StampaQuotidiana ,
I
giorni
trascorrono
,
sempre
più
lenti
e
più
lunghi
,
quel
terribile
16
marzo
si
allontana
nel
tempo
,
siamo
già
a
maggio
,
ci
avviamo
verso
il
compimento
del
secondo
mese
dal
rapimento
dell
'
on.
Moro
e
dal
massacro
della
sua
scorta
.
E
l
'
opinione
pubblica
comincia
ad
avvertire
che
la
vicenda
,
così
grave
,
così
tragica
,
sta
assumendo
aspetti
sempre
più
inquietanti
.
Convince
sempre
meno
l
'
idea
che
ci
troviamo
di
fronte
soltanto
a
una
banda
di
terroristi
.
Ci
sono
i
"
fiancheggiatori
"
,
l
'
area
magmatica
dell
'
eversione
e
della
violenza
,
e
questo
si
sapeva
.
Ma
ormai
si
deve
pensare
che
c
'
è
anche
altro
:
collegamenti
,
complicità
,
ispiratori
in
zone
ben
più
"
rispettabili
"
e
"
rispettate
"
della
realtà
italiana
.
Perché
le
indagini
non
fanno
un
passo
avanti
?
Perché
invece
di
discutere
tanto
su
ipotesi
impraticabili
che
dovrebbero
indurre
-
chissà
perché
-
i
terroristi
a
rilasciare
Moro
,
al
prezzo
di
un
rovinoso
cedimento
dello
Stato
,
non
si
comincia
a
mettere
le
mani
su
qualcuno
?
Sono
domande
che
non
si
possono
più
ignorare
.
Tutti
si
dichiarano
per
la
lotta
contro
il
terrorismo
.
E
,
nonostante
le
oscillazioni
dei
socialisti
,
una
imponente
maggioranza
è
schierata
,
intorno
al
governo
,
sulla
linea
della
fermezza
.
Come
mai
,
allora
,
coloro
che
tale
fermezza
dovrebbero
concretare
con
l
'
azione
pratica
sembrano
come
paralizzati
,
o
quasi
?
E
'
un
fatto
che
le
indagini
ristagnano
.
Un
"
covo
"
,
è
vero
,
è
stato
scoperto
,
ma
per
caso
,
a
Roma
.
Altri
sono
emersi
dalle
nebbie
del
mistero
in
periferie
più
o
meno
lontane
.
Qualche
mandato
di
cattura
,
qualche
fermo
o
arresto
.
E
un
solo
"
brigatista
"
caduto
nelle
mani
della
polizia
,
e
ciò
perché
la
sua
vittima
ha
avuto
il
tempo
di
ferirlo
,
prima
di
morire
.
Ma
,
sulla
sostanza
,
sulla
pista
principale
,
non
un
solo
passo
avanti
.
Nel
frattempo
,
però
,
le
BR
hanno
continuato
a
sparare
e
ad
uccidere
.
Hanno
continuato
(
continuano
)
a
lanciare
bombe
.
Soprattutto
hanno
intensificato
la
diffusione
di
comunicati
e
lettere
,
infine
di
sole
lettere
a
firma
Aldo
Moro
,
"
con
una
puntualità
e
un
'
immediatezza
-
ha
scritto
con
sarcasmo
un
commentatore
-
di
cui
da
tempo
i
nostri
servizi
pubblici
sono
incapaci
"
.
In
questura
si
dice
che
queste
lettere
siano
ormai
parecchie
decine
.
Non
solo
.
Il
cittadino
legge
nei
giornali
che
la
famiglia
Moro
"
presumibilmente
"
è
anche
l
'
ultima
mittente
conosciuta
(
mittente
,
non
destinataria
)
di
tutte
queste
missive
.
Legge
che
la
famiglia
"
ha
evidentemente
trovato
un
canale
di
contatto
con
i
rapitori
senza
che
la
polizia
lo
scopra
"
.
Legge
,
rilegge
,
si
sente
ripetere
dalla
radio
e
dalla
TV
i
nomi
degli
"
intimi
collaboratori
"
del
presidente
della
DC
,
a
cui
i
cronisti
,
quasi
con
naturalezza
,
e
pur
senza
dirlo
,
attribuiscono
il
ruolo
di
"
postini
"
.
Scopre
l
'
esistenza
di
"
un
avvocato
vestito
in
modo
dimesso
"
che
secondo
alcuni
sarebbe
il
"
canale
"
di
cui
si
servono
i
terroristi
per
inoltrare
le
lettere
personali
di
Moro
.
E
,
pur
nel
rispetto
per
il
dramma
della
famiglia
del
rapito
,
il
cittadino
è
indotto
a
confrontare
questo
caso
ad
altri
analoghi
,
non
così
rilevanti
,
certo
,
sul
piano
politico
,
ma
non
meno
dolorosi
,
sul
piano
umano
,
come
i
due
ultimi
,
quello
di
Giovanna
Amati
e
di
Marta
Beni
-
Raddi
.
Qui
,
la
polizia
e
la
magistratura
non
sono
rimaste
paralizzate
.
Hanno
anzi
agito
e
hanno
messo
le
mani
sui
delinquenti
che
telefonavano
o
che
tenevano
contatti
per
altre
vie
.
O
forse
il
ragionamento
va
rovesciato
?
Forse
si
deve
concludere
che
,
appunto
perché
carico
di
implicazioni
politiche
,
il
caso
Moro
rende
l
'
arma
delle
indagini
"
scarica
e
inutile
"
,
per
citare
le
parole
di
un
giornale
che
le
BR
hanno
usato
volentieri
per
diffondere
gli
scritti
loro
e
del
loro
prigioniero
?
Noi
abbiamo
anche
seri
dubbi
che
per
queste
vie
tortuose
sarebbe
possibile
proteggere
meglio
la
vita
di
Aldo
Moro
.
StampaQuotidiana ,
Liberalizzazione
delle
droghe
leggere
?
"
Sono
più
d
'
accordo
con
Prodi
che
con
Martino
"
.
Francesco
d
'
Onofrio
,
esponente
del
CCD
ed
ex
-
Ministro
dell
'
Istruzione
,
è
favorevole
alla
"
prevenzione
ededucazione
"
,
ma
non
alla
liberalizzazione
dell
'
hashish
.
"
Pannella
-
dice
-
è
molto
faticoso
ed
è
un
grosso
problema
per
il
Polo
:
Temo
che
posizioni
molto
cattoliche
nel
nostro
schieramento
spingano
i
laici
verso
il
centrosinistra
o
verso
un
terzo
Polo
"
.
"
La
droga
?
Sono
più
d
'
accordo
con
Prodi
che
con
Martino
"
.
Francesco
D
'
Onofrio
dirigente
del
CCD
,
ex
-
Ministro
della
Pubblica
Istruzione
,
si
schiera
con
il
fronte
anti
-
Pannelliano
del
Polo
.
Con
Meluzzi
e
Gasparri
,
quindi
,
e
contro
Martino
,
Maiolo
e
Del
Noce
.
Ed
approva
la
posizione
di
Romano
Prodi
che
ieri
aveva
richiamato
la
necessità
di
dissuadere
dall
'
uso
delle
droghe
leggere
attraverso
"
un
profondo
processo
educativo
"
.
E
aveva
condannato
lo
spettacolo
di
Pannella
.
D
-
Allora
lei
che
cosa
pensa
di
tutta
questa
vicenda
?
R
-
Penso
quel
che
ha
sempre
pensato
anche
quando
ero
Ministro
della
Pubblica
Istruzione
:
la
droga
è
un
problema
serio
e
va
affrontato
evitando
le
posizioni
estreme
.
D
-
Cioè
?
R
-
Evitando
la
liberizzazione
a
tutti
i
costi
,
come
chiede
Pannella
,
e
l
'
antiproibizionismo
più
pesante
come
fanno
altri
.
D
-
Quindi
lei
è
contro
la
liberalizzazione
delle
droghe
leggere
?
R
-
Io
muovo
da
posizioni
di
ordine
sanitario
.
Quelle
leggere
sono
o
non
sono
droghe
?
C
'
è
una
dipendenza
...
D
-
La
questione
è
stata
ampiamente
discussa
.
Lei
conosce
l
'
obiezione
.
Anche
dall
'
alcool
e
dal
fumo
c
'
è
una
dipendenza
,
ma
chiunque
può
comprare
alcolici
o
sigarette
.
R
-
Benissimo
,
è
un
'
obiezione
che
accetto
,
l
'
acool
e
lo
spinello
fanno
male
,
ma
fanno
male
entrambi
.
Per
entrambi
la
questione
è
di
educazione
.
Ovviamente
non
di
repressione
,
se
non
in
alcuni
casi
.
D
-
Antonio
Martino
,
suo
collega
del
Polo
,
è
per
la
liberalizzazione
delle
droghe
.
Dice
che
ciascuno
è
libero
di
disporre
del
suo
corpo
finché
non
fa
danno
ad
altri
.
Lei
cosa
ne
pensa
?
R
-
Penso
che
la
sua
non
sia
una
posizione
liberale
,
come
afferma
,
ma
liberista
e
libertina
.
Non
è
vero
che
assumendo
droghe
leggere
non
si
fa
danno
ad
altri
.
Col
fumo
,
il
danno
agli
altri
è
limitato
,
l
'
ubriaco
può
danneggiare
gli
altri
...
D
-
E
chi
fuma
lo
spinello
che
danno
può
fare
?
R
-
C
'
è
il
danno
che
procura
a
se
stesso
,
come
quello
del
passaggio
inevitabile
dalle
droghe
leggere
alle
droghe
pesanti
.
Questo
è
il
punto
più
delicato
.
Se
su
mille
consumatori
di
hashish
,
950
passano
all
'
eroina
,
il
problema
è
grave
,
molto
grave
.
D
-
Non
c
'
è
dubbio
,
ma
non
mi
pare
esistano
statistiche
in
questo
senso
.
Non
c
'
è
niente
che
dimostri
questo
inevitabile
passaggio
.
O
lei
ha
dei
dati
?
R
-
Io
credo
che
vadano
fatti
degli
accertamenti
seri
.
