StampaQuotidiana ,
Non
mi
è
facile
scrivere
di
Carlo
Levi
,
avendolo
avuto
caro
come
un
fratello
.
La
sua
persona
è
per
me
strettamente
legata
a
eventi
,
persone
e
anni
della
mia
giovinezza
.
La
sera
che
ho
saputo
che
stava
male
,
e
moriva
,
ho
radunato
insieme
,
dentro
di
me
,
tanti
ricordi
sparsi
.
Non
credo
di
riuscire
a
parlare
distesamente
di
lui
come
pittore
,
né
come
scrittore
,
né
come
uomo
politico
.
Posso
unicamente
allineare
ricordi
.
Negli
ultimi
anni
,
lo
vedevo
di
rado
.
Quando
lo
incontravo
,
mi
sembrava
di
incontrare
una
folla
di
esseri
amati
e
perduti
.
Questo
,
e
la
grande
serenità
che
spirava
dalla
sua
persona
,
mi
facevano
sentire
,
ogni
volta
che
lo
incontravo
,
commossa
e
felice
.
In
verità
non
so
perché
non
cercassi
di
vederlo
di
più
.
Noi
abbiamo
,
con
la
nostra
giovinezza
e
con
le
persone
che
la
abitavano
,
rapporti
complicati
,
tortuosi
e
pesanti
.
I
nostri
movimenti
ne
sono
spesso
impediti
.
Pure
quando
incontravo
Carlo
Levi
,
sentivo
dissolversi
ogni
tortuosità
e
complicazione
e
il
suo
viso
grande
e
roseo
mi
rallegrava
.
Negli
era
una
persona
con
la
quale
i
rapporti
erano
diretti
e
leggeri
.
I
primi
ricordi
che
ho
di
lui
,
risalgono
al
tempo
della
mia
adolescenza
,
a
Torino
,
sua
e
mia
città
.
Nera
più
vecchio
di
me
di
quattordici
anni
.
Quattordici
anni
mi
sembravano
allora
moltissimi
.
Apparteneva
al
mondo
degli
adulti
,
mondo
nel
quale
io
anelavo
di
entrare
con
una
ansia
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
dello
snobismo
,
come
si
anela
di
raggiungere
una
più
alta
e
nobile
sfera
sociale
.
Nero
però
timida
,
e
questa
ansia
restava
nascosta
.
Egli
mi
intimidiva
,
così
che
in
sua
presenza
trovano
difficile
sillabare
parola
.
Non
so
come
,
gli
era
capitato
fra
le
mani
un
mio
quaderno
di
poesie
,
e
ogni
volta
che
mi
vedeva
citava
un
pezzetto
di
una
mia
poesia
sul
mattino
,
che
io
avevo
scritto
a
dieci
anni
:
«
Ogni
fronte
si
copre
di
sudore
I
ogni
cuore
si
riempie
d
'
amore
I
lavoratori
,
il
ciel
vi
benedica
!
»
Questi
versi
io
li
trovano
orribili
,
e
mi
sembrava
di
averne
scritti
,
in
seguito
,
di
migliori
.
Ma
a
lui
il
verso
dei
lavoratori
dava
grande
allegria
.
Lo
ripeteva
guardandosi
intorno
con
il
suo
solare
sorriso
.
Non
era
molto
alto
ma
era
grande
,
riempiva
lo
spazio
con
la
sua
persona
così
che
intorno
a
lui
tutti
sembravano
striminziti
.
Sembrava
colorato
,
e
grigi
gli
altri
.
Aveva
un
viso
grande
,
largo
,
roseo
,
circondato
da
una
corona
di
riccioli
.
Aveva
un
cappotto
chiaro
,
quasi
bianco
,
largo
e
corto
,
sempre
sbottonato
e
di
una
lana
moscia
e
pelosa
.
Aveva
giacche
di
velluto
a
coste
che
allora
nessuno
portava
,
bottoni
dorati
e
istoriati
,
cravatte
arabescate
,
mosce
e
con
un
largo
nodo
.
Era
amico
dei
miei
fratelli
.
Aveva
studiato
medicina
,
e
quando
qualcuno
era
malato
,
dava
consigli
medici
,
che
in
casa
mia
dicevano
molto
acuti
.
Ma
aveva
lasciato
la
medicina
.
Era
un
pittore
.
Io
pensavo
«
un
grande
pittore
»
,
forse
perché
mi
sembrava
che
in
lui
nulla
potesse
esservi
di
mediocre
o
piccolo
,
e
non
mi
sono
mai
chiesta
,
in
verità
nemmeno
in
seguito
,
quale
fosse
la
reale
importanza
della
sua
pittura
.
A
me
sembrava
che
nei
quadri
degli
altri
,
a
lui
contemporanei
,
vi
fosse
squallore
e
grigio
,
e
nei
suoi
quadri
,
un
festoso
tumulto
di
colore
.
I
paesaggi
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembravano
bellissimi
:
perché
frustati
dal
vento
.
Era
un
vento
senza
né
polvere
né
bufera
,
un
vento
che
spazzava
e
scompigliava
la
natura
per
accartocciarla
e
illimpidirla
.
Anche
le
figure
umane
erano
frustate
dal
medesimo
vento
forte
e
tumultuoso
,
che
soffiava
nelle
giacche
e
nelle
cravatte
e
nei
capelli
e
li
tingeva
di
rosa
,
di
viola
e
di
verde
,
non
per
offenderli
o
mortificarli
o
renderli
grotteschi
ma
per
festeggiarne
la
prepotenza
,
la
complessità
e
la
gloria
.
Orecchie
e
riccioli
,
così
accartocciati
diventavano
conchiglie
.
Il
mondo
,
nei
suoi
quadri
,
mi
sembrava
spesso
simile
a
una
spiaggia
immensa
,
dove
regnava
una
luce
bianca
e
dove
tutto
era
nuvole
,
vento
e
conchiglie
.
Queste
non
sono
altro
che
delle
rozze
impressioni
infantili
.
Egli
era
l
'
unico
pittore
che
mi
fosse
mai
accaduto
di
conoscere
bene
di
persona
e
mi
capitò
anche
di
vederlo
dipingere
con
il
sigaro
fra
le
labbra
,
gli
occhi
socchiusi
,
un
piede
sollevato
sulla
punta
,
i
gesti
lentissimi
,
pigri
e
leggeri
.
Il
suo
studio
,
in
piazza
Vittorio
,
all
'
ultimo
piano
,
con
le
finestre
che
guardavano
sulla
piazza
,
e
la
sua
casa
di
via
Bezzecca
,
con
il
giardino
e
alcune
piante
di
nespolo
,
mi
sembravano
tra
i
luoghi
più
allegri
che
esistessero
al
mondo
.
Scopersi
che
si
occupava
di
politica
e
che
anzi
era
,
fra
le
persone
che
io
frequentavo
quotidianamente
,
un
'
autorità
politica
,
un
capo
.
Mi
sembrò
stupendo
che
egli
fosse
,
insieme
,
un
capo
della
politica
clandestina
e
un
grande
pittore
.
Venne
arrestato
,
in
quegli
anni
,
due
volte
,
una
volta
nel
'34
,
una
volta
nel
'35
.
Quando
fu
arrestato
,
quei
luoghi
allegri
e
chiari
che
erano
il
suo
studio
e
la
sua
casa
mi
sembrarono
affondare
nelle
tenebre
.
Quando
fu
arrestato
nel
'35
,
mandò
dal
carcere
,
a
una
amica
,
un
foglietto
con
dei
versi
che
egli
aveva
scritto
in
carcere
,
e
che
io
ho
sempre
ricordato
e
che
mi
accade
ancora
oggi
,
ogni
tanto
,
di
canticchiare
.
L
'
amica
gli
aveva
spedito
lettere
con
nome
falsi
,
e
poi
,
da
Londra
,
una
cartolina
con
una
riproduzione
di
Monet
,
firmata
con
il
vero
nome
.
I
versi
dicevano
:
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
i
ma
perché
i
nomi
doppi
I
lasciasti
nel
Tamigi
I
e
son
finiti
i
troppi
I
giorni
senza
di
te
»
.
A
me
questi
versi
sembravano
molto
belli
,
e
mi
sembrava
inoltre
molto
bello
che
egli
riuscisse
a
scrivere
,
in
carcere
,
delle
piccole
strofe
liete
,
mentre
tutti
noi
,
da
fuori
,
vedevamo
il
carcere
drammaticamente
.
Le
parole
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
»
mi
sembravano
spinte
da
un
impeto
libero
e
lieto
,
e
restarono
nella
mia
memoria
indissolubili
dalla
sua
persona
,
così
com
'
erano
indissolubili
dalla
sua
persona
la
luce
e
il
vento
dei
suoi
quadri
,
e
nel
pensarlo
mentre
era
in
carcere
mi
sembrava
che
tutta
la
sua
persona
fosse
spinta
dal
vento
e
dall
'
aria
e
scompigliata
come
erano
scompigliate
nei
suoi
quadri
le
fluttuanti
chiome
degli
alberi
e
le
acque
dei
fiumi
.
Quando
lo
rividi
dopo
molti
anni
che
non
lo
vedevo
,
a
Firenze
,
dopo
la
liberazione
,
non
sentivo
più
fra
lui
e
me
una
grande
distanza
,
sia
perché
ero
cresciuta
di
anni
sia
perché
,
ero
stata
colpita
da
sventure
.
Inoltre
lui
stesso
mi
sembrava
disceso
da
quelle
altezze
e
profondità
in
cui
l
'
avevo
sempre
scorto
.
Mi
accorsi
allora
,
in
quei
giorni
a
Firenze
,
che
egli
in
passato
sembrava
dimorare
o
su
vette
di
montagne
,
o
negli
abissi
marini
.
Era
stato
lontano
e
diverso
dalla
gente
che
camminava
per
strada
.
Adesso
,
sembrava
mescolarsi
alla
gente
.
Al
suo
desiderio
di
stravaganza
,
era
venuto
ad
accoppiarsi
un
desiderio
di
rassomigliare
a
tutti
.
/
Non
avrei
dovuto
stupirmene
,
dito
che
le
sventure
e
la
guerra
avevano
operato
trasformazioni
in
ognuno
.
Non
so
se
ne
fui
stupita
ma
lo
notai
.
Aveva
un
cappotto
color
tabacco
dal
bavero
liso
e
logoro
,
una
cravatta
logora
e
una
magrezza
nel
viso
e
nel
collo
che
mi
faceva
pensare
a
mio
padre
.
Egli
ora
mi
sembrava
umile
.
In
passato
,
c
'
era
l
'
abitudine
,
fra
gli
amici
,
di
ridere
di
lui
e
canzonarlo
per
la
sua
trionfante
sicurezza
di
sé
,
per
la
sua
vanità
.
Era
,
e
rimase
sempre
,
placidamente
sicuro
,
placidamente
fiero
e
con
una
alta
e
magnifica
idea
di
se
stesso
.
A
Firenze
,
in
quei
giorni
,
scopersi
che
nella
sua
vanità
poteva
esistere
anche
l
'
umiltà
.
Scopersi
che
egli
era
uno
di
quei
rari
esseri
in
cui
la
vanità
non
era
un
difetto
ma
una
qualità
.
La
vanità
era
,
nella
sua
persona
,
un
sentimento
generoso
e
limpido
,
frutto
di
gentilezza
,
di
bontà
e
di
gioia
.
Come
la
luce
del
sole
,
la
sua
vanità
risplendeva
e
prodigava
a
lui
stesso
e
agli
altri
un
'
eguale
,
calda
e
chiara
luce
.
Nella
vanità
,
è
presente
di
solito
il
disprezzo
per
gli
altri
e
l
'
invidia
.
Ma
in
lui
non
c
'
era
una
sola
stilla
d
'
invidia
,
né
una
sola
stilla
di
disprezzo
per
anima
vivente
.
Nera
,
a
Firenze
,
direttore
della
«
Nazione
»
.
Pubblicava
,
sulla
«
Nazione
»
,
delle
sue
vignette
accompagnate
da
rime
.
Una
di
queste
vignette
rappresentava
i
ponti
distrutti
,
e
sotto
c
'
era
una
strofetta
che
diceva
:
«
Ministro
Ivanoè
I
giudice
Coppedè
I
ricostruiremo
i
ponti
I
col
gusto
dei
geronti
»
.
Nera
stato
al
confino
in
Lucania
,
e
aveva
scritto
,
mi
disse
,
un
libro
su
quegli
anni
di
confino
,
che
pensava
di
pubblicare
.
Penso
di
essere
stata
fra
le
prime
persone
che
hanno
letto
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
Mi
sembrò
bellissimo
.
