StampaPeriodica ,
La
scuola
sembrava
vivere
passivamente
,
tra
proteste
,
mugugni
,
fughe
e
disillusioni
,
l
'
ondata
di
provvedimenti
con
cui
il
governo
l
'
ha
investita
negli
ultimi
anni
.
Invece
la
vicenda
del
concorso
di
merito
per
gli
insegnanti
sta
segnando
in
questi
giorni
un
punto
di
discontinuità
.
Lo
sciopero
più
esteso
degli
ultimi
anni
(
malgrado
che
i
sindacati
tradizionali
fossero
dall
'
altra
parte
)
una
manifestazione
imponente
di
insegnanti
nelle
strade
di
Roma
e
un
vero
assedio
del
palazzo
di
viale
Trastevere
riaprono
una
fase
importante
che
va
attentamente
indagata
.
Prende
forma
e
si
concentra
sulla
questione
degli
insegnanti
una
vicenda
più
generale
della
scuola
e
della
formazione
nel
nostro
paese
.
È
,
o
almeno
potrebbe
diventare
,
il
primo
movimento
(
un
po
'
come
Seattle
)
che
si
oppone
all
'
ordine
esistente
,
e
all
'
ideologia
privatistica
,
non
solo
a
difesa
di
una
categoria
minacciata
nei
suoi
diritti
,
o
di
diritti
conquistati
per
tutti
in
un
contesto
sociale
e
culturale
passato
,
ma
ponendo
un
problema
,
anzi
forse
il
problema
più
importante
dell
'
epoca
futura
:
la
formazione
dell
'
uomo
,
della
personalità
e
creatività
di
tutti
.
Ed
è
(
più
che
a
Seattle
)
un
movimento
che
muove
non
solo
su
una
tematica
specifica
e
insieme
di
valore
generale
,
ma
ha
radici
in
un
soggetto
sociale
omogeneo
,
radicato
in
un
territorio
,
con
un
peso
politico
rilevante
e
attivo
(
come
ha
rivelato
,
ancor
in
un
recente
passato
,
l
'
esperienza
francese
)
.
E
infatti
ha
già
una
breve
storia
,
non
solo
sindacale
:
l
'
opposizione
al
finanziariamento
pubblico
alla
scuola
privata
;
la
contrastata
esperienza
del
decentramento
;
il
dibattito
sulla
riforma
dei
cicli
;
alla
fine
il
rifiuto
del
"
concorsone
"
(
non
come
rifiuto
della
qualificazione
continua
o
richiesta
di
un
piatto
egualitarismo
,
ma
come
rifiuto
dei
modi
aberranti
con
cui
si
pretende
di
valutare
quella
qualificazione
)
e
di
aumenti
retributivi
innestati
su
uno
scandaloso
generale
regime
di
sottosalario
e
di
contenimento
dell
'
investimento
nella
scuola
.
Perciò
è
uno
dei
pochi
movimenti
che
non
si
scontra
con
un
muro
di
ostilità
dell
'
opinione
pubblica
,
si
oppone
con
nettezza
al
governo
di
centro
-
sinistra
fuori
ma
anche
dentro
i
suoi
confini
.
I
suoi
limiti
stanno
ancora
nel
fatto
che
non
è
riuscito
a
saldarsi
con
una
ripresa
di
un
movimento
degli
studenti
,
che
gli
è
indispensabile
,
né
è
riuscito
a
esprimere
un
'
idea
adeguata
di
linea
alternativa
;
ma
sono
limiti
imputabili
anzitutto
alla
sordità
della
politica
e
della
cultura
e
alla
crisi
delle
relative
organizzazioni
.
Ma
che
,
esso
stesso
,
potrebbe
smuovere
.
La
riforma
degli
ordinamenti
,
o
come
più
comunemente
si
dice
,
la
riforma
dei
cicli
scolastici
,
l
'
autonomia
scolastica
,
il
ruolo
manageriale
dei
capi
d
'
istituto
,
l
'
avvio
di
un
nuovo
profilo
degli
insegnanti
,
la
'
parificazione
'
tra
scuola
pubblica
e
privata
,
un
nodo
di
questioni
complesse
viene
ormai
al
dunque
.
Un
popolo
di
insegnanti
democratici
,
dopo
aver
sperato
che
la
sinistra
rispondesse
alla
loro
crisi
e
alla
crisi
della
scuola
,
presenta
il
conto
.
Un
conto
delicato
che
intreccia
questioni
sindacali
,
culturali
e
professionali
:
l
'
inizio
di
una
fase
nuova
.
Le
riforme
I
cambiamenti
sono
ormai
definiti
dal
punto
di
vista
legislativo
ed
è
possibile
valutare
in
che
modo
l
'
impatto
di
tali
provvedimenti
sta
cambiando
la
scuola
reale
.
Il
segno
prevalente
che
si
coglie
è
quello
di
una
progressiva
"
privatizzazione
della
scuola
pubblica
"
.
