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> anno_i:[1970 TO 2000}
Gli intoccabili ( Cartosio Manuela , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Chi volesse capire in concreto cos ' è e come funziona una mentalità corporativa , legga - per favore - le trentaquattro cartelle dell ' ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari di Brescia Anna Di Martino ha archiviato la scorsa settimana l ' inchiesta sul giudice Giangiacomo Della Torre , presidente del terzo processo d ' appello per il delitto Calabresi , indagato per abuso d ' ufficio . La conclusione , ampiamente attesa , è che il dottor Della Torre è un irreprensibile magistrato , che la sua " condotta " prima del processo , nel corso del dibattimento , in camera di consiglio è stata ineccepibile . C ' era da aspettarselo , visti i precedenti della dottoressa Di Martino : qualche mese fa , aveva negato persino in linea teorica la possibilità d ' indagare su un ' altra stranezza della Calabresi - story , la sentenza suicida redatta da un altro ottimo giudice , Ferdinando Pincioni . Carlo Guarnieri , docente di sistemi giudiziari comparati , aveva acutamente definito quello della Di Martino " un ragionamento alla Comma 22 " , in base al quale qualsiasi ricorso che abbia a che fare con una sentenza e una camera di consiglio è - a priori - " impossibile " . Quel paradigma viene usato anche per il caso Della Torre . E a stupire non è tanto l ' archiviazione , quanto il di più di protervia che la dottoressa Di Martino mette a difesa del sacro mestiere del giudice . Riassumiamo , partendo dalla coda , il filo del ragionamento dell ' ordinanza . La notizia di reato - le presunte pressioni e irregolarità attuate da Della Torre per arrivare a una condanna a tutti i costi - " è risultata infondata " . I giudici popolari che hanno testimoniato che le pressioni ci furono sono " inattendibili " . Gli esposti di Adriano Sofri e Ovidio Bompressi contro Della Torre sono carta straccia : i due non avevano neppure titolo a presentarli . Il pubblico ministero Fabio Salamone ha fatto malissimo a prenderli in considerazione e ha fatto ancor peggio a sciogliere i giurati dal segreto , a raccogliere le loro testimonianze sull ' andamento della camera di consiglio . Il reprobo Salamone ha commesso un terzo errore : ha aperto un ' inchiesta che non doveva neppure iniziare , non essendoci elementi che evidenzino il dolo ( l ' intenzione soggettiva di arrecare danno o vantaggio a qualcuno ) da parte di Della Torre , senza il quale non si configura il reato di abuso d ' ufficio . Anche noi , ingenui e non dottori , pensavamo che Salamone un errore l ' avesse commesso , ma di segno opposto ai tanti che gli rimprovera il gip Di Martino . Essersi fermato a metà dell ' indagine , rassegnarsi all ' archiviazione senza aver messo a confronto i testi , nonostante le testimonianze " inquietanti " e non menzognere raccolte . La dottoressa Di Martino , invece , sostiene che Salamone ha fatto troppo , non troppo poco , e tratta il collega come un emerito asino . Lette le 34 cartelle , è difficile stabilire quale sia il bersaglio privilegiato dell ' accanimento del gip : Salamone , Sofri o i due giudici popolari che hanno testimoniato contro Della Torre . Tutti trattati a pesci in faccia . Guanti di velluto , invece , per l ' indagato . E ' singolare che la famosa terzietà del gip si dispieghi in tutta la sua potenza quando l ' inquisito è un altro giudice . Questo lo scheletro dell ' ordinanza . Vediamone qualche giuntura particolarmente raccapricciante . Sull ' abuso d ' ufficio - scrive il gip - si registrano due orientamenti in dottrina : il " più rigorista " sostiene che " la persona offesa " è esclusivamente " la pubblica amministrazione " ; l ' altro afferma che il soggetto offeso è anche " il privato " cittadino cui l ' abuso abbia recato danno . La dottoressa Di Martino , naturalmente , condivide la prima impostazione , " l ' unica corretta " , e da ciò deduce che Sofri e Bompressi non avrebbero avuto titolo neppure d ' opporsi all ' archiviazione . Ma chi , di grazia , avrebbe dovuto farlo ? La pubblica amministrazione , cioè , in questo caso , la Signora Giustizia ? Voltiamo pagina ed ecco un ' altra perla . " Secondo una minoritaria ma autorevole opinione dottrinale , l ' attività giudiziaria sfuggirebbe al reato di abuso d ' ufficio " . I giudici sarebbero cittadini a parte , anzi sopra . Purtroppo ( per la dottoressa Di Martino , che si mette tra i pochi e autorevoli ) la dottrina prevalente sostiene che anche i giudici sono mortali e quindi , " in astratto " , possono peccare d ' abuso d ' ufficio . Ma perché il reato sussista , incalza il gip , va dimostrato che " l ' azione sia stata ispirata da settarietà , da prepotenza , da rappresaglia , da vendetta , da rancore , o da altri riprovevoli motivi " . Gli esposti di Sofri non evidenziano per quale motivo " egoistico " Della Torre avrebbe commesso un abuso d ' ufficio . Dunque , gli esposti dovevano finire direttamente nel cestino . L ' indimostrabilità del dolo ( cioè dell ' intenzionalità del reato ) è il filo conduttore dell ' ordinanza che culmina in questa categorica affermazione : " nel caso in esame ... risultava , risulta e risulterà esclusa la possibilità di provare la componente soggettiva del reato " . Anche i digiuni in materia di diritto sanno che il dolo è il classico elemento che si valuta in dibattimento , non nella fase delle indagini dove il pm concentra la sua attenzione sugli aspetti materiali dell ' ipotesi di reato . Se si applicasse il criterio della dottoressa Di Martino , i rinvii a giudizio subirebbero un crollo verticale ( il che potrebbe anche andar bene , se a beneficiare di quel criterio non fossero solo i magistrati inquisiti ) . Per quanto riguarda i fatti , la questione è risolta velocemente : i giudici popolari Giovanni Settimo e Marilena Tuana raccontano cose diverse dagli altri membri della giuria e , per di più , si contraddicono tra loro . I loro sono o " cattivi ricordi " o qualcosa di peggio . Il loro strano procedere ( perchè non hanno spontaneamente denunciato le supposte irregolarità di Della Torre invece di rivolgersi a politici e giornalisti " assai vicini a Sofri " ? ) è sospetto . Si " allineano " alle tesi di Sofri e questo basta e avanza , secondo il gip , per considerarli " inattendibili " . Qui siamo al deliro . Perchè , semmai , le cose sono andate esattamente a rovescio : è stato Sofri ad " allinearsi " ai due testi , per il semplice fatto che lui in camera di consiglio non c ' era , Settimo e Tuana sì . C ' è un particolare che tradisce il partito preso del gip là dove interpreta una banale osservazione della teste Tuana sulla sentenza suicida come una " maliziosa quanto gratuita allusione " , " scopertamente allineata " con la tesi di Sofri . Ma che quella di Pincioni fosse una sentenza suicida era arcinoto ben prima che il processo presieduto da Della Torre iniziasse . Bastava leggere i giornali , visto che i primi a parlare di sentenza suicida sono stati i cronisti di palazzo di giustizia ( vicini alla procura ) e non Sofri . Nell ' offensiva osservazione del gip c ' è un eco della frase rivolta da Della Torre alla signora Tuana : " Cosa le ha suggerito Sofri questa notte ? " . A regola di briscola , c ' è da meravigliarsi che il gip non abbia trasmesso gli atti alla procura perché proceda contro Settimo e Tuana per falsa testimonianza . Forse sarebbe stato troppo , anche per l ' eccessiva dottoressa Di Martino . L ' orrore suscitato da queste 34 cartelle prescinde dal ritenere colpevoli o innocenti Sofri , Bompressi e Pietrostefani . Resterebbero orribili anche se fossero colpevoli . Rafforzano il desiderio che questa storia finisca per ragioni bassamente egoistiche ( confesso il dolo ) : poter finalmente girare la testa dall ' altra parte . Brucia dover sottoscrivere una frase del '91 di Piergiorgio Bellocchio : " Come la malattia e la miseria , anche la cosiddetta giustizia è una sventura che tendiamo irresistibilmente a rimuovere dalla coscienza , salvo che ci colpisca personalmente , o colpisca persone che amiamo , valori in cui crediamo " . Allora non la condividevo , presumevo molto di me , pensavo di potermi occupare di tante ingiustizie . Oggi mi dichiaro vinta : le mie spalle riescono a stento a sostenerne solo una .
