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> anno_i:[1970 TO 2000}
In quel mucchietto di stracci insanguinati ( Mariotti Cristina , 1975 )
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" Ma chi è quer fijo de mignotta che ha scaricato ' sta monnezza sotto casa mia ? , me so ' detta appena l ' ho visto : pareva un sacco di stracci . E invece era n ' omo . Morto " . Sono le 6,30 di domenica 2 novembre quando Maria Teresa Lollobrigida in Principessa , in gita con la famiglia nella sua villetta abusiva al centro della baraccopoli più squallida di Ostia , denuncia ai carabinieri la sua scoperta . Ci vorranno altre due ore prima che " il sacco di stracci " venga identificato in " Pasolini Pier Paolo , di Carlo , anni 53 , nato a Bologna , residente a Roma , di professione scrittore e cineasta ( precedenti penali fascicolo modello 22 cfr. archivio della squadra mobile ) " . Il regista , lo scrittore , il poeta , il " diverso " geniale e famoso è fissato dal mattinale dei carabinieri nella sua ultima e più drammatica dimensione : quella di un omosessuale morto ammazzato . Scena del delitto : via dell ' Idroscalo , a Ostia . È un tortuoso percorso di terra battuta che separa le baracche " per tutte le stagioni " dei senza tetto , dalle " baracche per l ' estate " dei sottoproletari romani tirate su abusivamente " per far fare un po ' di mare ai bambini " . A pochi metri dalla spiaggia , una sottile fettina di sabbia nera e sporca , via dell ' Idroscalo si apre a destra in uno sterrato che i ragazzi del posto hanno trasformato in un rudimentale campo di calcio : alle due estremità quattro tubi metallici simulano le " porte " . È qui che Pasolini è stato aggredito , colpito , massacrato a colpi di trave dal suo giovanissimo partner nella notte tra il sabato e la domenica . Ha tentato di salvarsi fuggendo e ha tracciato sulla ghiaia con il sangue il disperato percorso . È stato finito poco oltre , schiacciato dall ' assassino sotto le ruote della sua stessa macchina . " La vittima " , si legge nel verbale degli inquirenti , " giace bocconi con le mani unite sotto il torace ; presenta ferite da corpo contundente sulla nuca e sulla faccia , abbondanti emorragie e fuoruscita di sostanza cerebrale ; sopra la schiena tracce di pneumatici ... indossa una canottiera verde , blu jeans , calzini marrone , stivaletti marrone , biancheria ordinaria .. , " . " Strano " , commenterà un brigadiere , " uno come lui era più logico pensarlo in mutandine dl seta " . Ma chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini ? E perché ? Via via le risposte si dipanano sul filo di due storie apparentemente parallele . Sono le due di sabato notte , sul lungomare Duilio , a Ostia , una Giulia grigia sfreccia a 170 all ' ora . Una " gazzella " dei carabinieri si butta all ' inseguimento : eccesso di velocità . La corsa della Giulia " Gt " si arresta contro un muro . Il guidatore è un minorenne " inquieto " : Giuseppe Pelosi , 17 anni , precedenti per furto . Quando si vede braccato resiste , tenta la fuga . Ma inutilmente . Viene acciuffato e incriminato per furto : l ' auto , che risulta intestata a Pier Paolo Pasolini , è stata rubata . Di qui , parte un sorprendente giallo ad incastro . Primo pezzo : un appuntato telefona a casa del regista , a via Eufrate all ' Eur , per segnalare il ritrovamento della Giulia . Risponde la governante . È sorpresa che Pasolini non sia ancora rientrato : " Di solito " , dice , " se tarda avverte " . Secondo pezzo . Il ragazzo si ricorda all ' improvviso di aver perduto un anello : " forse è nella macchina " , suggerisce ai carabinieri , poi lo descrive dettagliatamente : una pietra rossa incastonata tra due aquile dorate e sotto la scritta " United States Army " , insomma , un oggetto più adatto a un " marine " che ad un romano di borgata . Terzo pezzo . L ' anello in macchina non c ' è . I carabinieri si fanno sospettosi : " Ma perché ' sto ragazzetto ci tiene tanto ? " , si chiedono . E ancora : " Come si fa a perdere un anello ? Occorre prima sfilarlo dal dito . Tranne che qualcuno non ce lo tiri via . Magari durante una colluttazione " . E il ladruncolo aveva , al momento dell ' arresto , la camicia macchiata di sangue e una ferita sulla fronte . Si cerca di prendere tempo . Quando il brigadiere Cuzzupé batte a macchina l ' ultima cartella del verbale , si è fatta l ' alba . Poco dopo , la notizia che all ' Idroscalo hanno trovato un morto . Nel sopralluogo , accanto al cadavere . della vittima , qualcuno vede brillare un anello . È esattamente quello descritto da Giuseppe Pelosi : il topo d ' auto è anche l ' assassino dell ' Idroscalo ? Poco dopo , Ninetto Davoli , arriverà per il riconoscimento . All ' una di domenica Pelosi confessa . Ha ucciso Pasolini , dice , perché " non voleva stare al patti . Il maschio dovevo farlo solo io e non uno alla volta " . È questa la verità sulla fine di Pasolini ? La sproporzione fra la statura del personaggio e la banalità della sua morte , per quanto prevedibile ( tempo fa aveva confidato a Moravia : " sai ogni volta che esco per una ' battuta ' sento di rischiare la vita " ) , ha fatto nascere in qualcuno dei dubbi . I due si conoscevano ? È questa la prima domanda . Se la risposta fosse affermativa , anche l ' ipotesi di un delitto diverso , una vendetta di gruppo o magari un delitto politico sarebbe meno irreale di quanto appaia a prima vista . Comunque , lo scenario della sua morte se l ' è scelto lui : una squallida baraccopoli , all ' aperto . " Conosceva la zona perché forse ci voleva girare un film " , ha osservato il capitano dei carabinieri Tommasselli . " Sì , e come no ? " , ha rintuzzato un cronista con eschimo , " e sai il titolo ? ' Ciak , si gira il mio assassinio ' " .
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Quando ho sentito la notizia alla radio ho avuto un primo moto di rimorso : mesi fa , a proposito del suo articolo sull ' aborto , lo avevo attaccato con cosciente cattiveria , e lui se ne era molto risentito , contrattaccando ( una sola battuta nel corso di un ' intervista ) con altrettanta cattiveria . E al saperlo morto ammazzato , così bruttamente , ho avuto un sentimento di colpa , come se quei segni sul suo corpo fossero le tracce di un lungo linciaggio , a cui anch ' io avevo preso parte . Poi mi sono reso conto che non era quello il punto . Lottatore per vocazione , per rabbia e per baldanza , Pasolini l ' attacco lo cercava , lo stimolava quando la reattività pubblica si assopiva , si sentiva vivo solo quando poteva dire : " Perché mi sparate addosso ? " . Lui sosteneva : la società mi lincia perché sono diverso , e certo il primo moto di ribellione gli era venuto dal sentirsi respinto ai margini per quella sua diversità sessuale che esponeva a tutti i venti con esasperata sincerità . Ma questa stessa sincerità lo aveva , per così dire , autorizzato a gestire pubblicamente la sua diversità . Certo , la società non perdona mai del tutto ai diversi , se non li punisce li ricatta con l ' ironia , ma lui avrebbe almeno potuto sentirsi in fase di armistizio . E invece dall ' esperienza originaria della diversità sessuale , gli era venuto l ' altro impulso ( forse più sublimato , o più socializzato , non so ) a crearsi una situazione di diversità ad oltranza . Con un fiuto rabbioso per le posizioni impopolari . Una vocazione alla emarginazione , dunque , a dispetto del successo , anzi usando il successo come frombola per lanciare altre provocazioni che obbligassero gli altri a sparargli addosso . Un gioco pericoloso , sul filo della corda , dove le idee che metteva in questione contavano sino a un certo punto , talora erano tipiche scelte teatrali : il gioco del Bastian contrario . Si diceva una volta , per scherzo , che un giorno avrebbe affermato che i poveri sono cattivi per avere la soddisfazione di vedersi svillaneggiato da tutti : bene , lo ha fatto . Era qualcosa di più di una vocazione masochistica , qualcosa di più ambizioso e di più tragico : una mimesi mistica del Crocifisso , naturalmente a testa in giù , nella scia di quegli gnostici che asserivano che il Figlio per arrivare alla purificazione , avesse dovuto commettere tutti i peccati possibili . Se questo è vero , egli era l ' ultima personificazione di un superomismo romantico , il poeta che vive di persona il proprio ideale estetico ; salvo che l ' esteta della decadenza incarnava sogni di gloria fastosa ed egli invece sogni di spaesamento e persecuzione ; quindi se modello c ' era , era Rimbaud e non D ' Annunzio : anche nel successo egli aveva scelto di testimoniare l ' emarginazione . La conoscenza primitiva della emarginazione sua e altrui lo aveva segnato per la vita , così che non poteva più rifiutarsi a questo gioco , anche se la società era disposta a integrarlo . Anche in questo è stato contraddittoriamente coerente , astuto come il serpente e candido come la colomba . Ciò che lo limita è semmai il fatto che avesse deciso di emarginarsi come testimone dei propri umori e non come portavoce di una coscienza collettiva . Di qui l ' esito oggettivamente regressivo di certi suoi appelli eversivi : il confondere la società futura con una società " naturale " , adolescente e incontaminata solo nei suoi ricordi privati . Che è poi il rischio del poeta quando presenta la memoria come utopia . Di qui le sue lucciole pauperistiche , i paradossi di un paternalismo preindustriale tutto sommato più " naturale " del consumismo tecnologico . Ma è che la violenza positiva del suo messaggio non stava nei contenuti , bensì negli effetti di cattiva coscienza che riusciva a produrre . Erano un pretesto per essere rintuzzato e testimoniare così che l ' emarginazione esisteva ancora . Segno di contraddizione , il suo genio consisteva nell ' impostare il gioco in modo che a contestarlo ci si cadeva dentro . Anche ora , dopo la sua morte . All ' obiezione : " Sei morto come uno dei tuoi personaggi , non sei contento ? " , egli risponderebbe : " Sono morto , siete contenti ? " . E a dirgli : " Hai cercato di mostrarci che il mondo della borgata selvaggia del dopoguerra era più puro e mite di quello della borgata consumistica , e sei morto in un episodio da borgata all ' antica " , egli obietterebbe : " Parlavo della violenza di oggi e sono morto oggi , mi ha ucciso la vostra violenza che mi ha spinto a una ricerca impossibile " . Allora , per uscire dal suo gioco , non resta che vedere se si può utilizzare la sua morte come lezione che non riguardi lui solo . Ci provo . Egli ci ha ripetuto che c ' erano dei diversi respinti ai margini , e che non avremmo mai capito appieno la loro sofferenza . La sua morte ci ricorda che , per quanto rispettato dalla società , un diverso deve pur sempre tentare la sua ricerca in luoghi oscuri , dove c ' è violenza , rabbia e paura ( la stessa del ragazzetto che fugge come un pazzo sulla macchina della sua vittima ) . E se i diversi che hanno il coraggio di definirsi tali devono ancora rifugiarsi ai margini , come i diversi che hanno paura , questo significa che la società non ha ancora imparato ad accettare né gli uni né gli altri , anche se fa finta di sì . Certo Pasolini avrebbe potuto permettersi di vivere la sua diversità altrove che non alla macchia . Può darsi abbia voluto continuare a farlo per orgoglio . Ora ci impone un esame di coscienza fatto con umiltà .
Ma che cosa aveva in mente? ( Moravia Alberto , 1975 )
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Chi era , che cercava Pasolini ? In principio c ' è stata , perché non ammetterlo ? , l ' omosessualità , intesa però nella stessa maniera dell ' eterosessualità : come rapporto con il reale , come filo di Arianna nel labirinto della vita . Pensiamo un momento solo alla fondamentale importanza che ha sempre avuto nella cultura occidentale l ' amore ; come dall ' amore siano venute le grandi costruzioni dello spirito , i grandi sistemi conoscitivi ; e vedremo che l ' omosessualità ha avuto nella vita di Pasolini lo stesso ruolo che ha avuto l ' eterosessualità in quella di tante vite non meno intense e creative della sua . Accanto all ' amore , in principio , c ' era anche la povertà . Pasolini era emigrato a Roma dal Nord , si guadagnava la vita insegnando nelle scuole medie della periferia . È in quel tempo che si situa la sua grande scoperta : quella del sottoproletariato , come società rivoluzionaria , analoga alle società protocristiane , ossia portatrice di un inconscio messaggio di ascetica umiltà da contrapporre alla società borghese edonista e superba . Questa scoperta corregge il comunismo , fino allora probabilmente ortodosso di Pasolini ; gli dà il suo carattere definitivo . Non sarà , dunque , il suo , un comunismo di rivolta , e neppure illuministico ; e ancor meno scientifico ; né insomma veramente marxista . Sarà un comunismo populista , " romantico " , cioè animato da una pietà patria arcaica , non comunismo quasi mistico , radicato nella tradizione e proiettato nell ' utopia . È superfluo dire che un comunismo simile era fondamentalmente sentimentale ( do qui alla parola " sentimentale " un senso esistenziale , creaturale e irrazionale ) . Perché sentimentale ? Per scelta , in fondo , culturale e critica ; in quanto ogni posizione sentimentale consente contraddizioni che l ' uso della ragione esclude . Ora Pasolini aveva scoperto molto presto che la ragione non serve ma va servita . E che soltanto le contraddizioni permettono l ' affermazione della personalità . Ragionare è anonimo ; contraddirsi , personale . Le cose stavano a questo punto quando Pasolini scrisse Le ceneri di Gramsci , La religione del nostro tempo , Ragazzi di vita , Una vita violenta e esordì nel cinema con Accattone . In quel periodo , che si può comprendere tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta , Pasolini riuscì a fare per la prima volta nella storia della letteratura italiana qualche cosa di assolutamente nuovo : una poesia civile di sinistra . La poesia civile era sempre stata a destra in Italia , almeno dall ' inizio dell ' Ottocento a oggi , cioè da Foscolo , passando per Carducci su su fino a D ' Annunzio . I poeti italiani del secolo scorso avevano sempre inteso la poesia civile in senso repressivo , trionfalistico ed eloquente . Pasolini riuscì a compiere un ' operazione nuova e oltremodo difficile : il connubio della moderna poesia decadente con l ' utopia socialista . Forse una simile operazione era riuscita in passato soltanto a Rimbaud , poeta della rivoluzione e tuttavia , in eguale misura , poeta del decadentismo . Ma Rimbaud era stato assistito da tutta una tradizione giacobina e illuministica . La poesia civile di Pasolini nasce invece miracolosamente in una letteratura da tempo ancorata su posizioni conservatrici , in una società provinciale e retriva . Questa poesia civile raffinata manieristica ed estetizzante che fa ricordare Rimbaud e si ispirava a Machado e ai simbolisti russi , era tuttavia legata all ' utopia di una rivoluzione sociale e spirituale che sarebbe venuta dal basso , dal sottoproletariato , quasi come una ripetizione di quella rivoluzione che si era verificata duemila anni or sono con le folle degli schiavi e dei reietti che avevano abbracciato il cristianesimo . Pasolini supponeva che le disperate e umili borgate avrebbero coesistito a lungo , vergini e intatte con i cosiddetti quartieri alti , fino a quando non fosse giunto il momento maturo per la distruzione di questi e la palingenesi generale : pensiero , in fondo , non tanto lontano dalla profezia di Marx secondo il quale alla fine non ci sarebbero stati che un pugno di espropriatori e una moltitudine di espropriati che li avrebbero travolti . Sarebbe ingiusto dire che Pasolini aveva bisogno , per la sua letteratura , che la cosa pubblica restasse in questa condizione ; più corretto è affermare che la sua visione del mondo poggiava sull ' esistenza di un sottoproletariato urbano rimasto fedele , appunto , per umiltà profonda e inconsapevole , al retaggio di un ' antica cultura contadina . Ma a questo punto è sopravvenuto quello che , in maniera curiosamente derisoria , gli italiani chiamano il " boom " , cioè si è verificata ad un tratto l ' esplosione del consumismo . E cos ' è successo col " boom " in Italia , e per contraccolpo nella ideologia di Pasolini ? È successo che gli umili , i sottoproletari di Accattone e di Una vita violenta , quegli umili che nella Passione secondo Matteo Pasolini aveva accostato ai cristiani delle origini , invece di creare i presupposti di una rivoluzione apportatrice di totale palingenesi , cessavano di essere umili nel duplice senso di psicologicamente modesti e di socialmente inferiori per diventare un ' altra cosa . Essi continuavano naturalmente ad essere miserabili , ma sostituivano la scala di valori contadina con quella consumistica . Cioè , diventavano , a livello ideologico , dei borghesi . Questa scoperta della borghesizzazione dei sottoproletari è stata per Pasolini un vero e proprio trauma politico , culturale e ideologico . Se i sottoproletari delle borgate , i ragazzi che attraverso il loro amore disinteressato gli avevano dato la chiave per comprendere il mondo moderno , diventavano ideologicamente dei borghesi prim ' ancora di esserlo davvero materialmente , allora tutto crollava , a cominciare dal suo comunismo populista e cristiano . I sottoproletari del Quarticciolo erano , oppure aspiravano , il che faceva lo stesso , ad essere dei borghesi ; allora erano o aspiravano a diventare borghesi anche i sovietici che pure avevano fatto la rivoluzione nel 1917 , anche i cinesi che avevano lottato per più di un secolo contro l ' imperialismo , anche i popoli del Terzo mondo che una volta si erano configurati come la grande riserva rivoluzionaria del mondo . Non è esagerato dire che il comunismo irrazionale di Pasolini non si è più risollevato dopo questa scoperta . Pasolini è rimasto , questo sì , fedele all ' utopia , ma intendendola come qualche cosa che non aveva più alcun riscontro nella realtà e che di conseguenza era una specie di sogno da vagheggiare e da contemplare ma non più da realizzare e tanto meno da difendere e imporre come progetto alternativo e inevitabile . Da quel momento Pasolini non avrebbe più parlato a nome dei sottoproletari contro i borghesi , ma a nome di se stesso contro l ' imborghesimento generale . Lui solo contro tutti . Di qui l ' inclinazione a privilegiare la vita pubblica , purtroppo borghese , rispetto alla vita interiore , legata all ' esperienza dell ' umiltà . Nonché una certa ricerca dello scandalo non già a livello del costume ma a quello della ragione . Pasolini non voleva scandalizzare la borghesia , troppo consumistica ormai per non consumare anche lo scandalo . Lo scandalo era diretto contro gli intellettuali , che , loro sì , non potevano fare a meno di credere ancora nella ragione . Di qui pure un continuo intervento nella discussione pubblica , basato su una sottile e brillante ammissione , difesa e affermazione delle proprie contraddizioni . Ancora una volta Pasolini si teneva alla propria esistenzialità , alla propria creaturalità . Solo che un tempo l ' aveva fatto per sostenere l ' utopia del sottoproletariato salvatore del mondo ; e oggi lo faceva per criticare la società consumista e l ' edonismo di massa . Aveva scoperto che il consumismo era penetrato ormai ben dentro l ' amata civiltà contadina . Ciononostante , questa scoperta non l ' aveva allontanato dai luoghi e dai personaggi che un tempo , grazie ad una straordinaria esplosione poetica , l ' avevano così potentemente aiutato a crearsi la propria visione del mondo . Affermava in pubblico che la gioventù era immersa in un ambiente criminaloide di massa ; ma in privato , a quanto pare , si illudeva pur sempre che ci potessero essere delle eccezioni a questa regola . La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui . Simile perché egli ne aveva già descritto , nei suoi romanzi e nei suoi film , le modalità squallide e atroci , dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi bensì una figura centrale della nostra cultura , un poeta che aveva segnato un ' epoca , un regista geniale , un saggista inesauribile .
