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> anno_i:[1970 TO 2000}
Tribunali/Confusioni ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Come si fa a rendere non credibile una democrazia ? Si fa come in Italia . E infatti altri paesi esitano a seguirci , pur avendo problemi non così dissimili dai nostri . Non c ' è istituzione che non vacilli alla prima onda matta che le si infranga addosso . Le istituzioni sono destinate a mutare sotto l ' impatto della storia . Tutti i movimenti , quando emergono , nella istituzione incontrano un limite , lo denunciano , tendono a travalicarla . La differenza fra destra e sinistra - una delle differenze - sta nel fatto che i movimenti di sinistra tendono a riappropriarsi di quella partecipazione che la formalità della rappresentanza appiattisce , allargando per così dire il sistema circolatorio e immettendovi sangue fresco ; i movimenti di destra , invece , tendono a restringerla . La tanto esaltata « rivoluzione italiana » del 1993 ha questo segno , anche se nessuno dei molti che sulle prime l ' hanno esaltata lo riconosce . Crollato il Caf , è la destra che conduce la danza , puntando al discredito di ogni forma di partecipazione politica e di separazione dei poteri , in modo da liberare lo spazio al « niente Stato , tutto mercato » . Adesso nel macinatutto sta il referendum . Come si fa a svuotarlo di senso ? Se ne presentano dodici . Ha ragione Stefano Rodotà , quando ricorda ( su « Repubblica » di ieri ) che non dovrebbe esservi istituto più immediato e chiaro di quello che affida ai cittadini di decidere d ' un dilemma di linea o di coscienza civile che il parlamento non è in grado di risolvere , o che è essenziale verificare in un contesto più ampio . E infatti così sono i referendum all ' estero , e così sono stati da noi i grandi referendum su monarchia e repubblica , così è stato per legge Reale , aborto e divorzio , nucleare e tossicodipendenze , e così in qualche misura ancora per la legge elettorale . Anche se , osserva Rodotà , l ' ultimo dei grandi referendum ha , più che « abrogato » , ritagliato una legge su misura dei proponenti , è innegabile che esso rispondeva a una spinta d ' opinione , che la sinistra non aveva né sollecitato né era in grado di guidare . Ma che cosa ha a che vedere con queste scadenze , sia pur di meno in meno solenni , la miscela fra quesiti grandi e minuscoli che si affolleranno domenica in dodici schede ? La maggioranza della gente non lo sa . Non solo per la difficoltà dei quesiti , che in queste ultime settimane ci si è sforzati di dipanare e cui dovrebbe soccorrere la numerazione , una titolazione approssimativa e il diverso colore delle schede , ma per la dimensione così diversa delle questioni . Davvero occorreva ricorrere per tutte a una consultazione così massiccia ? Il dubbio toglie all ' appuntamento dell ' 1 r giugno il connotato di grande scelta popolare , per farne terreno di scorribande e manipolazione degli umori o delle corporazioni . Se si aggiunge che fino all ' ultimo personaggi come Veltroni e Confalonieri fanno sapere che per l ' oggetto maggiore del contendere , la posizione della Fininvest nel sistema televisivo , sarebbe possibile mettersi d ' accordo , e sostanzialmente lo si farà , bisogna dire che si è fatto di tutto per confondere le idee . E infatti il Polo , fallita un ' intesa alle sue condizioni , gioca le carte di una propaganda che più bugiarda non si può : votate No su tutto , anche a costo di scaricare i referendum di Pannella , perché qui si vuol diminuire la vostra scelta televisiva . Non è vero , ma che importa ? Inversamente , dove non ci sono interessi diretti dell ' impresa , come nei referendum sui sindacati , si corre fra due impossibilità : senza la scossa del referendum il sindacato non ha ascoltato la domanda di maggiore democrazia e rappresentatività , ma nel referendum decideranno anche le massaie che , salvo il rispetto , non c ' entrano niente . L ' elettore è confuso e teme di confondersi : quanti decideranno di astenersi su tutto perché non capiscono , quanti per convinzione , quanti su alcuni quesiti , cosa che li obbligherà a far verbalizzare dal presidente di seggio quali schede accetti e quali no , e quanti saranno in imbarazzo in cabina , preoccupati di confondere i foglietti e non scrivere la croce su una scheda sopra l ' altra sulla mensoletta che avranno davanti ? Se la gente volesse pensarci su , mettiamo , tre minuti per scheda , starebbe in cabina un ' ora . Ci vorrebbero un paio di giorni e non uno solo per votare . Penso a me stessa , che voterò Sì ai due quesiti che mirano all ' abolizione della Mammì e No a quello sulla partecipazione dei privati alla Rai , Sì ai due quesiti sindacali sull ' allargamento della rappresentanza , No a quello che vuol trasformare in pubblico la possibilità di non far trattenere le quote sindacali sulla busta paga , e poi No all ' estensione del maggioritario ai grandi comuni e poi ci penserò ... Faccio politica da una vita , ma forse nella fretta mi aiuterò con i numeri e i colori . Sarebbe questo il grande appuntamento popolare ? Tocco con mano che siamo fuori e contro il senso che volemmo dare nel dopoguerrra al referendum . Un ' altra confusione , e più grave , arruffa istituti e spirito pubblico . È la confusione fra politica , giustizia e morale nella quale sguazziamo da alcuni anni e oggi precipita nel caso di Antonio Di Pietro . L ' aver consegnato alla magistratura un contenzioso politico più che maturo , già fradicio , perché non si sapeva o voleva affrontarlo in sede politica , sta diventando un boomerang per la politica . E anche per la magistratura che ha avuto l ' imprudenza di accettare un compito non suo . Non sono una incondizionale del pool di Mani Pulite , e questo mi è costato qualche impopolarità anche fra i miei amici . Non amo ridurre tutto a fattispecie penale , né lasciare ai pubblici ministeri che mi trovino , costi quel che costi , una verità che per colpa o errore o omissione ho permesso si producesse sotto il mio naso . Non apprezzo il carcere preventivo , non apprezzo il patteggiamento . Non apprezzo i magistrati che esternano in tv parole e silenzi . Non apprezzo gli avvisi di garanzia che trapelano dai giornali . Eccetera . Ma è indecente la corrida che oggi è aperta su Antonio di Pietro , un giorno colpevole e indagato e l ' altro no , un giorno nella polvere e l ' altro sugli altari . Per quel che leggo , e magari il giorno dopo viene smentito , è un uomo qualsiasi che ha fatto anche un debito con chi non doveva e lo ha pagato - sono affari suoi . Che ha stretto qualche mano non candida - sono affari suoi . Che ha raccomandato o lasciato raccomandare suo figlio - si può capire . Ma a me , cittadina , di Pietro deve rispondere soltanto di come ha fatto il pubblico ministero , e ha diritto di chiedere sul resto per sé quel rispetto che qualche volta non ha concesso ai suoi imputati . Questo rispetto non glielo ha chiesto nessuno , meno che mai la stampa , per gli imputati : purché acchiappi topi ogni gatto va bene . Nessuno ha obiettato , fuorché la difesa di Cusani , che a Milano si facesse un processo indiretto a tre quarti del ceto politico italiano tramite il modesto yuppie lombardo , ex nuova sinistra ed ex finanziere di corte . Di Pietro inchiodava Craxi ? Era l ' arcangelo Michele , il salvatore degli italiani , il migliore dei ministri possibili dell ' Interno , anzi dei presidenti del Consiglio e , chissà mai , dei capi di Stato . Non è da stupire che a una persona semplice e di cultura politica inesistente sia un po ' girata la testa , e che lasciata la toga si agiti molto e ci informi di tutto quel che gli passa nel cervello : le prime pagine dei giornali , anzi interi giornali , hanno portato alle stelle ogni sua parola . Adesso con lo stesso stile lo si morde : e se anche di Pietro fosse corrotto ? Vedremo , intanto spariamo i titoli . Come è successo ai suoi imputati , la vita privata , la moglie , i debiti , le difficoltà , le amicizie sono nel mirino , insinuazioni e falsi e smentite inclusi . A questo genere di vendetta plebea , consumata da professionisti , interessa che il giudice sia esaltato per poter essere poi abbattuto : e arrivederci alle regole . Che cosa di peggio poteva essere fatto alla magistratura che elevarla a supremo e unico arbitro della vicenda politica degli ultimi dieci anni ? Gettarle addosso il sospetto che sia stata anch ' essa corruttrice o corrotta . Il cerchio è chiuso . Sarò fissata , ma anche qui è una questione di mercato . Mancano grandi regolatori , grandi identità di principi o grandi conflitti , e ogni cosa finisce in tribunale . Mandare tutto in tribunale significa , oltre che attribuire ai magistrati un ruolo di arbitri della politica e della morale , che non è loro , significa dare a tutte le relazioni sociali e personali un valore di scambio . Ogni perdita subita si identifica in un prezzo o una pena , tu mi hai sottratto questo e mi devi rendere altrettanto , o in rimborso o in sofferenza . Questo secondo passaggio , barbaro , non è mai stato in auge come ora . Così il momento della giustizia funge da amministrazione pubblica dell ' etica e l ' etica si identifica in codice penale , ordine e / o vendetta . Se una Corte assolve un imputato perché non ci sono prove che sia stato lui a commettere quel delitto , i familiari della vittima , subito interrogati dai media , dichiarano che è intollerabile , non c ' è giustizia . O il contrario , se l ' imputato è un loro parente . Un piccolino è appena morto di Aids che la famiglia già informa le televisioni a quale ospedale farà causa . La società sparisce sotto i privati sentimenti e risentimenti , e i risentimenti si risarciscono . In quattrini e carcere . Altro ethos pubblico , qualche modesta regola di riferimento , altri binari , ascisse e ordinate del discorso e del giudizio , non ci sono . Sicché nel confuso menar di colpi non c ' è più neanche vera trasgressione . Mao aveva detto : « Grande è il disordine sotto il cielo e questo è bene » . Dubito che avrebbe detto : « Grande è la confusione sotto il cielo , e questo è bene » . Il disordine può essere grande , la confusione è roba piccola .