Il
finanziamento
delle
scuole
private
e
l
'
obiettivo
di
costruire
un
"
sistema
integrato
"
della
formazione
tra
pubblico
e
privato
sono
solo
il
punto
più
appariscente
,
quanto
grave
,
di
una
tendenza
più
generale
alla
privatizzazione
della
scuola
pubblica
.
Privatizzazione
è
innanzi
tutto
un
progressivo
disimpegno
finanziario
dello
Stato
nello
sviluppo
della
scuola
;
non
si
tratta
di
una
modifica
del
regime
giuridico
della
scuola
pubblica
,
ma
del
mutamento
della
sua
ragione
sociale
.
La
scuola
della
Repubblica
,
che
dovrebbe
essere
garante
del
diritto
di
cittadinanza
,
strumento
teso
alla
rimozione
delle
differenze
culturali
e
sociali
,
si
fa
,
invece
,
sempre
più
'
un
'
opportunità
'
per
i
cittadini
clienti
di
un
servizio
a
domanda
.
Non
è
mutamento
da
poco
e
va
scandagliato
attentamente
.
La
nuova
scuola
non
muta
la
struttura
della
scuola
dell
'
infanzia
,
quella
rivolta
ai
bambini
dai
tre
ai
cinque
anni
.
Rimane
per
questo
livello
formativo
l
'
assurdo
di
un
servizio
pubblico
presente
sul
territorio
solo
per
un
50%
della
popolazione
infantile
.
Per
il
resto
dei
bambini
esiste
solo
la
possibilità
di
una
scuola
materna
confessionale
e
privata
.
La
scuola
,
nel
suo
segmento
di
scuola
di
base
,
si
riduce
di
un
anno
.
La
scuola
secondaria
introduce
un
doppio
canale
formativo
fin
dal
primo
biennio
.
Sarà
possibile
sviluppare
esperienze
formative
anche
in
situazioni
non
scolastiche
,
nella
formazione
professionale
.
Infine
viene
introdotto
il
cosiddetto
obbligo
formativo
fino
ai
diciotto
anni
.
I
giovani
,
dopo
il
quindicesimo
anno
,
potranno
proseguire
gli
studi
scolastici
oppure
optare
(
e
opteranno
ovviamente
le
loro
famiglie
,
con
un
processo
inaccettabile
di
autoselezione
secondo
il
reddito
)
per
un
canale
di
formazione
professionale
.
In
buona
sostanza
la
riduzione
del
tempo
della
scolarità
risponde
solo
al
principio
della
riduzione
della
spesa
e
dell
'
allineamento
della
scuola
italiana
alle
politiche
europee
"
avare
"
e
sempre
più
ispirate
alle
politiche
di
contrazione
del
welfare
.
La
riforma
produce
una
riduzione
assoluta
del
tempo
di
scuola
;
il
tempo
e
la
quantità
non
sono
tutto
nella
scuola
,
ma
sono
la
precondizione
della
qualità
e
soprattutto
costituiscono
l
'
elemento
determinante
per
sostenere
i
ritardi
culturali
.
In
pedagogia
vale
il
principio
che
se
vuoi
risultati
soddisfacenti
per
il
complesso
della
popolazione
giovanile
,
devi
offrire
più
tempo
a
coloro
che
socialmente
portano
il
segno
di
un
ritardo
di
alfabetizzazione
e
di
cultura
.
Inoltre
,
per
paradosso
,
l
'
aver
fissato
il
completamento
dell
'
obbligo
al
quindicesimo
anno
d
'
età
può
produrre
un
incentivo
all
'
abbandono
precoce
della
scuola
dopo
l
'
ottenimento
del
titolo
.
Ricordiamo
che
attualmente
la
frequenza
del
biennio
della
secondaria
fino
a
sedici
anni
è
molto
ampia
rispetto
alla
popolazione
scolastica
in
età
corrispondente
.
Una
riforma
che
riduce
il
tempo
assoluto
della
formazione
di
base
e
che
rischia
di
ridurre
il
numero
assoluto
degli
studenti
non
può
essere
considerata
una
buona
riforma
.
Gli
ordinamenti
e
la
riforma
dei
cicli
scolastici
sono
,
come
è
evidente
,
solo
la
forma
giuridica
e
organizzativa
che
la
scuola
prende
sul
piano
legislativo
.
La
riforma
reale
della
scuola
è
faccenda
più
complessa
e
non
può
esaurirsi
nella
valutazione
dei
contenitori
giuridici
e
organizzativi
.
Della
proposta
del
governo
bisogna
dunque
saper
cogliere
il
contesto
e
il
retroterra
culturale
e
politico
,
al
fine
di
vagliarli
criticamente
,
ma
soprattutto
per
avanzare
delle
proposte
alternative
.
Il
punto
di
vista
più
interessante
per
capire
,
mi
sembra
che
consista
in
una
ricerca
e
una
ridefinizione
di
che
cosa
è
oggi
alfabetizzazione
e
,
per
altro
verso
,
nell
'
individuazione
delle
radici
sociali
della
povertà
culturale
.
La
scuola
italiana
soffre
di
due
livelli
di
selezione
.
