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> anno_i:[1970 TO 2000}
Unità e rigore ( Berlinguer Enrico , 1978 )
StampaQuotidiana ,
Viviamo giorni gravi per la nostra democrazia . Abbiamo parlato di pericolo per la Repubblica . Non è un cedimento all ' emozione , è un giudizio politico che parte dalla consapevolezza delle forze potenti , interne e internazionali , che muovono le fila di questo attacco spietato contro lo Stato e le libertà repubblicane . Il Paese ha capito e milioni di uomini si sono mobilitati dando la risposta giusta , la più ampia e la più unitaria . Comunisti , socialisti , democristiani , cittadini e giovani di ogni fede politica si sono ritrovati in piazza con le loro bandiere e con una comune volontà di difendere la democrazia . E in Parlamento le forze politiche democratiche hanno dato vita ad una maggioranza nuova per la presenza in essa , dopo più di trent ' anni , del partito comunista italiano : fatto che ha assunto particolare significato per il momento in cui è avvenuto , superando di slancio dubbi e incertezze di ogni parte che pur erano presenti dopo la conclusione della crisi di governo . È facile immaginare quale sarebbe oggi la situazione , quale lo smarrimento , se non vi fosse stata questa risposta del Paese e del Parlamento . È chiaro adesso perché abbiamo lavorato così tenacemente per evitare uno scontro lacerante che avrebbe provocato l ' ingovernabilità del paese , la paralisi dei pubblici poteri e lo scioglimento delle Camere . È chiaro perché abbiamo posto al centro di tutta la nostra azione la necessità di fronteggiare l ' emergenza attraverso una collaborazione chiara tra le forze politiche fondamentali . Si è affermato che Aldo Moro è stato rapito proprio per colpire un simbolo , tra i più significativi , di questo sforzo , teso a impedire lo scollamento politico e istituzionale . Ma al di là della persona di Moro - ( al quale rinnoviamo , in questo terribile momento , la nostra stima e solidarietà ) - si è voluto colpire l ' insieme della democrazia italiana . Il terrorismo e la violenza politica mirano a questo : a sostituire la presenza , l ' iniziativa , la partecipazione , e quindi la crescita della coscienza politica di masse sempre più grandi di popolo , con la guerriglia di bande di fanatici a colpi di spranga e pistola . È la conquista più grande del popolo che viene minacciata . Si vuole impaurire la gente , disperderla , svuotare le istituzioni rappresentative e preparare così il terreno a nuove dittature . È giunto il momento di decidere da che parte si sta . Noi la scelta l ' abbiamo fatto . Essa è scritta nella nostra storia . Il regime democratico e la Costituzione italiana sono conquiste decisive e irrinunciabili del movimento popolare , delle sue lotte , del suo cammino , non ci sono stati regalati da nessuno . Molto c ' è da rinnovare nella società e nello Stato , ma guai ad allentare la difesa delle conquiste realizzate e delle istituzioni repubblicane . Non c ' è oggi compito più urgente e più concretamente rivoluzionario che quello di fare terra bruciata attorno agli eversori . Facciano il loro dovere , fino in fondo , i corpi preposti alla difesa delle istituzioni . Faccia il proprio dovere ogni cittadino democratico . Nessuno si lasci prendere dalla sfiducia , tutti contribuiscano , quale che sia la loro funzione , a mandare avanti la vita del paese in tutti i campi . Faccia il suo dovere la classe operaia che sta diventando sempre più la forza che in concreto garantisce gli interessi fondamentali della nazione e la capacità di reggere a tutti gli urti . Come partito comunista continueremo a fare la nostra parte . Ma questa mobilitazione straordinaria , questa vigilanza di massa del nostro popolo chiedono , sollecitano , una guida politica nuova del Paese . Ha colpito tutti , giovedì , l ' assonanza tra Paese reale e Paese legale , tra società civile e il Parlamento . Tutti capiscono che ben altro governo sarebbe stato necessario , un vero governo di unione democratica . Ma il rischio di una grave lacerazione è stato evitato , una nuova maggioranza parlamentare si è formata e vi è un programma che consente di fronteggiare l ' emergenza secondo linee che vanno al di là dell ' immediato . Si tratta di un passo avanti , che attende ora la prova dei fatti . Il nostro proposito è che la più ferma difesa della convivenza democratica si accompagni , finalmente , al rigore , alla pulizia , all ' efficienza . Bisogna risanare lo Stato . La cosa pubblica deve essere amministrata seriamente . E questo vale per tutti : per i più alti funzionari e dirigenti delle imprese statali come per i più umili impiegati . La carta fondamentale che viene giocata contro le forze del rinnovamento è la disgregazione , il lassismo , il non governo . Il rigore è una scelta nostra , come lo è l ' austerità : è la leva per cambiare le cose e non soltanto per impedire il collasso . Ciò è reso possibile dalla presenza nella maggioranza dei partiti delle classi lavoratrici . Il PCI reca in questa maggioranza anche un modo nuovo e più alto di sentire gli interessi nazionali , una nuova moralità . Già da tempo la classe operaia influenza , più o meno ampiamente , l ' indirizzo politico nazionale . Oggi può esercitare tale influenza politica in modo più diretto . Il passo avanti realizzato nell ' unità delle forze fondamentali del nostro popolo reca il segno dell ' emergenza . Noi staremo in questa maggioranza parlamentare con la lealtà e fermezza . Daremo il nostro sostegno , ma eserciteremo un incisivo e metodico controllo . Ci adopereremo perché ogni decisione sia coerente col programma e anzitutto con le sue priorità : ordine democratico , salvezza della scuola , occupazione , Mezzogiorno . C ' è però chi concepisce la soluzione attuale della crisi come una semplice tregua . Troppo grandi sono i problemi che la nuova maggioranza dovrà affrontare , troppo alta è la posta in gioco per poter giustificare un atteggiamento puramente attendista e passivo qual è quello di tregua . È il momento dell ' iniziativa e dell ' azione solidale con il Paese : altrimenti tutti ne pagheremmo lo scotto . Molto dipende dunque dallo sviluppo nel profondo del Paese di movimenti che rafforzino il tessuto democratico e rendano più salda ed estesa l ' unità tra le forze popolari .