Sulla Iugoslavia ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Una guerra etnica non ha soluzioni decenti . Finché Serbia e Croazia non si saranno spartita l ' ex Iugoslavia non ci sarà tregua ; ma la spartizione non terminerà mai . Serbi e croati sono gli stessi slavi del Sud , con la stessa lingua originaria , prima divisi fra gli imperi ottomano e asburgico , poi vissuti assieme e incrociati ; e soltanto la religione differenzia gli islamici . Come sempre le radici di una guerra fra etnie sono mitiche , funzionali ad ambizioni e frustrazioni , a scompensi e interessi scaricati su disegni espansivi , simmetrici alle insicurezze . Sia in Serbia sia in Croazia c ' è chi fantastica di spazi vitali che arrivano quasi alle porte della capitale avversaria ; né agli uni né agli altri bastano le frontiere amministrative che avevano nello Stato federale . Così ogni nuovo confine resterà provvisorio ; ogni spartizione comporterà ingiustizie , deportazioni , sradicamenti . La guerra ha fatto delle diversità un abisso incolmabile : gli uccisi , i beni perduti , il trovarsi a sparare sul fratello o il cognato , hanno generato l ' odio dove non era più che diffidenza . Il conflitto riprenderà a ogni occasione , e può incendiare Kossovo e Macedonia . Per questo la comunità internazionale , che non ha prevenuto , non è in grado né di persuadere né di dissuadere . Ha assistito soddisfatta allo smembramento della Iugoslavia e non sa come controllarne le conseguenze . Dopo 1'89 il Vaticano e la Germania hanno incoraggiato la secessione della Croazia per riportarla nell ' area tedesca o austriaca assieme alla Slovenia . Dopo i tentativi di mediazione di Gorbacev , la Russia ha appoggiato la Serbia che rispondeva con le armi in nome di uno Stato federale che aveva contribuito a mandare a picco . Le Nazioni Unite riconoscono la Croazia e mettono l ' embargo alla Serbia , alimentandone il risentimento nazionalista . La miscela bosniaca fra serbi e croati e musulmani diventa esplosiva . Serbia e Croazia mirano ormai a spartirsi la Bosnia , modello di civiltà opposto al loro , puntando ciascuna sui « suoi » bosniaci , indigeni o reclutati tra i feroci ex ustascia ed ex cetnici . Sotto i colpi , la Bosnia da multietnica si va identificando con la causa dei musulmani . E forse non poteva essere diversamente : ma le scelte di Izetbegovic che chiede aiuti in tutte le direzioni per crearsi un esercito , e trova risposte dalla destra americana al mondo arabo e all ' Iran , delineano una Bosnia diversa da quella che era stata . Sarajevo , civiltà plurale , non sarà più come prima : la spaccatura ha vinto con il sangue sulla molteplicità . Si può capire l ' invettiva di Zlatko Dizdarevic : chi ha difeso quel principio ? Non le Nazioni Unite . Il piano Vance - Owen implicava la spartizione etnica , ritagliando una mappa in cui ciascuno vedeva riconosciute le ragioni per separarsi e di cui nessuno si contentava . E infatti tutte le molte tregue sono saltate . Karadzic non ha mai cessato l ' assedio di Sarajevo , l ' ultima tregua è stata violata per disperazione o provocazione dai bosniaci , i serbi hanno rilanciato sulle enclaves che le Nazioni Unite avevano incautamente dichiarato protette . L ' Onu non può proteggere quelle genti senza entrare in guerra con la Serbia , come non può proteggere i serbi della Krajina senza farlo contro la Croazia . Così i venti di guerra soffiano più forte . Chi è stato a Sarajevo o ha visto la presa di Srebreniza e le file dei deportati e ha sentito degli uccisi o violentati , vede oggi una comunità quasi inerme di fronte a un esercito spietato e chiede che siano armati i musulmani : la sequenza dell ' infernale meccanismo è dimenticata . L ' aggressore della Bosnia non sono i serbi ? « Bombardate Pale , e domani Belgrado » . Lo hanno gridato anche molti democratici , molti compagni , lo ha più che sussurrato la Chiesa , quando l ' intervento della Croazia è venuto a interdire ogni semplificazione . Due grossi nazionalismi , alimentati da destra e potenti , sono in una guerra mortale e chiedono al mondo di scegliere fra loro , perché il mondo ne ha sancito la legittimità . Poteva non farlo ? Il diritto di successione unilaterale inerisce all ' autodeterminazione dei popoli . Ma che cos ' è un ' autodeterminazione decente ? Che rispetti i diritti umani e le minoranze ? Una nazione che si definisce per identità di sangue o ceppo , scegliendo da storia e tradizione quel che più conviene al suo mito , e si pretende un solo Stato in una sola terra , che ne fa dei diritti umani ? Non li vede ; o li vede come una minaccia alla sua integrità . Così una guerra etnica non ha regole né limiti . E in uno Stato etnicamente compatto anche in pace chi non appartiene all ' etnia è negato , deportato o obbligato a proditori lealismi ; e chi vi appartiene dovrà declinare ogni libertà sul metro del nazionalismo , che essendo sacrale è assolutista , patriarcale , nemico di ogni mediazione . Galleggiamo dunque fra princìpi e cinismo , Realpolitik e impotenza . Forse è venuto il momento di interrogare l ' equazione etnia - nazione - popolo - Stato , e chiederci perché la Carta della Nazioni Unite , che aveva escluso tassativamente la guerra come mezzo di soluzione dei conflitti è violata da tutte le parti . Dalle grandi potenze , quando sono in causa i loro interessi economici e politici come nel caso dell ' Iraq o della Cecenia , e da comunità che definiamo tribali nei paesi terzi come in Somalia o in Ruanda . L ' Onu non è né garante né pacificatrice . Lo è stata ancor meno da quando è finito con il bipolarismo una reciproca messa in guardia dei campi di influenza . Nel caso iugoslavo non c ' è stata soltanto incapacità . La disgregazione del campo comunista è stata favorita dovunque e in qualsiasi modo accadesse . Né 1'Onu né le élites politico - intellettuali hanno ammonito o preteso alcuna riflessione o intesa . Si poteva essere più miopi ? I Balcani sono una delle piaghe dell ' Europa . Gli imperi asburgico e ottomano avevano diviso gli slavi , modellandone le genti sulle proprie strutture e confessioni . Al di qua della Drina i serbi si erano sanguinosamente battuti contro la Sublime Porta , dall ' altra i croati non si erano battuti contro gli Asburgo : antica querela che la seconda guerra mondiale avrebbe reso più aspra . Caduti i due imperi con la prima guerra mondiale , avveniva il terremoto . Per gli islamici furono deportazioni ed emorragie mai concluse . Ma tutto il mondo slavo , del Sud e del Nord , si trovava a doversi fare nazione e Stato , accelerando i processi che avevano dato luogo agli stati nazionali in Europa , nei quali radici e storia e memoria s ' erano lungamente elaborati in progetti di società « politiche » . Gli slavi del Sud non avevano mai avuto uno Stato . Come costituirsi in nazione senza andare in mille pezzi nelle diversità ereditate ? Dov ' era la base , la ragione di una unità o coesistenza ? Dopo l ' unificazione monarchica dei serbi Karageorgevic , il problema si pone per la prima volta in forme moderne alla resistenza antitedesca e antifascista dei partigiani di Tito . Non si legge la vicenda iugoslava fuori dagli scenari della prima e seconda guerra mondiale , la formazione della Russia dei Soviet , poi la minaccia nazista - in Croazia divenuta realtà statale - e la seconda guerra mondiale . Di qui il ruolo di quella singolare generazione comunista . Alle spalle della resistenza iugoslava stava un ' idea di unificazione , socialista , certo , che avrebbe liberato gli slavi del Sud dalla premodernità , dagli arcaismi dinastici o religiosi o patriarcali , avrebbe dato loro un progetto . Un ' idea forte , che non si consegnava a nessuno degli alleati , con sgomento prima degli inglesi poi dei sovietici . Non difendo tutto quel che fecero uomini come Tito o Djilas , Kardelj o Vlahovic o Dedijer , per parlare solo di quelli che conosco o ho incontrato ; dico che costoro , croati o sloveni o serbi o montenegrini o bosniaci , hanno perseguito un ' idea grande di società avanzata e multinazionale . Definirla , come si legge qua e là , una mera « facciata repressiva » è una sciocchezza . È stata una realtà , ha funzionato e un ' Europa saggia avrebbe dovuto aiutarla a preservarsi . E quando questo modello non riesce ad articolarsi politicamente né a risolvere i problemi posti dall ' originale tentativo fra autogestione e mercato , che le difficoltà si scaricano in un più di autonomia delle repubbliche che ne accentuerà disuguaglianze e contenziosi . E allora riprenderà fiato il nazionalismo . Non perché eredi ma perché liquidatori della Iugoslavia e nemici di Tito , Milosevic e Karadzic vogliono « tutti i serbi in un solo Stato » e Tudjman guarda alla Germania , reprime ogni opposizione e perseguita í serbi della Kraijna . I « comunisti » - penso a un colloquio con Kardelj nel 1964 e con altri a Belgrado nel 1965 - temevano fin da allora lo scenario di oggi . Su tutto questo ha taciuto la sinistra . C ' è un deficit di conoscenza e di analisi , una codardia intellettuale , un ' inclinazione a fuggire dai problemi reali per la via delle buone intenzioni , dai grandi dilemmi della modernità per la strada dei buoni sentimenti . Non abbiamo messo in guardia gli amici iugoslavi dai vaneggiamenti di Dobriga Cosic e dall ' Accademia di Belgrado , che porta responsabilità tremende , e abbiamo lasciato che quelli di Praxis rifluissero ognuno sul nazionalismo suo . Ci andava bene il piano Vance - Owen , purché tutti si calmassero . Ci siamo divisi anche noi fra le ragioni di serbi immaginari , croati immaginari e Sarajevo dissanguata . Poi piangiamo sugli eccessi : sulla gente trascinata fuori dalle case , dalla terra , dalla vita , e senza voce . Quando mai l ' Europa ha dato voce a chi non era uno Stato ? Non dovevano esigere che al tavolo delle trattative non sedessero solo coloro per i quali la guerra è un mito e un affare ? Aiutarli a essere soggetto politico visibile ? Collegare le opposizioni ai nazionalismi ? Al più , gli abbiamo dato rifugio . Saremo sempre una Croce Rossa ridotta a raccogliere vittime ? Quelle morti vengono da una malattia comune .
Il Diario di Mosca ( Montale Eugenio , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nel 1961 Enzo Bettiza , da quattro anni corrispondente da Vienna , fu trasferito a Mosca ; e non senza disappunto abbandonò il prezioso « fossile » che per cultura ed estrazione familiare gli era tanto caro . Nato a Spalato jugoslava , studente liceale nell ' italianissima Zara , figlio di un irredentista dalmata cittadino italiano e di una montenegrina , Bettiza si è sempre considerato un mitteleuropeo e più precisamente un Altósterreicher , sentimentalmente legato alla sua « defunta » capitale . Alla nuova residenza egli non giunge tuttavia impreparato . Ha una moglie goriziana , parla perfettamente la lingua slovena , conosce il serbo - croato e il tedesco , non gli è difficile impadronirsi del russo . Gli sarà perciò meno dura quella crisi di rigetto ch ' egli , confrontandosi con altri suoi colleghi italiani , ci descrive nel suo nuovo libro Il diario di Mosca ( Longanesi ) , rendiconto dei quattro anni da lui trascorsi in quella città e prima parte di un ' opera che avrà un seguito . Più che preparato Bettiza era vaccinato . Ha assistito all ' ingresso dei titoisti a Spalato , giovane comunista ha contemplato con un misto di desolazione e di esultanza l ' impoverimento della famiglia ; in seguito ha lasciato il partito , definitivamente immunizzato dal fideismo marxista . In che cosa poteva respingerlo la nuova sede ? L altro pericolo , l ' insabbiamento , a cui vanno soggetti gli stranieri che si stabiliscono in Russia fu da lui evitato studiando il fenomeno davvicino , nei giornalisti stranieri che vivono da molti anni in quella capitale . L ' immensa Russia ha una dimensione temporale diversa dalla nostra . La lentezza , la monotonia , l ' incolore opacità del mastodonte sovietico possono indurre chi vi soggiace ad una sorta di claustrofilia . Non vale la pena di uscirne , tutto il resto del mondo è un technicolor di cui si perde anche il desiderio . Quando Bettiza giunge a Mosca la destalinizzazione ha già compiuto molti passi e forse sta facendone qualcuno indietro . Tukacevski e quasi tutti i generali che Stalin ha mandato a morte sono stati riabilitati ; ma in altri settori non si avvertono veri mutamenti . Qualcuno trova che si esagera . Con Stalin , dichiara confidenzialmente un cremlinologo , si sapeva benissimo dove si andava a finire ; ma con Kruscev nulla è prevedibile . Dopo tutto Stalin non era per niente incolto , afferma un poeta che recita i suoi versi dinanzi a folle entusiaste . Narratori e teatranti godono di qualche maggiore libertà ma accettano i benevoli consigli della censura . La più nota gazzetta letteraria è meno prudente ma manca del tutto la stampa d ' informazione . Le notizie , se ci sono , si devono cercare tra le righe della « Pravda » . Quel che conta negli articoli di quel giornale non è il generico ottimismo ma quell '«eppure...», quel « tuttavia » che sarà il campanello d ' allarme di qualche alto funzionario periferico . Quel « tuttavia » permetterà ai cremlinologi ( nuovo ramo di una più vasta scienza , la sovietologia ) di tirare l ' oroscopo . Il comune lettore sorvola sul « tuttavia » che di solito appare nelle ultime righe dell ' articolo ; ma le vere notizie deve cercarle in qualche giornale straniero ( se lo trova o se riesce a leggerlo ) . Non c ' è stata vera riabilitazione neppure per Pasternak . Gli si riconoscono qualità di poeta ma si osserva che il romanzo non era pane per i suoi denti . La sua dacia non diventerà un museo nazionale . In un Paese dove la mummia di Lenin - tolta dal mausoleo quella di Stalin - è meta di un continuo e adorante pellegrinaggio , un senso d ' incombente mummificazione generale desta l ' attenzione del giornalista che voglia sfuggire al mortale invito . Bisogna sfuggire al primo click , dice Frane Barbieri , altro dalmata che è corrispondente di un giornale di Zagabria . Come si difendono gli stranieri ? I francesi vivono in un mondo a sé , distaccati . Gli inglesi sono più curiosi che interessati , non abbandonano mai il loro fondamentale empirismo , mentre i tedeschi sono irretiti , imprigionati da quel complesso di amore - odio per il mondo russo che non sarà una sorpresa per chi abbia letto il grande romanzo di Gonciarov e qualche altro classico della letteratura russa . In Oblomov il personaggio di Stolz , tedesco , è l ' eroe positivo , sebbene di una positività assai mediocre , e non mancano esempi in altri autori . Da Bielinski in poi , assai prima che il pensiero di Marx giungesse in Russia , la filosofia di Hegel ha fatto strage nell ' intelligenza