StampaQuotidiana ,
Calcutta
-
Calcutta
è
troppo
,
per
tutto
:
per
la
miseria
,
per
la
ricchezza
,
per
la
folla
,
il
traffico
,
l
'
accattonaggio
repellente
,
i
rickshaws
,
le
vacche
,
l
'
agonia
sui
marciapiedi
e
anche
-
perché
no
?
-
qualcosa
che
potrebbe
somigliare
alla
gioia
di
vivere
.
Non
è
una
definizione
originale
,
lo
so
.
Ma
è
ciò
che
uno
sente
dopo
essere
uscito
frastornato
,
quasi
groggy
,
dalla
morsa
delle
sue
strade
,
della
sua
ossessiva
logorante
vitalità
.
Ci
sono
altre
definizioni
,
naturalmente
.
Sir
George
Trevelyan
scriveva
nel
1863
:
"
impossibile
trovare
un
luogo
meno
invitante
di
Calcutta
,
un
luogo
così
brutto
per
natura
che
gli
sforzi
umani
possono
far
ben
poco
per
renderlo
peggiore
"
.
Più
di
mezzo
secolo
prima
,
un
altro
inglese
,
William
Bentinck
,
l
'
aveva
invece
descritta
come
"
lo
spettacolo
insieme
più
curioso
e
magnifico
che
abbia
visto
.
Rudyard
Kipling
la
odiava
e
finì
col
battezzarla
"
la
città
dell
'
orribile
notte
"
;
e
Churchill
,
dopo
la
prima
visita
,
scrisse
alla
madre
:
"
Sarò
sempre
contento
d
'
averla
vista
,
per
la
stessa
ragione
per
cui
papà
era
contento
di
aver
visto
Lisbona
:
e
cioè
che
non
sarà
necessario
per
me
rivisitarla
"
.
C
'
è
anche
un
epigramma
attribuito
-
pare
erroneamente
-
a
Lenin
,
che
avrebbe
detto
:
"
La
strada
per
la
rivoluzione
mondiale
passa
attraverso
Pechino
,
Shanghai
e
Calcutta
"
.
Gli
apprezzamenti
variano
di
tono
anche
oggigiorno
.
Un
collega
indiano
che
mi
accompagna
,
Sankar
Raj
,
taglia
secco
:
"
Era
chiamata
la
città
dei
palazzi
,
oggi
è
una
città
di
slums
,
di
catapecchie
con
problemi
insormontabili
,
una
città
in
agonia
"
.
Ma
il
regista
cinematografico
Marinal
Sen
,
colto
da
una
vampata
emotiva
le
fa
una
dichiarazione
d
'
amore
.
"
Adoro
Calcutta
,
è
il
mio
Eldorado
"
.
E
il
tassista
che
mi
scorrazza
sulla
vecchia
Morris
-
incapace
di
toccare
i
50
all
'
ora
-
ha
la
risposta
meno
retorica
,
quando
gli
chiedo
il
suo
parere
:
"
È
la
mia
città
"
,
dice
,
"
la
conosco
mattone
per
mattone
.
Non
so
se
è
bella
,
non
ne
ho
viste
altre
"
.
Bella
brutta
povera
ricca
.
Per
i
ministri
dello
Stato
del
Bengala
Occidentale
(
di
cui
Calcutta
è
la
capitale
)
,
che
incontro
al
Writer
'
s
Building
,
è
soprattutto
disastrosamente
povera
,
ingovernabile
,
prostrata
dalle
dimensioni
assurde
della
sua
crescita
,
quasi
ignorata
e
abbandonata
a
se
stessa
dal
potere
centrale
di
Delhi
.
Il
Bengala
Occidentale
è
uno
dei
tre
Stati
(
tra
i
ventidue
dell
'
Unione
)
governati
dai
comunisti
del
PCI
(
M
)
,
un
partito
marxista
che
si
proclama
indipendente
da
Mosca
e
da
Pechino
,
contrariamente
all
'
altra
compagine
rossa
,
il
PCI
(
senza
la
M
)
,
che
ammette
i
suoi
rapporti
di
sudditanza
con
l
'
URSS
.
Il
ministro
per
l
'
informazione
e
la
cultura
,
Budhadev
Bhattacharya
,
giovane
,
gli
occhiali
,
conversa
sotto
lo
sguardo
di
Marx
e
Lenin
,
che
hanno
avuto
l
'
onore
della
parete
al
posto
di
Indira
Ghandi
:
"
Ancora
più
che
altrove
"
,
dice
,
"
qui
dobbiamo
batterci
col
problema
della
povertà
e
dell
'
arretratezza
.
Nelle
nostre
campagne
,
più
del
cinquanta
per
cento
dei
contadini
non
hanno
ancora
la
luce
.
La
riforma
agraria
stenta
ad
avviarsi
,
l
'
industrializzazione
procede
troppo
lentamente
.
Finora
le
maggiori
industrie
del
nostro
paese
(
acciaio
,
juta
,
tè
)
impiegano
soltanto
il
dieci
per
cento
dell
'
intera
forza
lavorativa
.
Solo
nel
nostro
Stato
(
50
milioni
d
'
abitanti
)
i
disoccupati
sono
cinque
milioni
:
e
la
maggior
parte
di
essi
è
concentrata
qui
,
a
Calcutta
.
Il
settanta
per
cento
della
popolazione
(
10
milioni
)
vive
sotto
quello
che
noi
chiamiamo
'
poverty
line
'
,
il
livello
della
povertà
:
che
vuol
dire
fame
"
.
Ashak
Mitra
,
ministro
delle
finanze
,
ex
primo
consigliere
economico
del
governo
centrale
nel
'70-'71
,
uomo
puntiglioso
e
tenace
,
braccio
destro
di
Jyoti
Basu
(
chief
minister
del
West
Bengal
)
,
lamenta
soprattutto
il
disinteresse
e
l
'
inefficienza
di
Nuova
Dehli
:
"
Qui
abbiamo
la
massima
concentrazione
della
povertà
e
mi
spiace
dover
dire
che
il
governo
centrale
ha
fatto
ben
poco
nei
trent
'
anni
e
passa
dall
'
indipendenza
per
cambiare
la
situazione
.
Non
si
può
sempre
dar
la
colpa
agli
inglesi
che
se
ne
sono
andati
nel
'47
.
La
politica
economica
di
Indira
Gandhi
non
è
stata
solo
un
fallimento
,
è
stata
un
disastro
.
Delhi
ci
taglia
i
fondi
,
non
fa
investimenti
,
non
incoraggia
lo
sviluppo
industriale
nel
West
Bengal
:
e
noi
non
abbiamo
nessuna
indipendente
base
finanziaria
per
poter
operare
,
non
abbiamo
nessuna
possibilità
di
controllo
sul
sistema
monetario
.
Del
ricavato
delle
tasse
,
tre
quarti
vanno
al
governo
centrale
e
l
'
ultimo
quarto
viene
spartito
tra
i
ventidue
Stati
"
.
La
miseria
assume
proporzioni
epiche
in
un
tessuto
urbano
che
conta
(
statistiche
degli
anni
Sessanta
e
quindi
ampliabili
)
102.010
persone
per
ogni
miglio
quadrato
:
e
non
si
vede
quale
altro
termitaio
del
Terzo
Mondo
possa
contendere
a
Calcutta
il
primato
della
degradazione
umana
.
Ogni
metro
i
mendicanti
si
staccano
dal
muro
e
ti
aggrediscono
con
petulanza
o
piombano
sui
finestrini
del
taxi
,
fermo
al
semaforo
,
agitandoti
sotto
il
naso
le
loro
mutilazioni
,
i
bambini
già
rannicchiati
per
l
'
eternità
in
assurdi
contorcimenti
.
C
'
è
chi
sostiene
l
'
aberrante
tesi
che
in
alcuni
casi
quelle
deformazioni
sono
frutto
di
un
trattamento
ricevuto
nella
prima
infanzia
per
lanciare
sul
mercato
dell
'
accattonaggio
"
investimenti
"
sicuri
sotto
forme
di
esseri
umani
così
mostruosi
da
non
poter
sfuggire
alla
pietà
collettiva
:
e
in
realtà
il
ragazzo
che
mi
passa
davanti
con
gli
arti
combinati
in
modo
da
sembrare
un
insetto
o
un
ragno
gigante
in
equilibrio
sempre
precario
lascia
pensare
che
quella
tesi
non
sia
parto
di
fantasia
.
Però
è
vero
che
,
in
India
,
mendicanti
e
poveri
in
genere
non
guardano
al
ricco
con
odio
,
come
scriveva
Buzzati
in
un
lontano
reportage
da
Calcutta
:
e
che
in
questo
rapporto
tra
ricchi
e
poveri
non
c
'
è
(
o
almeno
non
sembra
esserci
)
né
invidia
,
né
rabbia
,
né
rimproveri
,
né
rivendicazioni
,
né
propositi
di
vendetta
.
Un
atteggiamento
,
spiegava
lo
scrittore
,
che
aveva
le
sue
radici
nella
religione
:
in
quanto
i
poveri
credono
di
meritarsi
la
loro
condizione
di
miseria
,
la
fame
,
le
piaghe
,
i
figli
storpi
,
così
come
i
ricchi
si
meritano
la
salute
,
l
'
agiatezza
,
il
portafoglio
pieno
e
altre
celesti
benedizioni
.
E
perciò
non
deve
sorprendere
che
il
ricco
non
provi
imbarazzo
di
fronte
al
povero
,
dal
momento
che
l
'
abisso
socio
-
economico
che
li
divide
non
è
responsabilità
sua
.
È
questo
anche
il
tipo
di
feudalesimo
ideologico
che
Jyoti
Basu
,
Bhattacharya
,
Mitra
e
tutti
i
"
quadri
"
del
PCI
(
M
)
devono
abbattere
con
l
'
artiglieria
pesante
se
vogliono
realizzare
i
propositi
di
un
adeguato
livellamento
sociale
.
Di
buon
mattino
,
alle
sei
,
vado
al
convento
di
madre
Teresa
del
Nobel
per
la
pace
,
sulla
North
Circular
Road
,
per
vedere
cosa
può
la
carità
cristiana
in
questo
mondo
d
'
infelici
.
La
minuta
,
fragile
e
ferrea
suora
non
c
'
è
.
È
l
'
ora
della
messa
.
Un
'
aria
d
'
incenso
,
di
messali
e
di
bucato
.
Infatti
,
subito
dopo
i
canti
e
le
preghiere
,
sorelle
e
novizie
bianco
-
azzurre
sciamano
giù
nel
cortile
a
lavare
i
panni
che
insaponano
e
sbattono
sul
selciato
,
come
una
volta
.
Questa
è
la
casa
madre
delle
Missionarie
di
Carità
e
qui
non
trovi
né
mini
-
neonati
allo
stato
di
miniatura
,
né
moribondi
,
né
lebbrosi
.
I
loro
rifugi
sono
sparsi
per
la
città
e
il
mio
pellegrinaggio
comincia
da
Shishu
Bhawann
,
pochi
isolati
più
in
là
,
dove
sono
i
bambini
.
"
Sinite
parvulos
venire
ad
me
"
,
c
'
è
scritto
sulla
parete
;
e
questi
sono
pargoli
speciali
,
non
voluti
,
non
amati
,
usciti
da
chissà
quali
disastrosi
connubi
,
lunghi
una
spanna
,
magari
tre
in
un
lettino
nutriti
dal
flebo
,
e
ciò
che
vedi
sono
gli
occhi
quasi
sempre
grandi
e
fissi
nel
faccino
minuto
e
se
pensi
a
quella
teoria
dei
ricchi
e
poveri
ti
viene
il
voltastomaco
.
Qualcuno
accusa
madre
Teresa
di
proselitismo
e
ipocrisia
,
come
lo
Yogi
di
Poona
,
Acharya
Rajneesh
,
che
la
definisce
anche
"
stupida
,
mediocre
e
idiota
"
.
Anche
chi
non
ha
mai
creduto
alle
dame
di
San
Vincenzo
come
surrogato
della
giustizia
sociale
si
rende
facilmente
conto
che
qui
è
un
'
altra
cosa
.
Ed
è
certo
questo
il
motivo
per
cui
il
governo
comunista
di
Calcutta
,
mettendo
al
bando
tutte
le
altre
organizzazioni
umanitarie
che
si
proponevano
di
operare
nel
West
Bengal
,
ha
fatto
una
eccezione
per
le
Missionarie
della
Carità
.
La
corsia
della
morte
è
in
un
edificio
basso
,
due
stanzoni
o
corridoi
dai
muri
bianchi
con
tre
file
di
brande
,
accanto
al
tempio
di
Kalì
,
la
terribile
iraconda
dea
.
Sulla
porta
c
'
è
scritto
Nirmal
Hriday
,
che
vorrebbe
dire
Luogo
del
Cuore
Puro
.
Le
suore
di
madre
Teresa
raccolgono
qui
i
moribondi
rastrellati
sui
marciapiedi
,
un
'
ora
,
magari
un
giorno
di
vita
ancora
.
Se
passi
tra
i
lettini
non
vedi
altro
che
sfacelo
,
una
creatura
di
non
so
che
età
e
di
non
so
che
sesso
mi
fissa
senza
vedermi
,
la
mano
fuori
dalla
coperta
,
un
povero
inoffensivo
artiglio
che
è
già
quasi
di
marmo
.
Non
voglio
ricordare
alcune
facce
,
altri
corpi
,
secchi
,
prosciugati
,
trasparenti
,
vangati
dalla
fame
,
pronti
per
il
frigidaire
che
è
lì
dietro
.
Ciò
che
sorprende
è
questa
tranquilla
accettazione
della
morte
.
Vedo
la
piccola
sorridente
suora
che
li
lava
,
li
sistema
nelle
brande
,
li
accarezza
come
niente
fosse
,
aiutata
da
una
coppia
di
"
volontari
"
americani
,
molto
giovani
e
belli
,
che
si
scambiano
,
in
quell
'
inferno
,
occhiate
amorose
.
E
nessuno
si
chiede
,
certo
,
se
questi
poveri
morti
saranno
portati
dagli
angeli
nel
paradiso
dei
cristiani
o
nei
sinistri
cieli
della
dea
Kalì
.
C
'
è
anche
la
ricchezza
,
a
Calcutta
.
Ci
sono
i
big
business
,
i
giganti
dell
'
industria
e
del
commercio
.
Qui
operano
i
fratelli
Birla
:
una
dinastia
che
taluni
accostano
senza
timore
,
per
potere
economico
,
ai
Ford
,
ai
Rockefeller
,
ai
Krupp
.
"
Ma
"
,
lamenta
il
ministro
delle
finanze
,
"
siamo
sempre
di
fronte
ad
una
politica
economica
che
ha
i
suoi
cardini
sul
monopolio
privato
e
sui
profittatori
,
oltre
che
sui
grandi
proprietari
terrieri
,
una
politica
che
ignora
gli
interessi
della
comunità
e
non
contribuisce
allo
sviluppo
sociale
.
Noi
,
coi
poteri
limitati
che
abbiamo
,
cerchiammo
di
correggere
questa
linea
e
abbiamo
progetti
ambiziosi
per
combattere
l
'
analfabetismo
(
il
sessantaquattro
per
cento
della
popolazione
urbana
)
,
per
la
riforma
agraria
e
il
progresso
industriale
.
Abbiamo
più
che
raddoppiato
il
bilancio
sia
per
la
salute
che
per
l
'
istruzione
,
nel
Bengala
non
c
'
è
più
un
singolo
villaggio
senza
insegnante
e
la
scuola
primaria
e
secondaria
è
gratuita
,
ciò
che
non
avviene
in
tutti
gli
Stati
.
Tuttavia
,
quando
vado
a
Delhi
,
ho
sempre
l
'
impressione
che
Delhi
e
Calcutta
non
appartengano
allo
stesso
Paese
"
.
Ma
se
c
'
è
stato
un
deterioramento
economico
-
commerciale
,
come
chiaramente
dimostra
il
traffico
del
porto
,
surclassato
da
quello
di
Bombay
dopo
anni
di
supremazia
,
Calcutta
resta
,
nell
'
opinione
dei
più
,
la
capitale
culturale
dell
'
India
.
"
Qui
"
,
mi
dice
un
poeta
e
uomo
di
cinema
,
Purnendu
Pattrea
,
"
c
'
è
una
vibrazione
culturale
sconosciuta
altrove
.
Ci
sono
centinaia
di
piccole
riviste
letterarie
,
l
'
interesse
per
il
cinema
è
enorme
,
le
sale
piene
,
sono
sorte
otto
o
nove
film
-
societies
ciascuna
con
più
di
quattrocento
membri
.
Pasolini
,
Fellini
,
Antonioni
,
Rosi
sono
seguitissimi
,
ma
lo
stesso
si
può
dire
di
qualche
poeta
europeo
.
Se
tu
vai
in
un
caffè
da
quattro
soldi
ti
può
capitare
di
sentir
discutere
di
Montale
,
qui
molto
tradotto
.
Sono
nate
un
sacco
di
compagnie
teatrali
,
ma
se
vuoi
vedere
il
Galileo
di
Brecht
devi
metterti
in
coda
per
una
settimana
"
.
Questa
immagine
di
città
più
affamata
di
poesia
che
di
pane
,
che
si
sovrappone
all
'
altra
,
più
desolata
e
tragica
,
dell
'
apocalittico
squallore
fisico
,
trova
spiegazione
e
giustificazione
nel
passato
,
quando
Calcutta
era
la
capitale
dell
'
imperialismo
britannico
,
stravagante
,
sofisticata
.
La
lotta
per
l
'
indipendenza
l
'
ha
vista
poi
attivissima
,
irrequieta
e
Bhattacharya
rammenta
che
"
il
movimento
del
West
Bengal
era
molto
più
popolare
di
quello
gandhiano
"
.
Oggi
si
avverte
una
forte
presa
di
coscienza
politica
ma
il
regista
Marinal
Sen
ricorda
i
giorni
amari
tra
la
fine
degli
anni
Sessanta
e
l
'
inizio
dei
Settanta
quando
i
marxisti
-
del
PCI
(
M
)
e
del
PCI
(
ML
)
,
la
frangia
secessionista
"
cinese
"
-
si
scannavano
fra
di
loro
con
una
razione
quotidiana
di
quattro
o
cinque
morti
:
"
Ho
fatto
tre
film
sulla
Calcutta
di
quei
giorni
"
,
spiega
,
"
cercando
di
capire
,
attraverso
Calcutta
,
la
coscienza
dell
'
intero
Paese
.
In
uno
dei
film
appare
un
giovane
che
dice
:
ho
vent
'
anni
e
per
mille
anni
ho
vissuto
questa
età
dei
vent
'
anni
,
passando
,
per
mille
anni
,
attraverso
la
povertà
e
lo
squallore
.
Stamane
all
'
alba
,
quando
voi
dormivate
,
sono
stato
ucciso
come
molte
altre
volte
,
in
questi
mille
anni
di
persecuzione
,
perché
ho
reagito
"
.
È
il
destino
di
Calcutta
?
Quando
torneremo
,
tra
mille
anni
,
sarà
probabilmente
la
stessa
:
bella
brutta
povera
ricca
disperata
e
felice
.
StampaQuotidiana ,
Kabul
.
-
Ero
stato
a
Kabul
alla
fine
di
aprile
,
quando
al
regime
comunista
di
Najibullah
.
morto
di
asfissia
prima
che
abbattuto
.
era
subentrato
il
governo
islamico
della
resistenza
.
I
mujaheddin
di
Massud
,
affiancati
dai
mercenari
del
"
generale
"
Dostam
,
avevano
occupato
la
capitale
al
grido
di
Allah
o
Akbar
,
stringendola
a
tenaglia
dai
quattro
punti
cardinali
e
mettendola
gioiosamente
a
ferro
e
fuoco
:
un
'
euforia
che
fini
'
.
come
sappiamo
.
in
un
bagno
di
sangue
.
Vi
sono
tornato
la
settimana
scorsa
,
nell
'
immediata
vigilia
del
tredicesimo
anniversario
(
26
27
dicembre
'
79
)
dell
'
invasione
sovietica
per
vedere
come
"
buttava
"
,
Kabul
,
dopo
otto
mesi
di
regime
islamico
.
"
Butta
"
male
,
molto
male
.
Sono
bastati
sette
giorni
per
constatare
come
lo
slancio
,
l
'
entusiasmo
per
la
fine
della
dittatura
marxista
importata
dall
'
URSS
non
abbiano
partorito
il
miracolo
di
una
rigenerazione
totale
del
Paese
,
dopo
l
'
apocalisse
degli
ultimi
13
anni
,
un
milione
di
morti
,
5
milioni
di
profughi
,
lo
sconquasso
dell
'
economia
.
Il
volto
che
oggi
presenta
la
capitale
afghana
ricorda
il
volto
di
altre
capitali
e
di
altre
citta
'
travolte
dal
ciclone
della
guerra
.
Per
il
grado
di
distruzione
,
Kabul
si
sta
avvicinando
ai
modelli
urbani
piu
'
agghiaccianti
degli
ultimi
decenni
,
come
Beirut
,
o
come
i
capoluoghi
dell
'
ex
Jugoslavia
,
Vukovar
,
Sarayevo
,
Mostar
.