StampaQuotidiana ,
La scomparsa di Amadeo Bordiga ha riproposto il tema della sua figura e della sua opera . Era nato a Resina ( Napoli ) nel 1889 . Nel 1910 si iscrisse alla federazione giovanile socialista , che si collocava alla sinistra del partito e si distinse in essa per la sua intransigente opposizione alle posizioni riformiste . Particolarmente dura fu la sua polemica contro i maggiori esponenti del socialismo napoletano e le loro « degenerazioni bloccarde » : nel 1912 fondò il circolo « Carlo Marx » che divenne il centro di raccolta dei socialisti rivoluzionari napoletani . Al congresso di Ancona nel 1914 , opponendosi a quanti affermavano che nel Mezzogiorno i socialisti dovevano adottare una linea particolare , afferma che il processo rivoluzionario aveva uno svolgimento simultaneo e che di conseguenza , il , partito socialista doveva adottare una tattica unitaria . Apparivano già evidenti alcuni degli elementi positivi e negativi che sarebbero rimasti poi fondamentali nell ' ideologia bordighiana ; il rifiuto di ogni soluzione parziale o localistica ma , nello stesso tempo , l ' identificazione di tattica e strategia , la difficoltà di passare in maniera efficace dall ' elaborazione teorica all ' attività pratica . Particolare importanza , in quel periodo , ebbe la sua intransigente opposizione alla guerra Anche per Bordiga , come per la direzione del PSI , la guerra sarebbe stata una parentesi : occorreva fare in modo che essa arrecasse il minor danno possibile al partito e , in particolare , non incrinasse la sua compattezza ideologica . Gli avvenimenti del 1917 , e , soprattutto , la rivoluzione russa modificarono , in parte , queste posizioni . Nel novembre , i rappresentanti della frazione intransigente rivoluzionaria , che si era costituita nell ' estate , e di cui faceva parte anche Bordiga , si riunirono a Firenze con i rappresentanti della direzione . Può anche darsi che in quella riunione Bordiga abbia posto la questione della conquista del potere , ma è certo che non solo dal convegno non venne fuori una linea rivoluzionaria , ma anche da parte di Bordiga il problema della rivoluzione continuò ad essere considerato un problema del dopoguerra . Di qui la mancanza di una indicazione politica di organizzazione e di lotta e la differenza notevolissima dalle posizioni leniniste . Nel novembre del 1918 Bordiga fondò il « Soviet » che , non ostile in un primo tempo , alle posizioni della direzione massimalista andò poi assumendo atteggiamenti sempre più intransigenti , in particolare sulla questione dell ' espulsione dei riformisti . Ma il « Soviet » non diventò un centro di raccolta della sinistra , anche perché pose come motivo centrale della sua polemica quello dell ' astensionismo : occorreva astenersi dalle elezioni per poter meglio preparare la rivoluzione . Ma si trattava poi di una preparazione che era vista in termini essenzialmente educativi e propagandistici , sicché Bordiga per questo aspetto fondamentale non si distaccava dalle posizioni massimalistiche . La parola d ' ordine dell ' astensionismo non ebbe grande risonanza all ' interno del PSI dove , nel maggio del 1919 aveva cominciato ad operare a Torino il gruppo dell ' « Ordine Nuovo » . Bordiga attacca subito la concezione dei « consigli » contrapponendo ad essa quella del partito , non leninista , ma inteso come un nucleo di « puri » , ideologicamente assai coeso , ma intorno a principi assai semplici , che si richiamavano al « manifesto dei comunisti » ; un partito di propagandisti che elaboravano e diffondevano parole d ' ordine , intorno alle quali si sarebbero raccolte le masse al momento della rivoluzione . In realtà , in quegli anni , pur ponendo al centro della sua attenzione i « consigli » Gramsci era più vicino di Bordiga alla concezione leninista del partito . Nel congresso di Bologna del 1919 le posizioni astensioniste furono nettamente battute . Alla constatazione dell ' impossibilità di portare la maggioranza del partito socialista sulle sue posizioni , apparsa evidente già nel dibattito precongressuale , deve essere collegato il tentativo di Bordiga di entrare in rapporto diretto con Lenin comunicandogli la sua decisione di fondare un partito comunista in Italia , attraverso due lettere che furono intercettate dalla polizia . E ' a queste lettere che si fa risalire la priorità di Bordiga nell ' aver posto la questione del partito in Italia , ma quello voluto da Bordiga era , in realtà , un piccolo partito massimalista , che avrebbe dovuto lanciare rigide parole d ' ordine , e svolgere un ' intesa propaganda , nell ' attesa dell ' inizio del processo rivoluzionario , di cui esso avrebbe poi preso la direzione . Il gruppo bordighiano non si poneva il problema di come dare avvio al movimento , di come intervenire attivamente in esso , sicché , a questo proposito si può parlare dell ' esistenza di forti legami fra le concezioni bordighiane di quel periodo e quelle serratiane . In realtà il solo strumento d ' intervento attivo nel processo rivoluzionario , che sia stato teorizzato e costruito in quegli anni furono i consigli di fabbrica . Ma la concezione ordinovista si affermò soprattutto a Torino e le tesi gramsciane , anche se ricevettero l ' approvazione di Lenin alla vigilia del II congresso dell ' IC , rimasero isolate nel PSI . La sconfitta del movimento di occupazione delle fabbriche accentuò questo isolamento e le polemiche che precedettero il congresso di Livorno , anche per l ' intervento dell ' Internazionale , si accentrarono intorno alla questione dell ' espulsione dei riformisti . Era un problema che Bordiga aveva posto con maggiore insistenza degli altri , ed egli , di conseguenza , fu in quei mesi il maggiore antagonista di Serrati e diventò poi il capo del Pcd ' I , che nacque dalla scissione di Livorno . I primi anni di vita del nuovo partito furono fortemente improntati dalla direzione di Bordiga , che ottenne l ' approvazione della maggioranza per le sue tesi al congresso di Roma del 1922 . Le difficilissime condizioni create dall ' affermarsi del fascismo , la ferrea disciplina di partito rivoluzionario , la popolarità di Bordiga presso la base resero assai lenta la nascita di un gruppo leninista che potesse prevalere . Soltanto nel 1923 , per iniziativa di Gramsci , ebbe inizio la formazione di un nuovo gruppo dirigente , le cui posizioni però , come mostra la conferenza di Como del 1924 , incontrarono forti resistenze nel partito . Quando , nel 1924 , Bordiga partecipò al V congresso dell ' Internazionale , poteva ancora contare sul sostegno di una parte del partito comunista italiano . Intervenendo nella discussione sul fascismo affermò che si era trattato solo di « cambiamento del personale governativo della classe borghese » e si oppose decisamente ad ogni tattica di fronte unico così come si era già opposto alla partecipazione dei comunisti al movimento degli arditi del popolo . Ma il congresso dell ' IC insistette affinché i comunisti italiani arrivassero all ' unità con i « terzinternazionalisti » guidati da Serrati . Bordiga sembrò accettarne le decisioni , ma ritornato in Italia riprese la lotta per l ' affermazione della sua linea che fu definitivamente sconfitta solo nel gennaio 1926 al congresso di Lione . Nel febbraio dello stesso anno Bordiga partecipò al VI plenum dell ' esecutivo dell ' IC , scontrandosi duramente con Stalin . Ancor più che al V congresso egli apparve come il maggior rappresentante della sinistra estrema ed il discorso che vi pronunciò fu , secondo il Carr , « l ' unica seria opposizione che si udì durante la sessione » ; il suo intervento fu diretto soprattutto contro le concessioni che venivano fatte ai contadini dell ' URSS , ed in esso egli riprese tesi dell ' opposizione interna russa , ed in particolare di Trotzkj . Tornato in Italia nel novembre dello stesso 1926 , Bordiga che era stato già arrestato e processato nel 1923 , fu nuovamente arrestato e inviato al confino . Fu liberato nel 1930 . Invitato dal partito comunista a ritornare alla lotta , non accettò e fu espulso . Gli ultimi quarant ' anni della vita di Amadeo Bordiga non appartengono alla storia del movimento operaio ma costituiscono una vicenda privata .
