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> anno_i:[1970 TO 2000}
La mordacchia di Violante. ( Geronimo , 1998 )
StampaQuotidiana ,
Pensiero debole e conquista illiberale del Potere . Sono questi i due capisaldi che presiedono , da qualche anno , la vita politica italiana . La fine delle ideologie totalizzanti , comunismo e fascismo , sembra aver messo in soffitta anche le ragioni di quanti hanno costruito per l ' Italia un futuro di libertà e di giustizia collocandola nel solco delle grandi democrazie occidentali . Dal cattolicesimo democratico al socialismo liberale per finire al liberalismo . Le azioni del Pool di Milano e di alcune altre Procure , anche se dirette unilateralmente contro i moderati di ieri e di oggi , han finito col sortire un effetto generalizzato e cioè il rifiuto della politica e dei partiti . Da cui la rincorsa alle più disperate ed emozionali presunte scelte della gente . In Italia , contrariamente a quello che avviene in tutti i Paesi a democrazia matura , i partiti , con qualche rara eccezione , non offrono più obiettivi politici fondati su alcune idee forza , ma tutt ' al più si limitano a stendere programmi privi di un ' anima che potrebbero essere adottati indifferentemente dalla destra , dal centro e dalla sinistra . Tutto ciò è reso possibile da un dibattito che si incentra quasi sempre sugli obiettivi e quasi mai sugli strumenti e sulle loro motivazioni culturali e sociali . Il lavoro , il Mezzogiorno , l ' euro , una pubblica amministrazione efficiente e un fisco più leggero sono tutti obiettivi naturalmente condivisibili , ma le strade per arrivarci non sono mai oggetto di un confronto politico talmente forte , da investire l ' intera pubblica opinione . Questo sfarinamento politico vero e proprio mette i singoli partiti alla caccia disperata degli umori più turbolenti del Paese nel tentativo di cavalcarli . E la conclusione è sotto gli occhi di tutti . La scelta federalista , come ha giustamente fatto notare Ernesto Galli della Loggia , è più frutto del tentativo di catturare l ' elettorato di una Lega che , però , a ogni passaggio alza sempre più la posta , che non esito di una meditata scelta culturale . Si finisce così col mescolare cose diversissime : le esigenze di un forte decentramento politico e amministrativo con impulsi secessionisti largamente minoritari in un ' Italia che solo da pochi decenni ha recuperato il senso dell ' unità nazionale . Un cocktail che è polvere da sparo , e finisce , col piazzare una vera e propria bomba sotto l ' unità del Paese reale e aprire l ' orizzonte alla fine dei partiti nazionali . Tutto ciò è naturale che accada quando gli eredi del fascismo e del comunismo , dopo il proprio fallimento , non hanno più la forza di rielaborare una propria originale posizione politica mentre il centro si frantuma in mille rivoli . E su questo magma politico confuso , fioriscono i tentativi , in larga parte già riusciti , della brutale conquista del potere . L ' ideologo di questa strada , quello , cioè , che non solo teorizza schemi illiberali di conquista del potere ma , da molti anni ne garantisce la realizzazione , è Luciano Violante , presidente della Camera dei deputati . Lo può forse in virtù dei suoi archivi e delle sue tutele . Dopo aver sbriciolato il centro moderato con le teste di cuoio delle Procure di Milano , Napoli e Palermo , Luciano Violante nell ' anniversario del 25 aprile ha indicato la strada per consolidare in eterno l ' egemonia comunista . Sia il popolo sovrano a decidere , ha tuonato la sciarpa littoria delle toghe rosse di questo Paese , e voti direttamente e contestualmente il presidente della Repubblica e la coalizione di governo con il divieto ai parlamentari di mutare orientamento nel corso della legislatura . Una motivazione , quest ' ultima , generica e populista che rischia di incontrare il consenso anche del centrodestra che ricorda il ribaltone di Bossi . E sarebbe un errore . Se il nostro governo fosse presidenziale , come hanno la Francia e gli Usa , i postcomunisti perderebbero , così come perderebbero se facessero votare direttamente il primo ministro . L ' unica possibilità di vittoria e di portare a Palazzo Chigi un comunista doc è se si vota direttamente , insieme col capo dello Stato , la coalizione di governo , per il forte potere egemonico che un partito del 20-22 per cento esercita su Rifondazione e sui Popolari in un sistema maggioritario uninominale . E così il Pds , con poco più del 20 per cento , controlla l'80 per cento del potere . Ma tutto ciò non sembra bastare a Luciano Violante . Deve andare in soffitta anche quella garanzia democratica che vuole il parlamentare eletto senza vincoli di mandato . In parole semplici non solo va consolidata l ' elezione diretta della coalizione di governo che ottimizza il ruolo del Pds di D ' Alema e Violante , ma anche una sua blindatura pena lo scioglimento delle Camere . Tutto ciò non trova riscontro in nessun altro Paese democratico ed è la prima evidente mordacchia a un Parlamento già messo , in questi anni , in ginocchio dal governo delle deleghe e della blindata concertazione sociale . Come si vede , tutto è cominciare .
