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> anno_i:[1970 TO 2000}
Una cultura antimafia ( Sciascia Leonardo , 1987 )
StampaQuotidiana ,
Il comunicato del cosiddetto Coordinamento antimafia è la dimostrazione esatta che sulla lotta alla mafia va fondandosi o si è addirittura fondato un potere che non consente dubbio , dissenso , critica . Proprio come se fossimo all ' anno 1927 . Nel mio articolo di sabato 10 gennaio , c ' era in effetti soltanto un richiamo alle regole , alle leggi dello stato , alla Costituzione della repubblica : e questo cosiddetto Coordinamento - frangia fanatica e stupida di quel costituendo o costituito potere - risponde con una violenza che rende più che attendibili le mie preoccupazioni , la mia denuncia . Ne sono soddisfatto : si sono consegnati all ' opinione di chi sa avere un ' opinione , nella loro vera immagine . Ed è chiaro che non da loro né da chi sta dietro a loro - e ne è riconoscibile ( si dice per dire ) lo stile - verrà una radicale lotta alla mafia . Loro sono affezionati alla " tensione " , e si preoccupano che non cada . Ma le " tensioni " sono appunto destinate a cadere : e specialmente quando obbediscono a giochi di fazione e mirano al conseguimento di un potere . In quanto al dottor Borsellino , non ho messo in discussione la sua competenza , che magari può essere oggetto di discussione per i suoi colleghi ; sono le modalità della suanomina che mi sono apparse e mi appaiono preoccupanti . Ed è proprio nella sentenza di un processo che mi pare sia stato appunto istruito dal dottor Borsellino , sentenza pronunciata dalla corte d ' assise di Palermo , seconda sezione , íl 10 novembre dell ' anno scorso , che trovo la migliore ragione , perché non ci si acquieti agli intendimenti del cosiddetto Coordinamento . Una sentenza che ha mandato assolti gli imputati e in cui ad un certo punto si legge : " Non può essere consentito al giudice lo stravolgimento delle regole probatorie da applicare solo ai processi di mafia ; necessita sempre un serio e rigoroso controllo di tutti gli elementi del reato : le prove devono assumere carattere di certezza e gli indizi devono essere concordanti ed univoci ; non c ' è ingresso nel processo penale ai semplici sospetti e alle generiche opinioni . La lotta concreta al crimine potrà essere fatta solo con la seria utilizzazione degli strumenti normativi " . Parole che credo nessuna persona onesta e intelligente rifiuterebbe di sottoscrivere .
Il pettegolezzo era una cosa seria ( Eco Umberto , 1995 )
StampaPeriodica ,
Si è svolto le settimane scorse a Urbino , nell ' ambito dei consueti simposi estivi di semiotica , un convegno sul pettegolezzo . Ne raccoglieva notizia anche Beniamino Placido su la Repubblica di domenica 23 luglio , con alcune riflessioni sulle quali tornerò alla fine . Quanto sto per dire mi è venuto alla mente discutendo le relazioni di Isabella Pezzini , Maria Pia Pozzato e Giampaolo Caprettini , e ascoltando gli interventi di Paolo Fabbri , Siri Nergaard e altri . Non ricordo più chi abbia detto cosa , ma il bello dei convegni è che alla fine ti ritrovi con qualche idea in testa in più , e la paternità è dubbia . Si era parlato del pettegolezzo televisivo , a cui sono dedicate specifiche trasmissioni , e in cui si trascina qualcuno a fare confessioni sulla propria vita privata . Ora , il pettegolezzo classico , quello che si fa nel villaggio , in portineria o all ' osteria , è ( era ? ) un elemento di coesione sociale . Non si spettegola mai dicendo di qualcuno che è sano , fortunato e felice ; si spettegola su un difetto , un errore , una sfortuna altrui . Così facendo gli spettegolanti in qualche modo partecipano alle sventure degli spettegolati ( il pettegolezzo non