Caro Dario ( Sofri Adriano , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Caro Dario , le regole di questa clausura mi mettono sempre in ritardo . Dunque l ' andamento - come al solito - travolgente dei tuoi movimenti ha accumulato nella mia cella una quantità di pensieri , che cerco di smaltire in parte . Comincio dal dirvi grazie ( mi rivolgo sempre ad ambedue , Franca e te ) . Che siate generosi , si sa . Ma che arrivaste a buttare fino i primi momenti della vostra gioia di qua dai nostri muri ( e di quelli , tanto più brutali , delle galere turche o algerine ) è un segno di vera prodigalità . Non ero stato tanto sorpreso - un po ' sì , come te - dal premio che ti è toccato . Grazie a Dio ho girato un po ' per il mondo , e soprattutto ho frequentato molto la Norvegia , e lì non c ' è nessuno che possa reagire alla notizia del tuo Nobel simulando di non sapere chi sei . Mi è anche difficile ammettere che si possa , qui da noi , dolersi del Nobel a te , perché si desiderava che andasse ad altri . Io per esempio ammiro la poesia di Luzi e ho simpatia per lui . Sono stato molto contento che la campagna contro le mine sia stata premiata , all ' indomani della grave posizione tenuta a Oslo anche dal governo degli Usa . Doppiamente contento , perché c ' è un versante italiano peculiare della campagna . Noi siamo gran produttori e trafficanti di questi giocattoli , e abbiamo fatto tesoro della nostra eredità umanistica per battezzarli con questa parola atroce : " antiuomo " . Altri paesi hanno trovato degli eufemismi , per un residuo di vergogna : noi ce ne freghiamo perfino della estrema ipocrisia del lessico . In compenso la partecipazione italiana alla campagna , da parte di associazioni come l ' Emergency del dottor Gino Strada , di comunicatori come Costanzo , di politici come Occhetto , e dello stesso governo , è stata importante . Insomma mi sono rallegrato per questo premio ( mondanità compresa : ce ne fossero di Audrey Hepburn e di Lady Diana ) , benché sperassi molto che venisse premiato l ' intellettuale cinese Wej Jingsheng , imprigionato da anni , e , dalla sua prigionia , lucido e impavido denunciatore dei despoti del suo paese . Quando leggerete le sue lettere - le conosco grazie a mio fratello Gianni - ne sarete commossi e ammirati , e avrete voglia di fare qualcosa . Questa specie di scarso patriottismo , diciamo così ( te lo posso dire dopo che hai dovuto raccogliere dalla polvere l ' elmo di Scipio ) , dell ' accoglienza fatta al tuo Nobel mi ha fatto ripensare - non so se altri l ' abbiano già detto - che tu sei il vero contraltare delle sciocchezze separatiste lombarde . A parte il lombardo scritto , Porta o Gadda o Testori , il lombardo ascoltato mi arrivò , tanto tempo fa , dalle tue canzoni e poi dai tuoi spettacoli , compresa la stessa parola " padano " , come nel tuo ( genovese però ) Johan Padân , in commedie che usavano dialetti e grammelot per farsi capire da tutti e far divertire tutti . Ora che hai il Nobel , dovrai provarci tu a riacchiap pare dalla coda questa pazzia padanista , se non è già troppo tardi . E poi c ' è il mio affare , naturalmente . Non dirò niente sui meriti del pool contro la corruzione politica . Non c ' entra . Ecco invece un sommario promemoria sugli inizi del mio caso . La Procura milanese aveva seguito per moltissimi anni la tesi che l ' omicidio Calabresi fosse stato compiuto da persone in qualche modo legate a Lotta Continua , al suo servizio d ' ordine , " frange militariste " , eccetera . Ogni tanto si avventurò fino a indicare nomi e cognomi , cedendo a vociferazioni e illazioni incontrollate , per amor di tesi . Quando lo fece , commise un doppio arbitrio , accusando persone del tutto estranee ( e presto dimostrate tali ) e facendole finire sui giornali prima di avvisarle : così nel 1981 nel caso di Marco F . , indicato in fotografia come l ' assassino . Non credo che , al momento dell ' attentato , e ancora per molti anni , quei magistrati , pur così affezionati alla loro tesi , potessero prendere sul serio l ' idea che un omicidio fosse stato deciso dal " vertice " di Lotta Continua , da una delibera presa a voto di maggioranza nel suo Esecutivo , e altre follie del genere ( oggi sancite dalle sentenze ) . Quell ' idea era allora inconciliabile col senso comune , che poi il tempo avrebbe deformato . Ne ho una conferma indiretta nel fatto che , nel corso degli anni , da qualcuno di questi magistrati mi venne inviata per interposta persona la richiesta di aiutarli alle loro indagini con quello che sapessi : richiesta del tutto fuori luogo . Era abitudine di qualcuno di quei magistrati - per esempio del sostituto Armando Spataro , che è ripetutamente intervenuto , in aula e fuori , per sostenere l ' accusa contro di noi , e che ho appena reinvitato a discutere con me le prove che ritiene raggiunte a nostro carico - di chiedere , spesso fuori verbale , agli indagati della " lotta armata " se avessero sentito qualcosa circa Lotta continua e l ' omicidio Calabresi . Poiché l ' appetito viene mangiando , da un qualche momento a quegli interrogati furono fatti anche il mio nome e quello di altri fra i più noti dirigenti dell ' antica Lotta continua . Dunque quando nell ' estate 1988 scoppia , come un ' impresa militare , la nostra cattura e incriminazione , non si tratta affatto dell ' improvvisa e imprevedibile rivelazione di un pentito che venne da nulla , bensì dell ' inveramento di un ' idea a lungo perseguita ed elaborata . Fino a che punto , lo mostra un episodio documentato negli atti del processo , e ancora oggetto di uno strascico giudiziario derivato : un anno prima , nel luglio 1987 , Marco Boato mi telefonò da Trento per farmi gli auguri di compleanno , e per dirmi , a metà tr a l ' ilarità e lo sdegno , la seguente storia . Un imputato veneto di reati di banda armata , interrogato anche lui fuori verbale sull ' omicidio Calabresi da un giudice istruttore a Milano , ne aveva ricavato la notizia che lo stesso Boato e io , Sofri , saremmo stati arrestati quella notte come responsabili dell ' omicidio . ( A parte me , pensare Boato corresponsabile di un omicidio è una pazzia grottesca ) . Mi disse Boato : " Che cosa pensi di fare ? " . " Di cenare e andarmene a dormire " , risposi . Dormimmo bene e non se ne parlò più : fino all ' estate successiva . Questo prova fin dove arrivasse il peccato di gola di qualche investigatore milanese , ufficialmente un anno prima che Leonardo Marino andasse a riversare il suo pentimento in una caserma dell ' Arma ; o , se si preferisce , nel tempo stesso in cui la coppia Marino - Bistolfi inaugurava i suoi colloqui con avvocati e notabili politici sul tema.Siamo nell ' estate 1988 . Pubblico ministero è Ferdinando Pomarici . Del quale non importa se fosse di sinistra o di destra , e quanto : era il Pm che aveva deriso gli scettici garantendo di aver " scarnificato mattonella per mattonella " il " covo " Br di via Monte Nevoso , salvo lasciarvi un arsenale di armi e carte in una intercapedine protetta da " quattro chiodini " . Pomarici aveva l ' aria di volersi sbrigare : la prima e unica volta che mi interrogarono , lui e il Giudice istruttore Lombardi , mi disse : " Guardi , tanto è tutto prescritto , abbiamo amici in comune , lei confessa e spiega anche il contesto storico e politico , nessuno lo farebbe meglio di lei " . E ' durato nove anni , il nostro maledetto processo . Lui avrebbe risolto tutto in un ' oretta . Poche persone hanno detto tante bugie , dimostrate tali , di cui nessuno ha mai chiesto conto . Per un anno e mezzo Pomarici dichiarò di non aver mai saputo dei rapporti prolungati e occultati fra Marino e i carabinieri : poi un giorno , quasi con fastidio , disse di averlo sempre saputo . Quando Marino passava nottate con l ' allora colonnello ( oggi generale , con un incarico altissimo nei servizi d ' informazione ) Bonaventura , Pomarici stava conducendo con lui un ' indagine su un episodio milanese : inoltre aveva lavorato con lui nel corso degli anni nell ' inchiesta Calabresi . Eppure , lui Pm del caso , ebbe l ' ardire di sostenere di non aver avuto il minimo sentore del fatto che quel colonnello Bonaventura , che passava i giorni con lui a Milano , passasse le notti con Marino a Sarzana a proposito dell ' omicidio Calabresi . A sua volta , Pomarici ritardò inspiegabilmente il momento di investire dell ' inchiesta il Gi Lombardi , che ne era da anni il titolare . Come sia stata condotta quell ' istruttoria , nascondendo alla difesa ogni circostanza dell ' accusa , rattoppando costantemente , fino alla manipolazione , gli svarioni , le contraddizioni e le smentite di Marino , non si può ridire qui . Voglio solo ricordare una questione recente circa il Gi Antonio Lombardi . Nel 1993 un ufficiale del Ros dei carabinieri di Trapani consegnò agli atti dell ' indagine trapanese sull ' assassinio di Mauro Rostagno un rapporto su carta intestata e con tanto di firma . L ' ufficiale riferiva di essersi incontrato a Milano col Gi Lombardi , che gli aveva detto che Rostagno era stato assassinato in connessione col processo Calabresi , per impedirgli di denunciare , come era intenzionato a fare , i suoi compagni di un tempo . Queste e altre infamie simili - non solo infami , ma ridicolizzate da ogni genere di prova , a cominciare dalla voce stessa di Mauro che parlava del nostro arresto e di me nella sua televisione - giacquero , coperte dal segreto , fra le carte dell ' inchiesta trapanese , finché potei leggerle nel luglio del 1996 , e denunciare quel documento calunnioso e scandaloso . Il Gi Lombardi smentì con veemenza , a mezzo agenzia , di aver mai detto quelle cose : non mi risulta che abbia denunciato l ' ufficiale , autore di un così smaccato falso . Io denunciai ambedue , e aspetto ancora di ricevere la minima notizia sull ' itinerario della mia denuncia . Non c ' è male , no ? Ogni volta che cose particolarmente insopportabili sono successe nel corso dei nostri processi - alla rinfusa : la descrizione della via di fuga dall ' attentato madornalmente sbagliata da Marino , e lodata per iscritto per la sua " esattezza " da Pomarici e poi da Lombardi ; la accidentale ( accidentale sul serio , Dario ) rivelazione dei rapporti occultati fra Marino e i carabinieri ; la distruzione sistematica dei corpi di reato , dopo il nostro arresto e incriminazione ; la stesura di una sentenza " suicida " per rovesciare un verdetto di assoluzione ; il pregiudizio dimostrato di un presidente di corte di assise d ' appello , e così via - ogni volta , non una voce della procura milanese si è alzata a criticare , o anche solo a manifestare dubbio o rammarico . Al contrario , molte voci , a partire dalla più autorevole , quella di Borrelli , si sono alzate a sostenere l ' accusa contro di noi , durante e dopo i processi , a criticare la sentenza di annullamento pronunciata dalle Sezioni unite della Cassazione ( cosa che D ' Ambrosio ha appena rifatto , sui giornali , addebitandole di essere entrata " nel merito " ) , a criticare la sentenza di assoluzione del secondo processo di appello , e così via . Ripeterò , non avendo mai avuto il minimo cenno di ricevuta , un esempio clamoroso , che non poteva non interessare i pareri altrimenti così pronti dei magistrati della procura . I due giudici togati del nostro primo processo si chiamano Manlio Minale , che presiedeva la Corte di Appello ( come ti è stato appena ricordato ) e Galileo Proietto , giudice a latere . Ebbene , Minale era al suo ultimo processo da giudice , essendo già stato designato , prima dell ' apertura stessa del dibattimento , procuratore aggiunto , dunque collega , subalterno di Borrelli , e superiore in grado di Pomarici , dei magistrati di quella procura che con tanto impegno e spirito di " squadra " , aveva sostenuto l ' accusa in istruttoria , e l ' avrebbe sostenuta in dibattimento . Tu hai notato forse come in tutti questi anni io abbia cercato di tenere un equilibrio , di non farmi risucchiare dentro schieramenti costituiti , di non prendere posizione su questioni generali ( comprese le più spinose , come l ' uso e l ' abuso dei " pentiti " ) attraverso il filtro esclusivo della mia personale vicissitudine . Questo valeva dunque anche per un tema come la separazione delle carriere fra magistrati dell ' accusa e del giudizio , sul quale conservo un preoccupato dubbio . Esemplificando i paradossi cui può portare la carriera unica , si è spesso evocata la possibilità che un magistrato finisca col giudicar e gli stessi imputati di cui è stato lui , da Pm , a costruire l ' accusa . Bene : nel mio caso si è compiuto il paradosso opposto , col giudice chiamato a sconfessare l ' operato , particolarmente esposto e discusso , dei suoi colleghi in pectore . Per completezza di paradosso , aggiungo che anche il giudice a latere , ed estensore della motivazione della sentenza , Proietto , è passato alla procura . Ho invano aspettato che qualcuno , Borrelli , D ' Ambrosio , Spataro , un altro a piacere , dicessero una parola sulla singolarità del caso . Tanto più che si trattava di un processo , non dirò importante ( tutti i processi , avendo in palio il diritto e il