StampaQuotidiana ,
C ' è un vecchio detto popolare che suona più o meno così : se mi imbrogli una prima volta , la colpa è tua , se riesci a farlo una seconda volta la colpa è mia . È questa la prima reazione a caldo alla iniziativa del governo sul nuovo patto sociale che dovrebbe rappresentare il regalo natalizio per gli italiani . Questa maggioranza è la stessa che da alcuni anni ci ha promesso una lenta ma progressiva crescita della nostra economia e un ' altrettanta progressiva riduzione della disoccupazione e del divario Nord - Sud . Da tre anni , come è noto , cresciamo meno di tutti , il divario tra Nord e Sud è paurosamente aumentato e siamo l ' unico Paese europeo in cui il tasso di disoccupazione è aumentato ( dal 12,1 al 12,3 per cento ) mentre la media europea è scesa al di sotto del 10 per cento . É questa e non altra la credibilità conquistata sul campo dalla maggioranza di centrosinistra . Ma veniamo a oggi . I capisaldi di questo nuovo patto sociale , secondo le dichiarazioni di D ' Alema e Bassolino , dovrebbero essere : il rilancio delle infrastrutture nel Sud , l ' alleggerimento della fiscalità sul reddito d ' impresa e sul costo del lavoro , la formazione professionale e nuove regole della contrattazione . Per quanto riguarda le infrastrutture siamo all ' ennesimo libro bianco . Si è scomodato un maxi - convegno tenuto a Catania per scoprire , nientepopodimeno che il Sud ha bisogno di potenziare le reti nel settore del trasporto su ferro ( Ferrovie ) e nel settore idrico . Poco meno dell ' acqua calda dal momento che queste due linee di intervento sono note da almeno 50 anni . In verità il nodo sulle infrastrutture è prevalentemente finanziario . Ciampi ha da tempo bloccato gli investimenti pubblici perché non potendo contare su una effettiva riforma del welfare , a cominciare dalla previdenza , ha tentato di quadrare i conti riducendo la spesa in conto capitale e aumentando la pressione fiscale . Fino a quando non sarà risolto questo nodo tra spesa corrente e investimenti pubblici non si caverà quindi un ragno dal buco e i convegni come quello di Catania serviranno solo a far propaganda e a discutere come si spenderanno i soldi europei dopo il Duemila . Insomma campa cavallo che l ' erba cresce . Sul terreno del fisco , poi , rischiamo una colossale comica . La politica di bilancio del governo è già stata fissata con la legge finanziaria in corso di approvazione al Senato . Essa prevede , per il 1999 , una pressione fiscale sostanzialmente invariata rispetto all ' anno che si chiude se si eccettua la scomparsa di qualche " una tantum " del passato come , per esempio , l ' eurotassa . Ciampi e Visco , infatti , hanno fatto muro contro la pressione delle opposizioni parlamentari , dei sindacati e della stessa Banca d ' Italia , che hanno chiesto insistentemente la riduzione del prelievo tributario su imprese e famiglie , per rilanciare investimenti e occupazione . Purtroppo , non ci sembra che il governo voglia cambiare questa impostazione , anche perché i conti pubblici incominciano a scricchiolare vista la caduta del gettito Irap ( mancherebbero a fine d ' anno sei - ottomila miliardi ) e di quello in relazione alla minore crescita del Pil . Non a caso , infatti , Massimo D ' Alema proprio ieri ha parlato di una redristibuzione del carico fiscale sui vari fattori della produzione . Diminuire il costo del lavoro a parità di salario vuol dire ridurre gli oneri propri e impropri che gravano sull ' occupazione . Ma se il tutto non si ricollega a una riduzione generale della pressione fiscale , ciò che si toglie dal costo del lavoro propriamente detto verrà messo sul costo degli altri fattori di produzione ( D ' Alema ha parlato a esempio dell ' energia elettrica ) o compensato con altre tasse . Insomma , come la si volta e la si gira , l ' oppressione tributaria su imprese e famiglie secondo il governo non può mutare nonostante le continue dichiarazioni del nostro Visco sempre più ministro - Pinocchio . Tutt ' al più può cambiare la distribuzione sul carico fiscale ma niente di più . Sulla formazione , dopo la reprimenda della commissione europea , siamo ancora all ' anno zero . Oltre a un generico annuncio di voler rilanciare l ' apprendistato ( strumento che già esiste dal 1991 e che in questi 7 anni si è ridotto per la bassa crescita di ben 150mila unità ) , l ' unica novità sarebbe quella di attivare un contatto telefonico con almeno il 20% degli iscritti negli uffici di collocamento per orientarli sul terreno formativo e lavorativo . Insomma una sorta di telefono amico per chi è disperato . La mistica della concertazione , con tutti i suoi riti e le sue liturgie , in realtà , nasconde una incapacità a governare . Il confronto con le parti sociale è , naturalmente , indispensabile per costruire una politica di governo in una società postindustriale , ma pensare che il complessivo governo del Paese si identifichi nella concertazione , vuol dire battere una pista illiberale , emarginando il Parlamento , e povero di risultati , come dimostrano gli ultimi tre anni durante i quali siamo diventati la cenerentola d ' Europa per sviluppo , occupazione e competitività .
