StampaQuotidiana ,
Viviamo
giorni
gravi
per
la
nostra
democrazia
.
Abbiamo
parlato
di
pericolo
per
la
Repubblica
.
Non
è
un
cedimento
all
'
emozione
,
è
un
giudizio
politico
che
parte
dalla
consapevolezza
delle
forze
potenti
,
interne
e
internazionali
,
che
muovono
le
fila
di
questo
attacco
spietato
contro
lo
Stato
e
le
libertà
repubblicane
.
Il
Paese
ha
capito
e
milioni
di
uomini
si
sono
mobilitati
dando
la
risposta
giusta
,
la
più
ampia
e
la
più
unitaria
.
Comunisti
,
socialisti
,
democristiani
,
cittadini
e
giovani
di
ogni
fede
politica
si
sono
ritrovati
in
piazza
con
le
loro
bandiere
e
con
una
comune
volontà
di
difendere
la
democrazia
.
E
in
Parlamento
le
forze
politiche
democratiche
hanno
dato
vita
ad
una
maggioranza
nuova
per
la
presenza
in
essa
,
dopo
più
di
trent
'
anni
,
del
partito
comunista
italiano
:
fatto
che
ha
assunto
particolare
significato
per
il
momento
in
cui
è
avvenuto
,
superando
di
slancio
dubbi
e
incertezze
di
ogni
parte
che
pur
erano
presenti
dopo
la
conclusione
della
crisi
di
governo
.
È
facile
immaginare
quale
sarebbe
oggi
la
situazione
,
quale
lo
smarrimento
,
se
non
vi
fosse
stata
questa
risposta
del
Paese
e
del
Parlamento
.
È
chiaro
adesso
perché
abbiamo
lavorato
così
tenacemente
per
evitare
uno
scontro
lacerante
che
avrebbe
provocato
l
'
ingovernabilità
del
paese
,
la
paralisi
dei
pubblici
poteri
e
lo
scioglimento
delle
Camere
.
È
chiaro
perché
abbiamo
posto
al
centro
di
tutta
la
nostra
azione
la
necessità
di
fronteggiare
l
'
emergenza
attraverso
una
collaborazione
chiara
tra
le
forze
politiche
fondamentali
.
Si
è
affermato
che
Aldo
Moro
è
stato
rapito
proprio
per
colpire
un
simbolo
,
tra
i
più
significativi
,
di
questo
sforzo
,
teso
a
impedire
lo
scollamento
politico
e
istituzionale
.
Ma
al
di
là
della
persona
di
Moro
-
(
al
quale
rinnoviamo
,
in
questo
terribile
momento
,
la
nostra
stima
e
solidarietà
)
-
si
è
voluto
colpire
l
'
insieme
della
democrazia
italiana
.
Il
terrorismo
e
la
violenza
politica
mirano
a
questo
:
a
sostituire
la
presenza
,
l
'
iniziativa
,
la
partecipazione
,
e
quindi
la
crescita
della
coscienza
politica
di
masse
sempre
più
grandi
di
popolo
,
con
la
guerriglia
di
bande
di
fanatici
a
colpi
di
spranga
e
pistola
.
È
la
conquista
più
grande
del
popolo
che
viene
minacciata
.
Si
vuole
impaurire
la
gente
,
disperderla
,
svuotare
le
istituzioni
rappresentative
e
preparare
così
il
terreno
a
nuove
dittature
.
È
giunto
il
momento
di
decidere
da
che
parte
si
sta
.
Noi
la
scelta
l
'
abbiamo
fatto
.
Essa
è
scritta
nella
nostra
storia
.
Il
regime
democratico
e
la
Costituzione
italiana
sono
conquiste
decisive
e
irrinunciabili
del
movimento
popolare
,
delle
sue
lotte
,
del
suo
cammino
,
non
ci
sono
stati
regalati
da
nessuno
.
Molto
c
'
è
da
rinnovare
nella
società
e
nello
Stato
,
ma
guai
ad
allentare
la
difesa
delle
conquiste
realizzate
e
delle
istituzioni
repubblicane
.
Non
c
'
è
oggi
compito
più
urgente
e
più
concretamente
rivoluzionario
che
quello
di
fare
terra
bruciata
attorno
agli
eversori
.
Facciano
il
loro
dovere
,
fino
in
fondo
,
i
corpi
preposti
alla
difesa
delle
istituzioni
.
Faccia
il
proprio
dovere
ogni
cittadino
democratico
.
Nessuno
si
lasci
prendere
dalla
sfiducia
,
tutti
contribuiscano
,
quale
che
sia
la
loro
funzione
,
a
mandare
avanti
la
vita
del
paese
in
tutti
i
campi
.
Faccia
il
suo
dovere
la
classe
operaia
che
sta
diventando
sempre
più
la
forza
che
in
concreto
garantisce
gli
interessi
fondamentali
della
nazione
e
la
capacità
di
reggere
a
tutti
gli
urti
.
Come
partito
comunista
continueremo
a
fare
la
nostra
parte
.
Ma
questa
mobilitazione
straordinaria
,
questa
vigilanza
di
massa
del
nostro
popolo
chiedono
,
sollecitano
,
una
guida
politica
nuova
del
Paese
.
Ha
colpito
tutti
,
giovedì
,
l
'
assonanza
tra
Paese
reale
e
Paese
legale
,
tra
società
civile
e
il
Parlamento
.
Tutti
capiscono
che
ben
altro
governo
sarebbe
stato
necessario
,
un
vero
governo
di
unione
democratica
.
Ma
il
rischio
di
una
grave
lacerazione
è
stato
evitato
,
una
nuova
maggioranza
parlamentare
si
è
formata
e
vi
è
un
programma
che
consente
di
fronteggiare
l
'
emergenza
secondo
linee
che
vanno
al
di
là
dell
'
immediato
.
Si
tratta
di
un
passo
avanti
,
che
attende
ora
la
prova
dei
fatti
.
Il
nostro
proposito
è
che
la
più
ferma
difesa
della
convivenza
democratica
si
accompagni
,
finalmente
,
al
rigore
,
alla
pulizia
,
all
'
efficienza
.
Bisogna
risanare
lo
Stato
.
La
cosa
pubblica
deve
essere
amministrata
seriamente
.
E
questo
vale
per
tutti
:
per
i
più
alti
funzionari
e
dirigenti
delle
imprese
statali
come
per
i
più
umili
impiegati
.
La
carta
fondamentale
che
viene
giocata
contro
le
forze
del
rinnovamento
è
la
disgregazione
,
il
lassismo
,
il
non
governo
.
Il
rigore
è
una
scelta
nostra
,
come
lo
è
l
'
austerità
:
è
la
leva
per
cambiare
le
cose
e
non
soltanto
per
impedire
il
collasso
.
Ciò
è
reso
possibile
dalla
presenza
nella
maggioranza
dei
partiti
delle
classi
lavoratrici
.
Il
PCI
reca
in
questa
maggioranza
anche
un
modo
nuovo
e
più
alto
di
sentire
gli
interessi
nazionali
,
una
nuova
moralità
.
Già
da
tempo
la
classe
operaia
influenza
,
più
o
meno
ampiamente
,
l
'
indirizzo
politico
nazionale
.
Oggi
può
esercitare
tale
influenza
politica
in
modo
più
diretto
.
Il
passo
avanti
realizzato
nell
'
unità
delle
forze
fondamentali
del
nostro
popolo
reca
il
segno
dell
'
emergenza
.
Noi
staremo
in
questa
maggioranza
parlamentare
con
la
lealtà
e
fermezza
.
Daremo
il
nostro
sostegno
,
ma
eserciteremo
un
incisivo
e
metodico
controllo
.
Ci
adopereremo
perché
ogni
decisione
sia
coerente
col
programma
e
anzitutto
con
le
sue
priorità
:
ordine
democratico
,
salvezza
della
scuola
,
occupazione
,
Mezzogiorno
.
C
'
è
però
chi
concepisce
la
soluzione
attuale
della
crisi
come
una
semplice
tregua
.
Troppo
grandi
sono
i
problemi
che
la
nuova
maggioranza
dovrà
affrontare
,
troppo
alta
è
la
posta
in
gioco
per
poter
giustificare
un
atteggiamento
puramente
attendista
e
passivo
qual
è
quello
di
tregua
.
È
il
momento
dell
'
iniziativa
e
dell
'
azione
solidale
con
il
Paese
:
altrimenti
tutti
ne
pagheremmo
lo
scotto
.
Molto
dipende
dunque
dallo
sviluppo
nel
profondo
del
Paese
di
movimenti
che
rafforzino
il
tessuto
democratico
e
rendano
più
salda
ed
estesa
l
'
unità
tra
le
forze
popolari
.
StampaQuotidiana ,
La
scomparsa
di
Amadeo
Bordiga
ha
riproposto
il
tema
della
sua
figura
e
della
sua
opera
.