slava ( molto prima che in Italia , sia detto tra parentesi ) . Nessuna inimicizia è così grande come quella che scoppia tra lontani parenti , tra affini . Ed è proprio su questo tema che Bettiza ci dà alcune delle sue pagine migliori , perché in lui l ' amore per le idee è di gran lunga superiore all ' amore per gli uomini . E non è , intendiamoci , ch ' egli non sia un attento osservatore degli uomini ; ma il fatto è che il color locale , la barzelletta , l ' aneddoto sono del tutto estranei ad un temperamento come il suo . Uno scrittore impressionistico avrebbe speso molte pagine per descriverci gli orrori di quell ' hotel Lux dove a migliaia di uomini furono inflitte mostruose torture per ottenere confessioni di inesistenti congiure , autoaccuse , delazioni ; dove quella « historia generai de la infamia » progettata dal Borges ha scritto una delle sue vette più ingloriose . Tre o quattro pagine sole , plumbee , dure , senza un filo di commozione , ma proprio per questo tanto più dure nel giudizio . Ne sanno qualcosa i giovanissimi russi di oggi ? Bettiza è incline a credere che non ne sappiano nulla , o meglio che non vogliano saperne nulla . D ' altronde , chi è meglio qualificato a descrivere i grandi eventi della storia ? Chi li ha vissuti o colui che li osserva da lontano , col cannocchiale , esperto del prima e del poi , delle cause e delle conseguenze ? Il non comprendere , il non voler comprendere ciò che ci sta davanti agli occhi non è specifico della mentalità slava , sebbene l ' immensa costellazione sovietica , tanto diversa nelle sue componenti , abbia avuto un comune destino : quello di saltare a piè pari almeno un secolo passando da un ' autocrazia feudale a un tipo di collettivismo anche più accentratore , non certo previsto da Marx che mai nascose la sua antipatia per il mondo russo . Né credo che in Marx agisse quell ' ambivalenza che Bettiza ha posto in luce con tanta precisione . Fabrizio del Dongo non si rese conto di essere coinvolto nella battaglia di Waterloo così come molti tedeschi e molti italiani non videro ciò che stava accadendo sotto i loro occhi . La storia che non si ripete mai , in questo si ripete sempre . Vede chi vuole e pochi sono nella condizione di volere . E sono certo che anche in Russia la pietà è di gran lunga più forte della ferocia . Un luogo comune , accettato da tutti coloro che conoscono la grande letteratura russa , è che in quei paesi sia vivo e ineliminabile il sentimento religioso . Su questo punto la testimonianza di Bettiza non suona discorde . Nella Russia d ' oggi la religiosità non è solo fuoco sotto la cenere ma assume anche forme spettacolari : non tali però da mettere in causa la solidità del regime . Non c ' è grande differenza tra quelli che ascoltano in massa le poesie di chitarristi stipendiati dallo Stato e coloro che affollano le cerimonie della Chiesa ortodossa e i culti non certo clandestini della seconda Chiesa russa , riconosciuta dallo Stato , quella dei Vecchi Credenti , non riconosciuta dall ' Ortodossia . Pare che all ' origine di questo scisma tardo - seicentesco sia un diverso modo di farsi il segno della croce . Con tre dita o con due ( a pizzico ) ? Poi sorsero altre divergenze dottrinali che ignoro . I Vecchi Credenti sono milioni , hanno le loro chiese , i loro preti , una loro organizzazione . E come ho già detto anche l ' orrendo teschio di Lenin esercita una morbosa attrazione mistica sui visitatori che sostano in fila per essere ammessi alla beatitudine . Lo spettacolo dev ' essere allucinante . Non è affatto prevedibile una futura mummificazione di Kruscev . Non lo era neppure nel '6l'62 , quando Bettiza scriveva questo suo diario . La prova secca , precisa , lineare di Bettiza non è quella del journal , non consente citazioni , estrapolazioni . Non vuol essere « prosa d ' arte » nel significato più dubbio della parola . D ' altronde Bettiza considera questo libro e i suoi precedenti ( tra gli altri quel Fantasma di Trieste che fu tradotto in molte lingue ) come il materiale che dovrebbe confluire in un futuro romanzo mitteleuropeo , globale , sinfonico , « completamente distaccato dagli umori passeggeri dello scrittore » . Ardua impresa in un tempo nel quale arte e scienza tendono piuttosto al micro che al macroscopico . Ma non è lecito porre limiti alle giuste ambizioni di uno scrittore tanto dotato . Può darsi che un giorno egli si avveda che il Diario di Mosca e quelli che eventualmente seguiranno sono già il romanzo ch ' egli , in astratto , vagheggiava . Un romanzo che ha un solo personaggio : l ' uomo , il Singolo di fronte alla Moltitudine . La scomparsa del singolo sarebbe la fine dell ' avventura umana ; e di questo la provvidenza ci ha dato già qualche annuncio ma non la sentenza definitiva . Può darsi che ce la risparmi , anche se non l ' abbiamo meritato .
Hiroshima ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Nei molti bilanci sulle idee del secolo non trovo come crinale lo sganciamento delle atomiche su Ilíroshima e Nagasaki . Non in George Steiner , non in François Furet , non nei molti necrologi del comunismo . Neppure in Il secolo breve di Hobsbawm , che pure le ricorda . Non è una rimozione ? Ricordo l'8 agosto 1945 , duella per me è la data . La notizia arrivò forse il 7 , ma dilagò quel giorno . Era un segno di vittoria ; eppure ci fu una sospensione , un movimento di riduzione , un ritrarsi . Era una bomba speciale , ma quanto speciale ? Non lo sapemmo subito . Che significava esattamente : due città rase al suolo , ma diversamente da Coventry o Dresda o Berlino ? Neanche gli americani sapevano la devastazione che avrebbero causato . Eppure dopo quella guerra , in Italia raddoppiata dalla guerra civile , credevamo di aver veduto tutto ; avevamo una tale nausea di morte che ci sentivamo più convalescenti , più suonati che felici . Contavamo i nostri morti , sapevamo vagamente di quelli altrui . Di morte eravamo come avvelenati . E poi perché quella bomba adesso ? Per noi la guerra era finita il 25 aprile , in Germania il 2 maggio con la bandiera rossa che sventolava sul Reichstag ; le date ufficiali non sono le stesse della memoria collettiva . L ' Asse non esisteva più , il Giappone era parte dell ' Asse , dunque era finito , questione di settimane . Ignoravamo di avergli testé dichiarato la guerra ( io lo apprendo ora , dalla Rai che contemporaneamente mi informa che Tokyo è stata l ' ultima a « difendere l ' onore dell ' Asse » ) e se lo avessimo saputo ci avrebbe fatto ridere . L ' Italia era mezza morta , raccoglievamo i cocci , c ' era tutto da rimettere in piedi , le nostre esistenze incluse . Così la bomba su Hiroshima ci lasciò senza fiato . Ne capimmo lentamente la magnitudine , la catastrofe , non ne capimmo il senso , quel che capimmo a poco a poco ci ammutolì . La guerra finiva , la distruzione no . Nei mesi successivi quel fungo mostruoso continuò a implodere nei corpi , nei luoghi ; la radioattività entrò nel nostro lessico . E di più , quella non immaginata distruzione era stata compiuta dalla nostra parte . Avevamo trovato oscena la parola fascista « coventrizzare » , non sapevamo ancora di Dresda . L ' atomica era impensata . Ma l ' impensabile che si verifica diventa pensato per sempre , possibile e riproducibile . La pace cominciava con una distruzione immane . Era una pace ambigua . Poco dopo ci saremo sentiti in guerra fredda , non ricordo chi per primo la chiamò così . Ma in meno di due anni l ' avevamo in casa . In quella stessa strana estate arrivarono le immagini dei campi di sterminio . Credo che le prime venissero dalla quinta armata di Eisenhower : anch ' esse ci ammutolirono . Avevamo veduto tanti morti , conoscevamo i fronti di guerra , avevamo alle spalle l ' incalcolabile rotta dell ' Armir nel gelo delle pianure russe , avevamo veduto i corpi dei fucilati o impiccati dai tedeschi , tenuti per strada per qualche giorno , le sentinelle di guardia avanti e indietro , perché ne fossimo avvisati . Erano corpi come abbandonati , dislocati in un sonno a occhi aperti , il volto fisso sul cielo o sul selciato . Non avevamo conosciuto quella morte a pacchi , quella gigantesca discarica di cadaveri scarniti , già senza più lineamenti . La prima guerra mondiale era stata una macelleria e noi pensavamo ancora in quei termini , erano anche quelli che ci avevano consegnato libri , gli espressionisti , Otto Dix , poi Picasso con Guernica . Solo Guernica tiene testa a quel che apprendemmo l ' estate del 1945 . Hiroshima e Nagasaki stavano a Coventry come quelle vagonate di cadaveri dei campi alle membra stanche e al volto fisso e riconoscibile dei compagni rimasti agli angoli delle strade . Atomica e campi non si contrapposero , si sommarono . A due mesi dalla pace , eravamo iniziati a una dimensione della guerra che non stava nella nostra mente . Fatico a mettere a punto che cosa fosse per me , prima , il limite della distruzione . Sapevo che la guerra non risparmia . le popolazioni civili , ma per lungo tempo era sembrata una sbavatura , un eccesso . Poi l ' ultima guerra aveva colpito « anche » i civili . La bomba su Hiroshima colpiva « soltanto » loro . Quella su Nagasaki « soltanto » loro . Il Giappone aveva colpe orrende e non le ha mai riconosciute ; tuttavia vedendo le immagini di quei giorni , mi par di capire l ' impossibilità , per quelli che sfuggirono e vagarono in cerca di una città irriconoscibile , di piegare le ginocchia davanti al mondo , come fece Brandt . Non so se ad ammutolirci fosse la quantità delle vittime . Furono forse 130.000 , ma già ne contavamo in guerra decine di milioni . Né il dolore , il dolore altrui è una razionalizzazione . Fu credo l ' impossibilità di raffigurarci quell ' evento . Il volare in polvere in una vampata , il bagliore accecante , poi l ' oscurità e il silenzio che seguirono . Abbiamo nuovamente sentito in questi giorni il racconto dei sopravvissuti , per decenni a parte dagli altri , come infetti . Ascoltiamo ma non sentiamo . Non si può , forse è giusto e vitale non potere . Ci sono zone dove non si va . Anche alcuni di loro dicono : perché parlarne ? Non avverrà più , come dire : è quasi non avvenuto . E ci colpì che la nostra parte avesse usato la bomba . L ' atomica americana doveva venire prima di quella di Hitler . Fu accelerata , ci si misero i migliori . Si doveva ? Non si doveva ? Fin dove si può arrivare nello sterminio per salvarsi dallo sterminio ? Se lo chiesero gli scienziati , ma non ci hanno lasciato molte risposte . Più tardi vedemmo con un sorriso Stranamore , perché era un pericoloso deficiente . Ma la bomba non la costruirono dei deficienti ; non furono dei pazzi a farla sganciare su Hiroshima e Nagasaki . Se fosse stata pronta nell ' inverno del 1944 , sarebbe stata gettata su Berlino ? Nel chiedermelo mi par di avvicinare la dimensione di quell ' orrore . Un orrore da perpetrare lontano , non fra noi , su « altri » . Forse sbaglio . Dovemmo prendere atto che la guerra poteva essere distruzione assoluta . Messa a rischio della vita sulla terra . E che questo diventava uno strumento della politica . Non era stato nel conto prima . Chi è nato dopo l ' ha nel conto . L ' ha trovato nel suo orizzonte . Per questo non ci capiamo : la gente come me è quella del prima e del dopo . Credo che mio padre e mia madre siano morti giovani perché il carico della prima e della seconda guerra mondiale non era umanamente portabile . Credo che per questo oggi la distruzione ci abita con tanta leggerezza e i ragazzini si dilettano al computer in wargames che non somigliano al gioco degli indiani . Non credo che sia un frutto obbligato della tecnica . Questa è la tesi del grande pensiero di destra e nichilista , ripresa da Heidegger , e vedo che torna a rifletterci su « Repubblica » Umberto Galimberti . Credo che la tecnica abbia sempre seguito la decisione o il bisogno di distruggere . Da quando gli uomini hanno scoperto la techne , prima della storia , le armi sono state il prodotto più avanzato e si sono tirate dietro manufatti , merci , tecnologia , scienza . La guerra non è la continuazione della politica , viene prima e ne è un sostituto . In quel concetto ormai informe che chiamiamo « modernità » stava l ' idea che potessimo costituirci in patti vivibili , scommettere sulla libertà come fondatrice di un ethos , di una economia di sé e delle cose . La seconda guerra mondiale nacque da molti interessi , ma anzitutto da una violazione a monte del patto dei moderni - l ' arcaico fantasma di dominio del Terzo Reich come risposta alla crisi e paura di un comunismo possibile . La natura estrema della posta ha spinto a tecniche estreme di distruzione . Gli ebrei non furono mandati ad Auschwitz perché esisteva lo Zyklon B , furono gasati perché erano troppi ad Auschwitz . Il comandante del campo , Hess , ha raccontato come andò . In altre forme la soluzione finale prendeva troppo tempo . In Uomini semplici un giovane storico americano che lavora sugli archivi tedeschi racconta come le prime esecuzioni degli ebrei deportati dai villaggi polacchi fossero compiute non da SS ma da anziani riservisti ognuno dei quali doveva prelevare un ebreo per volta dal camion , spingerlo fino alla fossa e sparargli alla nuca . Ci metteva qualche minuto , lo vedeva in viso e sangue e cervello spappolato gli schizzavano addosso . Bisognò cambiar sistema . Bisogna ammazzare in fretta , senza vedere , gente anonima o resa tale . Tale è sempre il nemico nelle guerre moderne . Ma certo le camere a gas e la bomba sganciata dall ' Enola Gay , era il nome della madre del pilota , furono un gran passo avanti . Dopo , la bomba H avrebbe superato in virtualità tutti e due . Le generazioni dopo la mia hanno visto questo paesaggio quando levavano il capo dalle private faccende . La pace è stata per loro sinonimo di equilibrio del terrore . Quando è finito non è stato per un disarmo bilaterale che della pace poteva essere una prima modesta imitazione , ma per il crollo dell ' Urss , come se la fine del pericolo di guerra fosse legata alla fine del simbolo , suo malgrado , d ' una società altra . Fine per noi si intende : per gli altri le guerre restano , anzi le alimentiamo . Anche l ' immaginario è segnato dal trascolorare dei conflitti in distruzione totale di nemici senza volto , o anche zero nemici ma distruzione come senso ultimo dell ' esperienza . Non vediamo con interesse se non fiction di morte . Le ramificazioni del vivere non esercitano la stessa attrazione , e il « bene » ci imbarazza , ci annoia , sa di perbenismo , è melassa . Uscendo da Usual suspects , come l ' anno scorso da Natural born killer , ma anche dalla più innocente Arma letale mi dico che forse prima del '45 non ci sarebbero state . E non per insufficienza tecnica .
