StampaPeriodica ,
«
Coscientemente
ho
cercato
la
morte
dopo
una
breve
giovinezza
,
che
pure
a
me
pare
eterna
,
essendo
l
'
unica
,
l
'
insostituibile
che
io
avessi
avuto
in
sorte
.
Coscientemente
ho
rinunciato
all
'
inenarrabile
gioia
di
essere
al
mondo
...
ma
ho
pagato
questa
rinuncia
con
uno
strazio
tale
che
solo
un
vivo
può
comprenderlo
.
»
Queste
parole
,
di
trent
'
anni
fa
,
Pier
Paolo
Pasolini
le
scrisse
idealmente
,
a
nome
di
suo
fratello
Guido
,
ucciso
il
7
febbraio
1945
nel
tragico
eccidio
di
Porzus
,
nel
Friuli
.
Le
ritrova
per
me
Giuseppe
Zigaina
,
il
pittore
di
Cervignano
intimo
amico
di
Pasolini
:
l
'
altro
giorno
,
frugando
tra
le
pubblicazioni
di
quella
«
Academiuta
»
(
a
metà
tra
scuola
dominicale
e
accademia
folclorica
)
che
Pasolini
aveva
fondato
a
Casarsa
,
gli
sono
capitate
sott
'
occhio
:
una
specie
di
testamento
spirituale
vergato
,
oltre
la
morte
,
dalla
pietà
fraterna
.
Poi
è
squillato
il
telefono
con
l
'
annuncio
della
morte
dell
'
amico
,
e
Zigaina
è
partito
per
Roma
.
Adesso
si
rigira
in
mano
questa
paginetta
:
«
Credo
»
dice
assorto
Zigaina
«
che
se
potesse
,
dopo
la
morte
,
Pier
Paolo
riscriverebbe
le
stesse
parole
per
sé
»
.
E
mi
sottolinea
una
seconda
frase
:
«
Non
c
'
è
confronto
possibile
fra
tutto
ciò
che
è
di
codesta
vita
e
il
silenzio
terribile
della
morte
...
»
;
e
Pasolini
è
precipitato
anche
lui
nel
silenzio
terribile
della
morte
,
e
queste
frasi
suonano
come
una
straziante
,
impossibile
invocazione
alla
felicità
da
parte
di
uno
che
era
troppo
diverso
dagli
altri
.
«
Ma
è
mai
stato
felice
,
quest
'
uomo
?
»
chiedo
allora
a
Zigaina
e
a
Nico
Naldini
,
il
cugino
e
l
'
amico
fedelissimo
di
Pasolini
,
dall
'
infanzia
ad
oggi
.
Mi
rispondono
tutti
e
due
,
senza
esitare
:
«
È
stato
anche
molto
felice
.
Ma
poche
volte
»
.
Cinquantaquattro
anni
di
vita
,
la
maggior
parte
dei
quali
triturati
dal
rovello
di
sentirsi
respinto
e
offeso
fin
nell
'
attimo
in
cui
la
gloria
più
sembrava
arridergli
;
un
'
adolescenza
spezzata
da
una
tragedia
familiare
(
la
morte
del
fratello
,
lo
strazio
della
madre
,
il
rancore
del
padre
)
;
una
giovinezza
difficile
;
una
maturità
accidentata
dalle
polemiche
e
dai
processi
,
lui
che
era
un
uomo
così
mite
e
riguardoso
.
E
solo
due
o
tre
momenti
di
grande
,
totale
,
solare
felicità
.
Il
primo
di
quei
momenti
è
il
tempo
del
Friuli
,
di
Casarsa
della
Delizia
,
dove
si
era
trasferito
,
da
Bologna
,
al
seguito
del
padre
ufficiale
di
carriera
e
della
madre
maestra
.
La
campagna
e
i
giuochi
dei
ragazzi
lungo
gli
argini
;
la
montagna
e
le
pazze
corse
con
gli
sci
;
la
poesia
che
nasce
.
È
un
mondo
perfetto
dove
l
'
entusiasmo
del
ragazzo
molto
dotato
si
dilata
quasi
senza
costrizioni
,
trasformando
l
'
innocenza
infantile
e
la
scoperta
della
sessualità
nel
mito
di
una
paidia
trionfante
.
Il
7
febbraio
1945
quel
mondo
s
'
incrina
,
ma
non
si
spezza
.
La
morte
del
fratello
Guido
è
brutale
,
in
un
modo
che
quasi
preconizza
la
morte
di
Pier
Paolo
.
Membro
di
una
formazione
di
partigiani
«
bianchi
»
del
Friuli
,
Guido
è
ucciso
nello
sterminio
del
comando
della
«
Osoppo
»
per
opera
di
garibaldini
,
cioè
comunisti
,
persuasi
(
a
torto
)
che
gli
osovani
avessero
avuto
intelligenza
col
nemico
.
La
morte
di
Guido
è
uno
strazio
:
ferito
,
fugge
,
cerca
scampo
in
casa
d
'
una
donna
,
è
scovato
,
trasportato
altrove
in
fin
di
vita
e
sterminato
.
Da
qui
cominciano
per
il
fratello
sopravvissuto
il
calvario
e
l
'
apoteosi
.
Per
una
misteriosa
rivalsa
,
Pasolini
si
avvicina
proprio
ai
comunisti
,
affascinato
da
un
episodio
di
lotta
di
classe
dell
'
immediato
dopoguerra
:
le
lotte
bracciantili
all
'
epoca
del
lodo
De
Gasperi
.
Al
quasi
ellenistico
idillio
originale
si
sovrappone
e
si
fonde
la
felicità
di
sentirsi
profeta
e
vate
d
'
un
pezzo
di
popolo
,
che
si
ritrova
nella
propria
lingua
e
nel
proprio
orgoglio
.
Ma
l
'
arcadia
,
anche
sociale
,
non
è
possibile
.
Vigilia
delle
elezioni
del
18
aprile
'48
:
un
ragazzetto
confessa
al
parroco
d
'
aver
avuto
rapporti
sessuali
con
Pasolini
;
il
prete
,
violando
il
segreto
del
confessionale
,
corre
a
raccontarlo
a
quelli
della
DC
;
i
giornali
cattolici
sbandierano
il
fatto
a
prova
della
protervia
comunista
.
Frettolosamente
il
PCI
locale
prende
le
distanze
dallo
scomodo
poetino
.
Pasolini
ha
28
anni
.
Fugge
a
Roma
.
Due
anni
di
miseria
,
di
umiliazione
,
di
non
lavoro
o
di
lavori
malpagati
.
Eppure
è
il
suo
secondo
periodo
di
grande
felicità
.
Giorno
e
notte
percorre
in
lungo
e
in
largo
la
Roma
barocca
,
e
il
suo
fasto
,
e
la
Roma
popolare
,
e
la
sua
triviale
e
insieme
inesauribile
fantasia
.
Una
realtà
sontuosa
e
stracciona
,
gloriosa
e
bieca
;
ma
Pasolini
è
un
re
Mida
che
trasforma
íl
mondo
che
tocca
.
Il
suo
eros
,
la
sua
forza
fisica
,
la
sua
gioia
di
vivere
sembrano
non
avere
limitazioni
;
l
'
umiliazione
del
'48
pare
dimenticata
.
Ma
la
gloria
e
í
processi
che
gli
arrivano
a
metà
degli
anni
Cinquanta
,
con
Ragazzi
di
vita
,
lo
spingono
in
una
«
diversità
»
che
più
lo
imprigiona
e
più
gli
sembra
oscena
,
disumana
.
«
Diverso
»
com
'
è
per
costrizione
sociale
,
da
questo
momento
lotterà
disperatamente
per
non
rinnegare
se
stesso
.
Ma
come
i
suoi
Riccetti
non
riescono
a
uscire
dall
'
adolescenza
se
non
con
la
morte
,
così
per
Pasolini
le
soluzioni
ottimistiche
di
Una
vita
violenta
(
diventare
un
buon
«
compagno
»
)
non
risolvono
nulla
.
Il
terzo
e
ultimo
momento
di
felicità
è
quello
della
scoperta
della
sopravvivenza
del
sottoproletariato
nel
Terzo
Mondo
,
in
Arabia
,
in
Africa
,
e
dell
'
eros
panico
che
ancora
vi
fiorisce
.
Ma
è
una
felicità
di
ritorno
.
Il
ricordo
della
friulana
felicità
originaria
gli
dà
l
'
illusione
che
l
'
estremo
attimo
fosse
fatto
durare
.
Ma
,
anche
questo
paradiso
cambia
rapidamente
.
È
il
tempo
che
ormai
manca
a
Pasolini
.
A
metà
degli
anni
Cinquanta
,
Pasolini
visitava
la
realtà
24
ore
su
24;
nel
'60
,
come
scrisse
,
vi
dedicava
l
'
intero
pomeriggio
e
la
notte
;
nei
giorni
che
hanno
preceduto
la
sua
morte
,
non
gli
rimaneva
,
per
andare
in
cerca
della
sua
realtà
differente
da
quella
di
tutti
gli
altri
,
se
non
qualche
ora
notturna
.
A
Parigi
,
il
giorno
prima
di
morire
,
racconta
Philippe
Bouvard
,
guardava
sempre
l
'
orologio
:
veniva
da
Stoccolma
,
aveva
fretta
di
tornare
a
Roma
.
A
Roma
,
quel
giorno
fatale
,
ebbe
troppi
impegni
.
Quel
paio
d
'
ore
,
tra
le
22
,
quando
lasciò
Ninetto
Davoli
e
la
famiglia
,
e
l
'
una
circa
in
cui
morì
,
erano
un
tempo
troppo
breve
per
la
felicità
.
StampaPeriodica ,
New
York
.
Uscito
sugli
schermi
in
primavera
,
Play
It
again
,
Sam
,
il
nuovo
film
di
Woody
Allen
,
sta
battendo
il
record
degli
incassi
.
In
luglio
«
Time
»
ha
dedicato
a
Allen
la
foto
di
copertina
e
nell
'
interno
della
rivista
un
articolo
denso
di
fatti
e
lepidezze
commenta
la
vita
e
la
fortuna
di
quello
che
è
,
senza
ombra
di
dubbio
,
il
più
grande
comico
americano
dopo
i
Marx
Brothers
.
A
pensarci
bene
Woody
Allen
è
il
più
grande
comico
vivente
oggi
nel
mondo
,
ed
è
incredibile
come
la
gente
non
se
ne
sia
ancora
accorta
del
tutto
.
In
Italia
il
pubblico
è
giustificato
.
Woody
Allen
ha
scritto
dialoghi
e
sceneggiatura
di
un
film
abbastanza
fortunato
come
Pussycat
,
ma
personalmente
vi
è
apparso
quasi
di
scorcio
,
così
come
di
scorcio
è
apparso
in
007
Casino
Royale
,
e
solo
pochi
spettatori
dall
'
occhio
sicuro
hanno
individuato
il
personaggio
.
Negli
Stati
Uniti
Allen
ha
cominciato
a
diciassette
anni
a
scrivere
battute
per
colossi
dello
spettacolo
come
Ed
Sullivan
e
Sid
Caesar
e
solo
facendo
questo
lavoro
a
diciannove
anni
era
già
ricchissimo
,
ma
il
grosso
pubblico
lo
ha
conosciuto
quando
ha
cominciato
a
rappresentare
e
a
interpretare
le
sue
prime
commedie
,
come
Don
'
t
Drink
the
Water
e
Play
It
again
,
Sam
.
Due
successi
che
han
tenuto
banco
a
Broadway
dal
1964
a
oggi
,
mentre
Allen
cominciava
ad
apparire
sempre
più
frequentemente
in
televisione
e
a
scrivere
pezzi
per
il
«
New
Yorker
»
,
«
Playboy
»
ed
«
Evergreen
Review
»
.
Nel
1969
è
apparso
come
regista
,
autore
e
interprete
del
suo
primo
film
Take
the
Money
and
Run
(
Prendi
i
soldi
e
scappa
)
.
Un
successo
di
ilarità
che
non
si
ricordava
da
decenni
.
Per
una
ragione
che
solo
i
loro
psicanalisti
potranno
spiegare
,
i
noleggiatori
italiani
non
hanno
ritenuto
opportuno
acquistare
il
film
per
l
'
Italia
.
Due
anni
dopo
Allen
produceva
il
suo
secondo
film
Bananas
che
apparve
in
Italia
come
Il
dittatore
dello
Stato
libero
di
Bananas
.
Chi
lo
ha
visto
ha
capito
che
ci
si
trovava
davanti
a
un
nuovo
grande
talento
comico
,
ma
non
ha
sospettato
che
Bananas
poteva
essere
considerato
solo
un
sottoprodotto
del
primo
film
.
Ora
,
da
meno
di
tre
mesi
,
gira
in
America
Play
It
again
,
Sam
.
Intanto
un
editore
italiano
ha
acquistato
i
diritti
del
libro
di
Woody
Allen
,
Getting
Even
,
e
non
rimane
che
da
sperare
bene
.
Woody
Allen
è
piccolo
,
impacciato
,
miope
,
timido
,
esprime
tutte
le
frustrazioni
di
una
infanzia
difficile
nei
quartieri
ebrei
poveri
di
New
York
,
di
una
cultura
assorbita
come
un
ricatto
(
Allen
cita
terrorizzato
Kant
,
Kierkegaard
,
Leibniz
,
dal
modo
in
cui
li
usa
come
elementi
comici
si
capisce
che
li
ha
letti
,
ma
non
ha
sopportato
lo
choc
)
,
di
una
irrefrenabile
sessualità
regolarmente
repressa
(
tutti
i
film
di
Allen
sono
centrati
su
una
lunga
,
difficile
,
delusoria
ricerca
di
una
ragazza
-
che
poi
alla
fine
arriva
,
come
accadeva
per
Chaplin
,
altro
piccolo
ebreo
sconfitto
e
vincitore
a
un
tempo
)
.
Il
meccanismo
della
comicità
di
Allen
è
dato
dal
fatto
che
egli
racconta
se
stesso
:
ricco
e
celebre
,
è
esattamente
come
i
suoi
personaggi
(
o
meglio
i
suoi
personaggi
sono
come
lui
)
,
sempre
in
un
posto
sbagliato
.
Dice
di
sé
,
a
conclusione
della
sua
fortunata
autobiografia
:
«
Ha
un
solo
rimpianto
nella
vita
,
ed
è
di
non
essere
qualcun
altro
»
.
Definire
l
'
umorismo
di
Allen
è
molto
difficile
;
egli
ha
scritto
soggetti
per
Peter
Sellers
,
ma
la
differenza
è
enorme
;
Peter
Sellers
è
animale
comico
meravigliosamente
superficiale
;
ed
è
,
sia
pure
in
senso
moderno
,
uomo
da
torte
in
faccia
.
Allen
no
,
è
uomo
da
torte
sull
'
inconscio
,
è
un
Io
che
inciampa
di
continuo
nel
Superego
e
finisce
a
faccia
in
giù
sul
divanetto
facendo
sbellicare
dalle
risa
il
suo
psicanalista
.
La
sua
comicità
è
ossessionata
da
tragedie
metafisiche
:
«
Non
solo
Dio
non
esiste
,
ma
provatevi
a
trovare
un
idraulico
durante
il
week
end
...
»
.
Cerca
salvezza
nelle
donne
,
ma
il
suo
primo
matrimonio
è
andato
a
monte
.
Allen
si
giustifica
:
«
Avevo
sbagliato
tutto
,
avevo
cominciato
a
mettere
mia
moglie
sotto
un
piedistallo
...
E
poi
è
infantile
,
infantile
:
ieri
stavo
facendo
il
bagno
e
lei
,
senza
nessuna
ragione
al
mondo
,
è
entrata
e
mi
ha
affondato
tutte
le
barchette
»
.
Ha
avuto
una
infanzia
triste
:
«
Andavo
in
una
scuola
per
insegnanti
emotivamente
disturbati
...
A
scuola
mi
hanno
escluso
dalla
squadra
di
scacchi
a
causa
della
mia
statura
...
Volevo
diventare
un
agente
dell
'
FBI
,
ma
ci
voleva
un
metro
e
ottanta
di
statura
e
venti
su
venti
di
vista
.
Allora
ho
deciso
di
diventare
un
grande
criminale
.
Ma
ci
voleva
un
metro
e
ottanta
di
statura
e
venti
su
venti
di
vista
»
.
La
sua
comicità
nasce
sempre
da
una
situazione
normale
,
rovesciata
.
Questo
è
il
meccanismo
più
semplice
,
tanto
che
gli
amici
lo
hanno
soprannominato
Allen
Woody
:
«
Portavo
sempre
una
pallottola
nel
taschino
all
'
altezza
del
cuore
.
Un
giorno
qualcuno
mi
ha
tirato
contro
una
Bibbia
e
la
pallottola
mi
ha
salvato
la
vita
...
Io
e
mia
moglie
non
riuscivamo
a
tirare
avanti
così
e
allora
ci
siam
detti
:
"
O
facciamo
una
vacanza
insieme
o
divorziamo
"
;
poi
abbiamo
deciso
che
un
viaggio
alle
Bermude
finisce
in
quindici
giorni
mentre
un
divorzio
è
una
cosa
che
ti
dura
tutta
la
vita
»
.
Talora
invece
il
meccanismo
è
dato
dall
'
inserzione
violenta
,
nel
corso
di
un
discorso
elevato
,
di
elementi
quotidiani
,
altrettanto
veri
e
plausibili
.
Ecco
Woody
Allen
che
discute
di
metafisica
:
«
Cosa
conosciamo
?
Cioè
cosa
siamo
sicuri
di
conoscere
,
o
sicuri
che
conosciamo
di
aver
conosciuto
,
se
pure
è
conoscibile
?
Possiamo
conoscere
l
'
universo
?
Mio
Dio
,
è
già
così
difficile
non
perdersi
in
Chinatown
...
»
.
Oppure
:
«
Il
punto
pertanto
è
:
"
Esiste
qualcosa
fuori
di
noi
?
E
perché
?