Era
nato
a
Resina
(
Napoli
)
nel
1889
.
Nel
1910
si
iscrisse
alla
federazione
giovanile
socialista
,
che
si
collocava
alla
sinistra
del
partito
e
si
distinse
in
essa
per
la
sua
intransigente
opposizione
alle
posizioni
riformiste
.
Particolarmente
dura
fu
la
sua
polemica
contro
i
maggiori
esponenti
del
socialismo
napoletano
e
le
loro
«
degenerazioni
bloccarde
»
:
nel
1912
fondò
il
circolo
«
Carlo
Marx
»
che
divenne
il
centro
di
raccolta
dei
socialisti
rivoluzionari
napoletani
.
Al
congresso
di
Ancona
nel
1914
,
opponendosi
a
quanti
affermavano
che
nel
Mezzogiorno
i
socialisti
dovevano
adottare
una
linea
particolare
,
afferma
che
il
processo
rivoluzionario
aveva
uno
svolgimento
simultaneo
e
che
di
conseguenza
,
il
,
partito
socialista
doveva
adottare
una
tattica
unitaria
.
Apparivano
già
evidenti
alcuni
degli
elementi
positivi
e
negativi
che
sarebbero
rimasti
poi
fondamentali
nell
'
ideologia
bordighiana
;
il
rifiuto
di
ogni
soluzione
parziale
o
localistica
ma
,
nello
stesso
tempo
,
l
'
identificazione
di
tattica
e
strategia
,
la
difficoltà
di
passare
in
maniera
efficace
dall
'
elaborazione
teorica
all
'
attività
pratica
.
Particolare
importanza
,
in
quel
periodo
,
ebbe
la
sua
intransigente
opposizione
alla
guerra
Anche
per
Bordiga
,
come
per
la
direzione
del
PSI
,
la
guerra
sarebbe
stata
una
parentesi
:
occorreva
fare
in
modo
che
essa
arrecasse
il
minor
danno
possibile
al
partito
e
,
in
particolare
,
non
incrinasse
la
sua
compattezza
ideologica
.
Gli
avvenimenti
del
1917
,
e
,
soprattutto
,
la
rivoluzione
russa
modificarono
,
in
parte
,
queste
posizioni
.
Nel
novembre
,
i
rappresentanti
della
frazione
intransigente
rivoluzionaria
,
che
si
era
costituita
nell
'
estate
,
e
di
cui
faceva
parte
anche
Bordiga
,
si
riunirono
a
Firenze
con
i
rappresentanti
della
direzione
.
Può
anche
darsi
che
in
quella
riunione
Bordiga
abbia
posto
la
questione
della
conquista
del
potere
,
ma
è
certo
che
non
solo
dal
convegno
non
venne
fuori
una
linea
rivoluzionaria
,
ma
anche
da
parte
di
Bordiga
il
problema
della
rivoluzione
continuò
ad
essere
considerato
un
problema
del
dopoguerra
.
Di
qui
la
mancanza
di
una
indicazione
politica
di
organizzazione
e
di
lotta
e
la
differenza
notevolissima
dalle
posizioni
leniniste
.
Nel
novembre
del
1918
Bordiga
fondò
il
«
Soviet
»
che
,
non
ostile
in
un
primo
tempo
,
alle
posizioni
della
direzione
massimalista
andò
poi
assumendo
atteggiamenti
sempre
più
intransigenti
,
in
particolare
sulla
questione
dell
'
espulsione
dei
riformisti
.
Ma
il
«
Soviet
»
non
diventò
un
centro
di
raccolta
della
sinistra
,
anche
perché
pose
come
motivo
centrale
della
sua
polemica
quello
dell
'
astensionismo
:
occorreva
astenersi
dalle
elezioni
per
poter
meglio
preparare
la
rivoluzione
.
Ma
si
trattava
poi
di
una
preparazione
che
era
vista
in
termini
essenzialmente
educativi
e
propagandistici
,
sicché
Bordiga
per
questo
aspetto
fondamentale
non
si
distaccava
dalle
posizioni
massimalistiche
.
La
parola
d
'
ordine
dell
'
astensionismo
non
ebbe
grande
risonanza
all
'
interno
del
PSI
dove
,
nel
maggio
del
1919
aveva
cominciato
ad
operare
a
Torino
il
gruppo
dell
'
«
Ordine
Nuovo
»
.
Bordiga
attacca
subito
la
concezione
dei
«
consigli
»
contrapponendo
ad
essa
quella
del
partito
,
non
leninista
,
ma
inteso
come
un
nucleo
di
«
puri
»
,
ideologicamente
assai
coeso
,
ma
intorno
a
principi
assai
semplici
,
che
si
richiamavano
al
«
manifesto
dei
comunisti
»
;
un
partito
di
propagandisti
che
elaboravano
e
diffondevano
parole
d
'
ordine
,
intorno
alle
quali
si
sarebbero
raccolte
le
masse
al
momento
della
rivoluzione
.
In
realtà
,
in
quegli
anni
,
pur
ponendo
al
centro
della
sua
attenzione
i
«
consigli
»
Gramsci
era
più
vicino
di
Bordiga
alla
concezione
leninista
del
partito
.
Nel
congresso
di
Bologna
del
1919
le
posizioni
astensioniste
furono
nettamente
battute
.
Alla
constatazione
dell
'
impossibilità
di
portare
la
maggioranza
del
partito
socialista
sulle
sue
posizioni
,
apparsa
evidente
già
nel
dibattito
precongressuale
,
deve
essere
collegato
il
tentativo
di
Bordiga
di
entrare
in
rapporto
diretto
con
Lenin
comunicandogli
la
sua
decisione
di
fondare
un
partito
comunista
in
Italia
,
attraverso
due
lettere
che
furono
intercettate
dalla
polizia
.
E
'
a
queste
lettere
che
si
fa
risalire
la
priorità
di
Bordiga
nell
'
aver
posto
la
questione
del
partito
in
Italia
,
ma
quello
voluto
da
Bordiga
era
,
in
realtà
,
un
piccolo
partito
massimalista
,
che
avrebbe
dovuto
lanciare
rigide
parole
d
'
ordine
,
e
svolgere
un
'
intesa
propaganda
,
nell
'
attesa
dell
'
inizio
del
processo
rivoluzionario
,
di
cui
esso
avrebbe
poi
preso
la
direzione
.
Il
gruppo
bordighiano
non
si
poneva
il
problema
di
come
dare
avvio
al
movimento
,
di
come
intervenire
attivamente
in
esso
,
sicché
,
a
questo
proposito
si
può
parlare
dell
'
esistenza
di
forti
legami
fra
le
concezioni
bordighiane
di
quel
periodo
e
quelle
serratiane
.
In
realtà
il
solo
strumento
d
'
intervento
attivo
nel
processo
rivoluzionario
,
che
sia
stato
teorizzato
e
costruito
in
quegli
anni
furono
i
consigli
di
fabbrica
.
Ma
la
concezione
ordinovista
si
affermò
soprattutto
a
Torino
e
le
tesi
gramsciane
,
anche
se
ricevettero
l
'
approvazione
di
Lenin
alla
vigilia
del
II
congresso
dell
'
IC
,
rimasero
isolate
nel
PSI
.
La
sconfitta
del
movimento
di
occupazione
delle
fabbriche
accentuò
questo
isolamento
e
le
polemiche
che
precedettero
il
congresso
di
Livorno
,
anche
per
l
'
intervento
dell
'
Internazionale
,
si
accentrarono
intorno
alla
questione
dell
'
espulsione
dei
riformisti
.
Era
un
problema
che
Bordiga
aveva
posto
con
maggiore
insistenza
degli
altri
,
ed
egli
,
di
conseguenza
,
fu
in
quei
mesi
il
maggiore
antagonista
di
Serrati
e
diventò
poi
il
capo
del
Pcd
'
I
,
che
nacque
dalla
scissione
di
Livorno
.
I
primi
anni
di
vita
del
nuovo
partito
furono
fortemente
improntati
dalla
direzione
di
Bordiga
,
che
ottenne
l
'
approvazione
della
maggioranza
per
le
sue
tesi
al
congresso
di
Roma
del
1922
.
Le
difficilissime
condizioni
create
dall
'
affermarsi
del
fascismo
,
la
ferrea
disciplina
di
partito
rivoluzionario
,
la
popolarità
di
Bordiga
presso
la
base
resero
assai
lenta
la
nascita
di
un
gruppo
leninista
che
potesse
prevalere
.
Soltanto
nel
1923
,
per
iniziativa
di
Gramsci
,
ebbe
inizio
la
formazione
di
un
nuovo
gruppo
dirigente
,
le
cui
posizioni
però
,
come
mostra
la
conferenza
di
Como
del
1924
,
incontrarono
forti
resistenze
nel
partito
.
