StampaQuotidiana ,
La
monogamia
,
forse
la
più
antica
e
venerabile
istituzione
della
nostra
civiltà
occidentale
(
e
non
solo
di
questa
)
,
è
oggi
minacciata
da
molti
pericoli
e
il
suo
avvenire
appare
incerto
.
Il
numero
dei
divorzi
è
in
crescente
aumento
nei
Paesi
in
cui
il
divorzio
è
ammesso
;
dove
non
è
ammesso
,
è
in
aumento
il
numero
delle
separazioni
legali
o
di
fatto
tra
i
coniugi
.
È
in
crescente
aumento
il
numero
dei
matrimoni
sbagliati
,
che
continuano
per
forza
di
inerzia
e
si
riducono
a
una
forma
di
coabitazione
occasionale
o
forzata
,
in
cui
non
c
'
è
più
traccia
di
solidarietà
o
di
affetto
fra
i
coniugi
.
L
'
opera
dei
consulenti
matrimoniali
,
che
si
moltiplicano
in
tutti
i
Paesi
,
può
certo
contribuire
a
risolvere
problemi
che
insorgono
fra
i
coniugi
,
tanto
più
che
si
rivolgono
ad
essi
i
coniugi
che
ritengono
solubili
i
loro
problemi
;
ma
non
può
ricreare
dal
nulla
un
'
unione
che
più
non
esiste
.
È
infine
in
aumento
il
numero
delle
nascite
irregolari
,
cioè
dei
figli
nati
fuori
del
matrimonio
.
Questi
fenomeni
sono
assunti
solitamente
come
segni
di
crisi
dell
'
istituzione
monogamica
,
perché
tendono
a
diffondersi
con
la
massima
rapidità
in
tutti
i
Paesi
che
sono
usciti
dalla
fase
agricola
o
patriarcale
del
loro
sviluppo
.
Anche
le
nuove
dimensioni
di
libertà
raggiunte
dalle
donne
li
favoriscono
:
perché
,
cessando
il
loro
stato
di
dipendenza
economica
e
sociale
,
le
donne
sono
in
grado
di
assumersi
l
'
iniziativa
della
rottura
.
Ma
ci
sono
altri
sintomi
altrettanto
inquietanti
,
che
non
si
ricavano
dalle
statistiche
,
ma
da
certe
manifestazioni
del
costume
contemporaneo
.
Molti
coniugi
si
concedono
a
vicenda
una
«
vacanza
matrimoniale
»
nella
quale
sono
liberi
d
'
intrattenere
i
rapporti
che
vogliono
con
altre
persone
.
Nella
Svezia
ed
in
America
vanno
diffondendosi
«
matrimoni
di
gruppo
»
nei
quali
individui
e
coppie
vivono
assieme
,
unendo
le
loro
risorse
finanziarie
e
dividendosi
le
spese
,
i
lavori
domestici
e
le
cure
dell
'
allevamento
dei
figli
.
Qualche
volta
,
tutto
si
ferma
qui
;
altre
volte
,
si
ammette
fra
i
membri
della
comune
(
come
si
suole
chiamarla
)
la
più
ampia
libertà
sessuale
o
addirittura
si
sconsiglia
o
si
vieta
la
formazione
di
coppie
fisse
.
Nonostante
il
nome
,
i
membri
della
comune
non
cedono
al
gruppo
le
loro
proprietà
personali
.
Ma
spesso
si
considerano
come
un
'
avanguardia
rivoluzionaria
,
come
gli
antesignani
di
una
nuova
utopia
,
di
una
società
in
cui
non
ci
siano
più
aggressioni
e
guerre
,
poveri
e
ricchi
,
né
lavori
faticosi
o
degradanti
;
e
in
cui
sia
lasciata
ad
ogni
individuo
la
libertà
di
creare
la
propria
vita
e
di
raggiungere
la
felicità
che
desidera
.
Questa
ricerca
di
nuovi
modi
di
vita
e
di
nuove
istituzioni
è
una
caratteristica
del
nostro
tempo
,
che
non
intende
rinunciare
all
'
esperimento
,
all
'
avventura
e
al
rischio
.
Non
si
può
condannarla
in
anticipo
,
né
in
anticipo
garantirne
il
successo
e
fidare
su
di
essa
per
il
progresso
del
genere
umano
:
il
quale
,
d
'
altronde
,
non
può
rinunciare
a
sperimentare
nuove
vie
,
dato
che
vede
continuamente
diminuite
le
sue
prospettive
,
non
solo
di
progresso
,
ma
di
sopravvivenza
.
Tuttavia
,
per
ciò
che
riguarda
la
monogamia
,
non
tutti
i
sintomi
addotti
sembrano
minacciarla
.
Bisogna
,
in
primo
luogo
,
distinguere
fra
la
monogamia
come
istituzione
morale
o
semplicemente
umana
e
l
'
istituto
giuridico
.
L
'
istituzione
morale
è
la
scelta
duratura
,
perché
continuamente
rinnovata
,
di
vivere
insieme
secondo
un
progetto
concordato
e
correggibile
via
via
nei
suoi
dettagli
.
L
'
istituto
giuridico
del
matrimonio
è
un
contratto
che
impegna
i
coniugi
a
certi
obblighi
sanzionati
ed
ha
certi
effetti
legali
e
soprattutto
patrimoniali
.
Tale
contratto
implica
certo
,
fra
le
condizioni
della
sua
validità
,
la
libera
scelta
dei
contraenti
,
ma
limita
questa
scelta
all
'
atto
della
stipula
;
adegua
inoltre
gli
obblighi
e
i
diritti
legali
che
sancisce
a
un
modello
stabilito
dalla
tradizione
e
dal
costume
,
che
è
spesso
in
contrasto
con
le
esigenze
e
i
problemi
sempre
nuovi
della
vita
quotidiana
.
La
crisi
del
matrimonio
come
istituto
giuridico
non
è
perciò
,
necessariamente
,
la
crisi
della
monogamia
.
Un
matrimonio
legalmente
valido
e
che
i
coniugi
hanno
un
interesse
qualsiasi
a
mantenere
tale
,
può
non
avere
nessuno
dei
caratteri
autentici
della
monogamia
.
Questa
,
a
sua
volta
,
può
riscontrarsi
in
unioni
che
non
hanno
alcun
riconoscimento
giuridico
.
Il
ricorso
al
divorzio
,
dall
'
altro
lato
,
non
è
una
sfida
alla
monogamia
,
ma
il
riconoscimento
di
un
'
unione
sbagliata
o
impossibile
a
mantenersi
in
piedi
o
che
potrebbe
essere
resa
sopportabile
solo
da
qualche
forma
più
o
meno
occulta
di
poligamia
.
Chi
divorzia
intende
spesso
infatti
ricrearsi
una
famiglia
,
trovare
in
una
nuova
unione
l
'
affetto
e
la
solidarietà
che
gli
sono
mancati
nell
'
altra
.
Per
quanto
possa
apparire
paradossale
,
il
divorzio
è
più
spesso
un
omaggio
alla
monogamia
,
che
un
rifiuto
di
essa
:
costituisce
,
per
chi
vi
ricorre
,
la
possibilità
di
una
scelta
nuova
e
più
promettente
sotto
l
'
aspetto
della
comprensione
,
dell
'
assistenza
e
dell
'
amore
,
cioè
di
un
'
unione
effettivamente
monogamica
.
Quanto
ai
gruppi
e
alle
«
comuni
»
,
se
si
prescinde
dal
loro
carattere
politico
e
neoutopistico
,
del
quale
non
si
riesce
a
scorgere
il
fondamento
reale
,
essi
appaiono
piuttosto
come
forme
di
protesta
contro
i
modelli
morali
e
giuridici
tradizionali
o
tentativi
di
gruppi
o
persone
di
uscire
dalla
solitudine
e
di
ritrovarsi
in
un
ambiente
accogliente
e
solidale
.
Ma
le
forze
che
minano
tali
gruppi
sono
il
disaccordo
nella
divisione
dei
compiti
,
le
gelosie
,
l
'
indifferenza
reciproca
o
l
'
accordo
più
stretto
che
si
stabilisce
fra
coppie
dei
loro
membri
.
Il
gruppo
non
ha
molti
vantaggi
sul
matrimonio
:
ne
moltiplica
solo
le
difficoltà
in
proporzione
al
numero
dei
componenti
.
La
monogamia
è
l
'
aspirazione
nascosta
di
uomini
e
donne
,
ma
è
difficile
da
realizzarsi
.
La
scelta
continua
,
che
essa
implica
,
del
proprio
compagno
e
del
comune
progetto
di
vita
esige
che
si
punti
sull
'
essenziale
e
che
si
superino
con
intelligenza
e
comprensione
reciproca
i
problemi
,
le
difficoltà
e
i
conflitti
che
sono
inevitabili
nella
vita
quotidiana
.
Essa
può
essere
realizzata
da
persone
,
di
qualsiasi
età
,
che
abbiano
raggiunto
un
grado
di
maturità
sufficiente
,
cioè
una
personalità
stabile
o
equilibrata
che
non
sia
più
soggetta
a
oscillazioni
e
mutamenti
radicali
.
È
difficile
infatti
continuare
a
convivere
in
accordo
sostanziale
con
una
persona
che
si
ritrova
accanto
a
sé
mutata
nei
suoi
tratti
caratteristici
e
che
è
diventata
estranea
rispetto
a
quella
che
era
apparsa
al
primo
incontro
.
In
questo
caso
,
com
'
è
ovvio
,
la
scelta
non
è
ripetibile
.
La
durata
di
un
'
unione
monogamica
dipende
,
più
che
dalle
circostanze
esterne
,
che
inevitabilmente
mutano
con
l
'
età
e
con
le
circostanze
ambientali
,
dalla
volontà
costante
di
conservarsi
l
'
affetto
,
la
fiducia
e
la
solidarietà
del
proprio
compagno
,
dimostrandogli
affetto
,
fiducia
e
solidarietà
in
ogni
occasione
.
In
un
mondo
scisso
da
conflitti
di
ogni
genere
,
e
in
cui
le
stesse
aspirazioni
umanitarie
più
nobili
sono
spesso
fomiti
di
lotte
violente
,
l
'
amore
monogamico
è
(
con
l
'
amicizia
autentica
,
che
è
altrettanto
rara
)
la
sola
via
per
uscire
dall
'
indifferenza
e
dall
'
anonimato
della
massa
amorfa
e
raggiungere
la
serenità
e
la
gioia
di
vivere
.
Speriamo
che
gli
uomini
non
trascurino
questa
via
e
traggano
,
dai
loro
stessi
insuccessi
,
gl
'
insegnamenti
per
imboccarla
e
percorrerla
.
StampaPeriodica ,
Già
quando
cominciai
i
miei
studi
sulla
pittura
veneta
tra
Quattro
e
Cinquecento
,
che
vuol
dire
,
come
vedremo
,
tutto
,
cioè
l
'
essenza
della
pittura
,
già
allora
,
quasi
trent
'
anni
fa
,
una
mostra
come
quella
di
Palazzo
Grassi
,
Il
Rinascimento
a
Venezia
e
la
pittura
del
Nord
ai
tempi
di
Bellini
,
Dürer
e
Tiziano
,
sarebbe
sembrata
impossibile
,
e
persino
impensabile
.
Resta
,
è
vero
,
il
tabù
di
Giorgione
(
non
è
esposto
alcun
dipinto
,
ma
soltanto
un
disegno
del
grande
pittore
,
i
cui
capolavori
sono
pure
a
portata
di
mano
,
all
'
Accademia
di
Venezia
)
;
ma
per
il
resto
è
presente
tutto
,
il
'
tout
Venise
'
e
non
con
testimonianze
marginali
ma
con
i
capolavori
più
emozionanti
.
Qualunque
storico
dell
'
arte
avrebbe
voluto
mettere
insieme
tanti
capolavori
,
più
per
realizzare
un
sogno
che
per
dimostrare
una
tesi
,
ma
nessuno
avrebbe
potuto
immaginare
che
,
una
volta
messi
uno
vicino
all
'
altro
,
i
dipinti
avrebbero
raccontato
una
storia
così
sorprendente
.
Nessuna
storia
scritta
,
nessun
catalogo
possono
restituire
l
'
emozione
di
alcuni
accostamenti
,
di
alcune
sequenze
che
dimostrano
in
modo
inconfutabile
ciò
che
si
era
soltanto
intuito
o
immaginato
.
Un
tripudio
di
delicatissime
tavole
,
dopo
il
primo
assaggio
di
un
maestoso
trittico
di
Giovanni
di
Alemagna
e
Antonio
Vivarini
,
ci
accoglie
nella
seconda
(
in
reatà
prima
)
intensissima
sala
:
solo
ritratti
,
da
Petrus
Christus
,
a
Hans
Memling
,
a
Giovanni
Bellini
,
a
Lorenzo
Lotto
,
attraverso
Antonello
da
Messina
.
