StampaQuotidiana ,
Come
si
fa
a
rendere
non
credibile
una
democrazia
?
Si
fa
come
in
Italia
.
E
infatti
altri
paesi
esitano
a
seguirci
,
pur
avendo
problemi
non
così
dissimili
dai
nostri
.
Non
c
'
è
istituzione
che
non
vacilli
alla
prima
onda
matta
che
le
si
infranga
addosso
.
Le
istituzioni
sono
destinate
a
mutare
sotto
l
'
impatto
della
storia
.
Tutti
i
movimenti
,
quando
emergono
,
nella
istituzione
incontrano
un
limite
,
lo
denunciano
,
tendono
a
travalicarla
.
La
differenza
fra
destra
e
sinistra
-
una
delle
differenze
-
sta
nel
fatto
che
i
movimenti
di
sinistra
tendono
a
riappropriarsi
di
quella
partecipazione
che
la
formalità
della
rappresentanza
appiattisce
,
allargando
per
così
dire
il
sistema
circolatorio
e
immettendovi
sangue
fresco
;
i
movimenti
di
destra
,
invece
,
tendono
a
restringerla
.
La
tanto
esaltata
«
rivoluzione
italiana
»
del
1993
ha
questo
segno
,
anche
se
nessuno
dei
molti
che
sulle
prime
l
'
hanno
esaltata
lo
riconosce
.
Crollato
il
Caf
,
è
la
destra
che
conduce
la
danza
,
puntando
al
discredito
di
ogni
forma
di
partecipazione
politica
e
di
separazione
dei
poteri
,
in
modo
da
liberare
lo
spazio
al
«
niente
Stato
,
tutto
mercato
»
.
Adesso
nel
macinatutto
sta
il
referendum
.
Come
si
fa
a
svuotarlo
di
senso
?
Se
ne
presentano
dodici
.
Ha
ragione
Stefano
Rodotà
,
quando
ricorda
(
su
«
Repubblica
»
di
ieri
)
che
non
dovrebbe
esservi
istituto
più
immediato
e
chiaro
di
quello
che
affida
ai
cittadini
di
decidere
d
'
un
dilemma
di
linea
o
di
coscienza
civile
che
il
parlamento
non
è
in
grado
di
risolvere
,
o
che
è
essenziale
verificare
in
un
contesto
più
ampio
.
E
infatti
così
sono
i
referendum
all
'
estero
,
e
così
sono
stati
da
noi
i
grandi
referendum
su
monarchia
e
repubblica
,
così
è
stato
per
legge
Reale
,
aborto
e
divorzio
,
nucleare
e
tossicodipendenze
,
e
così
in
qualche
misura
ancora
per
la
legge
elettorale
.
Anche
se
,
osserva
Rodotà
,
l
'
ultimo
dei
grandi
referendum
ha
,
più
che
«
abrogato
»
,
ritagliato
una
legge
su
misura
dei
proponenti
,
è
innegabile
che
esso
rispondeva
a
una
spinta
d
'
opinione
,
che
la
sinistra
non
aveva
né
sollecitato
né
era
in
grado
di
guidare
.
Ma
che
cosa
ha
a
che
vedere
con
queste
scadenze
,
sia
pur
di
meno
in
meno
solenni
,
la
miscela
fra
quesiti
grandi
e
minuscoli
che
si
affolleranno
domenica
in
dodici
schede
?
La
maggioranza
della
gente
non
lo
sa
.
Non
solo
per
la
difficoltà
dei
quesiti
,
che
in
queste
ultime
settimane
ci
si
è
sforzati
di
dipanare
e
cui
dovrebbe
soccorrere
la
numerazione
,
una
titolazione
approssimativa
e
il
diverso
colore
delle
schede
,
ma
per
la
dimensione
così
diversa
delle
questioni
.
Davvero
occorreva
ricorrere
per
tutte
a
una
consultazione
così
massiccia
?
Il
dubbio
toglie
all
'
appuntamento
dell
'
1
r
giugno
il
connotato
di
grande
scelta
popolare
,
per
farne
terreno
di
scorribande
e
manipolazione
degli
umori
o
delle
corporazioni
.
Se
si
aggiunge
che
fino
all
'
ultimo
personaggi
come
Veltroni
e
Confalonieri
fanno
sapere
che
per
l
'
oggetto
maggiore
del
contendere
,
la
posizione
della
Fininvest
nel
sistema
televisivo
,
sarebbe
possibile
mettersi
d
'
accordo
,
e
sostanzialmente
lo
si
farà
,
bisogna
dire
che
si
è
fatto
di
tutto
per
confondere
le
idee
.
E
infatti
il
Polo
,
fallita
un
'
intesa
alle
sue
condizioni
,
gioca
le
carte
di
una
propaganda
che
più
bugiarda
non
si
può
:
votate
No
su
tutto
,
anche
a
costo
di
scaricare
i
referendum
di
Pannella
,
perché
qui
si
vuol
diminuire
la
vostra
scelta
televisiva
.
Non
è
vero
,
ma
che
importa
?
Inversamente
,
dove
non
ci
sono
interessi
diretti
dell
'
impresa
,
come
nei
referendum
sui
sindacati
,
si
corre
fra
due
impossibilità
:
senza
la
scossa
del
referendum
il
sindacato
non
ha
ascoltato
la
domanda
di
maggiore
democrazia
e
rappresentatività
,
ma
nel
referendum
decideranno
anche
le
massaie
che
,
salvo
il
rispetto
,
non
c
'
entrano
niente
.
L
'
elettore
è
confuso
e
teme
di
confondersi
:
quanti
decideranno
di
astenersi
su
tutto
perché
non
capiscono
,
quanti
per
convinzione
,
quanti
su
alcuni
quesiti
,
cosa
che
li
obbligherà
a
far
verbalizzare
dal
presidente
di
seggio
quali
schede
accetti
e
quali
no
,
e
quanti
saranno
in
imbarazzo
in
cabina
,
preoccupati
di
confondere
i
foglietti
e
non
scrivere
la
croce
su
una
scheda
sopra
l
'
altra
sulla
mensoletta
che
avranno
davanti
?
Se
la
gente
volesse
pensarci
su
,
mettiamo
,
tre
minuti
per
scheda
,
starebbe
in
cabina
un
'
ora
.
Ci
vorrebbero
un
paio
di
giorni
e
non
uno
solo
per
votare
.
Penso
a
me
stessa
,
che
voterò
Sì
ai
due
quesiti
che
mirano
all
'
abolizione
della
Mammì
e
No
a
quello
sulla
partecipazione
dei
privati
alla
Rai
,
Sì
ai
due
quesiti
sindacali
sull
'
allargamento
della
rappresentanza
,
No
a
quello
che
vuol
trasformare
in
pubblico
la
possibilità
di
non
far
trattenere
le
quote
sindacali
sulla
busta
paga
,
e
poi
No
all
'
estensione
del
maggioritario
ai
grandi
comuni
e
poi
ci
penserò
...
Faccio
politica
da
una
vita
,
ma
forse
nella
fretta
mi
aiuterò
con
i
numeri
e
i
colori
.
Sarebbe
questo
il
grande
appuntamento
popolare
?
Tocco
con
mano
che
siamo
fuori
e
contro
il
senso
che
volemmo
dare
nel
dopoguerrra
al
referendum
.
Un
'
altra
confusione
,
e
più
grave
,
arruffa
istituti
e
spirito
pubblico
.
È
la
confusione
fra
politica
,
giustizia
e
morale
nella
quale
sguazziamo
da
alcuni
anni
e
oggi
precipita
nel
caso
di
Antonio
Di
Pietro
.
L
'
aver
consegnato
alla
magistratura
un
contenzioso
politico
più
che
maturo
,
già
fradicio
,
perché
non
si
sapeva
o
voleva
affrontarlo
in
sede
politica
,
sta
diventando
un
boomerang
per
la
politica
.
E
anche
per
la
magistratura
che
ha
avuto
l
'
imprudenza
di
accettare
un
compito
non
suo
.
Non
sono
una
incondizionale
del
pool
di
Mani
Pulite
,
e
questo
mi
è
costato
qualche
impopolarità
anche
fra
i
miei
amici
.
Non
amo
ridurre
tutto
a
fattispecie
penale
,
né
lasciare
ai
pubblici
ministeri
che
mi
trovino
,
costi
quel
che
costi
,
una
verità
che
per
colpa
o
errore
o
omissione
ho
permesso
si
producesse
sotto
il
mio
naso
.
Non
apprezzo
il
carcere
preventivo
,
non
apprezzo
il
patteggiamento
.
Non
apprezzo
i
magistrati
che
esternano
in
tv
parole
e
silenzi
.
Non
apprezzo
gli
avvisi
di
garanzia
che
trapelano
dai
giornali
.
Eccetera
.
Ma
è
indecente
la
corrida
che
oggi
è
aperta
su
Antonio
di
Pietro
,
un
giorno
colpevole
e
indagato
e
l
'
altro
no
,
un
giorno
nella
polvere
e
l
'
altro
sugli
altari
.
Per
quel
che
leggo
,
e
magari
il
giorno
dopo
viene
smentito
,
è
un
uomo
qualsiasi
che
ha
fatto
anche
un
debito
con
chi
non
doveva
e
lo
ha
pagato
-
sono
affari
suoi
.
Che
ha
stretto
qualche
mano
non
candida
-
sono
affari
suoi
.
Che
ha
raccomandato
o
lasciato
raccomandare
suo
figlio
-
si
può
capire
.
Ma
a
me
,
cittadina
,
di
Pietro
deve
rispondere
soltanto
di
come
ha
fatto
il
pubblico
ministero
,
e
ha
diritto
di
chiedere
sul
resto
per
sé
quel
rispetto
che
qualche
volta
non
ha
concesso
ai
suoi
imputati
.
Questo
rispetto
non
glielo
ha
chiesto
nessuno
,
meno
che
mai
la
stampa
,
per
gli
imputati
:
purché
acchiappi
topi
ogni
gatto
va
bene
.
Nessuno
ha
obiettato
,
fuorché
la
difesa
di
Cusani
,
che
a
Milano
si
facesse
un
processo
indiretto
a
tre
quarti
del
ceto
politico
italiano
tramite
il
modesto
yuppie
lombardo
,
ex
nuova
sinistra
ed
ex
finanziere
di
corte
.
Di
Pietro
inchiodava
Craxi
?
Era
l
'
arcangelo
Michele
,
il
salvatore
degli
italiani
,
il
migliore
dei
ministri
possibili
dell
'
Interno
,
anzi
dei
presidenti
del
Consiglio
e
,
chissà
mai
,
dei
capi
di
Stato
.
Non
è
da
stupire
che
a
una
persona
semplice
e
di
cultura
politica
inesistente
sia
un
po
'
girata
la
testa
,
e
che
lasciata
la
toga
si
agiti
molto
e
ci
informi
di
tutto
quel
che
gli
passa
nel
cervello
:
le
prime
pagine
dei
giornali
,
anzi
interi
giornali
,
hanno
portato
alle
stelle
ogni
sua
parola
.
Adesso
con
lo
stesso
stile
lo
si
morde
:
e
se
anche
di
Pietro
fosse
corrotto
?
Vedremo
,
intanto
spariamo
i
titoli
.
Come
è
successo
ai
suoi
imputati
,
la
vita
privata
,
la
moglie
,
i
debiti
,
le
difficoltà
,
le
amicizie
sono
nel
mirino
,
insinuazioni
e
falsi
e
smentite
inclusi
.
A
questo
genere
di
vendetta
plebea
,
consumata
da
professionisti
,
interessa
che
il
giudice
sia
esaltato
per
poter
essere
poi
abbattuto
:
e
arrivederci
alle
regole
.
Che
cosa
di
peggio
poteva
essere
fatto
alla
magistratura
che
elevarla
a
supremo
e
unico
arbitro
della
vicenda
politica
degli
ultimi
dieci
anni
?
Gettarle
addosso
il
sospetto
che
sia
stata
anch
'
essa
corruttrice
o
corrotta
.
Il
cerchio
è
chiuso
.
Sarò
fissata
,
ma
anche
qui
è
una
questione
di
mercato
.
Mancano
grandi
regolatori
,
grandi
identità
di
principi
o
grandi
conflitti
,
e
ogni
cosa
finisce
in
tribunale
.
Mandare
tutto
in
tribunale
significa
,
oltre
che
attribuire
ai
magistrati
un
ruolo
di
arbitri
della
politica
e
della
morale
,
che
non
è
loro
,
significa
dare
a
tutte
le
relazioni
sociali
e
personali
un
valore
di
scambio
.
Ogni
perdita
subita
si
identifica
in
un
prezzo
o
una
pena
,
tu
mi
hai
sottratto
questo
e
mi
devi
rendere
altrettanto
,
o
in
rimborso
o
in
sofferenza
.
Questo
secondo
passaggio
,
barbaro
,
non
è
mai
stato
in
auge
come
ora
.
Così
il
momento
della
giustizia
funge
da
amministrazione
pubblica
dell
'
etica
e
l
'
etica
si
identifica
in
codice
penale
,
ordine
e
/
o
vendetta
.
Se
una
Corte
assolve
un
imputato
perché
non
ci
sono
prove
che
sia
stato
lui
a
commettere
quel
delitto
,
i
familiari
della
vittima
,
subito
interrogati
dai
media
,
dichiarano
che
è
intollerabile
,
non
c
'
è
giustizia
.
O
il
contrario
,
se
l
'
imputato
è
un
loro
parente
.
Un
piccolino
è
appena
morto
di
Aids
che
la
famiglia
già
informa
le
televisioni
a
quale
ospedale
farà
causa
.
La
società
sparisce
sotto
i
privati
sentimenti
e
risentimenti
,
e
i
risentimenti
si
risarciscono
.
In
quattrini
e
carcere
.
Altro
ethos
pubblico
,
qualche
modesta
regola
di
riferimento
,
altri
binari
,
ascisse
e
ordinate
del
discorso
e
del
giudizio
,
non
ci
sono
.
Sicché
nel
confuso
menar
di
colpi
non
c
'
è
più
neanche
vera
trasgressione
.
Mao
aveva
detto
:
«
Grande
è
il
disordine
sotto
il
cielo
e
questo
è
bene
»
.
Dubito
che
avrebbe
detto
:
«
Grande
è
la
confusione
sotto
il
cielo
,
e
questo
è
bene
»
.
Il
disordine
può
essere
grande
,
la
confusione
è
roba
piccola
.
StampaQuotidiana ,
Una
guerra
etnica
non
ha
soluzioni
decenti
.
Finché
Serbia
e
Croazia
non
si
saranno
spartita
l
'
ex
Iugoslavia
non
ci
sarà
tregua
;
ma
la
spartizione
non
terminerà
mai
.
Serbi
e
croati
sono
gli
stessi
slavi
del
Sud
,
con
la
stessa
lingua
originaria
,
prima
divisi
fra
gli
imperi
ottomano
e
asburgico
,
poi
vissuti
assieme
e
incrociati
;
e
soltanto
la
religione
differenzia
gli
islamici
.
Come
sempre
le
radici
di
una
guerra
fra
etnie
sono
mitiche
,
funzionali
ad
ambizioni
e
frustrazioni
,
a
scompensi
e
interessi
scaricati
su
disegni
espansivi
,
simmetrici
alle
insicurezze
.
Sia
in
Serbia
sia
in
Croazia
c
'
è
chi
fantastica
di
spazi
vitali
che
arrivano
quasi
alle
porte
della
capitale
avversaria
;
né
agli
uni
né
agli
altri
bastano
le
frontiere
amministrative
che
avevano
nello
Stato
federale
.
Così
ogni
nuovo
confine
resterà
provvisorio
;
ogni
spartizione
comporterà
ingiustizie
,
deportazioni
,
sradicamenti
.
La
guerra
ha
fatto
delle
diversità
un
abisso
incolmabile
:
gli
uccisi
,
i
beni
perduti
,
il
trovarsi
a
sparare
sul
fratello
o
il
cognato
,
hanno
generato
l
'
odio
dove
non
era
più
che
diffidenza
.
Il
conflitto
riprenderà
a
ogni
occasione
,
e
può
incendiare
Kossovo
e
Macedonia
.
Per
questo
la
comunità
internazionale
,
che
non
ha
prevenuto
,
non
è
in
grado
né
di
persuadere
né
di
dissuadere
.
Ha
assistito
soddisfatta
allo
smembramento
della
Iugoslavia
e
non
sa
come
controllarne
le
conseguenze
.
Dopo
1'89
il
Vaticano
e
la
Germania
hanno
incoraggiato
la
secessione
della
Croazia
per
riportarla
nell
'
area
tedesca
o
austriaca
assieme
alla
Slovenia
.
Dopo
i
tentativi
di
mediazione
di
Gorbacev
,
la
Russia
ha
appoggiato
la
Serbia
che
rispondeva
con
le
armi
in
nome
di
uno
Stato
federale
che
aveva
contribuito
a
mandare
a
picco
.
Le
Nazioni
Unite
riconoscono
la
Croazia
e
mettono
l
'
embargo
alla
Serbia
,
alimentandone
il
risentimento
nazionalista
.
La
miscela
bosniaca
fra
serbi
e
croati
e
musulmani
diventa
esplosiva
.
Serbia
e
Croazia
mirano
ormai
a
spartirsi
la
Bosnia
,
modello
di
civiltà
opposto
al
loro
,
puntando
ciascuna
sui
«
suoi
»
bosniaci
,
indigeni
o
reclutati
tra
i
feroci
ex
ustascia
ed
ex
cetnici
.