StampaQuotidiana ,
La guerra continua e i rischi di finire in un vicolo cieco aumentano . E il bombardamento dell ' ambasciata cinese è benzina sul fuoco e anche gli accorati appelli per la pace di Giovanni Paolo II e del patriarca ortodosso Teoctist cadono nel vuoto . I governi democratici di sinistra continuano imperterriti a bombardare Belgrado dimenticando che chi è potente potrebbe benissimo sospendere per 72 ore i raid aerei per rilanciare alla grande un vero negoziato di pace . Chi ha più forza deve avere sempre più responsabilità di tutti . Ma solo a parlarne si rischia di essere linciati dai sostenitori di un atlantismo che ogni giorno che passa è sempre più diverso da quello che abbiamo conosciutone gli ultimi cinquant ' anni . Sembra strano , ma chi ieri era pacifista per pentito preso oggi è " interventista " con fierezza e senza alcun dubbio . Pacifismo e interventismo rischiano , così , di essere due facce della stessa medaglia , quella di una concezione ideologica della politica che non lascia mai intravedere i vantaggi e gli svantaggi , i rischi e i terribili costi umani dell ' una o dell ' altra opzione . A costo di essere insultati diciamo subito che non ci piace qual pensiero unico a favore della guerra che sin qui ha dominato la scena dei media italiani . Si è parlato di una " guerra giusta " per via della pulizia etnica nei riguardi dei kosovari messa in cantiere da quel Milosevic sulle cui responsabilità nessuno ha dubbi . Ma a giudicare dai risultati quell ' ondata terribile di pulizia etnica è stata agevolata dall ' inizio dei bombardamenti su Belgrado . Ne è drammatica testimonianza il fiume di kosovari disperati che , ininterrottamente dopo i primi due giorni di bombardamenti , hanno varcato le frontiere per dirigersi in Albania , in Macedonia e nel Montenegro lasciando sul campo decine di fosse comuni . Non basta dire , come ha fatto Luciano Violante , che quei morti non possono che ricadere sulle spalle di Milosevic perché quando si ha a che fare con spietati dittatori , le grandi potenze democratiche dovrebbero saper valutare meglio gli effetti dei propri comportamenti . La bombe su Belgrado , al di là degli errori che hanno sacrificato centinaia di vite umane , hanno ridotto a pezzi l ' opposizione democratica a Milosevic e hanno accelerato l ' espulsione di oltre un milione di kosovari dalla propria terra . Sono questi , e non altri , i risultati dei raid aerei della Nato . Ne valeva la pena ? Noi ne dubitiamo molto anche alla luce dei fallimenti politici sin qui conseguiti dall ' Alleanza atlantica . Tutti i piani di pace messi a punto dalla Nato e ultimamente anche quello del G8 ( i sette Paesi più industrializzati del mondo più la Russia ) prevedono , infatti , tra gli altri punti la permanenza al potere di Slobodan Milosevic . Quale giustizia c ' è allora in questa guerra che uccide con le bombe serbi inermi e innocenti per salvare poi quel dittatore i cui gesti criminali hanno sollevato l ' indignazione del mondo occidentale ? Quale eticità esiste , insomma , in una guerra che per difendere i poveri kosovari aggrediti non occupa quelle terre per tutelarne gli abitanti , ma rada al suolo una città come Belgrado che ha la sola colpa di avere alla sua guida un criminale che i piani di pace della Nato vogliono comunque mantenere al potere ? E se Milosevic doveva continuare a governare , non sarebbe stato , allora , più saggio una più forte offensiva diplomatica coinvolgendo molto di più di quanto non sia stato fatto la Russia di Eltsin ? Abbiamo letto con molta attenzione ma anche con molto sgomento ciò che intellettuali e leader della sinistra hanno scritto in questi giorni sulle nuove frontiere dell ' internazionalismo socialista , incentrate su una più forte tutela dei diritti umani capace di superare anche il muro della non ingerenza . Se questa frontiera , però , dovesse essere governata dalle armi come scrive Tony Blair , in poco tempo il mondo esploderebbe in drammatiche guerre regionali che sarebbero , a loro volta , i detonatori di un possibile conflitto universale . Il Kurdistan , l ' Afghanistan , il Tibet , il Sud Est asiatico o l ' inferno del Centro - Africa , per citarne solo alcuni , sono zone del mondo in cui si ritrovano regimi dispotici che mettono sotto i piedi ogni diritto umano . Ma è , forse , la guerra la risposta che il mondo attende per risolvere i drammi di quelle popolazioni ? Assolutamente no perché essa rinsalderebbe parte rilevante del Pianeta contro i leader democratici occidentali che apparirebbero ai loro occhi solo terribili sacerdoti di una democrazia guerrafondaia . Il mondo democratico occidentale oggi non è più minacciato , come lo fu ieri , dal nazifascismo o dal comunismo ed è profondamente sbagliato paragonare la follia di Milosevic a quella hitleriana non foss ' altro che per la sproporzione che esiste sul terreno economico e militare tra la Nato e la piccola Serbia . Il nostro non è un isolazionismo indifferente nei riguardi di ciò che accade intorno a noi , ma solo una forte convinzione che la cultura democratica occidentale può vincere esclusivamente con la politica e con lo sviluppo economico delle zone più povere del mondo . Il rischio , invece , di questa vicenda è che si consolidi nelle grandi democrazie dell ' Occidente una sorta di militarismo etico . E il fatto che ben 13 Paesi dell ' Europa siano governati da leader socialisti le cui vocazioni internazionaliste , nel passato , hanno procurato non pochi guaii , sono un ' ulteriore preoccupazione . Così come preoccupa come Ezio Mauro dica e scriva sulla Repubblica che " la coerenza tenuta da D ' Alema sdogana definitivamente la sinistra italiana che , con questa guerra , approda definitivamente a un moderno riformismo europeo e occidentale " . Se per qualcuno può pesare il nostro passato democristiano , spiace dirlo ma il passato comunista di Mauro e di tanti altri interventisti ideologici ci terrorizza
