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> anno_i:[1970 TO 2000}
Caro Benassi ( Montanelli Indro , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Caro Benassi , non so se faccio bene a pubblicare la sua lettera che rischia di far perdere a lei qualche elettore , scandalizzato dal fatto che il suo sindaco comunista si trovi su qualcosa d ' accordo con un moderato come Montanelli , e a me qualche lettore , sgomento del fatto che un giornale moderato si trovi su qualcosa d ' accordo con un sindaco comunista . Affrettiamoci dunque , come prima cosa , a rassicurare gli uni e gli altri : lei resta un comunista , io resto un moderato , le nostre posizioni sono inconciliabili , e se su un punto di fondamentale importanza come la difesa dello Stato esse convergono , ciò vuol dire una cosa sola , anzi due . Primo : che lei è un comunista serio e onesto , e io un moderato serio e onesto . Secondo : che la serietà e l ' onestà creano fra gli uomini delle solidarietà e convergenze più forti di qualunque dissenso ideologico . Forse quest ' ultima constatazione può riuscire un po ' ostica a voi comunisti , abituati a fare dell ' ideologia il supremo regolo di tutto ( non è una critica , è una constatazione ) . Per noi di formazione liberale , che all ' ideologia assegniamo un rango molto più modesto , si tratta di verità scontate e digerite da un pezzo . Mi permetta quindi di non condividere la sua sorpresa per il fatto che , di fronte all ' eversione lei ed io la pensiamo allo stesso modo e proviamo lo stesso sentimento di ripulsa . È naturale . Marx ha stravolto o capovolto il significato di tante cose e parole . Ma anche per lui e per il suo vocabolario un galantuomo è uno che non ruba né uccide , e chi ruba e uccide è un delinquente . Esattamente come per noi moderati .
Caro Polloni ( Montanelli Indro , 1981 )
StampaQuotidiana ,
Caro Polloni , alcuni , pochissimi , tra quegli esaltatori di Mao , sono rimasti fermi sulle loro posizioni . Continuano cioè ad affermare che il libretto rosso era un condensato di saggezza rivoluzionaria ( ammesso che i due termini siano compatibili ) , e che la rivoluzione culturale avrebbe dovuto essere proseguita , magari fino alle estreme forme che assunse nella Cambogia di Pol Pot . Gli altri sono diventati ex : sono cioè andati ad ingrossare le file , ormai nutritissime , dei « pentiti » di sinistra , provengano essi dalla chiesa moscovita o dalla chiesa pechinese . Le ragioni di pentimento non mancano . Gli esaltatori della Cina di Mao non si limitavano ad affermare che la rivoluzione comunista è una bella cosa : aggiungevano che essa aveva assunto , in Cina , forme non violente , quasi dolci , che gli avversari del progresso rosso venivano benevolmente rieducati . ( Allo stesso modo si disse che Castro aveva instaurato a Cuba un comunismo alla latina , spontaneistico e flessibile : mentre ora sappiamo bene che il castrismo ha i suoi bravi lager , i suoi spietati tribunali politici , la sua onnipresente polizia segreta . ) La Cina doveva dunque redimere il comunismo , secondo i suoi apologeti , dai vizi sovietici . Ricordo le dichiarazioni di Dario Fo al ritorno da un viaggio in Cina . Questo implacabile fustigatore del malcostume nazionale laggiù aveva visto soltanto gioia , adesione popolare , voglia di lavorare . Invece la rivoluzione culturale , ce lo raccontano i cinesi stessi , fu crudelmente persecutoria ed economicamente insensata . Ma i pentiti - quando lo sono - non dicono puramente e semplicemente : non avevamo capito niente perché siamo faziosi o sciocchi , e quindi d ' ora innanzi ci ritireremo a vita rigorosamente privata , per evitare altre profezie sbagliate , e per risparmiare ai giovani altri insegnamenti demenziali . No : dicono che le loro intenzioni erano buone , che i loro ammaestramenti erano validi , che la loro intelligenza resta luminosa , che i loro avversari sono dei poveracci , e che l ' infortunio va passato agli archivi . Dal pulpito non scendono . Al credito che altri - non noi - gli aveva dato , non rinunciano . Continuano a considerarsi maestri , e questo è ancora comprensibile , dal loro punto di visto . É invece incredibile che la loro pretesa trovi qualcuno disposto ad appoggiarla .
Parole ai giovani ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Una serie di presunti portavoce delle nuove generazioni ci assicura che i giovani di oggi sono assai severi nei confronti dei propri genitori . Ai più anziani l ' insofferenza giovanile muoverebbe , anzitutto , l ' accusa di ipocrisia , per avere creato , dopo tante professioni di tolleranza e di democrazia , un mondo nel quale sono ancora visibili forme pesanti di autoritarismo e discriminazioni rivoltanti . La società moderna apparirebbe , agli occhi dei giovani censori , eminentemente ingiusta , squilibrata a favore dei privilegiati del censo e della nascita , e sorda invece ai mali di tante categorie deboli e indifese . La competizione esasperata della società capitalistica , si dice , finisce per estraniare l ' uomo dall ' uomo , e ne fa un ingranaggio diretto al fine supremo della produzione di oggetti spesso privi di vera utilità , e solo funzionali al profitto dei potenti dell ' economia . Ma gli esponenti della rivolta giovanile , avendo ormai compreso il gioco e scoperto l ' inganno , sono ben decisi a non farsi più prendere nella trappola . Appartenendo alla prima fra le generazioni della storia a cui sia toccato di vivere nella società opulenta , resa possibile dal progresso tecnologico , essi intendono sottrarsi all ' etica « protestante » del lavoro , e impegnarsi invece nella ricerca di una vera felicità , fatta di abbandono al libero spiegarsi degli istinti , in vista del miraggio ormai non troppo lontano della società « orgiastica » di Herbert Marcuse . Non sarebbe difficile replicare . La generazione ipocrita contro la quale si volgono tanti rimproveri è in realtà quella che ha combattuto la più grande guerra di religione della storia , sacrificando cinquanta milioni ( li vite nella lotta per il trionfo dei grandi princìpi della libertà , della nazionalità , della democrazia ; ed è quella che sull ' Europa devastata e annichilita del 1945 ha eretto la prosperità senza precedenti di cui oggi godono le giovani generazioni . La società uscita dalla guerra e dai successivi decenni di ricostruzione e di sviluppo è certo carica di ingiustizia : ma lo è meno di tutte quelle che l ' hanno preceduta , e al suo passivo non ha nulla di simile alle tragedie allucinanti che hanno accompagnato le rivoluzioni collettiviste . E come non vedere , poi , la palese contraddizione in cui si dibatte chi pretende da un lato di godere delle inaudite opportunità offerte dalla società industriale moderna , ma si rifiuta poi di adottare la cultura razionalistica e scientifica che l ' ha resa possibile ? Se il controllo delle macchine , destinate a produrre la prosperità per tutti restasse nelle mani di pochi specialisti , a essi toccherebbe sugli altri un potere mostruoso e tirannico ; e se invece si pensasse a un più articolato sistema di alternative tra lavoro e svaghi , che preveda anche scambi più frequenti di occupazioni e di responsabilità , ciò sarebbe solo un organico sviluppo delle conquiste della moderna civiltà industriale . Ma replicare non mette conto : già solo per la ragione che quelle posizioni non esprimono affatto , come si vorrebbe , la contestazione del mondo giovanile , ma solo i complessi di gruppi intellettuali che si richiamano a una cultura psico - pedagogica sorta su basi scientifiche presso che inesistenti , e gonfiatasi a dismisura su una strada cosparsa di fallimenti e di delusioni . Un ' inchiesta condotta nel 1970 dall ' istituto Doxa rilevava che solo l'11 per cento dei giovani italiani intervistati auspicava la « rivoluzione » ; e quella cifra , già così deludente per i teorici della « rivolta generazionale » , va a sua volta scomposta e qualificata perché acquisti un qualche significato . Non tutti i giovani compresi in quell ' 11 per cento erano infatti veri rivoluzionari ( un terzo solamente di essi auspicava il ricorso alla violenza ) ; e non tutto il restante 89 per cento era formato da pigri conformisti . E ' vero piuttosto che una aliquota vastissima dei giovani , specie nelle grandi città , partecipa in certa misura e in forme diversissime , a seconda del contesto sociale , del reddito , della situazione locale , ai problemi che si pongono a tutti coloro giovani e anziani , che entrano in contatto con le tensioni della moderna società industriale ; e la risposta che essi danno a quei problemi varia secondo una gamma assai diversa di posizioni , in parte riducibili alla specifica condizione giovanile , ma che in parte rinviano a una tematica più generale , comune a ogni gruppo di età e a ogni condizione . I soliti psico - pedagogisti sono riusciti a divulgare la convinzione che la risposta esemplare ed emblematica del mondo giovanile ai problemi della società moderna è quella che si esprime , in forme estreme , nella cultura della droga , negli hippies , nei grandi festival di musica pop . Si ammette , per nostra ventura , che qui si tratta di manifestazioni parossistiche e di minoranza : ma la direzione dell ' avvenire sarebbe questa , verso un sempre più radicale individualismo di tipo anarcoide , e verso la liberazione della realtà istintuale del profondo dalle coazioni imposte da una secolare civiltà di tipo repressivo . Nel festival colossale di Woodstock qualcuno ha visto addirittura l ' embrione di un nuovo modello di società politica . E ' vero invece il contrario . Le risposte di questo genere sono infatti di tipo meramente negativo , risultante passiva di pressioni e condizionamenti imposti dalla difficile realtà del mondo moderno ; e in quanto tali esse sono importanti come sintomo o come testimonianza , ma non certo come indicazione della via da percorrere per uscire dalla crisi . E i protagonisti di quei fenomeni meritano comprensione e interessamento , ma non vanno in alcun modo eretti , come si è fatto e si fa da certa cultura irresponsabile , a modelli di comportamento per le nuove generazioni . Nelle quali le forze autentiche a cui appartiene l ' avvenire vanno invece cercate tra coloro che ai condizionamenti dell ' ambiente contrappongono una meditata e consapevole risposta , fondata sugli strumenti del razionalismo che è gloria della cultura occidentale , e sostenuta da quella generosità che al limite consente di « dar la vita per i propri amici » , secondo il detto di San Giovanni , e che è l ' opposto del chiuso egoismo degli istinti . Giovani come questi si contano anche fra i migliori esponenti della rivolta giovanile che , quando è riuscita a sollevarsi al di sopra del folclore e dello chienlit , ha assunto forme organizzate e disciplinate in vista di precisi ideali politici : e il disfacimento dei gruppi che avevano innalzato « l ' immaginazione al potere » nel confronto con le organizzazioni della sinistra marxista - leninista è anche una riprova della diversa consistenza dei due atteggiamenti morali . Ma l ' avvenire appartiene soprattutto a quei giovani che alle parole d ' ordine e agli stati d ' animo collettivi hanno saputo opporre la vigilanza dello spirito critico , e salvare in tal modo la propria libertà interiore . Le mode culturali correnti ci hanno abituati a liberarci assai presto di loro , relegandoli sprezzantemente nel ghetto del conformismo borghese : che è invece popolato dalla folla dei ribelli di maniera , fabbricati a un unico stampo , vittime dei medesimi slogans , privi di ogni cultura che vada al di là delle formulette e delle frasi fatte .