Sotto
i
colpi
,
la
Bosnia
da
multietnica
si
va
identificando
con
la
causa
dei
musulmani
.
E
forse
non
poteva
essere
diversamente
:
ma
le
scelte
di
Izetbegovic
che
chiede
aiuti
in
tutte
le
direzioni
per
crearsi
un
esercito
,
e
trova
risposte
dalla
destra
americana
al
mondo
arabo
e
all
'
Iran
,
delineano
una
Bosnia
diversa
da
quella
che
era
stata
.
Sarajevo
,
civiltà
plurale
,
non
sarà
più
come
prima
:
la
spaccatura
ha
vinto
con
il
sangue
sulla
molteplicità
.
Si
può
capire
l
'
invettiva
di
Zlatko
Dizdarevic
:
chi
ha
difeso
quel
principio
?
Non
le
Nazioni
Unite
.
Il
piano
Vance
-
Owen
implicava
la
spartizione
etnica
,
ritagliando
una
mappa
in
cui
ciascuno
vedeva
riconosciute
le
ragioni
per
separarsi
e
di
cui
nessuno
si
contentava
.
E
infatti
tutte
le
molte
tregue
sono
saltate
.
Karadzic
non
ha
mai
cessato
l
'
assedio
di
Sarajevo
,
l
'
ultima
tregua
è
stata
violata
per
disperazione
o
provocazione
dai
bosniaci
,
i
serbi
hanno
rilanciato
sulle
enclaves
che
le
Nazioni
Unite
avevano
incautamente
dichiarato
protette
.
L
'
Onu
non
può
proteggere
quelle
genti
senza
entrare
in
guerra
con
la
Serbia
,
come
non
può
proteggere
i
serbi
della
Krajina
senza
farlo
contro
la
Croazia
.
Così
i
venti
di
guerra
soffiano
più
forte
.
Chi
è
stato
a
Sarajevo
o
ha
visto
la
presa
di
Srebreniza
e
le
file
dei
deportati
e
ha
sentito
degli
uccisi
o
violentati
,
vede
oggi
una
comunità
quasi
inerme
di
fronte
a
un
esercito
spietato
e
chiede
che
siano
armati
i
musulmani
:
la
sequenza
dell
'
infernale
meccanismo
è
dimenticata
.
L
'
aggressore
della
Bosnia
non
sono
i
serbi
?
«
Bombardate
Pale
,
e
domani
Belgrado
»
.
Lo
hanno
gridato
anche
molti
democratici
,
molti
compagni
,
lo
ha
più
che
sussurrato
la
Chiesa
,
quando
l
'
intervento
della
Croazia
è
venuto
a
interdire
ogni
semplificazione
.
Due
grossi
nazionalismi
,
alimentati
da
destra
e
potenti
,
sono
in
una
guerra
mortale
e
chiedono
al
mondo
di
scegliere
fra
loro
,
perché
il
mondo
ne
ha
sancito
la
legittimità
.
Poteva
non
farlo
?
Il
diritto
di
successione
unilaterale
inerisce
all
'
autodeterminazione
dei
popoli
.
Ma
che
cos
'
è
un
'
autodeterminazione
decente
?
Che
rispetti
i
diritti
umani
e
le
minoranze
?
Una
nazione
che
si
definisce
per
identità
di
sangue
o
ceppo
,
scegliendo
da
storia
e
tradizione
quel
che
più
conviene
al
suo
mito
,
e
si
pretende
un
solo
Stato
in
una
sola
terra
,
che
ne
fa
dei
diritti
umani
?
Non
li
vede
;
o
li
vede
come
una
minaccia
alla
sua
integrità
.
Così
una
guerra
etnica
non
ha
regole
né
limiti
.
E
in
uno
Stato
etnicamente
compatto
anche
in
pace
chi
non
appartiene
all
'
etnia
è
negato
,
deportato
o
obbligato
a
proditori
lealismi
;
e
chi
vi
appartiene
dovrà
declinare
ogni
libertà
sul
metro
del
nazionalismo
,
che
essendo
sacrale
è
assolutista
,
patriarcale
,
nemico
di
ogni
mediazione
.
Galleggiamo
dunque
fra
princìpi
e
cinismo
,
Realpolitik
e
impotenza
.
Forse
è
venuto
il
momento
di
interrogare
l
'
equazione
etnia
-
nazione
-
popolo
-
Stato
,
e
chiederci
perché
la
Carta
della
Nazioni
Unite
,
che
aveva
escluso
tassativamente
la
guerra
come
mezzo
di
soluzione
dei
conflitti
è
violata
da
tutte
le
parti
.
Dalle
grandi
potenze
,
quando
sono
in
causa
i
loro
interessi
economici
e
politici
come
nel
caso
dell
'
Iraq
o
della
Cecenia
,
e
da
comunità
che
definiamo
tribali
nei
paesi
terzi
come
in
Somalia
o
in
Ruanda
.
L
'
Onu
non
è
né
garante
né
pacificatrice
.
Lo
è
stata
ancor
meno
da
quando
è
finito
con
il
bipolarismo
una
reciproca
messa
in
guardia
dei
campi
di
influenza
.
Nel
caso
iugoslavo
non
c
'
è
stata
soltanto
incapacità
.
La
disgregazione
del
campo
comunista
è
stata
favorita
dovunque
e
in
qualsiasi
modo
accadesse
.
Né
1'Onu
né
le
élites
politico
-
intellettuali
hanno
ammonito
o
preteso
alcuna
riflessione
o
intesa
.
Si
poteva
essere
più
miopi
?
I
Balcani
sono
una
delle
piaghe
dell
'
Europa
.
Gli
imperi
asburgico
e
ottomano
avevano
diviso
gli
slavi
,
modellandone
le
genti
sulle
proprie
strutture
e
confessioni
.
Al
di
qua
della
Drina
i
serbi
si
erano
sanguinosamente
battuti
contro
la
Sublime
Porta
,
dall
'
altra
i
croati
non
si
erano
battuti
contro
gli
Asburgo
:
antica
querela
che
la
seconda
guerra
mondiale
avrebbe
reso
più
aspra
.
Caduti
i
due
imperi
con
la
prima
guerra
mondiale
,
avveniva
il
terremoto
.
Per
gli
islamici
furono
deportazioni
ed
emorragie
mai
concluse
.
Ma
tutto
il
mondo
slavo
,
del
Sud
e
del
Nord
,
si
trovava
a
doversi
fare
nazione
e
Stato
,
accelerando
i
processi
che
avevano
dato
luogo
agli
stati
nazionali
in
Europa
,
nei
quali
radici
e
storia
e
memoria
s
'
erano
lungamente
elaborati
in
progetti
di
società
«
politiche
»
.
Gli
slavi
del
Sud
non
avevano
mai
avuto
uno
Stato
.
Come
costituirsi
in
nazione
senza
andare
in
mille
pezzi
nelle
diversità
ereditate
?
Dov
'
era
la
base
,
la
ragione
di
una
unità
o
coesistenza
?
Dopo
l
'
unificazione
monarchica
dei
serbi
Karageorgevic
,
il
problema
si
pone
per
la
prima
volta
in
forme
moderne
alla
resistenza
antitedesca
e
antifascista
dei
partigiani
di
Tito
.
Non
si
legge
la
vicenda
iugoslava
fuori
dagli
scenari
della
prima
e
seconda
guerra
mondiale
,
la
formazione
della
Russia
dei
Soviet
,
poi
la
minaccia
nazista
-
in
Croazia
divenuta
realtà
statale
-
e
la
seconda
guerra
mondiale
.
Di
qui
il
ruolo
di
quella
singolare
generazione
comunista
.
Alle
spalle
della
resistenza
iugoslava
stava
un
'
idea
di
unificazione
,
socialista
,
certo
,
che
avrebbe
liberato
gli
slavi
del
Sud
dalla
premodernità
,
dagli
arcaismi
dinastici
o
religiosi
o
patriarcali
,
avrebbe
dato
loro
un
progetto
.
Un
'
idea
forte
,
che
non
si
consegnava
a
nessuno
degli
alleati
,
con
sgomento
prima
degli
inglesi
poi
dei
sovietici
.
Non
difendo
tutto
quel
che
fecero
uomini
come
Tito
o
Djilas
,
Kardelj
o
Vlahovic
o
Dedijer
,
per
parlare
solo
di
quelli
che
conosco
o
ho
incontrato
;
dico
che
costoro
,
croati
o
sloveni
o
serbi
o
montenegrini
o
bosniaci
,
hanno
perseguito
un
'
idea
grande
di
società
avanzata
e
multinazionale
.
Definirla
,
come
si
legge
qua
e
là
,
una
mera
«
facciata
repressiva
»
è
una
sciocchezza
.
È
stata
una
realtà
,
ha
funzionato
e
un
'
Europa
saggia
avrebbe
dovuto
aiutarla
a
preservarsi
.
E
quando
questo
modello
non
riesce
ad
articolarsi
politicamente
né
a
risolvere
i
problemi
posti
dall
'
originale
tentativo
fra
autogestione
e
mercato
,
che
le
difficoltà
si
scaricano
in
un
più
di
autonomia
delle
repubbliche
che
ne
accentuerà
disuguaglianze
e
contenziosi
.
E
allora
riprenderà
fiato
il
nazionalismo
.
Non
perché
eredi
ma
perché
liquidatori
della
Iugoslavia
e
nemici
di
Tito
,
Milosevic
e
Karadzic
vogliono
«
tutti
i
serbi
in
un
solo
Stato
»
e
Tudjman
guarda
alla
Germania
,
reprime
ogni
opposizione
e
perseguita
í
serbi
della
Kraijna
.
I
«
comunisti
»
-
penso
a
un
colloquio
con
Kardelj
nel
1964
e
con
altri
a
Belgrado
nel
1965
-
temevano
fin
da
allora
lo
scenario
di
oggi
.
Su
tutto
questo
ha
taciuto
la
sinistra
.
C
'
è
un
deficit
di
conoscenza
e
di
analisi
,
una
codardia
intellettuale
,
un
'
inclinazione
a
fuggire
dai
problemi
reali
per
la
via
delle
buone
intenzioni
,
dai
grandi
dilemmi
della
modernità
per
la
strada
dei
buoni
sentimenti
.
Non
abbiamo
messo
in
guardia
gli
amici
iugoslavi
dai
vaneggiamenti
di
Dobriga
Cosic
e
dall
'
Accademia
di
Belgrado
,
che
porta
responsabilità
tremende
,
e
abbiamo
lasciato
che
quelli
di
Praxis
rifluissero
ognuno
sul
nazionalismo
suo
.
Ci
andava
bene
il
piano
Vance
-
Owen
,
purché
tutti
si
calmassero
.
Ci
siamo
divisi
anche
noi
fra
le
ragioni
di
serbi
immaginari
,
croati
immaginari
e
Sarajevo
dissanguata
.
Poi
piangiamo
sugli
eccessi
:
sulla
gente
trascinata
fuori
dalle
case
,
dalla
terra
,
dalla
vita
,
e
senza
voce
.
Quando
mai
l
'
Europa
ha
dato
voce
a
chi
non
era
uno
Stato
?
Non
dovevano
esigere
che
al
tavolo
delle
trattative
non
sedessero
solo
coloro
per
i
quali
la
guerra
è
un
mito
e
un
affare
?
Aiutarli
a
essere
soggetto
politico
visibile
?
Collegare
le
opposizioni
ai
nazionalismi
?
Al
più
,
gli
abbiamo
dato
rifugio
.
Saremo
sempre
una
Croce
Rossa
ridotta
a
raccogliere
vittime
?
Quelle
morti
vengono
da
una
malattia
comune
.
StampaQuotidiana ,
Nel
1961
Enzo
Bettiza
,
da
quattro
anni
corrispondente
da
Vienna
,
fu
trasferito
a
Mosca
;
e
non
senza
disappunto
abbandonò
il
prezioso
«
fossile
»
che
per
cultura
ed
estrazione
familiare
gli
era
tanto
caro
.
Nato
a
Spalato
jugoslava
,
studente
liceale
nell
'
italianissima
Zara
,
figlio
di
un
irredentista
dalmata
cittadino
italiano
e
di
una
montenegrina
,
Bettiza
si
è
sempre
considerato
un
mitteleuropeo
e
più
precisamente
un
Altósterreicher
,
sentimentalmente
legato
alla
sua
«
defunta
»
capitale
.
Alla
nuova
residenza
egli
non
giunge
tuttavia
impreparato
.
Ha
una
moglie
goriziana
,
parla
perfettamente
la
lingua
slovena
,
conosce
il
serbo
-
croato
e
il
tedesco
,
non
gli
è
difficile
impadronirsi
del
russo
.
Gli
sarà
perciò
meno
dura
quella
crisi
di
rigetto
ch
'
egli
,
confrontandosi
con
altri
suoi
colleghi
italiani
,
ci
descrive
nel
suo
nuovo
libro
Il
diario
di
Mosca
(
Longanesi
)
,
rendiconto
dei
quattro
anni
da
lui
trascorsi
in
quella
città
e
prima
parte
di
un
'
opera
che
avrà
un
seguito
.
Più
che
preparato
Bettiza
era
vaccinato
.
Ha
assistito
all
'
ingresso
dei
titoisti
a
Spalato
,
giovane
comunista
ha
contemplato
con
un
misto
di
desolazione
e
di
esultanza
l
'
impoverimento
della
famiglia
;
in
seguito
ha
lasciato
il
partito
,
definitivamente
immunizzato
dal
fideismo
marxista
.
In
che
cosa
poteva
respingerlo
la
nuova
sede
?
L
altro
pericolo
,
l
'
insabbiamento
,
a
cui
vanno
soggetti
gli
stranieri
che
si
stabiliscono
in
Russia
fu
da
lui
evitato
studiando
il
fenomeno
davvicino
,
nei
giornalisti
stranieri
che
vivono
da
molti
anni
in
quella
capitale
.
L
'
immensa
Russia
ha
una
dimensione
temporale
diversa
dalla
nostra
.
La
lentezza
,
la
monotonia
,
l
'
incolore
opacità
del
mastodonte
sovietico
possono
indurre
chi
vi
soggiace
ad
una
sorta
di
claustrofilia
.
Non
vale
la
pena
di
uscirne
,
tutto
il
resto
del
mondo
è
un
technicolor
di
cui
si
perde
anche
il
desiderio
.
Quando
Bettiza
giunge
a
Mosca
la
destalinizzazione
ha
già
compiuto
molti
passi
e
forse
sta
facendone
qualcuno
indietro
.
Tukacevski
e
quasi
tutti
i
generali
che
Stalin
ha
mandato
a
morte
sono
stati
riabilitati
;
ma
in
altri
settori
non
si
avvertono
veri
mutamenti
.
Qualcuno
trova
che
si
esagera
.
Con
Stalin
,
dichiara
confidenzialmente
un
cremlinologo
,
si
sapeva
benissimo
dove
si
andava
a
finire
;
ma
con
Kruscev
nulla
è
prevedibile
.
Dopo
tutto
Stalin
non
era
per
niente
incolto
,
afferma
un
poeta
che
recita
i
suoi
versi
dinanzi
a
folle
entusiaste
.
Narratori
e
teatranti
godono
di
qualche
maggiore
libertà
ma
accettano
i
benevoli
consigli
della
censura
.
La
più
nota
gazzetta
letteraria
è
meno
prudente
ma
manca
del
tutto
la
stampa
d
'
informazione
.
Le
notizie
,
se
ci
sono
,
si
devono
cercare
tra
le
righe
della
«
Pravda
»
.
Quel
che
conta
negli
articoli
di
quel
giornale
non
è
il
generico
ottimismo
ma
quell
'«eppure...»,
quel
«
tuttavia
»
che
sarà
il
campanello
d
'
allarme
di
qualche
alto
funzionario
periferico
.
Quel
«
tuttavia
»
permetterà
ai
cremlinologi
(
nuovo
ramo
di
una
più
vasta
scienza
,
la
sovietologia
)
di
tirare
l
'
oroscopo
.
Il
comune
lettore
sorvola
sul
«
tuttavia
»
che
di
solito
appare
nelle
ultime
righe
dell
'
articolo
;
ma
le
vere
notizie
deve
cercarle
in
qualche
giornale
straniero
(
se
lo
trova
o
se
riesce
a
leggerlo
)
.
Non
c
'
è
stata
vera
riabilitazione
neppure
per
Pasternak
.
Gli
si
riconoscono
qualità
di
poeta
ma
si
osserva
che
il
romanzo
non
era
pane
per
i
suoi
denti
.
La
sua
dacia
non
diventerà
un
museo
nazionale
.
In
un
Paese
dove
la
mummia
di
Lenin
-
tolta
dal
mausoleo
quella
di
Stalin
-
è
meta
di
un
continuo
e
adorante
pellegrinaggio
,
un
senso
d
'
incombente
mummificazione
generale
desta
l
'
attenzione
del
giornalista
che
voglia
sfuggire
al
mortale
invito
.
Bisogna
sfuggire
al
primo
click
,
dice
Frane
Barbieri
,
altro
dalmata
che
è
corrispondente
di
un
giornale
di
Zagabria
.
Come
si
difendono
gli
stranieri
?
I
francesi
vivono
in
un
mondo
a
sé
,
distaccati
.