Pasolini ucciso da due motociclisti? ( Fallaci Oriana , 1975 )
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Esiste un ' altra versione della morte di Pasolini : una versione di cui , probabilmente , la polizia è già a conoscenza ma di cui non parla per poter condurre più comodamente le indagini . Essa si basa sulle testimonianze che hanno da offrire alcuni abitanti o frequentatori delle baracche che sorgono intorno allo spiazzato dove Pier Paolo Pasolini venne ucciso . In particolare , si basa su ciò che venne visto e udito per circa mezz ' ora da un romano che si trovava in una di quelle baracche per un convegno amoroso con una donna che non è sua moglie . Ecco ciò che egli non dice , almeno per ora , ma che avrebbe da dire . Pasolini non venne aggredito e ucciso soltanto da Giuseppe Pelosi , ma da lui e da altri due teppisti , che sembrano assai conosciuti nel mondo della droga . I due teppisti erano giunti a bordo di una motocicletta dopo mezzanotte , ed erano entrati insieme a Pasolini e al Pelosi in una baracca che lo scrittore era solito affittare per centomila lire ogni volta che vi si recava . Infatti non si tratta di baracche miserande come appare all ' esterno : le assi esterne di legno fasciano villette vere e proprie , munite all ' interno dei normali servizi igienici , di acqua corrente , a volte ben arredate e perfino con moquette . Le urla di un alterco violento cominciarono dopo qualche tempo che i quattro si trovarono dentro la baracca . A gridare : « Porco , brutto porco » non era Pasolini ma erano i tre ragazzi . A un certo punto la porta della baracca si spalancò e Pasolini uscì correndo verso la sua automobile . Riuscì a raggiungerla e si apprestava a salirci quando i due giovanotti della motocicletta lo agguantarono e lo tirarono fuori . Pasolini si divincolò e riprese a fuggire . Ma i tre gli furono di nuovo addosso e continuarono a colpirlo . Stavolta con le tavolette di legno e anche con le catene . Ciascuno di loro aveva in mano una tavoletta e i due teppisti più grossi avevano in mano anche le catene . Il testimone che , terrorizzato , si rifiuta di raccontare la storia alla polizia , dice anche che , a un certo punto , vide i tre giovanotti in faccia . Erano circa le una del mattino e le urla dell ' alterco continuarono , udite da tutti , per quasi o circa mezz ' ora . Vide anche che Pasolini cercava di difendersi . Quando Pasolini si abbatté esanime , i due ragazzi corsero verso la sua automobile , vi salirono sopra , e passarono due volte sopra il corpo dello scrittore , mentre Giuseppe Pelosi rimaneva a guardare . Poi i due scesero dall ' automobile , salirono sulla motocicletta , partirono mentre Giuseppe Pelosi gridava : « Mo ' me lasciate solo , mo ' me lasciate qui » . Continuò a gridare in quel modo anche dopo che i due si furono allontanati . Allora si diresse a sua volta verso l ' automobile di Pasolini , vi salì e scappò . La scena sarebbe stata vista non soltanto da chi era nelle " baracche " ma anche da una coppia appartata dentro un ' automobile , poco lontano . E tale versione risolverebbe i dubbi che tutti hanno avanzato fino a oggi sulla possibilità che un uomo robusto e sportivo come Pasolini potesse essere sopraffatto da una persona sola , anzi da un ragazzo di diciassette anni , meno forte di lui . E il caso di sottolineare che in un primo tempo fu detto dalla polizia che nelle unghie di Pasolini erano stati trovati residui di pelle . Secondo la versione ora fornita , Pasolini tentò disperatamente di difendersi . Sul volto e sul corpo di Giuseppe Pelosi non esistono segni di una colluttazione . Tali segni , o tali graffi , si dovrebbero trovare sul volto o sul corpo degli altri due teppisti . Perché il Pelosi non parla e si assume tutta la responsabilità ? È legato anche lui al mondo della droga ? Perché lui stesso ha messo sulla pista la polizia raccontando di avere perso un anello che nessuno , fino a quel momento , sapeva che fosse suo ? È possibile perdere un anello durante una colluttazione ? Oppure l ' anello è stato gettato lì di proposito , e il Pelosi ha parlato , raccontando tutto , e la polizia non ce ne dà notizia ?
Kissinger rivela ( Fallaci Oriana , 1972 )
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Washington , novembre . - Quest ' uomo troppo famoso , troppo importante , troppo fortunato , che chiamano Superman , Superstar , Superkraut , e imbastisce alleanze paradossali , raggiunge accordi impossibili , tiene il mondo col fiato sospeso come se il mondo fosse la sua scolaresca di Harvard . Questo personaggio incredibile , inspiegabile , in fondo assurdo , che s ' incontra con Mao Tse - tung quando vuole , entra nel Cremlino quando ne ha voglia , sveglia il presidente degli Stati Uniti e gli entra in camera quando lo ritiene opportuno . Questo quarantottenne con gli occhiali a stanghetta , dinanzi al quale James Bond diventa un ' invenzione priva di pepe . Lui non spara , non fa a pugni , non salta da automobili in corsa come James Bond , però consiglia le guerre , finisce le guerre , decide del nostro destino e lo cambia . Ma chi è , insomma , Henry Kissinger ? Qual è il suo vero aspetto , il suo vero carattere , la sua vera personalità ? Cosa pensa , cosa sente , ora che tutti si chiedono ansiosi : « Allora , la pace in Vietnam , la fa o non la fa ? Allora , l ' accordo con Hanoi , lo firma o non lo firma ? Allora , il presidente Thieu , lo abbandona o non lo abbandona ? » . Su di lui si scrivono libri come sulle grandi figure digerite ormai dalla storia . Libri sul tipo di quello che illustra la sua formazione politico - culturale , Kissinger e gli usi del potere , dovuto all ' ammirazione di un collega di università ; libri sul tipo di quello che canta le sue doti di seduttore , Caro Henry , dovuto all ' amore non corrisposto di una giornalista francese . Col suo collega di università non ha mai voluto parlare . Con la giornalista francese non è mai voluto andare a letto . A entrambi allude con una smorfia di sdegno ed entrambi li liquida con un gesto sprezzante della mano cicciuta : « Non capisce nulla » , « Non è vero nulla » . La sua biografia è oggetto di ricerche che rasentano il culto . Chiunque sa che è nato a Furth , in Germania , nel 1923 : figlio di Luis Kissinger , insegnante in una scuola media , e di Paula Kissinger , massaia . Sa che la sua famiglia è ebrea , che quattordici dei suoi parenti morirono nei campi di concentramento , che insieme al padre e alla madre e al fratello Walter fuggì nel 1938 a Londra e poi a New York . A quel tempo aveva quindici anni e si chiamava Heinz , mica Henry , e non sapeva una parola d ' inglese . Ma lo imparò molto presto . Mentre il padre faceva l ' impiegato in un ufficio postale e la madre apriva un negozio di pasticceria , studiò così bene da essere ammesso a Harvard e laurearsi a pieni voti con una tesi su Spengler , Toynbee e Kant , poi diventarvi professore . Si sa che a ventun anni fu soldato in Germania , dove era con un gruppo di GI selezionati da un test e giudicati così intelligenti da sfiorare il genio . Gli affidarono per questo , e malgrado la giovane età , l ' incarico di organizzare il governo di Krefeld , una città tedesca rimasta senza governo . Infatti a Krefeld fiorì la sua passione per la politica : una passione che avrebbe appagato diventando consigliere di Kennedy , di Johnson , e poi assistente di Nixon . Kissinger , oggi , è il secondo uomo più potente d ' America . Sebbene alcuni sostengano che sia molto di più : la storiella che circola a Washington da qualche tempo dice : « Pensa cosa succederebbe se morisse Kissinger : Nixon diventerebbe presidente degli Stati Uniti ... » . Lo chiamano la balia mentale di Nixon . Per lui e per Nixon hanno coniato un cognome malvagio e rivelatore : Nixinger . Il presidente non può fare a meno di lui . Lo vuole sempre accanto : in ogni viaggio , ogni cerimonia , ogni cena ufficiale , ogni vacanza . Soprattutto , in ogni decisione . Se Nixon decide di andare a Pechino sbalordendo la destra e la sinistra , è Kissinger che gli ha messo in testa di andare a Pechino . Se Nixon decide di recarsi a Mosca per confondere Oriente e Occidente , è Kissinger che gli ha suggerito di recarsi a Mosca . Se Nixon decide di venire a patti con Hanoi e abbandonare Thieu , è Kissinger che lo ha convinto a quel passo . La sua casa è la Casa Bianca . Quando non è in viaggio a far l ' ambasciatore , l ' agente segreto , il ministro degli Esteri , il patteggiatore , entra alla Casa Bianca di primo mattino e ne esce di sera . Alla Casa Bianca porta perfino la biancheria da lavare : raccogliendola disinvoltamente in pacchetti di carta che non si capisce bene dove vadano a finire . Nella lavanderia privata di Nixon ? Alla Casa Bianca , spesso , ci mangia . Non ci dorme perché non potrebbe portarci le donne . Divorziato da nove anni , delle sue avventure galanti ha fatto un mito che alimenta con cura : sebbene molti ci credano poco . Attrici , attricette , cantanti , modelle , produttrici , giornaliste , ballerine , miliardarie , gli piacciono tutte . O si comporta come se gli piacessero tutte : cosciente del fatto che ciò aumenta il suo glamour , la sua popolarità , le fotografie sui settimanali . È anche l ' uomo più chiacchierato d ' America , il rubacuori di nuovo tipo . Fanno moda i suoi occhiali da miope , i suoi ricciolini da ebreo , i suoi completi sobri con la cravatta seria , la sua falsa andatura da ingenuo che ha scoperto il piacere . Eppure l ' uomo resta un mistero , come il suo successo senza paragoni . E la ragione di tale mistero è che avvicinarlo per penetrarlo è difficilissimo : di interviste individuali lui non ne dà , parla solo alle conferenze stampa indette dalla presidenza . Quindi non ho ancora capito perché accettasse di vedere me , appena tre giorni dopo aver ricevuto una mia lettera priva di illusioni . Lui dice che è per la mia intervista col generale Giap , fatta ad Hanoi nel febbraio del Sessantanove . Può darsi . Però resta il fatto che dopo lo straordinario « sì » cambiò idea e decise di vedermi a una condizione : star zitto . Durante l ' incontro , a parlare sarei stata io e da ciò che avrei detto egli avrebbe deciso se darmi l ' intervista o no : ammesso che ne trovasse il tempo . Successe alla Casa Bianca , lo scorso giovedì 2 novembre . A mezzogiorno , puntuale , arrivò frettoloso e senza un sorriso mi disse : « Good morning , miss Fallaci » . Poi , sempre senza sorrisi , mi fece entrare nel suo studio elegante e pieno di libri , telefoni , fogli , quadri astratti , fotografie di Nixon , e mi dimenticò : mettendosi a leggere , le spalle voltate , un lungo dattiloscritto . Fu un po ' imbarazzante restarmene lì in mezzo alla stanza , mentre lui leggeva il dattiloscritto e mi voltava le spalle . Fu anche un po ' strano . Però mi permise di studiarlo prima che lui studiasse me . E non solo per scoprire che non è seducente , così basso e tarchiato e oppresso da quel testone di ariete : per scoprire , soprattutto , che non è disinvolto , non è sicuro di sé . Prima di affrontare qualcuno ha bisogno di prendere tempo e proteggersi con la sua autorità . Fenomeno frequente , in fondo , nei timidi che vogliono nascondere d ' essere timidi e in tale sforzo finiscono col sembrare sgarbati . O esserlo davvero . Esaurita la lettura di quel dattiloscritto , meticolosa e attenta a giudicar dal tempo che gli prese , si girò finalmente verso di me e m ' invitò a seder sul divano . Poi sedette sulla poltrona accanto , più alta del divano , e da questa posizione strategica di privilegio cominciò a interrogarmi col tono di un professore che fa l ' esame a un allievo di cui si fida poco . Assomigliava , ricordo , al mio insegnante di matematica e fisica presso il liceo Galilei di Firenze : un tipo che odiavo perché si divertiva a farmi paura , fissandomi con ironia dietro gli occhiali . Di quel professore aveva perfino la voce baritonale , anzi gutturale , e il modo di appoggiarsi alla spalliera della poltrona cingendola col braccio destro , il modo di accavallare le gambe pienotte mentre la giacca si tira sul ventre e rischia di far saltare i bottoni . Se voleva mettermi a disagio , ci riuscì perfettamente . L ' incubo dei miei giorni di scuola mi aggredì al punto che , a ogni sua domanda , pensavo : " Oddio , la saprò questa cosa ? Se non la so , mi boccia " . La prima domanda fu sul generale Giap . « Come le ho detto io non do mai interviste individuali . La ragione per cui mi accingo a considerare l ' eventualità di darne una a lei è che lessi la sua intervista con Giap . Very interesting . Molto interessante . Che tipo è Giap ? » Lo chiese con l ' aria di aver poco tempo a disposizione , così m ' imposi di riassumere tutto con una battuta a effetto e risposi : « Uno snob francese , mi parve . Insieme gioviale e arrogante , in fondo noioso come un professore . Più che un ' intervista però mi dette una conferenza . Mi consentì poche domande . E non m ' impressionò . Però ciò che mi disse risultò davvero esatto » . Minimizzare agli occhi di un americano il personaggio di Giap è quasi un insulto : ne sono tutti un po ' innamorati , come lo furono di Rommel . L ' espressione « snob francese » lo lasciò quindi smarrito . Forse non la capì . La rivelazione che fosse « noioso come un professore » lo disturbò : sa di avere lui stesso le stigmate del tipo noioso e per ben due volte il suo sguardo azzurro lampeggiò in modo ostile . Il particolare che lo colpì maggiormente , però , fu quello che io dessi credito a Giap d ' avermi previsto cose esatte . Infatti m ' interruppe e : « Esatte perché ? » . Perché Giap aveva annunciato nel 1969 ciò che sarebbe successo nel 1972 , replicai . « Ad esempio ? » Ad esempio il fatto che gli americani si sarebbero ritirati a poco a poco e poi avrebbero abbandonato quella guerra che costava sempre più soldi , rischiava perciò di condurli sull ' orlo dell ' inflazione . Lo sguardo azzurro lampeggiò di nuovo . « E quale fu , a suo parere , la cosa più importante che le disse Giap ? » L ' avere sconfessato , in sostanza , l ' offensiva del Tet attribuendola ai soli vietcong . Stavolta lui non commentò . Chiese soltanto : « Ritiene che l ' iniziativa fosse partita dai vietcong ? » . « Forse sì , dottor Kissinger . Lo sanno tutti che a Giap piacciono le offensive coi carri armati , alla Rommel . Infatti l ' offensiva di Pasqua la fece alla Rommel e ... » « Ma l ' ha persa ! » protestò . « L ' ha proprio persa ? » ribattei . « Cosa le fa pensare che