Per la foto non si preoccupi ( Fortebraccio , 1982 )
StampaQuotidiana ,
Noi crediamo nella vita ultraterrena - e se qualche compagno arriccia il naso , si rilegga , per favore , l ' art. 2 del nostro statuto - e crediamo anche che , giunti che saremo lassù , il Padreterno ci sottoporrà a un processo perché gli confermiamo personalmente come ci siamo comportati in vita . Lo speriamo , anzi , perché abbiamo nella manica una carta sicuramente vincente . Gli diremo , infatti , che quando eravamo vivi abbiamo letto tutti gli scritti dell ' ing. Ronchey , anche adesso che , da qualche tempo , compaiono su " la Repubblica " senza quella sua foto che bastava da sola a renderli così leggeri e lieti . Udita questa nostra confessione il Signore - non senza commiserarci - sentenzierà che ci spetta il paradiso , il quale deve essere noiosissimo , col solo vantaggio - se c ' è una giustizia - che non vi incontreremo mai l ' arcivescovo Marcinkus . Iddio che è ( non ci stancheremo mai di dirlo ) filocomunista , ha sempre mandato all ' inferno i banchieri e predilige i metalmeccanici , anche se costoro non lo sanno . Ogni tanto però - raramente , si capisce - la nostra pazienza viene premiata e ciò accade quando l ' ing. Ronchey ( il quale , solitamente , scrive lo stesso articolo , sicuro com ' è che nessuno ha mai letto i precedenti ) viene folgorato da una idea come è accaduto nel suo scritto , su " la Repubblica " di ieri , dove a un certo punto ( verso la fine : le cose bisogna meritarsele ) dice che Spadolini è un " esausto mediatore " . Ecco una buona definizione e probabilmente il presidente del Consiglio è effettivamente un " esausto mediatore " , ma riuscite a immaginare uno Spadolini attorniato da ministri che andassero d ' accordo e che non avessero più bisogno di mediatori o , se preferite , di pacieri ? Come arriverebbe a sera , quel poveretto ? La nostra ( personale , s ' intende ) convinzione è che il sen. Spadolini quando compie una mediazione è sorretto da questa sola speranza : che si tratti di una mediazione effimera , in modo che il giorno dopo o magari addirittura qualche ora dopo sia chiamato a comporre un nuovo dissidio , così ha da lavorare , l ' odio essendo , come dice il proverbio , il padre del pentapartito . Ora aspettiamo il nuovo articolo dell ' Ingegnere su " la Repubblica " . Ne scrive uno la settimana e sono sempre così spontanei , così sorgivi , così di getto che sembrano partoriti tutti col taglio cesareo . Ma se , come ci permettiamo di suggerirgli , manda quello di un anno fa , che non ricordiamo più se fosse dedicato alla vita degli insetti o alla situazione dei partiti , nessuno se ne accorgerà . Per la foto non si preoccupi , Ingegnere . Ne abbiamo già una appesa al muro tra quelle di Marilyn Monroe e di Cary Grant .
