StampaQuotidiana ,
Che
perfetta
sintonia
,
quale
identico
istinto
,
quanta
reciproca
simpatia
fra
Montanelli
,
Pannella
e
De
Carolis
!
La
stessa
vena
trascorre
nelle
frasi
che
il
primo
ha
scritto
ieri
e
nelle
battute
che
i
due
dioscuri
radicali
(
ambedue
tali
per
definizione
del
"
Giornale
nuovo
"
)
hanno
affastellato
l
'
altra
sera
a
Roma
.
E
non
è
la
vena
dell
'
anticomunismo
che
pure
,
ribollente
e
inquieta
,
li
accomuna
;
è
una
vena
più
profonda
e
limacciosa
,
che
si
snoda
lungo
tutto
il
percorso
dell
'
Italia
contemporanea
,
di
volta
in
volta
emerge
in
superficie
o
si
occulta
in
percorsi
sotterranei
.
È
la
vena
astiosa
e
arrogante
,
allusiva
e
incolta
,
insinuante
e
ricattatoria
che
raccoglie
la
schiuma
degli
umori
,
delle
paure
,
delle
presunzioni
,
delle
aggressività
di
quanti
,
in
questa
società
,
anche
quando
non
detengono
il
potere
,
godono
di
privilegi
.
Martedì
,
pomeriggio
e
sera
,
Milano
è
stata
sconvolta
da
uno
stillicidio
di
vandalismi
,
di
violenze
,
di
scontri
con
la
polizia
ad
opera
di
un
paio
di
migliaia
di
giovani
messi
in
campo
da
"
Circoli
giovanili
proletari
"
.
Fra
le
molte
cose
oscure
e
confuse
che
hanno
ispirato
questa
azione
e
altre
analoghe
dei
cosiddetti
"
autoriduttori
"
,
del
tutto
chiaro
è
proprio
il
loro
atteggiamento
verso
il
privilegio
;
la
loro
ribellione
è
sì
contro
il
privilegio
,
ma
in
quanto
li
esclude
.
È
qui
la
caratterizzazione
piccolo
borghese
e
irrazionale
della
loro
ideologia
;
è
questa
la
diversità
,
enorme
e
decisiva
,
dalle
proteste
del
'68
che
,
per
quanto
talvolta
infantili
,
si
ispiravano
sempre
a
ideali
di
razionalità
sociale
,
di
eguaglianza
collettiva
,
mai
di
appropriazione
individuale
.
Non
è
stata
neppure
,
come
scrive
il
"
Corriere
"
una
jacquerie
;
perché
le
jacqueries
,
disperate
e
inefficaci
,
esposte
sempre
alla
più
sanguinosa
rivincita
repressiva
,
sono
state
fiammate
e
rivolte
di
contadini
,
di
dannati
della
terra
contro
un
privilegio
che
si
voleva
incendiare
e
annientare
.
Come
poteva
Montanelli
soffermarsi
su
questo
e
indignarsi
per
questo
,
visto
che
la
sua
ideologia
ha
lo
stesso
impasto
di
quella
degli
autoriduttori
?
Certo
,
una
differenza
c
'
è
,
e
grande
:
Montanelli
è
ben
dentro
il
recinto
del
privilegio
,
mentre
gli
agitatori
di
martedì
sono
ancora
fuori
.
E
poi
Montanelli
è
più
esperto
,
più
scaltro
:
sa
che
il
privilegio
,
per
perpetuarsi
e
proteggersi
,
deve
servire
il
potere
e
servirsi
del
potere
,
deve
dimostrare
al
potere
che
gli
è
utile
.
Ed
ecco
,
ieri
,
il
compito
puntualmente
svolto
:
quella
dell
'
altra
sera
a
Milano
è
da
lui
trasformata
in
una
minacciosa
esplosione
della
violenza
delle
masse
,
con
il
PCI
pronto
ad
approfittarne
.
Anticomunismo
,
si
può
dire
,
certo
:
ma
c
'
è
qualcosa
di
ancestrale
,
che
viene
prima
ancora
dell
'
anticomunismo
,
ed
è
l
'
odio
per
le
masse
,
escluse
dal
potere
e
nemiche
dei
privilegi
,
che
si
muovono
e
avanzano
con
fatica
e
con
tenacia
passo
dopo
passo
spinte
non
da
ingordigia
di
appropriazione
ma
dalla
volontà
di
giustizia
,
di
pulizia
,
di
eguaglianza
,
di
libertà
,
di
onestà
,
di
sincerità
,
dalla
decisione
di
modellare
tutta
la
società
in
questi
valori
.
Montanelli
per
difendere
i
privilegi
posseduti
e
l
'
autoriduttore
per
aspirare
ai
privilegi
idolatrati
devono
schierarsi
contro
queste
masse
,
devono
considerarle
il
peggior
nemico
:
e
così
fanno
.
È
lo
stesso
fastidio
,
lo
stesso
odio
che
trasuda
dal
duetto
Pannella
De
Carolis
.
Qui
il
privilegio
da
difendere
è
quello
del
"
personaggio
"
,
un
privilegio
che
si
manifesta
anche
nel
gesto
,
nella
esibizione
,
nel
gusto
del
paradosso
,
nella
ammirazione
di
sé
;
fra
Pannella
e
De
Carolis
non
c
'
è
accordo
,
c
'
è
qualcosa
di
più
,
c
'
è
intesa
.
"
Noi
ci
intendiamo
"
.
Si
sono
reciprocamente
riconosciuti
.
Sono
,
Pannella
e
De
Carolis
,
la
vera
incarnazione
politica
e
culturale
di
quella
profezia
pseudoperaia
rappresentata
dallo
slogan
"
vogliamo
tutto
"
lanciato
qualche
anno
fa
da
Balestrini
.
Ogni
idea
e
ogni
valore
vanno
bene
se
goduti
e
consumati
individualmente
;
ogni
idea
e
ogni
valore
divengono
perversi
quando
se
ne
impadroniscono
le
masse
,
e
tanto
più
quando
li
usano
per
organizzarsi
,
per
costruire
un
moto
di
emancipazione
,
per
estendere
e
approfondire
la
propria
coscienza
.
Non
sorprende
affatto
,
perciò
,
che
Pannella
vagheggi
i
tempi
di
Scelba
né
che
un
corifeo
del
seguito
di
Montanelli
,
riferendo
compiaciuto
le
parole
del
deputato
radicale
,
si
confessi
a
lui
affine
.
Siamo
di
fronte
alle
manifestazioni
di
un
male
antico
che
in
Italia
ha
segnato
profondamente
anche
la
storia
delle
idee
e
degli
intellettuali
,
non
solo
sul
versante
conservatore
;
il
distacco
,
la
sfiducia
e
la
contrapposizione
verso
le
masse
,
che
si
vogliono
tenere
in
una
condizione
di
passività
,
perché
siano
oggetto
e
non
soggetto
della
politica
e
della
cultura
,
considerate
al
più
quando
lo
sono
campo
di
esercitazione
e
di
affermazione
per
il
singolo
che
le
interpreta
,
le
guida
o
le
agita
.
È
un
male
che
ci
sembra
nient
'
altro
che
il
riflesso
,
sullo
schermo
delle
ideologie
e
dei
comportamenti
,
della
avida
e
gretta
difesa
di
tutti
i
privilegi
materiali
,
protetti
con
tanta
maggiore
protervia
quanto
più
si
sa
che
sono
arbitrari
e
ingiustificati
.
L
'
anticomunismo
certo
,
c
'
entra
,
ma
non
è
il
punto
di
partenza
,
è
la
inevitabile
conseguenza
di
ciò
.
E
'
un
anticomunismo
non
vecchio
,
non
tradizionale
;
è
anzi
nuovo
,
e
tanto
più
aspro
e
agitato
perché
ha
a
che
fare
con
il
Partito
comunista
italiano
così
come
è
oggi
,
per
quello
che
rappresenta
,
per
quello
che
è
,
per
quello
che
dice
,
per
quello
che
fa
;
soprattutto
per
gli
aspetti
che
più
esprimono
la
originalità
e
la
novità
del
PCI
.
Perché
non
siete
ci
rimproverano
Montanelli
e
Pannella
come
noi
vi
immaginiamo
,
vi
vogliamo
,
vi
descriviamo
?
Perché
non
esprimete
,
voi
che
siete
partito
di
massa
e
di
masse
per
eccellenza
,
l
'
immagine
che
noi
diamo
di
orde
minacciose
e
distruttive
,
ignare
e
cieche
?
Il
fastidio
e
l
'
odio
di
costoro
per
il
PCI
si
alimentano
per
il
nostro
testardo
impegno
di
organizzare
la
democrazia
con
le
masse
e
le
masse
con
la
democrazia
;
per
l
'
importanza
che
attribuiamo
alla
fatica
dell
'
apprendere
e
del
lavorare
;
per
la
nostra
affermazione
dei
diritti
di
libertà
degli
individui
e
delle
garanzie
che
li
devono
proteggere
;
perché
sosteniamo
e
dimostriamo
che
essi
devono
e
possono
congiungersi
fino
a
rafforzarsi
reciprocamente
con
i
diritti
collettivi
e
i
bisogni
sociali
.
Provoca
ira
in
costoro
questo
nostro
volere
e
sapere
essere
trasformatori
e
costruttori
,
insieme
.
Gli
ingordi
di
privilegi
,
gli
autoriduttori
di
ogni
risma
,
i
chierici
esibizionisti
che
"
vogliono
tutto
"
non
ci
sopportano
perché
siamo
di
un
'
altra
stoffa
.
StampaQuotidiana ,
Invano
i
comunisti
italiani
negano
che
si
tratti
di
un
altro
momento
della
«
crisi
del
sistema
»
.
La
tragedia
polacca
,
ai
loro
occhi
,
si
identifica
con
una
«
strada
sbagliata
»
,
con
una
serie
di
errori
di
direzione
politica
.
È
la
stessa
tesi
che
fu
adottata
per
i
delitti
di
Stalin
,
dopo
il
rapporto
Kruscev
;
è
la
stessa
tesi
che
fu
assunta
per
l
'
Ungheria
.
Ma
come
continuare
a
sostenerla
?
Il
sistema
comunista
,
cioè
collettivista
,
appare
in
crisi
quasi
in
eguale
misura
nelle
società
industriali
avanzate
,
come
la
Cecoslovacchia
,
e
nelle
società
prevalentemente
rurali
e
di
limitata
o
parziale
evoluzione
capitalistica
,
come
la
Polonia
.
