StampaQuotidiana ,
Caro
Benassi
,
non
so
se
faccio
bene
a
pubblicare
la
sua
lettera
che
rischia
di
far
perdere
a
lei
qualche
elettore
,
scandalizzato
dal
fatto
che
il
suo
sindaco
comunista
si
trovi
su
qualcosa
d
'
accordo
con
un
moderato
come
Montanelli
,
e
a
me
qualche
lettore
,
sgomento
del
fatto
che
un
giornale
moderato
si
trovi
su
qualcosa
d
'
accordo
con
un
sindaco
comunista
.
Affrettiamoci
dunque
,
come
prima
cosa
,
a
rassicurare
gli
uni
e
gli
altri
:
lei
resta
un
comunista
,
io
resto
un
moderato
,
le
nostre
posizioni
sono
inconciliabili
,
e
se
su
un
punto
di
fondamentale
importanza
come
la
difesa
dello
Stato
esse
convergono
,
ciò
vuol
dire
una
cosa
sola
,
anzi
due
.
Primo
:
che
lei
è
un
comunista
serio
e
onesto
,
e
io
un
moderato
serio
e
onesto
.
Secondo
:
che
la
serietà
e
l
'
onestà
creano
fra
gli
uomini
delle
solidarietà
e
convergenze
più
forti
di
qualunque
dissenso
ideologico
.
Forse
quest
'
ultima
constatazione
può
riuscire
un
po
'
ostica
a
voi
comunisti
,
abituati
a
fare
dell
'
ideologia
il
supremo
regolo
di
tutto
(
non
è
una
critica
,
è
una
constatazione
)
.
Per
noi
di
formazione
liberale
,
che
all
'
ideologia
assegniamo
un
rango
molto
più
modesto
,
si
tratta
di
verità
scontate
e
digerite
da
un
pezzo
.
Mi
permetta
quindi
di
non
condividere
la
sua
sorpresa
per
il
fatto
che
,
di
fronte
all
'
eversione
lei
ed
io
la
pensiamo
allo
stesso
modo
e
proviamo
lo
stesso
sentimento
di
ripulsa
.
È
naturale
.
Marx
ha
stravolto
o
capovolto
il
significato
di
tante
cose
e
parole
.
Ma
anche
per
lui
e
per
il
suo
vocabolario
un
galantuomo
è
uno
che
non
ruba
né
uccide
,
e
chi
ruba
e
uccide
è
un
delinquente
.
Esattamente
come
per
noi
moderati
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Polloni
,
alcuni
,
pochissimi
,
tra
quegli
esaltatori
di
Mao
,
sono
rimasti
fermi
sulle
loro
posizioni
.
Continuano
cioè
ad
affermare
che
il
libretto
rosso
era
un
condensato
di
saggezza
rivoluzionaria
(
ammesso
che
i
due
termini
siano
compatibili
)
,
e
che
la
rivoluzione
culturale
avrebbe
dovuto
essere
proseguita
,
magari
fino
alle
estreme
forme
che
assunse
nella
Cambogia
di
Pol
Pot
.
Gli
altri
sono
diventati
ex
:
sono
cioè
andati
ad
ingrossare
le
file
,
ormai
nutritissime
,
dei
«
pentiti
»
di
sinistra
,
provengano
essi
dalla
chiesa
moscovita
o
dalla
chiesa
pechinese
.
Le
ragioni
di
pentimento
non
mancano
.
Gli
esaltatori
della
Cina
di
Mao
non
si
limitavano
ad
affermare
che
la
rivoluzione
comunista
è
una
bella
cosa
:
aggiungevano
che
essa
aveva
assunto
,
in
Cina
,
forme
non
violente
,
quasi
dolci
,
che
gli
avversari
del
progresso
rosso
venivano
benevolmente
rieducati
.
(
Allo
stesso
modo
si
disse
che
Castro
aveva
instaurato
a
Cuba
un
comunismo
alla
latina
,
spontaneistico
e
flessibile
:
mentre
ora
sappiamo
bene
che
il
castrismo
ha
i
suoi
bravi
lager
,
i
suoi
spietati
tribunali
politici
,
la
sua
onnipresente
polizia
segreta
.
)
La
Cina
doveva
dunque
redimere
il
comunismo
,
secondo
i
suoi
apologeti
,
dai
vizi
sovietici
.
Ricordo
le
dichiarazioni
di
Dario
Fo
al
ritorno
da
un
viaggio
in
Cina
.
Questo
implacabile
fustigatore
del
malcostume
nazionale
laggiù
aveva
visto
soltanto
gioia
,
adesione
popolare
,
voglia
di
lavorare
.
Invece
la
rivoluzione
culturale
,
ce
lo
raccontano
i
cinesi
stessi
,
fu
crudelmente
persecutoria
ed
economicamente
insensata
.
Ma
i
pentiti
-
quando
lo
sono
-
non
dicono
puramente
e
semplicemente
:
non
avevamo
capito
niente
perché
siamo
faziosi
o
sciocchi
,
e
quindi
d
'
ora
innanzi
ci
ritireremo
a
vita
rigorosamente
privata
,
per
evitare
altre
profezie
sbagliate
,
e
per
risparmiare
ai
giovani
altri
insegnamenti
demenziali
.
No
:
dicono
che
le
loro
intenzioni
erano
buone
,
che
i
loro
ammaestramenti
erano
validi
,
che
la
loro
intelligenza
resta
luminosa
,
che
i
loro
avversari
sono
dei
poveracci
,
e
che
l
'
infortunio
va
passato
agli
archivi
.
Dal
pulpito
non
scendono
.
Al
credito
che
altri
-
non
noi
-
gli
aveva
dato
,
non
rinunciano
.
Continuano
a
considerarsi
maestri
,
e
questo
è
ancora
comprensibile
,
dal
loro
punto
di
visto
.
É
invece
incredibile
che
la
loro
pretesa
trovi
qualcuno
disposto
ad
appoggiarla
.
StampaQuotidiana ,
Una
serie
di
presunti
portavoce
delle
nuove
generazioni
ci
assicura
che
i
giovani
di
oggi
sono
assai
severi
nei
confronti
dei
propri
genitori
.
Ai
più
anziani
l
'
insofferenza
giovanile
muoverebbe
,
anzitutto
,
l
'
accusa
di
ipocrisia
,
per
avere
creato
,
dopo
tante
professioni
di
tolleranza
e
di
democrazia
,
un
mondo
nel
quale
sono
ancora
visibili
forme
pesanti
di
autoritarismo
e
discriminazioni
rivoltanti
.
La
società
moderna
apparirebbe
,
agli
occhi
dei
giovani
censori
,
eminentemente
ingiusta
,
squilibrata
a
favore
dei
privilegiati
del
censo
e
della
nascita
,
e
sorda
invece
ai
mali
di
tante
categorie
deboli
e
indifese
.
La
competizione
esasperata
della
società
capitalistica
,
si
dice
,
finisce
per
estraniare
l
'
uomo
dall
'
uomo
,
e
ne
fa
un
ingranaggio
diretto
al
fine
supremo
della
produzione
di
oggetti
spesso
privi
di
vera
utilità
,
e
solo
funzionali
al
profitto
dei
potenti
dell
'
economia
.
Ma
gli
esponenti
della
rivolta
giovanile
,
avendo
ormai
compreso
il
gioco
e
scoperto
l
'
inganno
,
sono
ben
decisi
a
non
farsi
più
prendere
nella
trappola
.
Appartenendo
alla
prima
fra
le
generazioni
della
storia
a
cui
sia
toccato
di
vivere
nella
società
opulenta
,
resa
possibile
dal
progresso
tecnologico
,
essi
intendono
sottrarsi
all
'
etica
«
protestante
»
del
lavoro
,
e
impegnarsi
invece
nella
ricerca
di
una
vera
felicità
,
fatta
di
abbandono
al
libero
spiegarsi
degli
istinti
,
in
vista
del
miraggio
ormai
non
troppo
lontano
della
società
«
orgiastica
»
di
Herbert
Marcuse
.
Non
sarebbe
difficile
replicare
.
La
generazione
ipocrita
contro
la
quale
si
volgono
tanti
rimproveri
è
in
realtà
quella
che
ha
combattuto
la
più
grande
guerra
di
religione
della
storia
,
sacrificando
cinquanta
milioni
(
li
vite
nella
lotta
per
il
trionfo
dei
grandi
princìpi
della
libertà
,
della
nazionalità
,
della
democrazia
;
ed
è
quella
che
sull
'
Europa
devastata
e
annichilita
del
1945
ha
eretto
la
prosperità
senza
precedenti
di
cui
oggi
godono
le
giovani
generazioni
.
La
società
uscita
dalla
guerra
e
dai
successivi
decenni
di
ricostruzione
e
di
sviluppo
è
certo
carica
di
ingiustizia
:
ma
lo
è
meno
di
tutte
quelle
che
l
'
hanno
preceduta
,
e
al
suo
passivo
non
ha
nulla
di
simile
alle
tragedie
allucinanti
che
hanno
accompagnato
le
rivoluzioni
collettiviste
.
E
come
non
vedere
,
poi
,
la
palese
contraddizione
in
cui
si
dibatte
chi
pretende
da
un
lato
di
godere
delle
inaudite
opportunità
offerte
dalla
società
industriale
moderna
,
ma
si
rifiuta
poi
di
adottare
la
cultura
razionalistica
e
scientifica
che
l
'
ha
resa
possibile
?
Se
il
controllo
delle
macchine
,
destinate
a
produrre
la
prosperità
per
tutti
restasse
nelle
mani
di
pochi
specialisti
,
a
essi
toccherebbe
sugli
altri
un
potere
mostruoso
e
tirannico
;
e
se
invece
si
pensasse
a
un
più
articolato
sistema
di
alternative
tra
lavoro
e
svaghi
,
che
preveda
anche
scambi
più
frequenti
di
occupazioni
e
di
responsabilità
,
ciò
sarebbe
solo
un
organico
sviluppo
delle
conquiste
della
moderna
civiltà
industriale
.
Ma
replicare
non
mette
conto
:
già
solo
per
la
ragione
che
quelle
posizioni
non
esprimono
affatto
,
come
si
vorrebbe
,
la
contestazione
del
mondo
giovanile
,
ma
solo
i
complessi
di
gruppi
intellettuali
che
si
richiamano
a
una
cultura
psico
-
pedagogica
sorta
su
basi
scientifiche
presso
che
inesistenti
,
e
gonfiatasi
a
dismisura
su
una
strada
cosparsa
di
fallimenti
e
di
delusioni
.
Un
'
inchiesta
condotta
nel
1970
dall
'
istituto
Doxa
rilevava
che
solo
l'11
per
cento
dei
giovani
italiani
intervistati
auspicava
la
«
rivoluzione
»
;
e
quella
cifra
,
già
così
deludente
per
i
teorici
della
«
rivolta
generazionale
»
,
va
a
sua
volta
scomposta
e
qualificata
perché
acquisti
un
qualche
significato
.
Non
tutti
i
giovani
compresi
in
quell
'
11
per
cento
erano
infatti
veri
rivoluzionari
(
un
terzo
solamente
di
essi
auspicava
il
ricorso
alla
violenza
)
;
e
non
tutto
il
restante
89
per
cento
era
formato
da
pigri
conformisti
.
E
'
vero
piuttosto
che
una
aliquota
vastissima
dei
giovani
,
specie
nelle
grandi
città
,
partecipa
in
certa
misura
e
in
forme
diversissime
,
a
seconda
del
contesto
sociale
,
del
reddito
,
della
situazione
locale
,
ai
problemi
che
si
pongono
a
tutti
coloro
giovani
e
anziani
,
che
entrano
in
contatto
con
le
tensioni
della
moderna
società
industriale
;
e
la
risposta
che
essi
danno
a
quei
problemi
varia
secondo
una
gamma
assai
diversa
di
posizioni
,
in
parte
riducibili
alla
specifica
condizione
giovanile
,
ma
che
in
parte
rinviano
a
una
tematica
più
generale
,
comune
a
ogni
gruppo
di
età
e
a
ogni
condizione
.
I
soliti
psico
-
pedagogisti
sono
riusciti
a
divulgare
la
convinzione
che
la
risposta
esemplare
ed
emblematica
del
mondo
giovanile
ai
problemi
della
società
moderna
è
quella
che
si
esprime
,
in
forme
estreme
,
nella
cultura
della
droga
,
negli
hippies
,
nei
grandi
festival
di
musica
pop
.
Si
ammette
,
per
nostra
ventura
,
che
qui
si
tratta
di
manifestazioni
parossistiche
e
di
minoranza
:
ma
la
direzione
dell
'
avvenire
sarebbe
questa
,
verso
un
sempre
più
radicale
individualismo
di
tipo
anarcoide
,
e
verso
la
liberazione
della
realtà
istintuale
del
profondo
dalle
coazioni
imposte
da
una
secolare
civiltà
di
tipo
repressivo
.
Nel
festival
colossale
di
Woodstock
qualcuno
ha
visto
addirittura
l
'
embrione
di
un
nuovo
modello
di
società
politica
.
E
'
vero
invece
il
contrario
.
Le
risposte
di
questo
genere
sono
infatti
di
tipo
meramente
negativo
,
risultante
passiva
di
pressioni
e
condizionamenti
imposti
dalla
difficile
realtà
del
mondo
moderno
;
e
in
quanto
tali
esse
sono
importanti
come
sintomo
o
come
testimonianza
,
ma
non
certo
come
indicazione
della
via
da
percorrere
per
uscire
dalla
crisi
.
E
i
protagonisti
di
quei
fenomeni
meritano
comprensione
e
interessamento
,
ma
non
vanno
in
alcun
modo
eretti
,
come
si
è
fatto
e
si
fa
da
certa
cultura
irresponsabile
,
a
modelli
di
comportamento
per
le
nuove
generazioni
.