Gli
inglesi
sono
più
curiosi
che
interessati
,
non
abbandonano
mai
il
loro
fondamentale
empirismo
,
mentre
i
tedeschi
sono
irretiti
,
imprigionati
da
quel
complesso
di
amore
-
odio
per
il
mondo
russo
che
non
sarà
una
sorpresa
per
chi
abbia
letto
il
grande
romanzo
di
Gonciarov
e
qualche
altro
classico
della
letteratura
russa
.
In
Oblomov
il
personaggio
di
Stolz
,
tedesco
,
è
l
'
eroe
positivo
,
sebbene
di
una
positività
assai
mediocre
,
e
non
mancano
esempi
in
altri
autori
.
Da
Bielinski
in
poi
,
assai
prima
che
il
pensiero
di
Marx
giungesse
in
Russia
,
la
filosofia
di
Hegel
ha
fatto
strage
nell
'
intelligenza
slava
(
molto
prima
che
in
Italia
,
sia
detto
tra
parentesi
)
.
Nessuna
inimicizia
è
così
grande
come
quella
che
scoppia
tra
lontani
parenti
,
tra
affini
.
Ed
è
proprio
su
questo
tema
che
Bettiza
ci
dà
alcune
delle
sue
pagine
migliori
,
perché
in
lui
l
'
amore
per
le
idee
è
di
gran
lunga
superiore
all
'
amore
per
gli
uomini
.
E
non
è
,
intendiamoci
,
ch
'
egli
non
sia
un
attento
osservatore
degli
uomini
;
ma
il
fatto
è
che
il
color
locale
,
la
barzelletta
,
l
'
aneddoto
sono
del
tutto
estranei
ad
un
temperamento
come
il
suo
.
Uno
scrittore
impressionistico
avrebbe
speso
molte
pagine
per
descriverci
gli
orrori
di
quell
'
hotel
Lux
dove
a
migliaia
di
uomini
furono
inflitte
mostruose
torture
per
ottenere
confessioni
di
inesistenti
congiure
,
autoaccuse
,
delazioni
;
dove
quella
«
historia
generai
de
la
infamia
»
progettata
dal
Borges
ha
scritto
una
delle
sue
vette
più
ingloriose
.
Tre
o
quattro
pagine
sole
,
plumbee
,
dure
,
senza
un
filo
di
commozione
,
ma
proprio
per
questo
tanto
più
dure
nel
giudizio
.
Ne
sanno
qualcosa
i
giovanissimi
russi
di
oggi
?
Bettiza
è
incline
a
credere
che
non
ne
sappiano
nulla
,
o
meglio
che
non
vogliano
saperne
nulla
.
D
'
altronde
,
chi
è
meglio
qualificato
a
descrivere
i
grandi
eventi
della
storia
?
Chi
li
ha
vissuti
o
colui
che
li
osserva
da
lontano
,
col
cannocchiale
,
esperto
del
prima
e
del
poi
,
delle
cause
e
delle
conseguenze
?
Il
non
comprendere
,
il
non
voler
comprendere
ciò
che
ci
sta
davanti
agli
occhi
non
è
specifico
della
mentalità
slava
,
sebbene
l
'
immensa
costellazione
sovietica
,
tanto
diversa
nelle
sue
componenti
,
abbia
avuto
un
comune
destino
:
quello
di
saltare
a
piè
pari
almeno
un
secolo
passando
da
un
'
autocrazia
feudale
a
un
tipo
di
collettivismo
anche
più
accentratore
,
non
certo
previsto
da
Marx
che
mai
nascose
la
sua
antipatia
per
il
mondo
russo
.
Né
credo
che
in
Marx
agisse
quell
'
ambivalenza
che
Bettiza
ha
posto
in
luce
con
tanta
precisione
.
Fabrizio
del
Dongo
non
si
rese
conto
di
essere
coinvolto
nella
battaglia
di
Waterloo
così
come
molti
tedeschi
e
molti
italiani
non
videro
ciò
che
stava
accadendo
sotto
i
loro
occhi
.
La
storia
che
non
si
ripete
mai
,
in
questo
si
ripete
sempre
.
Vede
chi
vuole
e
pochi
sono
nella
condizione
di
volere
.
E
sono
certo
che
anche
in
Russia
la
pietà
è
di
gran
lunga
più
forte
della
ferocia
.
Un
luogo
comune
,
accettato
da
tutti
coloro
che
conoscono
la
grande
letteratura
russa
,
è
che
in
quei
paesi
sia
vivo
e
ineliminabile
il
sentimento
religioso
.
Su
questo
punto
la
testimonianza
di
Bettiza
non
suona
discorde
.
Nella
Russia
d
'
oggi
la
religiosità
non
è
solo
fuoco
sotto
la
cenere
ma
assume
anche
forme
spettacolari
:
non
tali
però
da
mettere
in
causa
la
solidità
del
regime
.
Non
c
'
è
grande
differenza
tra
quelli
che
ascoltano
in
massa
le
poesie
di
chitarristi
stipendiati
dallo
Stato
e
coloro
che
affollano
le
cerimonie
della
Chiesa
ortodossa
e
i
culti
non
certo
clandestini
della
seconda
Chiesa
russa
,
riconosciuta
dallo
Stato
,
quella
dei
Vecchi
Credenti
,
non
riconosciuta
dall
'
Ortodossia
.
Pare
che
all
'
origine
di
questo
scisma
tardo
-
seicentesco
sia
un
diverso
modo
di
farsi
il
segno
della
croce
.
Con
tre
dita
o
con
due
(
a
pizzico
)
?
Poi
sorsero
altre
divergenze
dottrinali
che
ignoro
.
I
Vecchi
Credenti
sono
milioni
,
hanno
le
loro
chiese
,
i
loro
preti
,
una
loro
organizzazione
.
E
come
ho
già
detto
anche
l
'
orrendo
teschio
di
Lenin
esercita
una
morbosa
attrazione
mistica
sui
visitatori
che
sostano
in
fila
per
essere
ammessi
alla
beatitudine
.
Lo
spettacolo
dev
'
essere
allucinante
.
Non
è
affatto
prevedibile
una
futura
mummificazione
di
Kruscev
.
Non
lo
era
neppure
nel
'6l'62
,
quando
Bettiza
scriveva
questo
suo
diario
.
La
prova
secca
,
precisa
,
lineare
di
Bettiza
non
è
quella
del
journal
,
non
consente
citazioni
,
estrapolazioni
.
Non
vuol
essere
«
prosa
d
'
arte
»
nel
significato
più
dubbio
della
parola
.
D
'
altronde
Bettiza
considera
questo
libro
e
i
suoi
precedenti
(
tra
gli
altri
quel
Fantasma
di
Trieste
che
fu
tradotto
in
molte
lingue
)
come
il
materiale
che
dovrebbe
confluire
in
un
futuro
romanzo
mitteleuropeo
,
globale
,
sinfonico
,
«
completamente
distaccato
dagli
umori
passeggeri
dello
scrittore
»
.
Ardua
impresa
in
un
tempo
nel
quale
arte
e
scienza
tendono
piuttosto
al
micro
che
al
macroscopico
.
Ma
non
è
lecito
porre
limiti
alle
giuste
ambizioni
di
uno
scrittore
tanto
dotato
.
Può
darsi
che
un
giorno
egli
si
avveda
che
il
Diario
di
Mosca
e
quelli
che
eventualmente
seguiranno
sono
già
il
romanzo
ch
'
egli
,
in
astratto
,
vagheggiava
.
Un
romanzo
che
ha
un
solo
personaggio
:
l
'
uomo
,
il
Singolo
di
fronte
alla
Moltitudine
.
La
scomparsa
del
singolo
sarebbe
la
fine
dell
'
avventura
umana
;
e
di
questo
la
provvidenza
ci
ha
dato
già
qualche
annuncio
ma
non
la
sentenza
definitiva
.
Può
darsi
che
ce
la
risparmi
,
anche
se
non
l
'
abbiamo
meritato
.
StampaQuotidiana ,
Nei
molti
bilanci
sulle
idee
del
secolo
non
trovo
come
crinale
lo
sganciamento
delle
atomiche
su
Ilíroshima
e
Nagasaki
.
Non
in
George
Steiner
,
non
in
François
Furet
,
non
nei
molti
necrologi
del
comunismo
.
Neppure
in
Il
secolo
breve
di
Hobsbawm
,
che
pure
le
ricorda
.
Non
è
una
rimozione
?
Ricordo
l'8
agosto
1945
,
duella
per
me
è
la
data
.
La
notizia
arrivò
forse
il
7
,
ma
dilagò
quel
giorno
.
Era
un
segno
di
vittoria
;
eppure
ci
fu
una
sospensione
,
un
movimento
di
riduzione
,
un
ritrarsi
.
Era
una
bomba
speciale
,
ma
quanto
speciale
?
Non
lo
sapemmo
subito
.
Che
significava
esattamente
:
due
città
rase
al
suolo
,
ma
diversamente
da
Coventry
o
Dresda
o
Berlino
?
Neanche
gli
americani
sapevano
la
devastazione
che
avrebbero
causato
.
Eppure
dopo
quella
guerra
,
in
Italia
raddoppiata
dalla
guerra
civile
,
credevamo
di
aver
veduto
tutto
;
avevamo
una
tale
nausea
di
morte
che
ci
sentivamo
più
convalescenti
,
più
suonati
che
felici
.
Contavamo
i
nostri
morti
,
sapevamo
vagamente
di
quelli
altrui
.
Di
morte
eravamo
come
avvelenati
.
E
poi
perché
quella
bomba
adesso
?
Per
noi
la
guerra
era
finita
il
25
aprile
,
in
Germania
il
2
maggio
con
la
bandiera
rossa
che
sventolava
sul
Reichstag
;
le
date
ufficiali
non
sono
le
stesse
della
memoria
collettiva
.
L
'
Asse
non
esisteva
più
,
il
Giappone
era
parte
dell
'
Asse
,
dunque
era
finito
,
questione
di
settimane
.
Ignoravamo
di
avergli
testé
dichiarato
la
guerra
(
io
lo
apprendo
ora
,
dalla
Rai
che
contemporaneamente
mi
informa
che
Tokyo
è
stata
l
'
ultima
a
«
difendere
l
'
onore
dell
'
Asse
»
)
e
se
lo
avessimo
saputo
ci
avrebbe
fatto
ridere
.
L
'
Italia
era
mezza
morta
,
raccoglievamo
i
cocci
,
c
'
era
tutto
da
rimettere
in
piedi
,
le
nostre
esistenze
incluse
.
Così
la
bomba
su
Hiroshima
ci
lasciò
senza
fiato
.
Ne
capimmo
lentamente
la
magnitudine
,
la
catastrofe
,
non
ne
capimmo
il
senso
,
quel
che
capimmo
a
poco
a
poco
ci
ammutolì
.
La
guerra
finiva
,
la
distruzione
no
.
Nei
mesi
successivi
quel
fungo
mostruoso
continuò
a
implodere
nei
corpi
,
nei
luoghi
;
la
radioattività
entrò
nel
nostro
lessico
.
E
di
più
,
quella
non
immaginata
distruzione
era
stata
compiuta
dalla
nostra
parte
.
Avevamo
trovato
oscena
la
parola
fascista
«
coventrizzare
»
,
non
sapevamo
ancora
di
Dresda
.
L
'
atomica
era
impensata
.
Ma
l
'
impensabile
che
si
verifica
diventa
pensato
per
sempre
,
possibile
e
riproducibile
.
La
pace
cominciava
con
una
distruzione
immane
.
Era
una
pace
ambigua
.
Poco
dopo
ci
saremo
sentiti
in
guerra
fredda
,
non
ricordo
chi
per
primo
la
chiamò
così
.
Ma
in
meno
di
due
anni
l
'
avevamo
in
casa
.
In
quella
stessa
strana
estate
arrivarono
le
immagini
dei
campi
di
sterminio
.
Credo
che
le
prime
venissero
dalla
quinta
armata
di
Eisenhower
:
anch
'
esse
ci
ammutolirono
.
Avevamo
veduto
tanti
morti
,
conoscevamo
i
fronti
di
guerra
,
avevamo
alle
spalle
l
'
incalcolabile
rotta
dell
'
Armir
nel
gelo
delle
pianure
russe
,
avevamo
veduto
i
corpi
dei
fucilati
o
impiccati
dai
tedeschi
,
tenuti
per
strada
per
qualche
giorno
,
le
sentinelle
di
guardia
avanti
e
indietro
,
perché
ne
fossimo
avvisati
.
Erano
corpi
come
abbandonati
,
dislocati
in
un
sonno
a
occhi
aperti
,
il
volto
fisso
sul
cielo
o
sul
selciato
.
Non
avevamo
conosciuto
quella
morte
a
pacchi
,
quella
gigantesca
discarica
di
cadaveri
scarniti
,
già
senza
più
lineamenti
.
La
prima
guerra
mondiale
era
stata
una
macelleria
e
noi
pensavamo
ancora
in
quei
termini
,
erano
anche
quelli
che
ci
avevano
consegnato
libri
,
gli
espressionisti
,
Otto
Dix
,
poi
Picasso
con
Guernica
.
Solo
Guernica
tiene
testa
a
quel
che
apprendemmo
l
'
estate
del
1945
.
Hiroshima
e
Nagasaki
stavano
a
Coventry
come
quelle
vagonate
di
cadaveri
dei
campi
alle
membra
stanche
e
al
volto
fisso
e
riconoscibile
dei
compagni
rimasti
agli
angoli
delle
strade
.
Atomica
e
campi
non
si
contrapposero
,
si
sommarono
.
A
due
mesi
dalla
pace
,
eravamo
iniziati
a
una
dimensione
della
guerra
che
non
stava
nella
nostra
mente
.
Fatico
a
mettere
a
punto
che
cosa
fosse
per
me
,
prima
,
il
limite
della
distruzione
.
Sapevo
che
la
guerra
non
risparmia
.
le
popolazioni
civili
,
ma
per
lungo
tempo
era
sembrata
una
sbavatura
,
un
eccesso
.
Poi
l
'
ultima
guerra
aveva
colpito
«
anche
»
i
civili
.
La
bomba
su
Hiroshima
colpiva
«
soltanto
»
loro
.
Quella
su
Nagasaki
«
soltanto
»
loro
.
Il
Giappone
aveva
colpe
orrende
e
non
le
ha
mai
riconosciute
;
tuttavia
vedendo
le
immagini
di
quei
giorni
,
mi
par
di
capire
l
'
impossibilità
,
per
quelli
che
sfuggirono
e
vagarono
in
cerca
di
una
città
irriconoscibile
,
di
piegare
le
ginocchia
davanti
al
mondo
,
come
fece
Brandt
.
Non
so
se
ad
ammutolirci
fosse
la
quantità
delle
vittime
.
Furono
forse
130.000
,
ma
già
ne
contavamo
in
guerra
decine
di
milioni
.
Né
il
dolore
,
il
dolore
altrui
è
una
razionalizzazione
.
Fu
credo
l
'
impossibilità
di
raffigurarci
quell
'
evento
.
Il
volare
in
polvere
in
una
vampata
,
il
bagliore
accecante
,
poi
l
'
oscurità
e
il
silenzio
che
seguirono
.
Abbiamo
nuovamente
sentito
in
questi
giorni
il
racconto
dei
sopravvissuti
,
per
decenni
a
parte
dagli
altri
,
come
infetti
.
Ascoltiamo
ma
non
sentiamo
.
Non
si
può
,
forse
è
giusto
e
vitale
non
potere
.
Ci
sono
zone
dove
non
si
va
.
Anche
alcuni
di
loro
dicono
:
perché
parlarne
?
Non
avverrà
più
,
come
dire
:
è
quasi
non
avvenuto
.
E
ci
colpì
che
la
nostra
parte
avesse
usato
la
bomba
.
L
'
atomica
americana
doveva
venire
prima
di
quella
di
Hitler
.
Fu
accelerata
,
ci
si
misero
i
migliori
.
Si
doveva
?
Non
si
doveva
?
Fin
dove
si
può
arrivare
nello
sterminio
per
salvarsi
dallo
sterminio
?
Se
lo
chiesero
gli
scienziati
,
ma
non
ci
hanno
lasciato
molte
risposte
.
Più
tardi
vedemmo
con
un
sorriso
Stranamore
,
perché
era
un
pericoloso
deficiente
.
Ma
la
bomba
non
la
costruirono
dei
deficienti
;
non
furono
dei
pazzi
a
farla
sganciare
su
Hiroshima
e
Nagasaki
.
Se
fosse
stata
pronta
nell
'
inverno
del
1944
,
sarebbe
stata
gettata
su
Berlino
?
Nel
chiedermelo
mi
par
di
avvicinare
la
dimensione
di
quell
'
orrore
.
Un
orrore
da
perpetrare
lontano
,
non
fra
noi
,
su
«
altri
»
.
Forse
sbaglio
.
Dovemmo
prendere
atto
che
la
guerra
poteva
essere
distruzione
assoluta
.
Messa
a
rischio
della
vita
sulla
terra
.
E
che
questo
diventava
uno
strumento
della
politica
.
Non
era
stato
nel
conto
prima
.
Chi
è
nato
dopo
l
'
ha
nel
conto
.
L
'
ha
trovato
nel
suo
orizzonte
.
Per
questo
non
ci
capiamo
:
la
gente
come
me
è
quella
del
prima
e
del
dopo
.
Credo
che
mio
padre
e
mia
madre
siano
morti
giovani
perché
il
carico
della
prima
e
della
seconda
guerra
mondiale
non
era
umanamente
portabile
.