implica sempre disprezzo , può indurre anche a compassione ) . Però esso funziona se gli spettegolati non sono presenti ( altrimenti sarebbe solo aggressione ) e non sanno di essere spettegolati ( o possono salvar la faccia facendo finta di non saperlo ) . Questo dà un senso di potere agli spettegolanti ( " noi sappiamo ma tu non sai che sappiamo " ) , i quali debbono essere convinti di possedere un segreto , e felici di possederlo in compagnia di molti . Quando lo spettegolato mostra di sapere , di solito avviene la piazzata ( " brutta linguaccia , so che vai a dire in giro che ... " ) . Avvenuta la piazzata , la voce è pubblica . Chi fa la piazzata , nel momento in cui ha reagito pubblicamente , ha ratificato il pettegolezzo , anche se era falso . Quindi non c ' è più nulla su cui spettegolare . Nel pettegolezzo televisivo , invece , non si parla mai male di qualcuno che non c ' è , perché sarebbe penalmente perseguibile , e perché lo spettacolo ha sapore solo se è la vittima che spettegola di sé , parlando delle proprie vicende intime . Gli spettegolati sono i primi a sapere , e tutti sanno che essi lo sanno . Non sono vittime di alcuna mormorazione . Non c ' è alcun gusto sussurrarsi il giorno dopo " hai sentito che il Tale ha ammesso ieri in Tv di essere cornuto ? " Non c ' è più segreto . In secondo luogo non si può infierire sugli spettegolati ( hanno avuto il coraggio di ammettere ) ma neppure commiserarli ( dalla confessione hanno tratto un vantaggio invidiabile , la pubblica esposizione ) . Il bello del pettegolezzo classico era che , sino a che lo spettegolato non si tradiva con la piazzata , la mormorazione poteva continuare senza limite . La comare , su un adulterio altrui , poteva campare per anni . Lo spettatore televisivo , invece , dopo che il Tale ha confessato , non ha più nulla da sapere . E infatti alla prossima puntata del programma occorrerà che qualcun altro cominci di nuovo , autospettegolandosi . Così ogni giorno c ' è un pettegolezzo nuovo , che muore appena reso pubblico , e i pettegolezzi precedenti si sono ormai autodistrutti . La Tv ha ucciso il pettegolezzo , che pure aveva importanti funzioni sociali . Placido , riprendendo Blackmur , suggeriva che il mito fosse un pettegolezzo stagionato . Probabilmente i miti sono nati come pettegolezzi , perché servivano a familiarizzarci con gli dei , compiangendone o condannandone miserie e magagne ( varrà la pena di osservare che le religioni monoteistiche non consentono il pettegolezzo , che al massimo diventa atto blasfemo , falso e bugiardo ) . Dovremmo dire che il mito , essendo racconto pubblico , non avrebbe dovuto dare agli spettegolanti il gusto di possedere alcun segreto . Ma forse il poeta tragico era colui che metteva gli spettatori nello stato d ' animo di chi ascolta un segreto per la prima volta , e ciascuno si sentiva spaventosamente e gloriosamente solo sulle gradinate affollate dell ' anfiteatro . E questo deve avere a che fare in qualche modo con la catarsi , anche se non mi azzardo a proporne nuove interpretazioni . Dovremo dire allora che il cosiddetto pettegolezzo televisivo - se pure non è pettegolezzo - ha qualcosa a che vedere con il mito ? Credo proprio di no . Il mito prende un essere divino , superiore a noi e , spettegolandone , ci dice che in fondo è per molti versi uguale a noi . La trasmissione televisiva prende un essere uguale a noi e , spettegolandone , ci dice che proprio per questo dovremmo considerarlo una divinità . Non escludo che qualche spettatore sottosviluppato possa confondere queste due dinamiche . Ma forse la memoria di Venere , che tradisce Vulcano , ha la possibilità di durare più a lungo di quella dell ' ultimo autolesionista visto sullo schermo .