Il lavoro dei pataccari ( Giordano Mario , 1998 )
StampaQuotidiana ,
Il 28 febbraio 1996 un giornalista chiese a Romano Prodi : " Che cosa farà appena nominato presidente del Consiglio ? " . E lui : " Convocherò una grande conferenza nazionale sul lavoro " . Il 14 aprile , sentendo aria di vittoria elettorale , Prodi ribadì : " La sera del 21 aprile cominceremo a organizzare la conferenza per il lavoro " . La conferenza per il lavoro non si è mai svolta . Fu convocata per settembre '96 , ma il governo vi giunse impreparato . " Rimandiamola a ottobre " , dissero . E così avvenne , ma a ottobre il governo era di nuovo impreparato . La conferenza , allora , fu rinviata a febbraio , poi a marzo , poi a Fregene , perché arrivò aria di vacanza e le conferenze non sono per nulla balneari . Il governo , comune , era impreparato . Con l ' arrivo dell ' autunno si ricominciò a parlare del Grande Appuntamento . Ma il governo era impreparato e così si decise di rimandare a febbraio . Poi si disse : " Meglio marzo " . Ora Antonio Bassolino , mente pensante dell ' Ulivo al Sud e sindaco di Napoli , la città che dovrebbe ospitare la conferenza , manda un messaggio al governo : " Per cortesia rimandate ancora la conferenza . È inutile farla a marzo perché non sarebbe ben preparata " . Se ne parla da due anni , il governo continua a essere non preparato , la disoccupazione continua a crescere . Noi non crediamo alle conferenze sul lavoro . Anzi , siamo convinti che le conferenze diano lavoro soltanto a chi le organizza . Per cui non abbiamo nessun interesse che il Grande Appuntamento veda la luce . Saremmo più lieti se vedesse la luce una sensibile riduzione della pressione fiscale , che è l ' unico modo per far saltare fuori occupazione sana e vera , altro che i pacchi di Treu . Però se davvero il governo ha scelto come linea politica quella di uccellare gli italiani , almeno la sappia perseguire con coraggio fino in fondo . Chiami a raccolta le truppe cammellate , convochi tre o quattro relatori ammanicati , dieci sindacalisti , l ' imprenditore da far da contraltare , il ministro , la passerella per Prodi , Sant ' Antonio Abbassolino , e via , il gioco , pardon , la conferenza è fatta . Magari arriva anche un illuminante messaggio di Scalfaro : " La disoccupazione è un male per il Paese " . Suvvia , è il vostro mestiere . Dobbiamo insegnarvelo noi ? I Tg sono già schierati , c ' è l ' inviato di Repubblica con i polpastrelli già sbrodolanti , gli atti del convegno si possono far pubblicare ad un editore amico , forse ci sarà anche una relazione di Norberto Bobbio che , da quando ha spiegato perché non parla più , non perde occasione di parlare ancora . Fra le tante carnevalate che si vedono in giro non sarebbe nemmeno la peggiore . Certo , non servirebbe a nulla . Ma sono abituati ai fiumi di parole , che non servono a nulla . E se non c ' erano abituati , due anni di Ulivo sono stati una specie di training intensivo . Vogliamo ricordare ? Il ministro Treu : " Nel '96 creeremo 400mila posti di lavoro al Sud " ( 1 gennaio '96 ) . Il vicepremier Veltroni : " Nei primi cento giorni del governo prenderemo tre provvedimenti . Primo : lavoro per i giovani nel Sud " ( 1 maggio '96 ) . Il ministro Bersani : " Già nelle prossime settimane daremo forti segnali di cambiamento nel settore dell ' occupazione " ( 11 luglio '96 ) . Ancora Veltroni : " Il nostro vero nemico è la disoccupazione " ( 18 luglio ) . Ancora Treu : " Nel '97 tutti gli sforzi sanno concentrati sulla disoccupazione " ( 3 genaio '97 ) . E ci fermiamo qui soltanto per non sprecare , carta , inchiostro assai più utili di queste dichiarazioni . Del resto , che il vero nemico di Veltroni sia la disoccupazione è una realtà seppur in senso più privato che pubblico : il vicepresidente non si capacita del fatto che qualcuno gli abbia dato un lavoro . Nemmeno noi , se per questo Ma , appunto , alle promesse mancate gli italiani si sono abituati , Ciò che non si aspettavano è questo : qui si manca addirittura l ' appuntamento con le promesse . Che il governo sia impreparato per la lotta contro la disoccupazione purtroppo ormai non è più un ' opinione , ma una statistica Istat : ora scopriamo anche che è impreparato a organizzare una conferenza per parlare della lotta alla disoccupazione . A loro mancano persino le parole . Figurarsi a noi . Il continuo rinvio della conferenza per l ' occupazione è , di per sé irrilevante negli effetti pratici , assume perciò un significato storico nel grande processo di gabellamento del popolo italiano . Siamo arretrati a questo : non arriviamo più nemmeno più alle vecchie e bugiarde promesse . Ora si promette che un giorno si prometterà . E poi non si mantiene . È una specie di scatola cinese della fanfaronata , l ' ingegneria finanziaria applicata alla burla , la holding della patacca . Che farebbe anche ridere se non fosse per un particolare : siamo tutti costretti a esserne azionisti .