Sono
personaggi
,
uomini
veri
,
ricchi
mercanti
,
giovani
innamorati
,
fino
al
romantico
Vescovo
De
'
Rossi
del
Lotto
.
In
questa
stanza
si
comprende
,
come
mai
prima
,
il
tanto
conclamato
rapporto
tra
fiamminghi
e
veneziani
,
tra
Nord
Europa
e
Nord
Italia
.
Due
'
anime
belle
'
del
Nord
-
est
che
dialogano
e
s
'
intrecciano
attraverso
la
mediazione
di
un
meridionale
,
di
un
raffinatissimo
'
terrone
'
siciliano
:
Antonello
da
Messina
.
Come
in
una
dissolvenza
fotografica
,
i
tratti
del
giovane
uomo
di
Petrus
Christus
si
confondono
con
quelli
del
Bernardo
De
'
Rossi
di
Lorenzo
Lotto
:
carnagioni
levigate
,
umori
malinconici
,
ma
soprattutto
una
profonda
verità
,
prima
interiore
che
esteriore
.
Questi
ritratti
sembrano
definire
uno
spirito
europeo
,
una
nuova
dimensione
dell
'
uomo
,
che
domina
il
mondo
con
intelligenza
e
determinazione
.
Ecco
,
dunque
,
l
'
uomo
europeo
.
A
Venezia
identifichiamo
i
limiti
del
suo
orizzonte
,
tra
intelligenza
e
furbizia
:
quello
disegnato
nello
sguardo
obliquo
e
nelle
sopracciglia
volte
all
'
insù
dell
'
Uomo
di
Antonello
.
Superata
la
barriera
di
questi
sguardi
intrecciati
,
ritroviamo
un
altro
incastro
perfetto
(
fino
all
'
errore
di
attribuire
a
un
anonimo
padovano
il
dipinto
di
un
fiammingo
in
Italia
)
nella
serie
di
Crocefissioni
di
un
seguace
di
Van
Eyck
,
di
Bellini
e
di
Antonello
da
Messina
,
tutte
composte
secondo
un
medesimo
schema
e
le
medesime
proporzioni
.
I
rapporti
tra
le
figure
della
sacra
rappresentazione
e
il
paesaggio
sono
perfettamente
bilanciati
,
fino
alla
suprema
armonia
geometrica
,
una
'
armonia
mundi
'
,
del
capolavoro
di
Antonello
nel
museo
di
Anversa
dove
,
nonostante
l
'
imminenza
della
passione
,
la
natura
sembra
prevalere
sulla
storia
.
Proprio
come
ancora
oggi
si
avverte
scendendo
in
Sicilia
,
dove
l
'
energia
della
natura
prevale
sul
destino
degli
uomini
(
si
leggano
le
pagine
bellissime
del
Gattopardo
)
.
Ancora
diversa
è
la
scelta
di
Bellini
nella
Crocefissione
,
proveniente
da
Prato
,
dove
la
natura
e
il
paesaggio
,
pur
forti
e
rigogliosi
,
sono
segnati
da
una
traccia
profonda
del
passaggio
dell
'
uomo
:
lapidi
,
iscrizioni
,
architetture
documentano
una
storia
da
cui
dipende
la
Crocefissione
di
Cristo
,
ineluttabilmente
.
Abbiamo
così
indicato
alcune
varianti
psicologiche
di
uno
stesso
impianto
compositivo
.
Un
altro
aspetto
sorprendente
della
mostra
è
l
'
intuizione
delle
diverse
grandezze
di
Antonello
e
di
Bellini
.
I
capolavori
del
primo
sono
monadi
,
universi
compiuti
e
incomunicanti
fino
a
quel
teorema
,
sintesi
di
spazio
italiano
e
di
ambiente
fiammingo
,
che
è
il
San
Girolamo
nello
studio
proveniente
dalla
National
Gallery
di
Londra
(
dal
cui
prototipo
derivano
alcune
scene
d
'
interno
di
Carpaccio
,
come
nella
Nascita
della
Vergine
)
.
I
capolavori
di
Bellini
hanno
una
continuità
ideale
,
un
respiro
lungo
che
determinano
una
vertigine
,
uno
schiacciamento
del
tempo
.
È
emozionante
trovarsi
nello
spazio
delimitato
da
due
opere
di
Giovanni
Bellini
eseguite
a
cinquant
'
anni
di
distanza
:
la
giovanile
Trasfigurazione
del
Correr
,
in
una
natura
mantegnesca
,
prontamente
ammorbidita
,
e
la
Pietà
dell
'
Accademia
,
come
un
drammaticissimo
Vesperbild
in
un
coltivatissimo
giardino
chiuso
dalla
veduta
di
città
.
Due
artisti
,
due
stili
,
due
sentimenti
della
natura
in
un
solo
uomo
che
ha
raffinato
la
sua
visione
del
mondo
senza
limitarla
,
accogliendo
gli
stimoli
dei
nouveaux
philosophes
sulla
scena
veneziana
da
Giorgione
a
Dürer
,
a
Lotto
,
a
Tiziano
.
Naturale
che
in
questo
fertilissimo
clima
possano
muoversi
tra
leggenda
e
mistero
,
tra
storia
e
natura
,
le
Cortigiane
del
Carpaccio
nel
loro
ritrovato
ambiente
:
una
terrazza
in
laguna
sul
cui
sfondo
si
agitano
gli
attori
di
una
caccia
in
valle
.
Altro
miracolo
impensabile
negli
anni
Settanta
,
quando
il
dogma
dell
'
inamovibilità
delle
tavole
aveva
quasi
un
risvolto
ideologico
.
Adesso
da
Malibu
arriva
un
quadro
,
anche
illegalmente
esportato
.
E
come
non
ci
sono
dogane
,
controlli
e
rivendicazioni
,
tanto
meno
ci
sono
ragioni
tecniche
che
ostacolino
il
ricongiungimento
di
due
parti
(
e
anche
di
due
quarti
)
di
una
stessa
tavola
.
Insieme
con
il
fiore
che
li
riunisce
esse
appaiono
indiscutibilmente
nate
dalla
stessa
mente
e
dalla
stessa
idea
dello
spazio
,
che
fu
già
indicata
e
anticipata
con
diverso
spirito
dal
grande
Giovanni
Bellini
nella
Allegoria
degli
Uffizi
(
quella
che
io
considero
una
'
ricreazione
'
di
Santi
e
Madonne
dopo
la
posa
per
una
Sacra
Conversazione
)
.
Addirittura
,
visibili
anche
dietro
,
le
due
tavole
ricongiunte
sono
unite
pure
da
un
sottile
filo
concettuale
:
in
una
,
quella
di
Malibu
,
un
'
trompe
-
l
'
oeil
'
con
nastri
e
cerelacche
;
nell
'
altra
,
cerelacche
e
nastri
veri
applicati
nel
tempo
.
La
mostra
cresce
ancora
nell
'
offerta
di
emozioni
,
avviandoci
nella
zona
calda
,
dominata
da
una
sequenza
di
capolavori
(
Mantegna
,
Cima
da
Conegliano
,
ancora
Bellini
,
ancora
Lorenzo
Lotto
)
,
Albrecht
Dürer
presente
con
due
opere
capitali
,
rigorosamente
su
tavola
,
l
'
uno
del
primo
,
l
'
altro
del
secondo
viaggio
italiano
:
la
Madonna
con
il
Bambino
tornita
nelle
forme
come
una
scultura
,
in
particolare
nel
bambino
,
quasi
d
'
alabastro
,
smagliante
nei
colori
,
illuminata
nel
fondo
da
una
luce
già
elettrica
.
Il
dipinto
era
il
gioiello
più
prezioso
(
e
più
difeso
)
della
collezione
di
Luigi
Magnani
,
un
quadro
mitico
scoperto
in
un
convento
di
clausura
di
Bagnacavallo
.
Degno
di
Raffaello
e
di
originalissima
composizione
è
il
Cristo
fra
i
dottori
dello
stesso
Dürer
,
risolto
nell
'
idea
di
una
ruota
di
personaggi
caricaturali
e
deformi
intorno
a
un
nodo
di
mani
,
motivo
originalissimo
e
senza
precedenti
.
A
partire
da
questa
opera
,
molto
verrà
dal
più
eretico
dei
pittori
veneziani
:
Lorenzo
Lotto
,
di
cui
è
pur
presente
un
capolavoro
giovanile
nato
più
nello
spirito
di
Dürer
che
in
quello
di
Giorgione
e
Bellini
:
Allegoria
della
virtù
e
del
vizio
.
E
siamo
sempre
agli
inizi
del
Cinquecento
.
Altri
capolavori
si
affollano
nelle
sale
per
documentare
altri
cent
'
anni
di
pittura
tra
Venezia
e
il
Nord
Europa
:
Tiziano
,
Bassano
,
Veronese
,
Tintoretto
.
Ma
forse
il
più
commovente
,
sintesi
perfetta
di
cultura
veneziana
e
civiltà
olandese
,
è
la
Venere
tenera
e
infantile
di
Lambert
Sustris
,
che
non
teme
il
confronto
con
un
analogo
Tiziano
.
E
se
Sustris
può
apparire
più
desiderabile
di
Tiziano
,
possiamo
essere
certi
che
questa
mostra
è
perfettamente
riuscita
.
StampaQuotidiana ,
Un
ritorno
al
romanticismo
sembra
annunziato
da
alcuni
sintomi
che
emergono
fra
gli
umori
mutevoli
della
società
contemporanea
.
Tra
questi
sintomi
si
annovera
il
successo
enorme
,
e
imprevisto
,
che
sta
ottenendo
in
America
(
e
otterrà
probabilmente
negli
altri
Paesi
)
un
breve
romanzo
,
Love
Story
di
Erich
Segal
,
e
il
film
che
ne
è
stato
tratto
.
È
la
storia
dell
'
amore
coniugale
di
due
giovani
moralmente
sani
e
maturi
,
che
non
scindono
l
'
amore
dal
sesso
e
il
sesso
dall
'
amore
,
storia
che
termina
tragicamente
perché
la
giovane
moglie
muore
di
cancro
.
Nel
magma
caotico
di
erotismo
,
pornografia
,
violenza
contestataria
o
anticontestataria
e
delinquenza
,
che
costituisce
il
contenuto
prevalente
della
narrativa
e
del
cinema
e
sembra
il
pascolo
obbligato
di
ogni
persona
ben
pensante
,
il
successo
di
una
storia
come
questa
può
veramente
apparire
un
fenomeno
da
baraccone
.
Dunque
,
gli
uomini
non
si
sono
dimenticati
del
«
sentimento
»
?
Possono
ancora
commuoversi
e
versare
lacrime
per
la
storia
patetica
e
semplice
di
un
matrimonio
d
'
amore
riuscito
,
destinato
a
durare
,
e
interrotto
soltanto
da
una
cieca
fatalità
?
Il
romanticismo
non
è
finito
,
se
il
sentimentalismo
può
prendersi
ancora
tali
rivincite
.
E
se
non
è
finito
,
potrà
forse
porre
un
argine
alla
promiscuità
sessuale
,
alla
violenza
indiscriminata
,
alla
ricerca
stravagante
di
piaceri
proibiti
,
al
desiderio
dei
facili
guadagni
.
Potrà
dare
nuova
forza
a
valori
che
si
ritenevano
morti
o
moribondi
:
alla
moralità
della
vita
,
al
matrimonio
,
al
lavoro
,
al
rispetto
della
persona
umana
e
soprattutto
della
donna
.
Ben
venga
dunque
un
nuovo
romanticismo
,
se
metterà
un
po
'
d
'
ordine
ed
equilibrio
nel
caos
delle
tensioni
e
delle
inquietudini
della
vita
moderna
.
Prescindendo
dalla
sproporzione
che
c
'
è
tra
tali
speranze
e
il
fenomeno
che
le
fa
nascere
,
non
si
può
fare
a
meno
di
riconoscere
,
se
si
tengono
presenti
tensioni
e
inquietudini
,
che
nel
romanticismo
noi
siamo
,
almeno
per
ora
,
immersi
fino
al
collo
.
Giacché
il
romanticismo
non
è
solo
il
riconoscimento
del
valore
del
sentimento
:
è
la
fede
che
il
sentimento
è
tutto
e
la
ragione
è
nulla
;
o
,
viceversa
,
che
la
ragione
è
tutto
e
il
sentimento
nulla
.
Lo
spirito
romantico
è
caratterizzato
dalla
brama
e
dalla
smania
dell
'
Infinito
e
del
Tutto
e
dall
'
insofferenza
e
dal
disprezzo
per
quel
che
è
condizionato
,
finito
,
limitato
e
imperfetto
.
Lo
spirito
romantico
esige
che
l
'
uomo
raggiunga
l
'
onnipotenza
e
la
felicità
dell
'
Assoluto
,
che
si
identifichi
con
Dio
.
Dice
Hòlderlin
,
che
è
il
più
significativo
poeta
del
romanticismo
:
«
Essere
uno
col
tutto
,
questa
è
la
vita
degli
Dei
e
il
cielo
dell
'
uomo
!
