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> anno_i:[1970 TO 2000}
StampaQuotidiana ,
C ' è un borbottio sommerso che sfugge a quest ' Europa delle sinistre , filoatlantica , chiusa nei suoi videogiochi , distratta e lontana dal territorio . Dice : il Diavolo parla americano , paga in dollari . Impone un ordine globale totalitario , svuota le identità locali , mina l ' euro e le nostre economie , costruisce una nuova Babele con raffiche di missili e ondate di immigrati : ieri i marocchini , oggi i kosovari albanesi . è un immaginario diffuso : infiamma i partigiani di un antiamericanismo nuovo , si salda ai regionalismi etnici , alle piccole patrie , a una xenofobia subdola , meno roboante e ben mascherata di buon senso e pietismo umanitario . La guerra dei Balcani fotografa alla perfezione schematismi e pregiudizi di un pensiero medio , di un immaginario diffuso e trasversale che offre a Milosevic sponde inattese . Il duce dei serbi , col suo mito del sangue e della terra , rientra in pieno nella mitologia di questo scontro epocale : simboleggia la resistenza al Moloch americano , l ' ultima trincea d ' Europa contro l ' espianto delle identità , la difesa della " Heimat " e dell ' autoctonia contro l ' orda degli erranti " sans papiers " e senza patria , contro il loro corteo di droga , mafia , prostitute e intellettuali cosmopoliti . Non è uno schema ideologico . Non nasce nei partiti . NON HA niente a che fare con i pacifismi in guerra con le basi Nato in Italia , con i bollori sovietici di Rifondazione , l ' odio neofascista per la cricca demo - pluto - giudaico - americana , e nemmeno con gli approcci che in piena guerra Gianfranco Fini tentò con i boss di Belgrado per riavere la Dalmazia . Non viene nemmeno dagli intellettuali franco - tedeschi in trincea contro l ' inquinamento della cultura dello zio Sam . Qui è altra musica . Questo mugugno nuovo cresce nel cuore più ricco e conservatore del Continente : nei capannoni e nei bar sport della Pedemontania lombardoveneta di Bossi , nelle birrerie e nelle valli " higt tech " della potente Baviera di Edmund Stoiber , nelle taverne e tra i contadini della Carinzia appena conquistata da Joerg Haider . Esplode in Provenza con l ' ondata anti - immigrati cavalcata da Jean - Marie Le Pen ; serpeggia tra gli indipendentisti savoiardi di Patrice Abeille e gli allevatori della Svizzera di lingua tedesca , arroccati nei loro microcosmi vallivi per paura della nuova competizione mondiale . Sfiora persino la quieta Slovenia , dove la febbre europea del dopo - Jugoslavia è già diventata diffidenza . Cresce nell ' ombra , si rivela solo in parte nei sondaggi . A Montebelluna come a Rosenheim in Baviera , a Lugano come ad Avignone , è il sismografo di un ' ansia nuova , di una nevrosi da appartenenza , da spaesamento e talvolta da superlavoro . è l ' affioramento della turbolenza identitaria di un mondo ricco ma culturalmente impoverito , economicamente forte ma insicuro , gonfio di autostima eppure indifeso di fronte alla complessità dei tempi . Un mondo chiuso che si autoreferenzia , rischia derive di tipo vittimistico e localista , ed è sensibile alle roboanti metafore e alle semplificazioni della demagogia . Esso indica una trasformazione culturale e antropologica di cui non si sono ancora fotografate le dimensioni . Il pensiero che coniuga il pregiudizio antiamericano a quello anti - immigrati non è maggioritario nelle nazioni di riferimento , ma è geograficamente compatto , delinea quello che Luc Rosenzweig definisce , su " Le Monde " , un fenomeno di " populismo alpino " . Rosenzweig ricorda che mentre il nazismo e il fascismo nacquero nelle metropoli industriali devastate dalla disoccupazione di massa , questo populismo cresce nel mondo dei ricchi , è un fenomeno di provincia , parte dalle valli e si sente minacciato dalle Capitali , dalle loro tasse e i loro politicanti corrotti . Gli stessi Cobas del latte , gli stessi operai della piccola industria che da sempre guardano a Bruxelles come al simbolo della " degenerazione burocratica dell ' Europa delle pianure " , oggi , con la guerra dei Balcani , guardano all ' America come alla grande destabilizzatrice . Ed ecco Bossi che in pieno parlamento si dichiara a favore di Milosevic e ricorda al mondo che gli albanesi sono " immigrati " per definizione . Tali , dovunque essi siano : in Italia , in Serbia dove stanno da secoli , persino in Albania che è casa loro . Come dire : sono razzialmente extracomunitari , biologicamente dei virus . Boutade ? Niente affatto . Come tutti i demagoghi , Bossi si limita ad amplificare un malumore diffuso . Percepisce come un sismografo il borbottìo di fondo , il pregiudizio anti - immigrati che oggi si focalizza attorno agli albanesi con immagini parassitologiche che non sentivamo dai tempi del dottore Mengele . Otto anni fa la Lega stava con i secessionisti sloveni : oggi avrebbe dovuto , per coerenza , stare con quelli albanesi del Kosovo . Invece no , sta con la Serbia : e il cambio fotografa meglio di ogni altro la sua deriva " voelkisch " , etnoculturale . è il nuovo razzismo che André Taguieff chiama " differenzialista " . La cacciata degli immigrati è nobilitata da un principio : quello del " ciascuno a casa sua " . Ed ecco che il Diavolo non è più chi divide ma chi unisce , dunque " uccide le razze , mescolandole " . è il razzismo che utilizza la sintassi dell ' antirazzismo ; è la destra che , per conquistare consensi , ricicla il Pantheon delle sue idee servendosi degli idiomi della sinistra . Così , la crisi balcanica è commentata su " La Padania " di Bossi nientemeno che da Alain de Benoist , il padre della nuova destra europea che oggi si ispira ad Antonio Gramsci , padre della sinistra italiana . Nei suoi editoriali in prima pagina , l ' antiamericanismo è la colonna portante . Gli yankee , scrive de Benoist sul quotidiano della Lega Nord , " questi specialisti della guerra di diritto , sono abituati a giustificare il massacro di migliaia di civili per considerazioni umanitarie e morali " . Del genocidio degli albanesi , nemmeno una parola . " Clinton Moerder " , Clinton assassino , sta scritto intanto sui muri di Klagenfurt in questi giorni che vedono , come sessant ' anni fa , nuovamente bombe su Belgrado e nuovamente uno xenofobo al potere in Austria , per ora nella piccola Carinzia . L ' autunno scorso , proprio su un lago carinziano , a Portschach , gli esordienti D ' Alema e Schroeder inauguravano il nuovo corso di sinistra dell ' Unione . Appena cinque mesi dopo quello stesso lago vedeva la riscossa della Destra etnica e il massimo risultato mai conseguito da un partito razzista nel dopoguerra in Europa . E la percentuale più alta - 55 per cento per Haider - era , incredibilmente , proprio quella del Comune di Poertschach . Vi sono segnali , nella storia : dicono che le masse si muovono rasoterra , indipendentemente dai voli pindarici della politica delle cancellerie . Haider è il simbolo perfetto di questa nuova destra presentabile dal forte sentire antiamericano . Il giornalista Bruno Luverà , autore su " Limes " di un saggio dal titolo " L ' internazionale regionalista tra maschera e volto " , fotografa bene il pensiero che , a cavallo delle Alpi , segna il nucleo ricco del Continente . Al federalismo solidale gestito dagli Stati nazionali si sostituisce in Baviera , Carinzia o in Padania , quello etnico - regionale basato sul sangue e sul suolo . Il concetto di razza è reso digeribile perché trasformato in etnopluralismo , inteso come diritto delle " Heimat " alle rispettive differenze . Da qui una visione " mixofobica " , ostile all ' America del melting pot e quindi potenzialmente alleata di chiunque resista all ' " etnocidio " . C ' è una sola guerra che conta , aveva scritto qualche tempo fa il nostro de Benoist . Quella a cui bisogna prepararsi opporrà l ' Europa agli Stati Uniti , la civiltà alla barbarie mercantile e degenerata . Pascal Bruckner ricorda che questo è esattamente il discorso della propaganda di Milosevic in queste ore cruciali . Clinton come Hitler , la svastica sulle stelle e strisce . E i serbi , non gli albanesi deportati , sono i nuovi ebrei , le nuove vittime della crociata americana contro l ' Europa . Su questa lunghezza d ' onda può scattare un ' attrazione fatale fra il populismo subalpino e quello , post - comunista , dei Balcani .