I notabili del frontismo ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Bisogna onestamente riconoscere a Francesco De Martino di non avere mai fatto mistero delle sue riserve nei confronti dell ' impostazione originaria del centrosinistra . Riserve relative non tanto al programma , che anche l ' esponente socialista ha sempre definito nei termini consueti di superamento degli squilibri , incremento dei consumi pubblici , riforme , sviluppo democratico ; quanto alla formula politica . A giudizio di De Martino , infatti , gli strati conservatori che fanno capo alla Democrazia cristiana sono troppo estesi e troppo solidamente abbarbicati a posizioni di potere perché una politica davvero incisiva di riforme possa essere realizzata senza l ' apporto delle forze organizzate nell ' opposizione comunista . Da ciò la richiesta insistente di una sostanziale immissione di queste forze nell ' area del potere , sempre rinnovata sotto le formule mutevoli , ma di fatto equivalenti , degli « equilibri più avanzati » , dei « nuovi rapporti con l ' opposizione » , delle « integrazioni » miranti a dare al governo una supposta maggiore rappresentatività . Una volta realizzato , questo disegno riuscirebbe con ogni probabilità fatale alla sopravvivenza dell ' Italia come paese libero , a meno che non si voglia coltivare l ' illusione che il potere comunista in Italia sarebbe , e chissà perché , tutt ' altra cosa da quel che è sempre stato altrove . Ma non si può negare che esso sia comunque un disegno politico di vasto respiro , sostenuto da una determinata visione di quel che l ' Italia e gli italiani debbono essere ; e non resterebbe , a questo punto , che riconoscere al segretario socialista di avere fatto in tal modo la sua parte di leader di una delle grandi forze politiche del paese . Bisogna tuttavia chiedersi perché mai politici così navigati come quelli democristiani si siano prestati fino a ieri , e si mostrino ancor oggi disposti , a collaborare alla realizzazione di questo disegno : che , in qualunque versione lo si voglia immaginare , passa necessariamente attraverso una drastica riduzione del potere della Democrazia cristiana e , al limite , attraverso la sua eliminazione come forza significativa dalla scena politica italiana . E la sola risposta plausibile è , semplicemente , che essi non ci hanno mai creduto , e non hanno preso il gran disegno demartiniano troppo sul serio . Hanno avuto torto ? Non del tutto , a giudicare il De Martino dai fatti e non dalle parole . A sentir queste certamente , i socialisti si sono sempre schierati per le soluzioni più radicali , dal disarmo della polizia alla demagogia scolastica , alla prepotenza sindacale , alle forme più viscerali di contestazione culturale : ma , di fatto , il segretario socialista ha sempre evitato di compiere passi decisivi , rifiutandosi all ' alleanza di governo e mettendo così veramente in questione , la possibilità che la Democrazia cristiana riesca a conservare il potere . Qualche volta De Martino ha capeggiato manovre che per qualche tempo hanno tenuto i socialisti fuori del governo ; ma sempre conservando con la Democrazia cristiana estesi rapporti di sottogoverno , come premessa di un immancabile sollecito ritorno . Persino nella crisi di questi giorni , più grave di tutte le precedenti , in confronto alla spensieratezza del vecchio Nenni , De Martino ha finito per impersonare posizioni più caute e possibiliste . E allora ecco che il grande disegno si immeschinisce alle sue vere dimensioni : che son quelle di una politica di provincia , mirante solo a un allargamento della propria fetta di potere e , se possibile , a un aumento di suffragi elettorali , attraverso pressioni e minacce di tipo ricattatorio , esercitate fino a quando appaiono produttive di concrete utilità , e ritirate poi quando si profila il rischio che esse vengano raccolte , e che i socialisti debbano trovarsi davvero a fronteggiare la responsabilità di una effettiva trasformazione della società italiana . Prospettiva , questa , di fronte alla quale De Martino ha sempre mostrato di esitare ; non tanto perché gli pesi la misura di quella responsabilità , ché in materia egli ha sempre dato prova di grande disinvoltura : ma per il timore che una effettiva assunzione dei comunisti al potere , anche in forme più o meno larvate , significhi la fine della propria autonomia politica e il proprio declassamento a notabile di secondo piano dello schieramento frontista . E ' già triste che uomini e politiche di questo livello possano esercitare una così grande influenza nel nostro paese . Ma ancora più gravi sono le conseguenze effettive di quella politica . De Martino ha rivelato infatti di non essere in grado di controllare e dosare adeguatamente , come pur sarebbe stato necessario ai fini della sua tecnica di potere , gli intralci da lui sistematicamente creati all ' azione di governo della Democrazia cristiana e le facilitazioni così offerte al dispiegarsi delle forze dell ' opposizione . Ogni volte che si è determinata una crisi nella vita del paese , l ' intervento del socialismo demartiniano è sempre valso a paralizzare ogni ragionevole azione di governo , ogni politica che seriamente mirasse a dare dei problemi una soluzione ispirata in qualche modo agli interessi generali del paese . In una situazione come quella italiana , carica di tante tensioni e minata da tante debolezze , ciò ha provocato devastazioni materiali e morali davvero ingiustificabili : col risultato di rendere concretamente possibile quell ' ascesa dei comunisti al potere che De Martino e i suoi hanno tante ragioni di paventare . Disgraziatamente , la posta in gioco va molto al di là del destino di costoro , e del posto che a loro sarà riservato nella gerarchia dei notabili della sinistra frontista .
Le radici della violenza ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Bisogna dunque decidersi ad abbandonare l ' ottimismo di origine liberale e illuministico , e rinunciare per sempre alla speranza che l ' esercizio della libertà e la graduale distribuzione del benessere e dell ' istruzione rendano gli uomini migliori e più adatti alla convivenza civile ? La tentazione è forte , davanti a ciò che succede intorno a noi : ma è necessario resistere , se non vogliamo venir meno alle nostre migliori tradizioni culturali e civili e ricadere in braccio a cupe suggestioni repressive , senza prospettive e senza avvenire . La nostalgia e la rivolta contro le difficili condizioni di vita delle società industriali tendono a rappresentare sotto una luce idilliaca , le antiche società rurali , fondate sull ' autorità e sulla tradizione : ma non possono e non devono farci dimenticare la carica di brutalità e di violenza che povertà e autoritarismo alimentato nel loro seno , e che il progresso civile ha contribuito a superare e a dissolvere . Non è affatto vero che industria e benessere economico siano inevitabilmente condannati a trascinare con sé la scia ripugnante della criminalità e della violenza : e anzi occorre fermamente reagire ai tentativi di accreditare siffatte credenze , in cui si esprime soltanto il conformismo di pseudo - scienziati sociali e la cattiva coscienza di uomini politici alla ricerca di alibi immeritati . Davanti allo spettacolo che oggi offrono le nostre città e le nostre strade sempre più spesso insanguinate è piuttosto da ricordare che da troppi anni la violenza è tollerata e finanche protetta nella lotta politica , nelle scuole , nelle fabbriche e nelle strade . Una classe dirigente incapace di realizzare una politica di efficaci riforme ha preferito scaricare sul diretto confronto tra le classi e i gruppi sociali la risoluzione dei problemi e dei contrasti da cui è travagliata la nostra società . Ne è derivata una situazione di permanente e non sempre metaforica conflittualità che ha finito per esasperare situazioni e rapporti , senza dare alcun reale contributo alla soluzione dei problemi e dunque senza alcun vero allentamento delle tensioni . E tutto ciò a costo di un generale indebolimento delle autorità preposte alla tutela dei deboli e dei non organizzati , ormai per gran parte rassegnate a lasciare che la sola legge ancora valida sia quella della prepotenza e dell ' intimidazione . Sulla scia aperta dalla violenza politica si è poi instradata quella della criminalità comune , che dalla prima ha tratto in molti casi modelli e incoraggiamenti . Ma questa è solo una parte della verità . In questo come in altri settori l ' Italia non fa che vivere in modo più drammatico , grazie alla debolezza delle sue istituzioni , problemi che sono comuni a tutte le società moderne . L ' interpretazione dei rapporti sociali in termini esclusivamente utilitaristici e materialistici , lo scadimento delle antiche idee dell ' uomo , un tempo concepito a immagine e somiglianza di Dio e oggi diventato , in tanta parte della cultura moderna , poco più che un fantoccio intessuto di motivazioni brutali e idee degradanti , hanno fatto ben poco , bisogna confessarlo , per accrescere il rispetto dell ' uomo per i propri simili , e per sviluppare i sentimenti e i legami di solidarietà ; e lo svuotamento dei valori che ne deriva ha lasciato ben poco per cui si creda di poter vivere e lottare al di là delle immediate e basse passioni . Su questo terreno la ricerca del denaro , la suggestione della droga , persino la follia del delitto gratuito , della violenza per la violenza , di cui si sono avuti esempi agghiaccianti , trovano un alimento che appare inesauribile . Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con le strutture che sono proprie delle società industriale . In realtà , per molti decenni l ' industria e il progresso civile sono cresciuti parallelamente in gran parte del mondo occidentale . La crisi è sopravvenuta piuttosto con la resa graduale del mondo di princìpi e di idee da cui erano nati , insieme , industrialismo e società liberale , davanti a una cultura antiumanistica che nel primo ventennio del dopoguerra si atteggiò , nelle università e nella pubblicistica , nell ' arte , nello spettacolo e nel costume , a sola voce autorizzata del mondo occidentale . Su questo terreno la cultura e la società moderna sono dunque chiamate a una severa revisione delle troppo facili illusioni a cui esse si sono abbandonate negli ultimi decenni . Problema da non risolvere certo con provvedimenti a effetto immediato : ma la cui esistenza non autorizza chi ha la responsabilità di provvedere all ' immediato a invocarne la complessità e sottrarsi ai compiti , educativi e politici insieme , che sono di sua spettanza .