E
devono
proprio
fare
tutto
quel
rumore
?
"
»
.
Un
terzo
meccanismo
consiste
nell
'
immaginare
una
situazione
concettualmente
plausibile
e
poi
di
tradurla
visivamente
traendone
tutte
le
conseguenze
.
Per
esempio
:
in
Take
the
Money
Woody
è
un
aspirante
rapinatore
che
finisce
regolarmente
in
carcere
perché
non
è
capace
a
fare
una
rapina
riuscita
.
Ad
ogni
arresto
la
televisione
intervista
i
genitori
del
grande
criminale
.
Cosa
fanno
i
genitori
di
un
pericolo
pubblico
trovandosi
al
centro
della
curiosità
generale
?
Si
vergognano
,
perché
sono
due
piccoli
e
timidi
negozianti
ebrei
del
Low
East
.
Perciò
partecipano
all
'
intervista
ma
col
volto
coperto
.
La
variazione
è
data
dal
fatto
che
entrambi
,
madre
e
padre
,
si
mettono
una
maschera
da
Groucho
Marx
,
con
gli
occhiali
spessi
,
il
nasone
e
i
baffi
:
per
il
resto
il
loro
dialogo
è
realistico
e
commovente
,
fatto
di
pianti
e
recriminazioni
.
L
'
effetto
è
indescrivibile
.
Play
It
again
,
Sam
è
,
dei
tre
film
,
il
più
umano
;
gli
altri
due
erano
ancora
alla
Hellzapoppin
,
a
torte
in
faccia
e
ruzzoloni
(
naturalmente
a
un
livello
infinitamente
più
sofisticato
)
.
L
'
ultimo
invece
appartiene
al
genere
psicologico
.
È
la
storia
di
un
inetto
nevrotico
ossessionato
dal
fantasma
di
Humphrey
Bogart
in
Casablanca
.
La
moglie
lo
abbandona
dicendogli
che
è
sessualmente
incapace
,
psicologicamente
immaturo
,
brutto
,
noioso
,
travet
e
impotente
.
Poi
aggiunge
«
doni
take
it
personally
»
,
niente
di
personale
,
beninteso
.
Woody
cerca
avventure
impossibili
,
incappa
,
per
esempio
,
in
una
femmina
di
colore
che
gli
si
strofina
contro
,
sbottonandosi
la
camicetta
e
spiegando
che
lei
è
una
ninfomane
che
pensa
solo
al
sesso
,
equando
lui
sconvolto
le
si
getta
addosso
,
lo
respinge
gridando
«
ma
per
chi
mi
ha
preso
?
»
.
Poi
,
inaspettatamente
,
ha
un
'
avventura
con
la
moglie
del
suo
migliore
amico
,
capisce
di
aver
distrutto
una
famiglia
e
corre
all
'
aeroporto
dove
lui
sta
partendo
.
Sulla
pista
,
davanti
all
'
aereo
coi
motori
accesi
,
si
trova
nel
bel
mezzo
del
finale
di
Casablanca
;
solo
che
Bogart
andava
a
dire
a
Ingrid
Bergman
che
lui
non
sarebbe
partito
con
lei
,
che
lei
doveva
seguire
Paul
Henreid
,
eroe
della
resistenza
;
Allen
invece
trova
la
ragazza
che
gli
dice
che
non
può
restare
con
lui
,
che
seguirà
il
marito
.
Salta
a
capofitto
nella
situazione
e
le
dice
frasi
nobilissime
,
lei
esclama
«
che
cosa
meravigliosa
hai
detto
!
»
e
lui
confessa
estasiato
che
sono
le
parole
finali
di
Casablanca
.
Poi
si
allontana
nella
notte
,
verso
gli
hangar
,
è
stato
abbandonato
ancora
una
volta
,
ma
questa
volta
come
Humphrey
Bogart
,
finalmente
è
un
vero
uomo
.
Come
gioca
sui
clichés
del
romanticismo
consolatorio
,
così
Woody
Allen
gioca
sui
miti
della
cultura
.
Nel
suo
libro
vi
è
un
pezzo
squisito
raccontato
da
un
comprimario
degli
Anni
Ruggenti
che
viaggia
a
Parigi
e
in
Spagna
con
Hemingway
,
Alice
Toklas
,
Picasso
e
Zelda
Fitzgerald
.
«
Nel
pomeriggio
mentre
si
andava
per
antiquari
,
chiesi
a
Gertrude
Stein
se
avrei
potuto
diventare
uno
scrittore
.
Con
quel
tipico
modo
ambiguo
e
allusivo
che
ci
incantava
sempre
lei
disse
:
No
.
»
Più
tardi
Gertrude
spiega
che
«
l
'
arte
,
tutta
l
'
arte
,
è
soltanto
una
espressione
di
qualche
cosa
»
.
Jean
Gris
fa
una
natura
morta
di
Alice
Toklas
,
ma
da
buon
cubista
cerca
di
spaccarle
la
faccia
per
trarne
forme
geometriche
da
sovrapporre
(
altrove
Allen
parla
di
quel
pittore
moderno
che
ha
tentato
di
tagliarsi
un
orecchio
con
un
rasoio
elettrico
)
.
In
Conversazioni
con
Helmholtz
intervista
un
discepolo
di
Freud
che
racconta
alcuni
dei
casi
più
interessanti
risolti
dal
Maestro
:
il
caso
di
Edna
S
.
,
che
aveva
una
paralisi
isterica
alle
narici
e
non
riusciva
a
fare
l
'
imitazione
del
coniglio
,
soffrendone
moltissimo
;
o
quello
di
Joachim
B
.
che
non
riusciva
ad
entrare
in
una
stanza
in
cui
ci
fosse
un
violoncello
e
,
entratoci
,
non
poteva
più
uscirne
se
non
richiestone
da
un
membro
della
famiglia
Rothschild
.
Costui
era
balbuziente
,
ma
non
quando
parlava
,
solo
quando
scriveva
.
Conclude
Helmholtz
:
«
Io
non
credo
in
una
vita
dopo
la
morte
,
comunque
mi
porto
la
biancheria
di
ricambio
»
.
In
Mr
Big
Allen
scrive
una
perfetta
novella
poliziesca
,
genere
hard
boiled
,
tra
Dashiell
Hammett
,
Spillane
e
Chandler
.
Dal
detective
arriva
una
bellissima
ragazza
che
gli
chiede
di
trovare
una
persona
scomparsa
.
La
situazione
è
normale
,
tensione
erotica
tra
i
due
,
il
detective
che
domanda
l
'
anticipo
,
l
'
inchiesta
che
comincia
.
Solo
che
la
persona
da
trovare
è
Dio
.
Il
detective
comincia
a
interrogare
un
rabbino
,
poi
elementi
della
malavita
,
stringe
i
fili
,
capisce
tutto
,
affronta
la
ragazza
:
Dio
è
morto
,
ed
è
lei
che
lo
ha
ucciso
,
perché
è
una
professoressa
di
fisica
atea
.
«
Taci
bambola
,
ormai
è
troppo
tardi
.
Tu
hai
fatto
fuori
Socrate
,
poi
è
apparso
Descartes
e
tu
hai
manovrato
Spinoza
per
far
fuori
Descartes
,
ma
quando
hai
visto
che
Kant
non
ci
stava
hai
dovuto
sistemare
anche
lui
...
Non
mentire
,
poi
ti
sei
fidata
di
Martin
Buber
,
ma
lì
hai
commesso
il
tuo
primo
errore
,
perché
Buber
credeva
in
Dio
e
allora
hai
dovuto
sistemare
anche
Dio
...
»
La
donna
piange
,
tenta
di
sedurlo
,
ma
lui
,
il
duro
,
spara
.
Mentre
lei
muore
lui
le
dice
le
ultime
parole
di
amarezza
e
di
passione
:
«
La
manifestazione
dell
'
universo
come
idea
complessa
in
quanto
opposta
all
'
Essere
è
in
se
stessa
il
nulla
o
meglio
la
Nientità
in
relazione
a
...
»
.
Credo
che
abbia
capito
mentre
moriva
,
commenta
il
duro
.
Quel
duro
che
Woody
Allen
vorrebbe
essere
.
Non
riuscendoci
,
racconta
nei
suoi
film
e
nei
suoi
testi
la
storia
del
suo
bisogno
cosmico
di
protezione
:
«
Provo
un
intenso
desiderio
di
tornare
nell
'
utero
...
di
chiunque
»
.
StampaPeriodica ,
Mi
scrive
il
geometra
Piero
Morandi
di
Firenze
:
«
È
per
sfornare
servizi
lacrimevoli
e
deamicisiani
come
quello
della
bambina
rapita
e
portata
a
New
York
e
dimenticare
così
le
altre
ben
più
tragiche
vicende
,
conseguenza
di
una
malintesa
libertà
e
dell
'
impotenza
del
potere
costituito
a
neutralizzarne
le
vere
cause
,
che
la
RAI
occupa
più
di
750
giornalisti
o
mezzibusti
?
»
.
Il
lettore
Morandi
fa
bene
a
chiedersi
cosa
fanno
tutti
gli
squadroni
di
giornalisti
radiotelevisivi
,
i
dirigenti
e
i
condirettori
,
i
direttori
ad
personam
e
i
caporedattori
,
i
caposervizi
,
i
vicecaposervizi
e
i
vicetutto
.
Lavorano
o
non
fanno
niente
tutte
queste
persone
?
Si
può
credere
che
i
giornalisti
della
RAI
,
i
loro
vice
e
i
loro
dirigenti
non
facciano
niente
,
ma
non
è
vero
.
La
loro
più
grande
preoccupazione
è
fare
i
furbi
.
Con
la
furbizia
un
funzionario
della
notizia
può
fare
una
carriera
fulminante
e
passare
di
grado
in
poco
tempo
.
Infatti
sono
quasi
tutti
capi
e
vicecapi
.
Peccato
che
il
loro
lavoro
si
riduca
soltanto
a
fare
i
furbi
;
ma
questa
è
la
chiave
per
diventare
un
buon
mezzobusto
.
Ci
sono
eccezioni
,
si
capisce
;
c
'
è
il
più
furbo
e
il
meno
furbo
.
Ma
,
in
genere
,
il
notiziarolo
di
via
Teulada
non
ha
altra
preoccupazione
che
osservare
bene
quello
che
fanno
gli
altri
,
i
vicini
di
scrivania
o
i
suoi
diretti
superiori
.
Durante
il
giorno
non
deve
lavorare
,
deve
dire
sempre
di
sì
,
obbedire
,
fumare
la
pipa
;
alla
sera
,
in
trattoria
,
può
far
finta
di
contestare
,
di
parlare
della
pace
nel
Vietnam
e
anche
criticare
,
con
molta
diplomazia
,
i
suoi
stessi
alti
dirigenti
e
il
sistema
.
Questo
è
il
segreto
.
Il
direttore
del
telegiornale
Willy
De
Luca
,
per
esempio
,
è
uno
dei
pochi
che
lavorano
molto
.
Con
tutti
i
tagli
che
deve
fare
,
non
è
un
furbo
come
tutti
gli
altri
,
perché
è
come
se
avesse
tre
teste
:
una
per
censurare
,
una
per
fare
il
furbo
(
cioè
mettersi
in
collegamento
diretto
con
Bernabei
)
e
una
per
agitarsi
durante
i
dibattiti
di
Tribuna
politica
.
Quando
è
in
funzione
la
prima
,
le
altre
due
sono
e
devono
restare
inattive
;
e
viceversa
.
Non
è
facile
sincronizzare
tre
crani
così
effervescenti
e
non
comunicanti
,
ma
De
Luca
sa
innestare
quasi
sempre
la
marcia
a
tempo
giusto
con
più
precisione
e
tempismo
di
un
automobilista
sulla
pista
di
Monza
.
C
'
è
qualche
bisticcio
,
è
vero
.
Perché
,
ogni
tanto
,
il
cranio
da
agitazione
disturba
quello
da
taglio
(
sempre
in
fase
collegamento
con
Bernabei
)
,
e
,
malgrado
il
doppio
debraglio
,
si
sente
il
secondo
che
dice
al
terzo
:
«
Stai
zitto
,
tu
,
testone
!
»
.
Ma
Willy
riesce
quasi
sempre
a
sincronizzare
le
tre
teste
,
in
modo
da
non
arrivare
mai
allo
scontro
frontale
.
Per
quanto
riguarda
invece
i
suoi
mezzibusti
,
ci
troviamo
di
fronte
ad
un
altro
genere
di
materiale
umano
radiotelevisivo
.
Se
negli
uffici
direttivi
è
facile
trovare
giornalisti
con
due
o
tre
teste
(
Bernabei
ne
deve
tenere
una
a
disposizione
esclusiva
di
Fanfani
)
,
nel
mezzobustismo
spicciolo
non
si
trovano
quasi
mai
soggetti
siamesi
o
a
doppia
e
tripla
testa
.
Il
mezzobusto
è
uno
e
trino
,
come
Dio
,
ma
non
sviluppa
molto
lavoro
.
Tutt
'
al
più
legge
una
mezza
cartella
,
su
Van
Thieu
in
visita
ad
Andreotti
,
al
Papa
e
a
Leone
,
ogni
sera
.
Può
anche
darsi
che
questo
prototipo
funzioni
a
due
,
a
tre
o
a
quattro
teste
,
ma
il
fenomeno
non
è
visibile
ad
occhio
nudo
.
Mariopastore
,
per
esempio
,
di
teste
ne
ha
una
sola
e
gli
avanza
.
Anche
Pasquarelli
,
Sparano
,
Rancati
,
Pinzauti
,
Favanuccio
,
Vannucchi
,
Brancoli
,
Titostagno
,
Selva
,
Citterich
,
Bersani
e
tutti
gli
altri
non
hanno
ricambio
,
perché
con
la
stessa
testa
leggono
la
segatura
quotidiana
o
i
telegrammi
di
Andreotti
,
mangiano
,
dormono
,
fanno
i
furbi
e
ritirano
lo
stipendio
.
Non
c
'
è
dubbio
che
una
testa
gli
basta
.
Anzi
,
potrebbero
benissimo
fare
senza
.
Se
gliela
lasciano
è
solo
perché
in
televisione
bisogna
pur
far
vedere
qualche
cosa
montata
sul
mezzobusto
:
cosa
sarebbe
,
diciamo
la
verità
,
un
mezzobusto
senza
la
testa
?
Anche
i
mezzibusti
aria
-
libera
svolgono
poco
lavoro
.
Sono
quasi
tutti
corrispondenti
e
vengono
sempre
inquadrati
in
esterni
,
sotto
l
'
albero
,
il
pino
o
l
'
abete
,
o
sotto
la
neve
,
fra
la
tormenta
,
in
barchetta
sul
lago
,
o
con
lo
sfondo
pino
-
mare
come
nelle
cartoline
di
Napoli
o
il
golfo
.
Ce
n
'
è
uno
,
il
moscovita
Francesco
Mattioli
,
per
dirne
uno
molto
furbo
,
che
se
non
ha
il
colbacco
e
la
neve
,
non
parla
nemmeno
se
lo
ammazzano
.
Mattioli
è
uno
che
potrebbe
camminare
o
fare
il
giornalista
senza
testa
.
Ma
cosa
ci
metterebbero
dentro
al
colbacco
di
Mattioli
quando
appare
sullo
schermo
?
Anzi
,
a
lui
la
testa
sta
proprio
su
misura
.
D
'
altro
canto
,
se
ne
avesse
tre
,
come
farebbe
con
un
solo
colbacco
a
coprirle
tutte
?
Mattioli
è
un
caso
unico
di
mezzobusto
ricoperto
e
occorre
riconoscere
che
quella
di
vestirgli
il
cranio
non
è
stata
un
'
idea
da
poco
.
Infatti
,
l
'
unica
volta
che
il
moscovita
s
'
è
messo
in
posa
sotto
la
betulla
con
i
capelli
al
vento
,
faceva
perfino
fatica
a
parlare
.
Per
questo
il
giorno
dopo
,
anche
se
non
c
'
era
la
tormenta
,
il
mezzobusto
da
esportazione
è
riapparso
in
colbacco
.
Mattioli
però
non
è
il
solo
che
funziona
meglio
all
'
aperto
.
Anche
Sandro
Paternostro
,
quello
che
vi
parla
da
Londra
,
è
monocranico
e
non
legge
niente
se
non
appare
ritagliato
fra
le
colonne
di
un
palazzo
,
o
a
Soho
o
sotto
il
campanile
di
Westminster
,
o
sotto
un
monumento
o
in
mezzo
al
mare
,
tra
la
furia
degli
elementi
,
col
timone
in
mano
,
la
pipa
sottovento
,
il
baffo
di
trinchetto
e
ilnaso
antispruzzo
.
Mai
egli
accetterebbe
l
'
esposizione
su
schermo
senza
l
'
albero
maestro
o
senza
la
pioggia
.
Bisogna
capirlo
in
questa
sua
sacrosanta
esigenza
di
mezzobusto
da
oltremanica
.
Neppure
il
mezzobusto
da
inquinamento
,
quello
che
parla
sempre
sulle
scogliere
o
in
mezzo
ai
rifiuti
,
lungo
i
fiumi
in
piena
o
acquattato
lungo
gli
scoli
di
liquame
e
le
fogne
,
sopra
le
cataste
di
automobili
scassate
,
mentre
sullo
sfondo
romba
la
ruspa
demolitrice
,
neppure
lui
lavora
molto
.
A
questo
ecologo
qui
,
se
non
è
controvento
e
non
ha
il
filtro
,
è
inutile
chiedergli
notizie
.
O
è
controvento
o
sta
zitto
.
Perfino
Titostagno
(
che
è
un
furbo
da
studio
,
lavora
poco
e
recita
le
notizie
funerarie
in
gramaglie
)
s
'
è
esposto
all
'
aria
in
una
delle
ultime
trasmissioni
per
un
'
intervista
da
Fiumicino
.
Quella
sera
Tito
splendeva
di
nuova
luce
.
