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> anno_i:[1970 TO 2000}
StampaQuotidiana ,
Calcutta - Calcutta è troppo , per tutto : per la miseria , per la ricchezza , per la folla , il traffico , l ' accattonaggio repellente , i rickshaws , le vacche , l ' agonia sui marciapiedi e anche - perché no ? - qualcosa che potrebbe somigliare alla gioia di vivere . Non è una definizione originale , lo so . Ma è ciò che uno sente dopo essere uscito frastornato , quasi groggy , dalla morsa delle sue strade , della sua ossessiva logorante vitalità . Ci sono altre definizioni , naturalmente . Sir George Trevelyan scriveva nel 1863 : " impossibile trovare un luogo meno invitante di Calcutta , … un luogo così brutto per natura che gli sforzi umani possono far ben poco per renderlo peggiore " . Più di mezzo secolo prima , un altro inglese , William Bentinck , l ' aveva invece descritta come " lo spettacolo insieme più curioso e magnifico che abbia visto . Rudyard Kipling la odiava e finì col battezzarla " la città dell ' orribile notte " ; e Churchill , dopo la prima visita , scrisse alla madre : " Sarò sempre contento d ' averla vista , per la stessa ragione per cui papà era contento di aver visto Lisbona : e cioè che non sarà necessario per me rivisitarla " . C ' è anche un epigramma attribuito - pare erroneamente - a Lenin , che avrebbe detto : " La strada per la rivoluzione mondiale passa attraverso Pechino , Shanghai e Calcutta " . Gli apprezzamenti variano di tono anche oggigiorno . Un collega indiano che mi accompagna , Sankar Raj , taglia secco : " Era chiamata la città dei palazzi , oggi è una città di slums , di catapecchie con problemi insormontabili , una città in agonia " . Ma il regista cinematografico Marinal Sen , colto da una vampata emotiva le fa una dichiarazione d ' amore . " Adoro Calcutta , è il mio Eldorado " . E il tassista che mi scorrazza sulla vecchia Morris - incapace di toccare i 50 all ' ora - ha la risposta meno retorica , quando gli chiedo il suo parere : " È la mia città " , dice , " la conosco mattone per mattone . Non so se è bella , non ne ho viste altre " . Bella brutta povera ricca . Per i ministri dello Stato del Bengala Occidentale ( di cui Calcutta è la capitale ) , che incontro al Writer ' s Building , è soprattutto disastrosamente povera , ingovernabile , prostrata dalle dimensioni assurde della sua crescita , quasi ignorata e abbandonata a se stessa dal potere centrale di Delhi . Il Bengala Occidentale è uno dei tre Stati ( tra i ventidue dell ' Unione ) governati dai comunisti del PCI ( M ) , un partito marxista che si proclama indipendente da Mosca e da Pechino , contrariamente all ' altra compagine rossa , il PCI ( senza la M ) , che ammette i suoi rapporti di sudditanza con l ' URSS . Il ministro per l ' informazione e la cultura , Budhadev Bhattacharya , giovane , gli occhiali , conversa sotto lo sguardo di Marx e Lenin , che hanno avuto l ' onore della parete al posto di Indira Ghandi : " Ancora più che altrove " , dice , " qui dobbiamo batterci col problema della povertà e dell ' arretratezza . Nelle nostre campagne , più del cinquanta per cento dei contadini non hanno ancora la luce . La riforma agraria stenta ad avviarsi , l ' industrializzazione procede troppo lentamente . Finora le maggiori industrie del nostro paese ( acciaio , juta , tè ) impiegano soltanto il dieci per cento dell ' intera forza lavorativa . Solo nel nostro Stato ( 50 milioni d ' abitanti ) i disoccupati sono cinque milioni : e la maggior parte di essi è concentrata qui , a Calcutta . Il settanta per cento della popolazione ( 10 milioni ) vive sotto quello che noi chiamiamo ' poverty line ' , il livello della povertà : che vuol dire fame " . Ashak Mitra , ministro delle finanze , ex primo consigliere economico del governo centrale nel '70-'71 , uomo puntiglioso e tenace , braccio destro di Jyoti Basu ( chief minister del West Bengal ) , lamenta soprattutto il disinteresse e l ' inefficienza di Nuova Dehli : " Qui abbiamo la massima concentrazione della povertà e mi spiace dover dire che il governo centrale ha fatto ben poco nei trent ' anni e passa dall ' indipendenza per cambiare la situazione . Non si può sempre dar la colpa agli inglesi che se ne sono andati nel '47 . La politica economica di Indira Gandhi non è stata solo un fallimento , è stata un disastro . Delhi ci taglia i fondi , non fa investimenti , non incoraggia lo sviluppo industriale nel West Bengal : e noi non abbiamo nessuna indipendente base finanziaria per poter operare , non abbiamo nessuna possibilità di controllo sul sistema monetario . Del ricavato delle tasse , tre quarti vanno al governo centrale e l ' ultimo quarto viene spartito tra i ventidue Stati " . La miseria assume proporzioni epiche in un tessuto urbano che conta ( statistiche degli anni Sessanta e quindi ampliabili ) 102.010 persone per ogni miglio quadrato : e non si vede quale altro termitaio del Terzo Mondo possa contendere a Calcutta il primato della degradazione umana . Ogni metro i mendicanti si staccano dal muro e ti aggrediscono con petulanza o piombano sui finestrini del taxi , fermo al semaforo , agitandoti sotto il naso le loro mutilazioni , i bambini già rannicchiati per l ' eternità in assurdi contorcimenti . C ' è chi sostiene l ' aberrante tesi che in alcuni casi quelle deformazioni sono frutto di un trattamento ricevuto nella prima infanzia per lanciare sul mercato dell ' accattonaggio " investimenti " sicuri sotto forme di esseri umani così mostruosi da non poter sfuggire alla pietà collettiva : e in realtà il ragazzo che mi passa davanti con gli arti combinati in modo da sembrare un insetto o un ragno gigante in equilibrio sempre precario lascia pensare che quella tesi non sia parto di fantasia . Però è vero che , in India , mendicanti e poveri in genere non guardano al ricco con odio , come scriveva Buzzati in un lontano reportage da Calcutta : e che in questo rapporto tra ricchi e poveri non c ' è ( o almeno non sembra esserci ) né invidia , né rabbia , né rimproveri , né rivendicazioni , né propositi di vendetta . Un atteggiamento , spiegava lo scrittore , che aveva le sue radici nella religione : in quanto i poveri credono di meritarsi la loro condizione di miseria , la fame , le piaghe , i figli storpi , così come i ricchi si meritano la salute , l ' agiatezza , il portafoglio pieno e altre celesti benedizioni . E perciò non deve sorprendere che il ricco non provi imbarazzo di fronte al povero , dal momento che l ' abisso socio - economico che li divide non è responsabilità sua . È questo anche il tipo di feudalesimo ideologico che Jyoti Basu , Bhattacharya , Mitra e tutti i " quadri " del PCI ( M ) devono abbattere con l ' artiglieria pesante se vogliono realizzare i propositi di un adeguato livellamento sociale . Di buon mattino , alle sei , vado al convento di madre Teresa del Nobel per la pace , sulla North Circular Road , per vedere cosa può la carità cristiana in questo mondo d ' infelici . La minuta , fragile e ferrea suora non c ' è . È l ' ora della messa . Un ' aria d ' incenso , di messali e di bucato . Infatti , subito dopo i canti e le preghiere , sorelle e novizie bianco - azzurre sciamano giù nel cortile a lavare i panni che insaponano e sbattono sul selciato , come una volta . Questa è la casa madre delle Missionarie di Carità e qui non trovi né mini - neonati allo stato di miniatura , né moribondi , né lebbrosi . I loro rifugi sono sparsi per la città e il mio pellegrinaggio comincia da Shishu Bhawann , pochi isolati più in là , dove sono i bambini . " Sinite parvulos venire ad me " , c ' è scritto sulla parete ; e questi sono pargoli speciali , non voluti , non amati , usciti da chissà quali disastrosi connubi , lunghi una spanna , magari tre in un lettino nutriti dal flebo , e ciò che vedi sono gli occhi quasi sempre grandi e fissi nel faccino minuto e se pensi a quella teoria dei ricchi e poveri ti viene il voltastomaco . Qualcuno accusa madre Teresa di proselitismo e ipocrisia , come lo Yogi di Poona , Acharya Rajneesh , che la definisce anche " stupida , mediocre e idiota " . Anche chi non ha mai creduto alle dame di San Vincenzo come surrogato della giustizia sociale si rende facilmente conto che qui è un ' altra cosa . Ed è certo questo il motivo per cui il governo comunista di Calcutta , mettendo al bando tutte le altre organizzazioni umanitarie che si proponevano di operare nel West Bengal , ha fatto una eccezione per le Missionarie della Carità . La corsia della morte è in un edificio basso , due stanzoni o corridoi dai muri bianchi con tre file di brande , accanto al tempio di Kalì , la terribile iraconda dea . Sulla porta c ' è scritto Nirmal Hriday , che vorrebbe dire Luogo del Cuore Puro . Le suore di madre Teresa raccolgono qui i moribondi rastrellati sui marciapiedi , un ' ora , magari un giorno di vita ancora . Se passi tra i lettini non vedi altro che sfacelo , una creatura di non so che età e di non so che sesso mi fissa senza vedermi , la mano fuori dalla coperta , un povero inoffensivo artiglio che è già quasi di marmo . Non voglio ricordare alcune facce , altri corpi , secchi , prosciugati , trasparenti , vangati dalla fame , pronti per il frigidaire che è lì dietro . Ciò che sorprende è questa tranquilla accettazione della morte . Vedo la piccola sorridente suora che li lava , li sistema nelle brande , li accarezza come niente fosse , aiutata da una coppia di " volontari " americani , molto giovani e belli , che si scambiano , in quell ' inferno , occhiate amorose . E nessuno si chiede , certo , se questi poveri morti saranno portati dagli angeli nel paradiso dei cristiani o nei sinistri cieli della dea Kalì . C ' è anche la ricchezza , a Calcutta . Ci sono i big business , i giganti dell ' industria e del commercio . Qui operano i fratelli Birla : una dinastia che taluni accostano senza timore , per potere economico , ai Ford , ai Rockefeller , ai Krupp . " Ma " , lamenta il ministro delle finanze , " siamo sempre di fronte ad una politica economica che ha i suoi cardini sul monopolio privato e sui profittatori , oltre che sui grandi proprietari terrieri , una politica che ignora gli interessi della comunità e non contribuisce allo sviluppo sociale . Noi , coi poteri limitati che abbiamo , cerchiammo di correggere questa linea e abbiamo progetti ambiziosi per combattere l ' analfabetismo ( il sessantaquattro per cento della popolazione urbana ) , per la riforma agraria e il progresso industriale . Abbiamo più che raddoppiato il bilancio sia per la salute che per l ' istruzione , nel Bengala non c ' è più un singolo villaggio senza insegnante e la scuola primaria e secondaria è gratuita , ciò che non avviene in tutti gli Stati . Tuttavia , quando vado a Delhi , ho sempre l ' impressione che Delhi e Calcutta non appartengano allo stesso Paese " . Ma se c ' è stato un deterioramento economico - commerciale , come chiaramente dimostra il traffico del porto , surclassato da quello di Bombay dopo anni di supremazia , Calcutta resta , nell ' opinione dei più , la capitale culturale dell ' India . " Qui " , mi dice un poeta e uomo di cinema , Purnendu Pattrea , " c ' è una vibrazione culturale sconosciuta altrove . Ci sono centinaia di piccole riviste letterarie , l ' interesse per il cinema è enorme , le sale piene , sono sorte otto o nove film - societies ciascuna con più di quattrocento membri . Pasolini , Fellini , Antonioni , Rosi sono seguitissimi , ma lo stesso si può dire di qualche poeta europeo . Se tu vai in un caffè da quattro soldi ti può capitare di sentir discutere di Montale , qui molto tradotto . Sono nate un sacco di compagnie teatrali , ma se vuoi vedere il Galileo di Brecht devi metterti in coda per una settimana " . Questa immagine di città più affamata di poesia che di pane , che si sovrappone all ' altra , più desolata e tragica , dell ' apocalittico squallore fisico , trova spiegazione e giustificazione nel passato , quando Calcutta era la capitale dell ' imperialismo britannico , stravagante , sofisticata . La lotta per l ' indipendenza l ' ha vista poi attivissima , irrequieta e Bhattacharya rammenta che " il movimento del West Bengal era molto più popolare di quello gandhiano " . Oggi si avverte una forte presa di coscienza politica ma il regista Marinal Sen ricorda i giorni amari tra la fine degli anni Sessanta e l ' inizio dei Settanta quando i marxisti - del PCI ( M ) e del PCI ( ML ) , la frangia secessionista " cinese " - si scannavano fra di loro con una razione quotidiana di quattro o cinque morti : " Ho fatto tre film sulla Calcutta di quei giorni " , spiega , " cercando di capire , attraverso Calcutta , la coscienza dell ' intero Paese . In uno dei film appare un giovane che dice : ho vent ' anni e per mille anni ho vissuto questa età dei vent ' anni , passando , per mille anni , attraverso la povertà e lo squallore . Stamane all ' alba , quando voi dormivate , sono stato ucciso come molte altre volte , in questi mille anni di persecuzione , perché ho reagito " . È il destino di Calcutta ? Quando torneremo , tra mille anni , sarà probabilmente la stessa : bella brutta povera ricca disperata e felice .
