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> anno_i:[1970 TO 2000}
Monogamia in crisi? ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
La monogamia , forse la più antica e venerabile istituzione della nostra civiltà occidentale ( e non solo di questa ) , è oggi minacciata da molti pericoli e il suo avvenire appare incerto . Il numero dei divorzi è in crescente aumento nei Paesi in cui il divorzio è ammesso ; dove non è ammesso , è in aumento il numero delle separazioni legali o di fatto tra i coniugi . È in crescente aumento il numero dei matrimoni sbagliati , che continuano per forza di inerzia e si riducono a una forma di coabitazione occasionale o forzata , in cui non c ' è più traccia di solidarietà o di affetto fra i coniugi . L ' opera dei consulenti matrimoniali , che si moltiplicano in tutti i Paesi , può certo contribuire a risolvere problemi che insorgono fra i coniugi , tanto più che si rivolgono ad essi i coniugi che ritengono solubili i loro problemi ; ma non può ricreare dal nulla un ' unione che più non esiste . È infine in aumento il numero delle nascite irregolari , cioè dei figli nati fuori del matrimonio . Questi fenomeni sono assunti solitamente come segni di crisi dell ' istituzione monogamica , perché tendono a diffondersi con la massima rapidità in tutti i Paesi che sono usciti dalla fase agricola o patriarcale del loro sviluppo . Anche le nuove dimensioni di libertà raggiunte dalle donne li favoriscono : perché , cessando il loro stato di dipendenza economica e sociale , le donne sono in grado di assumersi l ' iniziativa della rottura . Ma ci sono altri sintomi altrettanto inquietanti , che non si ricavano dalle statistiche , ma da certe manifestazioni del costume contemporaneo . Molti coniugi si concedono a vicenda una « vacanza matrimoniale » nella quale sono liberi d ' intrattenere i rapporti che vogliono con altre persone . Nella Svezia ed in America vanno diffondendosi « matrimoni di gruppo » nei quali individui e coppie vivono assieme , unendo le loro risorse finanziarie e dividendosi le spese , i lavori domestici e le cure dell ' allevamento dei figli . Qualche volta , tutto si ferma qui ; altre volte , si ammette fra i membri della comune ( come si suole chiamarla ) la più ampia libertà sessuale o addirittura si sconsiglia o si vieta la formazione di coppie fisse . Nonostante il nome , i membri della comune non cedono al gruppo le loro proprietà personali . Ma spesso si considerano come un ' avanguardia rivoluzionaria , come gli antesignani di una nuova utopia , di una società in cui non ci siano più aggressioni e guerre , poveri e ricchi , né lavori faticosi o degradanti ; e in cui sia lasciata ad ogni individuo la libertà di creare la propria vita e di raggiungere la felicità che desidera . Questa ricerca di nuovi modi di vita e di nuove istituzioni è una caratteristica del nostro tempo , che non intende rinunciare all ' esperimento , all ' avventura e al rischio . Non si può condannarla in anticipo , né in anticipo garantirne il successo e fidare su di essa per il progresso del genere umano : il quale , d ' altronde , non può rinunciare a sperimentare nuove vie , dato che vede continuamente diminuite le sue prospettive , non solo di progresso , ma di sopravvivenza . Tuttavia , per ciò che riguarda la monogamia , non tutti i sintomi addotti sembrano minacciarla . Bisogna , in primo luogo , distinguere fra la monogamia come istituzione morale o semplicemente umana e l ' istituto giuridico . L ' istituzione morale è la scelta duratura , perché continuamente rinnovata , di vivere insieme secondo un progetto concordato e correggibile via via nei suoi dettagli . L ' istituto giuridico del matrimonio è un contratto che impegna i coniugi a certi obblighi sanzionati ed ha certi effetti legali e soprattutto patrimoniali . Tale contratto implica certo , fra le condizioni della sua validità , la libera scelta dei contraenti , ma limita questa scelta all ' atto della stipula ; adegua inoltre gli obblighi e i diritti legali che sancisce a un modello stabilito dalla tradizione e dal costume , che è spesso in contrasto con le esigenze e i problemi sempre nuovi della vita quotidiana . La crisi del matrimonio come istituto giuridico non è perciò , necessariamente , la crisi della monogamia . Un matrimonio legalmente valido e che i coniugi hanno un interesse qualsiasi a mantenere tale , può non avere nessuno dei caratteri autentici della monogamia . Questa , a sua volta , può riscontrarsi in unioni che non hanno alcun riconoscimento giuridico . Il ricorso al divorzio , dall ' altro lato , non è una sfida alla monogamia , ma il riconoscimento di un ' unione sbagliata o impossibile a mantenersi in piedi o che potrebbe essere resa sopportabile solo da qualche forma più o meno occulta di poligamia . Chi divorzia intende spesso infatti ricrearsi una famiglia , trovare in una nuova unione l ' affetto e la solidarietà che gli sono mancati nell ' altra . Per quanto possa apparire paradossale , il divorzio è più spesso un omaggio alla monogamia , che un rifiuto di essa : costituisce , per chi vi ricorre , la possibilità di una scelta nuova e più promettente sotto l ' aspetto della comprensione , dell ' assistenza e dell ' amore , cioè di un ' unione effettivamente monogamica . Quanto ai gruppi e alle « comuni » , se si prescinde dal loro carattere politico e neoutopistico , del quale non si riesce a scorgere il fondamento reale , essi appaiono piuttosto come forme di protesta contro i modelli morali e giuridici tradizionali o tentativi di gruppi o persone di uscire dalla solitudine e di ritrovarsi in un ambiente accogliente e solidale . Ma le forze che minano tali gruppi sono il disaccordo nella divisione dei compiti , le gelosie , l ' indifferenza reciproca o l ' accordo più stretto che si stabilisce fra coppie dei loro membri . Il gruppo non ha molti vantaggi sul matrimonio : ne moltiplica solo le difficoltà in proporzione al numero dei componenti . La monogamia è l ' aspirazione nascosta di uomini e donne , ma è difficile da realizzarsi . La scelta continua , che essa implica , del proprio compagno e del comune progetto di vita esige che si punti sull ' essenziale e che si superino con intelligenza e comprensione reciproca i problemi , le difficoltà e i conflitti che sono inevitabili nella vita quotidiana . Essa può essere realizzata da persone , di qualsiasi età , che abbiano raggiunto un grado di maturità sufficiente , cioè una personalità stabile o equilibrata che non sia più soggetta a oscillazioni e mutamenti radicali . È difficile infatti continuare a convivere in accordo sostanziale con una persona che si ritrova accanto a sé mutata nei suoi tratti caratteristici e che è diventata estranea rispetto a quella che era apparsa al primo incontro . In questo caso , com ' è ovvio , la scelta non è ripetibile . La durata di un ' unione monogamica dipende , più che dalle circostanze esterne , che inevitabilmente mutano con l ' età e con le circostanze ambientali , dalla volontà costante di conservarsi l ' affetto , la fiducia e la solidarietà del proprio compagno , dimostrandogli affetto , fiducia e solidarietà in ogni occasione . In un mondo scisso da conflitti di ogni genere , e in cui le stesse aspirazioni umanitarie più nobili sono spesso fomiti di lotte violente , l ' amore monogamico è ( con l ' amicizia autentica , che è altrettanto rara ) la sola via per uscire dall ' indifferenza e dall ' anonimato della massa amorfa e raggiungere la serenità e la gioia di vivere . Speriamo che gli uomini non trascurino questa via e traggano , dai loro stessi insuccessi , gl ' insegnamenti per imboccarla e percorrerla .