Quando
,
nel
1924
,
Bordiga
partecipò
al
V
congresso
dell
'
Internazionale
,
poteva
ancora
contare
sul
sostegno
di
una
parte
del
partito
comunista
italiano
.
Intervenendo
nella
discussione
sul
fascismo
affermò
che
si
era
trattato
solo
di
«
cambiamento
del
personale
governativo
della
classe
borghese
»
e
si
oppose
decisamente
ad
ogni
tattica
di
fronte
unico
così
come
si
era
già
opposto
alla
partecipazione
dei
comunisti
al
movimento
degli
arditi
del
popolo
.
Ma
il
congresso
dell
'
IC
insistette
affinché
i
comunisti
italiani
arrivassero
all
'
unità
con
i
«
terzinternazionalisti
»
guidati
da
Serrati
.
Bordiga
sembrò
accettarne
le
decisioni
,
ma
ritornato
in
Italia
riprese
la
lotta
per
l
'
affermazione
della
sua
linea
che
fu
definitivamente
sconfitta
solo
nel
gennaio
1926
al
congresso
di
Lione
.
Nel
febbraio
dello
stesso
anno
Bordiga
partecipò
al
VI
plenum
dell
'
esecutivo
dell
'
IC
,
scontrandosi
duramente
con
Stalin
.
Ancor
più
che
al
V
congresso
egli
apparve
come
il
maggior
rappresentante
della
sinistra
estrema
ed
il
discorso
che
vi
pronunciò
fu
,
secondo
il
Carr
,
«
l
'
unica
seria
opposizione
che
si
udì
durante
la
sessione
»
;
il
suo
intervento
fu
diretto
soprattutto
contro
le
concessioni
che
venivano
fatte
ai
contadini
dell
'
URSS
,
ed
in
esso
egli
riprese
tesi
dell
'
opposizione
interna
russa
,
ed
in
particolare
di
Trotzkj
.
Tornato
in
Italia
nel
novembre
dello
stesso
1926
,
Bordiga
che
era
stato
già
arrestato
e
processato
nel
1923
,
fu
nuovamente
arrestato
e
inviato
al
confino
.
Fu
liberato
nel
1930
.
Invitato
dal
partito
comunista
a
ritornare
alla
lotta
,
non
accettò
e
fu
espulso
.
Gli
ultimi
quarant
'
anni
della
vita
di
Amadeo
Bordiga
non
appartengono
alla
storia
del
movimento
operaio
ma
costituiscono
una
vicenda
privata
.
StampaQuotidiana ,
Noi
crediamo
nella
vita
ultraterrena
-
e
se
qualche
compagno
arriccia
il
naso
,
si
rilegga
,
per
favore
,
l
'
art.
2
del
nostro
statuto
-
e
crediamo
anche
che
,
giunti
che
saremo
lassù
,
il
Padreterno
ci
sottoporrà
a
un
processo
perché
gli
confermiamo
personalmente
come
ci
siamo
comportati
in
vita
.
Lo
speriamo
,
anzi
,
perché
abbiamo
nella
manica
una
carta
sicuramente
vincente
.
Gli
diremo
,
infatti
,
che
quando
eravamo
vivi
abbiamo
letto
tutti
gli
scritti
dell
'
ing.
Ronchey
,
anche
adesso
che
,
da
qualche
tempo
,
compaiono
su
"
la
Repubblica
"
senza
quella
sua
foto
che
bastava
da
sola
a
renderli
così
leggeri
e
lieti
.
Udita
questa
nostra
confessione
il
Signore
-
non
senza
commiserarci
-
sentenzierà
che
ci
spetta
il
paradiso
,
il
quale
deve
essere
noiosissimo
,
col
solo
vantaggio
-
se
c
'
è
una
giustizia
-
che
non
vi
incontreremo
mai
l
'
arcivescovo
Marcinkus
.
Iddio
che
è
(
non
ci
stancheremo
mai
di
dirlo
)
filocomunista
,
ha
sempre
mandato
all
'
inferno
i
banchieri
e
predilige
i
metalmeccanici
,
anche
se
costoro
non
lo
sanno
.
Ogni
tanto
però
-
raramente
,
si
capisce
-
la
nostra
pazienza
viene
premiata
e
ciò
accade
quando
l
'
ing.
Ronchey
(
il
quale
,
solitamente
,
scrive
lo
stesso
articolo
,
sicuro
com
'
è
che
nessuno
ha
mai
letto
i
precedenti
)
viene
folgorato
da
una
idea
come
è
accaduto
nel
suo
scritto
,
su
"
la
Repubblica
"
di
ieri
,
dove
a
un
certo
punto
(
verso
la
fine
:
le
cose
bisogna
meritarsele
)
dice
che
Spadolini
è
un
"
esausto
mediatore
"
.
Ecco
una
buona
definizione
e
probabilmente
il
presidente
del
Consiglio
è
effettivamente
un
"
esausto
mediatore
"
,
ma
riuscite
a
immaginare
uno
Spadolini
attorniato
da
ministri
che
andassero
d
'
accordo
e
che
non
avessero
più
bisogno
di
mediatori
o
,
se
preferite
,
di
pacieri
?
Come
arriverebbe
a
sera
,
quel
poveretto
?
La
nostra
(
personale
,
s
'
intende
)
convinzione
è
che
il
sen.
Spadolini
quando
compie
una
mediazione
è
sorretto
da
questa
sola
speranza
:
che
si
tratti
di
una
mediazione
effimera
,
in
modo
che
il
giorno
dopo
o
magari
addirittura
qualche
ora
dopo
sia
chiamato
a
comporre
un
nuovo
dissidio
,
così
ha
da
lavorare
,
l
'
odio
essendo
,
come
dice
il
proverbio
,
il
padre
del
pentapartito
.
Ora
aspettiamo
il
nuovo
articolo
dell
'
Ingegnere
su
"
la
Repubblica
"
.
Ne
scrive
uno
la
settimana
e
sono
sempre
così
spontanei
,
così
sorgivi
,
così
di
getto
che
sembrano
partoriti
tutti
col
taglio
cesareo
.
Ma
se
,
come
ci
permettiamo
di
suggerirgli
,
manda
quello
di
un
anno
fa
,
che
non
ricordiamo
più
se
fosse
dedicato
alla
vita
degli
insetti
o
alla
situazione
dei
partiti
,
nessuno
se
ne
accorgerà
.
Per
la
foto
non
si
preoccupi
,
Ingegnere
.
Ne
abbiamo
già
una
appesa
al
muro
tra
quelle
di
Marilyn
Monroe
e
di
Cary
Grant
.
StampaPeriodica ,
Nelle
prigioni
nascono
e
si
affermano
parole
nuove
.
Il
detenuto
che
viene
spedito
in
un
altro
carcere
è
'
sballato
'
,
'
impacchettato
'
.
Oppure
si
dice
che
'
l
'
hanno
partito
'
.
Cambia
il
gergo
,
ma
il
recluso
resta
sempre
un
pacco
.
Se
i
linguisti
lo
sapessero
,
e
in
particolare
i
vocabolaristi
,
farebbero
carte
false
per
venire
in
galera
.
Intanto
,
i
luoghi
chiusi
funzionano
come
isole
per
la
lingua
,
producendo
un
lessico
e
un
gergo
peculiare
,
e
conservando
intatte
parole
e
forme
dal
contagio
con
la
lingua
di
fuori
.
Benché
minata
dalla
presenza
della
tv
e
dal
tramonto
della
malavita
tradizionale
e
dei
suoi
gerghi
,
questa
capacità
di
autosufficienza
e
di
congelamento
linguistico
resta
notevole
.
Al
tempo
stesso
,
le
galere
,
'
isolate
'
dal
mondo
fuori
,
tengono
una
comunicazione
fra
loro
,
assicurata
non
solo
dall
'
alto
-
le
autorità
e
i
regolamenti
,
e
i
loro
idiomi
,
spesso
agghiaccianti
,
spesso
esilaranti
-
ma
anche
,
orizzontalmente
,
dai
travasi
di
prigionieri
dentro
il
così
detto
'
circuito
carcerario
'
.
Norma
non
estirpabile
dell
'
amministrazione
carceraria
è
infatti
una
specie
di
moto
perpetuo
per
cui
i
detenuti
vengono
trasferiti
da
un
carcere
all
'
altro
,
come
patelle
staccate
dallo
scoglio
,
per
evitare
che
ci
si
attacchino
troppo
.
Questo
maniacale
moto
perpetuo
produce
l
'
effetto
di
far
tornare
periodicamente
le
cose
al
punto
di
partenza
.