Cittadini di serie B ( Romeo Rosario , 1974 )
StampaQuotidiana ,
Per i più , il 1968 richiama alla mente il maggio francese , la Sorbona occupata , i dieci milioni di scioperanti , i tre minuti di De Gaulle alla Televisione , la grande marcia ai Champs - Elysées : dimostrazione drammatica di ciò che possa , in un momento decisivo della vita di un grande paese , la statura eccezionale di un uomo , l ' energia di una classe dirigente , la maturità politica di una società risoluta a difendere i valori primari della propria tradizione civile . E tuttavia , quella data ha un significato assai maggiore per l ' Italia che per la Francia . Perché in Francia si trattò di un episodio , non privo certo di conseguenze , e che anzi ebbe parte nel determinare , l ' anno successivo , la caduta dello stesso De Gaulle ; ma esso non modificò nel profondo la fisionomia della vita politica e della società francesi , mentre da noi gli eventi di quell ' anno tagliano in due la storia del dopoguerra , e aprono la nuova fase che viviamo tuttora . Ricordiamo . Tutto cominciò nelle università , dietro lo schermo dell ' antico privilegio che si voleva escludesse la forza pubblica dalla sede degli studi . Si videro allora i più dichiarati progressisti , i fautori dell ' università di massa , gli assertori di una totale rottura col passato , farsi paladini all ' estremo della medioevale tradizione immunitaria . Dietro quello schermo , il campo fu libero all ' azione di gruppi organizzati , decisi a imporre comunque la propria volontà , ad assumere il controllo fisico delle sedi universitarie , a impedirne il funzionamento sino alla soppressione di ogni dissenso . Dalle università il metodo si estese alle fabbriche , agli uffici pubblici , alle banche , agli aeroporti ; e l ' amnistia per i ventiquattromila reati denunciati in occasione dell ' autunno caldo ne consacrò e generalizzò la legittimità . Non che si possa parlare di ricorso permanente alla violenza fisica , all ' aggressione e al pestaggio , che non sono certo mancati , ma in un dosaggio oculato che , unito all ' intimidazione sistematica e a una serie di minori ma ininterrotte vessazioni , nella più parte dei casi si è rivelato sufficiente allo scopo . E non è neppure che dall ' altra parte mancassero dissensi e volontà di resistenza : ma , nella mancanza di ogni leadership politica , e nella totale latitanza dei partiti democratici di centro , l ' accusa di fascismo , agevolata dalla presenza di movimenti di estrema destra sempre pronti ad assumersi la paternità di ogni opposizione alle sinistre , è bastata quasi sempre a eliminare dalla scena tutti coloro , ed erano la grande maggioranza , che semplicemente aspiravano a garantirsi l ' esercizio dei propri diritti e l ' osservanza , persino , dei propri doveri . In tal modo si è avuto , in ogni settore della vita del paese , non tanto il rovesciamento del vecchio ordine di cose quanto la proliferazione di una serie di organismi di fatto che si affiancano e si contrappongono a quelli legalmente competenti a esercitare i poteri decisionali : senza riuscire , nella più parte dei casi , a sostituirli , ma forti abbastanza da paralizzarli , da bloccare l ' attuazione di ogni direttiva generale che non sia approvata dai detentori del potere in loco , da contrapporre , alla legge che si dice risultante della volontà generale . l ' altra più concreta che si traduce nella imposizione di norme e comportamenti ai diretti interessati . Realizzazione estrema e in certo modo emblematica di questo processo i recenti episodi di disobbedienza civile , nei quali la sostituzione del nuovo tipo di legge alla vecchia ha assunto forme più visibili agli occhi di tutti . Nel linguaggio di certi settori politici ciò è diventato la « crescita democratica del Paese » . Ma per vedere di che democrazia si tratti sarà opportuno allargare il discorso al significato di queste novità nei rapporti tra le forze politiche e , anzi , nei rapporti dei cittadini tra loro . Anzitutto , si è avuto un vistoso spostamento nei rapporti di forza tra i partiti politici , del tutto indipendente dal numero dei suffragi elettorali che essi riuscivano a raccogliere . I partiti o movimenti , parlamentari ed extraparlamentari , che possono disporre di una efficiente « organizzazione di massa » , e cioè della capacità di assicurare la presenza attiva sul luogo della vertenza - scuola , fabbrica , ospedale o ufficio pubblico che sia - di gruppi di propri aderenti decisi a prevalere senza troppo badare ai mezzi , hanno visto crescere in modo determinante il proprio peso politico ; mentre gli altri , spesso organizzati in vista di finalità meramente elettorali , hanno subito uno scadimento senza precedenti , che in un secondo tempo non ha mancato di avere i prevedibili effetti anche sul piano elettorale . La dissociazione di potere e responsabilità in Italia ha assunto negli ultimi anni dimensioni macroscopiche , talora vicine alla condizioni limite dell ' assoluta separazione . Lasciamo da parte la vicenda propriamente sindacale , dove l ' elemento economico gioca un ruolo che spesso modifica profondamente le linee del quadro . Ma sul piano politico è chiaro che la massima secondo la quale per ottenere l ' approvazione di una legge una dimostrazione di piazza conta più di qualunque discorso del più grande oratore parlamentare ( Burdeau ) ha avuto da noi verifiche che minacciano di ridurre a una lustra la sovranità dei cittadini espressa dal Parlamento . E , infatti , lo stesso fondamento della democrazia a suffragio universale che ha finito per essere incrinato in modo sempre più vistoso , come da anni hanno rilevato i più attenti osservatori della nostra vita pubblica . Il principio del suffragio universale vorrebbe infatti che la volontà politica della maggioranza , impersonata dal governo liberamente eletto , giungesse attraverso la pubblica amministrazione a reggere gli affari comuni . Ma è chiaro che una pubblica amministrazione paralizzata o impotente tutte le volte che si scontra con gli interessi particolari , e ridotta anzi essa stessa a una congerie di gruppi e di privilegi sezionali , non è in grado di tradurre in atto alcun genere di volontà politica : col risultato di annullare e render privo di efficacia l ' esercizio stesso del diritto di voto da parte di estesissime categorie di cittadini , e cioè di annullarne di fatto i diritti politici , che nella gran parte si riducono per essi appunto all ' esercizio del voto . Si è dunque finito col discriminare di fatto i cittadini in due grandi categorie , delle quali una soltanto dotata di diritti politici , nella misura in cui dispone di strumenti atti a esercitarli nel contesto della nostra società ; e l ' altra pervasa invece da un sentimento profondo di deprivazione e d ' ingiustizia , per la confusa sensazione di essere stata spossessata di una serie di poteri e di diritti che un tempo le appartennero , e dei quali peraltro si continua a proclamare da ogni parte l ' intangibile sacralità . Non è detto che la spinta nata dai fatti del 1968 non possa tradursi , alla lunga , in forme di vera democrazia . Quel che è certo è che non potrà mai essere qualificata democratica la negazione dei diritti politici a intere categorie di cittadini . Riportare questi cittadini in seno alla società politica , quali membri attivi in grado di parteciparvi efficacemente e di farvi valere la propria presenza e il proprio diritto , è oggi il compito primario di chi si proponga , di fatto e non a parole , di realizzare una democrazia moderna nel nostro paese .
