StampaQuotidiana ,
POTREBBE
essere
un
racconto
di
Pirandello
.
Il
racconto
di
un
uomo
sempre
controcorrente
,
che
sul
marciare
controvento
ha
costruito
una
clamorosa
e
onoratissima
carriera
diventando
il
simbolo
stesso
della
demolizione
delle
regole
e
del
rovesciamento
degli
schemi
,
che
tuttavia
non
riesce
ad
ammettere
-
neanche
per
un
attimo
,
nemmeno
con
se
stesso
-
la
prima
e
la
più
assoluta
delle
sue
trasgressioni
:
l
'
adesione
a
una
"
causa
sbagliata
"
,
poi
diventata
nell
'
arco
degli
anni
un
autentico
tabù
sociale
e
storico
.
Potrebbe
essere
un
racconto
di
Pirandello
,
e
invece
è
la
vicenda
di
Dario
Fo
,
tornata
d
'
attualità
sull
'
onda
della
polemica
sulle
"
confessioni
"
di
Roberto
Vivarelli
riguardo
all
'
adesione
alla
Rsi
.
Anche
Dario
Fo
vestì
la
divisa
della
Rsi
.
Anche
lui
è
stato
interpellato
di
recente
sui
motivi
di
quella
scelta
.
A
oltre
cinquantanni
di
distanza
,
da
uno
così
uno
che
sul
"
coraggio
di
dire
di
no
"
ha
costruito
una
carriera
da
Nobel
,
ci
si
poteva
aspettare
un
fulminante
"
outing
"
.
E
vero
,
l
'
ho
fatto
.
Invece
è
arrivato
un
deprimente
contorcimento
.
Deprimente
sia
per
il
compagno
di
"
Guerra
di
popolo
in
Cile
"
sia
per
il
camerata
di
"
Battaglioni
del
Duce
battaglioni
"
.
"
A
differenza
di
Vivarelli
che
,
sebbene
per
poco
,
ci
credette
-
ha
spiegato
Dario
Fo
al
"
Corriere
"
-
io
aderii
alla
Rsi
per
ragioni
molto
più
pratiche
:
cercare
di
imboscarmi
,
portare
a
casa
la
pelle
"
.
Fo
dice
di
aver
scelto
l
'
artiglieria
contraerea
di
Varese
perché
tanto
"
non
aveva
cannoni
"
ed
era
facile
prevedere
che
gli
arruolati
sarebbero
presto
stati
rimandati
a
casa
.
Quando
capì
che
invece
rischiava
di
essere
spedito
in
Germania
"
a
sostituire
gli
artiglieri
tedeschi
massacrati
dalle
bombe
"
,
trovò
un
'
altra
scappatoia
.
Si
arruolò
nella
scuola
paracadutisti
di
Tradate
.
Frequentò
il
corso
.
E
"
finito
l
'
addestramento
,
fuga
finale
.
Tornai
nelle
mie
valli
,
cercai
di
unirmi
a
qualche
gruppo
di
partigiani
,
ma
non
ne
era
rimasto
nessuno
"
.
E
'
una
versione
ben
differente
da
quella
che
lo
stesso
Fo
fornì
vent
'
anni
fa
,
e
di
cui
diamo
conto
nell
'
articolo
qui
a
fianco
.
All
'
epoca
il
giullare
di
"
Mistero
buffo
"
sosteneva
addirittura
di
essere
entrato
nella
Rsi
su
incarico
di
formazioni
partigiane
.
Smentito
in
processo
,
è
stato
probabilmente
costretto
a
"
emendare
"
i
suoi
ricordi
.
Resta
da
chiedersi
come
mai
nemmeno
dopo
mezzo
secolo
,
nemmeno
dopo
il
Nobel
,
nemmeno
dopo
l
'
incrinatura
del
tabù
che
ha
ossessionato
due
generazioni
di
italiani
,
un
pluri
-
settantenne
del
calibro
di
Fo
,
ormai
al
riparo
dalle
intemperie
della
discriminazione
,
riesca
a
riconciliarsi
con
le
scelte
della
sua
giovinezza
.
Delle
due
l
'
una
:
o
la
gabbia
creata
dalle
vestali
del
"
politicamente
corretto
"
è
infrangibile
,
o
è
molto
fragile
-
debole
,
succubo
conformista
-
lui
.
StampaPeriodica ,
La
scuola
sembrava
vivere
passivamente
,
tra
proteste
,
mugugni
,
fughe
e
disillusioni
,
l
'
ondata
di
provvedimenti
con
cui
il
governo
l
'
ha
investita
negli
ultimi
anni
.
Invece
la
vicenda
del
concorso
di
merito
per
gli
insegnanti
sta
segnando
in
questi
giorni
un
punto
di
discontinuità
.
Lo
sciopero
più
esteso
degli
ultimi
anni
(
malgrado
che
i
sindacati
tradizionali
fossero
dall
'
altra
parte
)
una
manifestazione
imponente
di
insegnanti
nelle
strade
di
Roma
e
un
vero
assedio
del
palazzo
di
viale
Trastevere
riaprono
una
fase
importante
che
va
attentamente
indagata
.
Prende
forma
e
si
concentra
sulla
questione
degli
insegnanti
una
vicenda
più
generale
della
scuola
e
della
formazione
nel
nostro
paese
.
È
,
o
almeno
potrebbe
diventare
,
il
primo
movimento
(
un
po
'
come
Seattle
)
che
si
oppone
all
'
ordine
esistente
,
e
all
'
ideologia
privatistica
,
non
solo
a
difesa
di
una
categoria
minacciata
nei
suoi
diritti
,
o
di
diritti
conquistati
per
tutti
in
un
contesto
sociale
e
culturale
passato
,
ma
ponendo
un
problema
,
anzi
forse
il
problema
più
importante
dell
'
epoca
futura
:
la
formazione
dell
'
uomo
,
della
personalità
e
creatività
di
tutti
.
Ed
è
(
più
che
a
Seattle
)
un
movimento
che
muove
non
solo
su
una
tematica
specifica
e
insieme
di
valore
generale
,
ma
ha
radici
in
un
soggetto
sociale
omogeneo
,
radicato
in
un
territorio
,
con
un
peso
politico
rilevante
e
attivo
(
come
ha
rivelato
,
ancor
in
un
recente
passato
,
l
'
esperienza
francese
)
.
E
infatti
ha
già
una
breve
storia
,
non
solo
sindacale
:
l
'
opposizione
al
finanziariamento
pubblico
alla
scuola
privata
;
la
contrastata
esperienza
del
decentramento
;
il
dibattito
sulla
riforma
dei
cicli
;
alla
fine
il
rifiuto
del
"
concorsone
"
(
non
come
rifiuto
della
qualificazione
continua
o
richiesta
di
un
piatto
egualitarismo
,
ma
come
rifiuto
dei
modi
aberranti
con
cui
si
pretende
di
valutare
quella
qualificazione
)
e
di
aumenti
retributivi
innestati
su
uno
scandaloso
generale
regime
di
sottosalario
e
di
contenimento
dell
'
investimento
nella
scuola
.
Perciò
è
uno
dei
pochi
movimenti
che
non
si
scontra
con
un
muro
di
ostilità
dell
'
opinione
pubblica
,
si
oppone
con
nettezza
al
governo
di
centro
-
sinistra
fuori
ma
anche
dentro
i
suoi
confini
.
I
suoi
limiti
stanno
ancora
nel
fatto
che
non
è
riuscito
a
saldarsi
con
una
ripresa
di
un
movimento
degli
studenti
,
che
gli
è
indispensabile
,
né
è
riuscito
a
esprimere
un
'
idea
adeguata
di
linea
alternativa
;
ma
sono
limiti
imputabili
anzitutto
alla
sordità
della
politica
e
della
cultura
e
alla
crisi
delle
relative
organizzazioni
.
Ma
che
,
esso
stesso
,
potrebbe
smuovere
.
La
riforma
degli
ordinamenti
,
o
come
più
comunemente
si
dice
,
la
riforma
dei
cicli
scolastici
,
l
'
autonomia
scolastica
,
il
ruolo
manageriale
dei
capi
d
'
istituto
,
l
'
avvio
di
un
nuovo
profilo
degli
insegnanti
,
la
'
parificazione
'
tra
scuola
pubblica
e
privata
,
un
nodo
di
questioni
complesse
viene
ormai
al
dunque
.
Un
popolo
di
insegnanti
democratici
,
dopo
aver
sperato
che
la
sinistra
rispondesse
alla
loro
crisi
e
alla
crisi
della
scuola
,
presenta
il
conto
.
Un
conto
delicato
che
intreccia
questioni
sindacali
,
culturali
e
professionali
:
l
'
inizio
di
una
fase
nuova
.
Le
riforme
I
cambiamenti
sono
ormai
definiti
dal
punto
di
vista
legislativo
ed
è
possibile
valutare
in
che
modo
l
'
impatto
di
tali
provvedimenti
sta
cambiando
la
scuola
reale
.
Il
segno
prevalente
che
si
coglie
è
quello
di
una
progressiva
"
privatizzazione
della
scuola
pubblica
"
.
Il
finanziamento
delle
scuole
private
e
l
'
obiettivo
di
costruire
un
"
sistema
integrato
"
della
formazione
tra
pubblico
e
privato
sono
solo
il
punto
più
appariscente
,
quanto
grave
,
di
una
tendenza
più
generale
alla
privatizzazione
della
scuola
pubblica
.
Privatizzazione
è
innanzi
tutto
un
progressivo
disimpegno
finanziario
dello
Stato
nello
sviluppo
della
scuola
;
non
si
tratta
di
una
modifica
del
regime
giuridico
della
scuola
pubblica
,
ma
del
mutamento
della
sua
ragione
sociale
.
La
scuola
della
Repubblica
,
che
dovrebbe
essere
garante
del
diritto
di
cittadinanza
,
strumento
teso
alla
rimozione
delle
differenze
culturali
e
sociali
,
si
fa
,
invece
,
sempre
più
'
un
'
opportunità
'
per
i
cittadini
clienti
di
un
servizio
a
domanda
.
Non
è
mutamento
da
poco
e
va
scandagliato
attentamente
.
La
nuova
scuola
non
muta
la
struttura
della
scuola
dell
'
infanzia
,
quella
rivolta
ai
bambini
dai
tre
ai
cinque
anni
.
Rimane
per
questo
livello
formativo
l
'
assurdo
di
un
servizio
pubblico
presente
sul
territorio
solo
per
un
50%
della
popolazione
infantile
.
Per
il
resto
dei
bambini
esiste
solo
la
possibilità
di
una
scuola
materna
confessionale
e
privata
.
La
scuola
,
nel
suo
segmento
di
scuola
di
base
,
si
riduce
di
un
anno
.
La
scuola
secondaria
introduce
un
doppio
canale
formativo
fin
dal
primo
biennio
.
Sarà
possibile
sviluppare
esperienze
formative
anche
in
situazioni
non
scolastiche
,
nella
formazione
professionale
.
Infine
viene
introdotto
il
cosiddetto
obbligo
formativo
fino
ai
diciotto
anni
.
I
giovani
,
dopo
il
quindicesimo
anno
,
potranno
proseguire
gli
studi
scolastici
oppure
optare
(
e
opteranno
ovviamente
le
loro
famiglie
,
con
un
processo
inaccettabile
di
autoselezione
secondo
il
reddito
)
per
un
canale
di
formazione
professionale
.
In
buona
sostanza
la
riduzione
del
tempo
della
scolarità
risponde
solo
al
principio
della
riduzione
della
spesa
e
dell
'
allineamento
della
scuola
italiana
alle
politiche
europee
"
avare
"
e
sempre
più
ispirate
alle
politiche
di
contrazione
del
welfare
.
La
riforma
produce
una
riduzione
assoluta
del
tempo
di
scuola
;
il
tempo
e
la
quantità
non
sono
tutto
nella
scuola
,
ma
sono
la
precondizione
della
qualità
e
soprattutto
costituiscono
l
'
elemento
determinante
per
sostenere
i
ritardi
culturali
.
In
pedagogia
vale
il
principio
che
se
vuoi
risultati
soddisfacenti
per
il
complesso
della
popolazione
giovanile
,
devi
offrire
più
tempo
a
coloro
che
socialmente
portano
il
segno
di
un
ritardo
di
alfabetizzazione
e
di
cultura
.