Che
si
debba
sapere
con
certezza
qual
è
il
danno
che
le
droghe
leggere
arrecano
,
se
c
'
è
questo
passaggio
a
quelle
pesanti
ed
in
quale
percentuale
.
Non
si
può
procedere
per
posizioni
ideologiche
.
Ci
vogliono
dati
di
fatto
e
ricerche
serie
.
D
-
Ma
sempre
Martino
sostiene
che
anche
cocaina
ed
eroina
andrebbero
liberalizzate
...
R
-
Questa
è
una
posizione
proprio
inaccettabile
.
Martino
è
indubbiamente
coerente
,
ma
io
non
sono
assolutamente
d
'
accordo
.
D
-
Nel
frattempo
qualcosa
bisogna
fare
.
Pannella
in
modo
spettacolare
,
forse
non
del
tutto
condivisibile
,
comunque
ha
posto
un
problema
.
Lei
cosa
risponde
.
R
-
Sono
per
la
prevenzione
,
sono
perché
non
vi
siano
sanzioni
penali
per
chi
consuma
droghe
leggere
.
Nessuna
repressione
,
quindi
.
Questa
si
può
giustificare
solo
se
,
con
l
'
uso
della
droga
,
si
procura
danno
ad
altri
.
D
-
Ma
la
presenza
di
Pannella
nel
Polo
comincia
ad
essere
faticosa
?
R
-
Faticosa
sì
,
molto
faticosa
.
E
'
la
questione
più
delicata
che
abbiamo
di
fronte
.
E
non
ne
faccio
una
questione
di
disciplina
del
Polo
,
ne
faccio
una
questione
politica
.
D
-
Ma
lei
Pannella
lo
conosceva
bene
.
Adesso
che
cosa
c
'
è
di
nuovo
che
la
preoccupa
?
R
-
Il
fatto
che
siamo
in
un
sistema
maggioritario
.
Pannella
solleva
problemi
enormi
,
quelli
che
riguardano
le
coscienze
,
e
che
in
genere
sono
materia
di
referendum
.
Ma
in
un
sistema
maggioritario
,
nel
quale
si
vota
l
'
uomo
e
le
sue
posizioni
,
far
emergere
questi
problemi
può
essere
pericoloso
.
Chi
è
antiabortista
può
non
votare
il
candidato
del
suo
schieramento
perché
è
abortista
,
chi
è
per
la
liberalizzazione
delle
droghe
leggere
può
dire
di
no
al
candidato
che
è
contrario
...
D
-
Insomma
un
bel
guaio
.
E
lei
in
questa
situazione
che
cosa
teme
?
R
-
Che
il
centro
-
destra
,
se
assume
su
alcune
questioni
una
posizione
troppo
cattolica
,
possa
essere
abbandonato
dai
laici
che
potrebbero
confluire
nel
centro
sinistra
o
in
un
terzo
polo
.
Insomma
il
problema
c
'
è
.
D
-
Non
c
'
è
dubbio
.
Lei
per
esempio
ha
visto
la
posizione
di
Prodi
su
questa
questione
delle
droghe
leggere
?
R
-
Sì
,
e
sono
d
'
accordo
con
lui
.
Sono
sicuramente
più
d
'
accordo
con
lui
che
con
Martino
.
Anzi
,
con
Martino
il
mio
dissenso
aumenta
.
StampaQuotidiana ,
Premetto
che
non
sono
fra
quelli
che
liquidano
il
fenomeno
radicale
come
qualunquismo
o
che
trovano
comodo
etichettare
Pannella
come
fascista
(
anzi
,
più
in
generale
proporrei
di
usare
quest
'
ultimo
termine
con
maggiore
discrezione
e
appropriatezza
:
se
ne
fanno
un
uso
e
un
abuso
,
che
rivelano
,
temo
,
la
carenza
di
analisi
più
approfondite
e
aggiornate
)
.
C
'
è
invece
,
una
complessità
e
contraddittorietà
del
fenomeno
con
le
quali
occorre
misurarsi
.
E
c
'
è
al
tempo
stesso
il
pericolo
che
un
aumento
della
forza
elettorale
di
questo
partito
,
ottenuto
sulla
base
degli
"
slogans
"
che
esso
utilizza
nel
corso
di
questa
campagna
,
ne
scateni
gli
aspetti
e
le
componenti
peggiori
.
C
'
è
,
ancora
,
il
pericolo
che
verso
la
suggestione
radicale
s
'
indirizzino
il
sentimento
di
protesta
e
le
frustrazioni
di
certi
settori
dei
giovani
,
i
quali
possono
nei
radicali
individuare
l
'
ennesima
proiezione
illusoria
di
certe
loro
aspettative
non
ingiustificate
di
"
rinnovamento
e
di
trasformazione
"
.
Perciò
,
prendendo
i
radicali
,
o
,
per
meglio
dire
,
il
loro
gruppo
dirigente
,
per
quello
che
sono
,
e
cioè
una
forza
che
interpreta
e
strumentalizza
stati
d
'
animo
e
reazioni
,
che
nascono
dalla
crisi
profonda
di
certi
settori
della
società
italiana
e
delle
istituzioni
,
mi
proverò
a
spiegare
ad
un
giovane
,
presumibilmente
progressista
e
democratico
,
le
ragioni
per
cui
"
non
"
deve
votare
radicale
.
Non
deve
votare
radicale
:
1
)
Perché
i
radicali
sono
antioperai
prima
che
anticomunisti
,
o
,
più
esattamente
,
anticomunisti
in
quanto
antioperai
.
Non
c
'
è
un
solo
punto
del
programma
radicale
che
riguardi
gli
interessi
,
i
bisogni
,
le
lotte
della
classe
operaia
.
Mi
si
potrà
rispondere
:
cosa
ce
ne
importa
a
noi
della
classe
operaia
?
non
basta
lottare
per
i
propri
più
immediati
e
avvertiti
interessi
?
Ma
è
appunto
questo
l
'
elemento
grave
che
il
radicalismo
introduce
nel
dibattito
politico
italiano
,
anche
rispetto
alla
lunga
conquista
di
posizioni
e
di
coscienze
seguita
al
'68-'69
:
il
convincimento
che
si
possano
soddisfare
interessi
e
bisogni
di
qualsiasi
settore
in
movimento
della
società
italiana
è
,
senza
fare
riferimento
alla
classe
operaia
.
Mettendo
fra
parentesi
la
classe
operaia
e
la
sua
strategia
di
trasformazione
,
il
radicalismo
spezza
il
campo
delle
forze
progressiste
,
fa
un
favore
alla
conservazione
.
2
)
Perché
il
gruppo
dirigente
radicale
è
,
intimamente
,
borghese
e
conservatore
.
Non
fermiamoci
alle
apparenze
:
alle
urla
,
agli
strilli
,
alle
proteste
da
gruppo
minoritario
perseguitato
ed
oppresso
.
Ciò
che
il
gruppo
dirigente
radicale
ha
in
mente
come
democrazia
organizzata
delle
grandi
masse
,
è
l
'
enorme
rilievo
che
,
attraverso
i
moderni
partiti
e
sindacati
,
hanno
assunto
i
soggetti
sociali
collettivi
della
trasformazione
.
Il
loro
sogno
è
quello
di
ricostruire
una
società
politica
in
cui
il
potere
dell
'
»
organizzazione
sia
fortemente
ridimensionato
e
il
"
leaderismo
"
e
il
"
carisma
"
di
alcuni
notabili
vengano
restituiti
al
valore
d
'
un
tempo
.
Lo
Stato
di
diritto
,
a
cui
i
radicali
pensano
,
assomiglia
molto
allo
Stato
liberal
-
borghese
post
-
unitario
:
Bertrando
Spaventa
conta
,
in
questa
visione
,
molto
ma
molto
più
di
Marx
.
Ma
questo
sarebbe
un
andare
avanti
o
un
tornare
indietro
?
Il
sistema
dei
partiti
ha
bisogno
di
essere
profondamente
rinnovato
,
lo
sappiamo
tutti
,
penso
che
i
giovani
siano
interessati
a
rinnovarlo
nel
senso
di
una
partecipazione
crescente
delle
masse
alla
democrazia
,
non
in
quello
esattamente
opposto
di
un
ripristino
delle
condizioni
che
reggevano
in
piedi
il
vecchio
notabilato
liberal
-
conservatore
(
che
,
non
a
caso
,
comprimeva
e
mortificava
proprio
la
presenza
delle
giovani
forze
politiche
e
culturali
nella
società
)
.
3
)
Perché
la
strategia
di
lotte
parziali
,
che
i
radicali
propongono
,
rinuncia
per
definizione
alla
visione
generale
,
complessiva
,
dello
scontro
di
classe
e
della
battaglia
politica
.
Questo
spiega
anche
perché
dentro
ci
si
può
ammucchiare
di
tutto
:
dai
sentimenti
di
frustrazione
di
una
piccola
borghesia
impiegatizia
e
localistica
al
ragionamento
opportunistico
dell
'
ex
rivoluzionario
deluso
.
Ma
può
piacere
ai
giovani
tutto
questo
?
Fra
una
battaglia
parziale
e
l
'
altra
ci
stanno
spazi
larghi
come
una
casa
:
dentro
questi
spazi
il
potere
della
vecchia
classe
dominante
ci
si
adagia
comodamente
.
Ai
democristiani
questa
strategia
gli
fa
il
solletico
:
tant
'
è
vero
che
preferirebbero
di
gran
lunga
un
successo
radicale
ad
una
rinnovata
affermazione
comunista
.
4
)
Perché
il
radicalismo
è
una
mentalità
che
nella
storia
italiana
,
anche
nella
storia
della
cultura
italiana
,
ha
sempre
rappresentato
un
approccio
superficiale
ai
problemi
,
uno
schematizzare
,
un
semplificare
,
ecc.
Avete
mai
sentito
,
onestamente
,
un
dirigente
radicale
fare
un
"
ragionamento
"
,
tentare
un
'
"
analisi
"
?