Essere
uno
con
tutto
ciò
che
vive
,
tornare
,
in
un
beato
divino
oblio
di
sé
,
nel
tutto
della
natura
,
questo
è
il
vertice
dei
pensieri
e
delle
gioie
,
questa
è
la
sacra
vetta
del
Monte
,
la
sede
dell
'
eterna
quiete
»
.
Che
questa
sacra
vetta
si
raggiunga
mediante
il
sentimento
o
la
ragione
,
nel
sogno
o
nella
realtà
,
attraverso
la
fede
religiosa
o
l
'
uso
della
droga
,
sono
differenze
che
non
importano
molto
.
Importante
è
la
mèta
,
cioè
l
'
infinito
della
potenza
e
della
gioia
,
e
questa
mèta
,
secondo
i
romantici
,
è
accessibile
all
'
uomo
.
Un
altro
tipico
scrittore
romantico
,
Novalis
,
che
morì
tisico
a
ventinove
anni
,
scriveva
:
«
Agli
uomini
nessuna
cosa
è
impossibile
:
quello
che
io
voglio
,
lo
posso
»
.
Quest
'
eredità
romantica
si
può
vedere
in
azione
in
molti
fenomeni
macroscopici
del
nostro
tempo
.
La
tendenza
a
prescindere
dalle
strettoie
della
realtà
,
a
considerare
«
infinito
»
se
stesso
,
a
chiudersi
in
sé
e
a
dimenticare
gli
altri
,
è
una
tentazione
cui
pochi
si
sottraggono
.
Si
vuole
tutto
e
subito
,
senza
sapere
che
cosa
sia
questo
tutto
e
come
e
a
quale
costo
si
può
ottenere
.
Al
rispetto
dell
'
individualità
si
sostituisce
il
culto
dell
'
individuo
,
considerato
come
la
realtà
unica
e
,
come
diceva
Novalis
,
onnipotente
.
E
al
culto
dell
'
individuo
si
accompagna
spesso
,
come
avvenne
nel
romanticismo
ottocentesco
,
il
culto
orgiastico
degli
eroi
,
siano
essi
personalità
politiche
o
gli
idoli
sportivi
o
canori
del
momento
.
La
rivoluzione
,
che
promette
tutto
senza
specificare
nulla
,
sembra
preferibile
alle
riforme
che
fanno
i
conti
con
la
realtà
ed
esigono
lavoro
e
rinunce
per
la
loro
attuazione
.
L
'
utopia
amorfa
e
sognante
,
che
prospetta
la
felicità
a
breve
scadenza
,
ha
più
fascino
dell
'
azione
politica
accorta
e
lungimirante
che
si
fonda
su
precisi
progetti
.
Ogni
progetto
fondato
su
dati
attendibili
e
su
linee
di
tendenza
controllabili
suscita
diffidenze
e
opposizioni
,
mentre
ogni
vaga
aspirazione
a
uno
stato
futuro
di
perfezione
suscita
approvazione
ed
entusiasmo
.
Si
sferrano
calci
al
vicino
,
si
rimane
indifferenti
alla
sua
distruzione
,
ma
si
crede
nell
'
amore
universale
tra
gli
uomini
.
Si
infinitizza
la
scienza
,
considerandola
come
una
forza
onnipotente
capace
di
assicurare
da
sola
l
'
avvenire
e
la
felicità
del
genere
umano
.
Nel
campo
stesso
della
religione
,
si
tende
a
sostituire
all
'
infinità
trascendente
di
Dio
l
'
infinità
immanente
dell
'
uomo
.
E
nello
stordimento
orgiastico
,
che
si
cerca
con
tutti
i
mezzi
,
si
obbedisce
ancora
una
volta
al
detto
di
Hòlderlin
:
«
Un
dio
è
l
'
uomo
quando
sogna
,
un
mendicante
quando
pensa
»
.
C
'
è
la
scienza
,
certo
,
e
c
'
è
buona
parte
della
filosofia
contemporanea
che
hanno
vòlto
le
spalle
allo
spirito
romantico
o
sono
meno
soggette
alle
sue
tentazioni
.
La
scienza
autentica
,
almeno
,
cioè
quella
che
non
indulge
ai
sogni
avveniristici
dei
dilettanti
,
sa
che
da
ogni
problema
risolto
ne
nascono
altri
,
più
difficili
,
da
risolvere
ancora
;
che
il
controllo
che
l
'
uomo
esercita
o
potrà
esercitare
sulla
natura
non
sarà
mai
completo
e
totale
e
che
questo
controllo
stesso
rischia
d
'
impoverire
e
di
distruggere
le
risorse
che
la
natura
offre
all
'
uomo
.
La
biologia
mostra
sempre
meglio
la
subordinazione
della
vita
all
'
imprevedibilità
del
caso
,
l
'
economia
mostra
i
costi
di
denaro
,
di
lavoro
e
di
rinunce
che
ogni
progresso
o
trasformazione
sociale
comporta
.
La
filosofia
,
quando
non
diventa
profezia
o
evasione
,
mette
in
luce
la
limitazione
delle
scelte
che
si
offrono
all
'
uomo
in
ogni
condizione
in
cui
si
trovi
e
il
pericolo
che
una
scelta
sbagliata
gli
diminuisca
o
tolga
la
libertà
di
scelta
.
L
'
ottimismo
romantico
per
cui
l
'
uomo
,
almeno
potenzialmente
,
sa
già
tutto
,
può
tutto
e
ha
tutto
,
trova
dure
smentite
nel
sapere
positivo
di
cui
disponiamo
.
Ma
,
dall
'
altro
lato
,
un
pessimismo
consigliere
di
inerzia
o
di
attesa
passiva
sarebbe
altrettanto
romantico
.
Antiromantico
,
o
non
romantico
,
è
chi
non
ignora
i
limiti
umani
,
ma
non
perciò
si
sente
impotente
;
chi
conosce
le
difficoltà
e
studia
i
mezzi
migliori
per
affrontarle
;
chi
è
disposto
a
subire
la
sofferenza
e
la
lotta
,
senza
darsi
per
vinto
.
Per
lo
stato
d
'
incertezza
e
di
pericolo
in
cui
si
trova
oggi
il
genere
umano
,
i
romantici
sono
ancora
troppi
e
gli
antiromantici
troppo
pochi
.
Ma
se
un
insegnamento
si
può
trarre
dal
romanzo
di
Segal
,
esso
è
antiromantico
.
Un
amore
felice
,
sia
pure
espresso
nella
forma
della
retorica
scurrile
che
è
oggi
di
moda
,
distrutto
in
qualche
mese
da
un
male
ineluttabile
:
che
può
insegnare
questa
storia
?
Che
il
paradiso
è
lontano
.
StampaQuotidiana ,
Il
problema
dei
rapporti
fra
intellettuali
e
potere
è
un
tema
ricorrente
.
In
questi
giorni
si
è
svolto
un
convegno
su
questo
tema
,
in
occasione
della
pubblicazione
del
quarto
volume
degli
«
Annali
della
storia
d
'
Italia
»
einaudiana
,
intitolato
appunto
Intellettuali
e
potere
.
Nell
'
ultima
riunione
del
Comitato
centrale
Aldo
Tortorella
,
responsabile
dell
'
organizzazione
culturale
del
pci
,
ha
svolto
un
'
ampia
relazione
in
cui
ripropone
il
tema
del
«
ruolo
delle
istituzioni
culturali
per
il
rinnovamento
e
la
trasformazione
della
società
e
dello
Stato
»
.
Si
sta
svolgendo
a
Roma
un
convegno
promosso
da
intellettuali
del
psi
,
che
dovrebbe
concludersi
,
nientemeno
,
con
«
un
manifesto
per
la
cultura
italiana
»
.
Non
sono
passati
molti
giorni
dalla
conclusione
dell
'
Assemblea
nazionale
della
dc
,
provocata
o
ispirata
da
uomini
di
cultura
cattolici
preoccupati
del
venir
meno
della
tensione
ideale
nella
lotta
politica
in
Italia
,
il
cui
protagonista
è
da
più
di
trent
'
anni
un
partito
che
si
chiama
cristiano
.
Il
tema
è
ricorrente
,
perché
i
rapporti
fra
politica
e
cultura
sono
difficili
.
All
'
atteggiamento
di
diffidenza
del
politico
per
l
'
intellettuale
corrisponde
un
analogo
atteggiamento
di
diffidenza
dell
'
intellettuale
per
il
politico
.
Alcuni
anni
fa
è
stata
pubblicata
la
traduzione
italiana
del
libro
di
R
.
Hofstadter
,
Società
e
intellettuali
in
America
(
Einaudi
,
Torino
1968
)
,
che
,
pur
riferendosi
agli
Stati
Uniti
degli
anni
del
maccartismo
,
presenta
un
'
ampia
documentazione
storica
sul
tema
del
conflitto
permanente
fra
l
'
uomo
politico
che
ha
o
crede
di
avere
i
piedi
per
terra
e
l
'
idealista
nelle
nuvole
,
accusato
di
inventare
progetti
bellissimi
ma
irrealizzabili
.
Una
versione
recentissima
e
casalinga
di
questa
antica
avversione
ho
colto
in
un
'
intervista
pubblicata
una
settimana
fa
,
in
cui
il
ministro
Marcora
,
volendo
tirare
le
orecchie
agli
ottimisti
,
dice
a
un
certo
punto
:
«
Sono
un
uomo
pratico
,
io
.
Sono
un
vecchio
lombardo
,
sto
in
politica
da
trent
'
anni
,
non
sono
un
intellettuale
.
Guardo
al
sodo
»
.
Non
ci
vuole
molta
fantasia
a
immaginare
una
battuta
diametralmente
opposta
in
bocca
a
un
intellettuale
:
«
Sono
un
uomo
che
cerca
di
capire
come
vanno
le
cose
.
Non
improvviso
,
ci
penso
su
.
Non
sono
un
politico
.
Guardo
nel
fondo
»
.
Proprio
perché
questi
rapporti
sono
difficili
,
e
sono
difficili
perché
l
'
intellettuale
e
il
politico
hanno
vocazioni
,
ambizioni
,
progetti
di
vita
,
capacità
diverse
,
e
non
c
'
è
gioco
di
prestigio
dialettico
che
valga
a
mediare
o
a
superare
queste
differenze
,
il
problema
non
si
risolve
con
alternative
drastiche
come
questa
:
«
L
'
intellettuale
è
un
seminatore
di
dubbi
»
(
così
Rosellina
Balbi
sulla
«
Repubblica
»
)
.
«
No
,
è
un
raccoglitore
di
certezze
»
(
così
,
almeno
sembra
,
Sanguineti
sull
'
«
Unità
»
)
.
Per
quanto
il
problema
dei
rapporti
fra
intellettuali
e
potere
sia
un
tema
ricorrente
,
o
forse
proprio
per
questo
,
non
è
un
problema
cui
si
possa
dare
una
soluzione
netta
una
volta
per
sempre
.
E
non
si
può
almeno
per
due
ragioni
.
Prima
di
tutto
perché
questa
benedetta
categoria
degl
'
intellettuali
è
vasta
,
varia
,
divisa
,
e
ogni
volta
che
se
ne
parla
bisogna
intendersi
bene
di
che
cosa
si
vuol
parlare
.
In
secondo
luogo
,
perché
,
dato
per
ammesso
che
i
rapporti
tra
gli
intellettuali
(
ma
quali
intellettuali
?
)
e
il
potere
siano
difficili
,
non
è
affatto
detto
siano
sempre
della
stessa
natura
.
Alcuni
anni
fa
mi
è
accaduto
di
distinguere
gl
'
intellettuali
che
ho
chiamato
«
esperti
»
,
da
quelli
che
ho
chiamato
«
ideologi
»
.
Vedo
che
la
distinzione
è
stata
ripresa
da
Corrado
Vivanti
,
se
pure
con
qualche
riserva
,
nella
prefazione
al
volume
degli
annali
einaudiani
dianzi
citato
.
Mi
sono
accorto
dopo
che
nel
notissimo
rapporto
della
Commissione
trilaterale
sulla
crisi
della
democrazia
si
distinguono
gli
intellettuali
tecnocrati
da
quelli
«
orientati
verso
i
valori
»
(
«
value
-
oriented
»
)
:
distinzione
analoga
alla
mia
,
se
pure
caricata
di
un
giudizio
di
valore
,
positivo
per
i
primi
,
negativo
per
i
secondi
,
lontanissimo
dalle
mie
intenzioni
.
La
distinzione
è
rilevante
,
a
mio
parere
,
perché
il
rapporto
fra
intellettuali
e
potere
cambia
secondo
che
ci
si
riferisca
agli
esperti
o
agli
ideologi
.
I
primi
offrono
ai
politici
conoscenze
,
informazioni
,
dati
elaborati
;
i
secondi
principi
,
direttive
,
prospettive
di
azione
.
