Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> anno_i:[1970 TO 2000}
Povero Cristo ( Riva Valerio , 1975 )
StampaPeriodica ,
« Coscientemente ho cercato la morte dopo una breve giovinezza , che pure a me pare eterna , essendo l ' unica , l ' insostituibile che io avessi avuto in sorte . Coscientemente ho rinunciato all ' inenarrabile gioia di essere al mondo ... ma ho pagato questa rinuncia con uno strazio tale che solo un vivo può comprenderlo . » Queste parole , di trent ' anni fa , Pier Paolo Pasolini le scrisse idealmente , a nome di suo fratello Guido , ucciso il 7 febbraio 1945 nel tragico eccidio di Porzus , nel Friuli . Le ritrova per me Giuseppe Zigaina , il pittore di Cervignano intimo amico di Pasolini : l ' altro giorno , frugando tra le pubblicazioni di quella « Academiuta » ( a metà tra scuola dominicale e accademia folclorica ) che Pasolini aveva fondato a Casarsa , gli sono capitate sott ' occhio : una specie di testamento spirituale vergato , oltre la morte , dalla pietà fraterna . Poi è squillato il telefono con l ' annuncio della morte dell ' amico , e Zigaina è partito per Roma . Adesso si rigira in mano questa paginetta : « Credo » dice assorto Zigaina « che se potesse , dopo la morte , Pier Paolo riscriverebbe le stesse parole per sé » . E mi sottolinea una seconda frase : « Non c ' è confronto possibile fra tutto ciò che è di codesta vita e il silenzio terribile della morte ... » ; e Pasolini è precipitato anche lui nel silenzio terribile della morte , e queste frasi suonano come una straziante , impossibile invocazione alla felicità da parte di uno che era troppo diverso dagli altri . « Ma è mai stato felice , quest ' uomo ? » chiedo allora a Zigaina e a Nico Naldini , il cugino e l ' amico fedelissimo di Pasolini , dall ' infanzia ad oggi . Mi rispondono tutti e due , senza esitare : « È stato anche molto felice . Ma poche volte » . Cinquantaquattro anni di vita , la maggior parte dei quali triturati dal rovello di sentirsi respinto e offeso fin nell ' attimo in cui la gloria più sembrava arridergli ; un ' adolescenza spezzata da una tragedia familiare ( la morte del fratello , lo strazio della madre , il rancore del padre ) ; una giovinezza difficile ; una maturità accidentata dalle polemiche e dai processi , lui che era un uomo così mite e riguardoso . E solo due o tre momenti di grande , totale , solare felicità . Il primo di quei momenti è il tempo del Friuli , di Casarsa della Delizia , dove si era trasferito , da Bologna , al seguito del padre ufficiale di carriera e della madre maestra . La campagna e i giuochi dei ragazzi lungo gli argini ; la montagna e le pazze corse con gli sci ; la poesia che nasce . È un mondo perfetto dove l ' entusiasmo del ragazzo molto dotato si dilata quasi senza costrizioni , trasformando l ' innocenza infantile e la scoperta della sessualità nel mito di una paidia trionfante . Il 7 febbraio 1945 quel mondo s ' incrina , ma non si spezza . La morte del fratello Guido è brutale , in un modo che quasi preconizza la morte di Pier Paolo . Membro di una formazione di partigiani « bianchi » del Friuli , Guido è ucciso nello sterminio del comando della « Osoppo » per opera di garibaldini , cioè comunisti , persuasi ( a torto ) che gli osovani avessero avuto intelligenza col nemico . La morte di Guido è uno strazio : ferito , fugge , cerca scampo in casa d ' una donna , è scovato , trasportato altrove in fin di vita e sterminato . Da qui cominciano per il fratello sopravvissuto il calvario e l ' apoteosi . Per una misteriosa rivalsa , Pasolini si avvicina proprio ai comunisti , affascinato da un episodio di lotta di classe dell ' immediato dopoguerra : le lotte bracciantili all ' epoca del lodo De Gasperi . Al quasi ellenistico idillio originale si sovrappone e si fonde la felicità di sentirsi profeta e vate d ' un pezzo di popolo , che si ritrova nella propria lingua e nel proprio orgoglio . Ma l ' arcadia , anche sociale , non è possibile . Vigilia delle elezioni del 18 aprile '48 : un ragazzetto confessa al parroco d ' aver avuto rapporti sessuali con Pasolini ; il prete , violando il segreto del confessionale , corre a raccontarlo a quelli della DC ; i giornali cattolici sbandierano il fatto a prova della protervia comunista . Frettolosamente il PCI locale prende le distanze dallo scomodo poetino . Pasolini ha 28 anni . Fugge a Roma . Due anni di miseria , di umiliazione , di non lavoro o di lavori malpagati . Eppure è il suo secondo periodo di grande felicità . Giorno e notte percorre in lungo e in largo la Roma barocca , e il suo fasto , e la Roma popolare , e la sua triviale e insieme inesauribile fantasia . Una realtà sontuosa e stracciona , gloriosa e bieca ; ma Pasolini è un re Mida che trasforma íl mondo che tocca . Il suo eros , la sua forza fisica , la sua gioia di vivere sembrano non avere limitazioni ; l ' umiliazione del '48 pare dimenticata . Ma la gloria e í processi che gli arrivano a metà degli anni Cinquanta , con Ragazzi di vita , lo spingono in una « diversità » che più lo imprigiona e più gli sembra oscena , disumana . « Diverso » com ' è per costrizione sociale , da questo momento lotterà disperatamente per non rinnegare se stesso . Ma come i suoi Riccetti non riescono a uscire dall ' adolescenza se non con la morte , così per Pasolini le soluzioni ottimistiche di Una vita violenta ( diventare un buon « compagno » ) non risolvono nulla . Il terzo e ultimo momento di felicità è quello della scoperta della sopravvivenza del sottoproletariato nel Terzo Mondo , in Arabia , in Africa , e dell ' eros panico che ancora vi fiorisce . Ma è una felicità di ritorno . Il ricordo della friulana felicità originaria gli dà l ' illusione che l ' estremo attimo fosse fatto durare . Ma , anche questo paradiso cambia rapidamente . È il tempo che ormai manca a Pasolini . A metà degli anni Cinquanta , Pasolini visitava la realtà 24 ore su 24; nel '60 , come scrisse , vi dedicava l ' intero pomeriggio e la notte ; nei giorni che hanno preceduto la sua morte , non gli rimaneva , per andare in cerca della sua realtà differente da quella di tutti gli altri , se non qualche ora notturna . A Parigi , il giorno prima di morire , racconta Philippe Bouvard , guardava sempre l ' orologio : veniva da Stoccolma , aveva fretta di tornare a Roma . A Roma , quel giorno fatale , ebbe troppi impegni . Quel paio d ' ore , tra le 22 , quando lasciò Ninetto Davoli e la famiglia , e l ' una circa in cui morì , erano un tempo troppo breve per la felicità .
StampaPeriodica ,
New York . Uscito sugli schermi in primavera , Play It again , Sam , il nuovo film di Woody Allen , sta battendo il record degli incassi . In luglio « Time » ha dedicato a Allen la foto di copertina e nell ' interno della rivista un articolo denso di fatti e lepidezze commenta la vita e la fortuna di quello che è , senza ombra di dubbio , il più grande comico americano dopo i Marx Brothers . A pensarci bene Woody Allen è il più grande comico vivente oggi nel mondo , ed è incredibile come la gente non se ne sia ancora accorta del tutto . In Italia il pubblico è giustificato . Woody Allen ha scritto dialoghi e sceneggiatura di un film abbastanza fortunato come Pussycat , ma personalmente vi è apparso quasi di scorcio , così come di scorcio è apparso in 007 Casino Royale , e solo pochi spettatori dall ' occhio sicuro hanno individuato il personaggio . Negli Stati Uniti Allen ha cominciato a diciassette anni a scrivere battute per colossi dello spettacolo come Ed Sullivan e Sid Caesar e solo facendo questo lavoro a diciannove anni era già ricchissimo , ma il grosso pubblico lo ha conosciuto quando ha cominciato a rappresentare e a interpretare le sue prime commedie , come Don ' t Drink the Water e Play It again , Sam . Due successi che han tenuto banco a Broadway dal 1964 a oggi , mentre Allen cominciava ad apparire sempre più frequentemente in televisione e a scrivere pezzi per il « New Yorker » , « Playboy » ed « Evergreen Review » . Nel 1969 è apparso come regista , autore e interprete del suo primo film Take the Money and Run ( Prendi i soldi e scappa ) . Un successo di ilarità che non si ricordava da decenni . Per una ragione che solo i loro psicanalisti potranno spiegare , i noleggiatori italiani non hanno ritenuto opportuno acquistare il film per l ' Italia . Due anni dopo Allen produceva il suo secondo film Bananas che apparve in Italia come Il dittatore dello Stato libero di Bananas . Chi lo ha visto ha capito che ci si trovava davanti a un nuovo grande talento comico , ma non ha sospettato che Bananas poteva essere considerato solo un sottoprodotto del primo film . Ora , da meno di tre mesi , gira in America Play It again , Sam . Intanto un editore italiano ha acquistato i diritti del libro di Woody Allen , Getting Even , e non rimane che da sperare bene . Woody Allen è piccolo , impacciato , miope , timido , esprime tutte le frustrazioni di una infanzia difficile nei quartieri ebrei poveri di New York , di una cultura assorbita come un ricatto ( Allen cita terrorizzato Kant , Kierkegaard , Leibniz , dal modo in cui li usa come elementi comici si capisce che li ha letti , ma non ha sopportato lo choc ) , di una irrefrenabile sessualità regolarmente repressa ( tutti i film di Allen sono centrati su una lunga , difficile , delusoria ricerca di una ragazza - che poi alla fine arriva , come accadeva per Chaplin , altro piccolo ebreo sconfitto e vincitore a un tempo ) . Il meccanismo della comicità di Allen è dato dal fatto che egli racconta se stesso : ricco e celebre , è esattamente come i suoi personaggi ( o meglio i suoi personaggi sono come lui ) , sempre in un posto sbagliato . Dice di sé , a conclusione della sua fortunata autobiografia : « Ha un solo rimpianto nella vita , ed è di non essere qualcun altro » . Definire l ' umorismo di Allen è molto difficile ; egli ha scritto soggetti per Peter Sellers , ma la differenza è enorme ; Peter Sellers è animale comico meravigliosamente superficiale ; ed è , sia pure in senso moderno , uomo da torte in faccia . Allen no , è uomo da torte sull ' inconscio , è un Io che inciampa di continuo nel Superego e finisce a faccia in giù sul divanetto facendo sbellicare dalle risa il suo psicanalista . La sua comicità è ossessionata da tragedie metafisiche : « Non solo Dio non esiste , ma provatevi a trovare un idraulico durante il week end ... » . Cerca salvezza nelle donne , ma il suo primo matrimonio è andato a monte . Allen si giustifica : « Avevo sbagliato tutto , avevo cominciato a mettere mia moglie sotto un piedistallo ... E poi è infantile , infantile : ieri stavo facendo il bagno e lei , senza nessuna ragione al mondo , è entrata e mi ha affondato tutte le barchette » . Ha avuto una infanzia triste : « Andavo in una scuola per insegnanti emotivamente disturbati ... A scuola mi hanno escluso dalla squadra di scacchi a causa della mia statura ... Volevo diventare un agente dell ' FBI , ma ci voleva un metro e ottanta di statura e venti su venti di vista . Allora ho deciso di diventare un grande criminale . Ma ci voleva un metro e ottanta di statura e venti su venti di vista » . La sua comicità nasce sempre da una situazione normale , rovesciata . Questo è il meccanismo più semplice , tanto che gli amici lo hanno soprannominato Allen Woody : « Portavo sempre una pallottola nel taschino all ' altezza del cuore . Un giorno qualcuno mi ha tirato contro una Bibbia e la pallottola mi ha salvato la vita ... Io e mia moglie non riuscivamo a tirare avanti così e allora ci siam detti : " O facciamo una vacanza insieme o divorziamo " ; poi abbiamo deciso che un viaggio alle Bermude finisce in quindici giorni mentre un divorzio è una cosa che ti dura tutta la vita » . Talora invece il meccanismo è dato dall ' inserzione violenta , nel corso di un discorso elevato , di elementi quotidiani , altrettanto veri e plausibili . Ecco Woody Allen che discute di metafisica : « Cosa conosciamo ? Cioè cosa siamo sicuri di conoscere , o sicuri che conosciamo di aver conosciuto , se pure è conoscibile ? Possiamo conoscere l ' universo ? Mio Dio , è già così difficile non perdersi in Chinatown ... » . Oppure : « Il punto pertanto è : " Esiste qualcosa fuori di noi ? E perché ? E devono proprio fare tutto quel rumore ? " » . Un terzo meccanismo consiste nell ' immaginare una situazione concettualmente plausibile e poi di tradurla visivamente traendone tutte le conseguenze . Per esempio : in Take the Money Woody è un aspirante rapinatore che finisce regolarmente in carcere perché non è capace a fare una rapina riuscita . Ad ogni arresto la televisione intervista i genitori del grande criminale . Cosa fanno i genitori di un pericolo pubblico trovandosi al centro della curiosità generale ? Si vergognano , perché sono due piccoli e timidi negozianti ebrei del Low East . Perciò partecipano all ' intervista ma col volto coperto . La variazione è data dal fatto che entrambi , madre e padre , si mettono una maschera da Groucho Marx , con gli occhiali spessi , il nasone e i baffi : per il resto il loro dialogo è realistico e commovente , fatto di