Nelle
quali
le
forze
autentiche
a
cui
appartiene
l
'
avvenire
vanno
invece
cercate
tra
coloro
che
ai
condizionamenti
dell
'
ambiente
contrappongono
una
meditata
e
consapevole
risposta
,
fondata
sugli
strumenti
del
razionalismo
che
è
gloria
della
cultura
occidentale
,
e
sostenuta
da
quella
generosità
che
al
limite
consente
di
«
dar
la
vita
per
i
propri
amici
»
,
secondo
il
detto
di
San
Giovanni
,
e
che
è
l
'
opposto
del
chiuso
egoismo
degli
istinti
.
Giovani
come
questi
si
contano
anche
fra
i
migliori
esponenti
della
rivolta
giovanile
che
,
quando
è
riuscita
a
sollevarsi
al
di
sopra
del
folclore
e
dello
chienlit
,
ha
assunto
forme
organizzate
e
disciplinate
in
vista
di
precisi
ideali
politici
:
e
il
disfacimento
dei
gruppi
che
avevano
innalzato
«
l
'
immaginazione
al
potere
»
nel
confronto
con
le
organizzazioni
della
sinistra
marxista
-
leninista
è
anche
una
riprova
della
diversa
consistenza
dei
due
atteggiamenti
morali
.
Ma
l
'
avvenire
appartiene
soprattutto
a
quei
giovani
che
alle
parole
d
'
ordine
e
agli
stati
d
'
animo
collettivi
hanno
saputo
opporre
la
vigilanza
dello
spirito
critico
,
e
salvare
in
tal
modo
la
propria
libertà
interiore
.
Le
mode
culturali
correnti
ci
hanno
abituati
a
liberarci
assai
presto
di
loro
,
relegandoli
sprezzantemente
nel
ghetto
del
conformismo
borghese
:
che
è
invece
popolato
dalla
folla
dei
ribelli
di
maniera
,
fabbricati
a
un
unico
stampo
,
vittime
dei
medesimi
slogans
,
privi
di
ogni
cultura
che
vada
al
di
là
delle
formulette
e
delle
frasi
fatte
.
StampaQuotidiana ,
Bisogna
onestamente
riconoscere
a
Francesco
De
Martino
di
non
avere
mai
fatto
mistero
delle
sue
riserve
nei
confronti
dell
'
impostazione
originaria
del
centrosinistra
.
Riserve
relative
non
tanto
al
programma
,
che
anche
l
'
esponente
socialista
ha
sempre
definito
nei
termini
consueti
di
superamento
degli
squilibri
,
incremento
dei
consumi
pubblici
,
riforme
,
sviluppo
democratico
;
quanto
alla
formula
politica
.
A
giudizio
di
De
Martino
,
infatti
,
gli
strati
conservatori
che
fanno
capo
alla
Democrazia
cristiana
sono
troppo
estesi
e
troppo
solidamente
abbarbicati
a
posizioni
di
potere
perché
una
politica
davvero
incisiva
di
riforme
possa
essere
realizzata
senza
l
'
apporto
delle
forze
organizzate
nell
'
opposizione
comunista
.
Da
ciò
la
richiesta
insistente
di
una
sostanziale
immissione
di
queste
forze
nell
'
area
del
potere
,
sempre
rinnovata
sotto
le
formule
mutevoli
,
ma
di
fatto
equivalenti
,
degli
«
equilibri
più
avanzati
»
,
dei
«
nuovi
rapporti
con
l
'
opposizione
»
,
delle
«
integrazioni
»
miranti
a
dare
al
governo
una
supposta
maggiore
rappresentatività
.
Una
volta
realizzato
,
questo
disegno
riuscirebbe
con
ogni
probabilità
fatale
alla
sopravvivenza
dell
'
Italia
come
paese
libero
,
a
meno
che
non
si
voglia
coltivare
l
'
illusione
che
il
potere
comunista
in
Italia
sarebbe
,
e
chissà
perché
,
tutt
'
altra
cosa
da
quel
che
è
sempre
stato
altrove
.
Ma
non
si
può
negare
che
esso
sia
comunque
un
disegno
politico
di
vasto
respiro
,
sostenuto
da
una
determinata
visione
di
quel
che
l
'
Italia
e
gli
italiani
debbono
essere
;
e
non
resterebbe
,
a
questo
punto
,
che
riconoscere
al
segretario
socialista
di
avere
fatto
in
tal
modo
la
sua
parte
di
leader
di
una
delle
grandi
forze
politiche
del
paese
.
Bisogna
tuttavia
chiedersi
perché
mai
politici
così
navigati
come
quelli
democristiani
si
siano
prestati
fino
a
ieri
,
e
si
mostrino
ancor
oggi
disposti
,
a
collaborare
alla
realizzazione
di
questo
disegno
:
che
,
in
qualunque
versione
lo
si
voglia
immaginare
,
passa
necessariamente
attraverso
una
drastica
riduzione
del
potere
della
Democrazia
cristiana
e
,
al
limite
,
attraverso
la
sua
eliminazione
come
forza
significativa
dalla
scena
politica
italiana
.
E
la
sola
risposta
plausibile
è
,
semplicemente
,
che
essi
non
ci
hanno
mai
creduto
,
e
non
hanno
preso
il
gran
disegno
demartiniano
troppo
sul
serio
.
Hanno
avuto
torto
?
Non
del
tutto
,
a
giudicare
il
De
Martino
dai
fatti
e
non
dalle
parole
.
A
sentir
queste
certamente
,
i
socialisti
si
sono
sempre
schierati
per
le
soluzioni
più
radicali
,
dal
disarmo
della
polizia
alla
demagogia
scolastica
,
alla
prepotenza
sindacale
,
alle
forme
più
viscerali
di
contestazione
culturale
:
ma
,
di
fatto
,
il
segretario
socialista
ha
sempre
evitato
di
compiere
passi
decisivi
,
rifiutandosi
all
'
alleanza
di
governo
e
mettendo
così
veramente
in
questione
,
la
possibilità
che
la
Democrazia
cristiana
riesca
a
conservare
il
potere
.
Qualche
volta
De
Martino
ha
capeggiato
manovre
che
per
qualche
tempo
hanno
tenuto
i
socialisti
fuori
del
governo
;
ma
sempre
conservando
con
la
Democrazia
cristiana
estesi
rapporti
di
sottogoverno
,
come
premessa
di
un
immancabile
sollecito
ritorno
.
Persino
nella
crisi
di
questi
giorni
,
più
grave
di
tutte
le
precedenti
,
in
confronto
alla
spensieratezza
del
vecchio
Nenni
,
De
Martino
ha
finito
per
impersonare
posizioni
più
caute
e
possibiliste
.
E
allora
ecco
che
il
grande
disegno
si
immeschinisce
alle
sue
vere
dimensioni
:
che
son
quelle
di
una
politica
di
provincia
,
mirante
solo
a
un
allargamento
della
propria
fetta
di
potere
e
,
se
possibile
,
a
un
aumento
di
suffragi
elettorali
,
attraverso
pressioni
e
minacce
di
tipo
ricattatorio
,
esercitate
fino
a
quando
appaiono
produttive
di
concrete
utilità
,
e
ritirate
poi
quando
si
profila
il
rischio
che
esse
vengano
raccolte
,
e
che
i
socialisti
debbano
trovarsi
davvero
a
fronteggiare
la
responsabilità
di
una
effettiva
trasformazione
della
società
italiana
.
Prospettiva
,
questa
,
di
fronte
alla
quale
De
Martino
ha
sempre
mostrato
di
esitare
;
non
tanto
perché
gli
pesi
la
misura
di
quella
responsabilità
,
ché
in
materia
egli
ha
sempre
dato
prova
di
grande
disinvoltura
:
ma
per
il
timore
che
una
effettiva
assunzione
dei
comunisti
al
potere
,
anche
in
forme
più
o
meno
larvate
,
significhi
la
fine
della
propria
autonomia
politica
e
il
proprio
declassamento
a
notabile
di
secondo
piano
dello
schieramento
frontista
.
E
'
già
triste
che
uomini
e
politiche
di
questo
livello
possano
esercitare
una
così
grande
influenza
nel
nostro
paese
.
Ma
ancora
più
gravi
sono
le
conseguenze
effettive
di
quella
politica
.
De
Martino
ha
rivelato
infatti
di
non
essere
in
grado
di
controllare
e
dosare
adeguatamente
,
come
pur
sarebbe
stato
necessario
ai
fini
della
sua
tecnica
di
potere
,
gli
intralci
da
lui
sistematicamente
creati
all
'
azione
di
governo
della
Democrazia
cristiana
e
le
facilitazioni
così
offerte
al
dispiegarsi
delle
forze
dell
'
opposizione
.
Ogni
volte
che
si
è
determinata
una
crisi
nella
vita
del
paese
,
l
'
intervento
del
socialismo
demartiniano
è
sempre
valso
a
paralizzare
ogni
ragionevole
azione
di
governo
,
ogni
politica
che
seriamente
mirasse
a
dare
dei
problemi
una
soluzione
ispirata
in
qualche
modo
agli
interessi
generali
del
paese
.
In
una
situazione
come
quella
italiana
,
carica
di
tante
tensioni
e
minata
da
tante
debolezze
,
ciò
ha
provocato
devastazioni
materiali
e
morali
davvero
ingiustificabili
:
col
risultato
di
rendere
concretamente
possibile
quell
'
ascesa
dei
comunisti
al
potere
che
De
Martino
e
i
suoi
hanno
tante
ragioni
di
paventare
.
Disgraziatamente
,
la
posta
in
gioco
va
molto
al
di
là
del
destino
di
costoro
,
e
del
posto
che
a
loro
sarà
riservato
nella
gerarchia
dei
notabili
della
sinistra
frontista
.
StampaQuotidiana ,
Bisogna
dunque
decidersi
ad
abbandonare
l
'
ottimismo
di
origine
liberale
e
illuministico
,
e
rinunciare
per
sempre
alla
speranza
che
l
'
esercizio
della
libertà
e
la
graduale
distribuzione
del
benessere
e
dell
'
istruzione
rendano
gli
uomini
migliori
e
più
adatti
alla
convivenza
civile
?
La
tentazione
è
forte
,
davanti
a
ciò
che
succede
intorno
a
noi
:
ma
è
necessario
resistere
,
se
non
vogliamo
venir
meno
alle
nostre
migliori
tradizioni
culturali
e
civili
e
ricadere
in
braccio
a
cupe
suggestioni
repressive
,
senza
prospettive
e
senza
avvenire
.
La
nostalgia
e
la
rivolta
contro
le
difficili
condizioni
di
vita
delle
società
industriali
tendono
a
rappresentare
sotto
una
luce
idilliaca
,
le
antiche
società
rurali
,
fondate
sull
'
autorità
e
sulla
tradizione
:
ma
non
possono
e
non
devono
farci
dimenticare
la
carica
di
brutalità
e
di
violenza
che
povertà
e
autoritarismo
alimentato
nel
loro
seno
,
e
che
il
progresso
civile
ha
contribuito
a
superare
e
a
dissolvere
.
Non
è
affatto
vero
che
industria
e
benessere
economico
siano
inevitabilmente
condannati
a
trascinare
con
sé
la
scia
ripugnante
della
criminalità
e
della
violenza
:
e
anzi
occorre
fermamente
reagire
ai
tentativi
di
accreditare
siffatte
credenze
,
in
cui
si
esprime
soltanto
il
conformismo
di
pseudo
-
scienziati
sociali
e
la
cattiva
coscienza
di
uomini
politici
alla
ricerca
di
alibi
immeritati
.
Davanti
allo
spettacolo
che
oggi
offrono
le
nostre
città
e
le
nostre
strade
sempre
più
spesso
insanguinate
è
piuttosto
da
ricordare
che
da
troppi
anni
la
violenza
è
tollerata
e
finanche
protetta
nella
lotta
politica
,
nelle
scuole
,
nelle
fabbriche
e
nelle
strade
.
Una
classe
dirigente
incapace
di
realizzare
una
politica
di
efficaci
riforme
ha
preferito
scaricare
sul
diretto
confronto
tra
le
classi
e
i
gruppi
sociali
la
risoluzione
dei
problemi
e
dei
contrasti
da
cui
è
travagliata
la
nostra
società
.
Ne
è
derivata
una
situazione
di
permanente
e
non
sempre
metaforica
conflittualità
che
ha
finito
per
esasperare
situazioni
e
rapporti
,
senza
dare
alcun
reale
contributo
alla
soluzione
dei
problemi
e
dunque
senza
alcun
vero
allentamento
delle
tensioni
.
E
tutto
ciò
a
costo
di
un
generale
indebolimento
delle
autorità
preposte
alla
tutela
dei
deboli
e
dei
non
organizzati
,
ormai
per
gran
parte
rassegnate
a
lasciare
che
la
sola
legge
ancora
valida
sia
quella
della
prepotenza
e
dell
'
intimidazione
.
Sulla
scia
aperta
dalla
violenza
politica
si
è
poi
instradata
quella
della
criminalità
comune
,
che
dalla
prima
ha
tratto
in
molti
casi
modelli
e
incoraggiamenti
.
Ma
questa
è
solo
una
parte
della
verità
.
In
questo
come
in
altri
settori
l
'
Italia
non
fa
che
vivere
in
modo
più
drammatico
,
grazie
alla
debolezza
delle
sue
istituzioni
,
problemi
che
sono
comuni
a
tutte
le
società
moderne
.
L
'
interpretazione
dei
rapporti
sociali
in
termini
esclusivamente
utilitaristici
e
materialistici
,
lo
scadimento
delle
antiche
idee
dell
'
uomo
,
un
tempo
concepito
a
immagine
e
somiglianza
di
Dio
e
oggi
diventato
,
in
tanta
parte
della
cultura
moderna
,
poco
più
che
un
fantoccio
intessuto
di
motivazioni
brutali
e
idee
degradanti
,
hanno
fatto
ben
poco
,
bisogna
confessarlo
,
per
accrescere
il
rispetto
dell
'
uomo
per
i
propri
simili
,
e
per
sviluppare
i
sentimenti
e
i
legami
di
solidarietà
;
e
lo
svuotamento
dei
valori
che
ne
deriva
ha
lasciato
ben
poco
per
cui
si
creda
di
poter
vivere
e
lottare
al
di
là
delle
immediate
e
basse
passioni
.