Ed
e
'
penoso
dover
ammettere
che
i
piu
'
violenti
colpi
di
maglio
alla
sua
arcaica
e
gentile
fisionomia
sono
stati
inferti
durante
i
240
giorni
del
governo
islamico
.
A
fine
aprile
il
fuoco
delle
artiglierie
fra
gli
uomini
di
Ahmad
Shah
Massud
(
Jamiat
i
Islami
)
e
del
suo
alleato
Abdul
Rashid
Dostam
,
arroccati
in
cima
alla
mitica
fortezza
di
Bala
'
Hissar
,
e
i
mujaheddin
di
Gulbuddin
Hekmatyar
,
il
carismatico
controverso
leader
dello
Hezb
i
Islami
,
annidati
nella
casbah
meridionale
a
soli
300
metri
,
ridusse
in
polvere
Jade
Maiwand
,
la
grande
strada
dei
negozi
.
Gran
parte
dei
muri
delle
facciate
sono
ancora
in
piedi
,
ma
sembrano
le
quinte
di
un
vecchio
palcoscenico
abbandonato
,
pronte
a
stramazzare
da
un
momento
all
'
altro
.
La
vita
del
quartiere
,
attorno
alla
grande
moschea
Hidgha
,
e
'
spenta
per
sempre
.
Finito
il
rito
mattutino
dei
negozianti
che
distendono
sul
marciapiede
i
polverosi
odorosi
tappeti
tessuti
a
mano
,
col
te
'
che
fuma
sullo
sgabello
.
Chiusi
quasi
tutti
i
negozi
di
Chicken
Street
,
dove
negli
anni
Settanta
ciondolavano
hippies
e
figli
dei
fiori
.
Ma
le
ferite
piu
'
fresche
della
guerra
civile
le
puoi
riscontrare
nel
rione
centrale
di
Chendaul
,
dove
ai
primi
di
dicembre
cinque
giorni
di
scontri
forsennati
tra
fazioni
rivali
(
islamiche
,
naturalmente
)
hanno
ridotto
di
qualche
centinaio
l
'
esorbitante
popolazione
di
Kabul
:
si
parla
di
300
400
cadaveri
.
"
Impossibile
verificare
.
ammette
Armin
E
.
Kobel
,
capo
delegazione
della
Croce
Rossa
.
ma
la
valutazione
e
'
attendibile
se
si
pensa
che
,
tra
il
5
e
il
12
dicembre
sono
stati
ricoverati
,
solo
nei
nostri
due
ospedali
di
Kabul
,
1500
feriti
"
.
Cio
'
che
impressiona
e
'
soprattutto
la
vastita
'
dei
danni
.
Sono
crollati
interi
edifici
di
quattro
cinque
piani
,
certamente
colpiti
,
a
distanza
ravvicinata
,
da
mortai
e
proiettili
di
grosso
calibro
:
a
dimostrazione
che
in
Afghanistan
la
guerriglia
urbana
non
si
combatte
solo
con
le
armi
automatiche
leggere
,
di
strada
in
strada
,
ma
col
sostegno
massiccio
dell
'
artiglieria
.
Tutti
i
gruppi
dispongono
di
arsenali
cospicui
,
che
vengono
via
via
dilapidati
con
infantile
irresponsabilita
'
.
Montagne
di
munizioni
,
accumulate
in
13
anni
,
consentono
anche
lo
spreco
di
sparatorie
celebrative
,
che
possono
durare
ore
nel
cuore
della
notte
.
Tristemente
,
l
'
infanzia
cresce
in
questa
perenne
atmosfera
bellico
eroica
,
nella
quale
trova
giustificazione
un
antico
adagio
,
secondo
cui
"
gli
afghani
trovano
la
pace
solo
quando
sono
in
guerra
"
.
I
bambini
che
giocano
in
strada
davanti
al
German
Club
.
di
cui
sono
ospite
.
si
sparano
addosso
con
kalashnikov
di
legno
o
lanciano
immaginarie
bombe
a
mano
strappando
la
sicura
coi
denti
:
una
lotta
all
'
ultimo
sangue
dove
nessuno
cade
mai
morto
.
I
loro
capi
e
i
loro
idoli
sono
i
capi
e
gli
idoli
dei
loro
padri
:
Gulbuddin
,
Massud
,
Ismail
Khan
,
Haqqani
,
Abdul
Hak
,
Khale
'
s
,
i
grandi
guerrieri
dell
'
Islam
che
hanno
umiliato
e
costretto
alla
fuga
l
'
Armata
Rossa
.
Kabul
e
'
sotto
il
controllo
dei
nove
partiti
dell
'
Alleanza
Islamica
(
ai
sette
,
d
'
ispirazione
sunnita
,
che
costituivano
a
Peshawar
,
in
Pakistan
,
il
governo
dei
mujaheddin
in
esilio
,
si
sono
aggiunti
ora
i
due
movimenti
sciiti
dello
Harakat
Islami
e
del
Wahdat
)
che
l
'
hanno
divisa
in
zone
,
su
cui
accampare
la
propria
"
sovranita
'
"
territoriale
:
i
posti
di
blocco
sono
gestiti
da
"
parrocchie
"
diverse
,
spesso
in
stato
di
aperta
,
dichiarata
ostilita
'
,
per
cui
il
passaggio
da
un
quartiere
all
'
altro
.
Beirut
insegna
.
diventa
talvolta
un
'
impresa
rischiosa
.
I
piu
'
impazienti
e
aggressivi
sono
i
piu
'
giovani
,
adolescenti
imberbi
nati
con
la
febbre
della
"
jihad
"
.
la
guerra
santa
.
nel
sangue
,
che
al
tempo
dell
'
invasione
potevano
avere
si
'
e
no
due
o
tre
anni
:
ma
ancora
piu
'
pericolosi
e
incontrollabili
sono
i
miliziani
di
Dostam
,
cani
sciolti
estranei
alla
coalizione
islamica
,
una
soldataglia
insolente
e
beffarda
insensibile
agli
insegnamenti
coranici
,
cui
preferisce
la
cruda
dottrina
militare
del
diritto
al
bottino
.
Sfortunatamente
,
il
primo
impatto
di
chi
giunge
a
Kabul
da
fuori
e
'
con
loro
,
perche
'
controllano
l
'
aeroporto
:
cosi
'
succede
di
essere
tiranneggiato
,
irriso
,
beffato
;
regolano
a
piacimento
il
traffico
dei
pochi
,
sgangherati
taxi
gialli
che
portano
in
citta
'
,
facendoti
salire
e
poi
scendere
dopo
che
hai
gia
'
sistemato
i
bagagli
nel
baule
,
per
lo
sfogo
isterico
di
un
'
autorita
'
che
si
regge
soltanto
sui
capricci
.
Non
sorprende
quindi
di
vedere
una
mattina
una
lunga
fila
di
carretti
,
carichi
di
bambini
e
masserizie
,
che
abbandonano
il
quartiere
della
grande
moschea
per
sfuggire
alle
vessazioni
dei
mercenari
del
nord
.
Come
quasi
sempre
avviene
,
il
massacro
di
Chendaul
e
'
stato
provocato
da
motivi
futili
:
il
ricevimento
,
nella
capitale
,
di
un
leader
degli
Hazara
'
,
la
grande
tribu
'
sciita
dell
'
Afghanistan
centro
occidentale
che
,
raccolta
sotto
l
'
ombrello
del
partito
Wahdat
e
guidata
dal
khomeinista
Mazari
'
,
e
'
la
lunga
mano
di
Teheran
:
un
'
interferenza
che
i
fedeli
di
Massud
non
sono
riusciti
a
tollerare
.
Agli
Hazara
'
,
nella
battaglia
,
si
uniscono
gli
sciiti
di
Harakat
Islami
e
anche
i
reparti
bellicosi
dello
Ittehad
,
un
partito
sunnita
dell
'
Alleanza
,
che
svolse
un
ruolo
vitale
tra
i
quattro
raggruppamenti
fondamentalisti
della
"
jihad
"
ma
che
adesso
si
oppone
alla
supremazia
dello
Jamiat
i
Islami
,
gestore
temporaneo
del
potere
,
grazie
a
Rabbani
.
presidente
ad
interim
dell
'
Afghanistan
.
e
ad
Ahmad
Shah
Massud
,
ministro
della
Difesa
.
Alla
fine
,
contro
i
cosi
'
detti
"
governativi
"
entrano
in
azione
anche
le
squadracce
di
Dostam
e
il
sangue
scorre
a
fiumi
.
La
religione
non
c
'
entra
.
E
'
sangue
fraterno
,
sangue
islamico
e
occorre
bloccare
subito
l
'
emorragia
.
I
leader
dei
partiti
coinvolti
si
incontrano
in
una
sala
dell
'
Hotel
Intercontinental
.
sede
neutrale
.
e
decidono
una
tregua
immediata
.
Ma
laggiu
'
si
continua
a
sparare
,
decine
di
persone
colte
incautamente
in
strada
tra
due
fuochi
vengono
spietatamente
falciate
.
"
E
'
semplicemente
accaduto
.
mi
spiega
il
capo
supremo
degli
Hazara
'
,
Mazari
'
.
che
l
'
ordine
di
cessare
il
fuoco
non
ha
raggiunto
i
nostri
uomini
"
.
Una
responsabilita
'
che
il
leader
sciita
del
Wahdat
addossa
decisamente
ai
mezzi
di
comunicazione
:
"
Ne
'
la
radio
,
ne
'
la
televisione
.
afferma
imperterrito
.
hanno
dato
l
'
annuncio
della
tregua
"
.
Affermazione
incauta
e
brutale
,
perche
'
mette
a
nudo
lo
stato
di
anarchia
,
inefficienza
,
scollamento
,
esasperazione
delle
forze
in
campo
:
che
agiscono
individualmente
,
per
reazione
emotiva
,
senza
consultazioni
o
consensi
dall
'
altro
,
ignorando
,
quando
vi
siano
,
gli
obiettivi
e
le
linee
di
un
qualsiasi
piano
strategico
globale
.
Per
poi
sedersi
,
coi
selciati
ancora
caldi
di
sangue
,
a
bere
il
te
'
della
riconciliazione
,
come
niente
fosse
accaduto
.
Chi
ha
seguito
per
tanti
anni
la
guerra
afghana
,
dal
'
79
in
poi
,
avrebbe
dovuto
capire
che
i
semi
della
discordia
e
delle
rivalita
'
tribali
tra
le
forze
della
"
jihad
"
avrebbero
partorito
,
una
volta
debellato
il
nemico
comune
(
i
russi
,
il
regime
di
Najibullah
)
,
un
'
umanita
'
rissosa
,
violenta
,
dominata
da
profondi
,
feroci
contrasti
.
L
'
ideale
di
un
Paese
islamico
,
sereno
,
pacifico
,
saggiamente
progressista
secondo
i
dettami
delle
leggi
coraniche
,
e
'
subito
naufragato
.
In
fondo
.
sono
in
molti
a
notarlo
.
e
'
stato
piu
'
facile
contrastare
la
svolta
marxista
imposta
nel
'
78
da
Babrak
Karmal
,
Taraki
e
Amin
con
la
"
rivoluzione
d
'
aprile
"
e
sconfiggere
l
'
Armata
Rossa
di
Breznev
che
rimuovere
e
sradicare
quelli
che
sono
ora
i
motivi
del
dissidio
interno
:
perche
'
,
prima
ancora
delle
rivalita
'
etnico
tribali
sono
in
gioco
ambizioni
e
rancori
personali
.
Gulbuddin
Hekmatyar
,
leader
dello
Hezb
i
Islami
,
il
piu
'
agguerrito
e
aggressivo
del
gruppi
fondamentalisti
della
"
jihad
"
,
non
si
da
'
ancora
pace
del
fatto
che
Ahmad
Shah
Massud
,
il
leggendario
Leone
del
Panshir
e
suo
rivale
da
sempre
nella
galleria
degli
eroi
,
lo
abbia
perentoriamente
scavalcato
nell
'
ultima
fase
del
conflitto
,
arrivando
per
primo
a
Kabul
col
miniesercito
dello
Jamiat
Islami
e
instaurando
,
de
facto
,
il
primo
governo
islamico
.
Sdegnato
,
avvilito
(
rassegnato
mai
)
,
Hekmatyar
abbandonava
la
capitale
il
27
aprile
scorso
per
rifugiarsi
,
col
grosso
dei
suoi
uomini
,
a
Charasiab
,
un
villaggio
della
provincia
di
Logar
,
neanche
venti
chilometri
a
Sud
di
Kabul
.
E
qui
lo
vado
a
trovare
.
Lo
avevo
incontrato
la
prima
volta
a
Peschawar
,
nell
'
estate
del
'
79
,
sei
mesi
prima
dell
'
invasione
sovietica
.
Gli
occhi
sono
quelli
di
allora
,
piccoli
,
penetranti
,
inquieti
,
pieni
di
una
luce
febbrile
,
ma
le
guance
,
che
si
sono
leggermente
gonfiate
,
conferiscono
ora
al
volto
un
aspetto
piu
'
disteso
.
L
'
efficienza
militare
dell
'
Hewbi
e
del
suo
arsenale
,
sempre
ben
rifornito
negli
anni
di
guerra
dagli
americani
che
avevano
in
Hekmatyar
lo
stratega
e
il
guerriero
prediletto
,
e
'
adesso
confermata
da
uno
schieramento
di
carri
armati
e
blindati
sistemati
nella
radura
.
La
loro
inutilizzazione
e
'
temporanea
:
c
'
e
'
chi
scommette
che
quanto
prima
si
incolonneranno
verso
la
capitale
.
I
tempi
sembrano
maturi
.
Gulbuddin
non
ama
il
governo
provvisorio
dello
Jamiat
i
Islami
ne
'
il
suo
presidente
,
Rabbani
,
di
cui
e
'
scaduto
in
questi
giorni
il
mandato
.
Lo
ritiene
un
governo
"
debole
,
inefficiente
"
,
responsabile
dei
disagi
e
della
tensione
attuale
.
"
Se
avessimo
avuto
un
governo
forte
.
sostiene
.
,
in
grado
di
rimpiazzare
il
regime
di
Najib
,
oggi
non
dovremo
affrontare
questa
instabilita
'
"
.
In
maggio
,
Hekmatyar
si
era
incontrato
con
Massud
e
Rabbani
e
insieme
avevano
stipulato
un
accordo
per
risolvere
"
pacificamente
"
il
contrasto
tra
le
due
fazioni
:
"
L
'
accordo
.
precisa
ora
il
leader
dell
'
Hezbi
.
prevedeva
una
tregua
immediata
,
il
ritiro
delle
forze
militari
controverse
e
la
soluzione
politica
della
crisi
attraverso
libere
elezioni
che
si
sarebbero
dovute
tenere
entro
sei
mesi
.
Ma
nessuno
di
questi
punti
e
'
stato
rispettato
"
.
In
realta
'
,
Gulbuddin
non
ha
mai
potuto
tollerare
il
fatto
che
Massud
spadroneggiasse
a
Kabul
e
che
l
'
avesse
occupata
con
l
'
aiuto
di
quel
generale
Dostam
che
in
febbraio
,
irritato
dalle
interferenze
del
suo
amico
e
protettore
Najib
,
si
era
ammutinato
a
Mazar
i
Sharif
e
aveva
messo
le
sue
efficientissime
divisioni
a
disposizione
della
resistenza
e
del
grande
comandante
tajiko
.
Dalla
montagna
,
Hekmatyar
aveva
piu
'
volte
minacciato
di
attaccare
la
capitale
,
se
le
orde
mercenarie
dell
'
ex
ufficiale
comunista
non
si
fossero
ritirate
.
Dostam
non
ha
alcuna
intenzione
di
ritirarsi
.
I
suoi
uomini
si
comportano
come
truppe
d
'
occupazione
e
la
lista
dei
reati
si
infittisce
:
saccheggi
,
rapine
,
stupri
,
delitti
.
Ad
agosto
Hekmatyar
,
che
era
stato
calmo
per
un
paio
di
mesi
,
investe
Kabul
con
una
grandinata
di
cannonate
e
di
missili
.
Muoiono
piu
'
di
2500
persone
,
la
maggior
parte
civili
,
e
le
corsie
degli
ospedali
straripano
di
feriti
.
Poi
,
impartita
la
lezione
,
i
cannoni
dell
'
Hezbi
tacciono
ancora
una
volta
.
Stranamente
,
oggi
Gulbuddin
nega
che
il
motivo
del
feroce
bombardamento
d
'
agosto
sia
stato
l
'
allontanamento
dei
mercenari
di
Dostam
dalla
capitale
:
"
Ho
ordinato
di
aprire
il
fuoco
.
assicura
.
perche
'
ero
stato
attaccato
.
Anche
dagli
aerei
.
Faccia
un
giro
per
il
campo
,
dia
un
'
occhiata
alla
mia
casa
...
Sono
stato
costretto
a
reagire
,
per
difendermi
.
Ma
noi
,
lo
garantisco
,
abbiamo
mirato
solo
agli
obiettivi
militari
,
come
Bala
'
Hissar
,
Darulaman
,
eccetera
.
Il
conteggio
dei
civili
morti
e
'
di
106
"
.
Tredici
anni
di
guerra
lo
hanno
abituato
a
trattare
con
indifferenza
questa
funebre
contabilita
'
:
ma
non
puo
'
non
sorprendere
e
disgustare
il
cinismo
illimitato
con
cui
sembra
ora
voler
scagionare
Dostam
e
i
suoi
uomini
,
dal
momento
che
se
li
e
'
appena
fatti
alleati
nella
lotta
contro
Massud
.
Ora
il
Pancho
Villa
uzbeko
,
il
corpulento
generale
analfabeta
feroce
.
dicono
.
come
Gengis
Khan
,
il
famigerato
comunista
amico
di
Najibullah
e
degli
sciuravi
'
ha
subito
,
agli
occhi
di
Hekmatyar
,
un
'
arcana
,
repentina
metamorfosi
ed
eccolo
schierato
,
con
esemplare
mansuetudine
,
accanto
ai
mujaheddin
dell
'
Hezbi
,
eroe
della
"
jihad
"
.
Dostam
,
37
anni
,
ha
abbandonato
recentemente
Massud
perche
'
il
ministro
della
Difesa
Tajiko
e
il
leader
dello
Jamiat
i
Islami
e
presidente
del
governo
provvisorio
,
Rabbani
,
hanno
rifiutato
di
accettare
alcune
sue
richieste
,
ridimensionando
implicitamente
il
ruolo
e
il
contributo
da
lui
dato
,
in
marzo
e
aprile
,
alla
resistenza
per
la
caduta
del
regime
.
Nel
tentativo
di
assumere
anche
una
identita
'
politica
,
oltre
che
militare
,
il
generale
aveva
chiesto
di
diventare
membro
del
Consiglio
Supremo
dei
mujaheddin
,
di
cui
fanno
parte
i
leader
dei
nove
partiti
dell
'
Alleanza
,
di
essere
inserito
nel
comitato
elettorale
e
,
infine
,
di
riconoscere
ai
suoi
seguaci
un
normale
status
partitico
.
La
posizione
di
Ahmad
Shah
Massud
si
e
'
indebolita
,
cosi
'
come
era
gia
'
avvenuto
per
Rabbani
,
accusato
di
corruzione
e
di
abuso
di
potere
durante
il
suo
mandato
.
Rinchiuso
nella
gabbia
amministrativa
,
il
leone
del
Panshir
sembra
destreggiarsi
meno
bene
che
sulle
impervie
montagne
della
sua
vallata
,
dove
da
impareggiabile
stratega
aveva
sventato
ben
sette
possenti
offensive
dell
'
Armata
Rossa
.
L
'
ago
della
bilancia
sembra
spostarsi
chiaramente
a
favore
di
Hekmatyar
,
che
avrebbe
anche
l
'
appoggio
degli
Hazara
'
,
pilotati
da
Teheran
.
Kabul
ha
vissuto
giornate
d
'
incubo
e
domenica
scorsa
la
ripresa
della
guerriglia
urbana
e
'
stata
,
per
cosi
'
dire
,
ufficialmente
confermata
dal
lancio
di
un
paio
di
"
rockets
"
che
sono
caduti
nel
quartiere
dei
ministeri
.
Ho
visto
la
gente
correre
all
'
impazzata
per
le
strade
,
mentre
la
fiumana
in
fuga
era
inseguita
dal
crepitio
dei
mitra
.
In
serata
la
Bbc
ha
parlato
di
31
morti
.
Anche
l
'
aeroporto
era
sotto
tiro
e
tutti
i
voli
,
in
partenza
o
in
arrivo
,
sono
stati
cancellati
.
La
prospettiva
di
rimanere
intrappolati
a
Kabul
per
Natale
e
allestire
il
presepio
in
qualche
gelido
angolo
del
German
Club
prende
consistenza
di
ora
in
ora
:
ma
e
'
alla
fine
scongiurata
da
un
vecchio
autobus
che
si
avventura
ansimando
in
un
tortuoso
itinerario
alpino
scaricandoci
,
dopo
dodici
ore
di
sobbalzi
,
a
Peshawar
.
Lungo
la
strada
,
incrociamo
gruppi
di
mujaheddin
dello
Hezb
i
Islami
che
,
marciando
in
senso
opposto
,
vanno
lassu
'
a
morire
per
Hekmatyar
.