Così
,
l
'
innovazione
linguistica
sorta
nella
prigione
X
,
e
dimostrata
capace
di
successo
,
si
trasferisce
,
viaggiando
addosso
al
detenuto
,
come
un
pidocchio
mutante
,
nella
prigione
Y
,
e
in
un
giro
breve
di
tempo
,
mentre
il
mondo
di
fuori
non
ne
sa
niente
,
il
mondo
di
dentro
aggiorna
il
suo
magazzino
linguistico
.
L
'
esempio
che
voglio
illustrare
è
proprio
quello
della
parola
che
designa
il
trasferimento
.
Il
termine
più
ricorrente
è
:
sballare
.
In
subordine
:
impacchettare
.
È
chiara
la
parentela
fra
i
due
verbi
.
Il
loro
successo
era
legato
alla
capacità
di
cogliere
due
aspetti
essenziali
del
trasferimento
penitenziario
.
Il
primo
,
che
il
suo
oggetto
non
è
una
persona
,
ma
un
pacco
;
il
secondo
,
che
la
dislocazione
dell
'
oggetto
avviene
in
modo
brusco
e
burocraticamente
brutale
,
come
quando
si
dà
un
calcio
a
un
barattolo
su
una
strada
di
periferia
.
Sballare
,
e
il
suo
contrario
,
imballare
,
descrivono
l
'
oggetto
(
l
'
'
unità
detenuta
'
,
sic
)
incartato
e
legato
come
un
salame
,
e
buttato
,
più
che
verso
la
destinazione
ulteriore
,
lì
,
fuori
dai
piedi
,
qui
.
Significazione
indispensabile
,
perché
il
trasferimento
di
un
detenuto
somiglia
,
rudezza
a
parte
,
a
una
prestidigitazione
,
a
un
illusionismo
:
un
momento
fa
c
'
era
,
ora
non
c
'
è
più
.
Sballato
,
scomparso
.
Non
ha
avuto
il
tempo
di
salutare
,
non
gli
si
è
detto
perché
,
né
dove
sta
andando
.
Qualcuno
,
al
passeggio
,
dice
:
'
Ma
il
tale
,
oggi
,
non
scende
?
'
.
E
un
altro
,
con
un
po
'
di
rammarico
,
o
neanche
,
risponde
:
'
L
'
hanno
sballato
'
.
Si
fa
la
mattina
presto
,
quando
tutti
dormono
,
o
sono
chiusi
.
C
'
era
una
volta
Gigino
e
Gigetto
,
via
Gigino
,
via
Gigetto
.
A
volte
,
altrettanto
inopinatamente
,
torna
Gigino
,
torna
Gigetto
.
Il
detenuto
ora
graziato
dopo
trent
'
anni
di
galera
,
ne
aveva
girate
una
cinquantina
.
Il
tempo
di
attaccare
una
cartolina
di
ragazza
al
muro
e
via
,
al
prossimo
scoglio
.
Ora
,
sempre
di
più
,
sento
impiegare
il
verbo
'
partire
'
,
in
una
sua
forma
transitiva
.
Un
grido
nella
mattina
:
'
Mi
stanno
partendo
'
.
Una
domanda
al
passeggio
:
'
Ma
Gigino
dov
'
è
?
'
.
'
L
'
hanno
partito
'
.
Trovo
questa
variazione
molto
interessante
.
È
chiara
la
sua
matrice
meridionale
:
ma
già
la
ripetono
anche
detenuti
italiani
che
meridionali
non
sono
,
per
non
dire
degli
stranieri
,
che
non
hanno
alcun
pregiudizio
ad
accogliere
e
ripetere
una
forma
ascoltata
,
da
qualunque
parte
provenga
.
Meridionale
è
l
'
impiego
transitivo
dei
verbi
di
moto
:
scendimi
la
valigia
,
escimi
la
bicicletta
.
Se
di
'
partire
'
transitivo
,
fuori
,
gli
esempi
mancano
,
è
perché
alla
gente
di
fuori
non
capita
spesso
di
essere
impacchettati
e
spediti
con
un
calcio
da
un
'
altra
parte
:
cioè
di
'
venire
partiti
'
.
Un
trasferimento
di
fuori
,
non
so
,
da
un
provveditorato
all
'
altro
,
avviene
in
forme
meno
brusche
.
L
'
estremizzazione
di
attività
-
in
chi
parte
qualcuno
-
e
passività
-
in
chi
viene
partito
-
è
affare
di
carcere
.
Uno
è
un
po
'
indocile
,
e
l
'
occhio
clinico
dei
compagni
,
e
la
testa
scossa
,
prevedono
:
'
A
questo
lo
partono
subito
'
.
Se
non
sapessi
che
bisogna
guardarsi
dalle
etimologie
grossolane
,
se
non
ricordassi
Varrone
dagli
anni
della
scuola
(
che
avevano
pure
loro
delle
belle
parole
-
timbro
:
promosso
,
bocciato
,
'
mandato
a
ottobre
'
)
,
mi
piacerebbe
suggerire
un
'
analogia
di
'
mi
stanno
partendo
'
col
verbo
partorire
:
per
sottolineare
,
invece
,
che
l
'
ottimistica
idea
di
essere
dati
alla
luce
,
messi
al
mondo
,
la
perigliosa
e
non
richiesta
espulsione
dal
grembo
.
Un
rifiuto
,
piuttosto
che
un
'
ammissione
,
che
in
carcere
si
ripete
all
'
infinito
.
Infine
,
partire
è
un
po
'
morire
.
Morire
era
,
fino
a
poco
fa
,
anche
transitivo
,
ma
nel
senso
di
ammazzare
.
'
Ohimè
,
che
m
'
hai
morto
'
.
Più
affascinanti
sono
quelle
lingue
in
cui
morire
è
riflessivo
:
morirsi
.
Sembrano
più
consapevoli
del
fatto
che
morire
è
un
tornare
dentro
,
e
che
quando
si
muore
,
si
muore
soli
.
Questo
avviene
in
Abruzzo
.
'
Quiju
s
'
è
mortu
'
,
il
tale
è
morto
.
Ne
Ji
Raccunti
de
Cazzirru
dell
'
aquilano
Giuseppe
Placidi
,
leggo
:
'
Me
sembra
ieri
che
s
'
è
mortu
ju
poru
Luiggi
,
oi
'
.
(
Non
so
se
rientri
in
questo
uso
il
romanesco
'
sinnò
me
moro
'
,
più
parente
del
traslato
morire
d
'
amore
,
o
dalle
risate
)
.
Con
ciò
si
conclude
il
mio
avviso
ai
linguisti
,
Crusca
e
gli
altri
,
che
vorranno
apprezzare
la
comunicazione
e
passarla
sotto
i
loro
ferri
.
Io
,
da
dilettante
,
sto
meditando
il
colpo
grosso
.
Chi
non
ha
desiderato
di
coniare
,
di
creare
,
una
parola
nuova
e
inaudita
,
piena
di
vocali
,
come
quella
di
Hamsun
in
Fame
?
Una
parola
bellissima
,
come
'
idea
'
,
oppure
un
nome
di
ragazza
,
come
Anahita
.
Peccato
che
ci
siano
già
.
Io
oggi
posso
inventare
la
mia
,
e
metterla
in
circolazione
nel
mio
piccolo
.
Di
qui
,
la
gente
via
via
partita
la
porterà
in
giro
nel
circuito
.
Quanto
al
mondo
di
fuori
,
prima
o
poi
qualcuno
dovrà
pur
uscire
e
portarsela
dietro
,
la
parola
nuova
.
StampaPeriodica ,
Le
storie
televisive
dell
'
ispettore
Derrick
sono
molto
seguite
.
A
lume
di
buon
senso
critico
,
non
ci
sarebbero
ragioni
per
cui
Derrick
dovrebbe
piacere
.
il
protagonista
ha
lo
sguardo
acquoso
,
il
sorriso
triste
di
un
vedovo
sin
dalla
nascita
,
veste
male
con
cravatte
orribili
,
come
del
resto
anche
i
suoi
comprimari
;
gli
interni
avrebbero
piombato
lo
scomparso
Aiazzone
in
un
inguaribile
sconforto
,
e
gli
esterni
sono
quanto
di
peggio
la
Baviera
può
offrire
(
e
dire
che
avrebbe
di
meglio
)
.
Rimarrebbe
da
pensare
che
lo
schema
poliziesco
delle
vicende
sia
originale
e
che
Derrick
conquisti
il
suo
pubblico
dando
prova
di
facoltà
mentali
fuori
dal
comune
.
Ora
lo
schema
,
rispetto
alle
storie
poliziesche
di
una
volta
,
mostra
un
tratto
di
stagionatissima
novità
,
già
ampiamente
sfruttata
dalla
serie
del
tenente
Colombo
:
il
pubblico
sa
subito
chi
è
il
colpevole
e
come
ha
fatto
a
delinquere
.