Anche
lui
lo
trovava
bellissimo
.
A
Roma
,
qualche
mese
dopo
,
Einaudi
mandò
quel
manoscritto
in
tipografia
,
e
poiché
ora
io
lavoravo
in
quella
casa
editrice
,
corressi
le
bozze
.
Le
tipografie
romane
erano
scadenti
e
quelle
bozze
erano
,
disse
Carlo
,
«
grigie
e
pelose
»
.
Disse
che
quel
suo
libro
avrebbe
avuto
una
risonanza
immensa
,
che
ne
sarebbero
state
vendute
migliaia
e
migliaia
di
copie
,
e
che
sarebbe
stato
tradotto
in
tutti
i
paesi
del
mondo
.
Io
non
gli
credetti
.
Invece
tutto
questo
avvenne
.
Ho
riletto
,
in
tempi
recenti
,
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
.
E
un
grande
libro
.
Avevo
avuto
la
sensazione
,
leggendolo
la
prima
volta
,
che
lui
scrivendo
non
raccontasse
,
ma
invece
dipingesse
e
cantasse
.
Questa
sensazione
era
,
io
credo
,
giusta
,
ed
è
miracoloso
come
queste
pagine
tutte
cantate
e
dipinte
formino
una
realtà
storica
,
umana
e
civile
che
nessuno
aveva
mai
scoperto
.
Il
prodigio
di
Cristo
si
è
fermato
a
Eboli
è
di
aver
congiunto
insieme
l
'
arte
e
l
'
impegno
civile
,
l
'
ozio
fantastico
e
lo
studio
della
realtà
,
e
l
'
Italia
del
Nord
e
del
Sud
in
una
visione
armoniosa
,
dove
appare
remota
ogni
ombra
di
superiorità
o
alterigia
di
cultura
e
dove
hanno
eguale
spazio
l
'
immota
contemplazione
e
l
'
impeto
rivoluzionario
.
Regna
ovunque
nel
libro
una
luce
bianca
,
e
non
sappiamo
se
questa
bianca
luce
provenga
dalle
mura
delle
case
divorate
dal
sole
o
se
provenga
dalla
chiarezza
dell
'
intelligenza
che
le
ha
contemplate
.
La
verità
,
umanità
e
grandezza
di
Cristo
vanno
oltre
le
sensazioni
di
meraviglia
che
suscitò
quando
fu
stampato
,
meraviglia
che
nasceva
dal
fatto
che
nulla
di
simile
era
stato
scritto
mai
.
La
sua
verità
e
grandezza
sono
oggi
intatte
,
anche
se
quella
visione
armoniosa
è
oggi
lontana
dal
nostro
mondo
,
affaticato
e
rotto
da
infinite
delusioni
e
incapace
di
chiarezze
.
Carlo
Levi
fu
,
per
sua
natura
,
una
persona
in
cui
l
'
armonia
era
indistruttibile
e
indispensabile
,
come
è
indistruttibile
e
indispensabile
per
il
sole
la
propria
stessa
luce
.
Il
mondo
deve
essergli
apparso
,
negli
ultimi
anni
,
disarmonico
e
faticoso
,
ma
egli
lo
amava
ugualmente
e
certo
lo
perdonava
,
per
sua
generosità
e
bontà
e
umiltà
,
così
come
forse
perdonava
agli
amici
indifferenze
e
tradimenti
,
passando
oltre
non
rapido
ma
lentissimo
essendo
egli
incapace
di
atti
ruvidi
,
rapidi
e
brutali
.
«
Quant
'
aria
questi
pioppi
I
mi
portan
snelli
e
grigi
!
I
non
per
i
toni
zoppi
I
del
flebile
Monet
...
»
Questi
suoi
versi
antichi
,
quante
volte
li
ho
canticchiati
dentro
di
me
.
Non
gliel
'
ho
mai
detto
.
Non
gli
ho
mai
detto
che
li
conoscevo
.
Lui
probabilmente
non
si
ricordava
di
averli
scritti
,
a
Torino
,
in
carcere
,
quarant
'
anni
fa
.
L
'
estate
scorsa
mi
telefonò
e
cenammo
insieme
in
una
trattoria
del
centro
.
Non
lo
vedevo
da
tempo
.
Non
lo
trovavo
invecchiato
,
se
non
per
i
capelli
ora
tutti
bianchi
,
leggeri
come
piume
,
e
per
una
magrezza
rosea
nel
viso
e
nel
collo
,
che
di
nuovo
mi
ricordò
mio
padre
.
Avevo
sempre
pensato
che
c
'
era
in
lui
una
vaga
rassomiglianza
con
i
miei
,
forse
perché
gli
ebrei
hanno
spesso
delle
rassomiglianze
,
e
sua
madre
aveva
avuto
i
capelli
rossi
e
c
'
erano
capelli
rossi
anche
nella
mia
famiglia
,
e
lentiggini
,
e
questo
mi
sembrava
stabilisse
fra
noi
e
lui
una
sorta
di
cuginanza
.
Non
eravamo
parenti
,
benché
io
abbia
,
di
nascita
,
il
suo
stesso
cognome
.
Fu
quella
l
'
ultima
volta
che
io
lo
vidi
.
Come
sempre
quando
m
'
incontrava
,
citò
il
mio
verso
«
Lavoratori
»
,
con
un
sorriso
solare
,
e
un
largo
gesto
di
benedizione
.
Lasciammo
la
trattoria
,
e
lo
vidi
ancora
una
volta
camminare
nella
notte
romana
,
come
tanti
anni
fa
,
al
tempo
di
Cristo
,
con
il
suo
passo
ozioso
,
randagio
e
leggero
.
Credo
che
allora
di
nuovo
,
come
nei
giorni
della
liberazione
a
Firenze
,
pensai
alla
sua
grande
umiltà
.
Nel
ricordarlo
,
è
molto
bello
ricordare
insieme
la
sua
umiltà
e
la
sua
sicurezza
trionfante
.
E
bello
ricordare
insieme
il
suo
immenso
ozio
e
il
suo
impegno
civile
,
la
sua
placida
felicità
e
la
sua
solidarietà
con
ogni
umana
sventura
,
le
contraddizioni
che
vivevano
in
armonia
nel
suo
temperamento
,
il
tempo
sconfinato
che
avevano
le
sue
giornate
,
il
suo
cappotto
sempre
sbottonato
,
il
sigaro
,
il
passo
leggero
.
StampaQuotidiana ,
Non
muovo
alcun
rimprovero
a
Lorenzo
Mondo
,
per
aver
pubblicato
quelle
note
di
Pavese
,
qualche
giorno
fa
.
Ha
aspettato
quarant
'
anni
prima
di
pubblicarle
;
infine
ha
pensato
che
si
trattava
d
'
un
documento
e
i
documenti
è
giusto
farli
conoscere
;
e
difatti
è
giusto
.
Se
fossi
stata
io
a
trovarle
,
non
le
avrei
pubblicate
;
ma
il
mio
rapporto
con
Pavese
era
di
stretta
amicizia
;
avrei
troppo
temuto
le
reazioni
che
potevano
suscitare
e
forse
le
avrei
distrutte
;
non
lo
so
.
Comunque
Lorenzo
Mondo
lo
capisco
e
non
posso
dargli
torto
.
Le
ha
accompagnate
con
un
commento
sommesso
e
discreto
.
Mi
addolora
però
profondamente
la
gran
polvere
,
il
clamore
che
ne
è
seguito
.
Pavese
,
per
quelle
note
,
è
stato
chiamato
fascista
,
filonazista
.
La
sua
figura
pubblica
è
stata
colpita
a
sassate
da
ogni
parte
.
Qualcuno
l
'
ha
difeso
.
Ma
il
clamore
e
la
polvere
hanno
coperto
ogni
argomentazione
pacata
e
sensata
.
I
morti
che
ci
sono
cari
,
noi
vorremmo
che
fossero
rispettati
.
Rispettarli
significa
astenersi
dal
sottoporli
a
un
processo
inquisitorio
.
Risparmiare
alla
loro
immagine
le
deduzioni
malevole
,
giudizi
affrettati
e
recisi
,
il
chiasso
futile
e
malevolo
dei
giornali
.
Ma
esiste
nel
nostro
tempo
uno
strano
e
insano
piacere
nell
'
infierire
contro
la
memoria
dei
morti
.
Nel
fare
strame
della
loro
vita
privata
e
pubblica
,
e
della
loro
opera
,
quando
un
opera
loro
ci
sia
rimasta
.
Ne
successo
a
Hemingway
,
a
Montale
,
a
Felice
Balbo
,
a
tanti
altri
in
varia
forma
e
varia
misura
.
Succede
oggi
a
Pavese
.
Prima
viene
fatta
di
loro
una
sorta
di
statua
,
mirabile
e
immobile
,
poi
la
statua
viene
presa
a
sassate
.
I
morti
,
nel
nostro
tempo
,
bisogna
che
si
aspettino
o
le
genuflessioni
che
vengono
tributate
ai
marmi
sacri
,
o
la
dimenticanza
,
o
le
sassate
.
Non
è
il
nostro
un
tempo
dove
i
morti
possano
convivere
felicemente
coi
vivi
.
Per
quanto
riguarda
Montale
,
non
c
'
è
dubbio
che
ha
agito
male
quando
ha
firmato
con
il
proprio
nome
le
pagine
scritte
da
un
altro
,
ma
è
ben
meschina
,
gretta
e
polverosa
la
furia
che
si
è
scatenata
su
questo
episodio
.
Su
Felice
Balbo
,
anni
fa
,
è
stato
costruito
un
castello
di
accuse
oscure
totalmente
inventate
,
ordite
chissà
a
quale
scopo
da
qualche
mente
perversa
.
Era
una
fra
le
persone
più
limpide
che
ci
siano
mai
state
.
Su
Pavese
,
non
è
stato
inventato
nulla
,
quelle
note
esistono
,
scritte
dalla
sua
mano
.
Ma
la
vita
d
'
un
uomo
è
vasta
,
ed
è
fatta
di
istanti
dei
quali
non
sappiamo
nulla
,
di
atti
nobili
e
meno
nobili
,
di
pensieri
scritti
in
qualche
lettera
o
in
qualche
quaderno
,
poi
contraddetti
da
nuovi
pensieri
o
dal
comportamento
nel
corso
degli
anni
.
Ne
fatta
di
colpe
,
di
rimorsi
,
di
sacrifici
e
azioni
generose
che
a
tutti
resteranno
per
sempre
ignoti
.
Che
senso
ha
processare
un
essere
umano
che
fino
a
ieri
appariva
senza
colpa
,
da
parte
di
chi
non
l
'
ha
mai
conosciuto
e
l
'
ha
conosciuto
poco
e
male
,
o
di
chi
è
nato
molto
dopo
la
sua
morte
?
E
soprattutto
perché
tanto
insano
piacere
nel
fare
strage
della
sua
memoria
,
deturpare
la
sua
immagine
e
renderla
del
tutto
irriconoscibile
a
quanti
l
'
hanno
amata
?
Nessi
ne
conservano
i
veri
connotati
stampati
negli
occhi
,
e
tuttavia
si
sentono
persi
,
come
se
quei
connotati
non
fossero
mai
stati
veri
.
Pavese
è
morto
quarant
'
anni
fa
.
Quelli
che
l
'
hanno
conosciuto
nell
'
intimo
sono
ormai
pochi
:
una
misera
minoranza
.
Pochi
ormai
sono
in
grado
di
evocarne
la
fisionomia
vera
,
i
gesti
,
i
passi
,
la
voce
.
Una
persona
umana
è
fatta
anche
di
questo
:
non
soltanto
delle
pagine
che
ha
scritto
o
delle
idee
che
aveva
.
La
cosa
onesta
che
si
deve
fare
nei
riguardi
d
'
un
morto
,
se
era
uno
scrittore
,
è
leggere
le
sue
opere
,
scrutarne
il
significato
e
prediligerne
le
migliori
;
quelle
che
ci
sembrano
le
migliori
.
Di
uno
scrittore
che
è
morto
,
è
importante
il
meglio
;
il
peggio
va
accantonato
in
disparte
.
E
tuttavia
anche
il
peggio
deve
essere
conosciuto
,
indagato
e
studiato
:
ma
in
disparte
.
Ne
in
qualche
modo
è
lo
stesso
per
ogni
persona
umana
:
non
si
capisce
bene
perché
,
ma
dopo
che
è
morta
,
il
meglio
che
aveva
lo
vediamo
salire
in
superficie
,
e
il
peggio
calare
nel
buio
:
ed
è
il
meglio
che
vogliamo
ricordare
di
più
.