Lezione di pittura a Venezia ( Sgarbi Vittorio , 1999 )
StampaPeriodica ,
Già quando cominciai i miei studi sulla pittura veneta tra Quattro e Cinquecento , che vuol dire , come vedremo , tutto , cioè l ' essenza della pittura , già allora , quasi trent ' anni fa , una mostra come quella di Palazzo Grassi , Il Rinascimento a Venezia e la pittura del Nord ai tempi di Bellini , Dürer e Tiziano , sarebbe sembrata impossibile , e persino impensabile . Resta , è vero , il tabù di Giorgione ( non è esposto alcun dipinto , ma soltanto un disegno del grande pittore , i cui capolavori sono pure a portata di mano , all ' Accademia di Venezia ) ; ma per il resto è presente tutto , il ' tout Venise ' e non con testimonianze marginali ma con i capolavori più emozionanti . Qualunque storico dell ' arte avrebbe voluto mettere insieme tanti capolavori , più per realizzare un sogno che per dimostrare una tesi , ma nessuno avrebbe potuto immaginare che , una volta messi uno vicino all ' altro , i dipinti avrebbero raccontato una storia così sorprendente . Nessuna storia scritta , nessun catalogo possono restituire l ' emozione di alcuni accostamenti , di alcune sequenze che dimostrano in modo inconfutabile ciò che si era soltanto intuito o immaginato . Un tripudio di delicatissime tavole , dopo il primo assaggio di un maestoso trittico di Giovanni di Alemagna e Antonio Vivarini , ci accoglie nella seconda ( in reatà prima ) intensissima sala : solo ritratti , da Petrus Christus , a Hans Memling , a Giovanni Bellini , a Lorenzo Lotto , attraverso Antonello da Messina . Sono personaggi , uomini veri , ricchi mercanti , giovani innamorati , fino al romantico Vescovo De ' Rossi del Lotto . In questa stanza si comprende , come mai prima , il tanto conclamato rapporto tra fiamminghi e veneziani , tra Nord Europa e Nord Italia . Due ' anime belle ' del Nord - est che dialogano e s ' intrecciano attraverso la mediazione di un meridionale , di un raffinatissimo ' terrone ' siciliano : Antonello da Messina . Come in una dissolvenza fotografica , i tratti del giovane uomo di Petrus Christus si confondono con quelli del Bernardo De ' Rossi di Lorenzo Lotto : carnagioni levigate , umori malinconici , ma soprattutto una profonda verità , prima interiore che esteriore . Questi ritratti sembrano definire uno spirito europeo , una nuova dimensione dell ' uomo , che domina il mondo con intelligenza e determinazione . Ecco , dunque , l ' uomo europeo . A Venezia identifichiamo i limiti del suo orizzonte , tra intelligenza e furbizia : quello disegnato nello sguardo obliquo e nelle sopracciglia volte all ' insù dell ' Uomo di Antonello . Superata la barriera di questi sguardi intrecciati , ritroviamo un altro incastro perfetto ( fino all ' errore di attribuire a un anonimo padovano il dipinto di un fiammingo in Italia ) nella serie di Crocefissioni di un seguace di Van Eyck , di Bellini e di Antonello da Messina , tutte composte secondo un medesimo schema e le medesime proporzioni . I rapporti tra le figure della sacra rappresentazione e il paesaggio sono perfettamente bilanciati , fino alla suprema armonia geometrica , una ' armonia mundi ' , del capolavoro di Antonello nel museo di Anversa dove , nonostante l ' imminenza della passione , la natura sembra prevalere sulla storia . Proprio come ancora oggi si avverte scendendo in Sicilia , dove l ' energia della natura prevale sul destino degli uomini ( si leggano le pagine bellissime del Gattopardo ) . Ancora diversa è la scelta di Bellini nella Crocefissione , proveniente da Prato , dove la natura e il paesaggio , pur forti e rigogliosi , sono segnati da una traccia profonda del passaggio dell ' uomo : lapidi , iscrizioni , architetture documentano una storia da cui dipende la Crocefissione di Cristo , ineluttabilmente . Abbiamo così indicato alcune varianti psicologiche di uno stesso impianto compositivo . Un altro aspetto sorprendente della mostra è l ' intuizione delle diverse grandezze di Antonello e di Bellini . I capolavori del primo sono monadi , universi compiuti e incomunicanti fino a quel teorema , sintesi di spazio italiano e di ambiente fiammingo , che è il San Girolamo nello studio proveniente dalla National Gallery di Londra ( dal cui prototipo derivano alcune scene d ' interno di Carpaccio , come nella Nascita della Vergine ) . I capolavori di Bellini hanno una continuità ideale , un respiro lungo che determinano una vertigine , uno schiacciamento del tempo . È emozionante trovarsi nello spazio delimitato da due opere di Giovanni Bellini eseguite a cinquant ' anni di distanza : la giovanile Trasfigurazione del Correr , in una natura mantegnesca , prontamente ammorbidita , e la Pietà dell ' Accademia , come un drammaticissimo Vesperbild in un coltivatissimo giardino chiuso dalla veduta di città . Due artisti , due stili , due sentimenti della natura in un solo uomo che ha raffinato la sua visione del mondo senza limitarla , accogliendo gli stimoli dei nouveaux philosophes sulla scena veneziana da Giorgione a Dürer , a Lotto , a Tiziano . Naturale che in questo fertilissimo clima possano muoversi tra leggenda e mistero , tra storia e natura , le Cortigiane del Carpaccio nel loro ritrovato ambiente : una terrazza in laguna sul cui sfondo si agitano gli attori di una caccia in valle . Altro miracolo impensabile negli anni Settanta , quando il dogma dell ' inamovibilità delle tavole aveva quasi un risvolto ideologico . Adesso da Malibu arriva un quadro , anche illegalmente esportato . E come non ci sono dogane , controlli e rivendicazioni , tanto meno ci sono ragioni tecniche che ostacolino il ricongiungimento di due parti ( e anche di due quarti ) di una stessa tavola . Insieme con il fiore che li riunisce esse appaiono indiscutibilmente nate dalla stessa mente e dalla stessa idea dello spazio , che fu già indicata e anticipata con diverso spirito dal grande Giovanni Bellini nella Allegoria degli Uffizi ( quella che io considero una ' ricreazione ' di Santi e Madonne dopo la posa per una Sacra Conversazione ) . Addirittura , visibili anche dietro , le due tavole ricongiunte sono unite pure da un sottile filo concettuale : in una , quella di Malibu , un ' trompe - l ' oeil ' con nastri e cerelacche ; nell ' altra , cerelacche e nastri veri applicati nel tempo . La mostra cresce ancora nell ' offerta di emozioni , avviandoci nella zona calda , dominata da una sequenza di capolavori ( Mantegna , Cima da Conegliano , ancora Bellini , ancora Lorenzo Lotto ) , Albrecht Dürer presente con due opere capitali , rigorosamente su tavola , l ' uno del primo , l ' altro del secondo viaggio italiano : la Madonna con il Bambino tornita nelle forme come una scultura , in particolare nel bambino , quasi d ' alabastro , smagliante nei colori , illuminata nel fondo da una luce già elettrica . Il dipinto era il gioiello più prezioso ( e più difeso ) della collezione di Luigi Magnani , un quadro mitico scoperto in un convento di clausura di Bagnacavallo . Degno di Raffaello e di originalissima composizione è il Cristo fra i dottori dello stesso Dürer , risolto nell ' idea di una ruota di personaggi caricaturali e deformi intorno a un nodo di mani , motivo originalissimo e senza precedenti . A partire da questa opera , molto verrà dal più eretico dei pittori veneziani : Lorenzo Lotto , di cui è pur presente un capolavoro giovanile nato più nello spirito di Dürer che in quello di Giorgione e Bellini : Allegoria della virtù e del vizio . E siamo sempre agli inizi del Cinquecento . Altri capolavori si affollano nelle sale per documentare altri cent ' anni di pittura tra Venezia e il Nord Europa : Tiziano , Bassano , Veronese , Tintoretto . Ma forse il più commovente , sintesi perfetta di cultura veneziana e civiltà olandese , è la Venere tenera e infantile di Lambert Sustris , che non teme il confronto con un analogo Tiziano . E se Sustris può apparire più desiderabile di Tiziano , possiamo essere certi che questa mostra è perfettamente riuscita .