Stranezze italiane ( Rossanda Rossana , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Perché Lamberto Dini non dovrebbe mettersi a disposizione di un maggioranza diretta dal Polo ? È vero che in altri paesi sarebbe impensabile - difficile immaginare Chirac , quand ' era premier , disposto a governare con i socialisti o Major per i laburisti di Tony Blair o Kohl per la Spd , e viceversa - ma l ' eccezionalità italiana è dura a morire . E poi Lamberto Dini , entrato in politica come ministro del Bilancio del primo governo di centrodestra , subito dopo ha accettato di presiedere quello di centrosinistra : il trasferimento è già avvenuto una volta , e il percorso inverso non costituisce novità . Eugenio Scalfari , con comprensibile irritazione , evoca la malattia nazionale , il trasformismo . Eppure a pensarci bene in Dini c ' è più coerenza che nelle maggioranze che ora lo sostengono ora lo avversano . Egli esprime linearmente quel che esse hanno in comune : sia il Polo sia l ' Ulivo sono convinti che in tema di scelte politico - economiche la strada è unica e obbligata : smantellamento dell ' intervento statale nella proprietà della produzione e dei servizi , privatizzazione crescente di scuole e sanità , risanamento prioritario del bilancio attraverso tagli della spesa sociale , appoggio all ' impresa attraverso la flessibilizzazione dei salari . E - piaccia o non piaccia sentirlo a D ' Alema - la ricetta raccomandata dal Fini e dall ' Ocde . Da quando anche il Pds si è convertito a questa teoria , i premier si sono presentati essenzialmente come gestori del passaggio dell ' Italia al liberismo . Tale è stato Giuliano Amato , tali i due tecnici per eccellenza forniti dalla Banca d ' Italia , Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini . Il quale non ha mai finto di essere altro , e quando , caduto Berlusconi per defezione della Lega , lo schieramento di centro ha avuto un ' esile maggioranza e gli ha offerto la presidenza del Consiglio , accettandola ha dovuto soltanto continuare a mettere in atto se stesso . Il problema dunque non è suo , e forse per questo non ha aperto bocca fino a ieri , lasciando inevaso l ' appello di Salvi e Veltroni : no , non ci possiamo credere , e pensare ai sacrifici che abbiamo fatto , anzi fatto fare , per lui . ( Dunque erano sacrifici ? Interessante ) . E poi di ' almeno che non sei un uomo per tutte le stagioni , un posto per te da noi ci sarà sempre . Ma che deve dire ? Sono gli altri che convergono sulla stagione sua , adottano il suo stesso barometro . Il problema è di Prodi e del Pds . Quando abbiamo scritto , ancora con qualche sorpresa : ma il congresso tematico del Pds non ha nulla da dire sui rapporti di proprietà e di produzione , sullo Stato sociale o sul lavoro , Giuseppe Vacca ha risposto su questo stesso giornale : infatti per noi quel che conta , anzi , quel che conta per l ' Italia , è la questione istituzionale . Cioè la forma dei poteri , unificati o separati , centralizzati o di tipo federale , per realizzare la stessa politica . E va bene . Ci sia permesso però di trovare risibili coloro che a ogni piè sospinto intonano come sola garanzia di limpidezza la solfa della bipolarità fra due schieramenti del tutto distinti e personificati da uomini del tutto diversi . In nome di questa trasparenza è stato votato a furor di popolo il passaggio tramite il sistema maggioritario da una prima repubblica dove tutti i gatti sarebbero bigi di consociativismo , a una seconda dove i gatti sarebbero stati bianchi o neri , in modo che il cittadino avrebbe scelto fra due idee di società , di diritti , di doveri , ogni cinque anni punendo o premiando la linea e gli uomini che avevano governato . Questa sarebbe stata la modernità vera , l ' arrivo dell ' Italia nella democrazia compiuta e la personalizzazione della politica contro la torva burocrazia dei partiti . In capo a tre anni eccoci arrivati a uno strano porto : ci sia una maggioranza o un ' altra l ' uomo sarà sempre lo stesso . Piace a destra , piace al centro , piace a sinistra , Bertinotti escluso . Destra o sinistra hanno votato interiormente per lui anche quando sembravano votare contro : era , e con la finanziaria , ci raccomandiamo rigorosa , sarà un modo affettuoso per dire « Dai vieni con me che ti troverai meglio » . Vale il detto caro a Deng Xiao Ping : che importa se un gatto è bianco o nero ? Se acchiappa i topi è un buon gatto . Per topi , si intende concordemente meno Stato più mercato e la moneta al primo posto ; a questo fine Dini è un ottimo gatto . Stento a capire che cosa significhi un indulto o un ' amnistia per i reati di corruzione e concussione , quando non siano stati prima accertati . Hanno ragione Di Lello e l ' ironico Spazzali ( che « Repubblica » chiama « l ' avvocato di Cusani » ) : come le pene , le amnistie o gli indulti dovrebbero venire dopo , a responsabilità accertata . Se no che cosa si condona o cancella ? Magari una colpa non commessa o cinque non ammesse ? Oppure in Italia non occorre fare processi , bastano clamorosi avvisi di garanzia o un rinvio a giudizio , e caso mai il carcere preventivo - arrivino dove arrivino - a mo ' di ammonimento per tutti e poi si chiude ? Questa è una scelta politica , non giudiziaria . Chi l ' ha fatta ? E perché ? Per accelerare un cambiamento di ceto politico , per togliere il pizzo alle imprese , per far passare il sistema maggioritario , perché il fenomeno è ormai debellato , perché un uso normale della giustizia costa troppo ? Insomma per azione o omissione ? Se fossi un parlamentare , non avrei pace finché quella augusta assemblea non si e mi chiarisse le idee . Se fossi un sociologo , mi chiederei invece perché il sistema della mazzetta continua . Non mi contenta la risposta di Di Lello , ma non solo lui : sono sempre gli stessi , figli , nipoti o bisnipoti riciclati di Craxi . Diamine , neanche il conte Dracula sarebbe riuscito a fabbricare da solo tanti vampiretti . Forse il craxismo è dilagato come Berlusconi ha vinto : rispondeva o corrispondeva a qualcosa per cui non avevamo o abbiamo anticorpi . Come altrove il senso comune è nazionalista , c ' è da noi un senso comune che premia l ' illegalità privata , non politica , non eversiva , non esposta . Quella è la sola trasgressione imperdonabile . Per il resto ci si arrangia . Parli per tutti la straordinaria commedia sull ' evasione , c ' è , non c ' è , se c ' è non ci sono i responsabili perché la grande impresa non evade per definizione , se la piccola impresa evade è per difendersi , se evade il Sud è perché non ha né uno stato né un lavoro . Mariano D ' Antonio e Gesualdo Bufalino lo affermano in nome del sud come se fossero i disoccupati a eludere l ' Iva . Sembra che non esista in Italia un patto elementare di diritti e doveri , rispetto al quale misurare anche l ' iniquità sociale . Siamo furbi e facciamo fessi o ci lasciamo far fessi , tanto tutti lo fanno . Poi di colpo ci indigniamo : cielo , la corruzione . Dovremmo chiederci perché invece di essere una comunità civile e conflittiva , siamo un colabrodo incivile e unanimista . Mi piacerebbe un giornale capace di titolare il 17 agosto : oggi non ho niente da dirvi , salvo quel che è successo in Bosnia , a Belgrado e a Zagabria nelle ultime quarant ' otto ore e quanto serve per capirlo . Non vi riservirò il piccolo Aladdin o la piccola Leyla . Perciò oggi quattro pagine , lire cinquecento . Quando ci sarà qualcosa di consistente da mettervi sotto i denti , su con le pagine e su con il prezzo . Anche molto . Perché no ? Tecnicamente difficile ? Ma non siamo nell ' era della qualità - flessibilità totale ? Sarebbe un dimagrimento salutare , un servizio da rendervi . Direi quasi da offrire a pagamento , per la salute mentale del lettore , e non solo ad agosto . Una testata che vi risparmia una su due delle esternazioni di Bossi e D ' Alema , Pannella e Ripa di Meana , Buttiglione e Fini , Salomone e Di Pietro ; le riassumiamo tutte il martedì e il sabato , non succede niente , come quando si perde una puntata di « Beatiful » . Una testata che non parla di stupri in mancanza d ' altro , non scopre d ' inverno che la famiglia è la cellula intoccabile della società e d ' estate che in famiglia si consumano gli orrori . E non riempie le pagine per dire tutto di seguito che « i giovani » sono svampiti e consumisti , anzi saggi e adulti , anzi paurosi ed egoisti , anzi disponibili e solidali . Cadrebbero i tormentoni stagionali e consueti ( il pieno delle vacanze , il vuoto delle città , la solitudine dei vecchi ) e quelli d ' annata ( nel 1995 : primato dei quarti posteriori femminili ed esordio del pene in copertina ) . Non sapremo nulla del sindaco di Capri , né di quello di Alassio , né se sia colpa del Comune , dello Stato , del turista o della questione meridionale la condizione di questa o quella spiaggia calabrese . Ma perché dovremo saperlo ? Anzi , pagare per saperlo ? Forse ci resterebbe qualche minuto per pensare a quel che abbiamo letto in prima pagina , invece che perderci nelle seconde e terze e quarte e via di seguito , dove non sai più in quale testata sei , tanto tutti parlano delle stesse cose e si vergognano se non lo fanno . Non sono più notizie , è un brusio . Nel quale i giornali rimandano ai giornali , la tv alla tv , come si gonfiava la matassa di zucchero filato attorno al bastoncino che una volta si comprava alle fiere . Poi si dice che gli italiani leggono poco i quotidiani . Ma un quotidiano è una necessità o non è . Ormai neppure ci si avvolge più la verdura .