«Steccati» fuori dal tempo ( Romeo Rosario , 1975 )
StampaQuotidiana ,
Nessuno « steccato » si è mostrato più tenace nel mondo politico italiano di quello che segna il confine tra i partiti di democrazia laica e lo schieramento cattolico . Trent ' anni di stretta collaborazione politica non sono bastati a superarlo , e in occasione del referendum esso è riapparso ( o almeno così è sembrato ) più netto che mai . Nei cattolici , quella separazione si richiama al ricordo di decenni di minorità politica , alla difficile sopravvivenza nel quadro di uno Stato sorto nel segno della civiltà laica e razionalista , eretto sulle rovine del potere temporale e intinto di massoneria . Per i laici , è in gioco un patrimonio ideale certo non minore , formatosi in due secoli di battaglie civili che sono tanta parte della nostra storia . Uguaglianza dei cittadini di tutte le confessioni davanti alla legge , libertà di pensiero , sviluppo di una concezione della vita tutta protesa a costruire su questa terra , e solo su di essa , il destino e l ' avvenire dell ' uomo , emancipazione dalle forme più pesanti e visibili di autoritarismo nella vita morale e nel costume : nessun italiano potrebbe far getto di tutto ciò senza negare la propria appartenenza al mondo e alla civiltà moderna . Ma proprio l ' universalità di questi convincimenti induce a chiedersi se quella separazione e contrapposizione abbia ancora un ' attualità politica e morale , o se non sia piuttosto uno dei tanti avanzi del passato che proiettano la loro ombra su una realtà che non ha ancora saputo prendere coscienza del loro superamento . Nell ' Italia di oggi la libertà di pensiero , la tolleranza religiosa , la laicità della scuola sono problemi già risolti da un pezzo a livello delle istituzioni , e una profonda trasformazione del costume in senso laico si avverte in strati sempre più larghi della società . Non solo lo schieramento pressoché unanime della cultura e dei mezzi d ' informazione in occasione del referendum ha mostrato l ' assoluta prevalenza che le tesi laiche hanno ormai conquistato in quegli ambienti : ma gran parte delle forze cattoliche più significative , fuori e dentro le strutture ecclesiastiche , hanno ormai fatto propri quei princìpi , con motivazioni diverse certamente , ma in maniera da giungere in concreto a posizioni analoghe e spesso coincidenti . Lo scontro sul divorzio è stato in effetti aggravato da evidenti riflessi politici : ma lo stesso tono di civiltà su cui esso è avvenuto mostra come anche le divergenze che rimangono su questo terreno siano attenuate da uno sfondo di reciproca tolleranza . I progressi più significativi della vita democratica nel nostro Paese sono dovuti alla collaborazione inauguratasi dopo il 1945 fra laici e cattolici sotto la guida di Alcide De Gasperi . Essa è stata un fatto di enorme rilievo , che costituisce la riprova migliore del successo di portata storica ottenuto dall ' idea laica della separazione dello Stato dalla Chiesa , e che consente a forze diverse di convergere sui temi concreti della realtà politica senza alcun riferimento a problemi religiosi , che restano fondamentali , ma riservati al terreno , che è loro proprio , dell ' intimità delle coscienze . Ora , la democrazia italiana è alla vigilia di scadenze di estrema gravità sul terreno della politica economica , dell ' ordine pubblico , della scuola , che richiedono la stretta collaborazione di tutte le forze autenticamente democratiche , laiche e cattoliche . Una profonda crisi di fiducia ormai investe da ogni parte la Democrazia cristiana . Chi scrive non ne auspica certamente la spaccatura . Ma è innegabile che molti cattolici sono profondamente delusi del partito che per tanti anni li ha rappresentati , e si sentono di fatto più vicini alle posizioni tenute dai partiti laici . Sarebbe un errore gravissimo , da parte di questi partiti , condizionare l ' adesione dei cattolici a inammissibili rinunce ideali e di coscienza , continuando a insistere su contrapposizioni polemiche che varrebbero solo a respingere molti di essi su posizioni estreme , di destra o di sinistra . Il problema che si pone oggi in Italia non è infatti la costruzione di una democrazia laica , che si può considerare ormai acquisita nel nostro paese , ma la difesa e lo sviluppo di una democrazia liberale di tipo occidentale , nella quale le forze politiche si distinguono solo in relazione a problemi politici : come da tempo accade non solo nel mondo anglosassone , ma anche in un paese di tradizioni cattoliche e anticlericali insieme come la Francia .
Molti, moltissimi lettori ( Montanelli Indro , 1980 )
StampaQuotidiana ,
Molti , moltissimi lettori ci hanno fatto la stessa richiesta di Corrado Reboa . In effetti , il catastrofico sisma che colpì il Meridione , danneggiò anche lo stabilimento tipografico di Pompei dove si stampa , in foto - trasmissione , il Giornale destinato al Centro - Sud e alle Isole . Il nostro spazio è avarissimo , specie in queste giornate che richiamano la nostra particolare attenzione sull ' angoscio so dramma che si vive nelle zone terremotate . Tuttavia , l ' unico modo che ho di soddisfare le richieste dei lettori è quello di ripetere - in corpo tipografico più piccolo - il mio articolo del 24 novembre . Coloro che lo hanno già letto comprenderanno e mi perdoneranno questa replica , peraltro doverosa . Ecco quello che scrissi a Mazzotta e a Segni , sotto il titolo : « Proposta di bucato » . Non abbiamo nulla da obbiettare alla lettera , da noi ieri pubblicata , degli onorevoli Mazzotta e Segni . La sottoscriviamo in pieno . Vorremmo soltanto completarne il discorso da un ' ottica laica e non di partito . Premessa . Mazzotta e Segni appartengono , anzi sono i capifila , di quel gruppo di giovani democristiani che alle ultime elezioni noi additammo alle « preferenze » degli elettori . Allora si chiamarono « i cento » , e se ne parlò con dileggio . Si disse che i cento non erano in realtà più di trenta , e che presto anche quei trenta si sarebbero dissolti nelle varie « correnti » al servizio dei vari capataz . Non è stato così . Alcuni , è vero , forse parecchi , si sono persi per strada . Ma ben più di trenta sono quelli che , rimasti per conto loro , fanno capo non a una « corrente » , ma a un centro di studi , « Proposta » . Rappresentano la riserva più intatta della Dc , l ' unica su cui non ci sono ombre né schizzi di fango . E vi sembra poco , coi tempi che corrono ? Coloro che li hanno votati non hanno di che pentirsene . E nemmeno noi per averli indicati . E ora veniamo al contenuto della loro lettera sulla crisi che ci travaglia . Probabilmente essi hanno ragione quando dicono , con Forlani , che in tutti questi scandali , c ' è più fumo che arrosto , e che non ci si può lasciare travolgere da un accesso di furore , forse artatamente provocato da gente che ha interesse a un generale Kaput . Dopodiché però bisogna spiegare come mai la pubblica opinione si è lasciata incendiare fino a questo punto , che è un gran brutto e pericoloso punto . Noi arrossiamo di dover riferire certe cose . Ma se per strada , nei caffè , nelle case si sente dire ( e noi lo abbiamo sentito ) : « Ma allora forse hanno ragione i terroristi » , qualche motivo ci dev ' essere . Di questi motivi , Segni e Mazzotta ne hanno individuati alcuni , sui quali consentiamo in pieno . 1° ) La prevalenza assunta nei partiti dagli apparati che , chiusi nel loro palazzo o palazzetto , perdono ogni contatto non solo con l ' elettorato , ma anche coi militanti , e si tramutano in mafie . 2° ) La degenerazione delle « correnti » in meri strumenti di potere che fatalmente riducono la lotta politica a una lotta di cosche . 3° ) La metastasi della politica nel campo dell ' economia grazie all ' estendersi dell ' impresa pubblica . Lottizzata dai partiti , questa impresa non produce né può produrre altro che ladri ( questo non lo dicono Segni e Mazzotta , ma lo dico io ) : coloro che , alla testa di un ente di Stato , non lo diventano , meriterebbero una decorazione . Secondo noi però , a corrompere il sistema , c ' è anche un quarto fattore , che è la sua ibernazione . E mi spiego . In nessuna democrazia occidentale nessun partito rimane al potere più di due , cinque , al massimo dieci anni . Poi va all ' opposizione , e lì fa il bucato : si rivedono i programmi , si lavano i panni , si cambiano i capi , e anche quelli confermati , non avendo più il potere in mano , non offrono più pretesti a farsi « chiacchierare » , e così si rinverginano . In Italia la democrazia cristiana è al potere ininterrottamente da trentadue anni . E tutti sappiamo di essere condannati a tenercela , almeno fin quando il partito comunista resta qual è , cioè a perdita d ' occhio . Non c ' è partito né uomo che possano resistere a una simile prova . Andreotti disse un giorno che il potere logora chi non ce l ' ha . Come battuta , è buona . Come verità , un po ' meno . Ed egli stesso del resto ne incarna la smentita . Proprio perché è l ' uomo di potere di più lungo e continuo corso , Andreotti si trova a fare , di tutti gli scandali nazionali , il Sospettato n ° 1 , e la gente è convinta che nel suo armadio ci sia non qualche scheletro , ma un ossario . Probabilmente è tutto falso , come le voci su Bisaglia e su tanti altri il cui nome è stato trascinato nella melma . Probabilmente , ripeto , ha ragione Forlani quando dice che in questa Danimarca il puzzo di marcio soverchia il marcio . Ma né lui né Piccoli s ' illudano di potersela cavare con le solite « commissioni d ' inchiesta » . Stavolta ci vuol altro . Ci vuole il ricambio . E siccome il ricambio la Dc non può farlo con un ' altra forza politica perché non ce n ' è nessuna in grado di sostituirla come partito di governo , bisogna che lo faccia dentro di sé , nei propri quadri , che le dia un volto nuovo , una immagine diversa . Nella intervista che ci ha dato ieri , Piccoli sostiene che a questo la Dc ha già provveduto . Francamente , non ce ne siamo accorti . E questo è grave perché la « questione morale » - ci creda l ' on. Piccoli - non è soltanto , ma è anche , e forse principalmente una questione di cosmesi . Ci sono delle facce nella Dc che dopo decenni di primi piani , uno non può guardarle senza pensare con nostalgia ai carabinieri . E ' ingiusto , lo so . Ma è umano , e bisogna accettarlo .
