StampaQuotidiana ,
Tutti
salvi
i
passeggeri
e
l
'
equipaggio
del
modernissimo
traghetto
greco
dov
'
è
scoppiato
un
incendio
mentre
navigava
verso
Ancona
.
Vero
.
Ma
nel
garage
del
traghetto
,
rintanati
dentro
i
camion
c
'
erano
I
2
(
o
13
,
o
18
)
clandestini
kurdo
-
iracheni
che
sono
morti
come
topi
,
perché
le
saracinesche
ad
alta
tecnologia
del
garage
si
sono
chiuse
automaticamente
per
circoscrivere
l
'
incendio
.
In
altri
tempi
erano
i
topi
in
senso
proprio
che
morivano
affogati
nelle
stive
se
non
facevano
in
tempo
ad
abbandonare
la
nave
.
Ora
sono
gli
emigranti
che
muoiono
asfissiati
anche
se
viaggiano
su
un
traghetto
d
'
avanguardia
invece
che
su
un
gommone
,
dove
muoiono
affogati
.
Meglio
gli
scafisti
,
in
fin
dei
conti
,
delle
compagnie
di
bandiera
.
Uomini
e
topi
era
un
romanzo
di
Steinbeck
,
adesso
è
una
tradizione
mediterranea
.
È
pittoresco
,
fantasioso
,
il
modo
di
morire
di
questi
emigranti
che
cercano
di
raggiungere
le
nostre
coste
per
sfuggire
alla
loro
condizione
miserabile
,
sperando
di
trovare
un
lavoro
nero
chissà
dove
,
di
pulire
i
nostri
cessi
o
di
spacciare
qualcosa
.
L
'
asfissia
o
l
'
annegamento
sono
solo
due
modi
,
ci
sono
quelli
che
muoiono
assiderati
nella
carlinga
di
un
aereo
o
attaccati
al
carrello
,
o
quelli
che
arrivano
dall
'
Est
per
via
terra
e
vengono
ritrovati
cadaveri
ai
bordi
delle
autostrade
.
Se
poi
arrivano
vivi
non
sono
benvenuti
,
mettono
paura
anche
quando
puliscono
i
parabrezza
.
Noi
non
abbiamo
scritto
«
tutti
salvi
»
,
sul
giornale
di
ieri
,
ma
«
moriranno
domani
»
.
Non
era
una
profezia
né
un
malaugurio
,
ma
un
triste
riferimento
alla
cadenza
quotidiana
di
questi
eventi
,
alla
tragedia
permanente
dell
'
immigrazione
in
questo
mondo
moderno
e
progredito
.
E
del
resto
ci
siamo
sbagliati
,
questi
ultimi
sono
morti
ieri
,
mentre
stampavamo
il
giornale
.
Una
coincidenza
.
Fino
al
1850
,
mi
pare
,
lo
schiavismo
era
legale
ed
era
parte
integrante
dell
'
economia
occidentale
,
soprattutto
del
capitalismo
americano
nascente
.
Allora
l
'
immigrazione
non
era
rifiutata
ma
imposta
,
i
negri
africani
venivano
strappati
a
forza
dalle
loro
terre
e
portati
in
catene
a
coltivare
il
cotone
e
a
tagliare
la
canna
da
zucchero
.
Ho
letto
che
tra
il
1800
e
il
185o
furono
importati
120
00o
schiavi
all
'
anno
,
e
i
morti
nella
traversata
sono
calcolati
in
due
milioni
.
Volete
mettere
con
12
(
o
13
)
kurdi
o
iracheni
e
qualche
altro
migliaio
in
ordine
sparso
?
È
proprio
cattivo
e
irriconoscente
,
questo
capitalismo
.
Non
i
capitalisti
e
neppure
i
negrieri
che
erano
gentiluomini
(
gli
olandesi
e
i
danesi
avevano
le
docce
nelle
stive
)
ma
il
meccanismo
.
Ha
trasferito
popolazioni
e
distrutto
etnie
alimentando
se
stesso
oltre
l
'
opulenza
,
oggi
non
vuole
più
gli
schiavi
tra
i
piedi
:
è
diventato
liberale
.
StampaQuotidiana ,
C
'
erano
tutti
,
nella
trasmissione
televisiva
che
celebrava
la
giornata
della
lotta
al
cancro
.
Per
tutti
intendo
le
autorità
a
cui
deleghiamo
la
nostra
vita
,
il
presidente
della
Repubblica
,
il
presidente
del
Consiglio
,
il
ministro
della
Sanità
,
le
autorità
scientifiche
più
qualificate
in
questo
campo
.
Mi
hanno
dato
un
'
informazione
che
non
avevo
e
nessuno
ha
,
per
ignoranza
.
È
colpita
da
questa
malattia
multiforme
,
prima
o
poi
,
una
persona
su
tre
,
cioè
tutti
noi
direttamente
o
indirettamente
(
congiunti
,
figli
e
genitori
,
amici
)
.
All
'
inizio
del
secolo
erano
uno
su
trenta
.
C
'
è
dunque
una
regressione
,
una
pestilenza
,
al
confronto
della
quale
le
epidemie
del
passato
impallidiscono
.
Dedicare
una
giornata
speciale
a
un
fenomeno
di
queste
proporzioni
è
una
cosa
ridicola
,
un
'
aberrazione
.
Ma
io
mi
domando
,
senza
trovare
risposta
,
che
cosa
hanno
nella
mente
e
nel
cuore
le
autorità
che
hanno
celebrato
questa
squallida
giornata
.
Dove
vivono
,
cosa
pensano
,
di
che
pasta
son
fatti
?
Il
prof.
Veronesi
,
che
ho
conosciuto
occasionalmente
per
ragioni
personali
,
sa
tutto
di
questo
universo
di
sofferenza
e
ha
lamentato
che
due
calciatori
valgono
più
di
quanto
lo
Stato
stanzi
contro
il
cancro
.
L
'
obiezione
è
stata
che
no
,
la
spesa
equivale
a
quattro
calciatori
.
Il
ministro
Bindi
ha
detto
che
solo
i
ricchi
possono
curarsi
.
Il
presidente
D
'
Alema
ha
detto
che
provvederà
.
Erano
tutti
contenti
e
preoccupati
di
lanciare
un
messaggio
ottimista
.
La
ricerca
,
finanziata
con
i
salvadanai
nei
bar
,
fa
passi
da
gigante
.
Conosciamo
quasi
tutto
di
questa
malattia
multiforme
,
delle
sue
cause
organiche
,
sociali
e
ambientali
.
Siamo
in
grado
di
prevenirla
,
di
diagnosticarla
,
di
curarla
e
di
guarirla
in
molti
casi
.
Ma
perché
,
almeno
voi
scienziati
,
non
dite
la
verità
?
Perché
non
dite
,
socraticamente
,
che
più
sapete
e
più
sapete
di
non
sapere
?
Si
può
ancora
confondere
un
mesotelioma
mortale
con
un
reumatismo
e
per
farsi
una
tac
bisogna
trasferirsi
dal
Forlanini
al
S
.
Camillo
.
Vi
lamentate
ma
non
gridate
allo
scandalo
,
perché
a
voi
non
capita
.
Tu
D
'
Alema
,
a
cui
auguro
una
vita
personale
e
familiare
felice
,
perché
non
fai
di
questo
paese
che
governi
un
modello
mondiale
nella
lotta
alla
sofferenza
e
nella
tutela
della
vita
?
Non
sei
calciatori
invece
di
quattro
,
ma
trentamila
miliardi
,
oppure
quindici
e
altrettanti
al
sistema
idrico
e
fognario
meridionale
.
Non
posso
impedirmi
di
dire
quello
che
penso
:
guardando
quella
trasmissione
ho
provato
repulsione
.
E
anche
invidia
:
queste
autorità
,
questa
classe
dirigente
è
felice
.
Ho
pensato
a
quanto
è
costata
la
guerra
del
Kosovo
e
che
la
signora
Clinton
non
ha
il
cancro
.
Ma
mi
sbaglio
.
Anche
il
principe
ereditario
della
Fiat
è
morto
giovane
di
questo
male
ma
non
per
questo
la
filosofia
e
la
gerarchia
di
valori
di
questo
mondo
è
cambiata
.
Se
potete
,
mettete
5000
lire
(
2,5
euro
)
invece
di
mille
nei
salvadanai
dei
bar
:
questa
è
la
sinistra
etica
.
StampaQuotidiana ,
Bettino
Craxi
dimostrerebbe
di
credere
alla
propria
innocenza
e
di
avere
stile
personale
e
politico
se
rifiutasse
,
senza
oscillazioni
,
di
tornare
in
Italia
per
favoritismo
e
sotterfugio
,
e
si
facesse
operare
in
terra
di
Francia
,
tradizionalmente
ospitale
verso
gli
esuli
o
i
latitanti
.
La
malattia
non
dovrebbe
impedirgli
questo
comportamento
,
anzi
dovrebbe
suggerirglielo
,
perché
qui
da
noi
non
sarà
un
malato
da
rispettare
al
di
là
dei
reati
che
ha
commesso
e
del
potere
di
cui
ha
abusato
,
ma
un
uomo
strumentalizzato
da
amici
e
avversari
,
un
oggetto
(
o
un
soggetto
)
di
speculazione
politica
.