Il
gusto
consiste
nel
vedere
come
il
poliziotto
,
che
non
sa
,
indovina
e
-
disponendo
di
scarsissime
prove
-
conduce
il
colpevole
a
tradirsi
.
Ma
Colombo
,
peggio
vestito
di
Derrick
,
si
muove
con
i
suoi
modi
proletari
in
un
mondo
di
californiani
belli
e
potenti
,
che
lo
trattano
come
una
pezza
da
piedi
(
e
lui
li
incoraggia
)
,
sicuri
che
quello
scarto
di
remote
immigrazioni
non
riuscirà
a
rompere
la
loro
guardia
,
e
a
infrangere
la
barriera
della
loro
arroganza
.
Colombo
li
mette
con
le
spalle
al
muro
con
alcuni
trucchi
psicologici
di
perfida
raffinatezza
,
trae
dalla
manica
un
asso
di
denari
insospettato
,
e
li
conduce
a
perdizione
proprio
sfruttando
la
loro
sicumera
.
l
pubblico
gode
di
questa
lotta
tra
il
pigmeo
e
il
gigante
dai
piedi
d
'
argilla
e
va
a
dormire
con
la
sensazione
che
qualcuno
,
modesto
e
onesto
come
loro
,
li
abbia
vendicati
,
punendo
personaggi
odiosamente
ricchi
,
belli
,
bravi
e
potenti
.
Derrick
invece
no
.
Quasi
sempre
ha
a
che
fare
con
gente
più
modesta
e
peggio
vestita
di
lui
,
psichicamente
instabile
,
intimidita
da
un
rappresentante
della
legge
,
come
accade
a
ogni
buon
tedesco
.
I
suoi
colpevoli
appaiono
così
spudoratamente
colpevoli
che
lo
capisce
di
solito
persino
Harri
(
e
pare
strano
che
la
polizia
bavarese
non
faccia
almeno
un
test
d
'
intelligenza
prima
di
assumere
qualcuno
)
,
crollano
quasi
subito
,
bastava
dargli
uno
spintone
.
Eppure
Derrick
funziona
e
non
facciamo
gli
snob
:
non
ce
ne
perdiamo
uno
.
È
uscito
da
poco
Le
passioni
nel
serial
TV
(
Nuova
Eri
)
dove
Pier
Luigi
Basso
,
Omar
Calabrese
,
Francesco
Marsciani
e
Orsola
Mattioli
si
occupano
delle
strategie
passionali
messe
in
opera
da
Beautiful
,
Twin
Peaks
e
,
appunto
,
Derrick
.
Di
quest
'
ultimo
si
occupa
Marsciani
.
Non
posso
seguire
passo
per
passo
la
sua
analisi
,
che
dura
una
trentina
di
pagine
,
ma
essa
certamente
risponde
agli
interrogativi
che
ponevo
sopra
.
Queste
storie
non
scelgono
mai
casi
eccezionali
,
ma
vicende
di
cui
si
occupa
anche
la
cronaca
dei
giornali
,
e
che
potrebbero
accadere
a
noi
,
o
ai
nostri
vicini
di
casa
;
per
cui
è
fondamentale
che
non
vi
appaiano
né
figure
eroiche
né
figure
troppo
antieroiche
(
e
cioè
malvagi
a
tutto
tondo
)
.
Sia
il
nemico
che
il
collaboratore
della
giustizia
sono
sempre
divisi
tra
passioni
opposte
,
desiderio
di
giustizia
e
di
vendetta
personale
,
colpa
e
comprensibile
debolezza
.
I
luoghi
non
debbono
essere
troppo
riconoscibili
,
per
non
restringere
le
possibilità
d
'
identificazione
da
parte
di
ciascuno
,
ma
debbono
ricordare
ambienti
familiari
a
tutti
.
Non
me
n
'
ero
accorto
,
ma
pare
che
,
a
mano
a
mano
che
la
serie
va
avanti
,
i
personaggi
usino
sempre
automobili
ultimo
modello
,
in
modo
che
lo
spettatore
ritrovi
sempre
un
'
atmosfera
di
attualità
quotidiana
(
Derrick
non
può
permettersi
il
catorcio
di
Colombo
)
.
Derrick
arriva
a
intuire
la
verità
non
perché
sia
diabolicamente
intelligente
,
ma
perché
è
sensibile
all
'
interlocutore
,
non
ne
diffida
mai
completamente
,
prende
sul
serio
i
suoi
patemi
-
e
pensiamo
quanto
diverso
sia
Colombo
,
che
invece
diffida
sempre
.
Certo
anche
a
Colombo
,
come
a
Derrick
,
alla
fine
dispiace
di
aver
rovinato
il
colpevole
;
ma
a
Colombo
dispiace
perché
in
fondo
,
in
questa
lotta
di
reciproche
astuzie
,
l
'
avversario
-
così
diverso
da
lui
-
gli
era
diventato
quasi
simpatico
;
Derrick
soffre
alla
fine
perché
il
colpevole
lo
ama
sin
dall
'
inizio
,
lo
sente
dei
suoi
.
Riassumendo
i
vari
contributi
del
libro
,
Calabrese
conclude
che
Derrick
è
un
mediatore
tra
realtà
e
immaginario
perché
rende
normali
le
sensazioni
interne
al
narrato
e
invoca
una
normalità
parallela
nei
suoi
spettatori
"
è
il
trionfo
della
mediocrità
,
intesa
appunto
come
`
stare
nel
mezzo
'
,
e
diventa
valore
invece
che
anonimato
.
"
E
allora
si
capisce
perché
ha
successo
:
costituisce
la
quintessenza
di
ogni
spettacolo
televisivo
,
anche
di
quelli
che
mettono
in
scena
personaggi
reali
,
amati
solo
se
si
dimostrano
trionfalmente
più
mediocri
del
più
mediocre
tra
gli
spettatori
.
StampaQuotidiana ,
Mercoledì
abbiamo
scritto
il
nostro
solito
corsivo
comparso
ieri
dedicato
al
segretario
del
PSDI
,
on.
Pietro
Longo
,
rientrato
dalla
Cina
,
dopo
aver
visto
che
"
L
'
Umanità
"
,
organo
del
partito
socialdemocratico
,
non
recava
l
'
intervista
a
Longo
,
promessaci
da
un
anonimo
collega
che
,
curioso
di
"
conoscere
i
particolari
dell
'
interessantissimo
viaggio
"
,
non
se
la
sentiva
di
"
disturbare
"
il
suo
supremo
dirigente
e
si
proponeva
di
interrogarlo
più
tardi
.
Ma
neanche
ieri
l
'
intervista
è
apparsa
e
poiché
nel
PSDI
c
'
è
una
"
talpa
"
,
noi
ora
siamo
in
grado
di
affermare
che
Longo
in
Cina
non
c
'
è
mai
stato
e
che
lunedì
,
passando
per
Fiumicino
,
arrivava
da
Grottaferrata
.
Temperamento
intrepido
,
viaggiatore
instancabile
,
non
è
la
prima
volta
che
Pietro
Longo
si
allontanava
per
luoghi
lontani
:
al
suo
partito
ricordano
ancora
quella
volta
,
molti
anni
fa
,
che
andò
fino
a
Genzano
,
dove
del
resto
nessuno
lo
vide
.
Rientrato
col
favore
della
notte
,
si
rimise
subito
al
"
suo
tavolo
di
lavoro
"
,
presso
la
sede
del
PSDI
,
rimanendovi
per
ben
due
giorni
intento
a
sbrigare
pratiche
urgenti
,
tanto
è
vero
che
dall
'
anticamera
giungeva
il
suono
sibilante
di
un
ininterrotto
russare
.
Segno
inconfondibile
,
per
i
suoi
intimi
,
che
il
segretario
pensa
,
il
letargo
essendo
del
tutto
simile
,
nei
socialdemocratici
,
alla
attività
.
L
'
altro
ieri
,
infatti
,
"
L
'
Umanità
"
recava
in
prima
pagina
,
con
grande
rilievo
,
questa
notizia
:
"
Cooperatori
del
PSDI
-
domani
da
Longo
"
,
lasciando
intendere
che
tutti
insieme
avrebbero
fatto
una
bella
dormita
e
ieri
,
sempre
il
medesimo
quotidiano
e
sempre
inquadrato
,
in
prima
pagina
,
portava
questo
titolo
:
"
Problemi
della
Sardegna
-
all
'
attenzione
di
Longo
"
,
il
che
ci
conferma
che
la
cosa
è
come
immaginavamo
rilevante
e
memorabile
,
essendo
difficilissimo
ottenere
che
il
massimo
esponente
socialdemocratico
(
escluso
il
sen.
Saragat
che
fa
la
regina
madre
)
abbandoni
anche
per
brevi
istanti
i
suoi
studi
prediletti
,
consistenti
nella
lettura
delle
annate
della
"
Settimana
enigmistica
"
.