Caro Giardini ( Montanelli Indro , 1980 )
StampaQuotidiana ,
Caro Giardini , il motivo per cui non pubblichiamo più notizie dall ' Afghanistan è molto semplice : che di notizie non ce ne sono . Occupato il Paese , i russi lo hanno completamente isolato dal resto del mondo , non vi lasciano entrare i giornalisti , non ne lasciano uscire nessuno . E che notizie possiamo dare , in queste condizioni ? L ' Afghanistan è ormai come la Cambogia . Anche lì sappiamo che si sta perpetrando uno spaventoso genocidio . Ma non abbiamo elementi per descriverlo . Ogni tanto qualcuno scappa e racconta . Noi registriamo , e poi torna il silenzio . E ' verissimo che questo silenzio giova ai comunisti di tutto il mondo , e particolarmente ai nostri . Ma è proprio su questo che giuoca la loro propaganda . Essi sanno che quando i carri armati sovietici schiacciano un Paese , il mondo strilla ; ma che poi , chiuso il rubinetto delle notizie , gli strilli cessano , per mancanza di alimento . Infatti , cosa potremmo dire dell ' Afghanistan ? Che è stato occupato con la violenza , lo sappiamo . Che vi hanno istaurato un regime poliziesco e persecutorio , lo sappiamo . Non possiamo ripeterlo ogni giorno . Il confronto con gli americani nel Vietnam non regge : gli americani lasciavano alla stampa piena libertà d ' inchiesta , d ' indagine , d ' informazione e di commento , fino ad allevarsi in corpo e a fornire tutte le facilitazioni anche ai loro peggiori denigratori . Bisogna dire che ne sono stati molto mal ripagati . Ma da chi ? Dai cialtroni . Le persone oneste e di buon senso devono riconoscere che proprio in questo rispetto della libertà di critica sta la superiorità degli americani sui russi e loro affini . Ma per tornare alla sua critica : le sembra proprio , caro Giardini , che questo giornale la meriti ?
Lingua e linguistica ( Nencioni Giovanni , 1983 )
Saggistica ,
1 . Che cos ' è la linguistica ? È facile rispondere : È lo studio scientifico della lingua . Non è però facile andare oltre questa elementare affermazione , cioè risolverne le ambiguità , esplicitarne le implicazioni . Anzitutto : " la lingua " ; che valore daremo a questo singolare ? È un singolare specifico e quindi significa " la nostra lingua , la lingua materna " ? ; o un singolare generico , e quindi significa " la facoltà di linguaggio , il linguaggio " ? ; o è un singulare pro plurali e quindi significa " le lingue , tutte le lingue del globo , morte e viventi " ? Mettiamo di interpretare nel senso specifico , e apparente - mente più concreto , quel singolare " la lingua " come " la nostra lingua naturale , materna " . Ma è davvero possibile studiare scientificamente la nostra propria lingua senza avere idee generali sulla facoltà di linguaggio , su questa facoltà costitutiva dell ' uomo quale noi lo conosciamo e che evidentemente presiede a tutte le lingue naturali ? Se vogliamo una prova storica di questa impossibilità , pensiamo agli antichi grammatici greci che fecero la descrizione grammaticale del greco appoggiandola alla struttura logica del giudizio e alle categorie aristoteliche e fondarono le loro etimologie su opposte soluzioni del gran problema dell ' origine ( e quindi della natura ) della lingua . Ci limitiamo a questo solo esempio storico , perché è dirimente . Infatti dopo di allora non c ' è stato studio di lingua , fosse pure il più ristretto e il più episodico - dalla semplice normativa grammaticale alla storia di singoli fenomeni - , che non abbia implicato idee generali sul linguaggio ; le quali erano spesso quelle ereditate dalla tradizione greco - latina e perciò date come scontate , ma non perciò meno condizionatrici dei metodi e dei risultati . È poi facile constatare che il maggior rigoglio degli studi linguistici si è avuto quando , in età antica o moderna , lo studio delle singole lingue e di particolari fenomeni è stato accompagnato o addirittura promosso da nuove concezioni del linguaggio . Si potrebbe logicamente concludere che allo " studio scientifico della lingua " ( come abbiamo definito la linguistica ) è necessaria una teoria del linguaggio ; o , in termini più odierni , che alla linguistica applicata è indispensabile la linguistica teorica . Ma non affrettiamoci . Proviamo ad interpretare quel singolare " la lingua " come un singulare pro plurali . Ebbene : lo studio di più lingue naturali , se non fatto a scopo di pratico poliglottismo , ha sempre indotto lo studioso ad un confronto sistematico tra varie lingue ; confronto che può portare alla scoperta di una origine comune ( è stato il caso , modernamente , delle lingue indeuropee , ed anche , nel Rinascimento , di quelle neolatine ) o alla constatazione di profonde diversità strutturali . Dalla scoperta dell ' origine comune è sorta la ricerca della causa della separazione originaria o dei motivi del progressivo diversificarsi nel tempo ; dalla constatazione delle differenze strutturali è sorto il problema della diversità dei prodotti ( le lingue ) di un ' unica facoltà umana ( il linguaggio ) , e dei modi e limiti di tale diversità . Dalla linguistica comparata , insomma , o contrastiva ( come oggi si usa dire ) è nata la tipologia linguistica nella sua duplice dimensione : storica e teorica . Può dunque darsi che una seria osservazione empirica susciti esigenze teoriche e proponga problemi di portata generale ; come , all ' inverso , che una concezione teorica scopra aspetti nuovi della realtà e suggerisca sperimentazioni prima intentate . In ogni caso , resta confermato il principio che nessuna scienza , quindi neppure la scienza dei fenomeni linguistici , può prescindere da una teoria o , detto in termini più odierni , da un modello , unico o plurimo , dell ' oggetto . 2 . Ma qual è l ' oggetto della linguistica ? Abbiamo già detto che lo studio della lingua materna rinvia il linguista a delle idee generali sulla lingua intesa come facoltà di linguaggio ; e che lo studio comparato di lingue diverse , ivi compresa la materna del linguista , lo rinvia del pari all ' unica facoltà di linguaggio come problema della compatibilità di questa con la pluralità delle lingue umane in quanto prodotte da un ' unica facoltà fondamentale e tuttavia diverse . È il problema degli universali linguistici , che periodicamente risorge imponendo al linguista la ricerca degli elementi o caratteri presumibilmente comuni a tutte o alla maggior parte delle lingue . L ' oggetto della linguistica è dunque un oggetto complesso : anzitutto la facoltà di linguaggio ( o semplicemente linguaggio ) , poi la lingua materna , infine le lingue naturali non materne . Lo studio delle lingue naturali non materne implica la consapevole conoscenza della lingua materna , e lo studio della lingua materna implica l ' assunzione , magari acritica , di una concezione del linguaggio . La complessità e direi globalità dell ' oggetto si è fatta irrefutabile quando l ' attributo " scientifico " applicato allo studio dei fenomeni linguistici non si è più limitato a significare " descrittivo , classificatorio » , ma ha voluto significare " esplicativo " ; quando insomma la linguistica da empiria umanistica , cioè filologica , retorica e normativa , è assurta a sapere organico e formalizzato . Non si creda , però , che alla complessità e globalità dell ' oggetto della linguistica si sia addivenuti in epoca recente , come farebbero credere certi manuali che dividono la storia della linguistica in una fase prescientifica , che giungerebbe fino alle soglie dell ' età romantica , e in una fase scientifica , nella quale si affermerebbe , durante quasi tutto l ' Ottocento , la linguistica comparata come indirizzo prima storico e poi positivistico , e finalmente si aprirebbe , con Ferdinand de Saussure , la linguistica propriamente moderna , fondata su una teoria radicalmente nuova . Studiosi sagaci del passato , tra i quali è doveroso segnalare Luigi Rosiello , hanno dimostrato che ciò è vero solo al patto di ignorare la imponente tradizione speculativa di due secoli , abbassando una saracinesca nella continuità costruttiva della storia . In realtà i problemi e i temi che costituiscono la linguistica odierna sono stati impostati tra la seconda metà del Seicento e la fine del Settecento , col sorgere del pensiero moderno , e sono divenuti le costanti di uno sviluppo coerente e irreverso della disciplina , pur nel mutare delle professioni ideologiche . Mi si consenta di ripercorrere per sommi capi tale sviluppo , restaurando , insieme con la continuità di una linea , la possibilità di meglio valutare le peculiarità della linguistica dell ' età nostra . 3 . Il razionalismo cartesiano , sostenitore della corrispondenza fra la struttura della lingua e la innata struttura razionale del pensiero umano , mirò , attraverso la Scuola di Port - Royal , alla formulazione di una grammatica generale , cioè di un metodo di analisi e di descrizione che in ogni lingua storica reperisse gli universali logici presenti nella varietà dei fenomeni . Tale grammatica era l ' indubbio superamento di quella propria dell ' umanesimo , prescrittiva e retorica . D ' altra parte l ' empirismo inglese , concependo le parole , nominalisticamente , come segni delle idee ( e non delle cose ) costituiti al fine di assicurare la comunicazione fra gli uomini , si avviò a considerare il linguaggio come un sistema semiotico convenzionale , diversificato a seconda della cultura e dei bisogni dei vari popoli . Con ciò pose in termini non biblici il gran problema dell ' origine del linguaggio e affermò esplicitamente quel principio dell ' arbitrarietà del segno linguistico , cioè del suo rapporto non necessario con le cose , che alcuni hanno ritenuto una scoperta di Saussure . Alla metà del Settecento nell ' opera del sensista francese Condillac troviamo il culmine della speculazione illuministica sul linguaggio e già annunciati alcuni temi della linguistica odierna . Per lui il linguaggio , anziché il prodotto della mente razionale dell ' uomo , è un fattore costitutivo di quella mente , giacché organizza i contenuti sensibili . dell ' esperienza in segni che esprimono le idee e , combinandosi , le pongono in contatto reciproco . Il linguaggio è insomma la chiave e la garanzia della funzionalità operativa della mente . Il problema della origine delle facoltà dell ' intelletto , e del linguaggio stesso , si trasferiva così dalla metafisica alla psicologia , nel cui ambito si dava una classificazione dei segni fondata sul rapporto ( o accidentale o naturale o istituzionale [ cioè arbitrario ] ) col loro contenuto e con le reazioni psichiche degli uomini . È ovvio che la spiegazione psicologica e convenzionale della genesi del linguaggio , e l ' ammissione del suo condizionamento sociale , giustificassero la diversità delle lingue storiche assai meglio dell ' ontologismo linguistico cartesiano e invitassero allo studio della loro individualità . Fu così aperta la via da un lato all ' approfondimento dei rapporti della logica e dei linguaggi formalizzati con le lingue naturali , dall ' altro alla linguistica comparata e storica e alla tipologia linguistica dell ' età romantica , e finalmente allo psicologismo e sociologismo dell ' età positivistica . Non rileva poi molto , ai fini del progresso generale della disciplina , che questo o quel problema , questa o quella esperienza fossero affrontati all ' insegna dell ' idealismo o del positivismo : entrambi gli orientamenti contribuirono ad arricchire il patrimonio concettuale della linguistica , ad additare nuove soluzioni e prospettive . Faremo due soli grandi esempi . L ' idealismo di Humboldt mise in superba luce l ' aspetto attivo e creativo del linguaggio , da concepire non come prodotto inerte ( o èrgon ) ma come creazione continua ( o enèrgeia ) , come forma formante anziché come materia , come processo universale dell ' umanità e voce individuale delle nazioni , come scoperta e comprensione del mondo piuttosto che come nomenclatura e strumento di comunicazione . Una teoria siffatta fu del pari idonea a promuovere gli studi di antropologia e tipologia linguistiche e quelli sulle grandi lingue di cultura . L ' altro esempio , che sta sotto l ' opposta insegna del positivismo , è quello di Schleicher . Egli concepì le lingue storiche come organismi naturali , che nascono , crescono e muoiono per proprie leggi interne , analoghe a quelle biologiche , cioè indipendenti dalla volontà e dall ' intelletto dell ' uomo . Il suo genealogismo e il rigoroso concetto di legge fonetica gli permisero di trattare le lingue come fenomeni oggettivi , quindi spiegabili , prevedibili , ricostruibili entro un loro sviluppo necessario , al quale fini col dare un definitivo crisma naturalistico la teoria evoluzionistica di Darwin . Luigi Rosiello tenta di chiudere in una formula il senso di questa storia bisecolare della linguistica dicendo che , dopo una fase di ricerca di universali razionali , fondata sull ' assunto cartesiano del linguaggio come rappresentazione della innata razionalità del pensiero , la linguistica mirò , attraverso la grammatica generale di Port - Royal e dell ' Encyclopédie , al conseguimento di universali metodologici , che successivamente , calati nella comparazione delle lingue storiche , divennero universali storici . 4 . Agli inizi del Novecento la linguistica disponeva dunque di una problematica essenziale e specifica , già sperimentata alla luce di orientamenti diversi e in diverse prospettive ; si era inoltre adusata alla collaborazione con discipline scientifiche quali la psicologia , l ' etnologia , la sociologia , le scienze naturali ; aveva accumulato una grande e preziosa quantità di dati concreti attraverso la comparazione di lingue affini e la ricostruzione di fasi comuni non documentate ( genealogia indeuropea , semitica ecc . ) , o l ' inchiesta dialettologica ed etnologica sul campo ( rilievi geolinguistici , atlanti linguistici , lessici dialettali ecc . ) . Ma nella seconda metà dell ' Ottocento le discipline con cui la linguistica aveva collaborato si erano profondamente mutate . La più antica di esse , la logica classica e medievale , aveva ceduto il posto alla teorizzazione del linguaggio simbolico come calcolo indipendente dal linguaggio naturale , cioè a quella logica matematica che rifonda la semantica e la sintassi e studia la forma del conoscere scientifico con un rigore che s ' imporrà all ' attenzione della linguistica teorica . La psicologia , superata la fase filosofica e divenuta empirica e poi sperimentale , abbandonava l ' originario associazionismo per una concezione totale della coscienza e per una analisi più complessa della percezione in rapporto alla costituzione dell ' intelligenza ; e sorgeva , a incontrare tali tendenze ; la psicanalisi . L ' etnologia si andava distaccando dall ' antropologia fisica e temperava la visione evoluzionistica con quella degli scambi e prestiti culturali , arricchendosi di una prospettiva storica . La sociologia con tecniche di rilevamento statistico innestava nell ' organicismo oggettivo della linguistica schleicheriana il riferimento ad organismi collettivi concreti , quali gruppi , ceti , sfere sociali e culturali . All ' interno , d ' altronde , della stessa linguistica positivistica la critica dell ' assolutezza della legge fonetica in nome del ricorso all ' analogia e a fattori soggettivi di eccezione , riproponeva la presenza e l ' intervento dell ' uomo in un ambito di fenomeni che pareva dovergli essere sottratto , e insinuava una concezione storica , anziché naturalistica , dell ' organismo della lingua . Le polemiche , poi , del risorgente idealismo sgretolavano l ' apparente compattezza della linguistica positivistica , sia con l ' asserire il carattere estetico dell ' attività linguistica e porre al suo centro la fantasia individuale , sia col ritenere la lingua un mero specchio della storia delle idee , sostituendo bene spesso allo studio del sistema linguistico lo studio delle singole parole come esponenti concettuali o come tessere stilistiche . La linguistica rischiava , specialmente in Italia , di ridursi a lessicologia storica di indirizzo semasiologico od onomasiologico , collocandosi ai margini di discipline ben più ricche di contenuti intellettuali . E ciò proprio nel tempo in cui le scienze naturali avevano superato lo stadio descrittivo ed erano entrate in quello esplicativo e predittivo , e fra di esse la fisiologia , allargando e affinando le proprie tecniche d ' indagine , offriva al grezzo naturalismo dei linguisti l ' occasione di rivedere a fondo i metodi e i programmi . 5 . Se in Italia , e in altre aree periferiche , la linguistica rischiò di subordinarsi , pur con ottimi risultati parziali , alla filologia , alla storia delle idee , alla critica stilistica , nell ' Europa scientificamente più evoluta essa , la meno letteraria delle discipline umanistiche , senti il bisogno di adeguarsi al moto e al modo delle scienze . Il primo linguista ad avvertire lucidamente questo bisogno fu il ginevrino Ferdinand de Saussure , che volle anzitutto definire con precisione l ' oggetto della disciplina come un sistema di segni considerato in sé e per sé , rivendicandone la specificità e l ' autonomia di contro a interpretazioni ancillari , e ritenendo perciò la linguistica una semiologia . Approfondendo il concetto di segno , ne riaffermò l ' arbitrarietà ma al tempo stesso la sua solidarietà entro il sistema , in cui vide , anziché un agglomerato di sostanze monadiche , una rete di relazioni e di valori collettivi , di costanti differenziali presenti alla mente di ogni parlante come una tastiera potenziale per l ' attuazione del discorso . Così , senza negare l ' evoluzione delle lingue e quindi il loro studio diacronico , reagì ad uno storicismo frantumante col porre prioritario lo studio sincronico , cioè sistematico , che è proprio delle scienze naturali , e coerentemente , pur avendo dato un geniale contributo alla ricostruzione preistorica dell ' indeuropeo , costituì oggetto primario della linguistica la vivente lingua parlata , riassorbendo nella naturalità dell ' oggetto i processi psichici , quindi il fattore umano . Non si può dire che tutta la nuova linguistica del Novecento sia scaturita dall ' insegnamento teorico di Saussure . La linguistica statunitense , ad esempio , formatasi sulla ricerca etnologica ed etnolinguistica relativa agli indiani d ' America , trovò una sua via moderna nel contatto con lingue orali , prive di letteratura scritta e mal inseribili nei paradigmi della grammatica di tradizione classica . Essa ideò una tecnica descrittiva fondata sull ' analisi della frase in costituenti immediati , e sulla distribuzione delle parole nella frase , cioè elevò le posizioni costanti delle parole a categorie di equivalenza grammaticale , prescindendo per quanto possibile dal significato in senso concettualistico , anzi respingendolo in nome di una psicologia comportamentistica . Vide perciò la lingua come uno stimolo rivolto ad assicurare l ' interazione dei membri di una comunità ; come un sistema formale , autonomo dai contenuti mentali delle altre discipline ed esso stesso non mentalistico ( cioè indipendente da fattori non fisici , quali lo " spirito " , la " volontà " o la " mente " ) , ma meccanicistico , cioè retto dai meccanismi del sistema nervoso . Una grammatica così concepita , formalistica e operante sul corpus di ogni lingua con metodo rigorosamente induttivo , se da un lato costituiva un allineamento della linguistica con la psicologia prevalente in America e faceva esplicito ricorso alla fisiologia , dall ' altro riduceva semplicisticamente il gran problema del significato alla situazione schematica stimolo - reazione , cioè alle manifestazioni linguistiche meramente pratiche , e si appagava di risultati tassonomici e descrittivi . Va però detto che questa corrente della linguistica statunitense , benemerita sia per il risoluto tentativo di rinnovamento metodologico sia per l ' attenzione portata allo studio della sintassi ( cenerentola della linguistica tradizionale ) , fu la principale , non l ' unica . Di contro al nome di Leonard Bloomfield , suo capostipite , va posto il nome di Edward Sapir , che , provenendo dallo stesso campo dell ' etnolinguistica , collegò acutamente i fatti di lingua alla mentalità dei popoli primitivi e avanzò l ' ipotesi di una stretta correlazione fra le civiltà e le strutture delle lingue rispettive , in quanto implicanti un ' analisi dell ' esperienza e una visione del mondo . Orientamenti analoghi si affermavano quasi contemporaneamente nella scuola londinese , linguistica e antropologica , di Firth e Malinowski . 