pianti e recriminazioni . L ' effetto è indescrivibile . Play It again , Sam è , dei tre film , il più umano ; gli altri due erano ancora alla Hellzapoppin , a torte in faccia e ruzzoloni ( naturalmente a un livello infinitamente più sofisticato ) . L ' ultimo invece appartiene al genere psicologico . È la storia di un inetto nevrotico ossessionato dal fantasma di Humphrey Bogart in Casablanca . La moglie lo abbandona dicendogli che è sessualmente incapace , psicologicamente immaturo , brutto , noioso , travet e impotente . Poi aggiunge « doni take it personally » , niente di personale , beninteso . Woody cerca avventure impossibili , incappa , per esempio , in una femmina di colore che gli si strofina contro , sbottonandosi la camicetta e spiegando che lei è una ninfomane che pensa solo al sesso , equando lui sconvolto le si getta addosso , lo respinge gridando « ma per chi mi ha preso ? » . Poi , inaspettatamente , ha un ' avventura con la moglie del suo migliore amico , capisce di aver distrutto una famiglia e corre all ' aeroporto dove lui sta partendo . Sulla pista , davanti all ' aereo coi motori accesi , si trova nel bel mezzo del finale di Casablanca ; solo che Bogart andava a dire a Ingrid Bergman che lui non sarebbe partito con lei , che lei doveva seguire Paul Henreid , eroe della resistenza ; Allen invece trova la ragazza che gli dice che non può restare con lui , che seguirà il marito . Salta a capofitto nella situazione e le dice frasi nobilissime , lei esclama « che cosa meravigliosa hai detto ! » e lui confessa estasiato che sono le parole finali di Casablanca . Poi si allontana nella notte , verso gli hangar , è stato abbandonato ancora una volta , ma questa volta come Humphrey Bogart , finalmente è un vero uomo . Come gioca sui clichés del romanticismo consolatorio , così Woody Allen gioca sui miti della cultura . Nel suo libro vi è un pezzo squisito raccontato da un comprimario degli Anni Ruggenti che viaggia a Parigi e in Spagna con Hemingway , Alice Toklas , Picasso e Zelda Fitzgerald . « Nel pomeriggio mentre si andava per antiquari , chiesi a Gertrude Stein se avrei potuto diventare uno scrittore . Con quel tipico modo ambiguo e allusivo che ci incantava sempre lei disse : No . » Più tardi Gertrude spiega che « l ' arte , tutta l ' arte , è soltanto una espressione di qualche cosa » . Jean Gris fa una natura morta di Alice Toklas , ma da buon cubista cerca di spaccarle la faccia per trarne forme geometriche da sovrapporre ( altrove Allen parla di quel pittore moderno che ha tentato di tagliarsi un orecchio con un rasoio elettrico ) . In Conversazioni con Helmholtz intervista un discepolo di Freud che racconta alcuni dei casi più interessanti risolti dal Maestro : il caso di Edna S . , che aveva una paralisi isterica alle narici e non riusciva a fare l ' imitazione del coniglio , soffrendone moltissimo ; o quello di Joachim B . che non riusciva ad entrare in una stanza in cui ci fosse un violoncello e , entratoci , non poteva più uscirne se non richiestone da un membro della famiglia Rothschild . Costui era balbuziente , ma non quando parlava , solo quando scriveva . Conclude Helmholtz : « Io non credo in una vita dopo la morte , comunque mi porto la biancheria di ricambio » . In Mr Big Allen scrive una perfetta novella poliziesca , genere hard boiled , tra Dashiell Hammett , Spillane e Chandler . Dal detective arriva una bellissima ragazza che gli chiede di trovare una persona scomparsa . La situazione è normale , tensione erotica tra i due , il detective che domanda l ' anticipo , l ' inchiesta che comincia . Solo che la persona da trovare è Dio . Il detective comincia a interrogare un rabbino , poi elementi della malavita , stringe i fili , capisce tutto , affronta la ragazza : Dio è morto , ed è lei che lo ha ucciso , perché è una professoressa di fisica atea . « Taci bambola , ormai è troppo tardi . Tu hai fatto fuori Socrate , poi è apparso Descartes e tu hai manovrato Spinoza per far fuori Descartes , ma quando hai visto che Kant non ci stava hai dovuto sistemare anche lui ... Non mentire , poi ti sei fidata di Martin Buber , ma lì hai commesso il tuo primo errore , perché Buber credeva in Dio e allora hai dovuto sistemare anche Dio ... » La donna piange , tenta di sedurlo , ma lui , il duro , spara . Mentre lei muore lui le dice le ultime parole di amarezza e di passione : « La manifestazione dell ' universo come idea complessa in quanto opposta all ' Essere è in se stessa il nulla o meglio la Nientità in relazione a ... » . Credo che abbia capito mentre moriva , commenta il duro . Quel duro che Woody Allen vorrebbe essere . Non riuscendoci , racconta nei suoi film e nei suoi testi la storia del suo bisogno cosmico di protezione : « Provo un intenso desiderio di tornare nell ' utero ... di chiunque » .
Ha tre teste però non è un'aquila ( Saviane Sergio , 1973 )
StampaPeriodica ,
Mi scrive il geometra Piero Morandi di Firenze : « È per sfornare servizi lacrimevoli e deamicisiani come quello della bambina rapita e portata a New York e dimenticare così le altre ben più tragiche vicende , conseguenza di una malintesa libertà e dell ' impotenza del potere costituito a neutralizzarne le vere cause , che la RAI occupa più di 750 giornalisti o mezzibusti ? » . Il lettore Morandi fa bene a chiedersi cosa fanno tutti gli squadroni di giornalisti radiotelevisivi , i dirigenti e i condirettori , i direttori ad personam e i caporedattori , i caposervizi , i vicecaposervizi e i vicetutto . Lavorano o non fanno niente tutte queste persone ? Si può credere che i giornalisti della RAI , i loro vice e i loro dirigenti non facciano niente , ma non è vero . La loro più grande preoccupazione è fare i furbi . Con la furbizia un funzionario della notizia può fare una carriera fulminante e passare di grado in poco tempo . Infatti sono quasi tutti capi e vicecapi . Peccato che il loro lavoro si riduca soltanto a fare i furbi ; ma questa è la chiave per diventare un buon mezzobusto . Ci sono eccezioni , si capisce ; c ' è il più furbo e il meno furbo . Ma , in genere , il notiziarolo di via Teulada non ha altra preoccupazione che osservare bene quello che fanno gli altri , i vicini di scrivania o i suoi diretti superiori . Durante il giorno non deve lavorare , deve dire sempre di sì , obbedire , fumare la pipa ; alla sera , in trattoria , può far finta di contestare , di parlare della pace nel Vietnam e anche criticare , con molta diplomazia , i suoi stessi alti dirigenti e il sistema . Questo è il segreto . Il direttore del telegiornale Willy De Luca , per esempio , è uno dei pochi che lavorano molto . Con tutti i tagli che deve fare , non è un furbo come tutti gli altri , perché è come se avesse tre teste : una per censurare , una per fare il furbo ( cioè mettersi in collegamento diretto con Bernabei ) e una per agitarsi durante i dibattiti di Tribuna politica . Quando è in funzione la prima , le altre due sono e devono restare inattive ; e viceversa . Non è facile sincronizzare tre crani così effervescenti e non comunicanti , ma De Luca sa innestare quasi sempre la marcia a tempo giusto con più precisione e tempismo di un automobilista sulla pista di Monza . C ' è qualche bisticcio , è vero . Perché , ogni tanto , il cranio da agitazione disturba quello da taglio ( sempre in fase collegamento con Bernabei ) , e , malgrado il doppio debraglio , si sente il secondo che dice al terzo : « Stai zitto , tu , testone ! » . Ma Willy riesce quasi sempre a sincronizzare le tre teste , in modo da non arrivare mai allo scontro frontale . Per quanto riguarda invece i suoi mezzibusti , ci troviamo di fronte ad un altro genere di materiale umano radiotelevisivo . Se negli uffici direttivi è facile trovare giornalisti con due o tre teste ( Bernabei ne deve tenere una a disposizione esclusiva di Fanfani ) , nel mezzobustismo spicciolo non si trovano quasi mai soggetti siamesi o a doppia e tripla testa . Il mezzobusto è uno e trino , come Dio , ma non sviluppa molto lavoro . Tutt ' al più legge una mezza cartella , su Van Thieu in visita ad Andreotti , al Papa e a Leone , ogni sera . Può anche darsi che questo prototipo funzioni a due , a tre o a quattro teste , ma il fenomeno non è visibile ad occhio nudo . Mariopastore , per esempio , di teste ne ha una sola e gli avanza . Anche Pasquarelli , Sparano , Rancati , Pinzauti , Favanuccio , Vannucchi , Brancoli , Titostagno , Selva , Citterich , Bersani e tutti gli altri non hanno ricambio , perché con la stessa testa leggono la segatura quotidiana o i telegrammi di Andreotti , mangiano , dormono , fanno i furbi e ritirano lo stipendio . Non c ' è dubbio che una testa gli basta . Anzi , potrebbero benissimo fare senza . Se gliela lasciano è solo perché in televisione bisogna pur far vedere qualche cosa montata sul mezzobusto : cosa sarebbe , diciamo la verità , un mezzobusto senza la testa ? Anche i mezzibusti aria - libera svolgono poco lavoro . Sono quasi tutti corrispondenti e vengono sempre inquadrati in esterni , sotto l ' albero , il pino o l ' abete , o sotto la neve , fra la tormenta , in barchetta sul lago , o con lo sfondo pino - mare come nelle cartoline di Napoli o il golfo . Ce n ' è uno , il moscovita Francesco Mattioli , per dirne uno molto furbo , che se non ha il colbacco e la neve , non parla nemmeno se lo ammazzano . Mattioli è uno che potrebbe camminare o fare il giornalista senza testa . Ma cosa ci metterebbero dentro al colbacco di Mattioli quando appare sullo schermo ? Anzi , a lui la testa sta proprio su misura . D ' altro canto , se ne avesse tre , come farebbe con un solo colbacco a coprirle tutte ? Mattioli è un caso unico di mezzobusto ricoperto e occorre riconoscere che quella di vestirgli il cranio non è stata un ' idea da poco . Infatti , l ' unica volta che il moscovita s ' è messo in posa sotto la betulla con i capelli al vento , faceva perfino fatica a parlare . Per questo il giorno dopo , anche se non c ' era la tormenta , il mezzobusto da esportazione è riapparso in colbacco . Mattioli però non è il solo che funziona meglio all ' aperto . Anche Sandro Paternostro , quello che vi parla da Londra , è monocranico e non legge niente se non appare ritagliato fra le colonne di un palazzo , o a Soho o sotto il campanile di Westminster , o sotto un monumento o in mezzo al mare , tra la furia degli elementi , col timone in mano , la pipa sottovento , il baffo di trinchetto e ilnaso antispruzzo . Mai egli accetterebbe l ' esposizione su schermo senza l ' albero maestro o senza la pioggia . Bisogna capirlo in questa sua sacrosanta esigenza di mezzobusto da oltremanica . Neppure il mezzobusto da inquinamento , quello che parla sempre sulle scogliere o in mezzo ai rifiuti , lungo i fiumi in piena o acquattato lungo gli scoli di liquame e le fogne , sopra le cataste di automobili scassate , mentre sullo sfondo romba la ruspa demolitrice , neppure lui lavora molto . A questo ecologo qui , se non è controvento e non ha il filtro , è inutile chiedergli notizie . O è controvento o sta zitto . Perfino Titostagno ( che è un furbo da studio , lavora poco e recita le notizie funerarie in gramaglie ) s ' è esposto all ' aria in una delle ultime trasmissioni per un ' intervista da Fiumicino . Quella sera Tito splendeva di nuova luce . Sbocciava , col suo kepì biondo , da un grande bavero di opossum levigato dallo zefiro marino . Un autentico colpo d ' occhio . Mercoledì della scorsa settimana , per esempio , mentre un altro testa - intera chiamato Gastone Ortona , parlava dal Nordeuropa , è saltato il macchinario ed è venuta fuori la cartina dell ' Irlanda , e , di scorcio , un baffo di Paternostro . Per fortuna non nevicava . Ma è stato un autentico flash di grande prestigio , una posa cielo - mare di grande effetto . Sembrava quasi ( non vorremmo però essere maligni ) fatto apposta . Ma lo scoop giornalistico l ' ha fatto quella sera Luciano Lombardi , un altro tira - tardi della televisione , inquadrato durante la sua conversazione anfano - ecologica sotto rigogliosi palmizi . Sferzato dalla tramontana , il mezzobusto da inquinamento emergeva nel teleschermo come Siro Lacedelli sopra la cima del K2 , a non dire niente sulla Montedison e le varie insidie dello scarico di Scarlino , come i suoi compagni di cordata bocche - cucite ufficiali dell ' ammiraglia Bernabei . Quella sera , dopo un mese che i giornali ( e perfino Gustavo Selva in un momento di euforia ) avevano detto che lo studente Franceschi era stato ucciso da una pallottola della polizia , Lello Bersani , dall ' alto della sua fronte velinata ha detto : « In seguito al caso dello studente Franceschi , scomparso nella dimostrazione alla Bocconi di Milano , è stato interrogato un testimone oculare ... » . Gli unici che quella sera hanno parlato al riparo dal vento sono stati Pasquarelli e Pastore , questa volta finalmente sottosforzo . Ma non sono due elementi di forte costituzione , non hanno quasi la voce per recitare il rosario della DC e dei partiti alleati e sarebbe imprudente farli lavorare di più o mandarli a dire fanfaluche fra la tormenta o sotto gli alberi .