Inoltre
,
per
paradosso
,
l
'
aver
fissato
il
completamento
dell
'
obbligo
al
quindicesimo
anno
d
'
età
può
produrre
un
incentivo
all
'
abbandono
precoce
della
scuola
dopo
l
'
ottenimento
del
titolo
.
Ricordiamo
che
attualmente
la
frequenza
del
biennio
della
secondaria
fino
a
sedici
anni
è
molto
ampia
rispetto
alla
popolazione
scolastica
in
età
corrispondente
.
Una
riforma
che
riduce
il
tempo
assoluto
della
formazione
di
base
e
che
rischia
di
ridurre
il
numero
assoluto
degli
studenti
non
può
essere
considerata
una
buona
riforma
.
Gli
ordinamenti
e
la
riforma
dei
cicli
scolastici
sono
,
come
è
evidente
,
solo
la
forma
giuridica
e
organizzativa
che
la
scuola
prende
sul
piano
legislativo
.
La
riforma
reale
della
scuola
è
faccenda
più
complessa
e
non
può
esaurirsi
nella
valutazione
dei
contenitori
giuridici
e
organizzativi
.
Della
proposta
del
governo
bisogna
dunque
saper
cogliere
il
contesto
e
il
retroterra
culturale
e
politico
,
al
fine
di
vagliarli
criticamente
,
ma
soprattutto
per
avanzare
delle
proposte
alternative
.
Il
punto
di
vista
più
interessante
per
capire
,
mi
sembra
che
consista
in
una
ricerca
e
una
ridefinizione
di
che
cosa
è
oggi
alfabetizzazione
e
,
per
altro
verso
,
nell
'
individuazione
delle
radici
sociali
della
povertà
culturale
.
La
scuola
italiana
soffre
di
due
livelli
di
selezione
.
La
selezione
'
storica
'
ha
agito
con
l
'
esclusione
classista
:
l
'
evasione
dalla
scuola
dell
'
obbligo
e
ampie
sacche
di
insuccesso
non
possono
portarci
a
considerare
di
massa
la
scuola
,
soprattutto
nei
livelli
superiori
e
universitari
.
La
stessa
persistenza
della
ciclicità
dell
'
istruzione
è
il
sedimento
di
una
scontata
e
ipocrita
ammissione
che
non
tutti
avrebbero
potuto
completare
l
'
intero
percorso
degli
studi
.
Ma
vi
è
un
rilievo
più
importante
da
fare
su
una
forma
"
moderna
"
di
selezione
.
Penso
agli
studi
della
Greenfield
e
altri
,
che
notano
come
la
forte
esposizione
dei
bambini
e
dei
giovani
al
sistema
complesso
dell
'
informazione
,
all
'
"
eccedenza
informativa
"
per
lo
più
veicolata
dai
media
,
invece
che
una
crescita
di
cultura
,
produce
un
"
rumore
di
fondo
"
,
una
perdita
di
capacità
critica
.
Si
determina
nella
scuola
un
analfabetismo
qualitativo
,
vissuto
precocemente
nella
famiglia
e
nella
società
e
difficilmente
recuperabile
.
Tempi
di
vita
e
tempi
della
formazione
Allora
una
riforma
degli
ordinamenti
deve
guardare
altrove
:
mi
pare
che
si
debba
partire
da
una
riflessione
su
come
nel
nostro
tempo
si
sono
trasformate
le
età
della
vita
,
quale
ritmo
ha
preso
la
crescita
umana
,
quali
peculiarità
prendono
oggi
l
'
infanzia
,
l
'
adolescenza
e
la
condizione
giovanile
.
La
scuola
accompagna
l
'
organizzazione
dei
tempi
di
vita
dei
ragazzi
e
delle
loro
famiglie
,
è
un
punto
di
osservazione
dell
'
organizzazione
complessiva
della
società
.
Quali
bisogni
è
possibile
leggere
nell
'
organizzazione
dei
tempi
della
nostra
vita
?
E
come
ci
si
può
ad
essi
riferire
per
fare
riforma
della
scuola
?
L
'
infanzia
è
il
primo
terreno
di
verifica
.
Il
nostro
è
un
secolo
che
ha
giocato
non
a
favore
dell
'
infanzia
,
ma
per
una
progressiva
marginalità
dei
bambini
e
delle
bambine
.
L
'
autonomia
infantile
è
,
ci
pare
,
il
punto
su
cui
ragionare
.
Come
può
la
scuola
garantire
un
passaggio
delicato
tra
la
famiglia
e
l
'
affidamento
ad
altri
adulti
,
gli
insegnanti
,
per
la
formazione
del
piccolo
cittadino
.
La
famiglia
è
una
risorsa
primaria
,
emotiva
e
educativa
per
i
piccoli
,
ma
l
'
autonomia
dal
senso
proprietario
che
inevitabilmente
i
genitori
esercitano
sui
piccoli
è
un
primo
passo
verso
l
'
acquisizione
della
cittadinanza
.
Con
quali
tempi
del
rapporto
didattico
,
in
quali
anni
,
con
quale
scansione
di
orari
si
devono
affidare
i
piccoli
alla
scuola
?
Questo
costituisce
il
primo
problema
della
riforma
.
Pensando
ad
una
scolarizzazione
precoce
si
pensa
erroneamente
ad
una
precoce
accelerazione
degli
apprendimenti
cognitivi
.
Non
deve
essere
così
.
Nei
nidi
e
nella
scuola
dell
'
infanzia
il
problema
è
la
socializzazione
e
l
'
innesto
di
esperienze
di
relazione
,
è
la
conduzione
dei
bambini
e
delle
bambine
in
un
universo
di
linguaggi
più
differenziato
e
più
ricco
di
quello
familiare
.
Nidi
e
scuola
dell
'
infanzia
devono
rimuovere
le
prime
differenze
e
devono
evitare
i
ritardi
rispetto
alla
scuola
che
verrà
,
devono
essere
scuola
educativa
e
non
assistenza
.
Qui
siamo
al
secondo
aspetto
della
riforma
,
i
suoi
contenuti
didattici
.
La
scuola
di
base
unitaria
ci
pare
buona
cosa
,
ma
non
è
positiva
la
riduzione
di
un
anno
di
scolarità
.
Penso
che
sia
opportuno
un
ritmo
più
semplice
di
quanto
propone
il
governo
:
un
ciclo
di
quattro
anni
,
da
sei
fino
a
nove
anni
,
a
tempo
pieno
,
unitario
nel
progetto
e
nell
'
impianto
educativo
.
Il
tempo
pieno
non
è
solo
un
modulo
organizzativo
,
ma
un
'
occasione
per
i
bambini
per
fare
esperienze
educative
globali
.
La
formazione
della
mente
vive
insieme
alla
formazione
delle
relazioni
,
al
gioco
,
alla
creatività
.
Penso
poi
ad
un
ulteriore
ciclo
di
quattro
anni
,
fino
a
tredici
anni
.
Una
scuola
più
individualizzata
nei
percorsi
,
più
adattata
alle
differenze
personali
e
culturali
degli
adolescenti
.
Una
scuola
delle
ragazze
e
dei
ragazzi
,
che
tra
apprendimento
e
esperienza
sociale
si
danno
gli
strumenti
per
la
formazione
di
un
io
personale
solido
.
Una
scuola
in
cui
si
insegna
tramite
laboratori
,
in
cui
le
relazioni
della
classe
si
intrecciano
con
ritmi
organizzativi
più
articolati
,
sia
per
i
tempi
e
gli
orari
che
per
i
contenuti
.
Il
giudizio
sulla
proposta
relativa
alla
scuola
secondaria
è
più
severo
.
Qui
appare
con
forza
una
convinta
adesione
del
governo
alle
idee
portanti
della
Confindustria
sulla
formazione
.
Scuola
della
flessibilità
,
addestramento
e
orientamento
precoce
,
scuola
vagamente
impostata
sulle
opportunità
e
senza
garanzie
di
promozione
culturale
.
Ma
vediamo
con
ordine
.
Innanzi
tutto
la
riduzione
complessiva
del
ciclo
degli
studi
.
Un
livello
così
basso
di
scolarità
si
arrende
all
'
ideologia
confindustriale
di
una
'
didattica
breve
'
in
vista
di
una
disponibilità
al
lavoro
precario
,
saltuario
,
appunto
alla
flessibilità
,
nuova
magia
dei
ceti
imprenditoriali
che
non
vedono
altra
possibilità
per
lo
sviluppo
.
La
secondaria
dovrebbe
invece
avere
un
biennio
obbligatorio
e
unitario
,
compatto
nei
contenuti
e
nelle
finalità
culturali
.
Dovrebbero
essere
semplificati
i
curricoli
di
apprendimento
;
il
lavoro
,
la
società
,
la
tecnica
,
i
linguaggi
e
la
conoscenza
della
natura
devono
essere
oggetto
critico
della
ricerca
culturale
dei
giovani
e
non
temi
di
addestramento
subalterno
.
Questa
ci
pare
l
'
uscita
positiva
dall
'
impostazione
gentiliana
della
scuola
.
La
scuola
deve
essere
poi
giocata
,
nel
triennio
successivo
,
tra
studio
e
prime
esperienze
di
avvicinamento
al
lavoro
,
in
prospettiva
una
scuola
obbligatoria
fino
a
18
anni
.
Questa
è
la
scelta
realistica
di
allineamento
agli
altri
sistemi
formativi
europei
.
Una
scuola
che
si
riorganizza
nei
tempi
,
comincia
a
adattarsi
per
diventare
il
primo
livello
di
un
ulteriore
passo
della
formazione
,
a
carattere
permanente
,
non
più
solo
rivolta
ai
giovani
,
ma
capace
di
offrire
allo
sviluppo
delle
persone
,
in
ogni
età
della
vita
,
un
riferimento
culturale
e
formativo
.
Sarebbe
utile
un
terzo
settore
della
formazione
.
Anche
l
'
obiettivo
di
una
generale
riduzione
dell
'
orario
di
lavoro
ha
in
questa
formazione
ricorrente
una
possibilità
.
Tempi
che
si
liberano
dal
lavoro
e
che
si
dedicano
alla
cura
di
sé
e
alla
crescita
culturale
.
Ma
la
riforma
è
soprattutto
investimento
di
risorse
,
umane
e
economiche
.
Il
governo
di
centrosinistra
non
ha
cambiato
strategia
,
non
ha
segnato
una
discontinuità
rispetto
ai
governi
di
destra
o
a
dominanza
democristiana
.
Una
ristrutturazione
poderosa
ha
colpito
i
bilanci
,
colpisce
la
struttura
materiale
della
scuola
sul
territorio
,
colpisce
gli
insegnanti
.
Una
riforma
senza
risorse
è
pura
propaganda
.
La
riduzione
del
finanziamento
pubblico
della
scuola
è
effetto
di
una
strategia
che
va
al
di
là
del
risanamento
del
debito
pubblico
.
Si
iscrive
in
un
quadro
di
trasformazione
della
scuola
in
un
sistema
misto
,
pubblico
e
privato
,
convenzionato
,
in
cui
mercato
e
redditi
familiari
diventano
il
differenziale
di
qualità
della
scuola
.
Che
fare
dunque
,
per
non
rimanere
nelle
secche
delle
analisi
?
Innanzi
tutto
risollevare
nella
scuola
la
partecipazione
dei
soggetti
,
studenti
,
insegnanti
e
cittadini
.
La
fuga
o
la
passività
degli
insegnanti
nella
scuola
è
motivata
dall
'
insicurezza
sulla
prospettiva
del
loro
ruolo
,
da
una
profonda
sfiducia
che
si
possa
cambiare
qualcosa
nel
modo
di
imparare
e
di
insegnare
.
La
scuola
potrebbe
perdere
una
generazione
professionale
importante
e
pregiudicarsi
così
le
possibilità
di
riforma
.
L
'
insensibilità
alla
questione
docente
,
come
parte
essenziale
della
riforma
,
è
ancora
il
movente
della
proposta
insensata
del
"
concorsone
"
per
la
selezione
professionale
,
che
rende
acuta
la
tensione
nelle
scuole
e
fa
da
catalizzatore
della
protesta
.