StampaQuotidiana ,
Non creiamoci soverchie illusioni : l ' Enel non sta per essere privatizzata e al suo posto non sta per subentrare un sistema competitivo di mercato . Quanto sta accadendo è in larga misura un cosmetico rimescolamento delle carte , non la fine del monopolio pubblico . Tuttavia , pur trattandosi soltanto di un primo , timido e contraddittorio passo verso una restituzione del settore al mercato e alla disciplina della concorrenza , non sarebbe male che guardassimo indietro e valutassimo l ' enorme significato simbolico dell ' operazione . Si tratta dell ' ennesima conferma della fine di un mondo , di una ideologia , di una impostazione politica . Per comprenderlo , è necessario rifarsi al dibattito che contrassegnò la nascita dell ' Enel . Gli anni Cinquanta , com ' è noto , furono anni di grandi successi economici . In quel decennio venne riconquistata la stabilità del potere d ' acquisto della moneta : l ' inflazione , che nel decennio 1940-49 era stata in media pari a quasi il 65 per cento l ' anno , venne sconfitta . Fra il 1950 e il 1959 il tasso medio annuo d ' inflazione scese a circa il 3% e la nostra lira andò consolidandosi fino a ottenere il premio per la moneta più stabile in Europa . Il disavanzo pubblico , che nel 1950 era stato pari a quasi 500 miliardi ( oltre il 4,5% del prodotto interno lordo ) , andò rapidamente diminuendo : nel 1961 fu di 357 miliardi , l'1,4% del Pil . Il debito complessivo scese dai 4.800 miliardi del 1950 , pari al 52% del Pil , ai 9.286 del 1960 , pari al 37,4% del Pil . Furono cioè anni di rigore finanziario e di politica monetaria prudente e , smentendo il coro unanime degli economisti di sinistra , quella politica di rigore non solo non produsse ristagno e disoccupazione ma si tradusse al contrario in un fattore di poderosa crescita economica : la disoccupazione diminuì sensibilmente ( nel 1960 il tasso di disoccupazione diminuì sensibilmente ( nel 1960 il tasso di disoccupazione era inferiore al 4% ) e il tasso di sviluppo fu talmente elevato ( in media quasi il 7% reale l ' anno ) che da più parti si gridò al miracolo . Quelli sono , infatti , ancora indicati come gli anni del " miracolo economico " . Ma non c ' era nulla di miracoloso in quel successo : si trattava semplicemente delle conseguenze previste di una politica liberale di rilancio del mercato , di incoraggiamento al risparmio , di stabilità monetaria , di bassa fiscalità , di assenza di sprechi pubblici , di limitatissima ingerenza della politica nell ' economia . Tutti i Paesi che hanno seguito quell ' impostazione hanno ottenuto , sia pure in diversa misura , gli stessi positivi risultati . La verità è che il successo degli anni Cinquanta irritò , e non poco , le sinistre : come mai , si chiedevano i più onesti fra loro , una politica diametralmente opposta a quella da noi proposta ottiene risultati così positivi ? Nacque allora negli ambienti delle sinistre comuniste , socialiste e cattocomuniste un nuovo slogan : i Cinquanta saranno magari stati gli anni del " miracolo economico " ma ora è necessario un " miracolo sociale " , è necessaria un ' " apertura a sinistra " , una svolta nella politica economica , con l ' abbandono delle " vecchie e superate " ricette dell ' economia liberale e l ' adozione di formule economiche " moderne " , più consone ai tempi . Fu in questo clima che nacque il centrosinistra , l ' alleanza fra marxisti e democristiani che da quasi 40 anni malgoverna l ' Italia . La svolta politica significò l ' abbandono della prudenza finanziaria e del contenimento dell ' invadenza pubblica , ma il simbolo maggiore del cambiamento fu proprio la nazionalizzazione dell ' energia elettrica , la creazione dell ' Enel . Quella infausta operazione fu fortemente voluta , specie dai socialisti , sia per sottolineare il passaggio da un ' economia di mercato a un ' economia statalista e pianificata , come venne apertamente dichiarato , come " strumento per scardinare la struttura della società capitalistica " . Può apparire incredibile oggi , a distanza di oltre 35 anni , che circolassero allora e fossero popolari idiozie del genere , ma è così . Raccomanderei a chi oggi trova deprimente la mancanza di idee sensate a sinistra di leggersi i discorsi di allora : sono un autentico stupidario . Dilapidammo 3.000 miliardi di allora ( circa 55.000 di adesso ) per soddisfare i pruriti ideologici delle sinistre , elevando un carrozzone inefficiente , burocratico , costoso e corrotto a simbolo di una nuova era , più saggia , progressiva , moderna . Per questo , lo smantellamento dell ' Enel , anche se non costituisce affatto una vera privatizzazione né un ' autentica liberalizzazione , ha per me liberista lo stesso , gratificante significato della caduta del muro di Berlino o della demolizione delle statue di Lenin : un mostruoso totem del fanatismo statalista viene finalmente demolito . Il resto , speriamo , verrà dopo .