Nella
irrequietezza
degl
'
intellettuali
che
hanno
agitato
le
acque
stagnanti
della
democrazia
cristiana
vedo
lo
stato
d
'
animo
tipico
dell
'
intellettuale
che
fa
appello
ai
valori
,
chiede
il
ritorno
ai
principi
primi
,
e
inalbera
la
questione
morale
;
al
contrario
,
nel
rivolgersi
,
del
resto
non
per
la
prima
volta
,
del
partito
comunista
agli
uomini
di
cultura
,
vedo
soprattutto
l
'
interesse
che
ha
questo
partito
,
depositario
dei
principi
che
lo
hanno
fatto
nascere
e
ai
quali
non
può
abdicare
(
pur
potendoli
aggiornare
)
senza
venir
meno
alla
propria
funzione
di
partito
-
guida
,
nell
'
attrarre
a
sé
uomini
esperti
nei
diversi
campi
del
sapere
scientifico
.
In
questi
due
percorsi
contrari
dell
'
uomo
di
principi
verso
un
partito
prammatico
e
del
partito
di
principi
verso
gli
esperti
,
si
possono
cogliere
,
da
due
parti
diverse
,
anzi
opposte
,
i
due
vizi
principali
della
nostra
vita
politica
:
senza
alti
ideali
per
quel
che
riguarda
il
partito
maggiore
e
di
maggior
governo
;
senza
gli
strumenti
conoscitivi
necessari
per
la
trasformazione
di
uno
Stato
diventato
anacronistico
,
per
quel
che
riguarda
i
partiti
e
i
movimenti
della
sinistra
(
che
non
possono
pretendere
di
trasformare
il
mondo
,
secondo
il
vecchio
detto
di
Marx
,
se
non
dopo
averlo
compreso
)
.
L
'
altra
ragione
per
cui
il
rapporto
fra
intellettuali
e
potere
suscita
tante
discussioni
dipende
dal
fatto
che
non
si
tratta
di
un
rapporto
a
senso
unico
.
Molte
inutili
discussioni
nascono
dallo
scambiare
l
'
analisi
di
questo
rapporto
a
molte
direzioni
con
il
desiderio
che
il
rapporto
sia
quello
che
ciascuno
di
noi
ritiene
giusto
.
Questo
rapporto
cambia
secondo
l
'
idea
che
i
singoli
intellettuali
hanno
della
loro
funzione
nella
società
(
idea
dietro
la
quale
ci
può
essere
addirittura
una
visione
globale
del
mondo
)
,
e
secondo
le
circostanze
storiche
.
C
'
è
chi
esalta
la
vita
contemplativa
in
paragone
a
quella
attiva
e
dispregia
coloro
che
si
perdono
nelle
cure
del
mondo
.
C
'
è
per
contrasto
chi
ritiene
che
l
'
uomo
di
cultura
abbia
il
dovere
di
impegnarsi
nell
'
azione
politica
,
perché
al
di
fuori
della
comunità
ordinata
al
bene
comune
non
c
'
è
salvezza
.
Chi
ha
ragione
e
chi
ha
torto
?
Ci
sono
coloro
che
adoperano
le
armi
proprie
dell
'
intelligenza
(
le
idee
,
le
opinioni
,
le
credenze
,
le
dottrine
,
gl
'
ideali
)
per
combattere
il
potere
costituito
e
naturalmente
per
costituirne
un
altro
che
ritengono
migliore
.
E
ci
sono
per
contrasto
coloro
che
esercitano
la
loro
influenza
per
consolidare
il
governo
del
loro
paese
(
sono
i
cosiddetti
«
organizzatori
del
consenso
»
)
.
Ancora
una
volta
,
chi
ha
ragione
e
chi
ha
torto
?
Ma
si
può
mai
comparare
chi
promuove
il
consenso
per
salvare
uno
Stato
democratico
minacciato
dalla
violenza
eversiva
da
destra
e
da
sinistra
,
uno
Stato
che
ammette
il
dissenso
,
con
chi
si
piega
a
sollecitare
consensi
a
uno
Stato
totalitario
dove
i
dissenzienti
sono
puniti
o
soppressi
?
Sono
domande
retoriche
,
ma
valgono
a
far
capire
che
il
problema
del
rapporto
fra
intellettuali
e
potere
ha
molti
aspetti
e
non
può
avere
una
sola
risposta
,
e
di
conseguenza
la
domanda
così
frequentemente
e
fastidiosamente
ripetuta
quale
debba
essere
la
politica
degl
'
intellettuali
verso
i
partiti
o
dei
partiti
verso
gli
intellettuali
,
è
completamente
priva
di
senso
,
se
non
si
specifica
quali
intellettuali
,
in
quale
contesto
,
e
per
quali
obiettivi
.
Una
cosa
è
certa
(
anche
il
«
seminatore
di
dubbi
»
può
permettersi
talora
di
avere
qualche
certezza
)
:
alla
crisi
politica
generale
che
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
-
basti
pensare
che
il
problema
dei
rapporti
Est
-
Ovest
è
ben
lontano
dall
'
essere
risolto
,
e
già
si
pone
con
forza
il
problema
dei
rapporti
Nord
-
Sud
,
la
cui
soluzione
dipende
dalla
soluzione
del
primo
-
,
corrisponde
una
crisi
delle
idee
,
anzi
,
com
'
è
stato
detto
più
volte
,
una
crisi
delle
idee
per
risolvere
la
crisi
.
Di
fronte
alla
quale
noi
ci
teniamo
le
nostre
piccole
e
domestiche
crisi
di
governo
che
,
paragonate
alla
tragicità
dei
conflitti
che
agitano
la
fine
di
questo
nostro
tragico
secolo
,
ci
appaiono
come
zuffe
di
polli
in
una
stia
.
StampaQuotidiana ,
Sulla
caduta
di
tensione
ideale
nella
lotta
politica
in
Italia
in
questi
ultimi
anni
ritengo
non
si
possa
non
essere
d
'
accordo
con
quanto
ha
detto
l
'
on.
Berlinguer
nella
nota
intervista
sulla
«
Repubblica
»
del
28
luglio
.
L
'
argomento
è
stato
opportunamente
ripreso
,
fra
gli
altri
,
da
Antonio
Giolitti
,
il
5
agosto
.
Ma
tanto
Berlinguer
quanto
Giolitti
,
attribuendo
ogni
colpa
ai
partiti
,
o
a
certi
partiti
,
sembrano
volerne
scagionare
gli
italiani
confrontando
il
voto
dato
nei
referendum
con
quello
delle
normali
elezioni
politiche
e
amministrative
.
Per
il
primo
,
col
voto
«
libero
da
ogni
condizionamento
dei
partiti
»
,
che
hanno
espresso
in
occasione
dei
referendum
sul
divorzio
nel
1974
e
sull
'
aborto
nel
1981
,
gli
italiani
avrebbero
fornito
«
l
'
immagine
di
un
paese
liberissimo
e
moderno
»
e
avrebbero
dato
«
un
voto
di
progresso
»
;
il
secondo
si
domanda
:
«
Come
mai
i
governati
,
di
fronte
a
un
referendum
,
mostrano
di
volere
e
sapere
scegliere
,
e
non
altrettanto
di
fronte
a
elezioni
in
cui
competono
i
partiti
?
»
L
'
argomento
non
mi
convince
,
almeno
per
due
ragioni
:
anzitutto
,
perché
nei
vari
referendum
che
si
sono
svolti
sinora
il
risultato
è
stato
la
conservazione
delle
leggi
approvate
in
Parlamento
,
e
quindi
dai
partiti
;
in
secondo
luogo
,
specie
per
quel
che
riguarda
l
'
ultima
tornata
,
il
voto
favorevole
alla
liberalizzazione
dell
'
aborto
non
è
stato
un
voto
di
progresso
ma
semplicemente
di
comodo
(
in
fondo
l
'
aborto
libero
rende
meno
responsabile
la
coppia
nel
rapporto
sessuale
,
specie
l
'
uomo
,
e
una
legge
che
libera
il
cittadino
da
una
responsabilità
non
è
mai
una
legge
progressiva
)
,
per
non
parlare
della
schiacciante
maggioranza
in
favore
dell
'
ergastolo
,
di
cui
non
mi
sento
di
lodare
né
la
sorprendente
modernità
né
l
'
audace
spirito
progressivo
.
Se
gli
italiani
siano
migliori
o
peggiori
della
classe
politica
che
li
rappresenta
,
e
li
rappresenta
perché
essi
stessi
la
scelgono
,
è
una
domanda
cui
è
difficile
dare
una
risposta
.
Ma
non
vedo
come
si
possa
scartare
del
tutto
l
'
ipotesi
che
gli
uni
e
l
'
altra
si
assomiglino
come
due
gocce
d
'
acqua
.
Dopo
più
d
'
un
secolo
di
democrazia
rappresentativa
siamo
troppo
smaliziati
per
conservare
l
'
illusione
dei
primi
fautori
del
sistema
parlamentare
,
che
le
elezioni
dei
governanti
siano
la
procedura
più
adatta
per
la
scelta
dei
migliori
.
Anche
se
non
è
detto
che
sempre
siano
proprio
i
peggiori
a
essere
scelti
.
In
un
regime
democratico
il
potere
si
misura
a
voti
.
Più
voti
significa
più
potere
.
Con
questo
non
voglio
dire
che
bastino
i
voti
,
perché
il
potere
dipende
anche
dal
posto
che
un
partito
occupa
nello
schieramento
dei
partiti
e
nelle
coalizioni
di
maggioranza
,
e
sino
ad
ora
è
indubbio
che
i
partiti
alleati
della
democrazia
cristiana
hanno
avuto
un
potere
superiore
alla
loro
forza
elettorale
.
Ma
i
voti
sono
necessari
.
Ora
,
se
la
maggior
parte
dei
partiti
vanno
a
caccia
di
voti
,
e
li
ottengono
,
e
addirittura
li
aumentano
,
senza
sbandierare
la
questione
morale
,
anzi
facendo
finta
di
niente
e
parlandone
il
meno
possibile
(
e
considerando
con
un
certo
altezzoso
fastidio
coloro
che
ne
parlano
)
,
senza
proclamare
ai
quattro
venti
i
loro
ideali
(
posto
che
ne
abbiano
)
,
ma
promettendo
posti
,
miglioramenti
economici
,
erogazioni
pubbliche
per
faccende
private
,
e
amministrando
saggiamente
la
paura
del
peggio
,
è
segno
che
conoscono
bene
con
chi
hanno
da
fare
.
Del
resto
,
si
sa
quali
sono
stati
i
principi
ideali
che
hanno
presieduto
sin
dall
'
origine
alla
formazione
di
un
partito
dei
cattolici
:
la
difesa
di
alcuni
valori
cristiani
minacciati
dall
'
inarrestabile
e
forse
inevitabile
processo
di
secolarizzazione
che
accompagna
lo
sviluppo
delle
società
industriali
.
Strano
,
ma
le
sole
due
volte
che
la
democrazia
cristiana
ha
difeso
con
fermezza
questi
principi
ideali
,
in
occasione
dei
due
referendum
sul
divorzio
e
sull
'
aborto
,
è
rimasta
in
minoranza
.
Le
uniche
due
grandi
battaglie
perdute
dal
partito
dei
cattolici
sono
quelle
in
cui
ha
messo
in
gioco
la
sua
grande
forza
elettorale
in
difesa
di
principi
.
Quale
miglior
prova
che
i
principi
non
rendono
?
Ma
si
può
sapere
perché
non
rendono
?
In
fondo
mi
pare
che
anche
per
il
partito
comunista
si
possa
fare
lo
stesso
ragionamento
.
Il
grande
balzo
in
avanti
è
avvenuto
nel
1975
e
nel
1976
,
quando
il
partito
continuava
a
considerarsi
un
partito
non
solo
marxista
ma
anche
leninista
.
Più
di
un
terzo
degli
italiani
erano
diventati
marxisti
e
leninisti
?
Non
vorrei
sbagliare
,
ma
mi
parrebbe
lecito
affermare
che
per
la
maggior
parte
di
coloro
che
hanno
votato
il
partito
comunista
i
grandi
ideali
del
marxismo
abbiano
avuto
la
stessa
forza
di
attrazione
che
i
principi
evangelici
per
la
democrazia
cristiana
.
Si
grida
agli
scandali
.
Ma
gli
scandali
non
sono
una
prerogativa
della
classe
politica
.
Abbiamo
già
dimenticato
i
casi
clamorosi
di
corruzione
nello
sport
nazionale
,
il
calcio
?
E
non
abbiamo
assistito
in
questa
circostanza
allo
stesso
fenomeno
di
fedeltà
al
proprio
gruppo
che
fa
dire
(
ahimè
,
con
orgoglio
)
:
«
Torto
o
ragione
,
è
la
mia
patria
»
?
Torto
o
ragione
,
è
la
mia
squadra
,
torto
o
ragione
,
è
il
mio
partito
.
E
che
dire
degli
scandali
di
cui
sono
state
protagoniste
talune
istituzioni
bancarie
,
scandali
che
hanno
gettato
il
discredito
su
istituzioni
che
dovrebbero
fondare
il
loro
potere
e
il
loro
prestigio
sulla
loro
credibilità
?