Il sacrificio della forza ( Citati Pietro , 1999 )
StampaQuotidiana ,
Un tempo , esisteva nel mondo quella qualità atroce , quell ' incomunicabile dono di natura , che Simone Weil chiamava " la forza " . Amava incarnarsi nel volto di Giulio Cesare : nel viso , stranamente femmineo , di Augusto : nei lineamenti di Napoleone ; e trovò forse la sua ultima incarnazione nella figura massiccia di Stalin . La forza si proponeva dei fini . Aveva immensi progetti : invadere popoli , conquistare nazioni , allargare il potere , possedere l ' universo , spostare sempre più lontano i confini dell ' orizzonte . Non pensava . Centinaia di servi , sacerdoti e scrittori , elaboravano idee e filosofie di ogni specie che giustificavano il suo potere come se fosse voluto da Dio , anzi lo stesso Dio in terra . Non aveva scrupoli . Non conosceva sfumature , penombre , mezzi termini , e non le importava di costruire i propri trionfi sopra mucchi di cadaveri , teste tagliate e fiumi di sangue . Trovava che nulla era più piacevole di quell ' acuto odore di sangue : nulla più sontuoso di quelle montagne di corpi sacrificati per lei e ammucchiati ai suoi piedi . Mentre gli altri uomini si lasciavano trascinare dalle passioni , il potente era calmo , freddo , distaccato , contemplativo . Dominava le proprie passioni , impediva al proprio io di esibirsi : rinviava , pazientava , attendeva , preciso e oggettivo come lo sguardo che la Stella Polare getta sul mondo . Se conosceva questa calma nella tempesta , questa freddezza nello scatenamento , se dormiva senza sogni la vigilia della battaglia che avrebbe deciso il suo destino , egli non aveva bisogno di combattere . Il potere era già saldo nelle sue mani . Quando agiva , aveva di fronte centinaia di possibilità che si contraddicevano a vicenda : migliaia di particolari sui quali ciascuno degli altri uomini avrebbe posato lo sguardo . Egli non scorgeva queste possibilità , né questi particolari . Alzava il braccio , dava inizio alla battaglia , lanciava una parola d ' ordine semplicissima , inventava una formula elementare , che coglieva una minima parte della realtà . Gli altri uomini si chiedevano : " Come farà a vincere , se non capisce le cose ? " . Ma proprio perché non capiva i particolari , il potente sapeva aprire con la violenza le porte , per gli altri ostinatamente chiuse , della realtà . Vi entrava , la possedeva , insediandosi come un sovrano in questo luogo che non capiva . Quanto gli uomini hanno adorato la forza : quanto hanno amato i loro principi , tiranni , spietati massacratori . Nessuna qualità ha mai esercitato più fascino della forza , suscitando una mescolanza ripugnante di terrore e di attrazione : desiderio di adorare , di venire schiacciati , umiliati e sacrificati . Tre massacratori come Napoleone , Hitler e Stalin sono stati idolatrati . In molte città d ' Europa vive ancora qualcuno , che ha pianto tutte le sue lacrime quando Stalin - il " padre " mite e buono - è stato portato via dalla morte . Alla fine , la forza ripagava i propri succubi . Quando il mondo era diventato suo , il potente mutava volto . Come il sole allo zenit , lasciava cadere sui milioni di sudditi che si agitavano ai suoi piedi , sui nemici che aveva ucciso , sugli uomini ancora da nascere che avrebbero continuato ad adorarlo , un sorriso stranamente amoroso . Nessun sorriso umano era dolce come questo sorriso nutrito di sangue . Da cinquant ' anni , la forza è quasi scomparsa dal mondo occidentale . Gli europei e gli americani moderni non l ' amano più . Per decine di secoli , hanno conosciuto i suoi orrori , le sue furie , il suo soffocante dominio , il suo logorante potere . Ora vorrebbero vivere nel regno della ragione , dove il commercio , la mediazione , il compromesso , il discorso , forse l ' amore sostituiscono l ' urto degli eserciti in battaglia . Nella società moderna , qualcosa ripugna profondamente alla forza . Le banche , le industrie , i calcolatori hanno bisogno di essere avvolti e fasciati dalla pace : tollerano , spesso provocano forme terribili di oppressione , degenerazioni che soffocano l ' animo quanto la più assoluta delle dittature ; ma la realtà della forza - con quell ' odore di terra e di sangue - ripugna alle loro narici delicate . Amano l ' irrealtà : la televisione e i computer ci introducono in un mondo irreale ; mentre nulla è più reale della forza . Il potere si è diffuso . È immagine televisiva , parola detta o stampata , libro che finge di essere innocente , partito , sindacato , musica ripetuta fino all ' ossessione , pubblicità , vestito innocentemente indossato . Tutti ne posseggono una piccola parte ; ed è difficile che si produca quella paurosa concentrazione psicologica di potere , dalla quale un tempo nasceva la forza . Quando ricorrono alla forza , gli uomini moderni intervengono tardi , con dubbi e incertezze . Intervengono con un tale accompagnamento di cautele e di riguardi da rendere inefficaci le armi ; e alla fine , quando tutto o quasi tutto è ormai perduto , sovente impiegano la forza con un eccesso , che tradisce la loro cattiva coscienza . Se la Francia e l ' Inghilterra avessero obbligato Mussolini ad abbandonare l ' Etiopia , se avessero salvato la democrazia spagnola , se avessero impedito a Hitler di annettere Austria e Cecoslovacchia , - l ' Europa non avrebbe conosciuto il disastro . Questa storia si è ripetuta senza fine nel dopoguerra : in Vietnam , in Ruanda , in Jugoslavia , dove l ' Occidente ha inviato i suoi aerei con molti anni di ritardo . Il risultato di queste inquietudini , paure , cautele , improvvisi furori sono state ondate di terrificante violenza . Qualcuno ci dice : " Rinunciate alla forza " , ripetendo agli uomini che si odiano la parola del Vangelo . Certo , la parola del Vangelo deve essere continuamente proclamata e ripetuta : la forza deve essere negata , la violenza deve essere maledetta , nella speranza che il mondo si raccolga alla fine nella nuova Gerusalemme celeste , attorno all ' albero della vita . Non dobbiamo mai dimenticare che Cristo sta per giungere : la storia , che crediamo una cosa semplicemente umana , è divorata dall ' imminenza divina . Ma il regno di Dio scenderà in terra soltanto alla fine dei tempi : prima di allora non conosceremo l ' albero della vita . Se vogliamo anticiparlo , realizzando completamente e totalmente il regno di Dio , costruiremo soltanto l ' edificio del Male Assoluto , come ci hanno dimostrato tutti i tempi e i paesi . Intanto , mentre viviamo in questo tempo intermediario , dobbiamo accontentarci di mete limitate . Se gli uomini non si amano tra loro , possiamo indurli ( talvolta costringerli ) a tollerarsi a vicenda , vivendo gli uni accanto agli altri come coinquilini se non come fratelli . Non è possibile rinunciare alla forza . Altrimenti , sempre nuovi assassini offenderanno i loro cittadini e i loro vicini : costruiranno le loro montagne di teste tagliate : si bagneranno nel sangue , in nome di ideologie sempre diverse e tutte eguali , perché " lo smunto assassinio " sa assumere tutti i nomi . Giunti alla fine del ventesimo secolo , mi chiedo se in futuro potremo usare la forza con più saggezza che in passato . È soltanto un ' utopia infantile ? La forza non è che brutalità scatenata , alla quale è necessario sottometterci ? Non ci resta che essere succubi e complici ? Penso che sia possibile usarla e domarla . Ormai è una qualità del passato : noi non la amiamo , siamo lontanissimi da lei e dalle sue seduzioni , detestiamo i grandi tiranni e massacratori , non proviamo nessuna soggezione psicologica occulta verso di loro . Proprio per questo possiamo studiarla , reimpararla , riapprenderla , come si tenta di apprendere una virtù spirituale . È una specie di esercizio ascetico : il più difficile degli esercizi . Lo compiamo contro noi stessi : odiamo la forza mentre la usiamo , esecriamo noi stessi che assumiamo le sue apparenze ; non ricorriamo a lei per imporre il nostro dominio , ma soltanto per evitare mali più terribili . Compiamo ogni azione come un sacrificio , del quale siamo le prime vittime . Simone Weil visitò la Germania giovanissima , l ' anno prima che Hitler prendesse il potere . Mentre l ' Europa era cieca e confusa , mentre nessuno capiva quali drammi e orrori si andavano preparando , lei - quasi sola - comprese cosa avrebbe travolto la Germania di Weimar . Negli anni successivi , commise un errore , di cui si sentì colpevole per il resto della vita . Diventò pacifista . Pensava che qualsiasi male , persino Hitler , sarebbe stato preferibile alla guerra . Ma poi espiò quest ' errore ; e via via che si avvicinava sempre più al suo Dio sconosciuto , venerando ciò che è puro , i Vangeli , l ' Antigone , Platone , la Baghavadgita , la musica gregoriana , - la sua conoscenza dei meccanismi della forza diventò perfetta . Sapeva che era necessario usare tutta la forza contro Hitler : senza limiti , né compromessi ; e sacrificò se stessa alla necessità tremenda del suo compito . Possiamo imparare da quest ' Antigone dei tempi moderni . Qualcuno ha già cominciato , come Emma Bonino o Barbara Spinelli che ci ricorda inflessibilmente i doveri dell ' Europa mentre guarda i quadri di Vermeer e gli angeli medioevali . Dobbiamo esercitarci , stoicamente , freddamente , a impiegare la forza che non amiamo . Se vogliamo usarla , dobbiamo domare le nostre passioni : impedire al nostro ego di offuscarci lo sguardo : cancellare idee , interessi , sentimenti e fantasticherie che ci turbano l ' animo : cercare di conoscere le diverse situazioni storiche , con lucidità e precisione assoluta ; sapere che l ' azione deve essere rara , ma non conoscere rinvii e compromessi . Solo allora , essa potrà scendere come un angelo dell ' Apocalisse e cauterizzare il male e la ferita .