A Kabul muore il sogno islamico ( Mo, Ettore , 1992 )
StampaQuotidiana ,
Kabul . - Ero stato a Kabul alla fine di aprile , quando al regime comunista di Najibullah . morto di asfissia prima che abbattuto . era subentrato il governo islamico della resistenza . I mujaheddin di Massud , affiancati dai mercenari del " generale " Dostam , avevano occupato la capitale al grido di Allah o Akbar , stringendola a tenaglia dai quattro punti cardinali e mettendola gioiosamente a ferro e fuoco : un ' euforia che fini ' . come sappiamo . in un bagno di sangue . Vi sono tornato la settimana scorsa , nell ' immediata vigilia del tredicesimo anniversario ( 26 27 dicembre ' 79 ) dell ' invasione sovietica per vedere come " buttava " , Kabul , dopo otto mesi di regime islamico . " Butta " male , molto male . Sono bastati sette giorni per constatare come lo slancio , l ' entusiasmo per la fine della dittatura marxista importata dall ' URSS non abbiano partorito il miracolo di una rigenerazione totale del Paese , dopo l ' apocalisse degli ultimi 13 anni , un milione di morti , 5 milioni di profughi , lo sconquasso dell ' economia . Il volto che oggi presenta la capitale afghana ricorda il volto di altre capitali e di altre citta ' travolte dal ciclone della guerra . Per il grado di distruzione , Kabul si sta avvicinando ai modelli urbani piu ' agghiaccianti degli ultimi decenni , come Beirut , o come i capoluoghi dell ' ex Jugoslavia , Vukovar , Sarayevo , Mostar . Ed e ' penoso dover ammettere che i piu ' violenti colpi di maglio alla sua arcaica e gentile fisionomia sono stati inferti durante i 240 giorni del governo islamico . A fine aprile il fuoco delle artiglierie fra gli uomini di Ahmad Shah Massud ( Jamiat i Islami ) e del suo alleato Abdul Rashid Dostam , arroccati in cima alla mitica fortezza di Bala ' Hissar , e i mujaheddin di Gulbuddin Hekmatyar , il carismatico controverso leader dello Hezb i Islami , annidati nella casbah meridionale a soli 300 metri , ridusse in polvere Jade Maiwand , la grande strada dei negozi . Gran parte dei muri delle facciate sono ancora in piedi , ma sembrano le quinte di un vecchio palcoscenico abbandonato , pronte a stramazzare da un momento all ' altro . La vita del quartiere , attorno alla grande moschea Hidgha , e ' spenta per sempre . Finito il rito mattutino dei negozianti che distendono sul marciapiede i polverosi odorosi tappeti tessuti a mano , col te ' che fuma sullo sgabello . Chiusi quasi tutti i negozi di Chicken Street , dove negli anni Settanta ciondolavano hippies e figli dei fiori . Ma le ferite piu ' fresche della guerra civile le puoi riscontrare nel rione centrale di Chendaul , dove ai primi di dicembre cinque giorni di scontri forsennati tra fazioni rivali ( islamiche , naturalmente ) hanno ridotto di qualche centinaio l ' esorbitante popolazione di Kabul : si parla di 300 400 cadaveri . " Impossibile verificare . ammette Armin E . Kobel , capo delegazione della Croce Rossa . ma la valutazione e ' attendibile se si pensa che , tra il 5 e il 12 dicembre sono stati ricoverati , solo nei nostri due ospedali di Kabul , 1500 feriti " . Cio ' che impressiona e ' soprattutto la vastita ' dei danni . Sono crollati interi edifici di quattro cinque piani , certamente colpiti , a distanza ravvicinata , da mortai e proiettili di grosso calibro : a dimostrazione che in Afghanistan la guerriglia urbana non si combatte solo con le armi automatiche leggere , di strada in strada , ma col sostegno massiccio dell ' artiglieria . Tutti i gruppi dispongono di arsenali cospicui , che vengono via via dilapidati con infantile irresponsabilita ' . Montagne di munizioni , accumulate in 13 anni , consentono anche lo spreco di sparatorie celebrative , che possono durare ore nel cuore della notte . Tristemente , l ' infanzia cresce in questa perenne atmosfera bellico eroica , nella quale trova giustificazione un antico adagio , secondo cui " gli afghani trovano la pace solo quando sono in guerra " . I bambini che giocano in strada davanti al German Club . di cui sono ospite . si sparano addosso con kalashnikov di legno o lanciano immaginarie bombe a mano strappando la sicura coi denti : una lotta all ' ultimo sangue dove nessuno cade mai morto . I loro capi e i loro idoli sono i capi e gli idoli dei loro padri : Gulbuddin , Massud , Ismail Khan , Haqqani , Abdul Hak , Khale ' s , i grandi guerrieri dell ' Islam che hanno umiliato e costretto alla fuga l ' Armata Rossa . Kabul e ' sotto il controllo dei nove partiti dell ' Alleanza Islamica ( ai sette , d ' ispirazione sunnita , che costituivano a Peshawar , in Pakistan , il governo dei mujaheddin in esilio , si sono aggiunti ora i due movimenti sciiti dello Harakat Islami e del Wahdat ) che l ' hanno divisa in zone , su cui accampare la propria " sovranita ' " territoriale : i posti di blocco sono gestiti da " parrocchie " diverse , spesso in stato di aperta , dichiarata ostilita ' , per cui il passaggio da un quartiere all ' altro . Beirut insegna . diventa talvolta un ' impresa rischiosa . I piu ' impazienti e aggressivi sono i piu ' giovani , adolescenti imberbi nati con la febbre della " jihad " . la guerra santa . nel sangue , che al tempo dell ' invasione potevano avere si ' e no due o tre anni : ma ancora piu ' pericolosi e incontrollabili sono i miliziani di Dostam , cani sciolti estranei alla coalizione islamica , una soldataglia insolente e beffarda insensibile agli insegnamenti coranici , cui preferisce la cruda dottrina militare del diritto al bottino . Sfortunatamente , il primo impatto di chi giunge a Kabul da fuori e ' con loro , perche ' controllano l ' aeroporto : cosi ' succede di essere tiranneggiato , irriso , beffato ; regolano a piacimento il traffico dei pochi , sgangherati taxi gialli che portano in citta ' , facendoti salire e poi scendere dopo che hai gia ' sistemato i bagagli nel baule , per lo sfogo isterico di un ' autorita ' che si regge soltanto sui capricci . Non sorprende quindi di vedere una mattina una lunga fila di carretti , carichi di bambini e masserizie , che abbandonano il quartiere della grande moschea per sfuggire alle vessazioni dei mercenari del nord . Come quasi sempre avviene , il massacro di Chendaul e ' stato provocato da motivi futili : il ricevimento , nella capitale , di un leader degli Hazara ' , la grande tribu ' sciita dell ' Afghanistan centro occidentale che , raccolta sotto l ' ombrello del partito Wahdat e guidata dal khomeinista Mazari ' , e ' la lunga mano di Teheran : un ' interferenza che i fedeli di Massud non sono riusciti a tollerare . Agli Hazara ' , nella battaglia , si uniscono gli sciiti di Harakat Islami e anche i reparti bellicosi dello Ittehad , un partito sunnita dell ' Alleanza , che svolse un ruolo vitale tra i quattro raggruppamenti fondamentalisti della " jihad " ma che adesso si oppone alla supremazia dello Jamiat i Islami , gestore temporaneo del potere , grazie a Rabbani . presidente ad interim dell ' Afghanistan . e ad Ahmad Shah Massud , ministro della Difesa . Alla fine , contro i cosi ' detti " governativi " entrano in azione anche le squadracce di Dostam e il sangue scorre a fiumi . La religione non c ' entra . E ' sangue fraterno , sangue islamico e occorre bloccare subito l ' emorragia . I leader dei partiti coinvolti si incontrano in una sala dell ' Hotel Intercontinental . sede neutrale . e decidono una tregua immediata . Ma laggiu ' si continua a sparare , decine di persone colte incautamente in strada tra due fuochi vengono spietatamente falciate . " E ' semplicemente accaduto . mi spiega il capo supremo degli Hazara ' , Mazari ' . che l ' ordine di cessare il fuoco non ha raggiunto i nostri uomini " . Una responsabilita ' che il leader sciita del Wahdat addossa decisamente ai mezzi di comunicazione : " Ne ' la radio , ne ' la televisione . afferma imperterrito . hanno dato l ' annuncio della tregua " . Affermazione incauta e brutale , perche ' mette a nudo lo stato di anarchia , inefficienza , scollamento , esasperazione delle forze in campo : che agiscono individualmente , per reazione emotiva , senza consultazioni o consensi dall ' altro , ignorando , quando vi siano , gli obiettivi e le linee di un qualsiasi piano strategico globale . Per poi sedersi , coi selciati ancora caldi di sangue , a bere il te ' della riconciliazione , come niente fosse accaduto . Chi ha seguito per tanti anni la guerra afghana , dal ' 79 in poi , avrebbe dovuto capire che i semi della discordia e delle rivalita ' tribali tra le forze della " jihad " avrebbero partorito , una volta debellato il nemico comune ( i russi , il regime di Najibullah ) , un ' umanita ' rissosa , violenta , dominata da profondi , feroci contrasti . L ' ideale di un Paese islamico , sereno , pacifico , saggiamente progressista secondo i dettami delle leggi coraniche , e ' subito naufragato . In fondo . sono in molti a notarlo . e ' stato piu ' facile contrastare la svolta marxista imposta nel ' 78 da Babrak Karmal , Taraki e Amin con la " rivoluzione d ' aprile " e sconfiggere l ' Armata Rossa di Breznev che rimuovere e sradicare quelli che sono ora i motivi del dissidio interno : perche ' , prima ancora delle rivalita ' etnico tribali sono in gioco ambizioni e rancori personali . Gulbuddin Hekmatyar , leader dello Hezb i Islami , il piu ' agguerrito e aggressivo del gruppi fondamentalisti della " jihad " , non si da ' ancora pace del fatto che Ahmad Shah Massud , il leggendario Leone del Panshir e suo rivale da sempre nella galleria degli eroi , lo abbia perentoriamente scavalcato nell ' ultima fase del conflitto , arrivando per primo a Kabul col miniesercito dello Jamiat Islami e instaurando , de facto , il primo governo islamico . Sdegnato , avvilito ( rassegnato mai ) , Hekmatyar abbandonava la capitale il 27 aprile scorso per rifugiarsi , col grosso dei suoi uomini , a Charasiab , un villaggio della provincia di Logar , neanche venti chilometri a Sud di Kabul . E qui lo vado a trovare . Lo avevo incontrato la prima volta a Peschawar , nell ' estate del ' 79 , sei mesi prima dell ' invasione sovietica . Gli occhi sono quelli di allora , piccoli , penetranti , inquieti , pieni di una luce febbrile , ma le guance , che si sono leggermente gonfiate , conferiscono ora al volto un aspetto piu ' disteso . L ' efficienza militare dell ' Hewbi e del suo arsenale , sempre ben rifornito negli anni di guerra dagli americani che avevano in Hekmatyar lo stratega e il guerriero prediletto , e ' adesso confermata da uno schieramento di carri armati e blindati sistemati nella radura . La loro inutilizzazione e ' temporanea : c ' e ' chi scommette che quanto prima si incolonneranno verso la capitale . I tempi sembrano maturi . Gulbuddin non ama il governo provvisorio dello Jamiat i Islami ne ' il suo presidente , Rabbani , di cui e ' scaduto in questi giorni il mandato . Lo ritiene un governo " debole , inefficiente " , responsabile dei disagi e della tensione attuale . " Se avessimo avuto un governo forte . sostiene . , in grado di rimpiazzare il regime di Najib , oggi non dovremo affrontare questa instabilita ' " . In maggio , Hekmatyar si era incontrato con Massud e Rabbani e insieme avevano stipulato un accordo per risolvere " pacificamente " il contrasto tra le due fazioni : " L ' accordo . precisa ora il leader dell ' Hezbi . prevedeva una tregua immediata , il ritiro delle forze militari controverse e la soluzione politica della crisi attraverso libere elezioni che si sarebbero dovute tenere entro sei mesi . Ma nessuno di questi punti e ' stato rispettato " . In realta ' , Gulbuddin non ha mai potuto tollerare il fatto che Massud spadroneggiasse a Kabul e che l ' avesse occupata con l ' aiuto di quel generale Dostam che in febbraio , irritato dalle interferenze del suo amico e protettore Najib , si era ammutinato a Mazar i Sharif e aveva messo le sue efficientissime divisioni a disposizione della resistenza e del grande comandante tajiko . Dalla montagna , Hekmatyar aveva piu ' volte minacciato di attaccare la capitale , se le orde mercenarie dell ' ex ufficiale comunista non si fossero ritirate . Dostam non ha alcuna intenzione di ritirarsi . I suoi uomini si comportano come truppe d ' occupazione e la lista dei reati si infittisce : saccheggi , rapine , stupri , delitti . Ad agosto Hekmatyar , che era stato calmo per un paio di mesi , investe Kabul con una grandinata di cannonate e di missili . Muoiono piu ' di 2500 persone , la maggior parte civili , e le corsie degli ospedali straripano di feriti . Poi , impartita la lezione , i cannoni dell ' Hezbi tacciono ancora una volta . Stranamente , oggi Gulbuddin nega che il motivo del feroce bombardamento d ' agosto sia stato l ' allontanamento dei mercenari di Dostam dalla capitale : " Ho ordinato di aprire il fuoco . assicura . perche ' ero stato attaccato . Anche dagli aerei . Faccia un giro per il campo , dia un ' occhiata alla mia casa ... Sono stato costretto a reagire , per difendermi . Ma noi , lo garantisco , abbiamo mirato solo agli obiettivi militari , come Bala ' Hissar , Darulaman , eccetera . Il conteggio dei civili morti e ' di 106 " . Tredici anni di guerra lo hanno abituato a trattare con indifferenza questa funebre contabilita ' : ma non puo ' non sorprendere e disgustare il cinismo illimitato con cui sembra ora voler scagionare Dostam e i suoi uomini , dal momento che se li e ' appena fatti alleati nella lotta contro Massud . Ora il Pancho Villa uzbeko , il corpulento generale analfabeta feroce . dicono . come Gengis Khan , il famigerato comunista amico di Najibullah e degli sciuravi ' ha subito , agli occhi di Hekmatyar , un ' arcana , repentina metamorfosi ed eccolo schierato , con esemplare mansuetudine , accanto ai mujaheddin dell ' Hezbi , eroe della " jihad " . Dostam , 37 anni , ha abbandonato recentemente Massud perche ' il ministro della Difesa Tajiko e il leader dello Jamiat i Islami e presidente del governo provvisorio , Rabbani , hanno rifiutato di accettare alcune sue richieste , ridimensionando implicitamente il ruolo e il contributo da lui dato , in marzo e aprile , alla resistenza per la caduta del regime . Nel tentativo di assumere anche una identita ' politica , oltre che militare , il generale aveva chiesto di diventare membro del Consiglio Supremo dei mujaheddin , di cui fanno parte i leader dei nove partiti dell ' Alleanza , di essere inserito nel comitato elettorale e , infine , di riconoscere ai suoi seguaci un normale status partitico . La posizione di Ahmad Shah Massud si e ' indebolita , cosi ' come era gia ' avvenuto per Rabbani , accusato di corruzione e di abuso di potere durante il suo mandato . Rinchiuso nella gabbia amministrativa , il leone del Panshir sembra destreggiarsi meno bene che sulle impervie montagne della sua vallata , dove da impareggiabile stratega aveva sventato ben sette possenti offensive dell ' Armata Rossa . L ' ago della bilancia sembra spostarsi chiaramente a favore di Hekmatyar , che avrebbe anche l ' appoggio degli Hazara ' , pilotati da Teheran . Kabul ha vissuto giornate d ' incubo e domenica scorsa la ripresa della guerriglia urbana e ' stata , per cosi ' dire , ufficialmente confermata dal lancio di un paio di " rockets " che sono caduti nel quartiere dei ministeri . Ho visto la gente correre all ' impazzata per le strade , mentre la fiumana in fuga era inseguita dal crepitio dei mitra . In serata la Bbc ha parlato di 31 morti . Anche l ' aeroporto era sotto tiro e tutti i voli , in partenza o in arrivo , sono stati cancellati . La prospettiva di rimanere intrappolati a Kabul per Natale e allestire il presepio in qualche gelido angolo del German Club prende consistenza di ora in ora : ma e ' alla fine scongiurata da un vecchio autobus che si avventura ansimando in un tortuoso itinerario alpino scaricandoci , dopo dodici ore di sobbalzi , a Peshawar . Lungo la strada , incrociamo gruppi di mujaheddin dello Hezb i Islami che , marciando in senso opposto , vanno lassu ' a morire per Hekmatyar . Transitando per Jalalabad , la capitale d ' inverno dal clima dolcissimo , mi viene in mente Abdul Haq , il coriaceo comandante Pashtun passato alla storia come il gran dinamitardo per i danni che ha inflitto ad afghani e russi negli anni dell ' occupazione : come la distruzione dell ' immane arsenale di Kharga , che , bruciando nella notte , aveva sciolto il ghiaccio sulle punte delle stelle dell ' Orsa . Ma a Kabul , dove sono approdati 700 rappresentanti della Sciura per decidere il futuro dell ' Afghanistan ( ma ne occorrono il doppio , perche ' le decisioni dell ' assemblea siano valide ) , non l ' ho trovato . La cosa non mi ha sorpreso . Abdul Haq , che nell ' 87 ebbe un piede tranciato da una mina , si era sempre opposto alla soluzione militare di Gulbuddin e dei suoi bellicosi sostenitori , che proponevano assalti massicci contro la capitale e i capoluoghi di regione . Diceva , e aveva ragione , che Kabul e Jalalabad dovevano " cadere dall ' interno " , per la consunzione stessa del regime , e che ogni spargimento di sangue si sarebbe ritorto sui mujaheddin , malati di sterile eroismo . Non faccio percio ' fatica a credere alla favola amena che qualcuno racconta secondo cui il gran dinamitardo , liberatosi del fucile e tornato in Pakistan , si sarebbe dato al commercio delle arachidi . Nessuno intende , ora , rimpiangere gli anni cupi della gestione moscovita . Ma gli abitanti di Kabul hanno forse ragione di sussurrare che si stava meglio quando si stava peggio . I prezzi continuano a salire , in testa il gasolio e la benzina che hanno registrato ascese irrazionali : e perfino il nan . la fragrante ciambella del pane afghano . e ' sempre piu ' caro e sempre piu ' scarso . A quasi duemila metri l ' inverno e ' rigido , l ' erogazione dell ' energia e ' saltuaria , la poca legna viene pesata sulla bilancia come lo zucchero e la farina . Il conforto di un solo bagliore : poi il freddo riprende possesso dei tuguri con veline di plastica alle finestre . E ' questo il bilancio dell ' Afghanistan dopo otto mesi di governo islamico . Per le sanguinose faide interne , a Kabul si contano ora piu ' morti per le strade che negli inverni passati , quand ' era al potere Najibullah . E cosi ' questo Paese , che per anni e ' stato simbolo della resistenza eroica , dell ' abnegazione e del coraggio , e ' diventato in un tempo cosi ' breve . grazie ai suoi leader politici ambiziosi ed ambigui , ai suoi caporali promossi generali , ai suoi teologi e ai suoi guru sunniti e sciiti . il simbolo del cinismo , della follia , della violenza gratuita e , diciamolo pure , della vergogna .