Cosa
è
questa
ampia
e
generale
reazione
alle
'
gare
salariali
'
,
come
ha
efficacemente
scritto
il
manifesto
?
Non
avveniva
più
da
anni
:
gli
insegnanti
non
accettano
di
sottoporsi
ad
una
selezione
per
lo
più
fondata
sull
'
ideologia
che
nella
scuola
la
qualità
dipende
dalla
competizione
premiata
dagli
incentivi
salariali
.
Un
'
ipotesi
povera
di
analisi
su
questa
professione
,
che
non
riesce
a
vedere
nell
'
insegnamento
-
come
sostiene
ampiamente
anche
Bruner
in
un
suo
testo
importante
sulla
scuola
americana
-
un
ruolo
sociale
e
politico
particolare
,
considerandolo
invece
un
semplice
lavoro
subordinato
.
L
'
efficacia
dell
'
insegnamento
dipende
dalla
condivisione
dei
fini
emancipativi
che
nella
scuola
si
attivano
.
Il
modello
aziendale
,
gerarchico
e
competitivo
,
non
solo
non
funziona
,
ma
allontana
gli
insegnanti
,
come
già
ampiamente
avviene
,
dalla
didattica
quotidiana
.
Programmazione
,
progettazione
didattica
,
innovazione
didattica
stanno
diventando
momenti
autoreferenziali
che
impoveriscono
la
cultura
e
l
'
azione
professionale
degli
insegnanti
.
Contro
la
povertà
di
una
selezione
fatta
con
i
quiz
,
con
le
simulazioni
di
lezione
(
dove
vanno
a
finire
decenni
di
ricerca
per
superare
nell
'
insegnamento
la
sequenza
della
lezione
,
interrogazione
,
valutazione
?
)
insorgono
gli
insegnanti
,
bloccati
tra
le
certezze
di
un
passato
professionale
che
non
funziona
e
le
riforme
che
non
convincono
.
L
'
idea
cattiva
di
autonomia
Questo
conflitto
oggi
si
intreccia
con
il
caos
che
si
è
determinato
con
un
'
insensata
politica
dell
'
autonomia
del
"
fai
da
te
"
.
La
riforma
dei
cicli
non
può
essere
perciò
separata
dalla
questione
più
corposa
dell
'
autonomia
.
L
'
autonomia
didattica
è
un
grande
valore
:
insieme
con
la
dimensione
cooperativa
è
la
sostanza
stessa
della
libertà
d
'
insegnamento
garantita
dalla
Costituzione
.
Ma
l
'
attuazione
dell
'
autonomia
sta
stravolgendo
tutto
questo
.
Gli
insegnanti
e
gli
studenti
,
isolati
,
ridotti
a
rango
di
clienti
,
perdono
poteri
reali
di
influenza
sulle
scelte
e
sui
fini
per
diventare
soggetti
passivi
nella
gestione
del
quotidiano
.
Il
cittadino
cliente
naviga
nel
vuoto
e
perde
ogni
connotazione
di
soggetto
collettivo
nel
rapportarsi
al
sistema
dei
diritti
che
dovrebbe
alimentare
ogni
servizio
sociale
.
Le
nostre
scuole
dovrebbero
essere
più
pubbliche
e
meno
di
mercato
.
Più
strumenti
di
eguaglianza
che
luoghi
inerti
di
convalida
della
differenziazione
sociale
.
L
'
introduzione
di
logiche
di
mercato
distrugge
la
promozione
dei
diritti
;
nel
migliore
dei
casi
riaffida
alla
scuola
o
una
funzione
giudicante
e
notarile
dell
'
avvenuta
assuefazione
al
conformismo
e
alla
differenza
sociale
,
oppure
dilata
la
dimensione
familistica
,
ideologica
,
"
etnica
"
dell
'
identità
giovanile
.
Il
problema
dell
'
autonomia
buona
è
lo
sviluppo
di
poteri
'
locali
'
capaci
di
riformare
la
scuola
dal
basso
,
secondo
linee
generali
di
innovazione
culturale
e
professionale
di
profilo
culturale
alto
.
Il
problema
dell
'
autonomia
della
scuola
è
in
ultima
analisi
un
problema
della
democrazia
e
dei
suoi
strumenti
.
La
libertà
di
insegnare
e
fare
scienza
All
'
autonomia
degli
insegnanti
e
degli
studenti
dovrebbe
spettare
l
'
assoluta
decisione
delle
tracce
educative
per
raggiungere
i
fini
sociali
e
politici
fissati
dalle
istanze
democratiche
di
un
paese
.
Insegnare
è
per
eccellenza
un
ruolo
pubblico
,
perché
dovrebbe
farsi
guidare
solo
dalla
libertà
della
scienza
,
della
coscienza
professionale
e
dalla
Costituzione
.
Null
'
altro
dovrebbe
influenzare
il
progetto
educativo
delle
scuole
.
La
Costituzione
,
nel
suo
andamento
compromissorio
affidò
la
responsabilità
educativa
alla
famiglia
e
alla
scuola
dello
Stato
.
Le
politiche
attuali
rifluiscono
verso
il
primato
della
famiglia
e
risolvono
l
'
ambiguità
costituzionale
a
favore
della
riproduzione
educativa
familiare
o
della
cultura
locale
'
leghista
'
:
la
comunità
naturale
dunque
,
piuttosto
che
la
società
e
la
cultura
nazionale
.
Questo
rifluire
produce
enormi
rischi
morali
e
culturali
,
incide
sul
tessuto
civile
del
paese
.
Torna
il
ruolo
prevalente
degli
educatori
come
riproduttori
passivi
del
senso
comune
ambientale
,
piuttosto
che
soggetti
di
una
ricerca
critica
sullo
stesso
contesto
sociale
.
È
necessario
invece
pensare
ad
una
scuola
come
libero
spazio
di
una
complessa
dialettica
tra
valori
e
interessi
diversi
;
un
luogo
di
proposta
e
anche
di
conflitto
tra
educatori
e
studenti
,
non
più
proprietà
e
investimento
dei
loro
genitori
,
ma
abitato
da
soggetti
umani
accomunati
da
un
'
avventura
morale
e
intellettuale
che
prepara
alla
cittadinanza
.
Si
tratta
di
considerare
la
scuola
e
l
'
educazione
come
un
gioco
difficile
che
non
solo
agisce
,
ma
che
,
mentre
è
giocato
,
fissa
le
regole
stesse
del
gioco
.
Un
gioco
su
un
piano
inclinato
,
più
complesso
di
un
gioco
con
regole
precostituite
,
in
cui
i
giocatori
,
studenti
e
educatori
,
seguendo
le
regole
date
,
ne
inventano
di
nuove
e
rompono
dinamicamente
con
il
senso
comune
e
le
mentalità
correnti
.
L
'
autogoverno
e
la
cooperazione
Esiste
oggi
un
lavoro
scolastico
che
rassomigli
a
questo
impegno
?
In
genere
dobbiamo
rispondere
negativamente
:
prevalgono
gli
aspetti
ripetitivi
sulla
creatività
e
l
'
invenzione
.
Ma
una
traccia
per
ricostruire
il
tessuto
di
una
ricerca
esiste
.
La
cooperazione
e
ducativa
appartiene
a
pieno
diritto
alla
riflessione
della
pedagogia
democratica
europea
e
italiana
.
Evidenzia
con
equilibrio
la
necessità
di
percorsi
personali
,
individualizzati
e
creativi
nell
'
insegnamento
.
E
si
pone
come
interazione
,
quasi
necessariamente
conflittuale
e
pluralistica
tra
lavori
l
'
uno
all
'
altro
trasparenti
,
nei
percorsi
e
nei
fini
.
Cooperare
e
cooperazione
sono
termini
che
richiamano
solidarietà
ottocentesche
.
Recuperarne
il
senso
in
un
contesto
moderno
,
legato
alla
definizione
di
nuove
metodologie
per
la
gestione
del
lavoro
intellettuale
,
costituisce
un
'
operazione
culturale
ardita
.
Nelle
organizzazioni
a
rete
bisogna
partire
dall
'
ipotesi
concettuale
e
pratica
che
non
si
può
eliminare
il
conflitto
;
il
conflitto
deve
essere
considerato
un
elemento
dinamico
e
produttivo
.
Come
può
essere
controllato
e
razionalizzato
?
Solo
aumentando
le
informazioni
circolanti
nella
rete
,
aumentando
la
partecipazione
dei
soggetti
e
chiarificando
i
fini
e
i
valori
.
Lavorare
cooperando
significa
accettare
questa
processualità
.
Per
risolvere
il
conflitto
bisogna
cercare
le
vie
che
portano
a
stabilire
patti
,
quando
i
patti
entrano
in
crisi
bisogna
rinnovare
il
confronto
tra
i
soggetti
.
Bisogna
saper
costruire
un
quadro
di
controllo
del
processo
educativo
che
abbia
il
suo
centro
riformatore
nel
ruolo
dei
soggetti
sociali
interessati
.
Questa
metodologia
di
controllo
costante
della
didattica
è
l
'
anima
stessa
della
cooperazione
,
la
trasparenza
è
la
sua
componente
essenziale
;
comporta
un
forte
decentramento
delle
responsabilità
,
riduce
il
ruolo
gerarchico
.
Il
tutto
funziona
se
c
'
è
questa
assunzione
reciproca
di
impegni
responsabili
.
Patti
d
'
aula
,
patti
d
'
istituto
,
patti
tra
soggetti
.
Questo
metodo
difficilmente
può
coesistere
con
un
'
organizzazione
burocratica
e
gerarchica
,
anche
tra
studenti
e
insegnanti
.
Prendere
decisioni
in
questo
ambiente
comunicativo
comporta
anche
il
mutamento
dello
stile
di
lavoro
degli
insegnanti
.
In
genere
nella
struttura
cooperativa
è
importante
la
trasparenza
delle
singole
intenzioni
,
antagonista
rispetto
alla
consuetudine
di
custodire
individualisticamente
il
contenuto
e
il
metodo
del
proprio
lavoro
.
È
importante
comunicare
con
trasparenza
perché
questo
riduce
il
conflitto
:
anche
le
più
semplici
procedure
vengono
trasformate
da
questo
stile
di
comportamento
.
Un
comportamento
trasparente
abbatte
significativamente
l
'
insuccesso
scolastico
dei
ragazzi
;
l
'
assenza
di
comunicazione
aumenta
il
fallimento
e
l
'
insuccesso
.
Ascoltare
è
difficile
,
ma
è
una
metodologia
interessante
.
Nella
scuola
bisognerebbe
prevedere
dei
momenti
istituzionalizzati
dell
'
ascolto
,
un
meccanismo
in
cui
si
esprimono
le
crisi
:
momenti
di
autodiagnosi
,
potremmo
dire
.
Cosa
invece
diventa
oggi
nella
realtà
quotidiana
l
'
autonomia
?
Assenza
di
un
campo
generale
di
riflessione
sulle
finalità
della
scuola
;
crescente
asfissia
della
didattica
costretta
nelle
procedure
burocratiche
;
frammentazione
insensata
,
nelle
singole
scuole
e
per
ogni
singolo
insegnante
,
della
ricerca
e
della
trasmissione
culturale
.
Difficile
scorgere
sotto
un
fraseggio
modernizzante
(
crediti
e
debiti
formativi
,
piani
dell
'
offerta
formativa
,
competenze
-
conoscenze
-
capacità
,
funzioni
-
obiettivo
,
tutor
,
didattica
breve
,
saperi
minimi
ecc
.
)
una
sostanza
riformatrice
che
cambia
la
scuola
.
Temo
che
si
tratti
di
un
linguaggio
da
nuovi
chierici
che
copre
un
vuoto
di
ridefinizione
degli
assi
culturali
,
un
deficit
di
progettazione
del
futuro
che
le
società
moderne
vivono
drammaticamente
.
I
giochi
non
sono
chiusi
,
riprende
attivamente
un
movimento
.