All'assedio di Phnom Penh ( Terzani Tiziano , 1973 )
StampaPeriodica ,
Phnom Penh . « Il resto della Cambogia è già in mano ai partigiani , ma Phnom Penh non lo sarà mai perché gli americani , pur di impedirlo , son disposti a raderla al suolo » dice uno studente . Le bombe cadono ormai vicinissime . Oggi a soli due chilometri da qui . Sulla riva destra del Mekong davanti all ' ex palazzo reale migliaia di persone stanno a guardare i Phantom che si tuffano in picchiata a sganciare il loro carico di napalm dall ' altra parte del fiume . Alcuni ridono , altri , come fosse un gioco , gesticolano , seguendo col dito puntato nel cielo il volo degli aerei mentre spaventose colonne nere di fumo ribollono lente dinanzi a noi . I cambogiani non sono abituati alla guerra e molti non sembrano rendersi conto di quel che significa una bomba . Lo spettacolo è quasi quotidiano , fra le dieci di mattina e mezzogiorno . La città si blocca con il naso in aria , poi tutto torna normale e nel miglior ristorante di Phnom Penh , dove un tavolo d ' angolo è sempre riservato , arriva un gruppetto di americani , in abito civile , con i capelli a spazzola e delle valigette grigie da cui penzolano i fili delle cuffie d ' ascolto . Sono gli ufficiali che da terra hanno tenuto i contatti coi piloti degli aerei da bombardamento . L ' ambasciata americana nega che siano qui ; dicono che tutto viene fatto dalla Thailandia dove recentemente s ' è spostato l ' intero comando prima nel Vietnam ; dicono che qui non ci sono più di cento funzionari americani comprese le segretarie , come vuole una risoluzione del Senato . Ma basta vivere a Phnom Penh per rendersi conto dell ' invasione di questi militari in borghese ; basta avere una radio a onde corte per sentirli mentre da terra dirigono i piloti durante i bombardamenti . Gran parte della guerra si svolge ormai fra aviazione americana e partigiani e se non fosse per i B52 , per i Phantom , per gli F11 e per tutta la flotta aerea americana che prima era impiegata in Indocina e che ora è concentrata ventiquattro ore su ventiquattro nel cielo cambogiano , sarebbero già cadute Takeo , Kampong Chom , Battambang e le altre poche città ancora in mano al governo di Lon Nol . La guerra in Cambogia sarebbe finita . Sianuk rientrerebbe a Phnom Penh accolto a gloria dalla gente che , più che rimpiangere lui personalmente , rimpiange il tempo in cui era al potere e il riso costava dieci volte meno di ora . La Cambogia avrebbe un governo formalmente neutralista , ma di fatto pro Pechino e pro Hanoi . È questo che Nixon non può accettare e per questo in maniera più o meno diretta e coperta gli Stati Uniti stanno lentamente rientrando in Indocina dalla finestra cambogiana dopo essere usciti con tanto di fanfare dalla porta vietnamita . Americano è l ' intero bilancio dello Stato , americano tutto ciò che tiene ancora in piedi l ' esercito tranne i soldati , americana è l ' idea della nuova politica con la quale Lon Nol , ormai con le spalle al muro , tenta di salvare il salvabile , di congelare il Parlamento , formare un alto consiglio di cui fanno parte i tre personaggi dell ' opposizione « leale » considerati più popolari dell ' attuale presidente , e di spedire all ' estero il fratello minore di Lon Nol considerato l ' eminenza grigia del regime , il simbolo della sua corruzione e l ' ostacolo a qualsiasi tentativo di uscire dall ' attuale situazione . Tutto questo è fatto , ma è estremamente dubbio che serva ancora a qualcosa . A giudizio di molti spettatori non c ' è riforma che possa ormai restituire efficacia o credibilità al regime , non c ' è controffensiva che possa rovesciare la situazione militare nettamente sfavorevole alle forze di Phnom Penh . « I B52 hanno fermato i comunisti , ma non possono ricacciarli indietro » dice l ' addetto militare di un ' ambasciata europea . L ' unica via d ' uscita , si sente ripetere da varie fonti diplomatiche , è l ' apertura di negoziati con i dirigenti comunisti . E qui comincia il problema . Le autorità di Phnom Penh sostengono che Sianuk non rappresenta tutte le forze che si battono contro Lon Nol e che non c ' è , per questo , un interlocutore valido . Sianuk , dal canto suo , si considera interlocutore più che valido ( ed il suo recente viaggio nelle zone liberate era innanzitutto inteso a far chiaro questo punto ) ma afferma di non essere disposto a trattare con la « cricca di Phnom Penh » . Secondo lui solo gli americani contano e solo con gli americani è disposto a trattare . Per il momento la situazione è bloccata e le voci di contatti segreti fra Sianuk e Washington non sono confermate . Lon Nol , ancora sofferente della vecchia paralisi , circondato da consiglieri che sembrano tenerlo all ' oscuro di ciò che accade nel paese , rimane formalmente a capo dello Stato e qualsiasi accordo politico con « l ' altra parte » dovrà tenere conto della sua presenza . Recentemente , per bilanciare il colpo pubblicitario di Sianuk che ha detto di essere stato con i guerriglieri nella vecchia capitale di Angkor , Lon Nol si è fatto portare in elicottero nelle città ancora in mano ai governativi , ma non sembra che sia tornato con una analisi corretta della situazione . La cosa che più d ' ogni altra va ripetendo ai suoi generali è di stare attenti ai conigli perché uno dei chiromanti con cui si consulta gli ha detto che , nell ' attacco finale , i comunisti manderanno avanti migliaia e migliaia di questi roditori con cariche di dinamite sotto la pancia . La propaganda del governo continua a parlare dei nemici come « gli aggressori nord - vietnamiti e vietcong » e gli impiegati delle poste addetti a censurare le lettere che partono ed arrivano qui e in specie i telegrammi mandati dai corrispondenti stranieri ora numerosi a Phnom Penh , fanno una lotta continua perché così venga descritto « il nemico » . Ad un collega cui era sfuggito di scrivere « i partigiani cambogiani » il censore giorni fa ha detto : « Lo so che lei ha ragione , ma io non voglio perdere il posto » . L ' avvicinarsi del fronte fino alle porte della capitale , il continuo flusso di rifugiati che le bombe americane cacciano dalle campagne verso la città , senza contare l ' esistenza in Phnom Penh stessa di tutta una rete sianukista , hanno diffuso fra la popolazione un ' immagine abbastanza verosimile di com ' è la vita nelle zone liberate e di chi , al di là della propaganda , sono « i nemici » . « Sono Khmer , come me » diceva sottovoce e allargando le braccia come chi ha scoperto una realtà imbarazzante un tenente governativo in una postazione militare sulla lingua di terra , in parte già occupata dai guerriglieri , che divide il Mekong dal suo affluente Bassac prima che i due fiumi si uniscano proprio dinanzi a Phnom Penh . Ed un impiegato in un ufficio governativo indicando i suoi sette colleghi : « Ognuno di noi ha parenti che vivono nelle altre zone ; vengono spesso a trovarci e a comprare il riso che da loro manca . Per il resto hanno ogni altra cosa e costa meno che qui » . Il pesce costa da loro venti volte di meno , lo zucchero la metà . Prima c ' erano dei nord - vietnamiti con loro , ma ora si sono ritirati ed i capi sono tutti cambogiani . Poi senza nessuna circospezione mi chiede : « È vero che tra poco Sianuk ritorna ? » . La Cambogia è ormai al novanta per cento occupata dalle forze partigiane , ma i vari fronti sono indefiniti e i confini fra i due governi sono permeabilissimi . Non solo contadini cui le autorità sianukiste rilasciano appositi lasciapassare vanno e vengono da una parte all ' altra , ma interi convogli , anche militari , passano le linee . « Se non lasciano passare i rifornimenti diretti a Phnom Penh , come fanno a procurarsi ciò di cui hanno bisogno ? » mi spiega un francese residente qui dal tempo della prima guerra d ' Indocina . Oltre a quella parte di carico che i partigiani si prendono sulla strada come pedaggio per lasciar procedere i convogli , parte delle merci che arrivano nella capitale finiscono comunque nelle zone liberate attraverso la rete del mercato nero con la quale molti cambogiani stanno arricchendosi . La benzina è scarsa ai distributori , ma se ne può comprare quanta se ne vuole sotto banco : basta pagare quattro volte il prezzo normale . Sono i soldati stessi che la rubano dai camion militari e la rivendono per far campare le loro famiglie che non potrebbero sopravvivere con la loro paga , mi dicono . Un sacco di riso , che basta appena per un mese ad una famiglia di quattro persone , costa più della paga media di un militare o di un impiegato statale . La relativa dipendenza della guerriglia dai rifornimenti governativi spiega perché alcune delle arterie di comunicazione che i partigiani potrebbero chiudere , come spesso fanno con azioni dimostrative , rimangono aperte e come , nonostante quello che alcuni hanno definito « l ' assedio di Phnom Penh » non c ' è mai stato un assedio nel vero senso della parola . Vogliono semplicemente far vedere che ci sono . È un assedio del tipo di quello di Gerico , dice un diplomatico : vanno attorno alla città suonando i loro corni , sapendo che un giorno o l ' altro la città crollerà da sé . In un punto i guerriglieri sono arrivati ad appena due chilometri dalla città e sí sono trincerati sulla riva sinistra del Mekong , ma la situazione non è la stessa nelle altre direzioni . Se questo è un assedio esso è fatto da gente che non sembra avere fretta . A volte , dopo essersi tanto avvicinati alle linee governative da rendere impossibile l ' intervento dell ' aviazione ( per quasi due giorni non si sono sentiti bombardamenti a Phnom Penh ) i guerriglieri si ritirano e quella stessa unità viene poi segnalata da una parte diversa . Il giorno di un confronto finale alle porte della capitale , se mai questo giorno verrà , sembra ancora lontano . I bombardamenti americani stanno già facendo dei terribili eccidi fra la popolazione civile delle regioni attorno a Phnom Penh e creando sempre più profughi in un paese di sette milioni di abitanti , la metà dei quali già è rifugiata . I partigiani sanno che se la battaglia fosse per Phnom Penh , le perdite sarebbero altissime ed inaccettabili . Sianuk ha detto che non darà l ' ordine di attaccare Phnom Penh per evitare che venga distrutta dalle bombe americane . Forse per questo la popolazione della capitale non sembra disperarsi e guarda come ad uno spettacolo che non la riguarda le bombe che cascano , per ora , a due chilometri da qui . Solo alcuni si rendono conto di ciò che anche questo significa . Ieri , quando ho chiesto un tè al limone , il cameriere dell ' albergo mi ha risposto : non c ' è limone : in tre anni di guerra tutti i limoni sono stati distrutti . Poi , facendo con la mano in aria il gesto dei bombardieri che si tuffano ha detto : « Ancora tre anni di guerra e non ci saranno più cambogiani , signore » .