In pieno romanticismo ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Un ritorno al romanticismo sembra annunziato da alcuni sintomi che emergono fra gli umori mutevoli della società contemporanea . Tra questi sintomi si annovera il successo enorme , e imprevisto , che sta ottenendo in America ( e otterrà probabilmente negli altri Paesi ) un breve romanzo , Love Story di Erich Segal , e il film che ne è stato tratto . È la storia dell ' amore coniugale di due giovani moralmente sani e maturi , che non scindono l ' amore dal sesso e il sesso dall ' amore , storia che termina tragicamente perché la giovane moglie muore di cancro . Nel magma caotico di erotismo , pornografia , violenza contestataria o anticontestataria e delinquenza , che costituisce il contenuto prevalente della narrativa e del cinema e sembra il pascolo obbligato di ogni persona ben pensante , il successo di una storia come questa può veramente apparire un fenomeno da baraccone . Dunque , gli uomini non si sono dimenticati del « sentimento » ? Possono ancora commuoversi e versare lacrime per la storia patetica e semplice di un matrimonio d ' amore riuscito , destinato a durare , e interrotto soltanto da una cieca fatalità ? Il romanticismo non è finito , se il sentimentalismo può prendersi ancora tali rivincite . E se non è finito , potrà forse porre un argine alla promiscuità sessuale , alla violenza indiscriminata , alla ricerca stravagante di piaceri proibiti , al desiderio dei facili guadagni . Potrà dare nuova forza a valori che si ritenevano morti o moribondi : alla moralità della vita , al matrimonio , al lavoro , al rispetto della persona umana e soprattutto della donna . Ben venga dunque un nuovo romanticismo , se metterà un po ' d ' ordine ed equilibrio nel caos delle tensioni e delle inquietudini della vita moderna . Prescindendo dalla sproporzione che c ' è tra tali speranze e il fenomeno che le fa nascere , non si può fare a meno di riconoscere , se si tengono presenti tensioni e inquietudini , che nel romanticismo noi siamo , almeno per ora , immersi fino al collo . Giacché il romanticismo non è solo il riconoscimento del valore del sentimento : è la fede che il sentimento è tutto e la ragione è nulla ; o , viceversa , che la ragione è tutto e il sentimento nulla . Lo spirito romantico è caratterizzato dalla brama e dalla smania dell ' Infinito e del Tutto e dall ' insofferenza e dal disprezzo per quel che è condizionato , finito , limitato e imperfetto . Lo spirito romantico esige che l ' uomo raggiunga l ' onnipotenza e la felicità dell ' Assoluto , che si identifichi con Dio . Dice Hòlderlin , che è il più significativo poeta del romanticismo : « Essere uno col tutto , questa è la vita degli Dei e il cielo dell ' uomo ! Essere uno con tutto ciò che vive , tornare , in un beato divino oblio di sé , nel tutto della natura , questo è il vertice dei pensieri e delle gioie , questa è la sacra vetta del Monte , la sede dell ' eterna quiete » . Che questa sacra vetta si raggiunga mediante il sentimento o la ragione , nel sogno o nella realtà , attraverso la fede religiosa o l ' uso della droga , sono differenze che non importano molto . Importante è la mèta , cioè l ' infinito della potenza e della gioia , e questa mèta , secondo i romantici , è accessibile all ' uomo . Un altro tipico scrittore romantico , Novalis , che morì tisico a ventinove anni , scriveva : « Agli uomini nessuna cosa è impossibile : quello che io voglio , lo posso » . Quest ' eredità romantica si può vedere in azione in molti fenomeni macroscopici del nostro tempo . La tendenza a prescindere dalle strettoie della realtà , a considerare « infinito » se stesso , a chiudersi in sé e a dimenticare gli altri , è una tentazione cui pochi si sottraggono . Si vuole tutto e subito , senza sapere che cosa sia questo tutto e come e a quale costo si può ottenere . Al rispetto dell ' individualità si sostituisce il culto dell ' individuo , considerato come la realtà unica e , come diceva Novalis , onnipotente . E al culto dell ' individuo si accompagna spesso , come avvenne nel romanticismo ottocentesco , il culto orgiastico degli eroi , siano essi personalità politiche o gli idoli sportivi o canori del momento . La rivoluzione , che promette tutto senza specificare nulla , sembra preferibile alle riforme che fanno i conti con la realtà ed esigono lavoro e rinunce per la loro attuazione . L ' utopia amorfa e sognante , che prospetta la felicità a breve scadenza , ha più fascino dell ' azione politica accorta e lungimirante che si fonda su precisi progetti . Ogni progetto fondato su dati attendibili e su linee di tendenza controllabili suscita diffidenze e opposizioni , mentre ogni vaga aspirazione a uno stato futuro di perfezione suscita approvazione ed entusiasmo . Si sferrano calci al vicino , si rimane indifferenti alla sua distruzione , ma si crede nell ' amore universale tra gli uomini . Si infinitizza la scienza , considerandola come una forza onnipotente capace di assicurare da sola l ' avvenire e la felicità del genere umano . Nel campo stesso della religione , si tende a sostituire all ' infinità trascendente di Dio l ' infinità immanente dell ' uomo . E nello stordimento orgiastico , che si cerca con tutti i mezzi , si obbedisce ancora una volta al detto di Hòlderlin : « Un dio è l ' uomo quando sogna , un mendicante quando pensa » . C ' è la scienza , certo , e c ' è buona parte della filosofia contemporanea che hanno vòlto le spalle allo spirito romantico o sono meno soggette alle sue tentazioni . La scienza autentica , almeno , cioè quella che non indulge ai sogni avveniristici dei dilettanti , sa che da ogni problema risolto ne nascono altri , più difficili , da risolvere ancora ; che il controllo che l ' uomo esercita o potrà esercitare sulla natura non sarà mai completo e totale e che questo controllo stesso rischia d ' impoverire e di distruggere le risorse che la natura offre all ' uomo . La biologia mostra sempre meglio la subordinazione della vita all ' imprevedibilità del caso , l ' economia mostra i costi di denaro , di lavoro e di rinunce che ogni progresso o trasformazione sociale comporta . La filosofia , quando non diventa profezia o evasione , mette in luce la limitazione delle scelte che si offrono all ' uomo in ogni condizione in cui si trovi e il pericolo che una scelta sbagliata gli diminuisca o tolga la libertà di scelta . L ' ottimismo romantico per cui l ' uomo , almeno potenzialmente , sa già tutto , può tutto e ha tutto , trova dure smentite nel sapere positivo di cui disponiamo . Ma , dall ' altro lato , un pessimismo consigliere di inerzia o di attesa passiva sarebbe altrettanto romantico . Antiromantico , o non romantico , è chi non ignora i limiti umani , ma non perciò si sente impotente ; chi conosce le difficoltà e studia i mezzi migliori per affrontarle ; chi è disposto a subire la sofferenza e la lotta , senza darsi per vinto . Per lo stato d ' incertezza e di pericolo in cui si trova oggi il genere umano , i romantici sono ancora troppi e gli antiromantici troppo pochi . Ma se un insegnamento si può trarre dal romanzo di Segal , esso è antiromantico . Un amore felice , sia pure espresso nella forma della retorica scurrile che è oggi di moda , distrutto in qualche mese da un male ineluttabile : che può insegnare questa storia ? Che il paradiso è lontano .
Come i polli nella stia ( Bobbio Norberto , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Il problema dei rapporti fra intellettuali e potere è un tema ricorrente . In questi giorni si è svolto un convegno su questo tema , in occasione della pubblicazione del quarto volume degli « Annali della storia d ' Italia » einaudiana , intitolato appunto Intellettuali e potere . Nell ' ultima riunione del Comitato centrale Aldo Tortorella , responsabile dell ' organizzazione culturale del pci , ha svolto un ' ampia relazione in cui ripropone il tema del « ruolo delle istituzioni culturali per il rinnovamento e la trasformazione della società e dello Stato » . Si sta svolgendo a Roma un convegno promosso da intellettuali del psi , che dovrebbe concludersi , nientemeno , con « un manifesto per la cultura italiana » . Non sono passati molti giorni dalla conclusione dell ' Assemblea nazionale della dc , provocata o ispirata da uomini di cultura cattolici preoccupati del venir meno della tensione ideale nella lotta politica in Italia , il cui protagonista è da più di trent ' anni un partito che si chiama cristiano . Il tema è ricorrente , perché i rapporti fra politica e cultura sono difficili . All ' atteggiamento di diffidenza del politico per l ' intellettuale corrisponde un analogo atteggiamento di diffidenza dell ' intellettuale per il politico . Alcuni anni fa è stata pubblicata la traduzione italiana del libro di R . Hofstadter , Società e intellettuali in America ( Einaudi , Torino 1968 ) , che , pur riferendosi agli Stati Uniti degli anni del maccartismo , presenta un ' ampia documentazione storica sul tema del conflitto permanente fra l ' uomo politico che ha o crede di avere i piedi per terra e l ' idealista nelle nuvole , accusato di inventare progetti bellissimi ma irrealizzabili . Una versione recentissima e casalinga di questa antica avversione ho colto in un ' intervista pubblicata una settimana fa , in cui il ministro Marcora , volendo tirare le orecchie agli ottimisti , dice a un certo punto : « Sono un uomo pratico , io . Sono un vecchio lombardo , sto in politica da trent ' anni , non sono un intellettuale . Guardo al sodo » . Non ci vuole molta fantasia a immaginare una battuta diametralmente opposta in bocca a un intellettuale : « Sono un uomo che cerca di capire come vanno le cose . Non improvviso , ci penso su . Non sono un politico . Guardo nel fondo » . Proprio perché questi rapporti sono difficili , e sono difficili perché l ' intellettuale e il politico hanno vocazioni , ambizioni , progetti di vita , capacità diverse , e non c ' è gioco di prestigio dialettico che valga a mediare o a superare queste differenze , il problema non si risolve con alternative drastiche come questa : « L ' intellettuale è un seminatore di dubbi » ( così Rosellina Balbi sulla « Repubblica » ) . « No , è un raccoglitore di certezze » ( così , almeno sembra , Sanguineti sull ' « Unità » ) . Per quanto il problema dei rapporti fra intellettuali e potere sia un tema ricorrente , o forse proprio per questo , non è un problema cui si possa dare una soluzione netta una volta per sempre . E non si può almeno per due ragioni . Prima di tutto perché questa benedetta categoria degl ' intellettuali è vasta , varia , divisa , e ogni volta che se ne parla bisogna intendersi bene di che cosa si vuol parlare . In secondo luogo , perché , dato per ammesso che i rapporti tra gli intellettuali ( ma quali intellettuali ? ) e il potere siano difficili , non è affatto detto siano sempre della stessa natura . Alcuni anni fa mi è accaduto di distinguere gl ' intellettuali che ho chiamato « esperti » , da quelli che ho chiamato « ideologi » . Vedo che la distinzione è stata ripresa da Corrado Vivanti , se pure con qualche riserva , nella prefazione al volume degli annali einaudiani dianzi citato . Mi sono accorto dopo che nel notissimo rapporto della Commissione trilaterale sulla crisi della democrazia si distinguono gli intellettuali tecnocrati da quelli « orientati verso i valori » ( « value - oriented » ) : distinzione analoga alla mia , se pure caricata di un giudizio di valore , positivo per i primi , negativo per i secondi , lontanissimo dalle mie intenzioni . La distinzione è rilevante , a mio parere , perché il rapporto fra intellettuali e potere cambia secondo che ci si riferisca agli esperti o agli ideologi . I primi offrono ai politici conoscenze , informazioni , dati elaborati ; i secondi principi , direttive , prospettive di azione . Nella irrequietezza degl ' intellettuali che hanno agitato le acque stagnanti della democrazia cristiana vedo lo stato d ' animo tipico dell ' intellettuale che fa appello ai valori , chiede il ritorno ai principi primi , e inalbera la questione morale ; al contrario , nel rivolgersi , del resto non per la prima volta , del partito comunista agli uomini di cultura , vedo soprattutto l ' interesse che ha questo partito , depositario dei principi che lo hanno fatto nascere e ai quali non può abdicare ( pur potendoli aggiornare ) senza venir meno alla propria funzione di partito - guida , nell ' attrarre a sé uomini esperti nei diversi campi del sapere scientifico . In questi due percorsi contrari dell ' uomo di principi verso un partito prammatico e del partito di principi verso gli esperti , si possono cogliere , da due parti diverse , anzi opposte , i due vizi principali della nostra vita politica : senza alti ideali per quel che riguarda il partito maggiore e di maggior governo ; senza gli strumenti conoscitivi necessari per la trasformazione di uno Stato diventato anacronistico , per quel che riguarda i partiti e i movimenti della sinistra ( che non possono pretendere di trasformare il mondo , secondo il vecchio detto di Marx , se non dopo averlo compreso ) . L ' altra ragione per cui il rapporto fra intellettuali e potere suscita tante discussioni dipende dal fatto che non si tratta di un rapporto a senso unico . Molte inutili discussioni nascono dallo scambiare l ' analisi di questo rapporto a molte direzioni con il desiderio che il rapporto sia quello che ciascuno di noi ritiene giusto . Questo rapporto cambia secondo l ' idea che i singoli intellettuali hanno della loro funzione nella società ( idea dietro la quale ci può essere addirittura una visione globale del mondo ) , e secondo le circostanze storiche . C ' è chi esalta la vita contemplativa in paragone a quella attiva e dispregia coloro che si perdono nelle cure del mondo . C ' è per contrasto chi ritiene che l ' uomo di cultura abbia il dovere di impegnarsi nell ' azione politica , perché al di fuori della comunità ordinata al bene comune non c ' è salvezza . Chi ha ragione e chi ha torto ? Ci sono coloro che adoperano le armi proprie dell ' intelligenza ( le idee , le opinioni , le credenze , le dottrine , gl ' ideali ) per combattere il potere costituito e naturalmente per costituirne un altro che ritengono migliore . E ci sono per contrasto coloro che esercitano la loro influenza per consolidare il governo del loro paese ( sono i cosiddetti « organizzatori del consenso » ) . Ancora una volta , chi ha ragione e chi ha torto ? Ma si può mai comparare chi promuove il consenso per salvare uno Stato democratico minacciato dalla violenza eversiva da destra e da sinistra , uno Stato che ammette il dissenso , con chi si piega a sollecitare consensi a uno Stato totalitario dove i dissenzienti sono puniti o soppressi ? Sono domande retoriche , ma valgono a far capire che il problema del rapporto fra intellettuali e potere ha molti aspetti e non può avere una sola risposta , e di conseguenza la domanda così frequentemente e fastidiosamente ripetuta quale debba essere la politica degl ' intellettuali verso i partiti o dei partiti verso gli intellettuali , è completamente priva di senso , se non si specifica quali intellettuali , in quale contesto , e per quali obiettivi . Una cosa è certa ( anche il « seminatore di dubbi » può permettersi talora di avere qualche certezza ) : alla crisi politica generale che è sotto gli occhi di tutti - basti pensare che il problema dei rapporti Est - Ovest è ben lontano dall ' essere risolto , e già si pone con forza il problema dei rapporti Nord - Sud , la cui soluzione dipende dalla soluzione del primo - , corrisponde una crisi delle idee , anzi , com ' è stato detto più volte , una crisi delle idee per risolvere la crisi . Di fronte alla quale noi ci teniamo le nostre piccole e domestiche crisi di governo che , paragonate alla tragicità dei conflitti che agitano la fine di questo nostro tragico secolo , ci appaiono come zuffe di polli in una stia .
Le gocce d'acqua ( Bobbio Norberto , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Sulla caduta di tensione ideale nella lotta politica in Italia in questi ultimi anni ritengo non si possa non essere d ' accordo con quanto ha detto l ' on. Berlinguer nella nota intervista sulla « Repubblica » del 28 luglio . L ' argomento è stato opportunamente ripreso , fra gli altri , da Antonio Giolitti , il 5 agosto . Ma tanto Berlinguer quanto Giolitti , attribuendo ogni colpa ai partiti , o a certi partiti , sembrano volerne scagionare gli italiani confrontando il voto dato nei referendum con quello delle normali elezioni politiche e amministrative . Per il primo , col voto « libero da ogni condizionamento dei partiti » , che hanno espresso in occasione dei referendum sul divorzio nel 1974 e sull ' aborto nel 1981 , gli italiani avrebbero fornito « l ' immagine di un paese liberissimo e moderno » e avrebbero dato « un voto di progresso » ; il secondo si domanda : « Come mai i governati , di fronte a un referendum , mostrano di volere e sapere scegliere , e non altrettanto di fronte a elezioni in cui competono i partiti ? » L ' argomento non mi convince , almeno per due ragioni : anzitutto , perché nei vari referendum che si sono svolti sinora il risultato è stato la conservazione delle leggi approvate in Parlamento , e quindi dai partiti ; in secondo luogo , specie per quel che riguarda l ' ultima tornata , il voto favorevole alla liberalizzazione dell ' aborto non è stato un voto di progresso ma semplicemente di comodo ( in fondo l ' aborto libero rende meno responsabile la coppia nel rapporto sessuale , specie l ' uomo , e una legge che libera il cittadino da una responsabilità non è mai una legge progressiva ) , per non parlare della schiacciante maggioranza in favore dell ' ergastolo , di cui non mi sento di lodare né la sorprendente modernità né l ' audace spirito progressivo . Se gli italiani siano migliori o peggiori della classe politica che li rappresenta , e li rappresenta perché essi stessi la scelgono , è una domanda cui è difficile dare una risposta . Ma non vedo come si possa scartare del tutto l ' ipotesi che gli uni e l ' altra si assomiglino come due gocce d ' acqua . Dopo più d ' un secolo di democrazia rappresentativa siamo troppo smaliziati per conservare l ' illusione dei primi fautori del sistema parlamentare , che le elezioni dei governanti siano la procedura più adatta per la scelta dei migliori . Anche se non è detto che sempre siano proprio i peggiori a essere scelti . In un regime democratico il potere si misura a voti . Più voti significa più potere . Con questo non voglio dire che bastino i voti , perché il potere dipende anche dal posto che un partito occupa nello schieramento dei partiti e nelle coalizioni di maggioranza , e sino ad ora è indubbio che i partiti alleati della democrazia cristiana hanno avuto un potere superiore alla loro forza elettorale . Ma i voti sono necessari . Ora , se la maggior parte dei partiti vanno a caccia di voti , e li ottengono , e addirittura li aumentano , senza sbandierare la questione morale , anzi facendo finta di niente e parlandone il meno possibile ( e considerando con un certo altezzoso fastidio coloro che ne parlano ) , senza proclamare ai quattro venti i loro ideali ( posto che ne abbiano ) , ma promettendo posti , miglioramenti economici , erogazioni pubbliche per faccende private , e amministrando saggiamente la paura del peggio , è segno che conoscono bene con chi hanno da fare . Del resto , si sa quali sono stati i principi ideali che hanno presieduto sin dall ' origine alla formazione di un partito dei cattolici : la difesa di alcuni valori cristiani minacciati dall ' inarrestabile e forse inevitabile processo di secolarizzazione che accompagna lo sviluppo delle società industriali . Strano , ma le sole due volte che la democrazia cristiana ha difeso con fermezza questi principi ideali , in occasione dei due referendum sul divorzio e sull ' aborto , è rimasta in minoranza . Le uniche due grandi battaglie perdute dal partito dei cattolici sono quelle in cui ha messo in gioco la sua grande forza elettorale in difesa di principi . Quale miglior prova che i principi non rendono ? Ma si può sapere perché non rendono ? In fondo mi pare che anche per il partito comunista si possa fare lo stesso ragionamento . Il grande balzo in avanti è avvenuto nel 1975 e nel 1976 , quando il partito continuava a considerarsi un partito non solo marxista ma anche leninista . Più di un terzo degli italiani erano diventati marxisti e leninisti ? Non vorrei sbagliare , ma mi parrebbe lecito affermare che per la maggior parte di coloro che hanno votato il partito comunista i grandi ideali del marxismo abbiano avuto la stessa forza di attrazione che i principi evangelici per la democrazia cristiana . Si grida agli scandali . Ma gli scandali non sono una prerogativa della classe politica . Abbiamo già dimenticato i casi clamorosi di corruzione nello sport nazionale , il calcio ? E non abbiamo assistito in questa circostanza allo stesso fenomeno di fedeltà al proprio gruppo che fa dire ( ahimè , con orgoglio ) : « Torto o ragione , è la mia patria » ? Torto o ragione , è la mia squadra , torto o ragione , è il mio partito . E che dire degli scandali di cui sono state protagoniste talune istituzioni bancarie , scandali che hanno gettato il discredito su istituzioni che dovrebbero fondare il loro potere e il loro prestigio sulla loro credibilità ? Naturalmente , per l ' onore di una nazione è offesa meno grave , più sopportabile , un calciatore corrotto che un politico corrotto o sospettato di corruzione . Ma la gente ci è abituata . Una vecchia diffidenza per la politica e per chi fa della politica il proprio mestiere , dà per ammesso e scontato che il politico sia più un profittatore che un idealista . Sono riflessioni amare , lo so , che qualcuno potrebbe considerare anche ingiuste . Ma è meglio guardarsi in faccia e vedere la questione da tutti i lati , dall ' alto e dal basso , dal diritto e dal rovescio . Non già che l ' Italia sia un paese , com ' è stato spesso rappresentato , soltanto di cinici o di conformisti . Ci sono grandi energie morali , di cui ci rendiamo conto nella nostra vita di tutti i giorni . Ma nella vita politica stentano a farsi luce . Certo , sarebbe compito di una classe politica degna di questo nome risvegliarle là dove sono assopite , suscitarle là dove si sono spente , aiutarle a esprimersi , a riconoscersi , ad acquistare coscienza della propria funzione non solo nella vita privata ma anche nella pubblica . Fare emergere le nostre virtù anziché blandire i nostri difetti . Ma forse chiediamo troppo . Eppure abbiamo la convinzione profonda che una democrazia può essere uccisa dalla violenza esterna , ma muore anche per interna consunzione .