La
selezione
'
storica
'
ha
agito
con
l
'
esclusione
classista
:
l
'
evasione
dalla
scuola
dell
'
obbligo
e
ampie
sacche
di
insuccesso
non
possono
portarci
a
considerare
di
massa
la
scuola
,
soprattutto
nei
livelli
superiori
e
universitari
.
La
stessa
persistenza
della
ciclicità
dell
'
istruzione
è
il
sedimento
di
una
scontata
e
ipocrita
ammissione
che
non
tutti
avrebbero
potuto
completare
l
'
intero
percorso
degli
studi
.
Ma
vi
è
un
rilievo
più
importante
da
fare
su
una
forma
"
moderna
"
di
selezione
.
Penso
agli
studi
della
Greenfield
e
altri
,
che
notano
come
la
forte
esposizione
dei
bambini
e
dei
giovani
al
sistema
complesso
dell
'
informazione
,
all
'
"
eccedenza
informativa
"
per
lo
più
veicolata
dai
media
,
invece
che
una
crescita
di
cultura
,
produce
un
"
rumore
di
fondo
"
,
una
perdita
di
capacità
critica
.
Si
determina
nella
scuola
un
analfabetismo
qualitativo
,
vissuto
precocemente
nella
famiglia
e
nella
società
e
difficilmente
recuperabile
.
Tempi
di
vita
e
tempi
della
formazione
Allora
una
riforma
degli
ordinamenti
deve
guardare
altrove
:
mi
pare
che
si
debba
partire
da
una
riflessione
su
come
nel
nostro
tempo
si
sono
trasformate
le
età
della
vita
,
quale
ritmo
ha
preso
la
crescita
umana
,
quali
peculiarità
prendono
oggi
l
'
infanzia
,
l
'
adolescenza
e
la
condizione
giovanile
.
La
scuola
accompagna
l
'
organizzazione
dei
tempi
di
vita
dei
ragazzi
e
delle
loro
famiglie
,
è
un
punto
di
osservazione
dell
'
organizzazione
complessiva
della
società
.
Quali
bisogni
è
possibile
leggere
nell
'
organizzazione
dei
tempi
della
nostra
vita
?
E
come
ci
si
può
ad
essi
riferire
per
fare
riforma
della
scuola
?
L
'
infanzia
è
il
primo
terreno
di
verifica
.
Il
nostro
è
un
secolo
che
ha
giocato
non
a
favore
dell
'
infanzia
,
ma
per
una
progressiva
marginalità
dei
bambini
e
delle
bambine
.
L
'
autonomia
infantile
è
,
ci
pare
,
il
punto
su
cui
ragionare
.
Come
può
la
scuola
garantire
un
passaggio
delicato
tra
la
famiglia
e
l
'
affidamento
ad
altri
adulti
,
gli
insegnanti
,
per
la
formazione
del
piccolo
cittadino
.
La
famiglia
è
una
risorsa
primaria
,
emotiva
e
educativa
per
i
piccoli
,
ma
l
'
autonomia
dal
senso
proprietario
che
inevitabilmente
i
genitori
esercitano
sui
piccoli
è
un
primo
passo
verso
l
'
acquisizione
della
cittadinanza
.
Con
quali
tempi
del
rapporto
didattico
,
in
quali
anni
,
con
quale
scansione
di
orari
si
devono
affidare
i
piccoli
alla
scuola
?
Questo
costituisce
il
primo
problema
della
riforma
.
Pensando
ad
una
scolarizzazione
precoce
si
pensa
erroneamente
ad
una
precoce
accelerazione
degli
apprendimenti
cognitivi
.
Non
deve
essere
così
.
Nei
nidi
e
nella
scuola
dell
'
infanzia
il
problema
è
la
socializzazione
e
l
'
innesto
di
esperienze
di
relazione
,
è
la
conduzione
dei
bambini
e
delle
bambine
in
un
universo
di
linguaggi
più
differenziato
e
più
ricco
di
quello
familiare
.
Nidi
e
scuola
dell
'
infanzia
devono
rimuovere
le
prime
differenze
e
devono
evitare
i
ritardi
rispetto
alla
scuola
che
verrà
,
devono
essere
scuola
educativa
e
non
assistenza
.
Qui
siamo
al
secondo
aspetto
della
riforma
,
i
suoi
contenuti
didattici
.
La
scuola
di
base
unitaria
ci
pare
buona
cosa
,
ma
non
è
positiva
la
riduzione
di
un
anno
di
scolarità
.
Penso
che
sia
opportuno
un
ritmo
più
semplice
di
quanto
propone
il
governo
:
un
ciclo
di
quattro
anni
,
da
sei
fino
a
nove
anni
,
a
tempo
pieno
,
unitario
nel
progetto
e
nell
'
impianto
educativo
.
Il
tempo
pieno
non
è
solo
un
modulo
organizzativo
,
ma
un
'
occasione
per
i
bambini
per
fare
esperienze
educative
globali
.
La
formazione
della
mente
vive
insieme
alla
formazione
delle
relazioni
,
al
gioco
,
alla
creatività
.