Sbocciava
,
col
suo
kepì
biondo
,
da
un
grande
bavero
di
opossum
levigato
dallo
zefiro
marino
.
Un
autentico
colpo
d
'
occhio
.
Mercoledì
della
scorsa
settimana
,
per
esempio
,
mentre
un
altro
testa
-
intera
chiamato
Gastone
Ortona
,
parlava
dal
Nordeuropa
,
è
saltato
il
macchinario
ed
è
venuta
fuori
la
cartina
dell
'
Irlanda
,
e
,
di
scorcio
,
un
baffo
di
Paternostro
.
Per
fortuna
non
nevicava
.
Ma
è
stato
un
autentico
flash
di
grande
prestigio
,
una
posa
cielo
-
mare
di
grande
effetto
.
Sembrava
quasi
(
non
vorremmo
però
essere
maligni
)
fatto
apposta
.
Ma
lo
scoop
giornalistico
l
'
ha
fatto
quella
sera
Luciano
Lombardi
,
un
altro
tira
-
tardi
della
televisione
,
inquadrato
durante
la
sua
conversazione
anfano
-
ecologica
sotto
rigogliosi
palmizi
.
Sferzato
dalla
tramontana
,
il
mezzobusto
da
inquinamento
emergeva
nel
teleschermo
come
Siro
Lacedelli
sopra
la
cima
del
K2
,
a
non
dire
niente
sulla
Montedison
e
le
varie
insidie
dello
scarico
di
Scarlino
,
come
i
suoi
compagni
di
cordata
bocche
-
cucite
ufficiali
dell
'
ammiraglia
Bernabei
.
Quella
sera
,
dopo
un
mese
che
i
giornali
(
e
perfino
Gustavo
Selva
in
un
momento
di
euforia
)
avevano
detto
che
lo
studente
Franceschi
era
stato
ucciso
da
una
pallottola
della
polizia
,
Lello
Bersani
,
dall
'
alto
della
sua
fronte
velinata
ha
detto
:
«
In
seguito
al
caso
dello
studente
Franceschi
,
scomparso
nella
dimostrazione
alla
Bocconi
di
Milano
,
è
stato
interrogato
un
testimone
oculare
...
»
.
Gli
unici
che
quella
sera
hanno
parlato
al
riparo
dal
vento
sono
stati
Pasquarelli
e
Pastore
,
questa
volta
finalmente
sottosforzo
.
Ma
non
sono
due
elementi
di
forte
costituzione
,
non
hanno
quasi
la
voce
per
recitare
il
rosario
della
DC
e
dei
partiti
alleati
e
sarebbe
imprudente
farli
lavorare
di
più
o
mandarli
a
dire
fanfaluche
fra
la
tormenta
o
sotto
gli
alberi
.
StampaPeriodica ,
Phnom
Penh
.
«
Il
resto
della
Cambogia
è
già
in
mano
ai
partigiani
,
ma
Phnom
Penh
non
lo
sarà
mai
perché
gli
americani
,
pur
di
impedirlo
,
son
disposti
a
raderla
al
suolo
»
dice
uno
studente
.
Le
bombe
cadono
ormai
vicinissime
.
Oggi
a
soli
due
chilometri
da
qui
.
Sulla
riva
destra
del
Mekong
davanti
all
'
ex
palazzo
reale
migliaia
di
persone
stanno
a
guardare
i
Phantom
che
si
tuffano
in
picchiata
a
sganciare
il
loro
carico
di
napalm
dall
'
altra
parte
del
fiume
.
Alcuni
ridono
,
altri
,
come
fosse
un
gioco
,
gesticolano
,
seguendo
col
dito
puntato
nel
cielo
il
volo
degli
aerei
mentre
spaventose
colonne
nere
di
fumo
ribollono
lente
dinanzi
a
noi
.
I
cambogiani
non
sono
abituati
alla
guerra
e
molti
non
sembrano
rendersi
conto
di
quel
che
significa
una
bomba
.
Lo
spettacolo
è
quasi
quotidiano
,
fra
le
dieci
di
mattina
e
mezzogiorno
.
La
città
si
blocca
con
il
naso
in
aria
,
poi
tutto
torna
normale
e
nel
miglior
ristorante
di
Phnom
Penh
,
dove
un
tavolo
d
'
angolo
è
sempre
riservato
,
arriva
un
gruppetto
di
americani
,
in
abito
civile
,
con
i
capelli
a
spazzola
e
delle
valigette
grigie
da
cui
penzolano
i
fili
delle
cuffie
d
'
ascolto
.
Sono
gli
ufficiali
che
da
terra
hanno
tenuto
i
contatti
coi
piloti
degli
aerei
da
bombardamento
.
L
'
ambasciata
americana
nega
che
siano
qui
;
dicono
che
tutto
viene
fatto
dalla
Thailandia
dove
recentemente
s
'
è
spostato
l
'
intero
comando
prima
nel
Vietnam
;
dicono
che
qui
non
ci
sono
più
di
cento
funzionari
americani
comprese
le
segretarie
,
come
vuole
una
risoluzione
del
Senato
.
Ma
basta
vivere
a
Phnom
Penh
per
rendersi
conto
dell
'
invasione
di
questi
militari
in
borghese
;
basta
avere
una
radio
a
onde
corte
per
sentirli
mentre
da
terra
dirigono
i
piloti
durante
i
bombardamenti
.
Gran
parte
della
guerra
si
svolge
ormai
fra
aviazione
americana
e
partigiani
e
se
non
fosse
per
i
B52
,
per
i
Phantom
,
per
gli
F11
e
per
tutta
la
flotta
aerea
americana
che
prima
era
impiegata
in
Indocina
e
che
ora
è
concentrata
ventiquattro
ore
su
ventiquattro
nel
cielo
cambogiano
,
sarebbero
già
cadute
Takeo
,
Kampong
Chom
,
Battambang
e
le
altre
poche
città
ancora
in
mano
al
governo
di
Lon
Nol
.
La
guerra
in
Cambogia
sarebbe
finita
.
Sianuk
rientrerebbe
a
Phnom
Penh
accolto
a
gloria
dalla
gente
che
,
più
che
rimpiangere
lui
personalmente
,
rimpiange
il
tempo
in
cui
era
al
potere
e
il
riso
costava
dieci
volte
meno
di
ora
.
La
Cambogia
avrebbe
un
governo
formalmente
neutralista
,
ma
di
fatto
pro
Pechino
e
pro
Hanoi
.
È
questo
che
Nixon
non
può
accettare
e
per
questo
in
maniera
più
o
meno
diretta
e
coperta
gli
Stati
Uniti
stanno
lentamente
rientrando
in
Indocina
dalla
finestra
cambogiana
dopo
essere
usciti
con
tanto
di
fanfare
dalla
porta
vietnamita
.
Americano
è
l
'
intero
bilancio
dello
Stato
,
americano
tutto
ciò
che
tiene
ancora
in
piedi
l
'
esercito
tranne
i
soldati
,
americana
è
l
'
idea
della
nuova
politica
con
la
quale
Lon
Nol
,
ormai
con
le
spalle
al
muro
,
tenta
di
salvare
il
salvabile
,
di
congelare
il
Parlamento
,
formare
un
alto
consiglio
di
cui
fanno
parte
i
tre
personaggi
dell
'
opposizione
«
leale
»
considerati
più
popolari
dell
'
attuale
presidente
,
e
di
spedire
all
'
estero
il
fratello
minore
di
Lon
Nol
considerato
l
'
eminenza
grigia
del
regime
,
il
simbolo
della
sua
corruzione
e
l
'
ostacolo
a
qualsiasi
tentativo
di
uscire
dall
'
attuale
situazione
.
Tutto
questo
è
fatto
,
ma
è
estremamente
dubbio
che
serva
ancora
a
qualcosa
.
A
giudizio
di
molti
spettatori
non
c
'
è
riforma
che
possa
ormai
restituire
efficacia
o
credibilità
al
regime
,
non
c
'
è
controffensiva
che
possa
rovesciare
la
situazione
militare
nettamente
sfavorevole
alle
forze
di
Phnom
Penh
.
«
I
B52
hanno
fermato
i
comunisti
,
ma
non
possono
ricacciarli
indietro
»
dice
l
'
addetto
militare
di
un
'
ambasciata
europea
.
L
'
unica
via
d
'
uscita
,
si
sente
ripetere
da
varie
fonti
diplomatiche
,
è
l
'
apertura
di
negoziati
con
i
dirigenti
comunisti
.
E
qui
comincia
il
problema
.
Le
autorità
di
Phnom
Penh
sostengono
che
Sianuk
non
rappresenta
tutte
le
forze
che
si
battono
contro
Lon
Nol
e
che
non
c
'
è
,
per
questo
,
un
interlocutore
valido
.
Sianuk
,
dal
canto
suo
,
si
considera
interlocutore
più
che
valido
(
ed
il
suo
recente
viaggio
nelle
zone
liberate
era
innanzitutto
inteso
a
far
chiaro
questo
punto
)
ma
afferma
di
non
essere
disposto
a
trattare
con
la
«
cricca
di
Phnom
Penh
»
.
Secondo
lui
solo
gli
americani
contano
e
solo
con
gli
americani
è
disposto
a
trattare
.
Per
il
momento
la
situazione
è
bloccata
e
le
voci
di
contatti
segreti
fra
Sianuk
e
Washington
non
sono
confermate
.
Lon
Nol
,
ancora
sofferente
della
vecchia
paralisi
,
circondato
da
consiglieri
che
sembrano
tenerlo
all
'
oscuro
di
ciò
che
accade
nel
paese
,
rimane
formalmente
a
capo
dello
Stato
e
qualsiasi
accordo
politico
con
«
l
'
altra
parte
»
dovrà
tenere
conto
della
sua
presenza
.
Recentemente
,
per
bilanciare
il
colpo
pubblicitario
di
Sianuk
che
ha
detto
di
essere
stato
con
i
guerriglieri
nella
vecchia
capitale
di
Angkor
,
Lon
Nol
si
è
fatto
portare
in
elicottero
nelle
città
ancora
in
mano
ai
governativi
,
ma
non
sembra
che
sia
tornato
con
una
analisi
corretta
della
situazione
.
La
cosa
che
più
d
'
ogni
altra
va
ripetendo
ai
suoi
generali
è
di
stare
attenti
ai
conigli
perché
uno
dei
chiromanti
con
cui
si
consulta
gli
ha
detto
che
,
nell
'
attacco
finale
,
i
comunisti
manderanno
avanti
migliaia
e
migliaia
di
questi
roditori
con
cariche
di
dinamite
sotto
la
pancia
.
La
propaganda
del
governo
continua
a
parlare
dei
nemici
come
«
gli
aggressori
nord
-
vietnamiti
e
vietcong
»
e
gli
impiegati
delle
poste
addetti
a
censurare
le
lettere
che
partono
ed
arrivano
qui
e
in
specie
i
telegrammi
mandati
dai
corrispondenti
stranieri
ora
numerosi
a
Phnom
Penh
,
fanno
una
lotta
continua
perché
così
venga
descritto
«
il
nemico
»
.
Ad
un
collega
cui
era
sfuggito
di
scrivere
«
i
partigiani
cambogiani
»
il
censore
giorni
fa
ha
detto
:
«
Lo
so
che
lei
ha
ragione
,
ma
io
non
voglio
perdere
il
posto
»
.
L
'
avvicinarsi
del
fronte
fino
alle
porte
della
capitale
,
il
continuo
flusso
di
rifugiati
che
le
bombe
americane
cacciano
dalle
campagne
verso
la
città
,
senza
contare
l
'
esistenza
in
Phnom
Penh
stessa
di
tutta
una
rete
sianukista
,
hanno
diffuso
fra
la
popolazione
un
'
immagine
abbastanza
verosimile
di
com
'
è
la
vita
nelle
zone
liberate
e
di
chi
,
al
di
là
della
propaganda
,
sono
«
i
nemici
»
.
«
Sono
Khmer
,
come
me
»
diceva
sottovoce
e
allargando
le
braccia
come
chi
ha
scoperto
una
realtà
imbarazzante
un
tenente
governativo
in
una
postazione
militare
sulla
lingua
di
terra
,
in
parte
già
occupata
dai
guerriglieri
,
che
divide
il
Mekong
dal
suo
affluente
Bassac
prima
che
i
due
fiumi
si
uniscano
proprio
dinanzi
a
Phnom
Penh
.
Ed
un
impiegato
in
un
ufficio
governativo
indicando
i
suoi
sette
colleghi
:
«
Ognuno
di
noi
ha
parenti
che
vivono
nelle
altre
zone
;
vengono
spesso
a
trovarci
e
a
comprare
il
riso
che
da
loro
manca
.
Per
il
resto
hanno
ogni
altra
cosa
e
costa
meno
che
qui
»
.
Il
pesce
costa
da
loro
venti
volte
di
meno
,
lo
zucchero
la
metà
.
Prima
c
'
erano
dei
nord
-
vietnamiti
con
loro
,
ma
ora
si
sono
ritirati
ed
i
capi
sono
tutti
cambogiani
.
Poi
senza
nessuna
circospezione
mi
chiede
:
«
È
vero
che
tra
poco
Sianuk
ritorna
?
»
.
La
Cambogia
è
ormai
al
novanta
per
cento
occupata
dalle
forze
partigiane
,
ma
i
vari
fronti
sono
indefiniti
e
i
confini
fra
i
due
governi
sono
permeabilissimi
.
Non
solo
contadini
cui
le
autorità
sianukiste
rilasciano
appositi
lasciapassare
vanno
e
vengono
da
una
parte
all
'
altra
,
ma
interi
convogli
,
anche
militari
,
passano
le
linee
.
«
Se
non
lasciano
passare
i
rifornimenti
diretti
a
Phnom
Penh
,
come
fanno
a
procurarsi
ciò
di
cui
hanno
bisogno
?
»
mi
spiega
un
francese
residente
qui
dal
tempo
della
prima
guerra
d
'
Indocina
.
Oltre
a
quella
parte
di
carico
che
i
partigiani
si
prendono
sulla
strada
come
pedaggio
per
lasciar
procedere
i
convogli
,
parte
delle
merci
che
arrivano
nella
capitale
finiscono
comunque
nelle
zone
liberate
attraverso
la
rete
del
mercato
nero
con
la
quale
molti
cambogiani
stanno
arricchendosi
.
La
benzina
è
scarsa
ai
distributori
,
ma
se
ne
può
comprare
quanta
se
ne
vuole
sotto
banco
:
basta
pagare
quattro
volte
il
prezzo
normale
.
Sono
i
soldati
stessi
che
la
rubano
dai
camion
militari
e
la
rivendono
per
far
campare
le
loro
famiglie
che
non
potrebbero
sopravvivere
con
la
loro
paga
,
mi
dicono
.
Un
sacco
di
riso
,
che
basta
appena
per
un
mese
ad
una
famiglia
di
quattro
persone
,
costa
più
della
paga
media
di
un
militare
o
di
un
impiegato
statale
.
La
relativa
dipendenza
della
guerriglia
dai
rifornimenti
governativi
spiega
perché
alcune
delle
arterie
di
comunicazione
che
i
partigiani
potrebbero
chiudere
,
come
spesso
fanno
con
azioni
dimostrative
,
rimangono
aperte
e
come
,
nonostante
quello
che
alcuni
hanno
definito
«
l
'
assedio
di
Phnom
Penh
»
non
c
'
è
mai
stato
un
assedio
nel
vero
senso
della
parola
.
Vogliono
semplicemente
far
vedere
che
ci
sono
.
È
un
assedio
del
tipo
di
quello
di
Gerico
,
dice
un
diplomatico
:
vanno
attorno
alla
città
suonando
i
loro
corni
,
sapendo
che
un
giorno
o
l
'
altro
la
città
crollerà
da
sé
.
In
un
punto
i
guerriglieri
sono
arrivati
ad
appena
due
chilometri
dalla
città
e
sí
sono
trincerati
sulla
riva
sinistra
del
Mekong
,
ma
la
situazione
non
è
la
stessa
nelle
altre
direzioni
.
Se
questo
è
un
assedio
esso
è
fatto
da
gente
che
non
sembra
avere
fretta
.
A
volte
,
dopo
essersi
tanto
avvicinati
alle
linee
governative
da
rendere
impossibile
l
'
intervento
dell
'
aviazione
(
per
quasi
due
giorni
non
si
sono
sentiti
bombardamenti
a
Phnom
Penh
)
i
guerriglieri
si
ritirano
e
quella
stessa
unità
viene
poi
segnalata
da
una
parte
diversa
.
Il
giorno
di
un
confronto
finale
alle
porte
della
capitale
,
se
mai
questo
giorno
verrà
,
sembra
ancora
lontano
.
I
bombardamenti
americani
stanno
già
facendo
dei
terribili
eccidi
fra
la
popolazione
civile
delle
regioni
attorno
a
Phnom
Penh
e
creando
sempre
più
profughi
in
un
paese
di
sette
milioni
di
abitanti
,
la
metà
dei
quali
già
è
rifugiata
.
I
partigiani
sanno
che
se
la
battaglia
fosse
per
Phnom
Penh
,
le
perdite
sarebbero
altissime
ed
inaccettabili
.
Sianuk
ha
detto
che
non
darà
l
'
ordine
di
attaccare
Phnom
Penh
per
evitare
che
venga
distrutta
dalle
bombe
americane
.
Forse
per
questo
la
popolazione
della
capitale
non
sembra
disperarsi
e
guarda
come
ad
uno
spettacolo
che
non
la
riguarda
le
bombe
che
cascano
,
per
ora
,
a
due
chilometri
da
qui
.
Solo
alcuni
si
rendono
conto
di
ciò
che
anche
questo
significa
.
Ieri
,
quando
ho
chiesto
un
tè
al
limone
,
il
cameriere
dell
'
albergo
mi
ha
risposto
:
non
c
'
è
limone
:
in
tre
anni
di
guerra
tutti
i
limoni
sono
stati
distrutti
.