Su
questo
terreno
la
ricerca
del
denaro
,
la
suggestione
della
droga
,
persino
la
follia
del
delitto
gratuito
,
della
violenza
per
la
violenza
,
di
cui
si
sono
avuti
esempi
agghiaccianti
,
trovano
un
alimento
che
appare
inesauribile
.
Ma
tutto
ciò
non
ha
nulla
a
che
fare
con
le
strutture
che
sono
proprie
delle
società
industriale
.
In
realtà
,
per
molti
decenni
l
'
industria
e
il
progresso
civile
sono
cresciuti
parallelamente
in
gran
parte
del
mondo
occidentale
.
La
crisi
è
sopravvenuta
piuttosto
con
la
resa
graduale
del
mondo
di
princìpi
e
di
idee
da
cui
erano
nati
,
insieme
,
industrialismo
e
società
liberale
,
davanti
a
una
cultura
antiumanistica
che
nel
primo
ventennio
del
dopoguerra
si
atteggiò
,
nelle
università
e
nella
pubblicistica
,
nell
'
arte
,
nello
spettacolo
e
nel
costume
,
a
sola
voce
autorizzata
del
mondo
occidentale
.
Su
questo
terreno
la
cultura
e
la
società
moderna
sono
dunque
chiamate
a
una
severa
revisione
delle
troppo
facili
illusioni
a
cui
esse
si
sono
abbandonate
negli
ultimi
decenni
.
Problema
da
non
risolvere
certo
con
provvedimenti
a
effetto
immediato
:
ma
la
cui
esistenza
non
autorizza
chi
ha
la
responsabilità
di
provvedere
all
'
immediato
a
invocarne
la
complessità
e
sottrarsi
ai
compiti
,
educativi
e
politici
insieme
,
che
sono
di
sua
spettanza
.
StampaQuotidiana ,
Per
i
più
,
il
1968
richiama
alla
mente
il
maggio
francese
,
la
Sorbona
occupata
,
i
dieci
milioni
di
scioperanti
,
i
tre
minuti
di
De
Gaulle
alla
Televisione
,
la
grande
marcia
ai
Champs
-
Elysées
:
dimostrazione
drammatica
di
ciò
che
possa
,
in
un
momento
decisivo
della
vita
di
un
grande
paese
,
la
statura
eccezionale
di
un
uomo
,
l
'
energia
di
una
classe
dirigente
,
la
maturità
politica
di
una
società
risoluta
a
difendere
i
valori
primari
della
propria
tradizione
civile
.
E
tuttavia
,
quella
data
ha
un
significato
assai
maggiore
per
l
'
Italia
che
per
la
Francia
.
Perché
in
Francia
si
trattò
di
un
episodio
,
non
privo
certo
di
conseguenze
,
e
che
anzi
ebbe
parte
nel
determinare
,
l
'
anno
successivo
,
la
caduta
dello
stesso
De
Gaulle
;
ma
esso
non
modificò
nel
profondo
la
fisionomia
della
vita
politica
e
della
società
francesi
,
mentre
da
noi
gli
eventi
di
quell
'
anno
tagliano
in
due
la
storia
del
dopoguerra
,
e
aprono
la
nuova
fase
che
viviamo
tuttora
.
Ricordiamo
.
Tutto
cominciò
nelle
università
,
dietro
lo
schermo
dell
'
antico
privilegio
che
si
voleva
escludesse
la
forza
pubblica
dalla
sede
degli
studi
.
Si
videro
allora
i
più
dichiarati
progressisti
,
i
fautori
dell
'
università
di
massa
,
gli
assertori
di
una
totale
rottura
col
passato
,
farsi
paladini
all
'
estremo
della
medioevale
tradizione
immunitaria
.
Dietro
quello
schermo
,
il
campo
fu
libero
all
'
azione
di
gruppi
organizzati
,
decisi
a
imporre
comunque
la
propria
volontà
,
ad
assumere
il
controllo
fisico
delle
sedi
universitarie
,
a
impedirne
il
funzionamento
sino
alla
soppressione
di
ogni
dissenso
.
Dalle
università
il
metodo
si
estese
alle
fabbriche
,
agli
uffici
pubblici
,
alle
banche
,
agli
aeroporti
;
e
l
'
amnistia
per
i
ventiquattromila
reati
denunciati
in
occasione
dell
'
autunno
caldo
ne
consacrò
e
generalizzò
la
legittimità
.
Non
che
si
possa
parlare
di
ricorso
permanente
alla
violenza
fisica
,
all
'
aggressione
e
al
pestaggio
,
che
non
sono
certo
mancati
,
ma
in
un
dosaggio
oculato
che
,
unito
all
'
intimidazione
sistematica
e
a
una
serie
di
minori
ma
ininterrotte
vessazioni
,
nella
più
parte
dei
casi
si
è
rivelato
sufficiente
allo
scopo
.
E
non
è
neppure
che
dall
'
altra
parte
mancassero
dissensi
e
volontà
di
resistenza
:
ma
,
nella
mancanza
di
ogni
leadership
politica
,
e
nella
totale
latitanza
dei
partiti
democratici
di
centro
,
l
'
accusa
di
fascismo
,
agevolata
dalla
presenza
di
movimenti
di
estrema
destra
sempre
pronti
ad
assumersi
la
paternità
di
ogni
opposizione
alle
sinistre
,
è
bastata
quasi
sempre
a
eliminare
dalla
scena
tutti
coloro
,
ed
erano
la
grande
maggioranza
,
che
semplicemente
aspiravano
a
garantirsi
l
'
esercizio
dei
propri
diritti
e
l
'
osservanza
,
persino
,
dei
propri
doveri
.
In
tal
modo
si
è
avuto
,
in
ogni
settore
della
vita
del
paese
,
non
tanto
il
rovesciamento
del
vecchio
ordine
di
cose
quanto
la
proliferazione
di
una
serie
di
organismi
di
fatto
che
si
affiancano
e
si
contrappongono
a
quelli
legalmente
competenti
a
esercitare
i
poteri
decisionali
:
senza
riuscire
,
nella
più
parte
dei
casi
,
a
sostituirli
,
ma
forti
abbastanza
da
paralizzarli
,
da
bloccare
l
'
attuazione
di
ogni
direttiva
generale
che
non
sia
approvata
dai
detentori
del
potere
in
loco
,
da
contrapporre
,
alla
legge
che
si
dice
risultante
della
volontà
generale
.
l
'
altra
più
concreta
che
si
traduce
nella
imposizione
di
norme
e
comportamenti
ai
diretti
interessati
.
Realizzazione
estrema
e
in
certo
modo
emblematica
di
questo
processo
i
recenti
episodi
di
disobbedienza
civile
,
nei
quali
la
sostituzione
del
nuovo
tipo
di
legge
alla
vecchia
ha
assunto
forme
più
visibili
agli
occhi
di
tutti
.
Nel
linguaggio
di
certi
settori
politici
ciò
è
diventato
la
«
crescita
democratica
del
Paese
»
.
Ma
per
vedere
di
che
democrazia
si
tratti
sarà
opportuno
allargare
il
discorso
al
significato
di
queste
novità
nei
rapporti
tra
le
forze
politiche
e
,
anzi
,
nei
rapporti
dei
cittadini
tra
loro
.
Anzitutto
,
si
è
avuto
un
vistoso
spostamento
nei
rapporti
di
forza
tra
i
partiti
politici
,
del
tutto
indipendente
dal
numero
dei
suffragi
elettorali
che
essi
riuscivano
a
raccogliere
.
I
partiti
o
movimenti
,
parlamentari
ed
extraparlamentari
,
che
possono
disporre
di
una
efficiente
«
organizzazione
di
massa
»
,
e
cioè
della
capacità
di
assicurare
la
presenza
attiva
sul
luogo
della
vertenza
-
scuola
,
fabbrica
,
ospedale
o
ufficio
pubblico
che
sia
-
di
gruppi
di
propri
aderenti
decisi
a
prevalere
senza
troppo
badare
ai
mezzi
,
hanno
visto
crescere
in
modo
determinante
il
proprio
peso
politico
;
mentre
gli
altri
,
spesso
organizzati
in
vista
di
finalità
meramente
elettorali
,
hanno
subito
uno
scadimento
senza
precedenti
,
che
in
un
secondo
tempo
non
ha
mancato
di
avere
i
prevedibili
effetti
anche
sul
piano
elettorale
.
La
dissociazione
di
potere
e
responsabilità
in
Italia
ha
assunto
negli
ultimi
anni
dimensioni
macroscopiche
,
talora
vicine
alla
condizioni
limite
dell
'
assoluta
separazione
.
Lasciamo
da
parte
la
vicenda
propriamente
sindacale
,
dove
l
'
elemento
economico
gioca
un
ruolo
che
spesso
modifica
profondamente
le
linee
del
quadro
.
Ma
sul
piano
politico
è
chiaro
che
la
massima
secondo
la
quale
per
ottenere
l
'
approvazione
di
una
legge
una
dimostrazione
di
piazza
conta
più
di
qualunque
discorso
del
più
grande
oratore
parlamentare
(
Burdeau
)
ha
avuto
da
noi
verifiche
che
minacciano
di
ridurre
a
una
lustra
la
sovranità
dei
cittadini
espressa
dal
Parlamento
.
E
,
infatti
,
lo
stesso
fondamento
della
democrazia
a
suffragio
universale
che
ha
finito
per
essere
incrinato
in
modo
sempre
più
vistoso
,
come
da
anni
hanno
rilevato
i
più
attenti
osservatori
della
nostra
vita
pubblica
.
Il
principio
del
suffragio
universale
vorrebbe
infatti
che
la
volontà
politica
della
maggioranza
,
impersonata
dal
governo
liberamente
eletto
,
giungesse
attraverso
la
pubblica
amministrazione
a
reggere
gli
affari
comuni
.
Ma
è
chiaro
che
una
pubblica
amministrazione
paralizzata
o
impotente
tutte
le
volte
che
si
scontra
con
gli
interessi
particolari
,
e
ridotta
anzi
essa
stessa
a
una
congerie
di
gruppi
e
di
privilegi
sezionali
,
non
è
in
grado
di
tradurre
in
atto
alcun
genere
di
volontà
politica
:
col
risultato
di
annullare
e
render
privo
di
efficacia
l
'
esercizio
stesso
del
diritto
di
voto
da
parte
di
estesissime
categorie
di
cittadini
,
e
cioè
di
annullarne
di
fatto
i
diritti
politici
,
che
nella
gran
parte
si
riducono
per
essi
appunto
all
'
esercizio
del
voto
.
Si
è
dunque
finito
col
discriminare
di
fatto
i
cittadini
in
due
grandi
categorie
,
delle
quali
una
soltanto
dotata
di
diritti
politici
,
nella
misura
in
cui
dispone
di
strumenti
atti
a
esercitarli
nel
contesto
della
nostra
società
;
e
l
'
altra
pervasa
invece
da
un
sentimento
profondo
di
deprivazione
e
d
'
ingiustizia
,
per
la
confusa
sensazione
di
essere
stata
spossessata
di
una
serie
di
poteri
e
di
diritti
che
un
tempo
le
appartennero
,
e
dei
quali
peraltro
si
continua
a
proclamare
da
ogni
parte
l
'
intangibile
sacralità
.
Non
è
detto
che
la
spinta
nata
dai
fatti
del
1968
non
possa
tradursi
,
alla
lunga
,
in
forme
di
vera
democrazia
.
Quel
che
è
certo
è
che
non
potrà
mai
essere
qualificata
democratica
la
negazione
dei
diritti
politici
a
intere
categorie
di
cittadini
.
Riportare
questi
cittadini
in
seno
alla
società
politica
,
quali
membri
attivi
in
grado
di
parteciparvi
efficacemente
e
di
farvi
valere
la
propria
presenza
e
il
proprio
diritto
,
è
oggi
il
compito
primario
di
chi
si
proponga
,
di
fatto
e
non
a
parole
,
di
realizzare
una
democrazia
moderna
nel
nostro
paese
.
StampaQuotidiana ,
Nessuno
«
steccato
»
si
è
mostrato
più
tenace
nel
mondo
politico
italiano
di
quello
che
segna
il
confine
tra
i
partiti
di
democrazia
laica
e
lo
schieramento
cattolico
.
Trent
'
anni
di
stretta
collaborazione
politica
non
sono
bastati
a
superarlo
,
e
in
occasione
del
referendum
esso
è
riapparso
(
o
almeno
così
è
sembrato
)
più
netto
che
mai
.
Nei
cattolici
,
quella
separazione
si
richiama
al
ricordo
di
decenni
di
minorità
politica
,
alla
difficile
sopravvivenza
nel
quadro
di
uno
Stato
sorto
nel
segno
della
civiltà
laica
e
razionalista
,
eretto
sulle
rovine
del
potere
temporale
e
intinto
di
massoneria
.
Per
i
laici
,
è
in
gioco
un
patrimonio
ideale
certo
non
minore
,
formatosi
in
due
secoli
di
battaglie
civili
che
sono
tanta
parte
della
nostra
storia
.
Uguaglianza
dei
cittadini
di
tutte
le
confessioni
davanti
alla
legge
,
libertà
di
pensiero
,
sviluppo
di
una
concezione
della
vita
tutta
protesa
a
costruire
su
questa
terra
,
e
solo
su
di
essa
,
il
destino
e
l
'
avvenire
dell
'
uomo
,
emancipazione
dalle
forme
più
pesanti
e
visibili
di
autoritarismo
nella
vita
morale
e
nel
costume
:
nessun
italiano
potrebbe
far
getto
di
tutto
ciò
senza
negare
la
propria
appartenenza
al
mondo
e
alla
civiltà
moderna
.