Naturalmente
,
per
l
'
onore
di
una
nazione
è
offesa
meno
grave
,
più
sopportabile
,
un
calciatore
corrotto
che
un
politico
corrotto
o
sospettato
di
corruzione
.
Ma
la
gente
ci
è
abituata
.
Una
vecchia
diffidenza
per
la
politica
e
per
chi
fa
della
politica
il
proprio
mestiere
,
dà
per
ammesso
e
scontato
che
il
politico
sia
più
un
profittatore
che
un
idealista
.
Sono
riflessioni
amare
,
lo
so
,
che
qualcuno
potrebbe
considerare
anche
ingiuste
.
Ma
è
meglio
guardarsi
in
faccia
e
vedere
la
questione
da
tutti
i
lati
,
dall
'
alto
e
dal
basso
,
dal
diritto
e
dal
rovescio
.
Non
già
che
l
'
Italia
sia
un
paese
,
com
'
è
stato
spesso
rappresentato
,
soltanto
di
cinici
o
di
conformisti
.
Ci
sono
grandi
energie
morali
,
di
cui
ci
rendiamo
conto
nella
nostra
vita
di
tutti
i
giorni
.
Ma
nella
vita
politica
stentano
a
farsi
luce
.
Certo
,
sarebbe
compito
di
una
classe
politica
degna
di
questo
nome
risvegliarle
là
dove
sono
assopite
,
suscitarle
là
dove
si
sono
spente
,
aiutarle
a
esprimersi
,
a
riconoscersi
,
ad
acquistare
coscienza
della
propria
funzione
non
solo
nella
vita
privata
ma
anche
nella
pubblica
.
Fare
emergere
le
nostre
virtù
anziché
blandire
i
nostri
difetti
.
Ma
forse
chiediamo
troppo
.
Eppure
abbiamo
la
convinzione
profonda
che
una
democrazia
può
essere
uccisa
dalla
violenza
esterna
,
ma
muore
anche
per
interna
consunzione
.
StampaQuotidiana ,
La
recente
ristampa
delle
opere
principali
di
Gaetano
Mosca
(
Scritti
politici
,
a
cura
di
Giorgio
Sola
,
2
voll
.
,
Utet
,
Torino
1982
)
potrà
richiamare
l
'
attenzione
del
lettore
di
oggi
sulla
critica
del
sistema
parlamentare
di
un
secolo
fa
,
di
cui
Mosca
fu
uno
dei
più
autorevoli
rappresentanti
.
Dopo
aver
affermato
che
le
istituzioni
politiche
debbono
essere
tali
da
non
porre
gli
uomini
nella
condizione
di
perseguire
soltanto
il
proprio
interesse
a
danno
del
senso
morale
,
osserva
che
il
sistema
parlamentare
«
è
congegnato
in
modo
da
riuscire
una
generale
e
sistematica
contraddizione
di
questa
massima
»
.
Segue
il
commento
:
«
Tutti
in
esso
,
dal
più
alto
al
più
basso
,
dal
ministro
all
'
elettore
,
trovano
il
loro
privato
interesse
nel
tradire
quegli
interessi
pubblici
che
loro
sono
affidati
.
Tutti
devono
,
per
farsi
avanti
e
sostenersi
,
favorire
gli
aderenti
e
gli
amici
a
scapito
del
buon
andamento
degli
affari
,
della
coscienza
e
della
giustizia
»
.
E
poco
più
avanti
:
«
Procedendo
così
siamo
ridotti
a
tale
che
ormai
,
in
molti
rami
della
pubblica
azienda
,
non
si
può
più
avere
a
che
fare
col
governo
usando
dei
soli
modi
onesti
e
legali
,
e
bisogna
fare
il
camorrista
se
non
si
vuol
subire
un
atto
di
camorra
»
.
E
proprio
il
caso
di
dire
:
nulla
di
nuovo
sotto
il
sole
.
Non
si
rendeva
conto
il
giovane
Mosca
(
quando
scrisse
quelle
pagine
aveva
venticinque
anni
)
che
il
male
lamentato
ineriva
al
sistema
democratico
in
quanto
tale
,
più
specificamente
al
sistema
della
democrazia
rappresentativa
,
ovvero
al
regime
in
cui
il
potere
di
prendere
le
decisioni
collettive
spetta
ai
rappresentanti
del
popolo
e
il
diritto
di
rappresentare
il
popolo
dipende
dal
beneplacito
degli
elettori
:
se
la
caccia
al
favore
dell
'
elettore
da
parte
del
deputato
era
un
male
,
era
un
male
necessario
e
,
chi
sa
,
rispetto
ad
altri
sistemi
politici
,
un
male
minore
.
Però
l
'
amarezza
di
Mosca
e
di
tutti
gli
altri
critici
del
sistema
parlamentare
era
perfettamente
spiegabile
con
la
delusione
che
la
pratica
quotidiana
aveva
in
loro
suscitato
rispetto
alle
speranze
delle
origini
.
Alla
fine
del
Settecento
,
uno
dei
maggiori
scrittori
politici
americani
,
James
Madison
,
aveva
esaltato
lo
Stato
rappresentativo
che
stava
facendo
le
prime
prove
negli
Stati
Uniti
,
sostenendo
che
la
delega
dell
'
azione
governativa
a
un
piccolo
numero
di
cittadini
eletto
dagli
altri
avrebbe
dato
vita
a
«
un
corpo
scelto
di
cittadini
,
la
cui
provata
saggezza
avrebbe
potuto
meglio
discernere
l
'
interesse
effettivo
del
proprio
paese
,
e
il
cui
patriottismo
e
la
cui
sete
di
giustizia
avrebbe
reso
meno
probabile
che
si
sacrificasse
il
bene
del
paese
a
considerazioni
particolarissime
e
transitorie
»
.
Occorre
anche
aggiungere
che
i
costituenti
del
tempo
non
si
erano
affidati
soltanto
alla
presunta
lungimiranza
degli
elettori
:
infatti
,
come
si
poteva
credere
sul
serio
che
il
cittadino
chiamato
a
scegliere
chi
avrebbe
dovuto
decidere
per
lui
non
scegliesse
la
persona
o
il
partito
da
cui
poteva
trarre
il
maggior
tornaconto
?
Giacché
non
era
possibile
che
l
'
elettore
rinunciasse
a
fare
richieste
interessate
,
non
vi
era
altro
rimedio
che
quello
di
imporre
all
'
eletto
di
non
tenerne
conto
.
Così
fu
formulato
e
fatto
valere
il
principio
,
passato
alla
storia
col
nome
di
«
divieto
di
mandato
imperativo
»
,
secondo
cui
gli
eletti
avrebbero
dovuto
prendere
le
decisioni
di
cui
erano
investiti
nel
solo
interesse
della
nazione
in
generale
,
ad
onta
delle
richieste
particolaristiche
e
campanilistiche
(
oggi
si
direbbe
corporative
e
clientelari
)
di
coloro
che
li
avevano
mandati
col
loro
voto
in
Parlamento
.
Nella
Costituzione
francese
del
1791
fu
introdotto
il
seguente
articolo
:
«
I
rappresentanti
nominati
nei
dipartimenti
non
saranno
rappresentanti
di
un
dipartimento
particolare
,
ma
dell
'
intera
nazione
,
e
non
potrà
essere
dato
loro
alcun
mandato
»
.
Con
l
'
introduzione
e
l
'
applicazione
di
questa
regola
generale
(
una
delle
vere
e
proprie
regole
del
gioco
della
democrazia
rappresentativa
)
si
voleva
che
la
rappresentanza
parlamentare
non
riproducesse
più
gl
'
inconvenienti
della
tradizionale
rappresentanza
corporativa
,
in
base
alla
quale
chi
riceve
la
delega
a
rappresentare
la
propria
corporazione
deve
fare
esclusivamente
gl
'
interessi
di
questa
,
e
s
'
imponeva
un
vincolo
formale
alla
naturale
tendenza
dell
'
eletto
ad
accaparrarsi
i
favori
di
coloro
da
cui
dipende
la
sua
elezione
,
cui
corrisponde
la
tendenza
altrettanto
naturale
dell
'
elettore
a
scegliere
il
candidato
più
disposto
a
proteggerlo
.
Da
allora
,
il
principio
è
diventato
un
elemento
fondamentale
della
democrazia
rappresentativa
.
Per
restare
in
casa
nostra
lo
Statuto
albertino
stabiliva
che
:
i
deputati
rappresentano
la
nazione
in
generale
e
non
le
sole
province
in
cui
furono
eletti
,
Nessun
mandato
imperativo
può
loro
darsi
dagli
elettori
»
(
art.
41
)
;
la
Costituzione
repubblicana
ripete
:
«
Ogni
membro
del
Parlamento
rappresenta
la
nazione
ed
esercita
le
sue
funzioni
senza
vincolo
di
mandato
»
(
art.
67
)
.
Mai
divieto
è
stato
più
trasgredito
.
Non
si
capisce
neppure
come
avrebbe
potuto
essere
rispettato
,
anzitutto
perché
l
'
interesse
nazionale
ciascuno
l
'
interpreta
a
suo
modo
e
ogni
partito
crede
,
magari
anche
in
buona
fede
,
che
l
'
interesse
del
partito
coincida
con
l
'
interesse
della
nazione
,
e
poi
perché
nella
gara
elettorale
viene
premiato
in
genere
il
rappresentante
o
il
partito
che
si
è
preoccupato
non
tanto
dell
'
interesse
nazionale
quanto
di
quello
dei
propri
clienti
.
Il
divieto
di
mandato
imperativo
è
una
regola
senza
sanzione
.
Anzi
,
l
'
unica
sanzione
temibile
per
il
rappresentante
o
il
partito
è
quella
che
viene
dalla
trasgressione
della
regola
opposta
,
dalla
regola
cioè
che
impone
,
o
per
lo
meno
consiglia
,
di
soddisfare
il
più
possibile
le
richieste
dei
propri
elettori
.
Elettori
ed
eletti
sono
legati
a
filo
doppio
.
Il
loro
rapporto
è
un
rapporto
di
«
do
ut
des
»
,
un
vero
e
proprio
rapporto
di
scambio
,
in
cui
l
'
uno
col
proprio
voto
attribuisce
all
'
altro
un
potere
da
cui
si
aspetta
un
beneficio
e
l
'
altro
dispensa
un
beneficio
da
cui
si
aspetta
il
consenso
.
Forzando
,
ma
non
troppo
,
l
'
analogia
tra
lo
scambio
politico
e
lo
scambio
economico
,
si
può
dire
che
l
'
elettore
è
un
produttore
e
l
'
eletto
un
consumatore
di
potere
,
e
inversamente
l
'
elettore
è
un
produttore
e
l
'
eletto
un
consumatore
di
consenso
.
L
'
idea
,
del
resto
non
nuova
,
che
la
democrazia
possa
essere
paragonata
a
un
grande
e
libero
mercato
la
cui
merce
principale
è
il
voto
non
è
esaltante
.
Ma
è
da
tener
sempre
presente
per
capire
il
comportamento
degli
uomini
politici
specie
nell
'
imminenza
di
elezioni
.
Come
il
mercato
economico
,
anche
il
mercato
politico
sfugge
a
ogni
controllo
che
si
voglia
imporre
dall
'
alto
e
anche
da
questo
punto
di
vista
l
'
analogia
regge
alla
prova
dei
fatti
.
StampaQuotidiana ,
L
'
analogia
tra
mercato
economico
e
mercato
politico
deve
essere
però
presa
con
una
certa
cautela
.
L
'
analogia
è
fondata
sulla
considerazione
che
tra
l
'
elettore
e
l
'
eletto
si
può
configurare
un
rapporto
di
«
do
ut
des
»
,
come
quello
che
avviene
nel
mercato
tra
compratore
e
venditore
.
Ciò
che
l
'
elettore
dà
al
partito
o
alla
persona
cui
concede
il
proprio
voto
è
il
bene
politico
per
eccellenza
,
il
potere
,
ovvero
la
capacità
di
ottenere
effetti
desiderati
.
Ciò
che
egli
si
aspetta
in
cambio
è
che
il
potere
così
conferito
venga
esercitato
a
suo
vantaggio
.
Ma
a
differenza
di
quel
che
avviene
nel
mercato
,
l
'
elettore
non
conosce
in
anticipo
l
'
effetto
della
sua
scelta
,
perché
il
maggiore
o
minor
potere
del
partito
o
del
candidato
cui
ha
dato
il
voto
dipende
anche
dal
maggiore
o
minore
numero
di
voti
che
essi
riceveranno
da
altri
elettori
sui
quali
egli
non
esercita
di
solito
alcuna
influenza
.
In
un
sistema
maggioritario
,
in
cui
dei
due
candidati
in
lizza
l
'
uno
vince
e
l
'
altro
perde
,
chi
vota
per
il
candidato
perdente
ha
scambiato
il
proprio
voto
,
il
bene
che
egli
possiede
come
cittadino
che
gode
dei
diritti
politici
,
con
una
speranza
che
non
si
è
realizzata
.
