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> anno_i:[1970 TO 2000}
Ricordo di Carlo Levi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Non mi è facile scrivere di Carlo Levi , avendolo avuto caro come un fratello . La sua persona è per me strettamente legata a eventi , persone e anni della mia giovinezza . La sera che ho saputo che stava male , e moriva , ho radunato insieme , dentro di me , tanti ricordi sparsi . Non credo di riuscire a parlare distesamente di lui come pittore , né come scrittore , né come uomo politico . Posso unicamente allineare ricordi . Negli ultimi anni , lo vedevo di rado . Quando lo incontravo , mi sembrava di incontrare una folla di esseri amati e perduti . Questo , e la grande serenità che spirava dalla sua persona , mi facevano sentire , ogni volta che lo incontravo , commossa e felice . In verità non so perché non cercassi di vederlo di più . Noi abbiamo , con la nostra giovinezza e con le persone che la abitavano , rapporti complicati , tortuosi e pesanti . I nostri movimenti ne sono spesso impediti . Pure quando incontravo Carlo Levi , sentivo dissolversi ogni tortuosità e complicazione e il suo viso grande e roseo mi rallegrava . Negli era una persona con la quale i rapporti erano diretti e leggeri . I primi ricordi che ho di lui , risalgono al tempo della mia adolescenza , a Torino , sua e mia città . Nera più vecchio di me di quattordici anni . Quattordici anni mi sembravano allora moltissimi . Apparteneva al mondo degli adulti , mondo nel quale io anelavo di entrare con una ansia che aveva tutte le caratteristiche dello snobismo , come si anela di raggiungere una più alta e nobile sfera sociale . Nero però timida , e questa ansia restava nascosta . Egli mi intimidiva , così che in sua presenza trovano difficile sillabare parola . Non so come , gli era capitato fra le mani un mio quaderno di poesie , e ogni volta che mi vedeva citava un pezzetto di una mia poesia sul mattino , che io avevo scritto a dieci anni : « Ogni fronte si copre di sudore I ogni cuore si riempie d ' amore I lavoratori , il ciel vi benedica ! » Questi versi io li trovano orribili , e mi sembrava di averne scritti , in seguito , di migliori . Ma a lui il verso dei lavoratori dava grande allegria . Lo ripeteva guardandosi intorno con il suo solare sorriso . Non era molto alto ma era grande , riempiva lo spazio con la sua persona così che intorno a lui tutti sembravano striminziti . Sembrava colorato , e grigi gli altri . Aveva un viso grande , largo , roseo , circondato da una corona di riccioli . Aveva un cappotto chiaro , quasi bianco , largo e corto , sempre sbottonato e di una lana moscia e pelosa . Aveva giacche di velluto a coste che allora nessuno portava , bottoni dorati e istoriati , cravatte arabescate , mosce e con un largo nodo . Era amico dei miei fratelli . Aveva studiato medicina , e quando qualcuno era malato , dava consigli medici , che in casa mia dicevano molto acuti . Ma aveva lasciato la medicina . Era un pittore . Io pensavo « un grande pittore » , forse perché mi sembrava che in lui nulla potesse esservi di mediocre o piccolo , e non mi sono mai chiesta , in verità nemmeno in seguito , quale fosse la reale importanza della sua pittura . A me sembrava che nei quadri degli altri , a lui contemporanei , vi fosse squallore e grigio , e nei suoi quadri , un festoso tumulto di colore . I paesaggi , nei suoi quadri , mi sembravano bellissimi : perché frustati dal vento . Era un vento senza né polvere né bufera , un vento che spazzava e scompigliava la natura per accartocciarla e illimpidirla . Anche le figure umane erano frustate dal medesimo vento forte e tumultuoso , che soffiava nelle giacche e nelle cravatte e nei capelli e li tingeva di rosa , di viola e di verde , non per offenderli o mortificarli o renderli grotteschi ma per festeggiarne la prepotenza , la complessità e la gloria . Orecchie e riccioli , così accartocciati diventavano conchiglie . Il mondo , nei suoi quadri , mi sembrava spesso simile a una spiaggia immensa , dove regnava una luce bianca e dove tutto era nuvole , vento e conchiglie . Queste non sono altro che delle rozze impressioni infantili . Egli era l ' unico pittore che mi fosse mai accaduto di conoscere bene di persona e mi capitò anche di vederlo dipingere con il sigaro fra le labbra , gli occhi socchiusi , un piede sollevato sulla punta , i gesti lentissimi , pigri e leggeri . Il suo studio , in piazza Vittorio , all ' ultimo piano , con le finestre che guardavano sulla piazza , e la sua casa di via Bezzecca , con il giardino e alcune piante di nespolo , mi sembravano tra i luoghi più allegri che esistessero al mondo . Scopersi che si occupava di politica e che anzi era , fra le persone che io frequentavo quotidianamente , un ' autorità politica , un capo . Mi sembrò stupendo che egli fosse , insieme , un capo della politica clandestina e un grande pittore . Venne arrestato , in quegli anni , due volte , una volta nel '34 , una volta nel '35 . Quando fu arrestato , quei luoghi allegri e chiari che erano il suo studio e la sua casa mi sembrarono affondare nelle tenebre . Quando fu arrestato nel '35 , mandò dal carcere , a una amica , un foglietto con dei versi che egli aveva scritto in carcere , e che io ho sempre ricordato e che mi accade ancora oggi , ogni tanto , di canticchiare . L ' amica gli aveva spedito lettere con nome falsi , e poi , da Londra , una cartolina con una riproduzione di Monet , firmata con il vero nome . I versi dicevano : « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet i ma perché i nomi doppi I lasciasti nel Tamigi I e son finiti i troppi I giorni senza di te » . A me questi versi sembravano molto belli , e mi sembrava inoltre molto bello che egli riuscisse a scrivere , in carcere , delle piccole strofe liete , mentre tutti noi , da fuori , vedevamo il carcere drammaticamente . Le parole « Quant ' aria questi pioppi » mi sembravano spinte da un impeto libero e lieto , e restarono nella mia memoria indissolubili dalla sua persona , così com ' erano indissolubili dalla sua persona la luce e il vento dei suoi quadri , e nel pensarlo mentre era in carcere mi sembrava che tutta la sua persona fosse spinta dal vento e dall ' aria e scompigliata come erano scompigliate nei suoi quadri le fluttuanti chiome degli alberi e le acque dei fiumi . Quando lo rividi dopo molti anni che non lo vedevo , a Firenze , dopo la liberazione , non sentivo più fra lui e me una grande distanza , sia perché ero cresciuta di anni sia perché , ero stata colpita da sventure . Inoltre lui stesso mi sembrava disceso da quelle altezze e profondità in cui l ' avevo sempre scorto . Mi accorsi allora , in quei giorni a Firenze , che egli in passato sembrava dimorare o su vette di montagne , o negli abissi marini . Era stato lontano e diverso dalla gente che camminava per strada . Adesso , sembrava mescolarsi alla gente . Al suo desiderio di stravaganza , era venuto ad accoppiarsi un desiderio di rassomigliare a tutti . / Non avrei dovuto stupirmene , dito che le sventure e la guerra avevano operato trasformazioni in ognuno . Non so se ne fui stupita ma lo notai . Aveva un cappotto color tabacco dal bavero liso e logoro , una cravatta logora e una magrezza nel viso e nel collo che mi faceva pensare a mio padre . Egli ora mi sembrava umile . In passato , c ' era l ' abitudine , fra gli amici , di ridere di lui e canzonarlo per la sua trionfante sicurezza di sé , per la sua vanità . Era , e rimase sempre , placidamente sicuro , placidamente fiero e con una alta e magnifica idea di se stesso . A Firenze , in quei giorni , scopersi che nella sua vanità poteva esistere anche l ' umiltà . Scopersi che egli era uno di quei rari esseri in cui la vanità non era un difetto ma una qualità . La vanità era , nella sua persona , un sentimento generoso e limpido , frutto di gentilezza , di bontà e di gioia . Come la luce del sole , la sua vanità risplendeva e prodigava a lui stesso e agli altri un ' eguale , calda e chiara luce . Nella vanità , è presente di solito il disprezzo per gli altri e l ' invidia . Ma in lui non c ' era una sola stilla d ' invidia , né una sola stilla di disprezzo per anima vivente . Nera , a Firenze , direttore della « Nazione » . Pubblicava , sulla « Nazione » , delle sue vignette accompagnate da rime . Una di queste vignette rappresentava i ponti distrutti , e sotto c ' era una strofetta che diceva : « Ministro Ivanoè I giudice Coppedè I ricostruiremo i ponti I col gusto dei geronti » . Nera stato al confino in Lucania , e aveva scritto , mi disse , un libro su quegli anni di confino , che pensava di pubblicare . Penso di essere stata fra le prime persone che hanno letto Cristo si è fermato a Eboli . Mi sembrò bellissimo . Anche lui lo trovava bellissimo . A Roma , qualche mese dopo , Einaudi mandò quel manoscritto in tipografia , e poiché ora io lavoravo in quella casa editrice , corressi le bozze . Le tipografie romane erano scadenti e quelle bozze erano , disse Carlo , « grigie e pelose » . Disse che quel suo libro avrebbe avuto una risonanza immensa , che ne sarebbero state vendute migliaia e migliaia di copie , e che sarebbe stato tradotto in tutti i paesi del mondo . Io non gli credetti . Invece tutto questo avvenne . Ho riletto , in tempi recenti , Cristo si è fermato a Eboli . E un grande libro . Avevo avuto la sensazione , leggendolo la prima volta , che lui scrivendo non raccontasse , ma invece dipingesse e cantasse . Questa sensazione era , io credo , giusta , ed è miracoloso come queste pagine tutte cantate e dipinte formino una realtà storica , umana e civile che nessuno aveva mai scoperto . Il prodigio di Cristo si è fermato a Eboli è di aver congiunto insieme l ' arte e l ' impegno civile , l ' ozio fantastico e lo studio della realtà , e l ' Italia del Nord e del Sud in una visione armoniosa , dove appare remota ogni ombra di superiorità o alterigia di cultura e dove hanno eguale spazio l ' immota contemplazione e l ' impeto rivoluzionario . Regna ovunque nel libro una luce bianca , e non sappiamo se questa bianca luce provenga dalle mura delle case divorate dal sole o se provenga dalla chiarezza dell ' intelligenza che le ha contemplate . La verità , umanità e grandezza di Cristo vanno oltre le sensazioni di meraviglia che suscitò quando fu stampato , meraviglia che nasceva dal fatto che nulla di simile era stato scritto mai . La sua verità e grandezza sono oggi intatte , anche se quella visione armoniosa è oggi lontana dal nostro mondo , affaticato e rotto da infinite delusioni e incapace di chiarezze . Carlo Levi fu , per sua natura , una persona in cui l ' armonia era indistruttibile e indispensabile , come è indistruttibile e indispensabile per il sole la propria stessa luce . Il mondo deve essergli apparso , negli ultimi anni , disarmonico e faticoso , ma egli lo amava ugualmente e certo lo perdonava , per sua generosità e bontà e umiltà , così come forse perdonava agli amici indifferenze e tradimenti , passando oltre non rapido ma lentissimo essendo egli incapace di atti ruvidi , rapidi e brutali . « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet ... » Questi suoi versi antichi , quante volte li ho canticchiati dentro di me . Non gliel ' ho mai detto . Non gli ho mai detto che li conoscevo . Lui probabilmente non si ricordava di averli scritti , a Torino , in carcere , quarant ' anni fa . L ' estate scorsa mi telefonò e cenammo insieme in una trattoria del centro . Non lo vedevo da tempo . Non lo trovavo invecchiato , se non per i capelli ora tutti bianchi , leggeri come piume , e per una magrezza rosea nel viso e nel collo , che di nuovo mi ricordò mio padre . Avevo sempre pensato che c ' era in lui una vaga rassomiglianza con i miei , forse perché gli ebrei hanno spesso delle rassomiglianze , e sua madre aveva avuto i capelli rossi e c ' erano capelli rossi anche nella mia famiglia , e lentiggini , e questo mi sembrava stabilisse fra noi e lui una sorta di cuginanza . Non eravamo parenti , benché io abbia , di nascita , il suo stesso cognome . Fu quella l ' ultima volta che io lo vidi . Come sempre quando m ' incontrava , citò il mio verso « Lavoratori » , con un sorriso solare , e un largo gesto di benedizione . Lasciammo la trattoria , e lo vidi ancora una volta camminare nella notte romana , come tanti anni fa , al tempo di Cristo , con il suo passo ozioso , randagio e leggero . Credo che allora di nuovo , come nei giorni della liberazione a Firenze , pensai alla sua grande umiltà . Nel ricordarlo , è molto bello ricordare insieme la sua umiltà e la sua sicurezza trionfante . E bello ricordare insieme il suo immenso ozio e il suo impegno civile , la sua placida felicità e la sua solidarietà con ogni umana sventura , le contraddizioni che vivevano in armonia nel suo temperamento , il tempo sconfinato che avevano le sue giornate , il suo cappotto sempre sbottonato , il sigaro , il passo leggero .
Rispettare i morti ( Ginzburg Natalia , 1990 )
StampaQuotidiana ,
Non muovo alcun rimprovero a Lorenzo Mondo , per aver pubblicato quelle note di Pavese , qualche giorno fa . Ha aspettato quarant ' anni prima di pubblicarle ; infine ha pensato che si trattava d ' un documento e i documenti è giusto farli conoscere ; e difatti è giusto . Se fossi stata io a trovarle , non le avrei pubblicate ; ma il mio rapporto con Pavese era di stretta amicizia ; avrei troppo temuto le reazioni che potevano suscitare e forse le avrei distrutte ; non lo so . Comunque Lorenzo Mondo lo capisco e non posso dargli torto . Le ha accompagnate con un commento sommesso e discreto . Mi addolora però profondamente la gran polvere , il clamore che ne è seguito . Pavese , per quelle note , è stato chiamato fascista , filonazista . La sua figura pubblica è stata colpita a sassate da ogni parte . Qualcuno l ' ha difeso . Ma il clamore e la polvere hanno coperto ogni argomentazione pacata e sensata . I morti che ci sono cari , noi vorremmo che fossero rispettati . Rispettarli significa astenersi dal sottoporli a un processo inquisitorio . Risparmiare alla loro immagine le deduzioni malevole , giudizi affrettati e recisi , il chiasso futile e malevolo dei giornali . Ma esiste nel nostro tempo uno strano e insano piacere nell ' infierire contro la memoria dei morti . Nel fare strame della loro vita privata e pubblica , e della loro opera , quando un opera loro ci sia rimasta . Ne successo a Hemingway , a Montale , a Felice Balbo , a tanti altri in varia forma e varia misura . Succede oggi a Pavese . Prima viene fatta di loro una sorta di statua , mirabile e immobile , poi la statua viene presa a sassate . I morti , nel nostro tempo , bisogna che si aspettino o le genuflessioni che vengono tributate ai marmi sacri , o la dimenticanza , o le sassate . Non è il nostro un tempo dove i morti possano convivere felicemente coi vivi . Per quanto riguarda Montale , non c ' è dubbio che ha agito male quando ha firmato con il proprio nome le pagine scritte da un altro , ma è ben meschina , gretta e polverosa la furia che si è scatenata su questo episodio . Su Felice Balbo , anni fa , è stato costruito un castello di accuse oscure totalmente inventate , ordite chissà a quale scopo da qualche mente perversa . Era una fra le persone più limpide che ci siano mai state . Su Pavese , non è stato inventato nulla , quelle note esistono , scritte dalla sua mano . Ma la vita d ' un uomo è vasta , ed è fatta di istanti dei quali non sappiamo nulla , di atti nobili e meno nobili , di pensieri scritti in qualche lettera o in qualche quaderno , poi contraddetti da nuovi pensieri o dal comportamento nel corso degli anni . Ne fatta di colpe , di rimorsi , di sacrifici e azioni generose che a tutti resteranno per sempre ignoti . Che senso ha processare un essere umano che fino a ieri appariva senza colpa , da parte di chi non l ' ha mai conosciuto e l ' ha conosciuto poco e male , o di chi è nato molto dopo la sua morte ? E soprattutto perché tanto insano piacere nel fare strage della sua memoria , deturpare la sua immagine e renderla del tutto irriconoscibile a quanti l ' hanno amata ? Nessi ne conservano i veri connotati stampati negli occhi , e tuttavia si sentono persi , come se quei connotati non fossero mai stati veri . Pavese è morto quarant ' anni fa . Quelli che l ' hanno conosciuto nell ' intimo sono ormai pochi : una misera minoranza . Pochi ormai sono in grado di evocarne la fisionomia vera , i gesti , i passi , la voce . Una persona umana è fatta anche di questo : non soltanto delle pagine che ha scritto o delle idee che aveva . La cosa onesta che si deve fare nei riguardi d ' un morto , se era uno scrittore , è leggere le sue opere , scrutarne il significato e prediligerne le migliori ; quelle che ci sembrano le migliori . Di uno scrittore che è morto , è importante il meglio ; il peggio va accantonato in disparte . E tuttavia anche il peggio deve essere conosciuto , indagato e studiato : ma in disparte . Ne in qualche modo è lo stesso per ogni persona umana : non si capisce bene perché , ma dopo che è morta , il meglio che aveva lo vediamo salire in superficie , e il peggio calare nel buio : ed è il meglio che vogliamo ricordare di più . Quelle note di Pavese che sono state pubblicate ora mi hanno turbato , non voglio negarlo . So bene che pensava e scriveva a volte delle assurdità . La sua straordinaria intelligenza non glielo impediva . Di politica non capiva niente , e quelle note sono per la massima parte politiche . Non le ha stracciate : non stracciava mai niente . Mi ha ferito soprattutto , in quelle note , quanto lui scriveva sulla Germania di Hitler . Le atrocità dei tedeschi , dice , non sono diverse dalle atrocità compiute nella Rivoluzione francese . Scriveva così nel '42 , mentre gli ebrei morivano a milioni nei campi di sterminio , nel modo che sappiamo . Allora , sui campi di sterminio , non sapevamo tutta la verità , ma si sapeva pure che quanto stava succedendo agli ebrei in Germania era qualcosa di intollerabile per il nostro pensiero . Sul fascismo , su Mussolini , sulla guerra , dice delle frasi grottesche . Fanno un ' immensa rabbia , ma chi l ' ha conosciuto , Pavese , ricorda che era bastian contrario . L ' Italia stava perdendo la guerra , nel '42 , e lui parla di vittoria . Il fascismo , non c ' era ormai più nessuno in Italia che non ne auspicasse la fine , e lui si domanda se non era forse una cosa buona . Non le ha incluse nel suo diario , quelle note , ma non le ha stracciate . Avrà forse pensato che potevano essergli di qualche utilità per ricostruire se stesso , in un certo periodo , per osservare un giorno i percorsi capricciosi del proprio pensiero ? per conservare il peggio di se stesso ? Ma le frasi sulla Germania di Hitler , chi gli ha voluto bene le ripensa con vivo turbamento . Tuttavia chi gli ha voluto bene non gli toglie certo una sola stilla d ' affetto . Mi trovo d ' accordo con quanto ha detto di lui Luisa Sturani : era come un ragazzo : la sera s ' addormentava con un ' idea