Aguzzini sotto le bombe ( Sofri Adriano , 1999 )
StampaQuotidiana ,
Ci sono porte destinate a non aprirsi . Scantinati senza finestre . Luoghi riservati . Letti di contenzione , sedie per slogare . È raro che vengano alla luce : per un terremoto , per un ' eruzione vulcanica . È raro che se ne parli : gli ospitati non ne escono vivi . È più facile che ne parlino i gestori : si resiste difficilmente alle vanterie , anche quando possono costare . Nel Kosovo riaperto si sapeva - purché lo si volesse sapere - che si sarebbero trovati forni e fosse comuni . Non era facile immaginare lo scantinato della tortura . Gira in questi anni una - detestabile - mostra sugli strumenti di tortura : la vergine di Norimberga , le ruote dentate , genere che ha i suoi amatori . Il repertorio interrato che da Pristina è arrivato sui nostri teleschermi è tecnologicamente grossolano , ma moralmente scelto : i pugni di ferro , i coltellacci , i mazzi di preservativi , il bastone spaccato in due ( ne sarà stato orgoglioso , o seccato , quello che ha dato il colpo ? ) , la rinfusa di documenti personali dei torturati e dei giornaletti zozzi dei torturatori . Eloquente repertorio : museo già pronto per le scolaresche . Resistono stupidi pregiudizi sul conto della tortura , di cui i torturatori sarebbero i primi a farsi beffe . Che serva a qualcosa , a far parlare ... Ma no . La tortura è un ' arte , è un piacere , è gratuita . Deve far male dentro il corpo dell ' altro , dell ' altra . Quello scantinato è altra cosa dall ' assassinio di strada e dallo stupro compiuto a cielo aperto , al caso dell ' agguato e della furia improvvisa . Quello scantinato è la sala operatoria di una chirurgia d ' eccezione , in cui la potenza dell ' odio si è presa un ufficio , e lavora con metodo . Il paziente è di preferenza una giovane donna , e se no un uomo su cui si compiano atti di effeminazione oltraggiosa . Il torturatore è un uomo : lo diventa davvero lì dentro . È un luogo di iniziazione completa : dal giornaletto porno alla precauzione del preservativo , dal corpo spogliato e legato alla carne incisa , alle ossa frantumate , al sangue scolato in un recipiente lurido . Nella camera della tortura ogni movente mostra la propria fuorviante superfluità . Non importa più la divergenza nazionale e religiosa , neanche quella spinta all ' assassinio di massa o allo stupro di massa . C ' è il rapporto di potere nella sua essenza : il corpo a corpo fra il gruppo di armati e l ' inerme denudato . Sempre la tortura prende la mano ai suoi apprendisti , dovunque , nelle caserme di polizia , nelle celle di punizione , nelle stanze private in cui uomini piccoli e impazziti si vendicano della propria paura . Succede molto , molto largamente . Ieri era anche uscito il benemerito rapporto annuale di Amnesty , impressionante : eppure succede ancora più largamente . L ' omertà e la paura tengono ancora chiuse molte cantine . Possiamo fingere di non saperlo . La mia generazione ebbe fra le prime letture civili il saggio sulla tortura di Henri Alleg : era il 1958 , l ' Algeria . A nessuna generazione è mancato il suo addestramento . Ora i bambini vedono al telegiornale - i bambini vedono tutto , infatti - quel pavimento disseminato di ferri e mazze , in uno strano disordine ; ci si aspetterebbe una cura diversa , da uomini d ' ordine per eccellenza come sono i torturatori . Non so se si solleveranno dubbi , sull ' " autenticità " di questo scantinato . Se le cose stanno così - mi pare di sì - vorrà forse dire che gli aguzzini si sono lasciati prendere di sorpresa ; ma anche che è costato loro caro staccarsi da quel laboratorio professionale . Si dice che un ' antica dama implorasse graziosamente : " Ancora un minuto , signor boia " . Qui , forse , era il boia a chiedere per sè ancora un minuto . Chi ha percorso in questi anni la Jugoslavia conosce la scena infinita delle Pompei dei vivi , delle case abbandonate senza il tempo di afferrare un oggetto , di dare un ' ultima occhiata . A Spalato un soldato appena reduce dalla " pulizia " della Krajna di Knin , bevendo birra un po ' per festeggiare un po ' per tristezza , mi disse : " Si entra nelle case e si trova la vita normale , due bicchieri di plastica colorata da bambini , ho visto un orsacchiotto posato sullo schienale di un divano esattamente come ce n ' è uno a casa mia ... Questa è la cosa più dolorosa . Poi ho finito anch ' io col prendermi una targa d ' auto , come hanno fatto tutti " . Un altro mi volle regalare una bomba a mano serba , declinai , e accettai una banconota datata Knin 1992 . Neanche i soldi avevano fatto in tempo a portarsi via . Nella cantina di Pristina non hanno fatto in tempo a raccogliere i machete , né i preservativi . Bisogna tener ferme le distinzioni . Riconoscere , dietro la fisionomia comune della violenza fisica , della violazione corporale , della tortura , i tratti speciali di ogni nuova impresa . Pristina è Pristina : non solo un altro nome da aggiungere alla mappa della tortura nel mondo . A Pristina la " polizia " serbista ha dovuto fuggire all ' improvviso , questo ci dicono le immagini dell ' ispezione imprevista . Ma ci dicono anche che avevano avuto molto tempo . Per 78 giorni lo scantinato è stato un quieto riparo antiaereo , nel quale fare il lavoro . Per 78 giorni noi abbiamo fissato un buco nero che si chiamava Kosovo , senza vederne se non i bordi , persone schizzate fuori a suon di minacce botte sparatorie e bombe . Abbiamo gremito il cielo , e perso di vista la terra . Ci siamo chiesti che cosa stesse succedendo , per terra , sotto la terra . Si lavorava , nella cantina di Pristina . È doloroso , oggi , guardare il corteo vilipeso o esasperato di serbi che abbandonano a loro volta il Kosovo : era diventato fatale . Ma è commovente vedere il corteo di ritorno dei kosovari albanesi cacciati fuori dai confini . Mai , che mi ricordi , una popolazione deportata ha fatto ritorno alle sue case - alle sue macerie : si possono amare le proprie macerie - per effetto del soccorso dei potenti . Non certo dopo la Seconda guerra , e tanto meno per i suoi scampati ebrei . Bisogna esultare per questo rientro , ed esserne grati . Bisogna dire che l ' incriminazione di Milosevic e i suoi all ' Aia non ha affatto dilazionato la resa , ma l ' ha accelerata : e sarebbe stata comunque giusta . Bisogna riconoscere in sé il rischio orribile del negazionismo e della minimizzazione di fronte alla misura e alla profondità di una persecuzione , in nome di diffidenze e di partiti presi . Bisogna congratularsi che la nostra parte di mondo , a differenza che per la Bosnia , non si sia lasciata piegare dall ' antipatia per l ' anagrafe musulmana della maggioranza della gente kosovaro - albanese . Tuttavia , si deve tornare all ' inizio della questione . Perché una ottusità politica indusse a chiedersi se si dovesse o no intervenire a difesa dei kosovari , piuttosto che come intervenire . Anche dopo l ' inizio dell ' intervento , quando le milizie serbiste hanno risposto con l ' inaudita deportazione di centinaia di migliaia di persone , e nessuno avrebbe dovuto più esitare ad affrontare quella tragedia , qualunque giudizio si desse sulla sua origine . Oggi ci si congratula dello scampato maggior pericolo , e si rischia di barattare la " vittoria " - com ' era possibile che una " vittoria " non arrivasse ? - con la rassegnazione al modo in cui è stata ottenuta . Credo che non dovrebbe succedere . Né per questa volta , né per le prossime , che purtroppo ci saranno . Non si può lasciare per tanto tempo una gente indifesa in balia degli scannatori . Non si può tenersi il cielo , e abbandonare loro il suolo e gli scantinati . Risparmiare le " nostre " vite è un proposito lodevole , purché non manchi il soccorso . Non è con quel proposito che agiscono le forze di polizia , o i vigili del fuoco : perché dev ' essere altrimenti per la strapotenza militare del soccorso internazionale ? Qualunque conclusione si raggiunga sull ' efficacia di interventi militari nel corso della seconda guerra mondiale , resta imperdonabile l ' omissione , vile o rassegnata , di qualunque tentativo per anni , mentre si sapeva dello sterminio , dei suoi modi , dei suoi luoghi . Altri paragoni troppo ravvicinati sono impropri , ma questo confronto è difficile da eludere . Chi di noi non ha ceduto al sarcasmo nei confronti delle armi " intelligenti " , e degli imbecilli che le hanno chiamate così ? Ma è un fatto che una delle obiezioni - non la peggiore - all ' invocazione di bombardare Auschwitz - Birkenau durante la guerra riguardava l ' imprecisione delle armi . L ' obiezione principale fu che nessuna energia andava distolta dalla vittoria nella guerra , e che quella sarebbe coincisa con il salvataggio delle vittime . Col Kosovo , non poteva essere ripetuta . Bisognava soccorrere le vittime , non " vincere la guerra " . Mi dispiace del fraintendimento che mi procurerò , ma voglio fare un altro paragone . I nazisti si servirono della guerra , che aveva i suoi propri fini , per spingersi alla soluzione finale del problema ebraico - per sterminare gli ebrei . Anche per questo