Transitando
per
Jalalabad
,
la
capitale
d
'
inverno
dal
clima
dolcissimo
,
mi
viene
in
mente
Abdul
Haq
,
il
coriaceo
comandante
Pashtun
passato
alla
storia
come
il
gran
dinamitardo
per
i
danni
che
ha
inflitto
ad
afghani
e
russi
negli
anni
dell
'
occupazione
:
come
la
distruzione
dell
'
immane
arsenale
di
Kharga
,
che
,
bruciando
nella
notte
,
aveva
sciolto
il
ghiaccio
sulle
punte
delle
stelle
dell
'
Orsa
.
Ma
a
Kabul
,
dove
sono
approdati
700
rappresentanti
della
Sciura
per
decidere
il
futuro
dell
'
Afghanistan
(
ma
ne
occorrono
il
doppio
,
perche
'
le
decisioni
dell
'
assemblea
siano
valide
)
,
non
l
'
ho
trovato
.
La
cosa
non
mi
ha
sorpreso
.
Abdul
Haq
,
che
nell
'
87
ebbe
un
piede
tranciato
da
una
mina
,
si
era
sempre
opposto
alla
soluzione
militare
di
Gulbuddin
e
dei
suoi
bellicosi
sostenitori
,
che
proponevano
assalti
massicci
contro
la
capitale
e
i
capoluoghi
di
regione
.
Diceva
,
e
aveva
ragione
,
che
Kabul
e
Jalalabad
dovevano
"
cadere
dall
'
interno
"
,
per
la
consunzione
stessa
del
regime
,
e
che
ogni
spargimento
di
sangue
si
sarebbe
ritorto
sui
mujaheddin
,
malati
di
sterile
eroismo
.
Non
faccio
percio
'
fatica
a
credere
alla
favola
amena
che
qualcuno
racconta
secondo
cui
il
gran
dinamitardo
,
liberatosi
del
fucile
e
tornato
in
Pakistan
,
si
sarebbe
dato
al
commercio
delle
arachidi
.
Nessuno
intende
,
ora
,
rimpiangere
gli
anni
cupi
della
gestione
moscovita
.
Ma
gli
abitanti
di
Kabul
hanno
forse
ragione
di
sussurrare
che
si
stava
meglio
quando
si
stava
peggio
.
I
prezzi
continuano
a
salire
,
in
testa
il
gasolio
e
la
benzina
che
hanno
registrato
ascese
irrazionali
:
e
perfino
il
nan
.
la
fragrante
ciambella
del
pane
afghano
.
e
'
sempre
piu
'
caro
e
sempre
piu
'
scarso
.
A
quasi
duemila
metri
l
'
inverno
e
'
rigido
,
l
'
erogazione
dell
'
energia
e
'
saltuaria
,
la
poca
legna
viene
pesata
sulla
bilancia
come
lo
zucchero
e
la
farina
.
Il
conforto
di
un
solo
bagliore
:
poi
il
freddo
riprende
possesso
dei
tuguri
con
veline
di
plastica
alle
finestre
.
E
'
questo
il
bilancio
dell
'
Afghanistan
dopo
otto
mesi
di
governo
islamico
.
Per
le
sanguinose
faide
interne
,
a
Kabul
si
contano
ora
piu
'
morti
per
le
strade
che
negli
inverni
passati
,
quand
'
era
al
potere
Najibullah
.
E
cosi
'
questo
Paese
,
che
per
anni
e
'
stato
simbolo
della
resistenza
eroica
,
dell
'
abnegazione
e
del
coraggio
,
e
'
diventato
in
un
tempo
cosi
'
breve
.
grazie
ai
suoi
leader
politici
ambiziosi
ed
ambigui
,
ai
suoi
caporali
promossi
generali
,
ai
suoi
teologi
e
ai
suoi
guru
sunniti
e
sciiti
.
il
simbolo
del
cinismo
,
della
follia
,
della
violenza
gratuita
e
,
diciamolo
pure
,
della
vergogna
.
StampaQuotidiana ,
Florencia
-
Nell
'
immediata
vigilia
delle
elezioni
parlamentari
(
che
si
terranno
domani
)
,
non
avrebbe
potuto
esserci
per
il
governo
colombiano
maggior
disagio
e
imbarazzo
di
quelli
provocati
in
questi
giorni
dal
"
disastro
"
militare
dell
'
esercito
,
sorpreso
,
battuto
e
umiliato
nel
Sud
del
Paese
dalle
forze
della
guerriglia
.
I
dati
sull
'
imboscata
che
la
Farc
(
Forza
armata
rivoluzionaria
colombiana
)
ha
teso
martedi
'
scorso
a
un
distaccamento
della
brigata
mobile
numero
3
nelle
foreste
meridionali
del
Caqueta
'
non
godono
ancora
di
conferme
ufficiali
:
i
bollettini
guerriglieri
vantano
80
morti
,
30
feriti
e
43
prigionieri
tra
i
militari
.
Ieri
mattina
il
presidente
della
Colombia
,
Ernesto
Samper
,
si
e
'
incontrato
nella
base
aerea
di
Tres
Esquinas
del
Caguan
(
estremo
Sud
)
con
il
generale
Manuel
Jose
'
Bonnet
-
comandante
delle
forze
armate
-
e
con
il
comandante
dell
'
esercito
,
Mario
Hugo
Galan
,
per
cercare
di
ottenere
un
resoconto
"
obiettivo
"
sullo
scontro
tra
gli
uomini
della
Farc
e
la
brigata
mobile
3
e
sul
numero
delle
vittime
.
Che
sarebbero
numerose
anche
dall
'
altra
parte
.
Un
'
azienda
di
pompe
funebri
di
Florencia
sta
facendo
gli
straordinari
per
apprestare
,
quam
celerrime
,
una
trentina
di
bare
ordinate
dal
comando
militare
.
Ma
recuperare
i
cadaveri
in
una
giungla
tanto
sterminata
quanto
impenetrabile
non
sara
'
facile
.
Finora
soltanto
un
paio
di
uomini
sono
stati
trovati
nella
selva
del
Caqueta
'
dalle
prime
squadre
di
soccorso
:
un
capitano
,
Wilson
Chaverra
Ortiz
,
27
anni
,
gia
'
sepolto
con
gli
onori
militari
,
e
un
soldato
semplice
,
ancora
senza
nome
.
Mentre
le
palate
di
terra
cadevano
sulla
bara
del
giovane
ufficiale
,
molti
si
chiedevano
con
sgomento
,
a
Bogota
'
come
a
Florencia
,
quale
assurdo
errore
strategico
avesse
consentito
a
uno
dei
piu
'
qualificati
reparti
dell
'
anti
-
guerriglia
di
essere
colto
cosi
'
di
sorpresa
,
circondato
,
bersagliato
,
distrutto
.
Molte
teste
,
si
vocifera
,
dovrebbero
saltare
nei
prossimi
giorni
ai
vertici
delle
forze
armate
.
L
'
imboscata
,
lungo
gli
argini
del
fiume
Gaguan
,
e
'
stata
ordita
e
condotta
a
termine
dal
cosiddetto
Bloque
Sur
(
Blocco
Sud
)
della
Farc
,
la
compagine
meglio
organizzata
e
piu
'
efficiente
di
tutta
la
guerriglia
nel
meridione
del
Paese
:
1.500
uomini
circa
,
distribuiti
su
21
Fronti
.
Almeno
undici
sono
sotto
il
comando
diretto
di
Milton
de
Jesus
Toncel
,
detto
anche
Joaquin
Gomez
o
"
Usurriaga
"
,
ex
docente
dell
'
universita
'
dell
'
Amazzonia
,
che
e
'
il
capo
supremo
del
Bloque
Sur
.
Nell
'
operazione
di
martedi
'
scorso
,
come
in
tre
altre
forse
meno
clamorose
ma
che
hanno
ugualmente
inferto
fendenti
durissimi
all
'
esercito
colombiano
,
c
'
e
'
netta
e
chiara
la
sua
firma
,
in
inchiostro
rosso
,
che
e
'
da
sempre
il
colore
della
Farc
,
la
cui
matrice
ideologica
rimane
marxista
.
Milton
Toncel
ha
concentrato
i
suoi
uomini
(
400
circa
,
anche
secondo
il
numero
2
dell
'
esercito
,
il
generale
Fernando
Tapias
)
,
a
El
Billar
,
uno
dei
luoghi
piu
'
tetri
e
inospitali
della
foresta
,
a
cinque
giorni
di
cammino
dalla
piu
'
vicina
base
militare
,
e
li
'
ha
atteso
l
'
arrivo
della
brigata
mobile
,
presumibilmente
intenzionata
a
snidare
il
nemico
e
a
sorprenderlo
nel
suo
rifugio
piu
'
recondito
.
L
'
agguato
ha
interrotto
brutalmente
la
marcia
.
Nel
suo
primo
bollettino
,
diretto
alla
Croce
Rossa
,
"
Usurriaga
"
ha
parlato
di
70
morti
,
30
feriti
,
8
prigionieri
.
Successivamente
ha
aggiornato
i
dati
,
aggiungendo
anche
quelli
del
bottino
di
guerra
,
89
fucili
Galils
,
6
mortai
,
6
mitragliatrici
,
8
lanciagranate
piu
'
un
sacco
di
sofisticatissimi
congegni
di
cui
il
distaccamento
era
dotato
.
Con
l
'
agguato
dei
giorni
scorsi
,
il
Bloque
Sur
ha
confermato
quella
che
un
esperto
militare
definisce
"
impressionante
capacita
'
strategica
"
:
e
ha
anche
tentato
,
con
successo
,
un
esperimento
nuovo
,
perche
'
,
per
la
prima
volta
,
si
e
'
trattato
di
un
attacco
a
truppe
in
movimento
,
mentre
quelli
precedenti
erano
diretti
a
postazioni
fisse
,
come
avvenne
a
Las
Delicias
,
a
Puerres
,
a
Patascoy
.
Il
Sud
e
'
cosi
'
diventato
il
tallone
d
'
Achille
dell
'
esercito
colombiano
.
Se
El
Billar
rimane
finora
il
massimo
successo
,
anche
le
altre
azioni
piu
'
note
della
Farc
,
sempre
basate
sulla
fulmineita
'
e
sul
fattore
sorpresa
,
hanno
conseguito
"
punteggi
"
funestamente
alti
:
a
Puerres
,
i
morti
sono
30;
a
Las
Delicias
,
28
le
vittime
,
60
i
prigionieri
rimasti
poi
per
nove
mesi
in
mano
alla
guerriglia
;
a
Patascoy
(
21
dicembre
'97
)
,
il
risultato
e
'
di
dieci
militari
ammazzati
e
18
tuttora
ostaggi
.
Questi
episodi
hanno
avuto
un
grave
effetto
psicologico
sull
'
esercito
e
ne
hanno
offuscato
l
'
immagine
.
Dopo
l
'
assalto
di
Puerres
venne
destituito
un
generale
della
terza
brigata
;
e
l
'
attacco
di
Patascoy
,
che
mise
in
rilievo
un
'
assoluta
mancanza
di
strategia
e
di
coordinamento
da
parte
del
comando
,
costo
'
la
carriera
a
due
generali
e
a
un
colonnello
;
in
quanto
a
Las
Delicias
,
la
liberazione
dei
60
prigionieri
dopo
nove
mesi
di
trattative
fra
lo
Stato
maggiore
e
i
vertici
del
Bloque
Sur
fu
causa
di
grande
imbarazzo
per
il
potere
,
sottoposto
alla
luce
dei
riflettori
internazionali
e
alla
malizia
canzonatoria
dei
media
.
Per
El
Billar
,
l
'
umiliazione
e
'
anche
maggiore
,
perche
'
la
brigata
mobile
numero
3
,
creata
nell
'
ottobre
del
'97
e
costituita
quasi
esclusivamente
di
soldati
di
professione
(1.500),
e
'
un
corpo
d
'
elite
,
un
'
unita
'
del
tutto
speciale
per
combattere
la
guerriglia
;
e
'
dotata
di
equipaggiamenti
sofisticati
(
come
i
binocoli
infrarossi
per
i
combattimenti
notturni
)
e
dispone
di
una
miniflotta
di
aerei
ed
elicotteri
.
"
E
'
la
nostra
risposta
al
terrorismo
"
,
disse
il
generale
Bonnet
alla
cerimonia
di
inaugurazione
.
Sembra
abbia
avuto
invece
piu
'
successo
la
brigata
mobile
numero
2
,
che
nel
luglio
del
'95
e
'
intervenuta
pesantemente
sul
narcotraffico
e
sui
vari
Cartelli
,
requisendo
tonnellate
di
sostanze
chimiche
e
sfasciando
i
laboratori
della
coca
.
Non
puo
'
non
impensierire
il
governo
di
Bogota
'
il
fatto
che
la
Farc
abbia
mostrato
di
avere
una
straordinaria
forza
e
influenza
in
una
regione
dove
la
droga
rappresenta
la
maggiore
(
e
inesauribile
)
fonte
di
finanziamento
per
i
guerriglieri
:
ed
e
'
improbabile
che
questi
ultimi
vengano
fatti
sloggiare
-
come
e
'
avvenuto
altrove
,
come
nell
'
Uraba
'
-
dai
paramilitari
di
estrema
destra
,
perche
'
i
"
paras
"
,
non
possono
minimamente
contare
sui
contadini
del
Sud
,
abbondantemente
indottrinati
dai
discepoli
del
professor
Montel
.
Il
Bloque
Sur
ha
pianificato
l
'
agguato
di
El
Billar
a
pochi
giorni
dalle
elezioni
anche
per
instaurare
un
clima
di
minaccia
e
scoraggiare
l
'
affluenza
alle
urne
,
che
sara
'
certamente
molto
scarsa
.
Ma
dalla
base
di
Tres
Esquinas
il
presidente
Samper
,
il
ministro
della
Difesa
e
i
vertici
delle
forze
armate
hanno
ribadito
che
la
lotta
contro
la
guerriglia
deve
continuare
:
l
'
obiettivo
finale
,
ha
detto
il
generale
Bonnet
,
e
'
di
tenere
la
zona
e
,
dopo
aver
recuperato
cadaveri
,
feriti
e
dispersi
,
rilanciare
un
'
offensiva
,
"
duri
quanto
duri
e
costi
quel
che
costi
"
.
"
La
Colombia
non
e
'
il
Titanic
-
ha
retoricamente
concluso
l
'
alto
ufficiale
-
e
non
colera
'
a
picco
in
fondo
al
mare
"
,
sfasciandosi
sull
'
iceberg
della
guerriglia
.
La
cronaca
racconta
un
'
altra
realta
'
.
Proprio
ieri
,
la
Farc
ha
preso
il
controllo
di
una
strada
ad
alto
traffico
nell
'
est
del
Paese
,
bloccando
per
cinque
ore
circa
500
veicoli
e
oltre
600
persone
.
I
guerriglieri
hanno
ricevuto
perfino
un
gruppo
di
giornalisti
spiegando
che
l
'
azione
mirava
a
"
incitare
"
i
colombiani
a
non
recarsi
alle
urne
.
Tre
poliziotti
giunti
sul
posto
-
a
pochi
chilometri
da
Villavicencio
,
capitale
del
dipartimento
di
Meta
-
sono
stati
"
accolti
"
con
una
raffica
di
spari
che
hanno
ucciso
un
agente
e
ferito
gli
altri
due
.
I
militari
della
Settima
brigata
sono
arrivati
quando
i
guerriglieri
si
erano
gia
'
dileguati
.
StampaQuotidiana ,
Norilsk
(
Siberia
settentrionale
)
-
"
Voi
siete
stati
portati
qui
non
per
vivere
,
ma
per
soffrire
e
morire
.
Se
sopravvivete
,
una
delle
due
:
o
lavorate
meno
del
dovuto
;
o
mangiate
di
piu
'
di
quanto
vi
spetti
"
.
In
queste
parole
,
dirette
alle
migliaia
di
lavoratori
-
deportati
finiti
dopo
la
meta
'
degli
anni
Trenta
nelle
miniere
dell
'
estremo
Nord
,
320
chilometri
sopra
il
Circolo
Polare
Artico
,
c
'
e
'
tutta
la
storia
di
Norilsk
e
del
suo
passato
.
Ma
il
lugubre
messaggio
riguarda
anche
,
parzialmente
,
il
presente
.
"
Welcome
to
Hell
"
(
Benvenuti
all
'
inferno
)
sta
scritto
infatti
all
'
ingresso
della
fabbrica
del
rame
,
incapsulata
nel
mastodontico
complesso
minerario
-
siderurgico
:
benvenuti
all
'
inferno
.
+
solo
calata
la
temperatura
.
Poco
tempo
fa
,
rincuorando
quanti
continuavano
a
piangere
sulla
bara
vuota
dell
'
Urss
,
il
ministro
russo
Victor
Orlov
diceva
,
con
un
buon
pizzico
d
'
orgoglio
:
"
Vi
ricordo
che
in
termini
di
risorse
naturali
noi
siamo
ancora
il
Paese
piu
'
ricco
del
mondo
"
.
E
la
maggior
parte
di
queste
ricchezze
sta
sepolta
nelle
viscere
ghiacciate
della
Siberia
(
carbone
,
gas
,
rame
,
petrolio
)
o
affiora
scintillando
in
superficie
nelle
miniere
aperte
di
Norilsk
che
partoriscono
nichel
,
oro
,
platino
,
cobalto
,
palladio
a
flusso
continuo
.
La
penisola
di
Taimyr
-
dove
si
trova
Norilsk
-
era
gia
'
stata
percorsa
dagli
esploratori
russi
nel
XV
secolo
:
ma
solo
negli
anni
Venti
,
un
team
di
geologi
capitanati
da
un
certo
Urvantev
scoprira
'
nella
periferia
siderale
del
mondo
quegli
enormi
,
preziosi
giacimenti
.
+
il
giugno
del
'
35
quando
Stalin
,
che
ha
gia
'
fatto
rinchiudere
nei
campi
di
concentramento
dei
gulag
milioni
di
persone
,
decide
che
non
potrebbe
esserci
posto
migliore
di
Norilsk
per
edificare
il
socialismo
e
"
correggere
"
e
raddrizzare
l
'
uomo
secondo
il
modello
sovietico
.
Si
calcola
che
almeno
350
mila
lavoratori
,
in
gran
parte
detenuti
o
prigionieri
di
guerra
,
abbiano
faticato
a
sangue
nel
"
favoloso
"
kombinat
siberiano
durante
gli
anni
della
dittatura
stalinista
:
e
non
sembra
gonfiato
il
dato
che
fissa
a
17
mila
i
morti
sul
lavoro
.
Ma
quale
morte
!
Le
cronache
del
tempo
e
i
brandelli
di
testimonianze
dei
pochi
,
pochissimi
sopravvissuti
o
della
gente
del
luogo
che
si
possono
ancora
raccogliere
per
strada
fanno
rabbrividire
e
raggelano
il
sangue
non
meno
del
freddo
che
-
a
40
o
50
gradi
sotto
zero
-
era
alla
fine
il
grande
,
inconsapevole
carnefice
degli
ergastolani
di
Norilsk
,
gia
'
morti
prima
di
morire
.
Norilsk
era
solo
un
piccolo
punto
nero
nel
bianco
della
tundra
spazzata
dal
vento
;
o
un
fuoco
di
bivacco
sempre
acceso
nella
lunga
notte
polare
.
Raggiungerla
era
quasi
impossibile
,
un
'
impresa
da
esploratori
.
Ne
'
strade
ne
'
treni
.
La
maggior
parte
dei
deportati
veniva
scaricata
nel
porticciolo
di
Dudinka
,
alla
foce
dello
Jenisei
e
da
li
'
,
come
una
gran
mandria
,
avviata
verso
le
miniere
,
cento
chilometri
a
est
.
Un
cammino
che
Sofia
Jakovlevna
Diner
,
un
'
anziana
signora
tedesca
del
Volga
,
conosce
molto
bene
.
"
Dopo
l
'
arresto
-
racconta
-
mi
mandarono
in
Siberia
.
Lavorai
per
mesi
di
pala
e
piccone
alla
costruzione
della
ferrovia
Dudinka
-
Norilsk
:
e
Dio
sa
quante
volte
feci
a
piedi
quei
cento
chilometri
.
Un
freddo
bestiale
.
I
cavalli
stramazzavano
a
terra
.
Morivano
piu
'
in
fretta
degli
uomini
"
.
"
Metallo
a
ogni
costo
"
,
urlano
i
gerarchi
del
Cremlino
nell
'
antivigilia
della
Seconda
Guerra
Mondiale
.
Nel
'
39
,
il
grande
kombinat
"
Norilsk
-
Nickel
"
e
'
gia
'
in
piena
funzione
e
necessita
di
un
numero
sempre
maggiore
di
schiavi
,
che
vengono
da
ogni
parte
:
i
20
-
30
mila
dei
primi
anni
diventano
100
-
140
mila
dopo
il
'
50
.
Molti
sbarcavano
stremati
a
Dudinka
dopo
aver
affrontato
la
furia
dei
mari
artici
su
decrepiti
battelli
attrezzati
a
malapena
per
la
pesca
a
rete
.