Al
posto
degli
strumenti
analitici
c
'
è
,
nei
casi
migliori
,
un
uso
brillante
della
dialettica
e
una
capacità
notevole
di
resa
emotiva
;
nei
casi
peggiori
,
la
violenza
verbale
,
la
volontà
di
ridurre
il
confronto
politico
ad
un
gioco
di
ragioni
polemiche
sostenute
unicamente
dalle
reciproche
volontà
distruttive
.
Questo
è
potuto
sembrare
qualche
volta
affascinante
.
Ma
pensateci
bene
:
a
quale
tipo
di
discorso
politico
il
radicalismo
ci
induce
?
A
un
tipo
di
discorso
politico
fondato
esclusivamente
sulla
contrapposizione
schematica
e
spesso
puramente
verbale
.
Anche
questo
è
un
passo
avanti
o
un
passo
indietro
?
Se
siamo
d
'
accordo
che
il
ragionamento
(
e
il
linguaggio
)
politico
italiano
soffre
di
formalismo
e
di
vuotaggini
,
il
discorso
radicale
non
fa
che
confermare
e
approfondire
questo
carattere
:
con
un
po
'
più
di
verve
ma
anche
con
maggiore
protervia
.
5
)
Perché
nel
radicalismo
c
'
è
una
malcelata
e
profonda
volontà
di
sopraffazione
.
Si
lamentano
di
essere
costretti
a
parlare
troppo
poco
,
ma
in
realtà
urlano
più
di
tutti
.
Hanno
disprezzo
per
i
loro
interlocutori
.
Fanno
scuola
d
'
intolleranza
.
Attirano
elettori
dalla
destra
facendo
sfoggio
di
battute
anticomuniste
e
antistituzionali
.
Guardate
Marco
Pannella
quando
parla
in
TV
:
è
dai
primi
anni
'50
che
ce
l
'
ha
con
i
partiti
di
sinistra
e
in
particolare
con
i
comunisti
,
e
lo
dimostra
con
tutta
la
rabbia
che
esprime
.
Cova
un
sogno
di
rivincita
:
e
i
sogni
di
rivincita
non
badano
troppo
al
sottile
,
tutti
i
mezzi
sono
buoni
.
Ma
cos
'
ha
a
che
fare
questa
rivincita
personale
o
di
gruppo
con
le
speranze
di
trasformazione
e
di
rinnovamento
proprie
della
gioventù
italiana
?
Per
concludere
:
lo
spazio
radicale
è
uno
spazio
politico
e
sociale
,
che
il
movimento
operaio
ha
in
Italia
solidamente
occupato
fin
dagli
ultimi
anni
del
secolo
scorso
.
E
'
lo
spazio
dei
diritti
civili
e
delle
lotte
per
l
'
allargamento
delle
libertà
,
della
critica
alle
tentazioni
autoritarie
dello
Stato
e
della
rivendicazione
di
migliori
»
condizioni
di
esistenza
per
l
'
individuo
e
per
il
cittadino
.
Non
a
caso
l
'
unico
episodio
rilevante
di
un
'
alleanza
tra
movimento
operaio
e
partito
radicale
è
legato
alla
lotta
contro
l
'
"
infame
"
governo
Crispi
e
contro
la
svolta
reazionaria
del
'98
.
Da
allora
,
la
battaglia
radicale
è
stata
ricompresa
nella
più
complessiva
strategia
liberatoria
del
movimento
operaio
italiano
.
Se
uno
spazio
radicale
si
è
riaperto
,
vuol
dire
che
sul
terreno
dei
diritti
civili
e
delle
insufficienze
del
nostro
sistema
politico
e
della
nostra
democrazia
,
il
movimento
operaio
italiano
non
ha
fatto
tutto
quello
che
avrebbe
dovuto
.
Questo
i
giovani
possono
e
debbono
richiedere
:
che
il
terreno
dello
sviluppo
della
democrazia
e
della
libertà
sia
individuali
che
collettive
venga
praticato
fino
in
fondo
dal
movimento
operaio
,
dai
comunisti
,
nell
'
arco
complessivo
di
una
strategia
riformatrice
,
che
veda
crescere
,
e
non
diminuire
,
l
'
unità
delle
loro
forze
sociali
e
politiche
progressiste
.
Ma
appunto
perciò
non
si
può
dar
credito
al
gruppo
dirigente
radicale
,
che
usa
queste
tematiche
per
una
battaglia
di
divisione
e
di
anticomunismo
stantio
:
bisogna
,
anche
col
voto
,
dimostrare
che
la
strumentalizzazione
non
è
passata
.
StampaQuotidiana ,
Palermo
.
Corre
questo
interrogativo
:
perché
La
Torre
oggi
?
Tante
risposte
,
tanti
possibili
"
fili
di
ragionamento
"
,
tanti
possibili
paradigmi
indiziari
.
Si
cerca
di
rispondere
nelle
riunioni
e
negli
incontri
di
magistrati
,
di
funzionari
e
ufficiali
che
svolgono
le
indagini
.
Si
cerca
di
rispondere
anche
nei
crocchi
agli
angoli
di
piazza
Politeama
e
di
piazza
Massimo
,
e
questo
chiedevano
,
con
quegli
applausi
tutti
ben
mirati
e
pensati
,
con
quei
volti
di
anziani
rigati
di
lacrime
,
di
giovani
storditi
,
quei
siciliani
,
quei
cittadini
di
Palermo
che
a
decine
di
migliaia
erano
in
piazza
ieri
mattina
a
salutare
Pio
La
Torre
e
Rosario
Di
Salvo
.
Questo
si
è
chiesto
a
un
certo
punto
del
suo
discorso
anche
Enrico
Berlinguer
:
perché
La
Torre
oggi
?
La
risposta
sta
proprio
in
quella
capacità
di
suscitare
movimenti
di
massa
-
come
già
avvenne
negli
anni
50
,
gli
anni
di
Li
Causi
,
alla
cui
scuola
furono
educati
La
Torre
e
tanti
altri
dirigenti
del
movimento
operaio
-
che
ancora
una
volta
i
comunisti
stanno
dimostrando
in
Sicilia
.
Il
potere
mafioso
ha
sempre
bisogno
di
una
grande
pace
.
Una
pace
generalizzata
,
una
quiete
sociale
fatta
di
rassegnazione
e
di
arrangiamenti
spiccioli
,
un
torpore
differenziato
che
non
attragga
attenzioni
,
che
non
faccia
puntare
i
riflettori
,
che
non
ecciti
le
forze
dell
'
indagine
e
della
repressione
del
crimine
,
che
non
faccia
scrivere
i
giornali
.
Tanto
più
questa
pace
serve
quando
c
'
è
in
gioco
un
"
business
"
della
portata
di
quello
di
questi
anni
e
mesi
.
Un
"
business
"
che
coinvolge
i
fratelli
della
costa
atlantica
USA
,
che
porta
nell
'
isola
la
silenziosa
ed
esplosiva
ricchezza
di
oltre
ventimila
miliardi
di
lire
all
'
anno
per
la
produzione
e
il
traffico
della
droga
pesante
.
Questo
gigantesco
"
laboratorio
"
(
in
senso
proprio
di
raffinerie
per
l
'
eroina
e
in
senso
metaforico
)
deve
essere
lasciato
nella
più
grande
"
pace
"
,
perché
i
traffici
prolifichino
,
innocui
e
benefici
,
senza
che
alcuno
vada
a
vedere
di
dove
sorgono
.
Pier
Santi
Mattarella
aveva
cominciato
a
dare
qualche
segno
di
rinnovamento
nel
governare
questa
regione
.
Uomo
doppiamente
pericoloso
:
figlio
di
un
esponente
politico
discusso
per
i
suoi
rapporti
col
mondo
della
mafia
approdò
infatti
a
una
maturazione
di
cattolico
e
democratico
pensoso
del
bene
comune
,
innovatore
prudente
ma
saldo
di
stampo
moroteo
.
Gaetano
Costa
,
il
Procuratore
,
aveva
impresso
una
svolta
,
diciamo
così
"
teorica
"
alle
indagini
giudiziarie
contro
la
mafia
.
Si
era
mosso
cioè
con
i
mezzi
tecnici
di
un
magistrato
,
ma
con
la
statura
di
un
intellettuale
che
minacciava
di
porre
micidiali
mine
a
scoppio
ritardato
sotto
le
potenti
"
mura
di
Gerico
"
della
cittadella
mafiosa
.
Ecco
,
ci
pare
giusto
ricordare
questi
due
fra
i
tanti
che
la
mafia
ha
assassinato
in
questi
ultimi
anni
,
perché
la
loro
uccisione
avviene
sotto
lo
stesso
segno
politico
-
tutto
politico
-
che
caratterizza
quella
di
Pio
La
Torre
.
Il
potere
mafioso
non
ha
bisogno
di
uffici
studi
per
capire
queste
cose
,
ha
antenne
sensibili
ed
intelligenti
.
Pio
La
Torre
era
arrivato
qui
caricato
di
un
"
animus
"
già
di
per
sè
inquietante
.
Era
arrivato
forte
di
una
sua
nuova
,
aggiornata
cultura
su
ciò
che
era
la
mafia
di
oggi
.
E
si
era
mosso
subito
con
una
capacità
di
mobilitazione
,
un
attivismo
,
una
inventiva
che
sconcertavano
il
pianeta
mafioso
e
che
facevano
presa
in
modo
imprevisto
fra
la
gente
,
fra
i
giovani
,
negli
ambienti
più
diversi
.
Pensiamo
a
questa
campagna
per
la
pace
contro
i
missili
a
Comiso
.
Di
colpo
questa
Sicilia
,
questa
Comiso
,
diventavano
una
grande
scritta
in
tedesco
,
in
fiammingo
o
in
svedese
su
cartelli
portati
da
cortei
imponenti
del
movimento
per
la
pace
nelle
capitali
d
'
Europa
.
E
La
Torre
,
il
PCI
,
avevano
insistito
:
un
milione
di
firme
siciliane
contro
la
base
di
Comiso
.
Qualcosa
di
cui
era
arrivata
notizia
persino
sui
giornali
degli
Stati
Uniti
dove
dell
'
Italia
ci
si
occupa
ben
di
rado
.