I microbi siamo noi ( Rea Domenico , 1973 )
StampaPeriodica ,
Napoli . Mi reco al mercatino della Torretta per acquistare una decina di barattoli di birra e una decina di bottiglie di vino . Il venditore può soddisfare un terzo della mia richiesta . Acque minerali , vino , birra , coca - cola sono andate a ruba . « Siete soddisfatto ? » chiedo all ' uomo . « Mi farebbe piacere vendere così tutti i giorni , ma non in occasioni come queste . Il colera non fa piacere a nessuno . » Nella conversazione s ' intromette una signora , in quel posto per il mio stesso motivo . Ma il termine signora è improprio e sommario . Sarebbe uguale se la definissi semplicemente una donna del popolo . È una persona anziana , ancora fresca , bassa , grossa , tozza di gambe , la faccia larga , di pelle lucida , sguardo luccicante e fiero , mammelle immense a sfasciume e a lava sull ' addome e la pancia , una di quelle cosiddette madri di Napoli , che possono essere tanto state progenitrici di una razza sterminata di figli e nipoti , quanto sterili signorine senza i tratti dello zitellismo , una specie tutta napoletana , nutrita di pane , pasta e insalata e a dimensione di vicolo e di basso . Per rassicurarci dice : « Ce l ' abbiamo fatta con la spagnola e ce la faremo con il colera . Allora io ero ragazzina e ci davano da mangiare l ' aglio crudo . Due , tre spicchi d ' aglio nell ' intestino e i vermi della spagnola se ne fuggivano . Allora la spagnola la portò un soldato dalla guerra e ora il colera qualche marittimo corallaro , con la differenza che allora Napoli odorava , ora puzza . Si cammina nella porcheria , signore mio , dentro i vicoli . Ho lavato e sciacquato il mio basso con la varechina - di lisoformio non se ne trova da nessuna parte - ho ucciso cinque scarafaggi , tolto tutte le formiche e apro solo a chi conosco » . « Dove abita ? » le chiedo . Per lei risponde una seconda signora . Costei è lunga , magra , la pelle olivastra , gli occhi di marrone giallo , cuneiformi , spiritati , la voce gonfia come uscente da una diversa conformazione organica . « Donna Rita abita al Vico Forno , già Vico Cucca . Non sapete dove si trova ? » ( Lo conosco bene . C ' è una trattoria popolarissima . Bisogna addentrarvisi muniti di scafandro . ) « È una gran signora : una pulitona . Sta sempre con le mani nell ' acqua . Prendessero tutti esempio da lei . Che basso ! Che splendore ! Ora non saremmo dove siamo : dentro alla schifezza , dentro alla purcaria , con le zoccole [ topi ] che vanno e vengono , umide di merda e sempre affamate . Nella pulizia generale di questa notte della città di Napoli , mio marito e mio cognato ne hanno uccise quattro . » « Fatica sprecata » risponde la madre di Napoli . « Domani saranno otto . Da cinquant ' anni pulisco il mio basso e da cinquant ' anni lo sporco avanza . È che il basso è sporco di natura . Ha mille buchi , mille fessure e in ognuno di essi , di notte , c ' è sempre un occhio d ' animale che sorveglia . La colpa è del vicolo . Il vicolo è un fiume . Se piove diventa un " lavinaio " . Se va in secco ci crescono ogni sorta di bestie . E tutte vorrebbero entrare a farvi visita : gatti , cani , topi , lumache , lucertole , ragni , vermi , scarafaggi , serpenti , mosche , moschilli e zanzare . Dovreste stare sempre con una scopa in mano . Sono proprio queste bestie che portano dentro i peli e le ali , le farfalline delle malattie . Altro che cozze ! » « Sì , le cozze ! » esclama la lunga . « Ogni mattina dovrebbero fare una pulizia radicale , con la pompa grossa , con acqua e lisoformio e dovrebbero rimettere in servizio i vecchi spazzini : quelli che non si schifavano di mettere le mani dovunque . Questi di oggi , signore mio , vengono con i guanti ... con gli stivali ... » « Qualcuno , l ' avrete visto » aggiunge la madre di Napoli « col fazzoletto sulla bocca , quasi noi fossimo davvero gente infetta ... » « Si prendono le sacchette » riprende la lunga , « e lo sporco a strati resta là dove sta . Ma a loro che cosa importa ? Hanno la goccia fissa tutti i mesi ! » [ il mensile ] . « Vergogna , ci voleva il colera per fare un po ' di pulizia » dice il venditore di acque . « Se ci salviamo , se quella bella Madonna del Rosario ci fa la grazia e ce la deve fare , altrimenti sarebbe troppo un ' ingiustizia , sapete che vi dico » dice la lunga , « che bisogna ringraziare questa specie di colera se rivedremo Napoli un poco più pulita . » Mi dispiace per noi tutti , napoletani e italiani , ma questa conversazione , non insolita e al limite dell ' assurdo nel 1973 , retrodatabile a piacere nella storia napoletana , meritava di esser riportata . Io mi sono limitato ad aggiustare il tiro del linguaggio ; a depurarlo di una serie di anatemi contro la cosiddetta autorità ; ma in essa ci sono tutte le chiavi per aprire le vecchie e cadenti porte del sottomondo napoletano , schiacciato da insulti e vituperi d ' ogni specie e più che in antico staccato , come un satellite alla deriva , dall ' altra Napoli , che ha la funzione di un mero insediamento coloniale . La confusione nasce dal fatto che non sai mai bene se stai rileggendo le pagine più corpose e promiscue dei napoletanisti italiani e stranieri d ' ogni tempo ; se sei in preda continua a un incubo senza schiarite o stai attraversando le vie di una vera città in cui la corte dei miracoli , degli sciancati , degli storpi , degli afflitti , dei miti , dei buoni , dei vinti , della gente che parla da sola , continua a dar spettacolo a entrata continua . Tutti i luoghi comuni , vieti , vecchi , insopportabili , che si debbono rifiutare per un impegno di volontà , come il detto colonialista e razzista « Napoli è una città orientale senza un quartiere occidentale » , alla verifica risultano validi . Sembrano cose di colore , ma poi le smuovi e sotto c ' è la gente che soffre , che patisce e che si brucia il regalo della vita sotto le bandiere del folclore , che è una sporca bandiera di orrori . Trent ' anni fa scrivevo dei trecentomila napoletani che la mattina si alzavano in cerca di qualcosa da fare , oggi l ' esercito si è ingrossato , trent ' anni fa la gente si metteva a vendere carnicotte , lupini , ceci , semi , lumachine , cozze , polipi , bolliti , tutti cibi da porre al bando e , oggi , a Mergellina , alla riviera , sui quartieri , a Porta Capuana e al Vasto e in mille vicoli e labirinti , si contano a migliaia le vecchie con i banchetti davanti che cercano di arrangiare e arraffare la giornata , vendendo ciuciù e mosche , pannocchie arrostite o lesse e parassiti . Allora si diceva fossero commerci , residui di folclore . Oggi come li dobbiamo definire ? Trent ' anni fa andavi al Borgo Marinaro , alle trattorie a mare , ma come dire alle Isole Capoverde e trovavi i ragazzi che per un soldo si tuffavano nell ' acqua e oggi per cento lire fanno lo stesso . Gridano : « A me ! a me ! » e Cristo li solleverebbe nel cielo . Gli uomini li sprofondano sott ' acqua . Trent ' anni fa passavano gli uomini - cavallo sotto una carretta in cerca di rifiuti e ogni mattina , in quest ' anno stupefacente , verso le undici appare una madre - cavallo e una figlia - bilancino , carretta dietro , che si chinano a raccogliere qualunque cosa e caricano . Quest ' estate la gente ha cercato di resistere , di far muro al caldo . Ma i bambini piangevano , « sfrenesiavano » e alla fine si sono decisi ad affrontare l ' ultima spiaggia : i bagni popolari lungo i fianchi della costa metropolitana . Mi ci sono recato anche io una mattina . Ma ho dovuto farmi forza . Dirmi : sei come loro , non devi provare schifo e con questo messaggio nell ' animo sono riuscito a discendere dalle cabine palafitte sulla spiaggia . Era di fango . Ci si affondava dentro . Fatto il bagno nell ' acqua nera e spessa come bitume , risalito a riva , dovevi asciugarti all ' impiedi . Un vocio terribile . Richiami stentorei . Le mamme dividevano pane e frittata , pane e melanzane , pane e mortadella , ruoti di maccheroni . Passavano venditori di uva , lupini di mare , cozze , pagnottelle . A vendere e a comprare , a dare e a prendere , tutto con le mani . I ragazzi saltavano , scappavano , entravano e uscivano dall ' acqua , nuotatori formidabili , felicissimi , bellissimi . Ma a quale prezzo ? Un ambiente di dannati . Una promiscuità e una densità ferine . Ammesso il caso che l ' acqua del mare fosse stata pura , la spiaggia molliccia di rifiuti riportava alle condizioni di metodica sporcizia . « La crasse est comme une chemise naturelle dont les napolitains semblent craindre se dépouiller . » Colette ha torto . Se fosse stata una plebea napoletana in quella camicia ci sarebbe entrata per forza anche lei . Quella camicia sembra che ci stia addosso anche quando ce ne siamo disfatti . Qua tutto è vecchio , rognoso , umido , puzzolente ; e lo diventa sempre di più , incarnito , perché per un po ' di pulizia , ben lontana da una raggiunta nettezza , c ' è bisogno del cataclisma di una peste o un colera , della paura collettiva . « L ' autorità » - ente astratto , che chi sa dove si trova - , come dice la gente , addebita alle cozze o all ' arrivo di « un marittimo » infetto il focolaio originario dell ' infezione . E sarà . Ma questa è una giustificazione valida per gli altri paesi non per l ' abitato napoletano dove chiunque , dopo una fuggevole visita , è costretto a domandarsi come mai non vi siano un colera e una peste cronici . Lo sanno bene quelli dell ' altra Napoli i quali , se non vi sono costretti da forza maggiore , evitano di attraversare quartieri come il Pallonetto ; non soltanto per non vedervi la realtà e per non riconoscersi nei loro concittadini , vittime di una nascita sbagliata - giacché stiamo ancora a questo - ma per non venire a contatto con gente , pulitissima per se stessa , ma che entra ed esce da edifizi e fabbriche in cui uno finisce per infarinarsi , se non nella sporcizia , nel cattivo odore , nel muffido di secoli . Del resto il sudiciume nel vicolo è un frutto spontaneo , fatale . Sul vicolo si affacciano i bassi . I bassi sono a forma di piccoli cubi . Aria e luce provengono dal cielo remoto del vicolo . Un ' idea . Il vicolo è inoltre anche entrata , uscita , balcone , terrazzo , spiazzo , pattumiera . Per vivere in lindura ci vorrebbero degli acrobati . Non bisognerebbe mangiare , lavare le vesti e gl ' indumenti . Bisognerebbe rimanere chiusi dentro , immobili , paralizzati : una imposizione atroce per gente per la quale muoversi , uscire , entrare , parlare , amare e odiarsi è la vita stessa . Ma la sporcizia non è una mania , una deformazione , una tendenza . È l ' eredità di un ' educazione che non c ' è mai stata . Se oggi i nobili o i paranobili con il seguito degli arricchiti e dei superburocrati vivono a Caracciolo , a Posillipo o a via Petrarca - strade sommariamente pulite - quando vivevano a Spaccanapoli si mantenevano al riparo come sui trampoli al piano nobile e giù , agli altri di cattiva nascita , buttavano gli avanzi . Collegati a questi avanzi c ' è il termine « zandraglia » . Lunghissima la diatriba filologica su questo lessema . Ci hanno messo bocca Croce , Nicolini , Doria e altri numi della storia patria e si è addivenuti a un accordo nel dire che fosse il richiamo dei soldati francesi accampati sui quartieri i quali , dopo il rancio , uscivano fuori la caserma e al grido di : « Zandrà ! Zandrà ! » buttavano sul lastrico , allora privo di fogne , i rimasugli delle loro brodaglie . La gente , ossia i napoletani , non lo si dimentichi , si buttavano carponi e succhiavano la sbobba . È orribile , mortificante , poco snob ricordarlo , ma è vero e documentato . Con questi precedenti c ' è da chiedersi due cose : come mai la nostra razza non si sia estinta e come , oggi , a duecento anni di distanza sprecati in chiacchiere , sarebbe possibile avere un concetto più illuminato e razionale dell ' igiene . Viviamo sul filo del miracolo . I bassi hanno ancora i cessi a terra , spesso in un angolo della cucina . Vi sono trattorie ( a Mergellina ) dove si lavano ancora i piatti nelle bacinelle , dove gli scarafaggi marciano in fila indiana . Prendere un tram o un autobus , via , non è sempre un affare olezzante . Le signore bene ne discendono disgustate . Il ricordo degli inferi corporali le sconvolge . E gli altri ? Le centinaia di migliaia di altri ? Ma chi sono ? Dove sono ? Nell ' altra Napoli . La mancanza di spirito di socialità e di solidarietà ha in questa terra la sua ultima e imprendibile roccaforte .