La bussola di Buttiglione ( Granelli Luigi , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Rocco Buttiglione ha via via compreso che Berlusconi , almeno in questa fase , non è recuperabile e che tarda un persuasivo revisionismo di Fini rispetto al fascismo . L ' opposizione del PPI ne ha tratto vantaggio ritrovando un ruolo determinante . Si apre anche per questo , oltre che per la rottura della lega e la disponibilità del PDS , la possibilità di un governo di tregua per aprire una fase nuova . Il passaggio è in qualche modo obbligatorio , ma il futuro della democrazia italiana resta tutto da definire . In due interviste a L ' Unità e a La Stampa , Buttiglione conferma di non abbandonare il suo progetto di uno schieramento di centro - destra , alternativo alla sinistra , nella speranza di realizzare domani il recupero non praticabile oggi . Non è la prima volta che Buttiglione ribadisce il suo possibilismo in tema di alleanze . Con una certa civetteria polemica , Buttiglione ha ricordato a più riprese di considerarsi un conservatore , di sentirsi profondamente uomo di destra di fronte ad un certo tipo di democrazia , di diffidare persino della parola progressista ( L ' Informazione , 4 dicembre ) . È nel suo diritto . C ' è qualche difficoltà a comprendere come questo orientamento sia conciliabile con le responsabilità di segretario di un PPI che si richiama a Sturzo , cha ha avallato più di un accordo a sinistra per le elezioni amministrative e che concorre , attivamente , a rovesciare un governo sempre più di destra con le opposizioni di sinistra . Solleva preoccupazioni il fatto che spieghi le motivazioni del suo modo di pensare ricorrendo a singolari e ambigui riferimenti alle posizioni di J . De Maistre , definito grandissimo filosofo , e a Papa Gregorio XVI i cui scritti andrebbero , secondo lui , " riletti e rivalutati " . Una prima domanda si impone : perché Buttiglione evoca De Maistre per contrastare gli eccessi plebiscitari della democrazia con l ' aiuto di un pensatore storicamente autoritario e antidemocratico ? E ancora : a cosa tende la rivalutazione di certe idee del passato in aperto contrasto con le conquiste dei cattolici liberali dell'800 , le lezioni di Manzoni e di Rosmini , le battaglia della prima Democrazia cristiana , l ' insegnamento di Sturzo e la stessa impostazione ideale e politica di De Gasperi e Moro ? L ' ostracismo di De Maistre alla democrazia che corrompe il popolo come le sue visioni teocratiche dello Stato , il suo rifiuto del metodo liberale , i suoi obiettivi autoritari e di restaurazione , che hanno fatto da sfondo al sorgere del fascista e dei totalitarismi del nostro secolo , non sono accettabili . I pericoli di una soffocante telecrazia , temuti anche da Buttiglione , vengono oggi proprio dalla destra italiana . Ma singolare è anche l ' invito a rivalutare taluni insegnamenti di Papa Gregorio XVI . Sorge qui una seconda domanda . Per quale ragione si dovrebbero ignorare , con un balzo antistorico alla prima metà dell'800 , l ' evoluzione della Chiesa in rapporto alla democrazia e agli insegnamenti del Concilio Vaticano II in materia di libertà , di diritti individuali e sociali , di pluralismo politico . Papa Gregorio XVI fu un acceso difensore del potere temporale ed è noto , sul piano dottrinale , per la condanna delle idee ultime del Lamennais fatta , pur senza nominarlo , nell ' enciclica " Mirari vos " del 1832 . Il Lamennais fu all ' inizio un drastico difensore delle posizioni teocratiche ed antiliberali di De Maistre , ma tra il 1821 e il 1831 , fondò il giornale L ' Avenir e divenne razionalista , combattivo democratico , sostenitore a suo modo di una democrazia integralmente cristiana . A condanna avvenuta , nel 1837 , si firma , democraticamente , Lamennais . Le sue tesi ultime vanno nella direzione del cattolicesimo liberale e sociale e dei primi tentativi di democrazia cristiana . Si dovrebbe rivalutare , con Gregorio XVI , anche la scomunica del Lamennais ? Il consiglio resta piuttosto oscuro . Il riferimento è incoerente con gli stessi suggerimenti di Buttiglione che , nell ' intervista citata , pensa giustamente di correggere i rischi plebiscitari e autoritari con pesi e contrappesi di potere della democrazia americana che riconducono a Tocqueville più che ai teorici dell ' integralismo e del potere temporale . La richiesta di chiarimenti non è quindi un diversivo polemico . Buttiglione sa che il secondo Lamennais , nonostante il suo ingombrante passato , ha dovuto distinguersi da De Maistre quando ha scelto il terreno della democrazia . E non si può scordare che i cattolici democratici italiani dispongono da Rosmini a Manzoni , da Murri a Sturzo , da De Gasperi a Moro , dalla " Rerum Novarum " al Concilio Vaticano II , di un patrimonio ideale alternativo al pensiero del cattolicesimo tradizionalista e di destra che non può essere archiviato o sperperato con ambigue rivalutazioni .
Gli intoccabili ( Cartosio Manuela , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Chi volesse capire in concreto cos ' è e come funziona una mentalità corporativa , legga - per favore - le trentaquattro cartelle dell ' ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari di Brescia Anna Di Martino ha archiviato la scorsa settimana l ' inchiesta sul giudice Giangiacomo Della Torre , presidente del terzo processo d ' appello per il delitto Calabresi , indagato per abuso d ' ufficio . La conclusione , ampiamente attesa , è che il dottor Della Torre è un irreprensibile magistrato , che la sua " condotta " prima del processo , nel corso del dibattimento , in camera di consiglio è stata ineccepibile . C ' era da aspettarselo , visti i precedenti della dottoressa Di Martino : qualche mese fa , aveva negato persino in linea teorica la possibilità d ' indagare su un ' altra stranezza della Calabresi - story , la sentenza suicida redatta da un altro ottimo giudice , Ferdinando Pincioni . Carlo Guarnieri , docente di sistemi giudiziari comparati , aveva acutamente definito quello della Di Martino " un ragionamento alla Comma 22 " , in base al quale qualsiasi ricorso che abbia a che fare con una sentenza e una camera di consiglio è - a priori - " impossibile " . Quel paradigma viene usato anche per il caso Della Torre . E a stupire non è tanto l ' archiviazione , quanto il di più di protervia che la dottoressa Di Martino mette a difesa del sacro mestiere del giudice . Riassumiamo , partendo dalla coda , il filo del ragionamento dell ' ordinanza . La notizia di reato - le presunte pressioni e irregolarità attuate da Della Torre per arrivare a una condanna a tutti i costi - " è risultata infondata " . I giudici popolari che hanno testimoniato che le pressioni ci furono sono " inattendibili " . Gli esposti di Adriano Sofri e Ovidio Bompressi contro Della Torre sono carta straccia : i due non avevano neppure titolo a presentarli . Il pubblico ministero Fabio Salamone ha fatto malissimo a prenderli in considerazione e ha fatto ancor peggio a sciogliere i giurati dal segreto , a raccogliere le loro testimonianze sull ' andamento della camera di consiglio . Il reprobo Salamone ha commesso un terzo errore : ha aperto un ' inchiesta che non doveva neppure iniziare , non essendoci elementi che evidenzino il dolo ( l ' intenzione soggettiva di arrecare danno o vantaggio a qualcuno ) da parte di Della Torre , senza il quale non si configura il reato di abuso d ' ufficio . Anche noi , ingenui e non dottori , pensavamo che Salamone un errore l ' avesse commesso , ma di segno opposto ai tanti che gli rimprovera il gip Di Martino . Essersi fermato a metà dell ' indagine , rassegnarsi all ' archiviazione senza aver messo a confronto i testi , nonostante le testimonianze " inquietanti " e non menzognere raccolte . La dottoressa Di Martino , invece , sostiene che Salamone ha fatto troppo , non troppo poco , e tratta il collega come un emerito asino . Lette le 34 cartelle , è difficile stabilire quale sia il bersaglio privilegiato dell ' accanimento del gip : Salamone , Sofri o i due giudici popolari che hanno testimoniato contro Della Torre . Tutti trattati a pesci in faccia . Guanti di velluto , invece , per l ' indagato . E ' singolare che la famosa terzietà del gip si dispieghi in tutta la sua potenza quando l ' inquisito è un altro giudice . Questo lo scheletro dell ' ordinanza . Vediamone qualche giuntura particolarmente raccapricciante . Sull ' abuso d ' ufficio - scrive il gip - si registrano due orientamenti in dottrina : il " più rigorista " sostiene che " la persona offesa " è esclusivamente " la pubblica amministrazione " ; l ' altro afferma che il soggetto offeso è anche " il privato " cittadino cui l ' abuso abbia recato danno . La dottoressa Di Martino , naturalmente , condivide la prima impostazione , " l ' unica corretta " , e da ciò deduce che Sofri e Bompressi non avrebbero avuto titolo neppure d ' opporsi all ' archiviazione . Ma chi , di grazia , avrebbe dovuto farlo ? La pubblica amministrazione , cioè , in questo caso , la Signora Giustizia ? Voltiamo pagina ed ecco un ' altra perla . " Secondo una minoritaria ma autorevole opinione dottrinale , l ' attività giudiziaria sfuggirebbe al reato di abuso d ' ufficio " . I giudici sarebbero cittadini a parte , anzi sopra . Purtroppo ( per la dottoressa Di Martino , che si mette tra i pochi e autorevoli ) la dottrina prevalente sostiene che anche i giudici sono mortali e quindi , " in astratto " , possono peccare d ' abuso d ' ufficio . Ma perché il reato sussista , incalza il gip , va dimostrato che " l ' azione sia stata ispirata da settarietà , da prepotenza , da rappresaglia , da vendetta , da rancore , o da altri riprovevoli motivi " . Gli esposti di Sofri non evidenziano per quale motivo " egoistico " Della Torre avrebbe commesso un abuso d ' ufficio . Dunque , gli esposti dovevano finire direttamente nel cestino . L ' indimostrabilità del dolo ( cioè dell ' intenzionalità del reato ) è il filo conduttore dell ' ordinanza che culmina in questa categorica affermazione : " nel caso in esame ... risultava , risulta e risulterà esclusa la possibilità di provare la componente soggettiva del reato " . Anche i digiuni in materia di diritto sanno che il dolo è il classico elemento che si valuta in dibattimento , non nella fase delle indagini dove il pm concentra la sua attenzione sugli aspetti materiali dell ' ipotesi di reato . Se si applicasse il criterio della dottoressa Di Martino , i rinvii a giudizio subirebbero un crollo verticale ( il che potrebbe anche andar bene , se a beneficiare di quel criterio non fossero solo i magistrati inquisiti ) . Per quanto riguarda i fatti , la questione è risolta velocemente : i giudici popolari Giovanni Settimo e Marilena Tuana raccontano cose diverse dagli altri membri della giuria e , per di più , si contraddicono tra loro . I loro sono o " cattivi ricordi " o qualcosa di peggio . Il loro strano procedere ( perchè non hanno spontaneamente denunciato le supposte irregolarità di Della Torre invece di rivolgersi a politici e giornalisti " assai vicini a Sofri " ? ) è sospetto . Si " allineano " alle tesi di Sofri e questo basta e avanza , secondo il gip , per considerarli " inattendibili " . Qui siamo al deliro . Perchè , semmai , le cose sono andate esattamente a rovescio : è stato Sofri ad " allinearsi " ai due testi , per il semplice fatto che lui in camera di consiglio non c ' era , Settimo e Tuana sì . C ' è un particolare che tradisce il partito preso del gip là dove interpreta una banale osservazione della teste Tuana sulla sentenza suicida come una " maliziosa quanto gratuita allusione " , " scopertamente allineata " con la tesi di Sofri . Ma che quella di Pincioni fosse una sentenza suicida era arcinoto ben prima che il processo presieduto da Della Torre iniziasse . Bastava leggere i giornali , visto che i primi a parlare di sentenza suicida sono stati i cronisti di palazzo di giustizia ( vicini alla procura ) e non Sofri . Nell ' offensiva osservazione del gip c ' è un eco della frase rivolta da Della Torre alla signora Tuana : " Cosa le ha suggerito Sofri questa notte ? " . A regola di briscola , c ' è da meravigliarsi che il gip non abbia trasmesso gli atti alla procura perché proceda contro Settimo e Tuana per falsa testimonianza . Forse sarebbe stato troppo , anche per l ' eccessiva dottoressa Di Martino . L ' orrore suscitato da queste 34 cartelle prescinde dal ritenere colpevoli o innocenti Sofri , Bompressi e Pietrostefani . Resterebbero orribili anche se fossero colpevoli . Rafforzano il desiderio che questa storia finisca per ragioni bassamente egoistiche ( confesso il dolo ) : poter finalmente girare la testa dall ' altra parte . Brucia dover sottoscrivere una frase del '91 di Piergiorgio Bellocchio : " Come la malattia e la miseria , anche la cosiddetta giustizia è una sventura che tendiamo irresistibilmente a rimuovere dalla coscienza , salvo che ci colpisca personalmente , o colpisca persone che amiamo , valori in cui crediamo " . Allora non la condividevo , presumevo molto di me , pensavo di potermi occupare di tante ingiustizie . Oggi mi dichiaro vinta : le mie spalle riescono a stento a sostenerne solo una .
