzare
da
Sofri
o
i
suoi
amici
,
sempre
per
celare
l
'
assassinio
di
Calabresi
.
Brutta
faccenda
,
fra
apparati
che
non
osano
smentirsi
.
In
che
paese
viviamo
?
si
chiede
Salvatore
Mannuzzu
a
proposito
del
testimone
azzittito
e
delle
prove
sparite
o
sostituite
.
Sì
,
in
che
paese
viviamo
?
Quale
idea
di
sé
e
dei
propri
diritti
e
doveri
regge
l
'
Arma
dei
carabinieri
e
le
corti
giudicanti
?
L
'
istanza
di
revisione
va
raccolta
,
non
solo
per
restituire
libertà
ai
tre
condannati
,
ma
per
restituire
a
noi
qualche
fiducia
nelle
istituzioni
della
giustizia
.