Penso
poi
ad
un
ulteriore
ciclo
di
quattro
anni
,
fino
a
tredici
anni
.
Una
scuola
più
individualizzata
nei
percorsi
,
più
adattata
alle
differenze
personali
e
culturali
degli
adolescenti
.
Una
scuola
delle
ragazze
e
dei
ragazzi
,
che
tra
apprendimento
e
esperienza
sociale
si
danno
gli
strumenti
per
la
formazione
di
un
io
personale
solido
.
Una
scuola
in
cui
si
insegna
tramite
laboratori
,
in
cui
le
relazioni
della
classe
si
intrecciano
con
ritmi
organizzativi
più
articolati
,
sia
per
i
tempi
e
gli
orari
che
per
i
contenuti
.
Il
giudizio
sulla
proposta
relativa
alla
scuola
secondaria
è
più
severo
.
Qui
appare
con
forza
una
convinta
adesione
del
governo
alle
idee
portanti
della
Confindustria
sulla
formazione
.
Scuola
della
flessibilità
,
addestramento
e
orientamento
precoce
,
scuola
vagamente
impostata
sulle
opportunità
e
senza
garanzie
di
promozione
culturale
.
Ma
vediamo
con
ordine
.
Innanzi
tutto
la
riduzione
complessiva
del
ciclo
degli
studi
.
Un
livello
così
basso
di
scolarità
si
arrende
all
'
ideologia
confindustriale
di
una
'
didattica
breve
'
in
vista
di
una
disponibilità
al
lavoro
precario
,
saltuario
,
appunto
alla
flessibilità
,
nuova
magia
dei
ceti
imprenditoriali
che
non
vedono
altra
possibilità
per
lo
sviluppo
.
La
secondaria
dovrebbe
invece
avere
un
biennio
obbligatorio
e
unitario
,
compatto
nei
contenuti
e
nelle
finalità
culturali
.
Dovrebbero
essere
semplificati
i
curricoli
di
apprendimento
;
il
lavoro
,
la
società
,
la
tecnica
,
i
linguaggi
e
la
conoscenza
della
natura
devono
essere
oggetto
critico
della
ricerca
culturale
dei
giovani
e
non
temi
di
addestramento
subalterno
.
Questa
ci
pare
l
'
uscita
positiva
dall
'
impostazione
gentiliana
della
scuola
.
La
scuola
deve
essere
poi
giocata
,
nel
triennio
successivo
,
tra
studio
e
prime
esperienze
di
avvicinamento
al
lavoro
,
in
prospettiva
una
scuola
obbligatoria
fino
a
18
anni
.
Questa
è
la
scelta
realistica
di
allineamento
agli
altri
sistemi
formativi
europei
.
Una
scuola
che
si
riorganizza
nei
tempi
,
comincia
a
adattarsi
per
diventare
il
primo
livello
di
un
ulteriore
passo
della
formazione
,
a
carattere
permanente
,
non
più
solo
rivolta
ai
giovani
,
ma
capace
di
offrire
allo
sviluppo
delle
persone
,
in
ogni
età
della
vita
,
un
riferimento
culturale
e
formativo
.
Sarebbe
utile
un
terzo
settore
della
formazione
.
Anche
l
'
obiettivo
di
una
generale
riduzione
dell
'
orario
di
lavoro
ha
in
questa
formazione
ricorrente
una
possibilità
.
Tempi
che
si
liberano
dal
lavoro
e
che
si
dedicano
alla
cura
di
sé
e
alla
crescita
culturale
.
Ma
la
riforma
è
soprattutto
investimento
di
risorse
,
umane
e
economiche
.
Il
governo
di
centrosinistra
non
ha
cambiato
strategia
,
non
ha
segnato
una
discontinuità
rispetto
ai
governi
di
destra
o
a
dominanza
democristiana
.
Una
ristrutturazione
poderosa
ha
colpito
i
bilanci
,
colpisce
la
struttura
materiale
della
scuola
sul
territorio
,
colpisce
gli
insegnanti
.
Una
riforma
senza
risorse
è
pura
propaganda
.
La
riduzione
del
finanziamento
pubblico
della
scuola
è
effetto
di
una
strategia
che
va
al
di
là
del
risanamento
del
debito
pubblico
.
Si
iscrive
in
un
quadro
di
trasformazione
della
scuola
in
un
sistema
misto
,
pubblico
e
privato
,
convenzionato
,
in
cui
mercato
e
redditi
familiari
diventano
il
differenziale
di
qualità
della
scuola
.
Che
fare
dunque
,
per
non
rimanere
nelle
secche
delle
analisi
?
Innanzi
tutto
risollevare
nella
scuola
la
partecipazione
dei
soggetti
,
studenti
,
insegnanti
e
cittadini
.
La
fuga
o
la
passività
degli
insegnanti
nella
scuola
è
motivata
dall
'
insicurezza
sulla
prospettiva
del
loro
ruolo
,
da
una
profonda
sfiducia
che
si
possa
cambiare
qualcosa
nel
modo
di
imparare
e
di
insegnare
.