Caro Dario ( Sofri Adriano , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Caro Dario , le regole di questa clausura mi mettono sempre in ritardo . Dunque l ' andamento - come al solito - travolgente dei tuoi movimenti ha accumulato nella mia cella una quantità di pensieri , che cerco di smaltire in parte . Comincio dal dirvi grazie ( mi rivolgo sempre ad ambedue , Franca e te ) . Che siate generosi , si sa . Ma che arrivaste a buttare fino i primi momenti della vostra gioia di qua dai nostri muri ( e di quelli , tanto più brutali , delle galere turche o algerine ) è un segno di vera prodigalità . Non ero stato tanto sorpreso - un po ' sì , come te - dal premio che ti è toccato . Grazie a Dio ho girato un po ' per il mondo , e soprattutto ho frequentato molto la Norvegia , e lì non c ' è nessuno che possa reagire alla notizia del tuo Nobel simulando di non sapere chi sei . Mi è anche difficile ammettere che si possa , qui da noi , dolersi del Nobel a te , perché si desiderava che andasse ad altri . Io per esempio ammiro la poesia di Luzi e ho simpatia per lui . Sono stato molto contento che la campagna contro le mine sia stata premiata , all ' indomani della grave posizione tenuta a Oslo anche dal governo degli Usa . Doppiamente contento , perché c ' è un versante italiano peculiare della campagna . Noi siamo gran produttori e trafficanti di questi giocattoli , e abbiamo fatto tesoro della nostra eredità umanistica per battezzarli con questa parola atroce : " antiuomo " . Altri paesi hanno trovato degli eufemismi , per un residuo di vergogna : noi ce ne freghiamo perfino della estrema ipocrisia del lessico . In compenso la partecipazione italiana alla campagna , da parte di associazioni come l ' Emergency del dottor Gino Strada , di comunicatori come Costanzo , di politici come Occhetto , e dello stesso governo , è stata importante . Insomma mi sono rallegrato per questo premio ( mondanità compresa : ce ne fossero di Audrey Hepburn e di Lady Diana ) , benché sperassi molto che venisse premiato l ' intellettuale cinese Wej Jingsheng , imprigionato da anni , e , dalla sua prigionia , lucido e impavido denunciatore dei despoti del suo paese . Quando leggerete le sue lettere - le conosco grazie a mio fratello Gianni - ne sarete commossi e ammirati , e avrete voglia di fare qualcosa . Questa specie di scarso patriottismo , diciamo così ( te lo posso dire dopo che hai dovuto raccogliere dalla polvere l ' elmo di Scipio ) , dell ' accoglienza fatta al tuo Nobel mi ha fatto ripensare - non so se altri l ' abbiano già detto - che tu sei il vero contraltare delle sciocchezze separatiste lombarde . A parte il lombardo scritto , Porta o Gadda o Testori , il lombardo ascoltato mi arrivò , tanto tempo fa , dalle tue canzoni e poi dai tuoi spettacoli , compresa la stessa parola " padano " , come nel tuo ( genovese però ) Johan Padân , in commedie che usavano dialetti e grammelot per farsi capire da tutti e far divertire tutti . Ora che hai il Nobel , dovrai provarci tu a riacchiap pare dalla coda questa pazzia padanista , se non è già troppo tardi . E poi c ' è il mio affare , naturalmente . Non dirò niente sui meriti del pool contro la corruzione politica . Non c ' entra . Ecco invece un sommario promemoria sugli inizi del mio caso . La Procura milanese aveva seguito per moltissimi anni la tesi che l ' omicidio Calabresi fosse stato compiuto da persone in qualche modo legate a Lotta Continua , al suo servizio d ' ordine , " frange militariste " , eccetera . Ogni tanto si avventurò fino a indicare nomi e cognomi , cedendo a vociferazioni e illazioni incontrollate , per amor di tesi . Quando lo fece , commise un doppio arbitrio , accusando persone del tutto estranee ( e presto dimostrate tali ) e facendole finire sui giornali prima di avvisarle : così nel 1981 nel caso di Marco F . , indicato in fotografia come l ' assassino . Non credo che , al momento dell ' attentato , e ancora per molti anni , quei magistrati , pur così affezionati alla loro tesi , potessero prendere sul serio l ' idea che un omicidio fosse stato deciso dal " vertice " di Lotta Continua , da una delibera presa a voto di maggioranza nel suo Esecutivo , e altre follie del genere ( oggi sancite dalle sentenze ) . Quell ' idea era allora inconciliabile col senso comune , che poi il tempo avrebbe deformato . Ne ho una conferma indiretta nel fatto che , nel corso degli anni , da qualcuno di questi magistrati mi venne inviata per interposta persona la richiesta di aiutarli alle loro indagini con quello che sapessi : richiesta del tutto fuori luogo . Era abitudine di qualcuno di quei magistrati - per esempio del sostituto Armando Spataro , che è ripetutamente intervenuto , in aula e fuori , per sostenere l ' accusa contro di noi , e che ho appena reinvitato a discutere con me le prove che ritiene raggiunte a nostro carico - di chiedere , spesso fuori verbale , agli indagati della " lotta armata " se avessero sentito qualcosa circa Lotta continua e l ' omicidio Calabresi . Poiché l ' appetito viene mangiando , da un qualche momento a quegli interrogati furono fatti anche il mio nome e quello di altri fra i più noti dirigenti dell ' antica Lotta continua . Dunque quando nell ' estate 1988 scoppia , come un ' impresa militare , la nostra cattura e incriminazione , non si tratta affatto dell ' improvvisa e imprevedibile rivelazione di un pentito che venne da nulla , bensì dell ' inveramento di un ' idea a lungo perseguita ed elaborata . Fino a che punto , lo mostra un episodio documentato negli atti del processo , e ancora oggetto di uno strascico giudiziario derivato : un anno prima , nel luglio 1987 , Marco Boato mi telefonò da Trento per farmi gli auguri di compleanno , e per dirmi , a metà tr a l ' ilarità e lo sdegno , la seguente storia . Un imputato veneto di reati di banda armata , interrogato anche lui fuori verbale sull ' omicidio Calabresi da un giudice istruttore a Milano , ne aveva ricavato la notizia che lo stesso Boato e io , Sofri , saremmo stati arrestati quella notte come responsabili dell ' omicidio . ( A parte me , pensare Boato corresponsabile di un omicidio è una pazzia grottesca ) . Mi disse Boato : " Che cosa pensi di fare ? " . " Di cenare e andarmene a dormire " , risposi . Dormimmo bene e non se ne parlò più : fino all ' estate successiva . Questo prova fin dove arrivasse il peccato di gola di qualche investigatore milanese , ufficialmente un anno prima che Leonardo Marino andasse a riversare il suo pentimento in una caserma dell ' Arma ; o , se si preferisce , nel tempo stesso in cui la coppia Marino - Bistolfi inaugurava i suoi colloqui con avvocati e notabili politici sul tema.Siamo nell ' estate 1988 . Pubblico ministero è Ferdinando Pomarici . Del quale non importa se fosse di sinistra o di destra , e quanto : era il Pm che aveva deriso gli scettici garantendo di aver " scarnificato mattonella per mattonella " il " covo " Br di via Monte Nevoso , salvo lasciarvi un arsenale di armi e carte in una intercapedine protetta da " quattro chiodini " . Pomarici aveva l ' aria di volersi sbrigare : la prima e unica volta che mi interrogarono , lui e il Giudice istruttore Lombardi , mi disse : " Guardi , tanto è tutto prescritto , abbiamo amici in comune , lei confessa e spiega anche il contesto storico e politico , nessuno lo farebbe meglio di lei " . E ' durato nove anni , il nostro maledetto processo . Lui avrebbe risolto tutto in un ' oretta . Poche persone hanno detto tante bugie , dimostrate tali , di cui nessuno ha mai chiesto conto . Per un anno e mezzo Pomarici dichiarò di non aver mai saputo dei rapporti prolungati e occultati fra Marino e i carabinieri : poi un giorno , quasi con fastidio , disse di averlo sempre saputo . Quando Marino passava nottate con l ' allora colonnello ( oggi generale , con un incarico altissimo nei servizi d ' informazione ) Bonaventura , Pomarici stava conducendo con lui un ' indagine su un episodio milanese : inoltre aveva lavorato con lui nel corso degli anni nell ' inchiesta Calabresi . Eppure , lui Pm del caso , ebbe l ' ardire di sostenere di non aver avuto il minimo sentore del fatto che quel colonnello Bonaventura , che passava i giorni con lui a Milano , passasse le notti con Marino a Sarzana a proposito dell ' omicidio Calabresi . A sua volta , Pomarici ritardò inspiegabilmente il momento di investire dell ' inchiesta il Gi Lombardi , che ne era da anni il titolare . Come sia stata condotta quell ' istruttoria , nascondendo alla difesa ogni circostanza dell ' accusa , rattoppando costantemente , fino alla manipolazione , gli svarioni , le contraddizioni e le smentite di Marino , non si può ridire qui . Voglio solo ricordare una questione recente circa il Gi Antonio Lombardi . Nel 1993 un ufficiale del Ros dei carabinieri di Trapani consegnò agli atti dell ' indagine trapanese sull ' assassinio di Mauro Rostagno un rapporto su carta intestata e con tanto di firma . L ' ufficiale riferiva di essersi incontrato a Milano col Gi Lombardi , che gli aveva detto che Rostagno era stato assassinato in connessione col processo Calabresi , per impedirgli di denunciare , come era intenzionato a fare , i suoi compagni di un tempo . Queste e altre infamie simili - non solo infami , ma ridicolizzate da ogni genere di prova , a cominciare dalla voce stessa di Mauro che parlava del nostro arresto e di me nella sua televisione - giacquero , coperte dal segreto , fra le carte dell ' inchiesta trapanese , finché potei leggerle nel luglio del 1996 , e denunciare quel documento calunnioso e scandaloso . Il Gi Lombardi smentì con veemenza , a mezzo agenzia , di aver mai detto quelle cose : non mi risulta che abbia denunciato l ' ufficiale , autore di un così smaccato falso . Io denunciai ambedue , e aspetto ancora di ricevere la minima notizia sull ' itinerario della mia denuncia . Non c ' è male , no ? Ogni volta che cose particolarmente insopportabili sono successe nel corso dei nostri processi - alla rinfusa : la descrizione della via di fuga dall ' attentato madornalmente sbagliata da Marino , e lodata per iscritto per la sua " esattezza " da Pomarici e poi da Lombardi ; la accidentale ( accidentale sul serio , Dario ) rivelazione dei rapporti occultati fra Marino e i carabinieri ; la distruzione sistematica dei corpi di reato , dopo il nostro arresto e incriminazione ; la stesura di una sentenza " suicida " per rovesciare un verdetto di assoluzione ; il pregiudizio dimostrato di un presidente di corte di assise d ' appello , e così via - ogni volta , non una voce della procura milanese si è alzata a criticare , o anche solo a manifestare dubbio o rammarico . Al contrario , molte voci , a partire dalla più autorevole , quella di Borrelli , si sono alzate a sostenere l ' accusa contro di noi , durante e dopo i processi , a criticare la sentenza di annullamento pronunciata dalle Sezioni unite della Cassazione ( cosa che D ' Ambrosio ha appena rifatto , sui giornali , addebitandole di essere entrata " nel merito " ) , a criticare la sentenza di assoluzione del secondo processo di appello , e così via . Ripeterò , non avendo mai avuto il minimo cenno di ricevuta , un esempio clamoroso , che non poteva non interessare i pareri altrimenti così pronti dei magistrati della procura . I due giudici togati del nostro primo processo si chiamano Manlio Minale , che presiedeva la Corte di Appello ( come ti è stato appena ricordato ) e Galileo Proietto , giudice a latere . Ebbene , Minale