C
'
e
'
nel
bellissimo
libro
"
Siberia
"
,
di
Benson
Bobrick
,
l
'
agghiacciante
testimonianza
di
K
.
Stajner
,
uno
dei
pochi
sopravvissuti
all
'
olocausto
siberiano
,
che
scende
da
un
mercantile
insieme
ad
altri
"
4
mila
disperati
"
.
Sono
intirizziti
,
affamati
e
anche
oscenamente
sporchi
:
perche
'
,
durante
una
tempesta
,
i
barili
pieni
di
escrementi
e
d
'
urina
si
sono
rovesciati
,
inondandoli
.
+
impossibile
,
visitando
ora
i
poderosi
impianti
del
"
Norilsk
-
Nickel
"
,
cancellare
con
un
colpo
di
spugna
dalla
memoria
le
tappe
della
sua
tetra
infanzia
e
angosciosa
adolescenza
:
quando
si
facevano
i
turni
di
12
ore
anche
nella
bufera
,
con
soli
10
minuti
d
'
intervallo
per
scaldarsi
le
mani
;
quando
,
se
non
rispettavi
i
ritmi
di
produzione
e
le
quote
fissate
dai
capi
,
ti
mettevano
al
muro
,
cosi
'
che
il
cimitero
del
kombinat
,
con
circa
30
esecuzioni
al
giorno
,
era
piu
'
grande
di
quello
di
una
metropoli
;
quando
tale
era
la
fame
che
la
notte
ti
alzavi
per
acchiappare
i
topi
della
baracca
e
cucinarli
di
nascosto
in
un
barattolo
;
quando
ti
mozzavi
le
dita
congelate
con
un
colpo
di
scure
sperando
in
qualche
giorno
di
riposo
in
infermeria
:
quando
i
delinquenti
comuni
uccidevano
i
detenuti
politici
(
piu
'
di
400
omicidi
in
un
solo
inverno
)
per
andare
sotto
processo
e
uscire
dal
campo
...
E
via
coi
ricordi
,
uno
piu
'
straziante
dell
'
altro
.
Ma
accanto
agli
zeks
(
i
contadini
piu
'
poveri
fuggiti
dai
kolkhoz
)
,
ai
cosiddetti
kulaki
agricoltori
benestanti
,
ai
pastori
baskiri
,
tartari
e
kirghisi
,
agli
anarchici
,
agli
spiriti
deboli
sentimentali
,
agli
intellettuali
delusi
e
nostalgici
del
Secolo
d
'
Argento
,
che
subivano
la
punizione
come
una
calamita
'
naturale
,
c
'
era
anche
una
compagine
esigua
di
giovani
esaltati
,
teste
calde
e
stakanovisti
:
convinti
,
questi
ultimi
,
che
la
Siberia
,
piu
'
di
ogni
altra
regione
,
avrebbe
fatto
da
trampolino
all
'
Urss
per
il
suo
triplo
salto
mortale
"
dall
'
aratro
alla
bomba
atomica
"
nel
circo
vero
della
storia
.
Intanto
,
i
ragionieri
del
Cremlino
potevano
gia
'
annotare
,
nei
loro
brogliacci
,
che
il
contributo
del
kombinat
polare
alle
spese
di
guerra
era
stato
di
13
miliardi
e
mezzo
di
rubli
,
piu
'
"
un
'
immensa
quantita
'
di
oro
,
argento
,
platino
"
.
Sara
'
difficile
,
a
questo
punto
,
negare
a
Norilsk
un
ruolo
storico
(
positivo
o
negativo
)
negli
ultimi
60
anni
dell
'
epopea
russo
-
sovietica
;
ne
'
sottrarla
alla
definizione
,
pertinente
,
cucitale
addosso
da
tempo
,
di
"
dinosauro
dell
'
industrializzazione
forzata
staliniana
"
.
Privatizzato
dopo
la
dissoluzione
del
soviet
-
impero
,
il
dinosauro
"
Norilsk
-
Nickel
"
e
'
ora
un
maxicomplesso
minerario
-
siderurgico
a
gestione
mista
col
governo
federale
,
che
detiene
tra
l
'
altro
il
primato
assoluto
per
la
produzione
del
nichel
nel
mondo
:
inoltre
,
le
sue
fauci
sprigionano
a
getto
continuo
il
58
%
del
rame
estratto
in
Russia
,
l
'
80
%
del
cobalto
,
il
100
%
del
platino
.
Una
mammella
cosi
'
turgida
,
tenuta
al
fresco
nel
gelo
polare
,
non
poteva
lasciare
indifferente
un
uomo
d
'
affari
come
Vladimir
Potatin
,
incontrastato
protagonista
nel
processo
di
trasformazione
dell
'
economia
e
della
finanza
post
-
sovietiche
:
e
nel
'
95
,
con
260
milioni
di
dollari
(
480
miliardi
di
lire
)
,
si
aggiudica
attraverso
la
sua
banca
-
la
Oneximbank
-
il
51
%
delle
azioni
del
colosso
.
Secondo
un
dato
recente
(
che
pero
'
altri
contraddicono
allargando
le
cifre
)
,
i
dipendenti
del
kombinat
sarebbero
oggi
88
mila
:
56
mila
adetti
alla
produzione
diretta
nelle
5
miniere
e
nelle
fabbriche
;
il
resto
-
32
mila
-
impegnato
nei
servizi
ausiliari
,
amministrativi
e
sociali
di
supporto
.
Il
dinosauro
non
riposa
mai
.
Giorno
e
notte
,
24
ore
su
24
,
il
suo
gran
ventre
rumina
e
brontola
e
infine
espelle
tonnellate
di
materia
insieme
ai
vapori
insani
e
velenosi
dell
'
intestino
:
ma
le
statistiche
informano
che
dal
'
95
in
poi
la
produzione
e
'
calata
fino
a
quasi
il
40
%
rispetto
all
'
89
.
"
Ora
pero
'
-
dice
il
sindaco
di
Norilsk
,
Yuri
Malanin
-
c
'
e
'
stata
una
grande
ripresa
,
sia
nell
'
industria
che
sul
piano
sociale
:
qui
si
vive
meglio
che
in
altre
zone
della
Russia
,
ne
sono
certo
"
.
Parte
della
manodopera
viene
fornita
dai
detenuti
,
1500
in
tutto
,
segregati
in
una
prigione
che
sorge
all
'
interno
del
kombinat
,
suddiviso
a
sua
volta
in
due
ali
:
quella
residenziale
,
dove
vivono
,
mangiano
e
dormono
;
e
quella
del
lavoro
,
agganciate
a
fornaci
e
fonderie
,
oltre
che
ai
piu
'
salubri
laboratori
di
falegnameria
.
Sottoposti
a
regimi
piu
'
o
meno
gravi
a
seconda
delle
condanne
,
nessuno
per
fortuna
e
'
piu
'
accusato
di
violazione
dell
'
articolo
58
(
"
attivita
'
antisovietiche
"
)
che
permise
a
Stalin
di
mandare
in
galera
milioni
di
innocenti
.
I
turni
,
adesso
,
sono
regolari
e
,
dopo
i
turni
,
c
'
e
'
la
mensa
che
-
sento
dire
-
e
'
buona
,
calda
,
abbondante
.
Nel
tempo
libero
hanno
ritagliato
e
dipinto
dei
pannelli
per
una
chiesuola
interna
,
dove
saranno
celebrati
i
loro
riti
.
Hanno
anche
affrescato
la
propria
speranza
in
un
murale
su
cui
sta
scritto
:
ricordati
,
ti
aspettiamo
a
casa
.
Sessant
'
anni
prima
,
negli
stessi
androni
,
i
prigionieri
davano
la
caccia
ai
topi
per
mangiarseli
.
La
peculiarita
'
di
Norilsk
,
suggeriscono
all
'
Associazione
dei
brigadieri
,
puo
'
essere
spiegata
in
due
parole
:
la
favolosa
ricchezza
del
sottosuolo
e
,
per
contrasto
,
il
rigore
estremo
di
un
clima
da
renderne
quasi
impossibile
lo
sfruttamento
da
parte
dell
'
uomo
.
Quasi
...
"
Vede
-
mi
dice
il
brigadiere
(
che
in
loco
va
tradotto
semplicemente
come
capo
-
fabbrica
)
Michail
Zastrjalin
-
,
quando
alla
fine
degli
anni
Cinquanta
furono
chiusi
i
campi
di
lavoro
forzati
,
le
nostre
miniere
hanno
continuato
a
lavorare
,
come
e
piu
'
di
prima
.
Era
il
Klondyke
della
Siberia
.
La
manodopera
non
e
'
mai
mancata
.
Una
marea
di
gente
,
tra
il
'
60
e
il
'
70
.
Venivano
dalla
Russia
Centrale
,
dall
'
Ucraina
,
dal
Caucaso
.
I
giovani
firmavano
un
contratto
per
3
anni
...
ma
finivano
col
restarci
,
per
sempre
.
Il
salario
era
alto
,
anche
sette
volte
tanto
quello
che
si
percepiva
altrove
,
per
lo
stesso
mestiere
"
.
Certo
,
dopo
il
trattamento
disumano
imposto
dai
gulag
,
il
contratto
offerto
dal
kombinat
col
suo
bel
corredo
di
garanzie
doveva
sembrare
estremamente
seducente
:
la
pensione
a
40
anni
per
le
donne
,
a
45
per
gli
uomini
,
le
vacanze
parzialmente
pagate
,
i
tre
mesi
di
ferie
all
'
anno
che
diventano
sei
ogni
due
anni
,
l
'
appartamento
...
"
Ma
nessuno
regalava
niente
a
nessuno
-
avverte
l
'
amico
brigadiere
decorandomi
con
la
medaglietta
del
Norilsk
-
Nickel
-
perche
'
i
disagi
erano
e
sono
tremendi
:
la
temperatura
che
scende
anche
sotto
i
40
,
la
notte
polare
che
dura
sei
mesi
,
il
cielo
che
piove
anidride
solforosa
e
altri
veleni
,
la
solitudine
,
le
malattie
,
lo
spauracchio
dell
'
eta
'
media
a
50
anni
.
Insomma
,
com
'
e
'
che
dite
voi
dalle
vostre
parti
?
Il
buco
del
culo
del
mondo
,
ecco
"
.
Quello
dei
pensionati
,
ammette
Tatiana
Bockareva
(
assessore
al
Comune
)
,
"
e
'
il
nostro
problema
piu
'
grave
"
.
Era
nei
patti
che
,
fatta
l
'
ultima
discesa
agli
inferi
dopo
15
o
20
anni
di
lavoro
,
i
dipendenti
del
kombinat
dovessero
essere
messi
in
condizione
di
trasferirsi
in
localita
'
del
centro
e
del
sud
,
dove
il
clima
e
'
piu
'
mite
.
Ma
i
soldi
non
ci
sono
.
La
compagnia
avrebbe
chiesto
alla
Banca
Mondiale
un
prestito
di
500
milioni
di
dollari
(
oltre
900
miliardi
di
lire
)
per
risistemare
,
nella
Russia
centrale
,
50
mila
pensionati
.
Un
solo
pensionato
costa
al
kombinat
e
al
Comune
,
che
intendono
liberarsene
,
10
mila
dollari
.
E
nel
'
95
,
il
totale
della
spesa
sostenuta
per
i
servizi
sociali
a
favore
di
Norilsk
e
delle
due
citta
'
satelliti
,
Talmakh
e
Kenerkan
(
popolazione
:
281
mila
abitanti
)
,
e
'
lievitato
fino
a
327
milioni
di
dollari
.
Camminando
lungo
il
vialone
centrale
(
Leninsky
Prospect
)
tra
palazzi
tutti
uguali
di
10
piani
,
costruiti
negli
anni
Quaranta
(
ma
ai
turisti
mostrano
la
prima
casa
di
legno
,
abitata
dai
geologi
)
,
o
scendendo
lungo
il
lago
artificiale
che
separa
l
'
industria
dai
quartieri
residenziali
e
fuma
in
superficie
come
bollisse
,
hai
l
'
impressione
di
una
relativa
agiatezza
,
se
non
di
benessere
.
In
qualche
modo
,
dopo
gli
anni
truci
dello
stalinismo
,
il
kombinat
ha
infuso
nella
citta
'
un
senso
di
sicurezza
.
Anche
troppa
,
avrebbe
fatto
notare
tempo
fa
un
dirigente
dell
'
azienda
,
Budargin
,
quando
ha
ricordato
che
l
'
operaio
di
Norilsk
"
era
abituato
a
pensare
che
lo
Stato
gli
dava
la
sveglia
,
lo
nutriva
e
lo
metteva
a
letto
rimboccandogli
le
coperte
"
.
Ma
c
'
e
'
l
'
altra
faccia
della
medaglia
,
che
sfugge
al
viaggiatore
frettoloso
,
nella
quale
si
riflettono
vicende
amare
e
dolorose
,
storie
di
solitudine
,
alienazione
,
alcolismo
,
droga
,
incesti
,
demenza
,
follia
suicida
.
Un
risvolto
inevitabile
,
comune
a
tutte
le
citta
'
di
frontiera
.
Ma
certamente
si
riferiva
soprattutto
all
'
inquinamento
e
alle
sue
conseguenze
Andrej
Samokhin
,
portavoce
della
Nickel
,
quando
ha
detto
che
"
questo
luogo
"
era
stato
costruito
"
per
lavorare
,
non
per
viverci
"
.
+
sotto
il
peso
di
questa
scomoda
eredita
'
che
tenta
ora
di
muoversi
il
sindaco
di
Norilsk
,
Yuri
Malanin
:
"
Certo
-
ammette
-
non
e
'
facile
gestire
l
'
amministrazione
di
una
citta
'
dove
si
consiglia
alle
donne
di
andare
a
partorire
altrove
,
se
vogliono
i
figli
sani
.
Ai
tempi
dell
'
Urss
non
si
preoccupavano
di
queste
cose
.
Ma
ora
dobbiamo
pensarci
.
Abbiamo
gia
'
stanziato
20
milioni
di
dollari
per
l
'
acquisto
di
impianti
nuovi
,
in
grado
di
ridurre
le
esalazioni
venefiche
"
.
Con
questo
,
cento
altri
problemi
saranno
affrontati
che
Mosca
aveva
sinora
ignorato
,
perche
'
periferici
:
e
c
'
e
'
da
scommettere
che
da
molte
parti
si
guardera
'
a
Norilsk
per
scoprire
a
quale
strategia
fara
'
ricorso
una
grande
industria
per
liberarsi
dall
'
eredita
'
sovietica
.
"
Dovremo
agire
da
soli
-
dice
Tatiana
-
,
perche
'
,
da
quando
e
'
crollata
l
'
Urss
,
il
governo
federale
non
si
e
'
mai
interessato
a
noi
"
.
Non
sono
mancate
crisi
,
nel
kombinat
,
che
si
sono
tradotte
in
agitazioni
e
scioperi
e
ancor
oggi
si
contano
in
zona
11
mila
disoccupati
.
Cio
'
che
invece
resta
inspiegabile
e
'
come
mai
,
nonostante
la
temperatura
,
la
poverta
'
,
l
'
isolamento
,
il
buio
per
sei
mesi
sulla
calotta
artica
,
non
si
sia
ancora
spezzato
il
rapporto
affettivo
che
lega
la
gente
-
soprattutto
i
giovani
-
alla
citta
'
.
"
Veramente
una
spiegazione
c
'
e
'
-
dice
Natalia
Lylina
,
vicesindaco
,
bella
elegante
signora
che
si
e
'
molto
prodigata
per
facilitare
l
'
inchiesta
-
:
quasi
tutto
cio
'
che
lei
vede
e
tocca
e
'
stato
fatto
dagli
"
ergastolani
"
di
Stalin
.
Fra
di
loro
c
'
erano
artisti
,
scrittori
,
musicisti
,
architetti
che
,
prima
di
morire
(
le
loro
ossa
affiorano
ancora
adesso
,
nei
campi
,
dopo
lo
sgelo
)
,
hanno
inoculato
in
noi
questo
germe
culturale
.
E
cosi
'
oggi
abbiamo
teatri
,
scuole
di
musica
e
di
danza
,
auditorium
,
accademie
d
'
arte
:
tutto
per
i
nostri
ragazzi
"
.
Natalia
Lylina
parte
per
Mosca
e
noi
trascorriamo
l
'
ultima
serata
a
Norilsk
in
compagnia
del
passato
.
Il
passato
si
chiama
Jadviga
Vikentjivna
Malevic
e
ha
le
sembianze
di
una
gentile
signora
polacca
,
fragile
,
i
lineamenti
finissimi
come
disegnati
da
un
pastello
.
Ha
conosciuto
per
10
anni
l
'
inferno
della
miniera
e
guardandola
adesso
uno
si
chiede
come
abbia
potuto
sopravvivere
,
con
quel
fisico
.
Dietro
c
'
e
'
la
storia
d
'
una
ragazza
polacca
,
romantica
e
ribelle
:
"
Fui
arrestata
a
Varsavia
nel
'
45
-
racconta
-
,
avevo
18
anni
.
Ero
scesa
in
strada
per
manifestare
contro
i
soldati
dell
'
Urss
che
spadroneggiavano
a
casa
nostra
.
Arrestarono
anche
molti
uomini
in
quell
'
occasione
,
intellettuali
soprattutto
,
finimmo
in
Siberia
...
Questa
citta
'
e
'
stata
costruita
su
un
mare
di
ossa
umane
.
Mi
mandarono
anche
a
spalare
,
nella
strada
che
porta
alla
fabbrica
del
rame
c
'
e
'
anche
un
po
'
del
mio
sudore
...
"
.
Liberata
nella
seconda
meta
'
degli
anni
Cinquanta
,
viene
ufficialmente
riabilitata
il
30
marzo
del
'
57
.
Nel
frattempo
ha
sposato
il
suo
carceriere
che
era
"
gentile
"
e
che
l
'
ha
lasciata
vedova
,
con
un
figlio
.
Ora
ci
mostra
le
foto
di
quand
'
era
giovane
,
e
'
quasi
uguale
il
colore
dei
capelli
avendo
da
tempo
cosparso
la
canizie
di
una
leggera
polvere
d
'
oro
.
Dice
:
"
Quant
'
era
bella
Varsavia
prima
della
guerra
,
sapesse
...
Ho
avuto
una
giovinezza
splendida
"
.
(
2
-
Continua
.
La
prima
puntata
e
'
stata
pubblicata
il
27
ottobre
)
Potosí ( Moravia Alberto , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
L
'
aeroporto
di
La
Paz
a
quattromila
metri
di
altezza
pare
nient
'
altro
che
un
minimo
lembo
,
dello
sterminato
aeroporto
che
è
l
'
altipiano
boliviano
.
L
'
altipiano
è
deserto
,
spianato
e
vertiginosamente
ventoso
e
luminoso
come
sanno
esserlo
soltanto
le
piste
degli
aeroporti
.
Di
un
colore
brullo
uniforme
,
l
'
altipiano
fugge
d
'
ogni
parte
verso
remoti
orizzonti
circolari
dai
quali
si
affaccia
,
bizzarramente
,
tutta
una
fila
di
picchi
nevosi
.
È
la
cordigliera
Real
,
la
catena
andina
al
di
là
della
quale
la
Bolivia
,
paese
dualistico
,
precipita
senza
transizione
nelle
bassure
tropicali
.
Non
ci
sono
che
due
piccoli
aeroplani
da
turismo
,
ad
una
sola
elica
,
nell
'
aeroporto
.
Trappoco
una
di
queste
libellule
bianche
e
azzurre
ci
porterà
,
sgattaiolando
intorno
i
picchi
,
a
Potosí
,
la
città
morta
dell
'
argento
.
Saliamo
,
ci
chiudiamo
nell
'
abitacolo
non
più
grande
di
quello
di
una
comune
automobile
.
Il
pilota
,
un
capitano
dell
'
aviazione
militare
boliviana
,
non
dispone
,
per
dirigersi
,
che
di
una
piccola
carta
geografica
sulla
quale
con
una
matita
tira
una
linea
retta
da
La
Paz
a
Potosí
.
Volerà
tra
rupi
altissime
,
al
di
sopra
di
voragini
spalancate
,
servendosi
unicamente
di
questa
carta
.
Partiamo
.
L
'
aeroplano
romba
,
ma
neppure
tanto
,
corre
un
poco
sulla
pista
e
quindi
decolla
e
si
dirige
con
esasperante
lentezza
(
duecento
chilometri
all
'
ora
)
verso
le
montagne
all
'
orizzonte
.
Sorvoliamo
La
Paz
,
che
per
proteggerla
dai
venti
,
gli
spagnoli
hanno
costruito
in
fondo
ad
una
specie
di
cratere
dalle
pareti
erose
,
di
un
giallo
leonino
,
che
ricordano
le
crete
di
Siena
;
sorvoliamo
ancora
per
un
po
'
l
'
altipiano
;
quindi
entriamo
tra
le
montagne
.
La
Bolivia
è
un
paese
di
miniere
.
O
meglio
è
un
paese
di
contadini
che
per
sua
disgrazia
è
ricchissimo
di
minerali
.