La
scuola
potrebbe
perdere
una
generazione
professionale
importante
e
pregiudicarsi
così
le
possibilità
di
riforma
.
L
'
insensibilità
alla
questione
docente
,
come
parte
essenziale
della
riforma
,
è
ancora
il
movente
della
proposta
insensata
del
"
concorsone
"
per
la
selezione
professionale
,
che
rende
acuta
la
tensione
nelle
scuole
e
fa
da
catalizzatore
della
protesta
.
Cosa
è
questa
ampia
e
generale
reazione
alle
'
gare
salariali
'
,
come
ha
efficacemente
scritto
il
manifesto
?
Non
avveniva
più
da
anni
:
gli
insegnanti
non
accettano
di
sottoporsi
ad
una
selezione
per
lo
più
fondata
sull
'
ideologia
che
nella
scuola
la
qualità
dipende
dalla
competizione
premiata
dagli
incentivi
salariali
.
Un
'
ipotesi
povera
di
analisi
su
questa
professione
,
che
non
riesce
a
vedere
nell
'
insegnamento
-
come
sostiene
ampiamente
anche
Bruner
in
un
suo
testo
importante
sulla
scuola
americana
-
un
ruolo
sociale
e
politico
particolare
,
considerandolo
invece
un
semplice
lavoro
subordinato
.
L
'
efficacia
dell
'
insegnamento
dipende
dalla
condivisione
dei
fini
emancipativi
che
nella
scuola
si
attivano
.
Il
modello
aziendale
,
gerarchico
e
competitivo
,
non
solo
non
funziona
,
ma
allontana
gli
insegnanti
,
come
già
ampiamente
avviene
,
dalla
didattica
quotidiana
.
Programmazione
,
progettazione
didattica
,
innovazione
didattica
stanno
diventando
momenti
autoreferenziali
che
impoveriscono
la
cultura
e
l
'
azione
professionale
degli
insegnanti
.
Contro
la
povertà
di
una
selezione
fatta
con
i
quiz
,
con
le
simulazioni
di
lezione
(
dove
vanno
a
finire
decenni
di
ricerca
per
superare
nell
'
insegnamento
la
sequenza
della
lezione
,
interrogazione
,
valutazione
?
)
insorgono
gli
insegnanti
,
bloccati
tra
le
certezze
di
un
passato
professionale
che
non
funziona
e
le
riforme
che
non
convincono
.
L
'
idea
cattiva
di
autonomia
Questo
conflitto
oggi
si
intreccia
con
il
caos
che
si
è
determinato
con
un
'
insensata
politica
dell
'
autonomia
del
"
fai
da
te
"
.
La
riforma
dei
cicli
non
può
essere
perciò
separata
dalla
questione
più
corposa
dell
'
autonomia
.
L
'
autonomia
didattica
è
un
grande
valore
:
insieme
con
la
dimensione
cooperativa
è
la
sostanza
stessa
della
libertà
d
'
insegnamento
garantita
dalla
Costituzione
.
Ma
l
'
attuazione
dell
'
autonomia
sta
stravolgendo
tutto
questo
.
Gli
insegnanti
e
gli
studenti
,
isolati
,
ridotti
a
rango
di
clienti
,
perdono
poteri
reali
di
influenza
sulle
scelte
e
sui
fini
per
diventare
soggetti
passivi
nella
gestione
del
quotidiano
.
Il
cittadino
cliente
naviga
nel
vuoto
e
perde
ogni
connotazione
di
soggetto
collettivo
nel
rapportarsi
al
sistema
dei
diritti
che
dovrebbe
alimentare
ogni
servizio
sociale
.
Le
nostre
scuole
dovrebbero
essere
più
pubbliche
e
meno
di
mercato
.
Più
strumenti
di
eguaglianza
che
luoghi
inerti
di
convalida
della
differenziazione
sociale
.
L
'
introduzione
di
logiche
di
mercato
distrugge
la
promozione
dei
diritti
;
nel
migliore
dei
casi
riaffida
alla
scuola
o
una
funzione
giudicante
e
notarile
dell
'
avvenuta
assuefazione
al
conformismo
e
alla
differenza
sociale
,
oppure
dilata
la
dimensione
familistica
,
ideologica
,
"
etnica
"
dell
'
identità
giovanile
.
Il
problema
dell
'
autonomia
buona
è
lo
sviluppo
di
poteri
'
locali
'
capaci
di
riformare
la
scuola
dal
basso
,
secondo
linee
generali
di
innovazione
culturale
e
professionale
di
profilo
culturale
alto
.
Il
problema
dell
'
autonomia
della
scuola
è
in
ultima
analisi
un
problema
della
democrazia
e
dei
suoi
strumenti
.
La
libertà
di
insegnare
e
fare
scienza
All
'
autonomia
degli
insegnanti
e
degli
studenti
dovrebbe
spettare
l
'
assoluta
decisione
delle
tracce
educative
per
raggiungere
i
fini
sociali
e
politici
fissati
dalle
istanze
democratiche
di
un
paese
.