Mancano
finora
gli
studenti
,
l
'
altro
asse
decisivo
della
riforma
;
ma
ripartono
gli
insegnanti
,
forse
perché
essi
sono
più
direttamente
sottoposti
a
una
duplice
sollecitazione
:
l
'
umiliazione
della
loro
professione
e
la
speranza
di
essere
un
settore
sociale
portante
dello
schieramento
riformatore
di
questo
paese
.
La
sinistra
di
governo
non
ha
capito
e
entra
in
rotta
di
collisione
con
un
movimento
ampio
,
non
corporativo
,
esplicitamente
riformatore
.
Nella
palude
delle
logiche
di
Palazzo
la
scuola
torna
ad
essere
una
questione
sociale
che
chiede
risposte
alla
politica
.
Ci
sono
momenti
in
cui
sembra
che
le
passioni
democratiche
e
di
cambiamento
siano
in
totale
riflusso
,
ma
la
realtà
è
a
volte
più
ricca
della
nostra
stessa
speranza
.
StampaPeriodica ,
La
nota
pastorale
del
13
settembre
dell
'
arcivescovo
di
Bologna
,
cardinale
Giacomo
Biffi
,
è
stata
lanciata
così
dall
'
Ansa
,
la
nostra
massima
agenzia
di
stampa
:
«
Immigrazione
.
Biffi
allo
Stato
:
favorite
i
cattolici
»
.
Le
agenzie
di
stampa
devono
,
appunto
«
lanciare
»
.
E
di
quel
lancio
sono
stato
un
po
'
vittima
anche
io
perché
-
subito
intervistato
telefonicamente
-
ho
troppo
precipitosamente
risposto
che
«
quella
tesi
non
mi
convince
per
niente
»
.
Che
non
mi
convinca
resta
vero
.
Ma
dopo
aver
letto
l
'
intero
testo
del
cardinale
devo
fare
ammenda
e
desidero
riconoscere
che
quel
testo
,
nel
suo
insieme
,
fa
onore
al
suo
estensore
.
Per
una
volta
-
mi
succede
oramai
di
rado
-
mi
inchino
.
Certo
,
l
'
ottica
dell
'
uomo
di
Chiesa
è
diversa
da
quella
del
laico
,
e
quindi
da
quella
del
sottoscritto
.
Il
cardinale
Biffi
deve
dare
priorità
alla
sua
fede
,
e
perciò
alla
«
buona
religione
»
.
A
me
interessa
,
invece
,
la
«
buona
società
»
.
Ma
ferma
restando
questa
differenza
di
fondo
e
di
priorità
,
l
'
intervento
del
cardinale
mi
fa
riflettere
su
quanto
una
«
fede
intelligente
»
sia
vicina
e
conciliabile
con
la
«
intelligenza
della
ragione
»
.
Seguo
,
nel
citare
,
l
'
ordine
della
esposizione
del
cardinale
di
Bologna
.
1
.
«
Dobbiamo
riconoscere
che
il
fenomeno
di
una
massiccia
integrazione
ci
ha
colti
un
po
'
tutti
di
sorpresa
.
È
stato
colto
di
sorpresa
lo
Stato
[...]
che
pare
non
abbia
ancora
recuperata
la
capacità
di
gestire
razionalmente
la
situazione
riconducendola
entro
le
regole
irrinunciabili
[...]
di
una
ordinata
convivenza
civile
.
E
sono
state
colte
di
sorpresa
anche
le
comunità
cristiane
[...]
sprovviste
sinora
di
una
visione
non
astratta
,
non
settoriale
[...]
Le
generiche
esaltazioni
della
solidarietà
e
del
primato
della
carità
evangelica
[...]
si
dimostrano
più
bene
intenzionate
che
utili
quando
non
si
confrontano
davvero
con
la
complessità
del
problema
e
la
ruvidezza
della
realtà
effettuale
»
.
Queste
,
è
proprio
il
caso
di
dire
,
sono
parole
sante
.
E
davvero
responsabili
.
2
.
«
Non
è
compito
della
Chiesa
come
tale
di
risolvere
ogni
problema
sociale
»
.
Più
che
vero
.
Ma
fa
piacere
che
sia
un
cardinale
ad
asserirlo
,
e
che
poi
sia
un
alto
prelato
a
ricordare
allo
Stato
quali
siano
i
suoi
doveri
.
Occorre
,
scrive
,
che
«
ci
si
preoccupi
seriamente
di
salvare
l
'
identità
propria
della
nazione
.
L
'
Italia
non
è
una
landa
deserta
senza
storia
,
senza
tradizioni
vive
e
vitali
,
senza
una
inconfondibile
fisionomia
culturale
e
spirituale
,
da
popolare
indiscriminatamente
come
se
non
ci
fosse
un
patrimonio
di
umanesimo
e
di
civiltà
che
non
deve
andare
perduto
»
.
Anche
le
comunità
cristiane
«
non
possono
non
valutare
attentamente
i
singoli
e
i
diversi
gruppi
»
;
ma
,
alla
fin
fine
,
i
criteri
per
ammettere
gli
immigrati
sono
di
competenza
delle
autorità
civili
,
fermo
restando
che
quei
criteri
«
non
possono
essere
solamente
economici
e
previdenziali
»
e
che
«
le
condizioni
di
partenza
dei
nuovi
arrivati
non
sono
egualmente
propizie
»
ai
fini
di
«
una
possibile
e
auspicabile
[...]
integrazione
»
.
Di
nuovo
,
parole
sante
.
E
fa
dispiacere
dover
notare
che
una
lezione
come
quella
impartita
dal
cardinale
di
Bologna
non
ci
sia
mai
o
quasi
mai
arrivata
dai
nostri
politici
.
Tra
l
'
altro
,
non
ci
è
mai
arrivata
dalle
nostre
cattolicissime
Maria
Rosa
Russo
Jervolino
quando
governava
il
Viminale
,
né
tanto
meno
dal
ministro
Livia
Turco
che
ora
risponde
al
cardinale
che
«
la
legge
più
severa
sull
'
immigrazione
porta
il
mio
nome
»
.
Davvero
?
Entrare
clandestinamente
in
un
paese
è
un
reato
,
così
come
è
un
reato
rifiutare
di
fornire
le
proprie
generalità
.
E
la
severissima
legislazione
italiana
cosa
fa
?
Fornisce
al
clandestino
anonimo
un
foglio
di
via
e
poi
lo
rilascia
,
e
così
di
fatto
lo
fa
entrare
e
gli
consente
di
sparire
.
Peccato
che
il
cardinale
Biffi
non
la
possa
sostituire
.
Pur
essendo
anche
lui
cattolico
,
farebbe
molto
meglio
di
lei
.
3
.
Il
punto
dolente
dell
'
immigrazione
è
quello
dell
'
immigrazione
islamica
.
Il
presule
di
Bologna
lo
dichiara
senza
perifrasi
:
«
Il
caso
dei
musulmani
va
trattato
con
una
particolare
attenzione
.
Essi
hanno
[...]
un
diritto
di
famiglia
incompatibile
con
il
nostro
,
una
concezione
della
donna
lontanissima
dalla
nostra
(
sino
ad
ammettere
la
pratica
della
poligamia
)
.
Soprattutto
hanno
una
visione
rigorosamente
integralistica
della
vita
pubblica
[...]
la
perfetta
immedesimazione
tra
religione
e
politica
fa
parte
della
loro
fede
irrinunciabile
,
anche
se
a
proclamarla
e
a
farla
valere
aspettano
prudentemente
di
essere
diventati
preponderanti
»
.
Livia
Turco
si
affretta
a
controbattere
così
:
«
Non
dimentichiamo
tutto
ciò
che
accomuna
e
non
divide
le
tre
grandi
religioni
,
il
cristianesimo
,
l
'
ebraismo
e
L
'
islamismo
»
.
In
attesa
che
il
ministro
Turco
mi
ricordi
quel
che
evidentemente
io
dimentico
,
mi
pregio
ricordarle
(
qualora
sia
lei
a
non
saperlo
)
che
la
parola
Islàm
vuol
dire
sottomissione
,
che
la
parola
araba
per
libertà
-
horriayai
-
esprime
soltanto
una
situazione
di
non
schiavitù
(
dal
che
risulta
che
il
nostro
concetto
di
libertà
al
positivo
è
estraneo
alla
concezione
islamica
del
mondo
)
,
e
che
alla
nostra
separazione
tra
Chiesa
e
Stato
il
musulmano
contrappone
la
concezione
dell
'
Eddin
-
Dawa
,
che
vuoi
dire
religione
-
Stato
.
Ciò
posto
,
le
sarei
davvero
obbligato
se
una
volta
tanto
lei
precisasse
che
razza
di
cittadino
italiano
osservante
delle
leggi
italiane
risulterebbe
dalla
«
cittadinizzazione
»
del
suddetto
islamico
.
Per
ora
un
gruppettino
di
studenti
islamici
delle
scuole
genovesi
ha
chiesto
che
il
crocefisso
venga
eliminato
dalle
aule
,
ed
è
stato
subito
accontentato
.
In
barba
alla
vanteria
della
Turco
che
le
leggi
degli
immigrati
devono
sottostare
a
quelle
italiane
.
Io
,
laico
,
del
crocefisso
non
faccio
certo
un
caso
capitale
.
Ma
a
lei
,
cattolica
,
l
'
episodio
non
appare
un
pessimo
esordio
della
integrazione
scolastica
dell
'
islamico
?
Max
Weber
distingueva
tra
etica
della
responsabilità
(
una
moralità
che
mette
in
conto
le
conseguenze
delle
nostre
azioni
)
ed
etica
dei
principi
(
nella
quale
la
buona
intenzione
è
tutto
e
il
cattivo
esito
viene
ignorato
)
.
L
'
etica
della
responsabilità
è
,
se
si
vuole
,
impura
perché
è
pilotata
da
un
capire
,
mentre
l
'
etica
dei
principi
è
pura
,
ma
per
ciò
stesso
ottusa
(
non
sa
,
non
capisce
)
e
irresponsabile
.
La
chiesa
di
Giovanni
Paolo
II
ha
largamente
sposato
un
'
etica
dei
principi
.
Niente
profilattici
,
anche
se
quel
niente
incrementa
l
'
Aids
.
Niente
contraccettivi
,
anche
se
quel
niente
produce
un
eccesso
di
centinaia
di
milioni
di
bambini
destinati
a
morire
di
fame
.
La
giustificazione
è
che
provvederà
la
Provvidenza
.
In
attesa
stravince
l
'
imprevidenza
.
Ben
venga
,
allora
,
un
cardinale
che
si
ricorda
dell
'
etica
della
responsabilità
.
Ne
sia
lodato
il
Signore
.
StampaQuotidiana ,
Sugli
organismi
geneticamente
modificati
,
i
famigerati
Ogm
,
gli
scienziati
hanno
sollevato
un
grosso
polverone
,
e
come
succede
sempre
a
chi
non
vuol
capire
,
la
loro
sordità
è
stata
palese
,
e
la
loro
volontà
di
confondere
le
idee
dei
non
addetti
ai
lavori
,
assumendo
la
parte
di
Galileo
o
di
Giordano
Bruno
,
si
è
rivelata
appieno
nell
'
accusa
lanciata
agli
ambientalisti
di
oscurantismo
,
se
non
di
propensioni
teologiche
da
Malleus
maleficarum
,
il
manuale
degli
Inquisitori
.
Denuncio
questa
accusa
come
spudoratamente
falsa
e
mi
sforzerò
di
fare
un
po
'
di
chiarezza
.
Penso
di
essere
autorizzato
,
visto
che
di
recente
,
al
Parlamento
Europeo
,
mi
sono
dissociato
dai
Verdi
,
astenendomi
quando
mi
si
è
proposto
di
votare
contro
l
'
impiego
degli
embrioni
inglesi
in
freezer
.
Si
trattava
di
destinarli
alla
cura
di
gravi
patologie
e
il
mio
punto
di
vista
resta
sempre
che
la
salute
sia
un
bene
che
vada
tutelato
su
tutto
.
Il
bello
è
che
proprio
per
questo
,
per
questa
tutela
irrinunciabile
,
nutro
delle
perplessità
sulle
biotecnologie
in
agricoltura
:
se
da
un
canto
le
reputo
affascinanti
,
e
auspico
,
se
fatte
in
laboratorio
,
che
proseguano
felicemente
,
d
'
altro
canto
sono
convinto
che
non
siamo
affatto
pronti
a
estendere
le
esperienze
in
pieno
campo
,
e
tanto
meno
a
immetterne
i
prodotti
sui
banconi
dei
supermercati
.