destino delle persone , dovrebbero essere importanti ) ma costellato di delicati colpi di scena , come la ricordata accidentale scoperta della convivenza notturna taciuta e negata fra Marino e i carabinieri , venuta fuori per l ' ingenuità di un curato di paese , e trattata con ineffabili riguardi dalla procura ( Pomarici che dichiarava di aver telefonato a Borrelli per avvertirlo della venuta dei carabinieri a testimoniare ) e dal Presidente , che pure era stato il primo menato per il naso dall ' originaria versione sul pentimento spontaneo e repentino . E visto che ci siamo , e che D ' Ambrosio ti ha invitato a portare elementi nuovi per la revisione del nostro processo , se ne hai ( chissà perché tu , a volte l ' ironia di certe battute mi sfugge ; siamo noi a cercare di farlo , com ' è noto ) terrei a chiedergli se abbia mai pensato , nei ventidue anni che ci separano dalla sentenza del 1975 sul " malore attivo " di Pinelli , alla revisione , o alla riapertura , di quel processo . E ' ancora oggi contento , o rassegnato , Gerardo D ' Ambrosio , a quel Pinelli che si piroetta oltre la ringhiera per il malore attivo , o si chiede ogni tanto come sia andata davvero ? Non sto barattando il processo Pinelli con quello Calabresi ( non l ' ho mai fatto , l ' hanno fatto i miei nemici , pretendendo di fare della nostra condanna la condizione per la " riabilitazione " del commissario ) , né facendo una battuta politica o un commento morale : la mia è un ' osservazione , per così dire , strettamente tecnica o giudiziaria.Calabresi fu ucciso , ma ci sono parecchie persone che si trovavano nella stanza da cui un interrogato fermato illegalmente e innocente uscì a capofitto dalla finestra , e nessuna di quelle persone , che allora mentirono tutte - come il dottor D ' Ambrosio appurò - ha più aperto bocca . Io sono in galera - ma non commiserarmi troppo : ne abbiamo viste di peggio - secondo i procuratori e alcuni giudici , perché Lotta continua aveva una specie di struttura illegale che " non può non essere stata " , come dice Marino , l ' autrice dell ' omicidio Calabresi , di cui io " non posso non essere stato " a conoscenza . Oppure : sono in galera perché il 13 maggio del 1972 alla fine di un mio comizio Pietrostefani e io avvicinammo Marino per comunicargli un mandato a uccidere , però Pietrostefani non c ' era ; perché alla fine del comizio andai con Brogi e Marini in un bar e di lì uscii in strada per dare a Marino un mandato a uccidere , ma Brogi e Marino erano uno a Genova e l ' altro a casa , e nessuno andò al bar , e la gente si sparpagliò perché pioveva forte , ma Marino si è dimenticato che piovesse ; ricevuto il mandato a uccidere , Marino mi salutò e tornò a Torino , però invece si fermò a Pisa e anzi la sera tardi venne con tanti altri a casa mia . E così via . Sono in galera per questo , e così i miei amici . Sono in galera anche perché dopo che Pomarici , Lombardi e una quantità di altri hanno tuonato che io , potente e amico di potenti ( caro Dario , amico mio ) , non sarei mai stato toccato , mentre il solo povero Marino avrebbe pagato per tutti . Con un piccolo cambio di ausiliare - aver pagato , essere pagato - è andata proprio così , e Marino , intervistato , ci concede benignamente la grazia . Carnevali , mondi a testa in giù : ma che aspettiamo a battergli le mani . Non ho alzato la voce verso quel disgraziato di Marino , in questi anni , né avrei parlato all ' ingrosso della procura di Milano se tu , nel tuo modo travolgente , non avessi fatto venire giù il loggione . E ' vero , l ' ultima sentenza milanese si imperniò sul fatto che il pentimento ( no : la crisi " mistica " ) di Marino sono autentici perché da ragazzo era passato dai Salesiani . Bestemmia che mi dispiace tanto più , perché ho simpatia e stima per molti Salesiani . Non mi auguro affatto che tu - né altri - modifichi la tua stima per la magistratura milanese per solidarietà con me . Mi dispiacerebbe perfino . Vorrei che , tenendosi al mio processo , di ogni cosa detta a carico o a difesa , si verificasse , per quanto è possibile ( molto ! ) la fondatezza e la lealtà . Il 17 maggio 1972 Luigi Calabresi fu assassinato . Gli attentatori arrivarono e e fuggirono a bordo di una 125 blu rubata . Tutti i testimoni in grado di distinguere riferirono che alla guida c ' era una donna . Nell ' auto abbandonata , furono ritrovati sul cruscotto , al posto di guida , degli occhiali neri da donna che i proprietari dell ' auto non avevano mai visto . Quando venne sospettato il neofascista Nardi , fu arrestata una giovane donna tedesca , Gudrun Kiess , accusata di essere stata la guidatrice dell ' auto . La Kiess restò in carcere a lungo , benché non avesse mai preso la patente . Nel luglio del 1988 gli inquirenti dichiararono che la donna al volante dell ' auto dell ' attentato era Leonardo Marino . Anch ' io non ho mai preso la patente . Sono qui che cammino avanti e indietro e mi fanno male i piedi . La lampadina è un micidiale doppio tubo al neon e non riesce a somigliare alla luna . Grazie , ciao .
Dodici milioni ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Difficile che domani Berlusconi alzi le spalle : « Sono più quelli che votano di quelli che scioperano o manifestano » . Neanche ad Arcore si possono dire più d ' una volta certe sciocchezze . E non solo perché da due mesi gli scioperi sono battenti e diffusi come non succedeva da quindici anni , e domani una folla mai vista confluirà a Roma , malgrado , o anche a causa , del disastro nel Nord . Sono dodici milioni in Italia i lavoratori dipendenti : quelli immediatamente minacciati nel lavoro , nel salario , nelle pensioni . Dodici su 57 milioni di italiani , su 40 milioni di elettori . Ognuno di essi ha , legate alla sua esistenza , almeno una o due persone . Ma soprattutto , non sono una parte come le altre : se si fermano loro , si ferma la città , la regione , il paese . È così oggi e sarà così domani , perché anche un terminale resta inerte senza la mano e la testa che lo accendono e interrogano . Se si fermano dodici milioni di altri cittadini , l ' impatto simbolico è grande ma la macchina produttiva e amministrativa cammina . Anche se si fermano gli otto milioni di cosiddetti « autonomi » ; perfino i fatali camionisti , ce ne vuole perché da soli inceppino tutto come farebbero due , tre , sei giorni di sciopero dei salariati . Sarebbe la paralisi . La guerra sociale totale . Sui salariati se ne son dette di tutte , soprattutto che , in declino la grande impresa , erano una specie in estinzione . Ma il lavoro salariato resta il sistema sanguigno della società industriale e postindustriale , per diffusa e retificata che sia . E mentre nel voto si confondono salariato o padrone , manager o casalinga , peso e potere sociale sono un altro paio di maniche . Da due mesi questo è tornato a evidenziarsi sullo schermo della società non virtuale . Sono corpi che non entrano in fabbrica o in ufficio , mani che non attivano macchine o computer , non alzano lo sportello , non emettono biglietti , non mettono in moto vagoni , tram e ferrovie . Mutano , luogo per luogo , il ritmo delle giornate , i meccanismi del quotidiano , l ' uso della città . E nei paesaggi metropolitani , dove non si addensava che il passeggio domenicale , si materializzano presenze aggregate , fuse in manifestazioni e cortei , parlanti . La società ha ripreso voce , altro che l ' anonimia dei sondaggi . Sono voci diverse , domande , volontà , tensioni , anche lacerazioni , non riducibili a numeri . Con costoro in piazza si tratta o gli si gettano contro gli odierni corrispondenti dei carabinieri a cavallo . E questo è il problema di Berlusconi . Ma su che cosa e come si tratta è anche il problema dei progressisti , o come diavolo si vogliono chiamare . Quel che vuole Berlusconi è ridurre il peso contrattuale , rendere la massa dei salariati plastica alla « competitività » , in un mondo dove esiste una sorta di dumping del mercato di manodopera , cinque o dieci volte più a buon prezzo nell ' Est europeo e in Asia . Perciò si vuole che da noi il lavoro costi meno , diventi precario e flessibile , e a questo giova l ' abolizione degli ammortizzatori sociali . Scuola , sanità , pensione non hanno da essere più un servizio cui si ha diritto : devono essere privatizzati e quindi acquistati , e per poterlo fare competano fra salariati per il posto , concorrano per il salario , si scannino gli immigrati . Per chi resterà a margine se la vedranno le Regioni , con fondi abbondanti dove ce ne sarà meno bisogno , magri dove ce ne sarà : questa è l ' autonomia fiscale . Ma questo modello - non meniamo il can per l ' aia - è stato accettato dai progressisti , Rifondazione esclusa . La caduta del Muro di Berlino per l ' Italia non è stata la rinuncia al comunismo , ma a qualsiasi regolazione politica del mercato . Di qui la inefficacia dell ' opposizione , il suo prendere di petto il governo più sulle regole che sulla finanziaria . Anche il sindacato ha avuto un sussulto soltanto quando s ' è visto che nessuno degli antichi e nuovi patti sarebbe stato tenuto , e la gente si è mossa senza starlo ad aspettare . Non c ' è futuro accettabile per i lavoratori di oggi e quelli di domani , oggi studenti , in questo quadro . Non è una terapia d ' urto , dopo la quale come in passato la crescita tornerà espansione e sviluppo , seppellirà morti e feriti e riaggregherà lembi allargati di società . Il modello competitivo non moltiplica più il ventaglio dei prodotti , non alimenta più , attraverso la redistribuzione salariale , il mercato interno , non mira più ad allargare la sua area : oggi tutti producono le stesse merci per la stessa fascia alta di consumi . Un mercato saturo , nel quale battersi a morte per concorrere a qualità sempre più alta e a prezzo sempre più basso . Che il mercato oggi sia questo lo sa qualsiasi operaio o impiegato della Fiat o di Lucchini o di De Benedetti . Lo sanno gli economisti . Lo sa il governatore Fazio . Lo sa Scalfari , che protesta soltanto per il prelievo di classe . Abbattere i salari , privatizzare i servizi , liberare i movimenti dei capitali non è stata l ' unica scelta anche per i progressisti ? Che propongono , salvo qualche emendamento , D ' Alema , Buttiglione , Spini , Orlando e quant ' altri ? Sottinteso : qualche sacrificio , poi tutto andrà da sé . No , nulla andrà da sé . Domani Roma lo dirà . Non si risponda , per favore : buona manifestazione , come sarebbe bello riavere , al posto di Berlusconi , Ciampi . Alain Minc , che ebbe fortuna anche in Italia per aver firmato con Simon Nora il primo rapporto sull ' informatica , poi come brillante manager del postindustriale e poi meno brillante consulente di Carlo De Benedetti , ha reso pubblico il rapporto sulle « Sfide economiche e sociali del 2000» , affidatogli dal commissario governativo del Piano in Francia . La tesi è sempre quella , ma il bello sono gli argomenti che la adornano . Nell ' ordine : la rivoluzione è epocale . Si è rivelato caduco il contratto che nelle democrazie europee s ' era instaurato dopo il 1945 fra le parti sociali e lo Stato : era basato sulla « compassione » della collettività ( sic ) , radicata nel mito dell ' uguaglianza , sceso direttamente dalla Rivoluzione francese . Con perniciosi effetti . Ha immobilizzato la società , ha frenato le forze produttive più audaci con lacci e lacciuoli . Oggi occorre un altro contratto sociale , fondato non più sull ' uguaglianza , che si misurava sul diritto di ciascuno , ma sull ' equità , cioè sulla capacità di adeguarsi al modello dell ' attuale economia di mercato . La quale è l ' unica , non c ' è alternativa . Meglio che l ' Europa si renda attraente subito per i capitali stranieri . Come ? Continuando con la disinflazione e accelerando la moneta unica europea , anticipata dal 1999 al 1997 . Magari si comincia da Germania e Francia . Abbassando il costo del lavoro direttamente e tagliando gli oneri sociali , ma sul serio , e quindi riducendo le prestazioni sociali , ma sul serio . In attesa di abolirlo , il salario minimo garantito va ridotto : funziona contro i disoccupati . Eccetera . Con Alain Minc , firmano il rapporto anche Alain Touraine , Edgar Morin , Pierre Rosanvallon . La sinistra pensante . Un ' idea geniale da Reims , quella del viaggio di Rossini . Il 23 ottobre scorso la società di promozione Athletics e una ventina di imprese nazionali hanno indetto la corsa del disoccupato . Quota di partecipazione : lire 15000 , scarpe e maglietta a carico del partecipante . Fornito dai promotori l ' originale cartello da appendere sulla schiena con su scritto il curriculum vitae . Tre percorsi : minimo io chilometri , meglio i 21 , consigliata la maratona dei 42 . Si tratta infatti di mettere in luce i disoccupati dotati di maggior tenacia e spirito di sacrificio , qualità più apprezzate dalle imprese . Uno scherzo ? Una provocazione di qualche Centro sociale ? No , la corsa è stata patrocinata dal Comune di Reims e dall ' Anpe ( Associazione nazionale per l ' occupazione ) , che ha offerto ai concorrenti una consulenza per la formulazione ottimale del loro profilo professionale .