Insegnare
è
per
eccellenza
un
ruolo
pubblico
,
perché
dovrebbe
farsi
guidare
solo
dalla
libertà
della
scienza
,
della
coscienza
professionale
e
dalla
Costituzione
.
Null
'
altro
dovrebbe
influenzare
il
progetto
educativo
delle
scuole
.
La
Costituzione
,
nel
suo
andamento
compromissorio
affidò
la
responsabilità
educativa
alla
famiglia
e
alla
scuola
dello
Stato
.
Le
politiche
attuali
rifluiscono
verso
il
primato
della
famiglia
e
risolvono
l
'
ambiguità
costituzionale
a
favore
della
riproduzione
educativa
familiare
o
della
cultura
locale
'
leghista
'
:
la
comunità
naturale
dunque
,
piuttosto
che
la
società
e
la
cultura
nazionale
.
Questo
rifluire
produce
enormi
rischi
morali
e
culturali
,
incide
sul
tessuto
civile
del
paese
.
Torna
il
ruolo
prevalente
degli
educatori
come
riproduttori
passivi
del
senso
comune
ambientale
,
piuttosto
che
soggetti
di
una
ricerca
critica
sullo
stesso
contesto
sociale
.
È
necessario
invece
pensare
ad
una
scuola
come
libero
spazio
di
una
complessa
dialettica
tra
valori
e
interessi
diversi
;
un
luogo
di
proposta
e
anche
di
conflitto
tra
educatori
e
studenti
,
non
più
proprietà
e
investimento
dei
loro
genitori
,
ma
abitato
da
soggetti
umani
accomunati
da
un
'
avventura
morale
e
intellettuale
che
prepara
alla
cittadinanza
.
Si
tratta
di
considerare
la
scuola
e
l
'
educazione
come
un
gioco
difficile
che
non
solo
agisce
,
ma
che
,
mentre
è
giocato
,
fissa
le
regole
stesse
del
gioco
.
Un
gioco
su
un
piano
inclinato
,
più
complesso
di
un
gioco
con
regole
precostituite
,
in
cui
i
giocatori
,
studenti
e
educatori
,
seguendo
le
regole
date
,
ne
inventano
di
nuove
e
rompono
dinamicamente
con
il
senso
comune
e
le
mentalità
correnti
.
L
'
autogoverno
e
la
cooperazione
Esiste
oggi
un
lavoro
scolastico
che
rassomigli
a
questo
impegno
?
In
genere
dobbiamo
rispondere
negativamente
:
prevalgono
gli
aspetti
ripetitivi
sulla
creatività
e
l
'
invenzione
.
Ma
una
traccia
per
ricostruire
il
tessuto
di
una
ricerca
esiste
.
La
cooperazione
e
ducativa
appartiene
a
pieno
diritto
alla
riflessione
della
pedagogia
democratica
europea
e
italiana
.
Evidenzia
con
equilibrio
la
necessità
di
percorsi
personali
,
individualizzati
e
creativi
nell
'
insegnamento
.
E
si
pone
come
interazione
,
quasi
necessariamente
conflittuale
e
pluralistica
tra
lavori
l
'
uno
all
'
altro
trasparenti
,
nei
percorsi
e
nei
fini
.
Cooperare
e
cooperazione
sono
termini
che
richiamano
solidarietà
ottocentesche
.
Recuperarne
il
senso
in
un
contesto
moderno
,
legato
alla
definizione
di
nuove
metodologie
per
la
gestione
del
lavoro
intellettuale
,
costituisce
un
'
operazione
culturale
ardita
.
Nelle
organizzazioni
a
rete
bisogna
partire
dall
'
ipotesi
concettuale
e
pratica
che
non
si
può
eliminare
il
conflitto
;
il
conflitto
deve
essere
considerato
un
elemento
dinamico
e
produttivo
.
Come
può
essere
controllato
e
razionalizzato
?
Solo
aumentando
le
informazioni
circolanti
nella
rete
,
aumentando
la
partecipazione
dei
soggetti
e
chiarificando
i
fini
e
i
valori
.
Lavorare
cooperando
significa
accettare
questa
processualità
.
Per
risolvere
il
conflitto
bisogna
cercare
le
vie
che
portano
a
stabilire
patti
,
quando
i
patti
entrano
in
crisi
bisogna
rinnovare
il
confronto
tra
i
soggetti
.
Bisogna
saper
costruire
un
quadro
di
controllo
del
processo
educativo
che
abbia
il
suo
centro
riformatore
nel
ruolo
dei
soggetti
sociali
interessati
.
Questa
metodologia
di
controllo
costante
della
didattica
è
l
'
anima
stessa
della
cooperazione
,
la
trasparenza
è
la
sua
componente
essenziale
;
comporta
un
forte
decentramento
delle
responsabilità
,
riduce
il
ruolo
gerarchico
.
Il
tutto
funziona
se
c
'
è
questa
assunzione
reciproca
di
impegni
responsabili
.
Patti
d
'
aula
,
patti
d
'
istituto
,
patti
tra
soggetti
.
Questo
metodo
difficilmente
può
coesistere
con
un
'
organizzazione
burocratica
e
gerarchica
,
anche
tra
studenti
e
insegnanti
.