Ma
proprio
l
'
universalità
di
questi
convincimenti
induce
a
chiedersi
se
quella
separazione
e
contrapposizione
abbia
ancora
un
'
attualità
politica
e
morale
,
o
se
non
sia
piuttosto
uno
dei
tanti
avanzi
del
passato
che
proiettano
la
loro
ombra
su
una
realtà
che
non
ha
ancora
saputo
prendere
coscienza
del
loro
superamento
.
Nell
'
Italia
di
oggi
la
libertà
di
pensiero
,
la
tolleranza
religiosa
,
la
laicità
della
scuola
sono
problemi
già
risolti
da
un
pezzo
a
livello
delle
istituzioni
,
e
una
profonda
trasformazione
del
costume
in
senso
laico
si
avverte
in
strati
sempre
più
larghi
della
società
.
Non
solo
lo
schieramento
pressoché
unanime
della
cultura
e
dei
mezzi
d
'
informazione
in
occasione
del
referendum
ha
mostrato
l
'
assoluta
prevalenza
che
le
tesi
laiche
hanno
ormai
conquistato
in
quegli
ambienti
:
ma
gran
parte
delle
forze
cattoliche
più
significative
,
fuori
e
dentro
le
strutture
ecclesiastiche
,
hanno
ormai
fatto
propri
quei
princìpi
,
con
motivazioni
diverse
certamente
,
ma
in
maniera
da
giungere
in
concreto
a
posizioni
analoghe
e
spesso
coincidenti
.
Lo
scontro
sul
divorzio
è
stato
in
effetti
aggravato
da
evidenti
riflessi
politici
:
ma
lo
stesso
tono
di
civiltà
su
cui
esso
è
avvenuto
mostra
come
anche
le
divergenze
che
rimangono
su
questo
terreno
siano
attenuate
da
uno
sfondo
di
reciproca
tolleranza
.
I
progressi
più
significativi
della
vita
democratica
nel
nostro
Paese
sono
dovuti
alla
collaborazione
inauguratasi
dopo
il
1945
fra
laici
e
cattolici
sotto
la
guida
di
Alcide
De
Gasperi
.
Essa
è
stata
un
fatto
di
enorme
rilievo
,
che
costituisce
la
riprova
migliore
del
successo
di
portata
storica
ottenuto
dall
'
idea
laica
della
separazione
dello
Stato
dalla
Chiesa
,
e
che
consente
a
forze
diverse
di
convergere
sui
temi
concreti
della
realtà
politica
senza
alcun
riferimento
a
problemi
religiosi
,
che
restano
fondamentali
,
ma
riservati
al
terreno
,
che
è
loro
proprio
,
dell
'
intimità
delle
coscienze
.
Ora
,
la
democrazia
italiana
è
alla
vigilia
di
scadenze
di
estrema
gravità
sul
terreno
della
politica
economica
,
dell
'
ordine
pubblico
,
della
scuola
,
che
richiedono
la
stretta
collaborazione
di
tutte
le
forze
autenticamente
democratiche
,
laiche
e
cattoliche
.
Una
profonda
crisi
di
fiducia
ormai
investe
da
ogni
parte
la
Democrazia
cristiana
.
Chi
scrive
non
ne
auspica
certamente
la
spaccatura
.
Ma
è
innegabile
che
molti
cattolici
sono
profondamente
delusi
del
partito
che
per
tanti
anni
li
ha
rappresentati
,
e
si
sentono
di
fatto
più
vicini
alle
posizioni
tenute
dai
partiti
laici
.
Sarebbe
un
errore
gravissimo
,
da
parte
di
questi
partiti
,
condizionare
l
'
adesione
dei
cattolici
a
inammissibili
rinunce
ideali
e
di
coscienza
,
continuando
a
insistere
su
contrapposizioni
polemiche
che
varrebbero
solo
a
respingere
molti
di
essi
su
posizioni
estreme
,
di
destra
o
di
sinistra
.
Il
problema
che
si
pone
oggi
in
Italia
non
è
infatti
la
costruzione
di
una
democrazia
laica
,
che
si
può
considerare
ormai
acquisita
nel
nostro
paese
,
ma
la
difesa
e
lo
sviluppo
di
una
democrazia
liberale
di
tipo
occidentale
,
nella
quale
le
forze
politiche
si
distinguono
solo
in
relazione
a
problemi
politici
:
come
da
tempo
accade
non
solo
nel
mondo
anglosassone
,
ma
anche
in
un
paese
di
tradizioni
cattoliche
e
anticlericali
insieme
come
la
Francia
.
StampaQuotidiana ,
Molti
,
moltissimi
lettori
ci
hanno
fatto
la
stessa
richiesta
di
Corrado
Reboa
.
In
effetti
,
il
catastrofico
sisma
che
colpì
il
Meridione
,
danneggiò
anche
lo
stabilimento
tipografico
di
Pompei
dove
si
stampa
,
in
foto
-
trasmissione
,
il
Giornale
destinato
al
Centro
-
Sud
e
alle
Isole
.
Il
nostro
spazio
è
avarissimo
,
specie
in
queste
giornate
che
richiamano
la
nostra
particolare
attenzione
sull
'
angoscio
so
dramma
che
si
vive
nelle
zone
terremotate
.
Tuttavia
,
l
'
unico
modo
che
ho
di
soddisfare
le
richieste
dei
lettori
è
quello
di
ripetere
-
in
corpo
tipografico
più
piccolo
-
il
mio
articolo
del
24
novembre
.
Coloro
che
lo
hanno
già
letto
comprenderanno
e
mi
perdoneranno
questa
replica
,
peraltro
doverosa
.
Ecco
quello
che
scrissi
a
Mazzotta
e
a
Segni
,
sotto
il
titolo
:
«
Proposta
di
bucato
»
.
Non
abbiamo
nulla
da
obbiettare
alla
lettera
,
da
noi
ieri
pubblicata
,
degli
onorevoli
Mazzotta
e
Segni
.
La
sottoscriviamo
in
pieno
.
Vorremmo
soltanto
completarne
il
discorso
da
un
'
ottica
laica
e
non
di
partito
.
Premessa
.
Mazzotta
e
Segni
appartengono
,
anzi
sono
i
capifila
,
di
quel
gruppo
di
giovani
democristiani
che
alle
ultime
elezioni
noi
additammo
alle
«
preferenze
»
degli
elettori
.
Allora
si
chiamarono
«
i
cento
»
,
e
se
ne
parlò
con
dileggio
.
Si
disse
che
i
cento
non
erano
in
realtà
più
di
trenta
,
e
che
presto
anche
quei
trenta
si
sarebbero
dissolti
nelle
varie
«
correnti
»
al
servizio
dei
vari
capataz
.
Non
è
stato
così
.
Alcuni
,
è
vero
,
forse
parecchi
,
si
sono
persi
per
strada
.
Ma
ben
più
di
trenta
sono
quelli
che
,
rimasti
per
conto
loro
,
fanno
capo
non
a
una
«
corrente
»
,
ma
a
un
centro
di
studi
,
«
Proposta
»
.
Rappresentano
la
riserva
più
intatta
della
Dc
,
l
'
unica
su
cui
non
ci
sono
ombre
né
schizzi
di
fango
.
E
vi
sembra
poco
,
coi
tempi
che
corrono
?
Coloro
che
li
hanno
votati
non
hanno
di
che
pentirsene
.
E
nemmeno
noi
per
averli
indicati
.
E
ora
veniamo
al
contenuto
della
loro
lettera
sulla
crisi
che
ci
travaglia
.
Probabilmente
essi
hanno
ragione
quando
dicono
,
con
Forlani
,
che
in
tutti
questi
scandali
,
c
'
è
più
fumo
che
arrosto
,
e
che
non
ci
si
può
lasciare
travolgere
da
un
accesso
di
furore
,
forse
artatamente
provocato
da
gente
che
ha
interesse
a
un
generale
Kaput
.
Dopodiché
però
bisogna
spiegare
come
mai
la
pubblica
opinione
si
è
lasciata
incendiare
fino
a
questo
punto
,
che
è
un
gran
brutto
e
pericoloso
punto
.
Noi
arrossiamo
di
dover
riferire
certe
cose
.
Ma
se
per
strada
,
nei
caffè
,
nelle
case
si
sente
dire
(
e
noi
lo
abbiamo
sentito
)
:
«
Ma
allora
forse
hanno
ragione
i
terroristi
»
,
qualche
motivo
ci
dev
'
essere
.
Di
questi
motivi
,
Segni
e
Mazzotta
ne
hanno
individuati
alcuni
,
sui
quali
consentiamo
in
pieno
.
1°
)
La
prevalenza
assunta
nei
partiti
dagli
apparati
che
,
chiusi
nel
loro
palazzo
o
palazzetto
,
perdono
ogni
contatto
non
solo
con
l
'
elettorato
,
ma
anche
coi
militanti
,
e
si
tramutano
in
mafie
.
2°
)
La
degenerazione
delle
«
correnti
»
in
meri
strumenti
di
potere
che
fatalmente
riducono
la
lotta
politica
a
una
lotta
di
cosche
.
3°
)
La
metastasi
della
politica
nel
campo
dell
'
economia
grazie
all
'
estendersi
dell
'
impresa
pubblica
.
Lottizzata
dai
partiti
,
questa
impresa
non
produce
né
può
produrre
altro
che
ladri
(
questo
non
lo
dicono
Segni
e
Mazzotta
,
ma
lo
dico
io
)
:
coloro
che
,
alla
testa
di
un
ente
di
Stato
,
non
lo
diventano
,
meriterebbero
una
decorazione
.
Secondo
noi
però
,
a
corrompere
il
sistema
,
c
'
è
anche
un
quarto
fattore
,
che
è
la
sua
ibernazione
.
E
mi
spiego
.
In
nessuna
democrazia
occidentale
nessun
partito
rimane
al
potere
più
di
due
,
cinque
,
al
massimo
dieci
anni
.
Poi
va
all
'
opposizione
,
e
lì
fa
il
bucato
:
si
rivedono
i
programmi
,
si
lavano
i
panni
,
si
cambiano
i
capi
,
e
anche
quelli
confermati
,
non
avendo
più
il
potere
in
mano
,
non
offrono
più
pretesti
a
farsi
«
chiacchierare
»
,
e
così
si
rinverginano
.
In
Italia
la
democrazia
cristiana
è
al
potere
ininterrottamente
da
trentadue
anni
.
E
tutti
sappiamo
di
essere
condannati
a
tenercela
,
almeno
fin
quando
il
partito
comunista
resta
qual
è
,
cioè
a
perdita
d
'
occhio
.
Non
c
'
è
partito
né
uomo
che
possano
resistere
a
una
simile
prova
.
Andreotti
disse
un
giorno
che
il
potere
logora
chi
non
ce
l
'
ha
.
Come
battuta
,
è
buona
.
Come
verità
,
un
po
'
meno
.
Ed
egli
stesso
del
resto
ne
incarna
la
smentita
.
Proprio
perché
è
l
'
uomo
di
potere
di
più
lungo
e
continuo
corso
,
Andreotti
si
trova
a
fare
,
di
tutti
gli
scandali
nazionali
,
il
Sospettato
n
°
1
,
e
la
gente
è
convinta
che
nel
suo
armadio
ci
sia
non
qualche
scheletro
,
ma
un
ossario
.
Probabilmente
è
tutto
falso
,
come
le
voci
su
Bisaglia
e
su
tanti
altri
il
cui
nome
è
stato
trascinato
nella
melma
.
Probabilmente
,
ripeto
,
ha
ragione
Forlani
quando
dice
che
in
questa
Danimarca
il
puzzo
di
marcio
soverchia
il
marcio
.
Ma
né
lui
né
Piccoli
s
'
illudano
di
potersela
cavare
con
le
solite
«
commissioni
d
'
inchiesta
»
.
Stavolta
ci
vuol
altro
.
Ci
vuole
il
ricambio
.
E
siccome
il
ricambio
la
Dc
non
può
farlo
con
un
'
altra
forza
politica
perché
non
ce
n
'
è
nessuna
in
grado
di
sostituirla
come
partito
di
governo
,
bisogna
che
lo
faccia
dentro
di
sé
,
nei
propri
quadri
,
che
le
dia
un
volto
nuovo
,
una
immagine
diversa
.
Nella
intervista
che
ci
ha
dato
ieri
,
Piccoli
sostiene
che
a
questo
la
Dc
ha
già
provveduto
.
Francamente
,
non
ce
ne
siamo
accorti
.
E
questo
è
grave
perché
la
«
questione
morale
»
-
ci
creda
l
'
on.
Piccoli
-
non
è
soltanto
,
ma
è
anche
,
e
forse
principalmente
una
questione
di
cosmesi
.
Ci
sono
delle
facce
nella
Dc
che
dopo
decenni
di
primi
piani
,
uno
non
può
guardarle
senza
pensare
con
nostalgia
ai
carabinieri
.
E
'
ingiusto
,
lo
so
.
Ma
è
umano
,
e
bisogna
accettarlo
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Giardini
,
il
motivo
per
cui
non
pubblichiamo
più
notizie
dall
'
Afghanistan
è
molto
semplice
:
che
di
notizie
non
ce
ne
sono
.
Occupato
il
Paese
,
i
russi
lo
hanno
completamente
isolato
dal
resto
del
mondo
,
non
vi
lasciano
entrare
i
giornalisti
,
non
ne
lasciano
uscire
nessuno
.
E
che
notizie
possiamo
dare
,
in
queste
condizioni
?
L
'
Afghanistan
è
ormai
come
la
Cambogia
.
Anche
lì
sappiamo
che
si
sta
perpetrando
uno
spaventoso
genocidio
.