Una
volta
sono
gli
operai
di
Praga
a
sollevarsi
contro
il
comunismo
,
sia
pure
in
nome
di
un
ideale
di
revisionismo
neo
-
marxista
duramente
represso
e
soffocato
dai
carri
armati
sovietici
;
un
'
altra
volta
sono
le
massaie
di
Danzica
o
di
Gdynia
a
rinnovare
le
antiche
jacqueries
plebee
con
la
devastazione
dei
magazzini
,
il
saccheggio
dei
negozi
,
l
'
incendio
delle
sedi
del
partito
,
identificato
nel
simbolo
di
un
potere
predatore
e
sopraffattore
.
Scene
che
ricordano
l
'
ancien
régime
.
La
Polonia
è
il
solo
paese
dell
'
Est
europeo
che
aveva
tentato
una
sua
strada
nazionale
al
comunismo
:
il
contemperamento
della
proprietà
pubblica
dei
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
con
la
salvaguardia
della
piccola
e
media
proprietà
contadina
,
radicata
in
un
tessuto
di
tradizioni
tanto
profondo
da
apparire
inestirpabile
perfino
nel
periodo
del
più
cupo
e
ottuso
stalinismo
,
lo
stalinismo
di
cui
fu
vittima
,
a
suo
tempo
eroica
,
Gomulka
.
Ma
si
tratta
di
un
esperimento
che
è
naufragato
,
non
meno
del
comunismo
integrale
incondizionato
adottato
a
Budapest
od
a
Praga
.
Lo
spazio
riservato
all
'
impresa
agricola
,
in
uno
Stato
fondato
su
una
prevalente
struttura
centralizzata
,
è
apparso
troppo
ristretto
per
alimentare
le
capacità
dell
'
iniziativa
e
dell
'
inventiva
individuale
;
lo
spazio
occupato
dall
'
impresa
pubblica
nell
'
industria
troppo
vasto
e
soffocante
per
consentire
un
equilibrio
effettivo
di
forze
.
E
le
leggi
del
mercato
hanno
preso
la
loro
rivincita
,
una
volta
di
più
,
su
tutte
le
coercizioni
,
parziali
o
totali
.
È
la
stessa
tragedia
che
si
è
riflessa
in
altri
aspetti
della
vita
polacca
.
In
quella
religiosa
,
per
esempio
.
È
certo
che
la
Polonia
rappresenta
la
sola
nazione
dell
'
Est
europeo
,
che
sia
riuscita
a
difendere
l
'
indipendenza
e
l
'
integrità
della
fede
cattolica
nella
grande
maggioranza
del
popolo
anche
durante
l
'
epoca
nera
dell
'
oppressione
e
del
terrore
staliniani
.
Il
cardinale
Wyszinsky
è
una
figura
legata
al
mondo
,
adesso
tanto
lontano
da
sembrare
quasi
irreale
,
di
Pio
XII
.
Abbozzi
e
sforzi
per
un
concordato
fra
Santa
Sede
e
regime
comunista
non
furono
mai
intermessi
,
neppure
nell
'
età
delle
grandi
purghe
.
Senonché
ilprezzo
pagato
per
evitare
la
prevalenza
dell
'
ateismo
appare
grandissimo
;
i
compromessi
volti
a
salvare
il
salvabile
infiniti
ed
estenuanti
:
le
deviazioni
di
parte
del
clero
a
favore
di
un
'
intesa
diretta
col
regime
-
si
ricordi
il
movimento
pro
sovietico
«
pax
»
-
insidiose
e
ritornanti
;
la
salvaguardia
dell
'
equilibrio
fra
i
due
poteri
malsicura
e
precaria
.
Quando
il
presidente
polacco
Ochab
,
un
fedelissimo
di
Gomulka
,
venne
in
Italia
,
or
sono
tre
anni
e
mezzo
,
finì
per
non
rendere
visita
al
Papa
:
lui
,
il
rappresentante
di
uno
degli
Stati
più
tenacemente
e
direi
misticamente
cattolici
d
'
Europa
.
A
differenza
,
magari
,
del
genero
di
Kruscev
o
di
Gromiko
!
Tanti
erano
i
motivi
di
contrasto
e
di
contrapposizione
:
tutt
'
altro
che
«
conciliari
»
,
allora
.
Certo
,
il
dramma
della
Polonia
impone
un
senso
profondo
di
rispetto
non
disgiunto
da
un
'
accorata
vena
di
malinconia
.
La
stessa
repressione
ordinata
dalle
autorità
di
Varsavia
nelle
zone
baltiche
del
Paese
,
zone
in
gran
parte
ex
tedesche
,
appare
particolarmente
severa
,
e
in
molti
casi
spietata
,
proprio
in
vista
di
togliere
alla
Russia
il
pretesto
ad
un
qualunque
intervento
militare
.
Stretta
fra
Germania
e
Russia
da
secoli
,
la
Polonia
non
ha
dimenticato
il
turpe
mercato
del
'39
fra
Hitler
e
Stalin
,
mercato
che
portò
alla
sua
scomparsa
come
nazione
,
all
'
amputazione
di
larga
parte
delle
sue
province
orientali
in
favore
dell
'
Unione
Sovietica
,
ai
successivi
compensi
post
-
bellici
con
Pomerania
e
Alta
Slesia
,
quasi
nell
'
intento
di
creare
un
fossato
incolmabile
fra
tedeschi
e
polacchi
.
I
riflessi
della
Ostpolitik
di
Brandt
,
cioè
dell
'
avvicinamento
fra
Bonn
e
Mosca
,
non
sono
estranei
alla
nuova
fase
di
turbamenti
e
di
sconvolgimenti
della
Polonia
.
Da
un
lato
c
'
è
il
modello
economico
della
Germania
occidentale
che
esercita
un
indubbio
fascino
sulle
regioni
non
lontane
della
Polonia
,
degradate
ad
un
livello
di
vita
infinitamente
più
basso
(
altro
che
la
polemica
contro
la
civiltà
dei
consumi
!
)
.
Dall
'
altro
c
'
è
l
'
attenuazione
del
terrore
,
tradizionale
e
tutt
'
altro
che
ingiustificato
,
verso
il
nemico
germanico
e
la
ripresa
di
un
sentimento
nazionale
anti
-
russo
,
che
è
comune
a
quasi
tutto
il
Paese
,
non
escluso
il
grosso
del
partito
comunista
.
Si
è
detto
che
,
se
la
Russia
ripetesse
in
Polonia
anche
la
metà
dell
'
operazione
cecoslovacca
,
assisteremmo
ad
una
autentica
carneficina
:
le
forze
armate
polacche
ripeterebbero
contro
l
'
invasore
dell
'
Est
quello
che
fecero
,
con
incomparabile
eroismo
,
nei
diciassette
giorni
della
resistenza
agli
invasori
dell
'
Ovest
,
nel
settembre
del
'39
.
Per
tali
motivi
di
fondo
,
Gomulka
,
che
pur
tornò
al
potere
sull
'
onda
dei
fatti
di
Poznan
del
'56
,
evitò
di
trarre
poi
tutte
le
conseguenze
dalla
liberalizzazione
del
comunismo
,
che
invano
fu
attesa
in
Europa
;
per
tali
ragioni
di
fondo
,
la
successiva
evoluzione
del
regime
revisionista
polacco
coincise
piuttosto
con
una
involuzione
,
non
priva
di
ombre
inquietanti
,
come
la
formazione
di
un
'
ala
nazionalstalinista
,
con
un
fondo
antisemita
,
quella
di
Moczar
.
Oggi
tutti
i
nodi
tornano
al
pettine
:
riesplodono
le
contraddizioni
,
che
Gomulka
si
era
illuso
di
conciliare
sull
'
onda
di
un
prestigio
personale
tanto
alto
quanto
meritato
.
Il
divario
fra
Stato
comunista
e
società
civile
si
approfondisce
:
al
livello
della
gioventù
universitaria
non
meno
che
delle
maestranze
operaie
,
non
meno
che
delle
grandi
masse
contadine
.
La
struttura
del
comunismo
centralizzatore
appare
sempre
più
imposta
,
ed
imposta
dall
'
alto
,
ad
un
paese
pluralista
,
fedele
ad
una
visione
occidentale
della
vita
,
nutrito
da
un
'
esperienza
cattolica
che
è
esperienza
di
costume
e
di
civiltà
.
Le
eresie
,
invano
respinte
o
represse
,
ritornano
attraverso
forme
imprevedibili
,
che
squarciano
e
lacerano
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
.
E
l
'
ombra
della
dottrina
Breznev
sulla
sovranità
limitata
torna
a
gravare
sulla
nazione
che
pur
si
rifiutò
di
alzare
anche
una
sola
statua
a
Stalin
,
nel
periodo
del
suo
splendore
.
A
differenza
della
Cecoslovacchia
,
che
elevò
la
statua
più
alta
.
Nessuna
speculazione
,
quindi
,
ma
una
lezione
chiarissima
.
È
il
sistema
del
comunismo
che
appare
dovunque
in
crisi
,
in
una
crisi
profonda
cui
non
si
ripara
con
le
furbizie
o
le
ambiguità
delle
«
vie
nazionali
»
,
comode
ed
evasive
nei
paesi
a
democrazia
garantita
e
sicura
,
come
l
'
Italia
o
la
Francia
.
Motivo
di
meditazione
per
tutti
i
fautori
della
«
nuova
maggioranza
»
.
Purtroppo
,
in
Italia
,
c
'
è
una
crisi
che
appare
più
grande
e
profonda
di
quella
dei
comunisti
:
ed
è
la
crisi
dei
democratici
,
di
troppi
democratici
.
Una
crisi
,
anzi
-
diciamolo
pure
-
una
mancanza
di
fede
in
se
stessi
.
E
nella
libertà
.
StampaQuotidiana ,
I
rapporti
fra
Chiesa
e
Stato
,
specie
in
Italia
,
sono
fatti
di
sfumature
.
Ecco
perché
si
impone
sempre
,
ma
soprattutto
nei
momenti
di
tensione
o
di
inquietudine
,
una
grande
dose
di
discrezione
,
di
prudenza
,
di
misura
.
Talvolta
può
bastare
un
aggettivo
ad
alterarli
,
una
parola
di
troppo
a
turbarli
.