E
pensiamo
intanto
a
quello
che
stava
avvenendo
in
questa
isola
.
Tavoli
per
le
firme
della
pace
davanti
alle
chiese
,
anche
nei
punti
più
remoti
delle
città
e
delle
campagne
,
bene
accettati
dai
parroci
;
un
banchetto
anche
davanti
al
Duomo
di
Monreale
;
il
cardinal
Pappalardo
che
dice
"
Non
posso
oppormi
ad
un
movimento
che
chiede
la
pace
"
;
i
centomila
della
marcia
di
Comiso
;
dieci
deputati
regionali
dc
(
la
DC
di
Sicilia
)
che
firmano
la
petizione
contro
i
missili
a
Comiso
;
il
presidente
dell
'
Assemblea
Regionale
,
il
socialista
Lauricella
,
che
si
schiera
per
le
firme
;
il
sindacato
che
prima
è
incerto
e
poi
si
mobilita
;
il
tavolo
per
le
firme
davanti
alla
stazione
ferroviaria
di
Palermo
dove
fanno
la
coda
,
in
arrivo
da
ogni
provincia
,
casuali
passanti
per
firmare
;
centomila
firme
solo
nel
capoluogo
regionale
dopo
pochi
giorni
.
E
intanto
,
si
badi
,
i
convegni
del
PCI
sulla
mafia
e
con
la
partecipazione
di
magistrati
;
magistrati
che
vanno
poi
al
congresso
regionale
del
PCI
e
parlano
dalla
tribuna
contro
la
mafia
.
E
la
delegazione
guidata
da
La
Torre
che
va
da
Spadolini
.
E
la
pronta
nomina
di
Dalla
Chiesa
prefetto
a
Palermo
,
nella
città
nella
quale
sino
a
poco
tempo
fa
si
pensava
che
bastasse
per
fare
il
questore
uno
che
non
era
nemmeno
funzionario
di
polizia
,
che
era
solo
iscritto
alla
P2
,
come
tutto
merito
.
Ma
tutto
questo
non
fa
rizzare
quelle
tali
antenne
mafiose
?
Per
una
serie
di
ragioni
anche
generali
e
di
diverso
genere
questo
movimento
stava
attecchendo
in
modo
imprevedibile
.
E
una
delle
ragioni
era
proprio
questa
nuova
capacità
impressa
al
PCI
di
incidere
,
di
darsi
una
cultura
politica
di
massa
adeguata
.
C
'
è
un
"
antico
"
che
può
finire
con
il
coincidere
con
la
neo
-
cultura
del
"
post
-
moderno
"
.
La
Torre
lo
aveva
felicemente
capito
.
Ha
ricordato
un
suo
compagno
palermitano
della
prima
ora
,
Mario
Collarà
che
è
segretario
della
sezione
"
Francesco
Losardo
"
che
era
da
sempre
,
qui
a
Palermo
,
quella
di
La
Torre
:
"
Mi
ricordo
negli
anni
50
,
quando
si
faceva
la
diffusione
domenicale
de
L
'
Unità
e
Pio
,
in
una
mattinata
,
riusciva
a
vendere
700
copie
.
E
quelli
erano
tempi
nei
quali
qui
al
quartiere
del
"
Capo
"
a
saper
leggere
erano
ben
pochi
"
.
E
ha
detto
un
altro
compagno
di
quella
sezione
comunista
palermitana
,
Mario
Viale
:
"
Sono
stato
con
Pio
due
domeniche
fa
a
raccogliere
le
firme
per
la
pace
.
Era
allegro
,
scherzava
e
convinceva
tutti
a
firmare
"
.
Ecco
,
appunto
,
l
'
antico
che
diventa
messaggio
moderno
,
che
colpisce
i
giovani
come
una
novità
piena
di
fascino
,
come
un
"
modo
nuovo
"
di
fare
politica
.
Questo
,
tutto
questo
,
sfasciava
il
clima
della
"
pax
mafiosa
"
,
quella
tale
pace
all
'
ombra
della
quale
si
è
potuto
operare
tranquilli
per
due
anni
dopo
l
'
intimidazione
degli
assassinii
di
Mattarella
e
di
Costa
:
quando
le
varie
"
famiglie
"
regolavano
i
conti
tra
loro
(
130
i
morti
negli
ultimi
13
mesi
,
opportunamente
"
potate
"
le
vecchie
piante
dei
Badalamenti
,
degli
Inzerillo
,
dei
Bontade
nella
disperata
lotta
per
il
controllo
del
"
business
"
dell
'
eroina
)
e
la
gente
badava
solo
ai
fatti
suoi
.
Ha
detto
Ninni
Guccione
,
presidente
regionale
delle
ACLI
,
pochi
minuti
dopo
aver
appreso
la
notizia
dell
'
uccisione
di
La
Torre
:
"
Chi
riesce
a
muovere
le
cose
,
ad
innescare
processi
che
comunque
cambino
le
cose
,
qualcosa
,
che
siano
unitari
e
collettivi
,
qui
in
Sicilia
ha
solo
una
risposta
,
che
è
il
piombo
,
la
sentenza
di
morte
"
.
Non
crediamo
che
sia
sempre
così
.
Questa
volta
il
potere
mafioso
ha
lanciato
una
sfida
troppo
ardita
e
dubitiamo
fortemente
che
quel
movimento
che
esso
tanto
teme
,
possa
fermarsi
-
piuttosto
che
intensificarsi
-
perché
il
compagno
Pio
La
Torre
è
stato
fucilato
a
tradimento
.
StampaQuotidiana ,
Viviamo
giorni
gravi
per
la
nostra
democrazia
.
Abbiamo
parlato
di
pericolo
per
la
Repubblica
.
Non
è
un
cedimento
all
'
emozione
,
è
un
giudizio
politico
che
parte
dalla
consapevolezza
delle
forze
potenti
,
interne
e
internazionali
,
che
muovono
le
fila
di
questo
attacco
spietato
contro
lo
Stato
e
le
libertà
repubblicane
.
Il
Paese
ha
capito
e
milioni
di
uomini
si
sono
mobilitati
dando
la
risposta
giusta
,
la
più
ampia
e
la
più
unitaria
.
Comunisti
,
socialisti
,
democristiani
,
cittadini
e
giovani
di
ogni
fede
politica
si
sono
ritrovati
in
piazza
con
le
loro
bandiere
e
con
una
comune
volontà
di
difendere
la
democrazia
.
E
in
Parlamento
le
forze
politiche
democratiche
hanno
dato
vita
ad
una
maggioranza
nuova
per
la
presenza
in
essa
,
dopo
più
di
trent
'
anni
,
del
partito
comunista
italiano
:
fatto
che
ha
assunto
particolare
significato
per
il
momento
in
cui
è
avvenuto
,
superando
di
slancio
dubbi
e
incertezze
di
ogni
parte
che
pur
erano
presenti
dopo
la
conclusione
della
crisi
di
governo
.
È
facile
immaginare
quale
sarebbe
oggi
la
situazione
,
quale
lo
smarrimento
,
se
non
vi
fosse
stata
questa
risposta
del
Paese
e
del
Parlamento
.
È
chiaro
adesso
perché
abbiamo
lavorato
così
tenacemente
per
evitare
uno
scontro
lacerante
che
avrebbe
provocato
l
'
ingovernabilità
del
paese
,
la
paralisi
dei
pubblici
poteri
e
lo
scioglimento
delle
Camere
.
È
chiaro
perché
abbiamo
posto
al
centro
di
tutta
la
nostra
azione
la
necessità
di
fronteggiare
l
'
emergenza
attraverso
una
collaborazione
chiara
tra
le
forze
politiche
fondamentali
.
Si
è
affermato
che
Aldo
Moro
è
stato
rapito
proprio
per
colpire
un
simbolo
,
tra
i
più
significativi
,
di
questo
sforzo
,
teso
a
impedire
lo
scollamento
politico
e
istituzionale
.
Ma
al
di
là
della
persona
di
Moro
-
(
al
quale
rinnoviamo
,
in
questo
terribile
momento
,
la
nostra
stima
e
solidarietà
)
-
si
è
voluto
colpire
l
'
insieme
della
democrazia
italiana
.
Il
terrorismo
e
la
violenza
politica
mirano
a
questo
:
a
sostituire
la
presenza
,
l
'
iniziativa
,
la
partecipazione
,
e
quindi
la
crescita
della
coscienza
politica
di
masse
sempre
più
grandi
di
popolo
,
con
la
guerriglia
di
bande
di
fanatici
a
colpi
di
spranga
e
pistola
.
È
la
conquista
più
grande
del
popolo
che
viene
minacciata
.
Si
vuole
impaurire
la
gente
,
disperderla
,
svuotare
le
istituzioni
rappresentative
e
preparare
così
il
terreno
a
nuove
dittature
.
È
giunto
il
momento
di
decidere
da
che
parte
si
sta
.
Noi
la
scelta
l
'
abbiamo
fatto
.
Essa
è
scritta
nella
nostra
storia
.
Il
regime
democratico
e
la
Costituzione
italiana
sono
conquiste
decisive
e
irrinunciabili
del
movimento
popolare
,
delle
sue
lotte
,
del
suo
cammino
,
non
ci
sono
stati
regalati
da
nessuno
.
Molto
c
'
è
da
rinnovare
nella
società
e
nello
Stato
,
ma
guai
ad
allentare
la
difesa
delle
conquiste
realizzate
e
delle
istituzioni
repubblicane
.
Non
c
'
è
oggi
compito
più
urgente
e
più
concretamente
rivoluzionario
che
quello
di
fare
terra
bruciata
attorno
agli
eversori
.
Facciano
il
loro
dovere
,
fino
in
fondo
,
i
corpi
preposti
alla
difesa
delle
istituzioni
.
Faccia
il
proprio
dovere
ogni
cittadino
democratico
.
Nessuno
si
lasci
prendere
dalla
sfiducia
,
tutti
contribuiscano
,
quale
che
sia
la
loro
funzione
,
a
mandare
avanti
la
vita
del
paese
in
tutti
i
campi
.