Ma
non
abbiamo
elementi
per
descriverlo
.
Ogni
tanto
qualcuno
scappa
e
racconta
.
Noi
registriamo
,
e
poi
torna
il
silenzio
.
E
'
verissimo
che
questo
silenzio
giova
ai
comunisti
di
tutto
il
mondo
,
e
particolarmente
ai
nostri
.
Ma
è
proprio
su
questo
che
giuoca
la
loro
propaganda
.
Essi
sanno
che
quando
i
carri
armati
sovietici
schiacciano
un
Paese
,
il
mondo
strilla
;
ma
che
poi
,
chiuso
il
rubinetto
delle
notizie
,
gli
strilli
cessano
,
per
mancanza
di
alimento
.
Infatti
,
cosa
potremmo
dire
dell
'
Afghanistan
?
Che
è
stato
occupato
con
la
violenza
,
lo
sappiamo
.
Che
vi
hanno
istaurato
un
regime
poliziesco
e
persecutorio
,
lo
sappiamo
.
Non
possiamo
ripeterlo
ogni
giorno
.
Il
confronto
con
gli
americani
nel
Vietnam
non
regge
:
gli
americani
lasciavano
alla
stampa
piena
libertà
d
'
inchiesta
,
d
'
indagine
,
d
'
informazione
e
di
commento
,
fino
ad
allevarsi
in
corpo
e
a
fornire
tutte
le
facilitazioni
anche
ai
loro
peggiori
denigratori
.
Bisogna
dire
che
ne
sono
stati
molto
mal
ripagati
.
Ma
da
chi
?
Dai
cialtroni
.
Le
persone
oneste
e
di
buon
senso
devono
riconoscere
che
proprio
in
questo
rispetto
della
libertà
di
critica
sta
la
superiorità
degli
americani
sui
russi
e
loro
affini
.
Ma
per
tornare
alla
sua
critica
:
le
sembra
proprio
,
caro
Giardini
,
che
questo
giornale
la
meriti
?
Saggistica ,
1
.
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
È
facile
rispondere
:
È
lo
studio
scientifico
della
lingua
.
Non
è
però
facile
andare
oltre
questa
elementare
affermazione
,
cioè
risolverne
le
ambiguità
,
esplicitarne
le
implicazioni
.
Anzitutto
:
"
la
lingua
"
;
che
valore
daremo
a
questo
singolare
?
È
un
singolare
specifico
e
quindi
significa
"
la
nostra
lingua
,
la
lingua
materna
"
?
;
o
un
singolare
generico
,
e
quindi
significa
"
la
facoltà
di
linguaggio
,
il
linguaggio
"
?
;
o
è
un
singulare
pro
plurali
e
quindi
significa
"
le
lingue
,
tutte
le
lingue
del
globo
,
morte
e
viventi
"
?
Mettiamo
di
interpretare
nel
senso
specifico
,
e
apparente
-
mente
più
concreto
,
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
"
la
nostra
lingua
naturale
,
materna
"
.
Ma
è
davvero
possibile
studiare
scientificamente
la
nostra
propria
lingua
senza
avere
idee
generali
sulla
facoltà
di
linguaggio
,
su
questa
facoltà
costitutiva
dell
'
uomo
quale
noi
lo
conosciamo
e
che
evidentemente
presiede
a
tutte
le
lingue
naturali
?
Se
vogliamo
una
prova
storica
di
questa
impossibilità
,
pensiamo
agli
antichi
grammatici
greci
che
fecero
la
descrizione
grammaticale
del
greco
appoggiandola
alla
struttura
logica
del
giudizio
e
alle
categorie
aristoteliche
e
fondarono
le
loro
etimologie
su
opposte
soluzioni
del
gran
problema
dell
'
origine
(
e
quindi
della
natura
)
della
lingua
.
Ci
limitiamo
a
questo
solo
esempio
storico
,
perché
è
dirimente
.
Infatti
dopo
di
allora
non
c
'
è
stato
studio
di
lingua
,
fosse
pure
il
più
ristretto
e
il
più
episodico
-
dalla
semplice
normativa
grammaticale
alla
storia
di
singoli
fenomeni
-
,
che
non
abbia
implicato
idee
generali
sul
linguaggio
;
le
quali
erano
spesso
quelle
ereditate
dalla
tradizione
greco
-
latina
e
perciò
date
come
scontate
,
ma
non
perciò
meno
condizionatrici
dei
metodi
e
dei
risultati
.
È
poi
facile
constatare
che
il
maggior
rigoglio
degli
studi
linguistici
si
è
avuto
quando
,
in
età
antica
o
moderna
,
lo
studio
delle
singole
lingue
e
di
particolari
fenomeni
è
stato
accompagnato
o
addirittura
promosso
da
nuove
concezioni
del
linguaggio
.
Si
potrebbe
logicamente
concludere
che
allo
"
studio
scientifico
della
lingua
"
(
come
abbiamo
definito
la
linguistica
)
è
necessaria
una
teoria
del
linguaggio
;
o
,
in
termini
più
odierni
,
che
alla
linguistica
applicata
è
indispensabile
la
linguistica
teorica
.
Ma
non
affrettiamoci
.
Proviamo
ad
interpretare
quel
singolare
"
la
lingua
"
come
un
singulare
pro
plurali
.
Ebbene
:
lo
studio
di
più
lingue
naturali
,
se
non
fatto
a
scopo
di
pratico
poliglottismo
,
ha
sempre
indotto
lo
studioso
ad
un
confronto
sistematico
tra
varie
lingue
;
confronto
che
può
portare
alla
scoperta
di
una
origine
comune
(
è
stato
il
caso
,
modernamente
,
delle
lingue
indeuropee
,
ed
anche
,
nel
Rinascimento
,
di
quelle
neolatine
)
o
alla
constatazione
di
profonde
diversità
strutturali
.
Dalla
scoperta
dell
'
origine
comune
è
sorta
la
ricerca
della
causa
della
separazione
originaria
o
dei
motivi
del
progressivo
diversificarsi
nel
tempo
;
dalla
constatazione
delle
differenze
strutturali
è
sorto
il
problema
della
diversità
dei
prodotti
(
le
lingue
)
di
un
'
unica
facoltà
umana
(
il
linguaggio
)
,
e
dei
modi
e
limiti
di
tale
diversità
.
Dalla
linguistica
comparata
,
insomma
,
o
contrastiva
(
come
oggi
si
usa
dire
)
è
nata
la
tipologia
linguistica
nella
sua
duplice
dimensione
:
storica
e
teorica
.
Può
dunque
darsi
che
una
seria
osservazione
empirica
susciti
esigenze
teoriche
e
proponga
problemi
di
portata
generale
;
come
,
all
'
inverso
,
che
una
concezione
teorica
scopra
aspetti
nuovi
della
realtà
e
suggerisca
sperimentazioni
prima
intentate
.
In
ogni
caso
,
resta
confermato
il
principio
che
nessuna
scienza
,
quindi
neppure
la
scienza
dei
fenomeni
linguistici
,
può
prescindere
da
una
teoria
o
,
detto
in
termini
più
odierni
,
da
un
modello
,
unico
o
plurimo
,
dell
'
oggetto
.
2
.
Ma
qual
è
l
'
oggetto
della
linguistica
?
Abbiamo
già
detto
che
lo
studio
della
lingua
materna
rinvia
il
linguista
a
delle
idee
generali
sulla
lingua
intesa
come
facoltà
di
linguaggio
;
e
che
lo
studio
comparato
di
lingue
diverse
,
ivi
compresa
la
materna
del
linguista
,
lo
rinvia
del
pari
all
'
unica
facoltà
di
linguaggio
come
problema
della
compatibilità
di
questa
con
la
pluralità
delle
lingue
umane
in
quanto
prodotte
da
un
'
unica
facoltà
fondamentale
e
tuttavia
diverse
.
È
il
problema
degli
universali
linguistici
,
che
periodicamente
risorge
imponendo
al
linguista
la
ricerca
degli
elementi
o
caratteri
presumibilmente
comuni
a
tutte
o
alla
maggior
parte
delle
lingue
.
L
'
oggetto
della
linguistica
è
dunque
un
oggetto
complesso
:
anzitutto
la
facoltà
di
linguaggio
(
o
semplicemente
linguaggio
)
,
poi
la
lingua
materna
,
infine
le
lingue
naturali
non
materne
.
Lo
studio
delle
lingue
naturali
non
materne
implica
la
consapevole
conoscenza
della
lingua
materna
,
e
lo
studio
della
lingua
materna
implica
l
'
assunzione
,
magari
acritica
,
di
una
concezione
del
linguaggio
.
La
complessità
e
direi
globalità
dell
'
oggetto
si
è
fatta
irrefutabile
quando
l
'
attributo
"
scientifico
"
applicato
allo
studio
dei
fenomeni
linguistici
non
si
è
più
limitato
a
significare
"
descrittivo
,
classificatorio
»
,
ma
ha
voluto
significare
"
esplicativo
"
;
quando
insomma
la
linguistica
da
empiria
umanistica
,
cioè
filologica
,
retorica
e
normativa
,
è
assurta
a
sapere
organico
e
formalizzato
.
Non
si
creda
,
però
,
che
alla
complessità
e
globalità
dell
'
oggetto
della
linguistica
si
sia
addivenuti
in
epoca
recente
,
come
farebbero
credere
certi
manuali
che
dividono
la
storia
della
linguistica
in
una
fase
prescientifica
,
che
giungerebbe
fino
alle
soglie
dell
'
età
romantica
,
e
in
una
fase
scientifica
,
nella
quale
si
affermerebbe
,
durante
quasi
tutto
l
'
Ottocento
,
la
linguistica
comparata
come
indirizzo
prima
storico
e
poi
positivistico
,
e
finalmente
si
aprirebbe
,
con
Ferdinand
de
Saussure
,
la
linguistica
propriamente
moderna
,
fondata
su
una
teoria
radicalmente
nuova
.
Studiosi
sagaci
del
passato
,
tra
i
quali
è
doveroso
segnalare
Luigi
Rosiello
,
hanno
dimostrato
che
ciò
è
vero
solo
al
patto
di
ignorare
la
imponente
tradizione
speculativa
di
due
secoli
,
abbassando
una
saracinesca
nella
continuità
costruttiva
della
storia
.
In
realtà
i
problemi
e
i
temi
che
costituiscono
la
linguistica
odierna
sono
stati
impostati
tra
la
seconda
metà
del
Seicento
e
la
fine
del
Settecento
,
col
sorgere
del
pensiero
moderno
,
e
sono
divenuti
le
costanti
di
uno
sviluppo
coerente
e
irreverso
della
disciplina
,
pur
nel
mutare
delle
professioni
ideologiche
.
Mi
si
consenta
di
ripercorrere
per
sommi
capi
tale
sviluppo
,
restaurando
,
insieme
con
la
continuità
di
una
linea
,
la
possibilità
di
meglio
valutare
le
peculiarità
della
linguistica
dell
'
età
nostra
.
3
.
Il
razionalismo
cartesiano
,
sostenitore
della
corrispondenza
fra
la
struttura
della
lingua
e
la
innata
struttura
razionale
del
pensiero
umano
,
mirò
,
attraverso
la
Scuola
di
Port
-
Royal
,
alla
formulazione
di
una
grammatica
generale
,
cioè
di
un
metodo
di
analisi
e
di
descrizione
che
in
ogni
lingua
storica
reperisse
gli
universali
logici
presenti
nella
varietà
dei
fenomeni
.
Tale
grammatica
era
l
'
indubbio
superamento
di
quella
propria
dell
'
umanesimo
,
prescrittiva
e
retorica
.
D
'
altra
parte
l
'
empirismo
inglese
,
concependo
le
parole
,
nominalisticamente
,
come
segni
delle
idee
(
e
non
delle
cose
)
costituiti
al
fine
di
assicurare
la
comunicazione
fra
gli
uomini
,
si
avviò
a
considerare
il
linguaggio
come
un
sistema
semiotico
convenzionale
,
diversificato
a
seconda
della
cultura
e
dei
bisogni
dei
vari
popoli
.
Con
ciò
pose
in
termini
non
biblici
il
gran
problema
dell
'
origine
del
linguaggio
e
affermò
esplicitamente
quel
principio
dell
'
arbitrarietà
del
segno
linguistico
,
cioè
del
suo
rapporto
non
necessario
con
le
cose
,
che
alcuni
hanno
ritenuto
una
scoperta
di
Saussure
.
Alla
metà
del
Settecento
nell
'
opera
del
sensista
francese
Condillac
troviamo
il
culmine
della
speculazione
illuministica
sul
linguaggio
e
già
annunciati
alcuni
temi
della
linguistica
odierna
.
Per
lui
il
linguaggio
,
anziché
il
prodotto
della
mente
razionale
dell
'
uomo
,
è
un
fattore
costitutivo
di
quella
mente
,
giacché
organizza
i
contenuti
sensibili
.
dell
'
esperienza
in
segni
che
esprimono
le
idee
e
,
combinandosi
,
le
pongono
in
contatto
reciproco
.
Il
linguaggio
è
insomma
la
chiave
e
la
garanzia
della
funzionalità
operativa
della
mente
.
Il
problema
della
origine
delle
facoltà
dell
'
intelletto
,
e
del
linguaggio
stesso
,
si
trasferiva
così
dalla
metafisica
alla
psicologia
,
nel
cui
ambito
si
dava
una
classificazione
dei
segni
fondata
sul
rapporto
(
o
accidentale
o
naturale
o
istituzionale
[
cioè
arbitrario
]
)
col
loro
contenuto
e
con
le
reazioni
psichiche
degli
uomini
.
È
ovvio
che
la
spiegazione
psicologica
e
convenzionale
della
genesi
del
linguaggio
,
e
l
'
ammissione
del
suo
condizionamento
sociale
,
giustificassero
la
diversità
delle
lingue
storiche
assai
meglio
dell
'
ontologismo
linguistico
cartesiano
e
invitassero
allo
studio
della
loro
individualità
.