Un
esempio
.
All
'
indomani
del
varo
della
legge
sul
divorzio
,
dopo
il
contrastato
e
tormentato
dibattito
prolungatosi
fino
all
'
alba
di
martedì
a
Montecitorio
,
in
un
clima
evocante
le
grandi
dispute
del
Risorgimento
(
con
un
tono
di
nobiltà
comune
alle
due
sponde
:
basti
pensare
ad
un
Gonella
per
i
cattolici
)
,
giunse
da
Sydney
la
notizia
che
il
Papa
aveva
espresso
«
profondo
dolore
»
per
il
voto
del
Parlamento
italiano
.
Ci
furono
due
versioni
,
a
distanza
di
poche
ore
,
di
quello
che
era
presentato
come
un
comunicato
della
sala
stampa
della
Santa
Sede
.
Una
accennava
all
'
iter
della
legge
che
non
poteva
dirsi
ancora
completo
,
«
esigendosi
per
questo
la
firma
del
capo
dello
Stato
»
.
L
'
altro
testo
,
quello
poi
ripreso
dalle
fonti
cattoliche
,
si
limitava
a
parlare
della
decisione
dell
'
assemblea
,
«
per
quanto
non
inattesa
»
,
che
aveva
colpito
il
Pontefice
,
ma
ometteva
giustamente
,
e
responsabilmente
,
ogni
riferimento
,
diretto
o
indiretto
,
al
capo
dello
Stato
.
Tutto
fa
pensare
che
la
seconda
versione
,
la
più
cauta
e
la
più
vigilata
,
corrispondesse
al
vero
pensiero
di
Paolo
VI
.
La
prima
,
scritta
in
fretta
da
qualche
collaboratore
forse
troppo
zelante
,
poteva
generare
l
'
impressione
che
la
Santa
Sede
ipotizzasse
un
possibile
contrasto
-
del
tutto
inimmaginabile
-
fra
il
Parlamento
e
il
capo
dello
Stato
,
calcolasse
su
un
gesto
di
reazione
o
di
ritardo
da
parte
del
presidente
della
Repubblica
nei
riguardi
del
solenne
«
sì
»
di
Montecitorio
:
un
gesto
che
costituzionalmente
non
era
pensabile
,
per
il
carattere
parlamentare
della
nostra
Repubblica
,
e
nel
caso
specifico
era
escluso
dai
sentimenti
e
dalle
convinzioni
di
fedeltà
laica
e
risorgimentale
,
anche
se
al
di
fuori
di
ogni
suggestione
anticlericale
,
caratteristiche
di
Saragat
(
immaginate
il
dramma
di
un
presidente
democristiano
!
)
.
Ecco
un
'
area
in
cui
la
prudenza
non
è
mai
troppa
.
Se
il
testo
del
comunicato
pontificio
non
avesse
contenuto
,
in
nessuna
delle
due
versioni
,
l
'
incauto
ed
in
ogni
caso
impreciso
riferimento
al
capo
dello
Stato
e
alla
sua
«
firma
»
,
si
sarebbe
evitato
un
momento
,
non
diciamo
di
antagonismo
o
di
contrapposizione
,
ma
semplicemente
di
ombra
e
di
sospetto
fra
Chiesa
e
Stato
,
fra
Vaticano
e
Quirinale
.
È
quello
che
dobbiamo
augurarci
per
i
prossimi
sviluppi
della
vicenda
divorzista
,
all
'
indomani
del
ritorno
del
Pontefice
dal
suo
lungo
e
drammatico
periplo
asiatico
,
cominciato
con
l
'
attentato
delle
Filippine
e
terminato
con
1'«autocensura»
del
messaggio
di
Hong
-
Kong
,
di
fronte
alla
polemica
,
ormai
aperta
e
non
senza
abili
inserimenti
comunisti
,
sulla
revisione
del
Concordato
davanti
alle
prospettive
di
una
nuova
regolamentazione
dell
'
intero
diritto
di
famiglia
.
La
democrazia
cristiana
ha
dimostrato
,
occorre
riconoscerlo
,
un
grande
senso
di
responsabilità
nell
'
ultimo
arco
della
battaglia
divorzista
.
Dapprima
ha
appoggiato
-
merito
della
segretaria
Forlani
-
la
mediazione
Leone
sul
progetto
Fortuna
-
Baslini
;
in
un
secondo
tempo
,
nonostante
le
oscure
e
spesso
oblique
manovre
sul
decretone
,
ha
imposto
alla
Camera
la
salvaguardia
sostanziale
dei
patti
di
palazzo
Madama
,
che
implicavano
la
rinuncia
,
non
formale
ma
nei
fatti
,
ad
ulteriori
emendamenti
al
testo
del
progetto
già
rivisto
.
Le
pressioni
del
mondo
cattolico
più
oltranzista
sono
state
respinte
o
contenute
.
Non
si
è
ceduto
alla
tentazione
,
pur
forte
,
di
una
«
guerra
di
religione
»
sul
divorzio
;
si
sono
salvaguardate
le
intese
,
ben
altrimenti
importanti
,
coi
partiti
di
democrazia
laica
,
malgrado
il
prezzo
così
amaro
.
L
'
atteggiamento
della
parte
migliore
della
Dc
,
sul
referendum
è
indicativo
al
riguardo
.
Né
Colombo
né
Forlani
hanno
detto
«
no
»
all
'
iniziativa
di
un
possibile
referendum
abrogativo
,
annunciata
da
gruppi
anche
autorevoli
del
laicato
credente
;
ma
hanno
fatto
capire
chiaramente
,
attraverso
calcolati
silenzi
o
indirette
allusioni
,
che
non
desidererebbero
una
prova
di
forza
,
necessariamente
estesa
a
rimettere
in
discussione
l
'
anagrafe
cattolica
degli
italiani
.
Non
vorrebbero
trovarsi
alleati
con
la
sola
estrema
destra
,
una
compagna
di
strada
troppo
ingombrante
;
non
vorrebbero
rialzare
gli
storici
steccati
fra
guelfi
e
ghibellini
,
che
tanto
preoccupavano
De
Gasperi
.
La
Dc
preferirebbe
una
riforma
concordata
-
Colombo
l
'
ha
detto
con
lealtà
-
del
diritto
di
famiglia
:
concordata
nell
'
ambito
della
coalizione
quadripartita
,
e
senza
le
ritornanti
e
riammiccanti
offerte
dei
comunisti
,
più
che
mai
cauti
e
sottili
nel
loro
complesso
rapporto
col
mondo
cattolico
.
E
pronti
a
spostarsi
,
dal
«
sì
»
obbligato
al
divorzio
,
ad
una
linea
possibilista
e
di
dialogo
articolato
.
Non
sappiamo
quanto
le
prudenze
della
Dc
saranno
premiate
,
o
confortate
,
dallo
sviluppo
dei
fatti
.
Tutto
è
incerto
:
la
linea
dell
'
azione
cattolica
,
l
'
atteggiamento
dei
vescovi
,
le
stesse
decisioni
della
conferenza
episcopale
,
che
riflette
le
divisioni
post
-
conciliari
.
Sappiamo
solo
che
molto
dipende
dalla
Curia
,
dal
Vaticano
,
diciamolo
pure
senza
mezzi
termini
dal
Papa
,
da
questo
Papa
tormentato
e
problematico
in
cui
sembrano
consumarsi
tutte
le
contraddizioni
della
Chiesa
di
oggi
,
tese
e
laceranti
fino
quasi
ad
un
'
ansia
di
martirio
.
Per
la
formazione
anche
culturale
e
familiare
tipica
di
Paolo
VI
,
il
colpo
subito
dal
Papa
,
con
l
'
introduzione
del
divorzio
in
Italia
,
deve
essere
stato
grandissimo
.
Pensiamo
alla
vecchia
borghesia
cattolica
di
Brescia
,
al
clima
in
cui
il
giovane
Montini
si
è
formato
,
in
quell
'
età
giolittiana
in
cui
nessun
progetto
di
divorzio
arrivava
alle
soglie
dell
'
aula
,
anche
per
l
'
ironica
resistenza
di
Giolitti
(
«
il
divorzio
interessa
solo
due
scapoli
:
il
Papa
e
Zanardelli
»
:
amava
dire
il
grande
statista
quando
era
ancora
ministro
dell
'
interno
nel
governo
di
Zanardelli
,
un
altro
bresciano
,
il
contraltare
laico
del
mondo
guelfo
)
.
Ma
la
delicatezza
dei
rapporti
fra
Chiesa
e
Stato
in
Italia
,
e
degli
stessi
precari
assetti
concordatari
,
sopravvissuti
ad
un
regime
così
diverso
e
lontano
da
quello
di
oggi
,
deve
spingere
il
Pontefice
ad
un
grande
sforzo
di
comprensione
e
di
moderazione
,
il
solo
degno
dei
tempi
,
il
solo
ispirato
alla
carità
pastorale
del
Pontificato
,
all
'
ecumenismo
che
equipara
l
'
Italia
alle
Filippine
.
Tutta
la
materia
del
Concordato
è
oggetto
di
revisione
:
fin
dalla
commissione
costituita
da
Moro
.
Il
matrimonio
concordatario
come
tale
è
un
monstrum
giuridico
,
seguito
ad
un
'
abdicazione
irripetibile
del
potere
civile
,
in
cambio
di
vantaggi
di
prestigio
oggi
irreali
.
Ci
sono
certe
difese
,
che
non
difendono
nulla
;
certe
resistenze
ad
oltranza
,
che
compromettono
solo
i
valori
fondamentali
.
Ed
oggi
il
valore
fondamentale
è
,
per
ammissione
generale
,
la
salvezza
della
libertà
religiosa
,
la
difesa
della
libertà
di
coscienza
:
egualmente
sacre
al
mondo
laico
e
al
mondo
cattolico
.
Un
secolo
non
dovrebbe
essere
passato
invano
dal
20
settembre
.
StampaPeriodica ,
Indro
Montanelli
ha
rivendicato
l
'
intenzione
di
disporre
di
sé
anche
al
momento
della
propria
morte
e
si
è
augurato
di
trovare
un
medico
ad
aiutarlo
.
Ha
spiegato
di
non
voler
accettare
la
degradazione
fisica
e
tantomeno
morale
.