E
a
proposito
di
queste
pretese
di
pronta
commercializzazione
,
mi
sembra
diventi
chiaro
come
non
sia
in
gioco
tanto
la
libertà
di
ricerca
scientifica
,
che
nessuno
intende
negare
,
quanto
la
corsa
all
'
Eldorado
dei
brevetti
,
e
quindi
al
«
far
soldi
»
nel
nome
del
progresso
della
conoscenza
.
Ma
la
storia
sembra
ancora
una
volta
ripetersi
.
Oscurantismo
?
Amarcord
:
trent
'
anni
fa
chi
,
come
me
,
faceva
notare
che
l
'
uso
dei
pesticidi
in
agricoltura
castigava
duramente
la
biodiversità
degli
ecosistemi
e
la
salute
dei
consumatori
con
i
residui
rimasti
negli
ortofrutticoli
,
veniva
bollato
di
oscurantismo
,
e
di
affamatore
dei
paesi
in
via
di
sviluppo
.
Bene
,
attualmente
,
800
milioni
di
persone
,
malgrado
la
diffusione
ubiquitaria
delle
molecole
di
sintesi
,
sono
ancora
sottoalimentate
,
e
in
compenso
migliaia
di
contadini
che
operano
in
quelle
latitudini
sono
morti
intossicati
dai
fosforganici
.
Voglio
ricordare
,
allora
,
come
l
'
agricoltura
industriale
,
fondata
sulla
chimica
,
stia
mostrando
la
corda
,
e
l
'
agricoltura
biologica
,
o
ancor
più
sostenibile
,
la
stia
sostituendo
a
poco
a
poco
in
Europa
.
In
altre
parole
si
sta
affermando
una
nuova
maniera
,
moderna
e
dinamica
,
di
gestire
il
campo
coltivato
,
screditata
solo
da
qualche
tetro
vivisettore
che
,
tra
l
'
altro
,
non
ha
nessuna
competenza
in
merito
.
Mi
sembra
,
come
ha
scritto
Vattimo
su
questo
giornale
,
che
la
ricerca
scientifica
sia
diventata
,
oggi
,
così
socialmente
importante
che
non
può
più
essere
affidata
soltanto
agli
scienziati
,
anche
perché
tutto
quello
che
ho
chiamato
in
causa
è
dipeso
principalmente
da
loro
.
In
realtà
,
rispetto
ai
prodotti
delle
piante
geneticamente
modificate
,
risulta
evidente
come
non
siano
state
mai
fatte
ricerche
a
lunga
scadenza
sui
possibili
danni
all
'
ambiente
e
alla
salute
umana
.
Quando
Regge
,
dall
'
alto
della
sua
cattedra
,
afferma
che
in
Cina
ci
si
serve
in
tavola
da
tempo
del
transgenico
,
ma
non
si
sono
avuti
danni
alla
salute
dei
consumatori
,
è
proprio
sicuro
che
sia
così
?
Dobbiamo
concludere
che
per
le
multinazionali
delle
biotecnologie
,
e
per
gli
scienziati
che
lavorano
per
loro
,
noi
tutti
siamo
delle
cavie
su
cui
sperimentare
.
Non
sono
contro
la
ricerca
scientifica
,
come
potrei
?
L
'
ho
fatta
,
con
alterne
fortune
,
per
tutta
la
vita
.
Tuttavia
,
sono
stato
sempre
a
favore
del
principio
di
precauzione
e
pongo
la
vita
umana
al
di
sopra
dell
'
economia
,
e
delle
pretese
degli
scienziati
,
che
non
invocano
quella
che
chiamano
la
libertà
di
ricerca
,
ma
la
licenza
di
fare
quello
che
vogliono
,
perfino
una
bomba
atomica
se
è
il
caso
.
Sembra
che
Fermi
,
assistendo
a
una
conflagrazione
sperimentale
della
bomba
H
,
sussurrasse
a
Teller
:
«
E
'
terribile
,
ma
è
un
così
bell
'
esperimento
!
»
.
Per
fortuna
,
si
ricordi
di
Asilomar
,
non
tutti
gli
scienziati
sono
fatti
della
stessa
pasta
,
e
molti
di
loro
non
sono
affatto
tranquilli
sulle
ricadute
negative
possibili
della
cosiddetta
ingegneria
genetica
.
Per
sfortuna
,
i
semi
terminator
della
Monsanto
ci
hanno
chiarito
in
che
cosa
consistano
,
per
loro
,
gli
aiuti
al
Terzo
Mondo
,
compendiabili
nel
dilemma
«
o
compri
da
noi
,
o
muori
di
fame
»
.
Una
sintesi
brutale
?
Forse
,
ma
non
per
questo
meno
veritiera
.
Al
Parlamento
Europeo
è
stata
presentata
nei
giorni
scorsi
una
direttiva
sulla
immissione
degli
Ogm
in
campo
e
nei
supermercati
.
E
'
stata
votata
dalla
maggioranza
,
ma
io
,
con
i
Verdi
,
mi
sono
astenuto
.
Il
perché
è
presto
detto
:
da
un
lato
,
la
direttiva
prendeva
in
seria
considerazione
il
problema
dell
'
etichettatura
e
della
tracciabiltà
dei
prodotti
transgenici
,
però
,
d
'
altro
lato
,
sospendeva
ogni
azione
concreta
in
merito
,
promettendo
di
risolvere
la
questione
entro
quest
'
anno
.
Una
sorta
di
amplexus
interruptus
,
e
l
'
astensione
mi
è
sembrata
la
sola
via
possibile
da
percorrere
.
Ma
il
bello
è
questo
:
la
direttiva
consente
che
nei
prodotti
Ogm
siano
ancora
presenti
,
fino
al
2004
,
i
marcatori
di
resistenza
agli
antibiotici
.
Bene
,
come
ho
fatto
osservare
in
aula
,
se
le
multinazionali
sostengono
di
essere
pronte
a
sostituire
questi
marcatori
con
mezzi
alternativi
,
perché
insistono
nel
mantenere
la
suddetta
dilazione
?
E
se
progettano
delle
alternative
,
non
significherà
che
li
considerano
pericolosi
per
la
salute
,
anche
se
hanno
sempre
assicurato
il
contrario
?
Si
tenga
presenta
,
allora
,
che
tutti
quei
prodotti
che
si
vogliono
far
piovere
nel
nostro
piatto
sono
dotati
di
questi
geni
:
per
cui
si
predica
bene
e
si
razzola
male
.
Ma
,
alla
fin
fine
,
che
cosa
chiedono
tutti
questi
irrequieti
scienziati
in
coro
?
Che
si
mangi
il
pappone
,
e
si
stia
zitti
?
E
se
qualcuno
chiede
il
menù
,
bene
,
è
uno
che
si
propone
di
mettere
alla
tortura
Galileo
.
StampaQuotidiana ,
Maria
Grazia
Cutuli
è
stata
assassinata
in
Afghanistan
,
sulla
strada
che
da
Jalalabad
porta
a
Kabul
,
a
90
chilometri
dalla
capitale
in
un
posto
orribile
che
si
chiama
Pouli
-
es
-
the
-
Kam
.
Maria
Grazia
era
lì
inviata
dal
Corriere
della
Sera
e
aveva
trentanove
anni
.
Era
lì
,
da
quelle
parti
,
prima
in
Pakistan
e
infine
in
Afghanistan
,
dal
giorno
successivo
all
'
attacco
alle
Torri
Gemelle
.
Pare
sia
stata
un
'
esecuzione
.
Secondo
la
ricostruzione
di
una
televisione
spagnola
le
hanno
sparato
alle
spalle
.
Con
lei
sono
stati
uccisi
altri
tre
giornalisti
.
Uno
è
Julio
Fuentes
,
spagnolo
,
di
El
Mundo
,
di
cui
Maria
Grazia
parlava
spesso
.
Erano
stati
anche
fidanzati
,
Maria
Grazia
e
Julio
.
Insieme
,
domenica
,
erano
entrati
in
una
delle
più
grandi
basi
militari
di
bin
Laden
,
abbandonata
dopo
la
ritirata
dei
talebani
da
Jalalabad
.
Lì
hanno
trovato
una
serie
di
fialette
di
Sarin
,
il
gas
nervino
.
Ieri
il
Corriere
e
il
Mundo
hanno
pubblicato
il
racconto
in
prima
pagina
.
C
'
è
chi
dice
che
con
la
loro
inchiesta
e
con
le
loro
domande
abbiano
infastidito
il
leader
locale
.
Si
chiama
Younis
Khalis
,
una
vecchia
gloria
del
Jihad
anti
sovietico
,
ed
è
l
'
uomo
che
dopo
un
lungo
negoziato
ha
costretto
i
talebani
a
lasciare
Jalalabad
.
I
due
giornalisti
hanno
scritto
che
Khalis
nel
1996
diede
a
Osama
ospitalità
e
il
permesso
di
costruire
la
base
sui
suoi
terreni
.
Secondo
altri
si
è
trattato
di
un
'
imboscata
a
scopo
di
rapina
,
in
una
terra
di
nessuno
tra
le
più
pericolose
dell
'
Afghanistan
.
Su
quelle
montagne
,
a
metà
strada
tra
Kabul
e
Jalalabad
,
ci
sono
sia
gli
arabi
di
bin
Laden
sia
i
talebani
scappati
dalle
due
città
.
In
fondo
,
conoscere
il
motivo
della
strage
non
conta
molto
:
tutti
e
quattro
i
giornalisti
sono
morti
.
Questo
conta
.
L
'
intrattabile
miss
Kigali
Dei
quattro
,
Maria
Grazia
Cutuli
è
quella
che
conosciamo
meglio
.
Era
di
Catania
.
Il
mese
scorso
aveva
compiuto
39
anni
.
Lavorava
alla
redazione
Esteri
del
Corriere
della
Sera
.
Si
occupava
di
Africa
,
di
Medio
Oriente
,
di
Balcani
,
di
Afghanistan
.
Era
la
più
grande
esperta
di
madrasse
,
le
scuole
coraniche
del
Pakistan
dove
hanno
,
si
fa
per
dire
,
studiato
i
talebani
.
Di
lei
sappiamo
che
era
una
donna
tosta
,
tostissima
.
Sappiamo
che
era
considerata
una
intrattabile
,
a
tratti
insopportabile
.
Maria
Grazia
si
lamentava
,
si
lamentava
sempre
,
le
sue
lamentele
erano
leggendarie
,
e
gli
amici
la
sfottevano
per
questo
.
Non
riusciva
a
restare
chiusa
in
redazione
a
passare
pezzi
,
come
si
dice
nel
nostro
gergo
,
o
a
fare
interviste
al
telefono
.
Era
monomaniaca
:
raccontare
la
guerra
,
meglio
la
guerriglia
,
era
la
sua
fissazione
.
Voleva
sempre
andare
dove
c
'
era
un
conflitto
.
Ci
andava
,
poi
.
Ci
riusciva
.
Perché
era
testarda
da
non
immaginarsi
.
Poi
tornava
e
sfiancava
gli
amici
con
i
suoi
racconti
,
e
non
smetteva
di
raccontare
e
lamentarsi
,
perché
quando
arrivava
lì
,
fosse
in
Ruanda
o
in
Medio
Oriente
,
improvvisamente
e
felicemente
si
fermava
tutto
.
Non
si
sparava
più
,
si
trattava
improvvisamente
la
pace
.
I
suoi
colleghi
dicevano
che
era
meglio
dell
'
Onu
:
arrivava
lei
e
la
guerra
si
fermava
.
Era
contenta
di
questo
.
Ironizzava
su
di
sé
.
A
chi
la
andava
a
trovare
a
casa
mostrava
sempre
le
sue
fotografie
scattate
in
Ruanda
il
Ruanda
era
la
sua
vera
fissazione
,
ci
tornava
pure
in
vacanza
.
A
Kigali
arrivò
proprio
alla
fine
del
genocidio
tra
hutu
e
tutsi
.