Mercato politico ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
La recente ristampa delle opere principali di Gaetano Mosca ( Scritti politici , a cura di Giorgio Sola , 2 voll . , Utet , Torino 1982 ) potrà richiamare l ' attenzione del lettore di oggi sulla critica del sistema parlamentare di un secolo fa , di cui Mosca fu uno dei più autorevoli rappresentanti . Dopo aver affermato che le istituzioni politiche debbono essere tali da non porre gli uomini nella condizione di perseguire soltanto il proprio interesse a danno del senso morale , osserva che il sistema parlamentare « è congegnato in modo da riuscire una generale e sistematica contraddizione di questa massima » . Segue il commento : « Tutti in esso , dal più alto al più basso , dal ministro all ' elettore , trovano il loro privato interesse nel tradire quegli interessi pubblici che loro sono affidati . Tutti devono , per farsi avanti e sostenersi , favorire gli aderenti e gli amici a scapito del buon andamento degli affari , della coscienza e della giustizia » . E poco più avanti : « Procedendo così siamo ridotti a tale che ormai , in molti rami della pubblica azienda , non si può più avere a che fare col governo usando dei soli modi onesti e legali , e bisogna fare il camorrista se non si vuol subire un atto di camorra » . E proprio il caso di dire : nulla di nuovo sotto il sole . Non si rendeva conto il giovane Mosca ( quando scrisse quelle pagine aveva venticinque anni ) che il male lamentato ineriva al sistema democratico in quanto tale , più specificamente al sistema della democrazia rappresentativa , ovvero al regime in cui il potere di prendere le decisioni collettive spetta ai rappresentanti del popolo e il diritto di rappresentare il popolo dipende dal beneplacito degli elettori : se la caccia al favore dell ' elettore da parte del deputato era un male , era un male necessario e , chi sa , rispetto ad altri sistemi politici , un male minore . Però l ' amarezza di Mosca e di tutti gli altri critici del sistema parlamentare era perfettamente spiegabile con la delusione che la pratica quotidiana aveva in loro suscitato rispetto alle speranze delle origini . Alla fine del Settecento , uno dei maggiori scrittori politici americani , James Madison , aveva esaltato lo Stato rappresentativo che stava facendo le prime prove negli Stati Uniti , sostenendo che la delega dell ' azione governativa a un piccolo numero di cittadini eletto dagli altri avrebbe dato vita a « un corpo scelto di cittadini , la cui provata saggezza avrebbe potuto meglio discernere l ' interesse effettivo del proprio paese , e il cui patriottismo e la cui sete di giustizia avrebbe reso meno probabile che si sacrificasse il bene del paese a considerazioni particolarissime e transitorie » . Occorre anche aggiungere che i costituenti del tempo non si erano affidati soltanto alla presunta lungimiranza degli elettori : infatti , come si poteva credere sul serio che il cittadino chiamato a scegliere chi avrebbe dovuto decidere per lui non scegliesse la persona o il partito da cui poteva trarre il maggior tornaconto ? Giacché non era possibile che l ' elettore rinunciasse a fare richieste interessate , non vi era altro rimedio che quello di imporre all ' eletto di non tenerne conto . Così fu formulato e fatto valere il principio , passato alla storia col nome di « divieto di mandato imperativo » , secondo cui gli eletti avrebbero dovuto prendere le decisioni di cui erano investiti nel solo interesse della nazione in generale , ad onta delle richieste particolaristiche e campanilistiche ( oggi si direbbe corporative e clientelari ) di coloro che li avevano mandati col loro voto in Parlamento . Nella Costituzione francese del 1791 fu introdotto il seguente articolo : « I rappresentanti nominati nei dipartimenti non saranno rappresentanti di un dipartimento particolare , ma dell ' intera nazione , e non potrà essere dato loro alcun mandato » . Con l ' introduzione e l ' applicazione di questa regola generale ( una delle vere e proprie regole del gioco della democrazia rappresentativa ) si voleva che la rappresentanza parlamentare non riproducesse più gl ' inconvenienti della tradizionale rappresentanza corporativa , in base alla quale chi riceve la delega a rappresentare la propria corporazione deve fare esclusivamente gl ' interessi di questa , e s ' imponeva un vincolo formale alla naturale tendenza dell ' eletto ad accaparrarsi i favori di coloro da cui dipende la sua elezione , cui corrisponde la tendenza altrettanto naturale dell ' elettore a scegliere il candidato più disposto a proteggerlo . Da allora , il principio è diventato un elemento fondamentale della democrazia rappresentativa . Per restare in casa nostra lo Statuto albertino stabiliva che : i deputati rappresentano la nazione in generale e non le sole province in cui furono eletti , Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori » ( art. 41 ) ; la Costituzione repubblicana ripete : « Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato » ( art. 67 ) . Mai divieto è stato più trasgredito . Non si capisce neppure come avrebbe potuto essere rispettato , anzitutto perché l ' interesse nazionale ciascuno l ' interpreta a suo modo e ogni partito crede , magari anche in buona fede , che l ' interesse del partito coincida con l ' interesse della nazione , e poi perché nella gara elettorale viene premiato in genere il rappresentante o il partito che si è preoccupato non tanto dell ' interesse nazionale quanto di quello dei propri clienti . Il divieto di mandato imperativo è una regola senza sanzione . Anzi , l ' unica sanzione temibile per il rappresentante o il partito è quella che viene dalla trasgressione della regola opposta , dalla regola cioè che impone , o per lo meno consiglia , di soddisfare il più possibile le richieste dei propri elettori . Elettori ed eletti sono legati a filo doppio . Il loro rapporto è un rapporto di « do ut des » , un vero e proprio rapporto di scambio , in cui l ' uno col proprio voto attribuisce all ' altro un potere da cui si aspetta un beneficio e l ' altro dispensa un beneficio da cui si aspetta il consenso . Forzando , ma non troppo , l ' analogia tra lo scambio politico e lo scambio economico , si può dire che l ' elettore è un produttore e l ' eletto un consumatore di potere , e inversamente l ' elettore è un produttore e l ' eletto un consumatore di consenso . L ' idea , del resto non nuova , che la democrazia possa essere paragonata a un grande e libero mercato la cui merce principale è il voto non è esaltante . Ma è da tener sempre presente per capire il comportamento degli uomini politici specie nell ' imminenza di elezioni . Come il mercato economico , anche il mercato politico sfugge a ogni controllo che si voglia imporre dall ' alto e anche da questo punto di vista l ' analogia regge alla prova dei fatti .