Poi
,
facendo
con
la
mano
in
aria
il
gesto
dei
bombardieri
che
si
tuffano
ha
detto
:
«
Ancora
tre
anni
di
guerra
e
non
ci
saranno
più
cambogiani
,
signore
»
.
StampaPeriodica ,
Napoli
.
Mi
reco
al
mercatino
della
Torretta
per
acquistare
una
decina
di
barattoli
di
birra
e
una
decina
di
bottiglie
di
vino
.
Il
venditore
può
soddisfare
un
terzo
della
mia
richiesta
.
Acque
minerali
,
vino
,
birra
,
coca
-
cola
sono
andate
a
ruba
.
«
Siete
soddisfatto
?
»
chiedo
all
'
uomo
.
«
Mi
farebbe
piacere
vendere
così
tutti
i
giorni
,
ma
non
in
occasioni
come
queste
.
Il
colera
non
fa
piacere
a
nessuno
.
»
Nella
conversazione
s
'
intromette
una
signora
,
in
quel
posto
per
il
mio
stesso
motivo
.
Ma
il
termine
signora
è
improprio
e
sommario
.
Sarebbe
uguale
se
la
definissi
semplicemente
una
donna
del
popolo
.
È
una
persona
anziana
,
ancora
fresca
,
bassa
,
grossa
,
tozza
di
gambe
,
la
faccia
larga
,
di
pelle
lucida
,
sguardo
luccicante
e
fiero
,
mammelle
immense
a
sfasciume
e
a
lava
sull
'
addome
e
la
pancia
,
una
di
quelle
cosiddette
madri
di
Napoli
,
che
possono
essere
tanto
state
progenitrici
di
una
razza
sterminata
di
figli
e
nipoti
,
quanto
sterili
signorine
senza
i
tratti
dello
zitellismo
,
una
specie
tutta
napoletana
,
nutrita
di
pane
,
pasta
e
insalata
e
a
dimensione
di
vicolo
e
di
basso
.
Per
rassicurarci
dice
:
«
Ce
l
'
abbiamo
fatta
con
la
spagnola
e
ce
la
faremo
con
il
colera
.
Allora
io
ero
ragazzina
e
ci
davano
da
mangiare
l
'
aglio
crudo
.
Due
,
tre
spicchi
d
'
aglio
nell
'
intestino
e
i
vermi
della
spagnola
se
ne
fuggivano
.
Allora
la
spagnola
la
portò
un
soldato
dalla
guerra
e
ora
il
colera
qualche
marittimo
corallaro
,
con
la
differenza
che
allora
Napoli
odorava
,
ora
puzza
.
Si
cammina
nella
porcheria
,
signore
mio
,
dentro
i
vicoli
.
Ho
lavato
e
sciacquato
il
mio
basso
con
la
varechina
-
di
lisoformio
non
se
ne
trova
da
nessuna
parte
-
ho
ucciso
cinque
scarafaggi
,
tolto
tutte
le
formiche
e
apro
solo
a
chi
conosco
»
.
«
Dove
abita
?
»
le
chiedo
.
Per
lei
risponde
una
seconda
signora
.
Costei
è
lunga
,
magra
,
la
pelle
olivastra
,
gli
occhi
di
marrone
giallo
,
cuneiformi
,
spiritati
,
la
voce
gonfia
come
uscente
da
una
diversa
conformazione
organica
.
«
Donna
Rita
abita
al
Vico
Forno
,
già
Vico
Cucca
.
Non
sapete
dove
si
trova
?
»
(
Lo
conosco
bene
.
C
'
è
una
trattoria
popolarissima
.
Bisogna
addentrarvisi
muniti
di
scafandro
.
)
«
È
una
gran
signora
:
una
pulitona
.
Sta
sempre
con
le
mani
nell
'
acqua
.
Prendessero
tutti
esempio
da
lei
.
Che
basso
!
Che
splendore
!
Ora
non
saremmo
dove
siamo
:
dentro
alla
schifezza
,
dentro
alla
purcaria
,
con
le
zoccole
[
topi
]
che
vanno
e
vengono
,
umide
di
merda
e
sempre
affamate
.
Nella
pulizia
generale
di
questa
notte
della
città
di
Napoli
,
mio
marito
e
mio
cognato
ne
hanno
uccise
quattro
.
»
«
Fatica
sprecata
»
risponde
la
madre
di
Napoli
.
«
Domani
saranno
otto
.
Da
cinquant
'
anni
pulisco
il
mio
basso
e
da
cinquant
'
anni
lo
sporco
avanza
.
È
che
il
basso
è
sporco
di
natura
.
Ha
mille
buchi
,
mille
fessure
e
in
ognuno
di
essi
,
di
notte
,
c
'
è
sempre
un
occhio
d
'
animale
che
sorveglia
.
La
colpa
è
del
vicolo
.
Il
vicolo
è
un
fiume
.
Se
piove
diventa
un
"
lavinaio
"
.
Se
va
in
secco
ci
crescono
ogni
sorta
di
bestie
.
E
tutte
vorrebbero
entrare
a
farvi
visita
:
gatti
,
cani
,
topi
,
lumache
,
lucertole
,
ragni
,
vermi
,
scarafaggi
,
serpenti
,
mosche
,
moschilli
e
zanzare
.
Dovreste
stare
sempre
con
una
scopa
in
mano
.
Sono
proprio
queste
bestie
che
portano
dentro
i
peli
e
le
ali
,
le
farfalline
delle
malattie
.
Altro
che
cozze
!
»
«
Sì
,
le
cozze
!
»
esclama
la
lunga
.
«
Ogni
mattina
dovrebbero
fare
una
pulizia
radicale
,
con
la
pompa
grossa
,
con
acqua
e
lisoformio
e
dovrebbero
rimettere
in
servizio
i
vecchi
spazzini
:
quelli
che
non
si
schifavano
di
mettere
le
mani
dovunque
.
Questi
di
oggi
,
signore
mio
,
vengono
con
i
guanti
...
con
gli
stivali
...
»
«
Qualcuno
,
l
'
avrete
visto
»
aggiunge
la
madre
di
Napoli
«
col
fazzoletto
sulla
bocca
,
quasi
noi
fossimo
davvero
gente
infetta
...
»
«
Si
prendono
le
sacchette
»
riprende
la
lunga
,
«
e
lo
sporco
a
strati
resta
là
dove
sta
.
Ma
a
loro
che
cosa
importa
?
Hanno
la
goccia
fissa
tutti
i
mesi
!
»
[
il
mensile
]
.
«
Vergogna
,
ci
voleva
il
colera
per
fare
un
po
'
di
pulizia
»
dice
il
venditore
di
acque
.
«
Se
ci
salviamo
,
se
quella
bella
Madonna
del
Rosario
ci
fa
la
grazia
e
ce
la
deve
fare
,
altrimenti
sarebbe
troppo
un
'
ingiustizia
,
sapete
che
vi
dico
»
dice
la
lunga
,
«
che
bisogna
ringraziare
questa
specie
di
colera
se
rivedremo
Napoli
un
poco
più
pulita
.
»
Mi
dispiace
per
noi
tutti
,
napoletani
e
italiani
,
ma
questa
conversazione
,
non
insolita
e
al
limite
dell
'
assurdo
nel
1973
,
retrodatabile
a
piacere
nella
storia
napoletana
,
meritava
di
esser
riportata
.
Io
mi
sono
limitato
ad
aggiustare
il
tiro
del
linguaggio
;
a
depurarlo
di
una
serie
di
anatemi
contro
la
cosiddetta
autorità
;
ma
in
essa
ci
sono
tutte
le
chiavi
per
aprire
le
vecchie
e
cadenti
porte
del
sottomondo
napoletano
,
schiacciato
da
insulti
e
vituperi
d
'
ogni
specie
e
più
che
in
antico
staccato
,
come
un
satellite
alla
deriva
,
dall
'
altra
Napoli
,
che
ha
la
funzione
di
un
mero
insediamento
coloniale
.
La
confusione
nasce
dal
fatto
che
non
sai
mai
bene
se
stai
rileggendo
le
pagine
più
corpose
e
promiscue
dei
napoletanisti
italiani
e
stranieri
d
'
ogni
tempo
;
se
sei
in
preda
continua
a
un
incubo
senza
schiarite
o
stai
attraversando
le
vie
di
una
vera
città
in
cui
la
corte
dei
miracoli
,
degli
sciancati
,
degli
storpi
,
degli
afflitti
,
dei
miti
,
dei
buoni
,
dei
vinti
,
della
gente
che
parla
da
sola
,
continua
a
dar
spettacolo
a
entrata
continua
.
Tutti
i
luoghi
comuni
,
vieti
,
vecchi
,
insopportabili
,
che
si
debbono
rifiutare
per
un
impegno
di
volontà
,
come
il
detto
colonialista
e
razzista
«
Napoli
è
una
città
orientale
senza
un
quartiere
occidentale
»
,
alla
verifica
risultano
validi
.
Sembrano
cose
di
colore
,
ma
poi
le
smuovi
e
sotto
c
'
è
la
gente
che
soffre
,
che
patisce
e
che
si
brucia
il
regalo
della
vita
sotto
le
bandiere
del
folclore
,
che
è
una
sporca
bandiera
di
orrori
.
Trent
'
anni
fa
scrivevo
dei
trecentomila
napoletani
che
la
mattina
si
alzavano
in
cerca
di
qualcosa
da
fare
,
oggi
l
'
esercito
si
è
ingrossato
,
trent
'
anni
fa
la
gente
si
metteva
a
vendere
carnicotte
,
lupini
,
ceci
,
semi
,
lumachine
,
cozze
,
polipi
,
bolliti
,
tutti
cibi
da
porre
al
bando
e
,
oggi
,
a
Mergellina
,
alla
riviera
,
sui
quartieri
,
a
Porta
Capuana
e
al
Vasto
e
in
mille
vicoli
e
labirinti
,
si
contano
a
migliaia
le
vecchie
con
i
banchetti
davanti
che
cercano
di
arrangiare
e
arraffare
la
giornata
,
vendendo
ciuciù
e
mosche
,
pannocchie
arrostite
o
lesse
e
parassiti
.
Allora
si
diceva
fossero
commerci
,
residui
di
folclore
.
Oggi
come
li
dobbiamo
definire
?
Trent
'
anni
fa
andavi
al
Borgo
Marinaro
,
alle
trattorie
a
mare
,
ma
come
dire
alle
Isole
Capoverde
e
trovavi
i
ragazzi
che
per
un
soldo
si
tuffavano
nell
'
acqua
e
oggi
per
cento
lire
fanno
lo
stesso
.
Gridano
:
«
A
me
!
a
me
!
»
e
Cristo
li
solleverebbe
nel
cielo
.
Gli
uomini
li
sprofondano
sott
'
acqua
.
Trent
'
anni
fa
passavano
gli
uomini
-
cavallo
sotto
una
carretta
in
cerca
di
rifiuti
e
ogni
mattina
,
in
quest
'
anno
stupefacente
,
verso
le
undici
appare
una
madre
-
cavallo
e
una
figlia
-
bilancino
,
carretta
dietro
,
che
si
chinano
a
raccogliere
qualunque
cosa
e
caricano
.
Quest
'
estate
la
gente
ha
cercato
di
resistere
,
di
far
muro
al
caldo
.
Ma
i
bambini
piangevano
,
«
sfrenesiavano
»
e
alla
fine
si
sono
decisi
ad
affrontare
l
'
ultima
spiaggia
:
i
bagni
popolari
lungo
i
fianchi
della
costa
metropolitana
.
Mi
ci
sono
recato
anche
io
una
mattina
.
Ma
ho
dovuto
farmi
forza
.
Dirmi
:
sei
come
loro
,
non
devi
provare
schifo
e
con
questo
messaggio
nell
'
animo
sono
riuscito
a
discendere
dalle
cabine
palafitte
sulla
spiaggia
.
Era
di
fango
.
Ci
si
affondava
dentro
.
Fatto
il
bagno
nell
'
acqua
nera
e
spessa
come
bitume
,
risalito
a
riva
,
dovevi
asciugarti
all
'
impiedi
.
Un
vocio
terribile
.
Richiami
stentorei
.
Le
mamme
dividevano
pane
e
frittata
,
pane
e
melanzane
,
pane
e
mortadella
,
ruoti
di
maccheroni
.
Passavano
venditori
di
uva
,
lupini
di
mare
,
cozze
,
pagnottelle
.
A
vendere
e
a
comprare
,
a
dare
e
a
prendere
,
tutto
con
le
mani
.
I
ragazzi
saltavano
,
scappavano
,
entravano
e
uscivano
dall
'
acqua
,
nuotatori
formidabili
,
felicissimi
,
bellissimi
.
Ma
a
quale
prezzo
?
Un
ambiente
di
dannati
.
Una
promiscuità
e
una
densità
ferine
.
Ammesso
il
caso
che
l
'
acqua
del
mare
fosse
stata
pura
,
la
spiaggia
molliccia
di
rifiuti
riportava
alle
condizioni
di
metodica
sporcizia
.
«
La
crasse
est
comme
une
chemise
naturelle
dont
les
napolitains
semblent
craindre
se
dépouiller
.
»
Colette
ha
torto
.
Se
fosse
stata
una
plebea
napoletana
in
quella
camicia
ci
sarebbe
entrata
per
forza
anche
lei
.
Quella
camicia
sembra
che
ci
stia
addosso
anche
quando
ce
ne
siamo
disfatti
.
Qua
tutto
è
vecchio
,
rognoso
,
umido
,
puzzolente
;
e
lo
diventa
sempre
di
più
,
incarnito
,
perché
per
un
po
'
di
pulizia
,
ben
lontana
da
una
raggiunta
nettezza
,
c
'
è
bisogno
del
cataclisma
di
una
peste
o
un
colera
,
della
paura
collettiva
.
«
L
'
autorità
»
-
ente
astratto
,
che
chi
sa
dove
si
trova
-
,
come
dice
la
gente
,
addebita
alle
cozze
o
all
'
arrivo
di
«
un
marittimo
»
infetto
il
focolaio
originario
dell
'
infezione
.
E
sarà
.
Ma
questa
è
una
giustificazione
valida
per
gli
altri
paesi
non
per
l
'
abitato
napoletano
dove
chiunque
,
dopo
una
fuggevole
visita
,
è
costretto
a
domandarsi
come
mai
non
vi
siano
un
colera
e
una
peste
cronici
.
Lo
sanno
bene
quelli
dell
'
altra
Napoli
i
quali
,
se
non
vi
sono
costretti
da
forza
maggiore
,
evitano
di
attraversare
quartieri
come
il
Pallonetto
;
non
soltanto
per
non
vedervi
la
realtà
e
per
non
riconoscersi
nei
loro
concittadini
,
vittime
di
una
nascita
sbagliata
-
giacché
stiamo
ancora
a
questo
-
ma
per
non
venire
a
contatto
con
gente
,
pulitissima
per
se
stessa
,
ma
che
entra
ed
esce
da
edifizi
e
fabbriche
in
cui
uno
finisce
per
infarinarsi
,
se
non
nella
sporcizia
,
nel
cattivo
odore
,
nel
muffido
di
secoli
.
Del
resto
il
sudiciume
nel
vicolo
è
un
frutto
spontaneo
,
fatale
.
Sul
vicolo
si
affacciano
i
bassi
.
I
bassi
sono
a
forma
di
piccoli
cubi
.
Aria
e
luce
provengono
dal
cielo
remoto
del
vicolo
.
Un
'
idea
.
Il
vicolo
è
inoltre
anche
entrata
,
uscita
,
balcone
,
terrazzo
,
spiazzo
,
pattumiera
.
Per
vivere
in
lindura
ci
vorrebbero
degli
acrobati
.
Non
bisognerebbe
mangiare
,
lavare
le
vesti
e
gl
'
indumenti
.
Bisognerebbe
rimanere
chiusi
dentro
,
immobili
,
paralizzati
:
una
imposizione
atroce
per
gente
per
la
quale
muoversi
,
uscire
,
entrare
,
parlare
,
amare
e
odiarsi
è
la
vita
stessa
.
Ma
la
sporcizia
non
è
una
mania
,
una
deformazione
,
una
tendenza
.
È
l
'
eredità
di
un
'
educazione
che
non
c
'
è
mai
stata
.
Se
oggi
i
nobili
o
i
paranobili
con
il
seguito
degli
arricchiti
e
dei
superburocrati
vivono
a
Caracciolo
,
a
Posillipo
o
a
via
Petrarca
-
strade
sommariamente
pulite
-
quando
vivevano
a
Spaccanapoli
si
mantenevano
al
riparo
come
sui
trampoli
al
piano
nobile
e
giù
,
agli
altri
di
cattiva
nascita
,
buttavano
gli
avanzi
.
Collegati
a
questi
avanzi
c
'
è
il
termine
«
zandraglia
»
.
Lunghissima
la
diatriba
filologica
su
questo
lessema
.
Ci
hanno
messo
bocca
Croce
,
Nicolini
,
Doria
e
altri
numi
della
storia
patria
e
si
è
addivenuti
a
un
accordo
nel
dire
che
fosse
il
richiamo
dei
soldati
francesi
accampati
sui
quartieri
i
quali
,
dopo
il
rancio
,
uscivano
fuori
la
caserma
e
al
grido
di
:
«
Zandrà
!
Zandrà
!
»
buttavano
sul
lastrico
,
allora
privo
di
fogne
,
i
rimasugli
delle
loro
brodaglie
.
La
gente
,
ossia
i
napoletani
,
non
lo
si
dimentichi
,
si
buttavano
carponi
e
succhiavano
la
sbobba
.
È
orribile
,
mortificante
,
poco
snob
ricordarlo
,
ma
è
vero
e
documentato
.
Con
questi
precedenti
c
'
è
da
chiedersi
due
cose
:
come
mai
la
nostra
razza
non
si
sia
estinta
e
come
,
oggi
,
a
duecento
anni
di
distanza
sprecati
in
chiacchiere
,
sarebbe
possibile
avere
un
concetto
più
illuminato
e
razionale
dell
'
igiene
.