Per
andarci
si
dimise
da
Epoca
,
dove
lavorava
;
ci
andò
con
un
contratto
a
termine
delle
Nazioni
Unite
.
Da
lì
scrisse
anche
per
questo
giornale
.
Era
orgogliosa
delle
sue
foto
del
Ruanda
.
Gli
amici
la
prendevano
in
giro
perché
quelle
foto
raccontavano
un
Ruanda
diverso
da
quello
terribile
della
guerra
civile
.
Quelle
foto
la
ritraevano
danzante
su
un
magnifico
prato
all
'
inglese
.
Il
machete
aveva
appena
cessato
di
mozzare
teste
e
lei
,
per
scherzo
e
per
esorcizzare
la
paura
,
quella
sera
,
su
quel
prato
,
fu
eletta
Miss
Kigali
.
Fare
il
giornalista
di
guerra
,
si
sa
,
è
pericoloso
.
Le
parole
contano
meno
delle
armi
da
fuoco
.
Chi
decide
questa
vita
ne
è
perfettamente
consapevole
.
Ed
è
felice
.
Maria
Grazia
aveva
già
rischiato
la
vita
almeno
un
paio
di
volte
.
In
Ruanda
si
salvò
grazie
a
un
febbrone
che
la
costrinse
a
un
ricovero
all
'
ospedale
di
Kigali
.
La
sua
abitazione
,
quella
notte
fu
attaccata
e
quattro
suoi
colleghi
delle
Nazioni
Unite
furono
trucidati
.
In
Sudan
,
sui
monti
Nuba
,
al
seguito
della
guerriglia
cristiano
-
animista
evitò
per
un
niente
una
smitragliata
da
un
Antonov
governativo
.
I
suoi
amici
erano
abituati
a
questi
racconti
,
non
ci
facevano
più
caso
.
Per
coinvolgerli
,
per
fare
fino
in
fondo
il
suo
mestiere
,
lei
raccontava
loro
queste
immani
tragedie
in
modo
lieve
.
Per
non
annoiarli
.
Ci
riusciva
.
Come
quando
andò
a
Sarajevo
per
Epoca
.
La
città
fu
presa
d
'
assedio
e
lei
costretta
a
dormire
per
tre
settimane
nell
'
edificio
della
televisione
bosniaca
.
Appena
mettevi
il
naso
fuori
un
cecchino
prendeva
la
mira
e
sparava
.
Scrisse
articoli
bellissimi
.
A
cena
,
un
tocco
mondano
.
Agli
amici
faceva
credere
che
per
lei
la
cosa
peggiore
era
guardarsi
allo
specchio
i
capelli
sformi
.
StampaQuotidiana ,
Per
tutta
la
lunga
campagna
elettorale
,
la
sinistra
ha
sognato
di
poter
trovare
una
scorciatoia
che
le
consentisse
di
sorpassare
in
fretta
una
Casa
delle
Libertà
che
la
precedeva
di
molti
chilometri
.
Certi
com
'
erano
del
ritardo
accumulato
in
cinque
anni
di
governi
inconcludenti
,
e
abituati
a
imboccare
vie
giudiziarie
e
ad
aprire
cantieri
istituzionali
per
far
ribaltare
la
macchina
dell
'
opposizione
,
anche
questa
volta
i
piloti
dell
'
Ulivo
hanno
premuto
l
'
acceleratore
alla
ricerca
della
strada
breve
e
sbrigativa
,
evitando
il
normale
confronto
elettorale
.
Naturalmente
,
per
costringere
l
'
auto
della
Casa
delle
Libertà
a
fermarsi
o
,
meglio
,
a
uscire
di
strada
,
bisognava
incepparne
il
motore
,
ossia
Silvio
Berlusconi
.
Così
in
tutta
fretta
sono
state
riesumate
le
carte
sulla
nascita
delle
sue
fortune
,
affidando
ai
comici
l
'
incarico
di
gettare
olio
sulla
pista
.
Ma
ciò
non
è
bastato
ed
ecco
allora
spuntare
magicamente
sulle
pagine
di
«
Repubblica
»
la
divisione
guastatori
scelti
della
sinistra
,
un
rapporto
sui
conti
della
Fininvest
preparato
dalla
società
di
revisione
Kpmg
per
incarico
della
procura
di
Milano
.
Nella
relazione
si
congettura
di
società
fiscalmente
impenetrabili
e
di
intrecci
segreti
:
il
tutto
certificato
da
un
perito
,
cioè
la
Kpmg
,
che
-
spiega
Ezio
Mauro
,
direttore
di
«
Repubblica
»
-
è
un
gigante
dell
'
accounting
,
una
multinazionale
della
revisione
;
insomma
,
in
fatto
di
conti
sarebbe
,
secondo
il
direttore
del
quotidiano
ulivista
,
appena
sotto
Dio
.
Mauro
naturalmente
evita
di
dire
che
la
Kpmg
è
stata
la
prima
società
di
revisione
a
essere
condannata
in
Italia
per
aver
cagionato
danni
ai
risparmiatori
che
avevano
affidato
il
loro
denaro
ai
simpatici
fratelli
Canavesio
e
per
questo
-
per
le
sue
gravi
disattenzioni
-
è
stata
costretta
a
pagare
8,8
miliardi
di
lire
.
Nel
primo
di
una
serie
di
scivolosi
articoli
che
sono
stati
stesi
in
mezzo
alla
strada
per
far
sbandare
la
Casa
delle
Libertà
,
il
direttore
di
«
Repubblica
»
dimentica
anche
di
riferire
che
la
stessa
Kpmg
è
stata
coinvolta
nel
crac
dell
'
Ifm
leasing
(
per
chiudere
la
vicenda
accettò
di
pagare
18
miliardi
alla
Banca
Popolare
di
Milano
)
e
nel
fallimento
della
Scotti
finanziaria
,
e
in
quello
della
Trevitex
,
e
in
quello
della
Sasea
.
E
scorda
di
precisare
che
su
alcune
di
queste
vicende
sta
ancora
indagando
la
procura
di
Milano
,
sì
-
avete
letto
bene
-
la
stessa
procura
che
ha
incaricato
la
Kpmg
di
studiare
le
carte
della
Fininvest
.
Naturalmente
in
questo
caso
non
c
'
è
conflitto
d
'
interesse
.
No
,
no
,
qui
è
tutto
regolare
,
tutto
certificato
con
i
timbri
al
posto
giusto
.
Dimenticavo
:
la
Kpmg
è
coinvolta
anche
nel
crac
del
Crédit
Lyonnais
,
una
grande
banca
francese
.
Secondo
gli
avvocati
che
si
occupano
di
recuperare
il
denaro
di
quella
banca
,
la
Kpmg
,
«
in
spregio
alle
regole
legate
al
suo
ruolo
di
revisore
di
conti
,
ha
scientemente
ingannato
il
Crédit
Lyonnais
sulla
qualità
dei
crediti
poi
concessi
dalla
sua
filiale
olandese
al
gruppo
Fiorini
-
Parretti
,
spingendo
così
la
banca
nella
voragine
di
perdite
storiche
»
.
E
per
tali
motivi
,
gli
avvocati
hanno
chiesto
al
gigante
dell
'
accounting
citato
da
Ezio
Mauro
22
miliardi
di
franchi
francesi
,
equivalenti
a
6500
miliardi
di
lire
.
Potrei
proseguire
,
ma
non
voglio
annoiarvi
in
una
domenica
così
radiosa
.
Comunque
,
neanche
lo
sgambetto
di
«
Repubblica
»
,
con
la
sua
Kpmg
,
è
servito
a
metter
fuori
pista
Berlusconi
e
allora
nelle
settimane
successive
si
è
puntato
tutto
sulla
curva
pericolosa
del
conflitto
d
'
interessi
.
Il
tempo
stringe
,
il
divario
tra
Ulivo
e
CDL
s
'
allarga
,
ed
ecco
che
il
capo
dell
'
opposizione
diventa
un
pericoloso
attentatore
degli
interessi
pubblici
nazionali
.
Egli
è
ricco
,
possiede
TV
e
giornali
,
non
può
governare
.
In
nessun
Paese
del
mondo
potrebbe
diventare
presidente
del
Consiglio
,
scrivono
e
dicono
gli
uomini
di
sinistra
.
Deve
vendere
,
non
basta
che
abbia
rinunciato
ai
consigli
di
amministrazione
,
non
basta
neppure
che
faccia
un
blind
trust
,
ossia
che
affidi
ad
amministratori
privati
il
proprio
patrimonio
.
No
,
o
vende
o
consegna
i
suoi
averi
ad
amministratori
nominati
dalla
sinistra
.
Se
non
lo
fa
-
insistono
i
cantori
dell
'
Ulivo
-
saremo
lo
zimbello
d
'
Europa
,
ci
escluderanno
dai
consessi
internazionali
,
saremo
tenuti
a
distanza
come
appestati
.
I
più
eleganti
dicono
che
un
Berlusconi
al
governo
sarebbe
un
'
anomalia
della
democrazia
.
La
realtà
,
naturalmente
,
è
ben
diversa
.
Basta
conoscere
appena
l
'
Europa
.
Uno
degli
uomini
più
ricchi
di
Francia
,
André
Bettencourt
,
proprietario
di
L'Oréa1
,
è
stato
per
anni
ministro
degli
Esteri
,
e
Marcel
Dassault
-
fondatore
,
proprietario
e
presidente
dell
'
omonima
industria
aeronautica
-
entrò
in
Parlamento
e
continuò
a
vendere
i
suoi
aerei
allo
Stato
francese
.
In
Germania
,
il
padrone
della
Rosenthal
fu
invece
al
fianco
del
primo
ministro
socialdemocratico
Helmut
Schmidt
.
Potrei
citarne
altri
,
ma
anche
stavolta
mi
fermo
qui
,
sempre
per
via
della
domenica
radiosa
.
Comunque
,
in
tutti
questi
casi
non
ci
fu
alcuno
scandalo
,
non
scattò
nessuna
legge
sul
conflitto
d
'
interessi
,
nessuno
parlò
di
anomalia
,
per
la
semplice
ragione
che
in
questi
Paesi
le
leggi
sul
conflitto
d
'
interessi
non
sono
delle
trappole
,
ma
delle
norme
severe
,
ma
per
niente
punitive
.
Al
punto
che
in
Germania
un
ministro
-
se
autorizzato
dal
Parlamento
-
può
sedere
nel
consiglio
di
amministrazione
di
una
società
privata
e
in
qualche
caso
è
successo
.
Vi
chiederete
perché
nel
giorno
in
cui
dovete
decidere
come
votare
vi
tedio
con
queste
storie
di
Kpmg
e
di
ministri
europei
e
relativi
patrimoni
.
È
solo
per
rimarcare
come
su
questa
campagna
elettorale
,
una
campagna
decisiva
per
archiviare
l
'
era
dell
'
Ulivo
,
siano
state
sparse
montagne
di
menzogne
.
Bugie
,
colpi
bassi
,
calunnie
e
strumentalizzazioni
.
Pur
di
non
perdere
il
potere
,
tutto
ciò
che
era
possibile
fare
la
sinistra
lo
ha
fatto
.
Anche
a
costo
di
danneggiare
il
proprio
Paese
.
Nelle
scorse
settimane
vi
abbiamo
dato
conto
degli
articoli
che
la
stampa
internazionale
ha
pubblicato
contro
Berlusconi
e
la
Casa
delle
Libertà
,
articoli
che
naturalmente
hanno
fatto
strillare
l
'
Ulivo
,
il
quale
ne
ha
approfittato
per
avvisare
gli
elettori
che
un
governo
di
centrodestra
sarebbe
stato
severamente
giudicato
dai
nostri
partner
europei
.
La
verità
,
anche
in
questo
caso
,
è
molto
più
banale
e
l
'
ha
confessata
lo
stesso
direttore
di
«
Repubblica
»
un
paio
di
giorni
fa
,
quando
ha
scritto
che
«
gli
inviati
dei
giornali
stranieri
che
visitano
l
'
Italia
in
questi
giorni
elettorali
passano
ogni
tanto
da
"
Repubblica
"
e
verificano
le
notizie
raccolte
»
.