era al suo ultimo processo da giudice , essendo già stato designato , prima dell ' apertura stessa del dibattimento , procuratore aggiunto , dunque collega , subalterno di Borrelli , e superiore in grado di Pomarici , dei magistrati di quella procura che con tanto impegno e spirito di " squadra " , aveva sostenuto l ' accusa in istruttoria , e l ' avrebbe sostenuta in dibattimento . Tu hai notato forse come in tutti questi anni io abbia cercato di tenere un equilibrio , di non farmi risucchiare dentro schieramenti costituiti , di non prendere posizione su questioni generali ( comprese le più spinose , come l ' uso e l ' abuso dei " pentiti " ) attraverso il filtro esclusivo della mia personale vicissitudine . Questo valeva dunque anche per un tema come la separazione delle carriere fra magistrati dell ' accusa e del giudizio , sul quale conservo un preoccupato dubbio . Esemplificando i paradossi cui può portare la carriera unica , si è spesso evocata la possibilità che un magistrato finisca col giudicar e gli stessi imputati di cui è stato lui , da Pm , a costruire l ' accusa . Bene : nel mio caso si è compiuto il paradosso opposto , col giudice chiamato a sconfessare l ' operato , particolarmente esposto e discusso , dei suoi colleghi in pectore . Per completezza di paradosso , aggiungo che anche il giudice a latere , ed estensore della motivazione della sentenza , Proietto , è passato alla procura . Ho invano aspettato che qualcuno , Borrelli , D ' Ambrosio , Spataro , un altro a piacere , dicessero una parola sulla singolarità del caso . Tanto più che si trattava di un processo , non dirò importante ( tutti i processi , avendo in palio il diritto e il destino delle persone , dovrebbero essere importanti ) ma costellato di delicati colpi di scena , come la ricordata accidentale scoperta della convivenza notturna taciuta e negata fra Marino e i carabinieri , venuta fuori per l ' ingenuità di un curato di paese , e trattata con ineffabili riguardi dalla procura ( Pomarici che dichiarava di aver telefonato a Borrelli per avvertirlo della venuta dei carabinieri a testimoniare ) e dal Presidente , che pure era stato il primo menato per il naso dall ' originaria versione sul pentimento spontaneo e repentino . E visto che ci siamo , e che D ' Ambrosio ti ha invitato a portare elementi nuovi per la revisione del nostro processo , se ne hai ( chissà perché tu , a volte l ' ironia di certe battute mi sfugge ; siamo noi a cercare di farlo , com ' è noto ) terrei a chiedergli se abbia mai pensato , nei ventidue anni che ci separano dalla sentenza del 1975 sul " malore attivo " di Pinelli , alla revisione , o alla riapertura , di quel processo . E ' ancora oggi contento , o rassegnato , Gerardo D ' Ambrosio , a quel Pinelli che si piroetta oltre la ringhiera per il malore attivo , o si chiede ogni tanto come sia andata davvero ? Non sto barattando il processo Pinelli con quello Calabresi ( non l ' ho mai fatto , l ' hanno fatto i miei nemici , pretendendo di fare della nostra condanna la condizione per la " riabilitazione " del commissario ) , né facendo una battuta politica o un commento morale : la mia è un ' osservazione , per così dire , strettamente tecnica o giudiziaria.Calabresi fu ucciso , ma ci sono parecchie persone che si trovavano nella stanza da cui un interrogato fermato illegalmente e innocente uscì a capofitto dalla finestra , e nessuna di quelle persone , che allora mentirono tutte - come il dottor D ' Ambrosio appurò - ha più aperto bocca . Io sono in galera - ma non commiserarmi troppo : ne abbiamo viste di peggio - secondo i procuratori e alcuni giudici , perché Lotta continua aveva una specie di struttura illegale che " non può non essere stata " , come dice Marino , l ' autrice dell ' omicidio Calabresi , di cui io " non posso non essere stato " a conoscenza . Oppure : sono in galera perché il 13 maggio del 1972 alla fine di un mio comizio Pietrostefani e io avvicinammo Marino per comunicargli un mandato a uccidere , però Pietrostefani non c ' era ; perché alla fine del comizio andai con Brogi e Marini in un bar e di lì uscii in strada per dare a Marino un mandato a uccidere , ma Brogi e Marino erano uno a Genova e l ' altro a casa , e nessuno andò al bar , e la gente si sparpagliò perché pioveva forte , ma Marino si è dimenticato che piovesse ; ricevuto il mandato a uccidere , Marino mi salutò e tornò a Torino , però invece si fermò a Pisa e anzi la sera tardi venne con tanti altri a casa mia . E così via . Sono in galera per questo , e così i miei amici . Sono in galera anche perché dopo che Pomarici , Lombardi e una quantità di altri hanno tuonato che io , potente e amico di potenti ( caro Dario , amico mio ) , non sarei mai stato toccato , mentre il solo povero Marino avrebbe pagato per tutti . Con un piccolo cambio di ausiliare - aver pagato , essere pagato - è andata proprio così , e Marino , intervistato , ci concede benignamente la grazia . Carnevali , mondi a testa in giù : ma che aspettiamo a battergli le mani . Non ho alzato la voce verso quel disgraziato di Marino , in questi anni , né avrei parlato all ' ingrosso della procura di Milano se tu , nel tuo modo travolgente , non avessi fatto venire giù il loggione . E ' vero , l ' ultima sentenza milanese si imperniò sul fatto che il pentimento ( no : la crisi " mistica " ) di Marino sono autentici perché da ragazzo era passato dai Salesiani . Bestemmia che mi dispiace tanto più , perché ho simpatia e stima per molti Salesiani . Non mi auguro affatto che tu - né altri - modifichi la tua stima per la magistratura milanese per solidarietà con me . Mi dispiacerebbe perfino . Vorrei che , tenendosi al mio processo , di ogni cosa detta a carico o a difesa , si verificasse , per quanto è possibile ( molto ! ) la fondatezza e la lealtà . Il 17 maggio 1972 Luigi Calabresi fu assassinato . Gli attentatori arrivarono e e fuggirono a bordo di una 125 blu rubata . Tutti i testimoni in grado di distinguere riferirono che alla guida c ' era una donna . Nell ' auto abbandonata , furono ritrovati sul cruscotto , al posto di guida , degli occhiali neri da donna che i proprietari dell ' auto non avevano mai visto . Quando venne sospettato il neofascista Nardi , fu arrestata una giovane donna tedesca , Gudrun Kiess , accusata di essere stata la guidatrice dell ' auto . La Kiess restò in carcere a lungo , benché non avesse mai preso la patente . Nel luglio del 1988 gli inquirenti dichiararono che la donna al volante dell ' auto dell ' attentato era Leonardo Marino . Anch ' io non ho mai preso la patente . Sono qui che cammino avanti e indietro e mi fanno male i piedi . La lampadina è un micidiale doppio tubo al neon e non riesce a somigliare alla luna . Grazie , ciao .
Dodici milioni ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Difficile che domani Berlusconi alzi le spalle : « Sono più quelli che votano di quelli che scioperano o manifestano » . Neanche ad Arcore si possono dire più d ' una volta certe sciocchezze . E non solo perché da due mesi gli scioperi sono battenti e diffusi come non succedeva da quindici anni , e domani una folla mai vista confluirà a Roma , malgrado , o anche a causa , del disastro nel Nord . Sono dodici milioni in Italia i lavoratori dipendenti : quelli immediatamente minacciati nel lavoro , nel salario , nelle pensioni . Dodici su 57 milioni di italiani , su 40 milioni di elettori . Ognuno di essi ha , legate alla sua esistenza , almeno una o due persone . Ma soprattutto , non sono una parte come le altre : se si fermano loro , si ferma la città , la regione , il paese . È così oggi e sarà così domani , perché anche un terminale resta inerte senza la mano e la testa che lo accendono e interrogano . Se si fermano dodici milioni di altri cittadini , l ' impatto simbolico è grande ma la macchina produttiva e amministrativa cammina . Anche se si fermano gli otto milioni di cosiddetti « autonomi » ; perfino i fatali camionisti , ce ne vuole perché da soli inceppino tutto come farebbero due , tre , sei giorni di sciopero dei salariati . Sarebbe la paralisi . La guerra sociale totale . Sui salariati se ne son dette di tutte , soprattutto che , in declino la grande impresa , erano una specie in estinzione . Ma il lavoro salariato resta il sistema sanguigno della società industriale e postindustriale , per diffusa e retificata che sia . E mentre nel voto si confondono salariato o padrone , manager o casalinga , peso e potere sociale sono un altro paio di maniche . Da due mesi questo è tornato a evidenziarsi sullo schermo della società non virtuale . Sono corpi che non entrano in fabbrica o in ufficio , mani che non attivano macchine o computer , non alzano lo sportello , non emettono biglietti , non mettono in moto vagoni , tram e ferrovie . Mutano , luogo per luogo , il ritmo delle giornate , i meccanismi del quotidiano , l ' uso della città . E nei paesaggi metropolitani , dove non si addensava che il passeggio domenicale , si materializzano presenze aggregate , fuse in manifestazioni e cortei , parlanti . La società ha ripreso voce , altro che l ' anonimia dei sondaggi . Sono voci diverse , domande , volontà , tensioni , anche lacerazioni , non riducibili a numeri . Con costoro in piazza si tratta o gli si gettano contro gli odierni corrispondenti dei carabinieri a cavallo . E questo è il problema di Berlusconi . Ma su che cosa e come si tratta è anche il problema dei progressisti , o come diavolo si vogliono chiamare . Quel che vuole Berlusconi è ridurre il peso contrattuale , rendere la massa dei salariati plastica alla « competitività » , in un mondo dove esiste una sorta di dumping del mercato di manodopera , cinque o dieci volte più a buon prezzo nell ' Est europeo e in Asia . Perciò si vuole che da noi il lavoro costi meno , diventi precario e flessibile , e a questo giova l ' abolizione degli ammortizzatori sociali . Scuola , sanità , pensione non hanno da essere più un servizio cui si ha diritto : devono essere privatizzati e quindi acquistati , e per poterlo fare competano fra salariati per il posto , concorrano per il salario , si scannino gli immigrati . Per chi resterà a margine se la vedranno le Regioni , con fondi abbondanti dove ce ne sarà meno bisogno , magri dove ce ne sarà : questa è l ' autonomia fiscale . Ma questo modello - non meniamo il can per l ' aia - è stato accettato dai progressisti , Rifondazione esclusa . La caduta del Muro di Berlino per l ' Italia non è stata la rinuncia al comunismo , ma a qualsiasi regolazione politica del mercato . Di qui la inefficacia dell ' opposizione , il suo prendere di petto il governo più sulle regole che sulla finanziaria . Anche il sindacato ha avuto un sussulto soltanto quando s ' è visto che nessuno degli antichi e nuovi patti sarebbe stato tenuto , e la gente si è mossa senza starlo ad aspettare . Non c ' è futuro accettabile per i lavoratori di oggi e quelli di domani , oggi studenti , in questo quadro . Non è una terapia d ' urto , dopo la quale come in passato la crescita tornerà espansione e sviluppo , seppellirà morti e feriti e riaggregherà lembi allargati di società . Il modello competitivo non moltiplica più il ventaglio dei prodotti , non alimenta più , attraverso la redistribuzione salariale , il mercato interno , non mira più ad allargare la sua area : oggi tutti producono le stesse merci per la stessa fascia alta di consumi . Un mercato saturo , nel quale battersi a morte per concorrere a qualità sempre più