la posizione degli Alleati - vincere la guerra per salvare le vittime dello sterminio - era fuori luogo . In un certo senso , questo spostamento si è ripetuto nella vicenda del Kosovo : la Nato ha trattato come una guerra il suo intervento , e ha affidato alla ripetizione della strategia aerea la " vittoria " . Il regime serbo ha usato della " guerra " come dell ' occasione per liquidare il problema kosovaro : cioè decimare con gli assassinii la popolazione maschile , deportare quanta più gente possibile , e ridurre un popolo in gran maggioranza numerica e in forte crescita demografica a una proporzione " accettabile " : la metà . I deportati che non torneranno , gli uccisi che riempiono le fosse comuni o i pozzi di miniera , sono un risultato acquisito . L ' intervento della Nato non l ' ha impedito , l ' ha in parte involontariamente favorito . E la scoperta del sotterraneo della tortura ha divaricato fino al paradosso la distanza fra il pilota cui era interdetto scendere sotto i 5000 metri , e il perseguitato nel sottosuolo . La camera della tortura di Pristina è un di più , un lusso che la pulizia etnica si è regalata , nei suoi attori più scelti . Come ogni impresa gratuita , ha rivelato a perfezione il fondo della contesa . L ' attaccamento all ' odio , al potere , al sangue versato , all ' abiezione inflitta in gruppo a ciascuno degli altri . La morte del nemico , nella tortura , diventa un ' appendice , un effetto finale , se non addirittura un infortunio : la cosa sta nella sottomissione e nell ' agonia protratta , nel dolore distillato , nello spettacolo offerto dal suppliziato al macellaio . Le vittime sono comunque inermi : alla tortura ci si addestra tormentando una lucertola , sbatacchiando furiosamente un neonato che piange . Alla vista del locale e dei suoi utensili abbandonati , non riesco a vedere né a sentire le vittime , perché non voglio . Da quella cantina non si sentiva il rombo dei bombardieri della Nato : figurarsi se si potessero sentire dal nostro cielo le urla e i gemiti dei tormentati . Mute , le vittime . Quella camera improvvisamente spalancata non deve mostrar loro , né farle immaginare con paura o con raccapriccio . Deve far vedere gli aguzzini , il loro spalleggiarsi , le loro risate ubriache , i loro giornaletti e le loro tre dita levate . Restituire i jingle politici - la nazione serba , la battaglia sacra di Lazar , i monasteri magnifici e la fraternità panslava - alla loro dimensione personale , alla libertà senza confini di mettere alla prova se stessi sul corpo dell ' altro . Sono scappati a gambe levate , quegli artigiani efferati : lungo la strada avranno alzato le tre dita , incrociando i carri russi , o le telecamere di ogni parte . A Belgrado , o in un ' altra loro città , in un ' osteria o in una caserma , non resisteranno al piacere di raccontare che cos ' hanno fatto a Pristina . Troveranno altri come loro cui le cose si possono dire . Il bello di essere poliziotti - o paramilitari , è lo stesso , anzi meglio : parastatali della brutalità - in tempo di guerra patriottica è che si può fare tutto per una causa superiore . Sarebbe la dimostrazione finale del fatto che il male è più forte del bene , fra gli animali umani , se non si ricevesse ogni volta di nuovo la prova che resta nei torturatori e nei massacratori il fondo di una paura e una vergogna , la foga di cancellare le tracce . Qualcuno di noi l ' aveva temuto : i serbisti tiravano per le lunghe solo per avere il tempo di cancellare le tracce . La stessa cosa era successa ai nazisti . Quando lo sterminio passò dalle fucilazioni di massa alle camere a gas , fu anche per smaltire le scorie nei forni . I nazisti ( e tanti altri ) seppellirono e riesumarono tante loro vittime per riseppellirle o bruciarle : come hanno appena fatto bande serbe . Dicevano , gli altruisti carnefici nazisti : il mondo non è ancora preparato a capire . Non si può lavorare alla luce del sole . Anche i serbisti devono aver pensato così . Il mondo non è ancora preparato , e anzi ha incaricato un tribunale di occuparsene : benché non lo prenda ancora abbastanza sul serio .
Disarmiamo gli animi armiamo la ragione ( Martini Carlo Maria , 1999 )
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In queste settimane di guerra nei Balcani due parole mi tornano alla mente . La prima è di Bertolt Brecht al termine del suo lavoro teatrale : La resistibile ascesa di Arturo Ui : " E voi imparate che occorre vedere e non guardare in aria ; occorre agire e non parlare . Questo mostro stava , una volta , per governare il mondo . I popoli lo spensero , ma ora non cantiamo vittoria troppo presto , il grembo da cui nacque è ancora fecondo " . Questa metafora del grembo ancora fecondo evoca una delle cause di quanto sta avvenendo . C ' è una matrice dalla quale sono stati generati molti stermini , fino alla Shoah . Essa continua a generarne . I conflitti nelle terre dell ' ex Jugoslavia , la " pulizia etnica " , l ' esodo forzato delle genti del Kosovo lo attestano , come pure tanti altri conflitti in altre regioni del mondo che , pur drammaticamente vivi , non fanno notizia . Tutto questo non è lontano da noi . Anche il nostro Paese ha conosciuto vergognose " leggi razziali " . Altre " notti feroci " gravano sull ' Europa , come Primo Levi ci aveva avvertiti . Avevamo sperato in un sempre più diffuso e radicato costume democratico e invece di nuovo rinascono forme di dittatura , di violenta privazione della libertà . Questo millennio si avvia alla conclusione tra incursioni aeree , bombardamenti , stragi . La seconda parola a cui ripenso in questi giorni è stata pronunciata dall ' Assemblea delle chiese cristiane europee a Basilea nel maggio 1989 : " Abbiamo causato guerre e non siamo stati capaci di sfruttare tutte le opportunità di dialogo e di riconciliazione : abbiamo accettato e spesso giustificato con troppa facilità le guerre " . Questa parola ci ricorda le responsabilità che portiamo anche come cristiani . Sulle ragioni possibili di alcuni atti di guerra ( cioè sul tema di una eventuale " guerra giusta " ) , si è ragionato a lungo nei due millenni cristiani . Sant ' Agostino scriveva : " Fare la guerra è una felicità per i malvagi , ma per i buoni una necessità ... è ingiusta la guerra fatta contro popoli inoffensivi , per desiderio di nuocere , per sete di potere , per ingrandire un impero , per ottenere ricchezze e acquistare gloria . In tutti questi casi la guerra va considerata un " brigantaggio in grande stile " " ( De Civitate Dei , IV , 6 ) . Ma Giovanni XXIII nella Pacem in terris , afferma : " Nell ' era atomica è irrazionale ( alienum est a ratione ) pensare che la guerra possa essere utilizzata come strumento di riparazione dei diritti violati " . Il concetto di " guerra giusta " viene così superato . E il Concilio , che per lo più non ha voluto pronunciare anatemi , ha tuttavia su questo punto un parola ferma e dura : " Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti , è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato " . Tra le ragioni che hanno portato al superamento della dottrina della guerra giusta , accanto alla percezione dei danni incalcolabili prodotti dalle " moderne armi scientifiche " , vi è la progressiva adesione alla struttura politica di tipo democratico , con il riconoscimento dell ' opinione pubblica come istanza di controllo e di guida nella gestione del potere politico . Anche sul piano internazionale , il progressivo consolidarsi di una istanza sovranazionale costituisce una ( sia pur gracile ) alternativa alla guerra mediante la mediazione politica . Con la condanna del ricorso alla guerra , la coscienza cristiana va progressivamente superando anche la logica della deterrenza . La deterrenza , afferma il Concilio , " non è via sicura per conservare saldamente la pace ... le cause di guerre anziché venire eliminate da tale corsa minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente ... mentre si spendono enormi ricchezze per procurarsi sempre nuove armi , diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo presente " . In queste settimane di guerra ci ha costantemente guidato il magistero coerente e coraggioso del papa Giovanni Paolo II . Non dimentico le sue parole il mattino del primo giorno della guerra nel Golfo , era il 17 gennaio 1991 : " In queste ore di grandi pericoli , vorrei ripetere con forza che la guerra non può essere un mezzo adeguato per risolvere completamente i problemi esistenti tra le nazioni . Non lo è mai stato e non lo sarà mai . Continuo a sperare che ciò che è iniziato abbia fine al più presto . Prego affinché l ' esperienza di questo primo giorno di conflitto sia sufficiente per far comprendere l ' orrore di quanto sta succedendo e far capire la necessità che le aspirazioni e i diritti di tutti i popoli della regione siano oggetto di un particolare impegno della comunità internazionale . Si tratta di problemi la cui soluzione può essere ricercata solamente in un contesto internazionale , ove tutte le parti interessate siano presenti e cooperino con lealtà " . " Declino dell ' umanità , scacco della