La neolingua della galera ( Sofri Adriano , 1999 )
StampaPeriodica ,
Nelle prigioni nascono e si affermano parole nuove . Il detenuto che viene spedito in un altro carcere è ' sballato ' , ' impacchettato ' . Oppure si dice che ' l ' hanno partito ' . Cambia il gergo , ma il recluso resta sempre un pacco . Se i linguisti lo sapessero , e in particolare i vocabolaristi , farebbero carte false per venire in galera . Intanto , i luoghi chiusi funzionano come isole per la lingua , producendo un lessico e un gergo peculiare , e conservando intatte parole e forme dal contagio con la lingua di fuori . Benché minata dalla presenza della tv e dal tramonto della malavita tradizionale e dei suoi gerghi , questa capacità di autosufficienza e di congelamento linguistico resta notevole . Al tempo stesso , le galere , ' isolate ' dal mondo fuori , tengono una comunicazione fra loro , assicurata non solo dall ' alto - le autorità e i regolamenti , e i loro idiomi , spesso agghiaccianti , spesso esilaranti - ma anche , orizzontalmente , dai travasi di prigionieri dentro il così detto ' circuito carcerario ' . Norma non estirpabile dell ' amministrazione carceraria è infatti una specie di moto perpetuo per cui i detenuti vengono trasferiti da un carcere all ' altro , come patelle staccate dallo scoglio , per evitare che ci si attacchino troppo . Questo maniacale moto perpetuo produce l ' effetto di far tornare periodicamente le cose al punto di partenza . Così , l ' innovazione linguistica sorta nella prigione X , e dimostrata capace di successo , si trasferisce , viaggiando addosso al detenuto , come un pidocchio mutante , nella prigione Y , e in un giro breve di tempo , mentre il mondo di fuori non ne sa niente , il mondo di dentro aggiorna il suo magazzino linguistico . L ' esempio che voglio illustrare è proprio quello della parola che designa il trasferimento . Il termine più ricorrente è : sballare . In subordine : impacchettare . È chiara la parentela fra i due verbi . Il loro successo era legato alla capacità di cogliere due aspetti essenziali del trasferimento penitenziario . Il primo , che il suo oggetto non è una persona , ma un pacco ; il secondo , che la dislocazione dell ' oggetto avviene in modo brusco e burocraticamente brutale , come quando si dà un calcio a un barattolo su una strada di periferia . Sballare , e il suo contrario , imballare , descrivono l ' oggetto ( l ' ' unità detenuta ' , sic ) incartato e legato come un salame , e buttato , più che verso la destinazione ulteriore , lì , fuori dai piedi , qui . Significazione indispensabile , perché il trasferimento di un detenuto somiglia , rudezza a parte , a una prestidigitazione , a un illusionismo : un momento fa c ' era , ora non c ' è più . Sballato , scomparso . Non ha avuto il tempo di salutare , non gli si è detto perché , né dove sta andando . Qualcuno , al passeggio , dice : ' Ma il tale , oggi , non scende ? ' . E un altro , con un po ' di rammarico , o neanche , risponde : ' L ' hanno sballato ' . Si fa la mattina presto , quando tutti dormono , o sono chiusi . C ' era una volta Gigino e Gigetto , via Gigino , via Gigetto . A volte , altrettanto inopinatamente , torna Gigino , torna Gigetto . Il detenuto ora graziato dopo trent ' anni di galera , ne aveva girate una cinquantina . Il tempo di attaccare una cartolina di ragazza al muro e via , al prossimo scoglio . Ora , sempre di più , sento impiegare il verbo ' partire ' , in una sua forma transitiva . Un grido nella mattina : ' Mi stanno partendo ' . Una domanda al passeggio : ' Ma Gigino dov ' è ? ' . ' L ' hanno partito ' . Trovo questa variazione molto interessante . È chiara la sua matrice meridionale : ma già la ripetono anche detenuti italiani che meridionali non sono , per non dire degli stranieri , che non hanno alcun pregiudizio ad accogliere e ripetere una forma ascoltata , da qualunque parte provenga . Meridionale è l ' impiego transitivo dei verbi di moto : scendimi la valigia , escimi la bicicletta . Se di ' partire ' transitivo , fuori , gli esempi mancano , è perché alla gente di fuori non capita spesso di essere impacchettati e spediti con un calcio da un ' altra parte : cioè di ' venire partiti ' . Un trasferimento di fuori , non so , da un provveditorato all ' altro , avviene in forme meno brusche . L ' estremizzazione di attività - in chi parte qualcuno - e passività - in chi viene partito - è affare di carcere . Uno è un po ' indocile , e l ' occhio clinico dei compagni , e la testa scossa , prevedono : ' A questo lo partono subito ' . Se non sapessi che bisogna guardarsi dalle etimologie grossolane , se non ricordassi Varrone dagli anni della scuola ( che avevano pure loro delle belle parole - timbro : promosso , bocciato , ' mandato a ottobre ' ) , mi piacerebbe suggerire un ' analogia di ' mi stanno partendo ' col verbo partorire : per sottolineare , invece , che l ' ottimistica idea di essere dati alla luce , messi al mondo , la perigliosa e non richiesta espulsione dal grembo . Un rifiuto , piuttosto che un ' ammissione , che in carcere si ripete all ' infinito . Infine , partire è un po ' morire . Morire era , fino a poco fa , anche transitivo , ma nel senso di ammazzare . ' Ohimè , che m ' hai morto ' . Più affascinanti sono quelle lingue in cui morire è riflessivo : morirsi . Sembrano più consapevoli del fatto che morire è un tornare dentro , e che quando si muore , si muore soli . Questo avviene in Abruzzo . ' Quiju s ' è mortu ' , il tale è morto . Ne Ji Raccunti de Cazzirru dell ' aquilano Giuseppe Placidi , leggo : ' Me sembra ieri che s ' è mortu ju poru Luiggi , oi ' . ( Non so se rientri in questo uso il romanesco ' sinnò me moro ' , più parente del traslato morire d ' amore , o dalle risate ) . Con ciò si conclude il mio avviso ai linguisti , Crusca e gli altri , che vorranno apprezzare la comunicazione e passarla sotto i loro ferri . Io , da dilettante , sto meditando il colpo grosso . Chi non ha desiderato di coniare , di creare , una parola nuova e inaudita , piena di vocali , come quella di Hamsun in Fame ? Una parola bellissima , come ' idea ' , oppure un nome di ragazza , come Anahita . Peccato che ci siano già . Io oggi posso inventare la mia , e metterla in circolazione nel mio piccolo . Di qui , la gente via via partita la porterà in giro nel circuito . Quanto al mondo di fuori , prima o poi qualcuno dovrà pur uscire e portarsela dietro , la parola nuova .