Prendere
decisioni
in
questo
ambiente
comunicativo
comporta
anche
il
mutamento
dello
stile
di
lavoro
degli
insegnanti
.
In
genere
nella
struttura
cooperativa
è
importante
la
trasparenza
delle
singole
intenzioni
,
antagonista
rispetto
alla
consuetudine
di
custodire
individualisticamente
il
contenuto
e
il
metodo
del
proprio
lavoro
.
È
importante
comunicare
con
trasparenza
perché
questo
riduce
il
conflitto
:
anche
le
più
semplici
procedure
vengono
trasformate
da
questo
stile
di
comportamento
.
Un
comportamento
trasparente
abbatte
significativamente
l
'
insuccesso
scolastico
dei
ragazzi
;
l
'
assenza
di
comunicazione
aumenta
il
fallimento
e
l
'
insuccesso
.
Ascoltare
è
difficile
,
ma
è
una
metodologia
interessante
.
Nella
scuola
bisognerebbe
prevedere
dei
momenti
istituzionalizzati
dell
'
ascolto
,
un
meccanismo
in
cui
si
esprimono
le
crisi
:
momenti
di
autodiagnosi
,
potremmo
dire
.
Cosa
invece
diventa
oggi
nella
realtà
quotidiana
l
'
autonomia
?
Assenza
di
un
campo
generale
di
riflessione
sulle
finalità
della
scuola
;
crescente
asfissia
della
didattica
costretta
nelle
procedure
burocratiche
;
frammentazione
insensata
,
nelle
singole
scuole
e
per
ogni
singolo
insegnante
,
della
ricerca
e
della
trasmissione
culturale
.
Difficile
scorgere
sotto
un
fraseggio
modernizzante
(
crediti
e
debiti
formativi
,
piani
dell
'
offerta
formativa
,
competenze
-
conoscenze
-
capacità
,
funzioni
-
obiettivo
,
tutor
,
didattica
breve
,
saperi
minimi
ecc
.
)
una
sostanza
riformatrice
che
cambia
la
scuola
.
Temo
che
si
tratti
di
un
linguaggio
da
nuovi
chierici
che
copre
un
vuoto
di
ridefinizione
degli
assi
culturali
,
un
deficit
di
progettazione
del
futuro
che
le
società
moderne
vivono
drammaticamente
.
I
giochi
non
sono
chiusi
,
riprende
attivamente
un
movimento
.
Mancano
finora
gli
studenti
,
l
'
altro
asse
decisivo
della
riforma
;
ma
ripartono
gli
insegnanti
,
forse
perché
essi
sono
più
direttamente
sottoposti
a
una
duplice
sollecitazione
:
l
'
umiliazione
della
loro
professione
e
la
speranza
di
essere
un
settore
sociale
portante
dello
schieramento
riformatore
di
questo
paese
.
La
sinistra
di
governo
non
ha
capito
e
entra
in
rotta
di
collisione
con
un
movimento
ampio
,
non
corporativo
,
esplicitamente
riformatore
.
Nella
palude
delle
logiche
di
Palazzo
la
scuola
torna
ad
essere
una
questione
sociale
che
chiede
risposte
alla
politica
.
Ci
sono
momenti
in
cui
sembra
che
le
passioni
democratiche
e
di
cambiamento
siano
in
totale
riflusso
,
ma
la
realtà
è
a
volte
più
ricca
della
nostra
stessa
speranza
.
StampaPeriodica ,
La
nota
pastorale
del
13
settembre
dell
'
arcivescovo
di
Bologna
,
cardinale
Giacomo
Biffi
,
è
stata
lanciata
così
dall
'
Ansa
,
la
nostra
massima
agenzia
di
stampa
:
«
Immigrazione
.
Biffi
allo
Stato
:
favorite
i
cattolici
»
.
Le
agenzie
di
stampa
devono
,
appunto
«
lanciare
»
.
E
di
quel
lancio
sono
stato
un
po
'
vittima
anche
io
perché
-
subito
intervistato
telefonicamente
-
ho
troppo
precipitosamente
risposto
che
«
quella
tesi
non
mi
convince
per
niente
»
.
Che
non
mi
convinca
resta
vero
.
Ma
dopo
aver
letto
l
'
intero
testo
del
cardinale
devo
fare
ammenda
e
desidero
riconoscere
che
quel
testo
,
nel
suo
insieme
,
fa
onore
al
suo
estensore
.
Per
una
volta
-
mi
succede
oramai
di
rado
-
mi
inchino
.
Certo
,
l
'
ottica
dell
'
uomo
di
Chiesa
è
diversa
da
quella
del
laico
,
e
quindi
da
quella
del
sottoscritto
.
Il
cardinale
Biffi
deve
dare
priorità
alla
sua
fede
,
e
perciò
alla
«
buona
religione
»
.
A
me
interessa
,
invece
,
la
«
buona
società
»
.
Ma
ferma
restando
questa
differenza
di
fondo
e
di
priorità
,
l
'
intervento
del
cardinale
mi
fa
riflettere
su
quanto
una
«
fede
intelligente
»
sia
vicina
e
conciliabile
con
la
«
intelligenza
della
ragione
»
.