non l ' abbia persa ? » « Il fatto che lei abbia accettato un accordo che non piace a Thieu , dottor Kissinger . » E , tentando di strappargli qualche notizia , aggiunsi in tono distratto : « Thieu non cederà mai » . Cadde nel piccolo tranello . Rispose : « Cederà . Deve » . Abbandonato Giap , l ' esame si concentrò su Thieu : il suo terreno minato . Mi chiese cosa pensassi di Thieu . Gli dissi che non m ' era mai piaciuto . « E perché non le è mai piaciuto ? » « Dottor Kissinger , lo sa meglio di me . Lei ci ha sudato tre giorni , con Thieu , anzi quattro . » Ciò gli strappò un sospiro di assenso e una smorfia che a ripensarci stupisce . Kissinger sa controllare in modo perfetto la faccia , ben difficilmente permette alle sue labbra e ai suoi occhi di denunciare un ' idea o un sentimento . Ma in quel primo incontro , chissà perché , si controllò poco . Ogni volta che dissi qualcosa contro Thieu annuì o sospirò leggermente o sorrise con complicità : quasi me ne fosse grato . Dopo Thieu mi interrogò su Cao Ky e Do Cao Tri . Del primo disse che era un debole e chiacchierava troppo . Del secondo disse che gli dispiaceva non averlo conosciuto . « Era davvero un gran generale ? » . Sì , confermai , un gran generale e un generale coraggioso : l ' unico generale che avessi visto andare in prima linea e in combattimento . Anche per questo , suppongo , lo avevano assassinato . « Assassinato ! ? Da chi ? » . « Non certo dai vietcong , dottor Kissinger . L ' elicottero non cadde perché era stato colpito da un mortaio , ma perché qualcuno aveva manomesso le pale . E certo Thieu non pianse , nemmeno Cao Ky . Stava creandosi una leggenda intorno a Do Cao Tri . E inoltre egli parlava così male dei due . Anche durante la mia intervista li aveva attaccati senza pietà . » La cosa lo turbò più del fatto che criticassi più tardi l ' esercito sudvietnamita . Ciò avvenne quando mi chiese dell ' ultima volta che ero stata a Saigon e di ciò che vi avevo visto . Gli dissi di aver visto un esercito che non valeva un fico e , quando motivai tale condanna , il suo volto assunse un ' espressione perplessa . Infatti , sospettando che recitasse , scherzai : « Dottor Kissinger , non mi dica che ha bisogno di me per saper queste cose . Lei che è l ' uomo più informato del mondo ! » . Ma non stette allo scherzo e rimase perplesso . Al quindicesimo minuto di colloquio , quando mi mangiavo le mani per aver accettato quell ' assurda intervista da parte di colui che volevo intervistare , dimenticò un poco il Vietnam e , col tono del reporter zelante , mi chiese quali fossero i capi di Stato che mi avevano impressionato di più . ( Il verbo impressionare gli piace . ) Rassegnata gli feci l ' elenco . Fu d ' accordo soprattutto su Bhutto : « Molto intelligente , molto brillante » . Non fu d ' accordo su Indira Gandhi : « Davvero le è piaciuta Indira Gandhi ? ! ? » . Neanche volesse giustificare la cattiva scelta che aveva suggerito a Nixon durante il conflitto indo - pakistano , quando s ' era schierato a favore dei pakistani che avrebbero perso la guerra e contro gli indiani che l ' avrebbero vinta . Di un altro capo di Stato , su cui avevo detto che non m ' era sembrato intelligentissimo ma mi era piaciuto moltissimo , disse : « L ' intelligenza non serve per fare i capi di Stato . La dote che conta , nei capi di Stato , è la forza . Il coraggio , l ' astuzia , e la forza » . Tengo la frase fra le più interessanti che m ' abbia detto , con o senza il registratore . Illustra il suo tipo , la sua personalità . L ' uomo ama la forza , anzitutto . Il coraggio , l ' astuzia , e la forza . L ' intelligenza lo interessa assai meno , sebbene ne possegga in abbondanza . L ' ultimo capitolo dell ' esame nacque dalla domanda che meno mi aspettavo : « Cosa pensa che accadrà col cessate il fuoco ? » . Presa alla sprovvista , dissi la verità . Dissi che lo avevo scritto nella mia corrispondenza appena pubblicata sull ' « Europeo » : sarebbe avvenuto un bagno di sangue , dalle due parti . « E il primo a incominciare sarà proprio il suo amico Thieu . » Balzò su : « Amico mio ? » . « Be ' , insomma Thieu . » « E perché ? » « Perché prima ancora che i vietcong provvedano alle loro stragi , nelle prigioni e nei penitenziari egli farà una carneficina . Non ci saranno molti neutralisti e molti vietcong a far parte del governo provvisorio dopo il cessate il fuoco ... » Lui aggrottò la fronte , restò un po ' zitto , infine disse : « Anche lei crede nel bagno di sangue . Ma ci saranno i supervisori internazionali ! » . « Dottor Kissinger , anche a Dacca c ' erano gli indiani . Non riuscirono mica a impedire i massacri fatti dai mukti bahini a spese dei bihari » . « Già . Già . E se ... E se ritardassimo l ' armistizio di un anno o due ? » « Come , dottor Kissinger ? » « E se ritardassimo l ' armistizio di un anno o due ? » ripeté . Mi sarei tagliata la lingua , avrei pianto . Credo anzi di aver alzato verso di lui due occhi lucidi : « Dottor Kissinger , non mi dia l ' angoscia di averle messo in testa una cosa sbagliata . Dottor Kissinger , la carneficina reciproca avverrà comunque : oggi , tra un anno , due anni . E se la guerra continua ancora un anno , due anni , oltre ai morti di quella carneficina dovremo contare i morti per i bombardamenti e i combattimenti . Mi spiego ? Dieci più venti fa trenta . Sono meglio dieci morti o trenta morti ? » . Su questa storia , del resto , non dormii per due notti e quando ci rivedemmo per l ' intervista glielo confessai . Lui mi consolò dicendo che non mi facessi turbare da complessi di colpa , che il mio calcolo matematico era esatto : meglio dieci che trenta . Tuttavia l ' episodio mi buca ancora il cuore . È un uomo che ascolta tutto , registra tutto come un computer . E quando sembra che abbia buttato via un ' informazione ormai vecchia e non buona , la ritira fuori come se fosse freschissima e buona . Al venticinquesimo minuto circa , decise che avevo passato gli esami . Forse mi avrebbe dato l ' intervista . Però restava un particolare che lo disturbava un po ' : ero una donna , e proprio con una donna , la giornalista francese che aveva scritto il libretto Dear Henry , egli aveva avuto un ' esperienza infelice . Magari , e con tutte le mie buone intenzioni , anch ' io lo avrei messo in imbarazzo . Mi arrabbiai . Certo non potevo dirgli ciò che mi bruciava le labbra : vale a dire che non avevo alcuna intenzione di innamorarmi di lui , e tormentarlo con una corte spietata . Ma potevo dirgli altre cose , e gliele dissi : che non mi mettesse nella situazione in cui m ' ero trovata a Saigon nel 1968 quando , per la figuraccia fatta da un italiano vigliacco , ero stata costretta ad abbandonarmi ad audacie che non mi divertono affatto . Non ero responsabile allora della viltà di un tale che aveva un passaporto italiano , e non ero responsabile ora del cattivo gusto di una signora che faceva il mio stesso mestiere . Così non dovevo pagarne il prezzo : se era necessario , sarei andata da lui con un paio di baffi . Ne convenne senza abbandonarsi a un sorriso , e mi annunciò che avrebbe trovato un ' ora durante la giornata di sabato . Alle dieci di sabato 4 novembre ero di nuovo alla Casa Bianca . Alle dieci e mezzo entravo di nuovo nel suo ufficio e aprivo il registratore . Ma l ' intervista durò meno di un ' ora : fu interrotta cinque o sei volte da chiamate , telefonate in partenza e in arrivo , note presidenziali . Poi , proprio sul più bello , mentre lui denunciava l ' essenza inafferrabile del suo personaggio , uno dei telefoni squillò di nuovo . Era Nixon e : poteva il dottor Kissinger passare un attimo da lui ? Certo , signor presidente . Scattò in piedi , mi disse di aspettarlo , avrebbe cercato di darmi ancora un po ' di tempo , uscì dalla stanza , e non lo rividi più . All ' una del pomeriggio il suo assistente Dick Campbell venne tutto imbarazzato a spiegarmi che il presidente partiva per la California : il dottor Kissinger doveva partire con lui . Non sarebbe tornato a Washington prima di martedì sera , quando avrebbero incominciato lo spoglio dei voti , ma dubitava fortemente che potessi concludere l ' intervista in quei giorni . Se avessi potuto aspettare la fine di novembre , quando tante cose si sarebbero chiarite ... La fine di novembre era una data che lo stesso Kissinger s ' era lasciata scappare : così denunciando la sua convinzione ( o speranza ) di firmare l ' accordo entro le prossime tre settimane . Ma valeva la pena cercare la conferma di un ritratto che avevo già in mano ? Un ritratto che nasce da una confusione di linee , colori , risposte evasive , frasi reticenti , silenzi irritanti . Sul Vietnam , ovvio , non poteva dirmi di più e mi stupisco che abbia detto tanto : che quella guerra finisca o continui , dipende in fondo da lui , non può permettersi il lusso di compromettere tutto con una parola di più . Su se stesso però non aveva certi problemi e , tuttavia , ogni qualvolta gli rivolgevo una domanda precisa , si irrigidiva e sfuggiva come un ' anguilla . Un ' anguilla più ghiaccia del ghiaccio . Dio , che uomo ghiaccio . Per tutta l ' intervista non mutò mai quella espressione senza espressione , quello sguardo ironico o duro , non alterò mai il tono di quella voce monotona , triste , sempre uguale . L ' ago del registratore si sposta quando una parola è pronunciata in tono più alto o più basso . Con lui restò fermo e , più di una volta , detti un colpo di tosse per accertarmi che tutto funzionasse bene . Sai il rumore ossessionante , martellante , della pioggia che cade sul tetto ? La sua voce è così . E , in fondo , anche i suoi pensieri : mai turbati da un desiderio di fantasia , da un disegno di bizzarria , da una tentazione di errore . Tutto è calcolato in lui , controllato come nel volo di un aereo guidato dal pilota automatico . Pesa ogni frase , fino al milligrammo . Non gli scappa nulla che non intenda dire perché rientra nella meccanica di una utilità . Le Duc Tho deve aver sudato cento camicie in quei giorni e Thieu deve aver piegato la sua astuzia a una prova durissima . Henry Kissinger ha i nervi e il cervello di un giocatore di scacchi . Naturalmente troverai tesi che prendono in considerazione altri lati del suo personaggio : ad esempio , il fatto che sia inequivocabilmente un ebreo e irrimediabilmente un tedesco . Ad esempio il fatto che , come ebreo e come tedesco , trapiantato in un paese che guarda ancora con sospetto agli ebrei e ai tedeschi , si porti addosso un mucchio di modi , di contraddizioni , di risentimenti , e forse di umanità nascosta . Dimenticando che malgrado ciò siede in cima alla piramide , puoi anche trovare in lui gli elementi del personaggio che s ' innamora di Marlene Dietrich nel film L ' angelo azzurro . La sua debolezza per le donne gli è già costata un matrimonio : prima o poi , dicono , perderà la testa per una di quelle bellezze che se lo contendono solo perché si chiama Henry Kissinger e rende in pubblicità . È possibile . Però , ai miei occhi , egli resta il tipico eroe di una società dove tutto è possibile : perfino che un austero professore di Harvard , uso a scrivere barbosissimi libri di storia e saggi sul controllo dell ' energia atomica , divenga una specie di divo che governa insieme al presidente , una specie di playboy che assesta i rapporti fra le grandi potenze e interrompe le guerre , un enigma che si cerca di decifrare senza accorgersi che probabilmente non c ' è nulla o quasi nulla da decifrare . Perché , qui , anche l ' avventura si veste di grigio . Mi chiedo ciò che prova in questi giorni , dottor Kissinger . Mi chiedo se anche lei sia deluso come noi , come la maggior parte del mondo . È deluso , signor Kissinger ? Deluso ? E perché ? Cos ' è successo , in questi giorni , per cui dovrei esser deluso ? Una cosa non allegra , dottor Kissinger : malgrado lei avesse detto che la pace era « a portata di mano » , e malgrado avesse confermato che l ' accordo coi nordvietnamiti era stato raggiunto , la pace non è venuta . La guerra continua come prima e peggio di prima . La pace ci sarà . Siamo decisi ad averla e ci sarà . Ci sarà entro poche settimane e anche meno , cioè subito dopo la ripresa dei negoziati coi nordvietnamiti per l ' accordo definitivo . Così dissi dieci giorni fa e così ripeto . Sì , la pace avverrà in uno spazio di tempo ragionevolmente breve se Hanoi accetta un ' altra seduta prima di firmare l ' accordo , una seduta per definire i dettagli , e se l ' accetta nello stesso spirito e con lo stesso atteggiamento tenuto in ottobre . Quei « se » sono l ' unica incertezza degli ultimi giorni . Ma è un ' incertezza che non voglio nemmeno considerare : lei si lascia prendere dal panico e in queste cose non bisogna lasciarsi prendere dal panico . Neanche dall ' impazienza . Il fatto è che ... Insomma , per mesi abbiamo condotto questi negoziati e voi giornalisti non ci avete creduto . Avete continuato a dire che essi non avrebbero approdato a nulla . Poi , all ' improvviso , avete gridato alla pace già fatta e infine ora dite che i negoziati sono falliti . Così dicendo ci misurate la febbre ogni giorno , quattro volte al giorno . Ma la misurate dal punto di vista di Hanoi . E ... badi bene : io capisco il punto di vista di Hanoi . I nordvietnamiti volevano che noi firmassimo il 31 ottobre : il che era ragionevole e irragionevole insieme e ... No , non intendo polemizzare su questo . Ma vi eravate impegnati a firmare il 31 ottobre ! Io dico e ripeto che furono loro a insistere per questa data e che , per evitare un dibattito astratto su date che allora apparivano addirittura teoriche , dicemmo che avremmo fatto ogni sforzo per concludere i negoziati entro il 31 ottobre . Ma fu sempre chiaro , almeno per noi , che non avremmo potuto firmare un accordo in cui restavano da definire dettagli . Non avremmo potuto osservare una data solo perché , in buona fede , avevamo promesso di fare ogni sforzo per osservarla . Così a che punto siamo ? Al punto che quei dettagli restano da definire e che un nuovo incontro è indispensabile . Loro dicono che non è indispensabile , che non è necessario . Io dico che è indispensabile e che ci sarà . Ci sarà non appena i nordvietnamiti mi chiameranno a Parigi . Ma siamo soltanto al quattro novembre , oggi è il 4 novembre , e posso capire che i nord - vietnamiti non vogliano riprendere i negoziati pochi giorni dopo la data in cui avevano chiesto di firmare . Posso capire questo loro rinvio . Ma non è concepibile , almeno per me , che essi rifiutino