Quelle
note
di
Pavese
che
sono
state
pubblicate
ora
mi
hanno
turbato
,
non
voglio
negarlo
.
So
bene
che
pensava
e
scriveva
a
volte
delle
assurdità
.
La
sua
straordinaria
intelligenza
non
glielo
impediva
.
Di
politica
non
capiva
niente
,
e
quelle
note
sono
per
la
massima
parte
politiche
.
Non
le
ha
stracciate
:
non
stracciava
mai
niente
.
Mi
ha
ferito
soprattutto
,
in
quelle
note
,
quanto
lui
scriveva
sulla
Germania
di
Hitler
.
Le
atrocità
dei
tedeschi
,
dice
,
non
sono
diverse
dalle
atrocità
compiute
nella
Rivoluzione
francese
.
Scriveva
così
nel
'42
,
mentre
gli
ebrei
morivano
a
milioni
nei
campi
di
sterminio
,
nel
modo
che
sappiamo
.
Allora
,
sui
campi
di
sterminio
,
non
sapevamo
tutta
la
verità
,
ma
si
sapeva
pure
che
quanto
stava
succedendo
agli
ebrei
in
Germania
era
qualcosa
di
intollerabile
per
il
nostro
pensiero
.
Sul
fascismo
,
su
Mussolini
,
sulla
guerra
,
dice
delle
frasi
grottesche
.
Fanno
un
'
immensa
rabbia
,
ma
chi
l
'
ha
conosciuto
,
Pavese
,
ricorda
che
era
bastian
contrario
.
L
'
Italia
stava
perdendo
la
guerra
,
nel
'42
,
e
lui
parla
di
vittoria
.
Il
fascismo
,
non
c
'
era
ormai
più
nessuno
in
Italia
che
non
ne
auspicasse
la
fine
,
e
lui
si
domanda
se
non
era
forse
una
cosa
buona
.
Non
le
ha
incluse
nel
suo
diario
,
quelle
note
,
ma
non
le
ha
stracciate
.
Avrà
forse
pensato
che
potevano
essergli
di
qualche
utilità
per
ricostruire
se
stesso
,
in
un
certo
periodo
,
per
osservare
un
giorno
i
percorsi
capricciosi
del
proprio
pensiero
?
per
conservare
il
peggio
di
se
stesso
?
Ma
le
frasi
sulla
Germania
di
Hitler
,
chi
gli
ha
voluto
bene
le
ripensa
con
vivo
turbamento
.
Tuttavia
chi
gli
ha
voluto
bene
non
gli
toglie
certo
una
sola
stilla
d
'
affetto
.
Mi
trovo
d
'
accordo
con
quanto
ha
detto
di
lui
Luisa
Sturani
:
era
come
un
ragazzo
:
la
sera
s
'
addormentava
con
un
'
idea
e
la
mattina
dopo
si
svegliava
con
l
'
idea
opposta
.
Così
succede
ai
ragazzi
.
Usava
scrivere
tutto
quello
che
gli
passava
per
la
testa
.
Che
sia
stato
fino
all
'
ultimo
un
adolescente
,
è
sicuro
.
Ha
portato
avanti
la
propria
esistenza
in
maniera
assurda
,
con
un
carico
di
ossessioni
e
di
fissazioni
che
non
è
mai
riuscito
a
buttare
via
;
e
,
come
fanno
gli
adolescenti
,
ubbidiva
a
discipline
e
privazioni
insensate
e
severe
,
che
si
era
imposto
da
sé
.
E
riuscito
a
rifiutarsi
ostinatamente
tutto
quello
che
desiderava
,
per
una
dolorosa
difficoltà
a
vivere
ma
anche
per
qualche
severa
ingiunzione
mentale
:
desiderava
avere
una
moglie
,
una
casa
:
e
non
le
ebbe
mai
.
Da
giovane
,
diceva
che
si
sarebbe
scelto
per
moglie
una
ragazza
opaca
,
insignificante
,
docile
,
che
occupasse
nella
sua
vita
pochissimo
spazio
:
«
Una
donna
che
,
pregata
,
volesse
dar
mano
alla
casa
»
.
Sono
versi
di
Lavorare
stanca
.
In
seguito
,
questo
sogno
lo
cancellò
.
Cadeva
sempre
con
delle
donne
che
lo
rendevano
infelice
:
donne
forti
,
autoritarie
,
sfuggenti
,
nervose
,
radiose
e
tigresche
:
amando
in
verità
il
dolore
e
le
bufere
che
scatenavano
nella
sua
anima
.
E
tuttavia
l
'
antica
moglie
opaca
ogni
tanto
ricompariva
nella
sua
immaginazione
.
Le
donne
erano
al
centro
dei
suoi
pensieri
:
un
mondo
a
cui
non
gli
riusciva
di
accostarsi
senza
febbre
,
dolore
e
strazio
.
Chiamarlo
fascista
è
una
follia
pura
.
Chi
l
'
ha
conosciuto
vivo
,
chi
è
in
grado
di
evocarne
la
figura
,
i
gesti
,
il
comportamento
,
il
senso
stesso
della
sua
esistenza
,
sa
bene
come
egli
fosse
l
'
esatto
contrario
di
quello
che
il
fascismo
è
stato
.
Tutto
quanto
formava
lo
spirito
del
fascismo
era
assente
dalla
sua
persona
.
Lui
era
un
uomo
schivo
,
scontroso
,
amante
del
silenzio
e
dell
'
ombra
.
Il
fascismo
era
violento
e
declamatorio
,
vociante
nelle
piazze
e
nelle
strade
.
Lui
era
solitario
e
taciturno
;
e
incapace
di
fare
offesa
alla
piuma
d
'
un
passero
.
Nel
giudicarlo
,
chi
legge
quelle
sue
note
e
si
sdegna
per
le
storture
del
suo
pensiero
,
o
chi
lo
condanna
per
non
essersi
lui
battuto
durante
la
Resistenza
e
per
essersi
nascosto
,
non
dovrebbe
dimenticare
che
otto
anni
dopo
,
sette
anni
dopo
si
è
ucciso
:
e
un
suicidio
ha
sempre
infinite
motivazioni
,
fra
le
quali
è
presente
,
sempre
o
quasi
sempre
,
un
senso
di
colpa
,
un
carico
insopportabile
di
rimorsi
,
giusti
o
ingiusti
,
ma
sempre
disperati
.
Perciò
chi
lo
condanna
,
questo
lo
dovrebbe
mettere
in
conto
;
e
certo
ogni
suicidio
va
contemplato
a
sé
;
ma
guardando
al
suicidio
di
Pavese
mi
sembra
debba
cadere
ogni
sdegno
o
collera
,
e
debba
essergli
dato
quel
rispetto
che
è
dovuto
all
'
estrema
disperazione
.
Ai
suoi
amici
,
Pavese
ha
dato
molto
,
e
ha
insegnato
molto
:
ha
insegnato
o
cercato
d
'
insegnare
la
serietà
nel
lavoro
,
il
disinteresse
,
l
'
indifferenza
alla
gloria
.
Ha
insegnato
la
pietà
.
Chi
era
allora
colpito
da
sventure
,
ne
ricorda
la
dedizione
,
la
generosità
,
la
gentile
e
sconfinata
pazienza
.
Ai
suoi
amici
,
ha
anche
insegnato
la
forza
nel
sopportare
il
dolore
;
questa
forza
lui
non
l
'
ha
avuta
,
ma
ne
sapeva
la
necessità
,
ed
essa
era
in
qualche
modo
presente
nelle
pieghe
della
sua
faccia
,
nei
suoi
modi
,
nel
suo
passo
rapido
e
solitario
.
Tuttavia
nessuno
dei
suoi
amici
l
'
ha
mai
considerato
un
maestro
di
vita
o
un
maestro
di
pensiero
:
troppe
volte
pensava
delle
assurdità
;
e
troppo
lo
vedevano
condurre
la
sua
propria
vita
in
un
modo
ostinato
,
sofferente
,
tortuoso
e
maldestro
:
la
sua
grande
intelligenza
,
matura
,
complicata
,
adulta
,
contrastava
con
l
'
immaturità
della
sua
indole
,
con
la
nativa
semplicità
del
suo
essere
;
e
non
gli
ha
dato
mai
alcun
soccorso
nei
rapporti
col
prossimo
,
nei
sentieri
dell
'
esistenza
:
e
anzi
gli
ha
sbarrato
la
strada
.
Ne
è
stato
un
narratore
e
un
poeta
;
così
è
giusto
e
onesto
che
sia
ricordato
;
e
anche
è
stato
uno
degli
uomini
più
appassionati
,
più
umili
e
meno
cinici
che
siano
mai
passati
su
questa
terra
.
StampaQuotidiana ,
L
'
interesse
che
aveva
suscitato
la
discussione
,
su
questo
giornale
,
relativa
ai
problemi
paranormali
,
dopo
le
trasmissioni
televisive
e
il
libro
di
Piero
Angela
,
pare
spegnersi
,
malgrado
l
'
intervento
di
illustri
personalità
come
Jemolo
,
Granone
,
Barone
e
Vacca
.
Essa
sta
esaurendosi
in
seguito
alla
risposta
negativo
-
evasiva
di
Rol
ed
alla
rassegnata
replica
dello
storico
e
giurista
romano
,
e
cioè
di
Temolo
stesso
.
Credo
che
il
lasciar
morire
la
discussione
costituisca
un
errore
sociologico
e
psico
-
sociologico
,
tanto
più
che
,
nel
libro
Angela
,
si
parla
di
un
Comitato
scientifico
per
l
'
esame
dei
problemi
paranormali
.
Sono
dell
'
opinione
che
la
scienza
ufficiale
non
debba
rifiutare
,
sdegnosamente
,
di
occuparsi
dei
fenomeni
paranormali
,
lasciando
,
a
chi
ne
afferma
l
'
esistenza
,
l
'
onere
della
prova
.
In
teoria
ciò
è
più
che
giusto
.
In
pratica
,
se
i
fenomeni
esistessero
,
un
«
sensitivo
»
povero
non
avrebbe
mai
la
possibilità
di
dimostrare
le
proprie
qualità
,
perché
non
potrebbe
istallare
un
laboratorio
con
complessi
strumenti
che
le
provino
.
La
presenza
di
un
prestigiatore
,
infatti
,
può
avallare
l
'
inesistenza
di
trucchi
,
ma
non
può
sancire
la
realtà
,
né
determinare
,
se
possibile
,
la
causa
di
tali
strani
eventi
.
Se
è
perfettamente
inutile
occuparsi
dei
molti
inventori
che
ogni
anno
scoprono
il
moto
perpetuo
,
può
costituire
una
perdita
di
tempo
un
po
'
meno
inutile
il
cercar
di
indagare
su
chi
può
aver
eventualmente
ritenuto
,
in
quella
filogenesi
di
cui
è
frutto
,
alcune
qualità
che
esseri
più
in
basso
di
noi
nella
scala
zoologica
indubbiamente
possiedono
e
noi
abbiamo
presumibilmente
perduto
(
la
percezione
di
ultrasuoni
,
quella
del
magnetismo
terrestre
,
ecc
.
)
.
La
segnalazione
dell
'
importanza
psico
-
sociologica
e
sociologica
di
problemi
del
genere
,
da
un
lato
,
e
l
'
esempio
della
necessità
di
far
luce
,
anche
a
costo
di
distruggere
illusioni
,
dall
'
altro
,
ci
vengono
rispettivamente
dall
'
affluenza
dei
visitatori
all
'
ostensione
della
Sindone
e
dal
Convegno
che
ne
è
seguito
-
con
discussioni
a
livello
nettamente
scientifico
,
salvo
un
paio
di
interventi
soltanto
fideistici
-
e
ancor
più
dalla
coraggiosa
appendice
di
una
indagine
da
condursi
con
i
più
moderni
metodi
d
'
ogni
scienza
per
provare
,
con
procedura
non
difficile
,
l
'
antichità
del
«
lenzuolo
»
e
,
qualora
risulti
possibile
,
la
genesi
delle
macchie
.
I
tre
milioni
di
visitatori
dimostrano
quale
sia
l
'
interesse
per
i
fenomeni
paranormali
,
che
esiste
nella
massa
dell
'
opinione
pubblica
.
La
Sindone
,
infatti
,
costituisce
un
fenomeno
paranormale
anche
per
chi
ne
ammetta
l
'
origine
divina
,
normale
essendo
tutto
ciò
che
può
essere
spiegato
con
le
conoscenze
che
,
in
un
certo
momento
storico
,
la
scienza
possiede
.
Il
normale
è
,
quindi
,
un
concetto
relativo
al
tempo
.