StampaPeriodica ,
Le storie televisive dell ' ispettore Derrick sono molto seguite . A lume di buon senso critico , non ci sarebbero ragioni per cui Derrick dovrebbe piacere . il protagonista ha lo sguardo acquoso , il sorriso triste di un vedovo sin dalla nascita , veste male con cravatte orribili , come del resto anche i suoi comprimari ; gli interni avrebbero piombato lo scomparso Aiazzone in un inguaribile sconforto , e gli esterni sono quanto di peggio la Baviera può offrire ( e dire che avrebbe di meglio ) . Rimarrebbe da pensare che lo schema poliziesco delle vicende sia originale e che Derrick conquisti il suo pubblico dando prova di facoltà mentali fuori dal comune . Ora lo schema , rispetto alle storie poliziesche di una volta , mostra un tratto di stagionatissima novità , già ampiamente sfruttata dalla serie del tenente Colombo : il pubblico sa subito chi è il colpevole e come ha fatto a delinquere . Il gusto consiste nel vedere come il poliziotto , che non sa , indovina e - disponendo di scarsissime prove - conduce il colpevole a tradirsi . Ma Colombo , peggio vestito di Derrick , si muove con i suoi modi proletari in un mondo di californiani belli e potenti , che lo trattano come una pezza da piedi ( e lui li incoraggia ) , sicuri che quello scarto di remote immigrazioni non riuscirà a rompere la loro guardia , e a infrangere la barriera della loro arroganza . Colombo li mette con le spalle al muro con alcuni trucchi psicologici di perfida raffinatezza , trae dalla manica un asso di denari insospettato , e li conduce a perdizione proprio sfruttando la loro sicumera . l pubblico gode di questa lotta tra il pigmeo e il gigante dai piedi d ' argilla e va a dormire con la sensazione che qualcuno , modesto e onesto come loro , li abbia vendicati , punendo personaggi odiosamente ricchi , belli , bravi e potenti . Derrick invece no . Quasi sempre ha a che fare con gente più modesta e peggio vestita di lui , psichicamente instabile , intimidita da un rappresentante della legge , come accade a ogni buon tedesco . I suoi colpevoli appaiono così spudoratamente colpevoli che lo capisce di solito persino Harri ( e pare strano che la polizia bavarese non faccia almeno un test d ' intelligenza prima di assumere qualcuno ) , crollano quasi subito , bastava dargli uno spintone . Eppure Derrick funziona e non facciamo gli snob : non ce ne perdiamo uno . È uscito da poco Le passioni nel serial TV ( Nuova Eri ) dove Pier Luigi Basso , Omar Calabrese , Francesco Marsciani e Orsola Mattioli si occupano delle strategie passionali messe in opera da Beautiful , Twin Peaks e , appunto , Derrick . Di quest ' ultimo si occupa Marsciani . Non posso seguire passo per passo la sua analisi , che dura una trentina di pagine , ma essa certamente risponde agli interrogativi che ponevo sopra . Queste storie non scelgono mai casi eccezionali , ma vicende di cui si occupa anche la cronaca dei giornali , e che potrebbero accadere a noi , o ai nostri vicini di casa ; per cui è fondamentale che non vi appaiano né figure eroiche né figure troppo antieroiche ( e cioè malvagi a tutto tondo ) . Sia il nemico che il collaboratore della giustizia sono sempre divisi tra passioni opposte , desiderio di giustizia e di vendetta personale , colpa e comprensibile debolezza . I luoghi non debbono essere troppo riconoscibili , per non restringere le possibilità d ' identificazione da parte di ciascuno , ma debbono ricordare ambienti familiari a tutti . Non me n ' ero accorto , ma pare che , a mano a mano che la serie va avanti , i personaggi usino sempre automobili ultimo modello , in modo che lo spettatore ritrovi sempre un ' atmosfera di attualità quotidiana ( Derrick non può permettersi il catorcio di Colombo ) . Derrick arriva a intuire la verità non perché sia diabolicamente intelligente , ma perché è sensibile all ' interlocutore , non ne diffida mai completamente , prende sul serio i suoi patemi - e pensiamo quanto diverso sia Colombo , che invece diffida sempre . Certo anche a Colombo , come a Derrick , alla fine dispiace di aver rovinato il colpevole ; ma a Colombo dispiace perché in fondo , in questa lotta di reciproche astuzie , l ' avversario - così diverso da lui - gli era diventato quasi simpatico ; Derrick soffre alla fine perché il colpevole lo ama sin dall ' inizio , lo sente dei suoi . Riassumendo i vari contributi del libro , Calabrese conclude che Derrick è un mediatore tra realtà e immaginario perché rende normali le sensazioni interne al narrato e invoca una normalità parallela nei suoi spettatori " è il trionfo della mediocrità , intesa appunto come ` stare nel mezzo ' , e diventa valore invece che anonimato . " E allora si capisce perché ha successo : costituisce la quintessenza di ogni spettacolo televisivo , anche di quelli che mettono in scena personaggi reali , amati solo se si dimostrano trionfalmente più mediocri del più mediocre tra gli spettatori .
Il primo incontro di quei due ( Fortebraccio , 1982 )
StampaQuotidiana ,
Mercoledì abbiamo scritto il nostro solito corsivo comparso ieri dedicato al segretario del PSDI , on. Pietro Longo , rientrato dalla Cina , dopo aver visto che " L ' Umanità " , organo del partito socialdemocratico , non recava l ' intervista a Longo , promessaci da un anonimo collega che , curioso di " conoscere i particolari dell ' interessantissimo viaggio " , non se la sentiva di " disturbare " il suo supremo dirigente e si proponeva di interrogarlo più tardi . Ma neanche ieri l ' intervista è apparsa e poiché nel PSDI c ' è una " talpa " , noi ora siamo in grado di affermare che Longo in Cina non c ' è mai stato e che lunedì , passando per Fiumicino , arrivava da Grottaferrata . Temperamento intrepido , viaggiatore instancabile , non è la prima volta che Pietro Longo si allontanava per luoghi lontani : al suo partito ricordano ancora quella volta , molti anni fa , che andò fino a Genzano , dove del resto nessuno lo vide . Rientrato col favore della notte , si rimise subito al " suo tavolo di lavoro " , presso la sede del PSDI , rimanendovi per ben due giorni intento a sbrigare pratiche urgenti , tanto è vero che dall ' anticamera giungeva il suono sibilante di un ininterrotto russare . Segno inconfondibile , per i suoi intimi , che il segretario pensa , il letargo essendo del tutto simile , nei socialdemocratici , alla attività . L ' altro ieri , infatti , " L ' Umanità " recava in prima pagina , con grande rilievo , questa notizia : " Cooperatori del PSDI - domani da Longo " , lasciando intendere che tutti insieme avrebbero fatto una bella dormita e ieri , sempre il medesimo quotidiano e sempre inquadrato , in prima pagina , portava questo titolo : " Problemi della Sardegna - all ' attenzione di Longo " , il che ci conferma che la cosa è come immaginavamo rilevante e memorabile , essendo difficilissimo ottenere che il massimo esponente socialdemocratico ( escluso il sen. Saragat che fa la regina madre ) abbandoni anche per brevi istanti i suoi studi prediletti , consistenti nella lettura delle annate della " Settimana enigmistica " . Speriamo che abbiate notato che l ' organo del PSDI , conscio dell ' importanza storica dell ' evento , ha pubblicato la foto dello " scambio di vedute " tra Longo e Puletti , da non confondersi col loro primo incontro , che avvenne parecchi anni or sono a Frascati . C ' era lì Ruggero Puletti al caffè e si gingillava con un cucchiaino , ciò che mise in sospetto il segretario del PSDI sulla natura spontaneamente socialdemocratica dello sconosciuto . Ma per essere più sicuro Pietro Longo gli chiese : " Lei che cosa fa ? " " Niente " , rispose l ' altro senza esitare . Allora fu chiaro che un vice segretario così i socialdemocratici non lo avrebbero trovato mai più .