un ' altra seduta . Proprio ora che abbiamo percorso il novanta per cento della strada e stiamo raggiungendo la meta . No , non sono deluso . Lo sarò , certo , se Hanoi vorrà rompere l ' accordo , se Hanoi vorrà rifiutare di discutere ogni modifica . Ma non posso crederci , no . Non posso neanche sospettare che si sia giunti così lontano per fallire su una questione di prestigio , di procedura , di date , di sfumature . Eppure hanno l ' aria d ' essersi proprio irrigiditi , dottor Kissinger . Sono tornati a un vocabolario duro , hanno fatto accuse pesanti , quasi insultanti per lei ... Oh , questo non significa nulla . È successo anche prima e non ci abbiamo mai dato peso . Direi che il vocabolario duro , le accuse pesanti , magari gli insulti rientrano nella normalità . Nell ' essenza , nulla è cambiato . Dopo martedì 31 ottobre , cioè da quando qui ci siamo calmati , voi continuate a chiederci se il malato è ammalato . Però io di malattie non ne vedo . E ritengo davvero che le cose si svolgeranno più o meno come affermo . La pace , ripeto , avverrà nel giro di poche settimane dopo la ripresa dei negoziati . Non nel giro di molti mesi . Nel giro di poche settimane . Ma quando riprenderanno i negoziati ? È questo il punto . Non appena Le Duc Tho vorrà rivedermi . Sto qui ad aspettare . Ma senza sentirmi inquieto , glielo assicuro . Perbacco ! Prima , fra incontro e incontro passavano due o tre settimane ! Non vedo perché ora ci si debba angosciare se passano giorni . La sola ragione del nervosismo che vi ha preso tutti è che la gente si chiede : « Ma questi negoziati riprenderanno ? » . Quando eravate cinici e non credevate che accadesse qualcosa , non vi accorgevate mai che il tempo passasse . Siete stati troppo pessimisti all ' inizio , poi troppo ottimisti dopo la mia conferenza - stampa , e ora siete di nuovo troppo pessimisti . Non volete mettervi in testa che tutto sta procedendo come io ho sempre pensato dal momento in cui ho detto che la pace era a portata di mano . Allora calcolai un paio di settimane , mi sembra . Ma anche se dovessero essere di più ... Basta , non voglio parlare più del Vietnam . Non posso permettermelo , in questo momento . Ogni parola che dico diventa notizia . Alla fine di novembre forse ... Senta , perché non ci vediamo alla fine di novembre ? Perché è più interessante ora , dottor Kissinger . Perché Thieu , per esempio , l ' ha sfidata a parlare . Legga questo ritaglio del « New York Times » . Porta la frase di Thieu : « Chiedetelo a Kissinger quali sono i punti che ci dividono , quali sono i punti che non accetto » . Mi faccia leggere ... Ah ! No , non gli risponderò . Non terrò conto di questo invito . Ha già risposto lui , dottor Kissinger . Lo ha già detto lui che il punto dolente nasce dal fatto che , secondo l ' accordo da lei accettato , le truppe nordvietnamite resteranno nel Vietnam del Sud . Dottor Kissinger , crede che riuscirà mai a convincere Thieu ? Crede che l ' America dovrà firmare con Hanoi separatamente ? Non me lo chieda . Io devo attenermi a ciò che ho detto pubblicamente dieci giorni fa ... Non posso , non devo considerare un ' ipotesi che penso non si verificherà . Un ' ipotesi che non deve verificarsi . Io posso dirle soltanto che noi siamo determinati a fare questa pace , e che la faremo comunque , nel più breve tempo possibile dopo il mio nuovo incontro con Le Duc Tho . Thieu può dire ciò che vuole . È affar suo . Dottor Kissinger , se le mettessi una rivoltella alla tempia e le ingiungessi di scegliere tra una cena con Thieu e una cena con Le Duc Tho ... chi sceglierebbe ? Non posso rispondere a questa domanda . E se vi rispondessi io dicendo : mi piace pensare che lei andrebbe più volentieri a cena con Le Duc Tho ? Non posso , non posso ... non voglio rispondere a questa domanda . Può rispondere a questa domanda allora : le è piaciuto Le Duc Tho ? Sì . L ' ho trovato un uomo molto dedicato alla sua causa , molto serio , molto forte , e sempre cortese , educato . Talvolta anche assai duro , anzi difficile da trattare : ma questa è una cosa che ho sempre rispettato in lui . Sì , io rispetto molto Le Duc Tho . Naturalmente il nostro rapporto è stato molto professionale ma credo ... credo di aver avvertito una certa dolcezza dietro alle sue spalle . E vero , ad esempio , che a momenti riuscivamo perfino a scherzare . Dicevamo che un giorno io sarei andato a insegnare relazioni internazionali all ' Università di Hanoi e che lui sarebbe venuto a insegnare marxismo - leninismo all ' Università Harvard . Be ' , definirei buoni i nostri rapporti . Direbbe la stessa cosa per Thieu ? Anche con Thieu avevo buoni rapporti . Prima ... Già , prima . I sudvietnamiti l ' hanno detto che non vi siete salutati come i migliori amici . Che hanno detto ? Sì . Affermerebbe il contrario , dottor Kissinger ? Ecco ... Certo avevamo e abbiamo i nostri punti di vista . E non necessariamente gli stessi punti di vista . Dunque diciamo che ci siamo salutati da alleati , io e Thieu . Dottor Kissinger , che Thieu fosse un osso più duro di quanto si credeva è ormai dimostrato . Dunque , anche nei riguardi di Thieu , sente di aver fatto tutto ciò che v ' era da fare oppure spera di poter fare ancora qualcosa ? Insomma , si sente ottimista sul problema Thieu ? Sì che mi sento ottimista ! Ho ancora qualcosa da fare ! Molto da fare ! Non ho affatto finito , non abbiamo affatto finito ! E non mi sento impotente . Non mi sento scoraggiato . Affatto . Mi sento pronto , fiducioso . Ottimista . Se non posso parlare di Thieu , se non posso dirle ciò che stiamo facendo a questo punto delle trattative , ciò non significa che mi appresti a perdere la fiducia di sistemare ogni cosa entro il tempo che dico . Ecco perché è inutile che Thieu chieda a voi giornalisti di farmi definire i punti su cui non ci troviamo d ' accordo . È così inutile che non mi innervosisco neanche a tale richiesta . Del resto io non sono un tipo che si lascia trascinare dalle emozioni . Le emozioni non servono a niente . Meno che a tutto servono a raggiunger la pace . Ma chi muore , chi sta morendo , ha fretta , dottor Kissinger . Sui giornali di stamane c ' era una fotografia tremenda : quella di un giovanissimo vietcong morto due giorni dopo il 31 ottobre . E poi c ' era una notizia tremenda : quella dei 22 americani morti sull ' elicottero abbattuto da una granata vietcong , tre giorni dopo il 31 ottobre . E mentre lei condanna la fretta , il dipartimento americano della Difesa invia nuove armi e nuove munizioni a Thieu , Hanoi fa lo stesso . Quello era inevitabile . Succede sempre prima di un cessate il fuoco . Non ricorda le manovre che avvennero nel Medio Oriente al momento del cessate il fuoco ? Durarono almeno due anni . Sa , il fatto che noi si mandi altre armi a Saigon e che Hanoi mandi altre armi ai nordvietnamiti installati nel Sud Vietnam non significa nulla . Nulla . Nulla . E non mi faccia parlare ancora del Vietnam , la prego . Non vuol parlare neanche del fatto che , secondo molti , l ' accordo accettato da lei e da Nixon sia praticamente un atto di resa ad Hanoi ? È un ' assurdità ! È un ' assurdità dire che il presidente Nixon , un presidente che dinanzi all ' Unione Sovietica e alla Cina comunista e in vista delle sue stesse elezioni ha assunto un atteggiamento di assistenza e di difesa per il Sud Vietnam contro ciò che egli considerava un ' invasione nordvietnamita ... è un ' assurdità pensare che un simile presidente possa arrendersi ad Hanoi . E perché dovrebbe arrendersi proprio ora ? Ciò che noi abbiamo fatto non è stato arrenderci . È stato dare al Sud Vietnam un ' opportunità di sopravvivere in condizioni che sono , oggi , più politiche che militari . Ora tocca ai sudvietnamiti vincere la gara politica che li attende . Come abbiamo sempre detto . Se lei paragona l ' accordo accettato con le nostre proposte dell'8 maggio , si accorge che si tratta quasi della stessa cosa . Non vi sono grosse differenze tra ciò che noi proponemmo lo scorso maggio e ciò che lo schema dell ' accordo accettato contiene . Non abbiamo posto nuove clausole , non abbiamo fatto altre concessioni . Respingo totalmente e assolutamente il giudizio della « resa » . Ma , e ora basta davvero parlare del Vietnam . Parliamo di Machiavelli , di Cicerone , di tutto fuorché del Vietnam . Parliamo della guerra , dottor Kissinger . Lei non è pacifista , vero ? No , non credo proprio di esserlo . Anche se rispetto i pacifisti genuini , non sono d ' accordo con nessun pacifista e in particolare coi pacifisti a metà : sa , quelli che sono pacifisti da una parte e tutt ' altro che pacifisti dall ' altra . I soli pacifisti con cui accetto di parlare sono coloro che sopportano fino in fondo le conseguenze della non violenza : ma anche con loro ci parlo volentieri solo per dirgli che saranno schiacciati dalla volontà dei più forti e che il loro pacifismo può portarli soltanto a orribili sofferenze . La guerra non è un ' astrazione , è qualcosa che dipende dalle condizioni . La guerra contro Hitler , ad esempio , era necessaria . Con ciò non voglio dire che la guerra sia di per sé necessaria , che le nazioni debbono farla per mantenere la loro virilità . Voglio dire che esistono princìpi per i quali le nazioni devono essere preparate a combattere . E della guerra in Vietnam cosa ha da dirmi , dottor Kissinger ? Lei non è mai stato contro la guerra in Vietnam , mi pare . Come avrei potuto ? Neanche prima di avere la posizione che ho oggi ... No , non sono mai stato contro la guerra in Vietnam . Ma non trova che Schlesinger abbia ragione quando dice che la guerra in Vietnam è riuscita solo a provare come mezzo milione di americani con tutta la loro tecnologia fossero incapaci di sconfiggere uomini male armati e vestiti di un pigiama nero ? Questo è un altro problema . Se è un problema che la guerra in Vietnam sia stata necessaria , una guerra giusta , piuttosto che ... Giudizi del genere dipendono dalla posizione che uno assume quando il paese è già coinvolto nella guerra e non resta che da concepire il metodo per tirarlo fuori . Dopo tutto , il mio , il nostro ruolo è stato quello di ridurre sempre di più la misura in cui l ' America era coinvolta nella guerra , e poi finire la guerra . In ultima analisi la storia dirà chi ha fatto di più : se coloro che hanno lavorato criticando e basta o noi che abbiamo tentato di ridurre la guerra e poi l ' abbiamo finita . Sì , il giudizio spetta ai posteri . Quando un paese è coinvolto in una guerra non basta dire : bisogna finirla . Bisogna finirla con criterio . E questo è ben diverso dal dire che entrare in quella guerra fu giusto . Ma non trova , dottor Kissinger , che sia stata una guerra inutile ? Su questo posso essere d ' accordo . Ma non dimentichiamo che la ragione per cui entrammo in quella guerra fu per impedire che il Sud fosse mangiato dal Nord , fu per permettere che il Sud restasse al Sud . Naturalmente con ciò non voglio dire che il nostro obbiettivo fosse solo questo ... Fu anche qualcosa di più ... Ma oggi io non sono nella posizione di giudicare se la guerra in Vietnam sia stata giusta o no , se entrarci sia stato utile o inutile . Ma stiamo ancora parlando del Vietnam ? Sì . E , sempre parlando del Vietnam , crede di poter dire che questi negoziati sono stati e sono l ' impresa più importante della sua carriera e magari della sua vita ? Sono stati l ' impresa più difficile . Spesso anche la più dolorosa . Ma forse non è neanche giusto definirli l ' impresa più difficile : è più esatto dire che sono stati l ' impresa più dolorosa . Perché mi hanno coinvolto emotivamente . Vede , avvicinarsi alla Cina è stato un lavoro intellettualmente difficile ma non emotivamente difficile . La pace in Vietnam invece è stato un lavoro emotivamente difficile . Quanto a definire quei negoziati come la cosa più importante che ho fatto ... No , ciò che io volevo raggiungere non era soltanto la pace in Vietnam : erano tre cose . Quest ' accordo , l ' avvicinamento alla Cina e un nuovo rapporto con l ' Unione Sovietica . Io ho sempre tenuto molto al problema di un rapporto nuovo con l ' Unione Sovietica . Direi non meno che all ' avvicinamento alla Cina e alla fine della guerra in Vietnam . E ce l ' ha fatta . È riuscito il colpo della Cina , è riuscito il colpo della Russia , è quasi riuscito il colpo della pace in Vietnam . Così a questo punto le chiedo , dottor Kissinger , ciò che chiedevo agli astronauti quando andavano sulla Luna : « What after that ? Cosa farai dopo la Luna , cosa potrai fare di più del tuo mestiere di astronauta ? » . Ah ! E cosa le rispondevano gli astronauti ? Restavano confusi e mi rispondevano : « Vedremo ... Non lo so » . Anch ' io . Non lo so proprio cosa farò dopo . Però , contrariamente agli astronauti , non ne resto confuso . Nella mia vita io ho sempre trovato tante cose da fare e son certo che quando avrò lasciato questo posto ... Naturalmente avrò bisogno di un periodo di recupero , di un periodo di decompressione : non ci si può trovare nella posizione in cui mi trovo io , poi abbandonarla e incominciare subito qualcos ' altro . Però , una volta decompresso , son sicuro di trovare un ' attività per cui valga la pena . Non ci voglio pensare ora : influenzerebbe le mie ... il mio lavoro . Stiamo attraversando un periodo così rivoluzionario che pianificare la propria vita , oggigiorno , è un atteggiamento da piccoli borghesi del 1800 . Tornerebbe a insegnare ad Harvard ? Potrei . Ma è molto , molto improbabile . Ci sono cose più interessanti : e se , con tutte le esperienze che ho avuto , non trovassi un modo di mantenermi una vita interessante ... sarà proprio colpa mia . Del resto , non ho mica ancora deciso di lasciare questo lavoro . Mi piace molto , sa ? Certo . Il potere è sempre seducente . Dottor Kissinger , in quale misura il potere l ' affascina ? Cerchi d ' esser sincero . Lo sarò . Vede , quando si ha in mano il potere , e quando lo si ha in mano per un lungo periodo di tempo , si finisce per considerarlo come qualcosa che ci spetta . Io sono certo che , quando lascerò questo posto , avvertirò la mancanza del potere . Tuttavia il potere come strumento fine a se stesso non ha alcun fascino sopra di me . Io non mi sveglio ogni mattina dicendo perbacco , non è straordinario che possa avere a mia disposizione un aereo , che un ' automobile con l ' autista mi attenda dinanzi alla porta ? Ma chi l ' avrebbe detto che sarebbe stato possibile ? No , un discorso simile non mi interessa . E , se mi capita di