Ad
esempi
,
mezzo
secolo
fa
,
sarebbe
stato
paranormale
il
sentire
e
vedere
a
colori
,
in
Europa
,
una
persona
che
stessa
parlando
nel
Sud
-
America
.
Non
v
'
è
dubbio
che
molte
tra
le
persone
passate
davanti
alla
Sindone
o
compivano
un
atto
di
venerazione
fideistica
,
verso
un
oggetto
in
cui
credevano
,
o
si
impegnavano
nella
lunga
fatica
,
pensando
di
poter
rinforzare
una
fede
vacillante
.
Ma
altri
visitatori
erano
certamente
e
semplicemente
mossi
dalla
curiosità
di
vedere
qualcosa
di
paranormale
,
divino
od
umano
che
fosse
,
per
quel
residuo
di
educazione
magica
esistente
in
ciascuno
di
noi
,
che
ci
porta
a
rifugiarci
in
un
mondo
nel
quale
speriamo
che
forze
ignote
agiscano
in
modo
più
giusto
,
più
umano
,
più
onesto
.
Con
l
'
indagine
scientifica
sulla
Sindone
la
Chiesa
dimostra
molto
coraggio
nel
disilludere
,
eventualmente
,
la
prima
fascia
di
visitatori
e
nel
togliere
un
supporto
alla
fede
dei
dubbiosi
,
se
il
risultato
riuscirà
negativo
.
Ma
compie
un
'
opera
sociologica
altamente
positiva
ed
educativa
nell
'
eliminare
dalla
religione
tutto
ciò
che
di
apparentemente
paranormale
può
esistere
,
ben
distinguendo
tra
la
fede
vera
e
quanto
ha
,
in
sé
,
ancora
di
«
magico
»
,
nel
senso
prettamente
scientifico
di
questa
parola
.
Il
libro
di
Piero
Angela
,
in
un
campo
che
ha
da
fare
con
la
religione
più
di
quanto
si
creda
(
la
parapsicologia
è
,
spesso
,
un
sostituto
della
religione
)
,
ha
grande
importanza
sociologica
perché
può
essere
determinante
per
la
formazione
culturale
di
masse
di
popolazione
molto
più
vaste
di
quel
che
generalmente
si
pensa
.
A
mio
modesto
giudizio
,
perciò
,
occorrerebbe
che
qualcuno
si
muovesse
per
invitare
eventuali
«
sensitivi
»
in
buona
fede
a
mostrare
,
sotto
controllo
scientifico
(
ivi
compreso
il
prestigiatore
)
quali
siano
o
non
siano
i
loro
poteri
paranormali
.
Se
in
un
solo
caso
si
provasse
l
'
esistenza
di
un
sola
forza
che
non
rientrasse
in
quelle
conosciute
,
tutto
il
problema
del
paranormale
sarebbe
risolto
.
E
se
,
invece
,
non
si
riuscisse
a
dimostrarla
mai
,
la
fascia
dei
credenti
sarebbe
molto
disillusa
-
pur
continuando
molti
a
coltivare
la
propria
illusione
-
;
quella
dei
dubbiosi
smetterebbe
i
tentativi
di
ricerca
e
la
grande
massa
di
persone
che
agisce
senza
riflettere
,
facendosi
anche
ingannare
da
eventuali
imbroglioni
,
man
mano
imparerebbe
a
ragionare
con
la
logica
e
non
in
base
a
soli
desideri
ed
a
vane
speranze
.
Perciò
occorre
che
qualcuno
concretamente
si
muova
per
chiarire
una
situazione
che
ha
tanta
importanza
psico
-
sociologica
o
che
qualche
«
sensitivo
»
se
crede
,
in
buona
fede
,
di
possedere
poteri
paranormali
,
li
renda
noti
,
ammettendo
qualsiasi
tipo
di
controllo
sui
fenomeni
che
può
produrre
.
StampaQuotidiana ,
Di
tanto
in
tanto
,
appare
la
notizia
che
,
in
Italia
,
la
popolazione
è
divenuta
stazionaria
e
qualcuno
se
ne
rallegra
,
perché
non
ha
la
più
vaga
idea
di
quante
conseguenze
negative
porti
per
parecchi
decenni
successivi
il
raggiungimento
di
un
equilibrio
del
genere
.
Non
credo
esistano
demografi
e
statistici
italiani
che
non
auspichino
una
sia
pur
lieve
eccedenza
dei
nati
sui
morti
.
Il
saldo
negativo
tra
le
nascite
e
le
morti
era
limitato
nel
1972
a
poche
province
del
Nord
e
a
due
del
Centro
,
mentre
ora
si
sta
allargando
a
macchia
d
'
olio
.
Le
ultime
cifre
ufficiali
-
non
ancora
pubblicate
in
dettaglio
,
provvisorie
,
ma
attendibili
-
per
i
mesi
dal
gennaio
all
'
ottobre
1980
,
indicano
che
,
ormai
,
nell
'
Italia
Settentrionale
,
l
'
eccedenza
dei
morti
sui
nati
è
cronica
e
che
per
i
primi
dieci
mesi
dell
'
anno
è
stata
di
31.611
unità
,
contro
le
13.634
dei
corrispondenti
mesi
del
1979
.
In
Liguria
,
i
morti
sono
il
doppio
dei
nati
;
in
Piemonte
,
si
riscontra
un
supero
di
9927
morti
sui
nati
che
sono
soltanto
33.101
.
In
Toscana
ed
in
Umbria
le
nascite
sono
largamente
inferiori
alle
morti
,
nelle
Marche
sono
lievemente
superiori
,
mentre
,
nel
Lazio
,
si
sente
nettamente
l
'
influsso
del
Meridione
,
con
una
eccedenza
di
12.584
unità
a
favore
delle
nascite
.
L
'
Italia
Meridionale
e
le
Isole
realizzano
un
saldo
attivo
di
118.041
nati
e
l
'
Italia
intera
di
91.197
.
Forse
non
è
male
ricordare
che
,
nel
1972
,
tale
saldo
,
per
l
'
Italia
,
era
di
375.283
unità
.
Poiché
ci
siamo
trasformati
da
Paese
di
emigrazione
in
Paese
di
immigrazione
ed
abbiamo
,
ormai
,
un
saldo
largamente
attivo
di
immigrati
,
la
popolazione
dell
'
Italia
non
corre
,
per
ora
,
un
pericolo
grave
di
diminuzione
:
i1
Nord
non
produce
figli
,
ma
accoglie
gente
che
viene
o
torna
dall
'
estero
;
il
Sud
,
dal
Lazio
in
giù
,
mette
al
mondo
nuovi
nati
e
,
seppur
ormai
raramente
(
nel
febbraio
,
marzo
,
aprile
e
maggio
1980
)
ha
visto
gli
emigrati
per
l
'
estero
superare
gli
immigrati
.
Le
conseguenze
sono
piuttosto
evidenti
.
I
settentrionali
,
non
prolificando
,
fanno
il
possibile
a
che
l
'
Italia
si
meridionalizzi
,
poi
si
lagnano
che
ciò
avvenga
.
Forse
nessuno
ricor
-
da
che
,
attorno
al
1950
,
Torino
aveva
già
raggiunto
il
risultato
di
avere
più
morti
che
nati
e
,
se
non
fossero
immigrati
veneti
e
meridionali
,
essa
sarebbe
oggi
,
la
metà
di
quella
che
è
.
Stiamo
già
ospitando
,
in
Italia
,
più
di
mezzo
milione
di
stranieri
provenienti
dal
Terzo
Mondo
o
da
Paesi
più
poveri
di
noi
.
É
troppo
noto
che
,
tra
pochi
anni
,
il
carico
degli
an
-
ziani
,
dei
vecchi
,
dei
decrepiti
-
i
novantenni
sono
cresciuti
di
sedici
volte
dall
'
inizio
del
secolo
-
sarà
spaventoso
per
le
forze
effettivamente
produttive
:
le
nuove
leve
di
lavoro
,
na
-
te
in
Italia
,
saranno
sempre
più
esigue
e
la
situazione
peggiorerà
di
anno
in
anno
.
La
Francia
e
la
Germania
stanno
prendendo
provvedimenti
di
politica
demografica
per
ovviare
ad
una
situazione
che
è
già
leggermente
peggiore
della
nostra
;
noi
stiamo
a
guardare
.
Anzi
c
'
è
chi
si
compiace
per
le
culle
vuote
.
I
non
demografi
non
sanno
che
la
«
popolazione
stazionaria
»
può
esistere
soltanto
per
un
periodo
brevissimo
,
perché
,
quando
ci
si
mette
sulla
sua
strada
i
morti
tendono
sempre
più
a
crescere
ed
i
nati
sempre
più
a
calare
.
Ed
allora
non
c
'
è
che
l
'
immigrazione
.
Ma
non
tutti
gli
Stati
europei
che
l
'
anno
sperimentata
ne
sono
rimasti
molto
soddisfatti
.
StampaQuotidiana ,
Un
nuovo
importante
passo
è
stato
compiuto
sulla
via
dell
'
integrazione
europea
.
La
regia
dei
colloqui
fra
Pompidou
e
Heath
a
Parigi
è
apparsa
attenta
e
sapiente
:
degna
della
grande
tradizione
francese
.
Un
po
'
di
suspense
nel
corso
degli
incontri
,
nessun
comunicato
ufficiale
,
la
mancanza
degli
stessi
ministri
degli
esteri
al
tête
-
à
-
tête
fra
due
uomini
,
un
capo
di
Stato
e
un
capo
di
governo
,
che
parlavano
malissimo
l
'
uno
la
lingua
dell
'
altro
.
Alla
fine
una
conferenza
stampa
,
abbinata
,
del
presidente
francese
e
del
premier
inglese
:
quasi
a
rinnovare
il
fastoso
scenario
gollista
ma
non
più
sul
piano
dell
'
«
a
solo
»
,
non
più
sullo
sfondo
della
gladiatoria
esibizione
del
generale
,
impegnato
coi
giornalisti
a
comando
a
«
recitare
»
le
risposte
prefabbricate
a
domande
non
meno
prefabbricate
.
Le
dichiarazioni
finali
di
Pompidou
e
di
Heath
rispondono
a
un
ragionevole
ottimismo
,
dimostrano
che
molti
angoli
sono
stati
smussati
,
molti
dei
grossi
problemi
pendenti
fra
le
due
rive
della
Manica
avviati
a
soluzione
.
Soprattutto
è
stato
ottenuto
un
«
disgelo
»
psicologico
di
conseguenze
e
di
proporzioni
non
prevedibili
.
La
rancune
del
periodo
gollista
è
apparsa
superata
;
il
dialogo
è
stato
ripreso
,
e
non
più
soltanto
sul
terreno
delle
differenziazioni
o
contrapposizioni
tecnico
-
economiche
,
agricoltura
,
zuccheri
dei
Caraibi
,
relazioni
monetarie
,
già
affrontate
e
parzialmente
rimosse
nell
'
ultima
sessione
della
comunità
europea
a
Bruxelles
.
Francia
e
Inghilterra
hanno
dimostrato
di
rendersi
conto
delle
nuove
prospettive
mondiali
,
che
vedono
emergere
un
terzo
grande
accanto
alla
Russia
e
all
'
America
,
la
Cina
;
hanno
dimostrato
di
capire
che
solo
la
dimensione
,
prima
economica
e
poi
politica
,
di
un
'
Europa
avviata
ad
un
vincolo
federativo
è
in
grado
di
evitare
la
totale
sommersione
del
vecchio
continente
,
la
sua
trasformazione
in
oggetto
passivo
di
una
storia
che
si
svolga
al
di
fuori
di
ogni
sua
partecipazione
,
degradandola
a
squallido
teatro
di
antiche
grandezze
.
Certo
le
impennate
tedesche
sul
marco
hanno
contribuito
in
modo
determinante
alla
«
svolta
»
di
Parigi
.
C
'
è
in
Francia
un
crescente
sospetto
per
la
politica
di
Bonn
,
e
non
solo
per
la
Ostpolitik
,
che
in
generale
aveva
anticipato
dal
suo
orgoglioso
angolo
visuale
,
forse
anche
per
impedire
che
potesse
passare
nelle
mani
della
Germania
federale
.
Il
vincolo
speciale
,
che
De
Gaulle
aveva
creato
fra
Parigi
e
Bonn
,
non
è
stato
capace
di
sopravvivere
alla
scomparsa
del
generale
.