Succede nella buona borghesia ( Fortebraccio , 1982 )
StampaQuotidiana ,
La signora Ada Manzi ci scrive una lettera da Milano e non aggiunge né il suo indirizzo né altre indicazioni che ci permettano di individuarla con precisione . Ma non importa , ciò che conta essendo il contenuto della sua missiva con la quale ci rimprovera in termini sostanzialmente cortesi ma vivaci di dire " sempre male " dei diplomatici italiani , come se l ' essere " in carriera " ( la signora Manzi deve sapere bene che così si esprimono i francesi , i quali chiamano , se non sbagliamo , la professione diplomatica per antonomasia " la carrière " ) non fosse una " ambita distinzione " che merita " un particolare rispetto " . E la lettera termina curiosamente così : " Credo che per una ragazza della buona borghesia sarebbe un piacere e un onore sposare un promettente diplomatico " . Gentile signora , ci consenta di dividere questa nostra risposta in due parti : una seria e una scherzosa . Cominciamo dalla seria . Ciò che vale e quale autonomia abbia la diplomazia italiana attuale ( ci riferiamo , naturalmente , ai suoi supremi responsabili ) lo si vede ogni giorno e ogni giorno , si può dire , lo ha segnalato il PCI e , su questo giornale , il nostro condirettore Ledda , con gran copia di argomenti e con singolare bravura . Non avremmo dunque bisogno di aggiungere da parte nostra una sola parola , se non fosse per notare che il nostro ministro degli Esteri lo abbiamo e solo visto sorridere . Ma quando fa il cattivo quello lì ? E quando è che gli viene in mente che sarebbe pur bello prendere una posizione coraggiosa , per primo , invece di dire " sì " o " no " ( sempre sorridendo ) solo quando gli altri lo hanno già detto da giorni o addirittura da settimane ? Ma si limiti soltanto a considerare la questione del gasdotto siberiano , la cui installazione , a detta di tutti , è nell ' interesse del nostro Paese . Ebbene , sono già quattro volte ( se non sbagliamo , per difetto , i conti ) che ci prendiamo una " pausa di riflessione " . Abbiamo un governo di pensatori o di politici ? E lei se lo figura Kant che si prendeva le " pause di riflessione " ? E durante le " pause " che faceva , ronfava ? E ora ci lasci dire , cara gentile Signora , che ci ha fatto ridere la storia della ragazza della " buona borghesia " per la quale sarebbe un " onore " sposare un diplomatico . Sa perché abbiamo riso ? Perché proprio recentemente un amico ci raccontava che i genitori , alti borghesi , di una giovane ragazza hanno ( vittoriosamente ) osteggiato il matrimonio della figlia con un giovane diplomatico , sostenendo che si sposta troppo spesso e che bisogna ogni volta tirarsi dietro l ' argenteria . Ecco come può naufragare un grande amore tra i " buoni borghesi " . Dica lei : non è meglio stare con i metalmeccanici ?
Il solo ( Fortebraccio , 1972 )
StampaQuotidiana ,
Se i nostri lettori ci consentono una annotazione strettamente personale , diremo che la rinuncia di Raffaele Mattioli alla presidenza della Banca Commerciale ci ha fatto piacere , perché la sua presenza - e quale presenza - nel mondo della finanza e degli affari ci ha sempre procurato perplessità e imbarazzi non lievi . Ogni volta che affrontavamo lor signori ( e ci è accaduto spessissimo ) , giudicandoli rozzi e rapaci , insensibili e gretti , un nome si affacciava a disturbare , per così dire , la facile globalità della nostra diagnosi : « E Mattioli ? » . Potevamo non tener conto di quest ' uomo e confonderlo grossolanamente nel mucchio ? Adesso lor signori hanno perduto il loro alibi più scintillante , la loro irripetibile eccezione . Basta che poniate mente a quello che molti giornali hanno chiamato domenica il « cambio della guardia » alla COMIT . Escono con Mattioli la cultura e l ' ironia , entrano con Stammati la burocrazia e l ' ossequio . Alle lettere subentrano le circolari . Lor signori perdono un discendente di Voltaire e acquistano un parente di Oronzo E . Marginati . Mandando al posto del presidente che esce questo suo successore insignificante e smorto come la pagina di un registro , la DC , e per essa il ministro Colombo , compie un altro passo verso quell ' arretramento a destra che è , prima ancora che una operazione politica , una scelta culturale . Il ministro del Tesoro si è finalmente liberato di un uomo come Mattioli , che mentalmente , quando lo guardava , gli faceva spallucce , e ha mandato al suo posto un funzionario per il quale , se esistesse lui solo , la parola « fantasia » potrebbe scomparire dai dizionari , e nel cui orizzonte poetico i soli uccellini che volano sono quelli che per innumerevoli anni ha segnato veloce con la matita accanto alle cifre che « spuntava » con meticolosa inutilità . Abbiamo letto domenica molte prose apologetiche dedicate a Raffaele Mattioli , ma nessuna gli ha riconosciuto un merito che ci sembra specialmente invidiabile : egli è il solo italiano vivente che l ' on. La Malfa , sgridatore interplanetario , non abbia mai osato sgridare . Eppure Mattioli , per lunghi anni , si è scaldato La Malfa in seno , ma non appena si è accorto che era giunto a cottura , lo ha mandato a sfogarsi tra noi . Ecco un capolavoro ironico di Raffaele Mattioli . Gli auguriamo di seguitare a goderselo per moltissimi anni .
