StampaPeriodica ,
Perché
il
tradimento
dei
professori
è
ritenuto
peggiore
e
'
senz
'
altro
più
colpevole
'
di
quello
della
gente
comune
?
Lo
spiega
il
diario
di
un
grande
filologo
ebreo
tedesco
,
Victor
Klemperer
.
Victor
Klemperer
era
un
professore
di
filologia
nell
'
università
di
Dresda
.
Suo
fratello
Otto
era
un
celebre
direttore
d
'
orchestra
.
Siccome
erano
di
famiglia
ebraica
,
negli
anni
30
non
poterono
più
essere
tedeschi
.
Otto
andò
in
esilio
.
Victor
fu
cacciato
dall
'
università
,
cacciato
da
casa
,
assegnato
al
lavoro
obbligatorio
-
spazzino
,
scaricatore
in
fabbriche
e
altri
simili
-
costretto
a
indossare
la
stella
gialla
.
Gli
era
vietato
possedere
libri
e
leggere
giornali
,
o
prendere
un
autobus
.
Ma
Victor
fu
molto
fortunato
.
Prima
per
aver
militato
nella
guerra
del
'14
,
poi
perché
aveva
una
moglie
ariana
,
e
alla
fine
per
il
disordine
dei
catastrofici
bombardamenti
su
Dresda
,
riuscì
a
scampare
alla
deportazione
e
a
sopravvivere
.
In
tutti
quegli
anni
si
impegnò
sistematicamente
,
perfino
un
po
'
pedantescamente
,
a
studiare
le
mutazioni
che
il
Terzo
Reich
imponeva
alla
lingua
tedesca
:
chiamò
questa
neolingua
Lti
,
'
Lingua
tertii
imperii
'
.
Pubblicò
questo
trattatello
sulla
persecuzione
nel
1947
,
nella
Dresda
ormai
appartenente
alla
Repubblica
democratica
tedesca
.
La
traduzione
italiana
(
di
Paola
Buscaglione
:
eccellente
)
è
stata
appena
pubblicata
dalla
Giuntina
.
'
Scrupoloso
e
non
geniale
'
(
così
lo
elogia
Michele
Ranchetti
nella
prefazione
)
il
diario
di
Victor
Klemperer
dà
una
idea
esatta
e
turbante
della
vita
ordinaria
nella
persecuzione
'
minore
'
:
sulla
quale
lo
sterminio
incombeva
,
ma
capricciosamente
dilazionato
.
Fra
le
osservazioni
più
specifiche
di
Klemperer
segnalerò
il
destino
delle
parole
'
fanatico
'
e
'
fanatismo
'
,
che
il
nazismo
capovolge
rendendole
sinonimi
di
virtù
.
E
anche
l
'
auge
della
'
weltanschauung
'
(
la
visione
del
mondo
)
,
che
spodesta
la
filosofia
e
sostituisce
con
una
venatura
magico
-
intuitiva
il
rispetto
per
il
pensiero
e
il
linguaggio
chiaro
e
distinto
.
Molte
preziose
notizie
si
troveranno
in
questo
taccuino
di
filologo
,
che
si
applica
,
con
la
testa
bassa
,
a
una
lingua
che
,
per
volontà
di
dominio
,
'
si
è
votata
alla
povertà
'
.
Ma
si
troverà
anche
una
testimonianza
illuminante
su
un
rovello
grande
e
ancora
da
esplorare
:
la
viltà
,
non
genericamente
degli
'
intellettuali
'
,
ma
di
quella
loro
aristocrazia
del
lustro
e
del
reddito
che
era
l
'
insegnamento
universitario
.
Davanti
ai
'
segnati
'
i
banchi
diventano
ogni
giorno
più
vuoti
,
fino
all
'
espulsione
(
nel
1935
)
.
Il
francesista
Victor
Klemperer
ricorda
gli
antichi
versi
di
Rutebeuf
sugli
'
amis
que
vent
emporte
et
il
ventait
devant
ma
porte
'
:
'
Il
vento
ha
soffiato
davanti
alla
mia
porta
.
Però
non
voglio
essere
ingiusto
:
ho
trovato
amici
fedeli
e
coraggiosi
,
soltanto
che
fra
loro
non
c
'
erano
appunto
i
colleghi
e
i
collaboratori
più
stretti
'
.
Licenziando
il
suo
diario
,
Victor
Klemperer
guardava
indietro
i
'
tradimenti
a
perdita
d
'
occhio
'
di
letterati
,
poeti
,
giornalisti
,
professori
universitari
.
'
Peggiore
'
,
quell
'
ambiente
di
studenti
e
professori
,
'
della
gente
comune
,
e
senz
'
altro
più
colpevole
'
.
Klemperer
,
cui
le
circostanze
suggerivano
un
'
ammirazione
per
la
Russia
e
il
suo
regime
,
scriveva
contemporaneamente
a
Vasilij
Grossman
,
la
cui
titanica
opera
(
Tutto
scorre
,
ma
soprattutto
Vita
e
destino
,
usciti
ambedue
postumi
)
ha
al
centro
la
debolezza
,
l
'
abiezione
,
il
tradimento
-
e
anche
la
resistenza
-
dei
maestri
,
degli
accademici
,
letterati
e
scienziati
,
nell
'
Unione
Sovietica
staliniana
.
Forse
i
professori
universitari
devono
essere
più
coraggiosi
,
o
più
dignitosi
,
degli
operai
o
degli
impiegati
di
banca
?
Certamente
no
,
immagino
che
abbiate
già
risposto
.
Forse
sì
.
O
almeno
la
loro
è
una
prostituzione
più
indecorosa
.
Ben
prima
del
'68
,
quando
nessuno
avrebbe
immaginato
la
rivolta
studentesca
contro
l
'
accademia
e
i
suoi
baroni
,
c
'
era
già
fra
i
giovani
un
'
insofferenza
contro
le
carriere
universitarie
.
Non
era
universale
,
ma
neanche
era
soltanto
questione
di
individui
eccentrici
.
Era
un
'
impazienza
morale
,
o
moralistica
,
come
volete
:
non
c
'
è
differenza
,
all
'
inizio
.
Aspirare
alla
carriera
universitaria
(
eufemismi
:
alla
ricerca
,
alla
docenza
)
costava
servilismo
,
cortigianeria
,
conformismo
,
rivalità
sleale
o
meschina
.
Fra
i
miei
(
più
o
meno
)
coetanei
,
potrei
citare
un
certo
numero
di
persone
che
per
questo
esclusero
dal
proprio
orizzonte
la
carriera
universitaria
,
magari
per
tornarci
molto
più
tardi
,
quando
sia
loro
che
l
'
università
erano
un
'
altra
cosa
.
Non
ho
nostalgia
di
quel
moralismo
,
e
tanto
meno
penso
che
quei
disertori
di
concorsi
fossero
perciò
più
stimabili
di
altri
.
La
questione
che
resta
è
quella
della
viltà
della
categoria
intellettuale
privilegiata
costituita
dai
professori
universitari
.
Si
sono
appena
ricordate
(
altro
che
'68
)
le
leggi
razziste
del
fascismo
,
sessant
'
anni
fa
.
Nell
'
università
italiana
,
passarono
tra
viltà
e
soddisfazione
:
non
tanto
di
fanatici
,
quanto
di
aspiranti
ai
posti
che
si
erano
liberati
.
In
appendice
al
suo
L
'
università
italiana
e
le
leggi
antiebraiche
(
Editori
Riuniti
1997
)
Roberto
Finzi
pubblica
i
96
nomi
di
professori
'
ebrei
'
espulsi
.
E
che
nomi
!
Più
del
7
per
cento
delle
cattedre
.
Ernesto
Rossi
,
dalla
galera
,
commentò
:
'
Una
manna
per
tutti
i
candidati
che
si
affolleranno
ora
ai
concorsi
'
.
StampaQuotidiana ,
Oggi
a
Comiso
decine
di
migliaia
di
siciliani
e
con
essi
delegazioni
provenienti
da
ogni
parte
d
'
Italia
e
d
'
Europa
si
danno
appuntamento
per
una
grande
manifestazione
per
la
pace
e
il
disarmo
e
per
chiedere
che
alla
Sicilia
sia
evitato
il
destino
sciagurato
di
essere
trasformata
in
un
avamposto
nello
scontro
atomico
tra
i
due
blocchi
militari
contrapposti
.
La
scelta
dell
'
estremo
lembo
a
sud
della
Sicilia
per
la
costruzione
di
una
grande
base
di
missili
"
Cruise
"
ha
alimentato
una
polemica
sul
reale
bersaglio
degli
ordigni
atomici
che
vi
si
intendono
installare
.
Come
dimenticare
che
,
nei
giorni
immediatamente
successivi
all
'
annuncio
del
governo
italiano
di
costruire
la
base
a
Comiso
,
si
verificava
il
pericoloso
scontro
tra
aerei
americani
e
libici
nel
Golfo
della
Sirte
?
E
che
il
presidente
Reagan
dichiarava
,
in
quella
occasione
,
di
aver
voluto
mostrare
i
muscoli
al
colonnello
Gheddafi
?
E
che
,
infine
,
quest
'
ultimo
,
replicando
aspramente
,
chiamava
anche
in
causa
l
'
Italia
proprio
per
la
progettata
base
di
Comiso
?
L
'
assassinio
del
presidente
egiziano
Sadat
ha
portato
ora
nuovi
elementi
di
inquietudine
e
di
destabilizzazione
in
un
'
area
alle
soglie
di
casa
nostra
,
sempre
più
gravata
da
minacce
che
possono
da
un
momento
all
'
altro
precipitare
e
innescare
processi
incontrollabili
.
Sentiamo
così
avvicinarsi
i
rischi
che
dai
focolai
di
guerra
del
Medio
Oriente
si
estendono
al
Mediterraneo
.