e la mattina dopo si svegliava con l ' idea opposta . Così succede ai ragazzi . Usava scrivere tutto quello che gli passava per la testa . Che sia stato fino all ' ultimo un adolescente , è sicuro . Ha portato avanti la propria esistenza in maniera assurda , con un carico di ossessioni e di fissazioni che non è mai riuscito a buttare via ; e , come fanno gli adolescenti , ubbidiva a discipline e privazioni insensate e severe , che si era imposto da sé . E riuscito a rifiutarsi ostinatamente tutto quello che desiderava , per una dolorosa difficoltà a vivere ma anche per qualche severa ingiunzione mentale : desiderava avere una moglie , una casa : e non le ebbe mai . Da giovane , diceva che si sarebbe scelto per moglie una ragazza opaca , insignificante , docile , che occupasse nella sua vita pochissimo spazio : « Una donna che , pregata , volesse dar mano alla casa » . Sono versi di Lavorare stanca . In seguito , questo sogno lo cancellò . Cadeva sempre con delle donne che lo rendevano infelice : donne forti , autoritarie , sfuggenti , nervose , radiose e tigresche : amando in verità il dolore e le bufere che scatenavano nella sua anima . E tuttavia l ' antica moglie opaca ogni tanto ricompariva nella sua immaginazione . Le donne erano al centro dei suoi pensieri : un mondo a cui non gli riusciva di accostarsi senza febbre , dolore e strazio . Chiamarlo fascista è una follia pura . Chi l ' ha conosciuto vivo , chi è in grado di evocarne la figura , i gesti , il comportamento , il senso stesso della sua esistenza , sa bene come egli fosse l ' esatto contrario di quello che il fascismo è stato . Tutto quanto formava lo spirito del fascismo era assente dalla sua persona . Lui era un uomo schivo , scontroso , amante del silenzio e dell ' ombra . Il fascismo era violento e declamatorio , vociante nelle piazze e nelle strade . Lui era solitario e taciturno ; e incapace di fare offesa alla piuma d ' un passero . Nel giudicarlo , chi legge quelle sue note e si sdegna per le storture del suo pensiero , o chi lo condanna per non essersi lui battuto durante la Resistenza e per essersi nascosto , non dovrebbe dimenticare che otto anni dopo , sette anni dopo si è ucciso : e un suicidio ha sempre infinite motivazioni , fra le quali è presente , sempre o quasi sempre , un senso di colpa , un carico insopportabile di rimorsi , giusti o ingiusti , ma sempre disperati . Perciò chi lo condanna , questo lo dovrebbe mettere in conto ; e certo ogni suicidio va contemplato a sé ; ma guardando al suicidio di Pavese mi sembra debba cadere ogni sdegno o collera , e debba essergli dato quel rispetto che è dovuto all ' estrema disperazione . Ai suoi amici , Pavese ha dato molto , e ha insegnato molto : ha insegnato o cercato d ' insegnare la serietà nel lavoro , il disinteresse , l ' indifferenza alla gloria . Ha insegnato la pietà . Chi era allora colpito da sventure , ne ricorda la dedizione , la generosità , la gentile e sconfinata pazienza . Ai suoi amici , ha anche insegnato la forza nel sopportare il dolore ; questa forza lui non l ' ha avuta , ma ne sapeva la necessità , ed essa era in qualche modo presente nelle pieghe della sua faccia , nei suoi modi , nel suo passo rapido e solitario . Tuttavia nessuno dei suoi amici l ' ha mai considerato un maestro di vita o un maestro di pensiero : troppe volte pensava delle assurdità ; e troppo lo vedevano condurre la sua propria vita in un modo ostinato , sofferente , tortuoso e maldestro : la sua grande intelligenza , matura , complicata , adulta , contrastava con l ' immaturità della sua indole , con la nativa semplicità del suo essere ; e non gli ha dato mai alcun soccorso nei rapporti col prossimo , nei sentieri dell ' esistenza : e anzi gli ha sbarrato la strada . Ne è stato un narratore e un poeta ; così è giusto e onesto che sia ricordato ; e anche è stato uno degli uomini più appassionati , più umili e meno cinici che siano mai passati su questa terra .
StampaQuotidiana ,
L ' interesse che aveva suscitato la discussione , su questo giornale , relativa ai problemi paranormali , dopo le trasmissioni televisive e il libro di Piero Angela , pare spegnersi , malgrado l ' intervento di illustri personalità come Jemolo , Granone , Barone e Vacca . Essa sta esaurendosi in seguito alla risposta negativo - evasiva di Rol ed alla rassegnata replica dello storico e giurista romano , e cioè di Temolo stesso . Credo che il lasciar morire la discussione costituisca un errore sociologico e psico - sociologico , tanto più che , nel libro Angela , si parla di un Comitato scientifico per l ' esame dei problemi paranormali . Sono dell ' opinione che la scienza ufficiale non debba rifiutare , sdegnosamente , di occuparsi dei fenomeni paranormali , lasciando , a chi ne afferma l ' esistenza , l ' onere della prova . In teoria ciò è più che giusto . In pratica , se i fenomeni esistessero , un « sensitivo » povero non avrebbe mai la possibilità di dimostrare le proprie qualità , perché non potrebbe istallare un laboratorio con complessi strumenti che le provino . La presenza di un prestigiatore , infatti , può avallare l ' inesistenza di trucchi , ma non può sancire la realtà , né determinare , se possibile , la causa di tali strani eventi . Se è perfettamente inutile occuparsi dei molti inventori che ogni anno scoprono il moto perpetuo , può costituire una perdita di tempo un po ' meno inutile il cercar di indagare su chi può aver eventualmente ritenuto , in quella filogenesi di cui è frutto , alcune qualità che esseri più in basso di noi nella scala zoologica indubbiamente possiedono e noi abbiamo presumibilmente perduto ( la percezione di ultrasuoni , quella del magnetismo terrestre , ecc . ) . La segnalazione dell ' importanza psico - sociologica e sociologica di problemi del genere , da un lato , e l ' esempio della necessità di far luce , anche a costo di distruggere illusioni , dall ' altro , ci vengono rispettivamente dall ' affluenza dei visitatori all ' ostensione della Sindone e dal Convegno che ne è seguito - con discussioni a livello nettamente scientifico , salvo un paio di interventi soltanto fideistici - e ancor più dalla coraggiosa appendice di una indagine da condursi con i più moderni metodi d ' ogni scienza per provare , con procedura non difficile , l ' antichità del « lenzuolo » e , qualora risulti possibile , la genesi delle macchie . I tre milioni di visitatori dimostrano quale sia l ' interesse per i fenomeni paranormali , che esiste nella massa dell ' opinione pubblica . La Sindone , infatti , costituisce un fenomeno paranormale anche per chi ne ammetta l ' origine divina , normale essendo tutto ciò che può essere spiegato con le conoscenze che , in un certo momento storico , la scienza possiede . Il normale è , quindi , un concetto relativo al tempo . Ad esempi , mezzo secolo fa , sarebbe stato paranormale il sentire e vedere a colori , in Europa , una persona che stessa parlando nel Sud - America . Non v ' è dubbio che molte tra le persone passate davanti alla Sindone o compivano un atto di venerazione fideistica , verso un oggetto in cui credevano , o si impegnavano nella lunga fatica , pensando di poter rinforzare una fede vacillante . Ma altri visitatori erano certamente e semplicemente mossi dalla curiosità di vedere qualcosa di paranormale , divino od umano che fosse , per quel residuo di educazione magica esistente in ciascuno di noi , che ci porta a rifugiarci in un mondo nel quale speriamo che forze ignote agiscano in modo più giusto , più umano , più onesto . Con l ' indagine scientifica sulla Sindone la Chiesa dimostra molto coraggio nel disilludere , eventualmente , la prima fascia di visitatori e nel togliere un supporto alla fede dei dubbiosi , se il risultato riuscirà negativo . Ma compie un ' opera sociologica altamente positiva ed educativa nell ' eliminare dalla religione tutto ciò che di apparentemente paranormale può esistere , ben distinguendo tra la fede vera e quanto ha , in sé , ancora di « magico » , nel senso prettamente scientifico di questa parola . Il libro di Piero Angela , in un campo che ha da fare con la religione più di quanto si creda ( la parapsicologia è , spesso , un sostituto della religione ) , ha grande importanza sociologica perché può essere determinante per la formazione culturale di masse di popolazione molto più vaste di quel che generalmente si pensa . A mio modesto giudizio , perciò , occorrerebbe che qualcuno si muovesse per invitare eventuali « sensitivi » in buona fede a mostrare , sotto controllo scientifico ( ivi compreso il prestigiatore ) quali siano o non siano i loro poteri paranormali . Se in un solo caso si provasse l ' esistenza di un sola forza che non rientrasse in quelle conosciute , tutto il problema del paranormale sarebbe risolto . E se , invece , non si riuscisse a dimostrarla mai , la fascia dei credenti sarebbe molto disillusa - pur continuando molti a coltivare la propria illusione - ; quella dei dubbiosi smetterebbe i tentativi di ricerca e la grande massa di persone che agisce senza riflettere , facendosi anche ingannare da eventuali imbroglioni , man mano imparerebbe a ragionare con la logica e non in base a soli desideri ed a vane speranze . Perciò occorre che qualcuno concretamente si muova per chiarire una situazione che ha tanta importanza psico - sociologica o che qualche « sensitivo » se crede , in buona fede , di possedere poteri paranormali , li renda noti , ammettendo qualsiasi tipo di controllo sui fenomeni che può produrre .