Quel voto di scambio ( Bobbio Norberto , 1983 )
StampaQuotidiana ,
L ' analogia tra mercato economico e mercato politico deve essere però presa con una certa cautela . L ' analogia è fondata sulla considerazione che tra l ' elettore e l ' eletto si può configurare un rapporto di « do ut des » , come quello che avviene nel mercato tra compratore e venditore . Ciò che l ' elettore dà al partito o alla persona cui concede il proprio voto è il bene politico per eccellenza , il potere , ovvero la capacità di ottenere effetti desiderati . Ciò che egli si aspetta in cambio è che il potere così conferito venga esercitato a suo vantaggio . Ma a differenza di quel che avviene nel mercato , l ' elettore non conosce in anticipo l ' effetto della sua scelta , perché il maggiore o minor potere del partito o del candidato cui ha dato il voto dipende anche dal maggiore o minore numero di voti che essi riceveranno da altri elettori sui quali egli non esercita di solito alcuna influenza . In un sistema maggioritario , in cui dei due candidati in lizza l ' uno vince e l ' altro perde , chi vota per il candidato perdente ha scambiato il proprio voto , il bene che egli possiede come cittadino che gode dei diritti politici , con una speranza che non si è realizzata . Ma anche in un sistema proporzionale dove ogni voto va a segno , il maggiore o minore effetto del mio voto come datore di consenso dipende da come votano gli altri , cioè da una circostanza di cui ogni elettore non può avere che una vaga conoscenza . Anche nel caso in cui il voto contribuisca a dare potere a un partito o a un candidato , non è detto che il potere da questi ricevuto sia tanto grande da consentire l ' esaudimento delle domande poste dall ' elettore . Superfluo sottolineare la diversa capacità di rispondere alle domande degli elettori , rispettivamente , di un partito di governo e di un partito di opposizione . Votando , l ' elettore non sa con esattezza in anticipo se il partito o il candidato che egli vota farà parte del governo o dell ' opposizione . Vota anche in questo caso a suo rischio e pericolo , offrendo l ' unico bene che ha nell ' arena politica , ancora una volta , per scambiarlo con un bene soltanto sperato . Il rapporto che si viene instaurando fra l ' elettore e l ' eletto è simile a quello di un contratto aleatorio , in cui a una prestazione certa da una parte corrisponde una prestazione incerta dall ' altra , come avviene in una lotteria . ( La miglior prova che le elezioni vengono percepite come una sorta di lotteria , sta nell ' intensa curiosità con cui nei giorni successivi al voto sono seguite le operazioni di spoglio delle schede ) . L ' altra ragione per cui l ' analogia del mercato politico non può essere presa alla lettera sta nella varietà e complessità delle motivazioni di voto . Il rapporto tra elettore ed eletto si può assimilare a un rapporto di scambio , paragonabile a quelli che avvengono nel mercato , solo nel caso del cosiddetto voto clientelare , nel caso cioè in cui tra elettore ed eletto sia avvenuta un ' intesa personale come quella che passa tra patrono e cliente , e il primo abbia concordato col secondo , se pure sempre con un margine di rischio , un beneficio specifico , come l ' assegnazione di una pensione , di una casa o di un posto . Che poi il cliente sia , anziché un singolo individuo , un gruppo d ' interesse che ottiene un favore economico in cambio di un appoggio politico , la cosa non cambia . Ma non tutti i voti sono clientelari . Gli studiosi di politica ( mi riferisco in particolare a Gianfranco Pasquino ) prendono in considerazione , accanto al voto di scambio , il voto di appartenenza , che è il voto di chi si è identificato talmente in un determinato partito da dare ad esso il proprio appoggio indipendentemente dalle decisioni politiche che esso prenderà e da quelle che impedirà , e quindi dall ' esigenza di soddisfare interessi individuali e specifici ; e il voto di opinione , che è il voto dato a un partito per una certa consonanza o concordanza nelle vedute generali , nel programma globale di conservazione o di riforma , senza un particolare riguardo ai propri interessi immediati . Di queste ultime due motivazioni di voto quella che si contrappone maggiormente alla motivazione derivata dall ' interesse personale , è la motivazione che sottostà al voto di opinione . Il voto di appartenenza è per certi aspetti un voto di opinione ( « le idee del partito sono le mie idee » ) , sotto altri un voto di scambio ( « gl ' interessi del partito sono i miei stessi interessi » ) . Ma entrambi irrigiditi : infatti , fra tutte le specie di voto è quello più stabile . Chi vota comunista per solidarietà di gruppo continua a votare pci quale che sia la linea politica seguita dai dirigenti ( fronte popolare , compromesso storico , alternativa democratica ) . Chi vota democristiano perché è cattolico , perché ritiene , a torto o a ragione , che la democrazia cristiana difenda gl ' interessi e i principi dei cattolici , continua a concederle la propria fiducia a onta degli scandali e senza tenere il minimo conto della pratica quotidiana di governo . Se si vuol capire perché nelle analisi degli osservatori torni sempre più insistentemente l ' immagine del mercato politico , nonostante la varietà delle motivazioni di voto , bisogna prender coscienza del fatto che nelle democrazie più consolidate , dove la ripetizione delle elezioni rende sempre più stretto il rapporto fra elettori ed eletti , si manifesta una chiara tendenza alla diminuzione del voto di opinione e all ' aumento del voto di scambio . Il voto di opinione sopravvive con maggiore intensità nei piccoli partiti che hanno minore capacità di soddisfare interessi particolari . Occorre se mai fare attenzione all ' aumento delle astensioni e delle schede bianche : entrambi gli atteggiamenti esprimono una vera e propria opinione . Tanto che qualcuno ha potuto affermare che mentre i partiti raccolgono sempre più voti di scambio , il voto di opinione si rifugia paradossalmente in coloro che non vanno a votare o non votano nessuno dei partiti in gara . Queste osservazioni , e altre che si potrebbero fare sulla « democrazia reale » , non sono irriverenti . Sono semplicemente realistiche . Servono a farci capire che in crisi non è la democrazia ma una sua falsa immagine .
Il senso della sfida ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Da tre giorni l ' impresa dell ' « Apollo 13 » , che al suo inizio non aveva suscitato né interesse né scalpore , tiene col fiato sospeso tutta l ' umanità che dispone di servizi d ' informazione sufficienti . L ' impresa è fallita e gli astronauti sono in pericolo . Il lato umano della vicenda per ora prevale , nell ' atmosfera di suspense che si è creata . Tre uomini eccezionali per la loro struttura psicofisica , la loro preparazione tecnica e il loro coraggio , devono sfruttare al massimo le loro risorse e la loro vita rimane attaccata ad un filo . Tutti sperano che se la caveranno e tutti faranno il possibile per aiutarli ; ma nessuno riesce ad essere troppo ottimista . Ma comunque vadano le cose , il fallimento dell ' impresa contiene una lezione solenne . È facile prevedere che esso rinfocolerà le polemiche sull ' opportunità stessa dei voli spaziali : sulla saggezza di una scelta che destina a tali voli somme enormi di ricchezza , di energie umane e di sacrifici , somme che potrebbero essere più utilmente , o almeno con vantaggi più evidenti e immediati , destinate ad alleviare le miserie , le disuguaglianze e le conseguenti tensioni che ancora regnano in tutte le parti del mondo , anche nelle più fortunate . I vantaggi immediati ricavati dai viaggi spaziali sono finora minimi : a prescindere dalla somma di conoscenze nuove ( ma ancora non decisive ) che essi hanno apportato , si riducono a perfezionamenti tecnici che , scoperti o messi a prova per la prima volta in occasione di quei viaggi , possono essere utilizzati in campi diversi . Il problema dunque permane . E non c ' è dubbio che la soluzione negativa di questo problema , fondata com ' è su un argomento d ' immediata evidenza , vedrà crescere il numero dei suoi sostenitori . Tuttavia ci si accorgerà subito che , se essa viene sufficientemente generalizzata , prova troppo , come dicevano gli antichi logici . L ' umanità ha sempre sofferto di miserie , ingiustizie e disuguaglianze . Se tutte le sue risorse fossero state destinate al soddisfacimento dei suoi bisogni immediati e non anche , in parte , all ' arricchimento delle sue conoscenze , avrebbe rinunciato agli strumenti più efficaci per fronteggiare i suoi mali ; anzi , forse , non sarebbe giunta neppure a conoscere l ' estensione , la portata , e la causa dei suoi mali . Non ne avrebbe avuti i mezzi né l ' opportunità , le sarebbero sfuggiti i dati indispensabili per la loro diagnosi e la loro prognosi . E , sempre in quell ' ipotesi , che cosa dire della somma di ricchezze e di energie che , in tutte le civiltà passate e presenti , sono state e sono impiegate per l ' arte e il divertimento : templi , edifici grandiosi , tombe monumentali , opere d ' arte di tutte le specie , giochi spettacolari , mantenimento di caste sacerdotali o privilegiate per la natura del compito loro affidato , sono il frutto dell ' impiego di una parte delle sempre limitate risorse di cui l ' umanità è stata fornita per scopi che non erano quelli dei bisogni immediati . Certo , non sappiamo se e quando le conoscenze acquisite con le imprese spaziali si trasformeranno in denaro contante , in benefici o vantaggi per l ' umanità tutta . Ma la storia della scienza è ricca d ' insegnamenti a questo proposito . Scoperte o invenzioni ritenute inutili , inconcludenti o troppo « astratte » per servire a un qualsiasi scopo pratico , si sono rivelate feconde di risultati concreti e utilizzabili nei più disparati campi per la salute o il benessere dell ' uomo . E così la missione dell ' « Apollo 13 » è fallita ; e questo fallimento è la lezione principale da mandare a memoria . Ad eccezione dei tre astronauti che , in virtù dell ' addestramento ricevuto , hanno conservato una calma esemplare e , forse , dei dirigenti dell ' impresa che li guidano da terra , questo fallimento ha colpito il resto del genere umano come un fulmine a ciel sereno , come un evento straordinario e fatale . Tutti davano per scontata la perfezione degli ordigni , l ' efficienza infallibile dell ' organizzazione , l ' assenza di imprevisti rischiosi . Una volta raggiunto un successo , che può anche essere un colpo di fortuna , l ' uomo tende a credere di aver avuto partita vinta e che il successo continuerà , ed è portato ad imprecare e a sentirsi offeso dalla sorte e a