Si continua? ( Fortebraccio , 1975 )
StampaQuotidiana ,
Consentiteci di iniziare questa nota con un avvertimento personale : a poche ore , si può dire , dalla caduta del senatore Fanfani noi ci sentiamo sfiniti come una puerpera . Che doglie , che fatica . Ma adesso che il segretario della DC se ne è andato , ci permetta di dirgli , senza il benché minimo malanimo ( glielo assicuriamo sinceramente ) che il suo insuccesso dipende principalmente dalla sua ostinazione nel voler fare un mestiere al quale è negato : quello della politica . Il senatore Fanfani , perché non riconoscerlo ? , di politica non se ne intende proprio . Non sente il tempo , non fiuta l ' aria , non vede le ombre , non avverte i cigolii , e , ciò che è ancor più grave in queste condizioni , si alza presto . Stesse a letto a lungo , potrebbe sempre dire : « Sapete , dormivo ... » . Invece era già in piedi prima dell ' alba e non s ' è accorto di nulla . È proprio che gli manca la vocazione . Questa prima parte del Consiglio democristiano , che è in più volumi come i romanzi di Dumas , ci ha offerto due occasioni : la prima , di constatare che con tutto ciò che se ne è detto , Fanfani non è il peggiore tra i suoi . Per quanto sembri incredibile , nella dirigenza DC c ' è di peggio . La seconda , di consolarci pensando che il senatore Fanfani ha sempre la risorsa della pittura , alla quale la politica indebitamente lo sottraeva . Egli è uno dei rarissimi democristiani , se non l ' unico , per il quale , dopo la caduta , non si pone la domanda che è diventata ormai un motto del partito di maggioranza : « E adesso dove lo mettiamo ? » . Pensate che persino l ' on. Emilio Colombo , caduto da presidente del Consiglio , pur di farlo qualche cosa lo hanno rifatto ministro del Tesoro , una cosa che lo riguarda come alla Fracci il sollevamento pesi . Il senatore , dunque , se vuol darci retta , si rimetta a fare il pittore , ma scelga la pittura figurativa . Ci piacerebbe che il suo geniale pennello ci donasse Il Butini desnudo , o una Natura morta con Pasquarelli o un Cresci e il lecca - lecca , ma intanto che il senatore dipinge nella pace di Camaldoli dove si è più vicini a Dio ( anche quella di Dio è una posizione non priva di inconvenienti ) , noi vorremmo ripetere qui , per le maggiori compagnie di assicurazione , la proposta che abbiamo già formulato per un giornale milanese : la creazione di una « Polizza Fanfani » , contro i rischi del ritorno del senatore . Con ciò non pretendiamo di essere fuori da ogni pericolo , dal momento che pare venuto il momento dei dorotei , e tutti sanno che ce n ' è qualcuno tra loro sospettato , fortunatamente soltanto sospettato , di avere l ' hobby della fiamma ossidrica .
FRA STORIA E LEGGENDA ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Il funerale di De Gaulle non sarà seguito né dal presidente della Repubblica francese né da nessuna autorità di governo : è una disposizione testamentaria che rimonta al gennaio 1952 , cioè al periodo in cui il generale capeggiava il Rassemblement in opposizione alla quarta Repubblica ma che non era stata mai corretta negli anni successivi , neppure dopo l ' apogeo e il trionfo . La scomparsa dell ' antico comandante della France libre avviene quindi sotto il segno del distacco dalla stessa classe dirigente che egli aveva creato e portato al potere : ora come un mese fa , in occasione della pubblicazione - lampo del primo volume dei Mémoires d ' espoir , Le renouveau , anticipata all ' improvviso per farla coincidere con l ' assenza di Pompidou , il delfino di una volta , dalla Francia a seguito del viaggio , protocollare e di circostanza , nell ' Unione Sovietica . Ma la verità è che la « morte civile » di De Gaulle era avvenuta più di due anni fa , nel maggio del 1968 , allorché il generale , in cui si incarnava una grande idea della Francia , era stato sul punto di essere travolto dall ' insurrezione dei Cohn - Bendit , dalla levata di scudi di una contestazione pittoresca e indistinta che egli aveva invano bollato col termine infamante di chienlit , qualcosa peggio che canaglia . In un attimo tutte le certezze , su cui De Gaulle aveva fondato il suo orgoglioso potere personale , avevano tremato ; per un momento la quinta Repubblica , concepita come la formula definitiva della storia di Francia , aveva conosciuto il rischio della frana . Era stata necessaria la grande umiliazione del viaggio a Baden Baden , volto ad invocare l ' aiuto dei gruppi corazzati di Massu , il quasi - esiliato della rivolta algerina , per riaprire uno spiraglio di sopravvivenza al regime in crisi : era stata necessaria la politica di caute e ammiccanti aperture allo stesso moto di contestazione , impostata con realismo e spregiudicatezza dal premier Pompidou , per riassorbire l ' ondata vorticosa della rivolta , per strappare la prima vittoria nelle elezioni di fine giugno . Da quel maggio del '68 , una data comunque decisiva nella storia d ' Europa , De Gaulle era un sopravvissuto a se stesso . Il licenziamento di Pompidou da capo del governo , nell ' autunno del '68 , fu l ' ultimo atto conforme allo stile , e ai rancori , dell ' uomo . Couve de Murville rappresentò quello che era stato Emile Ollivier per Napoleone III , negli ultimi mesi dell ' Imperatore prima di Sedan . La sfida del « referendum » sulla riforma regionale , una riforma pochissimo sentita dalla maggioranza dei francesi , sembrò voluta dallo stesso De Gaulle quasi per trovare la via di una ritirata onorevole , di un ' uscita dal campo senza viltà . Il generale non fece niente per vincere : annunciò ai francesi che avrebbe abbandonato il potere se non avesse strappato la maggioranza . E mantenne la parola , con la lealtà che in lui si identificava con l ' orgoglio . Molti ebbero la sensazione che De Gaulle , colpito a morte dai fatti di maggio , avesse preferito il ritiro nella solitudine di Colombey all ' esercizio di un potere dimezzato , contestato , discusso , in ogni caso impotente a risolvere i nuovi e laceranti problemi della Francia . Il suo distacco , nell ' anno e mezzo che ha preceduto la morte , è stato assoluto . L ' ufficio , che il governo francese gli aveva messo a disposizione