In
apparenza
,
si
è
trattato
di
un
intervento
sull
'
eutanasia
.
Ma
solo
in
apparenza
,
come
ha
mostrato
Lalla
Romano
,
la
quale
ha
sostenuto
l
'
opinione
di
Montanelli
,
dichiarando
la
propria
avversione
(
se
ho
capito
bene
)
alle
discussioni
categoriali
,
in
particolare
su
una
nozione
carica
di
ombre
come
quella
di
eutanasia
;
e
soprattutto
ha
trasferito
la
riflessione
sul
rifiuto
della
sofferenza
,
della
rassegnazione
alla
sofferenza
,
e
di
qualunque
sua
valorizzazione
.
Per
questo
rifiuto
,
ha
detto
,
«
non
possiamo
dirci
cristiani
»
.
Mi
pare
un
punto
molto
importante
e
complicato
.
Esso
eccede
il
tema
del
triste
diritto
a
decidere
di
sé
anche
per
la
propria
morte
,
che
riconosco
senz
'
altro
.
È
invece
il
punto
del
significato
della
sofferenza
e
,
anzitutto
,
se
la
sofferenza
abbia
un
significato
.
Di
recente
,
Paolo
Flores
è
intervenuto
con
passione
contro
il
divieto
religioso
o
legale
al
suicidio
assistito
e
contro
il
suo
pregiudizio
profondo
:
il
«
dovere
»
della
sofferenza
.
«
La
condanna
a
una
sofferenza
...
senza
fine
,
senza
scopo
,
senza
riscatto
.
Insensata
,
innanzitutto
(
a
meno
che
non
soccorra
la
fede
di
chi
considera
la
sofferenza
un
bene
in
sé
,
ovviamente
)
.
Nella
malattia
terminale
non
c
'
è
più
nulla
,
infatti
,
oltre
la
sofferenza
stessa
.
Quando
l
'
anestesia
era
ancora
e
solo
qualche
sorsata
di
acquavite
,
le
mostruose
sofferenze
di
un
'
amputazione
possedevano
il
senso
della
differenza
capitale
:
quella
tra
la
vita
e
la
morte
.
L
'
agonia
irreversibile
del
malato
terminale
è
,
invece
,
semplice
certezza
di
tortura
a
morte
»
.
Flores
,
che
ha
dovuto
pensare
a
ciò
di
cui
parla
,
parla
tuttavia
della
malattia
terminale
:
che
non
è
l
'
orizzonte
esclusivo
della
discussione
ora
riaccesa
.
In
una
vecchiezza
che
immagina
il
modo
della
propria
fine
,
la
malattia
terminale
è
la
vita
stessa
che
si
approssima
al
suo
compimento
,
e
minaccia
la
perdita
di
sé
.
Con
questa
forte
differenza
,
resta
il
problema
posto
da
quell
'
inciso
:
«
A
meno
che
non
soccorra
la
fede
di
chi
considera
la
sofferenza
un
bene
in
sé
,
ovviamente
»
.
Esso
vuol
dire
,
com
'
è
davvero
ovvio
,
che
il
diritto
al
«
suicidio
assistito
»
è
appunto
solo
un
diritto
e
non
un
opposto
dovere
,
e
che
non
può
coinvolgere
se
non
la
libera
volontà
delle
persone
,
senza
di
che
diventa
un
fanatismo
opposto
e
abominevole
,
come
la
decisione
di
Stato
,
o
medicale
,
o
di
qualunque
altra
autorità
o
convenienza
fuori
delle
persone
,
a
metter
fine
a
vite
«
inutili
»
.
Pascal
pregava
«
pour
demander
à
Dieu
le
bon
usage
des
maladies
»
:
«
Fate
che
io
mi
senta
in
questa
malattia
come
in
una
specie
di
morte
,
separato
dal
mondo
,
privo
di
tutto
,
solo
in
vostra
presenza
...
»
.
La
domanda
delicata
è
un
'
altra
:
solo
la
fede
può
indurre
a
considerare
la
sofferenza
«
un
bene
in
sé
»
?
Anche
a
Flores
la
questione
non
sfugge
,
benché
non
vi
veda
che
un
espediente
estremo
del
bigottismo
per
replicare
alla
perdita
di
autorità
dogmatica
della
gerarchia
ecclesiastica
.
È
la
questione
della
«
natura
»
,
del
«
lasciare
che
la
natura
faccia
il
suo
corso
»
.
In
suo
nome
,
e
ipocritamente
,
dice
Flores
,
si
rifiuta
il
farmaco
che
«
in
una
volta
»
abbrevi
la
sofferenza
insopportabile
,
e
si
somministrano
i
farmaci
che
,
pur
micidiali
,
accorciano
la
vita
in
una
specie
di
eutanasia
al
rallentatore
.
Lasciar
fare
alla
natura
imporrebbe
,
per
coerenza
,
di
rinunciare
a
ogni
vaccino
,
a
ogni
antibiotico
.
Che
cosa
,
se
non
un
'
ipocrisia
,
separa
l
'
omissione
,
l
'
astensione
dall
'
accanimento
terapeutico
,
la
spina
staccata
,
dall
'
azione
(
una
flebo
attaccata
,
una
compressa
fornita
)
che
ottiene
lo
stesso
risultato
?
Io
sono
,
tremando
,
d
'
accordo
.
Ma
ho
fatto
in
tempo
ad
appartenere
a
una
cultura
umana
millenaria
,
solo
da
poco
abbandonata
,
per
la
quale
(
non
solo
nella
sua
versione
cristiana
)
il
timore
nei
confronti
della
violazione
della
«
natura
»
,
il
senso
del
sacrilegio
,
era
forte
e
profondo
.
Si
sentiva
che
una
febbre
doveva
alzarsi
e
bruciare
,
prima
di
ricadere
.
Si
sentiva
che
il
dolore
era
parte
della
guarigione
,
e
anzi
ne
era
il
prezzo
.
La
«
natura
»
,
e
per
essa
il
tempo
,
il
tempo
che
uccide
,
o
risana
,
erano
sentiti
come
inviolabili
e
pronti
a
prendersi
la
rivincita
.
L
'
anestesia
era
sentita
con
vergogna
come
una
debolezza
da
quella
cultura
virile
,
ma
anche
come
un
'
usurpazione
.
Quella
cultura
era
spaventata
e
coraggiosa
insieme
,
superstiziosa
e
nobile
.
Per
essa
Tolstoj
avversava
come
immorale
la
cura
del
mal
di
denti
e
si
teneva
la
sofferenza
.
Non
ho
nostalgia
di
quella
cultura
,
al
contrario
.
Bisogna
che
tutti
gli
esseri
viventi
vengano
liberati
quanto
è
possibile
dal
dolore
e
dalla
debolezza
.
Ma
so
che
nel
modo
di
questa
liberazione
c
'
è
un
prezzo
alto
.
Che
la
longevità
spinta
in
cerca
dell
'
immortalità
e
l
'
anestesia
universale
possono
storcere
il
disegno
della
vita
umana
in
qualcosa
di
cattivo
.
Che
nel
modo
della
manipolazione
della
natura
può
esserci
l
'
eccesso
e
la
ritorsione
.
Sia
lode
agli
antibiotici
:
ma
abbiamo
imparato
a
temerne
gli
effetti
di
ritorno
.
La
sanità
personale
,
come
l
'
ecologia
comune
,
non
ci
promettono
più
solo
felicità
e
progresso
,
ma
vulnerabilità
e
riparazione
perpetua
.
Anche
a
non
voler
vedere
la
folla
di
persone
condannate
alla
fame
,
all
'
umiliazione
e
a
una
breve
vita
che
riterremmo
per
noi
peggiore
della
morte
.
Dunque
:
c
'
è
un
significato
nella
sofferenza
,
e
che
significato
è
?
Io
non
lo
so
.
Provo
a
immaginarlo
,
da
molto
lontano
,
immagino
che
l
'
esperienza
della
sofferenza
dia
un
solo
acquisto
:
la
comprensione
della
sofferenza
altrui
.
La
cognizione
del
dolore
.
Non
è
poco
.
Nel
Cristianesimo
c
'
è
anche
questo
,
oltre
al
bigottismo
della
sofferenza
salvifica
ed
espiatrice
.
StampaQuotidiana ,
Secondo
noi
,
ha
avuto
ragione
«
Il
Popolo
»
ieri
,
che
si
è
preoccupato
,
a
proposito
delle
mille
voci
che
corrono
sulla
evasione
del
Celio
,
di
farne
anche
,
se
non
principalmente
,
una
questione
di
buona
creanza
.
«
Proprio
per
questo
»
ha
scritto
tra
l
'
altro
il
giornale
democristiano
in
un
suo
corsivo
editoriale
«
troviamo
non
solo
di
pessimo
gusto
,
ma
anche
moralmente
e
politicamente
immotivata
e
irresponsabile
la
campagna
scandalistica
che
da
alcune
parti
si
cerca
di
montare
sul
"caso"...»
Sì
,
veramente
,
non
siamo
gentili
.
Ci
sono
laggiù
,
che
ancora
non
riposano
,
335
patrioti
massacrati
alle
Fosse
Ardeatine
da
un
assassino
più
che
spietato
,
disumano
,
che
ora
è
fuggito
sotto
gli
occhi
complici
(
sì
,
complici
,
non
disattenti
o
inesperti
)
di
chi
doveva
sorvegliarlo
in
basso
e
in
alto
(
soprattutto
in
alto
)
,
e
noi
commettiamo
la
scortesia
-
come
ci
rimprovera
«
Il
Popolo
»
-
di
voler
conoscere
la
verità
tutta
quanta
sul
«
caso
»
,
come
lo
chiama
finemente
lui
;
e
siamo
così
volgari
da
raccogliere
anche
i
pettegolezzi
,
se
possono
servire
in
qualche
modo
a
illuminarci
contro
chi
vuole
deliberatamente
,
consapevolmente
,
tenerci
al
buio
.
Per
esempio
:
si
è
letto
ieri
che
non
tutti
i
pareri
concordano
sulla
diagnosi
disastrosa
pronunciata
a
suo
tempo
dai
medici
sulle
condizioni
del
prigioniero
.
Non
accusiamo
nessuno
,
non
siamo
in
grado
di
farlo
.
Ma
abbiamo
il
diritto
di
porre
una
domanda
:
ci
si
preoccupò
di
sapere
come
la
pensavano
anche
in
politica
questi
clinici
?