Faccia
il
suo
dovere
la
classe
operaia
che
sta
diventando
sempre
più
la
forza
che
in
concreto
garantisce
gli
interessi
fondamentali
della
nazione
e
la
capacità
di
reggere
a
tutti
gli
urti
.
Come
partito
comunista
continueremo
a
fare
la
nostra
parte
.
Ma
questa
mobilitazione
straordinaria
,
questa
vigilanza
di
massa
del
nostro
popolo
chiedono
,
sollecitano
,
una
guida
politica
nuova
del
Paese
.
Ha
colpito
tutti
,
giovedì
,
l
'
assonanza
tra
Paese
reale
e
Paese
legale
,
tra
società
civile
e
il
Parlamento
.
Tutti
capiscono
che
ben
altro
governo
sarebbe
stato
necessario
,
un
vero
governo
di
unione
democratica
.
Ma
il
rischio
di
una
grave
lacerazione
è
stato
evitato
,
una
nuova
maggioranza
parlamentare
si
è
formata
e
vi
è
un
programma
che
consente
di
fronteggiare
l
'
emergenza
secondo
linee
che
vanno
al
di
là
dell
'
immediato
.
Si
tratta
di
un
passo
avanti
,
che
attende
ora
la
prova
dei
fatti
.
Il
nostro
proposito
è
che
la
più
ferma
difesa
della
convivenza
democratica
si
accompagni
,
finalmente
,
al
rigore
,
alla
pulizia
,
all
'
efficienza
.
Bisogna
risanare
lo
Stato
.
La
cosa
pubblica
deve
essere
amministrata
seriamente
.
E
questo
vale
per
tutti
:
per
i
più
alti
funzionari
e
dirigenti
delle
imprese
statali
come
per
i
più
umili
impiegati
.
La
carta
fondamentale
che
viene
giocata
contro
le
forze
del
rinnovamento
è
la
disgregazione
,
il
lassismo
,
il
non
governo
.
Il
rigore
è
una
scelta
nostra
,
come
lo
è
l
'
austerità
:
è
la
leva
per
cambiare
le
cose
e
non
soltanto
per
impedire
il
collasso
.
Ciò
è
reso
possibile
dalla
presenza
nella
maggioranza
dei
partiti
delle
classi
lavoratrici
.
Il
PCI
reca
in
questa
maggioranza
anche
un
modo
nuovo
e
più
alto
di
sentire
gli
interessi
nazionali
,
una
nuova
moralità
.
Già
da
tempo
la
classe
operaia
influenza
,
più
o
meno
ampiamente
,
l
'
indirizzo
politico
nazionale
.
Oggi
può
esercitare
tale
influenza
politica
in
modo
più
diretto
.
Il
passo
avanti
realizzato
nell
'
unità
delle
forze
fondamentali
del
nostro
popolo
reca
il
segno
dell
'
emergenza
.
Noi
staremo
in
questa
maggioranza
parlamentare
con
la
lealtà
e
fermezza
.
Daremo
il
nostro
sostegno
,
ma
eserciteremo
un
incisivo
e
metodico
controllo
.
Ci
adopereremo
perché
ogni
decisione
sia
coerente
col
programma
e
anzitutto
con
le
sue
priorità
:
ordine
democratico
,
salvezza
della
scuola
,
occupazione
,
Mezzogiorno
.
C
'
è
però
chi
concepisce
la
soluzione
attuale
della
crisi
come
una
semplice
tregua
.
Troppo
grandi
sono
i
problemi
che
la
nuova
maggioranza
dovrà
affrontare
,
troppo
alta
è
la
posta
in
gioco
per
poter
giustificare
un
atteggiamento
puramente
attendista
e
passivo
qual
è
quello
di
tregua
.
È
il
momento
dell
'
iniziativa
e
dell
'
azione
solidale
con
il
Paese
:
altrimenti
tutti
ne
pagheremmo
lo
scotto
.
Molto
dipende
dunque
dallo
sviluppo
nel
profondo
del
Paese
di
movimenti
che
rafforzino
il
tessuto
democratico
e
rendano
più
salda
ed
estesa
l
'
unità
tra
le
forze
popolari
.
StampaQuotidiana ,
La
scomparsa
di
Amadeo
Bordiga
ha
riproposto
il
tema
della
sua
figura
e
della
sua
opera
.
Era
nato
a
Resina
(
Napoli
)
nel
1889
.
Nel
1910
si
iscrisse
alla
federazione
giovanile
socialista
,
che
si
collocava
alla
sinistra
del
partito
e
si
distinse
in
essa
per
la
sua
intransigente
opposizione
alle
posizioni
riformiste
.
Particolarmente
dura
fu
la
sua
polemica
contro
i
maggiori
esponenti
del
socialismo
napoletano
e
le
loro
«
degenerazioni
bloccarde
»
:
nel
1912
fondò
il
circolo
«
Carlo
Marx
»
che
divenne
il
centro
di
raccolta
dei
socialisti
rivoluzionari
napoletani
.
Al
congresso
di
Ancona
nel
1914
,
opponendosi
a
quanti
affermavano
che
nel
Mezzogiorno
i
socialisti
dovevano
adottare
una
linea
particolare
,
afferma
che
il
processo
rivoluzionario
aveva
uno
svolgimento
simultaneo
e
che
di
conseguenza
,
il
,
partito
socialista
doveva
adottare
una
tattica
unitaria
.
Apparivano
già
evidenti
alcuni
degli
elementi
positivi
e
negativi
che
sarebbero
rimasti
poi
fondamentali
nell
'
ideologia
bordighiana
;
il
rifiuto
di
ogni
soluzione
parziale
o
localistica
ma
,
nello
stesso
tempo
,
l
'
identificazione
di
tattica
e
strategia
,
la
difficoltà
di
passare
in
maniera
efficace
dall
'
elaborazione
teorica
all
'
attività
pratica
.
Particolare
importanza
,
in
quel
periodo
,
ebbe
la
sua
intransigente
opposizione
alla
guerra
Anche
per
Bordiga
,
come
per
la
direzione
del
PSI
,
la
guerra
sarebbe
stata
una
parentesi
:
occorreva
fare
in
modo
che
essa
arrecasse
il
minor
danno
possibile
al
partito
e
,
in
particolare
,
non
incrinasse
la
sua
compattezza
ideologica
.
Gli
avvenimenti
del
1917
,
e
,
soprattutto
,
la
rivoluzione
russa
modificarono
,
in
parte
,
queste
posizioni
.
Nel
novembre
,
i
rappresentanti
della
frazione
intransigente
rivoluzionaria
,
che
si
era
costituita
nell
'
estate
,
e
di
cui
faceva
parte
anche
Bordiga
,
si
riunirono
a
Firenze
con
i
rappresentanti
della
direzione
.
Può
anche
darsi
che
in
quella
riunione
Bordiga
abbia
posto
la
questione
della
conquista
del
potere
,
ma
è
certo
che
non
solo
dal
convegno
non
venne
fuori
una
linea
rivoluzionaria
,
ma
anche
da
parte
di
Bordiga
il
problema
della
rivoluzione
continuò
ad
essere
considerato
un
problema
del
dopoguerra
.
Di
qui
la
mancanza
di
una
indicazione
politica
di
organizzazione
e
di
lotta
e
la
differenza
notevolissima
dalle
posizioni
leniniste
.
Nel
novembre
del
1918
Bordiga
fondò
il
«
Soviet
»
che
,
non
ostile
in
un
primo
tempo
,
alle
posizioni
della
direzione
massimalista
andò
poi
assumendo
atteggiamenti
sempre
più
intransigenti
,
in
particolare
sulla
questione
dell
'
espulsione
dei
riformisti
.
Ma
il
«
Soviet
»
non
diventò
un
centro
di
raccolta
della
sinistra
,
anche
perché
pose
come
motivo
centrale
della
sua
polemica
quello
dell
'
astensionismo
:
occorreva
astenersi
dalle
elezioni
per
poter
meglio
preparare
la
rivoluzione
.
Ma
si
trattava
poi
di
una
preparazione
che
era
vista
in
termini
essenzialmente
educativi
e
propagandistici
,
sicché
Bordiga
per
questo
aspetto
fondamentale
non
si
distaccava
dalle
posizioni
massimalistiche
.
La
parola
d
'
ordine
dell
'
astensionismo
non
ebbe
grande
risonanza
all
'
interno
del
PSI
dove
,
nel
maggio
del
1919
aveva
cominciato
ad
operare
a
Torino
il
gruppo
dell
'
«
Ordine
Nuovo
»
.
Bordiga
attacca
subito
la
concezione
dei
«
consigli
»
contrapponendo
ad
essa
quella
del
partito
,
non
leninista
,
ma
inteso
come
un
nucleo
di
«
puri
»
,
ideologicamente
assai
coeso
,
ma
intorno
a
principi
assai
semplici
,
che
si
richiamavano
al
«
manifesto
dei
comunisti
»
;
un
partito
di
propagandisti
che
elaboravano
e
diffondevano
parole
d
'
ordine
,
intorno
alle
quali
si
sarebbero
raccolte
le
masse
al
momento
della
rivoluzione
.
In
realtà
,
in
quegli
anni
,
pur
ponendo
al
centro
della
sua
attenzione
i
«
consigli
»
Gramsci
era
più
vicino
di
Bordiga
alla
concezione
leninista
del
partito
.
Nel
congresso
di
Bologna
del
1919
le
posizioni
astensioniste
furono
nettamente
battute
.
Alla
constatazione
dell
'
impossibilità
di
portare
la
maggioranza
del
partito
socialista
sulle
sue
posizioni
,
apparsa
evidente
già
nel
dibattito
precongressuale
,
deve
essere
collegato
il
tentativo
di
Bordiga
di
entrare
in
rapporto
diretto
con
Lenin
comunicandogli
la
sua
decisione
di
fondare
un
partito
comunista
in
Italia
,
attraverso
due
lettere
che
furono
intercettate
dalla
polizia
.