Ma il futuro si gioca in colonia ( Mieli Paolo , 1974 )
StampaPeriodica ,
Lisbona . « La notte del 25 aprile nella scuola di cavalleria di Santarem eravamo tutti svegli . La radio era accesa : trasmetteva canzoni e annunci pubblicitari . A mezzanotte e trenta una voce femminile annunciò : qui radio RenascenQa , riprendiamo il programma con la canzone Grandola Vila Morena , canta Alfonso Zeca . Era il segnale convenuto per dare inizio alla rivolta . » Così un giovane militare di Santarem ricostruisce l ' inizio della sommossa che giovedì scorso ha abbattuto la dittatura portoghese . La mattina di sabato 27 aprile sono arrivato a Santarem , il piccolo paese da cui è partito il « movimento dei capitani » che ha travolto il regime di Marcelo Caetano . Il treno che mi porta a Lisbona è costretto a fermarsi per un ' ora , forse due . Ho il tempo per fare il giro del paese . Grande euforia per la libertà appena riconquistata : si formano capannelli attorno agli strilloni , i giornali , per la prima volta dopo quarantotto anni di censura , sono pieni di notizie , gruppi di bambini applaudono le jeep che trasportano i militari « liberatori » . Domando ad un soldato di raccontarmi com ' è nata la rivolta . Rispondono in molti , senza diffidenza . « Zeca aveva cominciato a cantare da pochi secondi quando abbiamo fatto irruzione nella stanza del comandante della scuola per farlo prigioniero . Contemporaneamente un gruppo di allievi si è diretto su Lisbona . Lo stesso è accaduto in altre unità dell ' esercito distaccate in tutto il paese . Gaetano non s ' è neppure reso conto di ciò che succedeva . La sera di giovedì avevamo già vinto . Erano morte solo cinque persone . » Avete agito seguendo gli ordini del generale Antonio De Spinola ? « È più giusto dire che il piano era stato deciso dal Movimento nazionale delle forze armate il quale aveva anche stabilito che Spinola presiedesse la giunta militare dopo la conquista del potere . » Sono questi i protagonisti del putsch portoghese . È merito dei giovani ufficiali se negli ultimi mesi il Portogallo è stato sommerso da fogli clandestini firmati dal « movimento dei capitani » che denunciavano le atrocità di cui si è macchiato il regime e hanno aperto la strada all ' abbattimento della dittatura . Spinola ha il merito di aver conquistato alla causa importanti settori economici , come í fratelli Champalimaud proprietari della Banca Pinto e Sotto Mayor , e il presidente della confederazione degli industriali Salazar Leite , che ha trattato di persona e ottenuto il sostegno del Brasile ai rivoltosi . Ma sono i giovani ufficiali che hanno saputo coinvolgere nell ' avventura rivoluzionaria il popolo , apparentemente rassegnato alla dittatura . Come ? Hanno puntato sullo scontento provocato dal servizio militare che in Portogallo dura quattro anni , due dei quali si passano nelle colonie a combattere contro i movimenti di liberazione . Molti giovani muoiono , molti rimangono invalidi per il resto della vita , più di centomila hanno disertato . Da un po ' di tempo gli ufficiali facevano strani discorsi alle reclute sull ' inutilità di morire in una guerra colonialista persa in partenza , sull ' assurdità di dover trascorrerequattro anni , sottratti allo studio o al lavoro , in una situazione che « è causa di vergogna di fronte a tutto il mondo civile » , sul fatto che la diserzione non è l ' unico mezzo per sfuggire a questa realtà . Questi argomenti , che facevano presa più di qualsiasi campagna sull ' immoralità della guerra coloniale , hanno messo in moto un processo che ha letteralmente colto di sorpresa le forze democratiche . Dice Pereira de Moura , leader della CDE ( Commissione democratica elettorale , che raggruppa comunisti , socialisti , liberali e cattolici di sinistra ) : « Dopo il fallimento della sollevazione militare di marzo ci aspettavamo un contraccolpo a destra ; invece i militari ci hanno regalato la libertà prima che potessimo renderci conto di quel che stava succedendo » . Il popolo , benché sorpreso , si è mosso subito . Lo abbiamo visto scagliarsi contro i simboli di un regime durato cinquant ' anni , dare alle fiamme la sede del giornale fascista « Epoca » e l ' edificio della censura , prendere d ' assalto i palazzi della polizia politica che recentemente s ' era denominata Direzione generale ( li sicurezza ( ex PIDE ) , della legione portoghese , del partito di Gaetano , AcQào nacional popular . « Ciò che è accaduto presenta più analogie con il vostro 25 luglio 1943 che con il 25 aprile del '45» mi dice Raul Rego , direttore del più importante quotidiano delle opposizioni , « Republica » . Effettivamente , il colpo di mano che ha abbattuto la dittatura fascista assomiglia a quello che portò alla caduta di Mussolini . Come Badoglio , Spinola ha rimesso in libertà i detenuti politici , ha concesso la libertà di organizzazione e ha promesso di cedere il posto entro un anno a un governo di civili eletto in libere elezioni . Ma nelle colonie « la guerra continua » . Quali sono state le reazioni dei partiti ? I comunisti si preparano a qualcosa che assomiglia a una « svolta di Salerno » : il segretario del PCP , Alvaro Cunhal , di cui è annunciato il ritorno dall ' esilio di Praga , dovrebbe annunciare l ' appoggio del partito a Spinola « a patto che metta in prati ca il proposito di ripristinare la democrazia in Portogallo » . Per il momento , tuttavia , i comunisti restano alla finestra : non si fidano di uscire completamente dalla clandestinità e l ' organo del partito , « Avante » , non ha ancora ripreso le pubblicazioni . La sinistra rivoluzionaria ( è prematuro definirla extraparlamentare ) , che si riunisce intorno al MRPP ( Movimento di riorganizzazione popolare portoghese ) ha coperto i muri di Lisbona con scritte che invitano a un l ° maggio vermelho . Quanto a Marcelino Dos Santos , Agostinho Nheto e Luis Cabral , leader rispettivamente dei movimenti di liberazione del Mozambico , dell ' Angola e della Guinea , hanno espresso perplessità e riserve sulle reali intenzioni del generale Spinola . La resa dei conti con l ' estrema sinistra potrebbe però arrivare presto . Il MRPP infatti sta organizzando manifestazioni quotidiane in piazza Pedro Quarto , dove prende regolarmente a sassate i vetri del Banco Nacíonal Ultramarino e del Banco Espirito Santo e Commercial de Lisboa , che rappresentano i gruppi economici più favorevoli al mantenimento del regime coloniale . Nel corso di queste manifestazioni si afferma che « Spinola sarà il Kerenski portoghese » e si annuncia la ripresa delle agitazioni per il mese di maggio . Non mancano i movimenti che hanno come programma politico il terrorismo : le Brigate rivoluzionarie , la Lega d ' azione rivoluzionaria e l ' Azione rivoluzionaria armata . Queste formazioni sono già attaccate da tutti i partiti antifascisti di sinistra riuniti nella CDE ; i quali d ' altra parte non sono però disposti a lasciare il potere nelle mani di Spinola senza garanzie , come ha fatto Convergenza monarchica , uno dei gruppi moderati . Il dilemma è : organizzare manifestazioni e scioperi col rischio di provocare un irrigidimento dei militari oppure lasciare che gli ufficiali governino il paese fino alle elezioni ? E se i generali non rinunciassero al potere conquistato e non mantenessero le promesse di libertà ? Sono interrogativi a cui nessuno è ancora in grado di rispondere . Neanche Mario Soares , il prestigioso leader socialista tornato dall ' esilio domenica mattina , ha saputo indicare alla grande folla entusiasta che lo ha accolto alla stazione di Santa Apolonia quale sia la via da seguire . Nella sede della CDE , in rua Braacamp , si rimane fino a notte alta a discutere . Cosa farà la destra se il generale Spinola attuerà la strategia gollista di abbandono progressivo delle colonie ? Per il momento gli uomini rimasti fedeli a Marcelo Caetano e all ' ex presidente della Repubblica Americo Thomas tacciono . Alcuni di essi sono stati catturati alle frontiere mentre tentavano di fuggire con le valige piene di soldi ; altri , come i redattori del giornale « Epoca » , giurano fedeltà a Spinola ; altri ancora , come gli agenti della disciolta polizia politica , cercano di eclissarsi giacché rischiano il linciaggio . La destra spera in un passo falso della giunta per poter dimostrare che quella di Spinola è stata soltanto un ' avventura pericolosa . Forse spera che il ceto medio , impaurito dai cortei popolari che percorrono ogni giorno la città , e quello di coloro che hanno interessi da difendere nelle colonie , si saldino in un movimento capace di rovesciare la giunta militare . Per quel giorno c ' è già pronto un antiSpinola . Si chiama Kaulza de Arriaga , è un generale di 60 anni , ex comandante in capo del Mozambico , indicato nel '68 come uno dei possibili successori di Salazar .