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Florencia - Nell ' immediata vigilia delle elezioni parlamentari ( che si terranno domani ) , non avrebbe potuto esserci per il governo colombiano maggior disagio e imbarazzo di quelli provocati in questi giorni dal " disastro " militare dell ' esercito , sorpreso , battuto e umiliato nel Sud del Paese dalle forze della guerriglia . I dati sull ' imboscata che la Farc ( Forza armata rivoluzionaria colombiana ) ha teso martedi ' scorso a un distaccamento della brigata mobile numero 3 nelle foreste meridionali del Caqueta ' non godono ancora di conferme ufficiali : i bollettini guerriglieri vantano 80 morti , 30 feriti e 43 prigionieri tra i militari . Ieri mattina il presidente della Colombia , Ernesto Samper , si e ' incontrato nella base aerea di Tres Esquinas del Caguan ( estremo Sud ) con il generale Manuel Jose ' Bonnet - comandante delle forze armate - e con il comandante dell ' esercito , Mario Hugo Galan , per cercare di ottenere un resoconto " obiettivo " sullo scontro tra gli uomini della Farc e la brigata mobile 3 e sul numero delle vittime . Che sarebbero numerose anche dall ' altra parte . Un ' azienda di pompe funebri di Florencia sta facendo gli straordinari per apprestare , quam celerrime , una trentina di bare ordinate dal comando militare . Ma recuperare i cadaveri in una giungla tanto sterminata quanto impenetrabile non sara ' facile . Finora soltanto un paio di uomini sono stati trovati nella selva del Caqueta ' dalle prime squadre di soccorso : un capitano , Wilson Chaverra Ortiz , 27 anni , gia ' sepolto con gli onori militari , e un soldato semplice , ancora senza nome . Mentre le palate di terra cadevano sulla bara del giovane ufficiale , molti si chiedevano con sgomento , a Bogota ' come a Florencia , quale assurdo errore strategico avesse consentito a uno dei piu ' qualificati reparti dell ' anti - guerriglia di essere colto cosi ' di sorpresa , circondato , bersagliato , distrutto . Molte teste , si vocifera , dovrebbero saltare nei prossimi giorni ai vertici delle forze armate . L ' imboscata , lungo gli argini del fiume Gaguan , e ' stata ordita e condotta a termine dal cosiddetto Bloque Sur ( Blocco Sud ) della Farc , la compagine meglio organizzata e piu ' efficiente di tutta la guerriglia nel meridione del Paese : 1.500 uomini circa , distribuiti su 21 Fronti . Almeno undici sono sotto il comando diretto di Milton de Jesus Toncel , detto anche Joaquin Gomez o " Usurriaga " , ex docente dell ' universita ' dell ' Amazzonia , che e ' il capo supremo del Bloque Sur . Nell ' operazione di martedi ' scorso , come in tre altre forse meno clamorose ma che hanno ugualmente inferto fendenti durissimi all ' esercito colombiano , c ' e ' netta e chiara la sua firma , in inchiostro rosso , che e ' da sempre il colore della Farc , la cui matrice ideologica rimane marxista . Milton Toncel ha concentrato i suoi uomini ( 400 circa , anche secondo il numero 2 dell ' esercito , il generale Fernando Tapias ) , a El Billar , uno dei luoghi piu ' tetri e inospitali della foresta , a cinque giorni di cammino dalla piu ' vicina base militare , e li ' ha atteso l ' arrivo della brigata mobile , presumibilmente intenzionata a snidare il nemico e a sorprenderlo nel suo rifugio piu ' recondito . L ' agguato ha interrotto brutalmente la marcia . Nel suo primo bollettino , diretto alla Croce Rossa , " Usurriaga " ha parlato di 70 morti , 30 feriti , 8 prigionieri . Successivamente ha aggiornato i dati , aggiungendo anche quelli del bottino di guerra , 89 fucili Galils , 6 mortai , 6 mitragliatrici , 8 lanciagranate piu ' un sacco di sofisticatissimi congegni di cui il distaccamento era dotato . Con l ' agguato dei giorni scorsi , il Bloque Sur ha confermato quella che un esperto militare definisce " impressionante capacita ' strategica " : e ha anche tentato , con successo , un esperimento nuovo , perche ' , per la prima volta , si e ' trattato di un attacco a truppe in movimento , mentre quelli precedenti erano diretti a postazioni fisse , come avvenne a Las Delicias , a Puerres , a Patascoy . Il Sud e ' cosi ' diventato il tallone d ' Achille dell ' esercito colombiano . Se El Billar rimane finora il massimo successo , anche le altre azioni piu ' note della Farc , sempre basate sulla fulmineita ' e sul fattore sorpresa , hanno conseguito " punteggi " funestamente alti : a Puerres , i morti sono 30; a Las Delicias , 28 le vittime , 60 i prigionieri rimasti poi per nove mesi in mano alla guerriglia ; a Patascoy ( 21 dicembre '97 ) , il risultato e ' di dieci militari ammazzati e 18 tuttora ostaggi . Questi episodi hanno avuto un grave effetto psicologico sull ' esercito e ne hanno offuscato l ' immagine . Dopo l ' assalto di Puerres venne destituito un generale della terza brigata ; e l ' attacco di Patascoy , che mise in rilievo un ' assoluta mancanza di strategia e di coordinamento da parte del comando , costo ' la carriera a due generali e a un colonnello ; in quanto a Las Delicias , la liberazione dei 60 prigionieri dopo nove mesi di trattative fra lo Stato maggiore e i vertici del Bloque Sur fu causa di grande imbarazzo per il potere , sottoposto alla luce dei riflettori internazionali e alla malizia canzonatoria dei media . Per El Billar , l ' umiliazione e ' anche maggiore , perche ' la brigata mobile numero 3 , creata nell ' ottobre del '97 e costituita quasi esclusivamente di soldati di professione (1.500), e ' un corpo d ' elite , un ' unita ' del tutto speciale per combattere la guerriglia ; e ' dotata di equipaggiamenti sofisticati ( come i binocoli infrarossi per i combattimenti notturni ) e dispone di una miniflotta di aerei ed elicotteri . " E ' la nostra risposta al terrorismo " , disse il generale Bonnet alla cerimonia di inaugurazione . Sembra abbia avuto invece piu ' successo la brigata mobile numero 2 , che nel luglio del '95 e ' intervenuta pesantemente sul narcotraffico e sui vari Cartelli , requisendo tonnellate di sostanze chimiche e sfasciando i laboratori della coca . Non puo ' non impensierire il governo di Bogota ' il fatto che la Farc abbia mostrato di avere una straordinaria forza e influenza in una regione dove la droga rappresenta la maggiore ( e inesauribile ) fonte di finanziamento per i guerriglieri : ed e ' improbabile che questi ultimi vengano fatti sloggiare - come e ' avvenuto altrove , come nell ' Uraba ' - dai paramilitari di estrema destra , perche ' i " paras " , non possono minimamente contare sui contadini del Sud , abbondantemente indottrinati dai discepoli del professor Montel . Il Bloque Sur ha pianificato l ' agguato di El Billar a pochi giorni dalle elezioni anche per instaurare un clima di minaccia e scoraggiare l ' affluenza alle urne , che sara ' certamente molto scarsa . Ma dalla base di Tres Esquinas il presidente Samper , il ministro della Difesa e i vertici delle forze armate hanno ribadito che la lotta contro la guerriglia deve continuare : l ' obiettivo finale , ha detto il generale Bonnet , e ' di tenere la zona e , dopo aver recuperato cadaveri , feriti e dispersi , rilanciare un ' offensiva , " duri quanto duri e costi quel che costi " . " La Colombia non e ' il Titanic - ha retoricamente concluso l ' alto ufficiale - e non colera ' a picco in fondo al mare " , sfasciandosi sull ' iceberg della guerriglia . La cronaca racconta un ' altra realta ' . Proprio ieri , la Farc ha preso il controllo di una strada ad alto traffico nell ' est del Paese , bloccando per cinque ore circa 500 veicoli e oltre 600 persone . I guerriglieri hanno ricevuto perfino un gruppo di giornalisti spiegando che l ' azione mirava a " incitare " i colombiani a non recarsi alle urne . Tre poliziotti giunti sul posto - a pochi chilometri da Villavicencio , capitale del dipartimento di Meta - sono stati " accolti " con una raffica di spari che hanno ucciso un agente e ferito gli altri due . I militari della Settima brigata sono arrivati quando i guerriglieri si erano gia ' dileguati .