Credo
che
per
questo
oggi
la
distruzione
ci
abita
con
tanta
leggerezza
e
i
ragazzini
si
dilettano
al
computer
in
wargames
che
non
somigliano
al
gioco
degli
indiani
.
Non
credo
che
sia
un
frutto
obbligato
della
tecnica
.
Questa
è
la
tesi
del
grande
pensiero
di
destra
e
nichilista
,
ripresa
da
Heidegger
,
e
vedo
che
torna
a
rifletterci
su
«
Repubblica
»
Umberto
Galimberti
.
Credo
che
la
tecnica
abbia
sempre
seguito
la
decisione
o
il
bisogno
di
distruggere
.
Da
quando
gli
uomini
hanno
scoperto
la
techne
,
prima
della
storia
,
le
armi
sono
state
il
prodotto
più
avanzato
e
si
sono
tirate
dietro
manufatti
,
merci
,
tecnologia
,
scienza
.
La
guerra
non
è
la
continuazione
della
politica
,
viene
prima
e
ne
è
un
sostituto
.
In
quel
concetto
ormai
informe
che
chiamiamo
«
modernità
»
stava
l
'
idea
che
potessimo
costituirci
in
patti
vivibili
,
scommettere
sulla
libertà
come
fondatrice
di
un
ethos
,
di
una
economia
di
sé
e
delle
cose
.
La
seconda
guerra
mondiale
nacque
da
molti
interessi
,
ma
anzitutto
da
una
violazione
a
monte
del
patto
dei
moderni
-
l
'
arcaico
fantasma
di
dominio
del
Terzo
Reich
come
risposta
alla
crisi
e
paura
di
un
comunismo
possibile
.
La
natura
estrema
della
posta
ha
spinto
a
tecniche
estreme
di
distruzione
.
Gli
ebrei
non
furono
mandati
ad
Auschwitz
perché
esisteva
lo
Zyklon
B
,
furono
gasati
perché
erano
troppi
ad
Auschwitz
.
Il
comandante
del
campo
,
Hess
,
ha
raccontato
come
andò
.
In
altre
forme
la
soluzione
finale
prendeva
troppo
tempo
.
In
Uomini
semplici
un
giovane
storico
americano
che
lavora
sugli
archivi
tedeschi
racconta
come
le
prime
esecuzioni
degli
ebrei
deportati
dai
villaggi
polacchi
fossero
compiute
non
da
SS
ma
da
anziani
riservisti
ognuno
dei
quali
doveva
prelevare
un
ebreo
per
volta
dal
camion
,
spingerlo
fino
alla
fossa
e
sparargli
alla
nuca
.
Ci
metteva
qualche
minuto
,
lo
vedeva
in
viso
e
sangue
e
cervello
spappolato
gli
schizzavano
addosso
.
Bisognò
cambiar
sistema
.
Bisogna
ammazzare
in
fretta
,
senza
vedere
,
gente
anonima
o
resa
tale
.
Tale
è
sempre
il
nemico
nelle
guerre
moderne
.
Ma
certo
le
camere
a
gas
e
la
bomba
sganciata
dall
'
Enola
Gay
,
era
il
nome
della
madre
del
pilota
,
furono
un
gran
passo
avanti
.
Dopo
,
la
bomba
H
avrebbe
superato
in
virtualità
tutti
e
due
.
Le
generazioni
dopo
la
mia
hanno
visto
questo
paesaggio
quando
levavano
il
capo
dalle
private
faccende
.
La
pace
è
stata
per
loro
sinonimo
di
equilibrio
del
terrore
.
Quando
è
finito
non
è
stato
per
un
disarmo
bilaterale
che
della
pace
poteva
essere
una
prima
modesta
imitazione
,
ma
per
il
crollo
dell
'
Urss
,
come
se
la
fine
del
pericolo
di
guerra
fosse
legata
alla
fine
del
simbolo
,
suo
malgrado
,
d
'
una
società
altra
.
Fine
per
noi
si
intende
:
per
gli
altri
le
guerre
restano
,
anzi
le
alimentiamo
.
Anche
l
'
immaginario
è
segnato
dal
trascolorare
dei
conflitti
in
distruzione
totale
di
nemici
senza
volto
,
o
anche
zero
nemici
ma
distruzione
come
senso
ultimo
dell
'
esperienza
.
Non
vediamo
con
interesse
se
non
fiction
di
morte
.
Le
ramificazioni
del
vivere
non
esercitano
la
stessa
attrazione
,
e
il
«
bene
»
ci
imbarazza
,
ci
annoia
,
sa
di
perbenismo
,
è
melassa
.
Uscendo
da
Usual
suspects
,
come
l
'
anno
scorso
da
Natural
born
killer
,
ma
anche
dalla
più
innocente
Arma
letale
mi
dico
che
forse
prima
del
'45
non
ci
sarebbero
state
.
E
non
per
insufficienza
tecnica
.
StampaQuotidiana ,
Perché
Lamberto
Dini
non
dovrebbe
mettersi
a
disposizione
di
un
maggioranza
diretta
dal
Polo
?
È
vero
che
in
altri
paesi
sarebbe
impensabile
-
difficile
immaginare
Chirac
,
quand
'
era
premier
,
disposto
a
governare
con
i
socialisti
o
Major
per
i
laburisti
di
Tony
Blair
o
Kohl
per
la
Spd
,
e
viceversa
-
ma
l
'
eccezionalità
italiana
è
dura
a
morire
.
E
poi
Lamberto
Dini
,
entrato
in
politica
come
ministro
del
Bilancio
del
primo
governo
di
centrodestra
,
subito
dopo
ha
accettato
di
presiedere
quello
di
centrosinistra
:
il
trasferimento
è
già
avvenuto
una
volta
,
e
il
percorso
inverso
non
costituisce
novità
.
Eugenio
Scalfari
,
con
comprensibile
irritazione
,
evoca
la
malattia
nazionale
,
il
trasformismo
.
Eppure
a
pensarci
bene
in
Dini
c
'
è
più
coerenza
che
nelle
maggioranze
che
ora
lo
sostengono
ora
lo
avversano
.
Egli
esprime
linearmente
quel
che
esse
hanno
in
comune
:
sia
il
Polo
sia
l
'
Ulivo
sono
convinti
che
in
tema
di
scelte
politico
-
economiche
la
strada
è
unica
e
obbligata
:
smantellamento
dell
'
intervento
statale
nella
proprietà
della
produzione
e
dei
servizi
,
privatizzazione
crescente
di
scuole
e
sanità
,
risanamento
prioritario
del
bilancio
attraverso
tagli
della
spesa
sociale
,
appoggio
all
'
impresa
attraverso
la
flessibilizzazione
dei
salari
.
E
-
piaccia
o
non
piaccia
sentirlo
a
D
'
Alema
-
la
ricetta
raccomandata
dal
Fini
e
dall
'
Ocde
.
Da
quando
anche
il
Pds
si
è
convertito
a
questa
teoria
,
i
premier
si
sono
presentati
essenzialmente
come
gestori
del
passaggio
dell
'
Italia
al
liberismo
.
Tale
è
stato
Giuliano
Amato
,
tali
i
due
tecnici
per
eccellenza
forniti
dalla
Banca
d
'
Italia
,
Carlo
Azeglio
Ciampi
e
Lamberto
Dini
.
Il
quale
non
ha
mai
finto
di
essere
altro
,
e
quando
,
caduto
Berlusconi
per
defezione
della
Lega
,
lo
schieramento
di
centro
ha
avuto
un
'
esile
maggioranza
e
gli
ha
offerto
la
presidenza
del
Consiglio
,
accettandola
ha
dovuto
soltanto
continuare
a
mettere
in
atto
se
stesso
.
Il
problema
dunque
non
è
suo
,
e
forse
per
questo
non
ha
aperto
bocca
fino
a
ieri
,
lasciando
inevaso
l
'
appello
di
Salvi
e
Veltroni
:
no
,
non
ci
possiamo
credere
,
e
pensare
ai
sacrifici
che
abbiamo
fatto
,
anzi
fatto
fare
,
per
lui
.
(
Dunque
erano
sacrifici
?
Interessante
)
.
E
poi
di
'
almeno
che
non
sei
un
uomo
per
tutte
le
stagioni
,
un
posto
per
te
da
noi
ci
sarà
sempre
.
Ma
che
deve
dire
?
Sono
gli
altri
che
convergono
sulla
stagione
sua
,
adottano
il
suo
stesso
barometro
.
Il
problema
è
di
Prodi
e
del
Pds
.
Quando
abbiamo
scritto
,
ancora
con
qualche
sorpresa
:
ma
il
congresso
tematico
del
Pds
non
ha
nulla
da
dire
sui
rapporti
di
proprietà
e
di
produzione
,
sullo
Stato
sociale
o
sul
lavoro
,
Giuseppe
Vacca
ha
risposto
su
questo
stesso
giornale
:
infatti
per
noi
quel
che
conta
,
anzi
,
quel
che
conta
per
l
'
Italia
,
è
la
questione
istituzionale
.
Cioè
la
forma
dei
poteri
,
unificati
o
separati
,
centralizzati
o
di
tipo
federale
,
per
realizzare
la
stessa
politica
.
E
va
bene
.
Ci
sia
permesso
però
di
trovare
risibili
coloro
che
a
ogni
piè
sospinto
intonano
come
sola
garanzia
di
limpidezza
la
solfa
della
bipolarità
fra
due
schieramenti
del
tutto
distinti
e
personificati
da
uomini
del
tutto
diversi
.
In
nome
di
questa
trasparenza
è
stato
votato
a
furor
di
popolo
il
passaggio
tramite
il
sistema
maggioritario
da
una
prima
repubblica
dove
tutti
i
gatti
sarebbero
bigi
di
consociativismo
,
a
una
seconda
dove
i
gatti
sarebbero
stati
bianchi
o
neri
,
in
modo
che
il
cittadino
avrebbe
scelto
fra
due
idee
di
società
,
di
diritti
,
di
doveri
,
ogni
cinque
anni
punendo
o
premiando
la
linea
e
gli
uomini
che
avevano
governato
.
Questa
sarebbe
stata
la
modernità
vera
,
l
'
arrivo
dell
'
Italia
nella
democrazia
compiuta
e
la
personalizzazione
della
politica
contro
la
torva
burocrazia
dei
partiti
.
In
capo
a
tre
anni
eccoci
arrivati
a
uno
strano
porto
:
ci
sia
una
maggioranza
o
un
'
altra
l
'
uomo
sarà
sempre
lo
stesso
.
Piace
a
destra
,
piace
al
centro
,
piace
a
sinistra
,
Bertinotti
escluso
.
Destra
o
sinistra
hanno
votato
interiormente
per
lui
anche
quando
sembravano
votare
contro
:
era
,
e
con
la
finanziaria
,
ci
raccomandiamo
rigorosa
,
sarà
un
modo
affettuoso
per
dire
«
Dai
vieni
con
me
che
ti
troverai
meglio
»
.
Vale
il
detto
caro
a
Deng
Xiao
Ping
:
che
importa
se
un
gatto
è
bianco
o
nero
?
Se
acchiappa
i
topi
è
un
buon
gatto
.
Per
topi
,
si
intende
concordemente
meno
Stato
più
mercato
e
la
moneta
al
primo
posto
;
a
questo
fine
Dini
è
un
ottimo
gatto
.
Stento
a
capire
che
cosa
significhi
un
indulto
o
un
'
amnistia
per
i
reati
di
corruzione
e
concussione
,
quando
non
siano
stati
prima
accertati
.
Hanno
ragione
Di
Lello
e
l
'
ironico
Spazzali
(
che
«
Repubblica
»
chiama
«
l
'
avvocato
di
Cusani
»
)
:
come
le
pene
,
le
amnistie
o
gli
indulti
dovrebbero
venire
dopo
,
a
responsabilità
accertata
.
Se
no
che
cosa
si
condona
o
cancella
?
Magari
una
colpa
non
commessa
o
cinque
non
ammesse
?
Oppure
in
Italia
non
occorre
fare
processi
,
bastano
clamorosi
avvisi
di
garanzia
o
un
rinvio
a
giudizio
,
e
caso
mai
il
carcere
preventivo
-
arrivino
dove
arrivino
-
a
mo
'
di
ammonimento
per
tutti
e
poi
si
chiude
?
Questa
è
una
scelta
politica
,
non
giudiziaria
.
Chi
l
'
ha
fatta
?
E
perché
?
Per
accelerare
un
cambiamento
di
ceto
politico
,
per
togliere
il
pizzo
alle
imprese
,
per
far
passare
il
sistema
maggioritario
,
perché
il
fenomeno
è
ormai
debellato
,
perché
un
uso
normale
della
giustizia
costa
troppo
?
Insomma
per
azione
o
omissione
?
Se
fossi
un
parlamentare
,
non
avrei
pace
finché
quella
augusta
assemblea
non
si
e
mi
chiarisse
le
idee
.
Se
fossi
un
sociologo
,
mi
chiederei
invece
perché
il
sistema
della
mazzetta
continua
.
Non
mi
contenta
la
risposta
di
Di
Lello
,
ma
non
solo
lui
:
sono
sempre
gli
stessi
,
figli
,
nipoti
o
bisnipoti
riciclati
di
Craxi
.
Diamine
,
neanche
il
conte
Dracula
sarebbe
riuscito
a
fabbricare
da
solo
tanti
vampiretti
.
Forse
il
craxismo
è
dilagato
come
Berlusconi
ha
vinto
:
rispondeva
o
corrispondeva
a
qualcosa
per
cui
non
avevamo
o
abbiamo
anticorpi
.
Come
altrove
il
senso
comune
è
nazionalista
,
c
'
è
da
noi
un
senso
comune
che
premia
l
'
illegalità
privata
,
non
politica
,
non
eversiva
,
non
esposta
.
Quella
è
la
sola
trasgressione
imperdonabile
.
Per
il
resto
ci
si
arrangia
.
Parli
per
tutti
la
straordinaria
commedia
sull
'
evasione
,
c
'
è
,
non
c
'
è
,
se
c
'
è
non
ci
sono
i
responsabili
perché
la
grande
impresa
non
evade
per
definizione
,
se
la
piccola
impresa
evade
è
per
difendersi
,
se
evade
il
Sud
è
perché
non
ha
né
uno
stato
né
un
lavoro
.
Mariano
D
'
Antonio
e
Gesualdo
Bufalino
lo
affermano
in
nome
del
sud
come
se
fossero
i
disoccupati
a
eludere
l
'
Iva
.
Sembra
che
non
esista
in
Italia
un
patto
elementare
di
diritti
e
doveri
,
rispetto
al
quale
misurare
anche
l
'
iniquità
sociale
.
Siamo
furbi
e
facciamo
fessi
o
ci
lasciamo
far
fessi
,
tanto
tutti
lo
fanno
.
Poi
di
colpo
ci
indigniamo
:
cielo
,
la
corruzione
.
Dovremmo
chiederci
perché
invece
di
essere
una
comunità
civile
e
conflittiva
,
siamo
un
colabrodo
incivile
e
unanimista
.
Mi
piacerebbe
un
giornale
capace
di
titolare
il
17
agosto
:
oggi
non
ho
niente
da
dirvi
,
salvo
quel
che
è
successo
in
Bosnia
,
a
Belgrado
e
a
Zagabria
nelle
ultime
quarant
'
otto
ore
e
quanto
serve
per
capirlo
.
Non
vi
riservirò
il
piccolo
Aladdin
o
la
piccola
Leyla
.
Perciò
oggi
quattro
pagine
,
lire
cinquecento
.
Quando
ci
sarà
qualcosa
di
consistente
da
mettervi
sotto
i
denti
,
su
con
le
pagine
e
su
con
il
prezzo
.
Anche
molto
.
Perché
no
?
Tecnicamente
difficile
?
Ma
non
siamo
nell
'
era
della
qualità
-
flessibilità
totale
?
Sarebbe
un
dimagrimento
salutare
,
un
servizio
da
rendervi
.
Direi
quasi
da
offrire
a
pagamento
,
per
la
salute
mentale
del
lettore
,
e
non
solo
ad
agosto
.
Una
testata
che
vi
risparmia
una
su
due
delle
esternazioni
di
Bossi
e
D
'
Alema
,
Pannella
e
Ripa
di
Meana
,
Buttiglione
e
Fini
,
Salomone
e
Di
Pietro
;
le
riassumiamo
tutte
il
martedì
e
il
sabato
,
non
succede
niente
,
come
quando
si
perde
una
puntata
di
«
Beatiful
»
.
Una
testata
che
non
parla
di
stupri
in
mancanza
d
'
altro
,
non
scopre
d
'
inverno
che
la
famiglia
è
la
cellula
intoccabile
della
società
e
d
'
estate
che
in
famiglia
si
consumano
gli
orrori
.
E
non
riempie
le
pagine
per
dire
tutto
di
seguito
che
«
i
giovani
»
sono
svampiti
e
consumisti
,
anzi
saggi
e
adulti
,
anzi
paurosi
ed
egoisti
,
anzi
disponibili
e
solidali
.
Cadrebbero
i
tormentoni
stagionali
e
consueti
(
il
pieno
delle
vacanze
,
il
vuoto
delle
città
,
la
solitudine
dei
vecchi
)
e
quelli
d
'
annata
(
nel
1995
:
primato
dei
quarti
posteriori
femminili
ed
esordio
del
pene
in
copertina
)
.