Il
successore
dell
'
Eliseo
,
interprete
com
'
è
di
un
realismo
francese
pragmatico
e
un
tantino
disincantato
,
simbolo
della
tradizionale
borghesia
d
'
oltralpe
,
ha
ripreso
il
filone
classico
della
Francia
repubblicana
di
Delcassé
,
si
è
riavvicinato
alla
Gran
Bretagna
con
uno
spirito
non
troppo
lontano
dall
'
Entente
cordiale
.
Ma
il
futuro
di
un
'
Europa
integrata
trascende
tali
punti
di
partenza
;
il
peso
della
Germania
federale
è
una
realtà
,
dalla
quale
sarebbe
pericoloso
ed
assurdo
prescindere
.
Si
tratta
di
trovare
lungo
la
strada
gli
equilibri
e
i
contrappesi
necessari
a
realizzare
,
con
l
'
unione
economica
,
quella
politica
del
continente
.
Pompidou
non
si
è
nascosto
le
difficoltà
che
ancora
si
frappongono
al
raggiungimento
di
tale
obiettivo
,
gli
ostacoli
da
superare
.
Quanto
a
Heath
,
tornando
a
Londra
,
non
troverà
una
situazione
di
tutto
riposo
.
Il
quadro
del
Parlamento
britannico
non
è
dei
più
rassicuranti
.
Un
'
ala
non
secondaria
dei
deputati
conservatori
,
che
detengono
una
maggioranza
tutt
'
altro
che
schiacciante
alla
Camera
dei
Comuni
,
è
tiepida
o
addirittura
ostile
all
'
Europa
:
quasi
due
terzi
dell
'
opposizione
laborista
inclina
al
vecchio
e
tenace
isolazionismo
britannico
.
Ci
vorrà
una
intesa
diretta
fra
il
capo
dell
'
esecutivo
e
il
capo
dell
'
opposizione
(
la
linea
europeista
di
Wilson
è
ben
nota
)
per
consentire
di
aggirare
in
autunno
gli
scogli
parlamentari
,
che
non
mancheranno
,
al
suggello
e
alla
sanzione
della
ritrovata
intesa
fra
Francia
e
Gran
Bretagna
.
Senonché
in
questa
fase
di
decisiva
transizione
molto
potrebbero
fare
anche
gli
altri
paesi
della
Comunità
.
A
cominciare
dall
'
Italia
:
se
riuscisse
per
un
momento
a
mettere
in
sordina
le
miserabili
beghe
sull
'
elezione
presidenziale
(
si
è
già
aperta
una
polemica
tanto
poco
edificante
)
e
a
guardare
oltre
le
frontiere
delle
divisioni
domestiche
e
delle
competizioni
municipali
.
Anche
perché
l
'
Europa
,
nell
'
attuale
quadro
di
caos
e
di
degradazione
nazionale
,
rimane
l
'
ultima
speranza
per
noi
.
StampaQuotidiana ,
Che
il
voto
di
scambio
aumenti
a
danno
del
voto
di
opinione
,
come
ho
scritto
precedentemente
,
è
,
anche
questa
,
una
vecchia
storia
.
In
un
discorso
pronunciato
alla
Camera
dei
deputati
il
27
gennaio
1848
,
Tocqueville
,
lamentando
la
degenerazione
dei
costumi
pubblici
,
per
cui
«
alle
opinioni
,
ai
sentimenti
,
alle
idee
comuni
si
sostituiscono
sempre
più
interessi
particolari
»
,
diceva
,
rivolto
ai
colleghi
del
Parlamento
:
«
Mi
permetterei
di
domandarvi
se
,
per
quanto
ne
sapete
,
in
questi
ultimi
cinque
,
o
dieci
,
o
quindici
anni
,
non
sia
cresciuto
incessantemente
il
numero
di
coloro
che
vi
votano
per
interessi
personali
o
particolari
;
e
se
il
numero
di
chi
vi
vota
sulla
base
di
un
'
opinione
politica
non
decresca
incessantemente
»
.
Considerava
questa
tendenza
espressione
di
«
morale
bassa
e
volgare
»
seguendo
la
quale
chi
gode
dei
diritti
politici
«
ritiene
di
essere
in
dovere
verso
se
stesso
,
i
propri
figli
,
la
propria
moglie
,
i
propri
genitori
,
di
farne
un
uso
personale
nel
proprio
interesse
»
.
Se
la
storia
è
così
vecchia
bisogna
concluderne
che
la
democrazia
ideale
e
la
democrazia
«
realizzata
»
(
per
servirci
della
stessa
espressione
con
cui
si
rappresenta
la
degenerazione
del
sistema
sovietico
rispetto
all
'
ideale
ottocentesco
del
socialismo
)
non
sono
la
stessa
cosa
.
Idealmente
la
democrazia
è
la
forma
di
governo
in
cui
esistono
alcuni
istituti
,
in
special
modo
il
diritto
di
voto
distribuito
a
tutti
,
destinati
a
consentire
ai
governati
di
controllare
i
governanti
.
In
realtà
le
cose
sono
un
po
'
più
complicate
.
E
'
vero
che
il
potere
dei
governanti
dipende
in
larga
misura
dal
numero
dei
voti
,
ma
è
anche
vero
che
il
numero
dei
voti
dipende
dalla
maggiore
o
minor
capacità
dei
governanti
di
trovare
i
mezzi
per
soddisfare
le
richieste
degli
elettori
.
Tra
elettore
ed
eletto
si
viene
così
a
stabilire
un
rapporto
di
dipendenza
reciproca
.
L
'
eletto
dipende
dall
'
elettore
riguardo
alla
sua
legittimazione
a
governare
;
l
'
elettore
dipende
dall
'
eletto
se
vuole
ottenere
certi
benefici
di
cui
il
presunto
dispensatore
è
chi
dispone
di
pubbliche
risorse
.
In
questo
modo
colui
che
dovrebbe
essere
il
controllore
diventa
a
sua
volta
il
controllato
.
Si
ponga
mente
alla
espressione
comune
del
linguaggio
politico
:
«
Quanti
voti
controlla
quel
tale
deputato
,
quel
tale
consigliere
comunale
,
quel
tale
leader
politico
nel
proprio
partito
?
»
Tocqueville
credeva
che
l
'
unico
rimedio
fosse
nell
'
elevazione
della
pubblica
moralità
.
Era
convinto
che
al
buongoverno
contribuissero
più
i
costumi
che
le
istituzioni
,
più
gli
uomini
che
le
leggi
.
Diceva
:
«
Questa
malattia
da
cui
bisogna
guarire
ad
ogni
costo
e
che
,
credetemi
,
ci
colpirà
tutti
,
tutti
capite
,
se
non
faremo
attenzione
,
è
nello
stato
in
cui
si
trovano
lo
spirito
pubblico
e
i
pubblici
costumi
»
.
Non
diversamente
,
un
altro
grande
scrittore
politico
dell
'
Ottocento
,
John
Stuart
Mill
,
riconosceva
che
il
buongoverno
dipende
dalle
buone
leggi
,
ma
aggiungeva
che
le
buone
leggi
abbisognano
di
buoni
uomini
per
essere
applicate
:
«
A
che
servono
le
buone
regole
di
procedura
-
si
domandava
-
se
le
condizioni
morali
del
popolo
sono
tali
che
i
testimoni
generalmente
mentono
e
i
giudici
si
lasciano
corrompere
?
»
Distinguendo
i
cittadini
in
attivi
e
passivi
,
sosteneva
che
i
governi
dispotici
si
reggono
sui
secondi
,
i
governi
democratici
hanno
bisogno
dei
primi
.
Di
fronte
alla
pubblica
corruzione
,
precisava
,
i
passivi
dicono
:
«
Bisogna
aver
pazienza
»
,
gli
attivi
:
«
Che
vergogna
!
»
Senza
aver
mai
letto
né
Tocqueville
né
Mill
molti
italiani
di
oggi
la
pensano
nello
stesso
modo
.
Ma
le
prediche
morali
purtroppo
non
servono
.
Si
tratta
di
sapere
se
ci
sono
rimedi
istituzionali
o
politici
.
Scartata
come
inefficace
la
norma
costituzionale
che
vieta
il
mandato
imperativo
ovvero
impone
al
rappresentante
una
volta
eletto
di
non
tener
conto
degli
interessi
particolari
dei
suoi
elettori
(
non
vi
sono
soltanto
prediche
inutili
ma
anche
leggi
inutili
)
,
di
rimedi
istituzionali
non
ne
vedo
che
uno
:
la
durata
prestabilita
e
non
troppo
breve
della
legislatura
.
Prestabilita
,
perché
non
deve
essere
alla
mercè
della
maggioranza
,
e
non
troppo
breve
perché
deve
consentire
alla
maggioranza
di
svolgere
il
programma
senza
essere
incalzata
dall
'
assillo
dell
'
approvazione
immediata
da
parte
del
corpo
elettorale
.
Non
è
difficile
capire
che
il
mandato
imperativo
e
una
legislatura
la
cui
durata
pluriennale
è
stabilita
dalla
costituzione
sono
incompatibili
.
Là
dove
una
costituzione
fissa
in
anticipo
la
scadenza
della
legislatura
dopo
un
certo
numero
di
anni
,
è
segno
che
il
mandato
del
rappresentante
non
può
essere
vincolato
agli
interessi
particolari
e
contingenti
dei
suoi
elettori
.
Si
dirà
che
una
costituzione
come
la
nostra
che
prevede
il
divieto
di
mandato
imperativo
prevede
pure
la
possibilità
dello
scioglimento
anticipato
del
Parlamento
.
Sì
,
ma
è
una
misura
eccezionale
.
Una
delle
maggiori
aberrazioni
del
nostro
sistema
politico
nel
suo
reale
funzionamento
sta
nel
fatto
che
la
fine
immatura
delle
legislature
è
diventata
una
prassi
tanto
che
ci
stiamo
abituando
a
considerare
eccezionali
quelle
che
muoiono
di
morte
naturale
.
Ma
l
'
assuefazione
all
'
idea
che
la
legislatura
possa
essere
troncata
anzi
tempo
secondo
il
beneplacito
delle
forze
politiche
dominanti
è
deleteria
,
perché
impedisce
ai
rappresentanti
del
popolo
di
distogliere
i
loro
sguardi
dagli
interessi
immediati
del
partito
e
indirettamente
degli
elettori
.
I
programmi
a
lunga
scadenza
possono
venir
presentati
soltanto
all
'
inizio
:
invece
la
prassi
delle
legislature
bruciate
ha
fatto
sì
che
sull
'
inizio
incomba
già
la
fine
,
sicché
la
campagna
elettorale
appena
finita
ricomincia
ed
è
sempre
potenzialmente
aperta
.
Sotto
questo
aspetto
la
legislatura
più
disgraziata
è
quella
tuttora
in
corso
,
che
ogni
sei
mesi
è
stata
data
per
morta
.
Si
capisce
che
ogni
volta
che
ne
viene
annunciata
la
fine
,
i
«
moribondi
»
che
vogliono
rivivere
guardano
con
rinnovata
sollecitudine
agli
elettori
che
sono
la
loro
fonte
di
vita
.
Una
legislatura
che
sopravvive
sotto
la
continua
minaccia
di
scioglimento
,
se
non
a
primavera
in
autunno
,
se
non
in
autunno
alla
primavera
successiva
,
attraverso
una
lunga
agonia
,
non
solamente
è
inoperosa
ma
contraddice
allo
spirito
della
costituzione
che
intende
mantenere
le
debite
distanze
tra
il
momento
della
designazione
dei
rappresentanti
e
il
momento
della
formazione
delle
leggi
.
Che
questo
sia
un
problema
di
fondo
lo
ha
capito
benissimo
il
presidente
Pertini
,
di
cui
non
si
può
che
lodare
l
'
ostinata
e
a
parer
mio
salutare
opposizione
alle
elezioni
anticipate
.
Occorre
interrompere
una
prassi
infausta
e
ristabilire
una
buona
volta
il
principio
che
la
durata
di
cinque
anni
è
la
regola
,
lo
scioglimento
anticipato
l
'
eccezione
.
L
'
estrema
facilità
con
cui
attori
e
osservatori
politici
parlano
di
elezioni
imminenti
dipende
anche
dal
non
tener
conto
delle
conseguenze
che
ne
derivano
,
prima
fra
tutte
il
venir
meno
di
una
remora
,
l
'
unica
remora
,
istituzionale
,
alla
frammentazione
delle
domande
dal
basso
e
al
corrispondente
particolarismo
delle
pubbliche
decisioni
dall
'
alto
.
StampaQuotidiana ,
Nell
'
articolo
L
'
oggetto
misterioso
,
pubblicato
sulla
«
Stampa
»
il
30
aprile
,
Sergio
Romano
ci
ha
spiegato
le
ragioni
per
cui
gli
stranieri
non
riescono
a
capire
il
nostro
sistema
politico
.