Parola d'ordine: si salvi chi può ( Terzani Tiziano , 1975 )
StampaPeriodica ,
Bangkok . A gambe divaricate , una accanto all ' altra , spianando fucili mitragliatori contro la folla silenziosa e stupita , le guardie di sicurezza dell ' ambasciata ; enormi marcantoni in abiti civili ed armati di piccoli mitra , urlavano ordini nelle loro radio portatili , diplomatici con la pistola in pugno correvano carponi verso gli elicotteri , l ' ambasciatore camminava solenne , come un eroe medioevale , abbracciando la bandiera americana , gli operatori delle varie catene televisive americane continuavano a filmare e , da dietro le improvvisate barricate di filo spinato , dei bambini cambogiani sventolavano le mani dicendo « Bye , bye » . « Mi sono sentito un cane io , figurarsi gli americani » ha detto un giornalista europeo evacuato da Phnom Penh con gli elicotteri americani che sembravano l ' ultima via di scampo . Vari giorni dopo la fuga americana , la città era ancora in mano alle forze del governo repubblichino , l ' aeroporto era ancora aperto e gli aerei della linea commerciale nazionale continuavano a fare la spola con Bangkok . Lon Nol è già partito da due settimane , il suo successore Saukham Khoy , che aveva detto « Ci difenderemo fino all ' ultimo , anche dai tetti delle case » , è scappato con gli americani , la presenza degli Stati Uniti è stata cancellata dalla Cambogia , Washington , forse per paura che riso e munizioni finiscano in mano ai partigiani , ha messo fine al ponte aereo che teneva in vita Phnom Penh . La città dispone ora di riserve che dureranno al massimo per un mese . C ' è chi pensa che tutto questo sia parte di un accordo segreto fra americani e khmer rossi per quella « soluzione controllata » della guerra di cui si era tanto parlato in passato , ma niente sta ad indicare che i partigiani abbiano accettato un qualsiasi compromesso . Sihanuk ha rifiutato l ' invito americano di rientrare a Phnom Penh e ogni volta che il primo ministro Long Boret annuncia di essersi incontrato coi rappresentanti dei khmer rossi , da Pechino arrivano regolari la smentita e l ' accusa che gli emissari di cui i repubblichini parlano sono « Khmer rossi fatti in casa » che non hanno nulla a che fare con la guerriglia di Sihanuk e di Kieu Samphan . La verità è che gli americani , presi dal panico per quello che era successo a Pleiku , a Kontum , a Da Nang , dove le truppe sbandate di Saigon si sono rivelate molto più pericolose dei soldati comunisti , hanno preferito mettersi in salvo . « Quando hanno visto che i cambogiani avevano trovato gusto a mangiare carne umana , gli americani hanno avuto paura di finire arrosto » ha commentato un fotografo inglese , deluso come molti altri giornalisti per essersi fatto convincere dall ' ambasciata americana a lasciare Phnom Penh . Le « confessioni » dei soldati di prima linea che hanno raccontato di essere sopravvissuti mangiando i cadaveri dei loro nemici e la storia dei combattenti di Kampong Seila , che arrivati a Phnom Penh senza essere stati pagati da mesi hanno fatto a fette l ' ufficiale incaricato degli stipendi e ne hanno con orgoglio mostrato i resti , hanno fatto presto il giro della città impressionando la piccola comunità internazionale dei rimasti . Qualcuno a Washington , forse lo stesso Kissinger , deve aver pensato con terrore alla possibilità che gli ultimi cittadini americani a Phnom Penh avrebbero potuto rimanere in trappola non solo insieme coi khmer rossi , ma con gli stessi soldati della repubblica e così ha dato l ' ordine della fuga . Il messaggio è arrivato alle tre di notte nella capitale cambogiana . Alle sette l ' operazione « tiro dell ' aquila » è cominciata , alle dieci tutto era finito . Ai cambogiani , cui era stato promesso ogni sorta di aiuto cinque anni fa quando furono coinvolti nella guerra , non è rimasto che meravigliarsi di questa fuga frettolosa , imbarazzata , in fondo inconcepibile dei loro alleati che avevano deciso di dimostrare qui in Indocina la loro decisione di difendere una certa concezione del mondo . Una fuga americana come quella da Phnom Penh potrebbe presto cominciare da Saigon . In parte è già cominciata . Le famiglie dei diplomatici sono già partite , gli impiegati americani di società private sono stati evacuati assieme a tutti i funzionari della Pan Am . Anche se la ritirata americana è per ora organizzata con una certa discrezione per non aumentare il senso di crescente sfiducia che ha preso i sudvietnamiti , la voce che gli yankees scappano è negli orecchi di tutti , e non molti nascondono la delusione e la rabbia . « Avete preso da questo paese quello che volevate . Ora ve ne andate e lasciate a noi il conto da pagare » ha detto un giovane ufficiale di Saigon a un collega americano il giorno in cui il grande aereo militare Galaxy è esploso col suo carico di orfani vietnamiti spediti negli Stati Uniti a consolare delle coppie sole o ad alleviare un malinteso complesso di colpa americano per la guerra in Vietnam . « È bello vedervi partire con tanti bei souvenir del Vietnam » diceva il giovane tenente . « Vi portate a casa gli elefanti di ceramica e gli orfani . Peccato che alcuni si siano rotti , ma non preoccupatevi , ce ne sono altri da prendere . » L ' operazione « Babylift » , intesa a salvare migliaia di bambini dai comunisti , definita da un portavoce dei vietcong « un vero e proprio rapimento » e probabilmente concepita da alcuni funzionari americani , fra cui l ' ambasciatore Martin , per creare nel mondo un ' ondata di simpatia umanitaria per il Vietnam e per costringere il Congresso a votare nuovi aiuti militari per il regime di Thieu , ha provocato tanti risentimenti fra i vietnamiti che su ordine del governo di Saigon è stata interrotta . Con le forze comuniste sempre più vicine a Saigon e con gran parte del paese ormai data perduta definitivamente , pochi oggi credono che gli americani faranno ancora qualcosa di serio per tentare di salvare quel che resta del regime di Thieu che hanno sostenuto e finanziato per anni . Fa ridere la teoria sventolata da un giornale di Saigon - finanziato segretamente dagli americani - secondo cui tutta la ritirata dal Nord è parte di un piano per portare i vietcong allo scoperto e poi decimarli con una fantomatica arma , mai usata finora in Vietnam . Le speranze degli ultimi « credenti » che hanno fede nell ' impegno americano sono ormai legate qui , come nella Germania di Hitler degli « ultimi cinque minuti » , all ' introduzione di una sorta di V2 che dovrebbero rovesciare le sorti di una guerra considerata praticamente persa . In verità gli Stati Uniti hanno poco da offrire a Thieu e vengono ogni giorno di più tenuti fuori dalle gestioni delle operazioni militari e del paese . « Il presidente ha deciso da solo la ritirata dal Nord e ci ha dato appena 24 ore per ritirare i nostri uomini sul posto » ha dichiarato un funzionario americano . Ora Thieu , come per sfida agli americani , ha rimosso due generali da due importanti posizioni da cui dipende la difesa di Saigon , e lí ha sostituiti con due suoi fedelissimi , che su pressione dell ' ambasciata americana tempo fa erano stati messi a riposo , uno per corruzione e l ' altro per inefficienza . Con i recenti rimpasti al vertice delle forze armate , Thieu si premunisce contro un colpo di Stato che tutti si aspettano e che forse gli americani stessi si augurano come l ' unica via d ' uscita da una situazione che altrimenti sembra non avere altro sbocco che una finale , sanguinosissima battaglia per il controllo di Saigon . L ' idea del colpo è tanto nell ' aria che la scorsa settimana , quando il caccia del sottotenente Nguyen Thanh Trung si è buttato in picchiata a bombardare il palazzo di Thieu , la gente per strada ha semplicemente detto : « Ecco che stanno arrivando » . Solo dopo qualche ora ci si è convinti che si era trattato del gesto disperato d ' una sola persona . Per far fronte a eventuali altri gesti del genere o a un vero tentativo di rovesciamento Thieu ha instaurato un sistema di coprifuoco automatico in città . Due colpi di sirena consecutivi sono il segnale stabilito perché tutti rientrino a casa loro e le strade della capitale siano libere per movimenti di truppe e di polizia . Per evitare che l ' afflusso di rifugiati dal Nord aumenti la tensione della città e faccia esplodere moti di panico tipo quelli che hanno fatto cadere Da Nang , Nha Tran , Ban Me Thuot e Quang Ngai il governo blocca ogni colonna di profughi alla periferia e ne trasferisce più che può nell ' isola di Phu Cuoc , al largo della costa meridionale . Pur con tutte queste precauzioni prese da Thieu , gli americani sono i più pessimisti fra gli stranieri sulle prospettive di sopravvivere e di continuare a garantire l ' ordine nella capitale . « L ' operazione di Phnom Penh è stata una prova generale di quello che dovremo fare un giorno a Saigon » mi ha detto uno dei marines provenienti dalla Cambogia . Una simile fuga dal Vietnam sarebbe di una macabra ironia . Gli americani vennero una ventina di anni fa in Indocina per salvare questi paesi dal comunismo e li abbandonano ora distrutti e sul punto di essere presi dai partigiani . Vennero qui per difendere questi popoli contro una « aggressione » esterna ed ora se ne scappano via costretti a difendere se stessi dai loro stessi alleati di ieri . L ' immagine del funzionario americano che a Nha Tran sferra un pugno in faccia ad un vietnamita per salvarsi con l ' ultimo elicottero rimarrà il simbolo di questa ultima fase della guerra americana . Intanto , pur negando di voler abbandonare il Vietnam , l ' ambasciata americana a Saigon per rassicurare i suoi cittadini rimasti dice che è stato messo a punto un piano d ' emergenza per l ' evacuazione . « Perché tutto questo ? » ha detto la signora Binh , ministro degli Esteri del governo rivoluzionario provvisorio dei vietcong ; « se gli americani vogliono lasciare il Vietnam , che lo facciano in tempo . Non hanno che da dircelo . Noi siamo dispostissimi a dar loro una mano . »
Volonté Egalité Fraternité ( Augias Corrado , 1971 )
StampaPeriodica ,
Roma . Durante le riprese in Tunisia del film Mattei , diretto da Franco Rosi , accadde un giorno che la troupe al completo si allontanò dal set per una breve pausa . Sul luogo della scena rimase Gian Maria Volonté , solo , a capo chino , assorto nella contemplazione delle proprie scarpe . Sul momento nessuno capì bene quell ' insolita concentrazione , poi Rosi ricordò : il giorno prima aveva mostrato all ' attore alcune fotografie del personaggio e Volonté aveva osservato che Mattei usava sedere tenendo le punte dei piedi molto divaricate . Ciò su cui si stava allenando , mentre gli altri bevevano il loro caffè , era imitare con naturalezza quel tipico atteggiamento di Mattei . L ' aneddoto lo racconta lo stesso Rosi ; sul minuscolo schermo della moviola scorrono le sembianze di Enrico Mattei che è in realtà Gian Maria Volonté mentre simula la sbrigativa durezza del grande manager con la stessa disinvoltura con cui bofonchiava il lombardo sgrammaticato e afono del tragico Lulù in La classe operaia va in paradiso . Descrivere chi è Volonté è più difficile di quanto si creda ; un Volonté vero e unico anzi non esiste neanche . Il Gian Maria in carne , ossa e maglione proletario , comunista militante , nato a Milano il 9 aprile 1933 , è molto più evanescente del meno riuscito dei suoi personaggi . Quando parla , nella vita , fissandosi le unghie , fumando una sigaretta dopo l ' altra , sembra un libro stampato . Stampato , naturalmente , a cura di un movimento rivoluzionario : « il problema è » , « nella misura in cui » , « vorremmo un certo tipo di rapporto » . Poi si veste , si trucca , e diventa un commissario di polizia , un operaio , un Enrico Mattei estremamente persuasivi . Per questo virtuosismo trasformistico , insolito nel panorama degli attori italiani , Volonté è diventato quasi d ' improvviso un caso . Se si vedono i suoi ultimi quattro film ( i tre citati più il Sacco e Vanzetti ) una sera dopo l ' altra non ci si sottrae al dubbio di trovarsi ancora una volta di fronte a quel fenomeno molto italiano del mostro che viene dal nulla , di quello molto bravo ( a correre , a elaborare equazioni , a giocare a bridge ) con alle spalle non una schiera di concorrenti battuti ma semplicemente il deserto . Come si spiega insomma che ci ritroviamo un attore di livello mondiale mentre nessuno lo aspettava ? Nel 1969 Gian Maria Volonté , partecipando a un dibattito dell ' « Espresso » sulla condizione dell ' attore aveva fatto propria una dichiarazione della Società attori italiani ( SAI ) nella quale tra l ' altro si diceva : « La categoria degli attori ormai da tempo ha preso coscienza che i concetti di " arte " , " missione " , " sacrificio " ecc. sono strumenti di repressione usati dal potere » . Per fortuna la « presa di coscienza » dettata dalla concitazione di quel periodo Volonté l ' ha dimenticata rapidamente . La strada che invece ha seguito è stata esattamente quella opposta e non c ' è dubbio che buona parte della sua valentia , egli la debba proprio all ' applicazione singolarmente tradizionalista e quasi pedante dei concetti di « arte » , « missione » e « sacrificio » . Cominciamo dall ' arte . Chi ricorda le sue vecchie interpretazioni teatrali sa che in palcoscenico Volonté non rende quanto al cinema . Visto tutto intero , al naturale per due ore di seguito , Volonté regge la prova in modo dignitoso e basta ; sul palcoscenico tende a confondersi con gli altri e quando emerge è per una grinta dura e un po ' legnosa non sempre piacevole . Anche la sua voce è raramente memorabile : quel che gli manca è la capacità di modulare dalla « testa » al « petto » e viceversa , quei salti d ' ottava che ancora oggi non si possono ascoltare senza un fremito di corrotto