comunità internazionale , attentato ai valori più cari a tutte le religioni " , così diceva il Papa a proposito della guerra nel Golfo . Parole che dobbiamo ancora ripetere per la guerra nei Balcani . Dobbiamo instancabilmente cercare , pensare una alternativa all ' uso delle armi , anche quando essa sembra impossibile . Come vescovo avverto l ' urgenza di contribuire ad una educazione alla pace : solo scrutando le ragioni misteriose del male nella storia e nel cuore dell ' uomo possiamo comprendere perché la pace sia problema sempre aperto . Il riconoscimento del male in tutte le sue forme , questa immane potenza del negativo che ha nella guerra la sua manifestazione più drammatica , non deve però indurci al pessimismo paralizzando la fiducia nelle risorse positive dell ' uomo . Nasce di qui la tensione al dialogo come via privilegiata alla pace : " Ogni uomo , credente o no , pur restando prudente e lucido circa la possibile ostinazione del suo fratello , può e deve conservare una sufficiente fiducia nell ' uomo , nella sua capacità di essere ragionevole , nel suo senso del bene , della giustizia , dell ' equità , nella sua possibilità di amore fraterno e di speranza , mai totalmente pervertiti , per scommettere sul ricorso al dialogo e sulla sua possibile ripresa " ( Giovanni Paolo II , Messaggio per la Giornata della pace 1983 ) . Questa fiducia nell ' uomo è anzitutto fiducia nelle risorse della sua coscienza , soprattutto di quanti patiscono ingiustizia . Bisogna puntare " sulle forze di pace nascoste negli uomini e nei popoli che soffrono ... così da sottoporre le forze oppressive a delle spinte efficaci di trasformazione , più efficaci di quelle fiammate di violenza che in genere non producono nulla , se non un futuro di sofferenze ancora più grandi " ( Messaggio per la Giornata della pace , 1980 ) . Alla forza della coscienza e non alla violenza è affidata la causa della pace . Sul versante politico , la pace richiede strutture politiche sovranazionali davvero efficaci nell ' arginare le possibili sopraffazioni . Era già questo l ' auspicio di Paolo VI nel suo discorso alle Nazioni Unite nel 1965 : " Il bene comune universale pone ora problemi a dimensioni mondiali che non possono essere adeguatamente affrontati e risolti che ad opera di Poteri pubblici aventi ampiezza , strutture e mezzi delle stesse proporzioni , di Poteri pubblici cioè , che siano in grado di operare in modo efficiente sul piano mondiale . Lo stesso ordine morale quindi domanda che tali poteri vengano istituiti ... Chi non vede il bisogno di giungere così , progressivamente , a instaurare un ' autorità mondiale , capace di agire con efficacia sul piano giuridico e politico ? " . In questi giorni di guerra ripenso al lungo , difficile cammino della coscienza cristiana durante due millenni nel giudicare la guerra e gli armamenti . Prima delle armi nucleari e chimiche il principio della legittima difesa poteva in certi casi condurre a parlare di guerra giusta . Ora invece si è convinti della tragica inutilità e moralità di una guerra condotta con questi nuovi tipi di armamenti . Dobbiamo augurarci che la coscienza critica dei cristiani e di ogni uomo faccia ancora dei passi ulteriori . Intanto occorre che la mobilitazione contro il male sia accompagnata da un ' opera progettuale , che dia nuova consistenza alla pace , alla sicurezza , alla stessa dissuasione . In tale linea : una ricerca di giustizia , di eguaglianza , di solidarietà , il potenziamento del dialogo , dei sistemi democratici , degli organismi di controllo internazionali . La stessa dissuasione dovrebbe fondarsi non già sulla minaccia rappresentata dagli arsenali , bensì su quelle risorse ben più degne dell ' uomo che sono la solidarietà internazionale , le sanzioni giuridiche , l ' isolamento di chi fa ricorso alla prepotenza e alla forza . Rassegnarsi alla logica della guerra o della dissuasione armata vuol dire accettare la spirale perversa degli armamenti e finire in una trappola mortale per l ' umanità . Dal punto di vista progettuale , accanto alla proposta di studiare forme efficaci di difesa civile non violenta , sta il riconoscimento del valore della obiezione di coscienza , la denuncia di certe forme di ricerca scientifica subalterne a logiche di distruzione , lo scandalo rappresentato dal divario crescente Nord - Sud alimentato dal commercio delle armi . Sta l ' appello alla mediazione politica come strumento di composizione dei conflitti ; l ' appello a disarmare gli animi , armando la ragione ; l ' appello a credere nella Parola : " Forgeranno le loro spade in vomeri , le loro lance in falci , un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo " . ( Isaia , 2,4 ) .
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Nel dicembre del 1993 si è svolto alla Sorbona , sotto l ' egida della Academie Universelle des Cultures , un congresso sul concetto di intervento internazionale . C ' erano non solo giuristi , politologi , militari , politici , ma anche filosofi e storici come Paul Ricoeur o Jacques Le Goff , medici senza frontiere come Bernard Koutchner , rappresentanti di minoranze un tempo perseguitate come Elie Wiesel , Ariel Dorfmann , Toni Morrison , vittime della repressione di vari dittatori , come Leszek Kolakowski o Bronislaw Geremek o Jorge Semprun , insomma molta gente a cui la guerra non piace , non è mai piaciuta e non vorrebbero vederne più . Si aveva paura a usare parole come " intervento " , che sapeva troppo di ingerenza ( anche Sagunto è stato un intervento , e ha permesso ai romani di fare fuori i cartaginesi ) , e si preferiva parlare di soccorso e di " azione internazionale " . Pura ipocrisia ? No , i romani che intervengono a favore di Sagunto sono romani , e basta . In quel convegno invece si stava parlando di comunità internazionale , di un gruppo di paesi che ritengono che la situazione , in un punto qualsiasi del globo , abbia raggiunto l ' intollerabile , e decidono di intervenire per porre fine a quello che la coscienza comune definisce un delitto . Ma quali paesi fanno parte della comunità internazionale , e quali sono i limiti della coscienza comune ? Si può certo sostenere che per ogni civiltà uccidere sia un male , ma solo entro certi limiti . Noi europei e cristiani ammettiamo per esempio l ' omicidio per legittima difesa , ma gli antichi abitanti del Centro e Sud America ammettevano il sacrificio umano rituale , e gli attuali abitanti degli Stati Uniti ammettono la pena di morte . Una delle conclusioni di quel tormentatissimo convegno era stata che , come avviene in chirurgia , intervenire significa agire energicamente per interrompere o eliminare un male . La chirurgia vuole il bene , ma i suoi metodi sono violenti . È consentita una chirurgia internazionale ? Tutta la filosofia politica moderna ci dice che , per evitare la guerra di tutti contro tutti , lo Stato deve esercitare una certa violenza sugli individui . Ma quegli individui hanno sottoscritto un contratto sociale . Che cosa avviene tra stati che non hanno sottoscritto un contratto comune ? Di solito una comunità , che si ritiene depositaria di valori molto diffusi ( diciamo i paesi democratici ) stabilisce i limiti di ciò che essa giudica intollerabile . Non è tollerabile condannare a morte per reati d ' opinione . Non è tollerabile il genocidio . Non è tollerabile l ' infibulazione ( almeno , se praticata a casa nostra ) . Pertanto si decide di difendere coloro che sono danneggiati ai limiti dell ' intollerabile . Ma sia chiaro che quell ' intollerabile è intollerabile per noi , non per "loro".Chi siamo noi ? I cristiani ? Non necessariamente , cristiani rispettabilissimi , anche se non cattolici , appoggiano Milosevic . Il bello è che questo " noi " ( anche se è definito da un trattato , come quello nord - atlantico ) è un Noi impreciso . È una Comunità che si riconosce su alcuni valori . Dunque quando si decide di intervenire in base ai valori di una Comunità , si fa una scommessa : che i nostri valori , e il nostro senso dei limiti tra tollerabile e intollerabile , siano giusti . Si tratta di una sorta di scommessa storica non diversa da quella che legittima le rivoluzioni , o i tirannicidi : chi mi dice che io abbia diritto di esercitare la violenza ( e che violenza , talora ) per ristabilire quella che ritengo una giustizia violata ? Non c ' è nulla che legittimi una rivoluzione , per chi l ' avversa : semplicemente chi vi si impegna crede , scommette , che ciò che fa sia giusto . Non diversamente accade per la decisione di un intervento internazionale . È questa situazione quella che spiega l ' angoscia che afferra tutti in questi giorni . C ' è un male terribile a cui opporsi ( la pulizia etnica ) : è l ' intervento bellico lecito o no ? Si deve fare una guerra per impedire una ingiustizia ? Secondo giustizia sì . E secondo carità ? Ancora una volta si ripropone il problema della scommessa : se con una violenza minima avrò impedito una ingiustizia enorme , avrò agito secondo carità , come fa il poliziotto che spara al pazzo assassino per salvare la vita a molti innocenti . Ma la scommessa è duplice . Da un lato si scommette che noi siamo in accordo col senso comune , che quello che vogliamo reprimere è qualche cosa di universalmente intollerabile ( e peggio per chi non lo capisce e ammette ancora ) . Dall ' altro si scommette che la violenza che giustifichiamo riuscirà a prevenire violenze maggiori . Sono due problemi assolutamente diversi . Ora provo a dare per scontato il primo , che scontato non è , ma vorrei ricordare a tutti che questo non è un trattato di etica , bensì un articolo di giornale , sordidamente ricattato da esigenze di spazio e di comprensibilità . In altre parole , il primo problema è così grave , e angoscioso , che non può , anzi non deve essere trattato sulle gazzette . Diciamo allora che è giusto , per impedire un delitto come la pulizia etnica ( foriero di altri delitti e di altre atrocità che il nostro secolo ha conosciuto ) , ricorrere alla violenza . Ma la seconda domanda è se la forma di violenza che esercitiamo possa davvero prevenire violenze maggiori . Qui non siamo più di fronte a un problema etico bensì a un problema tecnico , il quale ha tuttavia un risvolto etico : se l ' ingiustizia a cui mi piego non prevenisse l ' ingiustizia maggiore , sarebbe stato lecito usarla ? Questo equivale a fare un discorso sulla utilità della guerra , nel senso di guerra guerreggiata , di guerra tradizionale , che ha per fine l ' annientamento finale del nemico e la vittoria del vincitore . Il discorso sulla inutilità della guerra è difficile perché pare che chi lo fa parli in favore dell ' ingiustizia che la guerra cerca di sanare . Ma questo è un ricatto psicologico . Se qualcuno per esempio dicesse che tutti i guai della Serbia derivano dalla dittatura di Milosevic , e che se i servizi segreti occidentali riuscissero a uccidere Milosevic tutto si risolverebbe in un giorno , questo qualcuno criticherebbe la guerra come strumento utile per risolvere il problema del Kosovo , ma non sarebbe pro - Milosevic . D ' accordo ? Perché nessuno adotta questa posizione ? Per due ragioni . Una , che i servizi segreti di tutto il mondo sono per definizione inefficienti , non sono stati capaci di fare ammazzare né Castro né Saddam ed è vergognoso che si consideri ancora giusto sperperare per essi pubblico denaro . L ' altro è che non è affatto vero che quello che fanno i serbi sia dovuto alla follia di un dittatore , ma dipende da odi etnici millenari , che coinvolgono e loro e altre etnie balcaniche , il che rende il problema ancora più drammatico . Torniamo allora al discorso sulla utilità della guerra . Qual è stato nel corso dei secoli il fine di quella che chiameremo paleo - guerra ? Sconfiggere l ' avversario in modo da trarre un beneficio dalla sua perdita . Questo imponeva tre condizioni : che al nemico dovessero essere tenute segrete le nostre forze e le nostre intenzioni , in modo da poterlo prendere di sorpresa ; che ci fosse una forte solidarietà nel fronte interno ; che infine tutte le forze a disposizione fossero utilizzate per distruggere il nemico . Per questo nella paleo - guerra ( compresa la guerra fredda ) si stroncavano coloro che dall ' interno del fronte amico trasmettevano informazioni al fronte nemico ( fucilazione di Mata Hari , i Rosenberg sulla sedia elettrica ) , si impediva la propaganda del fronte avverso ( si metteva in prigione chi ascoltava Radio Londra , McCarthy condannava i filocomunisti di Hollywood ) , e si punivano coloro che , dall ' interno del fronte nemico , lavoravano contro il proprio paese ( impiccagione di John Amery , segregazione a vita di Ezra Pound ) perché non si doveva fiaccare lo spirito dei cittadini . E infine si insegnava a tutti che il nemico andava ucciso , e i bollettini di guerra esultavano quando le forze nemiche venivano sterminate . Queste condizioni sono entrate in crisi con la prima neo - guerra , quella del Golfo , ma si attribuiva ancora la smagliatura alla stupidità dei popoli di colore , che ammettevano i giornalisti americani a Bagdad , forse per vanità , o per corruzione . Ora non ci sono più equivoci , l ' Italia invia aerei in Serbia ma mantiene relazioni diplomatiche con la Jugoslavia , le televisioni della Nato comunicano ora per ora ai serbi quali aerei Nato stanno lasciando Aviano , agenti serbi sostengono le ragioni del governo avversario dagli schermi della televisione di stato , giornalisti italiani trasmettono da Belgrado con l ' appoggio delle autorità locali . Ma è guerra questa , col nemico in casa che fa propaganda per i suoi ? Nella neo - guerra ciascun belligerante ha il nemico nelle retrovie e , dando continuamente la parola all ' avversario , i media demoralizzano i cittadini ( mentre Clausewitz ricordava che condizione della vittoria è la coesione morale di tutti i combattenti ) . D ' altra parte , quand ' anche i media fossero imbavagliati , le nuove tecnologie della comunicazione permettono flussi d ' informazione inarrestabili - e non so quanto Milosevic possa bloccare non dico Internet ma le trasmissioni radio da paesi nemici . Tutte le cose che ho detto sembrano contraddire il bell ' articolo di Furio Colombo su Repubblica del 19 aprile scorso , dove si sostiene che il Villaggio Globale di McLuhaniana memoria sarebbe morto il 13 aprile 1999 , quando in un mondo di media , cellulari , satelliti , spie spaziali e così via , si dovette dipendere dal telefonino da campo di un funzionario di agenzia internazionale , incapace di chiarire se davvero fosse avvenuta una infiltrazione serba in territorio albanese . " Noi non sappiamo nulla dei serbi . I serbi non sanno nulla di noi . Gli albanesi non riescono a vedere sopra il mare di teste che li sta invadendo . La Macedonia scambia i profughi per nemici e li massacra di botte " . Ma allora , questa è una guerra dove ciascuno sa tutto degli altri o dove nessuno sa niente ? Tutte e due le cose . Il fronte interno è trasparente , mentre la frontiera è opaca . Gli agenti di Milosevic parlano nelle trasmissioni di Gad Lerner , mentre sul fronte , là dove i generali di un tempo esploravano col binocolo , e sapevano benissimo dove si appostava il nemico , oggi non si sa niente . Questo accade perché , se il fine della paleo - guerra era distruggere quanti più nemici fosse possibile , pare tipico della neo - guerra cercare di ucciderne il meno possibile , perché a ucciderne troppi si incorrerebbe nella riprovazione dei media . Nella neo - guerra non si è ansiosi di distruggere il nemico , perché i media ci rendono vulnerabili di fronte alla sua morte - non più evento lontano e impreciso , ma evidenza visiva insostenibile . Nella neo - guerra ogni armata si muove all ' insegna del vittimismo . Milosevic accusa orribili perdite ( Mussolini se ne sarebbe vergognato ) , e basta che un aviatore della Nato caschi a terra che tutti si commuovono . Insomma , nella neo - guerra perde , di fronte all ' opinione pubblica , chi ha ammazzato troppo . E dunque è giusto che alla frontiera nessuno si affronti e nessuno sappia niente dell ' altro . In fondo la neo - guerra è all ' insegna della " bomba intelligente " , che dovrebbe distruggere il nemico senza ammazzarlo , e si capiscono i nostri ministri che dicono : noi , scontri col nemico ? ma niente affatto ! Che poi un sacco di gente muoia lo stesso è tecnicamente irrilevante . Anzi , il difetto della neo - guerra è che muore della gente , ma non si vince . Ma possibile che nessuno sappia condurre una neo - guerra ? Nessuno , è naturale . L ' equilibrio del terrore aveva preparato gli strateghi a una guerra atomica ma non a una terza guerra mondiale , dove si dovessero spezzare le reni alla Serbia . É come se i migliori laureati del Politecnico fossero stati tenuti per cinquant ' anni a fare videogiochi . Vi fidereste a lasciargli fare ora un ponte ? Ma infine , l ' ultima beffa della neo - guerra non è che non ci sia nessuno oggi in servizio che sia vecchio abbastanza da avere imparato a fare una guerra - e non ci potrebbe essere in ogni caso , perché la neo - guerra è un gioco dove per definizione si perde sempre , anche perché la tecnologia che viene usata è più complessa del cervello di coloro che la manovrano e un semplice computer , benché fondamentalmente idiota , può giocare più scherzi di quanti ne immagini colui che lo manovra .. Bisogna intervenire contro il delitto del nazionalismo serbo , ma forse la guerra è un ' arma spuntata . Forse l ' unica speranza è nell ' avidità umana . Se la vecchia guerra ingrassava i mercanti di cannoni , e questo guadagno faceva passare in secondo piano l ' arresto provvisorio di alcuni scambi commerciali , la neo - guerra , se pure permette di smerciare un surplus di armamenti prima che diventino obsoleti , mette in crisi i trasporti aerei , il turismo , gli stessi media ( che perdono pubblicità commerciale ) e in genere tutta l ' industria del superfluo . Se l ' industria degli armamenti ha bisogno di tensione , quella del superfluo ha bisogno di pace . Prima o poi qualcuno più potente di Clinton e di Milosevic dirà basta , e tutti e due ci staranno a perdere un poco di faccia , pur di salvare il resto . È triste , ma almeno è vero .