farlo , non diviene certo un elemento determinante . Ciò che mi interessa è quello che si può fare con il potere . Si possono fare cose splendide , creda ... Comunque non è stata la ricerca del potere a spingermi verso questo lavoro . Se esamina il mio passato politico , scopre che il presidente Nixon non poteva rientrare nei miei piani . Sono stato contro di lui in ben tre elezioni . Lo so . Una volta ha persino dichiarato che Nixon « non era adatto a fare il presidente » . Le capita mai , dottor Kissinger , di sentirsi imbarazzato per questo con Nixon ? Io non ricordo le parole esatte che posso aver pronunciato contro Richard Nixon . Ma suppongo di aver detto più o meno a quel modo dal momento che si continua a ripeter la frase tra virgolette . Se l ' ho detto , comunque , ciò fornisce la prova che Nixon non faceva parte dei miei piani di scalata al potere . E quanto al fatto di sentirmi imbarazzato con lui ... No , non lo conoscevo , ecco tutto . Verso di lui avevo l ' atteggiamento convenzionale degli intellettuali , ecco tutto . Io avevo torto . Il presidente Nixon ha dimostrato una grande forza , una grande abilità . Anche nel chiamarmi . Non l ' avevo mai avvicinato quando mi offrì questo lavoro . Io ne rimasi sbalordito . Dopo tutto egli conosceva la scarsa amicizia e la poca simpatia che avevo sempre mostrato per lui . Oh , sì : dette prova di grande coraggio a chiamarmi . Non ci ha rimesso , dottor Kissinger . Fuorché nell ' accusa che oggi viene rivolta a lei : quella d ' essere la balia mentale di Nixon . È un ' accusa totalmente priva di senso . Non dimentichiamo che , prima di conoscermi , il presidente Nixon era stato molto attivo in politica estera . Essa era sempre stata il suo interesse divorante . Già prima che egli venisse eletto era risultato come la politica estera fosse per lui una questione importantissima . Ha idee molto chiare in proposito . È un uomo forte . Del resto , non si diventa presidenti degli Stati Uniti , non si è nominati due volte candidati presidenziali , non si sopravvive così a lungo in politica , se si è un uomo debole . Del presidente Nixon lei può pensar quel che vuole , ma una cosa è certa : non si diventa presidente due volte perché si è lo strumento di qualcun altro . Certe interpretazioni sono romantiche e ingiuste . Gli è molto affezionato , dottor Kissinger ? Ho un gran rispetto per lui . Dottor Kissinger , la gente dice che a lei non importa nulla di Nixon . Dice che a lei preme fare questo mestiere e basta . Dice che l ' avrebbe fatto con qualsiasi presidente . Io non sono affatto sicuro , invece , che avrei potuto fare con un altro presidente ciò che ho fatto con lui . Un rapporto così particolare , voglio dire il rapporto che c ' è tra me e il presidente , dipende sempre dallo stile dei due uomini . In altre parole , non conosco molti leader , e ne ho conosciuti parecchi , che avrebbero il coraggio di mandare il loro assistente a Pechino senza dirlo a nessuno . Non conosco molti leader che lascerebbero al loro assistente il compito di negoziare coi nordvietnamiti , di ciò informando solo un minuscolo gruppo di persone . Davvero , certe cose dipendono dal tipo di presidente , ciò che ho fatto è stato possibile perché me lo ha reso possibile lui . Eppure lei fu consigliere anche di altri presidenti . Anzi di presidenti avversari a Nixon . Parlo di Kennedy , Johnson ... La mia posizione verso tutti i presidenti è sempre stata quella di lasciare a loro il compito di decidere se volevano o non volevano conoscere il mio parere . Quando me lo chiedevano , io glielo davo : dicendo a tutti , indiscriminatamente , ciò che pensavo . Non me ne è mai importato del partito cui essi appartenevano . Ho risposto con la stessa indipendenza alle domande di Kennedy , di Johnson , di Nixon . Ho dato loro gli stessi consigli . Con Kennedy fu più difficile , è vero . Infatti si usa dire che non andavo troppo d ' accordo con lui . Be ' ... sì : sostanzialmente fu colpa mia . A quel tempo ero troppo più immaturo di adesso . E poi ero un consigliere a tempo perso , non si può influenzare la politica giornaliera di un presidente se lo vedi due volte la settimana mentre gli altri lo vedono sette giorni la settimana . Voglio dire ... con Kennedy e con Johnson io non fui mai in una posizione paragonabile a quella che ho adesso con Nixon . Nessun machiavellismo , dottor Kissinger ? No , nessuno . Perché ? Perché in alcuni momenti , ascoltandola , vien fatto di chiedersi non quanto lei abbia influenzato il presidente degli Stati Uniti ma quanto Machiavelli abbia influenzato lei . In nessun modo . V ' è davvero molto poco , nel mondo contemporaneo , che si possa accettare o usare di Machiavelli . In Machiavelli io trovo interessante soltanto il suo modo di considerare la volontà del principe . Interessante , ma non al punto di influenzarmi . Se vuoi sapere chi mi ha influenzato di più , le rispondo coi nomi di due filosofi : Spinoza e Kant . Sicché è curioso che lei scelga di associarmi a Machiavelli . La gente mi associa piuttosto al nome di Metternich . Il che addirittura è infantile . Su Metternich io ho scritto soltanto un libro che doveva essere l ' inizio di una lunga serie di libri sulla costruzione e la disintegrazione dell ' ordine internazionale nel diciannovesimo secolo . Era una serie che doveva concludersi con la Prima guerra mondiale . Tutto qui . Non può esserci nulla in comune tra me e Metternich . Lui era cancelliere e ministro degli Esteri in un periodo in cui , dal centro dell ' Europa , ci volevano tre settimane per andare da un continente all ' altro . Era cancelliere e ministro degli Esteri in un periodo in cui le guerre erano fatte da militari di professione e la diplomazia era nelle mani degli aristocratici . Come si può paragonare ciò col mondo d ' oggi , un mondo dove non esiste nessun gruppo omogeneo di leader , nessuna situazione interna omogenea , nessuna realtà culturale omogenea ? Dottor Kissinger , ma come spiega l ' incredibile divismo che la distingue , come spiega il fatto d ' essere quasi più famoso e popolare di un presidente ? Ha una tesi su questa faccenda ? Sì , ma non gliela dirò . Perché non coincide con la tesi dei più . La tesi dell ' intelligenza ad esempio . L ' intelligenza non è poi così importante nell ' esercizio del potere e , spesso , addirittura non serve . Allo stesso modo di un capo di Stato , un tipo che fa il mio mestiere non ha bisogno d ' essere troppo intelligente . La mia tesi è completamente diversa ma , le ripeto , non gliela dirò . Perché dovrei , finché sono nel mezzo del mio lavoro ? Mi dica piuttosto la sua . Sono certo che anche lei ha una tesi sui motivi della mia popolarità . Non ne sono certa , dottor Kissinger . Sto cercandola , una tesi , attraverso questa intervista . E non la trovo . Suppongo che alla radice di tutto vi sia il successo . Voglio dire : come a un giocatore di scacchi , le sono andate bene due o tre mosse . La Cina anzitutto . Alla gente piace chi gioca a scacchi e si mangia il re . Sì , la Cina è stata un elemento importantissimo nella meccanica del mio successo . E tuttavia il punto principale non è quello . Il punto principale ... Ma sì , glielo dirò . Tanto che me ne importa ? Il punto principale nasce dal fatto che io abbia sempre agito da solo , Agli americani ciò piace immensamente . Agli americani piace il cow - boy che guida la carovana andando avanti da solo sul suo cavallo , il cowboy che entra tutto solo nella città , nel villaggio , col suo cavallo e basta . Magari senza neanche una rivoltella perché lui non spara . Lui agisce e basta : dirigendosi nel posto giusto al momento giusto . Insomma , un western . Ho capito . Lei si vede come una specie di Henry Fonda disarmato e pronto a menar botte per onesti ideali . Solitario , coraggioso ... Non necessariamente coraggioso . Infatti a questo cow - boy non serve essere coraggioso . Gli basta e gli serve essere solo : dimostrare agli altri che entra in città e fa tutto da solo . Questo personaggio romantico , stupefacente , mi si addice proprio perché esser solo ha sempre fatto parte del mio stile o , se preferisce , della mia tecnica . Insieme all ' indipendenza . Oh , quella è molto importante in me e per me . Infine , la convinzione . Io sono sempre convinto di dover fare quello che faccio . E la gente lo sente , ci crede . E io ci tengo al fatto che mi creda : quando si commuove o si conquista qualcuno , non lo si deve imbrogliare . Non si può nemmeno calcolare e basta . Alcuni credono che io progetti con cura quali saranno le conseguenze , sul pubblico , di una mia iniziativa o di una mia fatica . Credono che tale preoccupazione non abbandoni la mia mente . Invece le conseguenze di ciò che faccio , voglio dire il giudizio del pubblico , non mi hanno mai tormentato . Io non chiedo popolarità , non cerco popolarità . Anzi , se vuoi proprio saperlo , non me ne importa nulla della popolarità . Non ho affatto paura di perdere il mio pubblico , posso permettermi di dire ciò che penso . Sto alludendo alla genuinità che v ' è in me . Se io mi lasciassi turbare dalle reazioni del pubblico , se mi muovessi spinto soltanto da una tecnica calcolata , non combinerei nulla . Guardi gli attori : quelli veramente buoni non si servono solo della tecnica . Recitano allo stesso tempo seguendo una tecnica e la loro convinzione . Sono genuini come me . Non dico che tutto ciò debba durare per sempre . Anzi , può evaporare con la stessa velocità con cui è venuto . Tuttavia per ora c ' è . Sta forse dicendomi che lei è un uomo spontaneo , dottor Kissinger ? Mio dio : se metto da parte Machiavelli , il primo personaggio con cui mi viene naturale associarla è quello di un matematico freddo , controllato fino allo spasimo . Mi sbaglierò , ma lei è un uomo molto freddo , dottor Kissinger . Nella tattica , non nella strategia . Infatti credo più nei rapporti umani che nelle idee . Uso le idee ma ho bisogno di rapporti umani , come ho dimostrato nel mio lavoro . Ciò che mi è successo , in fondo , non mi è successo per caso ? Perbacco , io ero un professore totalmente sconosciuto . Come potevo dire a me stesso : « Ora manovro le cose in modo da diventare internazionalmente famoso » ? Sarebbe stata pura follia . Volevo essere dove accadono le cose , sì , ma non ho mai pagato un prezzo per esserci . Non ho mai fatto concessioni . Mi son sempre lasciato guidare dalle decisioni spontanee . Uno potrebbe dire : allora è successo perché doveva succedere . Si dice sempre così quando le cose sono successe . Non si dice mai così delle cose che non succedono : non è mai stata scritta la storia delle cose non successe . In un certo senso , però , io sono un fatalista . Credo nel destino . Sono convinto , sì , che ci si debba battere per raggiungere uno scopo . Ma credo anche che vi siano limiti alla lotta che l ' uomo può fare per raggiungere uno scopo . Un ' altra cosa , dottor Kissinger : ma come fa a mettere insieme le tremende responsabilità che si è assunto e la frivola reputazione di cui gode ? Come fa a farsi prendere sul serio da Mao Tse - tung , da Ciu En - lai , da Le Duc Tho , e poi farsi giudicare come uno spensierato seduttore di donne o addirittura un playboy ? Non la imbarazza ? Nient ' affatto . Perché dovrebbe imbarazzarmi quando vado a negoziare con Le Duc Tho ? Quando parlo con Le Duc l ' ho so cosa devo fare con Le Duc Tho e quando sono con le ragazze so cosa devo fare con le ragazze . D ' altronde , Le Duc Tho non accetta mica di negoziare con me perché rappresento un esempio di pura rettitudine . Accetta di negoziare con me perché vuole alcune cose da me allo stesso modo in cui io voglio alcune cose da lui . Guardi , nel caso di Le Duc Tho , come nel caso di Ciu En - lai e di Mao Tse - tung , io penso che la reputazione di playboy mi sia stata e mi sia utile perché ha servito e serve a rassicurare la gente . A dimostrarle che io non sono un pezzo da museo . Comunque , quella reputazione da frivolo mi diverte . E pensare che io la ritenevo una reputazione immeritata , insomma una messa in scena più che una verità . Be ' , in parte è esagerata : ovvio . Ma in parte , ammettiamolo , è vera . Ciò che conta non è in quale misura sia vera o in quale misura io mi dedichi alle donne . Ciò che conta è in quale misura le donne facciano parte della mia vita , ne siano una preoccupazione centrale . Ebbene , non lo sono per niente . Per me le donne sono soltanto un divertimento , un hobby . Nessuno dedica tempo eccessivo agli hobby . E che io dedichi loro un tempo limitato si capisce dando un ' occhiata alla mia agenda . Le dirò di più : non di rado preferisco vedere i miei due bambini . Li vedo spesso , infatti , sebbene non come prima . Di regola ci passo insieme il Natale , le feste importanti , diverse settimane in estate , e vado a Boston una volta al mese . Per trovarli . Certo sa che sono divorziato da anni . No , il fatto d ' essere divorziato non mi pesa . Il fatto di non vivere coi miei bambini non mi dà complessi di colpevolezza . Dal momento che il mio matrimonio era finito , e non finito per colpa dell ' uno o dell ' altra , non c ' era ragione di rinunciare al divorzio . Del resto sono molto più vicino ai miei figli ora di quanto lo fossi quando ero marito della loro madre . Sono anche molto più felice , ora , con loro . Lei è contro il matrimonio , dottor Kissinger ? No . Quello del matrimonio o non matrimonio è un dilemma che può risolversi come questione di principio . Potrebbe accadere che mi risposassi ... sì che potrebbe accadere . Però , sa : quando si è persone serie come lo sono io , dopotutto , coesistere con qualcun altro e sopravvivere a tale coesistenza è molto difficile . II rapporto tra una donna e un tipo come me è inevitabilmente così complesso ... Bisogna andar cauti . Oh , mi è difficile spiegare queste cose . Io non sono una persona che si confida coi giornalisti . L ' ho capito , dottor Kissinger . Non ho mai intervistato qualcuno che sfuggisse come lei alle domande e alle definizioni precise , nessuno che si difendesse come lei dall ' altrui tentativo di penetrare la sua personalità . È timido , lei , dottor Kissinger ? Sì . Abbastanza . Però in compenso credo d ' essere assai equilibrato . Vede , c ' è chi mi dipinge come un personaggio tormentato , misterioso , e chi mi dipinge come un tipo quasi allegro che sorride sempre , ride sempre . Entrambe le immagini sono inesatte . Io non sono né l ' uno né l ' altro . Sono ... Non le dirò cosa sono . Non lo dirò mai a nessuno .