compiacimento . Al cinema invece succede tutto íl contrario . I suoi personaggi sono costruiti a tutto tondo completi di gesti , voce , tic e manie personali . Facciamo il caso di Indagine su un cittadino , la particolare petulanza del tono di voce impiegato dal commissario Volonté per chiamare I ' « appuntato Panunzio » ha continuato ad essere imitata per mesi dopo la proiezione della pellicola . Ma non si possono dimenticare neanche il sorriso furbo e volgare , il modo di pettinarsi , di camminare dondolando le spalle per i corridoi della Questura tra l ' ossequio dei subalterni ; una camminata nella quale buona parte della burocrazia di Stato potrebbe riconoscersi senza battere ciglio . La conclusione naturalmente è che la diversità non è in Volonté ma nel mezzo . Volonté è uno straordinario attore di cinema perché la sua costruzione del personaggio parte dai dettagli e vive di questi . Del resto lo dice egli stesso : « Io comincio dal copione . Ricopio a mano dieci , quindici , venti volte tutta la mia parte battuta per battuta . Serve a farmi capire ogni parola di ciò che poi dovrò dire » . Questo metodo , insolitamente umile , Volonté lo ha imparato dai vecchi attori dei « carri di Tespi » il teatro girovago della provincia italiana , ultimi baluardi del naturalismo privo di complessi . Prima di iscriversi all ' Accademia d ' arte drammatica , nel 1954 , con i « carri di Tespi » Volonté ha recitato tre anni . Aveva diciotto anni , il suo maestro , Alfredo De Sanctis , quasi novanta ; non deve essere stato gin apprendistato d ' avanguardia . Del resto il culto della tradizione non si limita alla copiatura delle battute . Settimane prima che si cominciasse Indagine su un cittadino la casa di Volonté era tappezzata di fotografie di questori e commissari di polizia . Passeggiando tra quei ritratti l ' attore si impadroniva di un dito nel naso , un sorriso arrogante , un mignolo sollevato con finezza sulla tazza del cappuccino . Non si arriva a Ermete Zacconi che vagava per gli ospedali ad osservare il delirium tremens dal vero ma l ' indirizzo è quello . Elio Petri , che e finora il regista che a Volonté ha dato di più , spiega se lo si interroga in proposito che con quel metodo l ' attore arriva alla « ricostruzione critica del personaggio » dopo averlo « demolito » ; insomma fa quasi balenare Brecht . Altri invece ritengono di poter dire che ci si trova di fronte a un caso clamoroso di recupero romantico e naturalista , attitudini che d ' altronde si accompagnano molto bene a quella rivoluzionaria come , per altri aspetti , l ' impiego del dialetto . La domanda anzi è più che legittima : quanta parte della fortuna di Volonté è legata all ' uso del dialetto ? La risposta la dà Franco Rosi : « I maggiori personaggi cinematografici di Volonté » dice « avevano un ' identità facilitata dai loro tic e dal loro dialetto . Non voglio sminuire la sua bravura nelle parti precedenti ma solo dire che interpretando Mattei , Volonté si è messo per la prima volta nelle condizioni più difficili per un attore . Mattei veste di grigio , ha sempre il cappello in testa e la cravatta al collo , non ha inflessioni riconoscibili . Insomma ha l ' aspetto esterno di un italiano qualsiasi . Eppure anche questa è , secondo me , un ' interpretazione di grande efficacia » . Si ricade allora su un ' altra qualità fondamentale del grande interprete : la capacità mimetica . Da questo punto di vista l ' attore è veramente quella canna vuota di cui sí parla e che gli altri costringono ( o che si costringe da sé ) a risuonare in cento modi diversi . Nessun dubbio che anche Alberto Sordi o Vittorio Gassman siano ottimi attori ; il loro limite però è nel dare vita , film dopo film , a tanti diversi episodi di un personaggio sempre uguale a se stesso : il romano un po ' vile di Sordi , il maldestro spaccamontagne di Gassman . L ' agilità di Volonté invece arriva direttamente da una tradizione che consentiva agli attori di un tempo di interpretare con la stessa disinvolta indifferenza Amleto o Come le foglie . Nessuna meraviglia allora se la comicità di Sordi risulta leggermente straniata a Cuneo e incomprensibile a Zurigo mentre della mimica « meridionale » del commissario di Indagine si può godere ugualmente a Roma e a New York . Tutti questi vantaggi presentano un solo rischio : l ' istrionismo , pericolo sul quale Elio Petri è disposto a concordare con il correttivo però che tutti i grandi attori sono degli istrioni : « Barrymore , Marlon Brando , Eduardo , Jouvet , Jean Gabin . La differenza tra un attore e una persona normale è che il primo è capace di catturare il lato istrionesco e farlo diventare riconoscibile , gli altri no » . Vediamo ora il secondo aspetto : la « missione » . Anche da questo punto di vista Volonté ha modelli famosi e anch ' essi , per fatalità , ottocenteschi : Gustavo Modena e la piccola schiera di attori patrioti e democratici che agirono durante il Risorgimento . Gian Maria Volonté non è un patriota ma è sicuramente un democratico , comunque la sua parentela con Modena è evidente . Nel 1831 , quando scoppiarono i moti carbonari , Gustavo Modena abbandonò improvvisamente la sua attività di attore e corse a combattere accanto ai liberali a Rimini e ad Ancona . Nel 1968 , scoppiata la contestazione studentesca , Gian Maria Volonté rompe improvvisamente il contratto per il film Metti una sera a cena e si unisce ai gruppi della sinistra più intransigente . Nel 1839 Gustavo Modena allestisce per la prima volta al Queen ' s Theatre di Londra alcune scene della Divina Commedia . È uno spettacolo che in seguito riprenderà molto spesso perché gli consente di « realizzare il sogno di un ' arte politica » . Nel 1969 Gian Maria Volonté allestisce alla stazione Termini di Roma una scena di teatro di strada con tre personaggi : « il disoccupato » , « l ' operaio » , « la viaggiatrice » riuscendo a coinvolgere tre o quattrocento viaggiatori in arrivo e in partenza . Nel 1849 Gustavo Modena partecipa alla difesa della Repubblica romana ; nelle pause del combattimento recita negli ospedali in favore dei feriti . Durante l ' autunno caldo Gian Maria Volonté alterna recite e dibattiti politici nelle fabbriche occupate , durante scioperi e cortei . Dopo queste attività alcuni extraparlamentari di particolare intransigenza rimproverano a Volonté la sua partecipazione ai primi due western di Sergio Leone con lo pseudonimo di John Wells . La verità è che nella sua carriera Volonté non ha avuto più cedimenti di quanti non ne giustifichi la ricerca iniziale di un ruolo , di uno stile e probabilmente di una paga . Se ha interpretato Per un pugno di dollari , se ha partecipato alle avventure di Maigret in televisione , se ha recitato Goldoni è anche vero che nel 1960 Volonté ha fatto in teatro Sacco e Vanzetti , nel '62 ha girato Un uomo da bruciare ( storia di Salvatore Carnevale ) , nel '63 Il terrorista , nel '64 ha messo in scena Il Vicario di Hochhuth nel retrobottega della libreria Feltrinelli di Roma dopo che la polizia ne aveva impedito la rappresentazione in teatro . « Io » dice oggi Volonté « scelgo i film che devo fare e se non è un soggetto impegnato in un senso politico preciso non lo faccio . » Dopo l ' arte e la missione , l ' ultimo aspetto è il « sacrificio » . L ' argomento è delicato poiché il sacrificio di Volonté è soprattutto economico e il rischio è di fornire non dati o valutazioni ma pettegolezzi . Comunque poiché si sa che un attore , come d ' altronde ogni altro professionista , ha una sua quotazione ufficiale , si può anche sapere che quella di Volonté , in puri termini di mercato , si aggira sui 150 milioni a pellicola . Quando interpretò il primo filmi di Sergio Leone , Volonté ebbe come compenso 1 milione e 200 mila lire . Al secondo western Per qualche dollaro in più , 4 milioni e mezzo . Anche se la sua quotazione si è moltiplicata per trenta , quaranta volte in pochi anni , registi e produttori sanno che se il soggetto è « impegnato in senso politico preciso » Volonté accetta di farlo per molto meno , « questo » dice il regista Giuliano Montaldo « a me sembra un vero capitale per il cinema italiano . Un regista anche poco conosciuto sa che se il suo soggetto è buono può contare su un attore di prima grandezza allo stesso costo con cui se ne assicurerebbe uno di secondo piano » . Ma la disponibilità di Volonté non si esaurisce sul set . Come nel film La classe operaia , nell ' appartamento di Volonté è un andirivieni ininterrotto di rappresentanti di tutti i gruppi della sinistra che sono indubbiamente molti e tutti in gara tra loro nel dissimulare la riconoscenza sotto la grinta rivoluzionaria . Chi scrive ha sentito personalmente uno di loro commentare in pubblico : « Però , con quello che guadagna , solo mezzo milione ha dato » . La verità su questo attore è un paradosso : Volonté sembra un tipo di interprete nuovo perché in realtà è talmente antico che si è persa la memoria del modello al quale risale . La sua aderenza al canone del grande attore naturalistico di tradizione italiana è perfetta . Anche ad esempio nel suo modo di comportarsi in scena , prima di cominciare a girare ; nel suo bisogno quasi quotidiano di essere spiritualmente medicato e rassicurato circa i fini del film e l ' ideologia che lo sorregge , o anche a proposito di una vicenda personale , di una conversazione avuta la sera precedente . Elio Petri dice : « Credo che gli attori abbiano lo straordinario incanto di essere come bambini . L ' infanzia è l ' età nella quale si gioca ai travestimenti ; passata quella ognuno assume il suo ruolo fisso , eccetto gli attori che possono continuare a giocare per tutta la vita » .
Che faranno senza Nasser ( Gambino Antonio , 1970 )
StampaPeriodica ,
Quante volte negli ultimi quindici anni si è provato ad immaginare in che modo Abdel Gamal Nasser sarebbe uscito dalla scena politica ? Pochi ammettevano che egli sarebbe morto , come invece è avvenuto , per malattia naturale , nel suo palazzo presidenziale del Cairo . Specie in Italia dove un buon numero di commentatori politici e uomini pubblici sembrava non aver dubbi in proposito : il presidente egiziano avrebbe finito i suoi giorni in modo violento , vittima di un attentato da parte di uno dei suoi molti nemici o processato sommariamente e giustiziato come si conveniva ad un « dittatore fascista » del suo stampo . Coloro che a lungo hanno detto e scritto queste cose , con incredibile e puntuale monotonia ( anche se oggi tendono a dimenticare simili giudizi ) non dimostravano solo una approssimativa conoscenza della natura del fascismo ( che come movimento reazionario di massa , antioperaio e antisindacale , presuppone l ' esistenza di una società industriale sviluppata ) ; ma ancor più rivelavano di ignorare le tradizioni , le strutture sociali e culturali , i problemi e quindi le condizioni di vita politica dei paesi arretrati del Terzo Mondo ai quali l ' Egitto indubbiamente apparteneva e ancor oggi appartiene . Le masse che la sera di lunedì , al momento in cui radio Cairo ha dato l ' annuncio della morte di Nasser , si sono riversate piangenti nelle strade e nelle piazze della capitale egiziana , hanno dato la migliore risposta circa il carattere dittatoriale del governo dell ' uomo appena scomparso . Il fatto tuttavia che questi giudizi abbiano a lungo prevalso specie in Italia , ha avuto un peso notevole nell ' evoluzione politica del Medio Oriente . Solo in uno sfondo di estremismo si possono spiegare infatti le successive decisioni « punitive » dell ' Occidente , dal rifiuto della vendita di armi della primavera 1955 all ' improvviso ritiro del finanziamento per la diga di Assuan , fino alla follia della spedizione anglo francese di Suez dell ' ottobre 1956 e alla guerra fredda degli anni successivi . Nessuno può sapere quali , in circostanze diverse , sarebbero stati gli sviluppi di questo scacchiere così delicato e fondamentale . È certo che a distanza di anni , dopo tutto quello che da allora è successo nel mondo , dopo che le potenze ex coloniali hanno dovuto incassare ben altri colpi al loro orgoglio e al loro prestigio , appare chiaro che col suo boicottaggio verso il leader dei giovani ufficiali egiziani l ' Occidente dimostrava solo la propria inadeguatezza a comprendere il moto storico di fronte al quale si trovava , la propria incapacità ad accettare il tentativo dei popoli sottosviluppati di liberarsi dai vincoli e dalle servitù a cui ancora erano sottoposti . Le maggiori doti di intuizione furono dimostrate , in quegli anni decisivi , dai dirigenti del nuovo Stato ebraico , nato da poco in Palestina . Sono ormai alcuni anni che David Ben Gurion non nasconde la sua ammirazione per Abdel Gamal Nasser , gli attribuisce in pubbliche dichiarazioni e interviste la qualifica di grande uomo di Stato e di vero patriota . Se queste frasi dimostrano un ripensamento e una correzione di precedenti errori di valutazione , vanno accolte come tali . Ma i fatti dimostrano che furono proprio Ben Gurion e gli uomini a lui più vicini , che sono poi quelli che costituiscono l ' attuale gruppo dirigente israeliano , ad indirizzare i rapporti tra Tel Aviv e il Cairo in una strada senza uscita e a non apprezzare le opportunità che offriva l ' ascesa al potere dei giovani ufficiali autori del colpo di Stato contro Faruk . Salito al potere con un programma di riforme interne , Nasser cercò infatti , nei primi anni del suo governo , di smorzare i risentimenti nati dalla guerra anti - israeliana del 194849 . Questa azione avrebbe avuto successo ? A poco a poco si sarebbe arrivati ad un modus vivendi accettabile da entrambe le parti e infine ad una vera pace ? Difficile oggi dirlo . È però accertato che , mentre una parte dell ' opinione pubblica e della stessa classe dirigente israeliana ( compreso il primo ministro del periodo a