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Norilsk ( Siberia settentrionale ) - " Voi siete stati portati qui non per vivere , ma per soffrire e morire . Se sopravvivete , una delle due : o lavorate meno del dovuto ; o mangiate di piu ' di quanto vi spetti " . In queste parole , dirette alle migliaia di lavoratori - deportati finiti dopo la meta ' degli anni Trenta nelle miniere dell ' estremo Nord , 320 chilometri sopra il Circolo Polare Artico , c ' e ' tutta la storia di Norilsk e del suo passato . Ma il lugubre messaggio riguarda anche , parzialmente , il presente . " Welcome to Hell " ( Benvenuti all ' inferno ) sta scritto infatti all ' ingresso della fabbrica del rame , incapsulata nel mastodontico complesso minerario - siderurgico : benvenuti all ' inferno . + solo calata la temperatura . Poco tempo fa , rincuorando quanti continuavano a piangere sulla bara vuota dell ' Urss , il ministro russo Victor Orlov diceva , con un buon pizzico d ' orgoglio : " Vi ricordo che in termini di risorse naturali noi siamo ancora il Paese piu ' ricco del mondo " . E la maggior parte di queste ricchezze sta sepolta nelle viscere ghiacciate della Siberia ( carbone , gas , rame , petrolio ) o affiora scintillando in superficie nelle miniere aperte di Norilsk che partoriscono nichel , oro , platino , cobalto , palladio a flusso continuo . La penisola di Taimyr - dove si trova Norilsk - era gia ' stata percorsa dagli esploratori russi nel XV secolo : ma solo negli anni Venti , un team di geologi capitanati da un certo Urvantev scoprira ' nella periferia siderale del mondo quegli enormi , preziosi giacimenti . + il giugno del ' 35 quando Stalin , che ha gia ' fatto rinchiudere nei campi di concentramento dei gulag milioni di persone , decide che non potrebbe esserci posto migliore di Norilsk per edificare il socialismo e " correggere " e raddrizzare l ' uomo secondo il modello sovietico . Si calcola che almeno 350 mila lavoratori , in gran parte detenuti o prigionieri di guerra , abbiano faticato a sangue nel " favoloso " kombinat siberiano durante gli anni della dittatura stalinista : e non sembra gonfiato il dato che fissa a 17 mila i morti sul lavoro . Ma quale morte ! Le cronache del tempo e i brandelli di testimonianze dei pochi , pochissimi sopravvissuti o della gente del luogo che si possono ancora raccogliere per strada fanno rabbrividire e raggelano il sangue non meno del freddo che - a 40 o 50 gradi sotto zero - era alla fine il grande , inconsapevole carnefice degli ergastolani di Norilsk , gia ' morti prima di morire . Norilsk era solo un piccolo punto nero nel bianco della tundra spazzata dal vento ; o un fuoco di bivacco sempre acceso nella lunga notte polare . Raggiungerla era quasi impossibile , un ' impresa da esploratori . Ne ' strade ne ' treni . La maggior parte dei deportati veniva scaricata nel porticciolo di Dudinka , alla foce dello Jenisei e da li ' , come una gran mandria , avviata verso le miniere , cento chilometri a est . Un cammino che Sofia Jakovlevna Diner , un ' anziana signora tedesca del Volga , conosce molto bene . " Dopo l ' arresto - racconta - mi mandarono in Siberia . Lavorai per mesi di pala e piccone alla costruzione della ferrovia Dudinka - Norilsk : e Dio sa quante volte feci a piedi quei cento chilometri . Un freddo bestiale . I cavalli stramazzavano a terra . Morivano piu ' in fretta degli uomini " . " Metallo a ogni costo " , urlano i gerarchi del Cremlino nell ' antivigilia della Seconda Guerra Mondiale . Nel ' 39 , il grande kombinat " Norilsk - Nickel " e ' gia ' in piena funzione e necessita di un numero sempre maggiore di schiavi , che vengono da ogni parte : i 20 - 30 mila dei primi anni diventano 100 - 140 mila dopo il ' 50 . Molti sbarcavano stremati a Dudinka dopo aver affrontato la furia dei mari artici su decrepiti battelli attrezzati a malapena per la pesca a rete . C ' e ' nel bellissimo libro " Siberia " , di Benson Bobrick , l ' agghiacciante testimonianza di K . Stajner , uno dei pochi sopravvissuti all ' olocausto siberiano , che scende da un mercantile insieme ad altri " 4 mila disperati " . Sono intirizziti , affamati e anche oscenamente sporchi : perche ' , durante una tempesta , i barili pieni di escrementi e d ' urina si sono rovesciati , inondandoli . + impossibile , visitando ora i poderosi impianti del " Norilsk - Nickel " , cancellare con un colpo di spugna dalla memoria le tappe della sua tetra infanzia e angosciosa adolescenza : quando si facevano i turni di 12 ore anche nella bufera , con soli 10 minuti d ' intervallo per scaldarsi le mani ; quando , se non rispettavi i ritmi di produzione e le quote fissate dai capi , ti mettevano al muro , cosi ' che il cimitero del kombinat , con circa 30 esecuzioni al giorno , era piu ' grande di quello di una metropoli ; quando tale era la fame che la notte ti alzavi per acchiappare i topi della baracca e cucinarli di nascosto in un barattolo ; quando ti mozzavi le dita congelate con un colpo di scure sperando in qualche giorno di riposo in infermeria : quando i delinquenti comuni uccidevano i detenuti politici ( piu ' di 400 omicidi in un solo inverno ) per andare sotto processo e uscire dal campo ... E via coi ricordi , uno piu ' straziante dell ' altro . Ma accanto agli zeks ( i contadini piu ' poveri fuggiti dai kolkhoz ) , ai cosiddetti kulaki agricoltori benestanti , ai pastori baskiri , tartari e kirghisi , agli anarchici , agli spiriti deboli sentimentali , agli intellettuali delusi e nostalgici del Secolo d ' Argento , che subivano la punizione come una calamita ' naturale , c ' era anche una compagine esigua di giovani esaltati , teste calde e stakanovisti : convinti , questi ultimi , che la Siberia , piu ' di ogni altra regione , avrebbe fatto da trampolino all ' Urss per il suo triplo salto mortale " dall ' aratro alla bomba atomica " nel circo vero della storia . Intanto , i ragionieri del Cremlino potevano gia ' annotare , nei loro brogliacci , che il contributo del kombinat polare alle spese di guerra era stato di 13 miliardi e mezzo di rubli , piu ' " un ' immensa quantita ' di oro , argento , platino " . Sara ' difficile , a questo punto , negare a Norilsk un ruolo storico ( positivo o negativo ) negli ultimi 60 anni dell ' epopea russo - sovietica ; ne ' sottrarla alla definizione , pertinente , cucitale addosso da tempo , di " dinosauro dell ' industrializzazione forzata staliniana " . Privatizzato dopo la dissoluzione del soviet - impero , il dinosauro " Norilsk - Nickel " e ' ora un maxicomplesso minerario - siderurgico a gestione mista col governo federale , che detiene tra l ' altro il primato assoluto per la produzione del nichel nel mondo : inoltre , le sue fauci sprigionano a getto continuo il 58 % del rame estratto in Russia , l ' 80 % del cobalto , il 100 % del platino . Una mammella cosi ' turgida , tenuta al fresco nel gelo polare , non poteva lasciare indifferente un uomo d ' affari come Vladimir Potatin , incontrastato protagonista nel processo di trasformazione dell ' economia e della finanza post - sovietiche : e nel ' 95 , con 260 milioni di dollari ( 480 miliardi di lire ) , si aggiudica attraverso la sua banca - la Oneximbank - il 51 % delle azioni del colosso . Secondo un dato recente ( che pero ' altri contraddicono allargando le cifre ) , i dipendenti del kombinat sarebbero oggi 88 mila : 56 mila adetti alla produzione diretta nelle 5 miniere e nelle fabbriche ; il resto - 32 mila - impegnato nei servizi ausiliari , amministrativi e sociali di supporto . Il dinosauro non riposa mai . Giorno e notte , 24 ore su 24 , il suo gran ventre rumina e brontola e infine espelle tonnellate di materia insieme ai vapori insani e velenosi dell ' intestino : ma le statistiche informano che dal ' 95 in poi la produzione e ' calata fino a quasi il 40 % rispetto all ' 89 . " Ora pero ' - dice il sindaco di Norilsk , Yuri Malanin - c ' e ' stata una grande ripresa , sia nell ' industria che sul piano sociale : qui si vive meglio che in altre zone della Russia , ne sono certo " . Parte della manodopera viene fornita dai detenuti , 1500 in tutto , segregati in una prigione che sorge all ' interno del kombinat , suddiviso a sua volta in due ali : quella residenziale , dove vivono , mangiano e dormono ; e quella del lavoro , agganciate a fornaci e fonderie , oltre che ai piu ' salubri laboratori di falegnameria . Sottoposti a regimi piu ' o meno gravi a seconda delle condanne , nessuno per fortuna e ' piu ' accusato di violazione dell ' articolo 58 ( " attivita ' antisovietiche " ) che permise a Stalin di mandare in galera milioni di innocenti . I turni , adesso , sono regolari e , dopo i turni , c ' e ' la mensa che - sento dire - e ' buona , calda , abbondante . Nel tempo libero hanno ritagliato e dipinto dei pannelli per una chiesuola interna , dove saranno celebrati i loro riti . Hanno anche affrescato la propria speranza in un murale su cui sta scritto : ricordati , ti aspettiamo a casa . Sessant ' anni prima , negli stessi androni , i prigionieri davano la caccia ai topi per mangiarseli . La peculiarita ' di Norilsk , suggeriscono all ' Associazione dei brigadieri , puo ' essere spiegata in due parole : la favolosa ricchezza del sottosuolo e , per contrasto , il rigore estremo di un clima da renderne quasi impossibile lo sfruttamento da parte dell ' uomo . Quasi ... " Vede - mi dice il brigadiere ( che in loco va tradotto semplicemente come capo - fabbrica ) Michail Zastrjalin - , quando alla fine degli anni Cinquanta furono chiusi i campi di lavoro forzati , le nostre miniere hanno continuato a lavorare , come e piu ' di prima . Era il Klondyke della Siberia . La manodopera non e ' mai mancata . Una marea di gente , tra il ' 60 e il ' 70 . Venivano dalla Russia Centrale , dall ' Ucraina , dal Caucaso . I giovani firmavano un contratto per 3 anni ... ma finivano col restarci , per sempre . Il salario era alto , anche sette volte tanto quello che si percepiva altrove , per lo stesso mestiere " . Certo , dopo il trattamento disumano imposto dai gulag , il contratto offerto dal kombinat col suo bel corredo di garanzie doveva sembrare estremamente seducente : la pensione a 40 anni per le donne , a 45 per gli uomini , le vacanze parzialmente pagate , i tre mesi di ferie all ' anno che diventano sei ogni due anni , l ' appartamento ... " Ma nessuno regalava niente a nessuno - avverte l ' amico brigadiere decorandomi con la medaglietta del Norilsk - Nickel - perche ' i disagi erano e sono tremendi : la temperatura che scende anche sotto i 40 , la notte polare che dura sei mesi , il cielo che piove anidride solforosa e altri veleni , la solitudine , le malattie , lo spauracchio dell ' eta ' media a 50 anni . Insomma , com ' e ' che dite voi dalle vostre parti ? Il buco del culo del mondo , ecco " . Quello dei pensionati , ammette Tatiana Bockareva ( assessore al Comune ) , " e ' il nostro problema piu ' grave " . Era nei patti che , fatta l ' ultima discesa agli inferi dopo 15 o 20 anni di lavoro , i dipendenti del kombinat dovessero essere messi in condizione di trasferirsi in localita ' del centro e del sud , dove il clima e ' piu ' mite . Ma i soldi non ci sono . La compagnia avrebbe chiesto alla Banca Mondiale un prestito di 500 milioni di dollari ( oltre 900 miliardi di lire ) per risistemare , nella Russia centrale , 50 mila pensionati . Un solo pensionato costa al kombinat e al Comune , che intendono liberarsene , 10 mila dollari . E nel ' 95 , il totale della spesa sostenuta per i servizi sociali a favore di Norilsk e delle due citta ' satelliti , Talmakh e Kenerkan ( popolazione : 281 mila abitanti ) , e ' lievitato fino a 327 milioni di dollari . Camminando lungo il vialone centrale ( Leninsky Prospect ) tra palazzi tutti uguali di 10 piani , costruiti negli anni Quaranta ( ma ai turisti mostrano la prima casa di legno , abitata dai geologi ) , o scendendo lungo il lago artificiale che separa l ' industria dai quartieri residenziali e fuma in superficie come bollisse , hai l ' impressione di una relativa agiatezza , se non di benessere . In qualche modo , dopo gli anni truci dello stalinismo , il kombinat ha infuso nella citta ' un senso di sicurezza . Anche troppa , avrebbe fatto notare tempo fa un dirigente dell ' azienda , Budargin , quando ha ricordato che l ' operaio di Norilsk " era abituato a pensare che lo Stato gli dava la sveglia , lo nutriva e lo metteva a letto rimboccandogli le coperte " . Ma c ' e ' l ' altra faccia della medaglia , che sfugge al viaggiatore frettoloso , nella quale si riflettono vicende amare e dolorose , storie di solitudine , alienazione , alcolismo , droga , incesti , demenza , follia suicida . Un risvolto inevitabile , comune a tutte le citta ' di frontiera . Ma certamente si riferiva soprattutto all ' inquinamento e alle sue conseguenze Andrej Samokhin , portavoce della Nickel , quando ha detto che " questo luogo " era stato costruito " per lavorare , non per viverci " . + sotto il peso di questa scomoda eredita ' che tenta ora di muoversi il sindaco di Norilsk , Yuri Malanin : " Certo - ammette - non e ' facile gestire l ' amministrazione di una citta ' dove si consiglia alle donne di andare a partorire altrove , se vogliono i figli sani . Ai tempi dell ' Urss non si preoccupavano di queste cose . Ma ora dobbiamo pensarci . Abbiamo gia ' stanziato 20 milioni di dollari per l ' acquisto di impianti nuovi , in grado di ridurre le esalazioni venefiche " . Con questo , cento altri problemi saranno affrontati che Mosca aveva sinora ignorato , perche ' periferici : e c ' e ' da scommettere che da molte parti si guardera ' a Norilsk per scoprire a quale strategia fara ' ricorso una grande industria per liberarsi dall ' eredita ' sovietica . " Dovremo agire da soli - dice Tatiana - , perche ' , da quando e ' crollata l ' Urss , il governo federale non si e ' mai interessato a noi " . Non sono mancate crisi , nel kombinat , che si sono tradotte in agitazioni e scioperi e ancor oggi si contano in zona 11 mila disoccupati . Cio ' che invece resta inspiegabile e ' come mai , nonostante la temperatura , la poverta ' , l ' isolamento , il buio per sei mesi sulla calotta artica , non si sia ancora spezzato il rapporto affettivo che lega la gente - soprattutto i giovani - alla citta ' . " Veramente una spiegazione c ' e ' - dice Natalia Lylina , vicesindaco , bella elegante signora che si e ' molto prodigata per facilitare l ' inchiesta - : quasi tutto cio ' che lei vede e tocca e ' stato fatto dagli " ergastolani " di Stalin . Fra di loro c ' erano artisti , scrittori , musicisti , architetti che , prima di morire ( le loro ossa affiorano ancora adesso , nei campi , dopo lo sgelo ) , hanno inoculato in noi questo germe culturale . E cosi ' oggi abbiamo teatri , scuole di musica e di danza , auditorium , accademie d ' arte : tutto per i nostri ragazzi " . Natalia Lylina parte per Mosca e noi trascorriamo l ' ultima serata a Norilsk in compagnia del passato . Il passato si chiama Jadviga Vikentjivna Malevic e ha le sembianze di una gentile signora polacca , fragile , i lineamenti finissimi come disegnati da un pastello . Ha conosciuto per 10 anni l ' inferno della miniera e guardandola adesso uno si chiede come abbia potuto sopravvivere , con quel fisico . Dietro c ' e ' la storia d ' una ragazza polacca , romantica e ribelle : " Fui arrestata a Varsavia nel ' 45 - racconta - , avevo 18 anni . Ero scesa in strada per manifestare contro i soldati dell ' Urss che spadroneggiavano a casa nostra . Arrestarono anche molti uomini in quell ' occasione , intellettuali soprattutto , finimmo in Siberia ... Questa citta ' e ' stata costruita su un mare di ossa umane . Mi mandarono anche a spalare , nella strada che porta alla fabbrica del rame c ' e ' anche un po ' del mio sudore ... " . Liberata nella seconda meta ' degli anni Cinquanta , viene ufficialmente riabilitata il 30 marzo del ' 57 . Nel frattempo ha sposato il suo carceriere che era " gentile " e che l ' ha lasciata vedova , con un figlio . Ora ci mostra le foto di quand ' era giovane , e ' quasi uguale il colore dei capelli avendo da tempo cosparso la canizie di una leggera polvere d ' oro . Dice : " Quant ' era bella Varsavia prima della guerra , sapesse ... Ho avuto una giovinezza splendida " . ( 2 - Continua . La prima puntata e ' stata pubblicata il 27 ottobre )