Permettete (o no?) questo splendido tango? ( Del Buono Oreste , 1973 )
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Ultimo tango a Parigi non è bello . È splendido . E , scritto questo a proposito del film con cui Bernardo Bertolucci si consacra irresistibilmente e irriverentemente maestro tra i maestri del cinema , potrei anche passare ad altro più futile argomento . Perché ( non lo scopro mica adesso ) scrivere male di qualcosa o qualcuno è facile , scriverne bene è difficile . Comunque , in tal caso mancherei di gratitudine . È per pura gratitudine che continuo la mia noterella Per pura gratitudine di questa gran cosa che è Ultimo tango a Parigi . Film disperato , ma anche gioioso . Film delirante , ma anche rigoroso . Film provocatorio , ma anche candido . Film letterario , ma anche autentico . Film osceno , ma anche onesto . Film compiuto , ma anche indefinito . Film gioioso , ma anche disperato . Film rigoroso , ma anche delirante . Film candido , ma anche provocatorio . Film autentico , ma anche letterario . Film onesto , ma anche osceno . Film indefinito , ma anche compiuto . Dunque , un americano a Parigi . Ma non l ' americano di Gershwin tutto vezzi e lezi , casomai , di più , l ' americano di Miller ( l ' unico Miller da me riconosciuto , ovvero Henry ) tutto vizi e lazzi . E con la insaziabile golosità sessuale dell ' americano di Miller diventata con il mutar degli anni e dei mondi furiosa cupidigia sessuale , la battaglia prima della resa all ' impotenza , già in qualche modo la celebrazione dell ' impotenza nell ' esasperazione della potenza . In questo vagabondo americano smarrito ciel labirinto delle proprie viscere s ' imbatte una francese di Renoir ( Pierre - Auguste , non vorrei che equivocaste ) e di Maupassant insieme , tutta carne e curiosità , insomma , tutta frivolezza ed egoismo . Il primo incontro nella terra di nessuno di uno squallido appartamento da affittare diventa subito amplesso . Poche parole , e neppure parole , qualche storpiatura francese di Brando , qualche storpiatura inglese di Schneider , e sono già avvinghiati a sbattersi tra pareti , finestre e tende , ancora vestiti , lasciando le nudità da scoprire in seguito . Un corpo a corpo ferino , naturale , sincero . Le complicazioni verranno dopo , insieme con la nudità , verranno dal tentativo di ripetere , rinnovare , riaccendere i rapporti , confinando fuori della porta il passato , appagandosi dei nomi propri Paul e Jeanne e dei propri corpi , unico presente da martoriare in un ' ansia non direi tanto di conquista del futuro quanto di contestazione del futuro , come ricatto sul presente . Ma il passato , si sa , è tenace . Non rinuncia a filtrare nel presente e alla fine , si sa purtroppo , è sempre il passato a condizionare il futuro , anzi a sostituirsi al futuro , a rivelarsi il futuro stesso . Il passato nelle smagliature degli amplessi apre ammiccamenti e folgorazioni , la disperazione di Paul per il suicidio inspiegabile della moglie infedele , gerente di un albergo a ore , la frustrazione di Jeanne per la memoria del padre colonnello morto in una guerra ingiusta . Ammiccamenti e folgorazioni infittiscono e inaspriscono , anche se il rito sessuale celebra i suoi eccessi ( ma perché poi eccessi ? Cosa ci può essere di eccessivo in amore ? L ' amore non è eccesso in partenza , altrimenti che cavolo di amore è ? ) . Così sopravviene la tragedia . Ovvero la banalità . Paul decide di ricominciare da zero con Jeanne , presentandolesi e proponendolesi . Jeanne decide di lasciare l ' amante per sposare il fidanzato Tom , un imbecille teleregista con pruriti di cinefalsità . Le ferite d ' amore non sono mai mortali , le ferite di banalità sono sempre incurabili . Paul rincorre Jeanne sino in casa di lei , e Jeanne uccide Paul con la rivoltella d ' ordinanza del padre . Poi comincia a balbettare , rinfrancandosi sempre più , l ' attendibilissima autodifesa : uno sconosciuto l ' ha seguita , ha cercato di violentarla , le restava altro da fare ? Il sommario riassunto non rende giustizia a Ultimo tango a Parigi . In mezzo a questi pochi movimenti c ' è , infatti , tutto il film e il film è un capolavoro . Un capolavoro di Bernardo Bertolucci . Mi pento di aver fatto anche quelle calve citazioni all ' inizio , Gershwin e Miller , Renoir e Maupassant , citazioni francamente inutili ( non riuscirò a convincere nessuno , soprattutto me stesso , di possedere un minimo di cultura ) . Ultimo tango a Parigi è , infatti , opera talmente e magistralmente personale che la segnaletica nozionistica non attacca . Insomma , un film dopo la cui visione non sarete gli stessi di prima , vi sia piaciuto o non vi sia piaciuto , scommettiamo ? Brando e Schneider si amano in tutti i modi considerati naturali e innaturali , meno uno ( casomai , ecco , è l ' unica lacuna da me riscontrata nel film , ma forse l ' allusione c ' è ) . La scena , ovviamente , di cui più si parlerà è quella del burro spalmato sull ' affettuoso popò di Schneider , e delle relative conseguenze . Ebbene , consideratela un test . Un test del vostro tasso d ' intelligenza e di sensibilità . Lì Bernardo Bertolucci vi aspetta per assolvervi o condannarvi dall ' imputazione di essere dei cretini . Persino io ( che sono cretino recidivo e ormai non posso neppure usufruire della condizionale ) me ne sono accorto , e mi trattengo dal somministrarvi l ' ennesima applicazione della famigerata barzelletta del tedesco : « Potere fare tutto questo con markarina , ja ?...» . Persino io . La Schneider nelle scene d ' amore ( in quasi ogni fotogramma del film , dunque ) è deliziosa , una rivelazione . Il suo sorriso , la sua adesione , il suo palese divertimento aiutano Brando a ottenere la migliore interpretazione dal tempo di Un tram che si chiama Desiderio . Ecco un attore da me detestato trasformarsi in un arcangelo irresistibile per bravura , fascino , suggestione . Ne sono felice . Gli perdono persino di dichiarare a un certo punto quarantacinque anni invece di quelli che ha ( essendo mio coetaneo ) . Del resto , Bernardo Bertolucci mi ha detto che la colpa della sottrazione è sua , è stato lui a suggerirla a Brando . La colpa di Ultimo tango a Parigi è , lo ripeto , tutta di Bernardo Bertolucci . Il merito straordinario , incontestabile .
È semplice, basta allenarsi poco ( Vaccari Lanfranco , 1984 )
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L ' uomo che gli dèi hanno scelto per celebrare Olimpia '84 cominciò a correre nel giardino di casa a Willingboro , New Jersey . Da un capo all ' altro del prato erano i 100 metri . Il giro della villetta i 200 . La pertica sorretta da due sedie , il salto in alto . E il primo salto in lungo avvenne sopra i castelli di sabbia che lui e sua sorella Carol avevano costruito dov ' erano stati ammassati i materiali per riparare il patio . Aveva otto avversari , tutti compagni delle elementari , come lui figli della media borghesia negra . Fra una settimana , al Memorial Coliseum di Los Angeles , Carl Lewis avrà un solo avversario : la storia . Correrà e salterà per ripetere l ' impresa di Jesse Owens , che nel 1936 a Berlino vinse 100 metri , 200 metri , staffetta 4x100 e salto in lungo . In questi cinquant ' anni mai nessun avvenimento sportivo era stato atteso con maggiore trepidazione , mai un numero tanto alto di persone ( in due miliardi lo vedranno per televisione ) si era dato appuntamento per vedere nascere un mito . E se non ci riuscisse ? Se qualcuno in qualche modo , in qualche gara , lo battesse ? « Tutti sono convinti che per me sarebbe la fine » dice . « Invece non sono per nulla spaventato . Potrei perdere e avere lo stesso tanta pubblicità da fare poi quel che voglio . I titoli dei giornali , anche in quel caso , sarebbero su di me . Direbbero : Lewis fa flop . Ma anche in quel caso , in autunno , io girerò un film . Comunque diventerò ricco . Comunque farò meglio degli altri , anche senza l ' atletica leggera . Perché io non pongo limiti a me stesso , non sono vulnerabile a nulla . » A 23 anni ha già fatto esaurire ai cronisti tutto il repertorio dei superlativi : non c ' è aggettivo che non sia stato usato nel tentativo di definirlo , non c ' è immagine retorica che non sia stata costruita nel tentativo di ingabbiarlo in una casella comprensibile agli umani . Ma cercare di tradurre il suo sforzo atletico in parole è fatica vana . Anche perché le solite iperboli non chiariscono il mistero , non spiegano che cosa lo fa saltare più lontano e correre più veloce . « Non c ' è mistero » dice lui tranquillo . « Almeno non per me . Io faccio poche fondamentali cose . C ' è un solo modo di allenarsi : quello giusto . C ' è un solo modo di correre e saltare : quello giusto . C ' è un solo modo di gareggiare : quello giusto . Quindi niente di misterioso , solo molto lavoro . » Lui ha cominciato presto , a 8 anni . I suoi primi allenatori sono i genitori , in gioventù atleti più che decorosi : la madre negli ostacoli , il padre nel mezzofondo . Lui però non cresce , a 14 anni il torace è esile , le gambe sono poco più che ossa sottili , neppure lunghe . Finché d ' improvviso , a 15 anni , si allunga di sette centimetri in meno di due mesi . Alla fine del 1977 corre già le 100 yard in 9.3 e salta sette metri . Ma è ancora e soltanto un ragazzino che corre e salta , sia pure dotato . Atleta lo diventa l ' anno dopo , l ' ultimo del liceo . « D ' improvviso si rese conto di tutte le sue potenzialità » ricorda Jack Muller , all ' epoca viceallenatore di atletica all ' high school di Willingboro . « E si convinse di non dovere seguire altre regole che le proprie . Quando cercavo di dargli un consiglio rispondeva : non è a te che devo dare ascolto » . Il calendario degli allenamenti lo stabilisce più sugli articoli letti anni prima e sulle note dei suoi genitori che non sulle tabelle di superlavoro ormai dilaganti . Appena sente male ai muscoli , anche se è appena a metà esercizio , smette di colpo . Non lavora per aumentare la resistenza . Con grande sconcerto dei santoni dell ' ortodossia , i risultati gli danno ragione . Batte Steve Williams , il maggiore scattista americano della fine anni Settanta , e arriva sugli otto metri . A quel punto fa la scelta della sua vita . Per poter essere più indipendente si iscrive all ' università del Texas , a Houston . Per poter usare l ' atletica come trampolino di lancio verso un ' altra carriera , sceglie il corso di comunicazione radio - TV , quello che fa diventare telecronisti . Pianifica attentamente : serve a togliergli l ' ansia , a dargli il controllo delle situazioni . « È la cosa che voglio di più al mondo » dice . « Ho bisogno di sapere che cosa mi aspetta , di fissare degli obiettivi e di raggiungerli . È sempre stato così , fin da quand ' ero ragazzo . E quanto più alla gente parevano impossibili , tanto più io ero stimolato » . In Tom Tellez , a Houston , trova l ' unico allenatore con cui può convivere . « È un tipo difficile , dà sempre l ' impressione di non lavorare abbastanza e di non prestarti attenzione » racconta Tellez , in passato allenatore di grandi campioni come il saltatore in alto Dwight Stones e il triplista Willis Banks . « Ma la volta dopo fa tutto quel che gli hai suggerito . Lavora poco ma con intelligenza . Quando dice ho finito , basta , non puoi dirgli niente . Il nostro non è il classico rapporto allenatore - atleta . No , siamo due persone che si guardano negli occhi . Lui è come un computer . Se gli si dà la giusta istruzione , la interpreta correttamente . Se no , non funziona » . Con un po ' di giuste istruzioni , Carl Lewis ha corso i 200 metri in 19 " 75 , la migliore prestazione mondiale a livello del mare ( il record è di Pietro Mennea da Barletta , 19 " 72 a città del Messico ) , ha corso i 100 in9 " 97 , migliore prestazione mondiale a livello del mare . Ha saltato 8,78 , anche questa la migliore prestazione mondiale a livello del mare . Per batterlo , bisogna scalare le montagne . Ci sono voluti anni . Soprattutto il lungo è stato molto curato . « Quando è arrivato » spiega Tellez , « Cari saltava male , provocando tensioni eccessive sui tendini e sul ginocchio della gamba di stacco , perché teneva troppo a lungo il piede sulla pedana . » Era il guaio maggiore , ma non il solo . La velocità è componente essenziale nel lungo : Lewis prendeva una rincorsa troppo corta , meno di 45 metri , e le sue ultime quattro falcate erano deboli . Adesso Lewis parte a 50 metri dalla linea di stacco . Li percorre in 23 falcate , meno di due metri e mezzo l ' una . Arriva alla velocità di 42 chilometri l ' ora . Si alza e , mentre vola , fa due passi che lo tengono in aria per un secondo e quattro centesimi . Non va troppo in alto , perché Tellez è convinto che più si parte in verticale , meno si arriva in orizzontale . Quando finalmente atterra sono passati circa sei secondi dal suo primo passo in pedana . « Ogni volta mi chiede : cosa posso fare per migliorare ? » racconta Tellez . « È un grande atleta proprio perché cerca sempre qualcosa di più . La sua mente è spalancata davanti al mondo . » Forse per questo Lewis si può permettere ritmi di allenamento assai blandi : due ore al giorno , cinque giorni alla settimana . I weekend sono rigidamente esclusi . E i , pesi anche , se non di tanto in tanto : non gli piacciono . « È meglio lavorare poco che troppo » sentenzia . « È la ragione per cui non mi sono mai infortunato . La gente non sa ascoltare il proprio corpo . » Il campo d ' allenamento non è l ' unico posto in cui Cari Lewis fa solo quello che gli va . Le regole che valgono per gli altri non sembrano applicabili a lui . Mentre a Los Angeles tutti stanno nel villaggio olimpico , lui risiede in una casa a Santa Monica , sull ' oceano . Quando partecipa a un meeting , una pattuglia di polizia lo scorta sempre a un rifugio che lo sottrae ai tifosi . È speciale e lo sa . Vive in una casa vittoriana che ha , in mezzo al salotto , un grande tappeto persiano . Alle pareti sono appese spade di samurai . Raccoglie con passione maniacale le posate d ' argento e i bicchieri di cristallo . Guida una Bmw 735 biturbo , bianca , e la spinge a straordinaria velocità . « Una volta anche a 220 chilometri all ' ora » confessa . « Mi piace andare forte . » Ha una cagnetta , Tasha , anche lei bianca . Gli amici sono pochi , i due più cari ( vecchi compagni di liceo rimasti nel New Jersey ) vanno spesso a passare i weekend da lui a Houston . Coltiva bizzarre debolezze . A giorni uscirà il suo primo disco , che ha per titolo Going for gold . In autunno uscirà la sua prima biografia : quello che la sta scrivendo gli sta accanto da un anno . Contemporaneamente deciderà che cosa ha voglia di fare . Potrebbe rimanere nel mondo dell ' atletica , ancora per un paio d ' anni . Magari per correre i 400 metri in 43 secondi o per diventare un grande specialista degli ostacoli alti . « Oppure , se mi allenassi seriamente , potrei battere il record del mondo del decathlon » civetta , prima di dire che , in fondo , potrebbe anche fare fortuna fra i professionisti del football americano . Non è escluso neppure che si dedichi seriamente all ' industria dello spettacolo . Per tre settimane ha seguito un corso al Theatre workshop di Warren Robertson , a New York . Poi , quando c ' è stato il saggio finale davanti alla macchina da presa , Lewis ha recitato molto meglio di quanto avesse mai fatto . « Ogni dettaglio che gli avevo insegnato è ritornato a galla ed è stato applicato con scrupolo » dice Robertson , alla cui scuola sono andati anche Jessica Lange , Diane Keaton e James Earl Jones . « Non credevo che uno che non aveva mai recitato prima potesse essere tanto impeccabile . Ha un istinto fantastico che elimina tutti gli eccessi e gli sprechi e va dritto all ' essenziale » . Ma di tutto questo si parlerà più avanti , dopo le Olimpiadi . Adesso , nessuna distrazione è concessa . Dall ' inizio dell ' anno Lewis evita di incontrare i giornalisti . Fino a maggio le interviste sono state possibili solo per telefono , due mercoledì al mese . Negli ultimi due mesi neppure quello : tutte le richieste vengono educatamente respinte da Joe Douglas , il suo manager . È probabile che anche a Los Angeles , come ha già fatto lo scorso anno ai campionati mondiali di Helsinki , non si conceda al rito della conferenza stampa fino a dopo l ' ultima gara , l'11 agosto . Nei giorni precedenti avrà lavorato parecchio . Ecco il suo programma . Venerdì 3 agosto : due batterie dei 100 metri la mattina . Sabato : semifinale e finale dei 100 . Domenica : qualificazioni del salto in lungo . Lunedì : due batterie dei 200 la mattina , finale del lungo il pomeriggio . Martedì ; riposo . Mercoledì : semifinale e finale dei 200 . Giovedì : riposo . Venerdì : batteria della staffetta 4x100 . Sabato : semifinale e finale della staffetta . In totale , undici corse e due giorni di salti . Ha tutte le possibilità di farcela . Se non ci riuscisse deluderebbe due miliardi di spettatori . Ma farebbe felici alcuni suoi avversari , che lo detestano neppure tanto cordialmente . Larry Myricks , il miglior saltatore in lungo prima che cominciasse l ' era Lewis , va in giro dicendo : « Sarà festa grande il giorno in cui qualcuno lo batterà » . Perfino Edwin Moses , uno dei più grandi campioni della storia dell ' atletica , quello che ha vinto le ultime 100 e passa corse della sua specialità ( i 400 ostacoli ) , non apprezza il suo stile : « Vincere va bene , ma lo si può fare anche senza umiliare gli altri . Ci sono troppe vibrazioni negative attorno a quel ragazzo » . In giro , di Lewis se ne sentono di tutti i colori . Che è un omosessuale . Che prende gli steroidi per aumentare la sua potenza muscolare ( è una sostanza vietata , chi risulta « positivo » a un controllo antidoping viene squalificato ) . Che si imbottisce , allo stesso scopo , di ormoni di gorilla e che lo scorso anno ha rinunciato a una tournée in Europa perché gli ormoni gli avevano provocato una ciste grande come un pugno . Lui si difende con sarcasmo : « Questo è il problema dei miei avversari . Dovrebbero pensare di più a quel che fanno loro e di meno a quel che sto facendo io » . Non si lascia scappare occasione per dire cose che , alle orecchie degli altri , suonano certo indisponenti : « Nessuno corre meglio di me gli ultimi 20 metri » . Oppure : « Basta vedere come faccio la curva , non c ' è uno al mondo che mi può battere sui 200» . Ogni tanto i suoi critici rabbiosi fanno notare che non detiene ancora nessun primato del mondo . Lui ha una risposta pronta , ovviamente : « Non sono i record che mi interessano . Se volessi , probabilmente li farei . E non è neppure la vittoria in sé che mi importa , ma il modo in cui la ottengo . Il mio scopo , quando corro o salto , è la prestazione . Infatti non ho paura dei miei avversari , ma solo di non poter essere un giorno un atleta perfetto » . Non gli pare una pretesa eccessiva . Un fervore quasi messianico lo anima quando parla del suo ruolo nel mondo . « Sono nato per fare qualcosa di speciale » dice convinto . « Credo che certi record siano ormai dentro il mio corpo e che Dio mi abbia dato il talento necessario per tirarli fuori . Aspetto solo che venga il momento » . Nonostante lui giochi al ribasso e dica che non gli importa poi molto , il momento sta per arrivare . Qualche settimana fa Bob Beamon , l ' uomo che a città del Messico nel 1968 saltò l ' incredibile misura di 8,90 metri , ancor oggi record mondiale , gli ha chiesto in una intervista televisiva come si sente uno che sa , di qui a pochi giorni , di poter diventare leggenda . Non sente la pressione ? « La pressione viene dall ' incertezza » gli ha risposto Lewis , « dal non sapere quali possono essere le variabili . Ma a Los Angeles per me non ci saranno variabili . Potrebbe anche cadermi il mondo sulle spalle e io non lo sentirei . Dicevano che non avrei mai vinto due gare nella stessa competizione , e l ' ho fatto . Dicevano che non avrei mai potuto vincerne tre , e l ' ho fatto . Ho sempre dimostrato che avevano torto . Per vincere non ho bisogno dell ' aiuto di nessuno . Tutto quel che devo fare è essere Carl Lewis » .