6 . Dalla teoria di Saussure , date le sue molte pregnanze , potevano diramarsi e si diramarono indirizzi diversi . Tutti però assunsero il carattere comune di strutturalismo linguistico , studiando ogni lingua come un insieme in cui " tout se tient , tout se rallie " , un insieme dunque raccolto in una coesione ed equilibrio interni che lo rendono sistematico . Il concetto di struttura largamente applicato nelle scienze della natura e nella tecnologia ora con valore ontologico ora come semplice metodo conoscitivo od operativo , ebbe una splendida affermazione nella Scuola di Praga , che alla fine degli anni Venti , sotto la guida di Trubeckoj , trasformò la fonetica da studio generale dei suoni linguistici in fonologia , ossia in studio dei fonemi delle singole lingue come sistemi chiusi di elementi fonici aventi valore distintivo delle parole . Si sottrasse così , per la prima volta , il suono linguistico ad una individuazione generica e fluttuante e lo si correlò direttamente al significato , ponendo un rapporto funzionale tra i due aspetti , il fonico e il semantico , del segno linguistico . Lo stesso criterio , applicato , oltre che al livello fonetico , a quello morfologico ( cioè ad un altro dei cosiddetti inventari chiusi della lingua ) , consenti eccellenti descrizioni , ovviamente sincroniche , di lingue vive e morte , e forni anche la spiegazione di fenomeni diacronici presentandoli come alterazione dell ' equilibrio di parti del sistema in una certa fase e come suo riassestamento in una fase ulteriore ; una diacronia , insomma , vista come la successiva stratificazione di più stadi subsistematici entro un sistema a tendenza autoconservativa e stabilizzatrice . Il difetto di questa filiazione della teoria saussuriana ( come del parallelo strutturalismo americano di cui abbiamo parlato ) era la visione eccessivamente oggettuale e statica della lingua , la cui coesione , dovuta alle forze interne , alla entelechia del sistema , non poteva ricevere da interventi esterni , primi fra tutti quelli dei parlanti , se non impulsi turbatori e destabilizzanti . Venne però al soccorso dello strutturalismo il concetto di funzione , concetto della matematica e della fisiologia , ma già diffuso in altri rami del sapere scientifico e tecnologico ; il quale , formalizzato algebricamente dalla glossematica del danese Hjelmslev per la combinatoria degli elementi del sistema , assurse a principio informatore di un cospicuo ramo dello strutturalismo che ben si poté chiamare funzionale ; dove il concetto di funzione non solo mise in evidenza il dinamismo delle strutture , cioè i fattori che le muovono governando l ' uso della lingua e ne provocano le modificazioni diacroniche , ma intervenne nel definire i fini stessi dell ' istituto . Non posso non ricordare qui la griglia funzionale proposta dal maggior esponente di questo strutturalismo , Roman Jakobson , uno dei capi del formalismo russo e dei fondatori della Scuola di Praga ; griglia che , assorbendo e arricchendo quella precedentemente formulata dallo psicologo tedesco Karl Bühler , intreccia e distingue sei funzioni della lingua : referenziale ( o rappresentativa o denotativa ) , conativa ( o appellativa o ingiuntiva ) , emotiva ( o espressiva o affettiva ) , fatica ( individuata da Malinowski ) , metalinguistica , poetica . L ' inclusione della poetica nella griglia delle funzioni della lingua segna una svolta storica , in quanto rivendica alla linguistica e al linguista quella " grammatica ( per dirla con lo stesso Jakobson ) della poesia " che per secoli ha gravitato sulla retorica e , più modernamente , sulla stilistica , senza trarne motivazione sufficiente . Questa griglia funzionale s ' imposta su uno schema dell ' atto di parola , o atto linguistico , che Jakobson mutua dalla teoria ingegneresca delle comunicazioni : la comunicazione verbale presuppone un emittente e un destinatario - ricevente che abbiano un codice comune e si tengano in contatto mediante un canale entro cui passi il messaggio . Tale schema e la connessa , non meno ingegneresca , teoria dell ' informazione , che ha reso possibile la quantificazione del significato , nonostante la loro rigidità tecnologica hanno aperto nuove prospettive e possibilità allo studio del parlato nella situazione comunicativa , tanto sotto l ' aspetto attivo che ricettivo . È grande merito di Jakobson non aver mai trascurato di collegare la linguistica con discipline scientifiche e tecnologiche da cui essa potesse trarre spunti , suggerimenti , occasioni di avanzamento . Si pensi ai suoi famosi saggi sull ' apprendimento infantile del linguaggio e sulle menomazioni afasiche , nei quali egli ha utilizzato i risultati degli esperimenti psicolinguistici sui bambini , e delle osservazioni neurologiche sugli afasici , come indizi della fondazione delle leggi strutturali fonologiche e delle leggi di codificazione e decodificazione in cagione dei rapporti di similarità ( o metafora ) e di contiguità ( o metonimia ) su cui si impernia la libertà selettiva e combinatoria del parlante . L ' idea nuova che unisce questi saggi è che tanto i processi di instaurazione che quelli di degradazione o dissoluzione dell ' attività linguistica ( disturbi di contiguità , o combinazione , e disturbi di similarità , o selezione ) possono dare al linguista preziose indicazioni sull ' origine , la struttura , il funzionamento e i mutamenti del linguaggio . Ma anche gli psicologi e i neurologi dalla interpretazione linguistica dei fenomeni fisiologici o patologici osservati possono trarre orientamento sia per la sperimentazione sia per la localizzazione e interpretazione dei disturbi , se è vero quanto asserisce Jakobson che non è assurdo pensare ad una correlazione tra la topografia cerebrale e le coordinate di simultaneità e successione che presiedono all ' uso del linguaggio ; e la terapia trova senza dubbio un gran vantaggio nella collaborazione iatrolinguistica . 7 . All ' analisi dell ' atto linguistico in situazione comunicativa si sono rivolti negli ultimi decenni studiosi di indirizzi affatto diversi . Si è accennato allo schema ingegneresco ripreso da Jakobson e da lui sotteso alla sua griglia funzionale . Un filosofo inglese , John Austin , capo della Scuola analitica di Oxford , ne ha data invece una formulazione fondata non tanto sulla funzione e quindi natura del messaggio , quanto sulla sua forza illocutiva , definita con criteri psico - semantici . La quale forza illocutiva prende , secondo l ' intenzione del parlante , il modo della domanda o del consiglio o dell ' asserzione o dell ' ordine o della promessa ecc . , e mira ad un effetto perlocutivo , che può essere di ottenere una . risposta , di convincere , d ' impedire , di spaventare ecc . , e può non essere raggiunto . Importante è stata la scoperta di una categoria di verbi che , usati in enunciati affermativi alla prima persona del tempo presente , hanno un effetto performativo o , per dirla italianamente , esecutivo , giacché il parlante ( o scrivente ) col solo emettere il proprio enunciato compie un ' azione pragmatica : quali ì verbi ordinare , promettere , approvare , attestare , comunicare ecc . ; a patto , ovviamente , che i relativi enunciati siano emessi in una condizione di " felicità " , che cioè siano presenti i presupposti necessari all ' effetto . Con tale concezione l ' atto linguistico da intellettivo che era entra in pieno dentro il mondo della prassi , dell ' azione , e rifonda modernamente le intuizioni dell ' antica retorica . Un passo ulteriore si deve al filosofo americano Paul Grice , che si è adoperato ad accorciare la distanza tra la semantica dei linguaggi formali e quella dei linguaggi naturali , tra la logica del vero e del falso e la logica di quell ' opera di collaborazione che è la conversazione , governata da una serie di massime e di implicature conversazionali che Grice formula con vivo senso del contesto situazionale dell ' atto linguistico , del suo carattere pragmatico e dell ' importanza dell ' ascoltatore collaborante . Queste teorie hanno promosso nell ' ultimo decennio un crescente interesse per la pragmatica , cioè per l ' effettivo studio di quella lingua parlata che , nonostante gli appelli di Saussure e dei suoi seguaci , non è mai stata esaminata nella globalità e nella immediatezza del suo manifestarsi . È evidente la complessità di una tale analisi : resta arduo , anzitutto , delimitare il contesto pragmatico dell ' interazione dialogica , le componenti di sua pertinenza ( nozioni generali presupposte comuni ai parlanti , o loro " enciclopedia " ; presupposizioni particolari ; differenze sociolinguistiche ecc . ) , e ipotizzare modelli di complementarizzazione fra tali componenti e la materia linguistica . Si deve poi tener conto che il messaggio orale è pluricodice , giacché il codice linguistico viene integrato , quando non duplicato , dal codice gestuale , e il profferimento degli enunciati è modulato da un andamento prosodico , cioè da fattori di intonazione , durata e intensità che incidono profondamente sul significato degli enunciati e sugli effetti perlocutivi ; fattori sinora scarsamente considerati , ma che la fonetica strumentale , ormai dotata di apparecchiature raffinate , sta analizzando con la indispensabile collaborazione di acustici , audiologi , matematici . L ' osservazione diretta del parlato , come ha contribuito a distaccare il significato dal concettualismo , e dal vero funzionalismo della logica , così ha indotto il linguista a superare i limiti della grammatica di frase per entrare in quella del discorso , la cui concatenazione e progressione non erano state finora sottoposte a rilievi sistematici . Tanto sul versante del parlato che sul versante dello scritto si va elaborando quella " linguistica del testo " che cerca di render conto di una compagine discorsiva con ragioni linguistiche ignote alla tradizionale teoria dei generi letterari . In che modo può cominciare un discorso ( o un testo ) , e come certi modi sono condizionati da certe situazioni e da certi presupposti ; con quali elementi s ' imposta la deissi spazio - temporale del dialogo o del racconto ; in che modo si attua la connessione e progressione tematica o rematica del discorso ( o testo ) ; che cosa assicura l ' unità e identità di esso : ecco i principali problemi di questa linguistica in cui confluiscono , oltre a metodologie letterarie e semiotiche ( basta fare il nome del geniale filologo e critico tedesco Harald Weinrich e richiamare i numerosi studi di semiotica del racconto o narratologia ) , la semantica generativa e la semantica logica rispettivamente applicate all ' analisi del testo dalla scuola olandese di van Dijk e dalla scuola tedesca di Petöfi . Né va dimenticato che l ' analisi approfondita del testo parlato ha giovato ad una migliore definizione , per differentiam , del testo scritto e dei suoi caratteri relativamente autonomi