E
'
a
queste
lettere
che
si
fa
risalire
la
priorità
di
Bordiga
nell
'
aver
posto
la
questione
del
partito
in
Italia
,
ma
quello
voluto
da
Bordiga
era
,
in
realtà
,
un
piccolo
partito
massimalista
,
che
avrebbe
dovuto
lanciare
rigide
parole
d
'
ordine
,
e
svolgere
un
'
intesa
propaganda
,
nell
'
attesa
dell
'
inizio
del
processo
rivoluzionario
,
di
cui
esso
avrebbe
poi
preso
la
direzione
.
Il
gruppo
bordighiano
non
si
poneva
il
problema
di
come
dare
avvio
al
movimento
,
di
come
intervenire
attivamente
in
esso
,
sicché
,
a
questo
proposito
si
può
parlare
dell
'
esistenza
di
forti
legami
fra
le
concezioni
bordighiane
di
quel
periodo
e
quelle
serratiane
.
In
realtà
il
solo
strumento
d
'
intervento
attivo
nel
processo
rivoluzionario
,
che
sia
stato
teorizzato
e
costruito
in
quegli
anni
furono
i
consigli
di
fabbrica
.
Ma
la
concezione
ordinovista
si
affermò
soprattutto
a
Torino
e
le
tesi
gramsciane
,
anche
se
ricevettero
l
'
approvazione
di
Lenin
alla
vigilia
del
II
congresso
dell
'
IC
,
rimasero
isolate
nel
PSI
.
La
sconfitta
del
movimento
di
occupazione
delle
fabbriche
accentuò
questo
isolamento
e
le
polemiche
che
precedettero
il
congresso
di
Livorno
,
anche
per
l
'
intervento
dell
'
Internazionale
,
si
accentrarono
intorno
alla
questione
dell
'
espulsione
dei
riformisti
.
Era
un
problema
che
Bordiga
aveva
posto
con
maggiore
insistenza
degli
altri
,
ed
egli
,
di
conseguenza
,
fu
in
quei
mesi
il
maggiore
antagonista
di
Serrati
e
diventò
poi
il
capo
del
Pcd
'
I
,
che
nacque
dalla
scissione
di
Livorno
.
I
primi
anni
di
vita
del
nuovo
partito
furono
fortemente
improntati
dalla
direzione
di
Bordiga
,
che
ottenne
l
'
approvazione
della
maggioranza
per
le
sue
tesi
al
congresso
di
Roma
del
1922
.
Le
difficilissime
condizioni
create
dall
'
affermarsi
del
fascismo
,
la
ferrea
disciplina
di
partito
rivoluzionario
,
la
popolarità
di
Bordiga
presso
la
base
resero
assai
lenta
la
nascita
di
un
gruppo
leninista
che
potesse
prevalere
.
Soltanto
nel
1923
,
per
iniziativa
di
Gramsci
,
ebbe
inizio
la
formazione
di
un
nuovo
gruppo
dirigente
,
le
cui
posizioni
però
,
come
mostra
la
conferenza
di
Como
del
1924
,
incontrarono
forti
resistenze
nel
partito
.
Quando
,
nel
1924
,
Bordiga
partecipò
al
V
congresso
dell
'
Internazionale
,
poteva
ancora
contare
sul
sostegno
di
una
parte
del
partito
comunista
italiano
.
Intervenendo
nella
discussione
sul
fascismo
affermò
che
si
era
trattato
solo
di
«
cambiamento
del
personale
governativo
della
classe
borghese
»
e
si
oppose
decisamente
ad
ogni
tattica
di
fronte
unico
così
come
si
era
già
opposto
alla
partecipazione
dei
comunisti
al
movimento
degli
arditi
del
popolo
.
Ma
il
congresso
dell
'
IC
insistette
affinché
i
comunisti
italiani
arrivassero
all
'
unità
con
i
«
terzinternazionalisti
»
guidati
da
Serrati
.
Bordiga
sembrò
accettarne
le
decisioni
,
ma
ritornato
in
Italia
riprese
la
lotta
per
l
'
affermazione
della
sua
linea
che
fu
definitivamente
sconfitta
solo
nel
gennaio
1926
al
congresso
di
Lione
.
Nel
febbraio
dello
stesso
anno
Bordiga
partecipò
al
VI
plenum
dell
'
esecutivo
dell
'
IC
,
scontrandosi
duramente
con
Stalin
.
Ancor
più
che
al
V
congresso
egli
apparve
come
il
maggior
rappresentante
della
sinistra
estrema
ed
il
discorso
che
vi
pronunciò
fu
,
secondo
il
Carr
,
«
l
'
unica
seria
opposizione
che
si
udì
durante
la
sessione
»
;
il
suo
intervento
fu
diretto
soprattutto
contro
le
concessioni
che
venivano
fatte
ai
contadini
dell
'
URSS
,
ed
in
esso
egli
riprese
tesi
dell
'
opposizione
interna
russa
,
ed
in
particolare
di
Trotzkj
.
Tornato
in
Italia
nel
novembre
dello
stesso
1926
,
Bordiga
che
era
stato
già
arrestato
e
processato
nel
1923
,
fu
nuovamente
arrestato
e
inviato
al
confino
.
Fu
liberato
nel
1930
.
Invitato
dal
partito
comunista
a
ritornare
alla
lotta
,
non
accettò
e
fu
espulso
.
Gli
ultimi
quarant
'
anni
della
vita
di
Amadeo
Bordiga
non
appartengono
alla
storia
del
movimento
operaio
ma
costituiscono
una
vicenda
privata
.
StampaQuotidiana ,
Noi
crediamo
nella
vita
ultraterrena
-
e
se
qualche
compagno
arriccia
il
naso
,
si
rilegga
,
per
favore
,
l
'
art.
2
del
nostro
statuto
-
e
crediamo
anche
che
,
giunti
che
saremo
lassù
,
il
Padreterno
ci
sottoporrà
a
un
processo
perché
gli
confermiamo
personalmente
come
ci
siamo
comportati
in
vita
.
Lo
speriamo
,
anzi
,
perché
abbiamo
nella
manica
una
carta
sicuramente
vincente
.
Gli
diremo
,
infatti
,
che
quando
eravamo
vivi
abbiamo
letto
tutti
gli
scritti
dell
'
ing.
Ronchey
,
anche
adesso
che
,
da
qualche
tempo
,
compaiono
su
"
la
Repubblica
"
senza
quella
sua
foto
che
bastava
da
sola
a
renderli
così
leggeri
e
lieti
.
Udita
questa
nostra
confessione
il
Signore
-
non
senza
commiserarci
-
sentenzierà
che
ci
spetta
il
paradiso
,
il
quale
deve
essere
noiosissimo
,
col
solo
vantaggio
-
se
c
'
è
una
giustizia
-
che
non
vi
incontreremo
mai
l
'
arcivescovo
Marcinkus
.
Iddio
che
è
(
non
ci
stancheremo
mai
di
dirlo
)
filocomunista
,
ha
sempre
mandato
all
'
inferno
i
banchieri
e
predilige
i
metalmeccanici
,
anche
se
costoro
non
lo
sanno
.
Ogni
tanto
però
-
raramente
,
si
capisce
-
la
nostra
pazienza
viene
premiata
e
ciò
accade
quando
l
'
ing.
Ronchey
(
il
quale
,
solitamente
,
scrive
lo
stesso
articolo
,
sicuro
com
'
è
che
nessuno
ha
mai
letto
i
precedenti
)
viene
folgorato
da
una
idea
come
è
accaduto
nel
suo
scritto
,
su
"
la
Repubblica
"
di
ieri
,
dove
a
un
certo
punto
(
verso
la
fine
:
le
cose
bisogna
meritarsele
)
dice
che
Spadolini
è
un
"
esausto
mediatore
"
.
Ecco
una
buona
definizione
e
probabilmente
il
presidente
del
Consiglio
è
effettivamente
un
"
esausto
mediatore
"
,
ma
riuscite
a
immaginare
uno
Spadolini
attorniato
da
ministri
che
andassero
d
'
accordo
e
che
non
avessero
più
bisogno
di
mediatori
o
,
se
preferite
,
di
pacieri
?
Come
arriverebbe
a
sera
,
quel
poveretto
?
La
nostra
(
personale
,
s
'
intende
)
convinzione
è
che
il
sen.
Spadolini
quando
compie
una
mediazione
è
sorretto
da
questa
sola
speranza
:
che
si
tratti
di
una
mediazione
effimera
,
in
modo
che
il
giorno
dopo
o
magari
addirittura
qualche
ora
dopo
sia
chiamato
a
comporre
un
nuovo
dissidio
,
così
ha
da
lavorare
,
l
'
odio
essendo
,
come
dice
il
proverbio
,
il
padre
del
pentapartito
.
Ora
aspettiamo
il
nuovo
articolo
dell
'
Ingegnere
su
"
la
Repubblica
"
.
Ne
scrive
uno
la
settimana
e
sono
sempre
così
spontanei
,
così
sorgivi
,
così
di
getto
che
sembrano
partoriti
tutti
col
taglio
cesareo
.
Ma
se
,
come
ci
permettiamo
di
suggerirgli
,
manda
quello
di
un
anno
fa
,
che
non
ricordiamo
più
se
fosse
dedicato
alla
vita
degli
insetti
o
alla
situazione
dei
partiti
,
nessuno
se
ne
accorgerà
.
Per
la
foto
non
si
preoccupi
,
Ingegnere
.
Ne
abbiamo
già
una
appesa
al
muro
tra
quelle
di
Marilyn
Monroe
e
di
Cary
Grant
.
StampaPeriodica ,
Nelle
prigioni
nascono
e
si
affermano
parole
nuove
.
Il
detenuto
che
viene
spedito
in
un
altro
carcere
è
'
sballato
'
,
'
impacchettato
'
.
Oppure
si
dice
che
'
l
'
hanno
partito
'
.
Cambia
il
gergo
,
ma
il
recluso
resta
sempre
un
pacco
.
Se
i
linguisti
lo
sapessero
,
e
in
particolare
i
vocabolaristi
,
farebbero
carte
false
per
venire
in
galera
.