Speriamo
che
abbiate
notato
che
l
'
organo
del
PSDI
,
conscio
dell
'
importanza
storica
dell
'
evento
,
ha
pubblicato
la
foto
dello
"
scambio
di
vedute
"
tra
Longo
e
Puletti
,
da
non
confondersi
col
loro
primo
incontro
,
che
avvenne
parecchi
anni
or
sono
a
Frascati
.
C
'
era
lì
Ruggero
Puletti
al
caffè
e
si
gingillava
con
un
cucchiaino
,
ciò
che
mise
in
sospetto
il
segretario
del
PSDI
sulla
natura
spontaneamente
socialdemocratica
dello
sconosciuto
.
Ma
per
essere
più
sicuro
Pietro
Longo
gli
chiese
:
"
Lei
che
cosa
fa
?
"
"
Niente
"
,
rispose
l
'
altro
senza
esitare
.
Allora
fu
chiaro
che
un
vice
segretario
così
i
socialdemocratici
non
lo
avrebbero
trovato
mai
più
.
StampaQuotidiana ,
La
signora
Ada
Manzi
ci
scrive
una
lettera
da
Milano
e
non
aggiunge
né
il
suo
indirizzo
né
altre
indicazioni
che
ci
permettano
di
individuarla
con
precisione
.
Ma
non
importa
,
ciò
che
conta
essendo
il
contenuto
della
sua
missiva
con
la
quale
ci
rimprovera
in
termini
sostanzialmente
cortesi
ma
vivaci
di
dire
"
sempre
male
"
dei
diplomatici
italiani
,
come
se
l
'
essere
"
in
carriera
"
(
la
signora
Manzi
deve
sapere
bene
che
così
si
esprimono
i
francesi
,
i
quali
chiamano
,
se
non
sbagliamo
,
la
professione
diplomatica
per
antonomasia
"
la
carrière
"
)
non
fosse
una
"
ambita
distinzione
"
che
merita
"
un
particolare
rispetto
"
.
E
la
lettera
termina
curiosamente
così
:
"
Credo
che
per
una
ragazza
della
buona
borghesia
sarebbe
un
piacere
e
un
onore
sposare
un
promettente
diplomatico
"
.
Gentile
signora
,
ci
consenta
di
dividere
questa
nostra
risposta
in
due
parti
:
una
seria
e
una
scherzosa
.
Cominciamo
dalla
seria
.
Ciò
che
vale
e
quale
autonomia
abbia
la
diplomazia
italiana
attuale
(
ci
riferiamo
,
naturalmente
,
ai
suoi
supremi
responsabili
)
lo
si
vede
ogni
giorno
e
ogni
giorno
,
si
può
dire
,
lo
ha
segnalato
il
PCI
e
,
su
questo
giornale
,
il
nostro
condirettore
Ledda
,
con
gran
copia
di
argomenti
e
con
singolare
bravura
.
Non
avremmo
dunque
bisogno
di
aggiungere
da
parte
nostra
una
sola
parola
,
se
non
fosse
per
notare
che
il
nostro
ministro
degli
Esteri
lo
abbiamo
e
solo
visto
sorridere
.
Ma
quando
fa
il
cattivo
quello
lì
?
E
quando
è
che
gli
viene
in
mente
che
sarebbe
pur
bello
prendere
una
posizione
coraggiosa
,
per
primo
,
invece
di
dire
"
sì
"
o
"
no
"
(
sempre
sorridendo
)
solo
quando
gli
altri
lo
hanno
già
detto
da
giorni
o
addirittura
da
settimane
?
Ma
si
limiti
soltanto
a
considerare
la
questione
del
gasdotto
siberiano
,
la
cui
installazione
,
a
detta
di
tutti
,
è
nell
'
interesse
del
nostro
Paese
.
Ebbene
,
sono
già
quattro
volte
(
se
non
sbagliamo
,
per
difetto
,
i
conti
)
che
ci
prendiamo
una
"
pausa
di
riflessione
"
.
Abbiamo
un
governo
di
pensatori
o
di
politici
?
E
lei
se
lo
figura
Kant
che
si
prendeva
le
"
pause
di
riflessione
"
?
E
durante
le
"
pause
"
che
faceva
,
ronfava
?
E
ora
ci
lasci
dire
,
cara
gentile
Signora
,
che
ci
ha
fatto
ridere
la
storia
della
ragazza
della
"
buona
borghesia
"
per
la
quale
sarebbe
un
"
onore
"
sposare
un
diplomatico
.
Sa
perché
abbiamo
riso
?
Perché
proprio
recentemente
un
amico
ci
raccontava
che
i
genitori
,
alti
borghesi
,
di
una
giovane
ragazza
hanno
(
vittoriosamente
)
osteggiato
il
matrimonio
della
figlia
con
un
giovane
diplomatico
,
sostenendo
che
si
sposta
troppo
spesso
e
che
bisogna
ogni
volta
tirarsi
dietro
l
'
argenteria
.
Ecco
come
può
naufragare
un
grande
amore
tra
i
"
buoni
borghesi
"
.
Dica
lei
:
non
è
meglio
stare
con
i
metalmeccanici
?
StampaQuotidiana ,
Se
i
nostri
lettori
ci
consentono
una
annotazione
strettamente
personale
,
diremo
che
la
rinuncia
di
Raffaele
Mattioli
alla
presidenza
della
Banca
Commerciale
ci
ha
fatto
piacere
,
perché
la
sua
presenza
-
e
quale
presenza
-
nel
mondo
della
finanza
e
degli
affari
ci
ha
sempre
procurato
perplessità
e
imbarazzi
non
lievi
.
Ogni
volta
che
affrontavamo
lor
signori
(
e
ci
è
accaduto
spessissimo
)
,
giudicandoli
rozzi
e
rapaci
,
insensibili
e
gretti
,
un
nome
si
affacciava
a
disturbare
,
per
così
dire
,
la
facile
globalità
della
nostra
diagnosi
:
«
E
Mattioli
?
»
.
Potevamo
non
tener
conto
di
quest
'
uomo
e
confonderlo
grossolanamente
nel
mucchio
?
Adesso
lor
signori
hanno
perduto
il
loro
alibi
più
scintillante
,
la
loro
irripetibile
eccezione
.
Basta
che
poniate
mente
a
quello
che
molti
giornali
hanno
chiamato
domenica
il
«
cambio
della
guardia
»
alla
COMIT
.
Escono
con
Mattioli
la
cultura
e
l
'
ironia
,
entrano
con
Stammati
la
burocrazia
e
l
'
ossequio
.
Alle
lettere
subentrano
le
circolari
.
Lor
signori
perdono
un
discendente
di
Voltaire
e
acquistano
un
parente
di
Oronzo
E
.
Marginati
.
Mandando
al
posto
del
presidente
che
esce
questo
suo
successore
insignificante
e
smorto
come
la
pagina
di
un
registro
,
la
DC
,
e
per
essa
il
ministro
Colombo
,
compie
un
altro
passo
verso
quell
'
arretramento
a
destra
che
è
,
prima
ancora
che
una
operazione
politica
,
una
scelta
culturale
.
Il
ministro
del
Tesoro
si
è
finalmente
liberato
di
un
uomo
come
Mattioli
,
che
mentalmente
,
quando
lo
guardava
,
gli
faceva
spallucce
,
e
ha
mandato
al
suo
posto
un
funzionario
per
il
quale
,
se
esistesse
lui
solo
,
la
parola
«
fantasia
»
potrebbe
scomparire
dai
dizionari
,
e
nel
cui
orizzonte
poetico
i
soli
uccellini
che
volano
sono
quelli
che
per
innumerevoli
anni
ha
segnato
veloce
con
la
matita
accanto
alle
cifre
che
«
spuntava
»
con
meticolosa
inutilità
.
Abbiamo
letto
domenica
molte
prose
apologetiche
dedicate
a
Raffaele
Mattioli
,
ma
nessuna
gli
ha
riconosciuto
un
merito
che
ci
sembra
specialmente
invidiabile
:
egli
è
il
solo
italiano
vivente
che
l
'
on.
La
Malfa
,
sgridatore
interplanetario
,
non
abbia
mai
osato
sgridare
.
Eppure
Mattioli
,
per
lunghi
anni
,
si
è
scaldato
La
Malfa
in
seno
,
ma
non
appena
si
è
accorto
che
era
giunto
a
cottura
,
lo
ha
mandato
a
sfogarsi
tra
noi
.
Ecco
un
capolavoro
ironico
di
Raffaele
Mattioli
.
Gli
auguriamo
di
seguitare
a
goderselo
per
moltissimi
anni
.
StampaQuotidiana ,
Consentiteci
di
iniziare
questa
nota
con
un
avvertimento
personale
:
a
poche
ore
,
si
può
dire
,
dalla
caduta
del
senatore
Fanfani
noi
ci
sentiamo
sfiniti
come
una
puerpera
.