Se
c
'
era
un
dubbio
su
quale
fosse
la
centrale
di
smistamento
degli
articoli
anti
-
italiani
-
perché
di
questo
si
tratta
-
improvvisamente
comparsi
sulla
stampa
estera
,
ora
questo
dubbio
ci
è
tolto
.
Se
c
'
era
un
dubbio
-
e
non
c
'
era
-
sul
perché
«
la
Repubblica
»
avesse
celato
o
mutilato
gli
articoli
positivi
a
favore
di
Berlusconi
e
dei
suoi
alleati
apparsi
sulla
stampa
estera
,
ora
questo
dubbio
ci
è
caduto
.
Quella
cui
abbiamo
assistito
è
stata
la
campagna
più
feroce
e
aspra
che
si
sia
mai
vista
negli
ultimi
trent
'
anni
.
E
la
ragione
di
tanta
durezza
è
una
sola
.
Qui
si
tratta
di
risolvere
il
vero
conflitto
d
'
interesse
di
cui
patisce
l
'
Italia
:
quello
tra
una
casta
politica
che
ha
occupato
lo
Stato
e
il
futuro
del
Paese
.
Per
sciogliere
questo
conflitto
non
serve
una
legge
:
basta
un
voto
.
Oggi
.
E
per
questa
sinistra
ogni
scorciatoia
da
domani
diventerà
un
vicolo
cieco
.
StampaQuotidiana ,
L
'
articolo
comparso
sulla
rivista
The
Journal
of
Regenerative
Medicine
,
che
i
ricercatori
dell
'
Advanced
Cell
Technology
hanno
pubblicato
in
data
26
novembre
2001
,
mostra
in
tutta
la
sua
drammaticità
la
gravità
dell
'
evento
che
è
stato
realizzato
:
la
produzione
di
un
embrione
umano
in
vitro
,
anzi
di
diversi
embrioni
,
che
si
sono
sviluppati
rispettivamente
fino
allo
stadio
di
due
,
quattro
,
sei
cellule
.
L
'
evento
è
documentato
da
chiare
immagini
a
colori
al
microscopio
a
scansione
,
che
mettono
in
evidenza
le
prime
fasi
dello
sviluppo
di
queste
vite
umane
,
a
cui
è
stato
dato
inizio
non
attraverso
la
fecondazione
di
un
ovocita
con
uno
spermatozoo
,
ma
attivando
ovociti
con
nuclei
di
cellule
somatiche
.
Gli
autori
hanno
ribadito
che
la
loro
intenzione
non
è
quella
di
dare
origine
ad
un
individuo
umano
.
Ma
quello
che
essi
nel
loro
articolo
chiamano
,
da
scienziati
,
early
embryo
,
embrione
allo
stadio
iniziale
,
che
cos
'
è
?
Ecco
allora
che
ritorna
in
tutta
la
sua
attualità
l
'
interrogativo
bioetico
,
mai
sopito
per
la
verità
,
su
quando
considerare
l
'
inizio
della
vita
umana
.
Al
di
là
dell
'
evento
scientifico
,
infatti
,
rimane
questo
l
'
oggetto
del
contendere
,
essendo
fuor
di
dubbio
-
per
indicazione
stessa
dei
ricercatori
-
che
qui
ci
troviamo
di
fronte
ad
embrioni
umani
e
non
a
cellule
,
come
qualcuno
vorrebbe
far
credere
.
L
'
evento
ci
riporta
,
dunque
,
prepotentemente
,
a
ribadire
con
forza
che
l
'
inizio
della
vita
umana
non
può
essere
fissato
per
convenzione
ad
un
certo
stadio
dello
sviluppo
dell
'
embrione
;
esso
si
situa
,
in
realtà
,
già
al
primo
istante
di
esistenza
dell
'
embrione
stesso
.
Ciò
si
coglie
più
facilmente
nella
modalità
"
umana
"
della
fecondazione
fra
ovocita
e
spermatozoo
,
ma
dobbiamo
imparare
a
riconoscerlo
anche
di
fronte
ad
una
modalità
"
disumana
"
,
come
è
quella
della
riprogrammazione
di
un
nucleo
somatico
in
una
cellula
uovo
:
anche
con
questa
modalità
si
può
dare
origine
ad
una
nuova
vita
-
come
purtroppo
l
'
esperimento
annunciato
ha
dimostrato
-
vita
che
conserva
comunque
la
sua
dignità
come
quella
di
ogni
vita
umana
alla
quale
sia
data
l
'
esistenza
.
Perciò
,
nonostante
i
dichiarati
intenti
"
umanistici
"
di
chi
preannuncia
guarigioni
strepitose
per
questa
strada
,
che
passa
attraverso
l
'
industria
della
clonazione
,
è
necessaria
una
valutazione
pacata
ma
ferma
,
che
mostri
la
gravità
morale
di
questo
progetto
e
ne
motivi
la
condanna
inequivocabile
.
Il
principio
che
di
fatto
viene
introdotto
,
in
nome
della
salute
e
del
benessere
,
sancisce
,
infatti
,
una
vera
e
propria
discriminazione
tra
gli
esseri
umani
in
base
alla
misurazione
dei
tempi
del
loro
sviluppo
(
così
un
embrione
vale
meno
di
un
feto
,
un
feto
meno
di
un
bambino
,
un
bambino
meno
di
un
adulto
)
,
capovolgendo
l
'
imperativo
morale
che
impone
,
invece
,
la
massima
tutela
e
il
massimo
rispetto
proprio
di
coloro
che
non
sono
nelle
condizioni
di
difendere
e
manifestare
la
loro
intrinseca
dignità
.
D
'
altra
parte
,
le
ricerche
sulle
cellule
staminali
indicano
che
altre
strade
sono
percorribili
,
lecite
moralmente
e
valide
dal
punto
di
vista
scientifico
,
come
l
'
utilizzazione
di
cellule
staminali
prelevate
,
per
esempio
,
dall
'
individuo
adulto
(
ne
esistono
diverse
in
ciascuno
di
noi
)
,
dal
sangue
materno
o
da
feti
abortiti
spontaneamente
.
È
questa
la
strada
che
ogni
scienziato
onesto
deve
perseguire
al
fine
di
riservare
il
massimo
rispetto
all
'
uomo
,
cioè
a
se
stesso
StampaQuotidiana ,
L
'
Unità
ha
dato
ieri
le
cifre
dei
congressi
di
sezione
ds
finora
svolti
,
circa
la
metà
delle
seimila
sezioni
ancora
in
vita
.
Sarebbero
centomila
partecipanti
su
seicentomila
iscritti
dichiarati
.
Cifre
in
parte
litigiose
,
ma
non
tanto
da
modificare
il
risultato
:
la
mozione
Fassino
ha
il
64%
,
quella
di
Berlinguer
circa
il
32%
e
quella
di
Morando
circa
il
4%
.
La
partecipazione
è
scarsa
,
il
dibattito
pressoché
nullo
.
Il
congresso
Ds
non
fa
neanche
notizia
.
Questo
è
il
dato
più
impressionante
.
Dopo
la
sconfitta
del
13
maggio
pareva
incalzare
l
'
interrogativo
:
com
'
è
che
una
grande
forza
politica
,
che
aveva
retto
al
1989
,
è
scesa
al
minimo
storico
,
pesa
meno
delle
altre
,
già
assai
meno
forti
,
sinistre
moderate
europee
?
Non
era
un
interrogativo
soltanto
degli
iscritti
,
ma
del
paese
,
che
aveva
amato
o
detestato
il
Pci
e
poi
,
benché
ridimensionato
,
il
Pds
,
ma
su
di
esso
si
divideva
o
determinava
,
i
suoi
congressi
infiammavano
gli
spiriti
.
Ora
al
congresso
ci
siamo
ma
non
interessa
più
di
un
congresso
,
che
so
,
delle
Acli
.
E
'
la
guerra
,
si
dice
,
che
offusca
tutto
il
resto
.
E
'
vero
,
ma
perché
dai
Democratici
di
sinistra
non
è
venuta
su
di
essa
una
sola
parola
diversa
da
quella
del
governo
,
che
era
uguale
a
quella
di
Bush
?
Se
non
si
sente
la
voce
dei
ds
è
perché
non
c
'
è
.
E
non
c
'
è
da
nessuna
parte
,
benché
per
la
prima
volta
essi
andassero
con
mozioni
separate
al
congresso
.
Ma
sulla
guerra
Giovanni
Berlinguer
non
s
'
è
espresso
diversamente
da
Fassino
.
Nessuna
analisi
differente
,
neppure
un
tentativo
di
chiedersi
perché
il
jihad
,
che
dieci
anni
fa
era
pochissima
cosa
,
sia
cresciuto
fino
a
diventare
un
pericolo
mortale
,
perché
il
tollerante
Islam
sia
oggi
in
così
gran
parte
fondamentalista
,
e
il
fondamentalismo
diventi
terrorismo
.
Nessun
ammonimento
sulla
inaccettabilità
della
guerra
prima
ancora
che
sulla
sua
insensatezza
,
perché
se
di
odio
all
'
occidente
si
tratta
non
farà
che
alimentarlo
.
Nessuna
proposta
su
un
che
fare
che
modifichi
un
Medio
Oriente
che
noi
,
occidentali
,
abbiamo
strutturato
,
risanandone
almeno
le
ferite
più
purulente
come
quelle
della
Palestina
.
L
'
Europa
è
scomparsa
nel
generale
ossequio
al
Dipartimento
di
stato
e
in
essa
sono
affondati
i
ds
.
La
guerra
è
,
come
sempre
per
la
sinistra
,
un
crudele
rivelatore
.
La
sinistra
ds
credeva
di
potersi
distinguere
da
D
'
Alema
sul
lavoro
,
senza
andare
troppo
in
fondo
sulla
globalizzazione
,
che
è
stretta
all
'
impero
unico
,
a
sua
volta
stretto
,
checché
si
speri
,
al
sistema
militare
di
dominio
,
chiamato
ormai
ogni
due
anni
a
preservare
coi
carri
armati
l
'
ordine
mondiale
.
Pensava
in
questo
modo
di
allargare
i
consensi
raccogliendo
anche
un
centro
veltroniano
che
a
una
presa
di
posizione
più
netta
non
sarebbe
stato
.
Era
una
modesta
operazione
e
non
ha
funzionato
.
In
tre
settimane
la
mozione
di
Giovanni
Berlinguer
è
precipitata
dall
'
adesione
di
quasi
la
metà
degli
iscritti
a
un
po
'
meno
di
un
terzo
.
Meglio
sarebbe
stato
partire
e
tener
fermo
su
una
identità
più
limpida
che
funzionasse
contro
il
liberismo
e
la
guerra
,
perché
se
si
tratta
di
dividersi
almeno
farlo
su
questioni
fondamentali
.
In
mancanza
di
questo
,
i
congressi
sono
diventati
una
modesta
conta
con
scarsa
partecipazione
.
Delusione
o
indifferenza
o
tutt
'
e
due
:
se
l
'
esito
è
scontato
,
discutere
che
senso
ha
?
Eppure
pareva
,
ed
era
stato
detto
,
che
era
in
causa
la
sopravvivenza
stessa
di
un
grande
partito
:
D
'
Alema
e
Veltroni
credono
di
non
averne
bisogno
,
credono
che
gli
basti
un
comitato
elettorale
e
l
'
entratura
nei
luoghi
giusti
.
Ma
la
mozione
di
sinistra
non
puntava
a
una
rianimazione
di
quel
corpo
collassato
?
Non
c
'
è
stata
,
se
al
congresso
dei
ds
nessuno
bada
è
perché
non
c
'
è
a
che
badare
.
StampaQuotidiana ,
Alcune
sedicenti
avanguardie
si
stanno
sprecando
in
gesticolazioni
,
persuase
che
sono
i
simboli
a
fare
i
poteri
e
non
viceversa
.
La
soddisfazione
di
stare
sui
giornali
li
compensa
dalla
frustrazione
di
non
saper
che
fare
se
non
aspettare
un
appuntamento
di
qualche
vertice
per
essere
sicuri
di
esistere
.
C
'
è
qualcuno
disposto
a
sostenere
che
a
Genova
i
Black
bloc
hanno
messo
in
difficoltà
il
G8
?