Kika - Un corpo in prestito ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Comico , sessuale , sarcastico , Kika , che per via di contese giudiziarie esce in Italia con un anno di ritardo sul resto d ' Europa , è quasi un ' antologia , un collage o un pastiche del cinema di Almodóvar , quasi una sintesi d ' addio a quel mondo e a quello stile bizzarro , spiritoso , erotico , anarchico e brillante che ha reso celebre e fatto amare nel mondo il regista spagnolo quarantaquattrenne . Appena un po ' stanco , a volte ripetitivo : ma è nel caso la ripetizione di personaggi e avventure così divertenti che ( capita anche con Woody Allen ) li si rincontra sempre con gran piacere . In due giornate travolgenti e assurde si condensano tanti tic di Almodóvar : storie melodrammatiche sincere e ironiche ; donne ardite , sensuali , nevrotiche e allegre ; cieli notturni d ' azzurro profondo con luminose lune da presepio ; passioni e sentimenti tanto abnormi quanto schietti ; colori primari e squillanti , soprattutto il rosso ; trasgressione , peripezie , carnalità , buffoneria . In più , c ' è in Kika l ' ossessione voyeuristica contemporanea della vita guardata anziché vissuta ; c ' è la vanificazione del desiderio e dell ' utopia ; c ' è l ' invadenza televisiva che riduce i destini umani a brandelli d ' informazione sensazionalista . A rappresentare la tv abietta è Victoria Abril , ex psicologa , autrice del teleprogramma « Il peggio della giornata » che mescola notizie raccapriccianti e interviste con vittime o carnefici quotidiani , battezzata Andrea la Sfregiata ( « Caracortada » ) , montata su un ' immensa motocicletta veloce , vestita da Jean - Paul Gaultier , con in testa un casco - telecamera che le permette di riprendere tutto ciò che vive e vede . La cultura tradizionale è invece impersonata da Donna Paquita , una vecchia signora ( è la mamma di Almodòvar ) che conduce stracca un telesalotto letterario , senza neppure fingersi interessata ai libri e ai loro autori , ostentando persino la propria ignoranza e la propria noia : e che ha quindi gran successo . Molto più simpatica , Kika è una truccatrice che attraversa lietamente indenne le più straordinarie avventure . Trucca un morto così bene da riportarlo in vita . Abita con un fotografo che non arriva all ' orgasmo senza le Polaroid scattate durante l ' amore , che la spia da lontano con il teleobiettivo , che porta uno zainetto leopardato e che la ama « al mio modo sporco e silenzioso » . È anche amante del patrigno dell ' amante , uno scrittore americano assassino . Ha una cameriera lesbica che pure la ama ma critica la sua eterosessualità : « Juanita , sei mai stata con un uomo ? » « No , solo con mio fratello , un subnormale , ipersessuato come tutti i subnormali » . Questo fratello , un galeotto ex pornodivo , fugge dalla prigione , piomba in casa , ruba , si getta su Kika e la violenta in uno stupro lunghissimo ( lei , annoiata , lo incita a sbrigarsi , a farla finita ) , frenetico e impossibile da interrompere : neanche la polizia , quando arriva , riesce a tirarlo via dal corpo della donna . Ma nulla doma la vitalità di Kika , sempre pronta a nuove peripezie e compagnie , a nuovi viaggi , a nuove scoperte : e speriamo che così sia anche per Almodóvar .
Può succedere anche a te ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Favola melensa di soldi e d ' amore , commedia di buoni sentimenti , ennesimo tentativo ( come sempre fallito ) di imitare Frank Capra , il film mette in scena un uomo , una ragazza , una donna e una città . L ' uomo è Nicolas Cage , poliziotto di quartiere , gran brava persona piena di risorse e di buon senso , amichevole e soccorrevole verso gli altri soprattutto se sono ragazzi , bambini , vecchi , diseredati . La ragazza è Bridget Fonda , cameriera in un posto per mangiare a poco prezzo , caricata di debiti e perseguitata da un ex marito attore , generosa , simpatica e buona . La donna è Rosie Perez , moglie del poliziotto , una parrucchiera petulante , aggressiva , avida di danaro , arrampicatrice , egocentrica , bisbetica senza qualità . La città è New York , bella e incredibile come nei film di Woody Allen . Trama della favola ? Un giorno il poliziotto squattrinato , non potendo lasciare una mancia alla cameriera , promette di darle metà della vincita alla lotteria , se il biglietto che ha appena comperato per incarico della moglie risulterà vincente . Vince quattro milioni di dollari , e mantiene la promessa : provocando un evento telegiornalistico sensazionale e un felice mutamento nella vita della cameriera , innamorandosi di lei e scatenando il furore della moglie . Per colpa di quest ' ultima , che fa causa e vuole il divorzio , poliziotto e cameriera rimangono senza un soldo : sarà il grande cuore di New York a risarcirli permettendo loro anche di sposarsi in pallone , lassù nell ' alto dei cieli . Nicolas Cage ha un talento speciale per scegliere male i film da interpretare , Bridget Fonda è molto carina : ma , come spesso capita quando i protagonisti sono così buoni e perbene , il personaggio più divertente è la cattiva Rosie Perez , bravissima nel suo ritratto di donna stupida e volgare .
Idee per un partito neoconservatore. ( Matteucci Nicola , 1997 )
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Devo confessare che gli attuali dibattiti sulla cultura di destra e sulla cultura di sinistra mi annoiano , meglio mi infastidiscono , perché li ritengo fuorvianti . Destra e Sinistra hanno un mero significato : essi descrivono la collocazione nell ' aula parlamentare di un senatore odi un deputato . La Destra e la Sinistra sono , così , mere astrazione ; in sé non esistono e tanto meno hanno una cultura , che è fatta di concetti pensati . L ' individualismo metodologico ci ha insegnato che reali sono soltanto i singoli individui in relazioni ( anche associative ) con gli altri . Se guardiamo all ' oggi , al nostro Parlamento , potremmo subito dire che il Polo per le libertà ( la Destra ) e l ' Ulivo ( la Sinistra ) non hanno una loro propria omogenea cultura . Facciamo due esempi . Innanzitutto la grave crisi dello Stato di diritto . Ebbene , il più forte difensore dello Stato di diritto è Emanuele Macaluso , un autorevole esponente della Sinistra , che segue i fatti di Palermo con una documentazione precisa e minuziosa , pari - se non superiore - a quella di Giuliano Ferrara su il Foglio . Ebbene loro , assieme a tanti altri di Destra e di Sinistra , combattono la stessa battaglia , che è una battaglia sui principi . L ' altro grave problema è quello economico . Quando l ' allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi presentò il suo programma ebbe la ( tardiva ) approvazione di Paolo Sylos Labini , che - come è noto - non ama certo il Cavaliere . Ma la maggior parte degli appartenenti alla corporazione scientifica degli economisti ragiona nella stessa maniera , ragionano cioè da economisti . Si è però visto che né l ' Ulivo , né il Polo si sono dimostrati compatti su queste posizioni , per il prevalere di persone senza cultura che difendono piccoli interessi o radicati umori . Quando parliamo di cultura è opportuno riferirsi alle idee pensate , ai concetti forti e non alla cultura imparaticcia tanto diffusa fra i politici e i mass media . Alle etichette fuorvianti di Destra e di Sinistra preferisco esaminare quali siano le idee all ' altezza dei nostri tempi . Sono le idee aperte ai problemi del futuro e che abbiano una capacità di incidere su un mondo in rapida trasformazione . Dobbiamo affrontare due grandi trasformazioni epocali : il crollo del totalitarismo comunista , che pure ha lasciato in Europa troppi residui della presunzione fatale socialista . Dall ' altro lato c ' è il processo di secolarizzazione della società , un fenomeno più antico , che il totalitarismo ha accelerato e ora ispira la società del benessere , perché essa ha altri fondamenti . Per guardare al futuro in modo costruttivo dobbiamo evitare tre errori . Primo : persa la fede in una ragione assoluta , che ci ha portato alla catastrofe , spesso si sceglie la scorciatoia dell ' irrazionalismo , e sono irrazionalistiche tutte le posizioni fideistiche . Esiste anche un razionalismo critico che ammette la confutazione , in base all ' esperienza , delle proprie congetture . Secondo : ma del razionalismo dogmatico ci è rimasta la mentalità antistorica . Si pensa di costruire il futuro dimenticando o facendo tabula rasa del passato , mentre ogni innovazione deve avere in esso le sue radici . È rimasta così una mentalità costruttivistica : pensiamo alle continue riforme dei nostri ordinamenti scolastici dalle elementari all ' università , dimenticando non solo i valori del passato , ma anche la cultura di chi dovrebbe attuarle . Si ama solo il " novitismo " . Terzo : con il Sessantotto si è imposta una nuova morale , quella della " gioia di vivere " . È una reincarnazione del decadentismo con il suo sensualismo . Esso mina sempre più istituzioni che sono alla base dello sviluppo dell ' umanità , come la famiglia , e concede a molti scienziati il sogno di poter liberare la razza umana dal peso paralizzante del bene e del male e dei concetti perversi di giusto e sbagliato . Concetti che sono a fondamento dell ' ordine politico . Taluno potrà bollare questa mia proposta come neoconservatrice , ma fuori di essa non c ' è che la noiosa ripetizione di vecchi discorsi o il ritornare nel sogno dell ' utopia .