Nasce
da
questa
realtà
il
bisogno
di
non
risparmiare
sforzi
e
iniziative
che
,
riducendo
la
tensione
in
quest
'
area
,
contribuiscano
alla
ripresa
di
quei
negoziati
da
cui
dipende
la
causa
della
pace
nel
mondo
.
L
'
Italia
può
e
deve
giocare
un
ruolo
decisivo
perchè
il
Mediterraneo
diventi
nel
suo
complesso
un
mare
di
pace
,
che
aiuti
la
prospettiva
della
distensione
e
nello
stesso
tempo
quella
di
un
nuovo
ordine
internazionale
fondato
sul
progresso
e
l
'
eliminazione
degli
squilibri
tra
nord
e
sud
del
mondo
.
Proprio
in
questa
visione
la
Sicilia
può
assolvere
la
funzione
di
ponte
nel
dialogo
fra
le
nazioni
che
si
affacciano
sul
Mediterraneo
.
Non
si
può
certo
sostenere
che
la
costruzione
della
base
di
Comiso
vada
in
questa
direzione
.
Anzi
trasformerebbe
la
nostra
isola
in
un
polo
di
aggravamento
delle
tensioni
in
questo
mare
e
in
bersaglio
predestinato
nello
scontro
tra
i
blocchi
contrapposti
.
Il
popolo
siciliano
dirà
,
oggi
,
a
Comiso
che
intende
rifiutare
questo
orrendo
destino
.
La
Sicilia
ha
una
storia
millenaria
interessata
di
tragedie
e
di
sofferenze
inaudite
.
Essa
è
stata
più
volte
terra
di
conquista
e
il
suo
popolo
ha
subito
le
oppressioni
più
brutali
,
il
cui
retaggio
si
è
espresso
in
miseria
e
arretratezza
.
La
conquista
dello
Statuto
dell
'
autonomia
,
nel
quadro
della
Costituzione
repubblicana
,
frutto
della
lotta
antifascista
e
della
guerra
di
liberazione
,
aveva
aperto
una
fase
di
progresso
civile
e
democratico
del
popolo
siciliano
.
Questo
sviluppo
,
conquistato
con
grandi
lotte
di
popolo
,
è
ora
in
crisi
.
Negli
ultimi
anni
in
Sicilia
sono
accaduti
dei
fatti
gravissimi
.
Il
potere
mafioso
ha
rialzato
la
testa
e
abbiamo
assistito
ad
una
sequenza
drammatica
di
omicidi
politici
culminati
nell
'
assassinio
del
presidente
della
Regione
Piersanti
Mattarella
.
Da
quel
momento
si
è
accelerato
il
processo
di
degradazione
della
vita
politica
e
delle
stesse
istituzioni
autonomistiche
.
Il
già
insufficiente
apparato
produttivo
dell
'
isola
è
duramente
scosso
dalla
crisi
economica
mentre
lo
Stato
si
dimostra
sempre
più
impotente
di
fronte
alla
violenza
criminale
e
mafiosa
che
ogni
giorno
semina
terrore
e
morte
.
E
come
non
vedere
il
pericolo
che
la
trasformazione
della
Sicilia
in
una
gigantesca
base
di
guerra
spingerebbe
alle
estreme
conseguenze
i
processi
degenerativi
già
così
allarmanti
?
Il
nostro
no
alla
installazione
a
Comiso
della
base
atomica
tende
ad
impedire
un
avvenire
davvero
oscuro
per
il
popolo
siciliano
.
Lo
dico
convinto
che
questo
oggi
sia
un
obiettivo
giusto
e
anche
realistico
.
Il
30
novembre
inizieranno
a
Ginevra
le
trattative
tra
URSS
e
USA
e
al
primo
punto
dell
'
agenda
vi
è
la
questione
degli
euromissili
.
La
conclusione
positiva
della
trattativa
-
a
cui
tutti
devono
lavorare
-
deve
riguardare
la
fissazione
di
un
equilibrio
al
più
basso
livello
possibile
dei
missili
contrapposti
:
gli
SS-20
sovietici
e
i
nuovi
missili
americani
nell
'
Europa
occidentale
.
Questo
livello
di
equilibrio
potrebbe
essere
la
"
soluzione
zero
"
,
cioè
la
non
installazione
dei
Cruise
,
bilanciata
da
misure
di
pari
significato
per
gli
SS-20
.
Ecco
perchè
è
raggiungibile
l
'
obiettivo
di
impedire
la
costruzione
della
base
a
Comiso
.
Chiedere
,
come
noi
facciamo
oggi
,
di
sospendere
l
'
inizio
dei
lavori
della
costruzione
della
base
è
il
modo
più
giusto
ed
efficace
per
il
popolo
siciliano
di
premere
perchè
la
trattativa
di
Ginevra
abbia
uno
sbocco
positivo
.
Quello
di
oggi
,
è
pertanto
,
il
primo
atto
di
una
mobilitazione
che
nei
prossimi
mesi
dovrà
via
via
allargarsi
come
una
grande
fiumana
di
uomini
e
donne
,
di
giovani
e
anziani
di
ogni
ceto
sociale
e
di
ogni
fede
pubblica
e
religiosa
.
Noi
comunisti
vogliamo
essere
soltanto
una
componente
di
questo
grande
movimento
unitario
e
opereremo
,
con
sempre
maggiore
consapevolezza
,
perchè
altre
forze
democratiche
,
superando
incomprensioni
e
strumentalizzazioni
,
scendano
in
campo
per
dare
il
loro
contributo
originale
a
questa
lotta
decisiva
per
l
'
avvenire
del
popolo
siciliano
e
per
la
salvezza
della
pace
nel
mondo
.
StampaQuotidiana ,
Non
so
se
gli
assassini
delle
Brigate
rosse
considerino
loro
compagno
Marco
Pannella
.
Probabilmente
no
,
lo
disprezzano
come
disprezzano
tutti
i
"
riformisti
"
,
tutti
i
"
borghesi
"
,
lo
utilizzano
cinicamente
come
un
"
utile
idiota
"
.
Invece
,
Marco
Pannella
,
si
sta
comportando
nei
fatti
come
un
fedele
compagno
degli
assassini
.
Nelle
tragiche
quarantotto
ore
dell
'
ultimatum
brigatista
,
il
concetto
centrale
delle
interminabili
concioni
non
-
stop
del
leader
radicale
alla
sua
radio
è
stato
quello
che
il
giudice
D
'
Urso
è
condannato
a
morte
non
dalle
Br
ma
dai
giornali
e
dai
giornalisti
che
si
rifiutano
di
pubblicare
i
comunicati
dei
"
proletari
"
prigionieri
delle
carceri
di
Trani
e
di
Palmi
.
Ora
,
questo
è
esattamente
ciò
che
i
boia
delle
Br
vogliono
.
Sono
essi
che
,
nel
loro
ordinamento
"
giuridico
"
praticano
il
processo
senza
accuse
,
senza
prove
,
senza
difensori
,
senza
appelli
,
sono
essi
,
che
hanno
reintrodotto
quella
pena
di
morte
,
che
la
Repubblica
italiana
si
gloria
di
aver
eliminato
con
il
fascismo
;
su
di
loro
,
e
soltanto
su
di
loro
,
ricade
la
responsabilità
delle
esecuzioni
capitali
da
loro
,
e
soltanto
da
loro
decretate
.
Ebbene
,
questa
elementare
verità
di
fatto
deve
essere
rovesciata
propagandisticamente
:
non
i
"
tribunali
dell
'
arbitrio
e
i
loro
boia
"
,
ma
coloro
che
non
ne
riconoscono
l
'
autorità
avrebbero
sulla
coscienza
le
condanne
e
le
esecuzioni
delle
Br
.
Di
questo
rovesciamento
propagandistico
si
incarica
il
compagno
-
loro
,
non
nostro
-
Marco
Pannella
,
colla
sua
rozza
sofistica
,
il
suo
gusto
per
la
volgarità
violenta
,
i
suoi
patologici
complessi
di
superiorità
.
"
Alla
gogna
Eugenio
Scalari
"
,
blatera
il
compagno
dei
terroristi
,
"
è
Scalfari
,
sono
i
giornalisti
gli
assassini
!
"
E
così
,
i
veri
,
gli
unici
e
soli
assassini
restano
coperti
e
in
definitiva
giustificati
.
Tutto
viene
stravolto
.
Sarebbe
umanitario
non
chi
si
rivolge
alle
Br
perché
comunque
,
non
uccidano
,
come
fece
Paolo
VI
nel
suo
scritto
umanamente
più
alto
e
bello
,
quello
rivolto
agli
"
uomini
delle
Brigate
rosse
"
,
ma
chi
scarica
la
responsabilità
di
un
assassinio
su
chi
non
cede
alle
richieste
degli
assassini
,
ben
sapendo
che
se
lo
facesse
,
la
strage
continuerebbe
,
e
anzi
l
'
ondata
di
morte
verrebbe
esaltata
.
Io
sono
tra
coloro
che
ritengono
del
tutto
vano
un
appello
umanitario
agli
"
uomini
delle
Brigate
"
rosse
,
che
attraverso
un
processo
di
disfacimento
vero
e
proprio
del
pensiero
e
della
personalità
,
sono
ormai
al
di
fuori
della
logica
e
dai
sentimenti
umani
.
Ma
comprendo
benissimo
che
altri
credano
invece
giusto
fare
alle
Br
un
appello
umanitario
.
Il
fatto
è
però
che
un
appello
,
per
chiamarsi
umanitario
,
non
può
che
cominciare
colle
parole
:
Comunque
non
uccidete
!
Nel
caso
particolare
del
giudice
D
'
Urso
,
un
sincero
umanitario
,
poteva
anche
(
io
non
sono
d
'
accordo
,
ma
poteva
)
proseguire
facendo
presente
che
molte
delle
richieste
delle
Br
erano
state
soddisfatte
.
Una
posizione
sbagliata
,
ma
non
spregevole
.