Ma
anche
in
un
sistema
proporzionale
dove
ogni
voto
va
a
segno
,
il
maggiore
o
minore
effetto
del
mio
voto
come
datore
di
consenso
dipende
da
come
votano
gli
altri
,
cioè
da
una
circostanza
di
cui
ogni
elettore
non
può
avere
che
una
vaga
conoscenza
.
Anche
nel
caso
in
cui
il
voto
contribuisca
a
dare
potere
a
un
partito
o
a
un
candidato
,
non
è
detto
che
il
potere
da
questi
ricevuto
sia
tanto
grande
da
consentire
l
'
esaudimento
delle
domande
poste
dall
'
elettore
.
Superfluo
sottolineare
la
diversa
capacità
di
rispondere
alle
domande
degli
elettori
,
rispettivamente
,
di
un
partito
di
governo
e
di
un
partito
di
opposizione
.
Votando
,
l
'
elettore
non
sa
con
esattezza
in
anticipo
se
il
partito
o
il
candidato
che
egli
vota
farà
parte
del
governo
o
dell
'
opposizione
.
Vota
anche
in
questo
caso
a
suo
rischio
e
pericolo
,
offrendo
l
'
unico
bene
che
ha
nell
'
arena
politica
,
ancora
una
volta
,
per
scambiarlo
con
un
bene
soltanto
sperato
.
Il
rapporto
che
si
viene
instaurando
fra
l
'
elettore
e
l
'
eletto
è
simile
a
quello
di
un
contratto
aleatorio
,
in
cui
a
una
prestazione
certa
da
una
parte
corrisponde
una
prestazione
incerta
dall
'
altra
,
come
avviene
in
una
lotteria
.
(
La
miglior
prova
che
le
elezioni
vengono
percepite
come
una
sorta
di
lotteria
,
sta
nell
'
intensa
curiosità
con
cui
nei
giorni
successivi
al
voto
sono
seguite
le
operazioni
di
spoglio
delle
schede
)
.
L
'
altra
ragione
per
cui
l
'
analogia
del
mercato
politico
non
può
essere
presa
alla
lettera
sta
nella
varietà
e
complessità
delle
motivazioni
di
voto
.
Il
rapporto
tra
elettore
ed
eletto
si
può
assimilare
a
un
rapporto
di
scambio
,
paragonabile
a
quelli
che
avvengono
nel
mercato
,
solo
nel
caso
del
cosiddetto
voto
clientelare
,
nel
caso
cioè
in
cui
tra
elettore
ed
eletto
sia
avvenuta
un
'
intesa
personale
come
quella
che
passa
tra
patrono
e
cliente
,
e
il
primo
abbia
concordato
col
secondo
,
se
pure
sempre
con
un
margine
di
rischio
,
un
beneficio
specifico
,
come
l
'
assegnazione
di
una
pensione
,
di
una
casa
o
di
un
posto
.
Che
poi
il
cliente
sia
,
anziché
un
singolo
individuo
,
un
gruppo
d
'
interesse
che
ottiene
un
favore
economico
in
cambio
di
un
appoggio
politico
,
la
cosa
non
cambia
.
Ma
non
tutti
i
voti
sono
clientelari
.
Gli
studiosi
di
politica
(
mi
riferisco
in
particolare
a
Gianfranco
Pasquino
)
prendono
in
considerazione
,
accanto
al
voto
di
scambio
,
il
voto
di
appartenenza
,
che
è
il
voto
di
chi
si
è
identificato
talmente
in
un
determinato
partito
da
dare
ad
esso
il
proprio
appoggio
indipendentemente
dalle
decisioni
politiche
che
esso
prenderà
e
da
quelle
che
impedirà
,
e
quindi
dall
'
esigenza
di
soddisfare
interessi
individuali
e
specifici
;
e
il
voto
di
opinione
,
che
è
il
voto
dato
a
un
partito
per
una
certa
consonanza
o
concordanza
nelle
vedute
generali
,
nel
programma
globale
di
conservazione
o
di
riforma
,
senza
un
particolare
riguardo
ai
propri
interessi
immediati
.
Di
queste
ultime
due
motivazioni
di
voto
quella
che
si
contrappone
maggiormente
alla
motivazione
derivata
dall
'
interesse
personale
,
è
la
motivazione
che
sottostà
al
voto
di
opinione
.
Il
voto
di
appartenenza
è
per
certi
aspetti
un
voto
di
opinione
(
«
le
idee
del
partito
sono
le
mie
idee
»
)
,
sotto
altri
un
voto
di
scambio
(
«
gl
'
interessi
del
partito
sono
i
miei
stessi
interessi
»
)
.
Ma
entrambi
irrigiditi
:
infatti
,
fra
tutte
le
specie
di
voto
è
quello
più
stabile
.
Chi
vota
comunista
per
solidarietà
di
gruppo
continua
a
votare
pci
quale
che
sia
la
linea
politica
seguita
dai
dirigenti
(
fronte
popolare
,
compromesso
storico
,
alternativa
democratica
)
.
Chi
vota
democristiano
perché
è
cattolico
,
perché
ritiene
,
a
torto
o
a
ragione
,
che
la
democrazia
cristiana
difenda
gl
'
interessi
e
i
principi
dei
cattolici
,
continua
a
concederle
la
propria
fiducia
a
onta
degli
scandali
e
senza
tenere
il
minimo
conto
della
pratica
quotidiana
di
governo
.
Se
si
vuol
capire
perché
nelle
analisi
degli
osservatori
torni
sempre
più
insistentemente
l
'
immagine
del
mercato
politico
,
nonostante
la
varietà
delle
motivazioni
di
voto
,
bisogna
prender
coscienza
del
fatto
che
nelle
democrazie
più
consolidate
,
dove
la
ripetizione
delle
elezioni
rende
sempre
più
stretto
il
rapporto
fra
elettori
ed
eletti
,
si
manifesta
una
chiara
tendenza
alla
diminuzione
del
voto
di
opinione
e
all
'
aumento
del
voto
di
scambio
.
Il
voto
di
opinione
sopravvive
con
maggiore
intensità
nei
piccoli
partiti
che
hanno
minore
capacità
di
soddisfare
interessi
particolari
.
Occorre
se
mai
fare
attenzione
all
'
aumento
delle
astensioni
e
delle
schede
bianche
:
entrambi
gli
atteggiamenti
esprimono
una
vera
e
propria
opinione
.
Tanto
che
qualcuno
ha
potuto
affermare
che
mentre
i
partiti
raccolgono
sempre
più
voti
di
scambio
,
il
voto
di
opinione
si
rifugia
paradossalmente
in
coloro
che
non
vanno
a
votare
o
non
votano
nessuno
dei
partiti
in
gara
.
Queste
osservazioni
,
e
altre
che
si
potrebbero
fare
sulla
«
democrazia
reale
»
,
non
sono
irriverenti
.
Sono
semplicemente
realistiche
.
Servono
a
farci
capire
che
in
crisi
non
è
la
democrazia
ma
una
sua
falsa
immagine
.
StampaQuotidiana ,
Da
tre
giorni
l
'
impresa
dell
'
«
Apollo
13
»
,
che
al
suo
inizio
non
aveva
suscitato
né
interesse
né
scalpore
,
tiene
col
fiato
sospeso
tutta
l
'
umanità
che
dispone
di
servizi
d
'
informazione
sufficienti
.
L
'
impresa
è
fallita
e
gli
astronauti
sono
in
pericolo
.
Il
lato
umano
della
vicenda
per
ora
prevale
,
nell
'
atmosfera
di
suspense
che
si
è
creata
.
Tre
uomini
eccezionali
per
la
loro
struttura
psicofisica
,
la
loro
preparazione
tecnica
e
il
loro
coraggio
,
devono
sfruttare
al
massimo
le
loro
risorse
e
la
loro
vita
rimane
attaccata
ad
un
filo
.
Tutti
sperano
che
se
la
caveranno
e
tutti
faranno
il
possibile
per
aiutarli
;
ma
nessuno
riesce
ad
essere
troppo
ottimista
.
Ma
comunque
vadano
le
cose
,
il
fallimento
dell
'
impresa
contiene
una
lezione
solenne
.
È
facile
prevedere
che
esso
rinfocolerà
le
polemiche
sull
'
opportunità
stessa
dei
voli
spaziali
:
sulla
saggezza
di
una
scelta
che
destina
a
tali
voli
somme
enormi
di
ricchezza
,
di
energie
umane
e
di
sacrifici
,
somme
che
potrebbero
essere
più
utilmente
,
o
almeno
con
vantaggi
più
evidenti
e
immediati
,
destinate
ad
alleviare
le
miserie
,
le
disuguaglianze
e
le
conseguenti
tensioni
che
ancora
regnano
in
tutte
le
parti
del
mondo
,
anche
nelle
più
fortunate
.
I
vantaggi
immediati
ricavati
dai
viaggi
spaziali
sono
finora
minimi
:
a
prescindere
dalla
somma
di
conoscenze
nuove
(
ma
ancora
non
decisive
)
che
essi
hanno
apportato
,
si
riducono
a
perfezionamenti
tecnici
che
,
scoperti
o
messi
a
prova
per
la
prima
volta
in
occasione
di
quei
viaggi
,
possono
essere
utilizzati
in
campi
diversi
.
Il
problema
dunque
permane
.
E
non
c
'
è
dubbio
che
la
soluzione
negativa
di
questo
problema
,
fondata
com
'
è
su
un
argomento
d
'
immediata
evidenza
,
vedrà
crescere
il
numero
dei
suoi
sostenitori
.
Tuttavia
ci
si
accorgerà
subito
che
,
se
essa
viene
sufficientemente
generalizzata
,
prova
troppo
,
come
dicevano
gli
antichi
logici
.
L
'
umanità
ha
sempre
sofferto
di
miserie
,
ingiustizie
e
disuguaglianze
.
Se
tutte
le
sue
risorse
fossero
state
destinate
al
soddisfacimento
dei
suoi
bisogni
immediati
e
non
anche
,
in
parte
,
all
'
arricchimento
delle
sue
conoscenze
,
avrebbe
rinunciato
agli
strumenti
più
efficaci
per
fronteggiare
i
suoi
mali
;
anzi
,
forse
,
non
sarebbe
giunta
neppure
a
conoscere
l
'
estensione
,
la
portata
,
e
la
causa
dei
suoi
mali
.
Non
ne
avrebbe
avuti
i
mezzi
né
l
'
opportunità
,
le
sarebbero
sfuggiti
i
dati
indispensabili
per
la
loro
diagnosi
e
la
loro
prognosi
.
E
,
sempre
in
quell
'
ipotesi
,
che
cosa
dire
della
somma
di
ricchezze
e
di
energie
che
,
in
tutte
le
civiltà
passate
e
presenti
,
sono
state
e
sono
impiegate
per
l
'
arte
e
il
divertimento
:
templi
,
edifici
grandiosi
,
tombe
monumentali
,
opere
d
'
arte
di
tutte
le
specie
,
giochi
spettacolari
,
mantenimento
di
caste
sacerdotali
o
privilegiate
per
la
natura
del
compito
loro
affidato
,
sono
il
frutto
dell
'
impiego
di
una
parte
delle
sempre
limitate
risorse
di
cui
l
'
umanità
è
stata
fornita
per
scopi
che
non
erano
quelli
dei
bisogni
immediati
.
Certo
,
non
sappiamo
se
e
quando
le
conoscenze
acquisite
con
le
imprese
spaziali
si
trasformeranno
in
denaro
contante
,
in
benefici
o
vantaggi
per
l
'
umanità
tutta
.
Ma
la
storia
della
scienza
è
ricca
d
'
insegnamenti
a
questo
proposito
.
Scoperte
o
invenzioni
ritenute
inutili
,
inconcludenti
o
troppo
«
astratte
»
per
servire
a
un
qualsiasi
scopo
pratico
,
si
sono
rivelate
feconde
di
risultati
concreti
e
utilizzabili
nei
più
disparati
campi
per
la
salute
o
il
benessere
dell
'
uomo
.
E
così
la
missione
dell
'
«
Apollo
13
»
è
fallita
;
e
questo
fallimento
è
la
lezione
principale
da
mandare
a
memoria
.
Ad
eccezione
dei
tre
astronauti
che
,
in
virtù
dell
'
addestramento
ricevuto
,
hanno
conservato
una
calma
esemplare
e
,
forse
,
dei
dirigenti
dell
'
impresa
che
li
guidano
da
terra
,
questo
fallimento
ha
colpito
il
resto
del
genere
umano
come
un
fulmine
a
ciel
sereno
,
come
un
evento
straordinario
e
fatale
.
Tutti
davano
per
scontata
la
perfezione
degli
ordigni
,
l
'
efficienza
infallibile
dell
'
organizzazione
,
l
'
assenza
di
imprevisti
rischiosi
.