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Puntualizzare i rapporti che si danno in Italia tra politica e cultura può servire a chiarire uno spaccato della vita del nostro Paese per tanti aspetti così anomalo rispetto alle altre nazioni . Sono rapporti assai complessi per la varietà e la diversità delle situazioni , per cui bisogna stare attenti a non fare di tutta l ' erba un fascio . Accenneremo brevemente a due episodi scandalosi , per cui si può veramente parlare di una cultura di regime . Il ministro della Pubblica istruzione , onorevole Berlinguer , vuole che nell ' ultimo anno l ' insegnamento della storia si concentri sul Novecento e poi pensa di affidare la compilazione dei nuovi testi agli Istituti storici della Resistenza . Ora il presidente nazionale di questi Istituti , Gaetano Arfè , storico di vaglia e già deputato socialista , si è dimesso dalla sua carica per protesta contro la faziosità di questi Istituti , che vogliono fare soltanto una storiografia di partito e imporci cosi una mistica antifascista . Di Totò che visse due volte , il famoso e scandaloso film patrocinato da Walter Veltroni , si è già parlato molto e , nonostante tutto , avrà un finanziamento dallo Stato . Veltroni appoggia solo amici e clienti e ci fa rimpiangere il ministro del passato regime Giuseppe Bottai . Almeno era un uomo di cultura . Insomma la sinistra al potere pratica ancora la politica che fu del fascismo : è il governo che decide sulla cultura . Ma veniamo a cose più serie . Per governare una società industriale avanzata ci vogliono anche conoscenze professionali e scientifiche . Non voglio rispolverare il mito della tecnocrazia , ma senza economisti e politologi che - da indipendenti - dibattano sulle riviste e sui giornali i problemi sul tappeto le buone soluzioni non si trovano : conoscere per deliberare era il motto di Luigi Einaudi . In Italia abbiamo due ottime corporazioni accademiche di economisti e di politologi orgogliose della propria professionalità e della propria indipendenza . La cosa strana è che nelle loro corporazioni non ci sono gravi spaccature politiche e sulla soluzione di molti problemi sono sostanzialmente d ' accordo . La cosa grave è che la classe politica non utilizza queste competenze scientifiche e , quando fa conto di farlo , tutto poi s ' arena nei cassetti . La fine della commissione presieduta da Paolo Onofri ( persona di grande rigore scientifico e morale ) è sintomatica . Per il nostro ceto al governo tutti i problemi sono essenzialmente politici , non ha assolutamente una mentalità pragmatica , con cui valutare e verificare le conseguenze di certe scelte , con cui tenere presenti i possibili effetti , perversi di certe azioni . É sostanzialmente provinciale : guarda solo all ' elettorato e non fuori d ' Italia . Ora si comincia a parlare bene della rivoluzione liberale di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan , sino a ieri demonizzati . Hanno ottenuto ottimi risultati , ma ci si guarda bene dall ' imitarli . Il limite della nostra cultura e anche del mondo occidentale è quello di non essere riuscito a esprimere idee forti all ' altezza dei tempi . Rispetto al passato noi viviamo in un ' età di intense , profonde e rapidissime trasformazioni . Si parla - giustamente - di una globalizzazione dell ' economia , che non cancella però le etnie ( pensiamo all ' India e ai Balcani ) in difesa della loro cultura , mentre il monod islamico vuole lo sviluppo , ma in una chiave culturale diversa da quella occidentale . La rivoluzione elettronica ci ha ormai portati a viaggiare in Internet , che mette in comunicazione persone che non si conoscono ; e i fanatici parlano ormai della morte del libro . Le intense migrazioni portano alla formazione di società plurietniche , con culture assai diverse e lontane . Nessuno sa dove stiamo andando , mentre il futuro ci piomba addosso . La sola persona che ottiene il massimo di ascolto e guarda preoccupata al futuro è il Papa . Ma egli si appella ai valori della tradizione , lentamente elaborati nel passato . Mentre il filosofo liberale Friedrich von Hayek ha sempre sostenuto questa posizione che ancora l ' uomo ha delle certezze , gli intellettuali non solo italiani hanno scelto la strada della dissacrazione , una dissacrazione che crea solo il vuoto . In questo vuoto fioriscono spontaneamente movimenti effimeri , come quello della New Age . Sono profezie oscure come tutte le profezie : in alcune si parla di un ' imminente fine del mondo , basandosi sulla tradizione astrologica , in altre di una nuova era di felicità e di pace per un rinnovamento interno dell ' uomo . Esse sono il segno delle nostre inquietudini .
StampaQuotidiana ,
Mobilitazione . Freddamente , con lucidità e responsabilità , il popolo produttivo deve cominciare a organizzarsi per abbattere Prodi e il regime comunista nel più breve tempo possibile . Non è possibile aspettare le prossime elezioni e utilizzare il metodo democratico formale per sostituire l ' attuale malgoverno . Non c ' è più tempo . Il tempo è denaro e il denaro è il tempo . Procrastinando il risanamento all ' infinito si riduce a zero la ricchezza nazionale . Più tempo passa in queste condizioni , meno denaro ci sarà per finanziare il futuro di tutti noi . Ci rubano i soldi , ci rubano il tempo . Le alternative per il popolo produttivo sono due : o farsi tagliare la testa dai comunisti o mettere loro in fuga . In nessun Paese avanzato un commentatore scriverebbe queste parole . Mai invocherebbe la mobilitazione popolare aperta per abbattere un governo . Ma la realtà dice che questa è l ' unica soluzione . Lo scenario mostra che , l ' Italia è ormai in " count down " : meno 24 mesi . E dopo ? La deindustrializzazione sarà irreversibile . Ancora due anni di alta tassazione come adesso significa che le industrie se ne andranno , molte chiuderanno , altre delocalizzeranno tutta la forza lavoro all ' estero , nessuno investirà più . Non è assolutamente possibile svolgere un ' attività economica quando il peso fiscale sulle imprese supera il 60% . E non lo è soprattutto per le piccole imprese ( circa 300mila ) che non possono eludere legalmente le tasse come è invece possibile per le grandi ( circa 600 ) . Non lo è , in particolare , in un mercato globale dove il capitale e l ' imprenditore sono in grado di scegliersi il Paese più competitivo . E ce ne sono almeno venti dove è possibile trovare lavoro qualificato , bassa tassazione , infrastrutture efficienti , assoluta flessibilità del sistema occupazionale , ottimismo culturale , sicurezza . E ce ne sono altri trenta dove comunque è circa 9 volte più redditizio fare affari e impresa che non Italia , accettando qualche rischio e un modesto disagio logistico . La tecnologia circola senza confini e non è un problema fare shopping globale di quella che serve . È il capitale , ormai , che sceglie dove andare a farsi tassare . Uno Stato può attrarre capitale solo creando le migliori condizioni di remunerazione . Questa è la verità del mercato globale . Ma Prodi e Ciampi e i loro padroni comunisti ragionano come se fossimo ancora nella situazione dove il capitale circola in maggioranza solo dentro una nazione , così come era fino a 15 anni fa quando la globalizzazione e la rivoluzione tecnologica erano solo all ' inizio . Offrono garanzie sociali che non possono più finanziare perché ‚ le prime deprimono la crescita economica . Più la realtà competitiva morde , più questi rispondono alzando le tasse invece di cambiare l ' anciene régime . E così facendo creano disoccupazione . E la creano per mantenere i privilegi delle categorie improduttive : gli aristocratici rossi alleati con i sindacati . I primi rubano i soldi a chi produce e li regalano ai secondi , questi offrono ai primi le risorse militari per tenere il potere . La verità è violata , il banditismo politico è oltre ogni limite . Più tecnicamente , lo scenario dice che tra due anni chiunque sarà al governo non potrà far altro che amputare , cioè impoverire gli italiani per salvare il salvabile . Ma entro due anni è ancora possibile riformare e liberalizzare il sistema e proiettarlo verso modernità e ricchezza di massa senza costi sociali eccessivi . E questa è una verità tecnica , basata sul calcolo di come impiegare la ricchezza residua ( notevole ) per finanziare quella futura . I comunisti non possono né vogliono farlo . La cultura politica liberista , invece , sa come fare , come destrutturare il vecchio Stato e contemporaneamente crearne uno nuovo più efficiente e socialmente efficace . Come abbassare le tasse e allo stesso tempo risanare la finanza pubblica e fare nuovi investimenti futurizzanti . Come rientrare nei parametri europei e allo stesso tempo negoziare un ' Europa più utile e fattibile di quella attuale , per tutti . Questa verità e l ' evidenza che i comunisti la violino è il motivo che rende legittimo ed etico abbattere nel più breve tempo possibile il regime . Il peccato di irrealismo e irresponsabilità dei comunisti , e dei loro pupazzi ha sospeso di fatto la democrazia in questo Paese rendendola fattore di sicura povertà . Quasi il 60% degli italiani non li ha votati . E quelli che lo hanno fatto hanno creduto a una promessa di impossibile realizzazione . Quando in una democrazia comandano la bugia e il furto , la verità può essere solo ripristinata passando a una forma più , pura della democrazia . stessa ; il popolo che direttamente assume la responsabilità di mettere le cose a posto , di costruire il futuro che il regime gli nega . E così sia . Servono 5 milioni di bandiere blu in tutta l ' Italia . Questa è la massa critica utile per compiere in un solo giorno e pacificamente l ' evento di Sostituzione . Servono circa 6 mesi per organizzarla . I quadri si muovano subito e si raccordino , ma restino a basso profilo - i coordinatori agiscano in modo coperto - fino all ' evento per non esporsi a rappresaglie . Con numeri minori , ma costanti , la mobilitazione dovrà poi difendere un governo provvisorio che in tre mesi avrà il compito di predisporre la nuova Costituzione , indire il referendum e contemporaneamente le nuove elezioni . Lettori , adesso facciamo sul serio . Codice ? Discorso dei padri .