Non
spregevole
come
tutte
le
parole
e
i
gesti
di
Marco
Pannella
e
dei
suoi
più
fedeli
-
non
dico
,
non
voglio
dire
dei
radicali
in
genere
-
nella
vicenda
D
'
Urso
.
A
costoro
non
è
bastato
aver
reso
possibile
la
diffusione
dei
comunicati
dei
Collettivi
di
lotta
di
Palmi
e
di
Trani
,
che
tutta
Italia
conosce
nei
loro
concetti
essenziali
,
che
sono
pubblici
ormai
anche
se
non
da
tutti
pubblicati
.
Potevano
fermarsi
qui
e
ricordarsi
che
mentre
i
giornalisti
da
loro
messi
sotto
accusa
non
hanno
ammazzato
nessuno
,
questi
comunicati
esaltano
come
"
tempestiva
e
precisa
rappresaglia
"
un
'
altra
atroce
condanna
a
morte
,
quella
del
generale
Enrico
Galvaligi
:
e
preannunciano
nuove
ribellioni
dentro
le
carceri
,
nuovo
terrore
fuori
.
Lo
dicono
loro
,
che
comunque
andranno
avanti
sulla
loro
via
di
morte
!
Mancava
loro
un
compagno
.
Lo
hanno
trovato
.
È
giusto
che
Marco
Pannella
sia
protetto
dalla
immunità
parlamentare
,
non
invoco
davvero
processi
penali
e
condanne
contro
di
lui
.
Possiamo
però
e
dobbiamo
colpirlo
con
una
condanna
non
cruenta
ma
non
perciò
meno
dura
:
la
condanna
morale
alla
esclusione
dal
dialogo
con
chi
ha
davvero
sensi
di
umanità
.
StampaQuotidiana ,
Ottantasei
miliardi
.
E
'
la
più
strepitosa
vincita
al
Superenalotto
,
con
una
schedina
da
poche
migliaia
di
lire
giocata
a
Montopoli
Sabina
.
La
cifra
è
tanto
colossale
-
quindici
volte
il
bilancio
di
quel
piccolo
Comune
che
qualcuno
ha
pensato
addirittura
ad
una
leggenda
metropolitana
.
Altri
hanno
paventato
una
pericolosa
e
diseducativa
tracimazione
del
mercato
del
gioco
d
'
azzardo
,
una
verticalizzazione
indotta
e
amplificata
dall
'
eco
mediatica
.
Effetti
nuovi
per
un
fenomeno
antico
e
di
lunga
durata
.
Il
nostro
è
,
infatti
,
un
paese
dove
i
giochi
pubblici
hanno
sempre
avuto
schiere
infinite
di
adepti
di
ogni
ceto
.
Basti
pensare
alla
fortuna
del
lotto
.
Il
più
popolare
e
più
antico
dei
nostri
giochi
è
nato
nel
Cinquecento
a
Genova
.
Solo
nell
'
Ottocento
,
però
,
la
sua
diffusione
è
cresciuta
fino
a
creare
una
vera
e
propria
mitologia
,
soprattutto
a
Napoli
,
che
ne
è
diventata
l
'
indiscussa
capitale
.
Al
punto
che
la
grande
giornalista
e
scrittrice
Matilde
Serao
definiva
il
gioco
dei
numeri
"
acquavite
di
Napoli
"
.
Al
gioco
pubblico
in
Italia
,
alla
sua
storia
,
alla
cultura
che
lo
sottende
,
alle
dinamiche
di
mercato
che
lo
governano
è
dedicato
un
bel
libro
curato
,
per
i
Tipi
di
Marsilio
,
da
Giuseppe
Imbucci
(
"
Il
gioco
pubblico
in
Italia
.
Storia
,
cultura
e
mercato
,
38.00Olire
)
,
già
noto
per
i
suoi
studi
sul
tema
.
Il
volume
raccoglie
gli
atti
di
un
convegno
svoltosi
all
'
Università
di
Salerno
nel
maggio
dello
scorso
anno
.
Studiosi
come
Giampaolo
Dossena
,
Paolo
Macry
,
Domenico
Scafoglio
,
Augusto
Piacanica
,
Vittorio
Dini
,
Antonio
Cavicchia
Scalamonti
,
Valdo
D
'
Arienzo
,
oltre
allo
stesso
Imbucci
e
molti
altri
ancora
,
esplorano
le
mille
sfaccettature
dell
'
universo
retto
dall
'
imperscrutabile
capriccio
del
caso
.
Qual
è
il
lungo
filo
rosso
che
unisce
il
lotto
,
le
riffe
,
gli
altri
giochi
tradizionali
,
con
l
'
umanità
che
in
essi
si
rifletteva
,
agli
anonimi
e
esso
immateriali
giochi
d
'
alea
che
muovono
oggi
cifre
da
capogiro
:
in
lire
e
in
bits
?
La
fortuna
popolare
delle
"
ruote
"
si
fondava
di
fatto
su
un
sistema
di
interpretazione
della
realtà
largamente
condiviso
.
Ogni
avvenimento
,
ogni
cosa
diventavano
dei
segni
,
delle
verità
nascoste
,
degli
arcani
che
si
rivelavano
in
numeri
.
Tutta
la
realtà
,
presente
passata
e
futura
,
era
insomma
riconducibile
alle
novanta
enigmatiche
cifre
della
Smorfia
che
funzionava
così
come
un
grande
libro
del
mondo
.
Charles
Dickens
scriveva
che
il
popolo
di
Napoli
credeva
tanto
ciecamente
che
ogni
cosa
avesse
un
riferimento
nel
gioco
del
lotto
che
il
governo
era
costretto
a
sospendere
le
scommesse
su
fatti
di
cronaca
troppo
giocati
,
per
non
rischiare
il
fallimento
delle
casse
detto
Stato
.
Attraverso
i
"
numeri
"
l
'
Italia
di
ieri
interpretava
gli
eventi
.
Li
commentava
,
li
traduceva
in
"
vox
populi
"
,
in
una
sorta
di
grande
mormorio
collettivo
simile
a
un
coro
greco
,
e
affidava
la
verifica
dei
suoi
giudizi
alla
sentenza
inappellabile
della
sorte
.
Il
lotto
serviva
così
a
creare
legame
sociale
e
opinione
collettiva
.
Rifletteva
la
morale
comunitaria
per
cui
la
fortuna
,
anche
attraverso
gli
spiriti
degli
antenati
-
il
quarantotto
,
nella
Smorfia
,
fa
proprio
il
morto
che
parla
-
premiava
i
discendenti
più
meritevoli
con
la
concessione
dei
sospiratissimi
numeri
.
Sullo
sfondo
del
gioco
la
comunità
metteva
in
scena
i
suoi
valori
,
intrecciando
il
presente
al
passato
e
traendone
criteri
per
orientarsi
nel
futuro
.
Ciò
anche
per
effetto
delle
trasformazioni
subite
in
età
moderna
dalla
Cabala
.
Questa
si
fondava
in
origine
su
uno
stretto
intreccio
tra
matematica
,
astronomia
ed
astrologia
per
cui
le
cifre
arcane
della
realtà
erano
traducibili
in
numeri
.
Si
trattava
di
un
connubio
tra
scienza
divina
e
sapienza
umana
da
usare
a
fini
nobili
,
non
vani
,
come
quelli
della
previsione
del
futuro
e
della
divinazione
dei
numeri
del
lotto
.
Già
dalla
metà
del
Cinquecento
la
Cabala
viene
piegata
invece
ad
una
popolarizzazione
che
tende
a
sfumare
progressivamente
il
confine
tra
scienza
e
divinazione
facendo
del
cabalista
un
interprete
di
sogni
da
tradurre
in
numeri
.
La
Smorfia
napoletana
è
proprio
un
esempio
di
tale
volgarizzazione
della
Cabala
per
cui
il
cabalista
smette
di
essere
un
sapiente
,
studioso
di
cose
segrete
,
per
divenire
un
divulgatore
di
arcani
dispensati
al
popolo
:
un
"
assistito
"
.
Con
questo
nome
a
Napoli
venivano
identificati
nell
'
Ottocento
quegli
individui
capaci
di
interpretare
i
sogni
o
addirittura
di
sognare
su
commissione
-
proprio
come
gli
sciamani
-
di
entrare
in
contatto
con
gli
spiriti
dei
morti
per
ottenerne
la
rivelazione
dei
numeri
da
giocare
al
lotto
.
E
'
vero
,
dunque
,
che
la
fortuna
era
determinante
,
ma
è
vero
anche
che
essa
era
determinata
:
non
del
tutto
cieca
.
Premiava
chi
mostrava
di
sapersela
meritare
.
Pertanto
i
terni
e
le
quaterne
divenivano
il
riconoscimento
a
posteriori
e
a
giusta
ricompensa
di
una
capacità
di
lettura
della
realtà
e
del
saper
stare
al
mondo
.
C
'
è
dunque
nella
filosofia
tradizionale
del
lotto
un
'
idea
di
reciprocità
che
non
è
riducibile
al
puro
caso
.
Il
Superenalotto
-
con
una
chance
su
seicentoventidue
milioni
di
azzeccare
la
combinazione
vincente
-
riflette
invece
una
realtà
in
cui
dal
gioco
sono
esclusi
valori
comunitari
,
valori
di
senso
e
quindi
di
merito
.
Non
diversamente
dalle
tante
lotterie
che
non
a
caso
impazzano
in
una
congiuntura
come
quella
attuale
in
cui
ogni
capacità
di
interpretare
la
realtà
,
di
prevederne
le
tendenze
,
di
ricondurla
ad
un
significato
e
a
una
morale
collettivi
e
condivisi
sembra
ormai
perduta
.
Anche
se
nel
superenalotto
sembra
riaffiorare
un
'
idea
del
valore
della
comunità
come
giocatore
collettivo
-
lo
rileva
Imbucci
-
è
da
chiedersi
se
tale
"
collettivismo
"
produca
realmente
valori
comunitari
o
se
non
sia
piuttosto
una
semplice
società
d
'
impresa
,
una
joint
venture
,
spesso
tra
sconosciuti
,
senza
reale
ricaduta
in
termini
di
legame
sociale
e
di
solidarietà
.