Possiamo
permetterci
(
magari
ingenuamente
)
di
dare
all
'
ex
leader
socialista
questo
consiglio
,
perché
,
pur
se
siamo
stati
e
restiamo
assolutamente
anticraxiani
,
in
qualche
occasione
gli
abbiamo
dato
più
credito
di
quanto
meritasse
.
Specialmente
agli
inizi
della
sua
carriera
,
quando
non
era
nessuno
ma
sembrava
potesse
contribuire
a
rompere
il
monopolio
democristiano
del
potere
.
Ma
non
era
un
garibaldino
e
neanche
un
Ghino
di
Tacco
,
cosicché
il
suo
anticomunismo
viscerale
,
il
suo
rodomontismo
(
i
fischi
a
Berlinguer
,
la
volpe
andreottiana
in
pellicceria
)
,
le
sue
inclinazioni
plebiscitarie
e
presidenzialiste
,
ne
hanno
fatto
una
stampella
del
potere
democristiano
e
il
pioniere
di
una
seconda
Repubblica
che
aggiunge
nuovi
mali
ai
vecchi
.
Si
ha
la
fastidiosa
impressione
che
i
suoi
amici
o
epigoni
nella
maggioranza
e
fuori
,
e
i
suoi
ex
avversari
o
neodiscepoli
al
governo
non
attendano
Bettino
Craxi
ma
le
sue
spoglie
:
c
'
è
del
cinismo
in
questo
paese
,
soprattutto
nelle
alte
sfere
.
Commissione
di
inchiesta
o
no
,
questo
balletto
avverrà
attorno
a
un
letto
d
'
ospedale
.
Dopo
l
'
assoluzione
e
la
riabilitazione
di
Andreotti
,
dopo
la
messa
in
mora
dei
processi
,
dopo
l
'
archivio
anglo
-
russo
,
dopo
molte
altre
cose
,
l
'
indulgenza
compassionevole
per
l
'
ex
leader
socialista
si
iscrive
in
una
meticolosa
restaurazione
del
vecchio
regime
,
anzi
in
una
saldatura
del
vecchio
col
nuovo
:
oggi
il
regime
ulivista
,
domani
quello
berlusconiano
.
Se
fosse
un
atto
di
clemenza
,
potrebbe
piacerci
.
Ma
le
carceri
italiane
(
come
ogni
carcere
)
sono
ricolme
di
sofferenza
e
malattia
,
e
la
clemenza
non
le
ha
mai
frequentate
,
non
si
è
mai
seduta
alla
tavola
degli
uomini
comuni
che
le
abitano
.
I
muri
delle
città
italiane
sono
tappezzati
di
manifesti
che
proclamano
la
tolleranza
zero
e
invocano
per
i
piccoli
scippatori
pene
certe
e
severe
.
Non
lo
ricordo
per
provocazione
o
demagogia
,
ma
perché
una
volta
la
giustizia
era
raffigurata
con
la
bilancia
,
e
perché
la
bilancia
truccata
in
favore
del
potere
e
dei
potenti
è
per
ogni
onesto
cittadino
un
'
istigazione
a
delinquere
.
StampaQuotidiana ,
Mi
allontano
oggi
dal
«
Corriere
»
,
in
un
momento
affannoso
e
drammatico
della
vita
italiana
,
momento
che
vede
in
discussione
equilibri
e
convinzioni
radicate
.
Il
giornale
cui
ho
dedicato
ogni
mia
forza
per
oltre
quattro
anni
difficili
,
il
giornale
costruito
con
lo
slancio
solidale
e
l
'
impegno
appassionato
di
tutta
la
redazione
,
è
affidato
al
giudizio
dei
lettori
aumentati
,
dal
1968
,
e
in
misura
sensibile
,
nonostante
tre
scatti
di
prezzo
susseguitisi
nel
giro
di
poco
più
di
un
anno
.
È
stata
una
esperienza
fondata
su
quattro
direttrici
fondamentali
.
Le
riaffermo
oggi
,
nel
momento
del
congedo
,
non
tanto
come
mete
raggiunte
quanto
come
obiettivi
tenacemente
perseguiti
,
in
mezzo
a
difficoltà
inimmaginabili
,
ad
amarezze
infinite
.
*
*
*
Un
giornale
libero
,
sempre
:
nell
'
informazione
e
nel
commento
.
Geloso
della
sua
indipendenza
,
immune
da
influenze
o
comunque
da
suggestioni
esterne
.
Non
legato
a
centri
di
potere
,
franco
nella
critica
e
nel
dissenso
.
Amico
personale
del
presidente
Saragat
da
ventiquattro
anni
,
non
ho
esitato
ad
attaccare
il
disimpegno
del
'68
e
a
non
condividere
la
scissione
socialista
del
'69
,
attribuiti
l
'
uno
e
l
'
altra
,
a
ragione
o
a
torto
,
all
'
ex
capo
dello
Stato
.
Fautore
tenace
e
convinto
della
collaborazione
fra
laici
e
cattolici
come
sola
alternativa
al
disfacimento
della
democrazia
italiana
,
non
ho
lesinato
critiche
anche
durissime
agli
infelici
e
zoppi
governi
quadripartiti
che
hanno
caratterizzato
questa
infeconda
e
tormentata
legislatura
.
Durante
le
recenti
elezioni
per
la
presidenza
della
Repubblica
,
ho
tenuto
il
«
Corriere
»
al
di
fuori
di
ogni
preferenza
smaccata
e
sospetta
,
non
meno
che
di
ogni
ostracismo
pregiudiziale
e
infondato
.
Questo
giornale
è
qualcosa
più
di
un
grande
quotidiano
d
'
informazione
,
è
il
simbolo
stesso
della
civiltà
laica
e
democratica
del
nostro
paese
,
fondata
sulla
ragione
e
sulla
tolleranza
.
Ecco
perché
il
«
Corriere
»
si
è
coerentemente
battuto
in
questi
anni
,
nella
linea
di
separazione
fra
Chiesa
e
Stato
,
per
l
'
autonomia
del
potere
civile
in
ogni
occasione
,
dal
divorzio
al
referendum
,
pur
sforzandosi
di
non
offendere
mai
la
coscienza
dei
credenti
nei
punti
di
fede
,
che
valgono
più
di
tutti
i
compromessi
o
gli
armistizi
fra
i
potenti
.
Ed
ecco
perché
ha
patrocinato
una
linea
di
ferma
tutela
della
legalità
repubblicana
e
dello
Stato
di
diritto
sempre
minacciato
dalla
violenza
di
parte
,
ma
nell
'
ambito
della
Costituzione
e
al
di
fuori
di
ogni
seduzione
autoritaria
o
reazionaria
anche
mascherata
coi
comodi
schermi
dei
«
blocchi
d
'
ordine
»
o
delle
«
maggioranze
silenziose
»
.
Non
meno
che
con
le
fughe
nell
'
integralismo
,
magari
ammantato
con
l
'
efficienza
,
o
con
le
pseudo
-
riforme
costituzionali
.
*
*
*
Un
giornale
aperto
,
in
secondo
luogo
.
Non
più
dogmatico
,
non
più
categorico
,
non
più
chiuso
nella
fortezza
delle
sue
convinzioni
;
ma
disponibile
al
dialogo
,
pronto
alla
registrazione
di
tutte
le
voci
,
anche
molteplici
e
contraddittorie
,
della
società
civile
non
meno
che
delle
diverse
ideologie
.
Non
a
caso
la
formula
dei
dibattiti
e
delle
tavole
rotonde
,
che
tanti
consensi
ha
raccolto
,
è
entrata
in
questi
anni
al
giornale
:
senza
preclusioni
,
senza
discriminazioni
settarie
e
su
tutti
i
temi
,
dalla
contestazione
ai
diritti
civili
.
E
non
a
caso
ai
dibattiti
si
sono
alternate
le
grosse
inchieste
in
equide
,
basate
sul
lavoro
dei
più
illustri
e
dei
più
oscuri
,
senza
greche
né
gradi
:
come
l
'
indagine
sulle
regioni
consegnata
nei
volumi
di
Italia
settanta
.
*
*
*
Un
giornale
fondato
sulla
cooperazione
di
tutti
coloro
che
concorrono
alla
sua
costruzione
,
in
terzo
e
fondamentale
luogo
.
Non
era
una
impresa
facile
.
Il
mio
primo
obiettivo
fu
di
colmare
il
distacco
fra
le
figure
di
primo
piano
,
legate
alla
giusta
celebrità
della
firma
,
e
la
redazione
,
l
'
anonima
e
silenziosa
redazione
riunita
nella
stanza
leggendaria
descritta
da
Corrado
Alvaro
:
quella
che
è
la
forza
vera
,
e
irrinunciabile
,
di
un
giornale
.
Mi
sono
sforzato
,
come
ho
potuto
,
di
elevare
il
rango
della
redazione
,
di
aumentarne
il
prestigio
,
di
allargarne
la
funzione
operativa
nella
vita
quotidiana
del
«
Corriere
»
.
Senza
schemi
preconcetti
e
da
manuale
,
che
finiscono
spesso
in
paurose
smentite
.