perdere ogni coraggio appena si accorge che le cose non stanno così , che il rischio permane tutt ' ora . In particolare , per quanto riguarda il dominio delle forze naturali , gli uomini sono portati a credere oggi che la scienza sia pressoché onnipotente , che il dominio da essa stabilito sulla natura sia totale e definitivo e che la natura sia diventata docile ai suoi comandi come uno spirito folletto agli incantesimi di uno stregone . Purtroppo le cose non stanno così e , per quel che è dato sapere , non saranno mai così . Una quota ineliminabile di rischio rimane nelle imprese della scienza come nelle più banali azioni quotidiane dell ' uomo . Può comportare un rischio entrare in una vasca da bagno , manovrare un aggeggio domestico o uscir di casa la mattina . E anzi , quanto più complessi , meticolosi e raffinati sono i congegni che l ' uomo riesce a creare , tanto più son delicati e soggetti a guasti imprevisti . Un granello di sabbia non dà nessun fastidio a una macchina semplice ma può bloccare un calcolatore elettronico . La dipendenza dell ' uomo dalla natura non è ridotta a zero dagli strumenti di cui egli si serve per dominarla , ma è elevata a potenza in proporzione della complessità delle macchine . E lo stesso vale per ogni tipo o forma di organizzazione , di istituzione , di struttura umana o sociale . A misura che queste organizzazioni e strutture diventano più complesse e ordinate , quindi più efficienti rispetto agli scopi che si propongono , la loro fragilità aumenta e si accrescono i rischi che incombono sul loro funzionamento . Istituzioni secolari possono esser messe in crisi dal granello di sabbia di un problema non risolto , di un dissenso interno e di un mutamento di circostanze . Siamo tutti portati a credere , con ingenuità quasi infantile , che la potenzialità scientifica , tecnica ed economica della nostra società sia destinata a raggiungere punte sempre più alte , che il progresso verso la libertà non possa arrestarsi , che la vita dell ' uomo sarà in tutti i sensi meglio garantita , nel futuro , dalla forza intrinseca e impersonale degli organismi collettivi , a prescindere dalla buona o cattiva volontà di coloro che vi prendono parte . Ma questi organismi diventano tanto più fragili quanto più si perfezionano e la loro vita può essere messa in pericolo , ad ogni istante , dalla mancanza di impegno , di vigilanza e di controllo . Oggi più che mai l ' uomo deve sottrarsi alla morsa dell ' alternativa tra l ' esaltazione entusiastica e la disperazione angosciata . Dove considerare ogni successo una conquista che richiede ancora lavoro e sacrifici per essere conservata e potenziata e ogni insuccesso come un rischio inevitabile che non deve distoglierlo dal lavoro e dalla ricerca ulteriore . Forse tra alcune ore , come tutti speriamo , i tre uomini dello spazio saranno di nuovo sulla Terra , trionfatori nell ' insuccesso . Ma l ' insuccesso rimane con la sua perdita enorme di denaro , di lavoro e di energie . E l ' importante è che la lezione salutare che esso ci ha inflitta non vada dimenticata e sia messa a partito da tutti quelli che possono e debbono intenderla .
L'intelligenza contro il caos ( Abbagnano Nicola , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Quando la capsula dell ' « Apollo 13 » si è dolcemente posata sulle acque del Pacifico , una nuova fiducia è spuntata nel cuore degli uomini , come uno splendido fiore in una steppa desolata . Un mondo tormentato da problemi e inquietudini di ogni genere , dilaniato da conflitti sociali , razziali , ideologici , da catastrofi e guerre , minacciato nelle sue stesse condizioni naturali di sopravvivenza , ha avuto un attimo di sollievo perché gli è balenata dinanzi una prospettiva favorevole . Forse domani dimenticherà tutto questo , ricadrà nella tensione angosciata che lo caratterizza e tornerà alle sue preoccupazioni e alle sue lotte quotidiane . Ma , forse , quell ' esile fiore non sarà germogliato invano nella sua breve stagione : durerà nel ricordo dei molti o dei pochi che ne avranno tratto un insegnamento . Una vittoria dell ' uomo e della solidarietà umana : così viene quasi universalmente definito il felice ritorno degli uomini dell ' « Apollo 13 » . Ma l ' uomo deve ogni giorno registrare sconfitte dolorose ; e una sconfitta è , nel suo complesso , la spedizione dell ' « Apollo 13 » . La solidarietà umana , proclamata a gran voce da filosofi , teologi e uomini di tutte le parti , si riduce spesso a una etichetta ideologica , a un pretesto polemico che rimane inoperante nella maggior parte dei casi . La conclusione umanamente felice dell ' impresa spaziale è , vista a mente fredda , solo una mezza vittoria , la vittoria su di un insuccesso . Eppure questa mezza vittoria rende più fiduciosi di quanto avrebbe fatto una vittoria completa . Forse perché tre uomini , tre « eroi » , si sono salvati ? Molti uomini muoiono ogni giorno o uccisi dalle guerre o per disgrazia o per mostrare la loro bravura , come gli scalatori di vette . Chiamare « eroi » gli astronauti è vieta retorica : l ' eroe è un essere mitico , sovrumano , dietro il quale gli antichi ponevano sempre una divinità benevola , pronta a sconfiggere i tranelli della divinità ostile . I tre astronauti sono uomini come gli altri , solo disciplinati e addestrati in modo speciale e messi in grado di superare l ' urto delle emozioni , vive in loro come nel resto del genere umano . Si è trattato di uno « spettacolo » appassionante ? Ma , quando si è annunziata , l ' impresa lunare aveva già cessato di esser « spettacolo » ; era apparsa un esercizio di routine , come il sèguito di uno scavo archeologico o di un esperimento di laboratorio ; e l ' essere ridiventato spettacolo non è certo dovuto a una curiosità malsana per la tragedia . Se un lume di speranza , un germe di rinnovata fiducia nelle sorti future , è nato tra gli uomini con il ritorno degli astronauti , è perché questo ritorno è stato una vittoria dell ' intelligenza umana . Di un ' intelligenza che non si consuma nella testa o nell ' opera di un individuo isolato , sia pure geniale , ma che registra e prevede , disciplina , organizza e fa continuamente leva sul noto per affrontare l ' ignoto . Di un ' intelligenza che è continuamente in lotta con il caso o con l ' imprevisto e sa affrontare questa lotta con strumenti adeguati . Di una intelligenza che non è certo superumana od onnipotente , perché può sbagliare e sbaglia ; ma proprio perciò è fatta di lunghe ricerche , di lavoro paziente , di ordine razionale e di disciplina . È quest ' intelligenza che ha riportato gli astronauti sulla Terra in condizioni che apparivano disperate . È quest ' intelligenza che ha creato le macchine , l ' enorme numero di aggeggi indispensabili per il loro funzionamento , che ha insegnato a utilizzare l ' energia che le anima , che ha preso corpo negli elaboratori elettronici capaci di calcoli istantanei , e nei « simulatori » che , a terra , hanno consentito di riprodurre le condizioni in cui gli astronauti si trovavano e di raccogliere i dati indispensabili per guidarli nella manovra . La stessa intelligenza ha presieduto a quell ' enorme apparato di energie umane , intellettuali e fisiche , che ha guidato gli astronauti nel loro viaggio e alla loro salvezza . Il grosso pubblico conosce appena il nome di qualche inventore od organizzatore che ha avuto una parte cospicua in questo o quell ' aspetto dell ' impresa : ma anche l ' opera di costoro non avrebbe dato frutto fuori dall ' organizzazione di cui fa parte . E tuttavia questa organizzazione non è una cosa anonima , non obbedisce a un istinto proprio , non funziona come un sistema impersonale , ma è il risultato di un ' armonia di sforzi , rivolti in direzioni multiple e tuttavia convergenti in un unico disegno comune . E , infine , la stessa intelligenza ha guidato gli astronauti nei loro compiti imprevisti , ha frenato il loro panico e le loro emozioni , e li ha impegnati all ' impiego di tutte le energie disponibili . La solidarietà che li ha accompagnati nel mondo è stata quindi mobilitata dal fatto che la loro straordinaria avventura era un esperimento cruciale , una messa a prova decisiva , delle possibilità che l ' intelligenza umana , pur nei suoi limiti , può offrire all ' uomo nel futuro . Nessuno si è preoccupato che fossero in ballo la Scienza e la Tecnica , la politica delle superpotenze o il prestigio di una di esse : queste preoccupazioni avrebbero scisso e disperso l ' attenzione appassionata degli uomini . Si trattava solo di vedere se l ' ingegno umano fosse in grado di superare una prova difficile , se ancora si potesse fare su di esso qualche affidamento per la sorte comune . Ebbene , la prova è stata superata e l ' umanità respira di sollievo . Che i voli spaziali continuino o no , che le ricerche scientifiche o tecniche si concentrino in questo campo o in altri , non è la cosa più importante . La cosa che importa veramente è che l ' intelligenza umana sia uscita vincitrice da una prova che era quasi al limite delle sue forze ; che la fiducia negli strumenti e negli uomini , che essa riesce a forgiare , non sia andata delusa . Si è rafforzata la speranza che un ' intelligenza capace di tanto possa anche , un giorno o l ' altro , sconfiggere l ' ignoranza e il pregiudizio , l ' odio e il cieco egoismo , la violenza brutale e il calcolo meschino o sbagliato , l ' ingiustizia e la lotta fratricida ; che possa convincere l ' uomo a non distruggere sconsideratamente le risorse ambientali di cui vive e addestrarlo , se non ad una fraternità beatifica , ad una collaborazione rispettosa e feconda . Che una tale speranza si sia affacciata , sia pure in modo più o meno consapevole , nel cuore di tante persone che , in essa e per essa , si sono sentite solidali , è già un fatto positivo . Ma una speranza non basta e una rinata fiducia non deve degradare in un ' attesa passiva . L ' intelligenza autentica che , pur con le sue deboli forze e con i suoi interventi saltuari , ha reso possibile all ' uomo di sopravvivere su questa Terra , non deve sprecarsi nella ricerca di escogitazioni brillanti , ma ineffettuali , di paradossi volutamente urtanti , di utopie semplificatrici ; né deve degradarsi a giustificare post factum gli errori degli uomini , le manifestazioni caotiche dei loro istinti e delle loro emozioni o le loro ridicole pretese sataniche . Deve impegnarsi in tutti i campi , dall ' economia alla politica , dall ' arte alla scienza , dal più modesto artigianato alla più astratta speculazione , in progetti concreti , in realizzazioni effettive , che saranno rese possibili solo da una collaborazione aperta a tutti e da una competizione priva di invidia .