In
questo
senso
le
forme
e
le
trasformazioni
del
gioco
,
nello
spazio
e
nel
tempo
,
le
analogie
e
le
differenze
tra
le
filosofie
dell
'
alea
di
ieri
e
quelle
di
oggi
riflettono
come
in
uno
specchio
,
le
forme
e
le
trasformazioni
della
società
"
tout
court
"
.
Nel
nostro
tempo
la
febbre
del
gioco
si
accompagna
non
casualmente
ad
uno
spostamento
insidiosamente
illusionistico
dei
confini
del
ludico
che
incrocia
fenomeni
come
la
globalizzazione
e
,
prima
ancora
,
la
mediatizzazione
,
la
virtualizzazione
della
realtà
.
Si
pensi
a
fenomeni
dilaganti
come
i
giochi
televisivi
in
tutte
le
loro
varianti
,
generaliste
e
localistiche
:
dai
quiz
alle
riffe
,
fino
alle
tradizionalissime
tombole
che
si
celebrano
per
la
gloria
delle
emittenti
locali
nei
bassi
napoletani
.
O
alla
lottomatica
,
alla
progressiva
verticalizzazione
del
jackpot
nel
Superenalotto
:
potentissimi
moltiplicatori
della
velocità
dei
flussi
e
della
crescita
del
consumo
di
giochi
.
E
ancora
al
gioco
"
in
rete
"
che
fa
di
ciascun
individuo
un
giocatore
e
,
insieme
,
una
potenziale
posta
,
giocato
dal
suo
stesso
gioco
.
Si
direbbe
che
il
villaggio
globale
prima
che
i
suoi
servizi
tenda
a
strutturare
i
suoi
vizi
.
Anche
in
questo
senso
il
gioco
è
specchio
fedele
della
mondializzazione
.
Alla
fine
il
giocatore
perde
sempre
.
Vince
il
banco
,
alias
il
mercato
.
Ma
se
fosse
proprio
questa
la
ragione
oscura
del
gioco
?
Qualcosa
di
simile
al
potlatch
,
lo
scambio
competitivo
diffuso
tra
gli
Indiani
del
Nord
Ovest
americano
e
fondato
sull
'
acquisizione
di
prestigio
e
di
identità
attraverso
lo
spreco
di
risorse
?
E
'
quello
che
Georges
Bataille
chiamava
la
"
proprietà
costitutiva
della
perdita
"
.
Guadagnare
per
perdere
.
O
perdersi
.
StampaQuotidiana ,
Che
perfetta
sintonia
,
quale
identico
istinto
,
quanta
reciproca
simpatia
fra
Montanelli
,
Pannella
e
De
Carolis
!
La
stessa
vena
trascorre
nelle
frasi
che
il
primo
ha
scritto
ieri
e
nelle
battute
che
i
due
dioscuri
radicali
(
ambedue
tali
per
definizione
del
"
Giornale
nuovo
"
)
hanno
affastellato
l
'
altra
sera
a
Roma
.
E
non
è
la
vena
dell
'
anticomunismo
che
pure
,
ribollente
e
inquieta
,
li
accomuna
;
è
una
vena
più
profonda
e
limacciosa
,
che
si
snoda
lungo
tutto
il
percorso
dell
'
Italia
contemporanea
,
di
volta
in
volta
emerge
in
superficie
o
si
occulta
in
percorsi
sotterranei
.
È
la
vena
astiosa
e
arrogante
,
allusiva
e
incolta
,
insinuante
e
ricattatoria
che
raccoglie
la
schiuma
degli
umori
,
delle
paure
,
delle
presunzioni
,
delle
aggressività
di
quanti
,
in
questa
società
,
anche
quando
non
detengono
il
potere
,
godono
di
privilegi
.
Martedì
,
pomeriggio
e
sera
,
Milano
è
stata
sconvolta
da
uno
stillicidio
di
vandalismi
,
di
violenze
,
di
scontri
con
la
polizia
ad
opera
di
un
paio
di
migliaia
di
giovani
messi
in
campo
da
"
Circoli
giovanili
proletari
"
.
Fra
le
molte
cose
oscure
e
confuse
che
hanno
ispirato
questa
azione
e
altre
analoghe
dei
cosiddetti
"
autoriduttori
"
,
del
tutto
chiaro
è
proprio
il
loro
atteggiamento
verso
il
privilegio
;
la
loro
ribellione
è
sì
contro
il
privilegio
,
ma
in
quanto
li
esclude
.
È
qui
la
caratterizzazione
piccolo
borghese
e
irrazionale
della
loro
ideologia
;
è
questa
la
diversità
,
enorme
e
decisiva
,
dalle
proteste
del
'68
che
,
per
quanto
talvolta
infantili
,
si
ispiravano
sempre
a
ideali
di
razionalità
sociale
,
di
eguaglianza
collettiva
,
mai
di
appropriazione
individuale
.
Non
è
stata
neppure
,
come
scrive
il
"
Corriere
"
una
jacquerie
;
perché
le
jacqueries
,
disperate
e
inefficaci
,
esposte
sempre
alla
più
sanguinosa
rivincita
repressiva
,
sono
state
fiammate
e
rivolte
di
contadini
,
di
dannati
della
terra
contro
un
privilegio
che
si
voleva
incendiare
e
annientare
.
Come
poteva
Montanelli
soffermarsi
su
questo
e
indignarsi
per
questo
,
visto
che
la
sua
ideologia
ha
lo
stesso
impasto
di
quella
degli
autoriduttori
?
Certo
,
una
differenza
c
'
è
,
e
grande
:
Montanelli
è
ben
dentro
il
recinto
del
privilegio
,
mentre
gli
agitatori
di
martedì
sono
ancora
fuori
.
E
poi
Montanelli
è
più
esperto
,
più
scaltro
:
sa
che
il
privilegio
,
per
perpetuarsi
e
proteggersi
,
deve
servire
il
potere
e
servirsi
del
potere
,
deve
dimostrare
al
potere
che
gli
è
utile
.
Ed
ecco
,
ieri
,
il
compito
puntualmente
svolto
:
quella
dell
'
altra
sera
a
Milano
è
da
lui
trasformata
in
una
minacciosa
esplosione
della
violenza
delle
masse
,
con
il
PCI
pronto
ad
approfittarne
.
Anticomunismo
,
si
può
dire
,
certo
:
ma
c
'
è
qualcosa
di
ancestrale
,
che
viene
prima
ancora
dell
'
anticomunismo
,
ed
è
l
'
odio
per
le
masse
,
escluse
dal
potere
e
nemiche
dei
privilegi
,
che
si
muovono
e
avanzano
con
fatica
e
con
tenacia
passo
dopo
passo
spinte
non
da
ingordigia
di
appropriazione
ma
dalla
volontà
di
giustizia
,
di
pulizia
,
di
eguaglianza
,
di
libertà
,
di
onestà
,
di
sincerità
,
dalla
decisione
di
modellare
tutta
la
società
in
questi
valori
.
Montanelli
per
difendere
i
privilegi
posseduti
e
l
'
autoriduttore
per
aspirare
ai
privilegi
idolatrati
devono
schierarsi
contro
queste
masse
,
devono
considerarle
il
peggior
nemico
:
e
così
fanno
.
È
lo
stesso
fastidio
,
lo
stesso
odio
che
trasuda
dal
duetto
Pannella
De
Carolis
.
Qui
il
privilegio
da
difendere
è
quello
del
"
personaggio
"
,
un
privilegio
che
si
manifesta
anche
nel
gesto
,
nella
esibizione
,
nel
gusto
del
paradosso
,
nella
ammirazione
di
sé
;
fra
Pannella
e
De
Carolis
non
c
'
è
accordo
,
c
'
è
qualcosa
di
più
,
c
'
è
intesa
.
"
Noi
ci
intendiamo
"
.
Si
sono
reciprocamente
riconosciuti
.
Sono
,
Pannella
e
De
Carolis
,
la
vera
incarnazione
politica
e
culturale
di
quella
profezia
pseudoperaia
rappresentata
dallo
slogan
"
vogliamo
tutto
"
lanciato
qualche
anno
fa
da
Balestrini
.
Ogni
idea
e
ogni
valore
vanno
bene
se
goduti
e
consumati
individualmente
;
ogni
idea
e
ogni
valore
divengono
perversi
quando
se
ne
impadroniscono
le
masse
,
e
tanto
più
quando
li
usano
per
organizzarsi
,
per
costruire
un
moto
di
emancipazione
,
per
estendere
e
approfondire
la
propria
coscienza
.
Non
sorprende
affatto
,
perciò
,
che
Pannella
vagheggi
i
tempi
di
Scelba
né
che
un
corifeo
del
seguito
di
Montanelli
,
riferendo
compiaciuto
le
parole
del
deputato
radicale
,
si
confessi
a
lui
affine
.
Siamo
di
fronte
alle
manifestazioni
di
un
male
antico
che
in
Italia
ha
segnato
profondamente
anche
la
storia
delle
idee
e
degli
intellettuali
,
non
solo
sul
versante
conservatore
;
il
distacco
,
la
sfiducia
e
la
contrapposizione
verso
le
masse
,
che
si
vogliono
tenere
in
una
condizione
di
passività
,
perché
siano
oggetto
e
non
soggetto
della
politica
e
della
cultura
,
considerate
al
più
quando
lo
sono
campo
di
esercitazione
e
di
affermazione
per
il
singolo
che
le
interpreta
,
le
guida
o
le
agita
.
È
un
male
che
ci
sembra
nient
'
altro
che
il
riflesso
,
sullo
schermo
delle
ideologie
e
dei
comportamenti
,
della
avida
e
gretta
difesa
di
tutti
i
privilegi
materiali
,
protetti
con
tanta
maggiore
protervia
quanto
più
si
sa
che
sono
arbitrari
e
ingiustificati
.