StampaQuotidiana ,
La frode del 4 per mille è stata bloccata : ma , frattanto , ha riportato l ' attenzione del pubblico sul problema del finanziamento ai partiti . I contribuenti non sembrano entusiasti di devolvere una parte di quanto versato in imposte a questo scopo ( gestito con criteri automatici ) , anche se non ci rimettono nulla . Ancor meno entusiasti forse sarebbero , se si rendessero conto che c ' è un ' altra via , più subdola , attraverso cui finanziano i partiti : la retribuzione ai parlamentari di ogni ordine e grado . Di fatto , consiglieri regionali , deputati e senatori , parlamentari europei sono pagati dall ' erario , ma svolgono per i partiti compiti che costerebbero moltissimo se dovessero essere retribuiti a professionisti ad hoc . Un po ' di lavoro dei membri dei corpi elettivi è svolto nelle commissioni ( a parte chi lavora a tempo pieno per il governo o la giunta ) ; ma l ' attività più intensa è svolta a favore del partito , e vale assai più della modesta percentuale sugli emolumenti , che l ' eletto versa in denaro . Difficilmente uno impegna una sua specifica competenza nell ' elaborare le leggi : quasi sempre si limita a votarle , seguendo le indicazioni del capogruppo . Quando non lo fa , è perché c ' è stato un equivoco : o , peggio , perché è indisciplinato e segue le indicazioni di qualcun altro . Sotto questo riguardo , la pratica dei " pianisti " si potrebbe generalizzare : ad ogni elezione basterebbe assegnare a ciascun partito un peso proporzionale ai voti ricevuti , e poi far premere il tasto da un solo incaricato . L ' eloquenza parlamentare ne soffrirebbe , ma si otterrebbe un ' economia e si avrebbe , fra l ' altro , il vantaggio di evitare ribaltoni . I partiti , tuttavia , ci perderebbero : verrebbe loro mancare la collaborazione di persone preziose per l ' elaborazione della linea politica . Infatti , mentre le aule sono spesso deserte o quasi , i parlamentari si lamentano di condurre una vita faticosa , impegnati dal mattino alla sera in riunioni interminabili , al cui risultato non hanno interesse . Peggio : se lo hanno , non riescono a farlo prevalere . Per questo la maggioranza di loro - di cui il pubblico non conosce neppure il nome - viene qualificata con la qualifica di " peones " . Ma lo Stato spende per loro e per chi li aiuta somme ingenti , e dà l ' impressione che siano dei privilegiati sociali . Con ciò non voglio esprimere alcun giudizio morale o tecnico negativo : dico soltanto che buona parte di ciò che lo Stato o le regioni spendono per i parlamentari va considerata come una forma di finanziamento ai partiti . Del resto , in certo senso dovuta , se la politica si elabora in sede di partito e non di assemblea . I propositi di ridurre il numero di parlamentari sono accolti , perciò , con sfavore , non solo da chi ambisce a quelle funzioni , ma soprattutto da chi ha la responsabilità di un partito e si domanda ( con angoscia crescente dopo tangentopoli ) con quali mezzi e con quali aiuti vi farà fronte . L ' obiettivo dei partiti tocca il tema cruciale del loro rapporto con la democrazia , la cui degenerazione è espressa con una crasi linguisticamente scorretta , ma appunto perciò appropriata : partitocrazia . Se la politica è elaborata all ' interno dei partiti , anziché nelle sue sedi istituzionali , è naturale che i partiti la trattino come cosa loro e pretendano di esserne pagati . Però , visto che la Costituzione tratta i partiti come enti privati , meglio sarebbe se li gestissero i privati con fondi privati , e con quella " trasparenza " che è bene tener ferma , ma su cui è il caso di non far troppo conto , viste le stravaganze cui dà luogo ( pur in società così diverse tra loro come l ' americana e la russa ) quando la si pretende perfetta . Basta che non si esageri : ossia che gli eletti non credano che i loro doveri pubblici siano sostituibili del tutto con compiti privati . Ora , tra sei mesi , i partiti avranno una ghiotta occasione per concorrere a questa forma di finanziamento : le elezioni europee . Strasburgo è meno assorbente di Roma , e non ha la facoltà neppur formale di prendere decisioni operative . Perciò è giusto che i parlamentari europei lavorino più degli altri per il partito , senza il quale , tra l ' altro , avrebbero molta più difficoltà a farsi eleggere . Ma appunto perciò è convenienza dei partiti scegliere candidati affidabili e forniti di prestigio . Evitando , inoltre , di accollare più mansioni parlamentari a uno stesso soggetto : sia perché il titolare di più mandati contemporanei non avrebbe modo di dedicarsi al partito senza trascurare del tutto i suoi doveri pubblici , sia perché , in quel caso , in luogo di due parlamentari da utilizzare il partito ne avrebbe uno solo .