Potosí ( Moravia Alberto , 1970 )
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La Paz . L ' aeroporto di La Paz a quattromila metri di altezza pare nient ' altro che un minimo lembo , dello sterminato aeroporto che è l ' altipiano boliviano . L ' altipiano è deserto , spianato e vertiginosamente ventoso e luminoso come sanno esserlo soltanto le piste degli aeroporti . Di un colore brullo uniforme , l ' altipiano fugge d ' ogni parte verso remoti orizzonti circolari dai quali si affaccia , bizzarramente , tutta una fila di picchi nevosi . È la cordigliera Real , la catena andina al di là della quale la Bolivia , paese dualistico , precipita senza transizione nelle bassure tropicali . Non ci sono che due piccoli aeroplani da turismo , ad una sola elica , nell ' aeroporto . Trappoco una di queste libellule bianche e azzurre ci porterà , sgattaiolando intorno i picchi , a Potosí , la città morta dell ' argento . Saliamo , ci chiudiamo nell ' abitacolo non più grande di quello di una comune automobile . Il pilota , un capitano dell ' aviazione militare boliviana , non dispone , per dirigersi , che di una piccola carta geografica sulla quale con una matita tira una linea retta da La Paz a Potosí . Volerà tra rupi altissime , al di sopra di voragini spalancate , servendosi unicamente di questa carta . Partiamo . L ' aeroplano romba , ma neppure tanto , corre un poco sulla pista e quindi decolla e si dirige con esasperante lentezza ( duecento chilometri all ' ora ) verso le montagne all ' orizzonte . Sorvoliamo La Paz , che per proteggerla dai venti , gli spagnoli hanno costruito in fondo ad una specie di cratere dalle pareti erose , di un giallo leonino , che ricordano le crete di Siena ; sorvoliamo ancora per un po ' l ' altipiano ; quindi entriamo tra le montagne . La Bolivia è un paese di miniere . O meglio è un paese di contadini che per sua disgrazia è ricchissimo di minerali . Gli Incas conoscevano le miniere ; ma la loro civiltà comunitaria , isolata tra le Ande e l ' oceano , era per forza di cose disinteressata ; e perciò si servivano dei metalli soltanto per scopi domestici . Gli spagnoli invece erano dei colonialisti , i primi , in ordine di tempo , del mondo moderno . È interessante notare come all ' origine del colonialismo spagnolo c ' è una deviazione psicologica che forse riguarda più il moralista che lo scienziato di cose economiche . L ' idea dell ' arricchimento facile , senza lavoro , per rapina o per fortuna o per tutte e due , ha corrotto in partenza la conquista dell ' America . Il mito asiatico dell ' oro , dell ' argento , delle pietre preziose , delle essenze rare , delle spezie si frapponeva come un miraggio tra gli occhi dei soldati spagnoli e la umile realtà primitiva del nuovo mondo . Purtroppo questo mito trovò una conferma nella natura e fu allora la rovina della Bolivia . L ' agricoltura , un tempo pianificata con complicati sistemi di irrigazione , fu lasciata decadere fino all ' attuale livello di mera sussistenza ; gli indios furono avviati in massa alle miniere con metodi schiavistici . Volando sulla cordigliera Real , tutto questo si può vedere a occhio nudo . Giù , giù , in fondo alle vallate anguste , si aprono ogni tanto dei piccoli slarghi e sopra un ripiano si scorgono tanti rettangolini grigi disposti in simmetria . Al di sopra di questi rettangolini incombono altissime montagne brulle e dirupate che , ad uno sguardo attento , si rivelano tutte sforacchiate di caverne oscure . Sono le miniere , le famose , funeste miniere d ' oro , d ' argento , di antimonio , di zinco , di piombo , di stagno , di rame della Bolivia . Guardando a quei miseri villaggi sprofondati nelle gole solitarie si capiscono tante cose : l ' isolamento assoluto dei minatori , causa di continui moti rivoluzionari che mirano , a ben guardare , a inserire quelle sperdute comunità nella vita sociale e politica del paese ; le immense difficoltà dei trasporti del minerale che gli spagnoli avevano risolto con l ' asservimento degli indiani ma che oggi , dopo la nazionalizzazione di due terzi delle miniere , rende passivi i bilanci delle amministrazioni statali . Ecco finalmente Potosí . La sorvoliamo planando obliquamente . Potosí appare come una città testuggine , a causa dei tetti accostati come le piastre , appunto , della corazza della tartaruga . L ' aeroplano continua a planare tutt ' intorno l ' arida nuda valle , ed ecco ci viene incontro la celebre montagna triangolare che domina Potosí , il Cerro Rico . È una montagna brulla , color tabacco , sparsa delle solite caverne oscure . Da questa montagna , gli economisti moderni calcolano che la corona di Spagna ha estratto in tre secoli per un valore di un miliardo di dollari di argento . Nel Seicento , da Potosí veniva la metà dell ' argento di tutta Europa . A Potosí , più poeticamente , dicono che con l ' argento ricavato dal Cerro Rico si potrebbe costruire un ponte tutto d ' argento massiccio dalla città fino alla lontanissima Madrid . Potosí è una città coloniale spagnola del tipo di quelle messicane per esempio Oaxaca . C ' è la solita plana , i soliti grandi alberi fronzuti , le solite panchine , la solita cattedrale barocca . Soltanto , a differenza delle città messicane , Potosí è morta , di una morte antica che non risale a ieri ma al Settecento , quando le miniere d ' argento , esaurite , non pagarono più le spese dell ' estrazione . Potosí è dunque la città simbolica del colonialismo spagnolo : nata con l ' argento , è morta con l ' argento . La sua vita è stata anche d ' argento , poiché , per cupidigia del prezioso metallo , ci sono state , a Potosí , perfino delle guerre civili . Di questo parere , del resto , è anche l ' anonimo poeta che ha scritto , verso il Settecento , il poema Testamento di Potosí , alla maniera dei testamenti di François Villon . Il poema è un elenco di lasciti ora descrittivi e ora burleschi fatti dalla celebre città in punto di morte . Tra le altre cose , Potosí lascia a Dio la propria anima ; la quale , però come nota ironicamente il poeta , es la plata pura , è fatta di puro argento . Naturale che il centro di una città così emblematica non sia , a ben guardare , la cattedrale bensì il famoso Palazzo della Moneta , uno dei più belli dell ' America Latina . È la stagione delle piogge , piove a dirotto ; così visitiamo il palazzo quasi al buio perché , per economia , la luce elettrica c ' è soltanto negli uffici della direzione . Percorriamo in fretta le sale del museo di pittura coloniale nelle quali , dalla penombra , ci guardano le solite ninfe spropositate , le solite Madonne dalle facce sciocche , i soliti gentiluomini e le solite dame pieni di galloni e di sufficienza ; quindi scendiamo a pianterreno , dove si trovava la zecca . Sempre al buio , ecco le enormi macchine tutte di legno , senza un solo chiodo di ferro , con le quali si batteva moneta ; ecco , dentro le teche , gli stampi delle monete con le armi di Castiglia da una parte e l ' effigie del sovrano dall ' altra . Siamo dunque nel cuore stesso , morto e secco , del colonialismo spagnolo . Queste grandi ruote dentate di legno durissimo delle foreste boliviane non gireranno mai più ; gli stampi non imprimeranno mai più nell ' argento antichi stemmi e profili accigliati di re . E tuttavia non si può negare che proprio in questa penombra , tra questa roba defunta , si avverta più che altrove il senso riposto della storia del subcontinente . La sola riflessione che venga fatto di formulare è che queste sale sono più eloquenti di qualsiasi chiesa . Certo , l ' arte , i riti , le cerimonie della religione hanno varcato l ' oceano e si sono radicate in America ; ma , come avviene ancor oggi , con tutti i colonialismi di tutti i generi e di tutti i paesi , il messaggio che era legato a quelle forme è come se fosse rimasto in Europa , tanto poco ha informato di sé il rapporto fra conquistatori e indigeni . Così che qualche anno fa ha potuto addirittura essere ripresentato come un messaggio rivoluzionario dal prete guerrigliero Camilo Torres e dai suoi seguaci . Giriamo per Potosí tutto il giorno , sotto la pioggia . La serata ci vedrà seduti nel grande atrio gelido dell ' albergo , in un cerchio di notabili venuti a visitarci : l ' alcalde o sindaco , il comandante della guarnigione , qualche altro personaggio ufficiale . Si mangiano olive e mandorle salate , si sorseggia una bevanda che rassomiglia alla tequila messicana . La conversazione langue ; si parla del tempo che fa , come in un salotto inglese dell ' era vittoriana . Poi , non senza intenzione , buttiamo là una qualsiasi allusione politica e allora , come d ' incanto , i discorsi diventano vivacissimi . Gli è che i boliviani hanno la passione della politica ; forse perché i problemi di questo paese sono così antichi e così intrattabili da diventare , per forza di cose e quasi per la consapevolezza della loro intrattabilità , prima di tutto politici . Naturalmente , ad un certo punto , si parla del " Che " Guevara e della sua tragica avventura . Se ne parla tuttora e dappertutto in Bolivia ; e anche da parte degli avversari con una strana , quasi inconscia riconoscenza ; è una tragedia che ha ricordato al mondo , a livello storico , la Bolivia , paese isolato e frustrato ; e al tempo stesso ne ha innalzato , per così dire , il tasso di vitalità . Ma la discussione suscita strane interpretazioni che bisogna pur chiamare " provinciali " . Non odo forse qualcuno attribuire la spedizione cubana alla massoneria ? Partiremo la mattina dopo ; ma il pilota , dopo aver captato alla radio le notizie sul tempo e consultato la sua carta , decide di dirigersi verso Oruro . Come se , in Italia , chi volesse andare da Milano a Roma puntasse sopra Trieste . Voliamo sotto un cielo basso e scuro , tra i picchi , seguendo i canaloni , in direzione di un chiarore sulfureo che sta a indicare una spera di sole sull ' altipiano . Ecco di nuovo , in fondo alle vallate nude e aride , i villaggi delle miniere ; si vedono le piste serpeggiare lontano , bianche e sottili tra i monti : a dorso di mulo o a piedi ci vogliono anche venti giorni per percorrere la distanza che il nostro monoplano varca in poco più di un ' ora . Sbuchiamo finalmente sull ' altipiano , c ' è il sole e piove attraverso il sole . Ecco l ' aeroporto , un prato come un altro . Prendiamo un tassi , ci precipitiamo alla stazione per sentirci dire che il treno parte tra mezz ' ora ma che non c ' è posto perché tutto è stato già prenotato da quindici giorni . Poiché il cattivo tempo peggiora nel pomeriggio , come avviene di regola nella stagione delle piogge , con lo stesso tassì , correndo a perdifiato per la pista allagata , attraverso l ' altipiano , in quattro ore arriviamo a La Paz . Durante il viaggio non ci fermiamo che una sola volta : per ammirare un lama , il primo che abbiamo visto sinora , fermo sotto la pioggia , nel mezzo di una steppa sterminata , simile ad un cammello con le gambe corte .
La mamma perbene col figlio bandito ( Vergani Leonardo , 1977 )
StampaQuotidiana ,
Milano . È una mattina grigia , a Milano , in fondo a viale Porpora . La gente esce dai portoni , qualcuno la notizia l ' ha già ascoltata alla radio , Renato Vallanzasca è stato preso , non ha sparato , s ' è arreso . Qui , dove viale Porpora sbuca in piazza Gobetti , Renato ha passato tutta l ' infanzia e l ' adolescenza , da queste parti ha abitato con la madre e il padre fino a pochi anni fa . Nei giardini di piazza Gobetti , che fra poco si popoleranno di pensionati , Vallanzasca ha giocato con gli altri ragazzi del quartiere . È probabile che tempo fa non ci fosse lo scivolo di metallo e i tre tubi dipinti di rosso dentro i quali si nascondono i bambini , un triste « parco giochi » da periferia . « Certo che lo conosco » dice una panettiera che ha il negozio sull ' angolo « da piccolo veniva insieme al fratello a comperare le brioches prima di andare a scuola . Gentili , educati , stavano sempre assieme . Due brioches da cento lire , i soldi li teneva Renato . Poi , diventati grandi , non li ho più visti nel mio negozio . Ma se l ' incontravo , Renato o Roberto mi salutavano sempre . » Al 162 di viale Porpora un citofono con una lista di cognomi , Vallanzasca è il terzo . La madre di Renato abita al primo piano , due stanze e un locale dove fino all ' anno scorso lei e suo marito tenevano gli scatoloni di maglieria per il negozietto proprio sotto casa . Adesso il negozio è stato rilevato da una signora che continua nello stesso commercio . « Gente perbene , io ho rilevato soltanto i muri , da tempo in questo negozio non entrava più nessuno per via di tutto il chiasso che s ' era fatto attorno a Renato . Di lui non abbiamo mai parlato , la donna mi diceva ogni tanto che era costretta a vendere per le grane che le davano i figli . Prima stava dietro il banco per tutto il giorno , il marito scendeva ogni tanto per aiutarla . Qualche volta portava in negozio un bambino piccolo , Massimiliano , il figlio di Renato . Il bambino si metteva a giocare con un pezzo di spago e rimaneva buono buono . Poi anche il bambino e la donna di Renato se ne sono andati . Lei era una bruna , molto bella . Renato , mi dicevano , era innamoratissimo , geloso . » Dunque , come sempre nelle storie di malavita , ecco l ' uomo con due facce , ai vicini non il minimo fastidio , buongiorno e buonasera , premuroso , servizievole , e poi dall ' altra parte il killer con la bomba a mano in tasca , donne , champagne , appartamenti lussuosi , fotomodelle , bische , forse anche un po ' di droga . Due mondi , insomma , lontanissimi uno dall ' altro , quasi che uno dei due non fosse vero , fosse una finzione quasi cinematografica . Una rampa di scale , al pianerottolo del primo piano due porte verniciate di marrone , aria da casa con affitto bloccato , gli inquilini quasi tutti anziani . Il portiere è trincerato nel suo bugigattolo , ringhia che non vuol parlare con nessuno , grida : « Mi avete scocciato , non rompetemi le tasche » . Di prima mattina è arrivata una troupe televisiva con le lampade . La gente s ' è affacciata ai balconi , il portinaio ha inveito , ha mandato via tutti in malo modo . Adesso la moglie gli sta facendo bollire un po ' di caffelatte e cerca di calmarlo . Quelli della televisione , spingendo la porta , hanno fatto cadere un vaso di gerani , di quelli pallidi , abituati alla penombra delle portinerie . Sull ' uscio di casa Vallanzasca non c ' è targhetta , l ' hanno probabilmente tolta per tentare di conservare un ' ultima parvenza di anonimato . Dall ' interno non proviene alcun rumore , il piccolo appartamento sembra disabitato . I Vallanzasca non hanno mai avuto telefono . Dalla porta accanto viene il ronzio di un aspirapolvere . La signora Esterina Rossi , settant ' anni , si affaccia dopo due colpi di campanello . « No , non so se sono in casa , credo di no . Qualche volta mi invitano a prendere il caffè , sono persone a modo , ogni tanto sono venuti anche da me a vedere la televisione , tanto per non star soli . Sì , la televisione ce l ' hanno anche loro , ci mancherebbe altro . Renato e il fratello ? Li ho sempre visti da quando erano bambini , io abito qui da quasi quarant ' anni . Lui è un bel