Che
doglie
,
che
fatica
.
Ma
adesso
che
il
segretario
della
DC
se
ne
è
andato
,
ci
permetta
di
dirgli
,
senza
il
benché
minimo
malanimo
(
glielo
assicuriamo
sinceramente
)
che
il
suo
insuccesso
dipende
principalmente
dalla
sua
ostinazione
nel
voler
fare
un
mestiere
al
quale
è
negato
:
quello
della
politica
.
Il
senatore
Fanfani
,
perché
non
riconoscerlo
?
,
di
politica
non
se
ne
intende
proprio
.
Non
sente
il
tempo
,
non
fiuta
l
'
aria
,
non
vede
le
ombre
,
non
avverte
i
cigolii
,
e
,
ciò
che
è
ancor
più
grave
in
queste
condizioni
,
si
alza
presto
.
Stesse
a
letto
a
lungo
,
potrebbe
sempre
dire
:
«
Sapete
,
dormivo
...
»
.
Invece
era
già
in
piedi
prima
dell
'
alba
e
non
s
'
è
accorto
di
nulla
.
È
proprio
che
gli
manca
la
vocazione
.
Questa
prima
parte
del
Consiglio
democristiano
,
che
è
in
più
volumi
come
i
romanzi
di
Dumas
,
ci
ha
offerto
due
occasioni
:
la
prima
,
di
constatare
che
con
tutto
ciò
che
se
ne
è
detto
,
Fanfani
non
è
il
peggiore
tra
i
suoi
.
Per
quanto
sembri
incredibile
,
nella
dirigenza
DC
c
'
è
di
peggio
.
La
seconda
,
di
consolarci
pensando
che
il
senatore
Fanfani
ha
sempre
la
risorsa
della
pittura
,
alla
quale
la
politica
indebitamente
lo
sottraeva
.
Egli
è
uno
dei
rarissimi
democristiani
,
se
non
l
'
unico
,
per
il
quale
,
dopo
la
caduta
,
non
si
pone
la
domanda
che
è
diventata
ormai
un
motto
del
partito
di
maggioranza
:
«
E
adesso
dove
lo
mettiamo
?
»
.
Pensate
che
persino
l
'
on.
Emilio
Colombo
,
caduto
da
presidente
del
Consiglio
,
pur
di
farlo
qualche
cosa
lo
hanno
rifatto
ministro
del
Tesoro
,
una
cosa
che
lo
riguarda
come
alla
Fracci
il
sollevamento
pesi
.
Il
senatore
,
dunque
,
se
vuol
darci
retta
,
si
rimetta
a
fare
il
pittore
,
ma
scelga
la
pittura
figurativa
.
Ci
piacerebbe
che
il
suo
geniale
pennello
ci
donasse
Il
Butini
desnudo
,
o
una
Natura
morta
con
Pasquarelli
o
un
Cresci
e
il
lecca
-
lecca
,
ma
intanto
che
il
senatore
dipinge
nella
pace
di
Camaldoli
dove
si
è
più
vicini
a
Dio
(
anche
quella
di
Dio
è
una
posizione
non
priva
di
inconvenienti
)
,
noi
vorremmo
ripetere
qui
,
per
le
maggiori
compagnie
di
assicurazione
,
la
proposta
che
abbiamo
già
formulato
per
un
giornale
milanese
:
la
creazione
di
una
«
Polizza
Fanfani
»
,
contro
i
rischi
del
ritorno
del
senatore
.
Con
ciò
non
pretendiamo
di
essere
fuori
da
ogni
pericolo
,
dal
momento
che
pare
venuto
il
momento
dei
dorotei
,
e
tutti
sanno
che
ce
n
'
è
qualcuno
tra
loro
sospettato
,
fortunatamente
soltanto
sospettato
,
di
avere
l
'
hobby
della
fiamma
ossidrica
.
StampaQuotidiana ,
Il
funerale
di
De
Gaulle
non
sarà
seguito
né
dal
presidente
della
Repubblica
francese
né
da
nessuna
autorità
di
governo
:
è
una
disposizione
testamentaria
che
rimonta
al
gennaio
1952
,
cioè
al
periodo
in
cui
il
generale
capeggiava
il
Rassemblement
in
opposizione
alla
quarta
Repubblica
ma
che
non
era
stata
mai
corretta
negli
anni
successivi
,
neppure
dopo
l
'
apogeo
e
il
trionfo
.
La
scomparsa
dell
'
antico
comandante
della
France
libre
avviene
quindi
sotto
il
segno
del
distacco
dalla
stessa
classe
dirigente
che
egli
aveva
creato
e
portato
al
potere
:
ora
come
un
mese
fa
,
in
occasione
della
pubblicazione
-
lampo
del
primo
volume
dei
Mémoires
d
'
espoir
,
Le
renouveau
,
anticipata
all
'
improvviso
per
farla
coincidere
con
l
'
assenza
di
Pompidou
,
il
delfino
di
una
volta
,
dalla
Francia
a
seguito
del
viaggio
,
protocollare
e
di
circostanza
,
nell
'
Unione
Sovietica
.
Ma
la
verità
è
che
la
«
morte
civile
»
di
De
Gaulle
era
avvenuta
più
di
due
anni
fa
,
nel
maggio
del
1968
,
allorché
il
generale
,
in
cui
si
incarnava
una
grande
idea
della
Francia
,
era
stato
sul
punto
di
essere
travolto
dall
'
insurrezione
dei
Cohn
-
Bendit
,
dalla
levata
di
scudi
di
una
contestazione
pittoresca
e
indistinta
che
egli
aveva
invano
bollato
col
termine
infamante
di
chienlit
,
qualcosa
peggio
che
canaglia
.
In
un
attimo
tutte
le
certezze
,
su
cui
De
Gaulle
aveva
fondato
il
suo
orgoglioso
potere
personale
,
avevano
tremato
;
per
un
momento
la
quinta
Repubblica
,
concepita
come
la
formula
definitiva
della
storia
di
Francia
,
aveva
conosciuto
il
rischio
della
frana
.
Era
stata
necessaria
la
grande
umiliazione
del
viaggio
a
Baden
Baden
,
volto
ad
invocare
l
'
aiuto
dei
gruppi
corazzati
di
Massu
,
il
quasi
-
esiliato
della
rivolta
algerina
,
per
riaprire
uno
spiraglio
di
sopravvivenza
al
regime
in
crisi
:
era
stata
necessaria
la
politica
di
caute
e
ammiccanti
aperture
allo
stesso
moto
di
contestazione
,
impostata
con
realismo
e
spregiudicatezza
dal
premier
Pompidou
,
per
riassorbire
l
'
ondata
vorticosa
della
rivolta
,
per
strappare
la
prima
vittoria
nelle
elezioni
di
fine
giugno
.
Da
quel
maggio
del
'68
,
una
data
comunque
decisiva
nella
storia
d
'
Europa
,
De
Gaulle
era
un
sopravvissuto
a
se
stesso
.
Il
licenziamento
di
Pompidou
da
capo
del
governo
,
nell
'
autunno
del
'68
,
fu
l
'
ultimo
atto
conforme
allo
stile
,
e
ai
rancori
,
dell
'
uomo
.
Couve
de
Murville
rappresentò
quello
che
era
stato
Emile
Ollivier
per
Napoleone
III
,
negli
ultimi
mesi
dell
'
Imperatore
prima
di
Sedan
.
La
sfida
del
«
referendum
»
sulla
riforma
regionale
,
una
riforma
pochissimo
sentita
dalla
maggioranza
dei
francesi
,
sembrò
voluta
dallo
stesso
De
Gaulle
quasi
per
trovare
la
via
di
una
ritirata
onorevole
,
di
un
'
uscita
dal
campo
senza
viltà
.
Il
generale
non
fece
niente
per
vincere
:
annunciò
ai
francesi
che
avrebbe
abbandonato
il
potere
se
non
avesse
strappato
la
maggioranza
.
E
mantenne
la
parola
,
con
la
lealtà
che
in
lui
si
identificava
con
l
'
orgoglio
.
Molti
ebbero
la
sensazione
che
De
Gaulle
,
colpito
a
morte
dai
fatti
di
maggio
,
avesse
preferito
il
ritiro
nella
solitudine
di
Colombey
all
'
esercizio
di
un
potere
dimezzato
,
contestato
,
discusso
,
in
ogni
caso
impotente
a
risolvere
i
nuovi
e
laceranti
problemi
della
Francia
.
Il
suo
distacco
,
nell
'
anno
e
mezzo
che
ha
preceduto
la
morte
,
è
stato
assoluto
.
L
'
ufficio
,
che
il
governo
francese
gli
aveva
messo
a
disposizione
nei
pressi
degli
Invalidi
,
non
è
stato
mai
occupato
.