Viviamo
in
un
Paese
dove
migliaia
di
parroci
e
di
padroni
hanno
per
anni
schedato
(
e
forse
tuttora
schedano
)
operai
e
fedeli
,
prima
di
ammetterli
al
torchio
o
in
chiesa
.
E
non
parliamo
dei
cosiddetti
servizi
segreti
.
Si
è
pensato
di
assicurarsi
che
medici
,
assistenti
,
sorveglianti
di
Kappler
non
fossero
per
caso
,
bravura
a
parte
,
fascisti
?
Un
Terracini
,
un
Pertini
ci
avrebbero
sicuramente
pensato
.
Guardateli
in
faccia
,
si
vede
subito
.
Ma
guardate
in
faccia
Lattanzio
:
vi
pare
che
costui
abbia
una
faccia
da
antinazista
o
anche
soltanto
da
antifascista
?
Per
la
sua
età
,
direte
,
non
ha
potuto
esserlo
.
Ma
ai
vent
'
anni
del
fascismo
sono
seguiti
questi
trent
'
anni
,
in
cui
un
uomo
di
governo
avrebbe
avuto
il
dovere
di
diventarlo
.
Invece
eccolo
lì
,
Lattanzio
,
a
,
comportarsi
come
avete
visto
e
sentito
in
questi
giorni
.
E
un
uomo
di
pezza
.
E
non
usiamo
un
'
altra
parola
che
ci
starebbe
meglio
,
perché
«
Il
Popolo
»
ci
invita
al
buon
gusto
e
perché
noi
stessi
,
del
resto
,
teniamo
a
praticarlo
.
Ma
ci
soffriamo
molto
.
StampaQuotidiana ,
I
giornali
di
ieri
hanno
riferito
che
,
contrariamente
ai
timori
espressi
unanimemente
dagli
ambienti
laici
e
democratici
,
e
dalla
stampa
che
ne
è
portavoce
,
il
papa
è
intervenuto
al
Palasport
di
Roma
alla
festa
dei
Focolari
(
come
era
in
programma
)
e
vi
ha
parlato
da
quel
sacerdote
che
è
-
e
che
non
dovrebbe
mai
cessare
di
essere
-
pronunciandovi
un
discorso
«
tutto
religioso
»
,
come
lo
ha
definito
«
Il
Messaggero
»
.
Non
stiamo
a
chiederci
(
ciò
che
potrebbe
apparire
inutilmente
puntiglioso
)
se
questo
sia
avvenuto
in
seguito
alla
generale
sollevazione
provocata
dagli
ultimi
interventi
del
pontefice
a
Sotto
il
Monte
e
a
Bergamo
,
veri
e
propri
comizi
.
Limitiamoci
a
constatare
che
domenica
al
Palasport
il
papa
ha
fatto
il
papa
e
non
il
propagandista
elettorale
:
gliene
diamo
atto
volentieri
e
ci
auguriamo
-
e
gli
auguriamo
-
che
continui
così
.
Ma
non
c
'
è
soltanto
Giovanni
Paolo
II
.
Ci
sono
anche
tanti
altri
preti
di
vario
grado
che
si
occupano
dell
'
ormai
prossimo
referendum
sull
'
aborto
e
noi
ci
accontenteremo
-
per
oggi
-
di
citare
uno
dei
maggiori
tra
essi
e
forse
il
più
noto
:
quel
cardinale
Giuseppe
Siri
,
arcivescovo
di
Genova
,
che
ha
già
scritto
per
tutte
le
chiese
della
sua
Diocesi
un
appello
da
leggersi
domenica
10
(
a
una
settimana
dal
voto
)
,
al
confronto
col
quale
i
passati
e
tanto
deplorati
interventi
del
papa
sembrano
lievi
e
languide
allusioni
,
platonici
incitamenti
e
carezzevoli
accenni
,
tali
da
farci
ricordare
quei
trepidi
versi
di
Di
Giacomo
,
che
parevano
sparire
come
in
un
soffio
:
«
Nu
pianefforte
e
'
notte
sona
luntanamente
...
»
.
Qui
c
'
è
ben
altro
.
Qui
Siri
«
ordina
»
come
si
deve
votare
e
ne
indica
addirittura
il
modo
con
smaccata
anzi
sfrontata
violazione
della
legge
elettorale
.
C
'
è
qualcuno
che
ha
fatto
notare
all
'
arcivescovo
di
Genova
che
questo
è
un
vero
e
proprio
reato
e
che
gli
ha
ingiunto
di
ritirare
la
sua
lettera
?
Ma
in
fondo
il
cardinale
Siri
dà
un
colore
di
classe
(
noi
lo
sospettavamo
fondatamente
)
alla
campagna
del
Movimento
per
la
vita
che
pure
conta
anche
chi
vi
aderisce
con
sincerità
di
cuore
e
con
disinteresse
.
Ma
Siri
è
colui
che
una
volta
,
parlando
a
ricchi
signori
,
disse
:
«
Homo
sine
pecunia
,
imago
mortis
»
,
l
'
uomo
senza
soldi
è
l
'
immagine
della
morte
.
Questo
«
sì
»
alla
cancellazione
della
legge
194
piace
a
coloro
che
hanno
denari
,
che
possono
pagarsi
i
cucchiai
d
'
oro
.
Forse
il
cardinale
Siri
dice
tra
sé
:
«
Femina
(
o
mulier
)
cum
pecunia
,
imago
vitae
»
,
perché
gli
piace
un
mondo
nel
quale
i
ricchi
comandino
.
Anche
peccando
,
ma
Iddio
è
misericordioso
;
e
poi
ci
sono
dei
cardinali
per
i
quali
i
conti
correnti
valgono
anche
lassù
.
StampaQuotidiana ,
I
giorni
trascorrono
,
sempre
più
lenti
e
più
lunghi
,
quel
terribile
16
marzo
si
allontana
nel
tempo
,
siamo
già
a
maggio
,
ci
avviamo
verso
il
compimento
del
secondo
mese
dal
rapimento
dell
'
on.
Moro
e
dal
massacro
della
sua
scorta
.
E
l
'
opinione
pubblica
comincia
ad
avvertire
che
la
vicenda
,
così
grave
,
così
tragica
,
sta
assumendo
aspetti
sempre
più
inquietanti
.
Convince
sempre
meno
l
'
idea
che
ci
troviamo
di
fronte
soltanto
a
una
banda
di
terroristi
.
Ci
sono
i
"
fiancheggiatori
"
,
l
'
area
magmatica
dell
'
eversione
e
della
violenza
,
e
questo
si
sapeva
.
Ma
ormai
si
deve
pensare
che
c
'
è
anche
altro
:
collegamenti
,
complicità
,
ispiratori
in
zone
ben
più
"
rispettabili
"
e
"
rispettate
"
della
realtà
italiana
.
Perché
le
indagini
non
fanno
un
passo
avanti
?
Perché
invece
di
discutere
tanto
su
ipotesi
impraticabili
che
dovrebbero
indurre
-
chissà
perché
-
i
terroristi
a
rilasciare
Moro
,
al
prezzo
di
un
rovinoso
cedimento
dello
Stato
,
non
si
comincia
a
mettere
le
mani
su
qualcuno
?
Sono
domande
che
non
si
possono
più
ignorare
.
Tutti
si
dichiarano
per
la
lotta
contro
il
terrorismo
.
E
,
nonostante
le
oscillazioni
dei
socialisti
,
una
imponente
maggioranza
è
schierata
,
intorno
al
governo
,
sulla
linea
della
fermezza
.
Come
mai
,
allora
,
coloro
che
tale
fermezza
dovrebbero
concretare
con
l
'
azione
pratica
sembrano
come
paralizzati
,
o
quasi
?
E
'
un
fatto
che
le
indagini
ristagnano
.
Un
"
covo
"
,
è
vero
,
è
stato
scoperto
,
ma
per
caso
,
a
Roma
.
Altri
sono
emersi
dalle
nebbie
del
mistero
in
periferie
più
o
meno
lontane
.
Qualche
mandato
di
cattura
,
qualche
fermo
o
arresto
.
E
un
solo
"
brigatista
"
caduto
nelle
mani
della
polizia
,
e
ciò
perché
la
sua
vittima
ha
avuto
il
tempo
di
ferirlo
,
prima
di
morire
.
Ma
,
sulla
sostanza
,
sulla
pista
principale
,
non
un
solo
passo
avanti
.
Nel
frattempo
,
però
,
le
BR
hanno
continuato
a
sparare
e
ad
uccidere
.
Hanno
continuato
(
continuano
)
a
lanciare
bombe
.
Soprattutto
hanno
intensificato
la
diffusione
di
comunicati
e
lettere
,
infine
di
sole
lettere
a
firma
Aldo
Moro
,
"
con
una
puntualità
e
un
'
immediatezza
-
ha
scritto
con
sarcasmo
un
commentatore
-
di
cui
da
tempo
i
nostri
servizi
pubblici
sono
incapaci
"
.
In
questura
si
dice
che
queste
lettere
siano
ormai
parecchie
decine
.
Non
solo
.
Il
cittadino
legge
nei
giornali
che
la
famiglia
Moro
"
presumibilmente
"
è
anche
l
'
ultima
mittente
conosciuta
(
mittente
,
non
destinataria
)
di
tutte
queste
missive
.
Legge
che
la
famiglia
"
ha
evidentemente
trovato
un
canale
di
contatto
con
i
rapitori
senza
che
la
polizia
lo
scopra
"
.
Legge
,
rilegge
,
si
sente
ripetere
dalla
radio
e
dalla
TV
i
nomi
degli
"
intimi
collaboratori
"
del
presidente
della
DC
,
a
cui
i
cronisti
,
quasi
con
naturalezza
,
e
pur
senza
dirlo
,
attribuiscono
il
ruolo
di
"
postini
"
.
Scopre
l
'
esistenza
di
"
un
avvocato
vestito
in
modo
dimesso
"
che
secondo
alcuni
sarebbe
il
"
canale
"
di
cui
si
servono
i
terroristi
per
inoltrare
le
lettere
personali
di
Moro
.
E
,
pur
nel
rispetto
per
il
dramma
della
famiglia
del
rapito
,
il
cittadino
è
indotto
a
confrontare
questo
caso
ad
altri
analoghi
,
non
così
rilevanti
,
certo
,
sul
piano
politico
,
ma
non
meno
dolorosi
,
sul
piano
umano
,
come
i
due
ultimi
,
quello
di
Giovanna
Amati
e
di
Marta
Beni
-
Raddi
.