Ma
le
ragioni
addotte
riguardano
il
rapporto
fra
governo
e
Parlamento
,
il
regionalismo
,
l
'
istituto
del
referendum
abrogativo
,
non
il
modo
e
la
forma
della
lotta
politica
.
Sono
tutti
argomenti
che
interessano
esclusivamente
gli
uomini
politici
,
i
giornalisti
,
gli
esperti
di
diritto
costituzionale
.
A
me
pare
molto
più
preoccupante
che
disorientati
siano
i
cittadini
italiani
.
Basta
ascoltare
i
loro
commenti
di
questi
giorni
.
La
verità
è
che
si
è
svolto
sotto
i
loro
occhi
,
specie
in
questi
mesi
di
crisi
,
un
gioco
di
potere
,
di
cui
conoscono
poco
le
regole
,
che
oltretutto
sono
,
come
in
genere
tutte
le
regole
,
troppo
vaghe
,
interpretabili
nei
modi
più
diversi
secondo
gl
'
interessi
prevalenti
dell
'
una
o
dell
'
altra
parte
.
Ho
anche
l
'
impressione
che
la
maggior
parte
dei
cittadini
non
abbia
molto
interesse
a
penetrare
nel
segreto
delle
regole
di
strategia
,
vale
a
dire
delle
regole
che
insegnano
quale
sia
il
modo
migliore
per
condurre
il
gioco
allo
scopo
di
vincerlo
.
La
prima
volta
che
mi
trovai
ad
assistere
in
una
università
degli
Stati
Uniti
a
una
partita
di
football
americano
,
di
cui
mi
erano
completamente
ignote
le
regole
del
gioco
e
le
regole
di
strategia
,
non
riuscii
assolutamente
a
capire
che
cosa
stessero
facendo
quei
giovanottoni
corazzati
che
si
accanivano
intorno
a
una
palla
ovale
che
assomigliava
a
un
uovo
di
struzzo
,
ora
ammucchiandosi
l
'
uno
sull
'
altro
ora
disperdendosi
e
inseguendosi
nel
campo
.
Siccome
non
ero
in
grado
di
capire
che
cosa
stesse
succedendo
e
quale
fosse
lo
scopo
di
tanto
affaccendamento
,
non
riuscii
a
divertirmi
.
L
'
osservatore
comune
,
come
mi
è
accaduto
di
notare
più
volte
,
non
ha
neppure
la
più
pallida
idea
della
differenza
tra
regole
del
gioco
che
assegnano
ai
giocatori
i
diversi
ruoli
,
imponendo
obblighi
e
attribuendo
diritti
o
poteri
,
e
regole
di
strategia
che
suggeriscono
le
mosse
più
convenienti
per
battere
l
'
avversario
.
La
regola
che
attribuisce
al
presidente
della
Repubblica
il
potere
di
nominare
il
presidente
del
Consiglio
o
quella
che
prevede
che
il
governo
debba
presentarsi
in
Parlamento
per
ottenere
la
fiducia
sono
regole
del
gioco
,
le
quali
debbono
essere
accettate
da
tutti
i
giocatori
affinché
il
gioco
,
qualunque
ne
sia
l
'
esito
,
che
dipende
dalle
diverse
strategie
adottate
,
si
possa
svolgere
.
Le
mosse
che
ogni
partito
compie
per
riuscire
a
far
parte
del
governo
o
per
appoggiarlo
o
per
farlo
cadere
,
per
provocare
la
fiducia
o
la
sfiducia
,
per
convogliare
il
proprio
voto
verso
l
'
approvazione
o
la
disapprovazione
di
un
disegno
di
legge
,
per
formare
o
disfare
un
'
alleanza
,
appartengono
invece
alla
sfera
dei
comportamenti
dai
quali
,
nel
rispetto
delle
regole
del
gioco
che
tutti
sono
tenuti
a
seguire
,
dipende
che
alla
fine
della
partita
ci
sia
un
vincitore
e
un
vinto
.
Nel
gioco
politico
il
fine
del
gioco
è
il
potere
,
vale
a
dire
una
maggiore
capacità
,
rispetto
agli
avversari
,
di
ottenere
gli
effetti
voluti
.
Ciò
vuol
dire
che
alla
fine
della
partita
si
considera
vincitore
chi
è
riuscito
ad
acquistare
maggiore
potere
,
o
in
senso
assoluto
,
nel
senso
cioè
di
essere
il
più
potente
,
oppure
in
senso
relativo
,
nel
senso
cioè
di
aver
acquistato
maggiore
potere
di
quello
che
aveva
prima
.
A
differenza
di
quel
che
accade
nelle
forme
di
governo
autocratico
,
in
cui
il
maggiore
o
minore
potere
dipende
soprattutto
dal
possesso
della
forza
militare
,
dal
peso
della
tradizione
e
dall
'
alleanza
di
ristrette
consorterie
,
la
caratteristica
essenziale
del
governo
democratico
è
che
il
potere
si
misura
in
base
al
numero
dei
voti
,
anche
se
oltre
il
numero
dei
voti
conta
il
collocamento
lungo
l
'
arco
dei
partiti
del
sistema
,
il
cosiddetto
potere
di
coalizione
.
Ma
la
quantità
dei
voti
è
un
elemento
essenziale
del
potere
democratico
:
necessaria
se
non
sufficiente
.
Nella
gara
fra
partiti
,
particolarmente
intensa
in
periodi
di
competizione
elettorale
,
lo
scopo
di
ogni
partito
è
,
usando
un
'
espressione
del
linguaggio
economico
,
«
massimizzare
»
il
numero
dei
voti
.
Questo
spiega
perché
la
campagna
elettorale
venga
combattuta
non
solo
proponendo
un
programma
per
il
futuro
ma
anche
presentando
un
rendiconto
,
il
più
possibile
positivo
,
dell
'
azione
svolta
durante
gli
anni
della
legislatura
scaduta
.
Tutto
ciò
che
il
partito
fa
,
tutto
ciò
che
fanno
gli
eletti
nei
loro
rispettivi
collegi
,
è
fatto
in
vista
di
quel
rendiconto
periodico
finale
,
che
avviene
nel
giorno
del
voto
.
Come
nell
'
arena
di
un
sistema
economico
concorrenziale
ogni
mossa
dei
concorrenti
è
rivolta
al
procacciamento
del
maggior
numero
di
consumatori
,
così
nell
'
arena
politica
di
un
sistema
pluralistico
com
'
è
quello
democratico
,
e
in
quanto
pluralistico
concorrenziale
,
ogni
atto
di
un
singolo
partito
è
rivolto
,
direttamente
o
indirettamente
,
a
breve
o
a
lunga
scadenza
,
non
solo
negli
ultimi
giorni
prima
delle
elezioni
ma
già
sin
dal
primo
giorno
dopo
la
formazione
del
governo
,
a
raccogliere
il
maggior
numero
di
voti
.
I
cittadini
hanno
un
bell
'
essere
infastiditi
,
irritati
,
indignati
dalla
grande
partita
di
cui
dicono
di
non
capir
nulla
perché
sono
«
affari
loro
»
,
ma
è
un
fatto
che
,
al
contrario
,
sono
affari
che
li
riguardano
direttamente
e
dei
quali
sono
,
anzi
,
i
veri
protagonisti
in
quanto
,
come
elettori
,
hanno
il
diritto
di
gettare
nell
'
urna
una
scheda
e
quindi
di
determinare
con
questo
semplice
gesto
la
maggiore
o
minore
quantità
di
potere
di
cui
ogni
partito
potrà
godere
dopo
il
voto
,
e
in
conseguenza
del
voto
,
rispetto
a
tutti
gli
altri
.
Sono
loro
,
i
cittadini
infastiditi
,
irritati
,
indignati
,
i
destinatari
di
questo
gioco
,
coi
loro
diversi
interessi
,
i
loro
sentimenti
o
umori
,
che
i
giocatori
cercano
d
'
interpretare
e
rappresentare
.
Chi
si
è
battuto
per
lo
svolgimento
dei
referendum
pensava
a
un
pubblico
desideroso
di
partecipare
in
prima
persona
a
una
decisione
importante
.
Chi
si
è
battuto
per
le
elezioni
anticipate
,
pensava
,
al
contrario
,
di
raccogliere
il
consenso
di
chi
era
ormai
giunto
alla
convinzione
che
si
dovesse
voltar
pagina
al
più
presto
.
E
così
via
e
così
via
.
Domandarsi
oggi
chi
ha
vinto
e
chi
ha
perso
,
non
ha
senso
.
Proprio
perché
i
destinatari
del
gioco
sono
gli
elettori
,
la
vittoria
degli
uni
o
la
sconfitta
degli
altri
dipenderà
esclusivamente
da
loro
.
I
singoli
giocatori
possono
aver
sbagliato
i
loro
calcoli
,
ma
i
calcoli
sono
sempre
stati
fatti
avendo
davanti
agli
occhi
coloro
che
col
loro
voto
sono
i
detentori
del
potere
ultimo
e
decisivo
in
un
governo
democratico
e
permettono
di
stabilire
alla
fine
chi
ha
sbagliato
di
più
e
chi
meno
.
Resta
il
dubbio
che
il
fastidio
,
l
'
irritazione
,
l
'
indignazione
,
possano
avere
per
effetto
,
certamente
non
previsto
e
tanto
meno
voluto
dai
partiti
in
lizza
,
una
considerevole
diminuzione
di
partecipanti
al
voto
o
un
altrettanto
considerevole
aumento
di
schede
bianche
o
nulle
.
In
questo
caso
nessuno
avrebbe
vinto
,
tutti
avrebbero
perduto
.
Avrebbe
perso
soprattutto
la
democrazia
.
Si
sa
che
gli
spettatori
in
genere
non
amano
il
gioco
pesante
,
neppure
quello
della
propria
squadra
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
un
solo
motivo
di
ottimismo
intorno
a
noi
.
E
non
viene
certamente
dalla
Calabria
:
dove
la
lotta
continua
,
aspra
,
impietosa
,
ostinata
negli
animi
prima
ancora
che
nelle
piazze
,
dove
le
barricate
della
periferia
sanfedista
di
Reggio
-
emula
ormai
degli
eserciti
della
Santa
Fede
-
scompaiono
e
ricompaiono
nel
giro
di
poche
ore
,
malinconico
simbolo
di
una
guerra
civile
che
l
'
imprevidenza
di
un
'
intera
classe
politica
,
governo
e
opposizione
,
non
è
riuscita
né
a
prevenire
né
a
comporre
.
Non
viene
da
Torino
:
dove
le
decine
di
migliaia
di
sospensioni
dal
lavoro
decise
dalla
Fiat
e
dalla
Lancia
indicano
il
grado
di
pericolosa
stretta
cui
va
incontro
il
nostro
sistema
produttivo
,
malgrado
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
o
ufficiosi
,
che
non
possono
dissimulare
la
realtà
di
una
stagnazione
produttiva
inquietante
alla
lunga
soprattutto
per
i
riflessi
nell
'
occupazione
operaia
.
Non
viene
da
Roma
:
dove
le
polemiche
dei
partiti
sulla
violenza
sono
ancora
avvolte
in
un
labirinto
di
ipocrisie
e
di
strumentalizzazioni
,
che
nascondono
o
aggirano
il
problema
fondamentale
che
è
uno
e
uno
soltanto
,
la
necessità
dello
Stato
di
opporre
la
maestà
della
sua
legge
,
severa
e
imparziale
verso
tutti
,
agli
assalti
della
sedizione
o
della
rivolta
,
da
qualunque
parte
provengano
(
l
'
ha
detto
,
con
parole
alte
e
ferme
,
al
congresso
socialdemocratico
un
antifascista
come
Aldo
Garosci
che
non
ha
bisogno
,
in
materia
di
lealtà
e
di
fedeltà
democratica
,
di
prendere
lezioni
da
nessuno
:
contro
ogni
tipo
di
squadrismo
nero
o
rosso
esiste
solo
la
legge
,
eguale
per
tutti
,
della
Repubblica
)
.
L
'
orizzonte
della
politica
interna
non
giustifica
quindi
soverchie
illusioni
o
euforie
.
Ma
c
'
è
un
capitolo
che
negli
ultimi
giorni
ha
registrato
una
svolta
confortante
:
il
capitolo
dell
'
Europa
.