Tutto il mostro indizio per indizio ( Spezi Mario , 1984 )
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« È un ' ombra . Esperienza e statistiche dicono che dovrebbe essere un uomo . Ma per quanto ne so io , questo mostro potrebbe anche essere una donna » . Il capo della Scientifica fiorentina , Nunzio Castiglione , spinge vicino al paradosso lo scetticismo che dopo l ' assassinio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci , settima coppietta uccisa e seviziata nelle campagne intorno a Firenze dal 1968 a oggi , si è impossessato di lui e di molti altri investigatori . Ma c ' è davvero un solo « mostro » ? Ed è possibile che non abbia lasciato tracce ? Che 14 corpi siano stati sepolti in 16 anni senza che su di essi sia stato trovato nemmeno un indizio che aiuti a scoprire il volto di quello che sempre più appare come l ' unico assassino ? Il mostro di Firenze ha davvero trovato la formula del delitto perfetto ? Molti a Firenze pensavano che il mostro fosse in galera dal gennaio scorso , da quando il giudice istruttore Mario Rotella aveva fatto arrestare i cognati ultrasessantenni Giovanni Mele e Piero Mucciarini . I due , secondo questa tesi che ha retto sei mesi , avrebbero aiutato , la notte del 21 agosto 1968 , il loro parente Stefano Mele ad assassinare la moglie Barbara Rocci e il suo amante Antonio Lo Bianco sorpresi dentro una Giulietta in campagna fuori Lastra a Signa , pochi chilometri a ovest di Firenze . Otto proiettili Winchester serie H sparati con una Beretta calibro 22 uccisero gli amanti . Stefano Mele , il marito pluritradito , nel 1968 invece era stato riconosciuto unico colpevole dell ' omicidio e condannato a 14 anni . La sentenza concludeva : « L ' eventuale partecipazione di un terzo alla commissione del delitto perde ogni consistenza » . Ma quella Beretta continuò a sparare mentre Mele era in prigione e continuò a uccidere sempre e solo coppie sorprese a fare all ' amore dentro una macchina in campagna . Poiché era difficile pensare che l ' arma , cambiato proprietario , servisse a commettere omicidi simili , si pensò che con Mele , a uccidere la moglie e l ' amante , ci fosse stato un complice che , poi , messosi in proprio , divenne il mostro . Interrogato nell ' agosto 1982 , Stefano Mele disse che suo partner nel delitto era stato Francesco Vinci , sardo come lui , un altro amante della « sua signora » , anch ' egli tradito e più geloso del marito . Vinci si fece 15 mesi di carcere come mostro . Ma quella Beretta uccise di nuovo mentre se ne stava in cella . Fu richiamato Stefano Mele che si scusò , disse di avere accusato Vinci per vendicarsi dei torti subiti e senza troppe esitazioni puntò il dito contro il fratello Giovanni e il cognato Piero Mucciarini , che , ovviamente , furono arrestati . Ma domenica 29 luglio , in un bosco vicino a Vicchio , la solita Beretta è tornata a uccidere una coppia appartata in macchina . Questa volta il maniaco assassino ha asportato alla ragazza , Pia Rontini , non solo il pube ma anche un seno . Il mostro è quindi stato sempre libero e ormai è certo che con i protagonisti del vecchio delitto di 16 anni fa non ha proprio niente a che fare . Se le cose stanno così , e non si vede per il momento come altrimenti potrebbero stare , sappiamo in primo luogo che l ' ombra chiamata « mostro di Firenze » sceglie a caso le sue vittime . Nessun collegamento esiste tra lui e la coppia che uccide . Certamente lui sa che questo è l ' elemento di base di un delitto perfetto , perché disorienta completamente la bussola di un ' indagine . Sa anche che strafare è pericoloso , che non c ' è bisogno di esporsi troppo per ottenere pubblicità : basta il clamore suscitato da ogni suo omicidio . Non ha mai rivendicato un delitto , non ha mai lanciato sfide alla polizia o alla città . L ' ombra si fa gli osceni interessi suoi , pensando solo , come un ragioniere dell ' orrore , a non lasciare tracce e a scegliere luoghi e momenti opportuni per colpire , come se potesse benissimo controllare la sua ossessione . Dal primo delitto la sua tecnica si perfeziona nel senso che si semplifica sempre più riducendo al minimo gli appigli per un ' indagine . Già il secondo delitto , commesso il 14 settembre 1974 a Borgo San Lorenzo , a pochissima distanza dal luogo dove avrebbe colpito dieci anni dopo ma a circa cinquanta chilometri dal primo , avviene la notte di un sabato senza luna . Così il terzo , ben 6 anni dopo , il6 giugno 1981 a Scandicci ; così il quinto , il 19 giugno 1982 a Montespertoli . Il quarto delitto avvenne il 22 ottobre 1981 , un giovedì , ma il giorno dopo era stato proclamato uno sciopero generale . La sesta volta , il 9 settembre 1983 , a Giogoli , località fra Firenze e Scandicci , uccise di venerdì . Sempre , quindi , il ragioniere dell ' orrore colpisce la vigilia di un giorno non lavorativo , purché non ci sia luna . Molti hanno fantasticato su queste circostanze andando a cercare esoteriche ragioni a una scelta che quasi sicuramente è invece solo razionale . Nelle sere precedenti una festa è molto più facile imbattersi in una coppietta sulle colline che da ogni parte circondano Firenze , e in una notte senza luna , magari con un abito nero indosso , l ' ombra è molto più difficilmente visibile . Forse però , invecchiando , il mostro tiene un po ' meno a freno i suoi impulsi . L ' ultimo delitto lo ha commesso una domenica sera . Ci sono fondati motivi per ritenere che egli abbia tentato di farlo , come abitudine , la sera prima , il sabato . Ma quella notte nessuna coppia andò nel sentiero di Boschetta che invece ospitò la sera dopo Pia e Claudio . L ' assassino , andatogli a monte il piano per la data che aveva fissato , non ha saputo rinviare troppo in là e altrove l ' appuntamento con la morte , ed è tornato nello stesso luogo 24 ore dopo . Per la prima volta ha corso un grosso rischio , esponendo se stesso e la sua auto alla possibilità di essere notati . La circostanza , se dovesse essere confermata , dimostra la validità di un ' altra ipotesi sul mostro : lui fissa la data dell ' omicidio , sceglie il luogo dove colpire e uccide la prima coppia che vi capita . Che la scelta dei luoghi sia molto importante nei suoi orrendi piani era stato già intuito . Forse fa dei sopralluoghi . Colpiscono questi luoghi del delitto per due caratteristiche : sono incredibilmente simili uno all ' altro e appaiono a prima vista come i meno indicati per tendere un agguato . Sono sempre molto vicini a strade asfaltate frequentate nei sabati notte soprattutto da giovani che in auto o in moto si spostano tra i paesi che circondano Firenze . Le auto delle coppie prese di mira dal mostro hanno sempre su un lato vegetazione alta , grossi cespugli o alberi , insomma una specie di cortina . Dall ' altro lato , invece , si estendono sempre campi piuttosto vasti , a bassa vegetazione , così che il luogo dà l ' impressione di essere fin troppo scoperto . Il mostro vuole proprio questo perché la cortina di alberi lo ripara alla vista di chiunque e la bassa vegetazione che si estende davanti a lui gli consente di vedere anche da abbastanza lontano se qualcuno non desiderato è nei paraggi o si avvicina . L ' ombra deve anche intendersene abbastanza di armi . La Beretta calibro 22 che usa fu definita già nella perizia fatta nel 1968 « vecchia , arrugginita e usurata » , eppure per tutto questo tempo l ' assassino è riuscito a mantenerla perfettamente funzionante . La pistola è del tipo « long rifle » , di quelle cioè che si usano nei tirassegni . Il caricatore ha dieci colpi , che con quello in canna fa un totale di undici . Il mostro non spara mai più di otto colpi contro le sue vittime , tenendone da parte tre , con la prudenza che sempre lo contraddistingue , nel caso si creasse una situazione di pericolo . Le cartucce , anch ' esse abbastanza vecchiotte , sono sempre Winchester serie H di due tipi , o ramate o a piombo nudo . In sette delitti il mostro ha esploso cinquantasei colpi e poiché ogni confezione ne conta cinquanta , si può essere certi che ne ha buona scorta , comprata verosimilmente in una sola volta . Il mostro sembra sapere che l ' unica traccia che come una firma lascia sui luoghi dei delitti , cioè i bossoli delle pallottole , non potrà mai portare gli investigatori fino a lui . Di quelle pistole solo in Toscana ne esistono quattordicimila e i proiettili sono del tipo più comune . Un altro particolare suggerisce l ' idea che egli sia un buon tiratore o comunque una persona che si intende di armi . Il percussore della sua « usurata » pistola lascia sui fondelli un segno tanto particolare che chi li ha visti una volta sa poi riconoscerli alla prima occhiata . In sedici anni quel segno non si è mai modificato , neanche all ' esame del microscopio elettronico . Questo potrebbe dire che quella Beretta viene usata solo per commettere i delitti e che se l ' ombra si allena al tiro lo fa con un ' altra pistola . Nonostante queste considerazioni , ci sono diversità di opinioni tra gli investigatori sull ' ipotesi se egli sia o no un buon tiratore . Per il capo della Criminalpol toscana , Giuseppe Grassi , « non ci vuole molta abilità a centrare un grosso bersaglio praticamente immobile da pochi centimetri di distanza » . Per il medico legale Mauro Maurri , che ha fatto le necroscopie su tutti i cadaveri delle vittime , «10 sparatore è un tiratore espertissimo . Tutte le vittime sono morte all ' istante » . In verità una volta l ' ombra sbagliò , in occasione del delitto commesso i119 giugno 1982 a Montespertoli . Quella notte l ' ombra scelse una radura a pochi metri di distanza dalla strada che dalla frazione di Baccaiano porta al castello di Poppiano . Verso mezzanotte vi si fermò la 127 di Paolo Mainardi e di Antonella Migliorini . L ' assassino li osserva nascosto dietro una cortina di alberi e decide di intervenire , come sempre , un attimo prima che le effusioni dei due giovani si completino . Il primo colpo serve a spezzare il finestrino e contemporaneamente deve centrare l ' uomo . Quella notte , però , la pallottola si conficca nella spalla di Paolo Mainardi , per la prima volta il colpo non è mortale . Nonostante sia ferito , Paolo riesce a girare la chiavetta inserita nel cruscotto e a mettere in moto la macchina . Mentre innesta la retromarcia parte un secondo colpo che attraversa l ' abitacolo e centra il cuore di Antonella . La 127 parte all ' indietro a tutta velocità e arriva sull ' asfalto . La ferita , il terrore fanno però perdere a Paolo il controllo dell ' auto . C ' è un urto violento , lo sportello vicino al posto di guida rimane bloccato e non cede sotto lo sforzo di Paolo che cerca di aprirlo per fuggire . I fari , rimasti accesi , illuminano l ' assassino che si avvicina frontalmente . Prende la mira e con straordinaria freddezza spara . Due colpi spengono i fari che gettavano nella campagna una luce sospetta e gli impedivano di vedere il ragazzo al volante . Un altro colpo fora il parabrezza e colpisce con precisione Paolo in mezzo alla fronte . Il mostro , prudente , vuole però controllare . Attraversa la strada , si avvicina all ' auto , entra . Spara ancora un colpo alla testa del ragazzo e , per essere sicuro di averlo ucciso , ancora un altro , proprio dietro un orecchio . In un punto che pochi sanno essere il più mortalmente vulnerabile del cranio . L ' idea che l ' assassino possa avere conoscenze mediche o sia proprio un medico si affaccia prima ancora di andare a osservare come egli compie le orrende mutilazioni sui corpi delle ragazze assassinate . L ' asportazione totale di un pube femminile non ha riscontri in nessuna pratica chirurgica , per cui qualsiasi analogia è impossibile . Ma per il medico legale Maurri , considerato che il mostro agisce in condizioni di visibilità pressoché nulla , condizionato dalla necessità di fare presto , l ' assassino fa quei tagli « con estrema perizia » . Di parere simile è il capo della Scientifica . Il mostro potrebbe essere un cacciatore ed effettivamente , una volta , in occasione del delitto del 14 settembre 1974 , fu raccolto accanto all ' auto dei fidanzati assassinati un bottone rivestito di cuoio , di quelli che si applicano alle giacche dei cacciatori . Però quel bottone poteva essere del mostro o poteva essere lì chissà da quanto tempo . Così , dopo sedici anni e quattordici vittime il commissario Castiglione non ha altri dati certi su cui lavorare che qualche decina di bossoli perfettamente identici uno all ' altro . L ' ombra conosce l ' arte di mimetizzarsi , il ragioniere dell ' orrore si confonde nella più assoluta normalità . Nessuna delle persone che di giorno gli vivono accanto deve mai avere avuto un sospetto su di lui , che addirittura ha cura di non tornare mai da un omicidio dopo la mezzanotte . « Abbiamo la sensazione » commenta in un momento di sconforto il vicequestore Giuseppe Grassi , « di dovere cercare non il tradizionale ago , ma la paglia nel pagliaio » .