dalla situazione pragmatica ; testo scritto il cui organismo linguistico è stato dato per conosciuto durante molti secoli ed ha servito soltanto come documento di lingua o come oggetto di rilievi stilistici . Ovviamente l ' attenzione all ' atto linguistico in situazione comunicativa non poteva non avere conseguenze sulle ricerche dialettologiche di campo . Accanto al tradizionale carattere della raccolta lessicologica e della cartografia linguistica esse hanno assunto quelle dell ' inchiesta sociolinguistica . La degradazione dei dialetti sotto la pressione della lingua nazionale o della emigrazione interna , la condizione delle minoranze linguistiche , la correlazione tra inferiorità linguistica e inferiorità sociale , la questione della lingua comune come problema politico nel quadro della cultura dominante , della scuola dell ' obbligo e della lotta di classe , ecco le principali prospettive di un ramo della odierna linguistica che assume toni impegnati laddove si presentano dislivelli e travagli sociali e dove più ferve il dibattito ideologico . Siamo in quel campo della linguistica applicata dove l ' interesse teorico per il linguaggio cede a quello per la vita delle singole lingue nel contesto delle comunità storiche , interesse che può sfociare , attraverso programmazioni glottodidattiche , in una vera e propria politica della lingua . Un documento tipico della ideologizzazione del problema della lingua nella società e nella scuola contemporanee è la Lettera a una professoressa scritta da don Lorenzo Milani nel 1967 , lettera che riuscì a sommuovere l ' opinione degli insegnanti e ad avviare un fortemoto di contestazione dell ' insegnamento tradizionale nel suo aspetto non soltanto linguistico ; giacché toccare la lingua come problema sociale significa , specialmente in Italia , toccare anche la cultura di cui la lingua è stata strumento . 8 . La più importante e originale teoria linguistica apparsa dopo lo strutturalismo di Saussure e della Scuola di Praga è _ senza dubbio la grammatica generativa proposta dal linguista statunitense Noam Chomsky col celebre libretto Syntactic Structures del 1957 e instancabilmente , fino ad oggi , rielaborata . Per rendersi conto della sua portata speculativa e metodologica occorre rifarsi all ' ambiente culturale da cui è emersa e a cui si è contrapposta : quello strutturalismo formalistico e antimentalistico americano che era approdato ad una descrizione tassonomica fondata sull ' analisi della frase in costituenti , sulla categorizzazione delle parole secondo la loro distribuzione nella frase e sul significato come meccanismo comportamentistico ; analisi condotta con metodo induttivo sopra un corpus di enunciati . Chomsky non rinnega l ' analisi in costituenti né la maggiore innovazione di quell ' indirizzo : lo straordinario rilievo dato alla sintassi come oggetto primo dell ' analisi linguistica . Ma respinge la concezione comportamentistica che esteriorizza e meccanizza banalmente il processo linguistico , e afferma la necessità di riportarlo all ' interno , alla mente del parlante . Una mente , però , non contrapposta al corpo , concetto d ' altronde aperto ed in rapido svolgimento , ma biologicamente costituita ; e non unitaria , ma composta di varie facoltà che possiamo assimilare agli organi del corpo e analizzare come analizziamo quelli . Una di tali facoltà è appunto il linguaggio , il cui studio fa dunque parte della biologia umana . Il linguaggio è una facoltà " computazionale " , cioè un processing di principi e regole per larga parte inconsci , che determinano la forma e il significato delle frasi e si dividono in due sistemi : un sistema geneticamente innato , che definisce la facoltà di linguaggio per tutto il genere umano ed è perciò composto di universali linguistici , i quali si manifestano con straordinaria rapidità e facilità nell ' acquisizione infantile della lingua materna ; ed un sistema più ricco , più complesso , diversificato da lingua a lingua , che viene acquisito per costruzione lenta nel contatto con l ' ambiente . Ad una grammatica universale o centrale si unisce dunque , in ogni lingua storica , una grammatica particolare , intendendo col termine " grammatica " tanto l ' insieme finito delle regole che costituiscono nella mente del parlante la facoltà di linguaggio e quindi producono o , con termine matematico , " generano " mediante processi ricorsivi le infinite possibili frasi di una data lingua , quanto la teoria scientifica , formalizzata , che corrisponde a quella grammatica e che ha la più forte capacità di " generare " la descrizione strutturale delle stesse frasi . La grammatica interiorizzata costituisce quella che Chomsky chiama la competenza del parlante ( e dell ' ascoltatore ) e che non è identificabile né al " sentimento linguistico " degli studiosi di formazione storico - idealistica , né alla " lingua " degli strutturalisti , cioè al sistema linguistico come virtuale compagine di tostanti , ma è la facoltà stessa di linguaggio nella sua incessante generatività o " creatività " ( non però in accezione idealistica ) , che consiste nell ' applicare con ordine ciclico le regole e , anche , nel cambiarle . Il codice e programma computazionale , il software della facoltà di linguaggio è l ' insieme delle regole sintattiche , il cui dinamico processing porta alla superficie enunciativa gli elementi lessicali nella loro veste fonetica e nella loro " forma logica ' ' , che è quella forma per cui - come osservò il vecchio Aristotele - il significato della frase ( o significato linguistico ) non è la somma dei significati delle parole ( significato nozionale ) che la compongono . La sintassi è dunque al centro della concezione chomskiana ; la quale lascia in ombra la semantica , pur riconoscendo la sua presenza e problematicità ( e in penombra la fonetica , affidandola alla naturalità dell ' esecuzione ) . È per questo che una corrente , per così dire scismatica , della scuola di Chomsky , la Semantica generativa , ha tentato di restituire al significato una funzione primaria , ponendo le funzioni semantiche della frase ( i " casi " ) come struttura profonda . E , più o meno indipendentemente dalla stessa concezione chomskiana , la teorizzazione sul segno linguistico ( semiotica ) e recenti indirizzi della logica ( Montague , Searle , Cresswel ecc . ) hanno riportato il significato nell ' orbita problematica delle lingue naturali e lo hanno riproposto ai linguisti . Dei risultati della grammatica generativa nella descrizione ed esplicazione delle singole lingue faranno un bilancio preciso gli anni futuri . Nel presente s ' impone la novità e l ' audacia di una teoria che , fondandosi sopra una epistemologia rigorosa , ha rimosso la lingua dalla oggettività oggettuale e dal funzionalismo astratto in cui aveva finito col bloccarla lo strutturalismo e l ' ha in toto richiamata all ' interno del soggetto . 9 . Il mio sommario discorso ha tentato o , per essere più onesti , ha presunto di dare una risposta alla domanda : Che cos ' è la linguistica ? , che meglio sarebbe stato formulare : Che cosa sono le linguistiche ? , tante specializzazioni vanta ormai questa disciplina per la quale può valere il motto " Quantumvis circumi ; numquam me complecteris " . Una disciplina , comunque , non è mai ciò che parrebbe indicare la sua tramandata e corrente etichetta ; una disciplina non è , ma si fa , si fa incessantemente , e incessantemente plasma il proprio oggetto ; aggiungerei " inquietamente " , perché l ' inquietudine mentale , la " santa impazienza " di Valéry , è la ragion di vita della scienza e dello scienziato . Perciò ho voluto e quasi dovuto presentare la linguistica , sia pur schematicamente , nel suo rincorrere se stessa attraverso l ' imponente maturazione scientifica dell ' età moderna ; e ho tenuto a mettere in evidenza , accanto alle sue giuste pretese di autonomia , l ' appello che essa rivolge , soprattutto oggi , non solo alle discipline che le furono sempre compagne , come la logica , l ' etnologia e la psicologia , ma alla fisica , alla cibernetica , alla fisiologia , alla neurologia , a tutte quelle scienze , insomma , che possono far luce sulle strategie di percezione , di acquisizione , di memorizzazione , di programmazione , di esecuzione dell ' individuo parlante e ascoltante . Questo appello essa rivolge non per esorbitare presuntuosamente dal proprio compito di studiare le lingue naturali negli accettati livelli di struttura ( fonetico , morfologico - sintattico e semantico ) e nel dinamico rapporto fra tali livelli solo conoscitivamente separabili , ma per non potersi oggi esimere dall ' estendere la sua intellezione alla integrale fenomenologia del linguaggio come facoltà costitutiva dell ' essere umano , né dal fondarsi sopra assunti teorici che , al punto di esigenza metodologica ed esplicativa cui è giunta oggi , la linguistica ritiene tanto indispensabili quanto non più formulabili in via di domestica ipotesi . Chi insomma oggi fa della linguistica , sa e deve sapere che , o faccia della modesta grammatica storica o della formalizzata grammatica generativa , egli si muove in un flusso di pensiero e in una prospettiva giudicante cui il suo operare non può sottrarsi , ma solo il dato nella sua ingenua e disponibile datità . Al postutto , siano le linguistiche molte o una sola , siano i loro temi e problemi costanti o ricorrenti e le loro motivazioni alternative o complementari , sta di fatto che è il loro oggetto , la lingua , ad essere indelimitabile e inesauribile da qualsiasi approccio , cioè non riassorbibile in nessuno di essi . Al di là della logica , dell ' acustica , della biologia resta sempre la lingua , e il vero linguista se la ritrova davanti , circolarmente , oltre le griglie cognitive di cui essa è pur sempre un presupposto . L ' approccio logico o biologico , che punta sugli universali mentali o fisiologici , e l ' approccio idealistico , che punta sull ' individualità storica e creatrice , sono stati e sono momenti alterni e ricorrenti , che rispondono a istanze complementari dei loro oggetti , cioè di quella facoltà di linguaggio che non è un mero automatismo e di quelle lingue storiche che non sono né mera naturalità né meri codici , e sono pertanto non passibili di " calcoli " di precisione , e di previsione se non probabilistica , stando al loro centro un principio d ' indeterminazione , quel principio d ' indeterminazione della storia umana che è , secondo il parere di un fisico molto autorevole , l ' individuo .