Una
volta
raggiunto
un
successo
,
che
può
anche
essere
un
colpo
di
fortuna
,
l
'
uomo
tende
a
credere
di
aver
avuto
partita
vinta
e
che
il
successo
continuerà
,
ed
è
portato
ad
imprecare
e
a
sentirsi
offeso
dalla
sorte
e
a
perdere
ogni
coraggio
appena
si
accorge
che
le
cose
non
stanno
così
,
che
il
rischio
permane
tutt
'
ora
.
In
particolare
,
per
quanto
riguarda
il
dominio
delle
forze
naturali
,
gli
uomini
sono
portati
a
credere
oggi
che
la
scienza
sia
pressoché
onnipotente
,
che
il
dominio
da
essa
stabilito
sulla
natura
sia
totale
e
definitivo
e
che
la
natura
sia
diventata
docile
ai
suoi
comandi
come
uno
spirito
folletto
agli
incantesimi
di
uno
stregone
.
Purtroppo
le
cose
non
stanno
così
e
,
per
quel
che
è
dato
sapere
,
non
saranno
mai
così
.
Una
quota
ineliminabile
di
rischio
rimane
nelle
imprese
della
scienza
come
nelle
più
banali
azioni
quotidiane
dell
'
uomo
.
Può
comportare
un
rischio
entrare
in
una
vasca
da
bagno
,
manovrare
un
aggeggio
domestico
o
uscir
di
casa
la
mattina
.
E
anzi
,
quanto
più
complessi
,
meticolosi
e
raffinati
sono
i
congegni
che
l
'
uomo
riesce
a
creare
,
tanto
più
son
delicati
e
soggetti
a
guasti
imprevisti
.
Un
granello
di
sabbia
non
dà
nessun
fastidio
a
una
macchina
semplice
ma
può
bloccare
un
calcolatore
elettronico
.
La
dipendenza
dell
'
uomo
dalla
natura
non
è
ridotta
a
zero
dagli
strumenti
di
cui
egli
si
serve
per
dominarla
,
ma
è
elevata
a
potenza
in
proporzione
della
complessità
delle
macchine
.
E
lo
stesso
vale
per
ogni
tipo
o
forma
di
organizzazione
,
di
istituzione
,
di
struttura
umana
o
sociale
.
A
misura
che
queste
organizzazioni
e
strutture
diventano
più
complesse
e
ordinate
,
quindi
più
efficienti
rispetto
agli
scopi
che
si
propongono
,
la
loro
fragilità
aumenta
e
si
accrescono
i
rischi
che
incombono
sul
loro
funzionamento
.
Istituzioni
secolari
possono
esser
messe
in
crisi
dal
granello
di
sabbia
di
un
problema
non
risolto
,
di
un
dissenso
interno
e
di
un
mutamento
di
circostanze
.
Siamo
tutti
portati
a
credere
,
con
ingenuità
quasi
infantile
,
che
la
potenzialità
scientifica
,
tecnica
ed
economica
della
nostra
società
sia
destinata
a
raggiungere
punte
sempre
più
alte
,
che
il
progresso
verso
la
libertà
non
possa
arrestarsi
,
che
la
vita
dell
'
uomo
sarà
in
tutti
i
sensi
meglio
garantita
,
nel
futuro
,
dalla
forza
intrinseca
e
impersonale
degli
organismi
collettivi
,
a
prescindere
dalla
buona
o
cattiva
volontà
di
coloro
che
vi
prendono
parte
.
Ma
questi
organismi
diventano
tanto
più
fragili
quanto
più
si
perfezionano
e
la
loro
vita
può
essere
messa
in
pericolo
,
ad
ogni
istante
,
dalla
mancanza
di
impegno
,
di
vigilanza
e
di
controllo
.
Oggi
più
che
mai
l
'
uomo
deve
sottrarsi
alla
morsa
dell
'
alternativa
tra
l
'
esaltazione
entusiastica
e
la
disperazione
angosciata
.
Dove
considerare
ogni
successo
una
conquista
che
richiede
ancora
lavoro
e
sacrifici
per
essere
conservata
e
potenziata
e
ogni
insuccesso
come
un
rischio
inevitabile
che
non
deve
distoglierlo
dal
lavoro
e
dalla
ricerca
ulteriore
.
Forse
tra
alcune
ore
,
come
tutti
speriamo
,
i
tre
uomini
dello
spazio
saranno
di
nuovo
sulla
Terra
,
trionfatori
nell
'
insuccesso
.
Ma
l
'
insuccesso
rimane
con
la
sua
perdita
enorme
di
denaro
,
di
lavoro
e
di
energie
.
E
l
'
importante
è
che
la
lezione
salutare
che
esso
ci
ha
inflitta
non
vada
dimenticata
e
sia
messa
a
partito
da
tutti
quelli
che
possono
e
debbono
intenderla
.
StampaQuotidiana ,
Quando
la
capsula
dell
'
«
Apollo
13
»
si
è
dolcemente
posata
sulle
acque
del
Pacifico
,
una
nuova
fiducia
è
spuntata
nel
cuore
degli
uomini
,
come
uno
splendido
fiore
in
una
steppa
desolata
.
Un
mondo
tormentato
da
problemi
e
inquietudini
di
ogni
genere
,
dilaniato
da
conflitti
sociali
,
razziali
,
ideologici
,
da
catastrofi
e
guerre
,
minacciato
nelle
sue
stesse
condizioni
naturali
di
sopravvivenza
,
ha
avuto
un
attimo
di
sollievo
perché
gli
è
balenata
dinanzi
una
prospettiva
favorevole
.
Forse
domani
dimenticherà
tutto
questo
,
ricadrà
nella
tensione
angosciata
che
lo
caratterizza
e
tornerà
alle
sue
preoccupazioni
e
alle
sue
lotte
quotidiane
.
Ma
,
forse
,
quell
'
esile
fiore
non
sarà
germogliato
invano
nella
sua
breve
stagione
:
durerà
nel
ricordo
dei
molti
o
dei
pochi
che
ne
avranno
tratto
un
insegnamento
.
Una
vittoria
dell
'
uomo
e
della
solidarietà
umana
:
così
viene
quasi
universalmente
definito
il
felice
ritorno
degli
uomini
dell
'
«
Apollo
13
»
.
Ma
l
'
uomo
deve
ogni
giorno
registrare
sconfitte
dolorose
;
e
una
sconfitta
è
,
nel
suo
complesso
,
la
spedizione
dell
'
«
Apollo
13
»
.
La
solidarietà
umana
,
proclamata
a
gran
voce
da
filosofi
,
teologi
e
uomini
di
tutte
le
parti
,
si
riduce
spesso
a
una
etichetta
ideologica
,
a
un
pretesto
polemico
che
rimane
inoperante
nella
maggior
parte
dei
casi
.
La
conclusione
umanamente
felice
dell
'
impresa
spaziale
è
,
vista
a
mente
fredda
,
solo
una
mezza
vittoria
,
la
vittoria
su
di
un
insuccesso
.
Eppure
questa
mezza
vittoria
rende
più
fiduciosi
di
quanto
avrebbe
fatto
una
vittoria
completa
.
Forse
perché
tre
uomini
,
tre
«
eroi
»
,
si
sono
salvati
?
Molti
uomini
muoiono
ogni
giorno
o
uccisi
dalle
guerre
o
per
disgrazia
o
per
mostrare
la
loro
bravura
,
come
gli
scalatori
di
vette
.
Chiamare
«
eroi
»
gli
astronauti
è
vieta
retorica
:
l
'
eroe
è
un
essere
mitico
,
sovrumano
,
dietro
il
quale
gli
antichi
ponevano
sempre
una
divinità
benevola
,
pronta
a
sconfiggere
i
tranelli
della
divinità
ostile
.
I
tre
astronauti
sono
uomini
come
gli
altri
,
solo
disciplinati
e
addestrati
in
modo
speciale
e
messi
in
grado
di
superare
l
'
urto
delle
emozioni
,
vive
in
loro
come
nel
resto
del
genere
umano
.
Si
è
trattato
di
uno
«
spettacolo
»
appassionante
?
Ma
,
quando
si
è
annunziata
,
l
'
impresa
lunare
aveva
già
cessato
di
esser
«
spettacolo
»
;
era
apparsa
un
esercizio
di
routine
,
come
il
sèguito
di
uno
scavo
archeologico
o
di
un
esperimento
di
laboratorio
;
e
l
'
essere
ridiventato
spettacolo
non
è
certo
dovuto
a
una
curiosità
malsana
per
la
tragedia
.
Se
un
lume
di
speranza
,
un
germe
di
rinnovata
fiducia
nelle
sorti
future
,
è
nato
tra
gli
uomini
con
il
ritorno
degli
astronauti
,
è
perché
questo
ritorno
è
stato
una
vittoria
dell
'
intelligenza
umana
.
Di
un
'
intelligenza
che
non
si
consuma
nella
testa
o
nell
'
opera
di
un
individuo
isolato
,
sia
pure
geniale
,
ma
che
registra
e
prevede
,
disciplina
,
organizza
e
fa
continuamente
leva
sul
noto
per
affrontare
l
'
ignoto
.
Di
un
'
intelligenza
che
è
continuamente
in
lotta
con
il
caso
o
con
l
'
imprevisto
e
sa
affrontare
questa
lotta
con
strumenti
adeguati
.
Di
una
intelligenza
che
non
è
certo
superumana
od
onnipotente
,
perché
può
sbagliare
e
sbaglia
;
ma
proprio
perciò
è
fatta
di
lunghe
ricerche
,
di
lavoro
paziente
,
di
ordine
razionale
e
di
disciplina
.
È
quest
'
intelligenza
che
ha
riportato
gli
astronauti
sulla
Terra
in
condizioni
che
apparivano
disperate
.
È
quest
'
intelligenza
che
ha
creato
le
macchine
,
l
'
enorme
numero
di
aggeggi
indispensabili
per
il
loro
funzionamento
,
che
ha
insegnato
a
utilizzare
l
'
energia
che
le
anima
,
che
ha
preso
corpo
negli
elaboratori
elettronici
capaci
di
calcoli
istantanei
,
e
nei
«
simulatori
»
che
,
a
terra
,
hanno
consentito
di
riprodurre
le
condizioni
in
cui
gli
astronauti
si
trovavano
e
di
raccogliere
i
dati
indispensabili
per
guidarli
nella
manovra
.
La
stessa
intelligenza
ha
presieduto
a
quell
'
enorme
apparato
di
energie
umane
,
intellettuali
e
fisiche
,
che
ha
guidato
gli
astronauti
nel
loro
viaggio
e
alla
loro
salvezza
.
Il
grosso
pubblico
conosce
appena
il
nome
di
qualche
inventore
od
organizzatore
che
ha
avuto
una
parte
cospicua
in
questo
o
quell
'
aspetto
dell
'
impresa
:
ma
anche
l
'
opera
di
costoro
non
avrebbe
dato
frutto
fuori
dall
'
organizzazione
di
cui
fa
parte
.
E
tuttavia
questa
organizzazione
non
è
una
cosa
anonima
,
non
obbedisce
a
un
istinto
proprio
,
non
funziona
come
un
sistema
impersonale
,
ma
è
il
risultato
di
un
'
armonia
di
sforzi
,
rivolti
in
direzioni
multiple
e
tuttavia
convergenti
in
un
unico
disegno
comune
.
E
,
infine
,
la
stessa
intelligenza
ha
guidato
gli
astronauti
nei
loro
compiti
imprevisti
,
ha
frenato
il
loro
panico
e
le
loro
emozioni
,
e
li
ha
impegnati
all
'
impiego
di
tutte
le
energie
disponibili
.
La
solidarietà
che
li
ha
accompagnati
nel
mondo
è
stata
quindi
mobilitata
dal
fatto
che
la
loro
straordinaria
avventura
era
un
esperimento
cruciale
,
una
messa
a
prova
decisiva
,
delle
possibilità
che
l
'
intelligenza
umana
,
pur
nei
suoi
limiti
,
può
offrire
all
'
uomo
nel
futuro
.
Nessuno
si
è
preoccupato
che
fossero
in
ballo
la
Scienza
e
la
Tecnica
,
la
politica
delle
superpotenze
o
il
prestigio
di
una
di
esse
:
queste
preoccupazioni
avrebbero
scisso
e
disperso
l
'
attenzione
appassionata
degli
uomini
.
Si
trattava
solo
di
vedere
se
l
'
ingegno
umano
fosse
in
grado
di
superare
una
prova
difficile
,
se
ancora
si
potesse
fare
su
di
esso
qualche
affidamento
per
la
sorte
comune
.
Ebbene
,
la
prova
è
stata
superata
e
l
'
umanità
respira
di
sollievo
.
Che
i
voli
spaziali
continuino
o
no
,
che
le
ricerche
scientifiche
o
tecniche
si
concentrino
in
questo
campo
o
in
altri
,
non
è
la
cosa
più
importante
.