Diventiamo un paese di anziani ( De Castro Diego , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Di tanto in tanto , appare la notizia che , in Italia , la popolazione è divenuta stazionaria e qualcuno se ne rallegra , perché non ha la più vaga idea di quante conseguenze negative porti per parecchi decenni successivi il raggiungimento di un equilibrio del genere . Non credo esistano demografi e statistici italiani che non auspichino una sia pur lieve eccedenza dei nati sui morti . Il saldo negativo tra le nascite e le morti era limitato nel 1972 a poche province del Nord e a due del Centro , mentre ora si sta allargando a macchia d ' olio . Le ultime cifre ufficiali - non ancora pubblicate in dettaglio , provvisorie , ma attendibili - per i mesi dal gennaio all ' ottobre 1980 , indicano che , ormai , nell ' Italia Settentrionale , l ' eccedenza dei morti sui nati è cronica e che per i primi dieci mesi dell ' anno è stata di 31.611 unità , contro le 13.634 dei corrispondenti mesi del 1979 . In Liguria , i morti sono il doppio dei nati ; in Piemonte , si riscontra un supero di 9927 morti sui nati che sono soltanto 33.101 . In Toscana ed in Umbria le nascite sono largamente inferiori alle morti , nelle Marche sono lievemente superiori , mentre , nel Lazio , si sente nettamente l ' influsso del Meridione , con una eccedenza di 12.584 unità a favore delle nascite . L ' Italia Meridionale e le Isole realizzano un saldo attivo di 118.041 nati e l ' Italia intera di 91.197 . Forse non è male ricordare che , nel 1972 , tale saldo , per l ' Italia , era di 375.283 unità . Poiché ci siamo trasformati da Paese di emigrazione in Paese di immigrazione ed abbiamo , ormai , un saldo largamente attivo di immigrati , la popolazione dell ' Italia non corre , per ora , un pericolo grave di diminuzione : i1 Nord non produce figli , ma accoglie gente che viene o torna dall ' estero ; il Sud , dal Lazio in giù , mette al mondo nuovi nati e , seppur ormai raramente ( nel febbraio , marzo , aprile e maggio 1980 ) ha visto gli emigrati per l ' estero superare gli immigrati . Le conseguenze sono piuttosto evidenti . I settentrionali , non prolificando , fanno il possibile a che l ' Italia si meridionalizzi , poi si lagnano che ciò avvenga . Forse nessuno ricor - da che , attorno al 1950 , Torino aveva già raggiunto il risultato di avere più morti che nati e , se non fossero immigrati veneti e meridionali , essa sarebbe oggi , la metà di quella che è . Stiamo già ospitando , in Italia , più di mezzo milione di stranieri provenienti dal Terzo Mondo o da Paesi più poveri di noi . É troppo noto che , tra pochi anni , il carico degli an - ziani , dei vecchi , dei decrepiti - i novantenni sono cresciuti di sedici volte dall ' inizio del secolo - sarà spaventoso per le forze effettivamente produttive : le nuove leve di lavoro , na - te in Italia , saranno sempre più esigue e la situazione peggiorerà di anno in anno . La Francia e la Germania stanno prendendo provvedimenti di politica demografica per ovviare ad una situazione che è già leggermente peggiore della nostra ; noi stiamo a guardare . Anzi c ' è chi si compiace per le culle vuote . I non demografi non sanno che la « popolazione stazionaria » può esistere soltanto per un periodo brevissimo , perché , quando ci si mette sulla sua strada i morti tendono sempre più a crescere ed i nati sempre più a calare . Ed allora non c ' è che l ' immigrazione . Ma non tutti gli Stati europei che l ' anno sperimentata ne sono rimasti molto soddisfatti .
UNA FASE NUOVA ( Spadolini Giovanni , 1971 )
StampaQuotidiana ,
Un nuovo importante passo è stato compiuto sulla via dell ' integrazione europea . La regia dei colloqui fra Pompidou e Heath a Parigi è apparsa attenta e sapiente : degna della grande tradizione francese . Un po ' di suspense nel corso degli incontri , nessun comunicato ufficiale , la mancanza degli stessi ministri degli esteri al tête - à - tête fra due uomini , un capo di Stato e un capo di governo , che parlavano malissimo l ' uno la lingua dell ' altro . Alla fine una conferenza stampa , abbinata , del presidente francese e del premier inglese : quasi a rinnovare il fastoso scenario gollista ma non più sul piano dell ' « a solo » , non più sullo sfondo della gladiatoria esibizione del generale , impegnato coi giornalisti a comando a « recitare » le risposte prefabbricate a domande non meno prefabbricate . Le dichiarazioni finali di Pompidou e di Heath rispondono a un ragionevole ottimismo , dimostrano che molti angoli sono stati smussati , molti dei grossi problemi pendenti fra le due rive della Manica avviati a soluzione . Soprattutto è stato ottenuto un « disgelo » psicologico di conseguenze e di proporzioni non prevedibili . La rancune del periodo gollista è apparsa superata ; il dialogo è stato ripreso , e non più soltanto sul terreno delle differenziazioni o contrapposizioni tecnico - economiche , agricoltura , zuccheri dei Caraibi , relazioni monetarie , già affrontate e parzialmente rimosse nell ' ultima sessione della comunità europea a Bruxelles . Francia e Inghilterra hanno dimostrato di rendersi conto delle nuove prospettive mondiali , che vedono emergere un terzo grande accanto alla Russia e all ' America , la Cina ; hanno dimostrato di capire che solo la dimensione , prima economica e poi politica , di un ' Europa avviata ad un vincolo federativo è in grado di evitare la totale sommersione del vecchio continente , la sua trasformazione in oggetto passivo di una storia che si svolga al di fuori di ogni sua partecipazione , degradandola a squallido teatro di antiche grandezze . Certo le impennate tedesche sul marco hanno contribuito in modo determinante alla « svolta » di Parigi . C ' è in Francia un crescente sospetto per la politica di Bonn , e non solo per la Ostpolitik , che in generale aveva anticipato dal suo orgoglioso angolo visuale , forse anche per impedire che potesse passare nelle mani della Germania federale . Il vincolo speciale , che De Gaulle aveva creato fra Parigi e Bonn , non è stato capace di sopravvivere alla scomparsa del generale . Il successore dell ' Eliseo , interprete com ' è di un realismo francese pragmatico e un tantino disincantato , simbolo della tradizionale borghesia d ' oltralpe , ha ripreso il filone classico della Francia repubblicana di Delcassé , si è riavvicinato alla Gran Bretagna con uno spirito non troppo lontano dall ' Entente cordiale . Ma il futuro di un ' Europa integrata trascende tali punti di partenza ; il peso della Germania federale è una realtà , dalla quale sarebbe pericoloso ed assurdo prescindere . Si tratta di trovare lungo la strada gli equilibri e i contrappesi necessari a realizzare , con l ' unione economica , quella politica del continente . Pompidou non si è nascosto le difficoltà che ancora si frappongono al raggiungimento di tale obiettivo , gli ostacoli da superare . Quanto a Heath , tornando a Londra , non troverà una situazione di tutto riposo . Il quadro del Parlamento britannico non è dei più rassicuranti . Un ' ala non secondaria dei deputati conservatori , che detengono una maggioranza tutt ' altro che schiacciante alla Camera dei Comuni , è tiepida o addirittura ostile all ' Europa : quasi due terzi dell ' opposizione laborista inclina al vecchio e tenace isolazionismo britannico . Ci vorrà una intesa diretta fra il capo dell ' esecutivo e il capo dell ' opposizione ( la linea europeista di Wilson è ben nota ) per consentire di aggirare in autunno gli scogli parlamentari , che non mancheranno , al suggello e alla sanzione della ritrovata intesa fra Francia e Gran Bretagna . Senonché in questa fase di decisiva transizione molto potrebbero fare anche gli altri paesi della Comunità . A cominciare dall ' Italia : se riuscisse per un momento a mettere in sordina le miserabili beghe sull ' elezione presidenziale ( si è già aperta una polemica tanto poco edificante ) e a guardare oltre le frontiere delle divisioni domestiche e delle competizioni municipali . Anche perché l ' Europa , nell ' attuale quadro di caos e di degradazione nazionale , rimane l ' ultima speranza per noi .