Ma
col
desiderio
costante
e
mai
ammainato
di
un
rapporto
umano
,
di
una
comprensione
dei
problemi
e
di
una
conseguente
,
paziente
,
risoluzione
,
giorno
per
giorno
,
degli
infiniti
casi
che
a
un
direttore
si
pongono
.
Il
mio
più
caro
ricordo
,
in
quest
'
ora
di
distacco
dal
«
Corriere
»
è
nella
stanza
di
redazione
del
giornale
,
là
fra
i
colleghi
impegnati
al
controllo
dei
titoli
e
alla
valutazione
dei
testi
.
In
questo
spirito
si
colloca
l
'
epilogo
positivo
delle
trattative
condotte
dal
comitato
di
redazione
con
l
'
editore
per
la
fissazione
dei
«
diritti
»
dei
giornalisti
nella
vita
dell
'
impresa
e
nelle
future
nomine
dei
direttori
.
Una
trattativa
contro
la
procedura
che
ha
finito
per
toccare
questioni
di
sostanza
:
una
vera
e
propria
svolta
nel
giornalismo
italiano
.
Al
di
là
di
ogni
pur
legittima
rivendicazione
personale
che
è
stata
da
me
stesso
preventivamente
scartata
dopo
l
'
affettuosa
solidarietà
del
primo
giorno
,
le
conclusioni
di
via
Solferino
si
riallacciano
al
clima
di
autentica
collaborazione
con
l
'
intero
corpo
redazionale
,
traducono
nella
carta
di
un
accordo
,
che
i
lettori
vedranno
nella
colonna
affiancata
,
lo
spirito
di
oltre
quattro
anni
di
lavoro
collegiale
e
comune
.
*
*
*
Un
giornale
teso
all
'
innesto
fra
cultura
e
giornalismo
,
in
quarto
e
ultimo
luogo
.
E
non
solo
nella
terza
pagina
.
Sì
:
io
appartengo
ai
direttori
che
credono
nella
cultura
,
e
anche
nella
sua
forza
traente
ai
fini
delle
tirature
.
In
un
mondo
dominato
dalle
immagini
,
spesso
deformanti
,
della
televisione
,
la
parola
scritta
conserva
un
valore
solo
in
quanto
sia
commento
e
approfondimento
dei
fatti
,
serva
ad
inquadrarli
in
qualcosa
di
più
valido
della
gelida
ricostruzione
di
cronaca
,
risalendo
alle
radici
lontane
.
È
la
lotta
contro
il
monopolio
televisivo
e
per
la
sopravvivenza
della
libertà
di
stampa
,
sempre
tanto
minacciata
e
insidiata
,
partiva
,
e
continuerà
a
partire
,
dalla
convinzione
che
senza
una
elevazione
di
qualità
il
quotidiano
indipendente
è
già
morto
,
nella
gara
con
gli
altri
,
e
prevalenti
«
mass
media
»
.
*
*
*
Lasciando
la
direzione
del
«
Corriere
»
con
tranquilla
coscienza
,
riaffermo
i
principi
che
hanno
animato
i
diciotto
anni
delle
mie
direzioni
.
Credo
in
un
giornale
che
sia
portatore
di
idee
e
non
mero
prodotto
industriale
,
da
sottoporre
alle
astratte
leggi
di
mercati
immaginari
.
Credo
in
un
giornale
come
strumento
di
informazione
,
e
non
come
veicolo
di
materiali
prefabbricati
in
serie
.
Credo
in
un
giornale
come
scelta
dell
'
uomo
,
e
non
del
computer
.
E
soprattutto
credo
nell
'
autonomia
e
nella
dignità
della
professione
giornalistica
che
non
può
essere
sottoposta
a
imposizioni
o
a
sollecitazioni
esterne
,
da
qualsiasi
parte
provengano
.
Nel
momento
del
congedo
,
un
congedo
che
equivale
ad
un
impegno
per
il
futuro
,
rivolgo
un
particolare
affettuoso
ringraziamento
non
solo
ai
colleghi
e
collaboratori
tutti
ma
anche
alle
molteplici
componenti
,
in
particolare
ai
tipografi
,
di
questa
grande
azienda
che
occupa
ancora
il
primo
posto
,
nelle
statistiche
del
«
Times
»
,
fra
i
giornali
europei
di
«
qualità
»
,
un
primato
che
risale
a
Luigi
Albertini
.
La
«
qualità
»
è
un
obiettivo
che
si
raggiunge
con
decenni
di
sacrifici
e
di
lotte
;
nel
«
Corriere
»
è
il
frutto
di
una
tradizione
che
deve
rinnovarsi
giorno
per
giorno
,
ma
senza
strappi
violenti
,
senza
traumi
.
È
l
'
augurio
che
rivolgiamo
di
cuore
al
nostro
successore
,
a
Piero
Ottone
.
E
soprattutto
il
mio
pensiero
riconoscente
va
a
tutti
i
lettori
che
hanno
seguito
e
confortato
il
giornale
nel
tentativo
,
certo
non
sempre
riuscito
ma
fedelmente
perseguito
,
di
salvaguardare
una
zona
di
equilibrio
e
di
distaccata
indipendenza
in
un
mare
di
estremismi
e
di
fanatismi
cozzanti
,
associando
il
rispetto
del
passato
alla
ricerca
del
futuro
.
Un
futuro
che
noi
riusciamo
a
vedere
solo
nella
misura
di
una
società
libera
e
aperta
,
senza
illusioni
tecnocratiche
o
autocratiche
.
Una
società
,
insomma
,
dal
volto
umano
.
StampaQuotidiana ,
Amintore
Fanfani
è
stato
una
figura
centrale
del
cinquantennio
democristiano
,
un
personaggio
che
ha
ricoperto
ogni
carica
possibile
meno
la
presidenza
della
Repubblica
e
lo
ha
fatto
con
gran
lena
.
Di
lui
si
usava
dire
:
rieccolo
,
perché
cadeva
nella
polvere
e
rispuntava
sugli
altari
con
invidiabile
tenacia
.
E
tuttavia
,
nonostante
questa
sua
centralità
nella
politica
italiana
,
è
stato
un
democristiano
anomalo
per
origine
e
per
temperamento
.
Lo
dico
come
apprezzamento
,
non
per
il
rispetto
che
si
deve
ai
defunti
(
c
'
è
un
accenno
in
un
articolo
scritto
una
settimana
fa
per
il
prossimo
numero
della
nostra
rivista
mensile
)
.
Anomalo
non
solo
per
una
sua
rettitudine
ma
perché
,
per
quanto
amasse
il
potere
,
era
uno
intimamente
minoritario
.
Lo
abbiamo
combattuto
con
cattiveria
e
anche
con
successo
,
lui
e
il
suo
fanfascismo
,
contribuendo
a
impedire
la
sua
elezione
al
Quirinale
.
In
quella
circostanza
mi
convocò
al
Senato
,
si
informò
sullo
stato
di
salute
del
«
manifesto
»
e
dei
suoi
cinque
deputati
,
mi
disse
che
secondo
lui
avremmo
dovuto
aspettare
di
avere
un
seguito
prima
di
uscire
dal
Pci
.
Gli
risposi
che
non
eravamo
usciti
ma
ci
avevano
cacciato
,
e
il
nostro
stato
di
salute
era
pessimo
ma
che
non
contasse
sui
nostri
cinque
voti
.
Ma
Amintore
Fanfani
è
stato
vittima
del
suo
partito
assai
più
che
dei
suoi
avversari
.
La
congiura
nel
convento
delle
suore
dorotee
lo
mise
in
angolo
(
insieme
al
suo
pessimo
amico
Tambroni
)
.
Il
ruolo
di
erede
di
De
Gasperi
non
gli
fu
mai
riconosciuto
né
da
Moro
né
da
Andreotti
(
che
lo
disistimava
)
né
dai
grandi
notabili
.
La
sconfitta
elettorale
sul
divorzio
fu
definitiva
come
Waterloo
.
Era
anomalo
,
Amintore
Fanfani
,
anche
rispetto
a
Dossetti
e
La
Pira
a
cui
fu
associato
in
gioventù
come
professorino
.
Non
era
un
teocratico
ma
uno
statalista
un
po
'
affetto
da
«
lorianesimo
»
:
come
quando
scopriva
nei
pozzi
neri
del
Sud
una
possibile
fonte
di
energia
alternativa
al
petrolio
.
Era
un
combattente
presuntuoso
ma
,
forse
,
anche
ingenuo
.
Chissà
se
,
in
questi
anni
di
vecchiaia
,
ha
invidiato
i
Craxi
e
i
Berlusconi
.
Forse
no
,
e
forse
preferirebbe
essere
ricordato
come
pittore
più
che
come
statista
.
Ci
prende
la
nostalgia
e
ora
ci
appare
,
salutando
la
sua
scomparsa
,
meno
antipatico
dei
suoi
successori
.
StampaQuotidiana ,
In
fondo
è
bene
che
un
gruppetto
di
neonazisti
(
o
un
gruppo
?
o
pochi
teppisti
?
o
un
'
organizzazione
?
)
abbia
messo
una
bomba
al
museo
della
Liberazione
in
via
Tasso
.
Così
qualcuno
si
ricorderà
che
c
'
è
stata
la
Resistenza
antifascista
in
Italia
e
a
Roma
,
che
in
via
Tasso
c
'
era
una
feroce
prigione
tedesca
dove
molte
persone
sono
state
rinchiuse
,
torturate
e
uccise
.