Qui
,
la
polizia
e
la
magistratura
non
sono
rimaste
paralizzate
.
Hanno
anzi
agito
e
hanno
messo
le
mani
sui
delinquenti
che
telefonavano
o
che
tenevano
contatti
per
altre
vie
.
O
forse
il
ragionamento
va
rovesciato
?
Forse
si
deve
concludere
che
,
appunto
perché
carico
di
implicazioni
politiche
,
il
caso
Moro
rende
l
'
arma
delle
indagini
"
scarica
e
inutile
"
,
per
citare
le
parole
di
un
giornale
che
le
BR
hanno
usato
volentieri
per
diffondere
gli
scritti
loro
e
del
loro
prigioniero
?
Noi
abbiamo
anche
seri
dubbi
che
per
queste
vie
tortuose
sarebbe
possibile
proteggere
meglio
la
vita
di
Aldo
Moro
.
StampaQuotidiana ,
Liberalizzazione
delle
droghe
leggere
?
"
Sono
più
d
'
accordo
con
Prodi
che
con
Martino
"
.
Francesco
d
'
Onofrio
,
esponente
del
CCD
ed
ex
-
Ministro
dell
'
Istruzione
,
è
favorevole
alla
"
prevenzione
ededucazione
"
,
ma
non
alla
liberalizzazione
dell
'
hashish
.
"
Pannella
-
dice
-
è
molto
faticoso
ed
è
un
grosso
problema
per
il
Polo
:
Temo
che
posizioni
molto
cattoliche
nel
nostro
schieramento
spingano
i
laici
verso
il
centrosinistra
o
verso
un
terzo
Polo
"
.
"
La
droga
?
Sono
più
d
'
accordo
con
Prodi
che
con
Martino
"
.
Francesco
D
'
Onofrio
dirigente
del
CCD
,
ex
-
Ministro
della
Pubblica
Istruzione
,
si
schiera
con
il
fronte
anti
-
Pannelliano
del
Polo
.
Con
Meluzzi
e
Gasparri
,
quindi
,
e
contro
Martino
,
Maiolo
e
Del
Noce
.
Ed
approva
la
posizione
di
Romano
Prodi
che
ieri
aveva
richiamato
la
necessità
di
dissuadere
dall
'
uso
delle
droghe
leggere
attraverso
"
un
profondo
processo
educativo
"
.
E
aveva
condannato
lo
spettacolo
di
Pannella
.
D
-
Allora
lei
che
cosa
pensa
di
tutta
questa
vicenda
?
R
-
Penso
quel
che
ha
sempre
pensato
anche
quando
ero
Ministro
della
Pubblica
Istruzione
:
la
droga
è
un
problema
serio
e
va
affrontato
evitando
le
posizioni
estreme
.
D
-
Cioè
?
R
-
Evitando
la
liberizzazione
a
tutti
i
costi
,
come
chiede
Pannella
,
e
l
'
antiproibizionismo
più
pesante
come
fanno
altri
.
D
-
Quindi
lei
è
contro
la
liberalizzazione
delle
droghe
leggere
?
R
-
Io
muovo
da
posizioni
di
ordine
sanitario
.
Quelle
leggere
sono
o
non
sono
droghe
?
C
'
è
una
dipendenza
...
D
-
La
questione
è
stata
ampiamente
discussa
.
Lei
conosce
l
'
obiezione
.
Anche
dall
'
alcool
e
dal
fumo
c
'
è
una
dipendenza
,
ma
chiunque
può
comprare
alcolici
o
sigarette
.
R
-
Benissimo
,
è
un
'
obiezione
che
accetto
,
l
'
acool
e
lo
spinello
fanno
male
,
ma
fanno
male
entrambi
.
Per
entrambi
la
questione
è
di
educazione
.
Ovviamente
non
di
repressione
,
se
non
in
alcuni
casi
.
D
-
Antonio
Martino
,
suo
collega
del
Polo
,
è
per
la
liberalizzazione
delle
droghe
.
Dice
che
ciascuno
è
libero
di
disporre
del
suo
corpo
finché
non
fa
danno
ad
altri
.
Lei
cosa
ne
pensa
?
R
-
Penso
che
la
sua
non
sia
una
posizione
liberale
,
come
afferma
,
ma
liberista
e
libertina
.
Non
è
vero
che
assumendo
droghe
leggere
non
si
fa
danno
ad
altri
.
Col
fumo
,
il
danno
agli
altri
è
limitato
,
l
'
ubriaco
può
danneggiare
gli
altri
...
D
-
E
chi
fuma
lo
spinello
che
danno
può
fare
?
R
-
C
'
è
il
danno
che
procura
a
se
stesso
,
come
quello
del
passaggio
inevitabile
dalle
droghe
leggere
alle
droghe
pesanti
.
Questo
è
il
punto
più
delicato
.
Se
su
mille
consumatori
di
hashish
,
950
passano
all
'
eroina
,
il
problema
è
grave
,
molto
grave
.
D
-
Non
c
'
è
dubbio
,
ma
non
mi
pare
esistano
statistiche
in
questo
senso
.
Non
c
'
è
niente
che
dimostri
questo
inevitabile
passaggio
.
O
lei
ha
dei
dati
?
R
-
Io
credo
che
vadano
fatti
degli
accertamenti
seri
.
Che
si
debba
sapere
con
certezza
qual
è
il
danno
che
le
droghe
leggere
arrecano
,
se
c
'
è
questo
passaggio
a
quelle
pesanti
ed
in
quale
percentuale
.
Non
si
può
procedere
per
posizioni
ideologiche
.
Ci
vogliono
dati
di
fatto
e
ricerche
serie
.
D
-
Ma
sempre
Martino
sostiene
che
anche
cocaina
ed
eroina
andrebbero
liberalizzate
...
R
-
Questa
è
una
posizione
proprio
inaccettabile
.
Martino
è
indubbiamente
coerente
,
ma
io
non
sono
assolutamente
d
'
accordo
.
D
-
Nel
frattempo
qualcosa
bisogna
fare
.
Pannella
in
modo
spettacolare
,
forse
non
del
tutto
condivisibile
,
comunque
ha
posto
un
problema
.
Lei
cosa
risponde
.
R
-
Sono
per
la
prevenzione
,
sono
perché
non
vi
siano
sanzioni
penali
per
chi
consuma
droghe
leggere
.
Nessuna
repressione
,
quindi
.
Questa
si
può
giustificare
solo
se
,
con
l
'
uso
della
droga
,
si
procura
danno
ad
altri
.
D
-
Ma
la
presenza
di
Pannella
nel
Polo
comincia
ad
essere
faticosa
?
R
-
Faticosa
sì
,
molto
faticosa
.
E
'
la
questione
più
delicata
che
abbiamo
di
fronte
.
E
non
ne
faccio
una
questione
di
disciplina
del
Polo
,
ne
faccio
una
questione
politica
.
D
-
Ma
lei
Pannella
lo
conosceva
bene
.
Adesso
che
cosa
c
'
è
di
nuovo
che
la
preoccupa
?
R
-
Il
fatto
che
siamo
in
un
sistema
maggioritario
.
Pannella
solleva
problemi
enormi
,
quelli
che
riguardano
le
coscienze
,
e
che
in
genere
sono
materia
di
referendum
.
Ma
in
un
sistema
maggioritario
,
nel
quale
si
vota
l
'
uomo
e
le
sue
posizioni
,
far
emergere
questi
problemi
può
essere
pericoloso
.
Chi
è
antiabortista
può
non
votare
il
candidato
del
suo
schieramento
perché
è
abortista
,
chi
è
per
la
liberalizzazione
delle
droghe
leggere
può
dire
di
no
al
candidato
che
è
contrario
...
D
-
Insomma
un
bel
guaio
.
E
lei
in
questa
situazione
che
cosa
teme
?
R
-
Che
il
centro
-
destra
,
se
assume
su
alcune
questioni
una
posizione
troppo
cattolica
,
possa
essere
abbandonato
dai
laici
che
potrebbero
confluire
nel
centro
sinistra
o
in
un
terzo
polo
.
Insomma
il
problema
c
'
è
.
D
-
Non
c
'
è
dubbio
.
Lei
per
esempio
ha
visto
la
posizione
di
Prodi
su
questa
questione
delle
droghe
leggere
?
R
-
Sì
,
e
sono
d
'
accordo
con
lui
.
Sono
sicuramente
più
d
'
accordo
con
lui
che
con
Martino
.
Anzi
,
con
Martino
il
mio
dissenso
aumenta
.
StampaQuotidiana ,
Premetto
che
non
sono
fra
quelli
che
liquidano
il
fenomeno
radicale
come
qualunquismo
o
che
trovano
comodo
etichettare
Pannella
come
fascista
(
anzi
,
più
in
generale
proporrei
di
usare
quest
'
ultimo
termine
con
maggiore
discrezione
e
appropriatezza
:
se
ne
fanno
un
uso
e
un
abuso
,
che
rivelano
,
temo
,
la
carenza
di
analisi
più
approfondite
e
aggiornate
)
.
C
'
è
invece
,
una
complessità
e
contraddittorietà
del
fenomeno
con
le
quali
occorre
misurarsi
.
E
c
'
è
al
tempo
stesso
il
pericolo
che
un
aumento
della
forza
elettorale
di
questo
partito
,
ottenuto
sulla
base
degli
"
slogans
"
che
esso
utilizza
nel
corso
di
questa
campagna
,
ne
scateni
gli
aspetti
e
le
componenti
peggiori
.
C
'
è
,
ancora
,
il
pericolo
che
verso
la
suggestione
radicale
s
'
indirizzino
il
sentimento
di
protesta
e
le
frustrazioni
di
certi
settori
dei
giovani
,
i
quali
possono
nei
radicali
individuare
l
'
ennesima
proiezione
illusoria
di
certe
loro
aspettative
non
ingiustificate
di
"
rinnovamento
e
di
trasformazione
"
.