Intanto
,
i
luoghi
chiusi
funzionano
come
isole
per
la
lingua
,
producendo
un
lessico
e
un
gergo
peculiare
,
e
conservando
intatte
parole
e
forme
dal
contagio
con
la
lingua
di
fuori
.
Benché
minata
dalla
presenza
della
tv
e
dal
tramonto
della
malavita
tradizionale
e
dei
suoi
gerghi
,
questa
capacità
di
autosufficienza
e
di
congelamento
linguistico
resta
notevole
.
Al
tempo
stesso
,
le
galere
,
'
isolate
'
dal
mondo
fuori
,
tengono
una
comunicazione
fra
loro
,
assicurata
non
solo
dall
'
alto
-
le
autorità
e
i
regolamenti
,
e
i
loro
idiomi
,
spesso
agghiaccianti
,
spesso
esilaranti
-
ma
anche
,
orizzontalmente
,
dai
travasi
di
prigionieri
dentro
il
così
detto
'
circuito
carcerario
'
.
Norma
non
estirpabile
dell
'
amministrazione
carceraria
è
infatti
una
specie
di
moto
perpetuo
per
cui
i
detenuti
vengono
trasferiti
da
un
carcere
all
'
altro
,
come
patelle
staccate
dallo
scoglio
,
per
evitare
che
ci
si
attacchino
troppo
.
Questo
maniacale
moto
perpetuo
produce
l
'
effetto
di
far
tornare
periodicamente
le
cose
al
punto
di
partenza
.
Così
,
l
'
innovazione
linguistica
sorta
nella
prigione
X
,
e
dimostrata
capace
di
successo
,
si
trasferisce
,
viaggiando
addosso
al
detenuto
,
come
un
pidocchio
mutante
,
nella
prigione
Y
,
e
in
un
giro
breve
di
tempo
,
mentre
il
mondo
di
fuori
non
ne
sa
niente
,
il
mondo
di
dentro
aggiorna
il
suo
magazzino
linguistico
.
L
'
esempio
che
voglio
illustrare
è
proprio
quello
della
parola
che
designa
il
trasferimento
.
Il
termine
più
ricorrente
è
:
sballare
.
In
subordine
:
impacchettare
.
È
chiara
la
parentela
fra
i
due
verbi
.
Il
loro
successo
era
legato
alla
capacità
di
cogliere
due
aspetti
essenziali
del
trasferimento
penitenziario
.
Il
primo
,
che
il
suo
oggetto
non
è
una
persona
,
ma
un
pacco
;
il
secondo
,
che
la
dislocazione
dell
'
oggetto
avviene
in
modo
brusco
e
burocraticamente
brutale
,
come
quando
si
dà
un
calcio
a
un
barattolo
su
una
strada
di
periferia
.
Sballare
,
e
il
suo
contrario
,
imballare
,
descrivono
l
'
oggetto
(
l
'
'
unità
detenuta
'
,
sic
)
incartato
e
legato
come
un
salame
,
e
buttato
,
più
che
verso
la
destinazione
ulteriore
,
lì
,
fuori
dai
piedi
,
qui
.
Significazione
indispensabile
,
perché
il
trasferimento
di
un
detenuto
somiglia
,
rudezza
a
parte
,
a
una
prestidigitazione
,
a
un
illusionismo
:
un
momento
fa
c
'
era
,
ora
non
c
'
è
più
.
Sballato
,
scomparso
.
Non
ha
avuto
il
tempo
di
salutare
,
non
gli
si
è
detto
perché
,
né
dove
sta
andando
.
Qualcuno
,
al
passeggio
,
dice
:
'
Ma
il
tale
,
oggi
,
non
scende
?
'
.
E
un
altro
,
con
un
po
'
di
rammarico
,
o
neanche
,
risponde
:
'
L
'
hanno
sballato
'
.
Si
fa
la
mattina
presto
,
quando
tutti
dormono
,
o
sono
chiusi
.
C
'
era
una
volta
Gigino
e
Gigetto
,
via
Gigino
,
via
Gigetto
.
A
volte
,
altrettanto
inopinatamente
,
torna
Gigino
,
torna
Gigetto
.
Il
detenuto
ora
graziato
dopo
trent
'
anni
di
galera
,
ne
aveva
girate
una
cinquantina
.
Il
tempo
di
attaccare
una
cartolina
di
ragazza
al
muro
e
via
,
al
prossimo
scoglio
.
Ora
,
sempre
di
più
,
sento
impiegare
il
verbo
'
partire
'
,
in
una
sua
forma
transitiva
.
Un
grido
nella
mattina
:
'
Mi
stanno
partendo
'
.
Una
domanda
al
passeggio
:
'
Ma
Gigino
dov
'
è
?
'
.
'
L
'
hanno
partito
'
.
Trovo
questa
variazione
molto
interessante
.
È
chiara
la
sua
matrice
meridionale
:
ma
già
la
ripetono
anche
detenuti
italiani
che
meridionali
non
sono
,
per
non
dire
degli
stranieri
,
che
non
hanno
alcun
pregiudizio
ad
accogliere
e
ripetere
una
forma
ascoltata
,
da
qualunque
parte
provenga
.
Meridionale
è
l
'
impiego
transitivo
dei
verbi
di
moto
:
scendimi
la
valigia
,
escimi
la
bicicletta
.
Se
di
'
partire
'
transitivo
,
fuori
,
gli
esempi
mancano
,
è
perché
alla
gente
di
fuori
non
capita
spesso
di
essere
impacchettati
e
spediti
con
un
calcio
da
un
'
altra
parte
:
cioè
di
'
venire
partiti
'
.
Un
trasferimento
di
fuori
,
non
so
,
da
un
provveditorato
all
'
altro
,
avviene
in
forme
meno
brusche
.
L
'
estremizzazione
di
attività
-
in
chi
parte
qualcuno
-
e
passività
-
in
chi
viene
partito
-
è
affare
di
carcere
.
Uno
è
un
po
'
indocile
,
e
l
'
occhio
clinico
dei
compagni
,
e
la
testa
scossa
,
prevedono
:
'
A
questo
lo
partono
subito
'
.
Se
non
sapessi
che
bisogna
guardarsi
dalle
etimologie
grossolane
,
se
non
ricordassi
Varrone
dagli
anni
della
scuola
(
che
avevano
pure
loro
delle
belle
parole
-
timbro
:
promosso
,
bocciato
,
'
mandato
a
ottobre
'
)
,
mi
piacerebbe
suggerire
un
'
analogia
di
'
mi
stanno
partendo
'
col
verbo
partorire
:
per
sottolineare
,
invece
,
che
l
'
ottimistica
idea
di
essere
dati
alla
luce
,
messi
al
mondo
,
la
perigliosa
e
non
richiesta
espulsione
dal
grembo
.
Un
rifiuto
,
piuttosto
che
un
'
ammissione
,
che
in
carcere
si
ripete
all
'
infinito
.
Infine
,
partire
è
un
po
'
morire
.
Morire
era
,
fino
a
poco
fa
,
anche
transitivo
,
ma
nel
senso
di
ammazzare
.
'
Ohimè
,
che
m
'
hai
morto
'
.
Più
affascinanti
sono
quelle
lingue
in
cui
morire
è
riflessivo
:
morirsi
.
Sembrano
più
consapevoli
del
fatto
che
morire
è
un
tornare
dentro
,
e
che
quando
si
muore
,
si
muore
soli
.
Questo
avviene
in
Abruzzo
.
'
Quiju
s
'
è
mortu
'
,
il
tale
è
morto
.
Ne
Ji
Raccunti
de
Cazzirru
dell
'
aquilano
Giuseppe
Placidi
,
leggo
:
'
Me
sembra
ieri
che
s
'
è
mortu
ju
poru
Luiggi
,
oi
'
.
(
Non
so
se
rientri
in
questo
uso
il
romanesco
'
sinnò
me
moro
'
,
più
parente
del
traslato
morire
d
'
amore
,
o
dalle
risate
)
.
Con
ciò
si
conclude
il
mio
avviso
ai
linguisti
,
Crusca
e
gli
altri
,
che
vorranno
apprezzare
la
comunicazione
e
passarla
sotto
i
loro
ferri
.
Io
,
da
dilettante
,
sto
meditando
il
colpo
grosso
.
Chi
non
ha
desiderato
di
coniare
,
di
creare
,
una
parola
nuova
e
inaudita
,
piena
di
vocali
,
come
quella
di
Hamsun
in
Fame
?
Una
parola
bellissima
,
come
'
idea
'
,
oppure
un
nome
di
ragazza
,
come
Anahita
.
Peccato
che
ci
siano
già
.
Io
oggi
posso
inventare
la
mia
,
e
metterla
in
circolazione
nel
mio
piccolo
.
Di
qui
,
la
gente
via
via
partita
la
porterà
in
giro
nel
circuito
.
Quanto
al
mondo
di
fuori
,
prima
o
poi
qualcuno
dovrà
pur
uscire
e
portarsela
dietro
,
la
parola
nuova
.
StampaPeriodica ,
Le
storie
televisive
dell
'
ispettore
Derrick
sono
molto
seguite
.
A
lume
di
buon
senso
critico
,
non
ci
sarebbero
ragioni
per
cui
Derrick
dovrebbe
piacere
.
il
protagonista
ha
lo
sguardo
acquoso
,
il
sorriso
triste
di
un
vedovo
sin
dalla
nascita
,
veste
male
con
cravatte
orribili
,
come
del
resto
anche
i
suoi
comprimari
;
gli
interni
avrebbero
piombato
lo
scomparso
Aiazzone
in
un
inguaribile
sconforto
,
e
gli
esterni
sono
quanto
di
peggio
la
Baviera
può
offrire
(
e
dire
che
avrebbe
di
meglio
)
.
Rimarrebbe
da
pensare
che
lo
schema
poliziesco
delle
vicende
sia
originale
e
che
Derrick
conquisti
il
suo
pubblico
dando
prova
di
facoltà
mentali
fuori
dal
comune
.