Fu
così
aperta
la
via
da
un
lato
all
'
approfondimento
dei
rapporti
della
logica
e
dei
linguaggi
formalizzati
con
le
lingue
naturali
,
dall
'
altro
alla
linguistica
comparata
e
storica
e
alla
tipologia
linguistica
dell
'
età
romantica
,
e
finalmente
allo
psicologismo
e
sociologismo
dell
'
età
positivistica
.
Non
rileva
poi
molto
,
ai
fini
del
progresso
generale
della
disciplina
,
che
questo
o
quel
problema
,
questa
o
quella
esperienza
fossero
affrontati
all
'
insegna
dell
'
idealismo
o
del
positivismo
:
entrambi
gli
orientamenti
contribuirono
ad
arricchire
il
patrimonio
concettuale
della
linguistica
,
ad
additare
nuove
soluzioni
e
prospettive
.
Faremo
due
soli
grandi
esempi
.
L
'
idealismo
di
Humboldt
mise
in
superba
luce
l
'
aspetto
attivo
e
creativo
del
linguaggio
,
da
concepire
non
come
prodotto
inerte
(
o
èrgon
)
ma
come
creazione
continua
(
o
enèrgeia
)
,
come
forma
formante
anziché
come
materia
,
come
processo
universale
dell
'
umanità
e
voce
individuale
delle
nazioni
,
come
scoperta
e
comprensione
del
mondo
piuttosto
che
come
nomenclatura
e
strumento
di
comunicazione
.
Una
teoria
siffatta
fu
del
pari
idonea
a
promuovere
gli
studi
di
antropologia
e
tipologia
linguistiche
e
quelli
sulle
grandi
lingue
di
cultura
.
L
'
altro
esempio
,
che
sta
sotto
l
'
opposta
insegna
del
positivismo
,
è
quello
di
Schleicher
.
Egli
concepì
le
lingue
storiche
come
organismi
naturali
,
che
nascono
,
crescono
e
muoiono
per
proprie
leggi
interne
,
analoghe
a
quelle
biologiche
,
cioè
indipendenti
dalla
volontà
e
dall
'
intelletto
dell
'
uomo
.
Il
suo
genealogismo
e
il
rigoroso
concetto
di
legge
fonetica
gli
permisero
di
trattare
le
lingue
come
fenomeni
oggettivi
,
quindi
spiegabili
,
prevedibili
,
ricostruibili
entro
un
loro
sviluppo
necessario
,
al
quale
fini
col
dare
un
definitivo
crisma
naturalistico
la
teoria
evoluzionistica
di
Darwin
.
Luigi
Rosiello
tenta
di
chiudere
in
una
formula
il
senso
di
questa
storia
bisecolare
della
linguistica
dicendo
che
,
dopo
una
fase
di
ricerca
di
universali
razionali
,
fondata
sull
'
assunto
cartesiano
del
linguaggio
come
rappresentazione
della
innata
razionalità
del
pensiero
,
la
linguistica
mirò
,
attraverso
la
grammatica
generale
di
Port
-
Royal
e
dell
'
Encyclopédie
,
al
conseguimento
di
universali
metodologici
,
che
successivamente
,
calati
nella
comparazione
delle
lingue
storiche
,
divennero
universali
storici
.
4
.
Agli
inizi
del
Novecento
la
linguistica
disponeva
dunque
di
una
problematica
essenziale
e
specifica
,
già
sperimentata
alla
luce
di
orientamenti
diversi
e
in
diverse
prospettive
;
si
era
inoltre
adusata
alla
collaborazione
con
discipline
scientifiche
quali
la
psicologia
,
l
'
etnologia
,
la
sociologia
,
le
scienze
naturali
;
aveva
accumulato
una
grande
e
preziosa
quantità
di
dati
concreti
attraverso
la
comparazione
di
lingue
affini
e
la
ricostruzione
di
fasi
comuni
non
documentate
(
genealogia
indeuropea
,
semitica
ecc
.
)
,
o
l
'
inchiesta
dialettologica
ed
etnologica
sul
campo
(
rilievi
geolinguistici
,
atlanti
linguistici
,
lessici
dialettali
ecc
.
)
.
Ma
nella
seconda
metà
dell
'
Ottocento
le
discipline
con
cui
la
linguistica
aveva
collaborato
si
erano
profondamente
mutate
.
La
più
antica
di
esse
,
la
logica
classica
e
medievale
,
aveva
ceduto
il
posto
alla
teorizzazione
del
linguaggio
simbolico
come
calcolo
indipendente
dal
linguaggio
naturale
,
cioè
a
quella
logica
matematica
che
rifonda
la
semantica
e
la
sintassi
e
studia
la
forma
del
conoscere
scientifico
con
un
rigore
che
s
'
imporrà
all
'
attenzione
della
linguistica
teorica
.
La
psicologia
,
superata
la
fase
filosofica
e
divenuta
empirica
e
poi
sperimentale
,
abbandonava
l
'
originario
associazionismo
per
una
concezione
totale
della
coscienza
e
per
una
analisi
più
complessa
della
percezione
in
rapporto
alla
costituzione
dell
'
intelligenza
;
e
sorgeva
,
a
incontrare
tali
tendenze
;
la
psicanalisi
.
L
'
etnologia
si
andava
distaccando
dall
'
antropologia
fisica
e
temperava
la
visione
evoluzionistica
con
quella
degli
scambi
e
prestiti
culturali
,
arricchendosi
di
una
prospettiva
storica
.
La
sociologia
con
tecniche
di
rilevamento
statistico
innestava
nell
'
organicismo
oggettivo
della
linguistica
schleicheriana
il
riferimento
ad
organismi
collettivi
concreti
,
quali
gruppi
,
ceti
,
sfere
sociali
e
culturali
.
All
'
interno
,
d
'
altronde
,
della
stessa
linguistica
positivistica
la
critica
dell
'
assolutezza
della
legge
fonetica
in
nome
del
ricorso
all
'
analogia
e
a
fattori
soggettivi
di
eccezione
,
riproponeva
la
presenza
e
l
'
intervento
dell
'
uomo
in
un
ambito
di
fenomeni
che
pareva
dovergli
essere
sottratto
,
e
insinuava
una
concezione
storica
,
anziché
naturalistica
,
dell
'
organismo
della
lingua
.
Le
polemiche
,
poi
,
del
risorgente
idealismo
sgretolavano
l
'
apparente
compattezza
della
linguistica
positivistica
,
sia
con
l
'
asserire
il
carattere
estetico
dell
'
attività
linguistica
e
porre
al
suo
centro
la
fantasia
individuale
,
sia
col
ritenere
la
lingua
un
mero
specchio
della
storia
delle
idee
,
sostituendo
bene
spesso
allo
studio
del
sistema
linguistico
lo
studio
delle
singole
parole
come
esponenti
concettuali
o
come
tessere
stilistiche
.
La
linguistica
rischiava
,
specialmente
in
Italia
,
di
ridursi
a
lessicologia
storica
di
indirizzo
semasiologico
od
onomasiologico
,
collocandosi
ai
margini
di
discipline
ben
più
ricche
di
contenuti
intellettuali
.
E
ciò
proprio
nel
tempo
in
cui
le
scienze
naturali
avevano
superato
lo
stadio
descrittivo
ed
erano
entrate
in
quello
esplicativo
e
predittivo
,
e
fra
di
esse
la
fisiologia
,
allargando
e
affinando
le
proprie
tecniche
d
'
indagine
,
offriva
al
grezzo
naturalismo
dei
linguisti
l
'
occasione
di
rivedere
a
fondo
i
metodi
e
i
programmi
.
5
.
Se
in
Italia
,
e
in
altre
aree
periferiche
,
la
linguistica
rischiò
di
subordinarsi
,
pur
con
ottimi
risultati
parziali
,
alla
filologia
,
alla
storia
delle
idee
,
alla
critica
stilistica
,
nell
'
Europa
scientificamente
più
evoluta
essa
,
la
meno
letteraria
delle
discipline
umanistiche
,
senti
il
bisogno
di
adeguarsi
al
moto
e
al
modo
delle
scienze
.
Il
primo
linguista
ad
avvertire
lucidamente
questo
bisogno
fu
il
ginevrino
Ferdinand
de
Saussure
,
che
volle
anzitutto
definire
con
precisione
l
'
oggetto
della
disciplina
come
un
sistema
di
segni
considerato
in
sé
e
per
sé
,
rivendicandone
la
specificità
e
l
'
autonomia
di
contro
a
interpretazioni
ancillari
,
e
ritenendo
perciò
la
linguistica
una
semiologia
.
Approfondendo
il
concetto
di
segno
,
ne
riaffermò
l
'
arbitrarietà
ma
al
tempo
stesso
la
sua
solidarietà
entro
il
sistema
,
in
cui
vide
,
anziché
un
agglomerato
di
sostanze
monadiche
,
una
rete
di
relazioni
e
di
valori
collettivi
,
di
costanti
differenziali
presenti
alla
mente
di
ogni
parlante
come
una
tastiera
potenziale
per
l
'
attuazione
del
discorso
.
Così
,
senza
negare
l
'
evoluzione
delle
lingue
e
quindi
il
loro
studio
diacronico
,
reagì
ad
uno
storicismo
frantumante
col
porre
prioritario
lo
studio
sincronico
,
cioè
sistematico
,
che
è
proprio
delle
scienze
naturali
,
e
coerentemente
,
pur
avendo
dato
un
geniale
contributo
alla
ricostruzione
preistorica
dell
'
indeuropeo
,
costituì
oggetto
primario
della
linguistica
la
vivente
lingua
parlata
,
riassorbendo
nella
naturalità
dell
'
oggetto
i
processi
psichici
,
quindi
il
fattore
umano
.
Non
si
può
dire
che
tutta
la
nuova
linguistica
del
Novecento
sia
scaturita
dall
'
insegnamento
teorico
di
Saussure
.
La
linguistica
statunitense
,
ad
esempio
,
formatasi
sulla
ricerca
etnologica
ed
etnolinguistica
relativa
agli
indiani
d
'
America
,
trovò
una
sua
via
moderna
nel
contatto
con
lingue
orali
,
prive
di
letteratura
scritta
e
mal
inseribili
nei
paradigmi
della
grammatica
di
tradizione
classica
.
Essa
ideò
una
tecnica
descrittiva
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
immediati
,
e
sulla
distribuzione
delle
parole
nella
frase
,
cioè
elevò
le
posizioni
costanti
delle
parole
a
categorie
di
equivalenza
grammaticale
,
prescindendo
per
quanto
possibile
dal
significato
in
senso
concettualistico
,
anzi
respingendolo
in
nome
di
una
psicologia
comportamentistica
.
Vide
perciò
la
lingua
come
uno
stimolo
rivolto
ad
assicurare
l
'
interazione
dei
membri
di
una
comunità
;
come
un
sistema
formale
,
autonomo
dai
contenuti
mentali
delle
altre
discipline
ed
esso
stesso
non
mentalistico
(
cioè
indipendente
da
fattori
non
fisici
,
quali
lo
"
spirito
"
,
la
"
volontà
"
o
la
"
mente
"
)
,
ma
meccanicistico
,
cioè
retto
dai
meccanismi
del
sistema
nervoso
.
Una
grammatica
così
concepita
,
formalistica
e
operante
sul
corpus
di
ogni
lingua
con
metodo
rigorosamente
induttivo
,
se
da
un
lato
costituiva
un
allineamento
della
linguistica
con
la
psicologia
prevalente
in
America
e
faceva
esplicito
ricorso
alla
fisiologia
,
dall
'
altro
riduceva
semplicisticamente
il
gran
problema
del
significato
alla
situazione
schematica
stimolo
-
reazione
,
cioè
alle
manifestazioni
linguistiche
meramente
pratiche
,
e
si
appagava
di
risultati
tassonomici
e
descrittivi
.
Va
però
detto
che
questa
corrente
della
linguistica
statunitense
,
benemerita
sia
per
il
risoluto
tentativo
di
rinnovamento
metodologico
sia
per
l
'
attenzione
portata
allo
studio
della
sintassi
(
cenerentola
della
linguistica
tradizionale
)
,
fu
la
principale
,
non
l
'
unica
.
Di
contro
al
nome
di
Leonard
Bloomfield
,
suo
capostipite
,
va
posto
il
nome
di
Edward
Sapir
,
che
,
provenendo
dallo
stesso
campo
dell
'
etnolinguistica
,
collegò
acutamente
i
fatti
di
lingua
alla
mentalità
dei
popoli
primitivi
e
avanzò
l
'
ipotesi
di
una
stretta
correlazione
fra
le
civiltà
e
le
strutture
delle
lingue
rispettive
,
in
quanto
implicanti
un
'
analisi
dell
'
esperienza
e
una
visione
del
mondo
.
Orientamenti
analoghi
si
affermavano
quasi
contemporaneamente
nella
scuola
londinese
,
linguistica
e
antropologica
,
di
Firth
e
Malinowski
.
6
.
Dalla
teoria
di
Saussure
,
date
le
sue
molte
pregnanze
,
potevano
diramarsi
e
si
diramarono
indirizzi
diversi
.
Tutti
però
assunsero
il
carattere
comune
di
strutturalismo
linguistico
,
studiando
ogni
lingua
come
un
insieme
in
cui
"
tout
se
tient
,
tout
se
rallie
"
,
un
insieme
dunque
raccolto
in
una
coesione
ed
equilibrio
interni
che
lo
rendono
sistematico
.