Paure ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non è la prima volta che gli italiani si precipitano compatti a destra , osserva su « La Stampa » Norberto Bobbio , ricordando che anche nel 1948 la grande paura della sinistra portò a quel voto democristiano che ci avrebbe condizionato per mezzo secolo . Anche altri hanno scritto di questa paura della sinistra che continuerebbe a far tremare le masse . Nel 1994 paura dei progressisti , cavallo di Troia dei comunisti ? Stento a crederlo . Nel 1948 l ' Urss era uscita dalla guerra come grande potenza , che , dopo aver fermato i tedeschi all ' Est e ripreso Berlino , aveva il controllo su Polonia , Cecoslovacchia , Ungheria , Romania , Bulgaria , per un poco la Iugoslavia e i paesi baltici . La minaccia sovietica era assai minore di quel che si dice , per le disastrose condizioni nelle quali l ' invasione tedesca aveva lasciato l ' Est e perché Yalta aveva fermamente determinato le aree di influenza a favore della intatta potenza militare ed economica americana ; ma si poteva temere , almeno in Italia e in Francia , una egemonia dei partiti comunisti . Erano diventati forti nei fronti popolari , avevano praticamente diretto la resistenza , il fascismo faceva orrore , una ventata di sinistra spolverava gli scaffali della vecchia Europa . Ma nel 1994 ? L ' Unione Sovietica non esiste più . Le grandi potenze che si affacciano nel mondo , Germania e Giappone , sono per i borghesi del tutto rassicuranti . Minacce di armate rosse non se ne vedono . Va da sé che il comunismo è morto , e in ogni caso l ' Italia sembra tutto fuorché sull ' orlo d ' una rivoluzione operaia . Nessuno mi persuaderà che chi ha votato Berlusconi , Fini e Bossi lo abbia fatto per timore della dittatura del proletariato . Per timore di espropri , nazionalizzazioni , comandi operai in azienda . Quel voto massiccio del triangolo industriale non è un voto « contro » la sinistra , è un voto « per » la destra . Nella sinistra non credono più perché pensano che ormai padroni , capitale , Europa dei tedeschi che l ' hanno fatta , la società è diretta dai più ricchi e più forti , la competitività è selvaggia attorno a una torta non sufficientemente vasta e da dividere fra tutti . Il Nord non ha votato per la democrazia e l ' Occidente , ha votato per sé . Ha detto addio al « vecchio sistema politico » perché « assistenziale » e ha affondato Martinazzoli e Rosy Bindi perché ancora proponevano una relativa suddivisione dei carichi . Chi ha , non intende più assistere nessuno . Se ci dev ' essere una sola Italia , sia quella di Fini , dove i poveri stanno al loro posto , i giovani non sono fannulloni , le donne stanno a casa a fungere da stato sociale . Oppure sia l ' Italia di Berlusconi , dove tutto funziona come in una squadra di calcio o un ' azienda , non occorrono le SS , basta un capo del personale ; riconosciamo che c ' è una differenza . Hanno tenuto le regioni rosse perché le amministrazioni di sinistra avevano garantito un modello produttivo di piccole e medie aziende . E il Sud - tolta Roma e la Sicilia , le più vendicative e malate - si è arroccato come poteva . Questo mi pare il senso del voto . Paura per sé in un sistema che ha un solo modello e molto rigido . Non è la classica reazione piccolo borghese . Per questa sarebbe bastata come sempre la Democrazia cristiana . Uno guarda sui grafici la suddivisione della nuova camera e vede la società dei due terzi di Glotz . E sui giornali già si profila un qualche allineamento sui vincenti , che per qualche giorno paiono incredibili alla stampa estera . E chi sarà mai , questo Berlusconi ? Non è neanche fascista come Fini , né maleducato come Bossi . Se non piace agli intellettuali , vuol dire che ha i piedi per terra , saprà far andare le cose , non spaccherà l ' Italia e la farà rigare dritta dalle Alpi a Lampedusa . Chi accetta le regole del gioco entra nel gioco , non senza trarre saporose vendette su chi non ci sta . C ' è però un tratto comune con il 1948; sta nella paura dell ' assumersi responsabilità totali su di sé , marciare sulle proprie gambe in una società terrestre di cittadini in linea di principio uguali . Nel 1948 l ' Italia non si dava , per difendersi dai comunisti , un normale governo democratico , correva sotto il mantello della Chiesa , pregando la Madonna e facendosi consigliare dai parroci . Quella del 1994 per difendersi dall ' esclusione è corsa sotto il mantello dell ' Imprenditore , facendosi consigliare dalla televisione . Non inganniamoci : Rai e Fininvest sono state identiche nell ' irridere alle « utopie » che dividono sfera politica e sfera economica , nel vantare il mercato non come regolatore dello scambio ma come regolatore dei valori , principio dell ' etica pubblica . Un intelligente amico di Milano , Italia chiedeva qualche mese fa a un invitato : ma lei crede ancora che ci siano diritti a prescindere dal mercato ? Lo domandava sul serio , lui non ci credeva più , e l ' altro si difendeva in modo un po ' cattolico . Questa totalizzazione dell ' economico è manifestamente la fine d ' una divisione dei poteri fra politico ed economico , ma con questo è anche la fine di un possibile primato della persona . L ' individualismo del mercato è quello dell ' imprenditore e solo il suo . Chi non ha capitale è macchina o merce o consumatore , non è metro sul quale si misura il modo di produrre e organizzare la propria esistenza . E qui s ' è verificato l ' incontro fra destra e postmoderno , nella riduzione dell ' io debole a privatezze che lo rendono solipsista , se ha un certo reddito , e obbediente , se non lo ha . Si tratta d ' una appena travestita regressione a prima della Rivoluzione francese . Non è un ' operazione semplice e scompagina le culture . Se il 1994 segna una data storica , è nel senso che il carisma della Chiesa ha ceduto a quello di Berlusconi . La Chiesa era tornata sulla scena politica dopo una lunga assenza per invocare l ' unità dei cattolici contro il capitalismo selvaggio e in favore di quello temperato dalla solidarietà e dai valori che vorrebbe Martinazzoli . Ma non ha funzionato , perché nessun valore ha mai temperato le scelte del capitale ; le ha moderate talvolta lo Stato moderno , e con la stessa mano sorrette , diminuendo gli attriti che il suo selvaggio procedere provocava . Forse che le politiche sul mezzogiorno non hanno fornito un esercito di riserva al Nord , e la spesa pubblica non ha permesso i bassi salari ? Per favore . La Chiesa sarà per il primato dell ' uomo , ma non per quello del cittadino . Tutta la sua storia dopo i Padri è una trattativa con i poteri per spartirsi il terreno , a loro gli eserciti e la proprietà , alla sede di Pietro la gerarchia dei valori . Ma nei momenti di impetuosa crescita del capitale , essa perde sempre . Le strade del Signore sono infinite ma quelle del capitale sembrano più sbrigative . Così l ' Italia si è scristianizzata . Non era vero che la parola partito destasse ormai in tutti una vivace repulsione . Lo credevamo a torto . Berlusconi ha parlato con orgoglio del suo partito , spuntato come un fungo : la sua rapidità di crescita , ha detto commentando il voto , dimostra come l ' Italia fervesse del bisogno di raggrupparsi , fare finalmente riunioni e dedicarsi al volantinaggio . Le mancava soltanto la sigla giusta . Anche quello di Fini è un partito , e muscoloso . E un partito è la Lega , con attivisti , congressi , funzionari e tutto . Dunque la forma partito va ancora . Va per quello che avevamo stigmatizzato come il suo maggior vizio , la centralizzazione , il potere del capo . Dunque quel che si voleva non era tanto distruggere i partiti , ma adeguarli ai soggetti postindustrialmente ruggenti . Anche il precetto dell ' onestà si è rivelato relativo , Berlusconi s ' è arricchito alle spalle dei cittadini con il Caf ? Che altro poteva fare . C ' è qualche piccolo sospetto su legami mafiosi ? Bisogna essere garantisti . Tutto è relativo . E quanto al leader referendario , l ' identificazione diretta , personale , ravvicinata fra cittadino e potere , sarà per un ' altra volta .