Gli
accordi
suggellati
a
Bruxelles
per
l
'
armonizzazione
delle
politiche
economiche
dei
Sei
e
per
l
'
instaurazione
di
una
moneta
comune
entro
dieci
anni
,
pur
circondati
da
riserve
e
da
condizioni
esplicite
,
hanno
riaperto
sull
'
Italia
,
travagliata
dalle
sue
lotte
municipali
e
dai
suoi
fermenti
di
degradante
anarchismo
,
la
speranza
europea
,
quella
speranza
che
accompagnò
gli
anni
degasperiani
e
illuminò
le
grandi
fatiche
della
ricostruzione
.
È
inutile
soffermarsi
sugli
ostacoli
,
che
sono
ancora
grandi
,
al
raggiungimento
della
sovrannazionalità
.
Un
fatto
è
certo
:
con
De
Gaulle
il
«
sì
»
francese
alla
sperimentazione
decisa
a
Bruxelles
non
si
sarebbe
avuto
.
Qualcosa
è
cambiato
in
Francia
,
qualcosa
sta
cambiando
un
po
'
dovunque
:
il
via
alla
ripresa
del
processo
europeistico
,
a
quattordici
anni
dai
trattati
di
Roma
,
è
ormai
un
dato
acquisito
.
Le
fasi
sono
graduali
:
i
passaggi
dall
'
una
all
'
altra
incerti
.
Occorreranno
tre
anni
di
«
prova
»
:
tre
anni
in
cui
l
'
intesa
di
Bruxelles
funzionerà
soprattutto
a
livello
tecnico
,
si
rifletterà
nel
sostegno
reciproco
delle
valute
comunitarie
sui
mercati
mondiali
,
nella
restrizione
dei
margini
di
fluttuazione
delle
monete
europee
,
in
una
maggiore
e
più
articolata
interpenetrazione
dei
capitali
.
La
Germania
di
Bonn
,
che
è
oggi
il
paese
economicamente
più
solido
,
conserva
il
diritto
-
attraverso
la
famosa
«
clausola
di
salvaguardia
»
-
di
far
decadere
nel
1975
le
misure
di
sostegno
monetario
reciproco
qualora
nel
frattempo
non
sia
stato
raggiunto
un
accordo
soddisfacente
sul
passaggio
alla
seconda
fase
.
La
Francia
di
Pompidou
non
fa
getto
almeno
formale
di
nessuno
dei
simboli
della
sua
disdegnosa
e
aristocratica
sovranità
nazionale
;
ammette
appena
un
diritto
di
intervento
e
di
controllo
del
Parlamento
europeo
.
Tutto
vero
:
ma
è
altrettanto
vero
che
un
salto
di
qualità
si
è
registrato
nel
meccanismo
dell
'
Europa
comunitaria
,
che
la
fase
della
pura
e
semplice
unione
doganale
è
ormai
chiusa
,
che
la
minaccia
dello
schiacciamento
fra
America
e
Russia
ha
finito
per
risvegliare
,
quasi
in
extremis
,
le
forze
di
resistenza
storica
e
psicologica
del
continente
europeo
,
paralizzate
da
veti
e
da
contrasti
che
sul
piano
mondiale
non
sono
molto
più
importanti
della
guerra
fra
Reggio
e
Catanzaro
per
l
'
Italia
.
Adesso
la
svolta
di
Bruxelles
lancia
una
nuova
sfida
alla
classe
dirigente
italiana
:
una
sfida
di
adeguamento
economico
e
sociale
che
dovrà
essere
superata
per
volgersi
alle
fasi
ulteriori
,
alle
conclusioni
di
un
'
integrazione
più
stretta
segnata
dal
simbolo
unificante
della
moneta
comune
(
altro
che
il
«
tallone
aureo
»
sognato
,
con
lo
spirito
di
Luigi
XIV
,
da
De
Gaulle
!
)
.
Non
è
una
sfida
che
possa
passare
senza
influenzare
gli
indirizzi
di
fondo
della
politica
generale
del
paese
;
non
è
una
sfida
che
possa
essere
vinta
senza
imporre
una
radicale
correzione
di
rotta
alla
nostra
finanza
pubblica
facilona
e
disinvolta
,
alla
nostra
amministrazione
caotica
e
inefficiente
,
al
nostro
statalismo
parassitario
e
dispersivo
,
alle
tensioni
e
vocazioni
inflazioniate
cui
il
corso
delle
aspre
e
violente
lotte
sociali
continua
ad
esporci
,
nonostante
il
ristabilimento
dei
conti
con
l
'
estero
e
il
rafforzamento
della
lira
operati
dal
governo
Colombo
.
Sì
:
la
corsa
per
l
'
Europa
presuppone
sacrifici
e
rinunce
.
Il
presidente
del
Consiglio
,
che
è
un
europeista
convinto
e
benemerito
,
ha
giustamente
esaltato
il
traguardo
di
Bruxelles
,
altrettanto
importante
sul
piano
della
ripresa
psicologica
che
su
quello
degli
avviamenti
concreti
anche
per
l
'
ingresso
di
Londra
nel
Mec
:
ma
ora
toccherà
al
governo
da
lui
presieduto
,
e
a
tutti
i
partiti
che
lo
compongono
,
socialisti
compresi
,
onorare
gli
impegni
che
derivano
dalle
intese
di
Bruxelles
,
intese
«
a
termine
»
,
intese
sottoposte
ad
una
verifica
triennale
,
senza
la
quale
tutto
tornerebbe
in
alto
mare
.
Onorare
quegli
impegni
:
a
costo
di
impopolarità
,
a
costo
di
contrasti
coi
sindacati
e
coi
tanti
settori
corporativi
del
paese
,
a
costo
di
difficoltà
e
di
tensioni
politiche
non
prevedibili
.
Perché
l
'
Italia
possa
rispettare
fino
in
fondo
gli
obblighi
contratti
a
Bruxelles
si
impongono
un
maggior
rigore
nella
gestione
del
bilancio
statale
,
una
maggiore
oculatezza
nella
spesa
pubblica
,
una
completa
revisione
nella
copertura
dei
disavanzi
.
Ma
non
basta
:
tutta
l
'
amministrazione
del
paese
,
in
questa
fase
di
travaglio
e
di
confusione
accentuata
dalla
sovrapposizione
delle
competenze
fra
Stato
regioni
e
comuni
,
dovrà
essere
resa
più
razionale
e
più
moderna
,
tale
da
consentire
veramente
un
impiego
responsabile
delle
risorse
.
E
ogni
sforzo
dovrà
essere
compiuto
per
il
rilancio
degli
investimenti
produttivi
,
per
una
nuova
fase
di
espansione
economica
che
si
svolga
nel
segno
della
stabilità
monetaria
,
contro
tutte
le
suggestioni
avventurose
e
dilapidatrici
del
pauperismo
conciliare
.
Il
peronismo
non
è
conciliabile
con
l
'
Europa
.
La
retorica
delle
rivendicazioni
giustizialiste
,
cara
a
talune
ali
del
movimento
cattolico
e
socialista
,
ci
porterebbe
sulla
via
dell
'
autarchia
e
del
separatismo
:
una
via
che
ha
sullo
sfondo
gli
epiloghi
di
Danzica
,
la
tragedia
della
Polonia
.
L
'
ha
scritto
un
giornale
sempre
obiettivo
,
«
Le
Monde
»
:
«
se
l
'
inflazione
continuerà
a
dilagare
,
sarà
difficile
,
per
non
dire
impossibile
,
armonizzare
le
politiche
economiche
della
comunità
»
.
Chi
lavora
per
lo
scardinamento
del
sistema
,
dalle
opposte
sponde
,
lavora
anche
contro
l
'
Europa
,
la
sola
speranza
che
sia
rimasta
alla
nostra
generazione
dopo
le
delusioni
e
le
follie
di
mezzo
secolo
.
StampaQuotidiana ,
Affrontare
la
questione
morale
partendo
dall
'
osservazione
realistica
che
la
corruzione
non
viene
sempre
elettoralmente
punita
,
quasi
ci
fosse
una
tacita
intesa
fra
corrotto
e
corruttore
,
significa
non
limitarsi
a
fare
delle
prediche
,
che
sono
in
questa
materia
tanto
facili
quanto
inutili
.
E
un
invito
a
conoscere
meglio
il
fenomeno
,
in
tutte
le
sue
manifestazioni
e
ramificazioni
,
perché
solo
conoscendolo
si
può
più
facilmente
correggerlo
.
Sulla
riforma
costituzionale
sono
state
scritte
intere
biblioteche
,
già
in
parte
diventate
carta
da
macero
.
Sulla
corruzione
politica
,
che
per
lo
sviluppo
delle
nostre
istituzioni
democratiche
è
problema
non
meno
importante
,
le
ricerche
e
gli
studi
,
nel
nostro
paese
,
si
contano
sulle
punte
delle
dita
.
Vorrei
almeno
segnalare
il
saggio
del
prof.
Belligni
della
nostra
università
,
Corruzione
e
scienza
politica
,
pubblicato
recentemente
sull
'
ultimo
numero
della
bella
rivista
nata
da
poco
ma
già
affermata
,
«
Teoria
politica
»
.
Questo
saggio
contiene
un
utile
rendiconto
degli
scritti
sull
'
argomento
,
che
vengono
per
la
maggior
parte
dagli
Stati
Uniti
,
e
molte
osservazioni
stimolanti
per
tutti
coloro
che
in
questi
giorni
,
ripetendosi
gli
arresti
di
uomini
politici
e
di
amministratori
per
scandali
,
si
domandano
e
ci
domandano
:
«
Perché
Torino
?
»
o
«
Perché
Firenze
?
»
,
mentre
farebbero
meglio
a
porsi
la
domanda
più
generale
:
«
Perché
la
corruzione
?
»
Siccome
è
chiaro
,
chiarissimo
,
e
tutti
lo
sanno
,
anche
coloro
che
a
ogni
arresto
fingono
di
cascare
dalle
nuvole
e
riscoprono
la
questione
morale
,
che
la
corruzione
politica
è
dovuta
in
gran
parte
al
finanziamento
dei
partiti
,
può
essere
utile
questa
seconda
informazione
:
sin
dall
'
agosto
1984
esiste
una
proposta
dell
'
on.
Valdo
Spini
,
socialista
,
sulla
disciplina
dell
'
attività
e
del
finanziamento
dei
partiti
,
che
al
suo
apparire
ha
avuto
buone
accoglienze
da
giuristi
e
politologi
,
è
stata
discussa
in
varie
pubbliche
riunioni
,
ma
non
ha
mai
avuto
neppure
un
inizio
di
discussione
nella
sede
propria
che
è
il
Parlamento
.
L
'
on.
Spini
ha
avuto
un
notevole
successo
elettorale
,
smentendo
l
'
opinione
che
la
questione
morale
sia
politicamente
irrilevante
.
Probabilmente
di
questa
proposta
si
dovrà
tornare
a
parlare
.
L
'
area
della
corruzione
è
vastissima
.
Perché
ci
sia
corruzione
politica
,
da
distinguersi
dalla
corruzione
in
senso
generale
,
occorre
che
almeno
uno
dei
due
soggetti
del
rapporto
sia
una
persona
investita
di
un
potere
politico
o
pubblico
,
vale
a
dire
del
diritto
di
esercitare
il
potere
di
prendere
decisioni
a
nome
e
per
conto
della
collettività
nazionale
.
Due
sono
le
situazioni
in
cui
si
osservano
abitualmente
rapporti
di
corruzione
:
quella
in
cui
il
soggetto
politico
agisce
per
conquistare
o
conservare
o
non
perdere
il
potere
,
e
quella
in
cui
,
una
volta
che
l
'
ha
acquistato
e
lo
tiene
ben
fermo
nelle
proprie
mani
,
se
ne
serve
per
trarne
vantaggi
privati
.
Inutile
dire
che
le
due
situazioni
sono
strettamente
connesse
perché
nel
mercato
politico
democratico
il
potere
si
conquista
coi
voti
:
uno
dei
modi
di
conquistare
i
voti
è
di
acquistarli
e
uno
dei
modi
per
rifarsi
delle
spese
è
di
servirsi
del
potere
conquistato
o
acquistato
per
ottenere
benefici
anche
pecuniari
da
coloro
cui
l
'
uso
di
quel
potere
può
procurare
vantaggi
.
Il
potere
costa
ma
rende
.
Se
costa
deve
rendere
.
Il
gioco
è
rischioso
:
talora
infatti
costa
più
di
quel
che
rende
,
quando
il
candidato
non
viene
eletto
;
ma
spesso
rende
più
di
quel
che
costa
.
Le
due
situazioni
sono
connesse
ma
occorre
distinguerle
:
nella
prima
l
'
uomo
politico
agisce
da
corruttore
,
nella
seconda
da
corrotto
.