Se
no
,
per
ricordarsene
,
bisogna
andare
in
una
cineteca
a
rivedere
Roma
città
aperta
.
I
gruppi
di
azione
patriottica
romani
(
Gap
)
avevano
un
piano
per
attaccare
il
covo
di
via
Tasso
e
liberare
i
prigionieri
ma
non
fu
possibile
realizzarlo
.
Mi
vien
da
pensare
che
,
se
lo
avessero
fatto
,
ci
sarebbe
stata
una
terribile
rappresaglia
e
qualche
giudice
tenterebbe
oggi
di
incriminare
i
combattenti
della
libertà
,
come
per
via
Rasella
.
Peccato
,
sarebbe
stata
una
bella
e
onorevole
impresa
.
Avevo
diciotto
anni
,
allora
,
e
mi
ricordo
di
via
Tasso
come
di
un
incubo
.
Per
mia
fortuna
non
sono
capitato
in
quella
prigione
,
ma
nel
suo
omologo
italiano
in
via
Romagna
,
nella
pensione
Jaccarino
governata
dal
tenente
Koch
(
tedesco
di
nome
ma
italiano
di
stirpe
)
e
dalla
sua
banda
paramilitare
.
Anche
qui
c
'
erano
forme
di
tortura
elementare
,
calci
,
pugni
e
bastoni
,
e
come
celle
una
carbonaia
e
un
cesso
.
Ma
eravamo
fortunati
al
confronto
,
e
la
nostra
più
grande
paura
non
era
la
fucilazione
annunciata
ma
di
essere
trasferiti
in
via
Tasso
.
Chi
sono
oggi
questi
dissennati
che
celebrano
simbolicamente
,
con
una
bomba
,
le
gesta
degli
aguzzini
nazisti
?
Si
dirà
che
sono
solo
teppisti
,
cani
sciolti
come
quelli
degli
stadi
,
come
i
profanatori
di
lapidi
e
cimiteri
.
Ma
attenzione
,
le
svastiche
sono
tornate
di
moda
e
sporcano
i
muri
di
molte
città
e
tornano
senza
infingimenti
anche
in
qualche
parlamento
europeo
.
Il
fascismo
,
non
come
regime
politico
ma
come
modo
di
essere
,
come
pulsione
antropologica
,
come
volontà
di
dominio
e
sopraffazione
,
è
una
brutta
bestia
che
si
riproduce
alimentata
dalla
violenza
del
mondo
moderno
.
Sarebbe
bene
non
dimenticare
mai
la
metafora
di
Jaurès
:
il
capitalismo
porta
in
sé
il
fascismo
e
la
guerra
come
la
nube
la
tempesta
.
È
sproporzionato
,
lo
so
.
Ma
preferisco
peccare
per
eccesso
che
per
difetto
.
Così
non
ho
dimenticato
l
'
omaggio
di
Reagan
ai
cimiteri
delle
SS
.
Non
ho
dimenticato
la
rivalutazione
del
nazismo
operata
da
dotti
e
rispettati
storici
tedeschi
.
Non
dimentico
l
'
ultimo
voto
in
Austria
.
Non
dimentico
neppure
l
'
equazione
,
la
bestemmia
,
nazismo
-
comunismo
,
l
'
antitesi
comunismo
-
libertà
gettata
sul
tavolo
verde
delle
politiche
di
palazzo
.
Scherzando
col
fuoco
ci
si
brucia
.
Mentre
il
male
trionfava
in
via
Tasso
,
una
strada
che
stava
in
tutta
Europa
,
la
libertà
vinceva
a
Stalingrado
.
Ma
perché
un
giovane
non
dovrebbe
confondersi
e
invertire
la
verità
,
se
i
primi
a
farlo
sono
degli
ex
giovani
smemorati
,
investiti
di
autorità
,
immeritata
?
StampaQuotidiana ,
Ho
visto
recentemente
in
televisione
un
documentario
sull
'
invasione
tedesca
dell
'
Unione
Sovietica
e
sulla
tragedia
del
corpo
di
spedizione
italiano
sul
Don
.
Belle
testimonianze
di
sopravvissuti
,
immagini
epiche
e
dolorose
.
Penso
che
bisognerebbe
raccogliere
e
proiettare
tutto
il
materiale
relativo
alla
guerra
sul
fronte
orientale
,
compresi
i
film
di
propaganda
:
lì
è
andato
in
scena
il
più
grande
spettacolo
del
mondo
e
lì
sta
la
chiave
della
storia
del
nostro
secolo
.
Ho
pensato
,
guardando
le
immagini
sconnesse
di
quel
documentario
e
ascoltando
il
commento
parlato
,
che
soltanto
chi
ha
più
di
settant
'
anni
conserva
una
memoria
diretta
di
quel
tempo
.
È
un
'
avventura
ma
un
grande
privilegio
.
Tutto
quello
che
io
so
,
per
poco
che
sia
,
l
'
ho
imparato
in
quei
due
o
tre
anni
.
E
la
menzogna
in
cui
oggi
siamo
immersi
e
in
cui
vivono
le
giovani
generazioni
suona
alle
mie
orecchie
come
un
insulto
a
cui
è
vano
opporre
la
memoria
individuale
.
Tutto
era
perduto
in
quei
giorni
e
anni
,
le
democrazie
europee
erano
crollate
sul
campo
come
cartapesta
,
le
armate
corazzate
del
Terzo
Reich
e
le
croci
uncinate
dilagavano
sul
continente
e
oltre
senza
colpo
ferire
,
il
fascismo
e
il
terrore
non
conoscevano
più
ostacoli
.
Meno
uno
,
il
solo
al
di
qua
dell
'
Atlantico
e
dei
mari
del
Nord
e
del
Sud
:
uno
strano
paese
,
che
aveva
fatto
una
sua
rivoluzione
solitaria
,
che
oggi
è
piombato
nella
corruzione
e
nella
decadenza
,
ed
è
in
guerra
con
se
stesso
,
ma
allora
si
alzò
in
piedi
come
un
gigante
che
spezza
ogni
catena
.
Dirà
qualche
anno
più
tardi
nell
'
aula
del
parlamento
italiano
un
esponente
del
governo
di
allora
:
di
certo
Stalin
è
stato
un
uomo
su
cui
Dio
ha
impresso
la
sua
impronta
.
Metafisica
a
parte
,
come
saranno
uscite
dalle
acciaierie
oltre
gli
Urali
quei
cannoni
e
quei
carri
pesanti
capaci
di
respingere
e
di
frantumare
la
macchina
di
guerra
tedesca
?
Come
avranno
fatto
quei
contadini
ucraini
,
quegli
operai
leningradesi
,
quegli
uomini
di
marmo
di
ogni
provincia
,
quei
giovani
tartari
,
uzbeki
,
mongoli
,
ceceni
,
a
formare
un
solo
grande
esercito
per
salvare
la
propria
terra
e
la
nostra
?
Come
ha
potuto
quella
guerra
patriottica
,
senza
i
Kutuzov
e
i
Tucha
?
evskij
,
saldarsi
con
l
'
antifascismo
mondiale
e
l
'
ideale
di
libertà
di
ogni
popolo
?
Come
fu
possibile
trarre
questa
forza
da
molte
privazioni
e
sofferenze
sotto
un
regime
rozzo
e
sprezzato
dai
posteri
?
C
'
era
qualcuno
,
forse
,
che
aveva
visto
più
lontano
degli
altri
.
Il
comunismo
ci
ha
rimesso
ma
noi
no
,
e
forse
dovremmo
ringraziare
.
Prima
ringraziare
e
poi
revisionare
e
anche
ribaltare
la
storia
:
tanto
è
lontana
mille
anni
e
nessuno
può
eccepire
.
Vicino
a
Mosca
commemorano
ogni
tanto
una
battaglia
dell
'
età
napoleonica
mimandola
sul
terreno
,
e
c
'
è
anche
un
museo
scenografico
che
la
fa
rivivere
agli
spettatori
come
ne
fossero
i
protagonisti
.
Ma
sulle
sponde
del
placido
Don
non
c
'
è
,
che
io
sappia
,
nessuna
Disneyland
che
onori
la
più
grande
vittoria
militare
del
XX
secolo
.
StampaQuotidiana ,
Non
credo
che
Massimo
D
'
Alema
,
qualche
giorno
fa
,
sia
salito
al
Quirinale
per
dimettersi
e
sia
stato
dissuaso
da
Ciampi
perché
bisogna
prima
approvare
la
legge
finanziaria
.
Avrebbe
potuto
comunque
rassegnare
le
dimissioni
e
farsi
rinviare
alle
Camere
,
lasciando
alla
sua
squinternata
maggioranza
l
'
onere
e
l
'
onore
di
restituirgli
la
fiducia
o
negargliela
,
e
rigettando
sull
'
intero
parlamento
,
come
si
conviene
,
la
responsabilità
di
approvare
o
meno
la
legge
finanziaria
.
Non
credo
che
Massimo
D
'
Alema
abbia
questo
stile
,
uno
che
rientra
da
Helsinki
per
andare
a
Fiuggi
a
farsi
fischiare
dal
partito
inesistente
di
Boselli
Enrico
non
ha
questo
stile
.