Chi brucia le legislature ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
Che il voto di scambio aumenti a danno del voto di opinione , come ho scritto precedentemente , è , anche questa , una vecchia storia . In un discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 27 gennaio 1848 , Tocqueville , lamentando la degenerazione dei costumi pubblici , per cui « alle opinioni , ai sentimenti , alle idee comuni si sostituiscono sempre più interessi particolari » , diceva , rivolto ai colleghi del Parlamento : « Mi permetterei di domandarvi se , per quanto ne sapete , in questi ultimi cinque , o dieci , o quindici anni , non sia cresciuto incessantemente il numero di coloro che vi votano per interessi personali o particolari ; e se il numero di chi vi vota sulla base di un ' opinione politica non decresca incessantemente » . Considerava questa tendenza espressione di « morale bassa e volgare » seguendo la quale chi gode dei diritti politici « ritiene di essere in dovere verso se stesso , i propri figli , la propria moglie , i propri genitori , di farne un uso personale nel proprio interesse » . Se la storia è così vecchia bisogna concluderne che la democrazia ideale e la democrazia « realizzata » ( per servirci della stessa espressione con cui si rappresenta la degenerazione del sistema sovietico rispetto all ' ideale ottocentesco del socialismo ) non sono la stessa cosa . Idealmente la democrazia è la forma di governo in cui esistono alcuni istituti , in special modo il diritto di voto distribuito a tutti , destinati a consentire ai governati di controllare i governanti . In realtà le cose sono un po ' più complicate . E ' vero che il potere dei governanti dipende in larga misura dal numero dei voti , ma è anche vero che il numero dei voti dipende dalla maggiore o minor capacità dei governanti di trovare i mezzi per soddisfare le richieste degli elettori . Tra elettore ed eletto si viene così a stabilire un rapporto di dipendenza reciproca . L ' eletto dipende dall ' elettore riguardo alla sua legittimazione a governare ; l ' elettore dipende dall ' eletto se vuole ottenere certi benefici di cui il presunto dispensatore è chi dispone di pubbliche risorse . In questo modo colui che dovrebbe essere il controllore diventa a sua volta il controllato . Si ponga mente alla espressione comune del linguaggio politico : « Quanti voti controlla quel tale deputato , quel tale consigliere comunale , quel tale leader politico nel proprio partito ? » Tocqueville credeva che l ' unico rimedio fosse nell ' elevazione della pubblica moralità . Era convinto che al buongoverno contribuissero più i costumi che le istituzioni , più gli uomini che le leggi . Diceva : « Questa malattia da cui bisogna guarire ad ogni costo e che , credetemi , ci colpirà tutti , tutti capite , se non faremo attenzione , è nello stato in cui si trovano lo spirito pubblico e i pubblici costumi » . Non diversamente , un altro grande scrittore politico dell ' Ottocento , John Stuart Mill , riconosceva che il buongoverno dipende dalle buone leggi , ma aggiungeva che le buone leggi abbisognano di buoni uomini per essere applicate : « A che servono le buone regole di procedura - si domandava - se le condizioni morali del popolo sono tali che i testimoni generalmente mentono e i giudici si lasciano corrompere ? » Distinguendo i cittadini in attivi e passivi , sosteneva che i governi dispotici si reggono sui secondi , i governi democratici hanno bisogno dei primi . Di fronte alla pubblica corruzione , precisava , i passivi dicono : « Bisogna aver pazienza » , gli attivi : « Che vergogna ! » Senza aver mai letto né Tocqueville né Mill molti italiani di oggi la pensano nello stesso modo . Ma le prediche morali purtroppo non servono . Si tratta di sapere se ci sono rimedi istituzionali o politici . Scartata come inefficace la norma costituzionale che vieta il mandato imperativo ovvero impone al rappresentante una volta eletto di non tener conto degli interessi particolari dei suoi elettori ( non vi sono soltanto prediche inutili ma anche leggi inutili ) , di rimedi istituzionali non ne vedo che uno : la durata prestabilita e non troppo breve della legislatura . Prestabilita , perché non deve essere alla mercè della maggioranza , e non troppo breve perché deve consentire alla maggioranza di svolgere il programma senza essere incalzata dall ' assillo dell ' approvazione immediata da parte del corpo elettorale . Non è difficile capire che il mandato imperativo e una legislatura la cui durata pluriennale è stabilita dalla costituzione sono incompatibili . Là dove una costituzione fissa in anticipo la scadenza della legislatura dopo un certo numero di anni , è segno che il mandato del rappresentante non può essere vincolato agli interessi particolari e contingenti dei suoi elettori . Si dirà che una costituzione come la nostra che prevede il divieto di mandato imperativo prevede pure la possibilità dello scioglimento anticipato del Parlamento . Sì , ma è una misura eccezionale . Una delle maggiori aberrazioni del nostro sistema politico nel suo reale funzionamento sta nel fatto che la fine immatura delle legislature è diventata una prassi tanto che ci stiamo abituando a considerare eccezionali quelle che muoiono di morte naturale . Ma l ' assuefazione all ' idea che la legislatura possa essere troncata anzi tempo secondo il beneplacito delle forze politiche dominanti è deleteria , perché impedisce ai rappresentanti del popolo di distogliere i loro sguardi dagli interessi immediati del partito e indirettamente degli elettori . I programmi a lunga scadenza possono venir presentati soltanto all ' inizio : invece la prassi delle legislature bruciate ha fatto sì che sull ' inizio incomba già la fine , sicché la campagna elettorale appena finita ricomincia ed è sempre potenzialmente aperta . Sotto questo aspetto la legislatura più disgraziata è quella tuttora in corso , che ogni sei mesi è stata data per morta . Si capisce che ogni volta che ne viene annunciata la fine , i « moribondi » che vogliono rivivere guardano con rinnovata sollecitudine agli elettori che sono la loro fonte di vita . Una legislatura che sopravvive sotto la continua minaccia di scioglimento , se non a primavera in autunno , se non in autunno alla primavera successiva , attraverso una lunga agonia , non solamente è inoperosa ma contraddice allo spirito della costituzione che intende mantenere le debite distanze tra il momento della designazione dei rappresentanti e il momento della formazione delle leggi . Che questo sia un problema di fondo lo ha capito benissimo il presidente Pertini , di cui non si può che lodare l ' ostinata e a parer mio salutare opposizione alle elezioni anticipate . Occorre interrompere una prassi infausta e ristabilire una buona volta il principio che la durata di cinque anni è la regola , lo scioglimento anticipato l ' eccezione . L ' estrema facilità con cui attori e osservatori politici parlano di elezioni imminenti dipende anche dal non tener conto delle conseguenze che ne derivano , prima fra tutte il venir meno di una remora , l ' unica remora , istituzionale , alla frammentazione delle domande dal basso e al corrispondente particolarismo delle pubbliche decisioni dall ' alto .