Dall
'
altra
parte
del
rapporto
c
'
è
,
nella
prima
,
l
'
elettore
che
offre
potere
in
cambio
di
un
compenso
;
nella
seconda
un
gruppo
d
'
interesse
,
che
offre
un
compenso
in
cambio
di
una
prestazione
che
solo
il
detentore
del
potere
può
offrire
.
Considerata
l
'
arena
politica
come
una
forma
di
mercato
,
dove
tutto
è
merce
,
cioè
cosa
vendibile
e
comprabile
,
l
'
uomo
politico
si
presenta
,
in
un
primo
momento
come
compratore
(
del
voto
)
,
in
un
secondo
come
venditore
(
delle
risorse
pubbliche
di
cui
grazie
al
voto
è
diventato
potenziale
dispensatore
)
.
Questa
distinzione
è
importante
perché
i
due
casi
sono
,
moralmente
e
anche
giuridicamente
,
di
diversa
gravità
.
Anche
se
negli
studi
sulla
corruzione
politica
si
fa
rientrare
di
solito
il
fenomeno
del
clientelismo
,
vale
a
dire
il
procacciamento
dei
voti
attraverso
l
'
offerta
all
'
elettore
di
vantaggi
personali
,
anche
pecuniari
,
questo
deve
essere
considerato
una
forma
di
degenerazione
del
rapporto
elettorale
,
che
rientra
,
come
la
corruzione
,
nella
categoria
generale
della
«
privatizzazione
del
pubblico
»
,
ma
non
è
una
forma
di
corruzione
strettamente
intesa
.
Altro
è
corrompere
,
o
istigare
il
compimento
di
atti
che
implicano
l
'
incitamento
a
compiere
un
atto
illecito
;
altro
sedurre
,
tentare
,
promettere
a
vuoto
,
che
è
l
'
arte
del
demagogo
,
non
molto
diversa
da
quella
dell
'
imbonitore
.
La
differenza
si
rivela
anche
nel
fatto
che
le
varie
forme
di
procacciamento
della
clientela
si
svolgono
generalmente
in
pubblico
e
possono
suscitare
irritazione
,
deplorazione
,
indignazione
,
ma
non
vengono
perseguite
giuridicamente
.
Offendono
più
il
costume
che
il
diritto
o
la
morale
.
Al
contrario
,
l
'
abuso
del
potere
per
ottenerne
vantaggi
personali
,
il
cui
esempio
più
comune
è
la
«
tangente
»
,
non
si
può
esercitare
che
in
segreto
.
Una
volta
scoperto
,
cade
,
o
dovrebbe
cadere
,
sotto
i
rigori
della
legge
.
Tutti
gli
studi
sulla
corruzione
politica
tendono
a
mettere
in
rilievo
la
vastità
del
fenomeno
anche
negli
Stati
democratici
,
e
la
difficoltà
di
eliminarlo
.
Vi
è
una
scuola
di
rassegnati
,
che
,
ispirandosi
alle
teorie
funzionalistiche
,
ritengono
che
alla
corruzione
si
debba
attribuire
una
sorta
di
utilità
sociale
,
una
«
funzione
»
appunto
,
che
sarebbe
quella
,
metaforicamente
,
di
ungere
le
ruote
di
una
macchina
che
altrimenti
stenterebbe
a
mettersi
in
moto
.
Ma
la
constatazione
che
nella
sua
forma
propria
la
corruzione
non
può
svolgersi
che
in
segreto
,
mostra
,
più
di
qualsiasi
altra
considerazione
,
la
sua
totale
estraneità
all
'
etica
della
democrazia
,
cioè
a
quella
forma
di
governo
che
richiede
la
pubblicità
degli
atti
di
governo
,
in
quanto
si
fonda
sulla
regola
fondamentale
della
controllabilità
ad
ogni
istante
di
chi
esercita
il
potere
non
in
nome
proprio
ma
in
nome
di
tutti
,
e
ha
messo
fine
per
sempre
alla
politica
degli
arcana
imperii
,
propria
degli
Stati
autoritari
di
un
tempo
e
di
quelli
ancor
oggi
esistenti
.
In
uno
Stato
democratico
la
pubblica
moralità
non
è
solo
un
obbligo
morale
o
giuridico
,
ma
anche
un
obbligo
politico
,
anzi
è
l
'
obbligo
politico
per
eccellenza
imposto
dal
principio
stesso
che
regola
la
vita
del
governo
democratico
,
e
che
lo
contraddistingue
da
tutte
le
altre
forme
di
governo
sinora
esistite
,
il
principio
del
«
potere
in
pubblico
»
.
StampaQuotidiana ,
Chi
s
'
era
immaginato
che
le
proteste
degli
abusivi
siciliani
fossero
una
subitanea
esplosione
di
rabbia
,
è
costretto
a
ricredersi
.
A
più
di
un
mese
dalla
marcia
su
Roma
dei
trentamila
,
avvenuta
il
17
febbraio
,
il
movimento
è
passato
dalla
protesta
pacifica
all
'
azione
illegale
di
massa
.
Un
'
azione
che
in
quanto
tale
avrebbe
dovuto
essere
fermamente
condannata
dal
governo
e
dall
'
opposizione
.
Anche
dall
'
opposizione
che
,
sino
a
prova
contraria
,
è
l
'
opposizione
di
uno
Stato
democratico
.
Ciò
che
è
avvenuto
in
Sicilia
è
uno
degli
episodi
più
gravi
,
forse
il
più
grave
,
di
disobbedienza
civile
,
che
il
nostro
paese
abbia
conosciuto
in
questi
quarant
'
anni
.
Oggetto
in
un
primo
tempo
d
'
istigazione
,
cui
non
sono
stati
estranei
alcuni
sindaci
,
la
disobbedienza
è
ora
oggetto
di
una
vera
e
propria
minaccia
,
compiuta
con
azioni
di
continuata
violenza
.
Per
«
disobbedienza
civile
»
s
'
intende
quella
particolare
forma
di
disobbedienza
che
viene
attuata
allo
scopo
immediato
di
mostrare
pubblicamente
che
la
legge
cui
si
dovrebbe
prestare
obbedienza
è
ingiusta
e
allo
scopo
mediato
d
'
indurre
il
governo
a
cambiarla
.
Abitualmente
viene
accompagnata
da
giustificazioni
tali
da
farla
apparire
non
solo
lecita
ma
anche
doverosa
,
e
da
esigere
che
venga
tollerata
,
contrariamente
a
qualsiasi
altra
trasgressione
,
dalle
pubbliche
autorità
.
Si
chiama
«
civile
»
perché
chi
la
compie
ritiene
di
non
venir
meno
al
proprio
dovere
di
cittadino
,
anzi
ritiene
di
comportarsi
da
buon
cittadino
piuttosto
disobbedendo
che
obbedendo
.
Per
questo
suo
carattere
dimostrativo
tende
a
esprimersi
in
pubblico
a
differenza
dalla
disobbedienza
comune
la
quale
per
raggiungere
il
proprio
scopo
deve
nascondersi
.
La
disobbedienza
civile
può
essere
giudicata
da
due
punti
di
vista
:
l
'
uno
strettamente
giuridico
,
l
'
altro
etico
.
Dal
punto
di
vista
dello
stretto
diritto
ogni
forma
di
disobbedienza
è
da
considerarsi
in
generale
illecita
.
La
nostra
Costituzione
stabilisce
all
'
art.
54
che
«
tutti
i
cittadini
hanno
il
dovere
di
essere
fedeli
alla
Repubblica
e
di
osservarne
la
Costituzione
e
le
leggi
»
.
Non
c
'
è
bisogno
di
consultare
un
libro
di
logica
per
rendersi
conto
che
l
'
obbligo
di
osservare
le
leggi
implica
il
divieto
di
non
osservarle
.
A
maggior
ragione
in
un
regime
democratico
.
Nel
quale
ai
cittadini
è
riconosciuto
il
diritto
di
riunirsi
e
di
associarsi
pacificamente
per
protestare
contro
una
legge
che
ritengono
ingiusta
e
impedirne
l
'
approvazione
o
promuoverne
l
'
abrogazione
.
Un
regime
democratico
può
essere
definito
come
quello
in
cui
alla
disobbedienza
civile
,
che
è
l
'
extrema
ratio
cui
possono
ricorrere
i
sudditi
di
un
regime
dispotico
,
si
sostituisce
il
diritto
di
protesta
e
oltre
la
protesta
il
diritto
di
partecipare
direttamente
o
indirettamente
alla
formazione
delle
leggi
.
Dal
diritto
sacrosanto
di
protestare
contro
l
'
emanazione
di
una
legge
non
discende
il
diritto
di
non
osservarla
dopo
che
essa
sia
stata
democraticamente
approvata
.
Così
pure
dal
dovere
di
osservare
una
legge
non
discende
l
'
obbligo
di
rinunciare
a
protestare
affinché
sia
modificata
o
abrogata
.
Vi
sono
due
modi
per
reagire
a
una
legge
che
si
considera
ingiusta
:
la
protesta
e
la
disobbedienza
.
In
un
regime
dispotico
sono
proibiti
tutti
e
due
.
In
un
regime
democratico
è
ammesso
il
primo
e
non
il
secondo
.
Non
esiste
alcun
regime
politico
in
cui
siano
ammessi
entrambi
.
Il
che
vuol
dire
che
la
disobbedienza
civile
può
essere
attuata
,
in
ogni
caso
,
sempre
e
soltanto
a
proprio
rischio
e
pericolo
.
Che
all
'
istigazione
abbiano
sin
dall
'
inizio
partecipato
non
soltanto
semplici
cittadini
ma
anche
persone
investite
di
pubblica
autorità
,
rende
la
«
rivolta
»
siciliana
ancora
più
preoccupante
.
Mi
pare
che
il
caso
non
abbia
precedenti
,
e
bisogna
ammettere
che
come
precedente
è
di
una
gravità
eccezionale
.
Tra
i
mille
segni
di
disgregazione
della
nostra
vita
civile
,
è
uno
dei
più
funesti
.
Uomini
chiamati
a
provvedere
all
'
interesse
pubblico
proteggono
i
più
sfacciati
e
insolenti
interessi
privati
.
Invece
di
reprimere
gli
abusi
li
difendono
e
difendendoli
li
favoriscono
.
Invece
di
mettersi
dalla
parte
dei
pochi
onesti
danno
voce
ai
molti
che
onesti
non
sono
stati
.
Giustificandoli
con
argomenti
spesso
speciosi
(
in
Sicilia
non
ci
sarebbero
abusi
per
causa
di
speculazione
)
li
incoraggiano
a
perseverare
nell
'
oltraggio
alle
leggi
e
nella
violenza
contro
lo
Stato
.
Diverso
è
il
punto
di
vista
morale
.
La
disobbedienza
civile
può
essere
in
alcuni
casi
moralmente
giustificata
.
Ma
occorre
che
la
causa
sia
nobile
.
Occorre
,
per
usare
una
nota
formula
giuridica
,
«
l
'
aver
agito
per
motivi
di
particolare
valore
morale
e
sociale
»
.
Giustifichiamo
(
e
ammiriamo
)
la
disobbedienza
dei
neri
nell
'
Africa
del
Sud
.
Ci
siamo
schierati
dalla
parte
dei
neri
che
negli
Stati
Uniti
entravano
pacificamente
in
un
locale
pubblico
o
in
un
autobus
riservato
ai
soli
bianchi
.
Ma
rispetto
a
questi
esempi
,
le
parti
sono
,
nell
'
attuale
vicenda
siciliana
,
invertite
.
Lo
scopo
della
rivolta
è
la
difesa
non
già
di
un
diritto
conculcato
ma
della
violazione
di
un
diritto
.
L
'
impunità
viene
chiesta
non
contro
il
sopruso
altrui
ma
per
non
subire
le
conseguenze
della
propria
condotta
sin
dall
'
inizio
giuridicamente
illecita
e
in
molti
casi
socialmente
rovinosa
.
Si
disobbedisce
non
per
non
essere
più
sottoposti
a
una
legge
iniqua
,
ma
per
essere
autorizzati
da
una
legge
che
sarebbe
non
meno
iniqua
a
perpetuare
uno
stato
d
'
ingiustizia
.
Il
nostro
Stato
di
diritto
è
una
nave
che
fa
acqua
da
tutte
le
parti
.
Ma
il
consentire
che
ognuno
si
faccia
la
legge
che
vuole
,
e
il
cittadino
rispettoso
delle
leggi
paghi
anche
per
coloro
che
non
le
rispettano
,
è
assolutamente
intollerabile
.
E
anche
il
modo
più
sicuro
e
più
rapido
per
farla
affondare
.