Nessuna
delle
oscure
trame
o
vendette
,
attribuite
all
'
ex
presidente
,
ha
avuto
un
minimo
di
attuazione
.
La
porta
della
Boisserie
,
il
suo
ritiro
di
Colombey
,
è
rimasta
chiusa
agli
uomini
della
nuova
generazione
post
-
gollista
,
anche
a
coloro
,
come
Pompidou
,
che
si
erano
formati
nell
'
intimità
del
generale
o
che
addirittura
ne
detenevano
le
ultime
volontà
testamentarie
.
Nelle
grandi
ricorrenze
,
come
il
trentennale
dell
'
appello
ai
francesi
del
giugno
1940
,
De
Gaulle
ha
preferito
allontanarsi
dalla
Francia
piuttosto
che
associarsi
a
qualunque
gesto
di
celebrazione
.
L
'
attore
,
uscito
dalla
scena
,
si
era
trasformato
nello
storico
,
nel
testimone
di
se
stesso
,
dell
'
uomo
unicamente
preoccupato
di
tessere
la
grande
tela
delle
Memorie
che
rimarranno
purtroppo
incompiute
al
primo
volume
della
seconda
serie
.
Nulla
,
della
nuova
Francia
pompidouista
,
poteva
piacergli
:
pur
nella
sopravvivenza
,
pressoché
intatta
,
delle
istituzioni
presidenziali
-
repubblicane
da
lui
volute
,
con
tenacia
rasentante
in
parecchi
casi
l
'
arbitrio
.
Il
«
nuovo
corso
»
di
Pompidou
ricorda
per
tanti
aspetti
il
regime
di
Luigi
Filippo
nella
Francia
del
1830
,
all
'
indomani
delle
grandi
convulsioni
dell
'
età
napoleonica
e
della
contrastata
restaurazione
borbonica
:
una
fase
di
tregua
,
un
momento
di
respiro
dopo
una
tensione
eccessiva
,
dopo
uno
sforzo
di
grandeur
finito
nel
fango
di
Waterloo
.
Enrichissez
-
vous
:
il
grido
della
borghesia
orleanista
si
rinnova
nella
nuova
democrazia
repubblicana
,
di
netto
stampo
borghese
,
dove
l
'
antico
direttore
della
banca
Rothschild
,
scelto
a
suo
tempo
da
De
Gaulle
come
il
tecnocrate
che
non
poteva
contrastargli
i
piani
politici
,
e
cioè
il
premier
Pompidou
,
tende
la
mano
al
geniale
ministro
delle
Finanze
,
Giscard
d
'
Estaing
,
antico
leader
dei
gollisti
indipendenti
,
nello
stesso
sforzo
di
salvare
le
basi
della
ricchezza
francese
,
insidiate
dai
fantasmi
di
grandezza
del
generale
,
a
cominciare
dalla
force
de
frappe
.
A
trent
'
anni
di
distanza
dal
generoso
grido
di
ribellione
di
radio
Londra
,
De
Gaulle
entra
nella
leggenda
.
Tre
decenni
della
storia
di
Francia
:
interamente
dominati
da
lui
,
nel
bene
e
nel
male
,
nell
'
eroismo
della
resistenza
opposta
all
'
invasione
tedesca
e
alla
capitolazione
petainista
non
meno
che
nella
superbia
di
un
sogno
politico
di
primato
contraddetto
dalla
storia
e
dalla
geografia
,
nella
salvaguardia
della
libertà
del
suo
paese
non
meno
che
nell
'
assurdo
«
no
»
opposto
alle
speranze
di
unione
europea
con
Londra
.
Si
è
parlato
di
«
bonapartismo
»
:
ma
nulla
è
meno
esatto
.
L
'
uomo
,
che
ha
chiuso
lunedì
,
in
silenzio
,
la
sua
lunga
giornata
nella
solitudine
di
Colombey
-
les
-
deux
-
Eglises
,
era
l
'
ultimo
figlio
della
Francia
del
«
gran
secolo
»
,
l
'
ultimo
esponente
della
tradizione
monarchica
,
l
'
ultimo
contemporaneo
dell
'
epoca
di
Luigi
XIV
:
quasi
discendente
diretto
dalla
galleria
di
Sovrani
che
sta
al
Louvre
,
simile
,
anche
nel
fisico
,
ai
«
ritratti
di
uomo
»
di
Philippe
de
Champaigne
.
Piccola
nobiltà
cattolica
di
provincia
,
Lilla
,
contro
il
dominio
centralistico
di
Parigi
;
la
fedeltà
alla
tradizione
classica
e
quiritaria
contro
la
mistica
giacobina
.
Niente
dello
spirito
della
«
grande
rivoluzione
»
del
1789
,
che
gli
era
rimasta
fondamentalmente
estranea
;
in
un
colloquio
,
che
avemmo
con
lui
undici
anni
fa
a
Roma
,
ci
parlò
con
consapevole
distacco
di
momenti
ed
aspetti
dell
'
epoca
di
Napoleone
primo
,
con
un
distacco
che
poteva
rasentare
l
'
insofferenza
o
il
fastidio
.
La
sua
idea
della
Francia
,
come
comunità
mistica
,
aveva
piuttosto
una
lontana
origine
maurrassiana
:
poi
corretta
dal
lealismo
repubblicano
del
giugno
1940
e
dalla
rottura
clamorosa
con
l
'
antico
protettore
,
il
maresciallo
Pétain
.
La
parabola
,
miracolosa
parabola
,
della
Resistenza
anti
-
tedesca
inserì
il
generale
di
provincia
francese
nel
dramma
convulso
del
suo
paese
,
un
dramma
che
egli
ha
dominato
e
regolato
con
grandezza
e
con
capricci
sovrani
nel
corso
di
un
trentennio
.
Rappresentando
in
due
momenti
il
punto
più
alto
della
coscienza
della
Francia
:
nella
lotta
ai
tedeschi
prima
,
contro
il
prevalente
collaborazionismo
di
gran
parte
del
suo
paese
,
nella
politica
di
pace
e
di
indipendenza
verso
l
'
Algeria
,
condotta
a
prezzo
di
ambiguità
formali
,
dopo
il
suo
ritorno
al
potere
,
ma
con
una
visione
complessiva
fra
le
più
audaci
del
nostro
tempo
.
Come
liquidatore
coraggioso
dell
'
impero
coloniale
francese
,
De
Gaulle
cercò
compensi
in
una
politica
estera
di
prestigio
,
che
apparve
,
e
spesso
fu
,
almeno
per
gli
stranieri
,
senza
senso
.
L
'
uomo
,
che
aveva
corso
il
rischio
di
vari
attentati
della
destra
francese
e
a
Petit
-
Clamart
aveva
sfiorato
la
morte
,
finì
per
diventare
il
simbolo
di
un
nazionalismo
arcaico
e
furioso
in
lotta
contro
l
'
Inghilterra
e
contro
gli
Stati
Uniti
,
impegnato
a
ritardare
la
nascita
dell
'
Europa
,
la
sola
speranza
possibile
per
la
nostra
generazione
.
Di
qui
tutte
le
contraddizioni
e
le
impennate
degli
ultimi
cinque
anni
del
suo
regime
,
che
non
sono
state
dimenticate
né
perdonate
.
Di
qui
le
aperture
incondizionate
all
'
Est
e
il
rovesciamento
di
fronte
nel
conflitto
fra
arabi
e
israeliani
;
di
qui
la
visione
planetaria
che
lo
portò
ad
accendere
in
tutto
il
mondo
,
dalla
Cambogia
al
sud
-
America
al
Quebec
,
la
lotta
contro
gli
Stati
Uniti
,
alleati
indispensabili
,
ieri
come
oggi
,
della
Francia
e
dell
'
Europa
.
La
linea
saggia
e
realistica
di
Pompidou
ha
già
corretto
,
almeno
in
parte
,
gli
errori
e
le
intransigenze
del
generale
.
Ma
oggi
che
De
Gaulle
se
n
'
è
andato
,
come
aveva
sempre
desiderato
,
senza
la
decadenza
di
una
vecchiezza
impotente
,
tutti
gli
europei
tornano
a
pensare
,
con
una
punta
di
accorata
malinconia
,
che
il
generale
rappresentò
soprattutto
una
grande
e
generosa
illusione
:
l
'
illusione
che
la
Francia
fosse
ancora
una
grande
potenza
mondiale
,
nonostante
la
sconfitta
del
'40
,
l
'
illusione
che
l
'
Europa
fosse
ancora
il
continente
determinante
,
nonostante
la
congiunta
vittoria
russo
-
americana
e
la
divisione
del
mondo
in
due
blocchi
.
Con
la
sua
morte
,
anche
tale
illusione
scompare
.