INCOGNITE DEL '71 ( Spadolini Giovanni , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Il 1970 termina in un clima politico di incertezza e di disorientamento non minore del 1969 , di quel triste dicembre che era stato funestato dagli oscuri morti di piazza Fontana e dall ' improvviso e cupo ritorno della violenza . Questa volta il bilancio delle vittime è molto meno grave : la dolorosa morte del giovane Saltarelli non potrebbe essere paragonata alla misteriosa strage della banca dell ' Agricoltura . Ma c ' è un senso di amarezza e di insicurezza nell ' aria , diffuso un po ' dovunque , che mette a nudo tutti i terribili e insoluti problemi nazionali ; il fossato fra la classe politica e il paese , già delineatosi nel '68 e accentuatosi nel '69 , si è ulteriormente approfondito ; l ' indifferenza di tanta parte della pubblica opinione verso le vicende governativo - parlamentari di Roma rasenta il sarcasmo o il cinismo , fino ad investire lo stesso prestigio delle istituzioni . Allora , un anno fa , di fronte alle bombe di piazza Fontana - esplosione di quella violenza selvaggia che accomunava le estreme extraparlamentari e quasi sembrava riassumere la degenerazione dei miti contestativi - ci fu un largo movimento popolare di ritorno alla democrazia , di rinnovata fiducia nella legalità , di ansia , comune anche a larghi settori della classe operaia , di una Repubblica capace di difendere l ' ordine , di imporre la maestà della legge scaturita dalla guerra e dalla liberazione . Il negoziato di Rumor per riformare l ' intesa a quattro cominciò dal gennaio , in un clima che era pieno di difficoltà ma anche di speranze ; il tentativo , così sottile e abile , di un uomo come Moro fallì solo per l ' intransigenza vaticana sul divorzio ( un ' intransigenza non ancora sopita ) . Certo si constatarono profonde divergenze fra i partiti ; ma un minimo di « lealtà repubblicana » si impose su tutti i motivi di divergenza o di contrapposizione , e su quel terreno si affrontò la riforma , rischiosa ma ormai inevitabile , delle regioni , ci si avvicinò a quelle elezioni locali del 7 giugno , che furono felicemente superate , con un risultato complessivo incoraggiante per la democrazia . Ma dopo ? Dal momento in cui la tensione del dicembre '69 , una tensione che aveva toccato brividi di guerra civile , apparve scaricata o almeno fortemente attenuata , tutto sembrò nuovamente in discussione o in pericolo . Dopo il 7 giugno del '70 si ripartì da zero . Il governo Rumor fu messo in crisi dal moto centrifugo dei partiti , estrema conseguenza della scissione socialista e della scissione , inconfessata , nella democrazia cristiana ; i compromessi del preambolo Forlani , pur realistici e accettabili , dettero luogo a infiniti equivoci ; il dissenso circa le giunte locali si aggravò ; sulla delimitazione della maggioranza le antitesi apparvero incolmabili ; l ' ombra del divorzio si fece sentire , e fu forse decisiva per le stesse repentine dimissioni del presidente Rumor . La legislatura , salvata miracolosamente nella primavera , sembrò nuovamente in agonia . Fra luglio e agosto , si ebbe una crisi profonda , una crisi che non risparmiò nulla e nessuno . La formula del quadripartito di emergenza , del quadripartito di restaurazione economica e finanziaria , incarnata da Colombo , apparve a tutti gli uomini di buona volontà come l ' unica atta ad evitare lo scioglimento delle Camere . Il governo Colombo iniziò la sua opera con senso congiunto di alacrità e di responsabilità . Si orientò ad affrontare come prioritaria la situazione economica , che era allora gravissima ( ma oggi non lo è meno ) ; impostò , con una visione globale dei problemi , la tematica del decretone . L ' improvvisa ventata ostruzionista annullò in gran parte il vantaggio del rimedio , la celerità : in pochi mesi i problemi che il decretone doveva avviare a soluzione , a cominciare dalle mutue , si aggravarono anziché attenuarsi . L ' ondata degli scioperi , che era stata contenuta dai primi positivi incontri fra governo e sindacati , riprese con un ritmo non meno convulso e assai più ingiustificato dei tempi aspri dell ' autunno caldo . Si consolidò l ' abitudine , veramente insensata , delle agitazioni per le cosiddette riforme ( nel '69 ci si batteva , ed era tutt ' altro discorso , per l ' aumento delle retribuzioni , per l ' adeguamento dei livelli operai ) . La spirale della confusione e della stanchezza ha ripreso come nel dicembre '69 e senza più neppure le forze di reazione o di riscossa che nel '69 erano emerse dal campo democratico e socialista . Quasi tutti i vantaggi dell ' ultimo anno sono apparsi illusori ; solo la linea di stabilizzazione monetaria , indubbia benemerenza del governo Colombo , ha evitato che i progressi dell ' autunno caldo fossero vanificati dal moto inflazionistico . Ma se la situazione della moneta è buona , non lo è altrettanto quella della produzione : il ritmo degli investimenti è stagnante , in molte aziende le assenze recano maggiori danni degli scioperi duri di un anno fa , una nuova fiammata di spontaneismo anarco - maoista paralizza o contraddice anche le migliori intenzioni del sindacalismo organizzato . Diventa sempre più difficile reggere alla concorrenza straniera , tenere il passo con l ' Europa . E il rischio , il rischio più grave , incombe su quelli che nel brutto linguaggio di oggi si chiamano i livelli occupazionali , l ' occupazione cioè di mano d ' opera , minacciata dai dissesti e dalle difficoltà sempre maggiori , quasi angosciose , in cui versa la media e piccola industria . Il coraggioso appello di La Malfa per un riesame globale della condotta economica e finanziaria del governo , in occasione della pubblicazione ormai non lontana del Libro bianco , porterà certamente , fra gennaio e febbraio , a quel « chiarimento » che il decretone non è riuscito a raggiungere . Ma i problemi politici e psicologici di fondo non si risolvono neppure col Libro bianco . Occorre che il paese riacquisti fiducia nella sua classe politica ; ma occorre soprattutto che la classe politica riacquisti fiducia in se stessa , riguadagni quella credibilità che è ormai compromessa dalle spietate lotte per il potere , a cominciare dalla gara per il Quirinale . Il quadripartito non ha alternative , almeno in questa legislatura . Tutti i suoi componenti debbono compiere qualche sacrificio : dal comune di Milano fino al governo di Roma . Ma il continuo richiamo verbalista e retorico agli « equilibri più avanzati » , caro a taluni socialisti del Psi , è destinato soltanto a dissolvere gli equilibri attuali - giunti ormai ad un punto di logoramento oltre il quale non si può andare - senza favorire la formazione di nessuna nuova alleanza capace di reggere . Né a Milano né a Roma , c ' è spazio per il bipartito : il bipartito oggi si identificherebbe con l ' apertura al Pci ( e proprio dopo i fatti di Polonia e la sentenza di Leningrado ! ) . È nelle peggiori condizioni di equivoco e di reticenza reciproche : condizioni negative , in primo luogo , per il Psi . A proposito di socialisti . L ' inconcludenza paralizzante degli « equilibri più avanzati » ci fa tornare in mente una formula di Enrico Ferri , i bei tempi dell ' integralismo , verso il 1906 : « Riforme più rivoluzione diviso due » . Che era tutto e nulla . Il peggior nemico del socialismo italiano fu e rimane il massimalismo : l ' ossequio cioè alle formule intransigenti unito ad una duplicità insuperabile sul piano dell ' azione . Auguriamoci tutti che non si debba riparlare una seconda volta , - come fece un socialista galantuomo dopo il '45 - di espiazione massimalista .