E
non
credo
neppure
che
Massimo
D
'
Alema
sia
stanco
di
farsi
cuocere
a
fuoco
lento
e
preferisca
assumere
un
altro
ruolo
.
Ha
fatto
cose
turche
per
entrare
a
palazzo
Chigi
e
dipingerne
a
nuovo
la
facciata
e
farà
cose
turche
per
restarci
.
Non
corre
alcun
rischio
di
farsi
cuocere
a
fuoco
lento
perché
l
'
operazione
è
già
avvenuta
nel
breve
giro
di
un
anno
,
e
la
lepre
di
Gallipoli
è
già
uno
stracotto
servito
in
tavola
.
Secondo
le
logiche
della
politica
corrente
,
come
le
abbiamo
imparate
a
suo
tempo
,
è
giunta
l
'
ora
di
Walter
Veltroni
.
È
lui
la
carta
su
cui
puntano
le
frattaglie
della
maggioranza
(
Cossiga
Francesco
,
Mastella
non
so
,
Boselli
Enrico
ecc
.
)
per
far
fuori
i
bolscevichi
dal
palazzo
d
'
inverno
di
piazza
Colonna
.
E
non
c
'
è
in
giro
nell
'
area
del
centro
-
sinistra
,
e
forse
neppure
del
centro
-
destra
,
un
anticomunista
più
dichiarato
dell
'
attuale
segretario
dei
Ds
.
Non
faccia
velo
il
particolare
che
i
due
leader
in
questione
fanno
parte
dello
stesso
partito
:
nelle
conversazioni
private
i
due
si
chiamano
reciprocamente
«
quello
là
»
,
e
il
modo
come
Occhetto
fece
fuori
Natta
e
D
'
Alema
fece
fuori
Occhetto
è
diventata
una
scuola
di
pensiero
che
troverà
conferma
nella
successione
prossima
ventura
.
L
'
armata
brancaleone
del
centro
-
sinistra
governativo
può
permettersi
di
far
fuori
il
suo
incauto
comandante
e
inventore
,
cioè
Brancaleone
in
persona
,
ma
non
può
ancora
aspirare
a
cancellare
la
primazia
diessina
.
La
mortadella
prodiana
è
inacidita
,
una
controfigura
istituzionale
vorrebbe
dire
la
resa
incondizionata
della
residua
sinistra
governativa
.
Perciò
o
D
'
Alema
resta
a
penzolare
ancora
per
qualche
settimana
o
mese
,
o
è
l
'
ora
dell
'
altro
quello
là
.
Confesso
che
tutto
questo
non
presenta
per
me
,
e
penso
per
la
pubblica
opinione
in
generale
,
nessun
interesse
.
Potrebbe
essere
interessante
e
promettente
se
una
crisi
si
aprisse
,
non
si
risolvesse
inutilmente
e
malamente
,
e
si
andasse
alle
elezioni
generali
(
e
regionali
)
in
primavera
.
Con
una
legge
elettorale
democratica
,
cioè
proporzionalista
,
con
tutti
gli
sbarramenti
che
volete
alla
tedesca
.
Forse
allora
una
formazione
o
coalizione
di
sinistra
potrebbe
trovare
uno
spazio
dignitoso
e
una
parte
dei
cittadini
che
non
ne
possono
più
potrebbero
tornare
a
votare
,
fuori
dal
polo
nord
dal
polo
sud
.
StampaPeriodica ,
La
Commissione
bicamerale
per
le
riforme
costituzionali
ha
chiuso
i
battenti
.
Felicemente
o
infelicemente
?
Per
il
Palazzo
felicemente
,
visto
che
ne
è
uscito
un
accordo
.
Ma
per
il
paese
infelicemente
,
se
è
vero
-
come
sostengo
-
che
l
'
accordo
è
stato
pessimo
.
E
un
cattivo
accordo
che
peggiora
le
cose
non
dà
,
o
non
dovrebbe
dare
,
felicità
.
Si
capisce
che
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
assolutamente
cattivi
,
così
come
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
perfetti
.
Un
cattivo
accordo
è
dunque
un
'
intesa
nella
quale
le
malefatte
nettamente
prevalgono
sulle
cose
ben
fatte
.
I
difensori
d
'
ufficio
dell
'
operato
della
Bicamerale
si
arroccano
su
due
argomenti
.
Il
primo
è
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
nessun
accordo
.
Il
secondo
è
che
,
come
dicevo
,
nell
'
operato
dei
70
bene
e
male
si
mescolano
.
Ma
con
questo
argomento
,
il
secondo
,
si
redime
tutto
:
si
redime
la
guerra
(
che
Hegel
equipara
al
vento
che
disperde
i
miasmi
che
aleggiano
sulle
paludi
)
,
si
redime
la
tortura
(
che
consente
di
ottenere
la
confessione
dei
torturati
)
,
si
redime
magari
anche
Pol
Pot
(
che
riduce
l
'
esplosione
demografica
)
.
Quali
sarebbero
,
allora
,
le
acquisizioni
positive
della
Bicamerale
?
Che
gli
italiani
,
mai
sazi
di
elezioni
,
potranno
finalmente
votare
per
il
capo
dello
Stato
?
Il
loro
tripudio
sarà
breve
quando
si
accorgeranno
di
aver
votato
per
un
sotto
-
capo
di
Stato
.
Il
federalismo
?
Poveri
noi
,
che
caos
.
La
riforma
della
magistratura
?
Di
questa
ancora
non
si
sa
,
ma
tutto
lascia
prevedere
che
la
nostra
giustizia
resterà
in
crisi
.
Accetto
,
dunque
,
che
nelle
pieghe
del
male
si
possa
nascondere
anche
del
bene
;
ma
spiegatemi
,
per
favore
,
qual
è
.
Quanto
al
primo
punto
,
e
cioè
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
niente
,
questa
è
una
vera
stortura
.
Chi
ragiona
così
fa
dell
'
accordo
un
valore
assoluto
,
un
valore
in
sé
.
Invece
l
'
accordo
è
uno
strumento
per
conseguire
un
fine
.
Accordo
a
quale
scopo
?
Per
che
cosa
?
Stranamente
(
ma
non
tanto
,
a
ripensarci
)
la
Bicamerale
non
se
l
'
è
quasi
mai
chiesto
.
L
'
importante
,
per
i
70
,
è
stato
soltanto
mettersi
d
'
accordo
fra
di
loro
,
ai
loro
fini
.
Non
hanno
cercato
di
scrivere
una
buona
Costituzione
ma
,
assai
più
,
di
evitare
riforme
che
li
danneggiassero
.
E
ci
sono
magnificamente
riusciti
.
Ci
sono
riusciti
mettendo
la
Costituzione
all
'
asta
:
tanto
a
me
,
tanto
a
te
;
io
chiedo
cento
,
concludiamo
per
cinquanta
.
Il
risultato
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
:
il
trionfo
dei
partitini
,
che
si
sono
assicurati
l
'
eternità
e
un
rinforzato
potere
di
interdizione
e
di
ricatto
;
un
contentino
presidenzialista
per
la
pubblicità
di
Gianfranco
Fini
;
un
contentino
parlamentarista
per
gli
antipresidenzialisti
:
un
misto
di
cane
e
di
gatto
,
un
can
-
gatto
.
Torniamo
alla
domanda
che
i
bicameralisti
hanno
disatteso
:
perché
una
Seconda
Repubblica
?
Perché
una
nuova
Costituzione
?
Ovviamente
perché
abbiamo
problemi
di
disfunzionalità
sistemica
che
dobbiamo
risolvere
:
primo
,
ridurre
la
frammentazione
partitica
;
secondo
,
rinforzare
la
governabilità
.
Due
obiettivi
che
sono
strettamente
collegati
.
I
partiti
sono
le
gambe
sulle
quali
la
governabilità
dovrebbe
camminare
;
e
se
le
gambe
sono
zoppe
e
troppe
,
allora
la
governabilità
va
all
'
aria
e
non
c
'
è
barba
di
marchingegno
costituzionale
che
possa
rimediare
.
Orbene
,
questi
due
obiettivi
e
gli
strumenti
per
perseguirli
sono
stati
non
soltanto
mancati
,
ma
addirittura
capovolti
.
Il
progetto
magnifico
e
progressivo
siglato
dalla
quadriglia
D
'
Alema
-
Marini
-
Berlusconi
-
Fini
,
in
breve
Damabefi
,
ci
garantisce
una
decina
di
partiti
,
e
governi
di
cinque
anni
di
veti
incrociati
.
Se
non
sarà
una
dieta
polacca
,
poco
ci
manca
.
Meglio
l
'
accordo
Damabefi
che
nessun
accordo
?
Confesso
di
essere
interdetto
.
Perché
non
è
che
nessun
accordo
ci
lascia
con
nulla
,
librati
nel
vuoto
.
Se
non
siamo
capaci
di
creare
una
nuova
Costituzione
sensata
,
l
'
alternativa
è
restare
con
il
sistema
parlamentare
che
abbiamo
,
e
tornare
a
lavorare
sul
suo
miglioramento
.
Se
il
nuovo
è
peggio
dell
'
esistente
,
allora
meglio
l
'
esistente
.
Davanti
alla
Costituzione
Damabefi
l
'
alternativa
non
è
,
ripeto
,
il
niente
o
il
caos
.