alta e a prezzo sempre più basso . Che il mercato oggi sia questo lo sa qualsiasi operaio o impiegato della Fiat o di Lucchini o di De Benedetti . Lo sanno gli economisti . Lo sa il governatore Fazio . Lo sa Scalfari , che protesta soltanto per il prelievo di classe . Abbattere i salari , privatizzare i servizi , liberare i movimenti dei capitali non è stata l ' unica scelta anche per i progressisti ? Che propongono , salvo qualche emendamento , D ' Alema , Buttiglione , Spini , Orlando e quant ' altri ? Sottinteso : qualche sacrificio , poi tutto andrà da sé . No , nulla andrà da sé . Domani Roma lo dirà . Non si risponda , per favore : buona manifestazione , come sarebbe bello riavere , al posto di Berlusconi , Ciampi . Alain Minc , che ebbe fortuna anche in Italia per aver firmato con Simon Nora il primo rapporto sull ' informatica , poi come brillante manager del postindustriale e poi meno brillante consulente di Carlo De Benedetti , ha reso pubblico il rapporto sulle « Sfide economiche e sociali del 2000» , affidatogli dal commissario governativo del Piano in Francia . La tesi è sempre quella , ma il bello sono gli argomenti che la adornano . Nell ' ordine : la rivoluzione è epocale . Si è rivelato caduco il contratto che nelle democrazie europee s ' era instaurato dopo il 1945 fra le parti sociali e lo Stato : era basato sulla « compassione » della collettività ( sic ) , radicata nel mito dell ' uguaglianza , sceso direttamente dalla Rivoluzione francese . Con perniciosi effetti . Ha immobilizzato la società , ha frenato le forze produttive più audaci con lacci e lacciuoli . Oggi occorre un altro contratto sociale , fondato non più sull ' uguaglianza , che si misurava sul diritto di ciascuno , ma sull ' equità , cioè sulla capacità di adeguarsi al modello dell ' attuale economia di mercato . La quale è l ' unica , non c ' è alternativa . Meglio che l ' Europa si renda attraente subito per i capitali stranieri . Come ? Continuando con la disinflazione e accelerando la moneta unica europea , anticipata dal 1999 al 1997 . Magari si comincia da Germania e Francia . Abbassando il costo del lavoro direttamente e tagliando gli oneri sociali , ma sul serio , e quindi riducendo le prestazioni sociali , ma sul serio . In attesa di abolirlo , il salario minimo garantito va ridotto : funziona contro i disoccupati . Eccetera . Con Alain Minc , firmano il rapporto anche Alain Touraine , Edgar Morin , Pierre Rosanvallon . La sinistra pensante . Un ' idea geniale da Reims , quella del viaggio di Rossini . Il 23 ottobre scorso la società di promozione Athletics e una ventina di imprese nazionali hanno indetto la corsa del disoccupato . Quota di partecipazione : lire 15000 , scarpe e maglietta a carico del partecipante . Fornito dai promotori l ' originale cartello da appendere sulla schiena con su scritto il curriculum vitae . Tre percorsi : minimo io chilometri , meglio i 21 , consigliata la maratona dei 42 . Si tratta infatti di mettere in luce i disoccupati dotati di maggior tenacia e spirito di sacrificio , qualità più apprezzate dalle imprese . Uno scherzo ? Una provocazione di qualche Centro sociale ? No , la corsa è stata patrocinata dal Comune di Reims e dall ' Anpe ( Associazione nazionale per l ' occupazione ) , che ha offerto ai concorrenti una consulenza per la formulazione ottimale del loro profilo professionale .
Paure ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non è la prima volta che gli italiani si precipitano compatti a destra , osserva su « La Stampa » Norberto Bobbio , ricordando che anche nel 1948 la grande paura della sinistra portò a quel voto democristiano che ci avrebbe condizionato per mezzo secolo . Anche altri hanno scritto di questa paura della sinistra che continuerebbe a far tremare le masse . Nel 1994 paura dei progressisti , cavallo di Troia dei comunisti ? Stento a crederlo . Nel 1948 l ' Urss era uscita dalla guerra come grande potenza , che , dopo aver fermato i tedeschi all ' Est e ripreso Berlino , aveva il controllo su Polonia , Cecoslovacchia , Ungheria , Romania , Bulgaria , per un poco la Iugoslavia e i paesi baltici . La minaccia sovietica era assai minore di quel che si dice , per le disastrose condizioni nelle quali l ' invasione tedesca aveva lasciato l ' Est e perché Yalta aveva fermamente determinato le aree di influenza a favore della intatta potenza militare ed economica americana ; ma si poteva temere , almeno in Italia e in Francia , una egemonia dei partiti comunisti . Erano diventati forti nei fronti popolari , avevano praticamente diretto la resistenza , il fascismo faceva orrore , una ventata di sinistra spolverava gli scaffali della vecchia Europa . Ma nel 1994 ? L ' Unione Sovietica non esiste più . Le grandi potenze che si affacciano nel mondo , Germania e Giappone , sono per i borghesi del tutto rassicuranti . Minacce di armate rosse non se ne vedono . Va da sé che il comunismo è morto , e in ogni caso l ' Italia sembra tutto fuorché sull ' orlo d ' una rivoluzione operaia . Nessuno mi persuaderà che chi ha votato Berlusconi , Fini e Bossi lo abbia fatto per timore della dittatura del proletariato . Per timore di espropri , nazionalizzazioni , comandi operai in azienda . Quel voto massiccio del triangolo industriale non è un voto « contro » la sinistra , è un voto « per » la destra . Nella sinistra non credono più perché pensano che ormai padroni , capitale , Europa dei tedeschi che l ' hanno fatta , la società è diretta dai più ricchi e più forti , la competitività è selvaggia attorno a una torta non sufficientemente vasta e da dividere fra tutti . Il Nord non ha votato per la democrazia e l ' Occidente , ha votato per sé . Ha detto addio al « vecchio sistema politico » perché « assistenziale » e ha affondato Martinazzoli e Rosy Bindi perché ancora proponevano una relativa suddivisione dei carichi . Chi ha , non intende più assistere nessuno . Se ci dev ' essere una sola Italia , sia quella di Fini , dove i poveri stanno al loro posto , i giovani non sono fannulloni , le donne stanno a casa a fungere da stato sociale . Oppure sia l ' Italia di Berlusconi , dove tutto funziona come in una squadra di calcio o un ' azienda , non occorrono le SS , basta un capo del personale ; riconosciamo che c ' è una differenza . Hanno tenuto le regioni rosse perché le amministrazioni di sinistra avevano garantito un modello produttivo di piccole e medie aziende . E il Sud - tolta Roma e la Sicilia , le più vendicative e malate - si è arroccato come poteva . Questo mi pare il senso del voto . Paura per sé in un sistema che ha un solo modello e molto rigido . Non è la classica reazione piccolo borghese . Per questa sarebbe bastata come sempre la Democrazia cristiana . Uno guarda sui grafici la suddivisione della nuova camera e vede la società dei due terzi di Glotz . E sui giornali già si profila un qualche allineamento sui vincenti , che per qualche giorno paiono incredibili alla stampa estera . E chi sarà mai , questo Berlusconi ? Non è neanche fascista come Fini , né maleducato come Bossi . Se non piace agli intellettuali , vuol dire che ha i piedi per terra , saprà far andare le cose , non spaccherà l ' Italia e la farà rigare dritta dalle Alpi a Lampedusa . Chi accetta le regole del gioco entra nel gioco , non senza trarre saporose vendette su chi non ci sta . C ' è però un tratto comune con il 1948; sta nella paura dell ' assumersi responsabilità totali su di sé , marciare sulle proprie gambe in una società terrestre di cittadini in linea di principio uguali . Nel 1948 l ' Italia non si dava , per difendersi dai comunisti , un normale governo democratico , correva sotto il mantello della Chiesa , pregando la Madonna e facendosi consigliare dai parroci . Quella del 1994 per difendersi dall ' esclusione è corsa sotto il mantello dell ' Imprenditore , facendosi consigliare dalla televisione . Non inganniamoci : Rai e Fininvest sono state identiche nell ' irridere alle « utopie » che dividono sfera politica e sfera economica , nel vantare il mercato non come regolatore dello scambio ma come regolatore dei valori , principio dell ' etica pubblica . Un intelligente amico di Milano , Italia chiedeva qualche mese fa a un invitato : ma lei crede ancora che ci siano diritti a prescindere dal mercato ? Lo domandava sul serio , lui non ci credeva più , e l ' altro si difendeva in modo un po ' cattolico . Questa totalizzazione dell ' economico è manifestamente la fine d ' una divisione dei poteri fra politico ed economico , ma con questo è anche la fine di un possibile primato della persona . L ' individualismo del mercato è quello dell ' imprenditore e solo il suo . Chi non ha capitale è macchina o merce o consumatore , non è metro sul quale si misura il modo di produrre e organizzare la propria esistenza . E qui s ' è verificato l ' incontro fra destra e postmoderno , nella riduzione dell ' io debole a privatezze che lo rendono solipsista , se ha un certo reddito , e obbediente , se non lo ha . Si tratta d ' una appena travestita regressione a prima della Rivoluzione francese . Non è un ' operazione semplice e scompagina le culture . Se il 1994 segna una data storica , è nel senso che il carisma della Chiesa ha ceduto a quello di Berlusconi . La Chiesa era tornata sulla scena politica dopo una lunga assenza per invocare l ' unità dei cattolici contro il capitalismo selvaggio e in favore di quello temperato dalla solidarietà e dai valori che vorrebbe Martinazzoli . Ma non ha funzionato , perché nessun valore ha mai temperato le scelte del capitale ; le ha moderate talvolta lo Stato moderno , e con la stessa mano sorrette , diminuendo gli attriti che il suo selvaggio procedere provocava . Forse che le politiche sul mezzogiorno non hanno fornito un esercito di riserva al Nord , e la spesa pubblica non ha permesso i bassi salari ? Per favore . La Chiesa sarà per il primato dell ' uomo , ma non per quello del cittadino . Tutta la sua storia dopo i Padri è una trattativa con i poteri per spartirsi il terreno , a loro gli eserciti e la proprietà , alla sede di Pietro la gerarchia dei valori . Ma nei momenti di impetuosa crescita del capitale , essa perde sempre . Le strade del Signore sono infinite ma quelle del capitale sembrano più sbrigative . Così l ' Italia si è scristianizzata . Non era vero che la parola partito destasse ormai in tutti una vivace repulsione . Lo credevamo a torto . Berlusconi ha parlato con orgoglio del suo partito , spuntato come un fungo : la sua rapidità di crescita , ha detto commentando il voto , dimostra come l ' Italia fervesse del bisogno di raggrupparsi , fare finalmente riunioni e dedicarsi al volantinaggio . Le mancava soltanto la sigla giusta . Anche quello di Fini è un partito , e muscoloso . E un partito è la Lega , con attivisti , congressi , funzionari e tutto . Dunque la forma partito va ancora . Va per quello che avevamo stigmatizzato come il suo maggior vizio , la centralizzazione , il potere del capo . Dunque quel che si voleva non era tanto distruggere i partiti , ma adeguarli ai soggetti postindustrialmente ruggenti . Anche il precetto dell ' onestà si è rivelato relativo , Berlusconi s ' è arricchito alle spalle dei cittadini con il Caf ? Che altro poteva fare . C ' è qualche piccolo sospetto su legami mafiosi ? Bisogna essere garantisti . Tutto è relativo . E quanto al leader referendario , l ' identificazione diretta , personale , ravvicinata fra cittadino e potere , sarà per un ' altra volta .