Non
sapremo
nulla
del
sindaco
di
Capri
,
né
di
quello
di
Alassio
,
né
se
sia
colpa
del
Comune
,
dello
Stato
,
del
turista
o
della
questione
meridionale
la
condizione
di
questa
o
quella
spiaggia
calabrese
.
Ma
perché
dovremo
saperlo
?
Anzi
,
pagare
per
saperlo
?
Forse
ci
resterebbe
qualche
minuto
per
pensare
a
quel
che
abbiamo
letto
in
prima
pagina
,
invece
che
perderci
nelle
seconde
e
terze
e
quarte
e
via
di
seguito
,
dove
non
sai
più
in
quale
testata
sei
,
tanto
tutti
parlano
delle
stesse
cose
e
si
vergognano
se
non
lo
fanno
.
Non
sono
più
notizie
,
è
un
brusio
.
Nel
quale
i
giornali
rimandano
ai
giornali
,
la
tv
alla
tv
,
come
si
gonfiava
la
matassa
di
zucchero
filato
attorno
al
bastoncino
che
una
volta
si
comprava
alle
fiere
.
Poi
si
dice
che
gli
italiani
leggono
poco
i
quotidiani
.
Ma
un
quotidiano
è
una
necessità
o
non
è
.
Ormai
neppure
ci
si
avvolge
più
la
verdura
.
StampaQuotidiana ,
Rocco
Buttiglione
ha
via
via
compreso
che
Berlusconi
,
almeno
in
questa
fase
,
non
è
recuperabile
e
che
tarda
un
persuasivo
revisionismo
di
Fini
rispetto
al
fascismo
.
L
'
opposizione
del
PPI
ne
ha
tratto
vantaggio
ritrovando
un
ruolo
determinante
.
Si
apre
anche
per
questo
,
oltre
che
per
la
rottura
della
lega
e
la
disponibilità
del
PDS
,
la
possibilità
di
un
governo
di
tregua
per
aprire
una
fase
nuova
.
Il
passaggio
è
in
qualche
modo
obbligatorio
,
ma
il
futuro
della
democrazia
italiana
resta
tutto
da
definire
.
In
due
interviste
a
L
'
Unità
e
a
La
Stampa
,
Buttiglione
conferma
di
non
abbandonare
il
suo
progetto
di
uno
schieramento
di
centro
-
destra
,
alternativo
alla
sinistra
,
nella
speranza
di
realizzare
domani
il
recupero
non
praticabile
oggi
.
Non
è
la
prima
volta
che
Buttiglione
ribadisce
il
suo
possibilismo
in
tema
di
alleanze
.
Con
una
certa
civetteria
polemica
,
Buttiglione
ha
ricordato
a
più
riprese
di
considerarsi
un
conservatore
,
di
sentirsi
profondamente
uomo
di
destra
di
fronte
ad
un
certo
tipo
di
democrazia
,
di
diffidare
persino
della
parola
progressista
(
L
'
Informazione
,
4
dicembre
)
.
È
nel
suo
diritto
.
C
'
è
qualche
difficoltà
a
comprendere
come
questo
orientamento
sia
conciliabile
con
le
responsabilità
di
segretario
di
un
PPI
che
si
richiama
a
Sturzo
,
cha
ha
avallato
più
di
un
accordo
a
sinistra
per
le
elezioni
amministrative
e
che
concorre
,
attivamente
,
a
rovesciare
un
governo
sempre
più
di
destra
con
le
opposizioni
di
sinistra
.
Solleva
preoccupazioni
il
fatto
che
spieghi
le
motivazioni
del
suo
modo
di
pensare
ricorrendo
a
singolari
e
ambigui
riferimenti
alle
posizioni
di
J
.
De
Maistre
,
definito
grandissimo
filosofo
,
e
a
Papa
Gregorio
XVI
i
cui
scritti
andrebbero
,
secondo
lui
,
"
riletti
e
rivalutati
"
.
Una
prima
domanda
si
impone
:
perché
Buttiglione
evoca
De
Maistre
per
contrastare
gli
eccessi
plebiscitari
della
democrazia
con
l
'
aiuto
di
un
pensatore
storicamente
autoritario
e
antidemocratico
?
E
ancora
:
a
cosa
tende
la
rivalutazione
di
certe
idee
del
passato
in
aperto
contrasto
con
le
conquiste
dei
cattolici
liberali
dell'800
,
le
lezioni
di
Manzoni
e
di
Rosmini
,
le
battaglia
della
prima
Democrazia
cristiana
,
l
'
insegnamento
di
Sturzo
e
la
stessa
impostazione
ideale
e
politica
di
De
Gasperi
e
Moro
?
L
'
ostracismo
di
De
Maistre
alla
democrazia
che
corrompe
il
popolo
come
le
sue
visioni
teocratiche
dello
Stato
,
il
suo
rifiuto
del
metodo
liberale
,
i
suoi
obiettivi
autoritari
e
di
restaurazione
,
che
hanno
fatto
da
sfondo
al
sorgere
del
fascista
e
dei
totalitarismi
del
nostro
secolo
,
non
sono
accettabili
.
I
pericoli
di
una
soffocante
telecrazia
,
temuti
anche
da
Buttiglione
,
vengono
oggi
proprio
dalla
destra
italiana
.
Ma
singolare
è
anche
l
'
invito
a
rivalutare
taluni
insegnamenti
di
Papa
Gregorio
XVI
.
Sorge
qui
una
seconda
domanda
.
Per
quale
ragione
si
dovrebbero
ignorare
,
con
un
balzo
antistorico
alla
prima
metà
dell'800
,
l
'
evoluzione
della
Chiesa
in
rapporto
alla
democrazia
e
agli
insegnamenti
del
Concilio
Vaticano
II
in
materia
di
libertà
,
di
diritti
individuali
e
sociali
,
di
pluralismo
politico
.
Papa
Gregorio
XVI
fu
un
acceso
difensore
del
potere
temporale
ed
è
noto
,
sul
piano
dottrinale
,
per
la
condanna
delle
idee
ultime
del
Lamennais
fatta
,
pur
senza
nominarlo
,
nell
'
enciclica
"
Mirari
vos
"
del
1832
.
Il
Lamennais
fu
all
'
inizio
un
drastico
difensore
delle
posizioni
teocratiche
ed
antiliberali
di
De
Maistre
,
ma
tra
il
1821
e
il
1831
,
fondò
il
giornale
L
'
Avenir
e
divenne
razionalista
,
combattivo
democratico
,
sostenitore
a
suo
modo
di
una
democrazia
integralmente
cristiana
.
A
condanna
avvenuta
,
nel
1837
,
si
firma
,
democraticamente
,
Lamennais
.
Le
sue
tesi
ultime
vanno
nella
direzione
del
cattolicesimo
liberale
e
sociale
e
dei
primi
tentativi
di
democrazia
cristiana
.
Si
dovrebbe
rivalutare
,
con
Gregorio
XVI
,
anche
la
scomunica
del
Lamennais
?
Il
consiglio
resta
piuttosto
oscuro
.
Il
riferimento
è
incoerente
con
gli
stessi
suggerimenti
di
Buttiglione
che
,
nell
'
intervista
citata
,
pensa
giustamente
di
correggere
i
rischi
plebiscitari
e
autoritari
con
pesi
e
contrappesi
di
potere
della
democrazia
americana
che
riconducono
a
Tocqueville
più
che
ai
teorici
dell
'
integralismo
e
del
potere
temporale
.
La
richiesta
di
chiarimenti
non
è
quindi
un
diversivo
polemico
.
Buttiglione
sa
che
il
secondo
Lamennais
,
nonostante
il
suo
ingombrante
passato
,
ha
dovuto
distinguersi
da
De
Maistre
quando
ha
scelto
il
terreno
della
democrazia
.
E
non
si
può
scordare
che
i
cattolici
democratici
italiani
dispongono
da
Rosmini
a
Manzoni
,
da
Murri
a
Sturzo
,
da
De
Gasperi
a
Moro
,
dalla
"
Rerum
Novarum
"
al
Concilio
Vaticano
II
,
di
un
patrimonio
ideale
alternativo
al
pensiero
del
cattolicesimo
tradizionalista
e
di
destra
che
non
può
essere
archiviato
o
sperperato
con
ambigue
rivalutazioni
.
StampaQuotidiana ,
Chi
volesse
capire
in
concreto
cos
'
è
e
come
funziona
una
mentalità
corporativa
,
legga
-
per
favore
-
le
trentaquattro
cartelle
dell
'
ordinanza
con
cui
il
giudice
per
le
indagini
preliminari
di
Brescia
Anna
Di
Martino
ha
archiviato
la
scorsa
settimana
l
'
inchiesta
sul
giudice
Giangiacomo
Della
Torre
,
presidente
del
terzo
processo
d
'
appello
per
il
delitto
Calabresi
,
indagato
per
abuso
d
'
ufficio
.
La
conclusione
,
ampiamente
attesa
,
è
che
il
dottor
Della
Torre
è
un
irreprensibile
magistrato
,
che
la
sua
"
condotta
"
prima
del
processo
,
nel
corso
del
dibattimento
,
in
camera
di
consiglio
è
stata
ineccepibile
.
C
'
era
da
aspettarselo
,
visti
i
precedenti
della
dottoressa
Di
Martino
:
qualche
mese
fa
,
aveva
negato
persino
in
linea
teorica
la
possibilità
d
'
indagare
su
un
'
altra
stranezza
della
Calabresi
-
story
,
la
sentenza
suicida
redatta
da
un
altro
ottimo
giudice
,
Ferdinando
Pincioni
.
Carlo
Guarnieri
,
docente
di
sistemi
giudiziari
comparati
,
aveva
acutamente
definito
quello
della
Di
Martino
"
un
ragionamento
alla
Comma
22
"
,
in
base
al
quale
qualsiasi
ricorso
che
abbia
a
che
fare
con
una
sentenza
e
una
camera
di
consiglio
è
-
a
priori
-
"
impossibile
"
.
Quel
paradigma
viene
usato
anche
per
il
caso
Della
Torre
.
E
a
stupire
non
è
tanto
l
'
archiviazione
,
quanto
il
di
più
di
protervia
che
la
dottoressa
Di
Martino
mette
a
difesa
del
sacro
mestiere
del
giudice
.
Riassumiamo
,
partendo
dalla
coda
,
il
filo
del
ragionamento
dell
'
ordinanza
.
La
notizia
di
reato
-
le
presunte
pressioni
e
irregolarità
attuate
da
Della
Torre
per
arrivare
a
una
condanna
a
tutti
i
costi
-
"
è
risultata
infondata
"
.
I
giudici
popolari
che
hanno
testimoniato
che
le
pressioni
ci
furono
sono
"
inattendibili
"
.
Gli
esposti
di
Adriano
Sofri
e
Ovidio
Bompressi
contro
Della
Torre
sono
carta
straccia
:
i
due
non
avevano
neppure
titolo
a
presentarli
.
Il
pubblico
ministero
Fabio
Salamone
ha
fatto
malissimo
a
prenderli
in
considerazione
e
ha
fatto
ancor
peggio
a
sciogliere
i
giurati
dal
segreto
,
a
raccogliere
le
loro
testimonianze
sull
'
andamento
della
camera
di
consiglio
.
Il
reprobo
Salamone
ha
commesso
un
terzo
errore
:
ha
aperto
un
'
inchiesta
che
non
doveva
neppure
iniziare
,
non
essendoci
elementi
che
evidenzino
il
dolo
(
l
'
intenzione
soggettiva
di
arrecare
danno
o
vantaggio
a
qualcuno
)
da
parte
di
Della
Torre
,
senza
il
quale
non
si
configura
il
reato
di
abuso
d
'
ufficio
.
Anche
noi
,
ingenui
e
non
dottori
,
pensavamo
che
Salamone
un
errore
l
'
avesse
commesso
,
ma
di
segno
opposto
ai
tanti
che
gli
rimprovera
il
gip
Di
Martino
.
Essersi
fermato
a
metà
dell
'
indagine
,
rassegnarsi
all
'
archiviazione
senza
aver
messo
a
confronto
i
testi
,
nonostante
le
testimonianze
"
inquietanti
"
e
non
menzognere
raccolte
.
La
dottoressa
Di
Martino
,
invece
,
sostiene
che
Salamone
ha
fatto
troppo
,
non
troppo
poco
,
e
tratta
il
collega
come
un
emerito
asino
.
Lette
le
34
cartelle
,
è
difficile
stabilire
quale
sia
il
bersaglio
privilegiato
dell
'
accanimento
del
gip
:
Salamone
,
Sofri
o
i
due
giudici
popolari
che
hanno
testimoniato
contro
Della
Torre
.
Tutti
trattati
a
pesci
in
faccia
.
Guanti
di
velluto
,
invece
,
per
l
'
indagato
.
E
'
singolare
che
la
famosa
terzietà
del
gip
si
dispieghi
in
tutta
la
sua
potenza
quando
l
'
inquisito
è
un
altro
giudice
.
Questo
lo
scheletro
dell
'
ordinanza
.
Vediamone
qualche
giuntura
particolarmente
raccapricciante
.
Sull
'
abuso
d
'
ufficio
-
scrive
il
gip
-
si
registrano
due
orientamenti
in
dottrina
:
il
"
più
rigorista
"
sostiene
che
"
la
persona
offesa
"
è
esclusivamente
"
la
pubblica
amministrazione
"
;
l
'
altro
afferma
che
il
soggetto
offeso
è
anche
"
il
privato
"
cittadino
cui
l
'
abuso
abbia
recato
danno
.
La
dottoressa
Di
Martino
,
naturalmente
,
condivide
la
prima
impostazione
,
"
l
'
unica
corretta
"
,
e
da
ciò
deduce
che
Sofri
e
Bompressi
non
avrebbero
avuto
titolo
neppure
d
'
opporsi
all
'
archiviazione
.
Ma
chi
,
di
grazia
,
avrebbe
dovuto
farlo
?
La
pubblica
amministrazione
,
cioè
,
in
questo
caso
,
la
Signora
Giustizia
?
Voltiamo
pagina
ed
ecco
un
'
altra
perla
.
"
Secondo
una
minoritaria
ma
autorevole
opinione
dottrinale
,
l
'
attività
giudiziaria
sfuggirebbe
al
reato
di
abuso
d
'
ufficio
"
.
I
giudici
sarebbero
cittadini
a
parte
,
anzi
sopra
.
Purtroppo
(
per
la
dottoressa
Di
Martino
,
che
si
mette
tra
i
pochi
e
autorevoli
)
la
dottrina
prevalente
sostiene
che
anche
i
giudici
sono
mortali
e
quindi
,
"
in
astratto
"
,
possono
peccare
d
'
abuso
d
'
ufficio
.
Ma
perché
il
reato
sussista
,
incalza
il
gip
,
va
dimostrato
che
"
l
'
azione
sia
stata
ispirata
da
settarietà
,
da
prepotenza
,
da
rappresaglia
,
da
vendetta
,
da
rancore
,
o
da
altri
riprovevoli
motivi
"
.
Gli
esposti
di
Sofri
non
evidenziano
per
quale
motivo
"
egoistico
"
Della
Torre
avrebbe
commesso
un
abuso
d
'
ufficio
.
Dunque
,
gli
esposti
dovevano
finire
direttamente
nel
cestino
.
L
'
indimostrabilità
del
dolo
(
cioè
dell
'
intenzionalità
del
reato
)
è
il
filo
conduttore
dell
'
ordinanza
che
culmina
in
questa
categorica
affermazione
:
"
nel
caso
in
esame
...
risultava
,
risulta
e
risulterà
esclusa
la
possibilità
di
provare
la
componente
soggettiva
del
reato
"
.
Anche
i
digiuni
in
materia
di
diritto
sanno
che
il
dolo
è
il
classico
elemento
che
si
valuta
in
dibattimento
,
non
nella
fase
delle
indagini
dove
il
pm
concentra
la
sua
attenzione
sugli
aspetti
materiali
dell
'
ipotesi
di
reato
.
Se
si
applicasse
il
criterio
della
dottoressa
Di
Martino
,
i
rinvii
a
giudizio
subirebbero
un
crollo
verticale
(
il
che
potrebbe
anche
andar
bene
,
se
a
beneficiare
di
quel
criterio
non
fossero
solo
i
magistrati
inquisiti
)
.
Per
quanto
riguarda
i
fatti
,
la
questione
è
risolta
velocemente
:
i
giudici
popolari
Giovanni
Settimo
e
Marilena
Tuana
raccontano
cose
diverse
dagli
altri
membri
della
giuria
e
,
per
di
più
,
si
contraddicono
tra
loro
.
I
loro
sono
o
"
cattivi
ricordi
"
o
qualcosa
di
peggio
.
Il
loro
strano
procedere
(
perchè
non
hanno
spontaneamente
denunciato
le
supposte
irregolarità
di
Della
Torre
invece
di
rivolgersi
a
politici
e
giornalisti
"
assai
vicini
a
Sofri
"
?
)
è
sospetto
.
Si
"
allineano
"
alle
tesi
di
Sofri
e
questo
basta
e
avanza
,
secondo
il
gip
,
per
considerarli
"
inattendibili
"
.
Qui
siamo
al
deliro
.
Perchè
,
semmai
,
le
cose
sono
andate
esattamente
a
rovescio
:
è
stato
Sofri
ad
"
allinearsi
"
ai
due
testi
,
per
il
semplice
fatto
che
lui
in
camera
di
consiglio
non
c
'
era
,
Settimo
e
Tuana
sì
.