figliolo , sorridente , di quelli che prendono la vita come viene . Roberto è diverso , negli ultimi tempi si era immusonito . Qualche volta suono per avere un uovo , un po ' di olio , o la signora Maria li domanda a me . Eh , certo , adesso qui attorno tutti hanno paura di dire che conoscevano Vallanzasca , non vogliono finire sui giornali . Ma mi sont vegia , cosa volete che ne sappia di bande , di rapine ? Lui mi è sempre sembrato un bravo ragazzo almeno fino a quando ha abitato con la madre e il padre . Poi s ' è messo in un brutto giro . La signora Maria piangeva quando andavo da lei a prendere il caffè , ma non mi ha mai raccontato niente . Diceva : " I figli ci fanno dannare " . Renato , un bel fioeu , ghe piasevan i tosann . Naturale . Ma le ragazze vogliono qualcuno con la grana in tasca , cose risapute . » Sul pianerottolo fa freddo , il pavimento si sta coprendo di mozziconi di sigarette che domani faranno imbestialire il portinaio . Possibile che non ci sia nessuno in casa Vallanzasca ? Non si ode il minimo fruscio . Si scende al bar con bigliardo per sapere qualcosa . Nessuno ha visto i genitori di Renato , ormai tutti sanno la notizia della sua cattura . C ' è un tavolo di vecchi giocatori di scopone , come in un quadro di Ottone Rosai . I giocatori rispondono con qualche borbottio , non vogliono essere disturbati . Il giornalaio di piazza Gobetti si affaccia dietro una catasta di riviste . Maria Vallanzasca non s ' è vista . Scende ogni mattina a prendere il giornale per saper qualcosa del figlio . Oggi non s ' è fatta viva . E non s ' è fatta viva dal lattaio , dal panettiere . Il marito , Osvaldo Pistoia , non ha comperato neppure le Nazionali . Davanti all ' edicola scaricano i pacchi dei quotidiani del pomeriggio con titoli enormi . I pensionati , che cercano un po ' di sole sulle panchine della piazza , si avvicinano per sbirciare . « Non poteva che finir così » dice qualcuno . La signora Esterina ha ripreso a far funzionare l ' aspirapolvere . Allora si sposta la piastrina di metallo che protegge lo spioncino dell ' uscio dei Vallanzasca e dentro si vede , sfumata , una donnetta grigia , quasi un ' ombra indistinta . Sul fondo c ' è un televisore con sopra un vaso di fiori finti . Maria Vallanzasca si muove senza rumore , non ha neppure avuto l ' animo di uscire per comperare i giornali . C ' è come un ' atmosfera di assedio , timore della curiosità della gente , paura delle domande , da anni ormai questa povera donna vive in un incubo , l ' hanno messa in prigione dopo che s ' è incontrata con il figlio a Cagliari , le hanno perquisito la casa infinite volte , c ' era sempre qualche agente in borghese sotto il portone , qualche finto hippy nel bar che fingeva di giocare al flipper . Anche qui , come in molte storie di malavita ci sono due case , il rifugio lussuoso di Renato , divani moderni di nappa , tappeti , il giradischi , il mobile bar con i liquori , e , dall ' altra , il piccolo , povero appartamentino dei genitori , con il ballatoio che dà sul cortile , la corda con i panni tesi ad asciugare , qualche piantina striminzita : anche qui due mondi terribilmente diversi tra loro . Maria Vallanzasca non vuoi aprire . Le infiliamo i giornali sotto il battente , ma ci vuoi del tempo prima che si decida a raccoglierli . Si sente soltanto un passo furtivo , un piccolissimo rumore come di un topo che esca dalla tana . Le abbiamo passato soltanto il primo foglio , gli altri hanno titoli troppo sanguinosi . Si sente solo il fruscio della carta . L ' ombra ripassa davanti allo spicchio di luce dello spioncino . Fra poco sullo schermo della televisione apparirà Renato Vallanzasca in pigiama e stampelle . Renato è strafottente , sicuro di sé , non assomiglia affatto alle fotografie segnaletiche , nessuno , incontrandolo per strada , avrebbe potuto riconoscerlo . Ma in casa Vallanzasca non si accende neppure il televisore , il silenzio è sempre totale , rotto di tanto in tanto da uno scalpiccio guardingo . Il mestiere impone di insistere , si pigia di nuovo il campanello . Allora , attraverso una fessura della porta , esce un biglietto piegato in quattro . C ' è scritto : « Andate via » . Poi dopo qualche minuto la voce del marito : « Andate via , lasciateci soli , abbiamo già tanti dispiaceri ... » . Anche la signora Esterina si affaccia con la scopa in mano e fa : « Povera gente , non insistete . Sono mesi che fanno questa vita » . Nel « parco giochi » di piazza Gobetti corrono i bambini , per i pensionati è venuta l ' ora del bianco , le madri escono per prendere i figli a scuola . Il portinaio del 162 ha tirato le tendine a fiori e adesso sta mangiando i suoi spaghetti . In casa Vallanzasca non si mangia . Non si sente neppur correre l ' acqua , il silenzio è sempre profondissimo , come se il piccolo appartamento di tre stanze fosse abitato da fantasmi . Un ' altra storia di malavita finisce così con tutti i suoi ingredienti da film di violenza , le raffiche di mitra , gli agenti assassinati , i due miliardi bruciati in una vasca da bagno , le fughe , i morti , i poliziotti con il giubbetto antiproiettile . Sono tutte cose che in via Porpora , angolo piazza Gobetti , sembravano impossibili . Eppure sono successe . I giocatori di scopone se ne sono andati , al vincitore della partita interminabile è stato offerto un grappino . Alle sei di sera arriveranno i patiti del bigliardo . La storia di Vallanzasca finisce anche qui , in una periferia parsimoniosa , affaccendata .
Gli Indi boliviani ( Moravia Alberto , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La Paz . La Paz è una città in gran parte india , costruita , però , dai bianchi per i bianchi . In altri termini la divisione sociale a La Paz si raddoppia di una divisione razziale o se si preferisce culturale . La classe dirigente è bianca o meticcia ; il popolo è indio . Questa divisione che riflette la più vasta divisione del paese ( quattro milioni di abitanti di cui soltanto quattrocentomila bianchi e meticci ) è l ' eredità più vistosa del colonialismo spagnolo . La Paz è una bellissima e strana città costruita in una specie di crepaccio dell ' altipiano . Monti scoscesi ed erosi simili alle pareti interne di un cratere circondano e si innalzano da ogni parte intorno la città . La parte bassa dell ' angusta vallata è occupata dalla città bianca ; sui fianchi dei monti si arrampicano invece i quartieri popolari , cioè indi , composti di case di fango seccato . Gli Indi , naturalmente , si vedono dappertutto , gli uomini coi ponci infilati nel collo e drappeggiati davanti e dietro come ferraioli ; le donne con la bombetta nera o marrone , la gonnella succinta e sospesa su una crinolina , lo scialle intorno le spalle che il più delle volte avvolge un bambino portato a cavalcioni sulle reni . Dire che gli Indi sono attraenti sarebbe deformare la verità . Mentre esiste certamente una bellezza africana , non esiste una bellezza india . E colpisce , nel confronto con gli africani ( il paragone è inevitabile , se non altro per la somiglianza delle situazioni economiche e sociali ) l ' eleganza dei vestiti dei primi rispetto alla goffaggine dei costumi " nazionali " dei secondi . Con gli Indi si ha continuamente l ' impressione del " già visto " , corretto però , in maniera ambigua e il più delle volte non troppo estetica , da modificazioni che si è tentati di attribuire al clima e all ' isolamento . Si pensa , vedendoli , subito , a dei mongoli ; poi , in un secondo momento si notano differenze curiose che , però , non riescono a scacciare l ' idea dell ' origine asiatica : un colore bruno che tira al rosso ; una lunghezza insolita del volto che congiunta alla larghezza mongolica fa sì che le facce risultino sproporzionatamente grandi : una specie di caduta dei tratti l ' uno sull ' altro , la fronte sul naso , il naso sulla bocca e la bocca sul mento . Invincibilmente , non si può fare a meno di pensare ad un ' emigrazione asiatica preistorica abbastanza numerosa da permettere gli insediamenti americani ; ma troppo scarsa per fomentare sviluppi decisivi , somatici e altri . Bruciati dal sole e dal vento degli altipiani , senza rapporti con altri popoli , si direbbe che gli Indi siano rimasti a metà strada , non più mongoli , non ancora americani . Così che , a ben guardare , il termine " indio " coniato per sbaglio dagli spagnoli , si rivela , nella sua ambiguità , assai espressivo della ambiguità fisica delle popolazioni indigene dell ' America . Per osservare gli Indi bisogna recarsi al mercato , su su , nella parte alta di La Paz . Nelle straducce che portano al mercato , le donne stanno accovacciate sui marciapiedi , le une contro le altre , come galline infreddolite e torpide . Davanti a loro , sui lastroni , è esposta la merce : minimi mucchietti di peperoncini , pochi sacchetti di foglie verdi di coca , qualche frittella fatta in casa . Guardano a questa misera roba con indifferenza , come se non gli appartenesse . Più su , tra le bancarelle del mercato , l ' atmosfera è in apparenza quella dei mercati di tutto il mondo : compratori che circolano lentamente guardando ed esaminando ; venditori che se ne stanno immobili dietro i banchi . Ma ad un esame più attento , ci si rende conto che in quella folla mancano l ' allegria , la confusione e anche la promiscuità e la sporcizia proprie dei mercati . Il mercato boliviano è grave , poco rumoroso , pulito e senza contatti e spintoni . Certo , si potrebbe attribuire questo carattere al temperamento poco vivace della gente di montagna . Ma forse la ragione è più profonda . Forse , in maniera inconscia , fra venditori e compratori c ' è una tacita intesa per non dare importanza al mercato in quanto occasione sociale , luogo di comunicazione e di incontro . In altri termini , bisognerebbe ravvisare nella riserva e compostezza degli Indi un aspetto tra i tanti del " rifiuto sociale " che in tutta l ' America Latina gli indigeni hanno opposto , fin dai tempi della conquista , al sistema colonialista . Questo rifiuto sociale degli Indi , cioè rifiuto di comunicare , di partecipare , di integrarsi , è una delle cose che colpisce di più in Bolivia . Certo per gli Indi , come per gli africani , è difficile passare da un ' economia autarchica e di mera sussistenza al produttivismo e al consumismo del mondo moderno . Ma al contrario degli africani che mostrano un vivo e manifesto desiderio di partecipare alla civiltà industriale , gli Indi oppongono a questa stessa civiltà una resistenza passiva fatta di cocciuta fedeltà alla tradizione e di assoluta mancanza di ambizione . Negli Indi si avverte se non proprio ostilità , cattiva volontà ; non tanto forse per diffidenza verso la novità quanto per nostalgia inconscia e rancorosa di un passato defunto e migliore . Insomma , mentre dietro l ' africano si sente un ' antica simbiosi con la natura rispetto alla quale neppure la schiavitù può considerarsi una soluzione di continuità , nell ' indio invece si intuisce il trauma di una civiltà originale bruscamente e spietatamente distrutta . La sensazione di un ripiegamento , di un rifiuto , di una rinunzia non soltanto imposta ma anche voluta , è del resto confermata dall ' archeologia . A cento chilometri da La Paz , le rovine stupende del tempio di Tiahuanaco con le loro muraglie fatte di enormi blocchi incastrati a secco fanno guardare con stupore alle figure goffe degli Indi , mascherati secondo il rozzo folklore dell ' oppressione europea . Si stenta a credere che quei contadini in costume appartengano allo stesso popolo che ha costruito il tempio . E vien fatto di pensare che nessun gruppo umano può impunemente retrocedere ad uno stato primitivo , dopo aver creato una civiltà . Esso apparirà non già tornato alla natura ma regredito , umiliato , decaduto . La civiltà , a quanto pare , è un ' esperienza incancellabile . Naturalmente i responsabili della situazione odierna degli Indi , cioè gli spagnoli , sono oggi acutamente consapevoli del problema costituito da questa massa inerte e frustrata di cittadini di secondo grado che oltre tutto incide per l ' ottanta per cento sulla popolazione della Bolivia . Si distinguono diverse maniere di affrontare il problema indio . Prima di tutto i colonialisti tradizionali . Per loro l ' indio refrattario all ' educazione , privo di ambizioni consumistiche e sociali , attaccato alle sue tradizioni , dedito alla coca e all ' alcool , sarebbe irrecuperabile . Non c ' è bisogno di molto acume , tuttavia , per capire che i colonialisti trasformano in caratteri razziali gli effetti della catastrofe storica dell ' indio . In secondo luogo vengono coloro che basandosi su una certa letteratura di rivalutazione degli Indi , il cui massimo rappresentante è stato D.H. Lawrence , si sono costruiti il mito di una civiltà india di gran lunga superiore a quella occidentale in quanto tuttora attaccata ai valori del sangue e della terra . D.H. Lawrence si era servito di queste idee per polemizzare con la civiltà industriale dell ' Occidente . Ma in Bolivia , paese agrario , simili teorie sembrano nient ' altro che l ' altra faccia del colonialismo con il quale , infatti , condividono , sia pure per motivi diversi , la convinzione che l ' indio sta bene come sta e che di conseguenza niente va cambiato . Infine i socialisti di vario genere , sia i gruppi socialnazionalisti oggi al potere sia i castristi all ' opposizione , considerano l ' indio come il risultato di un processo storico di degenerazione dovuta a quattro secoli di spietato e imprevidente sfruttamento . I rimedi proposti dai socialisti variano secondo che pongono l ' accento piuttosto sul dato culturale e nazionale o sull ' economico . Ma tutti sono d ' accordo in fondo nel considerare l ' integrazione dell ' indio nella vita sociale , economica e culturale del paese come il problema massimo della Bolivia . Abbiamo visto gli Indi in due occasioni , l ' una , diciamo così , privata , l ' altra pubblica . La prima è stata durante una gita al lago Titicaca , l ' immenso lago sacro alla cultura india , ai confini col Perù . In un villaggio sulla strada , in un grande spazio terroso , in pendio , limitato , in fondo , da un muro bianco sul quale a grandi lettere nere si leggeva scritto : " Cristo unica esperanza " , aveva luogo un ballonzolo rusticano . Un gruppo di suonatori girava di qua e di là saltellando e intonando certe ariette discordi e agre con pifferi di canne , bidoni di benzina e tamburelli . Gli Indi gravi , goffi , malsicuri e rozzi entravano nella danza tenendosi per mano , in una lunga fila che pian piano si trasformava in una specie di pesante e orsino girotondo . Veniva fatto di ricordare il quadro celebre della festa contadina di Breughel , ma senza allegria , senza prosperità , senza slancio , in un ' aria triste , frustrata e misera anche se certamente autentica . L ' occasione pubblica è stata durante uno spettacolo di balli folcloristici al palazzo del governo , davanti al miglior pubblico della capitale e il più ufficiale . In prima fila sedevano tutti i ministri e il presidente della repubblica Ovando . Danzatori indi di diverse tribù , nei costumi tradizionali , hanno eseguito danze tradizionali assai pittoresche , al suono dei soliti striduli pifferi e dei soliti cupi tamburi . Finito lo spettacolo il presidente si è alzato e i danzatori , uno per uno , sono sfilati e hanno stretto la mano al presidente ricevendone in cambio una specie di fraterno abbraccio . C ' era un ' aria strana come di riconciliazione difficile e comunque non del tutto sincera tra due gruppi nemici . Si avvertiva l ' impaccio di una distanza sociale e culturale che permaneva nonostante la buona volontà di ambedue le parti . La Bolivia non è un paese unitario ma dualistico . E per molto tempo ancora sarà difficile che cambi .