L
'
anticomunismo
certo
,
c
'
entra
,
ma
non
è
il
punto
di
partenza
,
è
la
inevitabile
conseguenza
di
ciò
.
E
'
un
anticomunismo
non
vecchio
,
non
tradizionale
;
è
anzi
nuovo
,
e
tanto
più
aspro
e
agitato
perché
ha
a
che
fare
con
il
Partito
comunista
italiano
così
come
è
oggi
,
per
quello
che
rappresenta
,
per
quello
che
è
,
per
quello
che
dice
,
per
quello
che
fa
;
soprattutto
per
gli
aspetti
che
più
esprimono
la
originalità
e
la
novità
del
PCI
.
Perché
non
siete
ci
rimproverano
Montanelli
e
Pannella
come
noi
vi
immaginiamo
,
vi
vogliamo
,
vi
descriviamo
?
Perché
non
esprimete
,
voi
che
siete
partito
di
massa
e
di
masse
per
eccellenza
,
l
'
immagine
che
noi
diamo
di
orde
minacciose
e
distruttive
,
ignare
e
cieche
?
Il
fastidio
e
l
'
odio
di
costoro
per
il
PCI
si
alimentano
per
il
nostro
testardo
impegno
di
organizzare
la
democrazia
con
le
masse
e
le
masse
con
la
democrazia
;
per
l
'
importanza
che
attribuiamo
alla
fatica
dell
'
apprendere
e
del
lavorare
;
per
la
nostra
affermazione
dei
diritti
di
libertà
degli
individui
e
delle
garanzie
che
li
devono
proteggere
;
perché
sosteniamo
e
dimostriamo
che
essi
devono
e
possono
congiungersi
fino
a
rafforzarsi
reciprocamente
con
i
diritti
collettivi
e
i
bisogni
sociali
.
Provoca
ira
in
costoro
questo
nostro
volere
e
sapere
essere
trasformatori
e
costruttori
,
insieme
.
Gli
ingordi
di
privilegi
,
gli
autoriduttori
di
ogni
risma
,
i
chierici
esibizionisti
che
"
vogliono
tutto
"
non
ci
sopportano
perché
siamo
di
un
'
altra
stoffa
.
StampaQuotidiana ,
Invano
i
comunisti
italiani
negano
che
si
tratti
di
un
altro
momento
della
«
crisi
del
sistema
»
.
La
tragedia
polacca
,
ai
loro
occhi
,
si
identifica
con
una
«
strada
sbagliata
»
,
con
una
serie
di
errori
di
direzione
politica
.
È
la
stessa
tesi
che
fu
adottata
per
i
delitti
di
Stalin
,
dopo
il
rapporto
Kruscev
;
è
la
stessa
tesi
che
fu
assunta
per
l
'
Ungheria
.
Ma
come
continuare
a
sostenerla
?
Il
sistema
comunista
,
cioè
collettivista
,
appare
in
crisi
quasi
in
eguale
misura
nelle
società
industriali
avanzate
,
come
la
Cecoslovacchia
,
e
nelle
società
prevalentemente
rurali
e
di
limitata
o
parziale
evoluzione
capitalistica
,
come
la
Polonia
.
Una
volta
sono
gli
operai
di
Praga
a
sollevarsi
contro
il
comunismo
,
sia
pure
in
nome
di
un
ideale
di
revisionismo
neo
-
marxista
duramente
represso
e
soffocato
dai
carri
armati
sovietici
;
un
'
altra
volta
sono
le
massaie
di
Danzica
o
di
Gdynia
a
rinnovare
le
antiche
jacqueries
plebee
con
la
devastazione
dei
magazzini
,
il
saccheggio
dei
negozi
,
l
'
incendio
delle
sedi
del
partito
,
identificato
nel
simbolo
di
un
potere
predatore
e
sopraffattore
.
Scene
che
ricordano
l
'
ancien
régime
.
La
Polonia
è
il
solo
paese
dell
'
Est
europeo
che
aveva
tentato
una
sua
strada
nazionale
al
comunismo
:
il
contemperamento
della
proprietà
pubblica
dei
mezzi
di
produzione
e
di
scambio
con
la
salvaguardia
della
piccola
e
media
proprietà
contadina
,
radicata
in
un
tessuto
di
tradizioni
tanto
profondo
da
apparire
inestirpabile
perfino
nel
periodo
del
più
cupo
e
ottuso
stalinismo
,
lo
stalinismo
di
cui
fu
vittima
,
a
suo
tempo
eroica
,
Gomulka
.
Ma
si
tratta
di
un
esperimento
che
è
naufragato
,
non
meno
del
comunismo
integrale
incondizionato
adottato
a
Budapest
od
a
Praga
.
Lo
spazio
riservato
all
'
impresa
agricola
,
in
uno
Stato
fondato
su
una
prevalente
struttura
centralizzata
,
è
apparso
troppo
ristretto
per
alimentare
le
capacità
dell
'
iniziativa
e
dell
'
inventiva
individuale
;
lo
spazio
occupato
dall
'
impresa
pubblica
nell
'
industria
troppo
vasto
e
soffocante
per
consentire
un
equilibrio
effettivo
di
forze
.
E
le
leggi
del
mercato
hanno
preso
la
loro
rivincita
,
una
volta
di
più
,
su
tutte
le
coercizioni
,
parziali
o
totali
.
È
la
stessa
tragedia
che
si
è
riflessa
in
altri
aspetti
della
vita
polacca
.
In
quella
religiosa
,
per
esempio
.
È
certo
che
la
Polonia
rappresenta
la
sola
nazione
dell
'
Est
europeo
,
che
sia
riuscita
a
difendere
l
'
indipendenza
e
l
'
integrità
della
fede
cattolica
nella
grande
maggioranza
del
popolo
anche
durante
l
'
epoca
nera
dell
'
oppressione
e
del
terrore
staliniani
.
Il
cardinale
Wyszinsky
è
una
figura
legata
al
mondo
,
adesso
tanto
lontano
da
sembrare
quasi
irreale
,
di
Pio
XII
.
Abbozzi
e
sforzi
per
un
concordato
fra
Santa
Sede
e
regime
comunista
non
furono
mai
intermessi
,
neppure
nell
'
età
delle
grandi
purghe
.
Senonché
ilprezzo
pagato
per
evitare
la
prevalenza
dell
'
ateismo
appare
grandissimo
;
i
compromessi
volti
a
salvare
il
salvabile
infiniti
ed
estenuanti
:
le
deviazioni
di
parte
del
clero
a
favore
di
un
'
intesa
diretta
col
regime
-
si
ricordi
il
movimento
pro
sovietico
«
pax
»
-
insidiose
e
ritornanti
;
la
salvaguardia
dell
'
equilibrio
fra
i
due
poteri
malsicura
e
precaria
.
Quando
il
presidente
polacco
Ochab
,
un
fedelissimo
di
Gomulka
,
venne
in
Italia
,
or
sono
tre
anni
e
mezzo
,
finì
per
non
rendere
visita
al
Papa
:
lui
,
il
rappresentante
di
uno
degli
Stati
più
tenacemente
e
direi
misticamente
cattolici
d
'
Europa
.
A
differenza
,
magari
,
del
genero
di
Kruscev
o
di
Gromiko
!
Tanti
erano
i
motivi
di
contrasto
e
di
contrapposizione
:
tutt
'
altro
che
«
conciliari
»
,
allora
.
Certo
,
il
dramma
della
Polonia
impone
un
senso
profondo
di
rispetto
non
disgiunto
da
un
'
accorata
vena
di
malinconia
.
La
stessa
repressione
ordinata
dalle
autorità
di
Varsavia
nelle
zone
baltiche
del
Paese
,
zone
in
gran
parte
ex
tedesche
,
appare
particolarmente
severa
,
e
in
molti
casi
spietata
,
proprio
in
vista
di
togliere
alla
Russia
il
pretesto
ad
un
qualunque
intervento
militare
.
Stretta
fra
Germania
e
Russia
da
secoli
,
la
Polonia
non
ha
dimenticato
il
turpe
mercato
del
'39
fra
Hitler
e
Stalin
,
mercato
che
portò
alla
sua
scomparsa
come
nazione
,
all
'
amputazione
di
larga
parte
delle
sue
province
orientali
in
favore
dell
'
Unione
Sovietica
,
ai
successivi
compensi
post
-
bellici
con
Pomerania
e
Alta
Slesia
,
quasi
nell
'
intento
di
creare
un
fossato
incolmabile
fra
tedeschi
e
polacchi
.
I
riflessi
della
Ostpolitik
di
Brandt
,
cioè
dell
'
avvicinamento
fra
Bonn
e
Mosca
,
non
sono
estranei
alla
nuova
fase
di
turbamenti
e
di
sconvolgimenti
della
Polonia
.
Da
un
lato
c
'
è
il
modello
economico
della
Germania
occidentale
che
esercita
un
indubbio
fascino
sulle
regioni
non
lontane
della
Polonia
,
degradate
ad
un
livello
di
vita
infinitamente
più
basso
(
altro
che
la
polemica
contro
la
civiltà
dei
consumi
!
)
.
Dall
'
altro
c
'
è
l
'
attenuazione
del
terrore
,
tradizionale
e
tutt
'
altro
che
ingiustificato
,
verso
il
nemico
germanico
e
la
ripresa
di
un
sentimento
nazionale
anti
-
russo
,
che
è
comune
a
quasi
tutto
il
Paese
,
non
escluso
il
grosso
del
partito
comunista
.
Si
è
detto
che
,
se
la
Russia
ripetesse
in
Polonia
anche
la
metà
dell
'
operazione
cecoslovacca
,
assisteremmo
ad
una
autentica
carneficina
:
le
forze
armate
polacche
ripeterebbero
contro
l
'
invasore
dell
'
Est
quello
che
fecero
,
con
incomparabile
eroismo
,
nei
diciassette
giorni
della
resistenza
agli
invasori
dell
'
Ovest
,
nel
settembre
del
'39
.