cavallo tra il 195455 Moshe Sharett ) cercava di approfittare della situazione favorevole per raggiungere un ' intesa col Cairo ( ed in effetti in quei mesi vi furono contatti indiretti tra egiziani e Israele attraverso l ' ambasciatore indiano al Cairo , lo storico K.M. Panikkar , e il leader socialista maltese Dom Mintoff ) , Ben Gurion e i suoi amici si muovevano in direzione esattamente opposta . I loro sforzi si concretarono prima nel complotto che va sotto il nome di « affare Lavon » ( il tentativo di organizzare , nell ' estate del 1954 , una serie di attentati in edifici di proprietà inglese e americana in Egitto , in modo da spingere Londra e Washington a scagliarsi contro Nasser e possibilmente ad abbatterlo ) e poi , otto mesi più tardi , nella spedizione punitiva contro i campi dell ' esercito egiziano a Gaza che , in risposta ad un limitato incidente di frontiera , provocò la morte di 38 soldati del Cairo . Ben Gurion in quel momento era ritornato al governo , come ministro della Difesa , esattamente da due settimane . Otto mesi più tardi avrebbe sostituito Sharett alla testa del governo . La macchina che nell ' ottobre del 1956 doveva portare alla prima campagna del Sinai era stata ormai messa in moto . L ' occasione propizia offerta dalla formazione al Cairo di un governo di uomini nuovi e non legati all ' impostazione del passato era stata definitivamente perduta . Dovevano passare esattamente undici anni , con in mezzo una nuova guerra , perché si tornasse a creare una situazione altrettanto suscettibile di sviluppi positivi . Nella primavera del 1967 Nasser , forse ingannato dai siriani , forse spinto dai russi , certo preso in un ingranaggio che presto non sarebbe riuscito più a controllare , aveva posto a Israele , con la chiusura dello stretto di Tiran , un ultimatum che lo Stato ebraico , non a torto , considerava inaccettabile . La guerra che era scoppiata all ' inizio di giugno aveva avuto per l ' Egitto e per l ' intero fronte arabo conseguenze disastrose . Ma a distanza di due mesi , nonostante la rapida ricostruzione del suo esercito da parte dell ' URSS , Nasser appariva disposto a trarre le conseguenze da quanto era accaduto . Nonostante le apparenze e gli slogan propagandistici ( i tre no : alle trattative dirette , al riconoscimento di Israele , ad un trattato di pace ) fu esattamente questo il significato del vertice arabo di Kartum . Nasser si separava dagli estremisti , smentiva pubblicamente i palestinesi che , attraverso il loro screditato leader Shukeri , seguitavano a invocare la distruzione di Israele , e si dichiarava partigiano di una « soluzione politica » . La vera portata di questa scelta apparve chiara nel giro di poche settimane , quando il governo del Cairo dichiarò di accettare senza condizioni la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell ' ONU del 22 settembre 1967 ( mentre israeliani , e siriani , si rifiutavano di fare altrettanto ) . Si può dire che da allora questa decisione abbia sempre costituito il filo conduttore della politica del Cairo . Sia pure attraverso gli alti e bassi dettati dalla tattica diplomatica e dalle complesse necessità della situazione interna e internazionale , Nasser ha insistito sulla possibilità di trovare un accordo negoziato , ha spostato il discorso dal problema dell ' esistenza di Israele a quello delle sue frontiere , fino ad accettare , nel luglio scorso , il piano Rogers e a tentare , pochi giorni prima della sua scomparsa , la mediazione del conflitto giordano . Questa ultima iniziativa e gli avvenimenti che l ' hanno immediatamente preceduta presentano aspetti ancora tutt ' altro che chiari . Per i primi due giorni dello scontro tra i beduini e i movimenti di resistenza di Arafat e di Habash , il Cairo tace ; solo al terzo giorno , quando si profila il massacro dell ' intera comunità palestinese , l ' Egitto interviene per ammonire Hussein e per arrestare i combattimenti . Nel complesso Nasser sembra desiderare non la distruzione della guerriglia ma certo un suo ridimensionamento , possibilmente sotto la guida del suo leader più moderato Yassir Arafat . Realisticamente il leader egiziano si rende infatti conto che , mentre una pace in Medio Oriente non potrà mai essere trovata se non verranno riconosciute le giuste esigenze del popolo palestinese , chiedere la formazione di uno Stato unitario di arabi , ebrei e cristiani ( come vogliono Habash e Hawtmeh ) equivale ad allontanare per sempre ogni prospettiva di soluzione negoziata . Il discorso di Nasser si interrompe a questo punto e i dubbi che esso avrebbe potuto essere proseguito fino al conseguimento di un risultato positivo sono , oggi non meno di ieri , legittimi . Ci si può chiedere infatti se Israele avrebbe mai finito per rinunziare alle sue aspirazioni annessionistiche , se l ' intera comunità palestinese avrebbe accettato la leadership di Arafat , se Hussein non avrebbe ancora una volta ceduto ai suoi estremisti decisi a raggiungere un accordo con Tel Aviv sopra i cadaveri della guerriglia , se la Siria avrebbe mai abbandonato il campo degli intransigenti . Ma nel caos della situazione mediorientale quello del leader egiziano rappresentava il solo filo logico , il solo punto di riferimento per chi mirava ad una sia pure lenta e progressiva pacificazione . Ora invece le forze centrifughe rischiano di prevalere in ogni campo . I n primo luogo tra i palestinesi . Nasser , infatti , con il suo immenso prestigio poteva coprire Arafat nella fase difficile di sganciamento dagli slogan massimalistici e di avvicinamento a tesi più compatibili con la reale situazione e con i reali rapporti di forza . Sadat o qualsiasi altro leader del Cairo non potrà fare altrettanto . Per quanto riguarda il futuro dell ' Egitto , ogni ipotesi è possibile . Si potrà assistere alla riapparizione di vecchie forze politiche ( come i Fratelli musulmani ) , ad una lotta per il potere tra le varie tendenze dell ' esercito e l ' Unione socialista araba o , infine , alla caduta del paese in uno stato di disgregazione e di tensione . Né si può infine escludere che , sotto la guida di un nuovo leader o di un nuovo gruppo dirigente , l ' Egitto tenda a ripiegarsi su se stesso e , anche per la pressione dei russi ( interessati alla riapertura del canale di Suez ) , finisca per accettare una forma di pace separata con Israele , abbandonando completamente i palestinesi al loro destino . In questo caso quello dei palestinesi si declasserebbe ad un semplice problema di « polizia interna » per Israele . A prescindere da ogni considerazione di carattere morale ( la storia conosce di simili infamie ) è difficile credere che è su queste basi che il Medio Oriente potrà mai raggiungere una vera pace .
Il Palazzo e la Piazza ( Bobbio Norberto , 1986 )
StampaQuotidiana ,
La metafora del « palazzo » usata sempre più frequentemente nel linguaggio politico corrente , per indicare , con intenzione non benevola , coloro che ci governano , richiama , per contrapposizione , l ' analoga metafora della « piazza » , di cui ci si serve , con intenzione parimenti non benevola , per indicare la moltitudine di coloro che stanno fuori ( in basso ) e non hanno altro potere che quello di protestare o di applaudire : « analoga » , perché connota un insieme di persone mediante il luogo in cui si trovano , come « casa » per famiglia , « caserma » per truppa , « castello » per signore , « reggia » per monarca , e , passando dal nome astratto al nome proprio , « Farnesina » per corpo diplomatico italiano . A commento della manifestazione romana del marzo scorso , promossa da un sindacato contro una minacciata riduzione della scala mobile , il « Corriere della Sera » intitolò un suo articolo Il Parlamento e la « piazza » . Recentemente sulla « Stampa » il titolo annunciava Studenti in « piazza » e nel sottotitolo si leggeva : Palazzo Chigi risponde in tono pacato . Ancor più recentemente « La Repubblica » ha dato l ' annuncio che Carniti sarebbe diventato presidente della Rai in questo modo : Entra nel Palazzo un uomo di « piazza » . Per quanto la reiterazione della contrapposizione sia di questi ultimi anni ( e chi sa quanti altri esempi se ne potrebbero dare ) , dovuta a una celebre invettiva di Pasolini , l ' antitesi « palazzo - piazza » è antica e appartiene al linguaggio politico tradizionale . In un articolo del primo fascicolo della bella rivista dell ' Istituto italiano di cultura a Parigi , uscita in questi giorni col titolo «50 , rue de Varenne » , tutto dedicato al tema della « piazza » ( anche se prevalentemente dal punto di vista architettonico e quindi non nel suo significato metaforico ) , mi cade sottocchio un brano di uno dei Ricordi di Guicciardini , in cui si legge : « ... e spesso tra il palazzo e la piazza è una nebbia sì folta o un muro sì grosso che ... tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo fa , quanto delle cose che si fanno in India » . Se una ricerca su questa contrapposizione , soprattutto sull ' uso di « piazza » nel suo significato politico , non fosse ancora stata fatta ( ma non si sa mai ) , varrebbe la pena che un giovane volenteroso vi si accingesse . Intanto non mi sembra inopportuna qualche osservazione generale . « Piazza » è uno di quei tanti termini che , nati nel linguaggio comune , diventati sempre più popolari attraverso il linguaggio dei giornali , possono offrire un interessante e nuovo campo d ' indagine anche allo studioso . Nelle espressioni più correnti , « manifestazione o dimostrazione di piazza » , « scendere o andare in piazza » , « fare appello alla piazza » , o addirittura proverbiali , come « pane in piazza e giustizia in palazzo » , la parola sta a indicare una moltitudine di persone che si riuniscono spontaneamente e volontariamente , o vengono convocate da chi ha voce per farsi ubbidire , allo scopo di manifestare , secondo un diverso grado d ' intensità , uno stato d ' animo , un ' opinione , una volontà politica , che possono essere tanto di protesta , come avviene di solito nei regimi democratici , in cui uno dei diritti costituzionalmente garantiti è il diritto di riunione in pubblico e di libera manifestazione del proprio pensiero anche attraverso il mezzo della riunione pacifica , quanto di consenso , com ' è avvenuto nel nostro paese con le famose « adunate » fasciste di piazza Venezia , dove la moltitudine vi confluiva , in parte di propria volontà , in parte perché inquadrata nelle organizzazioni di massa del regime . Le due maggiori caratteristiche che servono a definire la « piazza » come fenomeno politico sono , da un lato , la partecipazione ( o la mobilitazione secondo i casi ) di un numero molto alto di persone , e , dall ' altro , il luogo aperto della riunione . Sulla base di questi due elementi la « piazza » si distingue da altre sedi di riunione a scopo di protesta o di discussione politica , più ristrette e meno aperte , come il salotto o il caffè , l ' uno privato , l ' altro semipubblico , di cui soltanto si può disporre là dove le libertà civili non sono riconosciute . A differenza dei luoghi dove si possono riunire soltanto poche persone e al chiuso , la « piazza » non è sede di discussione , dove si vada per dibattere un problema e decidere di conseguenza . Coloro che vi confluiscono lo fanno perché hanno uno scopo comune , in qualche modo già prestabilito . Ascoltano gli oratori di parte se si tratta di una protesta , di una petizione , di una rivendicazione nei riguardi dei signori del palazzo ; oppure pendono dalle labbra del grande demagogo , che fissa le mete , dà ordini , indica il nemico da abbattere negli avversari del governo , e acclamano . A differenza dell ' agorà classica , la « piazza » tanto nei regimi autocratici , quanto nei regimi di democrazia indiretta o rappresentativa , non è neppure un luogo dove si prendano decisioni : le decisioni che contano o sono già prese dagli stessi partecipanti ( si manifesta perché si vuole un certo provvedimento o si contesta un provvedimento già preso ) , oppure dallo stesso dittatore ( e la folla parla per monosillabi : « Sì » , « No » , « A noi ! » ) . In un regime di democrazia rappresentativa , che è quello che c ' interessa , la « piazza » è la più visibile conseguenza del diritto di riunione illimitato rispetto al numero delle persone che possono esercitarlo insieme e contemporaneamente . Prima dell ' avvento dei regimi democratici la facoltà concessa ai cittadini di riunirsi per presentare petizioni era riservata a gruppi di pochi , non più di una decina . Altrimenti la riunione è illecita , ed è vietata come « assembramento » , o peggio come « tumulto » , nei casi estremi come « sedizione » . Non c ' è più esatta descrizione di come un accorrere di gente per protesta si trasformi in tumulto che quella offertaci da Manzoni nel capitolo XII dei Promessi sposi in cui si comincia a parlare di « piazze » e strade che « brulicavano di uomini , trasportati da una rabbia comune , predominati da un pensiero comune , conoscenti o estranei , senza essersi dati l ' intesa , quasi senza avvedersene , come gocciole sparse sullo stesso pendio » e si finisce con quel « trambusto » che « andava sempre crescendo » , perché « tutti coloro che gli pizzicavan le mani di far qualche bell ' impresa , correvan là , dove gli amici erano i più forti , e l ' impunità sicura » . « Palazzo » e « piazza » sono due espressioni polemiche per designare , rispettivamente , i governanti e i governati , soprattutto il loro rapporto d ' incomprensione reciproca , di estraneità , di rivalità , ancora oggi , come nel brano sopracitato di Guicciardini . E si richiamano a vicenda , negativamente : vista dal palazzo la piazza è il luogo della libertà licenziosa ; visto dalla piazza il palazzo è il luogo dell ' arbitrio del potere . Se cade l ' uno è destinato a cadere anche l ' altro .