Destra e sogno ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Neanche dopo una travolgente ondata elettorale abbiamo una destra che riesce a essere presentabile , o almeno capace di sembrarlo come nel resto d ' Europa . Ne abbiamo tre lacerti impossibilitati al compromesso e trascinati in una zuffa per il primato alla fine della quale almeno uno resterà cadavere sul terreno . Gli opinionisti dell ' ex centro vorrebbero che fosse Bossi , quelli dell ' ex sinistra preferirebbero Berlusconi . La testa di Fini non la chiede nessuno , perché per ora si tiene defilato alle spalle del cavaliere . Non sorprende che in Italia non sia agevole per la destra darsi espressione politica coerente . Fino a ieri l ' altro è stata fascista , poi democratico - cristiana e poi democristian - socialista , e tutte e tre sono finite indecentemente . Né va da sé un riproporsi sotto forme fasciste nell ' Europa del 1994 : per questo , si suppone , Vittorio Foa o Norberto Bobbio ritenevano finita la funzione dell ' antifascismo e Lucio Colletti garantiva l ' innocuità di Fini . Con qualche imprudenza , perché un grosso voto fascista apre la strada a uno Stato manganellatore , e non è detto che se la crisi sociale si acutizza esso non torni utile : dopo una prima perplessità , « Le Figaro » invidia all ' Italia un governo che saprebbe rispondere meglio di Balladur ai disoccupati e ai giovani in piazza . Né è facile tornare democristiani malgrado le preghiere dei vescovi . Nelle pentole scoperchiate da Mani pulite è esplosa l ' unità politica dei cattolici , metà dei quali si sono consegnati al signore degli spot , subito seguiti da metà della Chiesa . Un partito cattolico doveva essere interclassista e per l ' interclassismo spazio non ce n ' è più . La domanda più interessante è perché da noi non si sia mai formata una destra moderna e liberale . Einaudi fu presidente più per stima che per convinzione , Malagodi restò poca cosa , inutilmente Pannunzio , Scalfari e Ad hanno coltivato i fragili La Malfa o Segni , o qualche altro si è illuso su boccioli presto degenerati , tipo Martelli o i radicali . È dall ' epoca di Beccaria che una borghesia puritana e industriosa , una cultura conservatrice e liberale non abitano qui . Qui abita in Bossi , sola novità , l ' eredità della incompiutezza capitalistica del paese . Essa riflette anche nei nostri confini la nuova divisione del mondo , non più fra capitalismo e socialismo , fra Stato e Stato nazionale , ma fra zone forti e zone deboli . Perciò Bossi è altro da Fini e Berlusconi , e venderà cara la sua pelle . Quanto a Berlusconi , è la sinistra sconfitta a vedere in lui un capitale nazionale a statura europea , piuttosto che le banche continentali che ne conoscono i conti . E Fini , sarà tanto se al parlamento europeo qualcuno non chiederà di metterci fuori dalla Comunità , se lo portiamo al governo . Già Ciampi ha avvertito che gli dorrebbe di essere stato Facta . Mentre la destra insegue se stessa , gli intellettuali di sinistra inseguono i sogni . Pensare che erano stati severamente ammoniti di tornare a terra , smetterla con il messianismo , le utopie , le chimere del socialismo e , Dio non voglia , comunismo . Massimo Cacciari confida a « Repubblica » che se i progressisti non ce l ' hanno fatta è solo per via dell ' immagine : alla faccia nuova e seducente di Berlusconi non hanno opposto che quella nota e poco amena di Occhetto . Ma quel che in Cacciari suona ancora come un certo disprezzo per le élections piège à cons , in molti nostri amici diventa filosofia e la confidano al « Cerchio quadrato » . Il « polo della libertà » ha vinto , scrivono domenica scorsa , non perché prometteva occupazione e meno tasse , ma perché , come Ariel nella Tempesta , liberava la fantasia , dava voce alle pulsioni del profondo , esprimeva spinte esistenziali . La mancanza della sinistra non è stata di idee , per non dire di progetto ( tediosissima parola ) ma di miti e di sogni . Soprattutto di sogni , perché il mito ha un suo qualche spessore e durata , talvolta ha a che fare con il logos , il razionalismo , l ' illuminismo , l ' assolutismo laico che ci hanno malefiziato finora . I bisogni , come dice la parola stessa , sono in gran parte fatti di sogni . I progressisti non l ' hanno capito e ci hanno inondato - basti pensare alle loro prestazioni televisive - di concretezza e materialità , antico vizio da modernità perdente . Non che le cosiddette questioni sociali siano irrilevanti , ma quel che conta sono le vie esistenziali del malessere , che dipendono dall ' immaginario . La tv ammonisce il nostro bieco economicismo che non è l ' essere a determinare la coscienza ma viceversa . All ' anima . Non l ' avevano capito neanche i francofortesi , e Dio sa quanto diffidassero dalle trappole . Ma sono poi trappole ? Le mie amiche della differenza lo chiamano ordine simbolico , insistono che è decisivo , ma talvolta scordano che gli ordini simbolici non si inventano , non si autolegittimano , non vanno in parallelo agli ordini reali , ne sono una proiezione e tendono a eternarli . E quindi non si abbattono per dichiarazione . Un ordine simbolico diverso presuppone o impone ordini sociali diversi . In questo senso è vero quel che altri scrive : che non è più tempo di disvelamenti . Tutto è disvelato nella sua serializzazione e mercificazione , ma ambedue sono accettate . Finiamola di credere che la gente non sa quel che vota . Ha votato Berlusconi non perché appariva favoloso , ma esattamente quel che è , un padrone lombardo furbo che ce l ' ha fatta con il Caf e dopo . Da soli gli italiani non pensano più di farcela , se mai l ' hanno pensato . Questa è la miseria , e miserabilismo è lo starci . Fuggendo nell ' immaginario e affidando alla genetica vocazione antiautoritaria del mercato di regolare le cose per noi , spazzando le escrescenze patrimoniali del potere , che dovrebbero mettere in contraddizione il Berlusconi profittatore di regime con il Berlusconi liberista e garantire la società « sana » . Sana come la Mosca di Eltsin ... ma via , prendiamo il meglio , la Germania , il Giappone , il Sudest asiatico , New York , Messico . Che il mondo sia ammalato e si aggraverà se non cambia un sistema fondato sulla competitività , si dice oggi correntemente a Bruxelles e alle Nazioni Unite . I progressisti invece ne dubitano , e sono pronti a battersi il petto perché sugli spiriti libertari del mercato sarebbero stati messi lacci e lacciuoli , e sui lavoratori troppe provvidenze . Basterebbe che la gente desse retta alle proprie domande immateriali invece che a quelle di salario , magari autoledendosi per un po ' , e tutto si aggiusterebbe . Come dice il Fondo monetario internazionale . Cari amici , perdiamo perché siamo incantati dall ' avversario . Di che materia sarebbero fatti i nostri sogni se è stato un abbaglio credere di dovere e poter cambiare questo mondo ? Su che cosa fonderemmo una comunità altra , se già sono garantite da questa le ragioni della libertà ? Se non è questione di vita o morte per sette degli otto miliardi di persone che fra un po ' siamo , e ormai per un margine crescente delle nostre periferie ? Non si fa politica senza necessità . Non è un optional . Se le cose vanno da sé e in fondo non tanto male , facciamo a meno della sinistra o almeno non prendiamola sul serio . Perché tanta enfasi ? Sembra sempre che cada il mondo e invece abbiamo solo i fascisti di ritorno . Enrico Ghezzi ha fatto vedere a Fuori Orario , la notte prima del voto , Tre inni a Lenin di Dziga Vertov . Curiosa scelta e bizzarro prodotto . Girato negli anni venti , montato nel 1934 - alle spalle di quel Congresso dei vincitori del cui Comitato centrale sarebbero rimasti vivi in una dozzina - e rimontato con musiche orrende negli anni settanta . Le immagini bellissime parlano di un sogno . Mio , dice la gente , tutto mio . La mia terra , la mia fabbrica , la mia elettricità , il mio libro , il mio potere . Mio di lui , mio di lei . Mio di tutti . Neppure la grondante retorica delle scritte non so quando sovrapposte offusca questo sogno dei sogni , cui abbiamo rinunciato non per troppa scienza . Per troppa paura di vedere che cosa è stato , dove e perché s ' è spezzato , gli giriamo attorno , coltiviamo risentimenti e oblii .
Televisione ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Che in nessun paese un solo signore possieda tre canali più tre è certo . Che nessuno se li tenga quando diventa presidente del Consiglio , è certo . Che Berlusconi venne vide e vinse perché possiede tre più tre canali tv , è meno certo . Se lo fosse , non si capisce perché nel 1963 quando la Rai era tutta ferreamente democristiana la Dc perdette . E invece la sinistra , che in due mesi di campagna elettorale ebbe sei volte dieci minuti di spazi spaventosamente autogestiti , più il messaggio finale fra gli altri , andò avanti . Come media non aveva che « l ' Unità » e 1'«Avanti ! » , maldestri fogli e foglietti che risfogliati sembrano ancora più distanti dalla tv di Bernabei di quanto oggi i quotidiani siano dal video . Eppure quella tv unificò la lingua ma non la testa degli italiani . Il fatto è che la testa si formava anche su altro , la mediatizzazione non era la sola forma di socializzazione , o il suo sostitutivo . Qualche milione di persone si era fatto cittadino nel reticolo dei partiti e sindacati , e sì , anche delle parrocchie , era divenuto soggetto nel confliggere delle idee e delle identità sociali , scoperto e agito nel luogo di lavoro in città o nelle campagne in naufragio . Per poco che contasse quel cittadino parlava , chiedeva , protestava , si univa ad altri , si faceva un giudizio . Aveva una idea di sé che comparava con altri , che gli erano noti e meno noti , dalla fabbrica alla scuola alla cascina al comizio alle prime lotte di strada . Esercitava un frammento di potere del quale aveva qualche frammento di pratica . Accendeva il televisore accanto o dopo una esperienza politica ravvicinata che fungeva da filtro . Sapeva distinguere l ' immagine dalla realtà , metterle a confronto , e divorava immagini senza rischio di una perdita di sé . La pervasività della tv non sta dunque nella diabolicità del mezzo , sta nell ' essersi fatto il cittadino non più che spettatore , atomo e quindi unidimensionale , senza altra idea di sé che quella ricevuta dal video e i suoi annessi , e docilmente rinviante al video lo stesso comando che quello gli suggerisce , per cui l ' uno riflette l ' altro all ' infinito . Faremmo meglio a chiederci perché è avvenuto . Negli anni settanta avrebbero avuto un bel cantare , Berlusconi e Fiorello . La tv non ci ha espropriato , ha riempito un vuoto di un altro esproprio . Autoesproprio . La sinistra parlamentare non ha predicato che la politica moderna era consenso , e quella extraparlamentare , uomini e donne , che della politica se ne aveva abbastanza ? Non hanno tutti accettato che il partito fosse leggero o non fosse ? Ma che vuol dire leggero se non ridotto a comitato elettorale addestrato a fornire immagini suggestive ? Il partito leggero espropria la sua base della stessa possibilità d ' una esperienza politica magari elementare ma diretta . Compreso il come del finanziamento : non le case del popolo e i festival fai - da - te dei pesanti partiti operai e popolari furono costruiti dalle tangenti , ma il leggerissimo Psi . La famelica Dc di Milano ai tempi di Mongini non aveva neanche diecimila iscritti . Quando Mario Segni dichiarò , con la lungimiranza che lo distingue , che politica altro non doveva essere che fiducia negata o data ogni quattro anni dal singolo al deputato della sua circoscrizione , non solo riduceva l ' Italia del 1994 all ' Inghilterra del circolo Pickwick , ma riduceva la formazione della coscienza politica a cosa tanto fragile , che basta un soffio a volgerla da una parte all ' altra , ed egli per primo ne ha pagato il prezzo . Quando nel plauso generale Orlando ha distrutto i consigli comunali , ha deprivato il paese e anche la sua causa di decine di migliaia di persone che avevano un ' idea di che significa amministrare una società complessa . In pochi anni tutto il tessuto politico - sindacale - sociale è stato concordemente demolito , da destra e da sinistra . È a quel punto che gli italiani sono diventati carta assorbente . Può esserci una televisione di sinistra ? I francofortesi e per ultimo Enzensberger dicono di no : la tv , come tutte le immagini in movimento , induce suggestioni più che pensieri , imponendo tempi e scansioni alla ricezione , mentre il lettore si dà tempi e scansioni suoi . Una distanza che gli permette di accogliere o rifiutare . Lo sanno Placido e Guglielmi , grandi lettori e sostenitori del libro colto per chi si presume dotato di intelletto , e dello schermo incolto per il telespettatore , che si presume mediamente debole . Chi amministra le immagini gioca su questo , sia nel messaggio esplicito sia in quello subliminale - del quale molto si parlava quando ci si sarebbe vergognati di Funari . Ma questa tv non libera l ' immaginario , gli suggerisce degli stereotipi costruiti sulla media di desideri semplificati ( denaro , successo , sesso ) e trasgressioni consentite . È questa la tecnica dei serials , che diventa obbligata anche per chi li