Gli
Incas
conoscevano
le
miniere
;
ma
la
loro
civiltà
comunitaria
,
isolata
tra
le
Ande
e
l
'
oceano
,
era
per
forza
di
cose
disinteressata
;
e
perciò
si
servivano
dei
metalli
soltanto
per
scopi
domestici
.
Gli
spagnoli
invece
erano
dei
colonialisti
,
i
primi
,
in
ordine
di
tempo
,
del
mondo
moderno
.
È
interessante
notare
come
all
'
origine
del
colonialismo
spagnolo
c
'
è
una
deviazione
psicologica
che
forse
riguarda
più
il
moralista
che
lo
scienziato
di
cose
economiche
.
L
'
idea
dell
'
arricchimento
facile
,
senza
lavoro
,
per
rapina
o
per
fortuna
o
per
tutte
e
due
,
ha
corrotto
in
partenza
la
conquista
dell
'
America
.
Il
mito
asiatico
dell
'
oro
,
dell
'
argento
,
delle
pietre
preziose
,
delle
essenze
rare
,
delle
spezie
si
frapponeva
come
un
miraggio
tra
gli
occhi
dei
soldati
spagnoli
e
la
umile
realtà
primitiva
del
nuovo
mondo
.
Purtroppo
questo
mito
trovò
una
conferma
nella
natura
e
fu
allora
la
rovina
della
Bolivia
.
L
'
agricoltura
,
un
tempo
pianificata
con
complicati
sistemi
di
irrigazione
,
fu
lasciata
decadere
fino
all
'
attuale
livello
di
mera
sussistenza
;
gli
indios
furono
avviati
in
massa
alle
miniere
con
metodi
schiavistici
.
Volando
sulla
cordigliera
Real
,
tutto
questo
si
può
vedere
a
occhio
nudo
.
Giù
,
giù
,
in
fondo
alle
vallate
anguste
,
si
aprono
ogni
tanto
dei
piccoli
slarghi
e
sopra
un
ripiano
si
scorgono
tanti
rettangolini
grigi
disposti
in
simmetria
.
Al
di
sopra
di
questi
rettangolini
incombono
altissime
montagne
brulle
e
dirupate
che
,
ad
uno
sguardo
attento
,
si
rivelano
tutte
sforacchiate
di
caverne
oscure
.
Sono
le
miniere
,
le
famose
,
funeste
miniere
d
'
oro
,
d
'
argento
,
di
antimonio
,
di
zinco
,
di
piombo
,
di
stagno
,
di
rame
della
Bolivia
.
Guardando
a
quei
miseri
villaggi
sprofondati
nelle
gole
solitarie
si
capiscono
tante
cose
:
l
'
isolamento
assoluto
dei
minatori
,
causa
di
continui
moti
rivoluzionari
che
mirano
,
a
ben
guardare
,
a
inserire
quelle
sperdute
comunità
nella
vita
sociale
e
politica
del
paese
;
le
immense
difficoltà
dei
trasporti
del
minerale
che
gli
spagnoli
avevano
risolto
con
l
'
asservimento
degli
indiani
ma
che
oggi
,
dopo
la
nazionalizzazione
di
due
terzi
delle
miniere
,
rende
passivi
i
bilanci
delle
amministrazioni
statali
.
Ecco
finalmente
Potosí
.
La
sorvoliamo
planando
obliquamente
.
Potosí
appare
come
una
città
testuggine
,
a
causa
dei
tetti
accostati
come
le
piastre
,
appunto
,
della
corazza
della
tartaruga
.
L
'
aeroplano
continua
a
planare
tutt
'
intorno
l
'
arida
nuda
valle
,
ed
ecco
ci
viene
incontro
la
celebre
montagna
triangolare
che
domina
Potosí
,
il
Cerro
Rico
.
È
una
montagna
brulla
,
color
tabacco
,
sparsa
delle
solite
caverne
oscure
.
Da
questa
montagna
,
gli
economisti
moderni
calcolano
che
la
corona
di
Spagna
ha
estratto
in
tre
secoli
per
un
valore
di
un
miliardo
di
dollari
di
argento
.
Nel
Seicento
,
da
Potosí
veniva
la
metà
dell
'
argento
di
tutta
Europa
.
A
Potosí
,
più
poeticamente
,
dicono
che
con
l
'
argento
ricavato
dal
Cerro
Rico
si
potrebbe
costruire
un
ponte
tutto
d
'
argento
massiccio
dalla
città
fino
alla
lontanissima
Madrid
.
Potosí
è
una
città
coloniale
spagnola
del
tipo
di
quelle
messicane
per
esempio
Oaxaca
.
C
'
è
la
solita
plana
,
i
soliti
grandi
alberi
fronzuti
,
le
solite
panchine
,
la
solita
cattedrale
barocca
.
Soltanto
,
a
differenza
delle
città
messicane
,
Potosí
è
morta
,
di
una
morte
antica
che
non
risale
a
ieri
ma
al
Settecento
,
quando
le
miniere
d
'
argento
,
esaurite
,
non
pagarono
più
le
spese
dell
'
estrazione
.
Potosí
è
dunque
la
città
simbolica
del
colonialismo
spagnolo
:
nata
con
l
'
argento
,
è
morta
con
l
'
argento
.
La
sua
vita
è
stata
anche
d
'
argento
,
poiché
,
per
cupidigia
del
prezioso
metallo
,
ci
sono
state
,
a
Potosí
,
perfino
delle
guerre
civili
.
Di
questo
parere
,
del
resto
,
è
anche
l
'
anonimo
poeta
che
ha
scritto
,
verso
il
Settecento
,
il
poema
Testamento
di
Potosí
,
alla
maniera
dei
testamenti
di
François
Villon
.
Il
poema
è
un
elenco
di
lasciti
ora
descrittivi
e
ora
burleschi
fatti
dalla
celebre
città
in
punto
di
morte
.
Tra
le
altre
cose
,
Potosí
lascia
a
Dio
la
propria
anima
;
la
quale
,
però
come
nota
ironicamente
il
poeta
,
es
la
plata
pura
,
è
fatta
di
puro
argento
.
Naturale
che
il
centro
di
una
città
così
emblematica
non
sia
,
a
ben
guardare
,
la
cattedrale
bensì
il
famoso
Palazzo
della
Moneta
,
uno
dei
più
belli
dell
'
America
Latina
.
È
la
stagione
delle
piogge
,
piove
a
dirotto
;
così
visitiamo
il
palazzo
quasi
al
buio
perché
,
per
economia
,
la
luce
elettrica
c
'
è
soltanto
negli
uffici
della
direzione
.
Percorriamo
in
fretta
le
sale
del
museo
di
pittura
coloniale
nelle
quali
,
dalla
penombra
,
ci
guardano
le
solite
ninfe
spropositate
,
le
solite
Madonne
dalle
facce
sciocche
,
i
soliti
gentiluomini
e
le
solite
dame
pieni
di
galloni
e
di
sufficienza
;
quindi
scendiamo
a
pianterreno
,
dove
si
trovava
la
zecca
.
Sempre
al
buio
,
ecco
le
enormi
macchine
tutte
di
legno
,
senza
un
solo
chiodo
di
ferro
,
con
le
quali
si
batteva
moneta
;
ecco
,
dentro
le
teche
,
gli
stampi
delle
monete
con
le
armi
di
Castiglia
da
una
parte
e
l
'
effigie
del
sovrano
dall
'
altra
.
Siamo
dunque
nel
cuore
stesso
,
morto
e
secco
,
del
colonialismo
spagnolo
.
Queste
grandi
ruote
dentate
di
legno
durissimo
delle
foreste
boliviane
non
gireranno
mai
più
;
gli
stampi
non
imprimeranno
mai
più
nell
'
argento
antichi
stemmi
e
profili
accigliati
di
re
.
E
tuttavia
non
si
può
negare
che
proprio
in
questa
penombra
,
tra
questa
roba
defunta
,
si
avverta
più
che
altrove
il
senso
riposto
della
storia
del
subcontinente
.
La
sola
riflessione
che
venga
fatto
di
formulare
è
che
queste
sale
sono
più
eloquenti
di
qualsiasi
chiesa
.
Certo
,
l
'
arte
,
i
riti
,
le
cerimonie
della
religione
hanno
varcato
l
'
oceano
e
si
sono
radicate
in
America
;
ma
,
come
avviene
ancor
oggi
,
con
tutti
i
colonialismi
di
tutti
i
generi
e
di
tutti
i
paesi
,
il
messaggio
che
era
legato
a
quelle
forme
è
come
se
fosse
rimasto
in
Europa
,
tanto
poco
ha
informato
di
sé
il
rapporto
fra
conquistatori
e
indigeni
.
Così
che
qualche
anno
fa
ha
potuto
addirittura
essere
ripresentato
come
un
messaggio
rivoluzionario
dal
prete
guerrigliero
Camilo
Torres
e
dai
suoi
seguaci
.
Giriamo
per
Potosí
tutto
il
giorno
,
sotto
la
pioggia
.
La
serata
ci
vedrà
seduti
nel
grande
atrio
gelido
dell
'
albergo
,
in
un
cerchio
di
notabili
venuti
a
visitarci
:
l
'
alcalde
o
sindaco
,
il
comandante
della
guarnigione
,
qualche
altro
personaggio
ufficiale
.
Si
mangiano
olive
e
mandorle
salate
,
si
sorseggia
una
bevanda
che
rassomiglia
alla
tequila
messicana
.
La
conversazione
langue
;
si
parla
del
tempo
che
fa
,
come
in
un
salotto
inglese
dell
'
era
vittoriana
.
Poi
,
non
senza
intenzione
,
buttiamo
là
una
qualsiasi
allusione
politica
e
allora
,
come
d
'
incanto
,
i
discorsi
diventano
vivacissimi
.
Gli
è
che
i
boliviani
hanno
la
passione
della
politica
;
forse
perché
i
problemi
di
questo
paese
sono
così
antichi
e
così
intrattabili
da
diventare
,
per
forza
di
cose
e
quasi
per
la
consapevolezza
della
loro
intrattabilità
,
prima
di
tutto
politici
.
Naturalmente
,
ad
un
certo
punto
,
si
parla
del
"
Che
"
Guevara
e
della
sua
tragica
avventura
.
Se
ne
parla
tuttora
e
dappertutto
in
Bolivia
;
e
anche
da
parte
degli
avversari
con
una
strana
,
quasi
inconscia
riconoscenza
;
è
una
tragedia
che
ha
ricordato
al
mondo
,
a
livello
storico
,
la
Bolivia
,
paese
isolato
e
frustrato
;
e
al
tempo
stesso
ne
ha
innalzato
,
per
così
dire
,
il
tasso
di
vitalità
.
Ma
la
discussione
suscita
strane
interpretazioni
che
bisogna
pur
chiamare
"
provinciali
"
.
Non
odo
forse
qualcuno
attribuire
la
spedizione
cubana
alla
massoneria
?
Partiremo
la
mattina
dopo
;
ma
il
pilota
,
dopo
aver
captato
alla
radio
le
notizie
sul
tempo
e
consultato
la
sua
carta
,
decide
di
dirigersi
verso
Oruro
.
Come
se
,
in
Italia
,
chi
volesse
andare
da
Milano
a
Roma
puntasse
sopra
Trieste
.
Voliamo
sotto
un
cielo
basso
e
scuro
,
tra
i
picchi
,
seguendo
i
canaloni
,
in
direzione
di
un
chiarore
sulfureo
che
sta
a
indicare
una
spera
di
sole
sull
'
altipiano
.
Ecco
di
nuovo
,
in
fondo
alle
vallate
nude
e
aride
,
i
villaggi
delle
miniere
;
si
vedono
le
piste
serpeggiare
lontano
,
bianche
e
sottili
tra
i
monti
:
a
dorso
di
mulo
o
a
piedi
ci
vogliono
anche
venti
giorni
per
percorrere
la
distanza
che
il
nostro
monoplano
varca
in
poco
più
di
un
'
ora
.
Sbuchiamo
finalmente
sull
'
altipiano
,
c
'
è
il
sole
e
piove
attraverso
il
sole
.
Ecco
l
'
aeroporto
,
un
prato
come
un
altro
.
Prendiamo
un
tassi
,
ci
precipitiamo
alla
stazione
per
sentirci
dire
che
il
treno
parte
tra
mezz
'
ora
ma
che
non
c
'
è
posto
perché
tutto
è
stato
già
prenotato
da
quindici
giorni
.
Poiché
il
cattivo
tempo
peggiora
nel
pomeriggio
,
come
avviene
di
regola
nella
stagione
delle
piogge
,
con
lo
stesso
tassì
,
correndo
a
perdifiato
per
la
pista
allagata
,
attraverso
l
'
altipiano
,
in
quattro
ore
arriviamo
a
La
Paz
.
Durante
il
viaggio
non
ci
fermiamo
che
una
sola
volta
:
per
ammirare
un
lama
,
il
primo
che
abbiamo
visto
sinora
,
fermo
sotto
la
pioggia
,
nel
mezzo
di
una
steppa
sterminata
,
simile
ad
un
cammello
con
le
gambe
corte
.
StampaQuotidiana ,
Milano
.
È
una
mattina
grigia
,
a
Milano
,
in
fondo
a
viale
Porpora
.
La
gente
esce
dai
portoni
,
qualcuno
la
notizia
l
'
ha
già
ascoltata
alla
radio
,
Renato
Vallanzasca
è
stato
preso
,
non
ha
sparato
,
s
'
è
arreso
.
Qui
,
dove
viale
Porpora
sbuca
in
piazza
Gobetti
,
Renato
ha
passato
tutta
l
'
infanzia
e
l
'
adolescenza
,
da
queste
parti
ha
abitato
con
la
madre
e
il
padre
fino
a
pochi
anni
fa
.
Nei
giardini
di
piazza
Gobetti
,
che
fra
poco
si
popoleranno
di
pensionati
,
Vallanzasca
ha
giocato
con
gli
altri
ragazzi
del
quartiere
.
È
probabile
che
tempo
fa
non
ci
fosse
lo
scivolo
di
metallo
e
i
tre
tubi
dipinti
di
rosso
dentro
i
quali
si
nascondono
i
bambini
,
un
triste
«
parco
giochi
»
da
periferia
.
«
Certo
che
lo
conosco
»
dice
una
panettiera
che
ha
il
negozio
sull
'
angolo
«
da
piccolo
veniva
insieme
al
fratello
a
comperare
le
brioches
prima
di
andare
a
scuola
.
Gentili
,
educati
,
stavano
sempre
assieme
.
Due
brioches
da
cento
lire
,
i
soldi
li
teneva
Renato
.
Poi
,
diventati
grandi
,
non
li
ho
più
visti
nel
mio
negozio
.
Ma
se
l
'
incontravo
,
Renato
o
Roberto
mi
salutavano
sempre
.
»
Al
162
di
viale
Porpora
un
citofono
con
una
lista
di
cognomi
,
Vallanzasca
è
il
terzo
.
La
madre
di
Renato
abita
al
primo
piano
,
due
stanze
e
un
locale
dove
fino
all
'
anno
scorso
lei
e
suo
marito
tenevano
gli
scatoloni
di
maglieria
per
il
negozietto
proprio
sotto
casa
.
Adesso
il
negozio
è
stato
rilevato
da
una
signora
che
continua
nello
stesso
commercio
.
«
Gente
perbene
,
io
ho
rilevato
soltanto
i
muri
,
da
tempo
in
questo
negozio
non
entrava
più
nessuno
per
via
di
tutto
il
chiasso
che
s
'
era
fatto
attorno
a
Renato
.
Di
lui
non
abbiamo
mai
parlato
,
la
donna
mi
diceva
ogni
tanto
che
era
costretta
a
vendere
per
le
grane
che
le
davano
i
figli
.
Prima
stava
dietro
il
banco
per
tutto
il
giorno
,
il
marito
scendeva
ogni
tanto
per
aiutarla
.
Qualche
volta
portava
in
negozio
un
bambino
piccolo
,
Massimiliano
,
il
figlio
di
Renato
.
Il
bambino
si
metteva
a
giocare
con
un
pezzo
di
spago
e
rimaneva
buono
buono
.
Poi
anche
il
bambino
e
la
donna
di
Renato
se
ne
sono
andati
.
Lei
era
una
bruna
,
molto
bella
.
Renato
,
mi
dicevano
,
era
innamoratissimo
,
geloso
.
»
Dunque
,
come
sempre
nelle
storie
di
malavita
,
ecco
l
'
uomo
con
due
facce
,
ai
vicini
non
il
minimo
fastidio
,
buongiorno
e
buonasera
,
premuroso
,
servizievole
,
e
poi
dall
'
altra
parte
il
killer
con
la
bomba
a
mano
in
tasca
,
donne
,
champagne
,
appartamenti
lussuosi
,
fotomodelle
,
bische
,
forse
anche
un
po
'
di
droga
.
Due
mondi
,
insomma
,
lontanissimi
uno
dall
'
altro
,
quasi
che
uno
dei
due
non
fosse
vero
,
fosse
una
finzione
quasi
cinematografica
.
Una
rampa
di
scale
,
al
pianerottolo
del
primo
piano
due
porte
verniciate
di
marrone
,
aria
da
casa
con
affitto
bloccato
,
gli
inquilini
quasi
tutti
anziani
.
Il
portiere
è
trincerato
nel
suo
bugigattolo
,
ringhia
che
non
vuol
parlare
con
nessuno
,
grida
:
«
Mi
avete
scocciato
,
non
rompetemi
le
tasche
»
.
Di
prima
mattina
è
arrivata
una
troupe
televisiva
con
le
lampade
.
La
gente
s
'
è
affacciata
ai
balconi
,
il
portinaio
ha
inveito
,
ha
mandato
via
tutti
in
malo
modo
.
Adesso
la
moglie
gli
sta
facendo
bollire
un
po
'
di
caffelatte
e
cerca
di
calmarlo
.
Quelli
della
televisione
,
spingendo
la
porta
,
hanno
fatto
cadere
un
vaso
di
gerani
,
di
quelli
pallidi
,
abituati
alla
penombra
delle
portinerie
.
Sull
'
uscio
di
casa
Vallanzasca
non
c
'
è
targhetta
,
l
'
hanno
probabilmente
tolta
per
tentare
di
conservare
un
'
ultima
parvenza
di
anonimato
.
Dall
'
interno
non
proviene
alcun
rumore
,
il
piccolo
appartamento
sembra
disabitato
.
I
Vallanzasca
non
hanno
mai
avuto
telefono
.
Dalla
porta
accanto
viene
il
ronzio
di
un
aspirapolvere
.
La
signora
Esterina
Rossi
,
settant
'
anni
,
si
affaccia
dopo
due
colpi
di
campanello
.
«
No
,
non
so
se
sono
in
casa
,
credo
di
no
.
Qualche
volta
mi
invitano
a
prendere
il
caffè
,
sono
persone
a
modo
,
ogni
tanto
sono
venuti
anche
da
me
a
vedere
la
televisione
,
tanto
per
non
star
soli
.
Sì
,
la
televisione
ce
l
'
hanno
anche
loro
,
ci
mancherebbe
altro
.
Renato
e
il
fratello
?
Li
ho
sempre
visti
da
quando
erano
bambini
,
io
abito
qui
da
quasi
quarant
'
anni
.
Lui
è
un
bel
figliolo
,
sorridente
,
di
quelli
che
prendono
la
vita
come
viene
.
Roberto
è
diverso
,
negli
ultimi
tempi
si
era
immusonito
.
Qualche
volta
suono
per
avere
un
uovo
,
un
po
'
di
olio
,
o
la
signora
Maria
li
domanda
a
me
.
Eh
,
certo
,
adesso
qui
attorno
tutti
hanno
paura
di
dire
che
conoscevano
Vallanzasca
,
non
vogliono
finire
sui
giornali
.
Ma
mi
sont
vegia
,
cosa
volete
che
ne
sappia
di
bande
,
di
rapine
?
Lui
mi
è
sempre
sembrato
un
bravo
ragazzo
almeno
fino
a
quando
ha
abitato
con
la
madre
e
il
padre
.
Poi
s
'
è
messo
in
un
brutto
giro
.
La
signora
Maria
piangeva
quando
andavo
da
lei
a
prendere
il
caffè
,
ma
non
mi
ha
mai
raccontato
niente
.
Diceva
:
"
I
figli
ci
fanno
dannare
"
.
Renato
,
un
bel
fioeu
,
ghe
piasevan
i
tosann
.
Naturale
.
Ma
le
ragazze
vogliono
qualcuno
con
la
grana
in
tasca
,
cose
risapute
.
»
Sul
pianerottolo
fa
freddo
,
il
pavimento
si
sta
coprendo
di
mozziconi
di
sigarette
che
domani
faranno
imbestialire
il
portinaio
.
Possibile
che
non
ci
sia
nessuno
in
casa
Vallanzasca
?
Non
si
ode
il
minimo
fruscio
.
Si
scende
al
bar
con
bigliardo
per
sapere
qualcosa
.
Nessuno
ha
visto
i
genitori
di
Renato
,
ormai
tutti
sanno
la
notizia
della
sua
cattura
.
C
'
è
un
tavolo
di
vecchi
giocatori
di
scopone
,
come
in
un
quadro
di
Ottone
Rosai
.
I
giocatori
rispondono
con
qualche
borbottio
,
non
vogliono
essere
disturbati
.