L'altipiano dei fallimenti ( Moravia Alberto , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La Paz . Da La Paz al lago Titicaca si va in macchina in meno di due ore . Si corre per una pista di pietrisco attraverso la steppa che ha un colore uniforme fra il marrone e il bruno , con striature gialle e grigie : il colore dei cespugli bassi e spinosi che riescono a resistere ai venti , al freddo , all ' aridità , alla rarefazione dell ' aria dell ' altipiano . Poiché è la stagione delle piogge , un ' immobile nuvolaglia nera pende a mezz ' aria , simile ad una catena di montagne capovolte , con la base in su e le punte in giù , lasciando sereno l ' azzurro scuro e gelato degli orizzonti . L ' altipiano non è così piatto come sembra : ogni tanto file di colline pietrose e sgretolate si sollevano di poco sulla steppa . Valichiamo una di queste collinette ed ecco , sotto di noi , allargarsi la distesa diafana del lago Titicaca . Ha un ' estensione di novemila chilometri quadrati ; ma le numerose isole e promontori che ne emergono e l ' aspetto paludoso , incerto , informe delle rive lo fanno parere un ' immensa pozzanghera sparsa di pietre , che si stia prosciugando al sole . Quest ' impressione è esatta , del resto . Il lago sta morendo ; perde per assorbimento del terreno e per evaporazione più acqua di quanto ne riceva . Eppure il lago Titicaca così informe , così deserto , così privo di tracce umane , è stato il centro di una delle due sole culture originali ( l ' altra è quella del Messico ) dell ' America precolombiana . Al lago Titicaca sono collegati i miti delle origini del mondo secondo la religione india ; e gli inizi della dinastia imperiale degli Incas . In una delle sue trentasei isole , chiamata , per il culto a cui era votata , l ' Isola del Sole , è apparso per la prima volta , secondo il mito , Viracocha , creatore dell ' uomo , della donna , degli animali , del cielo e della terra . In quella stessa isola sono nati í figli del Sole , Manco Capac e sua sorella nonché coniuge alla maniera faraonica Mama Ocllo , capostipiti della dinastia che in linea diretta , attraverso quindici monarchi , arriva fino ad Atahualpa , l ' ultimo imperatore , ucciso a tradimento da Francisco Pizarro . Di queste leggende e di questi eventi il lago Titicaca , naturalmente , non conserva nulla . La memoria atavica degli indi e le ricerche archeologiche degli europei qui si scontrano con il vuoto assoluto e maestoso di una natura forse originariamente abitata dalla storia ma che la storia ha abbandonato per sempre . Poco lontano dal lago Titicaca , in un immenso anfiteatro naturale formato da basse colline nude ed erose , si trovano le rovine del santuario di Tiahuanaco , il centro religioso più importante della civiltà india prima degli Incas . A Tiahuanaco si esasperano i caratteri dell ' altipiano : solitudine , luminosità , vastità , vuoto , silenzio . Il tempio affondato per metà sottoterra , ha muraglie costruite con enormi blocchi di pietra grigia incastrati a secco con grande ingegnosità e perfezione . La celebre Porta del Sole , con la sua divinità dalla testa felina e la stele chiamata dagli Spagnoli el fraile ( il frate ) , in realtà un dio anch ' esso , in forma umana , con caratteri tipici indi ( busto lungo , gambe corte , testone , facciona ) sono le parti del tempio in cui , oltre alle capacità tecniche ed architettoniche , si rivela il talento propriamente artistico degli indi . È ammirevole , attraente , bella quest ' arte ? Diremmo piuttosto che è strana e che ispira un curioso senso di malessere , diciamo così , estetico . Paragonata ai prodotti artistici dei veri primitivi ( arte negra , polinesiana , greca arcaica ecc. ecc . ) rivela una stilizzazione , una cifra per niente ingenue , di tipo tardo e decadente che dà un ' impressione sgradevole come di frutto per metà acerbo e per metà già putrefatto . Che c ' è in fondo a quest ' impressione ? Il senso di una civiltà isolata , senza possibilità di prestiti , di confronti , di apporti , che arriva alla decadenza direttamente dalla primitività senza passare per la fase della maturità . Quel non so che di crudele e di tetro che emana da quest ' arte sembra alludere al destino proprio delle cose predestinate al fallimento in quanto fin dagli inizi avviate per la strada sbagliata . L ' individuo può correggere i propri errori attraverso una presa di coscienza ; ma le nazioni , le società , le collettività , poiché non vivono a livello morale ma storico , non si accorgono di sbagliare e in realtà non " possono " sbagliare . Possono soltanto fallire , ossia avere una storia breve , una storia catastrofica , una storia in forma di vicolo cieco . Nell ' erba , presso la muraglia del santuario , giacciono alla rinfusa molti blocchi di pietra . Si pensa che siano caduti giù per opera del tempo o delle devastazioni degli spagnoli . Ma non è così . Il santuario di Tiahuanaco , a quanto sembra , è stato abbandonato prima di essere finito . Quei blocchi semi - lavorati erano già interrati nell ' erba prima della conquista . Chissà , forse gli indi si erano accorti di aver " sbagliato " ; di essere stati traditi dai propri dei ; ossia di aver creato una civiltà predestinata al fallimento . Sull ' altipiano , però , non sono stati soltanto gli indi a fallire ; ma anche i loro oppressori , gli spagnoli . La croce cristiana è graffita sulla spalla del / rade ; e dietro la collina spunta la cupola di una chiesa fabbricata , a quanto ci dicono , con materiale portato via dal santuario del Sole ; ma il fallimento spagnolo è visibile dappertutto nell ' abbandono in cui giacciono gli antichi palazzi viceregali , le monumentali chiese barocche , e ancor più nella miseria , nell ' ignoranza , nell ' arretratezza della popolazione india , dopo quattro secoli di cultura europea . Dalla chiesa , adesso , giungono suoni agri e discordi di musiche , tonfi cupi di tamburo , scoppi secchi di petardi . È la fiesta india , rozzamente e poveramente folcloristica la quale , tra la morte del santuario pagano e lo squallore della chiesa cristiana , dà il senso acuto e straziante del fallimento congiunto delle due culture . La civiltà india originaria ( chiamata collas dal nome della tribù più importante ) era di tipo comunitario , libera e democratica . Ma all ' arrivo degli spagnoli , questa civiltà già da quattro secoli è stata trasformata dagli Incas in impero schiavistico . D ' altra parte , gli spagnoli conquistano l ' America in piena fase controriformistica , quando tutto ciò che c ' è di vivo e di nuovo in Europa si trova schierato contro la Spagna . Così la conquista si potrebbe definire la fusione di due fallimenti , quello indio e quello spagnolo , l ' innesto mostruoso della decadenza europea sul tronco della decadenza india . Ma qual è il motivo profondo del momentaneo successo di questa operazione teratologica ? Come mai un centinaio di avventurieri si sono impadroniti di un impero di dieci milioni di indi ? Forse l ' evoluzione singolare dell ' istituzione della mita può fornire , in maniera simbolica , la chiave del mistero . Originariamente , ai tempi della civiltà comunitaria preincaica , la mita era un servizio pubblico al quale le comunità indie si assoggettavano volontariamente e gratuitamente . Si trattava di coltivare le terre della comunità , di irrigarle , di imbrigliare í corsi d ' acqua , di mantenere i sentieri ecc. ecc. La mita era insomma un lavoro collettivo in cui si manifestava l ' alto grado di senso " associativo " degli indi . Poi con l ' impero degli Incas , la libera organizzazione comunitaria , si trasforma in struttura rigidamente centralizzata e statale ossia , in sostanza , in servitù della gleba inquadrata e diretta da una burocrazia di tipo religioso . Si trattava , però , di una servitù della gleba di un genere particolare , non tanto basata sullo sfruttamento a scopo di lucro , quanto sulle necessità reali di un ' agricoltura estensiva che dipendeva in gran parte dai vasti e complessi sistemi di irrigazione . Il passaggio dalla servitù della gleba degli Incas alla franca e orrenda schiavitù mineraria imposta dagli spagnoli , sembra dovuto alla forza . In realtà , è reso possibile dal senso sociale degli indi , che già a suo tempo aveva consentito la trasformazione dell ' economia comunitaria in economia statale . Intendiamoci : il senso sociale non è un difetto ma una qualità . Sempre , però , che non distrugga l ' istinto individuale , come sembra essere avvenuto nella civiltà india . La mancanza di individualismo fa sì che la mita da servizio pubblico libero e spontaneo si trasformi con gli Incas e poi con gli spagnoli in corvée . Gli indi erano soprattutto e soltanto " sociali " ossia docili , sottomessi alle leggi , disciplinati e ligi . Gli Incas si sono serviti di questa socialità per avviare gli indi allo statalismo teocratico ; gli spagnoli per farne degli schiavi . In un secolo la popolazione india cade da dieci milioni ad un solo milione . La mita diventa una condanna a morte . Tanto è vero che quando un indio veniva reclutato per la mita mineraria , i compagni gli facevano i funerali in anticipo . Il mitayo era sinonimo di indio morto . All ' atrofia del sentimento di individualità degli indi fa riscontro l ' ipertrofia dell ' individualismo degli spagnoli . I conquistadores sono avventurieri intrepidi ma senza neppure l ' ombra di quel cristianesimo di cui tuttavia alzano il vessillo . Spietati , fedifraghi , sanguinari , insaziabili , dicono di rappresentare la società spagnola ; ma in realtà rappresentano soltanto se stessi , anche perché la società spagnola individualista e feudale , è stata lei a farli così come sono . Anche a giudicarli col metro morale molto particolare del Rinascimento , difficilmente possono essere giustificati e tanto meno assolti . Sterminano gli indi , si sterminano tra di loro ; e questo pur sempre per motivi di potere e di bottino . È vero che la Corona di Spagna e la Chiesa cercano di proteggere le disgraziate popolazioni indigene ; ma sono lontane mentre i feudatari sono presenti sul luogo . Il fallimento spagnolo è già in germe in questo individualismo efferato e imprevidente . Come , d ' altra parte , il fallimento indio era già in germe nell ' eccessivo senso comunitario , nella mancanza di spirito individuale degli indi .
L'Africa ha il suo Marx ( Moravia Alberto , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Libreville . Un nuovo Machiavelli , oggi , certo abbandonerebbe la figura del Principe , nutrito di letture umanistiche , da Tito Livio a Plutarco e a Tacito e disegnerebbe invece quella del rivoluzionario moderno , assurto o no al potere . Questo rivoluzionario , naturalmente , sarebbe anche lui un uomo di cultura ; ma la sua cultura non sarebbe più quella dell ' umanesimo rinascimentale bensì una mescolanza di ideologia e di scienza . Come Marx , come Lenin , come Trotzki , come Stalin , come Mao , il rivoluzionario moderno sarebbe , oltre che un uomo politico portatore di una determinata ideologia , un cultore di quelle scienze che si occupano del fatto sociale . Frantz Fanon , il medico martinicano creatore del " fanonismo " ossia della sintesi più potente , più complessa e più vasta elaborata finora da tutti i motivi della rivoluzione anticolonialista nel Terzo Mondo , non costituisce un ' eccezione alla regola che oggi vuole l ' uomo politico anche uomo di scienza . Frantz Fanon era , infatti , un sociologo acuto e lucido , oltre che un uomo d ' azione e un poeta della palingenesi del Terzo Mondo . Ma quello che rende Fanon diverso dagli altri rivoluzionari e probabilmente unico nel suo genere , è il fatto che fosse anche uno psichiatra . Quanto a dire che egli si interessava attivamente non soltanto all ' uomo come animale politico e sociale ma anche alla persona umana vista nella sua inconfondibile e singolare interiorità . Immaginiamo un Marx che non solo ci descriva , nei suoi effetti sociali ed economici , il lavoro infantile nelle fabbriche inglesi del suo tempo ma anche esamini i riflessi di questo lavoro nell ' animo di una particolare bambina o di un particolare ragazzo ; e avremo il senso preciso della situazione centrale rispetto alla cultura moderna di Frantz Fanon ideologo della lotta anticolonialista e della " negritudine " , personaggio di primo piano della rivoluzione africana , medico psichiatrico , scrittore ormai classico . La sua originalità , come sempre avviene , va soprattutto ravvisata nella sua capacità di conciliare senza sopprimerle le contraddizioni estreme . Frantz Fanon è fautore a oltranza del nazionalismo come l ' arma più efficace contro il colonialismo e il mezzo migliore per creare o recuperare le culture nazionali ; ma al tempo stesso sembra rendersi conto che il nazionalismo europeo è stato il padre del colonialismo e del razzismo e che , invece di creare o recuperare le culture nazionali , il nazionalismo , strumentalizzandole , ne arresta lo sviluppo e ne uccide i germi più fecondi . È sostenitore del ricorso alla violenza sistematica e spietata nella lotta contro il colonialismo ; ma al tempo stesso , ne I dannati della Terra , nel capitolo " Guerra coloniale e disturbi mentali " studia con lucidità e delicatezza gli effetti distruttivi di questa stessa violenza nell ' intimità dell ' animo umano ( a proposito , cosa avrebbe detto Fanon dei killers di Fiumicino che si sono dichiarati " fieri " di aver bruciato vivi trenta innocenti , lui che , tra i casi clinici della guerra totale in Algeria , include quello dei due ragazzi arabi , assassini alienati e automatici di un loro amichetto francese ? Avrebbe riscontrato in quella " fierezza " un tratto psicopatico oppure l ' avrebbe approvata ? ) . Infine egli odia le cosiddette borghesie nazionali africane ( " la fase borghese nei paesi sottosviluppati è una fase inutile " ) ; ma al tempo stesso si palesa estimatore della borghesia europea anche se colonialista e imperialista ( " questa borghesia dinamica , colta , laica è riuscita pienamente nella sua impresa di accumulazione del capitale e ha dato alla nazione un minimo di prosperità " ) . Frantz Fanon è morto nel 1961 . L ' Algeria , alla cui rivoluzione ha partecipato in qualità di militante , la maggior parte delle colonie africane alla cui liberazione ha contribuito potentemente con la sua opera scritta , sono Stati indipendenti . Ora , cosa direbbe Frantz Fanon oggi del Terzo Mondo e in particolare dell ' Africa nera come si è venuta assestando a livello politico negli ultimi anni ? Nell ' opera di Frantz Fanon , vorrei distinguere due parti . La prima è quella in cui Fanon definisce la situazione del negro nel mondo creato dai bianchi e , conseguentemente , incita gli africani alla violenza per distruggere il colonialismo razzista . La seconda , che chiamerei testamentaria e profetica , è quella in cui Fanon critica le nuove società africane e i loro sistemi politici e suggerisce i modi , " per l ' Europa , per noi stessi e per l ' umanità " coi quali sarà possibile " rinnovarsi , sviluppare un pensiero nuovo , tentare di metter su un uomo nuovo " . La prima parte contiene una requisitoria folgorante contro il colonialismo e il razzismo e va considerata fondamentale per tutto quanto riguarda il Terzo Mondo : ma occorre dirlo , essa ormai " data " senza per questo perdere il suo valore ideologico e letterario , come è proprio in genere dei classici , appunto perché ha determinato in maniera irreversibile e definitiva la presa di coscienza da parte degli africani e degli europei nei riguardi del colonialismo . Il quale , è vero , è ancora attivo in Africa , ma appare , ormai , anche per merito