La
cosa
che
importa
veramente
è
che
l
'
intelligenza
umana
sia
uscita
vincitrice
da
una
prova
che
era
quasi
al
limite
delle
sue
forze
;
che
la
fiducia
negli
strumenti
e
negli
uomini
,
che
essa
riesce
a
forgiare
,
non
sia
andata
delusa
.
Si
è
rafforzata
la
speranza
che
un
'
intelligenza
capace
di
tanto
possa
anche
,
un
giorno
o
l
'
altro
,
sconfiggere
l
'
ignoranza
e
il
pregiudizio
,
l
'
odio
e
il
cieco
egoismo
,
la
violenza
brutale
e
il
calcolo
meschino
o
sbagliato
,
l
'
ingiustizia
e
la
lotta
fratricida
;
che
possa
convincere
l
'
uomo
a
non
distruggere
sconsideratamente
le
risorse
ambientali
di
cui
vive
e
addestrarlo
,
se
non
ad
una
fraternità
beatifica
,
ad
una
collaborazione
rispettosa
e
feconda
.
Che
una
tale
speranza
si
sia
affacciata
,
sia
pure
in
modo
più
o
meno
consapevole
,
nel
cuore
di
tante
persone
che
,
in
essa
e
per
essa
,
si
sono
sentite
solidali
,
è
già
un
fatto
positivo
.
Ma
una
speranza
non
basta
e
una
rinata
fiducia
non
deve
degradare
in
un
'
attesa
passiva
.
L
'
intelligenza
autentica
che
,
pur
con
le
sue
deboli
forze
e
con
i
suoi
interventi
saltuari
,
ha
reso
possibile
all
'
uomo
di
sopravvivere
su
questa
Terra
,
non
deve
sprecarsi
nella
ricerca
di
escogitazioni
brillanti
,
ma
ineffettuali
,
di
paradossi
volutamente
urtanti
,
di
utopie
semplificatrici
;
né
deve
degradarsi
a
giustificare
post
factum
gli
errori
degli
uomini
,
le
manifestazioni
caotiche
dei
loro
istinti
e
delle
loro
emozioni
o
le
loro
ridicole
pretese
sataniche
.
Deve
impegnarsi
in
tutti
i
campi
,
dall
'
economia
alla
politica
,
dall
'
arte
alla
scienza
,
dal
più
modesto
artigianato
alla
più
astratta
speculazione
,
in
progetti
concreti
,
in
realizzazioni
effettive
,
che
saranno
rese
possibili
solo
da
una
collaborazione
aperta
a
tutti
e
da
una
competizione
priva
di
invidia
.
StampaQuotidiana ,
Il
1970
termina
in
un
clima
politico
di
incertezza
e
di
disorientamento
non
minore
del
1969
,
di
quel
triste
dicembre
che
era
stato
funestato
dagli
oscuri
morti
di
piazza
Fontana
e
dall
'
improvviso
e
cupo
ritorno
della
violenza
.
Questa
volta
il
bilancio
delle
vittime
è
molto
meno
grave
:
la
dolorosa
morte
del
giovane
Saltarelli
non
potrebbe
essere
paragonata
alla
misteriosa
strage
della
banca
dell
'
Agricoltura
.
Ma
c
'
è
un
senso
di
amarezza
e
di
insicurezza
nell
'
aria
,
diffuso
un
po
'
dovunque
,
che
mette
a
nudo
tutti
i
terribili
e
insoluti
problemi
nazionali
;
il
fossato
fra
la
classe
politica
e
il
paese
,
già
delineatosi
nel
'68
e
accentuatosi
nel
'69
,
si
è
ulteriormente
approfondito
;
l
'
indifferenza
di
tanta
parte
della
pubblica
opinione
verso
le
vicende
governativo
-
parlamentari
di
Roma
rasenta
il
sarcasmo
o
il
cinismo
,
fino
ad
investire
lo
stesso
prestigio
delle
istituzioni
.
Allora
,
un
anno
fa
,
di
fronte
alle
bombe
di
piazza
Fontana
-
esplosione
di
quella
violenza
selvaggia
che
accomunava
le
estreme
extraparlamentari
e
quasi
sembrava
riassumere
la
degenerazione
dei
miti
contestativi
-
ci
fu
un
largo
movimento
popolare
di
ritorno
alla
democrazia
,
di
rinnovata
fiducia
nella
legalità
,
di
ansia
,
comune
anche
a
larghi
settori
della
classe
operaia
,
di
una
Repubblica
capace
di
difendere
l
'
ordine
,
di
imporre
la
maestà
della
legge
scaturita
dalla
guerra
e
dalla
liberazione
.
Il
negoziato
di
Rumor
per
riformare
l
'
intesa
a
quattro
cominciò
dal
gennaio
,
in
un
clima
che
era
pieno
di
difficoltà
ma
anche
di
speranze
;
il
tentativo
,
così
sottile
e
abile
,
di
un
uomo
come
Moro
fallì
solo
per
l
'
intransigenza
vaticana
sul
divorzio
(
un
'
intransigenza
non
ancora
sopita
)
.
Certo
si
constatarono
profonde
divergenze
fra
i
partiti
;
ma
un
minimo
di
«
lealtà
repubblicana
»
si
impose
su
tutti
i
motivi
di
divergenza
o
di
contrapposizione
,
e
su
quel
terreno
si
affrontò
la
riforma
,
rischiosa
ma
ormai
inevitabile
,
delle
regioni
,
ci
si
avvicinò
a
quelle
elezioni
locali
del
7
giugno
,
che
furono
felicemente
superate
,
con
un
risultato
complessivo
incoraggiante
per
la
democrazia
.
Ma
dopo
?
Dal
momento
in
cui
la
tensione
del
dicembre
'69
,
una
tensione
che
aveva
toccato
brividi
di
guerra
civile
,
apparve
scaricata
o
almeno
fortemente
attenuata
,
tutto
sembrò
nuovamente
in
discussione
o
in
pericolo
.
Dopo
il
7
giugno
del
'70
si
ripartì
da
zero
.
Il
governo
Rumor
fu
messo
in
crisi
dal
moto
centrifugo
dei
partiti
,
estrema
conseguenza
della
scissione
socialista
e
della
scissione
,
inconfessata
,
nella
democrazia
cristiana
;
i
compromessi
del
preambolo
Forlani
,
pur
realistici
e
accettabili
,
dettero
luogo
a
infiniti
equivoci
;
il
dissenso
circa
le
giunte
locali
si
aggravò
;
sulla
delimitazione
della
maggioranza
le
antitesi
apparvero
incolmabili
;
l
'
ombra
del
divorzio
si
fece
sentire
,
e
fu
forse
decisiva
per
le
stesse
repentine
dimissioni
del
presidente
Rumor
.
La
legislatura
,
salvata
miracolosamente
nella
primavera
,
sembrò
nuovamente
in
agonia
.
Fra
luglio
e
agosto
,
si
ebbe
una
crisi
profonda
,
una
crisi
che
non
risparmiò
nulla
e
nessuno
.
La
formula
del
quadripartito
di
emergenza
,
del
quadripartito
di
restaurazione
economica
e
finanziaria
,
incarnata
da
Colombo
,
apparve
a
tutti
gli
uomini
di
buona
volontà
come
l
'
unica
atta
ad
evitare
lo
scioglimento
delle
Camere
.
Il
governo
Colombo
iniziò
la
sua
opera
con
senso
congiunto
di
alacrità
e
di
responsabilità
.
Si
orientò
ad
affrontare
come
prioritaria
la
situazione
economica
,
che
era
allora
gravissima
(
ma
oggi
non
lo
è
meno
)
;
impostò
,
con
una
visione
globale
dei
problemi
,
la
tematica
del
decretone
.
L
'
improvvisa
ventata
ostruzionista
annullò
in
gran
parte
il
vantaggio
del
rimedio
,
la
celerità
:
in
pochi
mesi
i
problemi
che
il
decretone
doveva
avviare
a
soluzione
,
a
cominciare
dalle
mutue
,
si
aggravarono
anziché
attenuarsi
.
L
'
ondata
degli
scioperi
,
che
era
stata
contenuta
dai
primi
positivi
incontri
fra
governo
e
sindacati
,
riprese
con
un
ritmo
non
meno
convulso
e
assai
più
ingiustificato
dei
tempi
aspri
dell
'
autunno
caldo
.
Si
consolidò
l
'
abitudine
,
veramente
insensata
,
delle
agitazioni
per
le
cosiddette
riforme
(
nel
'69
ci
si
batteva
,
ed
era
tutt
'
altro
discorso
,
per
l
'
aumento
delle
retribuzioni
,
per
l
'
adeguamento
dei
livelli
operai
)
.
La
spirale
della
confusione
e
della
stanchezza
ha
ripreso
come
nel
dicembre
'69
e
senza
più
neppure
le
forze
di
reazione
o
di
riscossa
che
nel
'69
erano
emerse
dal
campo
democratico
e
socialista
.
Quasi
tutti
i
vantaggi
dell
'
ultimo
anno
sono
apparsi
illusori
;
solo
la
linea
di
stabilizzazione
monetaria
,
indubbia
benemerenza
del
governo
Colombo
,
ha
evitato
che
i
progressi
dell
'
autunno
caldo
fossero
vanificati
dal
moto
inflazionistico
.
Ma
se
la
situazione
della
moneta
è
buona
,
non
lo
è
altrettanto
quella
della
produzione
:
il
ritmo
degli
investimenti
è
stagnante
,
in
molte
aziende
le
assenze
recano
maggiori
danni
degli
scioperi
duri
di
un
anno
fa
,
una
nuova
fiammata
di
spontaneismo
anarco
-
maoista
paralizza
o
contraddice
anche
le
migliori
intenzioni
del
sindacalismo
organizzato
.
Diventa
sempre
più
difficile
reggere
alla
concorrenza
straniera
,
tenere
il
passo
con
l
'
Europa
.
E
il
rischio
,
il
rischio
più
grave
,
incombe
su
quelli
che
nel
brutto
linguaggio
di
oggi
si
chiamano
i
livelli
occupazionali
,
l
'
occupazione
cioè
di
mano
d
'
opera
,
minacciata
dai
dissesti
e
dalle
difficoltà
sempre
maggiori
,
quasi
angosciose
,
in
cui
versa
la
media
e
piccola
industria
.
Il
coraggioso
appello
di
La
Malfa
per
un
riesame
globale
della
condotta
economica
e
finanziaria
del
governo
,
in
occasione
della
pubblicazione
ormai
non
lontana
del
Libro
bianco
,
porterà
certamente
,
fra
gennaio
e
febbraio
,
a
quel
«
chiarimento
»
che
il
decretone
non
è
riuscito
a
raggiungere
.
Ma
i
problemi
politici
e
psicologici
di
fondo
non
si
risolvono
neppure
col
Libro
bianco
.
Occorre
che
il
paese
riacquisti
fiducia
nella
sua
classe
politica
;
ma
occorre
soprattutto
che
la
classe
politica
riacquisti
fiducia
in
se
stessa
,
riguadagni
quella
credibilità
che
è
ormai
compromessa
dalle
spietate
lotte
per
il
potere
,
a
cominciare
dalla
gara
per
il
Quirinale
.
Il
quadripartito
non
ha
alternative
,
almeno
in
questa
legislatura
.
Tutti
i
suoi
componenti
debbono
compiere
qualche
sacrificio
:
dal
comune
di
Milano
fino
al
governo
di
Roma
.
Ma
il
continuo
richiamo
verbalista
e
retorico
agli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
caro
a
taluni
socialisti
del
Psi
,
è
destinato
soltanto
a
dissolvere
gli
equilibri
attuali
-
giunti
ormai
ad
un
punto
di
logoramento
oltre
il
quale
non
si
può
andare
-
senza
favorire
la
formazione
di
nessuna
nuova
alleanza
capace
di
reggere
.
Né
a
Milano
né
a
Roma
,
c
'
è
spazio
per
il
bipartito
:
il
bipartito
oggi
si
identificherebbe
con
l
'
apertura
al
Pci
(
e
proprio
dopo
i
fatti
di
Polonia
e
la
sentenza
di
Leningrado
!
)
.
È
nelle
peggiori
condizioni
di
equivoco
e
di
reticenza
reciproche
:
condizioni
negative
,
in
primo
luogo
,
per
il
Psi
.
A
proposito
di
socialisti
.
L
'
inconcludenza
paralizzante
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
ci
fa
tornare
in
mente
una
formula
di
Enrico
Ferri
,
i
bei
tempi
dell
'
integralismo
,
verso
il
1906
:
«
Riforme
più
rivoluzione
diviso
due
»
.
Che
era
tutto
e
nulla
.
Il
peggior
nemico
del
socialismo
italiano
fu
e
rimane
il
massimalismo
:
l
'
ossequio
cioè
alle
formule
intransigenti
unito
ad
una
duplicità
insuperabile
sul
piano
dell
'
azione
.
Auguriamoci
tutti
che
non
si
debba
riparlare
una
seconda
volta
,
-
come
fece
un
socialista
galantuomo
dopo
il
'45
-
di
espiazione
massimalista
.