Quando il gioco è pesante ( Bobbio Norberto , 1987 )
StampaQuotidiana ,
Nell ' articolo L ' oggetto misterioso , pubblicato sulla « Stampa » il 30 aprile , Sergio Romano ci ha spiegato le ragioni per cui gli stranieri non riescono a capire il nostro sistema politico . Ma le ragioni addotte riguardano il rapporto fra governo e Parlamento , il regionalismo , l ' istituto del referendum abrogativo , non il modo e la forma della lotta politica . Sono tutti argomenti che interessano esclusivamente gli uomini politici , i giornalisti , gli esperti di diritto costituzionale . A me pare molto più preoccupante che disorientati siano i cittadini italiani . Basta ascoltare i loro commenti di questi giorni . La verità è che si è svolto sotto i loro occhi , specie in questi mesi di crisi , un gioco di potere , di cui conoscono poco le regole , che oltretutto sono , come in genere tutte le regole , troppo vaghe , interpretabili nei modi più diversi secondo gl ' interessi prevalenti dell ' una o dell ' altra parte . Ho anche l ' impressione che la maggior parte dei cittadini non abbia molto interesse a penetrare nel segreto delle regole di strategia , vale a dire delle regole che insegnano quale sia il modo migliore per condurre il gioco allo scopo di vincerlo . La prima volta che mi trovai ad assistere in una università degli Stati Uniti a una partita di football americano , di cui mi erano completamente ignote le regole del gioco e le regole di strategia , non riuscii assolutamente a capire che cosa stessero facendo quei giovanottoni corazzati che si accanivano intorno a una palla ovale che assomigliava a un uovo di struzzo , ora ammucchiandosi l ' uno sull ' altro ora disperdendosi e inseguendosi nel campo . Siccome non ero in grado di capire che cosa stesse succedendo e quale fosse lo scopo di tanto affaccendamento , non riuscii a divertirmi . L ' osservatore comune , come mi è accaduto di notare più volte , non ha neppure la più pallida idea della differenza tra regole del gioco che assegnano ai giocatori i diversi ruoli , imponendo obblighi e attribuendo diritti o poteri , e regole di strategia che suggeriscono le mosse più convenienti per battere l ' avversario . La regola che attribuisce al presidente della Repubblica il potere di nominare il presidente del Consiglio o quella che prevede che il governo debba presentarsi in Parlamento per ottenere la fiducia sono regole del gioco , le quali debbono essere accettate da tutti i giocatori affinché il gioco , qualunque ne sia l ' esito , che dipende dalle diverse strategie adottate , si possa svolgere . Le mosse che ogni partito compie per riuscire a far parte del governo o per appoggiarlo o per farlo cadere , per provocare la fiducia o la sfiducia , per convogliare il proprio voto verso l ' approvazione o la disapprovazione di un disegno di legge , per formare o disfare un ' alleanza , appartengono invece alla sfera dei comportamenti dai quali , nel rispetto delle regole del gioco che tutti sono tenuti a seguire , dipende che alla fine della partita ci sia un vincitore e un vinto . Nel gioco politico il fine del gioco è il potere , vale a dire una maggiore capacità , rispetto agli avversari , di ottenere gli effetti voluti . Ciò vuol dire che alla fine della partita si considera vincitore chi è riuscito ad acquistare maggiore potere , o in senso assoluto , nel senso cioè di essere il più potente , oppure in senso relativo , nel senso cioè di aver acquistato maggiore potere di quello che aveva prima . A differenza di quel che accade nelle forme di governo autocratico , in cui il maggiore o minore potere dipende soprattutto dal possesso della forza militare , dal peso della tradizione e dall ' alleanza di ristrette consorterie , la caratteristica essenziale del governo democratico è che il potere si misura in base al numero dei voti , anche se oltre il numero dei voti conta il collocamento lungo l ' arco dei partiti del sistema , il cosiddetto potere di coalizione . Ma la quantità dei voti è un elemento essenziale del potere democratico : necessaria se non sufficiente . Nella gara fra partiti , particolarmente intensa in periodi di competizione elettorale , lo scopo di ogni partito è , usando un ' espressione del linguaggio economico , « massimizzare » il numero dei voti . Questo spiega perché la campagna elettorale venga combattuta non solo proponendo un programma per il futuro ma anche presentando un rendiconto , il più possibile positivo , dell ' azione svolta durante gli anni della legislatura scaduta . Tutto ciò che il partito fa , tutto ciò che fanno gli eletti nei loro rispettivi collegi , è fatto in vista di quel rendiconto periodico finale , che avviene nel giorno del voto . Come nell ' arena di un sistema economico concorrenziale ogni mossa dei concorrenti è rivolta al procacciamento del maggior numero di consumatori , così nell ' arena politica di un sistema pluralistico com ' è quello democratico , e in quanto pluralistico concorrenziale , ogni atto di un singolo partito è rivolto , direttamente o indirettamente , a breve o a lunga scadenza , non solo negli ultimi giorni prima delle elezioni ma già sin dal primo giorno dopo la formazione del governo , a raccogliere il maggior numero di voti . I cittadini hanno un bell ' essere infastiditi , irritati , indignati dalla grande partita di cui dicono di non capir nulla perché sono « affari loro » , ma è un fatto che , al contrario , sono affari che li riguardano direttamente e dei quali sono , anzi , i veri protagonisti in quanto , come elettori , hanno il diritto di gettare nell ' urna una scheda e quindi di determinare con questo semplice gesto la maggiore o minore quantità di potere di cui ogni partito potrà godere dopo il voto , e in conseguenza del voto , rispetto a tutti gli altri . Sono loro , i cittadini infastiditi , irritati , indignati , i destinatari di questo gioco , coi loro diversi interessi , i loro sentimenti o umori , che i giocatori cercano d ' interpretare e rappresentare . Chi si è battuto per lo svolgimento dei referendum pensava a un pubblico desideroso di partecipare in prima persona a una decisione importante . Chi si è battuto per le elezioni anticipate , pensava , al contrario , di raccogliere il consenso di chi era ormai giunto alla convinzione che si dovesse voltar pagina al più presto . E così via e così via . Domandarsi oggi chi ha vinto e chi ha perso , non ha senso . Proprio perché i destinatari del gioco sono gli elettori , la vittoria degli uni o la sconfitta degli altri dipenderà esclusivamente da loro . I singoli giocatori possono aver sbagliato i loro calcoli , ma i calcoli sono sempre stati fatti avendo davanti agli occhi coloro che col loro voto sono i detentori del potere ultimo e decisivo in un governo democratico e permettono di stabilire alla fine chi ha sbagliato di più e chi meno . Resta il dubbio che il fastidio , l ' irritazione , l ' indignazione , possano avere per effetto , certamente non previsto e tanto meno voluto dai partiti in lizza , una considerevole diminuzione di partecipanti al voto o un altrettanto considerevole aumento di schede bianche o nulle . In questo caso nessuno avrebbe vinto , tutti avrebbero perduto . Avrebbe perso soprattutto la democrazia . Si sa che gli spettatori in genere non amano il gioco pesante , neppure quello della propria squadra .