Non
credo
.
Si
riuniranno
nelle
Montagne
Rocciose
o
non
avranno
bisogno
di
riunirsi
affatto
.
C
'
è
qualcuno
disposto
a
sostenere
che
spaccando
vetrine
e
provocando
tafferugli
hanno
reso
un
servizio
al
Genoa
Social
Forum
?
Non
credo
.
La
polizia
si
è
scatenata
,
Fini
e
Cossiga
le
hanno
garantito
ogni
appoggio
,
Berlusconi
sostituirà
i
muscoli
con
i
muscoli
.
Alcune
sedicenti
avanguardie
si
stanno
sprecando
in
gesticolazioni
,
persuase
che
sono
i
simboli
a
fare
i
poteri
e
non
viceversa
.
O
,
se
hanno
abbastanza
sale
in
zucca
per
sapere
come
funziona
,
la
soddisfazione
di
stare
sui
giornali
li
compensa
dalla
frustrazione
di
non
saper
che
fare
se
non
aspettare
un
appuntamento
di
qualche
vertice
per
essere
sicuri
di
esistere
.
Sarebbe
un
fenomeno
sociale
di
modesto
interesse
se
,
oltre
a
dare
pretesti
al
monopolio
statale
della
violenza
,
non
danneggiasse
l
'
estendersi
a
macchia
d
'
olio
di
gruppi
,
soggetti
,
genti
che
hanno
capito
che
cos
'
è
il
dominio
mondiale
del
capitale
e
del
mercato
,
ne
studiano
e
attaccano
i
meccanismi
,
destabilizzano
le
tradizionali
forze
politiche
,
hanno
già
spostato
in
Italia
il
più
importante
sindacato
,
fanno
e
comunicano
politica
in
tutto
il
pianeta
.
Sono
confluiti
a
Genova
come
a
Porto
Alegre
e
sono
il
solo
fenomeno
politico
grosso
e
nuovo
.
Che
di
essi
non
si
riesca
neanche
a
parlare
-
e
tantomeno
delle
tesi
che
hanno
sviluppato
a
Genova
,
oltre
che
nei
cortei
,
in
un
mese
di
riunioni
e
colloqui
dove
avveniva
un
vero
salto
di
coscienza
e
cultura
-
perché
la
scena
è
occupata
dall
'
immagine
della
polizia
che
picchia
e
dai
giovani
con
le
mani
alzati
,
e
perché
di
questo
scenario
si
sono
impadronite
per
le
loro
schermaglie
maggioranza
e
opposizione
a
Genova
assenti
,
è
già
un
paradosso
.
Ovvio
,
obbligatorio
,
ma
paradosso
.
Genova
non
era
un
appuntamento
per
il
diritto
di
manifestare
,
era
per
far
sentire
le
tesi
di
gruppi
che
lavorano
da
anni
,
si
sono
creati
un
enorme
ascolto
,
i
cui
argomenti
,
come
nel
caso
di
Attac
,
danno
il
mal
di
testa
ai
governi
,
che
non
solo
denunciano
ma
sono
e
fanno
,
e
invadono
territori
che
la
politica
politicante
aveva
bruciato
.
Gli
occorre
sfondare
l
'
egemonia
dei
luoghi
comuni
,
non
uno
schieramento
di
polizia
.
Gli
occorre
costruirsi
delle
sponde
,
non
venire
isolati
.
Susan
George
si
domandava
in
questi
giorni
come
il
movimento
potrà
manifestare
se
ogni
volta
sarà
parassitato
da
gruppi
che
,
se
va
bene
,
sfogano
nello
spaccar
vetrine
un
vero
disagio
esistenziale
o
pretendono
di
insegnare
ai
poveri
nonviolenti
come
stanno
veramente
le
cose
e
quel
che
bisognerebbe
fare
.
Susan
George
è
pessimista
,
ma
si
capisce
che
sia
preoccupata
.
Già
ieri
le
gazzette
hanno
premurosamente
offerto
uno
specchio
al
ragazzo
di
Napoli
che
dichiara
guerra
al
vertice
di
settembre
della
Nato
,
e
oggi
parleranno
del
documento
di
un
deficiente
che
minaccia
di
morte
De
Gennaro
.
Così
possono
fare
a
meno
di
scrivere
che
cosa
è
e
a
che
serve
lo
scudo
spaziale
di
Bush
del
quale
si
parlerà
a
Napoli
,
come
qualmente
l
'
Italia
sia
il
solo
paese
europeo
che
lo
sostiene
,
e
come
questo
succeda
anche
perché
è
passata
sotto
silenzio
l
'
adesione
di
D
'
Alema
alla
Nato
2
durante
la
guerra
del
Kosovo
.
Né
l
'
una
né
l
'
altra
sarebbero
andate
lisce
se
due
o
trecentomila
persone
invece
che
quattro
gatti
fossero
andate
in
tempo
,
un
po
'
più
informati
e
decisi
,
davanti
a
Palazzo
Chigi
.
Possibile
che
l
'
esperienza
non
insegni
niente
?
StampaQuotidiana ,
Affermare
,
come
fanno
gli
Usa
,
che
non
ci
possono
essere
regole
è
una
maniera
di
legittimare
uno
stato
di
guerra
di
tutti
contro
tutti
,
o
della
guerra
del
più
forte
contro
chi
lo
è
meno
.
Ha
ragione
Luigi
Pintor
di
chiedersi
dove
va
a
parare
il
presidente
americano
Bush
ripetendo
che
il
peggio
della
guerra
deve
ancora
venire
.
Pensa
soltanto
che
l
'
Alleanza
del
Nord
,
da
lui
armata
e
finanziata
,
l
'
aviazione
e
le
forze
speciali
americane
e
inglesi
a
terra
e
in
Afghanistan
dovranno
affrontare
,
dopo
essersi
rapidamente
impadronite
del
territorio
,
una
sanguinosa
guerriglia
fra
montagne
e
grotte
,
come
accadde
all
'
Urss
dal
1979
al
1989
?
O
prevede
che
impadronirsi
di
bin
Laden
,
ora
assediato
anche
via
mare
perché
non
possa
riparare
fuori
dalla
regione
,
non
basterebbe
a
metter
fine
al
terrorismo
islamico
,
perché
al
Qaeda
non
è
una
banda
personale
e
la
cattura
del
suo
leader
-
preferibilmente
morto
,
dice
con
la
consueta
spigliatezza
Rumsfeld
-
ne
farebbe
un
martire
?
Oppure
intende
contrapporre
alla
natura
trasversale
della
Jihad
un
intervento
allargato
fuori
dei
confini
afghani
?
In
questi
giorni
diverse
voci
,
anche
dall
'
interno
dell
'
amministrazione
americana
,
accennano
a
una
possibile
offensiva
contro
l
'
Iraq
,
che
abbatterebbe
stavolta
Saddam
Hussein
e
forse
rassicurerebbe
Israele
,
poiché
gli
Stati
uniti
,
direttamente
o
per
interposta
Onu
,
certo
non
lascerebbero
per
un
pezzo
il
controllo
del
paese
.
Tanto
più
che
,
non
essendo
il
"
laico
"
Saddam
Hussein
una
delle
figure
più
amate
da
al
Qaeda
,
susciterebbe
minori
problemi
di
altri
con
il
fondamentalismo
islamico
.
Ma
certo
ne
susciterebbe
,
e
quindi
sarebbe
di
disturbo
per
i
governi
arabi
che
chiamiamo
"
moderati
"
,
perlopiù
corrotti
e
legati
a
filo
doppio
da
interessi
economici
e
finanziari
agli
Stati
uniti
.
Ma
non
solo
quelli
.
E
come
prenderebbe
questa
estensione
delle
operazioni
nella
regione
del
Golfo
,
la
coalizione
mondiale
che
Bush
è
riuscito
a
mettere
assieme
contro
il
terrorismo
?
Certo
è
che
un
eventuale
attacco
all
'
Iraq
incontrerebbe
forse
delle
difficoltà
politiche
,
ma
non
implicherebbe
nessuna
conseguenza
di
diritto
negli
Stati
uniti
e
forse
neanche
in
sede
Onu
.
Gli
Stati
uniti
hanno
messo
in
atto
il
14
settembre
un
dispositivo
che
,
come
in
caso
di
guerra
dichiarata
o
imminente
fra
due
stati
,
consente
al
loro
presidente
di
disporre
delle
forze
armate
fuori
del
loro
territorio
contro
qualsiasi
"
paese
,
gruppo
o
anche
persone
"
che
si
presume
possano
attuare
un
attentato
nel
territorio
degli
States
,
e
anche
contro
paesi
gruppi
o
persone
che
offrano
loro
rifugio
o
protezione
.
Non
è
un
dispositivo
inventato
per
l
'
occasione
,
risale
al
1973
(
quando
si
vollero
ridefinire
i
poteri
di
Nixon
)
,
e
tocca
agli
esperti
di
diritto
internazionale
dire
come
convivesse
con
la
Carta
delle
Nazioni
unite
in
tema
di
divieto
del
ricorso
alla
guerra
.
In
ogni
caso
nelle
sedute
del
12
e
28
settembre
le
Nazioni
unite
non
hanno
sollevato
problemi
sull
'
argomentazione
americana
,
accettando
per
buona
la
formula
generica
dell
'
autodifesa
.
E
infatti
gli
Stati
uniti
non
presentano
l
'
intervento
in
Afghanistan
come
una
"
azione
di
polizia
internazionale
"
,
per
cui
si
sarebbero
dovuti
limitare
ad
azioni
di
intelligence
dei
servizi
(
e
alla
licenza
di
uccidere
di
nuovo
rilasciata
loro
)
;
questo
termine
,
inventato
credo
da
Andreotti
durante
la
guerra
del
Golfo
,
è
una
definizione
europea
.
In
realtà
siamo
di
fronte
a
un
intervento
di
tutto
il
loro
sistema
militare
,
e
di
quello
che
gli
altri
paesi
della
coalizione
hanno
deciso
di
aggiungervi
,
in
una
guerra
dai
confini
vaghi
e
illimitati
.
Non
sembra
che
i
presidenti
degli
stati
aderenti
alla
coalizione
ne
siano
allarmati
.
Anzi
,
si
è
aperta
una
discussione
nella
quale
,
prendendo
atto
della
"
asimmetria
"
di
conflitti
che
non
oppongono
più
due
o
più
stati
,
ne
traggono
-
per
dirla
con
Habermas
-
la
constatazione
che
il
mondo
vive
una
sorta
di
guerra
civile
interna
,
ma
non
ne
derivano
la
conclusione
che
le
guerre
sono
più
illecite
che
mai
e
tutto
quel
che
serve
è
appunto
un
'
intelligence
e
una
magistratura
sovranazionale
,
ma
che
il
diritto
internazionale
concepito
dopo
il
1945
è
sostanzialmente
superato
o
-
vedi
il
supplemento
di
Le
Monde
del
17/18
scorso
-
"
de
-
formalizzato
"
.
Non
ci
sarebbero
più
regole
applicabili
.
E
'
una
parafrasi
,
straordinariamente
amplificata
,
della
discussione
che
di
solito
segue
gli
attentati
armati
all
'
interno
di
un
paese
:
siamo
tenuti
ad
applicare
le
regole
del
gioco
contro
chi
per
definizione
si
mette
fuori
di
esso
?
Può
appellarsi
allo
stato
di
diritto
chi
non
si
è
attenuto
allo
stato
di
diritto
?
Nei
conflitti
interni
,
gli
stati
si
sono
generalmente
dati
delle
leggi
di
emergenza
,
che
sappiamo
quanto
siano
difficili
da
estinguere
.
Ma
chi
ha
deciso
di
darsele
in
sede
internazionale
?
E
quali
?
Affermare
che
non
ci
possono
essere
regole
è
una
maniera
di
legittimare
uno
stato
di
guerra
di
tutti
contro
tutti
,
o
della
guerra
del
più
forte
contro
chi
lo
è
meno
.
Ma
di
questo
sarebbe
opportuno
quantomeno
informare
popoli
e
cittadini
,
in
modo
che
siano
coscienti
dell
'
impresa
nella
quale
sono
stati
coinvolti
,
prima
di
una
sua
catastrofica
deriva
.