fabbrica , come spiega Altman . E tuttavia , come dimostra Altman , non c ' è mezzo che non possa suggerire una presa di distanza dalle sue proprie trappole . Che non lo voglia fare non implica che non lo possa fare . C ' è chi lo ha fatto , Blob . Non quando ha opposto alle immagini del giorno immagini estranee , portando per mano il telespettatore a dire : ma guarda un po ' che roba , sembra un politico è invece un sedere di donna ( a destra o al centro o a sinistra usano il sesso femminile come negazione e sprezzo , stile caserma ) . Ma quando fa parlare immagine contro immagine , dallo stesso giorno e tempo e mondo , facendole dubitare di sé , cioè nel modo più antipubblicitario possibile . E usando dei moduli del mezzo , ripetitività , ossessioni . Sono Blob e qualche volta il palinsesto dell ' imprendibile Fuori orario che a volte ci accomiatano con una riflessione invece che con una suggestione . Questo sarebbe al fondo della discussione su una tv o radio « di sinistra » . Ahimé , siamo però molto al di qua del fondo . Forse che negli anni novanta è stato diverso il messaggio esplicito della Rai e delle private ? La Rai , con la coda di paglia della lottizzazione , ha forse osato dire che « pubblico » non equivale necessariamente a « statale » , stato non equivale a somma fra partiti , partito non equivale ad apparato ? Non ha osato . Ha umilmente portato acqua al mulino del privato , del governo antiparlamentare , delle corporazioni . Curzi e Santoro , come Scalfari , hanno pensato che liquidando il pubblico e i partiti , la crisi del Caf avrebbe colpito solo il Caf e la valanga si sarebbe gentilmente fermata ai piedi prima di La Malfa , poi di Segni . E invece non s ' è fermata affatto . Anche i loro argomenti avevano aiutato il parto del figlio naturale del Caf , Berlusconí , che ora li affligge , nonché la banalizzazione di Fini . Eppure l ' andamento dell ' opinione durante questo genere di crisi è scritto da Weimar in poi in lettere minacciose sui muri del secolo , e qualche riflessione sul come portare in altre acque la crisi d ' un detestato sistema si sarebbe potuta fare . Ma non l ' hanno fatta . Hanno gridato « in galera , in galera » come un tempo faceva Bracardi , mentre Corrado Augias , che oggi si duole del supermercato Fininvest , se doveva presentare a Babele un libro se ne scusava , indorando la pillola con amenità distraenti . Anche Elvira Sellerio ci fa sapere che la sola idea di far « cultura » in Rai le fa venir mal di testa . Non è che la sinistra non abbia detto . Ha detto , ha detto . Ha deciso che la gente è troppo debole per tollerare una critica - critica , e che al nazional - popolare si poteva sostituire dell ' altro che non fossero pappette sessual - popolari - antipolitiche - antipartitiche - anticomuniste . Se questa non è stata egemonia della destra , mi sparo . Tutti costoro si difendono dicendo che la tv non fa che riflettere l ' odierna realtà . Ma andiamo . E come potrebbe ? La tv , come un giornale , ne sceglie pochi sprazzi e li illumina , sprofondando il resto nel buio . È un teatro . Perché vergognarsene ? Si risponda del testo e della messinscena . Scrivo queste note appena finito il « Tg 1 » delle 13.30 di martedì . Dell ' universo ha fatto 22 notizie . Otto delitti , ma tredici scenari di morte , due guerre e una necrologia inclusi ( sarebbe interessante chiedersi perché riflettiamo l ' universo come morte ) . Poi un governo . Un fatto privato . Tre notizie economiche . Tre di teatro . All ' ottavo posto il primo risultato elettorale del Sudafrica : vittoria di Nelson Mandela , testuale : « I neri ballano » . Una sola volta la realtà ha dominato . Sulla fine di Ayrton Senna la tv non ha fatto in tempo a decidere il registro , e ha mandato in onda quel bel volto sorridente , la macchina sfasciata . Senna santo , Senna libertino , l ' accusa alla pista e agli interessi , la difesa della pista e degli interessi , che i piloti vivano , che i piloti muoiano se no che spettacolo è ? E gli stessi che piangevano « è finita la speranza di riscatto del Brasile » , e avevano pagato perché ogni volta che correva poteva morire . Niente tornava , tutto si contraddiceva , era un gigantesco Blob . Molto utile .
Italiani brava gente ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
In Francia e in Germania e in Spagna non si raccapezzano che in Italia i fascisti siano al governo . Se Balladur avesse un uomo di Le Pen come vice primoministro , se Kohl avesse chiamato qualcuno designato dai Republikaner , se in Spagna Aznar si porterà dietro qualcosa di più di Manuel Fraga , strilleremmo come aquile . È per l ' Italia che gli italiani hanno un occhio di riguardo , si offendono , si perdonano . Sono davvero fascisti quei ministri , o piuttosto ex fascisti o postfascisti ? Davvero Fini si prepara a liquidare Berlusconi e far scrivere a D ' Onofrio le leggi speciali , sciogliere il parlamento , internare i progressisti , buttare in acqua gli immigrati , preparare le liste degli ebrei , prenderne i beni e sterminarli - come fecero i padri , Almirante incluso ? È più verosimile che punti al progetto inseguito fin dagli anni cinquanta , dar vita a un partito nazionalista e conservatore che giusto mancava in Italia a destra della Democrazia cristiana . È la tesi di Lucio Colletti . Sennonché gli eventi sono precipitati e il famoso vuoto è stato riempito , al Nord , dalla Lega e , dalle Alpi alla Sicilia , da Berlusconi ; l ' urgenza di una « vera » destra è stata esaudita . Al Msi - An toccherà quindi spiegare che razza di destra è . Perché c ' è di tutto . Prendiamo per buono quel che di sé dice Fini , innocente per età . Ma Rauti ? Ma la galassia di sigle e siglette , avanguardie nazionali e ordini nuovi più o meno defunti e terze posizioni , e di riviste e rivistine fra celtiche e mediterranee , ispirate da Julius Evola venendo in giù fino a Marco Tarchi , e i congressi e i raduni con gente di Le Pen , tipo Pierre Vial , i ragazzi di Schoenhuber , i nipotini di Nolte , gli Alain de Bénoist e gli Irving ? Costoro non si sentono affatto post , hanno dietro di sé non nostalgie ma , ahimè , idee : la destra « rivoluzionaria » non ne è sprovvista affatto . Sarebbe comodo che un ' idea tremenda non fosse un ' idea . La tradizione aristocratica , signorile , gestuale , eroicista , valoriale contro la serialità del moderno , razzista classica o differenzialista ( quanto soffrono i neri a Birmingham ) dilaga per rivoli nell ' indifferentismo debole dell ' oggi . È interessante vedere che farà Fini di costoro . E del suo partito , che di idee ne ha poche ma tiene aperte le sezioni , è presente sul territorio , mena le mani e alimenta la fiamma ? La rete militante del Msi non è fredda come il suo segretario , è attiva e vendicativa , Mussolini è il suo martire e i suoi militanti stanno ridendo del giuramento che prestano i loro ministri . È stata legittimata prima da Berlusconi e poi dagli elettori del « polo » per quel che è , non per quel che non sarebbe più ; lo zoccoletto duro che per anni raramente ha superato il 6 per cento e raramente è sceso sotto il 3 , si è triplicato in tre mesi . Non è detto che Fini voglia e possa liberarsene . Per non parlare delle logge e del Sisde . La vera domanda è se dilagherà o no . Salvo i pestaggi e le oscurità delle trame negli anni settanta , l ' Italia ha convissuto con quella frangia , e ha persino considerato che non andava soggetta senza eccezione alla legge che proibisce la ricostituzione del partito fascista e punisce l ' apologia del fascismo ; meglio era non creare dei martiri né sprofondare certi umori nella clandestinità . Si vedevano , quello erano , quello sarebbero restati . Ragionamento non sciocco , finché la vaccinazione antifascista ha mantenuto immune il resto del paese . Ma è immune ancora ? Non mi conforta la tesi che nulla sarebbe cambiato perché oggi hanno votato Msi coloro che prima votavano Dc . Intanto , c ' è un buon mucchietto di giovani che votano per la prima volta dopo il referendum e che nel giro di un anno sono passati dal fervore per Mario Segni a una delle tre destre , scegliendo quella di radice fascista . E poi non è indifferente che non andasse da sé , fino a un anno fa , votare Msi o dare del tu al suo segretario in tv . Era un bene che una pregiudiziale antifascista fosse nel senso comune . Ora è caduta . Perché ? Non basta dire che la corruzione rivelata da Mani pulite ha dato spazio a un partito che al potere non era mai stato e dunque non era corrotto . Non solo a Roma il Msi ha fatto esperienza di governo . Il successo di Berlusconi dimostra quanto fosse ambiguo un certo moralismo considerato popolare : tutti sapevano che Berlusconi è nato e cresciuto sui favori , in altri paesi impensabili , del Caf e specie dell ' abominato Craxi , ma egli non ne ha pagato alcun prezzo ; anzi ha fatto strage dei voti degli integerrimi lumbard , e si capisce che Bossi soffochi di collera . La spinta non è stata a un ingenuo rinnovamento , è stata a destra . E a destra non ha trovato più dighe . Il fascismo era tornato frequentabile . Perché poi che cos ' era mai stato ? I fascisti erano un po ' bestie , ma vuoi mettere con i nazisti . Quando i tedeschi fanno una cosa la fanno sul serio , noi a metà . Prendiamo l ' antisemitismo : Renzo De Felice ci ha spiegato che fino al 1938 non c ' era , che allora Mussolini è stato tirato per i capelli a emanare le leggi razziali , per altro « blande » , e che se dal 1943 al 1945 ci sono stati persecuzione , arresti , deportazioni , si deve all ' occupazione tedesca . Uno sguardo doppio si posa da sempre sulla Repubblica sociale italiana : per gli ideologi del Msi è un modello di fascismo rivoluzionario , depurato dai compromessi borghesi del Mussolini prima edizione , per l ' opinione corrente non è stata che un ' accolita di scagnozzi , collaborazionisti che non ci rappresentano affatto , anzi a guardar bene non erano propriamente italiani . Hanno rastrellato e deportato su ordine altrui . Possiamo essere servi , codardi , albertosordisti , certo . Ma per natura non feroci . Italiani brava gente . Poca della cultura democratica ha fatto i conti con questo cliché , recentemente esplorato da David Bidussa . È una bella vergogna che soltanto alcuni intellettuali ebrei si soffermino su questa sorta di revisionismo aborigeno , nutrito di un ' idea benevola di noi stessi . Non diamone la colpa al solo De Felice . Quell ' animo trascorre , dopo Rossellini , su tutto il cinema neorealista . I federali facevano ridere . Ridere è sano e dissacrante . Ma qualche volta comodo . Abbiamo volentieri banalizzato il fascismo . E parti insospettabili hanno banalizzato l ' antifascismo . Quando alcuni nostri grandi vecchi , certo non indulgenti verso il passato , hanno proposto di togliere di mezzo assieme alla pregiudiziale anticomunista anche quella antifascista hanno fatto un ' operazione per metà revisionista per metà illuminista . « Revisionista » perché inconfessatamente assume a vera radice del fascismo quella paura del comunismo nella quale le esitazioni borghesi troverebbero , bene o male , una giustificazione . Non a caso la caduta dell ' antifascismo si propone nel 1989 . Leggo in questi giorni le parole di un ostinato liberale , de Viti de Marco , che scriveva ancora nel 1929 : « Contro il caos sorse il fascismo , organizzazione privata di resistenza , segno non dubbio di vitalità del paese » . E persisteva , con parole che oggi fanno particolare impressione : « Noi avemmo in comune col fascismo un punto di partenza , la critica e la lotta contro il vecchio regime » , che era appunto il « parlamentarismo degli interessi e dei privilegi » . Era giusto allearsi con Mussolini perché soltanto in un secondo e « ben distinto momento » il fascismo riplasmava lo Stato che aveva felicemente ricostruito a sua somiglianza , « e così il nostro gruppo fu travolto » . Da riflettere . Illuminista è stata invece la persuasione che la modernità e in particolare il mercato garantiscono , per le necessità della concorrenza , il gioco democratico . Vedi dove si ribalta il marxismo volgare , ultimo exploit del famoso rapporto struttura - sovrastruttura . Il capitalismo come sistema mondiale renderebbe inattuale il ritorno d ' una barbarie . Dopo Biagio De Giovanni , tutta la storia del Pds è stata lastricata da questa sciocchezza . Come se oggi non fossimo in presenza di un processo crescente di divisione , di emarginazione , anche nel Nord oltre che fra Nord e Sud ; come se i fondamentalismi nascessero per caso in questo secolo , residuo del passato invece che prodotto del presente . Così Berlusconi non è fascista ma gli viene naturale di fare il governo con il Msi . Perché no ? I suoi elettori non gli hanno rimproverato questa alleanza . Né gliela rimprovera la sinistra , preferisce accusarlo di aver rifatto il vecchio pentapartito . Tutti suggeriscono di aspettare e vedere . Ma il fatto è già avvenuto : l ' Italia non è fascista , ma non è più antifascista . Non è più democratica in quel senso pieno , anche vigile , che questa parola ha avuto fino a poco tempo fa , è fiacca e desiderosa di essere governata da un uomo forte . Pare composta più da dipendenti dell ' azienda Italia che da cittadini della Repubblica . Poi da cosa nasce cosa .