E
riconoscere
che
la
Bicamerale
ha
fatto
autogol
.
E
se
l
'
autogol
delegittima
la
classe
politica
che
l
'
ha
fatto
,
chi
è
causa
del
suo
mal
pianga
se
stesso
.
A
questi
argomenti
si
risponde
in
coro
,
dal
Palazzo
e
dintorni
,
che
in
politica
gli
accordi
si
fanno
sempre
come
sono
stati
fatti
in
Bicamerale
,
che
io
di
politica
proprio
non
mastico
,
e
che
la
mia
opposizione
è
professionale
,
astratta
,
addirittura
egolatrica
.
Per
esempio
,
di
me
Silvio
Berlusconi
scrive
(
«
Corriere
della
Sera
»
,
28
giugno
)
che
«
per
un
Professore
l
'
importante
è
il
modello
,
il
teorema
.
Il
modello
è
perfetto
,
l
'
ha
fatto
il
Professore
,
è
bello
,
gli
piace
»
.
Spiegando
che
chi
«
è
innamorato
per
professione
delle
astrazioni
accademiche
poco
si
cura
della
realtà
,
e
rifiuta
perciò
di
sottoporre
i
suoi
modelli
alla
verifica
dei
fatti
»
.
Troppo
onore
,
deputato
Berlusconi
:
lei
mi
accredita
un
merito
che
non
mi
spetta
.
Il
modello
«
fatto
dal
Professore
»
è
stato
fatto
una
quarantina
d
'
anni
fa
da
un
certo
Debré
,
si
chiama
Quinta
Repubblica
,
e
funziona
da
altrettanto
tempo
in
una
capitale
che
si
chiama
Parigi
.
Aggiungo
che
siccome
la
Francia
degli
anni
Cinquanta
era
molto
simile
,
politicamente
,
all
'
Italia
degli
anni
Novanta
,
l
'
argomento
che
il
prototipo
francese
non
si
presta
a
trapianti
è
pretestuoso
.
Ma
veniamo
al
punto
:
chi
è
che
,
in
politica
,
è
bravo
.
Io
racconterò
la
vicenda
della
Bicamerale
così
come
la
conosco
in
prima
persona
.
Dal
che
potrà
risultare
quant
'
è
bello
il
primato
della
politica
,
dove
stanno
gli
sbagli
e
chi
li
ha
fatti
.
La
vicenda
dura
,
per
l
'
esattezza
,
da
quando
cadde
il
governo
Berlusconi
(
dicembre
1994
)
.
Dopo
un
anno
di
governo
Dini
,
nel
febbraio
1996
venne
tentato
il
governo
di
Antonio
Maccanico
.
In
quel
momento
mi
parve
,
e
sostenni
,
che
nessuna
riforma
costituzionale
sarebbe
stata
possibile
senza
un
'
intesa
preventiva
fra
i
tre
maggiori
partiti
,
e
cioè
di
larga
maggioranza
trasversale
.
Siccome
al
Pds
premeva
(
giustamente
)
un
sistema
elettorale
a
doppio
turno
,
mentre
il
Polo
reclamava
un
generico
presidenzialismo
,
mi
venne
l
'
idea
,
elementare
e
banale
,
di
uno
scambio
fra
doppio
turno
e
semipresidenzialismo
.
E
siccome
non
tutti
gli
scambi
lo
sono
,
tengo
a
sottolineare
che
il
mio
era
«
alto
e
nobile
»
,
visto
che
proponeva
un
sistema
esistente
e
ben
funzionante
,
e
che
non
era
per
nulla
(
come
appare
alla
logica
aggrovigliata
dell
'
onorevole
Ciriaco
De
Mita
)
uno
spezzatino
:
non
spezzava
nulla
,
era
il
modello
francese
mantenuto
integro
,
stessa
testa
con
gli
stessi
piedi
.
Il
tentativo
Maccanico
fallì
per
un
soffio
.
Scrissi
allora
che
avevamo
perduto
,
per
colpa
congiunta
di
D
'
Alema
e
di
Fini
,
un
treno
che
non
sarebbe
ripassato
.
Difatti
non
stava
ripassando
quando
mi
incontrai
con
Massimo
D
'
Alema
,
a
metà
marzo
del
1997
.
E
poiché
a
me
non
era
venuta
nel
frattempo
nessuna
idea
nuova
,
in
quell
'
occasione
riproposi
a
D
'
Alema
lo
scambio
dell
'
anno
prima
.
Io
ho
sempre
ritenuto
scorretto
riferire
di
un
incontro
privato
.
Ma
dato
che
su
quell
'
incontro
ci
sono
state
numerose
fughe
di
notizie
,
in
larga
parte
fantasiose
,
forse
a
questo
punto
occorre
darne
la
versione
autentica
.
Dunque
,
a
quel
mio
suggerimento
D
'
Alema
rispose
,
prendendomi
in
contropiede
,
così
:
vede
,
professore
,
oggi
chi
non
vuole
nessun
presidenzialismo
è
Berlusconi
.
Pur
raggelato
,
gli
chiesi
:
mi
autorizza
ad
andare
da
Berlusconi
a
dirgli
che
è
lui
che
blocca
l
'
intesa
?
Senz
'
altro
,
fu
la
risposta
di
D
'
Alema
.
Il
che
non
mi
rendeva
(
come
è
stato
scioccamente
scritto
)
suo
ambasciatore
.
Ma
sottintendeva
che
un
sì
di
Berlusconi
avrebbe
sbloccato
la
trattativa
.
Adelante
Pedro
,
feci
il
giro
delle
sette
chiese
,
vidi
un
po
'
tutti
,
incluso
Berlusconi
,
e
il
4
aprile
tornai
a
Botteghe
Oscure
.
Per
riferire
che
Fini
accettava
il
doppio
turno
,
nella
formulazione
che
avevo
proposto
;
e
che
Berlusconi
mi
aveva
autorizzato
a
confermare
che
la
formula
del
semipresidenzialismo
a
lui
stava
bene
.
Immaginavo
che
D
'
Alema
sarebbe
stato
contento
.
Immaginavo
male
.
D
'
Alema
mi
ascoltò
accigliato
;
mi
disse
in
quel
momento
(
non
quando
mi
aveva
mandato
allo
sbaraglio
)
che
lui
aveva
cambiato
disegno
;
e
mi
congedò
esortandomi
a
tornare
agli
studi
,
e
a
lasciare
la
politica
a
lui
.
Difatti
mi
sono
rimesso
alla
finestra
,
imparando
quel
che
dirò
tra
poco
.
Racconto
tutto
ciò
perché
mi
sento
dire
da
ogni
parte
che
l
'
accordo
,
stavolta
basso
e
ignobile
,
raggiunto
in
extremis
a
fine
giugno
da
Damabefi
è
stato
«
il
migliore
possibile
»
.
No
.
La
storia
di
cui
ho
riferito
dimostra
di
no
.
La
verità
è
che
la
sera
del
5
aprile
1997
D
'
Alema
,
Berlusconi
e
Fini
avrebbero
potuto
benissimo
incontrarsi
in
casa
di
Gianni
Letta
e
accordarsi
in
un
lampo
su
una
buona
Seconda
Repubblica
.
Non
è
accaduto
,
ma
era
possibile
.
Possibilissimo
.
Anzi
,
era
quasi
fatta
.
Il
successo
della
Bicamerale
,
un
successo
vero
,
era
a
portata
di
mano
.
Invece
è
stato
regalato
alle
ortiche
.
Perché
?
E
importante
,
in
cose
importanti
,
capire
come
è
andata
.
Guardando
dalla
mia
finestra
,
quel
che
sono
riuscito
a
vedere
è
che
D
'
Alema
ha
sbagliato
tutto
.
Lo
dico
con
dispiacere
,
perché
in
D
'
Alema
ho
creduto
.
Dubitavo
da
tempo
,
fin
dal
tempo
della
vicenda
Maccanico
,
del
suo
coraggio
;
ma
ritenevo
che
avesse
una
visione
,
che
non
fosse
un
tatticista
come
gli
altri
.
Così
ritenevo
.
Ma
temo
di
essermi
sbagliato
.
Succede
anche
a
me
.
Intanto
,
e
per
cominciare
,
D
'
Alema
ha
ingannato
tutti
coloro
che
lo
hanno
insediato
alla
presidenza
della
Bicamerale
.
Soltanto
a
maggio
D
'
Alema
ci
ha
detto
che
la
sua
linea
di
azione
era
ispirata
da
amore
di
Ulivo
,
e
che
la
sua
priorità
era
salvare
il
governo
Prodi
.
No
,
onorevole
D
'
Alema
.
In
tal
caso
lei
non
doveva
né
cercare
né
accettare
la
presidenza
della
Bicamerale
.
Perché
come
presidente
della
Bicamerale
la
sua
priorità
doveva
essere
la
Costituzione
,
la
ricerca
di
un
buon
accordo
costituzionale
.
Nel
gestire
la
Bicamerale
per
salvare
il
governo
Prodi
,
pertanto
,
lei
si
è
messo
in
una
posizione
falsa
che
ha
falsato
tutto
il
gioco
.