Perciò
,
prendendo
i
radicali
,
o
,
per
meglio
dire
,
il
loro
gruppo
dirigente
,
per
quello
che
sono
,
e
cioè
una
forza
che
interpreta
e
strumentalizza
stati
d
'
animo
e
reazioni
,
che
nascono
dalla
crisi
profonda
di
certi
settori
della
società
italiana
e
delle
istituzioni
,
mi
proverò
a
spiegare
ad
un
giovane
,
presumibilmente
progressista
e
democratico
,
le
ragioni
per
cui
"
non
"
deve
votare
radicale
.
Non
deve
votare
radicale
:
1
)
Perché
i
radicali
sono
antioperai
prima
che
anticomunisti
,
o
,
più
esattamente
,
anticomunisti
in
quanto
antioperai
.
Non
c
'
è
un
solo
punto
del
programma
radicale
che
riguardi
gli
interessi
,
i
bisogni
,
le
lotte
della
classe
operaia
.
Mi
si
potrà
rispondere
:
cosa
ce
ne
importa
a
noi
della
classe
operaia
?
non
basta
lottare
per
i
propri
più
immediati
e
avvertiti
interessi
?
Ma
è
appunto
questo
l
'
elemento
grave
che
il
radicalismo
introduce
nel
dibattito
politico
italiano
,
anche
rispetto
alla
lunga
conquista
di
posizioni
e
di
coscienze
seguita
al
'68-'69
:
il
convincimento
che
si
possano
soddisfare
interessi
e
bisogni
di
qualsiasi
settore
in
movimento
della
società
italiana
è
,
senza
fare
riferimento
alla
classe
operaia
.
Mettendo
fra
parentesi
la
classe
operaia
e
la
sua
strategia
di
trasformazione
,
il
radicalismo
spezza
il
campo
delle
forze
progressiste
,
fa
un
favore
alla
conservazione
.
2
)
Perché
il
gruppo
dirigente
radicale
è
,
intimamente
,
borghese
e
conservatore
.
Non
fermiamoci
alle
apparenze
:
alle
urla
,
agli
strilli
,
alle
proteste
da
gruppo
minoritario
perseguitato
ed
oppresso
.
Ciò
che
il
gruppo
dirigente
radicale
ha
in
mente
come
democrazia
organizzata
delle
grandi
masse
,
è
l
'
enorme
rilievo
che
,
attraverso
i
moderni
partiti
e
sindacati
,
hanno
assunto
i
soggetti
sociali
collettivi
della
trasformazione
.
Il
loro
sogno
è
quello
di
ricostruire
una
società
politica
in
cui
il
potere
dell
'
»
organizzazione
sia
fortemente
ridimensionato
e
il
"
leaderismo
"
e
il
"
carisma
"
di
alcuni
notabili
vengano
restituiti
al
valore
d
'
un
tempo
.
Lo
Stato
di
diritto
,
a
cui
i
radicali
pensano
,
assomiglia
molto
allo
Stato
liberal
-
borghese
post
-
unitario
:
Bertrando
Spaventa
conta
,
in
questa
visione
,
molto
ma
molto
più
di
Marx
.
Ma
questo
sarebbe
un
andare
avanti
o
un
tornare
indietro
?
Il
sistema
dei
partiti
ha
bisogno
di
essere
profondamente
rinnovato
,
lo
sappiamo
tutti
,
penso
che
i
giovani
siano
interessati
a
rinnovarlo
nel
senso
di
una
partecipazione
crescente
delle
masse
alla
democrazia
,
non
in
quello
esattamente
opposto
di
un
ripristino
delle
condizioni
che
reggevano
in
piedi
il
vecchio
notabilato
liberal
-
conservatore
(
che
,
non
a
caso
,
comprimeva
e
mortificava
proprio
la
presenza
delle
giovani
forze
politiche
e
culturali
nella
società
)
.
3
)
Perché
la
strategia
di
lotte
parziali
,
che
i
radicali
propongono
,
rinuncia
per
definizione
alla
visione
generale
,
complessiva
,
dello
scontro
di
classe
e
della
battaglia
politica
.
Questo
spiega
anche
perché
dentro
ci
si
può
ammucchiare
di
tutto
:
dai
sentimenti
di
frustrazione
di
una
piccola
borghesia
impiegatizia
e
localistica
al
ragionamento
opportunistico
dell
'
ex
rivoluzionario
deluso
.
Ma
può
piacere
ai
giovani
tutto
questo
?
Fra
una
battaglia
parziale
e
l
'
altra
ci
stanno
spazi
larghi
come
una
casa
:
dentro
questi
spazi
il
potere
della
vecchia
classe
dominante
ci
si
adagia
comodamente
.
Ai
democristiani
questa
strategia
gli
fa
il
solletico
:
tant
'
è
vero
che
preferirebbero
di
gran
lunga
un
successo
radicale
ad
una
rinnovata
affermazione
comunista
.
4
)
Perché
il
radicalismo
è
una
mentalità
che
nella
storia
italiana
,
anche
nella
storia
della
cultura
italiana
,
ha
sempre
rappresentato
un
approccio
superficiale
ai
problemi
,
uno
schematizzare
,
un
semplificare
,
ecc.
Avete
mai
sentito
,
onestamente
,
un
dirigente
radicale
fare
un
"
ragionamento
"
,
tentare
un
'
"
analisi
"
?
Al
posto
degli
strumenti
analitici
c
'
è
,
nei
casi
migliori
,
un
uso
brillante
della
dialettica
e
una
capacità
notevole
di
resa
emotiva
;
nei
casi
peggiori
,
la
violenza
verbale
,
la
volontà
di
ridurre
il
confronto
politico
ad
un
gioco
di
ragioni
polemiche
sostenute
unicamente
dalle
reciproche
volontà
distruttive
.
Questo
è
potuto
sembrare
qualche
volta
affascinante
.
Ma
pensateci
bene
:
a
quale
tipo
di
discorso
politico
il
radicalismo
ci
induce
?
A
un
tipo
di
discorso
politico
fondato
esclusivamente
sulla
contrapposizione
schematica
e
spesso
puramente
verbale
.
Anche
questo
è
un
passo
avanti
o
un
passo
indietro
?
Se
siamo
d
'
accordo
che
il
ragionamento
(
e
il
linguaggio
)
politico
italiano
soffre
di
formalismo
e
di
vuotaggini
,
il
discorso
radicale
non
fa
che
confermare
e
approfondire
questo
carattere
:
con
un
po
'
più
di
verve
ma
anche
con
maggiore
protervia
.
5
)
Perché
nel
radicalismo
c
'
è
una
malcelata
e
profonda
volontà
di
sopraffazione
.
Si
lamentano
di
essere
costretti
a
parlare
troppo
poco
,
ma
in
realtà
urlano
più
di
tutti
.
Hanno
disprezzo
per
i
loro
interlocutori
.
Fanno
scuola
d
'
intolleranza
.
Attirano
elettori
dalla
destra
facendo
sfoggio
di
battute
anticomuniste
e
antistituzionali
.
Guardate
Marco
Pannella
quando
parla
in
TV
:
è
dai
primi
anni
'50
che
ce
l
'
ha
con
i
partiti
di
sinistra
e
in
particolare
con
i
comunisti
,
e
lo
dimostra
con
tutta
la
rabbia
che
esprime
.
Cova
un
sogno
di
rivincita
:
e
i
sogni
di
rivincita
non
badano
troppo
al
sottile
,
tutti
i
mezzi
sono
buoni
.
Ma
cos
'
ha
a
che
fare
questa
rivincita
personale
o
di
gruppo
con
le
speranze
di
trasformazione
e
di
rinnovamento
proprie
della
gioventù
italiana
?
Per
concludere
:
lo
spazio
radicale
è
uno
spazio
politico
e
sociale
,
che
il
movimento
operaio
ha
in
Italia
solidamente
occupato
fin
dagli
ultimi
anni
del
secolo
scorso
.
E
'
lo
spazio
dei
diritti
civili
e
delle
lotte
per
l
'
allargamento
delle
libertà
,
della
critica
alle
tentazioni
autoritarie
dello
Stato
e
della
rivendicazione
di
migliori
»
condizioni
di
esistenza
per
l
'
individuo
e
per
il
cittadino
.
Non
a
caso
l
'
unico
episodio
rilevante
di
un
'
alleanza
tra
movimento
operaio
e
partito
radicale
è
legato
alla
lotta
contro
l
'
"
infame
"
governo
Crispi
e
contro
la
svolta
reazionaria
del
'98
.
Da
allora
,
la
battaglia
radicale
è
stata
ricompresa
nella
più
complessiva
strategia
liberatoria
del
movimento
operaio
italiano
.
Se
uno
spazio
radicale
si
è
riaperto
,
vuol
dire
che
sul
terreno
dei
diritti
civili
e
delle
insufficienze
del
nostro
sistema
politico
e
della
nostra
democrazia
,
il
movimento
operaio
italiano
non
ha
fatto
tutto
quello
che
avrebbe
dovuto
.
Questo
i
giovani
possono
e
debbono
richiedere
:
che
il
terreno
dello
sviluppo
della
democrazia
e
della
libertà
sia
individuali
che
collettive
venga
praticato
fino
in
fondo
dal
movimento
operaio
,
dai
comunisti
,
nell
'
arco
complessivo
di
una
strategia
riformatrice
,
che
veda
crescere
,
e
non
diminuire
,
l
'
unità
delle
loro
forze
sociali
e
politiche
progressiste
.
Ma
appunto
perciò
non
si
può
dar
credito
al
gruppo
dirigente
radicale
,
che
usa
queste
tematiche
per
una
battaglia
di
divisione
e
di
anticomunismo
stantio
:
bisogna
,
anche
col
voto
,
dimostrare
che
la
strumentalizzazione
non
è
passata
.
StampaQuotidiana ,
Palermo
.
Corre
questo
interrogativo
:
perché
La
Torre
oggi
?
Tante
risposte
,
tanti
possibili
"
fili
di
ragionamento
"
,
tanti
possibili
paradigmi
indiziari
.
Si
cerca
di
rispondere
nelle
riunioni
e
negli
incontri
di
magistrati
,
di
funzionari
e
ufficiali
che
svolgono
le
indagini
.
Si
cerca
di
rispondere
anche
nei
crocchi
agli
angoli
di
piazza
Politeama
e
di
piazza
Massimo
,
e
questo
chiedevano
,
con
quegli
applausi
tutti
ben
mirati
e
pensati
,
con
quei
volti
di
anziani
rigati
di
lacrime
,
di
giovani
storditi
,
quei
siciliani
,
quei
cittadini
di
Palermo
che
a
decine
di
migliaia
erano
in
piazza
ieri
mattina
a
salutare
Pio
La
Torre
e
Rosario
Di
Salvo
.