Il
concetto
di
struttura
largamente
applicato
nelle
scienze
della
natura
e
nella
tecnologia
ora
con
valore
ontologico
ora
come
semplice
metodo
conoscitivo
od
operativo
,
ebbe
una
splendida
affermazione
nella
Scuola
di
Praga
,
che
alla
fine
degli
anni
Venti
,
sotto
la
guida
di
Trubeckoj
,
trasformò
la
fonetica
da
studio
generale
dei
suoni
linguistici
in
fonologia
,
ossia
in
studio
dei
fonemi
delle
singole
lingue
come
sistemi
chiusi
di
elementi
fonici
aventi
valore
distintivo
delle
parole
.
Si
sottrasse
così
,
per
la
prima
volta
,
il
suono
linguistico
ad
una
individuazione
generica
e
fluttuante
e
lo
si
correlò
direttamente
al
significato
,
ponendo
un
rapporto
funzionale
tra
i
due
aspetti
,
il
fonico
e
il
semantico
,
del
segno
linguistico
.
Lo
stesso
criterio
,
applicato
,
oltre
che
al
livello
fonetico
,
a
quello
morfologico
(
cioè
ad
un
altro
dei
cosiddetti
inventari
chiusi
della
lingua
)
,
consenti
eccellenti
descrizioni
,
ovviamente
sincroniche
,
di
lingue
vive
e
morte
,
e
forni
anche
la
spiegazione
di
fenomeni
diacronici
presentandoli
come
alterazione
dell
'
equilibrio
di
parti
del
sistema
in
una
certa
fase
e
come
suo
riassestamento
in
una
fase
ulteriore
;
una
diacronia
,
insomma
,
vista
come
la
successiva
stratificazione
di
più
stadi
subsistematici
entro
un
sistema
a
tendenza
autoconservativa
e
stabilizzatrice
.
Il
difetto
di
questa
filiazione
della
teoria
saussuriana
(
come
del
parallelo
strutturalismo
americano
di
cui
abbiamo
parlato
)
era
la
visione
eccessivamente
oggettuale
e
statica
della
lingua
,
la
cui
coesione
,
dovuta
alle
forze
interne
,
alla
entelechia
del
sistema
,
non
poteva
ricevere
da
interventi
esterni
,
primi
fra
tutti
quelli
dei
parlanti
,
se
non
impulsi
turbatori
e
destabilizzanti
.
Venne
però
al
soccorso
dello
strutturalismo
il
concetto
di
funzione
,
concetto
della
matematica
e
della
fisiologia
,
ma
già
diffuso
in
altri
rami
del
sapere
scientifico
e
tecnologico
;
il
quale
,
formalizzato
algebricamente
dalla
glossematica
del
danese
Hjelmslev
per
la
combinatoria
degli
elementi
del
sistema
,
assurse
a
principio
informatore
di
un
cospicuo
ramo
dello
strutturalismo
che
ben
si
poté
chiamare
funzionale
;
dove
il
concetto
di
funzione
non
solo
mise
in
evidenza
il
dinamismo
delle
strutture
,
cioè
i
fattori
che
le
muovono
governando
l
'
uso
della
lingua
e
ne
provocano
le
modificazioni
diacroniche
,
ma
intervenne
nel
definire
i
fini
stessi
dell
'
istituto
.
Non
posso
non
ricordare
qui
la
griglia
funzionale
proposta
dal
maggior
esponente
di
questo
strutturalismo
,
Roman
Jakobson
,
uno
dei
capi
del
formalismo
russo
e
dei
fondatori
della
Scuola
di
Praga
;
griglia
che
,
assorbendo
e
arricchendo
quella
precedentemente
formulata
dallo
psicologo
tedesco
Karl
Bühler
,
intreccia
e
distingue
sei
funzioni
della
lingua
:
referenziale
(
o
rappresentativa
o
denotativa
)
,
conativa
(
o
appellativa
o
ingiuntiva
)
,
emotiva
(
o
espressiva
o
affettiva
)
,
fatica
(
individuata
da
Malinowski
)
,
metalinguistica
,
poetica
.
L
'
inclusione
della
poetica
nella
griglia
delle
funzioni
della
lingua
segna
una
svolta
storica
,
in
quanto
rivendica
alla
linguistica
e
al
linguista
quella
"
grammatica
(
per
dirla
con
lo
stesso
Jakobson
)
della
poesia
"
che
per
secoli
ha
gravitato
sulla
retorica
e
,
più
modernamente
,
sulla
stilistica
,
senza
trarne
motivazione
sufficiente
.
Questa
griglia
funzionale
s
'
imposta
su
uno
schema
dell
'
atto
di
parola
,
o
atto
linguistico
,
che
Jakobson
mutua
dalla
teoria
ingegneresca
delle
comunicazioni
:
la
comunicazione
verbale
presuppone
un
emittente
e
un
destinatario
-
ricevente
che
abbiano
un
codice
comune
e
si
tengano
in
contatto
mediante
un
canale
entro
cui
passi
il
messaggio
.
Tale
schema
e
la
connessa
,
non
meno
ingegneresca
,
teoria
dell
'
informazione
,
che
ha
reso
possibile
la
quantificazione
del
significato
,
nonostante
la
loro
rigidità
tecnologica
hanno
aperto
nuove
prospettive
e
possibilità
allo
studio
del
parlato
nella
situazione
comunicativa
,
tanto
sotto
l
'
aspetto
attivo
che
ricettivo
.
È
grande
merito
di
Jakobson
non
aver
mai
trascurato
di
collegare
la
linguistica
con
discipline
scientifiche
e
tecnologiche
da
cui
essa
potesse
trarre
spunti
,
suggerimenti
,
occasioni
di
avanzamento
.
Si
pensi
ai
suoi
famosi
saggi
sull
'
apprendimento
infantile
del
linguaggio
e
sulle
menomazioni
afasiche
,
nei
quali
egli
ha
utilizzato
i
risultati
degli
esperimenti
psicolinguistici
sui
bambini
,
e
delle
osservazioni
neurologiche
sugli
afasici
,
come
indizi
della
fondazione
delle
leggi
strutturali
fonologiche
e
delle
leggi
di
codificazione
e
decodificazione
in
cagione
dei
rapporti
di
similarità
(
o
metafora
)
e
di
contiguità
(
o
metonimia
)
su
cui
si
impernia
la
libertà
selettiva
e
combinatoria
del
parlante
.
L
'
idea
nuova
che
unisce
questi
saggi
è
che
tanto
i
processi
di
instaurazione
che
quelli
di
degradazione
o
dissoluzione
dell
'
attività
linguistica
(
disturbi
di
contiguità
,
o
combinazione
,
e
disturbi
di
similarità
,
o
selezione
)
possono
dare
al
linguista
preziose
indicazioni
sull
'
origine
,
la
struttura
,
il
funzionamento
e
i
mutamenti
del
linguaggio
.
Ma
anche
gli
psicologi
e
i
neurologi
dalla
interpretazione
linguistica
dei
fenomeni
fisiologici
o
patologici
osservati
possono
trarre
orientamento
sia
per
la
sperimentazione
sia
per
la
localizzazione
e
interpretazione
dei
disturbi
,
se
è
vero
quanto
asserisce
Jakobson
che
non
è
assurdo
pensare
ad
una
correlazione
tra
la
topografia
cerebrale
e
le
coordinate
di
simultaneità
e
successione
che
presiedono
all
'
uso
del
linguaggio
;
e
la
terapia
trova
senza
dubbio
un
gran
vantaggio
nella
collaborazione
iatrolinguistica
.
7
.
All
'
analisi
dell
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
si
sono
rivolti
negli
ultimi
decenni
studiosi
di
indirizzi
affatto
diversi
.
Si
è
accennato
allo
schema
ingegneresco
ripreso
da
Jakobson
e
da
lui
sotteso
alla
sua
griglia
funzionale
.
Un
filosofo
inglese
,
John
Austin
,
capo
della
Scuola
analitica
di
Oxford
,
ne
ha
data
invece
una
formulazione
fondata
non
tanto
sulla
funzione
e
quindi
natura
del
messaggio
,
quanto
sulla
sua
forza
illocutiva
,
definita
con
criteri
psico
-
semantici
.
La
quale
forza
illocutiva
prende
,
secondo
l
'
intenzione
del
parlante
,
il
modo
della
domanda
o
del
consiglio
o
dell
'
asserzione
o
dell
'
ordine
o
della
promessa
ecc
.
,
e
mira
ad
un
effetto
perlocutivo
,
che
può
essere
di
ottenere
una
.
risposta
,
di
convincere
,
d
'
impedire
,
di
spaventare
ecc
.
,
e
può
non
essere
raggiunto
.
Importante
è
stata
la
scoperta
di
una
categoria
di
verbi
che
,
usati
in
enunciati
affermativi
alla
prima
persona
del
tempo
presente
,
hanno
un
effetto
performativo
o
,
per
dirla
italianamente
,
esecutivo
,
giacché
il
parlante
(
o
scrivente
)
col
solo
emettere
il
proprio
enunciato
compie
un
'
azione
pragmatica
:
quali
ì
verbi
ordinare
,
promettere
,
approvare
,
attestare
,
comunicare
ecc
.
;
a
patto
,
ovviamente
,
che
i
relativi
enunciati
siano
emessi
in
una
condizione
di
"
felicità
"
,
che
cioè
siano
presenti
i
presupposti
necessari
all
'
effetto
.
Con
tale
concezione
l
'
atto
linguistico
da
intellettivo
che
era
entra
in
pieno
dentro
il
mondo
della
prassi
,
dell
'
azione
,
e
rifonda
modernamente
le
intuizioni
dell
'
antica
retorica
.
Un
passo
ulteriore
si
deve
al
filosofo
americano
Paul
Grice
,
che
si
è
adoperato
ad
accorciare
la
distanza
tra
la
semantica
dei
linguaggi
formali
e
quella
dei
linguaggi
naturali
,
tra
la
logica
del
vero
e
del
falso
e
la
logica
di
quell
'
opera
di
collaborazione
che
è
la
conversazione
,
governata
da
una
serie
di
massime
e
di
implicature
conversazionali
che
Grice
formula
con
vivo
senso
del
contesto
situazionale
dell
'
atto
linguistico
,
del
suo
carattere
pragmatico
e
dell
'
importanza
dell
'
ascoltatore
collaborante
.
Queste
teorie
hanno
promosso
nell
'
ultimo
decennio
un
crescente
interesse
per
la
pragmatica
,
cioè
per
l
'
effettivo
studio
di
quella
lingua
parlata
che
,
nonostante
gli
appelli
di
Saussure
e
dei
suoi
seguaci
,
non
è
mai
stata
esaminata
nella
globalità
e
nella
immediatezza
del
suo
manifestarsi
.
È
evidente
la
complessità
di
una
tale
analisi
:
resta
arduo
,
anzitutto
,
delimitare
il
contesto
pragmatico
dell
'
interazione
dialogica
,
le
componenti
di
sua
pertinenza
(
nozioni
generali
presupposte
comuni
ai
parlanti
,
o
loro
"
enciclopedia
"
;
presupposizioni
particolari
;
differenze
sociolinguistiche
ecc
.
)
,
e
ipotizzare
modelli
di
complementarizzazione
fra
tali
componenti
e
la
materia
linguistica
.
Si
deve
poi
tener
conto
che
il
messaggio
orale
è
pluricodice
,
giacché
il
codice
linguistico
viene
integrato
,
quando
non
duplicato
,
dal
codice
gestuale
,
e
il
profferimento
degli
enunciati
è
modulato
da
un
andamento
prosodico
,
cioè
da
fattori
di
intonazione
,
durata
e
intensità
che
incidono
profondamente
sul
significato
degli
enunciati
e
sugli
effetti
perlocutivi
;
fattori
sinora
scarsamente
considerati
,
ma
che
la
fonetica
strumentale
,
ormai
dotata
di
apparecchiature
raffinate
,
sta
analizzando
con
la
indispensabile
collaborazione
di
acustici
,
audiologi
,
matematici
.
L
'
osservazione
diretta
del
parlato
,
come
ha
contribuito
a
distaccare
il
significato
dal
concettualismo
,
e
dal
vero
funzionalismo
della
logica
,
così
ha
indotto
il
linguista
a
superare
i
limiti
della
grammatica
di
frase
per
entrare
in
quella
del
discorso
,
la
cui
concatenazione
e
progressione
non
erano
state
finora
sottoposte
a
rilievi
sistematici
.
Tanto
sul
versante
del
parlato
che
sul
versante
dello
scritto
si
va
elaborando
quella
"
linguistica
del
testo
"
che
cerca
di
render
conto
di
una
compagine
discorsiva
con
ragioni
linguistiche
ignote
alla
tradizionale
teoria
dei
generi
letterari
.
In
che
modo
può
cominciare
un
discorso
(
o
un
testo
)
,
e
come
certi
modi
sono
condizionati
da
certe
situazioni
e
da
certi
presupposti
;
con
quali
elementi
s
'
imposta
la
deissi
spazio
-
temporale
del
dialogo
o
del
racconto
;
in
che
modo
si
attua
la
connessione
e
progressione
tematica
o
rematica
del
discorso
(
o
testo
)
;
che
cosa
assicura
l
'
unità
e
identità
di
esso
:
ecco
i
principali
problemi
di
questa
linguistica
in
cui
confluiscono
,
oltre
a
metodologie
letterarie
e
semiotiche
(
basta
fare
il
nome
del
geniale
filologo
e
critico
tedesco
Harald
Weinrich
e
richiamare
i
numerosi
studi
di
semiotica
del
racconto
o
narratologia
)
,
la
semantica
generativa
e
la
semantica
logica
rispettivamente
applicate
all
'
analisi
del
testo
dalla
scuola
olandese
di
van
Dijk
e
dalla
scuola
tedesca
di
Petöfi
.
Né
va
dimenticato
che
l
'
analisi
approfondita
del
testo
parlato
ha
giovato
ad
una
migliore
definizione
,
per
differentiam
,
del
testo
scritto
e
dei
suoi
caratteri
relativamente
autonomi
dalla
situazione
pragmatica
;
testo
scritto
il
cui
organismo
linguistico
è
stato
dato
per
conosciuto
durante
molti
secoli
ed
ha
servito
soltanto
come
documento
di
lingua
o
come
oggetto
di
rilievi
stilistici
.