Nuda alla meta di Montecitorio ( Stella Gian Antonio , 1987 )
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Cicciolina manda tanti bacini al volgo in tumulto , ma il compagno Cosimo Simeoni si liscia i baffi scrollando la testa : « Cosa penso di questa specie di comizio elettorale ? Penso che in una fase politica come quella che stiamo affrontando , fase nella quale ... » . Si blocca folgorato e urla : « A ' Cicciolì , e facce vedé le zinne pure a nnoi ! » . Ilona Staller non si fa pregare : un piccolo strattone al vestitino celeste e ... oplà ! Boato . Spintoni , sgomitate , pestoni , calci . Un grido : « I bambini ! Portate via i bambini ! » . Ma bravo , compagno Simeoni : lei non stava dicendo ... « Che c ' entra , scusi ? Il mio è stato un gesto politico , una provocazione , uno sberleffo a lei e a quel buffone di Pannella ... E poi , Pomo è omo » . Figurati se non lo sa Cicciolina . Lo sa , lo sa . Appena compare in qualche tappa del suo « porta a porta » elettorale , in piedi come il papa su una camionetta rossa guidata da un vitellone travestito da Gesù , paralizza la vita dei paesi . Il traffico si blocca , i vigili si sfiatano , i bar si svuotano , i ragazzotti fischiano , qualche vecchietto diventa cianotico , le mamme mettono una mano sugli occhi dei ragazzini , distinti signori mormorano disgustati « anvédi ' sta zozzona » e stanno lì a ostentare a Ilona tutta la loro riprovazione senza staccarle un attimo gli occhi di dosso . Vuoi vedere che fa la sorpresa a tutti e finisce davvero a Montecitorio ? « Io ci spero tanto , e credo di potercela fare » risponde la pornodiva . « Sono tanti i ricciolini che vorrebbero la loro rappresentante alla Camera . Farei raddrizzare anche il curvo Andreotti . » Lei vorrebbe aprire la legislatura « con un costumino a pois » dice « molto molto molto scioccante » , ma se cicciolino Pannella glielo chiederà è disposta pure a sacrificarsi in un severo tailleur . E se le chiedesse anche di rinunciare ai baccanali cine - fotografici ? A quei grovigli di glutei che hanno fatto di lei la regina del porno italiano ? « Ah , no : non possono chiedermi di rinunciare a me stessa » si ribella Ilona . « Sono una porcella e voglio rimanere porcella » . E rivendica la geniale sinteticità del suo slogan elettorale : « Manda alla Camera una verde a luce rossa » . « La compagna Cicciolina è venuta da noi » ha detto Giovanni Negri , segretario del Partito radicale , « perché siamo l ' unico partito che non le chiede di spogliarsi » . Tranquillo , ci pensa da sola . Decisissima a diventare deputato , Ilona Staller , 37 anni , ungherese , figlia di un funzionario di governo e di una ostetrica , studi abbandonati dopo l ' iscrizione alla facoltà di medicina , ha preso le elezioni molto sul serio . « Ho fatto stampare 150 mila manifesti » spiega . « Sorrido , mostro la tettina e chiedo il voto . Vorrei andare ad attaccarli io stessa , ma purtroppo non è possibile : dove vado scoppia sempre una bagarre » . « Tanti , eh , 150 mila manifesti ? » ammicca Riccardo Schicchi , 35 anni , visetto da adolescente , studi interrotti ad un passo dalla laurea in architettura , fotografo , manager , amico , regista e guida spirituale ( se così si può dire ) della Messalina magiara . « Pensi che il PCI , tutto insieme , ne ha fatti stampare per il Lazio 350 mila , poco più del doppio » . Alle affissioni pensano una ventina di giovanotti , parte legati all ' agenzia fotografica di Schicchi , parte volontari votati alla causa . « Loro vanno avanti per far sapere a tutti che sto per arrivare » racconta Cicciolina . « Poi io li seguo . Fino alla chiusura della campagna elettorale ho annullato tutti i miei spettacoli . Anima e corpo per i cicciolini radicali . Giro per i teatrini della mia circoscrizione , Roma , Latina , Viterbo e Frosinone , e faccio due comizi al giorno . Pomeriggio e sera . Ingresso gratis » . E come sono questi comizi ? « Dunque : prima mi tolgo tutti i miei vestitini , piano piano come piace ai cicciolini elettori , poi quando sono tutta nuda spiego il mio programma » . Cioè ? « Aspetti che prendo il foglietto con gli appunti ... Eccolo ... Allora : " Il mio impegno politico è coerente con il mio modo di essere nei miei spettacoli . Sono contro ogni censura e vivo la pornografia perché è bello fare alla luce del sole quello che gli altri fanno nel buio dell ' ombra di se stessi . Più pornografia uguale conoscenza , uguale meno repressione , uguale non violenza , uguale radicale " » . Mamma mia , signorina Staller : è una sintesi un po ' tirata ... Più pornografia uguale radicale ... Ma gli altri sono d ' accordo ? « Cicciolino Pannella si diverte moltissimo . Anche cicciolino Bruno Zevi , l ' altro giorno , mi ha battuto le mani » . « O con Ilona o contro Ilona » taglia corto Riccardo Schicchi . « I radicali sono persone libere . E hanno deciso di stare con Ilona . Anche le femministe credo abbiano superato ogni perplessità . » « Vedi , cicciolino giornalista , io non sono una donna oggetto » spiega la pornostar . « Perché sono io la padrona di me stessa . Non mi ha spinto nessuno a fare le foto porcelle , l ' ho scelto io perché mi piace . Vorrei un letto grandissimo per fare felici tutti i cicciolini italiani » . Programma conciso , ma esauriente . « No , non c ' è solo sesso . Io vorrei anche che l ' Italia diventasse colorata , contante casette piccole , tanti alberi e ogni cinque casette una bella piscinetta . Lo proporrò subito , se divento deputata . E poi , chiudiamo le centrali . Io dico : abbasso l ' energia nucleare , viva l ' energia sessuale . Bello , no ? » . Ma adesso basta con i discorsi di politica : tutti fuori , si va alla conquista di Anguillara Sabazia , prima tappa della campagna elettorale porta a porta . « A ' Nunzio , te sei messo er lenzolo ? » . « Arivo , nun trovavo più la corona de spine » . Eccolo qua , il bullo un po ' atticciato che fa la parte del Gesù autista . Scusi Cicciolina , ma non crede che qualche cattolico si possa offendere a vedere lei scorrazzata da un finto Cristo ? « Perché ? E carina come idea , no ? E poi sono più vicina a Gesù io di tanti democristiani » . Anguillara , a noi . Alle prime case del paese , Ilona Staller lascia l ' auto sulla quale viaggiava ( « Non posso prendere aria , ho un raffreddore terribile ... sono sempre così poco vestita ... » ) e si trasferisce sulla camionetta rossa scoperta . Si mette in piedi , si toglie il pellicciotto , abbassa un po ' sul seno l ' orlo del vestitino azzurro , butta indietro i capelli biondissimi . Paralisi . « Aoh , c ' è Cicciolina ! » Cinque minuti e la piazzetta è piena . Mani che si tendono , urla , accorrere di gente . « Va ' a chiamare Nando , va ' a chiamare Nando ! » ordina un ragazzino all ' amico . « E vacce te ! » risponde l ' altro . « Se intanto quella se spoja ? » Arriva un vigile : « Signorina , per carità ! » . E lei : « Mi voti ? Lo dai un voto alla tua Cicciolina ? Numero 49 lista radicale » . E il coro risponde : « Te votiamo tutti , Cicciolina bbella ! » . Al bar Castello , una decina di avventori giocano a carte e guardano dalla finestra che s ' affaccia sulla piazzetta . Un anziano serio serio cala il sette di coppe e si rifiuta pure di girarsi : « Manco la vojo vede ' , quella zoccola . Proprio bene siamo messi , se alle elezioni si presentano pure le mignotte » . « Ma va là » lo rimbrotta Pietro Casasanta , che all ' altro tavolo gioca a ramino . « Questa sarà deputato , sicuro . È uno sfottò alla politica . E poi , co tutti ' sti politici che ce fottono , almeno lei fa l ' incontrario » . Ilona si affaccia alla finestra e si sporge verso il gruppo di giocatori : « Cicciolini , siete radicali ? Lo date il voto alla vostra micetta ? Numero 49» . Fa il Casasanta : « E tu che mi dai ? Nun me mostri niente ? » . E lei : « Vuoi vedere queste ? » . Neanche il tempo di fiatare e l ' uomo ci mette le zampe sopra . « Ammazza che robba » . Lei fa un gridolino : « Che simpatico , me lo dai anche un bacino ? Me lo dai il voto ? » . Sul piazzale , Filippo Paolessi si calca il basco sulla testa : « Sono cinquant ' anni che lavoro i campi , e Dio sa quanto il mio partito , i miei compagni comunisti mi abbiano deluso . Ma questa no , questa non la voterei mai . Mi vergogno io per lei » . « Questo Pannella non lo capisco » dice un altro vecchietto . « Ha messo su un partito di pregiudicati » . E via di nuovo , in marcia su Trevignano Romano . Bel colpo : sulla passeggiata lungo il lago di Bracciano c ' è gran movimento . Tutti fuori , a far due passi e mangiare un cornetto . Macchine che vanno e vengono , ordinatamente . Famigliole sorridenti , anziani sulle panchine a godersi il sole tiepido . Di colpo , piomba la notizia : « Sta arrivando Cicciolina ! » . E mezzo paese si schiera ai lati della strada , incuriosito , imbarazzato , divertito , eccitato . Si svuota il bar Miralago , viene evacuata la gelateria Stefanelli . Un bambino strilla : « Famme vedè la fata turchina » . E il papà alla mamma : « Giovà , porta via er ragazzino che questa è robba nostra » . Un signore apostrofa la pornocandidata : « Vattene via , fila ! » . E lei : « Sei comunista ? Sei un cicciolino bigotto comunista ? » . Riccardo Schicchi la mette in riga : « Cicciolina , non continuare così . Noi non siamo anticomunisti ... » . Arriva il vigile urbano Edoardo De Santis : « Vi potete spostare un po ' ? » . Lei : « Cicciolino vigile , me lo dai il voto ? » . E lui : « Non posso , sono minorenne » . Voce dalla folla : « Nuda ! Nuda ! » . Riccardo Schicchi , professionale , dà la disposizione : « Cicciolina , mostra il seno ! » . Lei esegue . Muggito di folla . Si avvicina un giovanotto con gli occhialetti da intellettuale . Ritira dalle mani di Ilona un volantino e una carezza . Bacino e se ne va . Come ti chiami ? «Gianluca.» La voterai ? « Sì . In lista con i radicali c ' è anche il professore Pio Fedele , il più insigne studioso di diritto canonico italiano . Insegna alla Lateranense . Voto lui e Cicciolina » . E così va avanti la gran corsa di Cicciolina verso i banchi di Montecitorio . Schicchi dice : « Attacca il manifesto » . E lei esegue . « Da ' i bacini » . E lei esegue . « Mostra il seno » . E lei esegue . « Sorridi » . E lei esegue . « Ricopriti » . E lei esegue . « Giù le spalline » . E lei esegue . Il Parlamento val bene una mossa .
L'orso vestito da fachiro ( Ripellino Angelo Maria , 1972 )
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Come un medico dall ' orologio d ' oro al capezzale dell ' infanzia , così il circo , clown occhialuto , porge sciroppi e rimedi alla gioventù malata di teatro . E la sabbia delle piste ha per essa lo stesso odore dei balsami di tolù , di quei caldi aromi consolatori . Movendo dall ' atto secondo , in cui il protagonista Hinkemann si esibisce nel ruolo di mangiatopi in un baraccone , Bruno Cirino ( Teatroggi ) ha impostato Il mutilato di Ernst Toller come una rappresentazione di circo , di piccolo circo sdrucito della periferia . Un telone d ' argento , dietro il quale si accende a tratti , come nei luna - park , una fluente treccia di lampadine , una rossa grancassa e una grande ruota , che è insieme attrazione da fiera e graticola e macchina da colonia penale . Come le isole di un arcipelago , i teatrini si scambiano su invisibili navi le merci delle loro esperienze : è chiaro che l ' architettura di questo spettacolo risente della conclusiva sequenza del Risveglio di primavera di Nanni . Al proprietario del baraccone , che immaginavo polputo e con guance di melanzana come l ' impresario dell ' Angelo azzurro di Sternberg , il regista ha sostituito un rabbioso e spietato domatore che con la frusta incalza ed umilia i semplici , gli sventurati , costringendoli a salti guitteschi . Avvilite sembianze , gli attori in tute mimetiche a chiazze arancione matteggiano , ballano , strisciano come lombrichi , con musica di tromboni e di Knappentanz . Ciondolando con testa di leone , scambiandosi affannosamente bombette , e con criniera equina e gualdrappa mutandosi in un quadrupede simile a quello del balletto Parade , traspongono in virtuosismi da acrobati , in figurazioni zoologiche la goffa vicenda di Toller , i suoi sfocati conflitti , il suo manicheismo da cartellone . E nella parade - allée del finale ci si presentano con fuciletti e corazze e manopole da gladiatori , da spartachi , forse alludendo allo spartachismo . Schinieri di latta e bracciali da Darix Togni il regista affibbia in certi punti anche a Hinkemann - Homunculus . Nella pendula e mogia interpretazione di Ernesto Colli il personaggio assomiglia , non tanto a un « orso tedesco » , a una disperata larva dell ' espressionismo , quanto a uno stanco fachiro di Porta Portele , la faccia esangue e tagliente come una scure , capelli lunghi da nazzareno . Rouault ci ha avvertiti nei suoi dipinti della parentela tra Cristo e i pagliacci . Per dilatare l ' equivalenza Hinkemann - Cristo accennata da Toller , il regista fa sì che il suo primo attore si collochi sulla ribalta come su un golgota , con le braccia aperte come su una croce , spennacchiato , deserto , nella conoide luce di zafferano . Ci aspettavamo che la desolata confessione dell ' eunuco assumesse un ' irruenza vocale così lacerante da disgradare il grido di gallo del professor Unrat nell ' Angelo azzurro . Ma gli interpreti tutti parlano a fior di labbra , bisbigliano , perdono continuamente la voce , come le lumache la bava . E del resto la trascrizione in chiave funambola disperde molti elementi fondamentali del testo : la mascherata degli invalidi con organetti , la simbologia che raccorda la perdita del piffero con l ' acquisto della veggenza , l ' allucinazione ed il gusto del deforme , che accostano le retoriche apocalissi di Toller alle pitture di Frans Masereel e di Otto Dix . Quando smette gli sbalzi e le capriuole del circo , la recitazione si allenta in cadenze dormigliose e svogliate a malapena adombrando il rancore che intride l ' avvilimento , la nausea che nasce dall ' esser scherniti , lo strazio di un ' indifesa ridicolaggine . Ciò non vuol dire però che lo spettacolo sia magro di ghiotte trovate . Grete Hinkemann ( Saviana Scalfi ) all ' inizio si stende , come inchiodata , sulla ruota che gira , variante della « rete » di cui parla Toller , e alla fine , forse per significare una derisoria gravidanza , viene ostentando , ripulsivo impasto di ginecologia e baraccone , enormi mammelle di gomma , un ventre sfoggiato , due lombi badiali . Con quell ' obeso costume di ciambelle verdognole , con quei gonfiori da manichino del teatro di Schlemmer e da pupazzo della Michelin , la guitta Grete del luna - park di borgata , la saltatrice lasciva diventa l ' idropica ipòstasi di una scurrile maternità derelitta . E ti sembra d ' un tratto che la sua enfiata figura condensi tutti i drammi d ' alcova che lievitano nei casamenti spettrali dello squallido rione di Centocelle , dove lo scantinato di questo teatrino si inselva . Non conosce alberi Centocelle . Sono andato a cercarli altrove , sotto il tendone del Teatro libero nel Circo al colle Oppio , dove si recita , nella regia di Armando Pugliese , Il barone rampante di Calvino . Fantasticavo di trovarvi una delle calvinesche « città invisibili » , una Magnolia , un ' Arbòrea fogliosa , e invece mi ha accolto una dura carpenteria , un anello di ruvidi e inospiti ceppi , tra le cui forcelle si snoda un aereo sentiero , come una pista di go - kart . Su quel cerchio pensile corrono Cosimo e gli altri personaggi invasati da dendropatia e tarzanismo . Ma per i loro scambietti e duelli ed inseguimenti gli interpreti dispongono anche di tre piattaforme e della pista centrale , il che permette un assiduo mutamento di luogo e procura dei bei torcicolli . Le idee ronconiane hanno prosperato diversi congegni : da questa nocchiuta alberatura alle mansioni del Grand Magic Circus di Jérôme Savary . Nella girandola del colle Oppio , frammezzo agli spettatori appollaiati come galline su trespoli , una sfrenata e agilissima compagnia di saltimbanchi in polpe , livree , crinoline , tricorni , parrucche traduce in una farsa frenetica l ' adorabile libro , purtroppo stracciandone l ' esile filigrana . In quel patassio le settecentesche figure si riducono a concitate macchiette da varietà di provincia . Questa non è la fiabesca villa di Ombrosa , ma una qualsiasi Massa Lubrense in autunno . Come accade oggi in molti teatrini , anche sul colle Oppio la sostanza verbale si soffoca con sovrattoni , con strilli , con putiferi . Non basta urlare come pirati all ' assalto di un castello pugliese , bisogna vezzeggiar la parola . Non basta far chiasso , perché nasca l ' incanto della pagliacceria .