Lisbon Story ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Wim Wenders compie nel 1995 cinquant ' anni . S ' è sposato nel 1993 per la terza volta con Donata Schmidt , assistente operatore che in Lisbon Story ha fatto la segretaria di edizione , ragazza cattolica religiosissima . Va diventando sempre più religioso . La bellezza , le emozioni , lo spaesamento e la malinconia dei suoi film , il suo stile cristallizzato e seducente , la sua capacità di fondere romanticismo tedesco e road movie americano , di mescolare poesia , umorismo e profondità , di guardare il mondo con il distacco dell ' investigatore e l ' avidità dell ' innamorato , gli hanno conquistato un gran pubblico internazionale soprattutto di ragazzi . Adesso è un poco cambiato : resta uno dei rari registi che rifletta e teorizzi sul proprio mestiere e sull ' arte del vedere , sulle immagini e su come esse vengano create e consumate nelle società contemporanee , ma questi pensieri assumono spesso il tono didattico , ansioso e sentenzioso , d ' una crisi espressiva . A questo punto il produttore portoghese Paulo Branco propone a Wenders un film su Lisbona , finanziato anche dall ' amministrazione della città meravigliosa . Lui accetta . Anziché un documentario , fa una parabola autoindulgente di quasi due ore , in parte bella , in parte lambiccata , sfilacciata e pesante : sulla situazione del cinema che compie cent ' anni e sulla nostalgia per la cine - innocenza perduta ; sullo stato delle immagini tanto amate ma adesso tanto spesso prostituite e orribili ; sui generi della narrazione per immagini ( road movie , documentario , poliziesco , musicale , farsesco , diaristico ) e sui suoi linguaggi ( muto , sonoro , bianco e nero , colore , video ) ; sulle nuove generazioni e sull ' elettronica che trasforma anche i bambini in cineasti . Non è un film difficile : si può conoscerlo meglio anche leggendone la sceneggiatura pubblicata da Ubulibri a cura di Mario Sesti . I concetti danno corpo a una storia . Richiamato con urgenza dall ' amico regista Friedrich Monroe ( stesso nome e stesso interprete , Patrick Bauchau , di Lo stato delle cose ) , il tecnico del suono Philip Winter ( stesso nome e stesso interprete , Rúdiger Vogler , di Fino alla fine del mondo e Così lontano , così vicino ) si mette in macchina , arriva a Lisbona ; l ' amico è scomparso , restano la città bellissima e i suoi suoni da vedere e registrare , gangsters e bambini da incontrare , una cantante affascinante da amare sinché il regista non riappare . Citazioni di Pessoa , epifania aggraziata e spiritosa di Manoel de Oliveira . Lisbon Story si apre e si chiude con un saluto a Fellini che se n ' è andato , « Ciao Federico » : può essere l ' espressione d ' un rimpianto o un ' allusione al protofilm di crisi d ' un regista , 8 e 1/2 . Speriamo che non sia un addio al cinema .
Prêt-à-porter ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Prêt - à - porter , scritto , prodotto e diretto da Robert Altman , non è bello né brutto : è glamour . È divertente . È il sogno dei Vip - maniaci e dei giornali fatto film . È due ore e dieci minuti di sfilate di moda e di modelle a Parigi , di facce famose , abiti importabili , isterismi eleganti , amori comici , modesti cinismi , chiacchiere , atrocità , rivalità lussuose , chiasso , cretinate , gioielli , shopping compulsivo , odii stupidi . Dolce vita anni Novanta , Beautiful a Parigi , commedia umana , irrisione del consumismo , analisi dell ' apparenza scambiata per sostanza , condanna dei media frenetici , esaltazione del corpo , parodia del vuoto contemporaneo , voyeurismo critico ? Non esageriamo . I significati sono pochi e ovvii : non s ' aspettava certo Altman per deplorare la vanità delle vanità né per predicare un ritorno alla sobrietà ragionevole . Le macchiette sono molte . I momenti pubblicitari sono più che un sospetto . La satira è impossibile , o zoppa : come prendere in giro lo spettacolo parigino , già in sé volutamente autocaricaturale , delle sfilate di moda ? Ma il film un po ' stancante nell ' insieme è ricco , brillante : una farsa con mille cose da guardare e tanti visi da riconoscere , un divertimento , una vacanza . Lo stile di Altman è come sempre frammentato ( a volte sfilacciato ) . La narrazione orizzontale destrutturata , complessa e sinuosa , segue coralmente numerosi personaggi in varie storie intrecciate : niente psicologie , soltanto comportamenti . All ' inizio Marcello Mastroianni in colbacco contempla il profumo Poison ( Veleno ) nella vetrina d ' un negozio Dior , entra , compra due bruttissime cravatte identiche : ma siamo a Mosca , sulla Piazza Rossa . Dal Cremlino alla Tour Eiffel : Mastroianni , italiano divenuto sarto in Russia , misterioso ladro di valige e di vestiti altrui , è un personaggio - guida attraverso l ' ambiente tossico delle sfilate parigine . Lui siede nella limousine nera accanto a Jean - Pierre Cassel , autorità della moda che si strozza mangiando un tramezzino , che viene creduto vittima d ' assassinio dai poliziotti Michel Blanc e Jean Rochefort , che non viene pianto dalla moglie Sophia Loren e viene rimpianto dall ' amante stilista Anouk Aimée : quest ' ultima ha i suoi guai , senza dirle nulla il figlio Rupert Everett ( sposato con una modella nera e amante della sorella gemella della moglie ) ha venduto l ' azienda al miliardario texano fabbricante di stivali Lyle Lovett . È Mastroianni a rincontrare Sophia Loren , che trentacinque anni prima era sua moglie e che gli ripete un antico spogliarello ( alla seconda calza nera , lui s ' addormenta russando ) . È Chiara Mastroianni l ' assistente del secondo personaggio - guida , la giornalista televisiva Kim Basinger , bionda , scema e bella , le cui interviste permettono d ' incontrare Cher e Belafonte , Lauren Bacall e Stephen Rea , tanti stilisti . Intanto il compratore di Chicago Danny Aiello e la sua donna Teri Garr s ' abbandonano alle proprie perversioni : lei acquista intere boutiques , lui si veste da donna in tailleur Chanel rosa . Intanto i giornalisti Julia Roberts e Tim Robbins , rimasti senza valigie , si chiudono nell ' unica camera d ' albergo disponibile e fanno l ' amore , sospendendo brevemente solo per scrivere articoli copiati dal telegiornale . Nel frattempo ... La storia infinita termina con una sfilata di modelle nude . Se l ' immagine volesse simboleggiare una condanna degli orpelli , una scelta di rigore , sarebbe tardiva , illusoria : da un pezzo a Parigi le modelle sfilano nude , e nessuno rinuncia a nulla .