Il
giornalaio
di
piazza
Gobetti
si
affaccia
dietro
una
catasta
di
riviste
.
Maria
Vallanzasca
non
s
'
è
vista
.
Scende
ogni
mattina
a
prendere
il
giornale
per
saper
qualcosa
del
figlio
.
Oggi
non
s
'
è
fatta
viva
.
E
non
s
'
è
fatta
viva
dal
lattaio
,
dal
panettiere
.
Il
marito
,
Osvaldo
Pistoia
,
non
ha
comperato
neppure
le
Nazionali
.
Davanti
all
'
edicola
scaricano
i
pacchi
dei
quotidiani
del
pomeriggio
con
titoli
enormi
.
I
pensionati
,
che
cercano
un
po
'
di
sole
sulle
panchine
della
piazza
,
si
avvicinano
per
sbirciare
.
«
Non
poteva
che
finir
così
»
dice
qualcuno
.
La
signora
Esterina
ha
ripreso
a
far
funzionare
l
'
aspirapolvere
.
Allora
si
sposta
la
piastrina
di
metallo
che
protegge
lo
spioncino
dell
'
uscio
dei
Vallanzasca
e
dentro
si
vede
,
sfumata
,
una
donnetta
grigia
,
quasi
un
'
ombra
indistinta
.
Sul
fondo
c
'
è
un
televisore
con
sopra
un
vaso
di
fiori
finti
.
Maria
Vallanzasca
si
muove
senza
rumore
,
non
ha
neppure
avuto
l
'
animo
di
uscire
per
comperare
i
giornali
.
C
'
è
come
un
'
atmosfera
di
assedio
,
timore
della
curiosità
della
gente
,
paura
delle
domande
,
da
anni
ormai
questa
povera
donna
vive
in
un
incubo
,
l
'
hanno
messa
in
prigione
dopo
che
s
'
è
incontrata
con
il
figlio
a
Cagliari
,
le
hanno
perquisito
la
casa
infinite
volte
,
c
'
era
sempre
qualche
agente
in
borghese
sotto
il
portone
,
qualche
finto
hippy
nel
bar
che
fingeva
di
giocare
al
flipper
.
Anche
qui
,
come
in
molte
storie
di
malavita
ci
sono
due
case
,
il
rifugio
lussuoso
di
Renato
,
divani
moderni
di
nappa
,
tappeti
,
il
giradischi
,
il
mobile
bar
con
i
liquori
,
e
,
dall
'
altra
,
il
piccolo
,
povero
appartamentino
dei
genitori
,
con
il
ballatoio
che
dà
sul
cortile
,
la
corda
con
i
panni
tesi
ad
asciugare
,
qualche
piantina
striminzita
:
anche
qui
due
mondi
terribilmente
diversi
tra
loro
.
Maria
Vallanzasca
non
vuoi
aprire
.
Le
infiliamo
i
giornali
sotto
il
battente
,
ma
ci
vuoi
del
tempo
prima
che
si
decida
a
raccoglierli
.
Si
sente
soltanto
un
passo
furtivo
,
un
piccolissimo
rumore
come
di
un
topo
che
esca
dalla
tana
.
Le
abbiamo
passato
soltanto
il
primo
foglio
,
gli
altri
hanno
titoli
troppo
sanguinosi
.
Si
sente
solo
il
fruscio
della
carta
.
L
'
ombra
ripassa
davanti
allo
spicchio
di
luce
dello
spioncino
.
Fra
poco
sullo
schermo
della
televisione
apparirà
Renato
Vallanzasca
in
pigiama
e
stampelle
.
Renato
è
strafottente
,
sicuro
di
sé
,
non
assomiglia
affatto
alle
fotografie
segnaletiche
,
nessuno
,
incontrandolo
per
strada
,
avrebbe
potuto
riconoscerlo
.
Ma
in
casa
Vallanzasca
non
si
accende
neppure
il
televisore
,
il
silenzio
è
sempre
totale
,
rotto
di
tanto
in
tanto
da
uno
scalpiccio
guardingo
.
Il
mestiere
impone
di
insistere
,
si
pigia
di
nuovo
il
campanello
.
Allora
,
attraverso
una
fessura
della
porta
,
esce
un
biglietto
piegato
in
quattro
.
C
'
è
scritto
:
«
Andate
via
»
.
Poi
dopo
qualche
minuto
la
voce
del
marito
:
«
Andate
via
,
lasciateci
soli
,
abbiamo
già
tanti
dispiaceri
...
»
.
Anche
la
signora
Esterina
si
affaccia
con
la
scopa
in
mano
e
fa
:
«
Povera
gente
,
non
insistete
.
Sono
mesi
che
fanno
questa
vita
»
.
Nel
«
parco
giochi
»
di
piazza
Gobetti
corrono
i
bambini
,
per
i
pensionati
è
venuta
l
'
ora
del
bianco
,
le
madri
escono
per
prendere
i
figli
a
scuola
.
Il
portinaio
del
162
ha
tirato
le
tendine
a
fiori
e
adesso
sta
mangiando
i
suoi
spaghetti
.
In
casa
Vallanzasca
non
si
mangia
.
Non
si
sente
neppur
correre
l
'
acqua
,
il
silenzio
è
sempre
profondissimo
,
come
se
il
piccolo
appartamento
di
tre
stanze
fosse
abitato
da
fantasmi
.
Un
'
altra
storia
di
malavita
finisce
così
con
tutti
i
suoi
ingredienti
da
film
di
violenza
,
le
raffiche
di
mitra
,
gli
agenti
assassinati
,
i
due
miliardi
bruciati
in
una
vasca
da
bagno
,
le
fughe
,
i
morti
,
i
poliziotti
con
il
giubbetto
antiproiettile
.
Sono
tutte
cose
che
in
via
Porpora
,
angolo
piazza
Gobetti
,
sembravano
impossibili
.
Eppure
sono
successe
.
I
giocatori
di
scopone
se
ne
sono
andati
,
al
vincitore
della
partita
interminabile
è
stato
offerto
un
grappino
.
Alle
sei
di
sera
arriveranno
i
patiti
del
bigliardo
.
La
storia
di
Vallanzasca
finisce
anche
qui
,
in
una
periferia
parsimoniosa
,
affaccendata
.
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
La
Paz
è
una
città
in
gran
parte
india
,
costruita
,
però
,
dai
bianchi
per
i
bianchi
.
In
altri
termini
la
divisione
sociale
a
La
Paz
si
raddoppia
di
una
divisione
razziale
o
se
si
preferisce
culturale
.
La
classe
dirigente
è
bianca
o
meticcia
;
il
popolo
è
indio
.
Questa
divisione
che
riflette
la
più
vasta
divisione
del
paese
(
quattro
milioni
di
abitanti
di
cui
soltanto
quattrocentomila
bianchi
e
meticci
)
è
l
'
eredità
più
vistosa
del
colonialismo
spagnolo
.
La
Paz
è
una
bellissima
e
strana
città
costruita
in
una
specie
di
crepaccio
dell
'
altipiano
.
Monti
scoscesi
ed
erosi
simili
alle
pareti
interne
di
un
cratere
circondano
e
si
innalzano
da
ogni
parte
intorno
la
città
.
La
parte
bassa
dell
'
angusta
vallata
è
occupata
dalla
città
bianca
;
sui
fianchi
dei
monti
si
arrampicano
invece
i
quartieri
popolari
,
cioè
indi
,
composti
di
case
di
fango
seccato
.
Gli
Indi
,
naturalmente
,
si
vedono
dappertutto
,
gli
uomini
coi
ponci
infilati
nel
collo
e
drappeggiati
davanti
e
dietro
come
ferraioli
;
le
donne
con
la
bombetta
nera
o
marrone
,
la
gonnella
succinta
e
sospesa
su
una
crinolina
,
lo
scialle
intorno
le
spalle
che
il
più
delle
volte
avvolge
un
bambino
portato
a
cavalcioni
sulle
reni
.
Dire
che
gli
Indi
sono
attraenti
sarebbe
deformare
la
verità
.
Mentre
esiste
certamente
una
bellezza
africana
,
non
esiste
una
bellezza
india
.
E
colpisce
,
nel
confronto
con
gli
africani
(
il
paragone
è
inevitabile
,
se
non
altro
per
la
somiglianza
delle
situazioni
economiche
e
sociali
)
l
'
eleganza
dei
vestiti
dei
primi
rispetto
alla
goffaggine
dei
costumi
"
nazionali
"
dei
secondi
.
Con
gli
Indi
si
ha
continuamente
l
'
impressione
del
"
già
visto
"
,
corretto
però
,
in
maniera
ambigua
e
il
più
delle
volte
non
troppo
estetica
,
da
modificazioni
che
si
è
tentati
di
attribuire
al
clima
e
all
'
isolamento
.
Si
pensa
,
vedendoli
,
subito
,
a
dei
mongoli
;
poi
,
in
un
secondo
momento
si
notano
differenze
curiose
che
,
però
,
non
riescono
a
scacciare
l
'
idea
dell
'
origine
asiatica
:
un
colore
bruno
che
tira
al
rosso
;
una
lunghezza
insolita
del
volto
che
congiunta
alla
larghezza
mongolica
fa
sì
che
le
facce
risultino
sproporzionatamente
grandi
:
una
specie
di
caduta
dei
tratti
l
'
uno
sull
'
altro
,
la
fronte
sul
naso
,
il
naso
sulla
bocca
e
la
bocca
sul
mento
.
Invincibilmente
,
non
si
può
fare
a
meno
di
pensare
ad
un
'
emigrazione
asiatica
preistorica
abbastanza
numerosa
da
permettere
gli
insediamenti
americani
;
ma
troppo
scarsa
per
fomentare
sviluppi
decisivi
,
somatici
e
altri
.
Bruciati
dal
sole
e
dal
vento
degli
altipiani
,
senza
rapporti
con
altri
popoli
,
si
direbbe
che
gli
Indi
siano
rimasti
a
metà
strada
,
non
più
mongoli
,
non
ancora
americani
.
Così
che
,
a
ben
guardare
,
il
termine
"
indio
"
coniato
per
sbaglio
dagli
spagnoli
,
si
rivela
,
nella
sua
ambiguità
,
assai
espressivo
della
ambiguità
fisica
delle
popolazioni
indigene
dell
'
America
.
Per
osservare
gli
Indi
bisogna
recarsi
al
mercato
,
su
su
,
nella
parte
alta
di
La
Paz
.
Nelle
straducce
che
portano
al
mercato
,
le
donne
stanno
accovacciate
sui
marciapiedi
,
le
une
contro
le
altre
,
come
galline
infreddolite
e
torpide
.
Davanti
a
loro
,
sui
lastroni
,
è
esposta
la
merce
:
minimi
mucchietti
di
peperoncini
,
pochi
sacchetti
di
foglie
verdi
di
coca
,
qualche
frittella
fatta
in
casa
.
Guardano
a
questa
misera
roba
con
indifferenza
,
come
se
non
gli
appartenesse
.
Più
su
,
tra
le
bancarelle
del
mercato
,
l
'
atmosfera
è
in
apparenza
quella
dei
mercati
di
tutto
il
mondo
:
compratori
che
circolano
lentamente
guardando
ed
esaminando
;
venditori
che
se
ne
stanno
immobili
dietro
i
banchi
.
Ma
ad
un
esame
più
attento
,
ci
si
rende
conto
che
in
quella
folla
mancano
l
'
allegria
,
la
confusione
e
anche
la
promiscuità
e
la
sporcizia
proprie
dei
mercati
.
Il
mercato
boliviano
è
grave
,
poco
rumoroso
,
pulito
e
senza
contatti
e
spintoni
.
Certo
,
si
potrebbe
attribuire
questo
carattere
al
temperamento
poco
vivace
della
gente
di
montagna
.
Ma
forse
la
ragione
è
più
profonda
.
Forse
,
in
maniera
inconscia
,
fra
venditori
e
compratori
c
'
è
una
tacita
intesa
per
non
dare
importanza
al
mercato
in
quanto
occasione
sociale
,
luogo
di
comunicazione
e
di
incontro
.
In
altri
termini
,
bisognerebbe
ravvisare
nella
riserva
e
compostezza
degli
Indi
un
aspetto
tra
i
tanti
del
"
rifiuto
sociale
"
che
in
tutta
l
'
America
Latina
gli
indigeni
hanno
opposto
,
fin
dai
tempi
della
conquista
,
al
sistema
colonialista
.
Questo
rifiuto
sociale
degli
Indi
,
cioè
rifiuto
di
comunicare
,
di
partecipare
,
di
integrarsi
,
è
una
delle
cose
che
colpisce
di
più
in
Bolivia
.
Certo
per
gli
Indi
,
come
per
gli
africani
,
è
difficile
passare
da
un
'
economia
autarchica
e
di
mera
sussistenza
al
produttivismo
e
al
consumismo
del
mondo
moderno
.
Ma
al
contrario
degli
africani
che
mostrano
un
vivo
e
manifesto
desiderio
di
partecipare
alla
civiltà
industriale
,
gli
Indi
oppongono
a
questa
stessa
civiltà
una
resistenza
passiva
fatta
di
cocciuta
fedeltà
alla
tradizione
e
di
assoluta
mancanza
di
ambizione
.
Negli
Indi
si
avverte
se
non
proprio
ostilità
,
cattiva
volontà
;
non
tanto
forse
per
diffidenza
verso
la
novità
quanto
per
nostalgia
inconscia
e
rancorosa
di
un
passato
defunto
e
migliore
.
Insomma
,
mentre
dietro
l
'
africano
si
sente
un
'
antica
simbiosi
con
la
natura
rispetto
alla
quale
neppure
la
schiavitù
può
considerarsi
una
soluzione
di
continuità
,
nell
'
indio
invece
si
intuisce
il
trauma
di
una
civiltà
originale
bruscamente
e
spietatamente
distrutta
.
La
sensazione
di
un
ripiegamento
,
di
un
rifiuto
,
di
una
rinunzia
non
soltanto
imposta
ma
anche
voluta
,
è
del
resto
confermata
dall
'
archeologia
.
A
cento
chilometri
da
La
Paz
,
le
rovine
stupende
del
tempio
di
Tiahuanaco
con
le
loro
muraglie
fatte
di
enormi
blocchi
incastrati
a
secco
fanno
guardare
con
stupore
alle
figure
goffe
degli
Indi
,
mascherati
secondo
il
rozzo
folklore
dell
'
oppressione
europea
.
Si
stenta
a
credere
che
quei
contadini
in
costume
appartengano
allo
stesso
popolo
che
ha
costruito
il
tempio
.
E
vien
fatto
di
pensare
che
nessun
gruppo
umano
può
impunemente
retrocedere
ad
uno
stato
primitivo
,
dopo
aver
creato
una
civiltà
.
Esso
apparirà
non
già
tornato
alla
natura
ma
regredito
,
umiliato
,
decaduto
.
La
civiltà
,
a
quanto
pare
,
è
un
'
esperienza
incancellabile
.
Naturalmente
i
responsabili
della
situazione
odierna
degli
Indi
,
cioè
gli
spagnoli
,
sono
oggi
acutamente
consapevoli
del
problema
costituito
da
questa
massa
inerte
e
frustrata
di
cittadini
di
secondo
grado
che
oltre
tutto
incide
per
l
'
ottanta
per
cento
sulla
popolazione
della
Bolivia
.
Si
distinguono
diverse
maniere
di
affrontare
il
problema
indio
.
Prima
di
tutto
i
colonialisti
tradizionali
.
Per
loro
l
'
indio
refrattario
all
'
educazione
,
privo
di
ambizioni
consumistiche
e
sociali
,
attaccato
alle
sue
tradizioni
,
dedito
alla
coca
e
all
'
alcool
,
sarebbe
irrecuperabile
.
Non
c
'
è
bisogno
di
molto
acume
,
tuttavia
,
per
capire
che
i
colonialisti
trasformano
in
caratteri
razziali
gli
effetti
della
catastrofe
storica
dell
'
indio
.
In
secondo
luogo
vengono
coloro
che
basandosi
su
una
certa
letteratura
di
rivalutazione
degli
Indi
,
il
cui
massimo
rappresentante
è
stato
D.H.
Lawrence
,
si
sono
costruiti
il
mito
di
una
civiltà
india
di
gran
lunga
superiore
a
quella
occidentale
in
quanto
tuttora
attaccata
ai
valori
del
sangue
e
della
terra
.
D.H.
Lawrence
si
era
servito
di
queste
idee
per
polemizzare
con
la
civiltà
industriale
dell
'
Occidente
.
Ma
in
Bolivia
,
paese
agrario
,
simili
teorie
sembrano
nient
'
altro
che
l
'
altra
faccia
del
colonialismo
con
il
quale
,
infatti
,
condividono
,
sia
pure
per
motivi
diversi
,
la
convinzione
che
l
'
indio
sta
bene
come
sta
e
che
di
conseguenza
niente
va
cambiato
.
Infine
i
socialisti
di
vario
genere
,
sia
i
gruppi
socialnazionalisti
oggi
al
potere
sia
i
castristi
all
'
opposizione
,
considerano
l
'
indio
come
il
risultato
di
un
processo
storico
di
degenerazione
dovuta
a
quattro
secoli
di
spietato
e
imprevidente
sfruttamento
.
I
rimedi
proposti
dai
socialisti
variano
secondo
che
pongono
l
'
accento
piuttosto
sul
dato
culturale
e
nazionale
o
sull
'
economico
.
Ma
tutti
sono
d
'
accordo
in
fondo
nel
considerare
l
'
integrazione
dell
'
indio
nella
vita
sociale
,
economica
e
culturale
del
paese
come
il
problema
massimo
della
Bolivia
.
Abbiamo
visto
gli
Indi
in
due
occasioni
,
l
'
una
,
diciamo
così
,
privata
,
l
'
altra
pubblica
.
La
prima
è
stata
durante
una
gita
al
lago
Titicaca
,
l
'
immenso
lago
sacro
alla
cultura
india
,
ai
confini
col
Perù
.
In
un
villaggio
sulla
strada
,
in
un
grande
spazio
terroso
,
in
pendio
,
limitato
,
in
fondo
,
da
un
muro
bianco
sul
quale
a
grandi
lettere
nere
si
leggeva
scritto
:
"
Cristo
unica
esperanza
"
,
aveva
luogo
un
ballonzolo
rusticano
.
Un
gruppo
di
suonatori
girava
di
qua
e
di
là
saltellando
e
intonando
certe
ariette
discordi
e
agre
con
pifferi
di
canne
,
bidoni
di
benzina
e
tamburelli
.
Gli
Indi
gravi
,
goffi
,
malsicuri
e
rozzi
entravano
nella
danza
tenendosi
per
mano
,
in
una
lunga
fila
che
pian
piano
si
trasformava
in
una
specie
di
pesante
e
orsino
girotondo
.
Veniva
fatto
di
ricordare
il
quadro
celebre
della
festa
contadina
di
Breughel
,
ma
senza
allegria
,
senza
prosperità
,
senza
slancio
,
in
un
'
aria
triste
,
frustrata
e
misera
anche
se
certamente
autentica
.
L
'
occasione
pubblica
è
stata
durante
uno
spettacolo
di
balli
folcloristici
al
palazzo
del
governo
,
davanti
al
miglior
pubblico
della
capitale
e
il
più
ufficiale
.
In
prima
fila
sedevano
tutti
i
ministri
e
il
presidente
della
repubblica
Ovando
.
Danzatori
indi
di
diverse
tribù
,
nei
costumi
tradizionali
,
hanno
eseguito
danze
tradizionali
assai
pittoresche
,
al
suono
dei
soliti
striduli
pifferi
e
dei
soliti
cupi
tamburi
.
Finito
lo
spettacolo
il
presidente
si
è
alzato
e
i
danzatori
,
uno
per
uno
,
sono
sfilati
e
hanno
stretto
la
mano
al
presidente
ricevendone
in
cambio
una
specie
di
fraterno
abbraccio
.
C
'
era
un
'
aria
strana
come
di
riconciliazione
difficile
e
comunque
non
del
tutto
sincera
tra
due
gruppi
nemici
.
Si
avvertiva
l
'
impaccio
di
una
distanza
sociale
e
culturale
che
permaneva
nonostante
la
buona
volontà
di
ambedue
le
parti
.
La
Bolivia
non
è
un
paese
unitario
ma
dualistico
.
E
per
molto
tempo
ancora
sarà
difficile
che
cambi
.
StampaQuotidiana ,
La
Paz
.
Da
La
Paz
al
lago
Titicaca
si
va
in
macchina
in
meno
di
due
ore
.
Si
corre
per
una
pista
di
pietrisco
attraverso
la
steppa
che
ha
un
colore
uniforme
fra
il
marrone
e
il
bruno
,
con
striature
gialle
e
grigie
:
il
colore
dei
cespugli
bassi
e
spinosi
che
riescono
a
resistere
ai
venti
,
al
freddo
,
all
'
aridità
,
alla
rarefazione
dell
'
aria
dell
'
altipiano
.
Poiché
è
la
stagione
delle
piogge
,
un
'
immobile
nuvolaglia
nera
pende
a
mezz
'
aria
,
simile
ad
una
catena
di
montagne
capovolte
,
con
la
base
in
su
e
le
punte
in
giù
,
lasciando
sereno
l
'
azzurro
scuro
e
gelato
degli
orizzonti
.