Keynes addio ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non conviene dividersi fra chi considera l ' attuale governo un fascismo bell ' e impiantato e chi un governo di centro destra , in grado di controllare un Msi in mutazione . La prima ipotesi sospetta la seconda di smobilitare gli animi , e forse è vero : ma non sono ragionamenti così diversi . Più interessante è intendersi sulla continuità o discontinuità del nuovo governo : Berlusconi non sarebbe che un Caf muscoloso , Berlusconi è il neoliberismo finalmente al potere . In ambedue i casi l ' aggiunta d ' un partito , il Msi - An , è suppletiva , roba da usare quando occorre menar le mani o frenare i federalismi leghisti . Mario Tronti propende per la continuità , e non certo per indulgenza : una egemonia di destra , scrive , era già avvenuta nel corpo sociale e nella stessa sinistra , oltre che essere costitutiva dei vari spezzoni del centro . Che i fascisti stiano ora nella maggioranza è un problema , non il problema . L ' ampiezza del condizionamento dell ' estrema destra nell ' Italia del 1994 - e di estreme ce ne sono almeno due , quella del Msi e quella del mélange fra integralismo cattolico e fondamentalismi etno - lavoristi dei lumbard - si valuta a seconda di quel che Berlusconi si propone di fare . Ma se ha un senso il crollo del sistema politico avvenuto tra il 1992 e il 1994 , anche grazie a quel minamento del comune sentire democratico che Tronti descrive e che è precipitato nel referendum , è che esso segna il venire a fine dell ' antico rapporto fra struttura del capitale italiano e uno Stato che , dal fascismo in poi , è sempre stato non solo legato ad esso , ma assieme protettore e protetto e negoziatore . La sfera politica e quella degli apparati , strettamente interconnessa nell ' impresa pubblica e nel credito , si sono reciprocamente condizionate come due soggetti . L ' Italia del dopoguerra è stata anzi , con la presenza della più massiccia sinistra europea , un esempio interessante di relativa « autonomia » del politico , e perciò ha allargato la mano pubblica , già stabilita dopo gli anni trenta , e ha esteso un welfare che è stato anche formativo d ' una certa idea dei diritti . La caduta della sinistra e un incerto governo del politico , dopo la morte di Moro e nella arroganza di Craxi , hanno fatto del Caf un apparato autoreferenziale che , a ristrutturazione tecnologica fatta , a liberalizzazione del movimento dei capitali avvenuta , a mercato mondiale unificato , si è rivelato per la prima volta soltanto parassitario . Per un sistema produttivo ansante e obbligato a una competitività almeno continentale cui era impreparato - vecchia l ' automobile , non più specificamente italiano l ' elettrodomestico , indietro l ' informatica , un pasticcio avventuristico la chimica pubblica e privata - lo scassato e ingordo apparato di governo e sottogoverno era ormai solo un ingombro . Con la privatizzazione dell ' impresa pubblica e del credito , e con l ' attacco massiccio agli apparati pubblici della scuola e della sanità , oltre che della pubblica amministrazione in senso proprio , il « sistema politico » è ferito a morte . Con la partitocrazia è affondato , grazie all ' inerzia della sinistra ( che in questo è apparsa complice ) , lo Stato come luogo di conflitto e contrattazione . Torna ad essere essenzialmente apparato classico di repressione - esercito , polizie , funzioni della giustizia . La discontinuità non è piccola . È grande . In essa si ridelineerà la leadership del capitale italiano , messa in questione non solo dal crollo della Montedison e dell ' impresa di Stato , ma dal fiato corto della Fiat . Mi piacerebbe tanto che gli economisti ci dicessero qualcosa su quel che va succedendo nella rete industriale e postindustriale , oltre a rilevare , come vediamo anche noi inesperti , che la piccola e media azienda tira e s ' è data una espressione politica . Si può presumere che in Berlusconi si delinei un primato , un traino dell ' industria della comunicazione ? O no ? Forse il primo atto essenziale del governo sarà nell ' assetto della Stet privatizzata e dei gruppi di controllo ( chissà che farà Mediobanca ) che si formeranno in essa . Nel diluvio in cui sprofondano i cosiddetti ammortizzatori sociali non sarà il Msi a tenere il timone ; fungerà da repressore , fuorviante o magari , come in parte è già avvenuto , assorbente della protesta . Certo Berlusconi non governerà come il Caf , nel momento in cui il comando politico tende a liberare il comando economico . L ' obiettivo è prima andare , con le buone o con le cattive , a restaurare una costituzione formale e materiale prekeynesiana , poi , a Stato dimagrito , si potrà anche ridiscorrere di democrazia . L ' impatto della destra si vede già invece nella destrutturazione dei « valori » del paese , a cominciare da una certa separazione tra Stato e Chiesa , propria del resto dell ' Europa moderna . Prendiamo la scuola : non si capisce a che serva a una borghesia competitiva rinunciare a una formazione e trasmissione di saperi laica e moderna , e finanziare invece tentativi di dominio integrista ; se non che , caduta la mediazione della Democrazia cristiana , l ' alleanza di Berlusconi con la Chiesa passa oggi tramite la destra , vedi il quartetto D ' Onofrio - Guidi - Zeffirelli e Squitieri . Perno , la famiglia . Chi dice famiglia , dice che la libertà femminile è cosa perversa , quando non assassina . È stato presentato alla Camera , prima ancora del voto del governo , un documento strabiliante che forse non avrebbe circolato neppure ai tempi dell ' Opera Nazionale Maternità e Infanzia , cui si ispira . Al centro è la ragazza madre , per la quale si sprecano enfasi e commozione in sintonia con il Movimento per la vita , e ad essa si affiancano spericolatamente i deboli in genere : donne , malati di Aids , handicappati e animali . Sic . Leggere per credere . Dire famiglia significa anche trasportare i diritti del cittadino , il nato o la nata in Italia , sui « genitori » , cioè su una tutela che decide - per esempio in tema di istruzione e quindi in larga parte di socializzazione e destino professionale , perché lo stato , che nella scuola pubblica era proprio la collettività laica , si ritira . Avanti con il bonus per le scuole dei preti e delle aziende , che di quattrini abbisognano . Qui si va dritti verso le encicliche di Woytila e gli umori del cardinal Biffi . Non se ne preoccupa la Libreria delle donne di Milano , sedotta dalla luce che la destra sarebbe finalmente costretta a gettare su alcune donne . Differentemente dalla sinistra che non lo faceva . Ma davvero ? È un pezzo che in Europa e fuori avanzano delle signore , portate da partiti di sinistra o più raramente di destra . Signore in genere fedeli al mandato . Non trasgredienti alcune grandi , da Golda Meir a Indira Ghandi , trasgrediente per eccesso Margareth Thatcher , fedele al padre Benazir Bhutto , al liberismo Corazon Aquino o Violeta Chamorro - le prime che vengono in mente . Adesso c ' è anche Hillary Clinton . Dal 1981 in Francia sono legioni le ministre e c ' è stata una premier , Edith Cresson . Dove sta la differenza tra Franca Falcucci o Rosa Russo Jervolino , Tina Anselmi o Rosy Bindi e Ombretta Fumagalli Carulli o Titti Parenti ? La Anselmi e la Bindi si sono ribellate a ben altro che a un intervento di Berlusconi . Com ' è che non si sono viste ? Quanto a Pivetti , che cosa distingue la sua ascesa alla presidenza della Camera da quella di Nilde Jotti , se non dall ' esservi portata sulle spalle di Bossi , Fini e Berlusconi invece che su quelle del Pci e d ' un governo che aveva rispetto per le minoranze ? Alcune mie amiche hanno voluto vedere nel fatto che , al momento della sua investitura , abbia parlato di sé al maschile , una micidiale sortita dell ' inconscio interpellato dalla differenza . Ma no , era solo l ' introduzione nel rito laico della Camera del liturgico : quasi vir fatta sum . Ora sono quasi un uomo ! È inquietante il capovolgersi dell ' immagine che avevano alcuni stilemi della Libreria : l ' aspra separatezza , la diffidenza verso la sfera politica e le istituzioni perché iscritte nel codice « neutro di lui » , per non parlare del « potere » , ancora un mese fa esecrato ( ultimo numero di « Critica Marxista » ) ora invocato come desiderio femminile ( ultimo numero del « Cerchio quadrato » ) . È come se mutassero di senso le parole che mi intrigavano , gerarchia , autorevolezza , affidamento a una madre reale o simbolica , disparità , o la critica alla democrazia come sinonimo di democratismo ( sopra la legge ) , indifferenza alle paci e alle guerre , ai fascismi e agli antifascismi ( parzialità ) , alla stessa condizione del « genere » ( basta con la nostra figura di dolenti e oppresse ) o alle ingiustizie ( finiamola con il miserabilismo ) . È l ' insofferenza , anzi la negazione delle altre - specie se un tempo amate , come la Irigaray o la Melandri , che seguono diversi cammini . È l ' insistenza su un discorso analogico - simmetrico a quello maschile : invece del patriarcato una genealogia femminile , invece della legge del padre l ' ordine simbolico della madre . Molto mi pareva di dover concedere a un pensiero che si proponeva un ' ambizione alta , ripensare la storia e il presente nell ' ottica della sessuazione , una critica radicale alla mia stessa storia e al pensiero politico cui sono formata . Diamoci tempo , mi dicevo . Ma per arrivare a Irene Pivetti ? Che malinconia .