Viviamo
sul
filo
del
miracolo
.
I
bassi
hanno
ancora
i
cessi
a
terra
,
spesso
in
un
angolo
della
cucina
.
Vi
sono
trattorie
(
a
Mergellina
)
dove
si
lavano
ancora
i
piatti
nelle
bacinelle
,
dove
gli
scarafaggi
marciano
in
fila
indiana
.
Prendere
un
tram
o
un
autobus
,
via
,
non
è
sempre
un
affare
olezzante
.
Le
signore
bene
ne
discendono
disgustate
.
Il
ricordo
degli
inferi
corporali
le
sconvolge
.
E
gli
altri
?
Le
centinaia
di
migliaia
di
altri
?
Ma
chi
sono
?
Dove
sono
?
Nell
'
altra
Napoli
.
La
mancanza
di
spirito
di
socialità
e
di
solidarietà
ha
in
questa
terra
la
sua
ultima
e
imprendibile
roccaforte
.
StampaPeriodica ,
Lisbona
.
«
La
notte
del
25
aprile
nella
scuola
di
cavalleria
di
Santarem
eravamo
tutti
svegli
.
La
radio
era
accesa
:
trasmetteva
canzoni
e
annunci
pubblicitari
.
A
mezzanotte
e
trenta
una
voce
femminile
annunciò
:
qui
radio
RenascenQa
,
riprendiamo
il
programma
con
la
canzone
Grandola
Vila
Morena
,
canta
Alfonso
Zeca
.
Era
il
segnale
convenuto
per
dare
inizio
alla
rivolta
.
»
Così
un
giovane
militare
di
Santarem
ricostruisce
l
'
inizio
della
sommossa
che
giovedì
scorso
ha
abbattuto
la
dittatura
portoghese
.
La
mattina
di
sabato
27
aprile
sono
arrivato
a
Santarem
,
il
piccolo
paese
da
cui
è
partito
il
«
movimento
dei
capitani
»
che
ha
travolto
il
regime
di
Marcelo
Caetano
.
Il
treno
che
mi
porta
a
Lisbona
è
costretto
a
fermarsi
per
un
'
ora
,
forse
due
.
Ho
il
tempo
per
fare
il
giro
del
paese
.
Grande
euforia
per
la
libertà
appena
riconquistata
:
si
formano
capannelli
attorno
agli
strilloni
,
i
giornali
,
per
la
prima
volta
dopo
quarantotto
anni
di
censura
,
sono
pieni
di
notizie
,
gruppi
di
bambini
applaudono
le
jeep
che
trasportano
i
militari
«
liberatori
»
.
Domando
ad
un
soldato
di
raccontarmi
com
'
è
nata
la
rivolta
.
Rispondono
in
molti
,
senza
diffidenza
.
«
Zeca
aveva
cominciato
a
cantare
da
pochi
secondi
quando
abbiamo
fatto
irruzione
nella
stanza
del
comandante
della
scuola
per
farlo
prigioniero
.
Contemporaneamente
un
gruppo
di
allievi
si
è
diretto
su
Lisbona
.
Lo
stesso
è
accaduto
in
altre
unità
dell
'
esercito
distaccate
in
tutto
il
paese
.
Gaetano
non
s
'
è
neppure
reso
conto
di
ciò
che
succedeva
.
La
sera
di
giovedì
avevamo
già
vinto
.
Erano
morte
solo
cinque
persone
.
»
Avete
agito
seguendo
gli
ordini
del
generale
Antonio
De
Spinola
?
«
È
più
giusto
dire
che
il
piano
era
stato
deciso
dal
Movimento
nazionale
delle
forze
armate
il
quale
aveva
anche
stabilito
che
Spinola
presiedesse
la
giunta
militare
dopo
la
conquista
del
potere
.
»
Sono
questi
i
protagonisti
del
putsch
portoghese
.
È
merito
dei
giovani
ufficiali
se
negli
ultimi
mesi
il
Portogallo
è
stato
sommerso
da
fogli
clandestini
firmati
dal
«
movimento
dei
capitani
»
che
denunciavano
le
atrocità
di
cui
si
è
macchiato
il
regime
e
hanno
aperto
la
strada
all
'
abbattimento
della
dittatura
.
Spinola
ha
il
merito
di
aver
conquistato
alla
causa
importanti
settori
economici
,
come
í
fratelli
Champalimaud
proprietari
della
Banca
Pinto
e
Sotto
Mayor
,
e
il
presidente
della
confederazione
degli
industriali
Salazar
Leite
,
che
ha
trattato
di
persona
e
ottenuto
il
sostegno
del
Brasile
ai
rivoltosi
.
Ma
sono
i
giovani
ufficiali
che
hanno
saputo
coinvolgere
nell
'
avventura
rivoluzionaria
il
popolo
,
apparentemente
rassegnato
alla
dittatura
.
Come
?
Hanno
puntato
sullo
scontento
provocato
dal
servizio
militare
che
in
Portogallo
dura
quattro
anni
,
due
dei
quali
si
passano
nelle
colonie
a
combattere
contro
i
movimenti
di
liberazione
.
Molti
giovani
muoiono
,
molti
rimangono
invalidi
per
il
resto
della
vita
,
più
di
centomila
hanno
disertato
.
Da
un
po
'
di
tempo
gli
ufficiali
facevano
strani
discorsi
alle
reclute
sull
'
inutilità
di
morire
in
una
guerra
colonialista
persa
in
partenza
,
sull
'
assurdità
di
dover
trascorrerequattro
anni
,
sottratti
allo
studio
o
al
lavoro
,
in
una
situazione
che
«
è
causa
di
vergogna
di
fronte
a
tutto
il
mondo
civile
»
,
sul
fatto
che
la
diserzione
non
è
l
'
unico
mezzo
per
sfuggire
a
questa
realtà
.
Questi
argomenti
,
che
facevano
presa
più
di
qualsiasi
campagna
sull
'
immoralità
della
guerra
coloniale
,
hanno
messo
in
moto
un
processo
che
ha
letteralmente
colto
di
sorpresa
le
forze
democratiche
.
Dice
Pereira
de
Moura
,
leader
della
CDE
(
Commissione
democratica
elettorale
,
che
raggruppa
comunisti
,
socialisti
,
liberali
e
cattolici
di
sinistra
)
:
«
Dopo
il
fallimento
della
sollevazione
militare
di
marzo
ci
aspettavamo
un
contraccolpo
a
destra
;
invece
i
militari
ci
hanno
regalato
la
libertà
prima
che
potessimo
renderci
conto
di
quel
che
stava
succedendo
»
.
Il
popolo
,
benché
sorpreso
,
si
è
mosso
subito
.
Lo
abbiamo
visto
scagliarsi
contro
i
simboli
di
un
regime
durato
cinquant
'
anni
,
dare
alle
fiamme
la
sede
del
giornale
fascista
«
Epoca
»
e
l
'
edificio
della
censura
,
prendere
d
'
assalto
i
palazzi
della
polizia
politica
che
recentemente
s
'
era
denominata
Direzione
generale
(
li
sicurezza
(
ex
PIDE
)
,
della
legione
portoghese
,
del
partito
di
Gaetano
,
AcQào
nacional
popular
.
«
Ciò
che
è
accaduto
presenta
più
analogie
con
il
vostro
25
luglio
1943
che
con
il
25
aprile
del
'45»
mi
dice
Raul
Rego
,
direttore
del
più
importante
quotidiano
delle
opposizioni
,
«
Republica
»
.
Effettivamente
,
il
colpo
di
mano
che
ha
abbattuto
la
dittatura
fascista
assomiglia
a
quello
che
portò
alla
caduta
di
Mussolini
.
Come
Badoglio
,
Spinola
ha
rimesso
in
libertà
i
detenuti
politici
,
ha
concesso
la
libertà
di
organizzazione
e
ha
promesso
di
cedere
il
posto
entro
un
anno
a
un
governo
di
civili
eletto
in
libere
elezioni
.
Ma
nelle
colonie
«
la
guerra
continua
»
.
Quali
sono
state
le
reazioni
dei
partiti
?
I
comunisti
si
preparano
a
qualcosa
che
assomiglia
a
una
«
svolta
di
Salerno
»
:
il
segretario
del
PCP
,
Alvaro
Cunhal
,
di
cui
è
annunciato
il
ritorno
dall
'
esilio
di
Praga
,
dovrebbe
annunciare
l
'
appoggio
del
partito
a
Spinola
«
a
patto
che
metta
in
prati
ca
il
proposito
di
ripristinare
la
democrazia
in
Portogallo
»
.
Per
il
momento
,
tuttavia
,
i
comunisti
restano
alla
finestra
:
non
si
fidano
di
uscire
completamente
dalla
clandestinità
e
l
'
organo
del
partito
,
«
Avante
»
,
non
ha
ancora
ripreso
le
pubblicazioni
.
La
sinistra
rivoluzionaria
(
è
prematuro
definirla
extraparlamentare
)
,
che
si
riunisce
intorno
al
MRPP
(
Movimento
di
riorganizzazione
popolare
portoghese
)
ha
coperto
i
muri
di
Lisbona
con
scritte
che
invitano
a
un
l
°
maggio
vermelho
.
Quanto
a
Marcelino
Dos
Santos
,
Agostinho
Nheto
e
Luis
Cabral
,
leader
rispettivamente
dei
movimenti
di
liberazione
del
Mozambico
,
dell
'
Angola
e
della
Guinea
,
hanno
espresso
perplessità
e
riserve
sulle
reali
intenzioni
del
generale
Spinola
.
La
resa
dei
conti
con
l
'
estrema
sinistra
potrebbe
però
arrivare
presto
.
Il
MRPP
infatti
sta
organizzando
manifestazioni
quotidiane
in
piazza
Pedro
Quarto
,
dove
prende
regolarmente
a
sassate
i
vetri
del
Banco
Nacíonal
Ultramarino
e
del
Banco
Espirito
Santo
e
Commercial
de
Lisboa
,
che
rappresentano
i
gruppi
economici
più
favorevoli
al
mantenimento
del
regime
coloniale
.
Nel
corso
di
queste
manifestazioni
si
afferma
che
«
Spinola
sarà
il
Kerenski
portoghese
»
e
si
annuncia
la
ripresa
delle
agitazioni
per
il
mese
di
maggio
.
Non
mancano
i
movimenti
che
hanno
come
programma
politico
il
terrorismo
:
le
Brigate
rivoluzionarie
,
la
Lega
d
'
azione
rivoluzionaria
e
l
'
Azione
rivoluzionaria
armata
.
Queste
formazioni
sono
già
attaccate
da
tutti
i
partiti
antifascisti
di
sinistra
riuniti
nella
CDE
;
i
quali
d
'
altra
parte
non
sono
però
disposti
a
lasciare
il
potere
nelle
mani
di
Spinola
senza
garanzie
,
come
ha
fatto
Convergenza
monarchica
,
uno
dei
gruppi
moderati
.
Il
dilemma
è
:
organizzare
manifestazioni
e
scioperi
col
rischio
di
provocare
un
irrigidimento
dei
militari
oppure
lasciare
che
gli
ufficiali
governino
il
paese
fino
alle
elezioni
?
E
se
i
generali
non
rinunciassero
al
potere
conquistato
e
non
mantenessero
le
promesse
di
libertà
?
Sono
interrogativi
a
cui
nessuno
è
ancora
in
grado
di
rispondere
.
Neanche
Mario
Soares
,
il
prestigioso
leader
socialista
tornato
dall
'
esilio
domenica
mattina
,
ha
saputo
indicare
alla
grande
folla
entusiasta
che
lo
ha
accolto
alla
stazione
di
Santa
Apolonia
quale
sia
la
via
da
seguire
.
Nella
sede
della
CDE
,
in
rua
Braacamp
,
si
rimane
fino
a
notte
alta
a
discutere
.
Cosa
farà
la
destra
se
il
generale
Spinola
attuerà
la
strategia
gollista
di
abbandono
progressivo
delle
colonie
?
Per
il
momento
gli
uomini
rimasti
fedeli
a
Marcelo
Caetano
e
all
'
ex
presidente
della
Repubblica
Americo
Thomas
tacciono
.
Alcuni
di
essi
sono
stati
catturati
alle
frontiere
mentre
tentavano
di
fuggire
con
le
valige
piene
di
soldi
;
altri
,
come
i
redattori
del
giornale
«
Epoca
»
,
giurano
fedeltà
a
Spinola
;
altri
ancora
,
come
gli
agenti
della
disciolta
polizia
politica
,
cercano
di
eclissarsi
giacché
rischiano
il
linciaggio
.
La
destra
spera
in
un
passo
falso
della
giunta
per
poter
dimostrare
che
quella
di
Spinola
è
stata
soltanto
un
'
avventura
pericolosa
.
Forse
spera
che
il
ceto
medio
,
impaurito
dai
cortei
popolari
che
percorrono
ogni
giorno
la
città
,
e
quello
di
coloro
che
hanno
interessi
da
difendere
nelle
colonie
,
si
saldino
in
un
movimento
capace
di
rovesciare
la
giunta
militare
.
Per
quel
giorno
c
'
è
già
pronto
un
antiSpinola
.
Si
chiama
Kaulza
de
Arriaga
,
è
un
generale
di
60
anni
,
ex
comandante
in
capo
del
Mozambico
,
indicato
nel
'68
come
uno
dei
possibili
successori
di
Salazar
.
StampaPeriodica ,
Bangkok
.
A
gambe
divaricate
,
una
accanto
all
'
altra
,
spianando
fucili
mitragliatori
contro
la
folla
silenziosa
e
stupita
,
le
guardie
di
sicurezza
dell
'
ambasciata
;
enormi
marcantoni
in
abiti
civili
ed
armati
di
piccoli
mitra
,
urlavano
ordini
nelle
loro
radio
portatili
,
diplomatici
con
la
pistola
in
pugno
correvano
carponi
verso
gli
elicotteri
,
l
'
ambasciatore
camminava
solenne
,
come
un
eroe
medioevale
,
abbracciando
la
bandiera
americana
,
gli
operatori
delle
varie
catene
televisive
americane
continuavano
a
filmare
e
,
da
dietro
le
improvvisate
barricate
di
filo
spinato
,
dei
bambini
cambogiani
sventolavano
le
mani
dicendo
«
Bye
,
bye
»
.
«
Mi
sono
sentito
un
cane
io
,
figurarsi
gli
americani
»
ha
detto
un
giornalista
europeo
evacuato
da
Phnom
Penh
con
gli
elicotteri
americani
che
sembravano
l
'
ultima
via
di
scampo
.
Vari
giorni
dopo
la
fuga
americana
,
la
città
era
ancora
in
mano
alle
forze
del
governo
repubblichino
,
l
'
aeroporto
era
ancora
aperto
e
gli
aerei
della
linea
commerciale
nazionale
continuavano
a
fare
la
spola
con
Bangkok
.
Lon
Nol
è
già
partito
da
due
settimane
,
il
suo
successore
Saukham
Khoy
,
che
aveva
detto
«
Ci
difenderemo
fino
all
'
ultimo
,
anche
dai
tetti
delle
case
»
,
è
scappato
con
gli
americani
,
la
presenza
degli
Stati
Uniti
è
stata
cancellata
dalla
Cambogia
,
Washington
,
forse
per
paura
che
riso
e
munizioni
finiscano
in
mano
ai
partigiani
,
ha
messo
fine
al
ponte
aereo
che
teneva
in
vita
Phnom
Penh
.
La
città
dispone
ora
di
riserve
che
dureranno
al
massimo
per
un
mese
.
C
'
è
chi
pensa
che
tutto
questo
sia
parte
di
un
accordo
segreto
fra
americani
e
khmer
rossi
per
quella
«
soluzione
controllata
»
della
guerra
di
cui
si
era
tanto
parlato
in
passato
,
ma
niente
sta
ad
indicare
che
i
partigiani
abbiano
accettato
un
qualsiasi
compromesso
.
Sihanuk
ha
rifiutato
l
'
invito
americano
di
rientrare
a
Phnom
Penh
e
ogni
volta
che
il
primo
ministro
Long
Boret
annuncia
di
essersi
incontrato
coi
rappresentanti
dei
khmer
rossi
,
da
Pechino
arrivano
regolari
la
smentita
e
l
'
accusa
che
gli
emissari
di
cui
i
repubblichini
parlano
sono
«
Khmer
rossi
fatti
in
casa
»
che
non
hanno
nulla
a
che
fare
con
la
guerriglia
di
Sihanuk
e
di
Kieu
Samphan
.
La
verità
è
che
gli
americani
,
presi
dal
panico
per
quello
che
era
successo
a
Pleiku
,
a
Kontum
,
a
Da
Nang
,
dove
le
truppe
sbandate
di
Saigon
si
sono
rivelate
molto
più
pericolose
dei
soldati
comunisti
,
hanno
preferito
mettersi
in
salvo
.
«
Quando
hanno
visto
che
i
cambogiani
avevano
trovato
gusto
a
mangiare
carne
umana
,
gli
americani
hanno
avuto
paura
di
finire
arrosto
»
ha
commentato
un
fotografo
inglese
,
deluso
come
molti
altri
giornalisti
per
essersi
fatto
convincere
dall
'
ambasciata
americana
a
lasciare
Phnom
Penh
.
Le
«
confessioni
»
dei
soldati
di
prima
linea
che
hanno
raccontato
di
essere
sopravvissuti
mangiando
i
cadaveri
dei
loro
nemici
e
la
storia
dei
combattenti
di
Kampong
Seila
,
che
arrivati
a
Phnom
Penh
senza
essere
stati
pagati
da
mesi
hanno
fatto
a
fette
l
'
ufficiale
incaricato
degli
stipendi
e
ne
hanno
con
orgoglio
mostrato
i
resti
,
hanno
fatto
presto
il
giro
della
città
impressionando
la
piccola
comunità
internazionale
dei
rimasti
.