Per
tali
motivi
di
fondo
,
Gomulka
,
che
pur
tornò
al
potere
sull
'
onda
dei
fatti
di
Poznan
del
'56
,
evitò
di
trarre
poi
tutte
le
conseguenze
dalla
liberalizzazione
del
comunismo
,
che
invano
fu
attesa
in
Europa
;
per
tali
ragioni
di
fondo
,
la
successiva
evoluzione
del
regime
revisionista
polacco
coincise
piuttosto
con
una
involuzione
,
non
priva
di
ombre
inquietanti
,
come
la
formazione
di
un
'
ala
nazionalstalinista
,
con
un
fondo
antisemita
,
quella
di
Moczar
.
Oggi
tutti
i
nodi
tornano
al
pettine
:
riesplodono
le
contraddizioni
,
che
Gomulka
si
era
illuso
di
conciliare
sull
'
onda
di
un
prestigio
personale
tanto
alto
quanto
meritato
.
Il
divario
fra
Stato
comunista
e
società
civile
si
approfondisce
:
al
livello
della
gioventù
universitaria
non
meno
che
delle
maestranze
operaie
,
non
meno
che
delle
grandi
masse
contadine
.
La
struttura
del
comunismo
centralizzatore
appare
sempre
più
imposta
,
ed
imposta
dall
'
alto
,
ad
un
paese
pluralista
,
fedele
ad
una
visione
occidentale
della
vita
,
nutrito
da
un
'
esperienza
cattolica
che
è
esperienza
di
costume
e
di
civiltà
.
Le
eresie
,
invano
respinte
o
represse
,
ritornano
attraverso
forme
imprevedibili
,
che
squarciano
e
lacerano
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
.
E
l
'
ombra
della
dottrina
Breznev
sulla
sovranità
limitata
torna
a
gravare
sulla
nazione
che
pur
si
rifiutò
di
alzare
anche
una
sola
statua
a
Stalin
,
nel
periodo
del
suo
splendore
.
A
differenza
della
Cecoslovacchia
,
che
elevò
la
statua
più
alta
.
Nessuna
speculazione
,
quindi
,
ma
una
lezione
chiarissima
.
È
il
sistema
del
comunismo
che
appare
dovunque
in
crisi
,
in
una
crisi
profonda
cui
non
si
ripara
con
le
furbizie
o
le
ambiguità
delle
«
vie
nazionali
»
,
comode
ed
evasive
nei
paesi
a
democrazia
garantita
e
sicura
,
come
l
'
Italia
o
la
Francia
.
Motivo
di
meditazione
per
tutti
i
fautori
della
«
nuova
maggioranza
»
.
Purtroppo
,
in
Italia
,
c
'
è
una
crisi
che
appare
più
grande
e
profonda
di
quella
dei
comunisti
:
ed
è
la
crisi
dei
democratici
,
di
troppi
democratici
.
Una
crisi
,
anzi
-
diciamolo
pure
-
una
mancanza
di
fede
in
se
stessi
.
E
nella
libertà
.
StampaQuotidiana ,
I
rapporti
fra
Chiesa
e
Stato
,
specie
in
Italia
,
sono
fatti
di
sfumature
.
Ecco
perché
si
impone
sempre
,
ma
soprattutto
nei
momenti
di
tensione
o
di
inquietudine
,
una
grande
dose
di
discrezione
,
di
prudenza
,
di
misura
.
Talvolta
può
bastare
un
aggettivo
ad
alterarli
,
una
parola
di
troppo
a
turbarli
.
Un
esempio
.
All
'
indomani
del
varo
della
legge
sul
divorzio
,
dopo
il
contrastato
e
tormentato
dibattito
prolungatosi
fino
all
'
alba
di
martedì
a
Montecitorio
,
in
un
clima
evocante
le
grandi
dispute
del
Risorgimento
(
con
un
tono
di
nobiltà
comune
alle
due
sponde
:
basti
pensare
ad
un
Gonella
per
i
cattolici
)
,
giunse
da
Sydney
la
notizia
che
il
Papa
aveva
espresso
«
profondo
dolore
»
per
il
voto
del
Parlamento
italiano
.
Ci
furono
due
versioni
,
a
distanza
di
poche
ore
,
di
quello
che
era
presentato
come
un
comunicato
della
sala
stampa
della
Santa
Sede
.
Una
accennava
all
'
iter
della
legge
che
non
poteva
dirsi
ancora
completo
,
«
esigendosi
per
questo
la
firma
del
capo
dello
Stato
»
.
L
'
altro
testo
,
quello
poi
ripreso
dalle
fonti
cattoliche
,
si
limitava
a
parlare
della
decisione
dell
'
assemblea
,
«
per
quanto
non
inattesa
»
,
che
aveva
colpito
il
Pontefice
,
ma
ometteva
giustamente
,
e
responsabilmente
,
ogni
riferimento
,
diretto
o
indiretto
,
al
capo
dello
Stato
.
Tutto
fa
pensare
che
la
seconda
versione
,
la
più
cauta
e
la
più
vigilata
,
corrispondesse
al
vero
pensiero
di
Paolo
VI
.
La
prima
,
scritta
in
fretta
da
qualche
collaboratore
forse
troppo
zelante
,
poteva
generare
l
'
impressione
che
la
Santa
Sede
ipotizzasse
un
possibile
contrasto
-
del
tutto
inimmaginabile
-
fra
il
Parlamento
e
il
capo
dello
Stato
,
calcolasse
su
un
gesto
di
reazione
o
di
ritardo
da
parte
del
presidente
della
Repubblica
nei
riguardi
del
solenne
«
sì
»
di
Montecitorio
:
un
gesto
che
costituzionalmente
non
era
pensabile
,
per
il
carattere
parlamentare
della
nostra
Repubblica
,
e
nel
caso
specifico
era
escluso
dai
sentimenti
e
dalle
convinzioni
di
fedeltà
laica
e
risorgimentale
,
anche
se
al
di
fuori
di
ogni
suggestione
anticlericale
,
caratteristiche
di
Saragat
(
immaginate
il
dramma
di
un
presidente
democristiano
!
)
.
Ecco
un
'
area
in
cui
la
prudenza
non
è
mai
troppa
.
Se
il
testo
del
comunicato
pontificio
non
avesse
contenuto
,
in
nessuna
delle
due
versioni
,
l
'
incauto
ed
in
ogni
caso
impreciso
riferimento
al
capo
dello
Stato
e
alla
sua
«
firma
»
,
si
sarebbe
evitato
un
momento
,
non
diciamo
di
antagonismo
o
di
contrapposizione
,
ma
semplicemente
di
ombra
e
di
sospetto
fra
Chiesa
e
Stato
,
fra
Vaticano
e
Quirinale
.
È
quello
che
dobbiamo
augurarci
per
i
prossimi
sviluppi
della
vicenda
divorzista
,
all
'
indomani
del
ritorno
del
Pontefice
dal
suo
lungo
e
drammatico
periplo
asiatico
,
cominciato
con
l
'
attentato
delle
Filippine
e
terminato
con
1'«autocensura»
del
messaggio
di
Hong
-
Kong
,
di
fronte
alla
polemica
,
ormai
aperta
e
non
senza
abili
inserimenti
comunisti
,
sulla
revisione
del
Concordato
davanti
alle
prospettive
di
una
nuova
regolamentazione
dell
'
intero
diritto
di
famiglia
.
La
democrazia
cristiana
ha
dimostrato
,
occorre
riconoscerlo
,
un
grande
senso
di
responsabilità
nell
'
ultimo
arco
della
battaglia
divorzista
.
Dapprima
ha
appoggiato
-
merito
della
segretaria
Forlani
-
la
mediazione
Leone
sul
progetto
Fortuna
-
Baslini
;
in
un
secondo
tempo
,
nonostante
le
oscure
e
spesso
oblique
manovre
sul
decretone
,
ha
imposto
alla
Camera
la
salvaguardia
sostanziale
dei
patti
di
palazzo
Madama
,
che
implicavano
la
rinuncia
,
non
formale
ma
nei
fatti
,
ad
ulteriori
emendamenti
al
testo
del
progetto
già
rivisto
.
Le
pressioni
del
mondo
cattolico
più
oltranzista
sono
state
respinte
o
contenute
.
Non
si
è
ceduto
alla
tentazione
,
pur
forte
,
di
una
«
guerra
di
religione
»
sul
divorzio
;
si
sono
salvaguardate
le
intese
,
ben
altrimenti
importanti
,
coi
partiti
di
democrazia
laica
,
malgrado
il
prezzo
così
amaro
.
L
'
atteggiamento
della
parte
migliore
della
Dc
,
sul
referendum
è
indicativo
al
riguardo
.
Né
Colombo
né
Forlani
hanno
detto
«
no
»
all
'
iniziativa
di
un
possibile
referendum
abrogativo
,
annunciata
da
gruppi
anche
autorevoli
del
laicato
credente
;
ma
hanno
fatto
capire
chiaramente
,
attraverso
calcolati
silenzi
o
indirette
allusioni
,
che
non
desidererebbero
una
prova
di
forza
,
necessariamente
estesa
a
rimettere
in
discussione
l
'
anagrafe
cattolica
degli
italiani
.
Non
vorrebbero
trovarsi
alleati
con
la
sola
estrema
destra
,
una
compagna
di
strada
troppo
ingombrante
;
non
vorrebbero
rialzare
gli
storici
steccati
fra
guelfi
e
ghibellini
,
che
tanto
preoccupavano
De
Gasperi
.
La
Dc
preferirebbe
una
riforma
concordata
-
Colombo
l
'
ha
detto
con
lealtà
-
del
diritto
di
famiglia
:
concordata
nell
'
ambito
della
coalizione
quadripartita
,
e
senza
le
ritornanti
e
riammiccanti
offerte
dei
comunisti
,
più
che
mai
cauti
e
sottili
nel
loro
complesso
rapporto
col
mondo
cattolico
.