L
'
altipiano
non
è
così
piatto
come
sembra
:
ogni
tanto
file
di
colline
pietrose
e
sgretolate
si
sollevano
di
poco
sulla
steppa
.
Valichiamo
una
di
queste
collinette
ed
ecco
,
sotto
di
noi
,
allargarsi
la
distesa
diafana
del
lago
Titicaca
.
Ha
un
'
estensione
di
novemila
chilometri
quadrati
;
ma
le
numerose
isole
e
promontori
che
ne
emergono
e
l
'
aspetto
paludoso
,
incerto
,
informe
delle
rive
lo
fanno
parere
un
'
immensa
pozzanghera
sparsa
di
pietre
,
che
si
stia
prosciugando
al
sole
.
Quest
'
impressione
è
esatta
,
del
resto
.
Il
lago
sta
morendo
;
perde
per
assorbimento
del
terreno
e
per
evaporazione
più
acqua
di
quanto
ne
riceva
.
Eppure
il
lago
Titicaca
così
informe
,
così
deserto
,
così
privo
di
tracce
umane
,
è
stato
il
centro
di
una
delle
due
sole
culture
originali
(
l
'
altra
è
quella
del
Messico
)
dell
'
America
precolombiana
.
Al
lago
Titicaca
sono
collegati
i
miti
delle
origini
del
mondo
secondo
la
religione
india
;
e
gli
inizi
della
dinastia
imperiale
degli
Incas
.
In
una
delle
sue
trentasei
isole
,
chiamata
,
per
il
culto
a
cui
era
votata
,
l
'
Isola
del
Sole
,
è
apparso
per
la
prima
volta
,
secondo
il
mito
,
Viracocha
,
creatore
dell
'
uomo
,
della
donna
,
degli
animali
,
del
cielo
e
della
terra
.
In
quella
stessa
isola
sono
nati
í
figli
del
Sole
,
Manco
Capac
e
sua
sorella
nonché
coniuge
alla
maniera
faraonica
Mama
Ocllo
,
capostipiti
della
dinastia
che
in
linea
diretta
,
attraverso
quindici
monarchi
,
arriva
fino
ad
Atahualpa
,
l
'
ultimo
imperatore
,
ucciso
a
tradimento
da
Francisco
Pizarro
.
Di
queste
leggende
e
di
questi
eventi
il
lago
Titicaca
,
naturalmente
,
non
conserva
nulla
.
La
memoria
atavica
degli
indi
e
le
ricerche
archeologiche
degli
europei
qui
si
scontrano
con
il
vuoto
assoluto
e
maestoso
di
una
natura
forse
originariamente
abitata
dalla
storia
ma
che
la
storia
ha
abbandonato
per
sempre
.
Poco
lontano
dal
lago
Titicaca
,
in
un
immenso
anfiteatro
naturale
formato
da
basse
colline
nude
ed
erose
,
si
trovano
le
rovine
del
santuario
di
Tiahuanaco
,
il
centro
religioso
più
importante
della
civiltà
india
prima
degli
Incas
.
A
Tiahuanaco
si
esasperano
i
caratteri
dell
'
altipiano
:
solitudine
,
luminosità
,
vastità
,
vuoto
,
silenzio
.
Il
tempio
affondato
per
metà
sottoterra
,
ha
muraglie
costruite
con
enormi
blocchi
di
pietra
grigia
incastrati
a
secco
con
grande
ingegnosità
e
perfezione
.
La
celebre
Porta
del
Sole
,
con
la
sua
divinità
dalla
testa
felina
e
la
stele
chiamata
dagli
Spagnoli
el
fraile
(
il
frate
)
,
in
realtà
un
dio
anch
'
esso
,
in
forma
umana
,
con
caratteri
tipici
indi
(
busto
lungo
,
gambe
corte
,
testone
,
facciona
)
sono
le
parti
del
tempio
in
cui
,
oltre
alle
capacità
tecniche
ed
architettoniche
,
si
rivela
il
talento
propriamente
artistico
degli
indi
.
È
ammirevole
,
attraente
,
bella
quest
'
arte
?
Diremmo
piuttosto
che
è
strana
e
che
ispira
un
curioso
senso
di
malessere
,
diciamo
così
,
estetico
.
Paragonata
ai
prodotti
artistici
dei
veri
primitivi
(
arte
negra
,
polinesiana
,
greca
arcaica
ecc.
ecc
.
)
rivela
una
stilizzazione
,
una
cifra
per
niente
ingenue
,
di
tipo
tardo
e
decadente
che
dà
un
'
impressione
sgradevole
come
di
frutto
per
metà
acerbo
e
per
metà
già
putrefatto
.
Che
c
'
è
in
fondo
a
quest
'
impressione
?
Il
senso
di
una
civiltà
isolata
,
senza
possibilità
di
prestiti
,
di
confronti
,
di
apporti
,
che
arriva
alla
decadenza
direttamente
dalla
primitività
senza
passare
per
la
fase
della
maturità
.
Quel
non
so
che
di
crudele
e
di
tetro
che
emana
da
quest
'
arte
sembra
alludere
al
destino
proprio
delle
cose
predestinate
al
fallimento
in
quanto
fin
dagli
inizi
avviate
per
la
strada
sbagliata
.
L
'
individuo
può
correggere
i
propri
errori
attraverso
una
presa
di
coscienza
;
ma
le
nazioni
,
le
società
,
le
collettività
,
poiché
non
vivono
a
livello
morale
ma
storico
,
non
si
accorgono
di
sbagliare
e
in
realtà
non
"
possono
"
sbagliare
.
Possono
soltanto
fallire
,
ossia
avere
una
storia
breve
,
una
storia
catastrofica
,
una
storia
in
forma
di
vicolo
cieco
.
Nell
'
erba
,
presso
la
muraglia
del
santuario
,
giacciono
alla
rinfusa
molti
blocchi
di
pietra
.
Si
pensa
che
siano
caduti
giù
per
opera
del
tempo
o
delle
devastazioni
degli
spagnoli
.
Ma
non
è
così
.
Il
santuario
di
Tiahuanaco
,
a
quanto
sembra
,
è
stato
abbandonato
prima
di
essere
finito
.
Quei
blocchi
semi
-
lavorati
erano
già
interrati
nell
'
erba
prima
della
conquista
.
Chissà
,
forse
gli
indi
si
erano
accorti
di
aver
"
sbagliato
"
;
di
essere
stati
traditi
dai
propri
dei
;
ossia
di
aver
creato
una
civiltà
predestinata
al
fallimento
.
Sull
'
altipiano
,
però
,
non
sono
stati
soltanto
gli
indi
a
fallire
;
ma
anche
i
loro
oppressori
,
gli
spagnoli
.
La
croce
cristiana
è
graffita
sulla
spalla
del
/
rade
;
e
dietro
la
collina
spunta
la
cupola
di
una
chiesa
fabbricata
,
a
quanto
ci
dicono
,
con
materiale
portato
via
dal
santuario
del
Sole
;
ma
il
fallimento
spagnolo
è
visibile
dappertutto
nell
'
abbandono
in
cui
giacciono
gli
antichi
palazzi
viceregali
,
le
monumentali
chiese
barocche
,
e
ancor
più
nella
miseria
,
nell
'
ignoranza
,
nell
'
arretratezza
della
popolazione
india
,
dopo
quattro
secoli
di
cultura
europea
.
Dalla
chiesa
,
adesso
,
giungono
suoni
agri
e
discordi
di
musiche
,
tonfi
cupi
di
tamburo
,
scoppi
secchi
di
petardi
.
È
la
fiesta
india
,
rozzamente
e
poveramente
folcloristica
la
quale
,
tra
la
morte
del
santuario
pagano
e
lo
squallore
della
chiesa
cristiana
,
dà
il
senso
acuto
e
straziante
del
fallimento
congiunto
delle
due
culture
.
La
civiltà
india
originaria
(
chiamata
collas
dal
nome
della
tribù
più
importante
)
era
di
tipo
comunitario
,
libera
e
democratica
.
Ma
all
'
arrivo
degli
spagnoli
,
questa
civiltà
già
da
quattro
secoli
è
stata
trasformata
dagli
Incas
in
impero
schiavistico
.
D
'
altra
parte
,
gli
spagnoli
conquistano
l
'
America
in
piena
fase
controriformistica
,
quando
tutto
ciò
che
c
'
è
di
vivo
e
di
nuovo
in
Europa
si
trova
schierato
contro
la
Spagna
.
Così
la
conquista
si
potrebbe
definire
la
fusione
di
due
fallimenti
,
quello
indio
e
quello
spagnolo
,
l
'
innesto
mostruoso
della
decadenza
europea
sul
tronco
della
decadenza
india
.
Ma
qual
è
il
motivo
profondo
del
momentaneo
successo
di
questa
operazione
teratologica
?
Come
mai
un
centinaio
di
avventurieri
si
sono
impadroniti
di
un
impero
di
dieci
milioni
di
indi
?
Forse
l
'
evoluzione
singolare
dell
'
istituzione
della
mita
può
fornire
,
in
maniera
simbolica
,
la
chiave
del
mistero
.
Originariamente
,
ai
tempi
della
civiltà
comunitaria
preincaica
,
la
mita
era
un
servizio
pubblico
al
quale
le
comunità
indie
si
assoggettavano
volontariamente
e
gratuitamente
.
Si
trattava
di
coltivare
le
terre
della
comunità
,
di
irrigarle
,
di
imbrigliare
í
corsi
d
'
acqua
,
di
mantenere
i
sentieri
ecc.
ecc.
La
mita
era
insomma
un
lavoro
collettivo
in
cui
si
manifestava
l
'
alto
grado
di
senso
"
associativo
"
degli
indi
.
Poi
con
l
'
impero
degli
Incas
,
la
libera
organizzazione
comunitaria
,
si
trasforma
in
struttura
rigidamente
centralizzata
e
statale
ossia
,
in
sostanza
,
in
servitù
della
gleba
inquadrata
e
diretta
da
una
burocrazia
di
tipo
religioso
.
Si
trattava
,
però
,
di
una
servitù
della
gleba
di
un
genere
particolare
,
non
tanto
basata
sullo
sfruttamento
a
scopo
di
lucro
,
quanto
sulle
necessità
reali
di
un
'
agricoltura
estensiva
che
dipendeva
in
gran
parte
dai
vasti
e
complessi
sistemi
di
irrigazione
.
Il
passaggio
dalla
servitù
della
gleba
degli
Incas
alla
franca
e
orrenda
schiavitù
mineraria
imposta
dagli
spagnoli
,
sembra
dovuto
alla
forza
.
In
realtà
,
è
reso
possibile
dal
senso
sociale
degli
indi
,
che
già
a
suo
tempo
aveva
consentito
la
trasformazione
dell
'
economia
comunitaria
in
economia
statale
.
Intendiamoci
:
il
senso
sociale
non
è
un
difetto
ma
una
qualità
.
Sempre
,
però
,
che
non
distrugga
l
'
istinto
individuale
,
come
sembra
essere
avvenuto
nella
civiltà
india
.
La
mancanza
di
individualismo
fa
sì
che
la
mita
da
servizio
pubblico
libero
e
spontaneo
si
trasformi
con
gli
Incas
e
poi
con
gli
spagnoli
in
corvée
.
Gli
indi
erano
soprattutto
e
soltanto
"
sociali
"
ossia
docili
,
sottomessi
alle
leggi
,
disciplinati
e
ligi
.
Gli
Incas
si
sono
serviti
di
questa
socialità
per
avviare
gli
indi
allo
statalismo
teocratico
;
gli
spagnoli
per
farne
degli
schiavi
.
In
un
secolo
la
popolazione
india
cade
da
dieci
milioni
ad
un
solo
milione
.
La
mita
diventa
una
condanna
a
morte
.
Tanto
è
vero
che
quando
un
indio
veniva
reclutato
per
la
mita
mineraria
,
i
compagni
gli
facevano
i
funerali
in
anticipo
.
Il
mitayo
era
sinonimo
di
indio
morto
.
All
'
atrofia
del
sentimento
di
individualità
degli
indi
fa
riscontro
l
'
ipertrofia
dell
'
individualismo
degli
spagnoli
.
I
conquistadores
sono
avventurieri
intrepidi
ma
senza
neppure
l
'
ombra
di
quel
cristianesimo
di
cui
tuttavia
alzano
il
vessillo
.
Spietati
,
fedifraghi
,
sanguinari
,
insaziabili
,
dicono
di
rappresentare
la
società
spagnola
;
ma
in
realtà
rappresentano
soltanto
se
stessi
,
anche
perché
la
società
spagnola
individualista
e
feudale
,
è
stata
lei
a
farli
così
come
sono
.
Anche
a
giudicarli
col
metro
morale
molto
particolare
del
Rinascimento
,
difficilmente
possono
essere
giustificati
e
tanto
meno
assolti
.
Sterminano
gli
indi
,
si
sterminano
tra
di
loro
;
e
questo
pur
sempre
per
motivi
di
potere
e
di
bottino
.
È
vero
che
la
Corona
di
Spagna
e
la
Chiesa
cercano
di
proteggere
le
disgraziate
popolazioni
indigene
;
ma
sono
lontane
mentre
i
feudatari
sono
presenti
sul
luogo
.
Il
fallimento
spagnolo
è
già
in
germe
in
questo
individualismo
efferato
e
imprevidente
.
Come
,
d
'
altra
parte
,
il
fallimento
indio
era
già
in
germe
nell
'
eccessivo
senso
comunitario
,
nella
mancanza
di
spirito
individuale
degli
indi
.
StampaQuotidiana ,
Libreville
.
Un
nuovo
Machiavelli
,
oggi
,
certo
abbandonerebbe
la
figura
del
Principe
,
nutrito
di
letture
umanistiche
,
da
Tito
Livio
a
Plutarco
e
a
Tacito
e
disegnerebbe
invece
quella
del
rivoluzionario
moderno
,
assurto
o
no
al
potere
.
Questo
rivoluzionario
,
naturalmente
,
sarebbe
anche
lui
un
uomo
di
cultura
;
ma
la
sua
cultura
non
sarebbe
più
quella
dell
'
umanesimo
rinascimentale
bensì
una
mescolanza
di
ideologia
e
di
scienza
.
Come
Marx
,
come
Lenin
,
come
Trotzki
,
come
Stalin
,
come
Mao
,
il
rivoluzionario
moderno
sarebbe
,
oltre
che
un
uomo
politico
portatore
di
una
determinata
ideologia
,
un
cultore
di
quelle
scienze
che
si
occupano
del
fatto
sociale
.
Frantz
Fanon
,
il
medico
martinicano
creatore
del
"
fanonismo
"
ossia
della
sintesi
più
potente
,
più
complessa
e
più
vasta
elaborata
finora
da
tutti
i
motivi
della
rivoluzione
anticolonialista
nel
Terzo
Mondo
,
non
costituisce
un
'
eccezione
alla
regola
che
oggi
vuole
l
'
uomo
politico
anche
uomo
di
scienza
.
Frantz
Fanon
era
,
infatti
,
un
sociologo
acuto
e
lucido
,
oltre
che
un
uomo
d
'
azione
e
un
poeta
della
palingenesi
del
Terzo
Mondo
.
Ma
quello
che
rende
Fanon
diverso
dagli
altri
rivoluzionari
e
probabilmente
unico
nel
suo
genere
,
è
il
fatto
che
fosse
anche
uno
psichiatra
.
Quanto
a
dire
che
egli
si
interessava
attivamente
non
soltanto
all
'
uomo
come
animale
politico
e
sociale
ma
anche
alla
persona
umana
vista
nella
sua
inconfondibile
e
singolare
interiorità
.
Immaginiamo
un
Marx
che
non
solo
ci
descriva
,
nei
suoi
effetti
sociali
ed
economici
,
il
lavoro
infantile
nelle
fabbriche
inglesi
del
suo
tempo
ma
anche
esamini
i
riflessi
di
questo
lavoro
nell
'
animo
di
una
particolare
bambina
o
di
un
particolare
ragazzo
;
e
avremo
il
senso
preciso
della
situazione
centrale
rispetto
alla
cultura
moderna
di
Frantz
Fanon
ideologo
della
lotta
anticolonialista
e
della
"
negritudine
"
,
personaggio
di
primo
piano
della
rivoluzione
africana
,
medico
psichiatrico
,
scrittore
ormai
classico
.
La
sua
originalità
,
come
sempre
avviene
,
va
soprattutto
ravvisata
nella
sua
capacità
di
conciliare
senza
sopprimerle
le
contraddizioni
estreme
.
Frantz
Fanon
è
fautore
a
oltranza
del
nazionalismo
come
l
'
arma
più
efficace
contro
il
colonialismo
e
il
mezzo
migliore
per
creare
o
recuperare
le
culture
nazionali
;
ma
al
tempo
stesso
sembra
rendersi
conto
che
il
nazionalismo
europeo
è
stato
il
padre
del
colonialismo
e
del
razzismo
e
che
,
invece
di
creare
o
recuperare
le
culture
nazionali
,
il
nazionalismo
,
strumentalizzandole
,
ne
arresta
lo
sviluppo
e
ne
uccide
i
germi
più
fecondi
.
È
sostenitore
del
ricorso
alla
violenza
sistematica
e
spietata
nella
lotta
contro
il
colonialismo
;
ma
al
tempo
stesso
,
ne
I
dannati
della
Terra
,
nel
capitolo
"
Guerra
coloniale
e
disturbi
mentali
"
studia
con
lucidità
e
delicatezza
gli
effetti
distruttivi
di
questa
stessa
violenza
nell
'
intimità
dell
'
animo
umano
(
a
proposito
,
cosa
avrebbe
detto
Fanon
dei
killers
di
Fiumicino
che
si
sono
dichiarati
"
fieri
"
di
aver
bruciato
vivi
trenta
innocenti
,
lui
che
,
tra
i
casi
clinici
della
guerra
totale
in
Algeria
,
include
quello
dei
due
ragazzi
arabi
,
assassini
alienati
e
automatici
di
un
loro
amichetto
francese
?
Avrebbe
riscontrato
in
quella
"
fierezza
"
un
tratto
psicopatico
oppure
l
'
avrebbe
approvata
?
)
.
Infine
egli
odia
le
cosiddette
borghesie
nazionali
africane
(
"
la
fase
borghese
nei
paesi
sottosviluppati
è
una
fase
inutile
"
)
;
ma
al
tempo
stesso
si
palesa
estimatore
della
borghesia
europea
anche
se
colonialista
e
imperialista
(
"
questa
borghesia
dinamica
,
colta
,
laica
è
riuscita
pienamente
nella
sua
impresa
di
accumulazione
del
capitale
e
ha
dato
alla
nazione
un
minimo
di
prosperità
"
)
.
Frantz
Fanon
è
morto
nel
1961
.
L
'
Algeria
,
alla
cui
rivoluzione
ha
partecipato
in
qualità
di
militante
,
la
maggior
parte
delle
colonie
africane
alla
cui
liberazione
ha
contribuito
potentemente
con
la
sua
opera
scritta
,
sono
Stati
indipendenti
.
Ora
,
cosa
direbbe
Frantz
Fanon
oggi
del
Terzo
Mondo
e
in
particolare
dell
'
Africa
nera
come
si
è
venuta
assestando
a
livello
politico
negli
ultimi
anni
?
Nell
'
opera
di
Frantz
Fanon
,
vorrei
distinguere
due
parti
.
La
prima
è
quella
in
cui
Fanon
definisce
la
situazione
del
negro
nel
mondo
creato
dai
bianchi
e
,
conseguentemente
,
incita
gli
africani
alla
violenza
per
distruggere
il
colonialismo
razzista
.
La
seconda
,
che
chiamerei
testamentaria
e
profetica
,
è
quella
in
cui
Fanon
critica
le
nuove
società
africane
e
i
loro
sistemi
politici
e
suggerisce
i
modi
,
"
per
l
'
Europa
,
per
noi
stessi
e
per
l
'
umanità
"
coi
quali
sarà
possibile
"
rinnovarsi
,
sviluppare
un
pensiero
nuovo
,
tentare
di
metter
su
un
uomo
nuovo
"
.
La
prima
parte
contiene
una
requisitoria
folgorante
contro
il
colonialismo
e
il
razzismo
e
va
considerata
fondamentale
per
tutto
quanto
riguarda
il
Terzo
Mondo
:
ma
occorre
dirlo
,
essa
ormai
"
data
"
senza
per
questo
perdere
il
suo
valore
ideologico
e
letterario
,
come
è
proprio
in
genere
dei
classici
,
appunto
perché
ha
determinato
in
maniera
irreversibile
e
definitiva
la
presa
di
coscienza
da
parte
degli
africani
e
degli
europei
nei
riguardi
del
colonialismo
.
Il
quale
,
è
vero
,
è
ancora
attivo
in
Africa
,
ma
appare
,
ormai
,
anche
per
merito
di
Fanon
,
del
tutto
anacronistico
e
svuotato
di
contenuto
.
La
seconda
parte
,
quella
che
ho
chiamato
testamentaria
e
profetica
,
è
e
sarà
invece
per
lungo
tempo
di
attualità
non
soltanto
nel
Terzo
Mondo
.