SOLO L'EUROPA ( Spadolini Giovanni , 1971 )
StampaQuotidiana ,
C ' è un solo motivo di ottimismo intorno a noi . E non viene certamente dalla Calabria : dove la lotta continua , aspra , impietosa , ostinata negli animi prima ancora che nelle piazze , dove le barricate della periferia sanfedista di Reggio - emula ormai degli eserciti della Santa Fede - scompaiono e ricompaiono nel giro di poche ore , malinconico simbolo di una guerra civile che l ' imprevidenza di un ' intera classe politica , governo e opposizione , non è riuscita né a prevenire né a comporre . Non viene da Torino : dove le decine di migliaia di sospensioni dal lavoro decise dalla Fiat e dalla Lancia indicano il grado di pericolosa stretta cui va incontro il nostro sistema produttivo , malgrado tutti gli ottimismi ufficiali o ufficiosi , che non possono dissimulare la realtà di una stagnazione produttiva inquietante alla lunga soprattutto per i riflessi nell ' occupazione operaia . Non viene da Roma : dove le polemiche dei partiti sulla violenza sono ancora avvolte in un labirinto di ipocrisie e di strumentalizzazioni , che nascondono o aggirano il problema fondamentale che è uno e uno soltanto , la necessità dello Stato di opporre la maestà della sua legge , severa e imparziale verso tutti , agli assalti della sedizione o della rivolta , da qualunque parte provengano ( l ' ha detto , con parole alte e ferme , al congresso socialdemocratico un antifascista come Aldo Garosci che non ha bisogno , in materia di lealtà e di fedeltà democratica , di prendere lezioni da nessuno : contro ogni tipo di squadrismo nero o rosso esiste solo la legge , eguale per tutti , della Repubblica ) . L ' orizzonte della politica interna non giustifica quindi soverchie illusioni o euforie . Ma c ' è un capitolo che negli ultimi giorni ha registrato una svolta confortante : il capitolo dell ' Europa . Gli accordi suggellati a Bruxelles per l ' armonizzazione delle politiche economiche dei Sei e per l ' instaurazione di una moneta comune entro dieci anni , pur circondati da riserve e da condizioni esplicite , hanno riaperto sull ' Italia , travagliata dalle sue lotte municipali e dai suoi fermenti di degradante anarchismo , la speranza europea , quella speranza che accompagnò gli anni degasperiani e illuminò le grandi fatiche della ricostruzione . È inutile soffermarsi sugli ostacoli , che sono ancora grandi , al raggiungimento della sovrannazionalità . Un fatto è certo : con De Gaulle il « sì » francese alla sperimentazione decisa a Bruxelles non si sarebbe avuto . Qualcosa è cambiato in Francia , qualcosa sta cambiando un po ' dovunque : il via alla ripresa del processo europeistico , a quattordici anni dai trattati di Roma , è ormai un dato acquisito . Le fasi sono graduali : i passaggi dall ' una all ' altra incerti . Occorreranno tre anni di « prova » : tre anni in cui l ' intesa di Bruxelles funzionerà soprattutto a livello tecnico , si rifletterà nel sostegno reciproco delle valute comunitarie sui mercati mondiali , nella restrizione dei margini di fluttuazione delle monete europee , in una maggiore e più articolata interpenetrazione dei capitali . La Germania di Bonn , che è oggi il paese economicamente più solido , conserva il diritto - attraverso la famosa « clausola di salvaguardia » - di far decadere nel 1975 le misure di sostegno monetario reciproco qualora nel frattempo non sia stato raggiunto un accordo soddisfacente sul passaggio alla seconda fase . La Francia di Pompidou non fa getto almeno formale di nessuno dei simboli della sua disdegnosa e aristocratica sovranità nazionale ; ammette appena un diritto di intervento e di controllo del Parlamento europeo . Tutto vero : ma è altrettanto vero che un salto di qualità si è registrato nel meccanismo dell ' Europa comunitaria , che la fase della pura e semplice unione doganale è ormai chiusa , che la minaccia dello schiacciamento fra America e Russia ha finito per risvegliare , quasi in extremis , le forze di resistenza storica e psicologica del continente europeo , paralizzate da veti e da contrasti che sul piano mondiale non sono molto più importanti della guerra fra Reggio e Catanzaro per l ' Italia . Adesso la svolta di Bruxelles lancia una nuova sfida alla classe dirigente italiana : una sfida di adeguamento economico e sociale che dovrà essere superata per volgersi alle fasi ulteriori , alle conclusioni di un ' integrazione più stretta segnata dal simbolo unificante della moneta comune ( altro che il « tallone aureo » sognato , con lo spirito di Luigi XIV , da De Gaulle ! ) . Non è una sfida che possa passare senza influenzare gli indirizzi di fondo della politica generale del paese ; non è una sfida che possa essere vinta senza imporre una radicale correzione di rotta alla nostra finanza pubblica facilona e disinvolta , alla nostra amministrazione caotica e inefficiente , al nostro statalismo parassitario e dispersivo , alle tensioni e vocazioni inflazioniate cui il corso delle aspre e violente lotte sociali continua ad esporci , nonostante il ristabilimento dei conti con l ' estero e il rafforzamento della lira operati dal governo Colombo . Sì : la corsa per l ' Europa presuppone sacrifici e rinunce . Il presidente del Consiglio , che è un europeista convinto e benemerito , ha giustamente esaltato il traguardo di Bruxelles , altrettanto importante sul piano della ripresa psicologica che su quello degli avviamenti concreti anche per l ' ingresso di Londra nel Mec : ma ora toccherà al governo da lui presieduto , e a tutti i partiti che lo compongono , socialisti compresi , onorare gli impegni che derivano dalle intese di Bruxelles , intese « a termine » , intese sottoposte ad una verifica triennale , senza la quale tutto tornerebbe in alto mare . Onorare quegli impegni : a costo di impopolarità , a costo di contrasti coi sindacati e coi tanti settori corporativi del paese , a costo di difficoltà e di tensioni politiche non prevedibili . Perché l ' Italia possa rispettare fino in fondo gli obblighi contratti a Bruxelles si impongono un maggior rigore nella gestione del bilancio statale , una maggiore oculatezza nella spesa pubblica , una completa revisione nella copertura dei disavanzi . Ma non basta : tutta l ' amministrazione del paese , in questa fase di travaglio e di confusione accentuata dalla sovrapposizione delle competenze fra Stato regioni e comuni , dovrà essere resa più razionale e più moderna , tale da consentire veramente un impiego responsabile delle risorse . E ogni sforzo dovrà essere compiuto per il rilancio degli investimenti produttivi , per una nuova fase di espansione economica che si svolga nel segno della stabilità monetaria , contro tutte le suggestioni avventurose e dilapidatrici del pauperismo conciliare . Il peronismo non è conciliabile con l ' Europa . La retorica delle rivendicazioni giustizialiste , cara a talune ali del movimento cattolico e socialista , ci porterebbe sulla via dell ' autarchia e del separatismo : una via che ha sullo sfondo gli epiloghi di Danzica , la tragedia della Polonia . L ' ha scritto un giornale sempre obiettivo , « Le Monde » : « se l ' inflazione continuerà a dilagare , sarà difficile , per non dire impossibile , armonizzare le politiche economiche della comunità » . Chi lavora per lo scardinamento del sistema , dalle opposte sponde , lavora anche contro l ' Europa , la sola speranza che sia rimasta alla nostra generazione dopo le delusioni e le follie di mezzo secolo .
Quale il rimedio? ( Bobbio Norberto , 1987 )
StampaQuotidiana ,
Affrontare la questione morale partendo dall ' osservazione realistica che la corruzione non viene sempre elettoralmente punita , quasi ci fosse una tacita intesa fra corrotto e corruttore , significa non limitarsi a fare delle prediche , che sono in questa materia tanto facili quanto inutili . E un invito a conoscere meglio il fenomeno , in tutte le sue manifestazioni e ramificazioni , perché solo conoscendolo si può più facilmente correggerlo . Sulla riforma costituzionale sono state scritte intere biblioteche , già in parte diventate carta da macero . Sulla corruzione politica , che per lo sviluppo delle nostre istituzioni democratiche è problema non meno importante , le ricerche e gli studi , nel nostro paese , si contano sulle punte delle dita . Vorrei almeno segnalare il saggio del prof. Belligni della nostra università , Corruzione e scienza politica , pubblicato recentemente sull ' ultimo numero della bella rivista nata da poco ma già affermata , « Teoria politica » . Questo saggio contiene un utile rendiconto degli scritti sull ' argomento , che vengono per la maggior parte dagli Stati Uniti , e molte osservazioni stimolanti per tutti coloro che in questi giorni , ripetendosi gli arresti di uomini politici e di amministratori per scandali , si domandano e ci domandano : « Perché Torino ? » o « Perché Firenze ? » , mentre farebbero meglio a porsi la domanda più generale : « Perché la corruzione ? » Siccome è chiaro , chiarissimo , e tutti lo sanno , anche coloro che a ogni arresto fingono di cascare dalle nuvole e riscoprono la questione morale , che la corruzione politica è dovuta in gran parte al finanziamento dei partiti , può essere utile questa seconda informazione : sin dall ' agosto 1984 esiste una proposta dell ' on. Valdo Spini , socialista , sulla disciplina dell ' attività e del finanziamento dei partiti , che al suo apparire ha avuto buone accoglienze da giuristi e politologi , è stata discussa in varie pubbliche riunioni , ma non ha mai avuto neppure un inizio di discussione nella sede propria che è il Parlamento . L ' on. Spini ha avuto un notevole successo elettorale , smentendo l ' opinione che la questione morale sia politicamente irrilevante . Probabilmente di questa proposta si dovrà tornare a parlare . L ' area della corruzione è vastissima . Perché ci sia corruzione politica , da distinguersi dalla corruzione in senso generale , occorre che almeno uno dei due soggetti del rapporto sia una persona investita di un potere politico o pubblico , vale a dire del diritto di esercitare il potere di prendere decisioni a nome e per conto della collettività