C
'
è
un
particolare
che
tradisce
il
partito
preso
del
gip
là
dove
interpreta
una
banale
osservazione
della
teste
Tuana
sulla
sentenza
suicida
come
una
"
maliziosa
quanto
gratuita
allusione
"
,
"
scopertamente
allineata
"
con
la
tesi
di
Sofri
.
Ma
che
quella
di
Pincioni
fosse
una
sentenza
suicida
era
arcinoto
ben
prima
che
il
processo
presieduto
da
Della
Torre
iniziasse
.
Bastava
leggere
i
giornali
,
visto
che
i
primi
a
parlare
di
sentenza
suicida
sono
stati
i
cronisti
di
palazzo
di
giustizia
(
vicini
alla
procura
)
e
non
Sofri
.
Nell
'
offensiva
osservazione
del
gip
c
'
è
un
eco
della
frase
rivolta
da
Della
Torre
alla
signora
Tuana
:
"
Cosa
le
ha
suggerito
Sofri
questa
notte
?
"
.
A
regola
di
briscola
,
c
'
è
da
meravigliarsi
che
il
gip
non
abbia
trasmesso
gli
atti
alla
procura
perché
proceda
contro
Settimo
e
Tuana
per
falsa
testimonianza
.
Forse
sarebbe
stato
troppo
,
anche
per
l
'
eccessiva
dottoressa
Di
Martino
.
L
'
orrore
suscitato
da
queste
34
cartelle
prescinde
dal
ritenere
colpevoli
o
innocenti
Sofri
,
Bompressi
e
Pietrostefani
.
Resterebbero
orribili
anche
se
fossero
colpevoli
.
Rafforzano
il
desiderio
che
questa
storia
finisca
per
ragioni
bassamente
egoistiche
(
confesso
il
dolo
)
:
poter
finalmente
girare
la
testa
dall
'
altra
parte
.
Brucia
dover
sottoscrivere
una
frase
del
'91
di
Piergiorgio
Bellocchio
:
"
Come
la
malattia
e
la
miseria
,
anche
la
cosiddetta
giustizia
è
una
sventura
che
tendiamo
irresistibilmente
a
rimuovere
dalla
coscienza
,
salvo
che
ci
colpisca
personalmente
,
o
colpisca
persone
che
amiamo
,
valori
in
cui
crediamo
"
.
Allora
non
la
condividevo
,
presumevo
molto
di
me
,
pensavo
di
potermi
occupare
di
tante
ingiustizie
.
Oggi
mi
dichiaro
vinta
:
le
mie
spalle
riescono
a
stento
a
sostenerne
solo
una
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Dario
,
le
regole
di
questa
clausura
mi
mettono
sempre
in
ritardo
.
Dunque
l
'
andamento
-
come
al
solito
-
travolgente
dei
tuoi
movimenti
ha
accumulato
nella
mia
cella
una
quantità
di
pensieri
,
che
cerco
di
smaltire
in
parte
.
Comincio
dal
dirvi
grazie
(
mi
rivolgo
sempre
ad
ambedue
,
Franca
e
te
)
.
Che
siate
generosi
,
si
sa
.
Ma
che
arrivaste
a
buttare
fino
i
primi
momenti
della
vostra
gioia
di
qua
dai
nostri
muri
(
e
di
quelli
,
tanto
più
brutali
,
delle
galere
turche
o
algerine
)
è
un
segno
di
vera
prodigalità
.
Non
ero
stato
tanto
sorpreso
-
un
po
'
sì
,
come
te
-
dal
premio
che
ti
è
toccato
.
Grazie
a
Dio
ho
girato
un
po
'
per
il
mondo
,
e
soprattutto
ho
frequentato
molto
la
Norvegia
,
e
lì
non
c
'
è
nessuno
che
possa
reagire
alla
notizia
del
tuo
Nobel
simulando
di
non
sapere
chi
sei
.
Mi
è
anche
difficile
ammettere
che
si
possa
,
qui
da
noi
,
dolersi
del
Nobel
a
te
,
perché
si
desiderava
che
andasse
ad
altri
.
Io
per
esempio
ammiro
la
poesia
di
Luzi
e
ho
simpatia
per
lui
.
Sono
stato
molto
contento
che
la
campagna
contro
le
mine
sia
stata
premiata
,
all
'
indomani
della
grave
posizione
tenuta
a
Oslo
anche
dal
governo
degli
Usa
.
Doppiamente
contento
,
perché
c
'
è
un
versante
italiano
peculiare
della
campagna
.
Noi
siamo
gran
produttori
e
trafficanti
di
questi
giocattoli
,
e
abbiamo
fatto
tesoro
della
nostra
eredità
umanistica
per
battezzarli
con
questa
parola
atroce
:
"
antiuomo
"
.
Altri
paesi
hanno
trovato
degli
eufemismi
,
per
un
residuo
di
vergogna
:
noi
ce
ne
freghiamo
perfino
della
estrema
ipocrisia
del
lessico
.
In
compenso
la
partecipazione
italiana
alla
campagna
,
da
parte
di
associazioni
come
l
'
Emergency
del
dottor
Gino
Strada
,
di
comunicatori
come
Costanzo
,
di
politici
come
Occhetto
,
e
dello
stesso
governo
,
è
stata
importante
.
Insomma
mi
sono
rallegrato
per
questo
premio
(
mondanità
compresa
:
ce
ne
fossero
di
Audrey
Hepburn
e
di
Lady
Diana
)
,
benché
sperassi
molto
che
venisse
premiato
l
'
intellettuale
cinese
Wej
Jingsheng
,
imprigionato
da
anni
,
e
,
dalla
sua
prigionia
,
lucido
e
impavido
denunciatore
dei
despoti
del
suo
paese
.
Quando
leggerete
le
sue
lettere
-
le
conosco
grazie
a
mio
fratello
Gianni
-
ne
sarete
commossi
e
ammirati
,
e
avrete
voglia
di
fare
qualcosa
.
Questa
specie
di
scarso
patriottismo
,
diciamo
così
(
te
lo
posso
dire
dopo
che
hai
dovuto
raccogliere
dalla
polvere
l
'
elmo
di
Scipio
)
,
dell
'
accoglienza
fatta
al
tuo
Nobel
mi
ha
fatto
ripensare
-
non
so
se
altri
l
'
abbiano
già
detto
-
che
tu
sei
il
vero
contraltare
delle
sciocchezze
separatiste
lombarde
.
A
parte
il
lombardo
scritto
,
Porta
o
Gadda
o
Testori
,
il
lombardo
ascoltato
mi
arrivò
,
tanto
tempo
fa
,
dalle
tue
canzoni
e
poi
dai
tuoi
spettacoli
,
compresa
la
stessa
parola
"
padano
"
,
come
nel
tuo
(
genovese
però
)
Johan
Padân
,
in
commedie
che
usavano
dialetti
e
grammelot
per
farsi
capire
da
tutti
e
far
divertire
tutti
.
Ora
che
hai
il
Nobel
,
dovrai
provarci
tu
a
riacchiap
pare
dalla
coda
questa
pazzia
padanista
,
se
non
è
già
troppo
tardi
.
E
poi
c
'
è
il
mio
affare
,
naturalmente
.
Non
dirò
niente
sui
meriti
del
pool
contro
la
corruzione
politica
.
Non
c
'
entra
.
Ecco
invece
un
sommario
promemoria
sugli
inizi
del
mio
caso
.
La
Procura
milanese
aveva
seguito
per
moltissimi
anni
la
tesi
che
l
'
omicidio
Calabresi
fosse
stato
compiuto
da
persone
in
qualche
modo
legate
a
Lotta
Continua
,
al
suo
servizio
d
'
ordine
,
"
frange
militariste
"
,
eccetera
.
Ogni
tanto
si
avventurò
fino
a
indicare
nomi
e
cognomi
,
cedendo
a
vociferazioni
e
illazioni
incontrollate
,
per
amor
di
tesi
.
Quando
lo
fece
,
commise
un
doppio
arbitrio
,
accusando
persone
del
tutto
estranee
(
e
presto
dimostrate
tali
)
e
facendole
finire
sui
giornali
prima
di
avvisarle
:
così
nel
1981
nel
caso
di
Marco
F
.
,
indicato
in
fotografia
come
l
'
assassino
.
Non
credo
che
,
al
momento
dell
'
attentato
,
e
ancora
per
molti
anni
,
quei
magistrati
,
pur
così
affezionati
alla
loro
tesi
,
potessero
prendere
sul
serio
l
'
idea
che
un
omicidio
fosse
stato
deciso
dal
"
vertice
"
di
Lotta
Continua
,
da
una
delibera
presa
a
voto
di
maggioranza
nel
suo
Esecutivo
,
e
altre
follie
del
genere
(
oggi
sancite
dalle
sentenze
)
.
Quell
'
idea
era
allora
inconciliabile
col
senso
comune
,
che
poi
il
tempo
avrebbe
deformato
.
Ne
ho
una
conferma
indiretta
nel
fatto
che
,
nel
corso
degli
anni
,
da
qualcuno
di
questi
magistrati
mi
venne
inviata
per
interposta
persona
la
richiesta
di
aiutarli
alle
loro
indagini
con
quello
che
sapessi
:
richiesta
del
tutto
fuori
luogo
.
Era
abitudine
di
qualcuno
di
quei
magistrati
-
per
esempio
del
sostituto
Armando
Spataro
,
che
è
ripetutamente
intervenuto
,
in
aula
e
fuori
,
per
sostenere
l
'
accusa
contro
di
noi
,
e
che
ho
appena
reinvitato
a
discutere
con
me
le
prove
che
ritiene
raggiunte
a
nostro
carico
-
di
chiedere
,
spesso
fuori
verbale
,
agli
indagati
della
"
lotta
armata
"
se
avessero
sentito
qualcosa
circa
Lotta
continua
e
l
'
omicidio
Calabresi
.
Poiché
l
'
appetito
viene
mangiando
,
da
un
qualche
momento
a
quegli
interrogati
furono
fatti
anche
il
mio
nome
e
quello
di
altri
fra
i
più
noti
dirigenti
dell
'
antica
Lotta
continua
.
Dunque
quando
nell
'
estate
1988
scoppia
,
come
un
'
impresa
militare
,
la
nostra
cattura
e
incriminazione
,
non
si
tratta
affatto
dell
'
improvvisa
e
imprevedibile
rivelazione
di
un
pentito
che
venne
da
nulla
,
bensì
dell
'
inveramento
di
un
'
idea
a
lungo
perseguita
ed
elaborata
.
Fino
a
che
punto
,
lo
mostra
un
episodio
documentato
negli
atti
del
processo
,
e
ancora
oggetto
di
uno
strascico
giudiziario
derivato
:
un
anno
prima
,
nel
luglio
1987
,
Marco
Boato
mi
telefonò
da
Trento
per
farmi
gli
auguri
di
compleanno
,
e
per
dirmi
,
a
metà
tr
a
l
'
ilarità
e
lo
sdegno
,
la
seguente
storia
.
Un
imputato
veneto
di
reati
di
banda
armata
,
interrogato
anche
lui
fuori
verbale
sull
'
omicidio
Calabresi
da
un
giudice
istruttore
a
Milano
,
ne
aveva
ricavato
la
notizia
che
lo
stesso
Boato
e
io
,
Sofri
,
saremmo
stati
arrestati
quella
notte
come
responsabili
dell
'
omicidio
.
(
A
parte
me
,
pensare
Boato
corresponsabile
di
un
omicidio
è
una
pazzia
grottesca
)
.
Mi
disse
Boato
:
"
Che
cosa
pensi
di
fare
?
"
.
"
Di
cenare
e
andarmene
a
dormire
"
,
risposi
.
Dormimmo
bene
e
non
se
ne
parlò
più
:
fino
all
'
estate
successiva
.
Questo
prova
fin
dove
arrivasse
il
peccato
di
gola
di
qualche
investigatore
milanese
,
ufficialmente
un
anno
prima
che
Leonardo
Marino
andasse
a
riversare
il
suo
pentimento
in
una
caserma
dell
'
Arma
;
o
,
se
si
preferisce
,
nel
tempo
stesso
in
cui
la
coppia
Marino
-
Bistolfi
inaugurava
i
suoi
colloqui
con
avvocati
e
notabili
politici
sul
tema.Siamo
nell
'
estate
1988
.
Pubblico
ministero
è
Ferdinando
Pomarici
.
Del
quale
non
importa
se
fosse
di
sinistra
o
di
destra
,
e
quanto
:
era
il
Pm
che
aveva
deriso
gli
scettici
garantendo
di
aver
"
scarnificato
mattonella
per
mattonella
"
il
"
covo
"
Br
di
via
Monte
Nevoso
,
salvo
lasciarvi
un
arsenale
di
armi
e
carte
in
una
intercapedine
protetta
da
"
quattro
chiodini
"
.
Pomarici
aveva
l
'
aria
di
volersi
sbrigare
:
la
prima
e
unica
volta
che
mi
interrogarono
,
lui
e
il
Giudice
istruttore
Lombardi
,
mi
disse
:
"
Guardi
,
tanto
è
tutto
prescritto
,
abbiamo
amici
in
comune
,
lei
confessa
e
spiega
anche
il
contesto
storico
e
politico
,
nessuno
lo
farebbe
meglio
di
lei
"
.
E
'
durato
nove
anni
,
il
nostro
maledetto
processo
.
Lui
avrebbe
risolto
tutto
in
un
'
oretta
.
Poche
persone
hanno
detto
tante
bugie
,
dimostrate
tali
,
di
cui
nessuno
ha
mai
chiesto
conto
.
Per
un
anno
e
mezzo
Pomarici
dichiarò
di
non
aver
mai
saputo
dei
rapporti
prolungati
e
occultati
fra
Marino
e
i
carabinieri
:
poi
un
giorno
,
quasi
con
fastidio
,
disse
di
averlo
sempre
saputo
.
Quando
Marino
passava
nottate
con
l
'
allora
colonnello
(
oggi
generale
,
con
un
incarico
altissimo
nei
servizi
d
'
informazione
)
Bonaventura
,
Pomarici
stava
conducendo
con
lui
un
'
indagine
su
un
episodio
milanese
:
inoltre
aveva
lavorato
con
lui
nel
corso
degli
anni
nell
'
inchiesta
Calabresi
.
Eppure
,
lui
Pm
del
caso
,
ebbe
l
'
ardire
di
sostenere
di
non
aver
avuto
il
minimo
sentore
del
fatto
che
quel
colonnello
Bonaventura
,
che
passava
i
giorni
con
lui
a
Milano
,
passasse
le
notti
con
Marino
a
Sarzana
a
proposito
dell
'
omicidio
Calabresi
.
A
sua
volta
,
Pomarici
ritardò
inspiegabilmente
il
momento
di
investire
dell
'
inchiesta
il
Gi
Lombardi
,
che
ne
era
da
anni
il
titolare
.
Come
sia
stata
condotta
quell
'
istruttoria
,
nascondendo
alla
difesa
ogni
circostanza
dell
'
accusa
,
rattoppando
costantemente
,
fino
alla
manipolazione
,
gli
svarioni
,
le
contraddizioni
e
le
smentite
di
Marino
,
non
si
può
ridire
qui
.
Voglio
solo
ricordare
una
questione
recente
circa
il
Gi
Antonio
Lombardi
.
Nel
1993
un
ufficiale
del
Ros
dei
carabinieri
di
Trapani
consegnò
agli
atti
dell
'
indagine
trapanese
sull
'
assassinio
di
Mauro
Rostagno
un
rapporto
su
carta
intestata
e
con
tanto
di
firma
.
L
'
ufficiale
riferiva
di
essersi
incontrato
a
Milano
col
Gi
Lombardi
,
che
gli
aveva
detto
che
Rostagno
era
stato
assassinato
in
connessione
col
processo
Calabresi
,
per
impedirgli
di
denunciare
,
come
era
intenzionato
a
fare
,
i
suoi
compagni
di
un
tempo
.
Queste
e
altre
infamie
simili
-
non
solo
infami
,
ma
ridicolizzate
da
ogni
genere
di
prova
,
a
cominciare
dalla
voce
stessa
di
Mauro
che
parlava
del
nostro
arresto
e
di
me
nella
sua
televisione
-
giacquero
,
coperte
dal
segreto
,
fra
le
carte
dell
'
inchiesta
trapanese
,
finché
potei
leggerle
nel
luglio
del
1996
,
e
denunciare
quel
documento
calunnioso
e
scandaloso
.
Il
Gi
Lombardi
smentì
con
veemenza
,
a
mezzo
agenzia
,
di
aver
mai
detto
quelle
cose
:
non
mi
risulta
che
abbia
denunciato
l
'
ufficiale
,
autore
di
un
così
smaccato
falso
.
Io
denunciai
ambedue
,
e
aspetto
ancora
di
ricevere
la
minima
notizia
sull
'
itinerario
della
mia
denuncia
.
Non
c
'
è
male
,
no
?