Questo
si
è
chiesto
a
un
certo
punto
del
suo
discorso
anche
Enrico
Berlinguer
:
perché
La
Torre
oggi
?
La
risposta
sta
proprio
in
quella
capacità
di
suscitare
movimenti
di
massa
-
come
già
avvenne
negli
anni
50
,
gli
anni
di
Li
Causi
,
alla
cui
scuola
furono
educati
La
Torre
e
tanti
altri
dirigenti
del
movimento
operaio
-
che
ancora
una
volta
i
comunisti
stanno
dimostrando
in
Sicilia
.
Il
potere
mafioso
ha
sempre
bisogno
di
una
grande
pace
.
Una
pace
generalizzata
,
una
quiete
sociale
fatta
di
rassegnazione
e
di
arrangiamenti
spiccioli
,
un
torpore
differenziato
che
non
attragga
attenzioni
,
che
non
faccia
puntare
i
riflettori
,
che
non
ecciti
le
forze
dell
'
indagine
e
della
repressione
del
crimine
,
che
non
faccia
scrivere
i
giornali
.
Tanto
più
questa
pace
serve
quando
c
'
è
in
gioco
un
"
business
"
della
portata
di
quello
di
questi
anni
e
mesi
.
Un
"
business
"
che
coinvolge
i
fratelli
della
costa
atlantica
USA
,
che
porta
nell
'
isola
la
silenziosa
ed
esplosiva
ricchezza
di
oltre
ventimila
miliardi
di
lire
all
'
anno
per
la
produzione
e
il
traffico
della
droga
pesante
.
Questo
gigantesco
"
laboratorio
"
(
in
senso
proprio
di
raffinerie
per
l
'
eroina
e
in
senso
metaforico
)
deve
essere
lasciato
nella
più
grande
"
pace
"
,
perché
i
traffici
prolifichino
,
innocui
e
benefici
,
senza
che
alcuno
vada
a
vedere
di
dove
sorgono
.
Pier
Santi
Mattarella
aveva
cominciato
a
dare
qualche
segno
di
rinnovamento
nel
governare
questa
regione
.
Uomo
doppiamente
pericoloso
:
figlio
di
un
esponente
politico
discusso
per
i
suoi
rapporti
col
mondo
della
mafia
approdò
infatti
a
una
maturazione
di
cattolico
e
democratico
pensoso
del
bene
comune
,
innovatore
prudente
ma
saldo
di
stampo
moroteo
.
Gaetano
Costa
,
il
Procuratore
,
aveva
impresso
una
svolta
,
diciamo
così
"
teorica
"
alle
indagini
giudiziarie
contro
la
mafia
.
Si
era
mosso
cioè
con
i
mezzi
tecnici
di
un
magistrato
,
ma
con
la
statura
di
un
intellettuale
che
minacciava
di
porre
micidiali
mine
a
scoppio
ritardato
sotto
le
potenti
"
mura
di
Gerico
"
della
cittadella
mafiosa
.
Ecco
,
ci
pare
giusto
ricordare
questi
due
fra
i
tanti
che
la
mafia
ha
assassinato
in
questi
ultimi
anni
,
perché
la
loro
uccisione
avviene
sotto
lo
stesso
segno
politico
-
tutto
politico
-
che
caratterizza
quella
di
Pio
La
Torre
.
Il
potere
mafioso
non
ha
bisogno
di
uffici
studi
per
capire
queste
cose
,
ha
antenne
sensibili
ed
intelligenti
.
Pio
La
Torre
era
arrivato
qui
caricato
di
un
"
animus
"
già
di
per
sè
inquietante
.
Era
arrivato
forte
di
una
sua
nuova
,
aggiornata
cultura
su
ciò
che
era
la
mafia
di
oggi
.
E
si
era
mosso
subito
con
una
capacità
di
mobilitazione
,
un
attivismo
,
una
inventiva
che
sconcertavano
il
pianeta
mafioso
e
che
facevano
presa
in
modo
imprevisto
fra
la
gente
,
fra
i
giovani
,
negli
ambienti
più
diversi
.
Pensiamo
a
questa
campagna
per
la
pace
contro
i
missili
a
Comiso
.
Di
colpo
questa
Sicilia
,
questa
Comiso
,
diventavano
una
grande
scritta
in
tedesco
,
in
fiammingo
o
in
svedese
su
cartelli
portati
da
cortei
imponenti
del
movimento
per
la
pace
nelle
capitali
d
'
Europa
.
E
La
Torre
,
il
PCI
,
avevano
insistito
:
un
milione
di
firme
siciliane
contro
la
base
di
Comiso
.
Qualcosa
di
cui
era
arrivata
notizia
persino
sui
giornali
degli
Stati
Uniti
dove
dell
'
Italia
ci
si
occupa
ben
di
rado
.
E
pensiamo
intanto
a
quello
che
stava
avvenendo
in
questa
isola
.
Tavoli
per
le
firme
della
pace
davanti
alle
chiese
,
anche
nei
punti
più
remoti
delle
città
e
delle
campagne
,
bene
accettati
dai
parroci
;
un
banchetto
anche
davanti
al
Duomo
di
Monreale
;
il
cardinal
Pappalardo
che
dice
"
Non
posso
oppormi
ad
un
movimento
che
chiede
la
pace
"
;
i
centomila
della
marcia
di
Comiso
;
dieci
deputati
regionali
dc
(
la
DC
di
Sicilia
)
che
firmano
la
petizione
contro
i
missili
a
Comiso
;
il
presidente
dell
'
Assemblea
Regionale
,
il
socialista
Lauricella
,
che
si
schiera
per
le
firme
;
il
sindacato
che
prima
è
incerto
e
poi
si
mobilita
;
il
tavolo
per
le
firme
davanti
alla
stazione
ferroviaria
di
Palermo
dove
fanno
la
coda
,
in
arrivo
da
ogni
provincia
,
casuali
passanti
per
firmare
;
centomila
firme
solo
nel
capoluogo
regionale
dopo
pochi
giorni
.
E
intanto
,
si
badi
,
i
convegni
del
PCI
sulla
mafia
e
con
la
partecipazione
di
magistrati
;
magistrati
che
vanno
poi
al
congresso
regionale
del
PCI
e
parlano
dalla
tribuna
contro
la
mafia
.
E
la
delegazione
guidata
da
La
Torre
che
va
da
Spadolini
.
E
la
pronta
nomina
di
Dalla
Chiesa
prefetto
a
Palermo
,
nella
città
nella
quale
sino
a
poco
tempo
fa
si
pensava
che
bastasse
per
fare
il
questore
uno
che
non
era
nemmeno
funzionario
di
polizia
,
che
era
solo
iscritto
alla
P2
,
come
tutto
merito
.
Ma
tutto
questo
non
fa
rizzare
quelle
tali
antenne
mafiose
?
Per
una
serie
di
ragioni
anche
generali
e
di
diverso
genere
questo
movimento
stava
attecchendo
in
modo
imprevedibile
.
E
una
delle
ragioni
era
proprio
questa
nuova
capacità
impressa
al
PCI
di
incidere
,
di
darsi
una
cultura
politica
di
massa
adeguata
.
C
'
è
un
"
antico
"
che
può
finire
con
il
coincidere
con
la
neo
-
cultura
del
"
post
-
moderno
"
.
La
Torre
lo
aveva
felicemente
capito
.
Ha
ricordato
un
suo
compagno
palermitano
della
prima
ora
,
Mario
Collarà
che
è
segretario
della
sezione
"
Francesco
Losardo
"
che
era
da
sempre
,
qui
a
Palermo
,
quella
di
La
Torre
:
"
Mi
ricordo
negli
anni
50
,
quando
si
faceva
la
diffusione
domenicale
de
L
'
Unità
e
Pio
,
in
una
mattinata
,
riusciva
a
vendere
700
copie
.
E
quelli
erano
tempi
nei
quali
qui
al
quartiere
del
"
Capo
"
a
saper
leggere
erano
ben
pochi
"
.
E
ha
detto
un
altro
compagno
di
quella
sezione
comunista
palermitana
,
Mario
Viale
:
"
Sono
stato
con
Pio
due
domeniche
fa
a
raccogliere
le
firme
per
la
pace
.
Era
allegro
,
scherzava
e
convinceva
tutti
a
firmare
"
.
Ecco
,
appunto
,
l
'
antico
che
diventa
messaggio
moderno
,
che
colpisce
i
giovani
come
una
novità
piena
di
fascino
,
come
un
"
modo
nuovo
"
di
fare
politica
.
Questo
,
tutto
questo
,
sfasciava
il
clima
della
"
pax
mafiosa
"
,
quella
tale
pace
all
'
ombra
della
quale
si
è
potuto
operare
tranquilli
per
due
anni
dopo
l
'
intimidazione
degli
assassinii
di
Mattarella
e
di
Costa
:
quando
le
varie
"
famiglie
"
regolavano
i
conti
tra
loro
(
130
i
morti
negli
ultimi
13
mesi
,
opportunamente
"
potate
"
le
vecchie
piante
dei
Badalamenti
,
degli
Inzerillo
,
dei
Bontade
nella
disperata
lotta
per
il
controllo
del
"
business
"
dell
'
eroina
)
e
la
gente
badava
solo
ai
fatti
suoi
.
Ha
detto
Ninni
Guccione
,
presidente
regionale
delle
ACLI
,
pochi
minuti
dopo
aver
appreso
la
notizia
dell
'
uccisione
di
La
Torre
:
"
Chi
riesce
a
muovere
le
cose
,
ad
innescare
processi
che
comunque
cambino
le
cose
,
qualcosa
,
che
siano
unitari
e
collettivi
,
qui
in
Sicilia
ha
solo
una
risposta
,
che
è
il
piombo
,
la
sentenza
di
morte
"
.
Non
crediamo
che
sia
sempre
così
.
Questa
volta
il
potere
mafioso
ha
lanciato
una
sfida
troppo
ardita
e
dubitiamo
fortemente
che
quel
movimento
che
esso
tanto
teme
,
possa
fermarsi
-
piuttosto
che
intensificarsi
-
perché
il
compagno
Pio
La
Torre
è
stato
fucilato
a
tradimento
.