di Fanon , del tutto anacronistico e svuotato di contenuto . La seconda parte , quella che ho chiamato testamentaria e profetica , è e sarà invece per lungo tempo di attualità non soltanto nel Terzo Mondo . È chiaro infatti che quando Fanon , nella conclusione dei Dannati della Terra , dice : " Cerchiamo di inventare l ' uomo totale che l ' Europa è stata incapace di far trionfare " egli si rivolge indistintamente a tutti gli uomini . Ma accanto a questa attualità , diciamo così , universale , ce n ' è un ' altra che riguarda direttamente e unicamente la nuova Africa . Vediamo adesso perché e in che modo . Come ho già accennato , Frantz Fanon è prima di tutto , per le esigenze della lotta anticolonialista , un nazionalista convinto . Ma egli non crede alla possibilità e tanto meno alla necessità di una borghesia nazionale in Africa . Logicamente , quindi , Fanon finisce per orientarsi verso il socialismo cioè verso quella democrazia " dal basso » che si esprima nell ' istituzione del partito unico , depositario dell ' ideologia " progressista " ( per distinguerlo , come si vedrà , dal partito unico " reazionario " ) . Il pluripartitismo di specie parlamentare è , infatti , inconcepibile senza una borghesia forte e colta e abbiamo già visto che per Fanon questa borghesia in Africa non è né possibile né desiderabile . Non c ' è dubbio , insomma , che se Fanon non fosse morto nel 1961 , avrebbe accolto , pochi anni dopo , molte delle istanze sociali e politiche della contestazione . Adesso guardiamo all ' Africa , oggi . Il fenomeno politico che colpisce a prima vista è il trionfo del partito unico e del suo indispensabile complemento , quello cioè che Fanon chiama il leader . Quasi dappertutto , insomma , il pluripartitismo parlamentare , con le sue appendici indispensabili di libertà individuali e di diritti dell ' uomo , è stato annullato da rivoluzioni , colpi di Stato militari e no , dissoluzioni delle opposizioni . Forse nessuno è più idoneo , oggi , a spiegarci i motivi , diciamo così , " interni " di questa crisi del pluripartitismo in Africa , di un uomo come Kenneth Kaunda , attuale presidente dello Zambia . Questo paese per dieci anni dopo l ' indipendenza è stato governato da Kaunda col sistema pluripartitico . L ' anno scorso , Kaunda ha proclamato lo Zambia paese a partito unico . In una intervista a " Newsweek " , alla domanda di come sono andate le elezioni basate per la prima volta sul partito unico , Kaunda risponde con una certa quale ingenuità : " Sono state le elezioni più tranquille che abbiamo mai avuto in questo paese . In passato , tutte le volte che scioglievo il parlamento , letteralmente mi aspettavo la morte di molti dei miei concittadini . La burocrazia , l ' esercito , la polizia , tutte le istituzioni della nazione erano spaccate dalle linee politiche dei partiti . D ' altronde questi partiti erano a loro volta basati sulle tribù e così , qualsiasi cosa si facesse , portava alla divisione . " A questo quadro desolante degli effetti del pluripartitismo , il giornalista americano fa seguire la logica domanda : " Ma il partito unico può realmente essere democratico ? " . Al che Kaunda risponde : " In Occidente , quando si parla di partito unico , i più pensano immediatamente a tirannie , repressioni , dittature ... Io non accetto questo punto di vista . Noi abbiamo tentato il pluripartitismo qui nello Zambia . Sinceramente , abbiamo cercato di farlo funzionare . Ma ci siamo trovati sommersi dai risentimenti tribali , religiosi , razziali e così via . Questo sistema qui non funziona ; avrebbe distrutto la nazione ... allora alla fine abbiamo deciso di creare un sistema nuovo " . Non c ' è molto da aggiungere a queste parole così illuminanti sulla crisi del pluripartitismo e sul passaggio alla " democrazia " del partito unico . Naturalmente il carattere politico e sociale di questi partiti unici varia grandemente . Una prima suddivisione sarebbe quella tra partiti unici legati alle borghesie nazionali e partiti unici socialisti dalle varie sfumature , dal " socialismo africano " al marxismo di stretta osservanza . Una seconda , quella tra leaders militari e leaders civili . Una terza potrebbe essere basata sulle tendenze politiche di questi leaders : vi sono militari che si proclamano socialisti , e civili che si appoggiano alle borghesie nazionali , e viceversa . Ma c ' è un tratto comune che sovrasta a tutte queste differenze ; ed è la personalizzazione del potere o , se si preferisce , il culto della personalità . Quest ' ultima definizione è diventata ormai un luogo comune il cui significato , appunto perché ovvio , quasi sfugge all ' attenzione . Ma in Africa il culto della personalità è proprio il culto della personalità , né più né meno . Nei nuovi Stati africani tutto sembra contribuire al culto della personalità : la dittatura del proletariato come la dittatura militare , il partito unico socialista come il partito unico borghese nazionale , il centralismo urbano e industriale come il decentramento tribale e contadino . Ciò che si vede , nella sua ingenuità e autenticità , ha un valore altrettanto probante di ciò che si potrebbe scoprire con indagine approfondita . Per esempio i perizomi vivaci in cui si avvolgono le donne africane , dovunque e coi più diversi partiti unici , mostrano spesso sul dorso e sul ventre il ritratto in grandezza naturale del leader con il titolo che gli compete ( quasi sempre " presidente " , in alcuni casi " presidente a vita " ) circondato di slogan e motti di propaganda . D ' altra parte , bisognerebbe essere ciechi e sordi per non accorgersi , viaggiando in Africa , dell ' atmosfera di timore reverenziale , di devozione intransigente , di rispetto protocollare che circonda la personalità del leader , nonché dei modi più o meno autoritari del suo predominio . Accanto a questi caratteri che si possono ancora chiamare positivi , ve ne sono altri che difficilmente potrebbero essere considerati tali . Il culto della personalità , come abbiamo visto , si basa sul partito unico , e dunque sulla assenza dei partiti di opposizione . Da questo , all ' intolleranza verso gli oppositori esterni e interni , il passo non è lungo . È un fatto accertato che in alcuni Stati africani retti a partito unico , secondo l ' ultimo rapporto dell ' Amnesty International molti oppositori di varie tendenze politiche si trovano in carcere senz ' altro motivo che il loro dissenso dal leader . L ' imprigionamento degli oppositori dimostra , secondo me , più di qualsiasi acritico fanatismo popolare , il prevalere del culto della personalità . Allo stesso modo che l ' esistenza legale di un ' opposizione è l ' indizio più sicuro di segno contrario . Insomma , il leader africano militare o civile , borghese - nazionale o socialista - si ammanta spesso di un potere che bisogna pur chiamare carismatico . Al carattere sacrale del potere politico contribuisce probabilmente anche la particolare religiosità delle masse . Le religioni , tutte le religioni , sia quelle autoctone e tribali sia quelle a sfondo universalistico , non sembrano spesso avere in Africa limiti sociali e psicologici precisi . Come i grandi fiumi africani che alla stagione delle piogge escono dai loro alvei e inondano immensi territori , la religiosità africana , pur di fronte a novità sconvolgenti come il socialismo e il nazionalismo , non tanto scompare quanto trapassa dalle vecchie alle nuove istituzioni tutte sommergendole nella sua irresistibile onda mitica . Il leader africano prim ' ancora che un militare o un civile , che un borghese nazionale o un socialista , è spesso un padre spirituale , una guida morale , un maestro di saggezza , un capo religioso , un tutore ideologico , un messia politico . I leaders si chiamano " Osagyefo " ( redentore ) e " Mwalimu " ( maestro ) ; parlano di " Ujamaa " ( spirito della famiglia ) e di " Harambee " ( cooperazione ) oppure informano il partito ad " un umanismo cristiano " affinché " il servizio incondizionato dei nostri compagni sia la più pura forma del servizio di Dio " . Sugli autobus in gran parte dell ' Africa nera , al di sopra della scritta che ne indica il percorso , si leggono frasi edificanti di questo genere : " Dio è la mia guida " ; " L ' onestà è il migliore sistema " ; " Con Dio mi sento sicuro " ; " Onora tuo padre e tua madre " , ecc. ecc. L ' idea soggiacente al potere carismatico sembra essere che la società è tutta una grande famiglia affettuosa in cui si viene istruiti , educati , assistiti , guidati e , alla fine , premiati o puniti . Naturalmente tutto questo non impedisce al potere di essere il potere , alla politica di essere la politica , alle classi di essere le classi . Si tratta , insomma , soprattutto di una questione di linguaggio connessa a sua volta con la civiltà contadina che è propria di tutto il Terzo Mondo ma che in Africa ha caratteri originali diversi dall ' Asia e dall ' America Latina . D ' altra parte bisogna avvertire che il carisma non impedisce affatto una consapevolezza del tutto realistica dei limiti e dei lati negativi sia del leader che del sistema a partito unico . Ma la personalizzazione del potere sembra essere alla fine la condizione essenziale affinché il carisma si verifichi .
IL PAESE E LA PALUDE ( VERTONE SAVERIO , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Può darsi che il rinvio a giudizio di Berlusconi rafforzi in Parlamento la convergenza verso Dini ormai in atto presso alcune schegge della destra e della sinistra . Ma è sicuro che nel Paese questa convergenza verso la palude centrale genera una divergenza eguale e contraria , e cioè divarica le posizioni . D ' altronde il Parlamento sembra aver dimenticato assai più degli elettori il voto del 18 aprile , che ha sicuramente condannato il centrismo pur senza scegliere fra destra e sinistra . Da allora il dilemma della politica italiana è " avanti o indietro " sulla strada della trasformazione , assai più che " di qua o di là " rispetto ai punti cardinali della tradizione . Purtroppo questo trapasso risulta illeggibile se si seguono soltanto le intenzioni e il destino degli eletti . Infatti : Berlusconi non si accorge che una stessa ondata porta lui al successo del 27 marzo e Andreotti all ' umiliazione di un processo ; mentre la stampa sembra ignorare che il medesimo sommovimento consente a Berlusconi di insediarsi a Palazzo Chigi e a Mani pulite di rinviarlo a giudizio . E , anche prima : Segni non capisce che il plebiscito sul maggioritario , da lui così appassionatamente voluto , è destinato a travolgere il bastione centrista sul quale si arrocca ; Occhetto non vede nell ' esplosione di Tangentopoli la premessa di un ' alternativa radicale al sistema dei partiti anziché una semplice alternanza della sinistra al Caf ; Buttiglione provoca la crisi di dicembre per strappare a Forza Italia la direzione del Polo , ma perde per strada il suo esercito ; D ' Alema entra alla cieca nel ribaltone e constata , alla fine , di aver lavorato per Dini ; e Dini rinuncia andreottianamente a governare per stare al governo , trascurando la perdita dello strumento ( l ' erario ) con il quale Andreotti aveva tacitato le innumerevoli clientele in cui era stata scomposta la cittadinanza . A intenzioni così imprecise non possono che corrispondere destini incompiuti : Berlusconi azzoppato , Prodi abbandonato , Dini sospeso a una presidenza fondata su un Parlamento screditato e sprofondato nello Stige ; la transizione ferma , il vortice bloccato . Da tre anni gli eletti interpretano balbettando le spinte che vengono dagli elettori senza riuscire a comporre un ' offerta politica che corrisponda alla domanda civile . Ed è ormai inutile ribadire l ' equazione che mette sullo stesso piano governanti e governati , perché nel movimento a tentoni dei primi si esprime un istinto di conservazione collettivo che nei secondi si sminuzza nel respiro corto della sopravvivenza propria , personale o di parte . Certo , l ' elettorato non ha soluzioni , ma sente sia pure confusamente i problemi . Ha capito che i favori accordati nel presente dal centrismo precludono il futuro ; che la crisi delle città , dei servizi , dell ' ordine pubblico , della legalità e dello Stato è una conseguenza della paralisi amministrativa , la quale discende dall ' incapacità di decidere , a sua volta dovuta all ' impossibilità di scegliere tra opzioni chiare e responsabili . Insomma , il pubblico sa che il labirinto delle clientele , delle mediazioni e degli interessi corporativi ha prodotto una situazione paradossale in cui la crescita economica è contraddetta dal regresso civile ; e sa che è ormai impossibile conservare il benessere se continua il regresso . Per questo ha scelto plebiscitariamente il maggioritario e cioè il rifiuto dell ' imbuto centrale nel quale spariscono , si sovrappongono o si neutralizzano le scelte e si accampa la dissoluzione inarrestabile dello Stato e dei princì pi stessi della convivenza . Invece , almeno fino a oggi , Parlamento e governi hanno offerto soluzioni che scavalcano i problemi , o li ignorano , e sembrano orientati adesso a rifugiarsi nel gorgo della Prima Repubblica , dal quale li ha fatti uscire il sommovimento elettorale . La superiorità degli elettori sugli eletti è tutta in questo divario . Per il resto non bisogna dimenticare che è in crisi una democrazia fondata sul consenso , e che il consenso coinvolge , anche quando è comprato e venduto . In un Paese deragliato , forse non restava che la ramazza del Codice per farla tornare in sé . Ma non esiste un Codice che preveda l ' incriminazione , la punizione e il riscatto di una società intera , anche se accanto alla centralità del Parlamento si è istituita una anomala centralità della Magistratura . In ogni caso il nostro linguaggio politico è troppo abituato ad attribuire centri geometrici a figure sociali che non hanno circonferenza . Per il momento l ' Italia resta come pizzicata nella chiusura lampo della legge , che si apre e si chiude tra garanzie costituzionali e avvisi di garanzia . E questa sensazione di impotenza prelude a una rabbia cupa e insaziabile . Cupa perché afflitta da un oscuro senso di colpa . Insaziabile perché la rabbia non sfama , se non al modo di Filippo Argenti , che " in sé medesmo si volgea co ' denti " . Il mondo assiste incredulo all ' annaspare di un Paese che per liberarsi di un esiziale sistema politico non sa e non può fare altro che incriminare , dal primo all ' ultimo , i suoi rappresentanti vecchi e nuovi , tornando però indietro alla vecchia ammucchiata centrista che ha prodotto la corruzione . La Magistratura applica le leggi e dunque arresta i timonieri . E la nave entra nella mareggiata europea con la plancia di comando vuota e le sentine piene dei suoi ex capitani . Un Paese economicamente importante come l ' Italia non può restare a lungo politicamente inconsistente senza diventare un pericolo per sé e per gli altri , perché nel divario tra la ricchezza dell ' economia e la povertà della politica si insinuano fatalmente appetiti e timori molteplici , e dunque rischi di lacerazioni sempre più gravi . Per ridurre questo scompenso è però necessario eliminarne un altro : quello tra la domanda civile del popolo e l ' offerta politica del Parlamento . La crisi italiana è illeggibile se si seguono solo le intenzioni degli eletti e le soluzioni che ci offrono . Ma è leggibilissima se si guarda agli elettori e alla lunga marcia che hanno intrapreso per uscire dal labirinto in cui il corso impazzito della politica li ha chiusi insieme ai problemi del Paese . Nella grande confusione resta un punto fermo che non si può ribaltare : il 18 aprile .