nei pressi degli Invalidi , non è stato mai occupato . Nessuna delle oscure trame o vendette , attribuite all ' ex presidente , ha avuto un minimo di attuazione . La porta della Boisserie , il suo ritiro di Colombey , è rimasta chiusa agli uomini della nuova generazione post - gollista , anche a coloro , come Pompidou , che si erano formati nell ' intimità del generale o che addirittura ne detenevano le ultime volontà testamentarie . Nelle grandi ricorrenze , come il trentennale dell ' appello ai francesi del giugno 1940 , De Gaulle ha preferito allontanarsi dalla Francia piuttosto che associarsi a qualunque gesto di celebrazione . L ' attore , uscito dalla scena , si era trasformato nello storico , nel testimone di se stesso , dell ' uomo unicamente preoccupato di tessere la grande tela delle Memorie che rimarranno purtroppo incompiute al primo volume della seconda serie . Nulla , della nuova Francia pompidouista , poteva piacergli : pur nella sopravvivenza , pressoché intatta , delle istituzioni presidenziali - repubblicane da lui volute , con tenacia rasentante in parecchi casi l ' arbitrio . Il « nuovo corso » di Pompidou ricorda per tanti aspetti il regime di Luigi Filippo nella Francia del 1830 , all ' indomani delle grandi convulsioni dell ' età napoleonica e della contrastata restaurazione borbonica : una fase di tregua , un momento di respiro dopo una tensione eccessiva , dopo uno sforzo di grandeur finito nel fango di Waterloo . Enrichissez - vous : il grido della borghesia orleanista si rinnova nella nuova democrazia repubblicana , di netto stampo borghese , dove l ' antico direttore della banca Rothschild , scelto a suo tempo da De Gaulle come il tecnocrate che non poteva contrastargli i piani politici , e cioè il premier Pompidou , tende la mano al geniale ministro delle Finanze , Giscard d ' Estaing , antico leader dei gollisti indipendenti , nello stesso sforzo di salvare le basi della ricchezza francese , insidiate dai fantasmi di grandezza del generale , a cominciare dalla force de frappe . A trent ' anni di distanza dal generoso grido di ribellione di radio Londra , De Gaulle entra nella leggenda . Tre decenni della storia di Francia : interamente dominati da lui , nel bene e nel male , nell ' eroismo della resistenza opposta all ' invasione tedesca e alla capitolazione petainista non meno che nella superbia di un sogno politico di primato contraddetto dalla storia e dalla geografia , nella salvaguardia della libertà del suo paese non meno che nell ' assurdo « no » opposto alle speranze di unione europea con Londra . Si è parlato di « bonapartismo » : ma nulla è meno esatto . L ' uomo , che ha chiuso lunedì , in silenzio , la sua lunga giornata nella solitudine di Colombey - les - deux - Eglises , era l ' ultimo figlio della Francia del « gran secolo » , l ' ultimo esponente della tradizione monarchica , l ' ultimo contemporaneo dell ' epoca di Luigi XIV : quasi discendente diretto dalla galleria di Sovrani che sta al Louvre , simile , anche nel fisico , ai « ritratti di uomo » di Philippe de Champaigne . Piccola nobiltà cattolica di provincia , Lilla , contro il dominio centralistico di Parigi ; la fedeltà alla tradizione classica e quiritaria contro la mistica giacobina . Niente dello spirito della « grande rivoluzione » del 1789 , che gli era rimasta fondamentalmente estranea ; in un colloquio , che avemmo con lui undici anni fa a Roma , ci parlò con consapevole distacco di momenti ed aspetti dell ' epoca di Napoleone primo , con un distacco che poteva rasentare l ' insofferenza o il fastidio . La sua idea della Francia , come comunità mistica , aveva piuttosto una lontana origine maurrassiana : poi corretta dal lealismo repubblicano del giugno 1940 e dalla rottura clamorosa con l ' antico protettore , il maresciallo Pétain . La parabola , miracolosa parabola , della Resistenza anti - tedesca inserì il generale di provincia francese nel dramma convulso del suo paese , un dramma che egli ha dominato e regolato con grandezza e con capricci sovrani nel corso di un trentennio . Rappresentando in due momenti il punto più alto della coscienza della Francia : nella lotta ai tedeschi prima , contro il prevalente collaborazionismo di gran parte del suo paese , nella politica di pace e di indipendenza verso l ' Algeria , condotta a prezzo di ambiguità formali , dopo il suo ritorno al potere , ma con una visione complessiva fra le più audaci del nostro tempo . Come liquidatore coraggioso dell ' impero coloniale francese , De Gaulle cercò compensi in una politica estera di prestigio , che apparve , e spesso fu , almeno per gli stranieri , senza senso . L ' uomo , che aveva corso il rischio di vari attentati della destra francese e a Petit - Clamart aveva sfiorato la morte , finì per diventare il simbolo di un nazionalismo arcaico e furioso in lotta contro l ' Inghilterra e contro gli Stati Uniti , impegnato a ritardare la nascita dell ' Europa , la sola speranza possibile per la nostra generazione . Di qui tutte le contraddizioni e le impennate degli ultimi cinque anni del suo regime , che non sono state dimenticate né perdonate . Di qui le aperture incondizionate all ' Est e il rovesciamento di fronte nel conflitto fra arabi e israeliani ; di qui la visione planetaria che lo portò ad accendere in tutto il mondo , dalla Cambogia al sud - America al Quebec , la lotta contro gli Stati Uniti , alleati indispensabili , ieri come oggi , della Francia e dell ' Europa . La linea saggia e realistica di Pompidou ha già corretto , almeno in parte , gli errori e le intransigenze del generale . Ma oggi che De Gaulle se n ' è andato , come aveva sempre desiderato , senza la decadenza di una vecchiezza impotente , tutti gli europei tornano a pensare , con una punta di accorata malinconia , che il generale rappresentò soprattutto una grande e generosa illusione : l ' illusione che la Francia fosse ancora una grande potenza mondiale , nonostante la sconfitta del '40 , l ' illusione che l ' Europa fosse ancora il continente determinante , nonostante la congiunta vittoria russo - americana e la divisione del mondo in due blocchi . Con la sua morte , anche tale illusione scompare .