Buon compleanno, Mr. Grape ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Un film inconsueto , bello e strano , sulla faccia triste dell ' America e sulla fatica di vivere . Con le due giovani star hollywoodiane più inquietanti ed eleganti : Johnny Depp , Juliette Lewis . Con due presenze impressionanti : una donna enormemente obesa , 250 chili , che da sette anni non esce di casa , che dal giorno in cui suo marito scese in cantina e senza dire una parola s ' impiccò , siede immobile su un divano sfondato mangiando come un orco , fumando , guardando la tv , e che alla fine s ' uccide nel modo più semplice , salendo le scale e facendosi scoppiare il cuore per la fatica di trascinare l ' immenso corpo ; un diciottenne ritardato mentale , vivace , spericolato e ciarliero come un bambino piccolo , al quale bisogna sempre star dietro perché non combini guai . Insieme con due ragazze pazienti , sono questi la madre e i fratelli , è questa la famiglia a capo della quale si ritrova Johnny Depp , commesso in un negozio d ' alimentari d ' un paese della grande America rurale piatta ( « descriverla è come ballare senza musica » ) dove le uniche fortunate sono le automobili sulla strada provinciale : « Fanno la sola cosa che c ' è da fare : passano e se ne vanno » . Il film magnificamente recitato , tratto da un romanzo di Peter Hedges , racconta benissimo la vita aspra del giovane uomo : doveri , pensieri , affanni ( « Devo andare » è il suo slogan ) , desolazione , esasperazione , mutilazione dell ' esistenza , fatica , obblighi , sogni spezzati , ma anche affetti autentici , momenti d ' allegria e di festa , baci d ' amore scambiati in fretta ( « Devo andare , adesso » ) . Alla morte della madre , per evitare la volgare curiosità altrui verso « il fenomeno da baraccone » , i figli ne inceneriscono lo sterminato cadavere dando fuoco alla casa , bruciando anche tutto il passato , concedendosi forse una possibilità di ricominciare . Lo stile , il sentimento della realtà non avvelenato dall ' assenza di speranza , la sottigliezza psicologica unita alla semplicità ironica sono le caratteristiche rare di Lasse Hallström . Il regista svedese cinquantenne di La mia vita a quattro zampe ( 1985 ) , trasferitosi negli Stati Uniti dopo il successo mondiale di quel film , autore d ' un primo film americano mai uscito in Italia , Ancora una volta con Richard Dreyfuss e Holly Hunter , ha molta originalità , una gran qualità di narratore realista , affettuoso , profondo e divertito .
Sostiene Pereira ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
« Sostiene Pereira » è l ' intercalare - chiave del romanzo di Antonio Tabucchi pubblicato da Feltrinelli dal quale il film è tratto : il narratore riferisce , prendendo un poco le distanze , quanto si suppone gli sia stato raccontato dal protagonista dottor Pereira , anziano redattore della pagina culturale del quotidiano portoghese « Lisboa » nel 1938 . « Sostiene Pereira » è l ' espressione che ritma i capitoli , scandendo la vicenda del giornalista cattolico invecchiato , vedovo e solo , assediato dal pensiero della morte , amoroso traduttore di narrativa francese e amante della cultura ( « IO credevo che la letteratura fosse la cosa più importante » ) , uomo onesto ma atono che rimane estraneo al dramma collettivo dei fascismi europei anni Trenta . L ' incontro con due giovani militanti antifascisti quasi costringe Pereira a guardare la realtà di violenza , di repressione e di censura dello « Stato nuovo » , senza più Costituzione né libertà , del dittatore portoghese Salazar ; dapprima resiste ( « Io non parteggio , non voglio guai , non sono dei vostri né dei loro » ) , poi acquista coscienza e approda concretamente alla consapevolezza del dovere di ciascuno di reagire , di combattere . Più che un dovere , una necessità di sopravvivenza . Che il conflitto riguardi in realtà la vita della libertà contro la morte dell ' oppressione è testimoniato da una mutazione anche fisica del protagonista Marcello Mastroianni : se nella passività distratta Pereira risultava vecchio , grasso , ansimante , assente , torpido , spaventato dall ' idea della fine come dalla prospettiva della resurrezione della sua troppa carne , nella reattività fattiva dimagrisce , smette di portare giacca e cappello , con passo elastico s ' incammina tra la gente verso un ' altra vita . Facile ? Facile . Il film fedele al romanzo , dai contenuti alti e nobili , con un bravo attore , benissimo prodotto ( ambientazione , costumi , luoghi sono impeccabili ) non arriva a darsi uno stile cinematografico equivalente allo stile romanzesco di Tabucchi , ricorre a caratterizzazioni o a espedienti narrativi primari , rimane a volte inerte . Se si ricorda Umberto D . di De Sica , protofilm sulla presa di coscienza d ' un vecchio intellettuale solitario , l ' interpretazione a tratti imbarazzata di Mastroianni non regge il confronto . Se Sostiene Pereira è illustrativo , didattico , scolastico , insegna cose essenziali : come riconoscere un regime dittatoriale che non s ' instaura con colpi di Stato violenti ma s ' insinua sotto l ' apparenza della normalità , come identificare certi meccanismi autoritari di cui i cittadini distratti possono non accorgersi e una autocensura peggiore della censura , come accettare le responsabilità che ognuno porta nella perdita della libertà .