Vivere a Milano ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Vivo a Milano dal 1948; avevo allora cinquantadue anni . Perché ho scelto Milano a preferenza d ' altre città ? Molti amici , quando vado a Roma o altrove , me lo chiedono , tra stupiti e scandalizzati . E la mia risposta è sempre la stessa : perché a Milano ho trovato un posto di lavoro soddisfacente . Ma gli amici non si arrendono e obiettano : che ne è del clima o meglio dell ' habitat intellettuale della città ? Non è forse vero che l ' incomunicazione di massa ha qui toccato uno dei suoi vertici ? E a questo punto la mia risposta è sempre la stessa : 1° ) l ' incomunicazione di massa può essere molto favorevole a uno scrittore o artista che non sia eterodiretto , che non dipenda dagli alti e bassi della moda culturale ; mentre sarebbe disastrosa per quei titani dell ' aggiornamento porno - sociologico che contestano « il sistema » ritraendone lauti vantaggi ; 2° ) anche mettendo da parte ciò che Milano e la Lombardia rappresentano nella vita economica del nostro Paese , anche se ci scordiamo per un momento la meravigliosa stagione del romanticismo lombardo possiamo tranquillamente affermare che gli anni della scapigliatura e del primo naturalismo hanno fatto di Milano una città civilissima e culturalmente importante . Sì , hanno fatto : ma ora ? Io posso riferire due episodi diversissimi , ma forse significativi . Nel 1926 incontrai a Milano Italo Svevo , di cui conoscevo solo l ' opera e la fotografia . Mi feci coraggio , mi presentai e lo condussi subito in via Borgospesso , al « Convegno » . Vi trovai alcuni scrittori ben lieti di rendere omaggio al loro più anziano collega . Enzo Ferrieri , naturalmente , Carlo Linati , Eugenio Levi , Alessandro Pellegrini ed altri ancora . Qualche mese dopo Svevo tornò al « Convegno » per leggere una sua conferenza su Joyce : fu un avvenimento che oggi non potrebbe ripetersi . Secondo episodio , trent ' anni dopo . Nel 1956 si dette alla Scala un dramma lirico di sir William Walton , Troilo e Cressida . Io ero il traduttore del bellissimo libretto . Musicalmente , la partitura era elegantissima , la parte vocale non facile . Lo feci notare a Victor de Sabata , il quale sorrise e mi disse che la Scala sapeva il fatto suo . De Sabata , grande direttore d ' orchestra , era notoriamente incapace di mettere insieme un cast . Il risultato fu disastroso : l ' opera , eseguita da artisti di terz ' ordine , finì tra fischi assordanti . Alla fine dello spettacolo né il Sovrintendente , né il De Sabata , né il direttore d ' orchestra si fecero vedere dall ' autore . Faceva freddo , nevicava . Accompagnai Walton sguazzando nella neve e nelle pozzanghere . Lui era tranquillo , io pieno di vergogna . Nonostante il freddo , la nebbia e lo smog Milano ha o avrebbe tutto ciò che occorre per essere un ' importante città d ' arte e di cultura . Ha molte opere d ' arte , musei , biblioteche ( eccellente la Biblioteca comunale ) , alcune università ; possiede due grandi orchestre , parecchie istituzioni musicali , è sede dei maggiori editori italiani , i suoi giornali e rotocalchi raggiungono alte tirature . Ogni sera vi si tengono decine di conferenze e dibattiti , il Piccolo Teatro ha ottenuto successi internazionali , la Scala fa quel che può ( meno di quel che potrebbe ) per sopravvivere , la direzione locale della Rai - TV compie lodevoli sforzi , ma non si è mai riusciti a dare alla città un decente museo d ' arte moderna . Tuttavia la somma di simili meriti e demeriti è ben lontana dal dare un risultato positivo . Non mancano le apparecchiature e i mezzi , è invece assente la volontà di coordinare gli strumenti a disposizione e di dare al pubblico , anche al pubblico dei meno abbienti , quei « servizi » ch ' esso avrebbe il diritto di pretendere . Che Milano sia stata sempre una città sorda all ' intelligenza non può dirsi in alcun modo . Anche senza essere un longobardista ( com ' era il compianto Bognetti ) e nemmeno un lombardista ( com ' è il valentissimo Dante Isella ) io so quanto Milano abbia contato nella storia dell ' intelligenza italiana . Lo so per averlo letto nei libri , non lo so affatto per mie recenti esperienze personali . Tra il '25 e il '30 io venivo a Milano come si va alla Mecca : per rendere il mio tributo a una città d ' eccezione . Ma se debbo prescindere dall ' enorme importanza che Milano ha nel campo dell ' industria e dell ' economia , io amo questa città per l ' innegabile senso civico dei suoi abitanti , l ' amo perché vivendoci riesco quasi a dimenticarmi di essere in Italia ( e non è dir poco ) , l ' amo perché qui il sottobosco politico e pseudo culturale fa poca presa , l ' amo perché i miei amici A B C ... Z non potrebbero viverci e prosperare , l ' amo perché qui si può vivere senza vedere nessuno , senza essere coinvolto in qualsiasi indecoroso intrallazzo mondano , senza vergognarmi di essere al mondo , l ' amo con tutto il cuore ma non riesco ad amarla per la souplesse , l ' agilità e l ' acume della sua intelligenza . Dipenderà dai cittadini di Milano un futuro e imprevedibile mutamento del volto , del carattere della città ? Certamente , ma non dai suoi uomini d ' oggi . Milano è una città buona , ma non è una città interessante . Gli stranieri vengono qui per ragioni d ' affari , ma ben pochi viaggiatori sentimentali ( nel senso reso tradizionale da Sterne ) vengono a stabilirvisi . Milano potrà dunque , anzi dovrà , diventare una città di cultura rinunziando ( et pour cause ) a quanto non ha di congeniale : il colore locale , la cattiva reputazione , lo scandalo , la moda . Sarà possibile ? Tutto dipenderà dai suoi uomini di domani . Se i giovani d ' oggi si tagliassero la barba e imparassero a studiare senza far credito alle molte università che vi sorgeranno , numerose come i funghi , allora Milano potrebbe acquistare quella dimensione morale e culturale che altre città italiane , malgrado l ' infuriare delle discordie politiche , hanno saputo in qualche modo difendere . Ricordiamo però che la cultura non si fabbrica , nasce da sé quando è giunto il momento propizio . E il momento stesso è una grazia che bisogna meritare .
La revisione ( Rossanda Rossana , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Non sarà indolore accogliere l ' istanza di revisione della condanna di Sofri , Bompressi e Pietrostefani presentata dall ' avvocato Gamberini alla Corte d ' appello di Milano . Ma sarebbe ancor meno indolore respingerla . Essa compie quel salto nella lettura del rinvio a giudizio che andava fatto già al processo di prima istanza , quando i carabinieri ammisero che , prima di presentare il Marino alla magistratura milanese , lo avevano intrattenuto nottetempo per oltre due settimane . Con il colonnello Bonaventura , esperto di antiterrorismo , veniva giù da Milano a Sarzana apposta . I conciliaboli , mai verbalizzati , sarebbero rimasti segreti se un modesto prete non avesse innocentemente detto in aula di quel via vai notturno . Poiché la tesi accusatoria si fonda soltanto sulla crediblità di Marino , l ' Arma teneva a non far sapere che tanto spontaneo e improvviso il racconto dell ' uomo non era : si sarebbe potuto pensare che era stato filtrato , se non addirittura suggerito . Di questa menzogna nessuno chiese davvero conto ai carabinieri . E qui sta la seconda enormità . Perché i casi sono due : o la procura di Milano , nelle persone del dottor Pomarici e poi del dottor Lombardi , è sotto l ' inganno dei carabinieri quando ne avalla la versione nel rinvio a giudizio , oppure sa che essa è falsa ma è d ' accordo con loro nel sottrarre una prova fondamentale sulla credibilità di Marino . Nel 1988 o l ' Arma o la procura hanno mentito . E non si sono mai corretti . I carabinieri guidano Marino nel bizzarro riconoscimento dell ' appartamento dove avrebbe preparato l ' attentato , o lo inducono nei loro stessi errori sull ' identikit dell ' omicida . Il colonnello Bonaventura dichiara che per lui " andava da sé " che Lotta Continua avesse ucciso Calabresi . Da bravo sceriffo , li deve incastrare con le buone o le cattive e quando le cattive vengono alla luce neppur sente il bisogno di difendersi . Né si correggono i giudici , soltanto un ' analoga convinzione e idea di " efficacia " spiega come tutte le corti , eccezion fatta per la Cassazione nel 1992 , abbiano fatto agevolmente a meno di riscontri effettivi , abbiano screditato le testimonianze contro l ' accusa e largheggiato con le altre , spingendosi fino a stravolgere le dichiarazioni , o far dichiarare un defunto , per non parlare della calma con la quale accettano la distruzione delle prove prima del processo , e non chiedono esami e perizie che , come l ' istanza dimostra , si potevano ben fare . L ' istanza di revisione chiama finalmente con il suo nome quel che somiglia , più che a una serie di sbagli , a una montatura che una volta partita cresce su stessa , coinvolgendo un tribunale dopo l ' altro . È il riordino e la minuziosa verifica di tutti i materiali che getta una luce impressionante anche su quel che sapevamo . Il ricorso porta inoltre elementi nuovi . Non molti . Uno , enorme , la dichiarazione di una persona presente all ' attentato che inutilmente dice di aver riconosciuto l ' assassino al dottor Allegra della questura di Milano - quello dell ' interrogatorio a Pinelli - e dal suo ostinato fingere di non sentire deriva un grande spavento , durato troppo a lungo . Altri minori , ma non meno ripugnanti , come il documento d ' un tale dei Ros di Trapani che si dice convinto , in comune con la procura di Milano , che Rostagno sia stato fatto ammazzare da Sofri o i suoi amici , sempre per celare l ' assassinio di Calabresi . Brutta faccenda , fra apparati che non osano smentirsi . In che paese viviamo ? si chiede Salvatore Mannuzzu a proposito del testimone azzittito e delle prove sparite o sostituite . Sì , in che paese viviamo ? Quale idea di sé e dei propri diritti e doveri regge l ' Arma dei carabinieri e le corti giudicanti ? L ' istanza di revisione va raccolta , non solo per restituire libertà ai tre condannati , ma per restituire a noi qualche fiducia nelle istituzioni della giustizia .