Ovviamente
l
'
attenzione
all
'
atto
linguistico
in
situazione
comunicativa
non
poteva
non
avere
conseguenze
sulle
ricerche
dialettologiche
di
campo
.
Accanto
al
tradizionale
carattere
della
raccolta
lessicologica
e
della
cartografia
linguistica
esse
hanno
assunto
quelle
dell
'
inchiesta
sociolinguistica
.
La
degradazione
dei
dialetti
sotto
la
pressione
della
lingua
nazionale
o
della
emigrazione
interna
,
la
condizione
delle
minoranze
linguistiche
,
la
correlazione
tra
inferiorità
linguistica
e
inferiorità
sociale
,
la
questione
della
lingua
comune
come
problema
politico
nel
quadro
della
cultura
dominante
,
della
scuola
dell
'
obbligo
e
della
lotta
di
classe
,
ecco
le
principali
prospettive
di
un
ramo
della
odierna
linguistica
che
assume
toni
impegnati
laddove
si
presentano
dislivelli
e
travagli
sociali
e
dove
più
ferve
il
dibattito
ideologico
.
Siamo
in
quel
campo
della
linguistica
applicata
dove
l
'
interesse
teorico
per
il
linguaggio
cede
a
quello
per
la
vita
delle
singole
lingue
nel
contesto
delle
comunità
storiche
,
interesse
che
può
sfociare
,
attraverso
programmazioni
glottodidattiche
,
in
una
vera
e
propria
politica
della
lingua
.
Un
documento
tipico
della
ideologizzazione
del
problema
della
lingua
nella
società
e
nella
scuola
contemporanee
è
la
Lettera
a
una
professoressa
scritta
da
don
Lorenzo
Milani
nel
1967
,
lettera
che
riuscì
a
sommuovere
l
'
opinione
degli
insegnanti
e
ad
avviare
un
fortemoto
di
contestazione
dell
'
insegnamento
tradizionale
nel
suo
aspetto
non
soltanto
linguistico
;
giacché
toccare
la
lingua
come
problema
sociale
significa
,
specialmente
in
Italia
,
toccare
anche
la
cultura
di
cui
la
lingua
è
stata
strumento
.
8
.
La
più
importante
e
originale
teoria
linguistica
apparsa
dopo
lo
strutturalismo
di
Saussure
e
della
Scuola
di
Praga
è
_
senza
dubbio
la
grammatica
generativa
proposta
dal
linguista
statunitense
Noam
Chomsky
col
celebre
libretto
Syntactic
Structures
del
1957
e
instancabilmente
,
fino
ad
oggi
,
rielaborata
.
Per
rendersi
conto
della
sua
portata
speculativa
e
metodologica
occorre
rifarsi
all
'
ambiente
culturale
da
cui
è
emersa
e
a
cui
si
è
contrapposta
:
quello
strutturalismo
formalistico
e
antimentalistico
americano
che
era
approdato
ad
una
descrizione
tassonomica
fondata
sull
'
analisi
della
frase
in
costituenti
,
sulla
categorizzazione
delle
parole
secondo
la
loro
distribuzione
nella
frase
e
sul
significato
come
meccanismo
comportamentistico
;
analisi
condotta
con
metodo
induttivo
sopra
un
corpus
di
enunciati
.
Chomsky
non
rinnega
l
'
analisi
in
costituenti
né
la
maggiore
innovazione
di
quell
'
indirizzo
:
lo
straordinario
rilievo
dato
alla
sintassi
come
oggetto
primo
dell
'
analisi
linguistica
.
Ma
respinge
la
concezione
comportamentistica
che
esteriorizza
e
meccanizza
banalmente
il
processo
linguistico
,
e
afferma
la
necessità
di
riportarlo
all
'
interno
,
alla
mente
del
parlante
.
Una
mente
,
però
,
non
contrapposta
al
corpo
,
concetto
d
'
altronde
aperto
ed
in
rapido
svolgimento
,
ma
biologicamente
costituita
;
e
non
unitaria
,
ma
composta
di
varie
facoltà
che
possiamo
assimilare
agli
organi
del
corpo
e
analizzare
come
analizziamo
quelli
.
Una
di
tali
facoltà
è
appunto
il
linguaggio
,
il
cui
studio
fa
dunque
parte
della
biologia
umana
.
Il
linguaggio
è
una
facoltà
"
computazionale
"
,
cioè
un
processing
di
principi
e
regole
per
larga
parte
inconsci
,
che
determinano
la
forma
e
il
significato
delle
frasi
e
si
dividono
in
due
sistemi
:
un
sistema
geneticamente
innato
,
che
definisce
la
facoltà
di
linguaggio
per
tutto
il
genere
umano
ed
è
perciò
composto
di
universali
linguistici
,
i
quali
si
manifestano
con
straordinaria
rapidità
e
facilità
nell
'
acquisizione
infantile
della
lingua
materna
;
ed
un
sistema
più
ricco
,
più
complesso
,
diversificato
da
lingua
a
lingua
,
che
viene
acquisito
per
costruzione
lenta
nel
contatto
con
l
'
ambiente
.
Ad
una
grammatica
universale
o
centrale
si
unisce
dunque
,
in
ogni
lingua
storica
,
una
grammatica
particolare
,
intendendo
col
termine
"
grammatica
"
tanto
l
'
insieme
finito
delle
regole
che
costituiscono
nella
mente
del
parlante
la
facoltà
di
linguaggio
e
quindi
producono
o
,
con
termine
matematico
,
"
generano
"
mediante
processi
ricorsivi
le
infinite
possibili
frasi
di
una
data
lingua
,
quanto
la
teoria
scientifica
,
formalizzata
,
che
corrisponde
a
quella
grammatica
e
che
ha
la
più
forte
capacità
di
"
generare
"
la
descrizione
strutturale
delle
stesse
frasi
.
La
grammatica
interiorizzata
costituisce
quella
che
Chomsky
chiama
la
competenza
del
parlante
(
e
dell
'
ascoltatore
)
e
che
non
è
identificabile
né
al
"
sentimento
linguistico
"
degli
studiosi
di
formazione
storico
-
idealistica
,
né
alla
"
lingua
"
degli
strutturalisti
,
cioè
al
sistema
linguistico
come
virtuale
compagine
di
tostanti
,
ma
è
la
facoltà
stessa
di
linguaggio
nella
sua
incessante
generatività
o
"
creatività
"
(
non
però
in
accezione
idealistica
)
,
che
consiste
nell
'
applicare
con
ordine
ciclico
le
regole
e
,
anche
,
nel
cambiarle
.
Il
codice
e
programma
computazionale
,
il
software
della
facoltà
di
linguaggio
è
l
'
insieme
delle
regole
sintattiche
,
il
cui
dinamico
processing
porta
alla
superficie
enunciativa
gli
elementi
lessicali
nella
loro
veste
fonetica
e
nella
loro
"
forma
logica
'
'
,
che
è
quella
forma
per
cui
-
come
osservò
il
vecchio
Aristotele
-
il
significato
della
frase
(
o
significato
linguistico
)
non
è
la
somma
dei
significati
delle
parole
(
significato
nozionale
)
che
la
compongono
.
La
sintassi
è
dunque
al
centro
della
concezione
chomskiana
;
la
quale
lascia
in
ombra
la
semantica
,
pur
riconoscendo
la
sua
presenza
e
problematicità
(
e
in
penombra
la
fonetica
,
affidandola
alla
naturalità
dell
'
esecuzione
)
.
È
per
questo
che
una
corrente
,
per
così
dire
scismatica
,
della
scuola
di
Chomsky
,
la
Semantica
generativa
,
ha
tentato
di
restituire
al
significato
una
funzione
primaria
,
ponendo
le
funzioni
semantiche
della
frase
(
i
"
casi
"
)
come
struttura
profonda
.
E
,
più
o
meno
indipendentemente
dalla
stessa
concezione
chomskiana
,
la
teorizzazione
sul
segno
linguistico
(
semiotica
)
e
recenti
indirizzi
della
logica
(
Montague
,
Searle
,
Cresswel
ecc
.
)
hanno
riportato
il
significato
nell
'
orbita
problematica
delle
lingue
naturali
e
lo
hanno
riproposto
ai
linguisti
.
Dei
risultati
della
grammatica
generativa
nella
descrizione
ed
esplicazione
delle
singole
lingue
faranno
un
bilancio
preciso
gli
anni
futuri
.
Nel
presente
s
'
impone
la
novità
e
l
'
audacia
di
una
teoria
che
,
fondandosi
sopra
una
epistemologia
rigorosa
,
ha
rimosso
la
lingua
dalla
oggettività
oggettuale
e
dal
funzionalismo
astratto
in
cui
aveva
finito
col
bloccarla
lo
strutturalismo
e
l
'
ha
in
toto
richiamata
all
'
interno
del
soggetto
.
9
.
Il
mio
sommario
discorso
ha
tentato
o
,
per
essere
più
onesti
,
ha
presunto
di
dare
una
risposta
alla
domanda
:
Che
cos
'
è
la
linguistica
?
,
che
meglio
sarebbe
stato
formulare
:
Che
cosa
sono
le
linguistiche
?
,
tante
specializzazioni
vanta
ormai
questa
disciplina
per
la
quale
può
valere
il
motto
"
Quantumvis
circumi
;
numquam
me
complecteris
"
.
Una
disciplina
,
comunque
,
non
è
mai
ciò
che
parrebbe
indicare
la
sua
tramandata
e
corrente
etichetta
;
una
disciplina
non
è
,
ma
si
fa
,
si
fa
incessantemente
,
e
incessantemente
plasma
il
proprio
oggetto
;
aggiungerei
"
inquietamente
"
,
perché
l
'
inquietudine
mentale
,
la
"
santa
impazienza
"
di
Valéry
,
è
la
ragion
di
vita
della
scienza
e
dello
scienziato
.
Perciò
ho
voluto
e
quasi
dovuto
presentare
la
linguistica
,
sia
pur
schematicamente
,
nel
suo
rincorrere
se
stessa
attraverso
l
'
imponente
maturazione
scientifica
dell
'
età
moderna
;
e
ho
tenuto
a
mettere
in
evidenza
,
accanto
alle
sue
giuste
pretese
di
autonomia
,
l
'
appello
che
essa
rivolge
,
soprattutto
oggi
,
non
solo
alle
discipline
che
le
furono
sempre
compagne
,
come
la
logica
,
l
'
etnologia
e
la
psicologia
,
ma
alla
fisica
,
alla
cibernetica
,
alla
fisiologia
,
alla
neurologia
,
a
tutte
quelle
scienze
,
insomma
,
che
possono
far
luce
sulle
strategie
di
percezione
,
di
acquisizione
,
di
memorizzazione
,
di
programmazione
,
di
esecuzione
dell
'
individuo
parlante
e
ascoltante
.
Questo
appello
essa
rivolge
non
per
esorbitare
presuntuosamente
dal
proprio
compito
di
studiare
le
lingue
naturali
negli
accettati
livelli
di
struttura
(
fonetico
,
morfologico
-
sintattico
e
semantico
)
e
nel
dinamico
rapporto
fra
tali
livelli
solo
conoscitivamente
separabili
,
ma
per
non
potersi
oggi
esimere
dall
'
estendere
la
sua
intellezione
alla
integrale
fenomenologia
del
linguaggio
come
facoltà
costitutiva
dell
'
essere
umano
,
né
dal
fondarsi
sopra
assunti
teorici
che
,
al
punto
di
esigenza
metodologica
ed
esplicativa
cui
è
giunta
oggi
,
la
linguistica
ritiene
tanto
indispensabili
quanto
non
più
formulabili
in
via
di
domestica
ipotesi
.
Chi
insomma
oggi
fa
della
linguistica
,
sa
e
deve
sapere
che
,
o
faccia
della
modesta
grammatica
storica
o
della
formalizzata
grammatica
generativa
,
egli
si
muove
in
un
flusso
di
pensiero
e
in
una
prospettiva
giudicante
cui
il
suo
operare
non
può
sottrarsi
,
ma
solo
il
dato
nella
sua
ingenua
e
disponibile
datità
.
Al
postutto
,
siano
le
linguistiche
molte
o
una
sola
,
siano
i
loro
temi
e
problemi
costanti
o
ricorrenti
e
le
loro
motivazioni
alternative
o
complementari
,
sta
di
fatto
che
è
il
loro
oggetto
,
la
lingua
,
ad
essere
indelimitabile
e
inesauribile
da
qualsiasi
approccio
,
cioè
non
riassorbibile
in
nessuno
di
essi
.
Al
di
là
della
logica
,
dell
'
acustica
,
della
biologia
resta
sempre
la
lingua
,
e
il
vero
linguista
se
la
ritrova
davanti
,
circolarmente
,
oltre
le
griglie
cognitive
di
cui
essa
è
pur
sempre
un
presupposto
.
L
'
approccio
logico
o
biologico
,
che
punta
sugli
universali
mentali
o
fisiologici
,
e
l
'
approccio
idealistico
,
che
punta
sull
'
individualità
storica
e
creatrice
,
sono
stati
e
sono
momenti
alterni
e
ricorrenti
,
che
rispondono
a
istanze
complementari
dei
loro
oggetti
,
cioè
di
quella
facoltà
di
linguaggio
che
non
è
un
mero
automatismo
e
di
quelle
lingue
storiche
che
non
sono
né
mera
naturalità
né
meri
codici
,
e
sono
pertanto
non
passibili
di
"
calcoli
"
di
precisione
,
e
di
previsione
se
non
probabilistica
,
stando
al
loro
centro
un
principio
d
'
indeterminazione
,
quel
principio
d
'
indeterminazione
della
storia
umana
che
è
,
secondo
il
parere
di
un
fisico
molto
autorevole
,
l
'
individuo
.