Ogni
volta
che
cose
particolarmente
insopportabili
sono
successe
nel
corso
dei
nostri
processi
-
alla
rinfusa
:
la
descrizione
della
via
di
fuga
dall
'
attentato
madornalmente
sbagliata
da
Marino
,
e
lodata
per
iscritto
per
la
sua
"
esattezza
"
da
Pomarici
e
poi
da
Lombardi
;
la
accidentale
(
accidentale
sul
serio
,
Dario
)
rivelazione
dei
rapporti
occultati
fra
Marino
e
i
carabinieri
;
la
distruzione
sistematica
dei
corpi
di
reato
,
dopo
il
nostro
arresto
e
incriminazione
;
la
stesura
di
una
sentenza
"
suicida
"
per
rovesciare
un
verdetto
di
assoluzione
;
il
pregiudizio
dimostrato
di
un
presidente
di
corte
di
assise
d
'
appello
,
e
così
via
-
ogni
volta
,
non
una
voce
della
procura
milanese
si
è
alzata
a
criticare
,
o
anche
solo
a
manifestare
dubbio
o
rammarico
.
Al
contrario
,
molte
voci
,
a
partire
dalla
più
autorevole
,
quella
di
Borrelli
,
si
sono
alzate
a
sostenere
l
'
accusa
contro
di
noi
,
durante
e
dopo
i
processi
,
a
criticare
la
sentenza
di
annullamento
pronunciata
dalle
Sezioni
unite
della
Cassazione
(
cosa
che
D
'
Ambrosio
ha
appena
rifatto
,
sui
giornali
,
addebitandole
di
essere
entrata
"
nel
merito
"
)
,
a
criticare
la
sentenza
di
assoluzione
del
secondo
processo
di
appello
,
e
così
via
.
Ripeterò
,
non
avendo
mai
avuto
il
minimo
cenno
di
ricevuta
,
un
esempio
clamoroso
,
che
non
poteva
non
interessare
i
pareri
altrimenti
così
pronti
dei
magistrati
della
procura
.
I
due
giudici
togati
del
nostro
primo
processo
si
chiamano
Manlio
Minale
,
che
presiedeva
la
Corte
di
Appello
(
come
ti
è
stato
appena
ricordato
)
e
Galileo
Proietto
,
giudice
a
latere
.
Ebbene
,
Minale
era
al
suo
ultimo
processo
da
giudice
,
essendo
già
stato
designato
,
prima
dell
'
apertura
stessa
del
dibattimento
,
procuratore
aggiunto
,
dunque
collega
,
subalterno
di
Borrelli
,
e
superiore
in
grado
di
Pomarici
,
dei
magistrati
di
quella
procura
che
con
tanto
impegno
e
spirito
di
"
squadra
"
,
aveva
sostenuto
l
'
accusa
in
istruttoria
,
e
l
'
avrebbe
sostenuta
in
dibattimento
.
Tu
hai
notato
forse
come
in
tutti
questi
anni
io
abbia
cercato
di
tenere
un
equilibrio
,
di
non
farmi
risucchiare
dentro
schieramenti
costituiti
,
di
non
prendere
posizione
su
questioni
generali
(
comprese
le
più
spinose
,
come
l
'
uso
e
l
'
abuso
dei
"
pentiti
"
)
attraverso
il
filtro
esclusivo
della
mia
personale
vicissitudine
.
Questo
valeva
dunque
anche
per
un
tema
come
la
separazione
delle
carriere
fra
magistrati
dell
'
accusa
e
del
giudizio
,
sul
quale
conservo
un
preoccupato
dubbio
.
Esemplificando
i
paradossi
cui
può
portare
la
carriera
unica
,
si
è
spesso
evocata
la
possibilità
che
un
magistrato
finisca
col
giudicar
e
gli
stessi
imputati
di
cui
è
stato
lui
,
da
Pm
,
a
costruire
l
'
accusa
.
Bene
:
nel
mio
caso
si
è
compiuto
il
paradosso
opposto
,
col
giudice
chiamato
a
sconfessare
l
'
operato
,
particolarmente
esposto
e
discusso
,
dei
suoi
colleghi
in
pectore
.
Per
completezza
di
paradosso
,
aggiungo
che
anche
il
giudice
a
latere
,
ed
estensore
della
motivazione
della
sentenza
,
Proietto
,
è
passato
alla
procura
.
Ho
invano
aspettato
che
qualcuno
,
Borrelli
,
D
'
Ambrosio
,
Spataro
,
un
altro
a
piacere
,
dicessero
una
parola
sulla
singolarità
del
caso
.
Tanto
più
che
si
trattava
di
un
processo
,
non
dirò
importante
(
tutti
i
processi
,
avendo
in
palio
il
diritto
e
il
destino
delle
persone
,
dovrebbero
essere
importanti
)
ma
costellato
di
delicati
colpi
di
scena
,
come
la
ricordata
accidentale
scoperta
della
convivenza
notturna
taciuta
e
negata
fra
Marino
e
i
carabinieri
,
venuta
fuori
per
l
'
ingenuità
di
un
curato
di
paese
,
e
trattata
con
ineffabili
riguardi
dalla
procura
(
Pomarici
che
dichiarava
di
aver
telefonato
a
Borrelli
per
avvertirlo
della
venuta
dei
carabinieri
a
testimoniare
)
e
dal
Presidente
,
che
pure
era
stato
il
primo
menato
per
il
naso
dall
'
originaria
versione
sul
pentimento
spontaneo
e
repentino
.
E
visto
che
ci
siamo
,
e
che
D
'
Ambrosio
ti
ha
invitato
a
portare
elementi
nuovi
per
la
revisione
del
nostro
processo
,
se
ne
hai
(
chissà
perché
tu
,
a
volte
l
'
ironia
di
certe
battute
mi
sfugge
;
siamo
noi
a
cercare
di
farlo
,
com
'
è
noto
)
terrei
a
chiedergli
se
abbia
mai
pensato
,
nei
ventidue
anni
che
ci
separano
dalla
sentenza
del
1975
sul
"
malore
attivo
"
di
Pinelli
,
alla
revisione
,
o
alla
riapertura
,
di
quel
processo
.
E
'
ancora
oggi
contento
,
o
rassegnato
,
Gerardo
D
'
Ambrosio
,
a
quel
Pinelli
che
si
piroetta
oltre
la
ringhiera
per
il
malore
attivo
,
o
si
chiede
ogni
tanto
come
sia
andata
davvero
?
Non
sto
barattando
il
processo
Pinelli
con
quello
Calabresi
(
non
l
'
ho
mai
fatto
,
l
'
hanno
fatto
i
miei
nemici
,
pretendendo
di
fare
della
nostra
condanna
la
condizione
per
la
"
riabilitazione
"
del
commissario
)
,
né
facendo
una
battuta
politica
o
un
commento
morale
:
la
mia
è
un
'
osservazione
,
per
così
dire
,
strettamente
tecnica
o
giudiziaria.Calabresi
fu
ucciso
,
ma
ci
sono
parecchie
persone
che
si
trovavano
nella
stanza
da
cui
un
interrogato
fermato
illegalmente
e
innocente
uscì
a
capofitto
dalla
finestra
,
e
nessuna
di
quelle
persone
,
che
allora
mentirono
tutte
-
come
il
dottor
D
'
Ambrosio
appurò
-
ha
più
aperto
bocca
.
Io
sono
in
galera
-
ma
non
commiserarmi
troppo
:
ne
abbiamo
viste
di
peggio
-
secondo
i
procuratori
e
alcuni
giudici
,
perché
Lotta
continua
aveva
una
specie
di
struttura
illegale
che
"
non
può
non
essere
stata
"
,
come
dice
Marino
,
l
'
autrice
dell
'
omicidio
Calabresi
,
di
cui
io
"
non
posso
non
essere
stato
"
a
conoscenza
.
Oppure
:
sono
in
galera
perché
il
13
maggio
del
1972
alla
fine
di
un
mio
comizio
Pietrostefani
e
io
avvicinammo
Marino
per
comunicargli
un
mandato
a
uccidere
,
però
Pietrostefani
non
c
'
era
;
perché
alla
fine
del
comizio
andai
con
Brogi
e
Marini
in
un
bar
e
di
lì
uscii
in
strada
per
dare
a
Marino
un
mandato
a
uccidere
,
ma
Brogi
e
Marino
erano
uno
a
Genova
e
l
'
altro
a
casa
,
e
nessuno
andò
al
bar
,
e
la
gente
si
sparpagliò
perché
pioveva
forte
,
ma
Marino
si
è
dimenticato
che
piovesse
;
ricevuto
il
mandato
a
uccidere
,
Marino
mi
salutò
e
tornò
a
Torino
,
però
invece
si
fermò
a
Pisa
e
anzi
la
sera
tardi
venne
con
tanti
altri
a
casa
mia
.
E
così
via
.
Sono
in
galera
per
questo
,
e
così
i
miei
amici
.
Sono
in
galera
anche
perché
dopo
che
Pomarici
,
Lombardi
e
una
quantità
di
altri
hanno
tuonato
che
io
,
potente
e
amico
di
potenti
(
caro
Dario
,
amico
mio
)
,
non
sarei
mai
stato
toccato
,
mentre
il
solo
povero
Marino
avrebbe
pagato
per
tutti
.
Con
un
piccolo
cambio
di
ausiliare
-
aver
pagato
,
essere
pagato
-
è
andata
proprio
così
,
e
Marino
,
intervistato
,
ci
concede
benignamente
la
grazia
.
Carnevali
,
mondi
a
testa
in
giù
:
ma
che
aspettiamo
a
battergli
le
mani
.
Non
ho
alzato
la
voce
verso
quel
disgraziato
di
Marino
,
in
questi
anni
,
né
avrei
parlato
all
'
ingrosso
della
procura
di
Milano
se
tu
,
nel
tuo
modo
travolgente
,
non
avessi
fatto
venire
giù
il
loggione
.
E
'
vero
,
l
'
ultima
sentenza
milanese
si
imperniò
sul
fatto
che
il
pentimento
(
no
:
la
crisi
"
mistica
"
)
di
Marino
sono
autentici
perché
da
ragazzo
era
passato
dai
Salesiani
.
Bestemmia
che
mi
dispiace
tanto
più
,
perché
ho
simpatia
e
stima
per
molti
Salesiani
.
Non
mi
auguro
affatto
che
tu
-
né
altri
-
modifichi
la
tua
stima
per
la
magistratura
milanese
per
solidarietà
con
me
.
Mi
dispiacerebbe
perfino
.
Vorrei
che
,
tenendosi
al
mio
processo
,
di
ogni
cosa
detta
a
carico
o
a
difesa
,
si
verificasse
,
per
quanto
è
possibile
(
molto
!
)
la
fondatezza
e
la
lealtà
.
Il
17
maggio
1972
Luigi
Calabresi
fu
assassinato
.
Gli
attentatori
arrivarono
e
e
fuggirono
a
bordo
di
una
125
blu
rubata
.
Tutti
i
testimoni
in
grado
di
distinguere
riferirono
che
alla
guida
c
'
era
una
donna
.
Nell
'
auto
abbandonata
,
furono
ritrovati
sul
cruscotto
,
al
posto
di
guida
,
degli
occhiali
neri
da
donna
che
i
proprietari
dell
'
auto
non
avevano
mai
visto
.
Quando
venne
sospettato
il
neofascista
Nardi
,
fu
arrestata
una
giovane
donna
tedesca
,
Gudrun
Kiess
,
accusata
di
essere
stata
la
guidatrice
dell
'
auto
.
La
Kiess
restò
in
carcere
a
lungo
,
benché
non
avesse
mai
preso
la
patente
.
Nel
luglio
del
1988
gli
inquirenti
dichiararono
che
la
donna
al
volante
dell
'
auto
dell
'
attentato
era
Leonardo
Marino
.
Anch
'
io
non
ho
mai
preso
la
patente
.
Sono
qui
che
cammino
avanti
e
indietro
e
mi
fanno
male
i
piedi
.
La
lampadina
è
un
micidiale
doppio
tubo
al
neon
e
non
riesce
a
somigliare
alla
luna
.
Grazie
,
ciao
.
StampaQuotidiana ,
Difficile
che
domani
Berlusconi
alzi
le
spalle
:
«
Sono
più
quelli
che
votano
di
quelli
che
scioperano
o
manifestano
»
.
Neanche
ad
Arcore
si
possono
dire
più
d
'
una
volta
certe
sciocchezze
.
E
non
solo
perché
da
due
mesi
gli
scioperi
sono
battenti
e
diffusi
come
non
succedeva
da
quindici
anni
,
e
domani
una
folla
mai
vista
confluirà
a
Roma
,
malgrado
,
o
anche
a
causa
,
del
disastro
nel
Nord
.
Sono
dodici
milioni
in
Italia
i
lavoratori
dipendenti
:
quelli
immediatamente
minacciati
nel
lavoro
,
nel
salario
,
nelle
pensioni
.
Dodici
su
57
milioni
di
italiani
,
su
40
milioni
di
elettori
.
Ognuno
di
essi
ha
,
legate
alla
sua
esistenza
,
almeno
una
o
due
persone
.
Ma
soprattutto
,
non
sono
una
parte
come
le
altre
:
se
si
fermano
loro
,
si
ferma
la
città
,
la
regione
,
il
paese
.
È
così
oggi
e
sarà
così
domani
,
perché
anche
un
terminale
resta
inerte
senza
la
mano
e
la
testa
che
lo
accendono
e
interrogano
.
Se
si
fermano
dodici
milioni
di
altri
cittadini
,
l
'
impatto
simbolico
è
grande
ma
la
macchina
produttiva
e
amministrativa
cammina
.
Anche
se
si
fermano
gli
otto
milioni
di
cosiddetti
«
autonomi
»
;
perfino
i
fatali
camionisti
,
ce
ne
vuole
perché
da
soli
inceppino
tutto
come
farebbero
due
,
tre
,
sei
giorni
di
sciopero
dei
salariati
.
Sarebbe
la
paralisi
.
La
guerra
sociale
totale
.
Sui
salariati
se
ne
son
dette
di
tutte
,
soprattutto
che
,
in
declino
la
grande
impresa
,
erano
una
specie
in
estinzione
.
Ma
il
lavoro
salariato
resta
il
sistema
sanguigno
della
società
industriale
e
postindustriale
,
per
diffusa
e
retificata
che
sia
.
E
mentre
nel
voto
si
confondono
salariato
o
padrone
,
manager
o
casalinga
,
peso
e
potere
sociale
sono
un
altro
paio
di
maniche
.
Da
due
mesi
questo
è
tornato
a
evidenziarsi
sullo
schermo
della
società
non
virtuale
.
Sono
corpi
che
non
entrano
in
fabbrica
o
in
ufficio
,
mani
che
non
attivano
macchine
o
computer
,
non
alzano
lo
sportello
,
non
emettono
biglietti
,
non
mettono
in
moto
vagoni
,
tram
e
ferrovie
.
Mutano
,
luogo
per
luogo
,
il
ritmo
delle
giornate
,
i
meccanismi
del
quotidiano
,
l
'
uso
della
città
.
E
nei
paesaggi
metropolitani
,
dove
non
si
addensava
che
il
passeggio
domenicale
,
si
materializzano
presenze
aggregate
,
fuse
in
manifestazioni
e
cortei
,
parlanti
.
La
società
ha
ripreso
voce
,
altro
che
l
'
anonimia
dei
sondaggi
.
Sono
voci
diverse
,
domande
,
volontà
,
tensioni
,
anche
lacerazioni
,
non
riducibili
a
numeri
.
Con
costoro
in
piazza
si
tratta
o
gli
si
gettano
contro
gli
odierni
corrispondenti
dei
carabinieri
a
cavallo
.
E
questo
è
il
problema
di
Berlusconi
.
Ma
su
che
cosa
e
come
si
tratta
è
anche
il
problema
dei
progressisti
,
o
come
diavolo
si
vogliono
chiamare
.
Quel
che
vuole
Berlusconi
è
ridurre
il
peso
contrattuale
,
rendere
la
massa
dei
salariati
plastica
alla
«
competitività
»
,
in
un
mondo
dove
esiste
una
sorta
di
dumping
del
mercato
di
manodopera
,
cinque
o
dieci
volte
più
a
buon
prezzo
nell
'
Est
europeo
e
in
Asia
.
Perciò
si
vuole
che
da
noi
il
lavoro
costi
meno
,
diventi
precario
e
flessibile
,
e
a
questo
giova
l
'
abolizione
degli
ammortizzatori
sociali
.
Scuola
,
sanità
,
pensione
non
hanno
da
essere
più
un
servizio
cui
si
ha
diritto
:
devono
essere
privatizzati
e
quindi
acquistati
,
e
per
poterlo
fare
competano
fra
salariati
per
il
posto
,
concorrano
per
il
salario
,
si
scannino
gli
immigrati
.
Per
chi
resterà
a
margine
se
la
vedranno
le
Regioni
,
con
fondi
abbondanti
dove
ce
ne
sarà
meno
bisogno
,
magri
dove
ce
ne
sarà
:
questa
è
l
'
autonomia
fiscale
.
Ma
questo
modello
-
non
meniamo
il
can
per
l
'
aia
-
è
stato
accettato
dai
progressisti
,
Rifondazione
esclusa
.
La
caduta
del
Muro
di
Berlino
per
l
'
Italia
non
è
stata
la
rinuncia
al
comunismo
,
ma
a
qualsiasi
regolazione
politica
del
mercato
.
Di
qui
la
inefficacia
dell
'
opposizione
,
il
suo
prendere
di
petto
il
governo
più
sulle
regole
che
sulla
finanziaria
.
Anche
il
sindacato
ha
avuto
un
sussulto
soltanto
quando
s
'
è
visto
che
nessuno
degli
antichi
e
nuovi
patti
sarebbe
stato
tenuto
,
e
la
gente
si
è
mossa
senza
starlo
ad
aspettare
.