E
pronti
a
spostarsi
,
dal
«
sì
»
obbligato
al
divorzio
,
ad
una
linea
possibilista
e
di
dialogo
articolato
.
Non
sappiamo
quanto
le
prudenze
della
Dc
saranno
premiate
,
o
confortate
,
dallo
sviluppo
dei
fatti
.
Tutto
è
incerto
:
la
linea
dell
'
azione
cattolica
,
l
'
atteggiamento
dei
vescovi
,
le
stesse
decisioni
della
conferenza
episcopale
,
che
riflette
le
divisioni
post
-
conciliari
.
Sappiamo
solo
che
molto
dipende
dalla
Curia
,
dal
Vaticano
,
diciamolo
pure
senza
mezzi
termini
dal
Papa
,
da
questo
Papa
tormentato
e
problematico
in
cui
sembrano
consumarsi
tutte
le
contraddizioni
della
Chiesa
di
oggi
,
tese
e
laceranti
fino
quasi
ad
un
'
ansia
di
martirio
.
Per
la
formazione
anche
culturale
e
familiare
tipica
di
Paolo
VI
,
il
colpo
subito
dal
Papa
,
con
l
'
introduzione
del
divorzio
in
Italia
,
deve
essere
stato
grandissimo
.
Pensiamo
alla
vecchia
borghesia
cattolica
di
Brescia
,
al
clima
in
cui
il
giovane
Montini
si
è
formato
,
in
quell
'
età
giolittiana
in
cui
nessun
progetto
di
divorzio
arrivava
alle
soglie
dell
'
aula
,
anche
per
l
'
ironica
resistenza
di
Giolitti
(
«
il
divorzio
interessa
solo
due
scapoli
:
il
Papa
e
Zanardelli
»
:
amava
dire
il
grande
statista
quando
era
ancora
ministro
dell
'
interno
nel
governo
di
Zanardelli
,
un
altro
bresciano
,
il
contraltare
laico
del
mondo
guelfo
)
.
Ma
la
delicatezza
dei
rapporti
fra
Chiesa
e
Stato
in
Italia
,
e
degli
stessi
precari
assetti
concordatari
,
sopravvissuti
ad
un
regime
così
diverso
e
lontano
da
quello
di
oggi
,
deve
spingere
il
Pontefice
ad
un
grande
sforzo
di
comprensione
e
di
moderazione
,
il
solo
degno
dei
tempi
,
il
solo
ispirato
alla
carità
pastorale
del
Pontificato
,
all
'
ecumenismo
che
equipara
l
'
Italia
alle
Filippine
.
Tutta
la
materia
del
Concordato
è
oggetto
di
revisione
:
fin
dalla
commissione
costituita
da
Moro
.
Il
matrimonio
concordatario
come
tale
è
un
monstrum
giuridico
,
seguito
ad
un
'
abdicazione
irripetibile
del
potere
civile
,
in
cambio
di
vantaggi
di
prestigio
oggi
irreali
.
Ci
sono
certe
difese
,
che
non
difendono
nulla
;
certe
resistenze
ad
oltranza
,
che
compromettono
solo
i
valori
fondamentali
.
Ed
oggi
il
valore
fondamentale
è
,
per
ammissione
generale
,
la
salvezza
della
libertà
religiosa
,
la
difesa
della
libertà
di
coscienza
:
egualmente
sacre
al
mondo
laico
e
al
mondo
cattolico
.
Un
secolo
non
dovrebbe
essere
passato
invano
dal
20
settembre
.
StampaPeriodica ,
Indro
Montanelli
ha
rivendicato
l
'
intenzione
di
disporre
di
sé
anche
al
momento
della
propria
morte
e
si
è
augurato
di
trovare
un
medico
ad
aiutarlo
.
Ha
spiegato
di
non
voler
accettare
la
degradazione
fisica
e
tantomeno
morale
.
In
apparenza
,
si
è
trattato
di
un
intervento
sull
'
eutanasia
.
Ma
solo
in
apparenza
,
come
ha
mostrato
Lalla
Romano
,
la
quale
ha
sostenuto
l
'
opinione
di
Montanelli
,
dichiarando
la
propria
avversione
(
se
ho
capito
bene
)
alle
discussioni
categoriali
,
in
particolare
su
una
nozione
carica
di
ombre
come
quella
di
eutanasia
;
e
soprattutto
ha
trasferito
la
riflessione
sul
rifiuto
della
sofferenza
,
della
rassegnazione
alla
sofferenza
,
e
di
qualunque
sua
valorizzazione
.
Per
questo
rifiuto
,
ha
detto
,
«
non
possiamo
dirci
cristiani
»
.
Mi
pare
un
punto
molto
importante
e
complicato
.
Esso
eccede
il
tema
del
triste
diritto
a
decidere
di
sé
anche
per
la
propria
morte
,
che
riconosco
senz
'
altro
.
È
invece
il
punto
del
significato
della
sofferenza
e
,
anzitutto
,
se
la
sofferenza
abbia
un
significato
.
Di
recente
,
Paolo
Flores
è
intervenuto
con
passione
contro
il
divieto
religioso
o
legale
al
suicidio
assistito
e
contro
il
suo
pregiudizio
profondo
:
il
«
dovere
»
della
sofferenza
.
«
La
condanna
a
una
sofferenza
...
senza
fine
,
senza
scopo
,
senza
riscatto
.
Insensata
,
innanzitutto
(
a
meno
che
non
soccorra
la
fede
di
chi
considera
la
sofferenza
un
bene
in
sé
,
ovviamente
)
.
Nella
malattia
terminale
non
c
'
è
più
nulla
,
infatti
,
oltre
la
sofferenza
stessa
.
Quando
l
'
anestesia
era
ancora
e
solo
qualche
sorsata
di
acquavite
,
le
mostruose
sofferenze
di
un
'
amputazione
possedevano
il
senso
della
differenza
capitale
:
quella
tra
la
vita
e
la
morte
.
L
'
agonia
irreversibile
del
malato
terminale
è
,
invece
,
semplice
certezza
di
tortura
a
morte
»
.
Flores
,
che
ha
dovuto
pensare
a
ciò
di
cui
parla
,
parla
tuttavia
della
malattia
terminale
:
che
non
è
l
'
orizzonte
esclusivo
della
discussione
ora
riaccesa
.
In
una
vecchiezza
che
immagina
il
modo
della
propria
fine
,
la
malattia
terminale
è
la
vita
stessa
che
si
approssima
al
suo
compimento
,
e
minaccia
la
perdita
di
sé
.
Con
questa
forte
differenza
,
resta
il
problema
posto
da
quell
'
inciso
:
«
A
meno
che
non
soccorra
la
fede
di
chi
considera
la
sofferenza
un
bene
in
sé
,
ovviamente
»
.
Esso
vuol
dire
,
com
'
è
davvero
ovvio
,
che
il
diritto
al
«
suicidio
assistito
»
è
appunto
solo
un
diritto
e
non
un
opposto
dovere
,
e
che
non
può
coinvolgere
se
non
la
libera
volontà
delle
persone
,
senza
di
che
diventa
un
fanatismo
opposto
e
abominevole
,
come
la
decisione
di
Stato
,
o
medicale
,
o
di
qualunque
altra
autorità
o
convenienza
fuori
delle
persone
,
a
metter
fine
a
vite
«
inutili
»
.
Pascal
pregava
«
pour
demander
à
Dieu
le
bon
usage
des
maladies
»
:
«
Fate
che
io
mi
senta
in
questa
malattia
come
in
una
specie
di
morte
,
separato
dal
mondo
,
privo
di
tutto
,
solo
in
vostra
presenza
...
»
.
La
domanda
delicata
è
un
'
altra
:
solo
la
fede
può
indurre
a
considerare
la
sofferenza
«
un
bene
in
sé
»
?
Anche
a
Flores
la
questione
non
sfugge
,
benché
non
vi
veda
che
un
espediente
estremo
del
bigottismo
per
replicare
alla
perdita
di
autorità
dogmatica
della
gerarchia
ecclesiastica
.
È
la
questione
della
«
natura
»
,
del
«
lasciare
che
la
natura
faccia
il
suo
corso
»
.
In
suo
nome
,
e
ipocritamente
,
dice
Flores
,
si
rifiuta
il
farmaco
che
«
in
una
volta
»
abbrevi
la
sofferenza
insopportabile
,
e
si
somministrano
i
farmaci
che
,
pur
micidiali
,
accorciano
la
vita
in
una
specie
di
eutanasia
al
rallentatore
.
Lasciar
fare
alla
natura
imporrebbe
,
per
coerenza
,
di
rinunciare
a
ogni
vaccino
,
a
ogni
antibiotico
.
Che
cosa
,
se
non
un
'
ipocrisia
,
separa
l
'
omissione
,
l
'
astensione
dall
'
accanimento
terapeutico
,
la
spina
staccata
,
dall
'
azione
(
una
flebo
attaccata
,
una
compressa
fornita
)
che
ottiene
lo
stesso
risultato
?
Io
sono
,
tremando
,
d
'
accordo
.
Ma
ho
fatto
in
tempo
ad
appartenere
a
una
cultura
umana
millenaria
,
solo
da
poco
abbandonata
,
per
la
quale
(
non
solo
nella
sua
versione
cristiana
)
il
timore
nei
confronti
della
violazione
della
«
natura
»
,
il
senso
del
sacrilegio
,
era
forte
e
profondo
.
Si
sentiva
che
una
febbre
doveva
alzarsi
e
bruciare
,
prima
di
ricadere
.
Si
sentiva
che
il
dolore
era
parte
della
guarigione
,
e
anzi
ne
era
il
prezzo
.
La
«
natura
»
,
e
per
essa
il
tempo
,
il
tempo
che
uccide
,
o
risana
,
erano
sentiti
come
inviolabili
e
pronti
a
prendersi
la
rivincita
.