Fra
l
'
altro
,
non
c
'
è
bisogno
di
essere
professori
per
capire
che
una
traballantissima
e
risicatissima
maggioranza
di
centro
-
sinistra
non
poteva
essere
in
alcun
modo
una
maggioranza
di
riforma
.
La
quadratura
del
cerchio
in
partenza
non
c
'
era
;
se
l
'
è
creata
lei
giocando
contemporaneamente
su
due
tavoli
.
Ed
è
per
questo
che
lei
è
approdato
a
un
cerchio
quadrato
,
oppure
a
un
quadrato
circolare
;
insomma
,
al
pasticciaccio
al
quale
è
approdato
.
Ciò
premesso
,
resta
da
spiegare
perché
D
'
Alema
il
4
aprile
abbia
buttato
via
un
ragionevolissimo
accordo
che
aveva
già
in
tasca
e
imboccato
l
'
impervia
e
assai
dubbia
via
del
cosiddetto
premierato
forte
,
di
un
premier
quasi
-
israeliano
,
quasi
-
eletto
(
e
,
in
sostanza
,
come
-
se
-
eletto
)
.
Non
è
che
con
questa
trovata
D
'
Alema
accontentasse
Franco
Marini
e
i
popolari
,
avversi
a
ogni
«
direttismo
»
.
E
nemmeno
accontentava
,
così
,
Fausto
Bertinotti
.
Accontentava
almeno
il
suo
partito
,
il
Pds
?
Per
quel
che
mi
consta
,
no
.
Le
resistenze
che
D
'
Alema
incontra
nel
Pds
sono
di
coloro
che
restano
ancorati
alla
tradizione
parlamentarista
del
partito
.
Allora
,
perché
D
'
Alema
si
è
buttato
davvero
a
corpo
morto
sul
premierato
all
'
israeliana
?
Visto
che
mi
si
rimproverava
di
non
capire
la
realtà
della
politica
,
sarò
realista
:
tanto
realista
quanto
lo
sono
i
politici
che
osservo
.
Che
cosa
è
successo
a
D
'
Alema
?
E
successo
,
dice
il
mio
realismo
,
che
D
'
Alema
si
è
promosso
al
rango
del
più
furbo
di
tutti
.
Può
darsi
,
per
esempio
,
che
D
'
Alema
abbia
ritenuto
che
le
sue
chance
di
essere
eletto
presidente
della
Repubblica
erano
modeste
,
mentre
il
premierato
forte
era
un
vestito
fatto
su
misura
per
lui
.
Inoltre
D
'
Alema
può
aver
pensato
che
sul
premier
di
elezione
diretta
avrebbe
potuto
imbrogliare
facilmente
Berlusconi
,
e
poi
ottenere
l
'
assenso
di
Fini
.
Berlusconi
,
si
sa
,
non
ha
mai
percepito
che
tra
presidenzialismo
e
premierato
ci
fosse
differenza
;
dunque
Berlusconi
non
era
un
problema
.
Quanto
a
Fini
,
anche
lui
stava
facendo
il
furbo
.
Diceva
presidenzialismo
,
ma
poi
,
si
sapeva
,
era
pronto
a
salvare
l
'
onore
anche
con
l
'
elezione
diretta
del
capo
del
governo
.
Forse
,
mentre
io
ingenuamente
giravo
le
sette
chiese
,
l
'
intesa
era
già
,
nell
'
aria
,
questa
.
Non
lo
so
.
Ma
quel
mattacchione
di
Umberto
Bossi
è
riuscito
all
'
ultimo
minuto
a
farla
saltare
.
Nel
gioco
dei
furbi
,
è
andata
a
finire
che
il
più
furbo
è
stato
lui
.
Congetture
a
parte
,
quel
che
è
certo
è
che
D
'
Alema
,
pur
di
ottenere
il
premierato
forte
,
ha
venduto
tutto
.
Soprattutto
ha
rinunciato
a
quel
doppio
turno
che
per
il
Pds
era
vitale
.
Perché
D
'
Alema
il
doppio
turno
lo
ha
ritirato
fuori
soltanto
all
'
ultimo
,
per
il
semipresidenzialismo
alla
francese
.
Ma
,
vedi
caso
,
per
il
premierato
forte
non
era
necessario
.
E
,
vedi
caso
,
l
'
abbandono
del
doppio
turno
andava
bene
al
Berlusconi
ispirato
da
Gianni
Pilo
,
e
gli
guadagnava
il
plauso
dei
cespugli
.
Non
contento
,
D
'
Alema
ha
anche
disperatamente
cercato
di
comprare
Bossi
,
regalandogli
tutto
il
federalismo
che
in
poche
notti
Francesco
D
'
Onofrio
è
riuscito
a
mettere
assieme
.
Dunque
,
pur
facendo
in
finale
buon
viso
a
cattivo
gioco
,
D
'
Alema
esce
sconfittissimo
dalla
sua
gestione
della
Bicamerale
.
Purtroppo
ne
esce
anche
sconfittissima
la
stessa
ragion
d
'
essere
di
una
riforma
costituzionale
.
I
davvero
contenti
dovrebbero
essere
gli
ex
democristiani
che
salvano
tutte
le
loro
poltrone
,
e
Bertinotti
che
potrà
continuare
a
rafforzarsi
.
Ma
gli
italiani
contenti
non
dovrebbero
essere
.
La
televisione
di
Stato
(
aggiunta
,
s
'
intende
,
a
quella
di
Berlusconi
)
ci
ha
annunziato
il
30
giugno
sera
che
«
per
la
prima
volta
una
commissione
bicamerale
ha
fatto
centro
»
.
Cornuti
,
mazziati
e
anche
soddisfatti
.
Grazie
a
questi
media
,
finiremo
proprio
così
.
StampaQuotidiana ,
Con
commossa
unanimità
di
accenti
,
da
destra
e
da
sinistra
,
la
stampa
italiana
piange
Pier
Paolo
Pasolini
,
l
'
intellettuale
più
scomodo
che
abbiamo
avuto
in
questi
anni
.
Diventato
,
anzi
,
scomodissimo
.
Non
piaceva
a
nessuno
,
quel
che
negli
ultimi
tempi
andava
scrivendo
.
Non
a
noi
,
la
sinistra
,
perché
battagliava
contro
il
1968
,
le
femministe
,
l
'
aborto
e
la
disobbedienza
.
Non
piaceva
alla
destra
perché
queste
sue
sortite
si
accompagnavano
a
un
'
argomentazione
sconcertante
,
per
la
destra
inutilizzabile
,
sospetta
.
Non
piaceva
soprattutto
agli
intellettuali
;
perché
erano
il
contrario
di
quel
che
in
genere
essi
sono
,
cauti
distillatori
di
parole
e
di
posizioni
,
pacifici
fruitori
della
separazione
fra
"
letteratura
"
e
"
vita
"
,
anche
quelli
cui
il
1968
aveva
dato
cattiva
coscienza
.
Solo
di
essi
,
Sanguineti
ha
avuto
,
ieri
,
il
coraggio
di
scrivere
"
finalmente
ce
lo
siamo
tolto
dai
piedi
,
questo
confusionario
,
residuo
degli
anni
cinquanta
". Gli
anni
cioè
della
lacerazione
,
apocalittici
,
tragici
.
Finalmente
,
per
l
'
intellettuale
di
sinistra
,
superati
.
Questa
pressoché
totale
unanimità
è
certo
la
seconda
pesante
macchina
che
passa
sul
corpo
di
Pasolini
.
Come
della
prima
,
chi
ha
la
coscienza
a
posto
può
dire
:
"
se
l
'
è
cercata
"
.
Per
chi
non
ha
queste
certezze
è
invece
l
'
ultimo
segno
di
contraddizione
,
di
questa
contraddittoria
creatura
:
una
contraddizione
vera
,
non
ricomponibile
in
qualche
artificio
dialettico
.
Giacché
se
una
cosa
è
certa
è
che
questo
improvviso
riconoscersi
tutti
nelle
sue
ragioni
,
ora
che
è
morto
e
in
questo
modo
,
è
davvero
l
'
ultimo
sbeffeggiamento
che
gli
restituisce
questo
nostro
mondo
non
amato
.
Non
è
,
infatti
,
il
tradizionale
omaggio
al
defunto
illustre
,
e
neppure
la
consueta
assoluzione
per
il
defunto
in
vita
detestato
.
Se
tutti
scrivono
sullo
stesso
registro
(
l
'
Unità
,
in
un
corsivo
commosso
,
abbozza
perfino
un
'
autocritica
,
mentre
il
partito
radicale
lo
iscrive
post
mortem
)
è
perché
ognuno
,
dalle
ragioni
di
Pasolini
,
pensa
oggi
di
poter
trarre
il
profitto
suo
.
Non
diceva
che
i
giovani
sono
,
ormai
,
come
una
schiuma
lasciata
da
una
mareggiata
che
ha
distrutto
i
vecchi
valori
?
che
una
collettività
deve
darsi
un
ordine
,
un
sistema
di
convivenza
,
un
modello
?
Su
questo
sono
d
'
accordo
tutti
,
salvo
dare
ciascuno
,
a
questo
ordine
e
a
questa
denuncia
,
il
segno
che
più
gli
conviene
.
Pasolini
,
l
'
intellettuale
più
outsider
della
nostra
società
culturale
,
fornisce
con
la
sua
indecorosa
morte
la
prova
ferrea
che
così
non
si
può
andare
avanti
.