È
chiaro
infatti
che
quando
Fanon
,
nella
conclusione
dei
Dannati
della
Terra
,
dice
:
"
Cerchiamo
di
inventare
l
'
uomo
totale
che
l
'
Europa
è
stata
incapace
di
far
trionfare
"
egli
si
rivolge
indistintamente
a
tutti
gli
uomini
.
Ma
accanto
a
questa
attualità
,
diciamo
così
,
universale
,
ce
n
'
è
un
'
altra
che
riguarda
direttamente
e
unicamente
la
nuova
Africa
.
Vediamo
adesso
perché
e
in
che
modo
.
Come
ho
già
accennato
,
Frantz
Fanon
è
prima
di
tutto
,
per
le
esigenze
della
lotta
anticolonialista
,
un
nazionalista
convinto
.
Ma
egli
non
crede
alla
possibilità
e
tanto
meno
alla
necessità
di
una
borghesia
nazionale
in
Africa
.
Logicamente
,
quindi
,
Fanon
finisce
per
orientarsi
verso
il
socialismo
cioè
verso
quella
democrazia
"
dal
basso
»
che
si
esprima
nell
'
istituzione
del
partito
unico
,
depositario
dell
'
ideologia
"
progressista
"
(
per
distinguerlo
,
come
si
vedrà
,
dal
partito
unico
"
reazionario
"
)
.
Il
pluripartitismo
di
specie
parlamentare
è
,
infatti
,
inconcepibile
senza
una
borghesia
forte
e
colta
e
abbiamo
già
visto
che
per
Fanon
questa
borghesia
in
Africa
non
è
né
possibile
né
desiderabile
.
Non
c
'
è
dubbio
,
insomma
,
che
se
Fanon
non
fosse
morto
nel
1961
,
avrebbe
accolto
,
pochi
anni
dopo
,
molte
delle
istanze
sociali
e
politiche
della
contestazione
.
Adesso
guardiamo
all
'
Africa
,
oggi
.
Il
fenomeno
politico
che
colpisce
a
prima
vista
è
il
trionfo
del
partito
unico
e
del
suo
indispensabile
complemento
,
quello
cioè
che
Fanon
chiama
il
leader
.
Quasi
dappertutto
,
insomma
,
il
pluripartitismo
parlamentare
,
con
le
sue
appendici
indispensabili
di
libertà
individuali
e
di
diritti
dell
'
uomo
,
è
stato
annullato
da
rivoluzioni
,
colpi
di
Stato
militari
e
no
,
dissoluzioni
delle
opposizioni
.
Forse
nessuno
è
più
idoneo
,
oggi
,
a
spiegarci
i
motivi
,
diciamo
così
,
"
interni
"
di
questa
crisi
del
pluripartitismo
in
Africa
,
di
un
uomo
come
Kenneth
Kaunda
,
attuale
presidente
dello
Zambia
.
Questo
paese
per
dieci
anni
dopo
l
'
indipendenza
è
stato
governato
da
Kaunda
col
sistema
pluripartitico
.
L
'
anno
scorso
,
Kaunda
ha
proclamato
lo
Zambia
paese
a
partito
unico
.
In
una
intervista
a
"
Newsweek
"
,
alla
domanda
di
come
sono
andate
le
elezioni
basate
per
la
prima
volta
sul
partito
unico
,
Kaunda
risponde
con
una
certa
quale
ingenuità
:
"
Sono
state
le
elezioni
più
tranquille
che
abbiamo
mai
avuto
in
questo
paese
.
In
passato
,
tutte
le
volte
che
scioglievo
il
parlamento
,
letteralmente
mi
aspettavo
la
morte
di
molti
dei
miei
concittadini
.
La
burocrazia
,
l
'
esercito
,
la
polizia
,
tutte
le
istituzioni
della
nazione
erano
spaccate
dalle
linee
politiche
dei
partiti
.
D
'
altronde
questi
partiti
erano
a
loro
volta
basati
sulle
tribù
e
così
,
qualsiasi
cosa
si
facesse
,
portava
alla
divisione
.
"
A
questo
quadro
desolante
degli
effetti
del
pluripartitismo
,
il
giornalista
americano
fa
seguire
la
logica
domanda
:
"
Ma
il
partito
unico
può
realmente
essere
democratico
?
"
.
Al
che
Kaunda
risponde
:
"
In
Occidente
,
quando
si
parla
di
partito
unico
,
i
più
pensano
immediatamente
a
tirannie
,
repressioni
,
dittature
...
Io
non
accetto
questo
punto
di
vista
.
Noi
abbiamo
tentato
il
pluripartitismo
qui
nello
Zambia
.
Sinceramente
,
abbiamo
cercato
di
farlo
funzionare
.
Ma
ci
siamo
trovati
sommersi
dai
risentimenti
tribali
,
religiosi
,
razziali
e
così
via
.
Questo
sistema
qui
non
funziona
;
avrebbe
distrutto
la
nazione
...
allora
alla
fine
abbiamo
deciso
di
creare
un
sistema
nuovo
"
.
Non
c
'
è
molto
da
aggiungere
a
queste
parole
così
illuminanti
sulla
crisi
del
pluripartitismo
e
sul
passaggio
alla
"
democrazia
"
del
partito
unico
.
Naturalmente
il
carattere
politico
e
sociale
di
questi
partiti
unici
varia
grandemente
.
Una
prima
suddivisione
sarebbe
quella
tra
partiti
unici
legati
alle
borghesie
nazionali
e
partiti
unici
socialisti
dalle
varie
sfumature
,
dal
"
socialismo
africano
"
al
marxismo
di
stretta
osservanza
.
Una
seconda
,
quella
tra
leaders
militari
e
leaders
civili
.
Una
terza
potrebbe
essere
basata
sulle
tendenze
politiche
di
questi
leaders
:
vi
sono
militari
che
si
proclamano
socialisti
,
e
civili
che
si
appoggiano
alle
borghesie
nazionali
,
e
viceversa
.
Ma
c
'
è
un
tratto
comune
che
sovrasta
a
tutte
queste
differenze
;
ed
è
la
personalizzazione
del
potere
o
,
se
si
preferisce
,
il
culto
della
personalità
.
Quest
'
ultima
definizione
è
diventata
ormai
un
luogo
comune
il
cui
significato
,
appunto
perché
ovvio
,
quasi
sfugge
all
'
attenzione
.
Ma
in
Africa
il
culto
della
personalità
è
proprio
il
culto
della
personalità
,
né
più
né
meno
.
Nei
nuovi
Stati
africani
tutto
sembra
contribuire
al
culto
della
personalità
:
la
dittatura
del
proletariato
come
la
dittatura
militare
,
il
partito
unico
socialista
come
il
partito
unico
borghese
nazionale
,
il
centralismo
urbano
e
industriale
come
il
decentramento
tribale
e
contadino
.
Ciò
che
si
vede
,
nella
sua
ingenuità
e
autenticità
,
ha
un
valore
altrettanto
probante
di
ciò
che
si
potrebbe
scoprire
con
indagine
approfondita
.
Per
esempio
i
perizomi
vivaci
in
cui
si
avvolgono
le
donne
africane
,
dovunque
e
coi
più
diversi
partiti
unici
,
mostrano
spesso
sul
dorso
e
sul
ventre
il
ritratto
in
grandezza
naturale
del
leader
con
il
titolo
che
gli
compete
(
quasi
sempre
"
presidente
"
,
in
alcuni
casi
"
presidente
a
vita
"
)
circondato
di
slogan
e
motti
di
propaganda
.
D
'
altra
parte
,
bisognerebbe
essere
ciechi
e
sordi
per
non
accorgersi
,
viaggiando
in
Africa
,
dell
'
atmosfera
di
timore
reverenziale
,
di
devozione
intransigente
,
di
rispetto
protocollare
che
circonda
la
personalità
del
leader
,
nonché
dei
modi
più
o
meno
autoritari
del
suo
predominio
.
Accanto
a
questi
caratteri
che
si
possono
ancora
chiamare
positivi
,
ve
ne
sono
altri
che
difficilmente
potrebbero
essere
considerati
tali
.
Il
culto
della
personalità
,
come
abbiamo
visto
,
si
basa
sul
partito
unico
,
e
dunque
sulla
assenza
dei
partiti
di
opposizione
.
Da
questo
,
all
'
intolleranza
verso
gli
oppositori
esterni
e
interni
,
il
passo
non
è
lungo
.
È
un
fatto
accertato
che
in
alcuni
Stati
africani
retti
a
partito
unico
,
secondo
l
'
ultimo
rapporto
dell
'
Amnesty
International
molti
oppositori
di
varie
tendenze
politiche
si
trovano
in
carcere
senz
'
altro
motivo
che
il
loro
dissenso
dal
leader
.
L
'
imprigionamento
degli
oppositori
dimostra
,
secondo
me
,
più
di
qualsiasi
acritico
fanatismo
popolare
,
il
prevalere
del
culto
della
personalità
.
Allo
stesso
modo
che
l
'
esistenza
legale
di
un
'
opposizione
è
l
'
indizio
più
sicuro
di
segno
contrario
.
Insomma
,
il
leader
africano
militare
o
civile
,
borghese
-
nazionale
o
socialista
-
si
ammanta
spesso
di
un
potere
che
bisogna
pur
chiamare
carismatico
.
Al
carattere
sacrale
del
potere
politico
contribuisce
probabilmente
anche
la
particolare
religiosità
delle
masse
.
Le
religioni
,
tutte
le
religioni
,
sia
quelle
autoctone
e
tribali
sia
quelle
a
sfondo
universalistico
,
non
sembrano
spesso
avere
in
Africa
limiti
sociali
e
psicologici
precisi
.
Come
i
grandi
fiumi
africani
che
alla
stagione
delle
piogge
escono
dai
loro
alvei
e
inondano
immensi
territori
,
la
religiosità
africana
,
pur
di
fronte
a
novità
sconvolgenti
come
il
socialismo
e
il
nazionalismo
,
non
tanto
scompare
quanto
trapassa
dalle
vecchie
alle
nuove
istituzioni
tutte
sommergendole
nella
sua
irresistibile
onda
mitica
.
Il
leader
africano
prim
'
ancora
che
un
militare
o
un
civile
,
che
un
borghese
nazionale
o
un
socialista
,
è
spesso
un
padre
spirituale
,
una
guida
morale
,
un
maestro
di
saggezza
,
un
capo
religioso
,
un
tutore
ideologico
,
un
messia
politico
.
I
leaders
si
chiamano
"
Osagyefo
"
(
redentore
)
e
"
Mwalimu
"
(
maestro
)
;
parlano
di
"
Ujamaa
"
(
spirito
della
famiglia
)
e
di
"
Harambee
"
(
cooperazione
)
oppure
informano
il
partito
ad
"
un
umanismo
cristiano
"
affinché
"
il
servizio
incondizionato
dei
nostri
compagni
sia
la
più
pura
forma
del
servizio
di
Dio
"
.
Sugli
autobus
in
gran
parte
dell
'
Africa
nera
,
al
di
sopra
della
scritta
che
ne
indica
il
percorso
,
si
leggono
frasi
edificanti
di
questo
genere
:
"
Dio
è
la
mia
guida
"
;
"
L
'
onestà
è
il
migliore
sistema
"
;
"
Con
Dio
mi
sento
sicuro
"
;
"
Onora
tuo
padre
e
tua
madre
"
,
ecc.
ecc.
L
'
idea
soggiacente
al
potere
carismatico
sembra
essere
che
la
società
è
tutta
una
grande
famiglia
affettuosa
in
cui
si
viene
istruiti
,
educati
,
assistiti
,
guidati
e
,
alla
fine
,
premiati
o
puniti
.
Naturalmente
tutto
questo
non
impedisce
al
potere
di
essere
il
potere
,
alla
politica
di
essere
la
politica
,
alle
classi
di
essere
le
classi
.
Si
tratta
,
insomma
,
soprattutto
di
una
questione
di
linguaggio
connessa
a
sua
volta
con
la
civiltà
contadina
che
è
propria
di
tutto
il
Terzo
Mondo
ma
che
in
Africa
ha
caratteri
originali
diversi
dall
'
Asia
e
dall
'
America
Latina
.
D
'
altra
parte
bisogna
avvertire
che
il
carisma
non
impedisce
affatto
una
consapevolezza
del
tutto
realistica
dei
limiti
e
dei
lati
negativi
sia
del
leader
che
del
sistema
a
partito
unico
.
Ma
la
personalizzazione
del
potere
sembra
essere
alla
fine
la
condizione
essenziale
affinché
il
carisma
si
verifichi
.
StampaQuotidiana ,
Può
darsi
che
il
rinvio
a
giudizio
di
Berlusconi
rafforzi
in
Parlamento
la
convergenza
verso
Dini
ormai
in
atto
presso
alcune
schegge
della
destra
e
della
sinistra
.
Ma
è
sicuro
che
nel
Paese
questa
convergenza
verso
la
palude
centrale
genera
una
divergenza
eguale
e
contraria
,
e
cioè
divarica
le
posizioni
.
D
'
altronde
il
Parlamento
sembra
aver
dimenticato
assai
più
degli
elettori
il
voto
del
18
aprile
,
che
ha
sicuramente
condannato
il
centrismo
pur
senza
scegliere
fra
destra
e
sinistra
.
Da
allora
il
dilemma
della
politica
italiana
è
"
avanti
o
indietro
"
sulla
strada
della
trasformazione
,
assai
più
che
"
di
qua
o
di
là
"
rispetto
ai
punti
cardinali
della
tradizione
.
Purtroppo
questo
trapasso
risulta
illeggibile
se
si
seguono
soltanto
le
intenzioni
e
il
destino
degli
eletti
.
Infatti
:
Berlusconi
non
si
accorge
che
una
stessa
ondata
porta
lui
al
successo
del
27
marzo
e
Andreotti
all
'
umiliazione
di
un
processo
;
mentre
la
stampa
sembra
ignorare
che
il
medesimo
sommovimento
consente
a
Berlusconi
di
insediarsi
a
Palazzo
Chigi
e
a
Mani
pulite
di
rinviarlo
a
giudizio
.
E
,
anche
prima
:
Segni
non
capisce
che
il
plebiscito
sul
maggioritario
,
da
lui
così
appassionatamente
voluto
,
è
destinato
a
travolgere
il
bastione
centrista
sul
quale
si
arrocca
;
Occhetto
non
vede
nell
'
esplosione
di
Tangentopoli
la
premessa
di
un
'
alternativa
radicale
al
sistema
dei
partiti
anziché
una
semplice
alternanza
della
sinistra
al
Caf
;
Buttiglione
provoca
la
crisi
di
dicembre
per
strappare
a
Forza
Italia
la
direzione
del
Polo
,
ma
perde
per
strada
il
suo
esercito
;
D
'
Alema
entra
alla
cieca
nel
ribaltone
e
constata
,
alla
fine
,
di
aver
lavorato
per
Dini
;
e
Dini
rinuncia
andreottianamente
a
governare
per
stare
al
governo
,
trascurando
la
perdita
dello
strumento
(
l
'
erario
)
con
il
quale
Andreotti
aveva
tacitato
le
innumerevoli
clientele
in
cui
era
stata
scomposta
la
cittadinanza
.
A
intenzioni
così
imprecise
non
possono
che
corrispondere
destini
incompiuti
:
Berlusconi
azzoppato
,
Prodi
abbandonato
,
Dini
sospeso
a
una
presidenza
fondata
su
un
Parlamento
screditato
e
sprofondato
nello
Stige
;
la
transizione
ferma
,
il
vortice
bloccato
.
Da
tre
anni
gli
eletti
interpretano
balbettando
le
spinte
che
vengono
dagli
elettori
senza
riuscire
a
comporre
un
'
offerta
politica
che
corrisponda
alla
domanda
civile
.
Ed
è
ormai
inutile
ribadire
l
'
equazione
che
mette
sullo
stesso
piano
governanti
e
governati
,
perché
nel
movimento
a
tentoni
dei
primi
si
esprime
un
istinto
di
conservazione
collettivo
che
nei
secondi
si
sminuzza
nel
respiro
corto
della
sopravvivenza
propria
,
personale
o
di
parte
.
Certo
,
l
'
elettorato
non
ha
soluzioni
,
ma
sente
sia
pure
confusamente
i
problemi
.
Ha
capito
che
i
favori
accordati
nel
presente
dal
centrismo
precludono
il
futuro
;
che
la
crisi
delle
città
,
dei
servizi
,
dell
'
ordine
pubblico
,
della
legalità
e
dello
Stato
è
una
conseguenza
della
paralisi
amministrativa
,
la
quale
discende
dall
'
incapacità
di
decidere
,
a
sua
volta
dovuta
all
'
impossibilità
di
scegliere
tra
opzioni
chiare
e
responsabili
.
Insomma
,
il
pubblico
sa
che
il
labirinto
delle
clientele
,
delle
mediazioni
e
degli
interessi
corporativi
ha
prodotto
una
situazione
paradossale
in
cui
la
crescita
economica
è
contraddetta
dal
regresso
civile
;
e
sa
che
è
ormai
impossibile
conservare
il
benessere
se
continua
il
regresso
.
Per
questo
ha
scelto
plebiscitariamente
il
maggioritario
e
cioè
il
rifiuto
dell
'
imbuto
centrale
nel
quale
spariscono
,
si
sovrappongono
o
si
neutralizzano
le
scelte
e
si
accampa
la
dissoluzione
inarrestabile
dello
Stato
e
dei
princì
pi
stessi
della
convivenza
.
Invece
,
almeno
fino
a
oggi
,
Parlamento
e
governi
hanno
offerto
soluzioni
che
scavalcano
i
problemi
,
o
li
ignorano
,
e
sembrano
orientati
adesso
a
rifugiarsi
nel
gorgo
della
Prima
Repubblica
,
dal
quale
li
ha
fatti
uscire
il
sommovimento
elettorale
.
La
superiorità
degli
elettori
sugli
eletti
è
tutta
in
questo
divario
.
Per
il
resto
non
bisogna
dimenticare
che
è
in
crisi
una
democrazia
fondata
sul
consenso
,
e
che
il
consenso
coinvolge
,
anche
quando
è
comprato
e
venduto
.
In
un
Paese
deragliato
,
forse
non
restava
che
la
ramazza
del
Codice
per
farla
tornare
in
sé
.
Ma
non
esiste
un
Codice
che
preveda
l
'
incriminazione
,
la
punizione
e
il
riscatto
di
una
società
intera
,
anche
se
accanto
alla
centralità
del
Parlamento
si
è
istituita
una
anomala
centralità
della
Magistratura
.
In
ogni
caso
il
nostro
linguaggio
politico
è
troppo
abituato
ad
attribuire
centri
geometrici
a
figure
sociali
che
non
hanno
circonferenza
.
Per
il
momento
l
'
Italia
resta
come
pizzicata
nella
chiusura
lampo
della
legge
,
che
si
apre
e
si
chiude
tra
garanzie
costituzionali
e
avvisi
di
garanzia
.
E
questa
sensazione
di
impotenza
prelude
a
una
rabbia
cupa
e
insaziabile
.
Cupa
perché
afflitta
da
un
oscuro
senso
di
colpa
.
Insaziabile
perché
la
rabbia
non
sfama
,
se
non
al
modo
di
Filippo
Argenti
,
che
"
in
sé
medesmo
si
volgea
co
'
denti
"
.
Il
mondo
assiste
incredulo
all
'
annaspare
di
un
Paese
che
per
liberarsi
di
un
esiziale
sistema
politico
non
sa
e
non
può
fare
altro
che
incriminare
,
dal
primo
all
'
ultimo
,
i
suoi
rappresentanti
vecchi
e
nuovi
,
tornando
però
indietro
alla
vecchia
ammucchiata
centrista
che
ha
prodotto
la
corruzione
.
La
Magistratura
applica
le
leggi
e
dunque
arresta
i
timonieri
.
E
la
nave
entra
nella
mareggiata
europea
con
la
plancia
di
comando
vuota
e
le
sentine
piene
dei
suoi
ex
capitani
.
Un
Paese
economicamente
importante
come
l
'
Italia
non
può
restare
a
lungo
politicamente
inconsistente
senza
diventare
un
pericolo
per
sé
e
per
gli
altri
,
perché
nel
divario
tra
la
ricchezza
dell
'
economia
e
la
povertà
della
politica
si
insinuano
fatalmente
appetiti
e
timori
molteplici
,
e
dunque
rischi
di
lacerazioni
sempre
più
gravi
.
Per
ridurre
questo
scompenso
è
però
necessario
eliminarne
un
altro
:
quello
tra
la
domanda
civile
del
popolo
e
l
'
offerta
politica
del
Parlamento
.
La
crisi
italiana
è
illeggibile
se
si
seguono
solo
le
intenzioni
degli
eletti
e
le
soluzioni
che
ci
offrono
.
Ma
è
leggibilissima
se
si
guarda
agli
elettori
e
alla
lunga
marcia
che
hanno
intrapreso
per
uscire
dal
labirinto
in
cui
il
corso
impazzito
della
politica
li
ha
chiusi
insieme
ai
problemi
del
Paese
.
Nella
grande
confusione
resta
un
punto
fermo
che
non
si
può
ribaltare
:
il
18
aprile
.