Ora
lo
schema
,
rispetto
alle
storie
poliziesche
di
una
volta
,
mostra
un
tratto
di
stagionatissima
novità
,
già
ampiamente
sfruttata
dalla
serie
del
tenente
Colombo
:
il
pubblico
sa
subito
chi
è
il
colpevole
e
come
ha
fatto
a
delinquere
.
Il
gusto
consiste
nel
vedere
come
il
poliziotto
,
che
non
sa
,
indovina
e
-
disponendo
di
scarsissime
prove
-
conduce
il
colpevole
a
tradirsi
.
Ma
Colombo
,
peggio
vestito
di
Derrick
,
si
muove
con
i
suoi
modi
proletari
in
un
mondo
di
californiani
belli
e
potenti
,
che
lo
trattano
come
una
pezza
da
piedi
(
e
lui
li
incoraggia
)
,
sicuri
che
quello
scarto
di
remote
immigrazioni
non
riuscirà
a
rompere
la
loro
guardia
,
e
a
infrangere
la
barriera
della
loro
arroganza
.
Colombo
li
mette
con
le
spalle
al
muro
con
alcuni
trucchi
psicologici
di
perfida
raffinatezza
,
trae
dalla
manica
un
asso
di
denari
insospettato
,
e
li
conduce
a
perdizione
proprio
sfruttando
la
loro
sicumera
.
l
pubblico
gode
di
questa
lotta
tra
il
pigmeo
e
il
gigante
dai
piedi
d
'
argilla
e
va
a
dormire
con
la
sensazione
che
qualcuno
,
modesto
e
onesto
come
loro
,
li
abbia
vendicati
,
punendo
personaggi
odiosamente
ricchi
,
belli
,
bravi
e
potenti
.
Derrick
invece
no
.
Quasi
sempre
ha
a
che
fare
con
gente
più
modesta
e
peggio
vestita
di
lui
,
psichicamente
instabile
,
intimidita
da
un
rappresentante
della
legge
,
come
accade
a
ogni
buon
tedesco
.
I
suoi
colpevoli
appaiono
così
spudoratamente
colpevoli
che
lo
capisce
di
solito
persino
Harri
(
e
pare
strano
che
la
polizia
bavarese
non
faccia
almeno
un
test
d
'
intelligenza
prima
di
assumere
qualcuno
)
,
crollano
quasi
subito
,
bastava
dargli
uno
spintone
.
Eppure
Derrick
funziona
e
non
facciamo
gli
snob
:
non
ce
ne
perdiamo
uno
.
È
uscito
da
poco
Le
passioni
nel
serial
TV
(
Nuova
Eri
)
dove
Pier
Luigi
Basso
,
Omar
Calabrese
,
Francesco
Marsciani
e
Orsola
Mattioli
si
occupano
delle
strategie
passionali
messe
in
opera
da
Beautiful
,
Twin
Peaks
e
,
appunto
,
Derrick
.
Di
quest
'
ultimo
si
occupa
Marsciani
.
Non
posso
seguire
passo
per
passo
la
sua
analisi
,
che
dura
una
trentina
di
pagine
,
ma
essa
certamente
risponde
agli
interrogativi
che
ponevo
sopra
.
Queste
storie
non
scelgono
mai
casi
eccezionali
,
ma
vicende
di
cui
si
occupa
anche
la
cronaca
dei
giornali
,
e
che
potrebbero
accadere
a
noi
,
o
ai
nostri
vicini
di
casa
;
per
cui
è
fondamentale
che
non
vi
appaiano
né
figure
eroiche
né
figure
troppo
antieroiche
(
e
cioè
malvagi
a
tutto
tondo
)
.
Sia
il
nemico
che
il
collaboratore
della
giustizia
sono
sempre
divisi
tra
passioni
opposte
,
desiderio
di
giustizia
e
di
vendetta
personale
,
colpa
e
comprensibile
debolezza
.
I
luoghi
non
debbono
essere
troppo
riconoscibili
,
per
non
restringere
le
possibilità
d
'
identificazione
da
parte
di
ciascuno
,
ma
debbono
ricordare
ambienti
familiari
a
tutti
.
Non
me
n
'
ero
accorto
,
ma
pare
che
,
a
mano
a
mano
che
la
serie
va
avanti
,
i
personaggi
usino
sempre
automobili
ultimo
modello
,
in
modo
che
lo
spettatore
ritrovi
sempre
un
'
atmosfera
di
attualità
quotidiana
(
Derrick
non
può
permettersi
il
catorcio
di
Colombo
)
.
Derrick
arriva
a
intuire
la
verità
non
perché
sia
diabolicamente
intelligente
,
ma
perché
è
sensibile
all
'
interlocutore
,
non
ne
diffida
mai
completamente
,
prende
sul
serio
i
suoi
patemi
-
e
pensiamo
quanto
diverso
sia
Colombo
,
che
invece
diffida
sempre
.
Certo
anche
a
Colombo
,
come
a
Derrick
,
alla
fine
dispiace
di
aver
rovinato
il
colpevole
;
ma
a
Colombo
dispiace
perché
in
fondo
,
in
questa
lotta
di
reciproche
astuzie
,
l
'
avversario
-
così
diverso
da
lui
-
gli
era
diventato
quasi
simpatico
;
Derrick
soffre
alla
fine
perché
il
colpevole
lo
ama
sin
dall
'
inizio
,
lo
sente
dei
suoi
.
Riassumendo
i
vari
contributi
del
libro
,
Calabrese
conclude
che
Derrick
è
un
mediatore
tra
realtà
e
immaginario
perché
rende
normali
le
sensazioni
interne
al
narrato
e
invoca
una
normalità
parallela
nei
suoi
spettatori
"
è
il
trionfo
della
mediocrità
,
intesa
appunto
come
`
stare
nel
mezzo
'
,
e
diventa
valore
invece
che
anonimato
.
"
E
allora
si
capisce
perché
ha
successo
:
costituisce
la
quintessenza
di
ogni
spettacolo
televisivo
,
anche
di
quelli
che
mettono
in
scena
personaggi
reali
,
amati
solo
se
si
dimostrano
trionfalmente
più
mediocri
del
più
mediocre
tra
gli
spettatori
.
StampaQuotidiana ,
Mercoledì
abbiamo
scritto
il
nostro
solito
corsivo
comparso
ieri
dedicato
al
segretario
del
PSDI
,
on.
Pietro
Longo
,
rientrato
dalla
Cina
,
dopo
aver
visto
che
"
L
'
Umanità
"
,
organo
del
partito
socialdemocratico
,
non
recava
l
'
intervista
a
Longo
,
promessaci
da
un
anonimo
collega
che
,
curioso
di
"
conoscere
i
particolari
dell
'
interessantissimo
viaggio
"
,
non
se
la
sentiva
di
"
disturbare
"
il
suo
supremo
dirigente
e
si
proponeva
di
interrogarlo
più
tardi
.
Ma
neanche
ieri
l
'
intervista
è
apparsa
e
poiché
nel
PSDI
c
'
è
una
"
talpa
"
,
noi
ora
siamo
in
grado
di
affermare
che
Longo
in
Cina
non
c
'
è
mai
stato
e
che
lunedì
,
passando
per
Fiumicino
,
arrivava
da
Grottaferrata
.
Temperamento
intrepido
,
viaggiatore
instancabile
,
non
è
la
prima
volta
che
Pietro
Longo
si
allontanava
per
luoghi
lontani
:
al
suo
partito
ricordano
ancora
quella
volta
,
molti
anni
fa
,
che
andò
fino
a
Genzano
,
dove
del
resto
nessuno
lo
vide
.
Rientrato
col
favore
della
notte
,
si
rimise
subito
al
"
suo
tavolo
di
lavoro
"
,
presso
la
sede
del
PSDI
,
rimanendovi
per
ben
due
giorni
intento
a
sbrigare
pratiche
urgenti
,
tanto
è
vero
che
dall
'
anticamera
giungeva
il
suono
sibilante
di
un
ininterrotto
russare
.
Segno
inconfondibile
,
per
i
suoi
intimi
,
che
il
segretario
pensa
,
il
letargo
essendo
del
tutto
simile
,
nei
socialdemocratici
,
alla
attività
.
L
'
altro
ieri
,
infatti
,
"
L
'
Umanità
"
recava
in
prima
pagina
,
con
grande
rilievo
,
questa
notizia
:
"
Cooperatori
del
PSDI
-
domani
da
Longo
"
,
lasciando
intendere
che
tutti
insieme
avrebbero
fatto
una
bella
dormita
e
ieri
,
sempre
il
medesimo
quotidiano
e
sempre
inquadrato
,
in
prima
pagina
,
portava
questo
titolo
:
"
Problemi
della
Sardegna
-
all
'
attenzione
di
Longo
"
,
il
che
ci
conferma
che
la
cosa
è
come
immaginavamo
rilevante
e
memorabile
,
essendo
difficilissimo
ottenere
che
il
massimo
esponente
socialdemocratico
(
escluso
il
sen.
Saragat
che
fa
la
regina
madre
)
abbandoni
anche
per
brevi
istanti
i
suoi
studi
prediletti
,
consistenti
nella
lettura
delle
annate
della
"
Settimana
enigmistica
"
.
Speriamo
che
abbiate
notato
che
l
'
organo
del
PSDI
,
conscio
dell
'
importanza
storica
dell
'
evento
,
ha
pubblicato
la
foto
dello
"
scambio
di
vedute
"
tra
Longo
e
Puletti
,
da
non
confondersi
col
loro
primo
incontro
,
che
avvenne
parecchi
anni
or
sono
a
Frascati
.
C
'
era
lì
Ruggero
Puletti
al
caffè
e
si
gingillava
con
un
cucchiaino
,
ciò
che
mise
in
sospetto
il
segretario
del
PSDI
sulla
natura
spontaneamente
socialdemocratica
dello
sconosciuto
.
Ma
per
essere
più
sicuro
Pietro
Longo
gli
chiese
:
"
Lei
che
cosa
fa
?
"
"
Niente
"
,
rispose
l
'
altro
senza
esitare
.
Allora
fu
chiaro
che
un
vice
segretario
così
i
socialdemocratici
non
lo
avrebbero
trovato
mai
più
.