Così
comoda
,
che
tutto
il
resto
è
perdonato
.
Penso
che
su
questo
fervore
e
i
suoi
corollari
,
Pasolini
avrebbe
-
se
è
lecito
immaginare
questo
gesto
in
un
uomo
così
dimessamente
gentile
-
sputato
sopra
.
Che
,
se
ne
fosse
uscito
vivo
,
oggi
sarebbe
dalla
parte
del
diciassettenne
che
lo
ha
ammazzato
di
botte
.
Maledicendole
,
ma
con
lui
.
E
così
fino
all
'
inevitabile
,
forse
prevista
e
temuta
,
altra
occasione
di
morte
.
Ma
con
lui
perché
era
il
mondo
,
queste
le
creature
della
sua
vita
più
vera
(
"
io
li
conosco
questi
giovani
,
davvero
,
sono
parte
di
me
,
della
mia
vita
diretta
,
privata
"
)
in
cui
cercava
,
ostinatamente
,
una
luce
.
In
loro
,
non
nel
mondo
d
'
ordine
,
che
non
sono
solo
i
commissariati
di
polizia
.
Qui
tornava
perché
nella
sua
visione
del
mondo
altre
strade
non
c
'
erano
.
La
sua
denuncia
dello
"
sviluppo
"
,
dei
valori
del
consumismo
,
del
profitto
,
dell
'
appiattimento
da
essi
indotto
in
una
società
preindustriale
dove
ancora
potevano
prevalere
i
rapporti
personali
,
non
alienati
,
non
passivamente
accolti
era
-
come
in
genere
è
in
questo
filone
,
che
ha
esponenti
illustri
,
cattolici
e
laici
-
unidimensionale
come
la
società
che
criticava
;
era
vissuta
come
fine
della
storia
,
imbarbarimento
,
di
fronte
al
quale
soltanto
cercar
di
arretrare
.
Arretrare
,
finché
un
rifiuto
opposto
a
questo
tipo
di
"
sviluppo
"
-
e
chi
può
opporvisi
se
non
il
margine
,
o
un
terzo
mondo
non
ancora
arrivato
a
questa
soglia
?
-
non
avrebbe
offerto
un
'
ancora
di
salvezza
.
Altrove
,
salvezze
non
vedeva
,
per
questo
Pasolini
tornava
,
ostinatamente
,
in
borgata
e
più
gli
sfuggiva
,
più
vi
tornava
tormentosamente
.
Tanto
più
che
in
tutti
i
sensi
doveva
presentarglisi
come
una
frustrazione
,
una
contraddizione
.
Cercava
un
rapporto
autentico
,
e
non
tesseva
,
invece
,
un
rapporto
mercificato
?
cercava
un
rapporto
libero
e
non
ripeteva
lui
stesso
-
l
'
intellettuale
ricco
che
arriva
con
l
'
Alfa
e
paga
il
ragazzo
davanti
a
lui
,
socialmente
e
personalmente
tanto
più
fragile
-
un
rapporto
fra
oppressore
e
oppresso
?
né
l
'
umiliazione
che
ne
doveva
ricevere
in
cambio
(
quante
prove
,
meno
tragicamente
finite
,
di
questa
sua
morte
deve
aver
vissuto
;
l
'
irrisione
del
compagno
occasionale
,
il
rifiuto
,
la
resistenza
di
chi
si
fa
usare
ma
si
sente
usato
,
e
quindi
si
ribella
)
poteva
assolverlo
dal
fatto
che
entrava
egli
stesso
in
questo
meccanismo
alienante
.
Nel
quale
l
'
interlocutore
diventava
sempre
più
sfuggente
,
più
"
oggetto
"
.
Diverso
da
un
tempo
,
quando
il
ragazzo
veniva
con
lui
ma
mantenendo
una
sua
figura
,
una
sua
dimensione
non
integrata
,
non
asservibile
,
come
il
Tommaso
di
Una
vita
violenta
.
Oggi
non
era
più
così
:
il
ragazzo
che
lo
ha
ucciso
ha
poco
in
comune
col
borgataro
d
'
un
tempo
.
Dovrebbe
esser
rilasciato
domani
,
ai
sensi
dei
valori
che
reggono
questa
società
(
oltre
che
di
un
'
umanità
elementare
)
perché
non
è
da
dubitare
della
testimonianza
della
sua
borgata
,
e
cioè
che
non
aveva
gran
voglia
di
lavorare
-
e
chi
ce
l
'
ha
-
ma
era
pronto
e
prossimo
a
rientrare
nell
'
ordine
della
famiglia
,
solo
provvisoriamente
e
venalmente
violato
.
Nulla
,
in
questa
storia
,
è
davvero
uguale
a
quel
che
sembra
.
Non
il
ricco
vizioso
che
cerca
amori
nascosti
fra
gli
emarginati
,
giacché
nessuno
come
Pasolini
viveva
più
semplicemente
la
sua
inclinazione
omosessuale
e
avrebbe
potuto
soddisfarla
,
in
una
società
ormai
più
permissiva
,
senza
rischi
di
sorta
.
Non
il
giovane
vizioso
,
che
non
c
'
è
:
né
come
vizioso
,
né
come
delinquente
,
e
neppure
come
volontariamente
deviante
,
ribelle
alla
norma
.
Morte
accidentale
nell
'
inseguimento
di
un
fantasma
,
si
potrebbe
dire
.
Con
soddisfazione
per
i
più
,
con
amarezza
per
chi
di
Pasolini
aveva
stima
e
rispetto
.
E
funerali
,
adesso
,
con
assunzione
in
gloria
da
parte
di
chi
,
quel
fantasma
,
ha
prima
costruito
e
poi
esorcizzato
.
Se
Pasolini
è
oggi
così
lodato
,
se
probabilmente
in
buona
fede
tanti
si
riconoscono
in
metà
del
discorso
che
lui
faceva
,
è
perché
l
'
altra
metà
per
lui
essenziale
,
quella
in
cui
riponeva
la
sua
speranza
,
non
aveva
fondamento
.
Quante
discussioni
,
le
poche
volte
che
lo
incontravo
,
e
sempre
le
stesse
;
le
stesse
che
ripeteva
puntualmente
con
Moravia
.
È
vero
che
il
capitale
ci
ha
disumanizzato
.
È
vero
.
È
vero
che
la
conformizzazione
al
suo
modello
è
mostruosa
.
È
vero
che
essa
è
così
potente
,
da
riflettersi
persino
in
chi
la
nega
;
nel
1968
,
quando
scrisse
la
famosa
poesia
sugli
scontri
di
Valle
Giulia
,
Pasolini
vedeva
nello
studente
il
prodotto
d
'
un
ceto
che
può
perfino
"
provare
"
la
rivoluzione
,
cosa
che
al
poliziotto
,
figlio
di
bracciante
meridionale
,
non
è
permessa
;
e
coglieva
una
parte
di
verità
.
È
vero
che
oggi
,
e
non
ieri
,
si
può
parlare
di
aborto
,
e
non
solo
perché
è
maturato
il
movimento
femminista
,
ma
la
società
maschile
pensa
a
"
economizzarsi
"
.
È
vero
che
scuola
dell
'
obbligo
e
Tv
sono
organismi
del
consenso
.
È
vero
che
il
fascista
non
è
così
diverso
dal
democratico
,
nei
suoi
modelli
culturali
,
come
era
nel
1922
.
Vero
tutto
,
e
tutto
parziale
:
perché
ogni
volta
che
Pasolini
toccava
con
mano
queste
scomode
verità
,
l
'
ambiguità
del
presente
,
faceva
seguire
un
salto
indietro
,
verso
l
'
umanità
non
ambigua
di
"
prima
"
,
invece
che
cogliere
nello
studente
,
nel
femminismo
,
nella
scolarizzazione
,
nella
stessa
conformizzazione
,
il
principio
d
'
una
sicuramente
spuria
,
ma
vitale
via
d
'
uscita
in
avanti
.
L
'
idea
che
questo
itinerario
si
dovesse
compiere
fino
in
fondo
e
di
qui
ritrovare
il
filo
d
'
un
mondo
restituito
all
'
umanità
,
era
in
lui
sempre
più
lontana
.
Avrebbe
potuto
essere
uno
scettico
,
diventava
,
in
senso
classico
,
un
"
reazionario
"
.
E
questo
oggi
viene
sfruttato
,
questa
è
la
seconda
macchina
che
passa
sul
suo
corpo
.
Giacché
del
valore
dirompente
,
violento
,
di
questa
sua
"
reazione
"
nulla
resta
,
nella
elegia
delle
prime
,
seconde
e
terze
pagine
che
gli
sono
dedicate
.
Avrà
un
funerale
borghese
,
e
fra
qualche
tempo
il
comune
di
Roma
gli
dedicherà
una
strada
.
Lo
ammazzeranno
meglio
,
i
suoi
veri
nemici
,
che
non
il
ragazzo
dell
'
altra
sera
.
Nel
quale
,
prima
di
perire
,
deve
aver
visto
soltanto
la
via
senza
uscite
in
cui
s
'
era
cacciato
,
la
dimensione
del
suo
errore
.
E
pensare
che
cercava
l
'
angelo
della
passione
secondo
Matteo
.