nazionale . Due sono le situazioni in cui si osservano abitualmente rapporti di corruzione : quella in cui il soggetto politico agisce per conquistare o conservare o non perdere il potere , e quella in cui , una volta che l ' ha acquistato e lo tiene ben fermo nelle proprie mani , se ne serve per trarne vantaggi privati . Inutile dire che le due situazioni sono strettamente connesse perché nel mercato politico democratico il potere si conquista coi voti : uno dei modi di conquistare i voti è di acquistarli e uno dei modi per rifarsi delle spese è di servirsi del potere conquistato o acquistato per ottenere benefici anche pecuniari da coloro cui l ' uso di quel potere può procurare vantaggi . Il potere costa ma rende . Se costa deve rendere . Il gioco è rischioso : talora infatti costa più di quel che rende , quando il candidato non viene eletto ; ma spesso rende più di quel che costa . Le due situazioni sono connesse ma occorre distinguerle : nella prima l ' uomo politico agisce da corruttore , nella seconda da corrotto . Dall ' altra parte del rapporto c ' è , nella prima , l ' elettore che offre potere in cambio di un compenso ; nella seconda un gruppo d ' interesse , che offre un compenso in cambio di una prestazione che solo il detentore del potere può offrire . Considerata l ' arena politica come una forma di mercato , dove tutto è merce , cioè cosa vendibile e comprabile , l ' uomo politico si presenta , in un primo momento come compratore ( del voto ) , in un secondo come venditore ( delle risorse pubbliche di cui grazie al voto è diventato potenziale dispensatore ) . Questa distinzione è importante perché i due casi sono , moralmente e anche giuridicamente , di diversa gravità . Anche se negli studi sulla corruzione politica si fa rientrare di solito il fenomeno del clientelismo , vale a dire il procacciamento dei voti attraverso l ' offerta all ' elettore di vantaggi personali , anche pecuniari , questo deve essere considerato una forma di degenerazione del rapporto elettorale , che rientra , come la corruzione , nella categoria generale della « privatizzazione del pubblico » , ma non è una forma di corruzione strettamente intesa . Altro è corrompere , o istigare il compimento di atti che implicano l ' incitamento a compiere un atto illecito ; altro sedurre , tentare , promettere a vuoto , che è l ' arte del demagogo , non molto diversa da quella dell ' imbonitore . La differenza si rivela anche nel fatto che le varie forme di procacciamento della clientela si svolgono generalmente in pubblico e possono suscitare irritazione , deplorazione , indignazione , ma non vengono perseguite giuridicamente . Offendono più il costume che il diritto o la morale . Al contrario , l ' abuso del potere per ottenerne vantaggi personali , il cui esempio più comune è la « tangente » , non si può esercitare che in segreto . Una volta scoperto , cade , o dovrebbe cadere , sotto i rigori della legge . Tutti gli studi sulla corruzione politica tendono a mettere in rilievo la vastità del fenomeno anche negli Stati democratici , e la difficoltà di eliminarlo . Vi è una scuola di rassegnati , che , ispirandosi alle teorie funzionalistiche , ritengono che alla corruzione si debba attribuire una sorta di utilità sociale , una « funzione » appunto , che sarebbe quella , metaforicamente , di ungere le ruote di una macchina che altrimenti stenterebbe a mettersi in moto . Ma la constatazione che nella sua forma propria la corruzione non può svolgersi che in segreto , mostra , più di qualsiasi altra considerazione , la sua totale estraneità all ' etica della democrazia , cioè a quella forma di governo che richiede la pubblicità degli atti di governo , in quanto si fonda sulla regola fondamentale della controllabilità ad ogni istante di chi esercita il potere non in nome proprio ma in nome di tutti , e ha messo fine per sempre alla politica degli arcana imperii , propria degli Stati autoritari di un tempo e di quelli ancor oggi esistenti . In uno Stato democratico la pubblica moralità non è solo un obbligo morale o giuridico , ma anche un obbligo politico , anzi è l ' obbligo politico per eccellenza imposto dal principio stesso che regola la vita del governo democratico , e che lo contraddistingue da tutte le altre forme di governo sinora esistite , il principio del « potere in pubblico » .
La rivolta abusiva ( Bobbio Norberto , 1986 )
StampaQuotidiana ,
Chi s ' era immaginato che le proteste degli abusivi siciliani fossero una subitanea esplosione di rabbia , è costretto a ricredersi . A più di un mese dalla marcia su Roma dei trentamila , avvenuta il 17 febbraio , il movimento è passato dalla protesta pacifica all ' azione illegale di massa . Un ' azione che in quanto tale avrebbe dovuto essere fermamente condannata dal governo e dall ' opposizione . Anche dall ' opposizione che , sino a prova contraria , è l ' opposizione di uno Stato democratico . Ciò che è avvenuto in Sicilia è uno degli episodi più gravi , forse il più grave , di disobbedienza civile , che il nostro paese abbia conosciuto in questi quarant ' anni . Oggetto in un primo tempo d ' istigazione , cui non sono stati estranei alcuni sindaci , la disobbedienza è ora oggetto di una vera e propria minaccia , compiuta con azioni di continuata violenza . Per « disobbedienza civile » s ' intende quella particolare forma di disobbedienza che viene attuata allo scopo immediato di mostrare pubblicamente che la legge cui si dovrebbe prestare obbedienza è ingiusta e allo scopo mediato d ' indurre il governo a cambiarla . Abitualmente viene accompagnata da giustificazioni tali da farla apparire non solo lecita ma anche doverosa , e da esigere che venga tollerata , contrariamente a qualsiasi altra trasgressione , dalle pubbliche autorità . Si chiama « civile » perché chi la compie ritiene di non venir meno al proprio dovere di cittadino , anzi ritiene di comportarsi da buon cittadino piuttosto disobbedendo che obbedendo . Per questo suo carattere dimostrativo tende a esprimersi in pubblico a differenza dalla disobbedienza comune la quale per raggiungere il proprio scopo deve nascondersi . La disobbedienza civile può essere giudicata da due punti di vista : l ' uno strettamente giuridico , l ' altro etico . Dal punto di vista dello stretto diritto ogni forma di disobbedienza è da considerarsi in generale illecita . La nostra Costituzione stabilisce all ' art. 54 che « tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi » . Non c ' è bisogno di consultare un libro di logica per rendersi conto che l ' obbligo di osservare le leggi implica il divieto di non osservarle . A maggior ragione in un regime democratico . Nel quale ai cittadini è riconosciuto il diritto di riunirsi e di associarsi pacificamente per protestare contro una legge che ritengono ingiusta e impedirne l ' approvazione o promuoverne l ' abrogazione . Un regime democratico può essere definito come quello in cui alla disobbedienza civile , che è l ' extrema ratio cui possono ricorrere i sudditi di un regime dispotico , si sostituisce il diritto di protesta e oltre la protesta il diritto di partecipare direttamente o indirettamente alla formazione delle leggi . Dal diritto sacrosanto di protestare contro l ' emanazione di una legge non discende il diritto di non osservarla dopo che essa sia stata democraticamente approvata . Così pure dal dovere di osservare una legge non discende l ' obbligo di rinunciare a protestare affinché sia modificata o abrogata . Vi sono due modi per reagire a una legge che si considera ingiusta : la protesta e la disobbedienza . In un regime dispotico sono proibiti tutti e due . In un regime democratico è ammesso il primo e non il secondo . Non esiste alcun regime politico in cui siano ammessi entrambi . Il che vuol dire che la disobbedienza civile può essere attuata , in ogni caso , sempre e soltanto a proprio rischio e pericolo . Che all ' istigazione abbiano sin dall ' inizio partecipato non soltanto semplici cittadini ma anche persone investite di pubblica autorità , rende la « rivolta » siciliana ancora più preoccupante . Mi pare che il caso non abbia precedenti , e bisogna ammettere che come precedente è di una gravità eccezionale . Tra i mille segni di disgregazione della nostra vita civile , è uno dei più funesti . Uomini chiamati a provvedere all ' interesse pubblico proteggono i più sfacciati e insolenti interessi privati . Invece di reprimere gli abusi li difendono e difendendoli li favoriscono . Invece di mettersi dalla parte dei pochi onesti danno voce ai molti che onesti non sono stati . Giustificandoli con argomenti spesso speciosi ( in Sicilia non ci sarebbero abusi per causa di speculazione ) li incoraggiano a perseverare nell ' oltraggio alle leggi e nella violenza contro lo Stato . Diverso è il punto di vista morale . La disobbedienza civile può essere in alcuni casi moralmente giustificata . Ma occorre che la causa sia nobile . Occorre , per usare una nota formula giuridica , « l ' aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale » . Giustifichiamo ( e ammiriamo ) la disobbedienza dei neri nell ' Africa del Sud . Ci siamo schierati dalla parte dei neri che negli Stati Uniti entravano pacificamente in un locale pubblico o in un autobus riservato ai soli bianchi . Ma rispetto a questi esempi , le parti sono , nell ' attuale vicenda siciliana , invertite . Lo scopo della rivolta è la difesa non già di un diritto conculcato ma della violazione di un diritto . L ' impunità viene chiesta non contro il sopruso altrui ma per non subire le conseguenze della propria condotta sin dall ' inizio giuridicamente illecita e in molti casi socialmente rovinosa . Si disobbedisce non per non essere più sottoposti a una legge iniqua , ma per essere autorizzati da una legge che sarebbe non meno iniqua a perpetuare uno stato d ' ingiustizia . Il nostro Stato di diritto è una nave che fa acqua da tutte le parti . Ma il consentire che ognuno si faccia la legge che vuole , e il cittadino rispettoso delle leggi paghi anche per coloro che non le rispettano , è assolutamente intollerabile . E anche il modo più sicuro e più rapido per farla affondare .