L
'
anestesia
era
sentita
con
vergogna
come
una
debolezza
da
quella
cultura
virile
,
ma
anche
come
un
'
usurpazione
.
Quella
cultura
era
spaventata
e
coraggiosa
insieme
,
superstiziosa
e
nobile
.
Per
essa
Tolstoj
avversava
come
immorale
la
cura
del
mal
di
denti
e
si
teneva
la
sofferenza
.
Non
ho
nostalgia
di
quella
cultura
,
al
contrario
.
Bisogna
che
tutti
gli
esseri
viventi
vengano
liberati
quanto
è
possibile
dal
dolore
e
dalla
debolezza
.
Ma
so
che
nel
modo
di
questa
liberazione
c
'
è
un
prezzo
alto
.
Che
la
longevità
spinta
in
cerca
dell
'
immortalità
e
l
'
anestesia
universale
possono
storcere
il
disegno
della
vita
umana
in
qualcosa
di
cattivo
.
Che
nel
modo
della
manipolazione
della
natura
può
esserci
l
'
eccesso
e
la
ritorsione
.
Sia
lode
agli
antibiotici
:
ma
abbiamo
imparato
a
temerne
gli
effetti
di
ritorno
.
La
sanità
personale
,
come
l
'
ecologia
comune
,
non
ci
promettono
più
solo
felicità
e
progresso
,
ma
vulnerabilità
e
riparazione
perpetua
.
Anche
a
non
voler
vedere
la
folla
di
persone
condannate
alla
fame
,
all
'
umiliazione
e
a
una
breve
vita
che
riterremmo
per
noi
peggiore
della
morte
.
Dunque
:
c
'
è
un
significato
nella
sofferenza
,
e
che
significato
è
?
Io
non
lo
so
.
Provo
a
immaginarlo
,
da
molto
lontano
,
immagino
che
l
'
esperienza
della
sofferenza
dia
un
solo
acquisto
:
la
comprensione
della
sofferenza
altrui
.
La
cognizione
del
dolore
.
Non
è
poco
.
Nel
Cristianesimo
c
'
è
anche
questo
,
oltre
al
bigottismo
della
sofferenza
salvifica
ed
espiatrice
.
StampaQuotidiana ,
Secondo
noi
,
ha
avuto
ragione
«
Il
Popolo
»
ieri
,
che
si
è
preoccupato
,
a
proposito
delle
mille
voci
che
corrono
sulla
evasione
del
Celio
,
di
farne
anche
,
se
non
principalmente
,
una
questione
di
buona
creanza
.
«
Proprio
per
questo
»
ha
scritto
tra
l
'
altro
il
giornale
democristiano
in
un
suo
corsivo
editoriale
«
troviamo
non
solo
di
pessimo
gusto
,
ma
anche
moralmente
e
politicamente
immotivata
e
irresponsabile
la
campagna
scandalistica
che
da
alcune
parti
si
cerca
di
montare
sul
"caso"...»
Sì
,
veramente
,
non
siamo
gentili
.
Ci
sono
laggiù
,
che
ancora
non
riposano
,
335
patrioti
massacrati
alle
Fosse
Ardeatine
da
un
assassino
più
che
spietato
,
disumano
,
che
ora
è
fuggito
sotto
gli
occhi
complici
(
sì
,
complici
,
non
disattenti
o
inesperti
)
di
chi
doveva
sorvegliarlo
in
basso
e
in
alto
(
soprattutto
in
alto
)
,
e
noi
commettiamo
la
scortesia
-
come
ci
rimprovera
«
Il
Popolo
»
-
di
voler
conoscere
la
verità
tutta
quanta
sul
«
caso
»
,
come
lo
chiama
finemente
lui
;
e
siamo
così
volgari
da
raccogliere
anche
i
pettegolezzi
,
se
possono
servire
in
qualche
modo
a
illuminarci
contro
chi
vuole
deliberatamente
,
consapevolmente
,
tenerci
al
buio
.
Per
esempio
:
si
è
letto
ieri
che
non
tutti
i
pareri
concordano
sulla
diagnosi
disastrosa
pronunciata
a
suo
tempo
dai
medici
sulle
condizioni
del
prigioniero
.
Non
accusiamo
nessuno
,
non
siamo
in
grado
di
farlo
.
Ma
abbiamo
il
diritto
di
porre
una
domanda
:
ci
si
preoccupò
di
sapere
come
la
pensavano
anche
in
politica
questi
clinici
?
Viviamo
in
un
Paese
dove
migliaia
di
parroci
e
di
padroni
hanno
per
anni
schedato
(
e
forse
tuttora
schedano
)
operai
e
fedeli
,
prima
di
ammetterli
al
torchio
o
in
chiesa
.
E
non
parliamo
dei
cosiddetti
servizi
segreti
.
Si
è
pensato
di
assicurarsi
che
medici
,
assistenti
,
sorveglianti
di
Kappler
non
fossero
per
caso
,
bravura
a
parte
,
fascisti
?
Un
Terracini
,
un
Pertini
ci
avrebbero
sicuramente
pensato
.
Guardateli
in
faccia
,
si
vede
subito
.
Ma
guardate
in
faccia
Lattanzio
:
vi
pare
che
costui
abbia
una
faccia
da
antinazista
o
anche
soltanto
da
antifascista
?
Per
la
sua
età
,
direte
,
non
ha
potuto
esserlo
.
Ma
ai
vent
'
anni
del
fascismo
sono
seguiti
questi
trent
'
anni
,
in
cui
un
uomo
di
governo
avrebbe
avuto
il
dovere
di
diventarlo
.
Invece
eccolo
lì
,
Lattanzio
,
a
,
comportarsi
come
avete
visto
e
sentito
in
questi
giorni
.
E
un
uomo
di
pezza
.
E
non
usiamo
un
'
altra
parola
che
ci
starebbe
meglio
,
perché
«
Il
Popolo
»
ci
invita
al
buon
gusto
e
perché
noi
stessi
,
del
resto
,
teniamo
a
praticarlo
.
Ma
ci
soffriamo
molto
.
StampaQuotidiana ,
I
giornali
di
ieri
hanno
riferito
che
,
contrariamente
ai
timori
espressi
unanimemente
dagli
ambienti
laici
e
democratici
,
e
dalla
stampa
che
ne
è
portavoce
,
il
papa
è
intervenuto
al
Palasport
di
Roma
alla
festa
dei
Focolari
(
come
era
in
programma
)
e
vi
ha
parlato
da
quel
sacerdote
che
è
-
e
che
non
dovrebbe
mai
cessare
di
essere
-
pronunciandovi
un
discorso
«
tutto
religioso
»
,
come
lo
ha
definito
«
Il
Messaggero
»
.
Non
stiamo
a
chiederci
(
ciò
che
potrebbe
apparire
inutilmente
puntiglioso
)
se
questo
sia
avvenuto
in
seguito
alla
generale
sollevazione
provocata
dagli
ultimi
interventi
del
pontefice
a
Sotto
il
Monte
e
a
Bergamo
,
veri
e
propri
comizi
.
Limitiamoci
a
constatare
che
domenica
al
Palasport
il
papa
ha
fatto
il
papa
e
non
il
propagandista
elettorale
:
gliene
diamo
atto
volentieri
e
ci
auguriamo
-
e
gli
auguriamo
-
che
continui
così
.
Ma
non
c
'
è
soltanto
Giovanni
Paolo
II
.
Ci
sono
anche
tanti
altri
preti
di
vario
grado
che
si
occupano
dell
'
ormai
prossimo
referendum
sull
'
aborto
e
noi
ci
accontenteremo
-
per
oggi
-
di
citare
uno
dei
maggiori
tra
essi
e
forse
il
più
noto
:
quel
cardinale
Giuseppe
Siri
,
arcivescovo
di
Genova
,
che
ha
già
scritto
per
tutte
le
chiese
della
sua
Diocesi
un
appello
da
leggersi
domenica
10
(
a
una
settimana
dal
voto
)
,
al
confronto
col
quale
i
passati
e
tanto
deplorati
interventi
del
papa
sembrano
lievi
e
languide
allusioni
,
platonici
incitamenti
e
carezzevoli
accenni
,
tali
da
farci
ricordare
quei
trepidi
versi
di
Di
Giacomo
,
che
parevano
sparire
come
in
un
soffio
:
«
Nu
pianefforte
e
'
notte
sona
luntanamente
...
»
.
Qui
c
'
è
ben
altro
.
Qui
Siri
«
ordina
»
come
si
deve
votare
e
ne
indica
addirittura
il
modo
con
smaccata
anzi
sfrontata
violazione
della
legge
elettorale
.
C
'
è
qualcuno
che
ha
fatto
notare
all
'
arcivescovo
di
Genova
che
questo
è
un
vero
e
proprio
reato
e
che
gli
ha
ingiunto
di
ritirare
la
sua
lettera
?
Ma
in
fondo
il
cardinale
Siri
dà
un
colore
di
classe
(
noi
lo
sospettavamo
fondatamente
)
alla
campagna
del
Movimento
per
la
vita
che
pure
conta
anche
chi
vi
aderisce
con
sincerità
di
cuore
e
con
disinteresse
.
Ma
Siri
è
colui
che
una
volta
,
parlando
a
ricchi
signori
,
disse
:
«
Homo
sine
pecunia
,
imago
mortis
»
,
l
'
uomo
senza
soldi
è
l
'
immagine
della
morte
.
Questo
«
sì
»
alla
cancellazione
della
legge
194
piace
a
coloro
che
hanno
denari
,
che
possono
pagarsi
i
cucchiai
d
'
oro
.
Forse
il
cardinale
Siri
dice
tra
sé
:
«
Femina
(
o
mulier
)
cum
pecunia
,
imago
vitae
»
,
perché
gli
piace
un
mondo
nel
quale
i
ricchi
comandino
.
Anche
peccando
,
ma
Iddio
è
misericordioso
;
e
poi
ci
sono
dei
cardinali
per
i
quali
i
conti
correnti
valgono
anche
lassù
.