Qualcuno
a
Washington
,
forse
lo
stesso
Kissinger
,
deve
aver
pensato
con
terrore
alla
possibilità
che
gli
ultimi
cittadini
americani
a
Phnom
Penh
avrebbero
potuto
rimanere
in
trappola
non
solo
insieme
coi
khmer
rossi
,
ma
con
gli
stessi
soldati
della
repubblica
e
così
ha
dato
l
'
ordine
della
fuga
.
Il
messaggio
è
arrivato
alle
tre
di
notte
nella
capitale
cambogiana
.
Alle
sette
l
'
operazione
«
tiro
dell
'
aquila
»
è
cominciata
,
alle
dieci
tutto
era
finito
.
Ai
cambogiani
,
cui
era
stato
promesso
ogni
sorta
di
aiuto
cinque
anni
fa
quando
furono
coinvolti
nella
guerra
,
non
è
rimasto
che
meravigliarsi
di
questa
fuga
frettolosa
,
imbarazzata
,
in
fondo
inconcepibile
dei
loro
alleati
che
avevano
deciso
di
dimostrare
qui
in
Indocina
la
loro
decisione
di
difendere
una
certa
concezione
del
mondo
.
Una
fuga
americana
come
quella
da
Phnom
Penh
potrebbe
presto
cominciare
da
Saigon
.
In
parte
è
già
cominciata
.
Le
famiglie
dei
diplomatici
sono
già
partite
,
gli
impiegati
americani
di
società
private
sono
stati
evacuati
assieme
a
tutti
i
funzionari
della
Pan
Am
.
Anche
se
la
ritirata
americana
è
per
ora
organizzata
con
una
certa
discrezione
per
non
aumentare
il
senso
di
crescente
sfiducia
che
ha
preso
i
sudvietnamiti
,
la
voce
che
gli
yankees
scappano
è
negli
orecchi
di
tutti
,
e
non
molti
nascondono
la
delusione
e
la
rabbia
.
«
Avete
preso
da
questo
paese
quello
che
volevate
.
Ora
ve
ne
andate
e
lasciate
a
noi
il
conto
da
pagare
»
ha
detto
un
giovane
ufficiale
di
Saigon
a
un
collega
americano
il
giorno
in
cui
il
grande
aereo
militare
Galaxy
è
esploso
col
suo
carico
di
orfani
vietnamiti
spediti
negli
Stati
Uniti
a
consolare
delle
coppie
sole
o
ad
alleviare
un
malinteso
complesso
di
colpa
americano
per
la
guerra
in
Vietnam
.
«
È
bello
vedervi
partire
con
tanti
bei
souvenir
del
Vietnam
»
diceva
il
giovane
tenente
.
«
Vi
portate
a
casa
gli
elefanti
di
ceramica
e
gli
orfani
.
Peccato
che
alcuni
si
siano
rotti
,
ma
non
preoccupatevi
,
ce
ne
sono
altri
da
prendere
.
»
L
'
operazione
«
Babylift
»
,
intesa
a
salvare
migliaia
di
bambini
dai
comunisti
,
definita
da
un
portavoce
dei
vietcong
«
un
vero
e
proprio
rapimento
»
e
probabilmente
concepita
da
alcuni
funzionari
americani
,
fra
cui
l
'
ambasciatore
Martin
,
per
creare
nel
mondo
un
'
ondata
di
simpatia
umanitaria
per
il
Vietnam
e
per
costringere
il
Congresso
a
votare
nuovi
aiuti
militari
per
il
regime
di
Thieu
,
ha
provocato
tanti
risentimenti
fra
i
vietnamiti
che
su
ordine
del
governo
di
Saigon
è
stata
interrotta
.
Con
le
forze
comuniste
sempre
più
vicine
a
Saigon
e
con
gran
parte
del
paese
ormai
data
perduta
definitivamente
,
pochi
oggi
credono
che
gli
americani
faranno
ancora
qualcosa
di
serio
per
tentare
di
salvare
quel
che
resta
del
regime
di
Thieu
che
hanno
sostenuto
e
finanziato
per
anni
.
Fa
ridere
la
teoria
sventolata
da
un
giornale
di
Saigon
-
finanziato
segretamente
dagli
americani
-
secondo
cui
tutta
la
ritirata
dal
Nord
è
parte
di
un
piano
per
portare
i
vietcong
allo
scoperto
e
poi
decimarli
con
una
fantomatica
arma
,
mai
usata
finora
in
Vietnam
.
Le
speranze
degli
ultimi
«
credenti
»
che
hanno
fede
nell
'
impegno
americano
sono
ormai
legate
qui
,
come
nella
Germania
di
Hitler
degli
«
ultimi
cinque
minuti
»
,
all
'
introduzione
di
una
sorta
di
V2
che
dovrebbero
rovesciare
le
sorti
di
una
guerra
considerata
praticamente
persa
.
In
verità
gli
Stati
Uniti
hanno
poco
da
offrire
a
Thieu
e
vengono
ogni
giorno
di
più
tenuti
fuori
dalle
gestioni
delle
operazioni
militari
e
del
paese
.
«
Il
presidente
ha
deciso
da
solo
la
ritirata
dal
Nord
e
ci
ha
dato
appena
24
ore
per
ritirare
i
nostri
uomini
sul
posto
»
ha
dichiarato
un
funzionario
americano
.
Ora
Thieu
,
come
per
sfida
agli
americani
,
ha
rimosso
due
generali
da
due
importanti
posizioni
da
cui
dipende
la
difesa
di
Saigon
,
e
lí
ha
sostituiti
con
due
suoi
fedelissimi
,
che
su
pressione
dell
'
ambasciata
americana
tempo
fa
erano
stati
messi
a
riposo
,
uno
per
corruzione
e
l
'
altro
per
inefficienza
.
Con
i
recenti
rimpasti
al
vertice
delle
forze
armate
,
Thieu
si
premunisce
contro
un
colpo
di
Stato
che
tutti
si
aspettano
e
che
forse
gli
americani
stessi
si
augurano
come
l
'
unica
via
d
'
uscita
da
una
situazione
che
altrimenti
sembra
non
avere
altro
sbocco
che
una
finale
,
sanguinosissima
battaglia
per
il
controllo
di
Saigon
.
L
'
idea
del
colpo
è
tanto
nell
'
aria
che
la
scorsa
settimana
,
quando
il
caccia
del
sottotenente
Nguyen
Thanh
Trung
si
è
buttato
in
picchiata
a
bombardare
il
palazzo
di
Thieu
,
la
gente
per
strada
ha
semplicemente
detto
:
«
Ecco
che
stanno
arrivando
»
.
Solo
dopo
qualche
ora
ci
si
è
convinti
che
si
era
trattato
del
gesto
disperato
d
'
una
sola
persona
.
Per
far
fronte
a
eventuali
altri
gesti
del
genere
o
a
un
vero
tentativo
di
rovesciamento
Thieu
ha
instaurato
un
sistema
di
coprifuoco
automatico
in
città
.
Due
colpi
di
sirena
consecutivi
sono
il
segnale
stabilito
perché
tutti
rientrino
a
casa
loro
e
le
strade
della
capitale
siano
libere
per
movimenti
di
truppe
e
di
polizia
.
Per
evitare
che
l
'
afflusso
di
rifugiati
dal
Nord
aumenti
la
tensione
della
città
e
faccia
esplodere
moti
di
panico
tipo
quelli
che
hanno
fatto
cadere
Da
Nang
,
Nha
Tran
,
Ban
Me
Thuot
e
Quang
Ngai
il
governo
blocca
ogni
colonna
di
profughi
alla
periferia
e
ne
trasferisce
più
che
può
nell
'
isola
di
Phu
Cuoc
,
al
largo
della
costa
meridionale
.
Pur
con
tutte
queste
precauzioni
prese
da
Thieu
,
gli
americani
sono
i
più
pessimisti
fra
gli
stranieri
sulle
prospettive
di
sopravvivere
e
di
continuare
a
garantire
l
'
ordine
nella
capitale
.
«
L
'
operazione
di
Phnom
Penh
è
stata
una
prova
generale
di
quello
che
dovremo
fare
un
giorno
a
Saigon
»
mi
ha
detto
uno
dei
marines
provenienti
dalla
Cambogia
.
Una
simile
fuga
dal
Vietnam
sarebbe
di
una
macabra
ironia
.
Gli
americani
vennero
una
ventina
di
anni
fa
in
Indocina
per
salvare
questi
paesi
dal
comunismo
e
li
abbandonano
ora
distrutti
e
sul
punto
di
essere
presi
dai
partigiani
.
Vennero
qui
per
difendere
questi
popoli
contro
una
«
aggressione
»
esterna
ed
ora
se
ne
scappano
via
costretti
a
difendere
se
stessi
dai
loro
stessi
alleati
di
ieri
.
L
'
immagine
del
funzionario
americano
che
a
Nha
Tran
sferra
un
pugno
in
faccia
ad
un
vietnamita
per
salvarsi
con
l
'
ultimo
elicottero
rimarrà
il
simbolo
di
questa
ultima
fase
della
guerra
americana
.
Intanto
,
pur
negando
di
voler
abbandonare
il
Vietnam
,
l
'
ambasciata
americana
a
Saigon
per
rassicurare
i
suoi
cittadini
rimasti
dice
che
è
stato
messo
a
punto
un
piano
d
'
emergenza
per
l
'
evacuazione
.
«
Perché
tutto
questo
?
»
ha
detto
la
signora
Binh
,
ministro
degli
Esteri
del
governo
rivoluzionario
provvisorio
dei
vietcong
;
«
se
gli
americani
vogliono
lasciare
il
Vietnam
,
che
lo
facciano
in
tempo
.
Non
hanno
che
da
dircelo
.
Noi
siamo
dispostissimi
a
dar
loro
una
mano
.
»
StampaPeriodica ,
Roma
.
Durante
le
riprese
in
Tunisia
del
film
Mattei
,
diretto
da
Franco
Rosi
,
accadde
un
giorno
che
la
troupe
al
completo
si
allontanò
dal
set
per
una
breve
pausa
.
Sul
luogo
della
scena
rimase
Gian
Maria
Volonté
,
solo
,
a
capo
chino
,
assorto
nella
contemplazione
delle
proprie
scarpe
.
Sul
momento
nessuno
capì
bene
quell
'
insolita
concentrazione
,
poi
Rosi
ricordò
:
il
giorno
prima
aveva
mostrato
all
'
attore
alcune
fotografie
del
personaggio
e
Volonté
aveva
osservato
che
Mattei
usava
sedere
tenendo
le
punte
dei
piedi
molto
divaricate
.
Ciò
su
cui
si
stava
allenando
,
mentre
gli
altri
bevevano
il
loro
caffè
,
era
imitare
con
naturalezza
quel
tipico
atteggiamento
di
Mattei
.
L
'
aneddoto
lo
racconta
lo
stesso
Rosi
;
sul
minuscolo
schermo
della
moviola
scorrono
le
sembianze
di
Enrico
Mattei
che
è
in
realtà
Gian
Maria
Volonté
mentre
simula
la
sbrigativa
durezza
del
grande
manager
con
la
stessa
disinvoltura
con
cui
bofonchiava
il
lombardo
sgrammaticato
e
afono
del
tragico
Lulù
in
La
classe
operaia
va
in
paradiso
.
Descrivere
chi
è
Volonté
è
più
difficile
di
quanto
si
creda
;
un
Volonté
vero
e
unico
anzi
non
esiste
neanche
.
Il
Gian
Maria
in
carne
,
ossa
e
maglione
proletario
,
comunista
militante
,
nato
a
Milano
il
9
aprile
1933
,
è
molto
più
evanescente
del
meno
riuscito
dei
suoi
personaggi
.
Quando
parla
,
nella
vita
,
fissandosi
le
unghie
,
fumando
una
sigaretta
dopo
l
'
altra
,
sembra
un
libro
stampato
.
Stampato
,
naturalmente
,
a
cura
di
un
movimento
rivoluzionario
:
«
il
problema
è
»
,
«
nella
misura
in
cui
»
,
«
vorremmo
un
certo
tipo
di
rapporto
»
.
Poi
si
veste
,
si
trucca
,
e
diventa
un
commissario
di
polizia
,
un
operaio
,
un
Enrico
Mattei
estremamente
persuasivi
.
Per
questo
virtuosismo
trasformistico
,
insolito
nel
panorama
degli
attori
italiani
,
Volonté
è
diventato
quasi
d
'
improvviso
un
caso
.
Se
si
vedono
i
suoi
ultimi
quattro
film
(
i
tre
citati
più
il
Sacco
e
Vanzetti
)
una
sera
dopo
l
'
altra
non
ci
si
sottrae
al
dubbio
di
trovarsi
ancora
una
volta
di
fronte
a
quel
fenomeno
molto
italiano
del
mostro
che
viene
dal
nulla
,
di
quello
molto
bravo
(
a
correre
,
a
elaborare
equazioni
,
a
giocare
a
bridge
)
con
alle
spalle
non
una
schiera
di
concorrenti
battuti
ma
semplicemente
il
deserto
.
Come
si
spiega
insomma
che
ci
ritroviamo
un
attore
di
livello
mondiale
mentre
nessuno
lo
aspettava
?
Nel
1969
Gian
Maria
Volonté
,
partecipando
a
un
dibattito
dell
'
«
Espresso
»
sulla
condizione
dell
'
attore
aveva
fatto
propria
una
dichiarazione
della
Società
attori
italiani
(
SAI
)
nella
quale
tra
l
'
altro
si
diceva
:
«
La
categoria
degli
attori
ormai
da
tempo
ha
preso
coscienza
che
i
concetti
di
"
arte
"
,
"
missione
"
,
"
sacrificio
"
ecc.
sono
strumenti
di
repressione
usati
dal
potere
»
.
Per
fortuna
la
«
presa
di
coscienza
»
dettata
dalla
concitazione
di
quel
periodo
Volonté
l
'
ha
dimenticata
rapidamente
.
La
strada
che
invece
ha
seguito
è
stata
esattamente
quella
opposta
e
non
c
'
è
dubbio
che
buona
parte
della
sua
valentia
,
egli
la
debba
proprio
all
'
applicazione
singolarmente
tradizionalista
e
quasi
pedante
dei
concetti
di
«
arte
»
,
«
missione
»
e
«
sacrificio
»
.
Cominciamo
dall
'
arte
.
Chi
ricorda
le
sue
vecchie
interpretazioni
teatrali
sa
che
in
palcoscenico
Volonté
non
rende
quanto
al
cinema
.
Visto
tutto
intero
,
al
naturale
per
due
ore
di
seguito
,
Volonté
regge
la
prova
in
modo
dignitoso
e
basta
;
sul
palcoscenico
tende
a
confondersi
con
gli
altri
e
quando
emerge
è
per
una
grinta
dura
e
un
po
'
legnosa
non
sempre
piacevole
.
Anche
la
sua
voce
è
raramente
memorabile
:
quel
che
gli
manca
è
la
capacità
di
modulare
dalla
«
testa
»
al
«
petto
»
e
viceversa
,
quei
salti
d
'
ottava
che
ancora
oggi
non
si
possono
ascoltare
senza
un
fremito
di
corrotto
compiacimento
.
Al
cinema
invece
succede
tutto
íl
contrario
.
I
suoi
personaggi
sono
costruiti
a
tutto
tondo
completi
di
gesti
,
voce
,
tic
e
manie
personali
.
Facciamo
il
caso
di
Indagine
su
un
cittadino
,
la
particolare
petulanza
del
tono
di
voce
impiegato
dal
commissario
Volonté
per
chiamare
I
'
«
appuntato
Panunzio
»
ha
continuato
ad
essere
imitata
per
mesi
dopo
la
proiezione
della
pellicola
.
Ma
non
si
possono
dimenticare
neanche
il
sorriso
furbo
e
volgare
,
il
modo
di
pettinarsi
,
di
camminare
dondolando
le
spalle
per
i
corridoi
della
Questura
tra
l
'
ossequio
dei
subalterni
;
una
camminata
nella
quale
buona
parte
della
burocrazia
di
Stato
potrebbe
riconoscersi
senza
battere
ciglio
.
La
conclusione
naturalmente
è
che
la
diversità
non
è
in
Volonté
ma
nel
mezzo
.
Volonté
è
uno
straordinario
attore
di
cinema
perché
la
sua
costruzione
del
personaggio
parte
dai
dettagli
e
vive
di
questi
.
Del
resto
lo
dice
egli
stesso
:
«
Io
comincio
dal
copione
.
Ricopio
a
mano
dieci
,
quindici
,
venti
volte
tutta
la
mia
parte
battuta
per
battuta
.
Serve
a
farmi
capire
ogni
parola
di
ciò
che
poi
dovrò
dire
»
.
Questo
metodo
,
insolitamente
umile
,
Volonté
lo
ha
imparato
dai
vecchi
attori
dei
«
carri
di
Tespi
»
il
teatro
girovago
della
provincia
italiana
,
ultimi
baluardi
del
naturalismo
privo
di
complessi
.
Prima
di
iscriversi
all
'
Accademia
d
'
arte
drammatica
,
nel
1954
,
con
i
«
carri
di
Tespi
»
Volonté
ha
recitato
tre
anni
.
Aveva
diciotto
anni
,
il
suo
maestro
,
Alfredo
De
Sanctis
,
quasi
novanta
;
non
deve
essere
stato
gin
apprendistato
d
'
avanguardia
.
Del
resto
il
culto
della
tradizione
non
si
limita
alla
copiatura
delle
battute
.
Settimane
prima
che
si
cominciasse
Indagine
su
un
cittadino
la
casa
di
Volonté
era
tappezzata
di
fotografie
di
questori
e
commissari
di
polizia
.
Passeggiando
tra
quei
ritratti
l
'
attore
si
impadroniva
di
un
dito
nel
naso
,
un
sorriso
arrogante
,
un
mignolo
sollevato
con
finezza
sulla
tazza
del
cappuccino
.
Non
si
arriva
a
Ermete
Zacconi
che
vagava
per
gli
ospedali
ad
osservare
il
delirium
tremens
dal
vero
ma
l
'
indirizzo
è
quello
.