Non
c
'
è
futuro
accettabile
per
i
lavoratori
di
oggi
e
quelli
di
domani
,
oggi
studenti
,
in
questo
quadro
.
Non
è
una
terapia
d
'
urto
,
dopo
la
quale
come
in
passato
la
crescita
tornerà
espansione
e
sviluppo
,
seppellirà
morti
e
feriti
e
riaggregherà
lembi
allargati
di
società
.
Il
modello
competitivo
non
moltiplica
più
il
ventaglio
dei
prodotti
,
non
alimenta
più
,
attraverso
la
redistribuzione
salariale
,
il
mercato
interno
,
non
mira
più
ad
allargare
la
sua
area
:
oggi
tutti
producono
le
stesse
merci
per
la
stessa
fascia
alta
di
consumi
.
Un
mercato
saturo
,
nel
quale
battersi
a
morte
per
concorrere
a
qualità
sempre
più
alta
e
a
prezzo
sempre
più
basso
.
Che
il
mercato
oggi
sia
questo
lo
sa
qualsiasi
operaio
o
impiegato
della
Fiat
o
di
Lucchini
o
di
De
Benedetti
.
Lo
sanno
gli
economisti
.
Lo
sa
il
governatore
Fazio
.
Lo
sa
Scalfari
,
che
protesta
soltanto
per
il
prelievo
di
classe
.
Abbattere
i
salari
,
privatizzare
i
servizi
,
liberare
i
movimenti
dei
capitali
non
è
stata
l
'
unica
scelta
anche
per
i
progressisti
?
Che
propongono
,
salvo
qualche
emendamento
,
D
'
Alema
,
Buttiglione
,
Spini
,
Orlando
e
quant
'
altri
?
Sottinteso
:
qualche
sacrificio
,
poi
tutto
andrà
da
sé
.
No
,
nulla
andrà
da
sé
.
Domani
Roma
lo
dirà
.
Non
si
risponda
,
per
favore
:
buona
manifestazione
,
come
sarebbe
bello
riavere
,
al
posto
di
Berlusconi
,
Ciampi
.
Alain
Minc
,
che
ebbe
fortuna
anche
in
Italia
per
aver
firmato
con
Simon
Nora
il
primo
rapporto
sull
'
informatica
,
poi
come
brillante
manager
del
postindustriale
e
poi
meno
brillante
consulente
di
Carlo
De
Benedetti
,
ha
reso
pubblico
il
rapporto
sulle
«
Sfide
economiche
e
sociali
del
2000»
,
affidatogli
dal
commissario
governativo
del
Piano
in
Francia
.
La
tesi
è
sempre
quella
,
ma
il
bello
sono
gli
argomenti
che
la
adornano
.
Nell
'
ordine
:
la
rivoluzione
è
epocale
.
Si
è
rivelato
caduco
il
contratto
che
nelle
democrazie
europee
s
'
era
instaurato
dopo
il
1945
fra
le
parti
sociali
e
lo
Stato
:
era
basato
sulla
«
compassione
»
della
collettività
(
sic
)
,
radicata
nel
mito
dell
'
uguaglianza
,
sceso
direttamente
dalla
Rivoluzione
francese
.
Con
perniciosi
effetti
.
Ha
immobilizzato
la
società
,
ha
frenato
le
forze
produttive
più
audaci
con
lacci
e
lacciuoli
.
Oggi
occorre
un
altro
contratto
sociale
,
fondato
non
più
sull
'
uguaglianza
,
che
si
misurava
sul
diritto
di
ciascuno
,
ma
sull
'
equità
,
cioè
sulla
capacità
di
adeguarsi
al
modello
dell
'
attuale
economia
di
mercato
.
La
quale
è
l
'
unica
,
non
c
'
è
alternativa
.
Meglio
che
l
'
Europa
si
renda
attraente
subito
per
i
capitali
stranieri
.
Come
?
Continuando
con
la
disinflazione
e
accelerando
la
moneta
unica
europea
,
anticipata
dal
1999
al
1997
.
Magari
si
comincia
da
Germania
e
Francia
.
Abbassando
il
costo
del
lavoro
direttamente
e
tagliando
gli
oneri
sociali
,
ma
sul
serio
,
e
quindi
riducendo
le
prestazioni
sociali
,
ma
sul
serio
.
In
attesa
di
abolirlo
,
il
salario
minimo
garantito
va
ridotto
:
funziona
contro
i
disoccupati
.
Eccetera
.
Con
Alain
Minc
,
firmano
il
rapporto
anche
Alain
Touraine
,
Edgar
Morin
,
Pierre
Rosanvallon
.
La
sinistra
pensante
.
Un
'
idea
geniale
da
Reims
,
quella
del
viaggio
di
Rossini
.
Il
23
ottobre
scorso
la
società
di
promozione
Athletics
e
una
ventina
di
imprese
nazionali
hanno
indetto
la
corsa
del
disoccupato
.
Quota
di
partecipazione
:
lire
15000
,
scarpe
e
maglietta
a
carico
del
partecipante
.
Fornito
dai
promotori
l
'
originale
cartello
da
appendere
sulla
schiena
con
su
scritto
il
curriculum
vitae
.
Tre
percorsi
:
minimo
io
chilometri
,
meglio
i
21
,
consigliata
la
maratona
dei
42
.
Si
tratta
infatti
di
mettere
in
luce
i
disoccupati
dotati
di
maggior
tenacia
e
spirito
di
sacrificio
,
qualità
più
apprezzate
dalle
imprese
.
Uno
scherzo
?
Una
provocazione
di
qualche
Centro
sociale
?
No
,
la
corsa
è
stata
patrocinata
dal
Comune
di
Reims
e
dall
'
Anpe
(
Associazione
nazionale
per
l
'
occupazione
)
,
che
ha
offerto
ai
concorrenti
una
consulenza
per
la
formulazione
ottimale
del
loro
profilo
professionale
.
Paure ( Rossanda Rossana , 1994 )
StampaQuotidiana ,
Non
è
la
prima
volta
che
gli
italiani
si
precipitano
compatti
a
destra
,
osserva
su
«
La
Stampa
»
Norberto
Bobbio
,
ricordando
che
anche
nel
1948
la
grande
paura
della
sinistra
portò
a
quel
voto
democristiano
che
ci
avrebbe
condizionato
per
mezzo
secolo
.
Anche
altri
hanno
scritto
di
questa
paura
della
sinistra
che
continuerebbe
a
far
tremare
le
masse
.
Nel
1994
paura
dei
progressisti
,
cavallo
di
Troia
dei
comunisti
?
Stento
a
crederlo
.
Nel
1948
l
'
Urss
era
uscita
dalla
guerra
come
grande
potenza
,
che
,
dopo
aver
fermato
i
tedeschi
all
'
Est
e
ripreso
Berlino
,
aveva
il
controllo
su
Polonia
,
Cecoslovacchia
,
Ungheria
,
Romania
,
Bulgaria
,
per
un
poco
la
Iugoslavia
e
i
paesi
baltici
.
La
minaccia
sovietica
era
assai
minore
di
quel
che
si
dice
,
per
le
disastrose
condizioni
nelle
quali
l
'
invasione
tedesca
aveva
lasciato
l
'
Est
e
perché
Yalta
aveva
fermamente
determinato
le
aree
di
influenza
a
favore
della
intatta
potenza
militare
ed
economica
americana
;
ma
si
poteva
temere
,
almeno
in
Italia
e
in
Francia
,
una
egemonia
dei
partiti
comunisti
.
Erano
diventati
forti
nei
fronti
popolari
,
avevano
praticamente
diretto
la
resistenza
,
il
fascismo
faceva
orrore
,
una
ventata
di
sinistra
spolverava
gli
scaffali
della
vecchia
Europa
.
Ma
nel
1994
?
L
'
Unione
Sovietica
non
esiste
più
.
Le
grandi
potenze
che
si
affacciano
nel
mondo
,
Germania
e
Giappone
,
sono
per
i
borghesi
del
tutto
rassicuranti
.
Minacce
di
armate
rosse
non
se
ne
vedono
.
Va
da
sé
che
il
comunismo
è
morto
,
e
in
ogni
caso
l
'
Italia
sembra
tutto
fuorché
sull
'
orlo
d
'
una
rivoluzione
operaia
.
Nessuno
mi
persuaderà
che
chi
ha
votato
Berlusconi
,
Fini
e
Bossi
lo
abbia
fatto
per
timore
della
dittatura
del
proletariato
.
Per
timore
di
espropri
,
nazionalizzazioni
,
comandi
operai
in
azienda
.
Quel
voto
massiccio
del
triangolo
industriale
non
è
un
voto
«
contro
»
la
sinistra
,
è
un
voto
«
per
»
la
destra
.
Nella
sinistra
non
credono
più
perché
pensano
che
ormai
padroni
,
capitale
,
Europa
dei
tedeschi
che
l
'
hanno
fatta
,
la
società
è
diretta
dai
più
ricchi
e
più
forti
,
la
competitività
è
selvaggia
attorno
a
una
torta
non
sufficientemente
vasta
e
da
dividere
fra
tutti
.
Il
Nord
non
ha
votato
per
la
democrazia
e
l
'
Occidente
,
ha
votato
per
sé
.
Ha
detto
addio
al
«
vecchio
sistema
politico
»
perché
«
assistenziale
»
e
ha
affondato
Martinazzoli
e
Rosy
Bindi
perché
ancora
proponevano
una
relativa
suddivisione
dei
carichi
.
Chi
ha
,
non
intende
più
assistere
nessuno
.
Se
ci
dev
'
essere
una
sola
Italia
,
sia
quella
di
Fini
,
dove
i
poveri
stanno
al
loro
posto
,
i
giovani
non
sono
fannulloni
,
le
donne
stanno
a
casa
a
fungere
da
stato
sociale
.
Oppure
sia
l
'
Italia
di
Berlusconi
,
dove
tutto
funziona
come
in
una
squadra
di
calcio
o
un
'
azienda
,
non
occorrono
le
SS
,
basta
un
capo
del
personale
;
riconosciamo
che
c
'
è
una
differenza
.
Hanno
tenuto
le
regioni
rosse
perché
le
amministrazioni
di
sinistra
avevano
garantito
un
modello
produttivo
di
piccole
e
medie
aziende
.
E
il
Sud
-
tolta
Roma
e
la
Sicilia
,
le
più
vendicative
e
malate
-
si
è
arroccato
come
poteva
.
Questo
mi
pare
il
senso
del
voto
.
Paura
per
sé
in
un
sistema
che
ha
un
solo
modello
e
molto
rigido
.
Non
è
la
classica
reazione
piccolo
borghese
.
Per
questa
sarebbe
bastata
come
sempre
la
Democrazia
cristiana
.
Uno
guarda
sui
grafici
la
suddivisione
della
nuova
camera
e
vede
la
società
dei
due
terzi
di
Glotz
.
E
sui
giornali
già
si
profila
un
qualche
allineamento
sui
vincenti
,
che
per
qualche
giorno
paiono
incredibili
alla
stampa
estera
.
E
chi
sarà
mai
,
questo
Berlusconi
?
Non
è
neanche
fascista
come
Fini
,
né
maleducato
come
Bossi
.
Se
non
piace
agli
intellettuali
,
vuol
dire
che
ha
i
piedi
per
terra
,
saprà
far
andare
le
cose
,
non
spaccherà
l
'
Italia
e
la
farà
rigare
dritta
dalle
Alpi
a
Lampedusa
.
Chi
accetta
le
regole
del
gioco
entra
nel
gioco
,
non
senza
trarre
saporose
vendette
su
chi
non
ci
sta
.
C
'
è
però
un
tratto
comune
con
il
1948;
sta
nella
paura
dell
'
assumersi
responsabilità
totali
su
di
sé
,
marciare
sulle
proprie
gambe
in
una
società
terrestre
di
cittadini
in
linea
di
principio
uguali
.
Nel
1948
l
'
Italia
non
si
dava
,
per
difendersi
dai
comunisti
,
un
normale
governo
democratico
,
correva
sotto
il
mantello
della
Chiesa
,
pregando
la
Madonna
e
facendosi
consigliare
dai
parroci
.
Quella
del
1994
per
difendersi
dall
'
esclusione
è
corsa
sotto
il
mantello
dell
'
Imprenditore
,
facendosi
consigliare
dalla
televisione
.
Non
inganniamoci
:
Rai
e
Fininvest
sono
state
identiche
nell
'
irridere
alle
«
utopie
»
che
dividono
sfera
politica
e
sfera
economica
,
nel
vantare
il
mercato
non
come
regolatore
dello
scambio
ma
come
regolatore
dei
valori
,
principio
dell
'
etica
pubblica
.
Un
intelligente
amico
di
Milano
,
Italia
chiedeva
qualche
mese
fa
a
un
invitato
:
ma
lei
crede
ancora
che
ci
siano
diritti
a
prescindere
dal
mercato
?
Lo
domandava
sul
serio
,
lui
non
ci
credeva
più
,
e
l
'
altro
si
difendeva
in
modo
un
po
'
cattolico
.
Questa
totalizzazione
dell
'
economico
è
manifestamente
la
fine
d
'
una
divisione
dei
poteri
fra
politico
ed
economico
,
ma
con
questo
è
anche
la
fine
di
un
possibile
primato
della
persona
.
L
'
individualismo
del
mercato
è
quello
dell
'
imprenditore
e
solo
il
suo
.
Chi
non
ha
capitale
è
macchina
o
merce
o
consumatore
,
non
è
metro
sul
quale
si
misura
il
modo
di
produrre
e
organizzare
la
propria
esistenza
.
E
qui
s
'
è
verificato
l
'
incontro
fra
destra
e
postmoderno
,
nella
riduzione
dell
'
io
debole
a
privatezze
che
lo
rendono
solipsista
,
se
ha
un
certo
reddito
,
e
obbediente
,
se
non
lo
ha
.
Si
tratta
d
'
una
appena
travestita
regressione
a
prima
della
Rivoluzione
francese
.
Non
è
un
'
operazione
semplice
e
scompagina
le
culture
.
Se
il
1994
segna
una
data
storica
,
è
nel
senso
che
il
carisma
della
Chiesa
ha
ceduto
a
quello
di
Berlusconi
.
La
Chiesa
era
tornata
sulla
scena
politica
dopo
una
lunga
assenza
per
invocare
l
'
unità
dei
cattolici
contro
il
capitalismo
selvaggio
e
in
favore
di
quello
temperato
dalla
solidarietà
e
dai
valori
che
vorrebbe
Martinazzoli
.
Ma
non
ha
funzionato
,
perché
nessun
valore
ha
mai
temperato
le
scelte
del
capitale
;
le
ha
moderate
talvolta
lo
Stato
moderno
,
e
con
la
stessa
mano
sorrette
,
diminuendo
gli
attriti
che
il
suo
selvaggio
procedere
provocava
.
Forse
che
le
politiche
sul
mezzogiorno
non
hanno
fornito
un
esercito
di
riserva
al
Nord
,
e
la
spesa
pubblica
non
ha
permesso
i
bassi
salari
?
Per
favore
.
La
Chiesa
sarà
per
il
primato
dell
'
uomo
,
ma
non
per
quello
del
cittadino
.
Tutta
la
sua
storia
dopo
i
Padri
è
una
trattativa
con
i
poteri
per
spartirsi
il
terreno
,
a
loro
gli
eserciti
e
la
proprietà
,
alla
sede
di
Pietro
la
gerarchia
dei
valori
.
Ma
nei
momenti
di
impetuosa
crescita
del
capitale
,
essa
perde
sempre
.
Le
strade
del
Signore
sono
infinite
ma
quelle
del
capitale
sembrano
più
sbrigative
.
Così
l
'
Italia
si
è
scristianizzata
.
Non
era
vero
che
la
parola
partito
destasse
ormai
in
tutti
una
vivace
repulsione
.
Lo
credevamo
a
torto
.
Berlusconi
ha
parlato
con
orgoglio
del
suo
partito
,
spuntato
come
un
fungo
:
la
sua
rapidità
di
crescita
,
ha
detto
commentando
il
voto
,
dimostra
come
l
'
Italia
fervesse
del
bisogno
di
raggrupparsi
,
fare
finalmente
riunioni
e
dedicarsi
al
volantinaggio
.
Le
mancava
soltanto
la
sigla
giusta
.
Anche
quello
di
Fini
è
un
partito
,
e
muscoloso
.
E
un
partito
è
la
Lega
,
con
attivisti
,
congressi
,
funzionari
e
tutto
.
Dunque
la
forma
partito
va
ancora
.
Va
per
quello
che
avevamo
stigmatizzato
come
il
suo
maggior
vizio
,
la
centralizzazione
,
il
potere
del
capo
.
Dunque
quel
che
si
voleva
non
era
tanto
distruggere
i
partiti
,
ma
adeguarli
ai
soggetti
postindustrialmente
ruggenti
.
Anche
il
precetto
dell
'
onestà
si
è
rivelato
relativo
,
Berlusconi
s
'
è
arricchito
alle
spalle
dei
cittadini
con
il
Caf
?
Che
altro
poteva
fare
.
C
'
è
qualche
piccolo
sospetto
su
legami
mafiosi
?
Bisogna
essere
garantisti
.
Tutto
è
relativo
.
E
quanto
al
leader
referendario
,
l
'
identificazione
diretta
,
personale
,
ravvicinata
fra
cittadino
e
potere
,
sarà
per
un
'
altra
volta
.