Elio
Petri
,
che
e
finora
il
regista
che
a
Volonté
ha
dato
di
più
,
spiega
se
lo
si
interroga
in
proposito
che
con
quel
metodo
l
'
attore
arriva
alla
«
ricostruzione
critica
del
personaggio
»
dopo
averlo
«
demolito
»
;
insomma
fa
quasi
balenare
Brecht
.
Altri
invece
ritengono
di
poter
dire
che
ci
si
trova
di
fronte
a
un
caso
clamoroso
di
recupero
romantico
e
naturalista
,
attitudini
che
d
'
altronde
si
accompagnano
molto
bene
a
quella
rivoluzionaria
come
,
per
altri
aspetti
,
l
'
impiego
del
dialetto
.
La
domanda
anzi
è
più
che
legittima
:
quanta
parte
della
fortuna
di
Volonté
è
legata
all
'
uso
del
dialetto
?
La
risposta
la
dà
Franco
Rosi
:
«
I
maggiori
personaggi
cinematografici
di
Volonté
»
dice
«
avevano
un
'
identità
facilitata
dai
loro
tic
e
dal
loro
dialetto
.
Non
voglio
sminuire
la
sua
bravura
nelle
parti
precedenti
ma
solo
dire
che
interpretando
Mattei
,
Volonté
si
è
messo
per
la
prima
volta
nelle
condizioni
più
difficili
per
un
attore
.
Mattei
veste
di
grigio
,
ha
sempre
il
cappello
in
testa
e
la
cravatta
al
collo
,
non
ha
inflessioni
riconoscibili
.
Insomma
ha
l
'
aspetto
esterno
di
un
italiano
qualsiasi
.
Eppure
anche
questa
è
,
secondo
me
,
un
'
interpretazione
di
grande
efficacia
»
.
Si
ricade
allora
su
un
'
altra
qualità
fondamentale
del
grande
interprete
:
la
capacità
mimetica
.
Da
questo
punto
di
vista
l
'
attore
è
veramente
quella
canna
vuota
di
cui
sí
parla
e
che
gli
altri
costringono
(
o
che
si
costringe
da
sé
)
a
risuonare
in
cento
modi
diversi
.
Nessun
dubbio
che
anche
Alberto
Sordi
o
Vittorio
Gassman
siano
ottimi
attori
;
il
loro
limite
però
è
nel
dare
vita
,
film
dopo
film
,
a
tanti
diversi
episodi
di
un
personaggio
sempre
uguale
a
se
stesso
:
il
romano
un
po
'
vile
di
Sordi
,
il
maldestro
spaccamontagne
di
Gassman
.
L
'
agilità
di
Volonté
invece
arriva
direttamente
da
una
tradizione
che
consentiva
agli
attori
di
un
tempo
di
interpretare
con
la
stessa
disinvolta
indifferenza
Amleto
o
Come
le
foglie
.
Nessuna
meraviglia
allora
se
la
comicità
di
Sordi
risulta
leggermente
straniata
a
Cuneo
e
incomprensibile
a
Zurigo
mentre
della
mimica
«
meridionale
»
del
commissario
di
Indagine
si
può
godere
ugualmente
a
Roma
e
a
New
York
.
Tutti
questi
vantaggi
presentano
un
solo
rischio
:
l
'
istrionismo
,
pericolo
sul
quale
Elio
Petri
è
disposto
a
concordare
con
il
correttivo
però
che
tutti
i
grandi
attori
sono
degli
istrioni
:
«
Barrymore
,
Marlon
Brando
,
Eduardo
,
Jouvet
,
Jean
Gabin
.
La
differenza
tra
un
attore
e
una
persona
normale
è
che
il
primo
è
capace
di
catturare
il
lato
istrionesco
e
farlo
diventare
riconoscibile
,
gli
altri
no
»
.
Vediamo
ora
il
secondo
aspetto
:
la
«
missione
»
.
Anche
da
questo
punto
di
vista
Volonté
ha
modelli
famosi
e
anch
'
essi
,
per
fatalità
,
ottocenteschi
:
Gustavo
Modena
e
la
piccola
schiera
di
attori
patrioti
e
democratici
che
agirono
durante
il
Risorgimento
.
Gian
Maria
Volonté
non
è
un
patriota
ma
è
sicuramente
un
democratico
,
comunque
la
sua
parentela
con
Modena
è
evidente
.
Nel
1831
,
quando
scoppiarono
i
moti
carbonari
,
Gustavo
Modena
abbandonò
improvvisamente
la
sua
attività
di
attore
e
corse
a
combattere
accanto
ai
liberali
a
Rimini
e
ad
Ancona
.
Nel
1968
,
scoppiata
la
contestazione
studentesca
,
Gian
Maria
Volonté
rompe
improvvisamente
il
contratto
per
il
film
Metti
una
sera
a
cena
e
si
unisce
ai
gruppi
della
sinistra
più
intransigente
.
Nel
1839
Gustavo
Modena
allestisce
per
la
prima
volta
al
Queen
'
s
Theatre
di
Londra
alcune
scene
della
Divina
Commedia
.
È
uno
spettacolo
che
in
seguito
riprenderà
molto
spesso
perché
gli
consente
di
«
realizzare
il
sogno
di
un
'
arte
politica
»
.
Nel
1969
Gian
Maria
Volonté
allestisce
alla
stazione
Termini
di
Roma
una
scena
di
teatro
di
strada
con
tre
personaggi
:
«
il
disoccupato
»
,
«
l
'
operaio
»
,
«
la
viaggiatrice
»
riuscendo
a
coinvolgere
tre
o
quattrocento
viaggiatori
in
arrivo
e
in
partenza
.
Nel
1849
Gustavo
Modena
partecipa
alla
difesa
della
Repubblica
romana
;
nelle
pause
del
combattimento
recita
negli
ospedali
in
favore
dei
feriti
.
Durante
l
'
autunno
caldo
Gian
Maria
Volonté
alterna
recite
e
dibattiti
politici
nelle
fabbriche
occupate
,
durante
scioperi
e
cortei
.
Dopo
queste
attività
alcuni
extraparlamentari
di
particolare
intransigenza
rimproverano
a
Volonté
la
sua
partecipazione
ai
primi
due
western
di
Sergio
Leone
con
lo
pseudonimo
di
John
Wells
.
La
verità
è
che
nella
sua
carriera
Volonté
non
ha
avuto
più
cedimenti
di
quanti
non
ne
giustifichi
la
ricerca
iniziale
di
un
ruolo
,
di
uno
stile
e
probabilmente
di
una
paga
.
Se
ha
interpretato
Per
un
pugno
di
dollari
,
se
ha
partecipato
alle
avventure
di
Maigret
in
televisione
,
se
ha
recitato
Goldoni
è
anche
vero
che
nel
1960
Volonté
ha
fatto
in
teatro
Sacco
e
Vanzetti
,
nel
'62
ha
girato
Un
uomo
da
bruciare
(
storia
di
Salvatore
Carnevale
)
,
nel
'63
Il
terrorista
,
nel
'64
ha
messo
in
scena
Il
Vicario
di
Hochhuth
nel
retrobottega
della
libreria
Feltrinelli
di
Roma
dopo
che
la
polizia
ne
aveva
impedito
la
rappresentazione
in
teatro
.
«
Io
»
dice
oggi
Volonté
«
scelgo
i
film
che
devo
fare
e
se
non
è
un
soggetto
impegnato
in
un
senso
politico
preciso
non
lo
faccio
.
»
Dopo
l
'
arte
e
la
missione
,
l
'
ultimo
aspetto
è
il
«
sacrificio
»
.
L
'
argomento
è
delicato
poiché
il
sacrificio
di
Volonté
è
soprattutto
economico
e
il
rischio
è
di
fornire
non
dati
o
valutazioni
ma
pettegolezzi
.
Comunque
poiché
si
sa
che
un
attore
,
come
d
'
altronde
ogni
altro
professionista
,
ha
una
sua
quotazione
ufficiale
,
si
può
anche
sapere
che
quella
di
Volonté
,
in
puri
termini
di
mercato
,
si
aggira
sui
150
milioni
a
pellicola
.
Quando
interpretò
il
primo
filmi
di
Sergio
Leone
,
Volonté
ebbe
come
compenso
1
milione
e
200
mila
lire
.
Al
secondo
western
Per
qualche
dollaro
in
più
,
4
milioni
e
mezzo
.
Anche
se
la
sua
quotazione
si
è
moltiplicata
per
trenta
,
quaranta
volte
in
pochi
anni
,
registi
e
produttori
sanno
che
se
il
soggetto
è
«
impegnato
in
senso
politico
preciso
»
Volonté
accetta
di
farlo
per
molto
meno
,
«
questo
»
dice
il
regista
Giuliano
Montaldo
«
a
me
sembra
un
vero
capitale
per
il
cinema
italiano
.
Un
regista
anche
poco
conosciuto
sa
che
se
il
suo
soggetto
è
buono
può
contare
su
un
attore
di
prima
grandezza
allo
stesso
costo
con
cui
se
ne
assicurerebbe
uno
di
secondo
piano
»
.
Ma
la
disponibilità
di
Volonté
non
si
esaurisce
sul
set
.
Come
nel
film
La
classe
operaia
,
nell
'
appartamento
di
Volonté
è
un
andirivieni
ininterrotto
di
rappresentanti
di
tutti
i
gruppi
della
sinistra
che
sono
indubbiamente
molti
e
tutti
in
gara
tra
loro
nel
dissimulare
la
riconoscenza
sotto
la
grinta
rivoluzionaria
.
Chi
scrive
ha
sentito
personalmente
uno
di
loro
commentare
in
pubblico
:
«
Però
,
con
quello
che
guadagna
,
solo
mezzo
milione
ha
dato
»
.
La
verità
su
questo
attore
è
un
paradosso
:
Volonté
sembra
un
tipo
di
interprete
nuovo
perché
in
realtà
è
talmente
antico
che
si
è
persa
la
memoria
del
modello
al
quale
risale
.
La
sua
aderenza
al
canone
del
grande
attore
naturalistico
di
tradizione
italiana
è
perfetta
.
Anche
ad
esempio
nel
suo
modo
di
comportarsi
in
scena
,
prima
di
cominciare
a
girare
;
nel
suo
bisogno
quasi
quotidiano
di
essere
spiritualmente
medicato
e
rassicurato
circa
i
fini
del
film
e
l
'
ideologia
che
lo
sorregge
,
o
anche
a
proposito
di
una
vicenda
personale
,
di
una
conversazione
avuta
la
sera
precedente
.
Elio
Petri
dice
:
«
Credo
che
gli
attori
abbiano
lo
straordinario
incanto
di
essere
come
bambini
.
L
'
infanzia
è
l
'
età
nella
quale
si
gioca
ai
travestimenti
;
passata
quella
ognuno
assume
il
suo
ruolo
fisso
,
eccetto
gli
attori
che
possono
continuare
a
giocare
per
tutta
la
vita
»
.
StampaPeriodica ,
Quante
volte
negli
ultimi
quindici
anni
si
è
provato
ad
immaginare
in
che
modo
Abdel
Gamal
Nasser
sarebbe
uscito
dalla
scena
politica
?
Pochi
ammettevano
che
egli
sarebbe
morto
,
come
invece
è
avvenuto
,
per
malattia
naturale
,
nel
suo
palazzo
presidenziale
del
Cairo
.
Specie
in
Italia
dove
un
buon
numero
di
commentatori
politici
e
uomini
pubblici
sembrava
non
aver
dubbi
in
proposito
:
il
presidente
egiziano
avrebbe
finito
i
suoi
giorni
in
modo
violento
,
vittima
di
un
attentato
da
parte
di
uno
dei
suoi
molti
nemici
o
processato
sommariamente
e
giustiziato
come
si
conveniva
ad
un
«
dittatore
fascista
»
del
suo
stampo
.
Coloro
che
a
lungo
hanno
detto
e
scritto
queste
cose
,
con
incredibile
e
puntuale
monotonia
(
anche
se
oggi
tendono
a
dimenticare
simili
giudizi
)
non
dimostravano
solo
una
approssimativa
conoscenza
della
natura
del
fascismo
(
che
come
movimento
reazionario
di
massa
,
antioperaio
e
antisindacale
,
presuppone
l
'
esistenza
di
una
società
industriale
sviluppata
)
;
ma
ancor
più
rivelavano
di
ignorare
le
tradizioni
,
le
strutture
sociali
e
culturali
,
i
problemi
e
quindi
le
condizioni
di
vita
politica
dei
paesi
arretrati
del
Terzo
Mondo
ai
quali
l
'
Egitto
indubbiamente
apparteneva
e
ancor
oggi
appartiene
.
Le
masse
che
la
sera
di
lunedì
,
al
momento
in
cui
radio
Cairo
ha
dato
l
'
annuncio
della
morte
di
Nasser
,
si
sono
riversate
piangenti
nelle
strade
e
nelle
piazze
della
capitale
egiziana
,
hanno
dato
la
migliore
risposta
circa
il
carattere
dittatoriale
del
governo
dell
'
uomo
appena
scomparso
.
Il
fatto
tuttavia
che
questi
giudizi
abbiano
a
lungo
prevalso
specie
in
Italia
,
ha
avuto
un
peso
notevole
nell
'
evoluzione
politica
del
Medio
Oriente
.
Solo
in
uno
sfondo
di
estremismo
si
possono
spiegare
infatti
le
successive
decisioni
«
punitive
»
dell
'
Occidente
,
dal
rifiuto
della
vendita
di
armi
della
primavera
1955
all
'
improvviso
ritiro
del
finanziamento
per
la
diga
di
Assuan
,
fino
alla
follia
della
spedizione
anglo
francese
di
Suez
dell
'
ottobre
1956
e
alla
guerra
fredda
degli
anni
successivi
.
Nessuno
può
sapere
quali
,
in
circostanze
diverse
,
sarebbero
stati
gli
sviluppi
di
questo
scacchiere
così
delicato
e
fondamentale
.
È
certo
che
a
distanza
di
anni
,
dopo
tutto
quello
che
da
allora
è
successo
nel
mondo
,
dopo
che
le
potenze
ex
coloniali
hanno
dovuto
incassare
ben
altri
colpi
al
loro
orgoglio
e
al
loro
prestigio
,
appare
chiaro
che
col
suo
boicottaggio
verso
il
leader
dei
giovani
ufficiali
egiziani
l
'
Occidente
dimostrava
solo
la
propria
inadeguatezza
a
comprendere
il
moto
storico
di
fronte
al
quale
si
trovava
,
la
propria
incapacità
ad
accettare
il
tentativo
dei
popoli
sottosviluppati
di
liberarsi
dai
vincoli
e
dalle
servitù
a
cui
ancora
erano
sottoposti
.
Le
maggiori
doti
di
intuizione
furono
dimostrate
,
in
quegli
anni
decisivi
,
dai
dirigenti
del
nuovo
Stato
ebraico
,
nato
da
poco
in
Palestina
.
Sono
ormai
alcuni
anni
che
David
Ben
Gurion
non
nasconde
la
sua
ammirazione
per
Abdel
Gamal
Nasser
,
gli
attribuisce
in
pubbliche
dichiarazioni
e
interviste
la
qualifica
di
grande
uomo
di
Stato
e
di
vero
patriota
.
Se
queste
frasi
dimostrano
un
ripensamento
e
una
correzione
di
precedenti
errori
di
valutazione
,
vanno
accolte
come
tali
.
Ma
i
fatti
dimostrano
che
furono
proprio
Ben
Gurion
e
gli
uomini
a
lui
più
vicini
,
che
sono
poi
quelli
che
costituiscono
l
'
attuale
gruppo
dirigente
israeliano
,
ad
indirizzare
i
rapporti
tra
Tel
Aviv
e
il
Cairo
in
una
strada
senza
uscita
e
a
non
apprezzare
le
opportunità
che
offriva
l
'
ascesa
al
potere
dei
giovani
ufficiali
autori
del
colpo
di
Stato
contro
Faruk
.
Salito
al
potere
con
un
programma
di
riforme
interne
,
Nasser
cercò
infatti
,
nei
primi
anni
del
suo
governo
,
di
smorzare
i
risentimenti
nati
dalla
guerra
anti
-
israeliana
del
194849
.
Questa
azione
avrebbe
avuto
successo
?
A
poco
a
poco
si
sarebbe
arrivati
ad
un
modus
vivendi
accettabile
da
entrambe
le
parti
e
infine
ad
una
vera
pace
?
Difficile
oggi
dirlo
.
È
però
accertato
che
,
mentre
una
parte
dell
'
opinione
pubblica
e
della
stessa
classe
dirigente
israeliana
(
compreso
il
primo
ministro
del
periodo
a
cavallo
tra
il
195455
Moshe
Sharett
)
cercava
di
approfittare
della
situazione
favorevole
per
raggiungere
un
'
intesa
col
Cairo
(
ed
in
effetti
in
quei
mesi
vi
furono
contatti
indiretti
tra
egiziani
e
Israele
attraverso
l
'
ambasciatore
indiano
al
Cairo
,
lo
storico
K.M.
Panikkar
,
e
il
leader
socialista
maltese
Dom
Mintoff
)
,
Ben
Gurion
e
i
suoi
amici
si
muovevano
in
direzione
esattamente
opposta
.
I
loro
sforzi
si
concretarono
prima
nel
complotto
che
va
sotto
il
nome
di
«
affare
Lavon
»
(
il
tentativo
di
organizzare
,
nell
'
estate
del
1954
,
una
serie
di
attentati
in
edifici
di
proprietà
inglese
e
americana
in
Egitto
,
in
modo
da
spingere
Londra
e
Washington
a
scagliarsi
contro
Nasser
e
possibilmente
ad
abbatterlo
)
e
poi
,
otto
mesi
più
tardi
,
nella
spedizione
punitiva
contro
i
campi
dell
'
esercito
egiziano
a
Gaza
che
,
in
risposta
ad
un
limitato
incidente
di
frontiera
,
provocò
la
morte
di
38
soldati
del
Cairo
.
Ben
Gurion
in
quel
momento
era
ritornato
al
governo
,
come
ministro
della
Difesa
,
esattamente
da
due
settimane
.
Otto
mesi
più
tardi
avrebbe
sostituito
Sharett
alla
testa
del
governo
.
La
macchina
che
nell
'
ottobre
del
1956
doveva
portare
alla
prima
campagna
del
Sinai
era
stata
ormai
messa
in
moto
.
L
'
occasione
propizia
offerta
dalla
formazione
al
Cairo
di
un
governo
di
uomini
nuovi
e
non
legati
all
'
impostazione
del
passato
era
stata
definitivamente
perduta
.
Dovevano
passare
esattamente
undici
anni
,
con
in
mezzo
una
nuova
guerra
,
perché
si
tornasse
a
creare
una
situazione
altrettanto
suscettibile
di
sviluppi
positivi
.
Nella
primavera
del
1967
Nasser
,
forse
ingannato
dai
siriani
,
forse
spinto
dai
russi
,
certo
preso
in
un
ingranaggio
che
presto
non
sarebbe
riuscito
più
a
controllare
,
aveva
posto
a
Israele
,
con
la
chiusura
dello
stretto
di
Tiran
,
un
ultimatum
che
lo
Stato
ebraico
,
non
a
torto
,
considerava
inaccettabile
.
La
guerra
che
era
scoppiata
all
'
inizio
di
giugno
aveva
avuto
per
l
'
Egitto
e
per
l
'
intero
fronte
arabo
conseguenze
disastrose
.
Ma
a
distanza
di
due
mesi
,
nonostante
la
rapida
ricostruzione
del
suo
esercito
da
parte
dell
'
URSS
,
Nasser
appariva
disposto
a
trarre
le
conseguenze
da
quanto
era
accaduto
.
Nonostante
le
apparenze
e
gli
slogan
propagandistici
(
i
tre
no
:
alle
trattative
dirette
,
al
riconoscimento
di
Israele
,
ad
un
trattato
di
pace
)
fu
esattamente
questo
il
significato
del
vertice
arabo
di
Kartum
.
Nasser
si
separava
dagli
estremisti
,
smentiva
pubblicamente
i
palestinesi
che
,
attraverso
il
loro
screditato
leader
Shukeri
,
seguitavano
a
invocare
la
distruzione
di
Israele
,
e
si
dichiarava
partigiano
di
una
«
soluzione
politica
»
.
La
vera
portata
di
questa
scelta
apparve
chiara
nel
giro
di
poche
settimane
,
quando
il
governo
del
Cairo
dichiarò
di
accettare
senza
condizioni
la
risoluzione
del
Consiglio
di
Sicurezza
dell
'
ONU
del
22
settembre
1967
(
mentre
israeliani
,
e
siriani
,
si
rifiutavano
di
fare
altrettanto
)
.
Si
può
dire
che
da
allora
questa
decisione
abbia
sempre
costituito
il
filo
conduttore
della
politica
del
Cairo
.
Sia
pure
attraverso
gli
alti
e
bassi
dettati
dalla
tattica
diplomatica
e
dalle
complesse
necessità
della
situazione
interna
e
internazionale
,
Nasser
ha
insistito
sulla
possibilità
di
trovare
un
accordo
negoziato
,
ha
spostato
il
discorso
dal
problema
dell
'
esistenza
di
Israele
a
quello
delle
sue
frontiere
,
fino
ad
accettare
,
nel
luglio
scorso
,
il
piano
Rogers
e
a
tentare
,
pochi
giorni
prima
della
sua
scomparsa
,
la
mediazione
del
conflitto
giordano
.
Questa
ultima
iniziativa
e
gli
avvenimenti
che
l
'
hanno
immediatamente
preceduta
presentano
aspetti
ancora
tutt
'
altro
che
chiari
.
Per
i
primi
due
giorni
dello
scontro
tra
i
beduini
e
i
movimenti
di
resistenza
di
Arafat
e
di
Habash
,
il
Cairo
tace
;
solo
al
terzo
giorno
,
quando
si
profila
il
massacro
dell
'
intera
comunità
palestinese
,
l
'
Egitto
interviene
per
ammonire
Hussein
e
per
arrestare
i
combattimenti
.
Nel
complesso
Nasser
sembra
desiderare
non
la
distruzione
della
guerriglia
ma
certo
un
suo
ridimensionamento
,
possibilmente
sotto
la
guida
del
suo
leader
più
moderato
Yassir
Arafat
.
Realisticamente
il
leader
egiziano
si
rende
infatti
conto
che
,
mentre
una
pace
in
Medio
Oriente
non
potrà
mai
essere
trovata
se
non
verranno
riconosciute
le
giuste
esigenze
del
popolo
palestinese
,
chiedere
la
formazione
di
uno
Stato
unitario
di
arabi
,
ebrei
e
cristiani
(
come
vogliono
Habash
e
Hawtmeh
)
equivale
ad
allontanare
per
sempre
ogni
prospettiva
di
soluzione
negoziata
.
Il
discorso
di
Nasser
si
interrompe
a
questo
punto
e
i
dubbi
che
esso
avrebbe
potuto
essere
proseguito
fino
al
conseguimento
di
un
risultato
positivo
sono
,
oggi
non
meno
di
ieri
,
legittimi
.
Ci
si
può
chiedere
infatti
se
Israele
avrebbe
mai
finito
per
rinunziare
alle
sue
aspirazioni
annessionistiche
,
se
l
'
intera
comunità
palestinese
avrebbe
accettato
la
leadership
di
Arafat
,
se
Hussein
non
avrebbe
ancora
una
volta
ceduto
ai
suoi
estremisti
decisi
a
raggiungere
un
accordo
con
Tel
Aviv
sopra
i
cadaveri
della
guerriglia
,
se
la
Siria
avrebbe
mai
abbandonato
il
campo
degli
intransigenti
.
Ma
nel
caos
della
situazione
mediorientale
quello
del
leader
egiziano
rappresentava
il
solo
filo
logico
,
il
solo
punto
di
riferimento
per
chi
mirava
ad
una
sia
pure
lenta
e
progressiva
pacificazione
.
Ora
invece
le
forze
centrifughe
rischiano
di
prevalere
in
ogni
campo
.
I
n
primo
luogo
tra
i
palestinesi
.
Nasser
,
infatti
,
con
il
suo
immenso
prestigio
poteva
coprire
Arafat
nella
fase
difficile
di
sganciamento
dagli
slogan
massimalistici
e
di
avvicinamento
a
tesi
più
compatibili
con
la
reale
situazione
e
con
i
reali
rapporti
di
forza
.
Sadat
o
qualsiasi
altro
leader
del
Cairo
non
potrà
fare
altrettanto
.
Per
quanto
riguarda
il
futuro
dell
'
Egitto
,
ogni
ipotesi
è
possibile
.
Si
potrà
assistere
alla
riapparizione
di
vecchie
forze
politiche
(
come
i
Fratelli
musulmani
)
,
ad
una
lotta
per
il
potere
tra
le
varie
tendenze
dell
'
esercito
e
l
'
Unione
socialista
araba
o
,
infine
,
alla
caduta
del
paese
in
uno
stato
di
disgregazione
e
di
tensione
.
Né
si
può
infine
escludere
che
,
sotto
la
guida
di
un
nuovo
leader
o
di
un
nuovo
gruppo
dirigente
,
l
'
Egitto
tenda
a
ripiegarsi
su
se
stesso
e
,
anche
per
la
pressione
dei
russi
(
interessati
alla
riapertura
del
canale
di
Suez
)
,
finisca
per
accettare
una
forma
di
pace
separata
con
Israele
,
abbandonando
completamente
i
palestinesi
al
loro
destino
.
In
questo
caso
quello
dei
palestinesi
si
declasserebbe
ad
un
semplice
problema
di
«
polizia
interna
»
per
Israele
.
A
prescindere
da
ogni
considerazione
di
carattere
morale
(
la
storia
conosce
di
simili
infamie
)
è
difficile
credere
che
è
su
queste
basi
che
il
Medio
Oriente
potrà
mai
raggiungere
una
vera
pace
.
StampaQuotidiana ,
La
metafora
del
«
palazzo
»
usata
sempre
più
frequentemente
nel
linguaggio
politico
corrente
,
per
indicare
,
con
intenzione
non
benevola
,
coloro
che
ci
governano
,
richiama
,
per
contrapposizione
,
l
'
analoga
metafora
della
«
piazza
»
,
di
cui
ci
si
serve
,
con
intenzione
parimenti
non
benevola
,
per
indicare
la
moltitudine
di
coloro
che
stanno
fuori
(
in
basso
)
e
non
hanno
altro
potere
che
quello
di
protestare
o
di
applaudire
:
«
analoga
»
,
perché
connota
un
insieme
di
persone
mediante
il
luogo
in
cui
si
trovano
,
come
«
casa
»
per
famiglia
,
«
caserma
»
per
truppa
,
«
castello
»
per
signore
,
«
reggia
»
per
monarca
,
e
,
passando
dal
nome
astratto
al
nome
proprio
,
«
Farnesina
»
per
corpo
diplomatico
italiano
.
A
commento
della
manifestazione
romana
del
marzo
scorso
,
promossa
da
un
sindacato
contro
una
minacciata
riduzione
della
scala
mobile
,
il
«
Corriere
della
Sera
»
intitolò
un
suo
articolo
Il
Parlamento
e
la
«
piazza
»
.
Recentemente
sulla
«
Stampa
»
il
titolo
annunciava
Studenti
in
«
piazza
»
e
nel
sottotitolo
si
leggeva
:
Palazzo
Chigi
risponde
in
tono
pacato
.
Ancor
più
recentemente
«
La
Repubblica
»
ha
dato
l
'
annuncio
che
Carniti
sarebbe
diventato
presidente
della
Rai
in
questo
modo
:
Entra
nel
Palazzo
un
uomo
di
«
piazza
»
.
Per
quanto
la
reiterazione
della
contrapposizione
sia
di
questi
ultimi
anni
(
e
chi
sa
quanti
altri
esempi
se
ne
potrebbero
dare
)
,
dovuta
a
una
celebre
invettiva
di
Pasolini
,
l
'
antitesi
«
palazzo
-
piazza
»
è
antica
e
appartiene
al
linguaggio
politico
tradizionale
.
In
un
articolo
del
primo
fascicolo
della
bella
rivista
dell
'
Istituto
italiano
di
cultura
a
Parigi
,
uscita
in
questi
giorni
col
titolo
«50
,
rue
de
Varenne
»
,
tutto
dedicato
al
tema
della
«
piazza
»
(
anche
se
prevalentemente
dal
punto
di
vista
architettonico
e
quindi
non
nel
suo
significato
metaforico
)
,
mi
cade
sottocchio
un
brano
di
uno
dei
Ricordi
di
Guicciardini
,
in
cui
si
legge
:
«
...
e
spesso
tra
il
palazzo
e
la
piazza
è
una
nebbia
sì
folta
o
un
muro
sì
grosso
che
...
tanto
sa
el
popolo
di
quello
che
fa
chi
governa
o
della
ragione
perché
lo
fa
,
quanto
delle
cose
che
si
fanno
in
India
»
.
Se
una
ricerca
su
questa
contrapposizione
,
soprattutto
sull
'
uso
di
«
piazza
»
nel
suo
significato
politico
,
non
fosse
ancora
stata
fatta
(
ma
non
si
sa
mai
)
,
varrebbe
la
pena
che
un
giovane
volenteroso
vi
si
accingesse
.
Intanto
non
mi
sembra
inopportuna
qualche
osservazione
generale
.
«
Piazza
»
è
uno
di
quei
tanti
termini
che
,
nati
nel
linguaggio
comune
,
diventati
sempre
più
popolari
attraverso
il
linguaggio
dei
giornali
,
possono
offrire
un
interessante
e
nuovo
campo
d
'
indagine
anche
allo
studioso
.
Nelle
espressioni
più
correnti
,
«
manifestazione
o
dimostrazione
di
piazza
»
,
«
scendere
o
andare
in
piazza
»
,
«
fare
appello
alla
piazza
»
,
o
addirittura
proverbiali
,
come
«
pane
in
piazza
e
giustizia
in
palazzo
»
,
la
parola
sta
a
indicare
una
moltitudine
di
persone
che
si
riuniscono
spontaneamente
e
volontariamente
,
o
vengono
convocate
da
chi
ha
voce
per
farsi
ubbidire
,
allo
scopo
di
manifestare
,
secondo
un
diverso
grado
d
'
intensità
,
uno
stato
d
'
animo
,
un
'
opinione
,
una
volontà
politica
,
che
possono
essere
tanto
di
protesta
,
come
avviene
di
solito
nei
regimi
democratici
,
in
cui
uno
dei
diritti
costituzionalmente
garantiti
è
il
diritto
di
riunione
in
pubblico
e
di
libera
manifestazione
del
proprio
pensiero
anche
attraverso
il
mezzo
della
riunione
pacifica
,
quanto
di
consenso
,
com
'
è
avvenuto
nel
nostro
paese
con
le
famose
«
adunate
»
fasciste
di
piazza
Venezia
,
dove
la
moltitudine
vi
confluiva
,
in
parte
di
propria
volontà
,
in
parte
perché
inquadrata
nelle
organizzazioni
di
massa
del
regime
.
Le
due
maggiori
caratteristiche
che
servono
a
definire
la
«
piazza
»
come
fenomeno
politico
sono
,
da
un
lato
,
la
partecipazione
(
o
la
mobilitazione
secondo
i
casi
)
di
un
numero
molto
alto
di
persone
,
e
,
dall
'
altro
,
il
luogo
aperto
della
riunione
.
Sulla
base
di
questi
due
elementi
la
«
piazza
»
si
distingue
da
altre
sedi
di
riunione
a
scopo
di
protesta
o
di
discussione
politica
,
più
ristrette
e
meno
aperte
,
come
il
salotto
o
il
caffè
,
l
'
uno
privato
,
l
'
altro
semipubblico
,
di
cui
soltanto
si
può
disporre
là
dove
le
libertà
civili
non
sono
riconosciute
.
A
differenza
dei
luoghi
dove
si
possono
riunire
soltanto
poche
persone
e
al
chiuso
,
la
«
piazza
»
non
è
sede
di
discussione
,
dove
si
vada
per
dibattere
un
problema
e
decidere
di
conseguenza
.
Coloro
che
vi
confluiscono
lo
fanno
perché
hanno
uno
scopo
comune
,
in
qualche
modo
già
prestabilito
.
Ascoltano
gli
oratori
di
parte
se
si
tratta
di
una
protesta
,
di
una
petizione
,
di
una
rivendicazione
nei
riguardi
dei
signori
del
palazzo
;
oppure
pendono
dalle
labbra
del
grande
demagogo
,
che
fissa
le
mete
,
dà
ordini
,
indica
il
nemico
da
abbattere
negli
avversari
del
governo
,
e
acclamano
.
A
differenza
dell
'
agorà
classica
,
la
«
piazza
»
tanto
nei
regimi
autocratici
,
quanto
nei
regimi
di
democrazia
indiretta
o
rappresentativa
,
non
è
neppure
un
luogo
dove
si
prendano
decisioni
:
le
decisioni
che
contano
o
sono
già
prese
dagli
stessi
partecipanti
(
si
manifesta
perché
si
vuole
un
certo
provvedimento
o
si
contesta
un
provvedimento
già
preso
)
,
oppure
dallo
stesso
dittatore
(
e
la
folla
parla
per
monosillabi
:
«
Sì
»
,
«
No
»
,
«
A
noi
!
»
)
.
In
un
regime
di
democrazia
rappresentativa
,
che
è
quello
che
c
'
interessa
,
la
«
piazza
»
è
la
più
visibile
conseguenza
del
diritto
di
riunione
illimitato
rispetto
al
numero
delle
persone
che
possono
esercitarlo
insieme
e
contemporaneamente
.
Prima
dell
'
avvento
dei
regimi
democratici
la
facoltà
concessa
ai
cittadini
di
riunirsi
per
presentare
petizioni
era
riservata
a
gruppi
di
pochi
,
non
più
di
una
decina
.
Altrimenti
la
riunione
è
illecita
,
ed
è
vietata
come
«
assembramento
»
,
o
peggio
come
«
tumulto
»
,
nei
casi
estremi
come
«
sedizione
»
.
Non
c
'
è
più
esatta
descrizione
di
come
un
accorrere
di
gente
per
protesta
si
trasformi
in
tumulto
che
quella
offertaci
da
Manzoni
nel
capitolo
XII
dei
Promessi
sposi
in
cui
si
comincia
a
parlare
di
«
piazze
»
e
strade
che
«
brulicavano
di
uomini
,
trasportati
da
una
rabbia
comune
,
predominati
da
un
pensiero
comune
,
conoscenti
o
estranei
,
senza
essersi
dati
l
'
intesa
,
quasi
senza
avvedersene
,
come
gocciole
sparse
sullo
stesso
pendio
»
e
si
finisce
con
quel
«
trambusto
»
che
«
andava
sempre
crescendo
»
,
perché
«
tutti
coloro
che
gli
pizzicavan
le
mani
di
far
qualche
bell
'
impresa
,
correvan
là
,
dove
gli
amici
erano
i
più
forti
,
e
l
'
impunità
sicura
»
.
«
Palazzo
»
e
«
piazza
»
sono
due
espressioni
polemiche
per
designare
,
rispettivamente
,
i
governanti
e
i
governati
,
soprattutto
il
loro
rapporto
d
'
incomprensione
reciproca
,
di
estraneità
,
di
rivalità
,
ancora
oggi
,
come
nel
brano
sopracitato
di
Guicciardini
.
E
si
richiamano
a
vicenda
,
negativamente
:
vista
dal
palazzo
la
piazza
è
il
luogo
della
libertà
licenziosa
;
visto
dalla
piazza
il
palazzo
è
il
luogo
dell
'
arbitrio
del
potere
.
Se
cade
l
'
uno
è
destinato
a
cadere
anche
l
'
altro
.