Seguo
,
nel
citare
,
l
'
ordine
della
esposizione
del
cardinale
di
Bologna
.
1
.
«
Dobbiamo
riconoscere
che
il
fenomeno
di
una
massiccia
integrazione
ci
ha
colti
un
po
'
tutti
di
sorpresa
.
È
stato
colto
di
sorpresa
lo
Stato
[...]
che
pare
non
abbia
ancora
recuperata
la
capacità
di
gestire
razionalmente
la
situazione
riconducendola
entro
le
regole
irrinunciabili
[...]
di
una
ordinata
convivenza
civile
.
E
sono
state
colte
di
sorpresa
anche
le
comunità
cristiane
[...]
sprovviste
sinora
di
una
visione
non
astratta
,
non
settoriale
[...]
Le
generiche
esaltazioni
della
solidarietà
e
del
primato
della
carità
evangelica
[...]
si
dimostrano
più
bene
intenzionate
che
utili
quando
non
si
confrontano
davvero
con
la
complessità
del
problema
e
la
ruvidezza
della
realtà
effettuale
»
.
Queste
,
è
proprio
il
caso
di
dire
,
sono
parole
sante
.
E
davvero
responsabili
.
2
.
«
Non
è
compito
della
Chiesa
come
tale
di
risolvere
ogni
problema
sociale
»
.
Più
che
vero
.
Ma
fa
piacere
che
sia
un
cardinale
ad
asserirlo
,
e
che
poi
sia
un
alto
prelato
a
ricordare
allo
Stato
quali
siano
i
suoi
doveri
.
Occorre
,
scrive
,
che
«
ci
si
preoccupi
seriamente
di
salvare
l
'
identità
propria
della
nazione
.
L
'
Italia
non
è
una
landa
deserta
senza
storia
,
senza
tradizioni
vive
e
vitali
,
senza
una
inconfondibile
fisionomia
culturale
e
spirituale
,
da
popolare
indiscriminatamente
come
se
non
ci
fosse
un
patrimonio
di
umanesimo
e
di
civiltà
che
non
deve
andare
perduto
»
.
Anche
le
comunità
cristiane
«
non
possono
non
valutare
attentamente
i
singoli
e
i
diversi
gruppi
»
;
ma
,
alla
fin
fine
,
i
criteri
per
ammettere
gli
immigrati
sono
di
competenza
delle
autorità
civili
,
fermo
restando
che
quei
criteri
«
non
possono
essere
solamente
economici
e
previdenziali
»
e
che
«
le
condizioni
di
partenza
dei
nuovi
arrivati
non
sono
egualmente
propizie
»
ai
fini
di
«
una
possibile
e
auspicabile
[...]
integrazione
»
.
Di
nuovo
,
parole
sante
.
E
fa
dispiacere
dover
notare
che
una
lezione
come
quella
impartita
dal
cardinale
di
Bologna
non
ci
sia
mai
o
quasi
mai
arrivata
dai
nostri
politici
.
Tra
l
'
altro
,
non
ci
è
mai
arrivata
dalle
nostre
cattolicissime
Maria
Rosa
Russo
Jervolino
quando
governava
il
Viminale
,
né
tanto
meno
dal
ministro
Livia
Turco
che
ora
risponde
al
cardinale
che
«
la
legge
più
severa
sull
'
immigrazione
porta
il
mio
nome
»
.
Davvero
?
Entrare
clandestinamente
in
un
paese
è
un
reato
,
così
come
è
un
reato
rifiutare
di
fornire
le
proprie
generalità
.
E
la
severissima
legislazione
italiana
cosa
fa
?
Fornisce
al
clandestino
anonimo
un
foglio
di
via
e
poi
lo
rilascia
,
e
così
di
fatto
lo
fa
entrare
e
gli
consente
di
sparire
.
Peccato
che
il
cardinale
Biffi
non
la
possa
sostituire
.
Pur
essendo
anche
lui
cattolico
,
farebbe
molto
meglio
di
lei
.
3
.
Il
punto
dolente
dell
'
immigrazione
è
quello
dell
'
immigrazione
islamica
.
Il
presule
di
Bologna
lo
dichiara
senza
perifrasi
:
«
Il
caso
dei
musulmani
va
trattato
con
una
particolare
attenzione
.
Essi
hanno
[...]
un
diritto
di
famiglia
incompatibile
con
il
nostro
,
una
concezione
della
donna
lontanissima
dalla
nostra
(
sino
ad
ammettere
la
pratica
della
poligamia
)
.
Soprattutto
hanno
una
visione
rigorosamente
integralistica
della
vita
pubblica
[...]
la
perfetta
immedesimazione
tra
religione
e
politica
fa
parte
della
loro
fede
irrinunciabile
,
anche
se
a
proclamarla
e
a
farla
valere
aspettano
prudentemente
di
essere
diventati
preponderanti
»
.
Livia
Turco
si
affretta
a
controbattere
così
:
«
Non
dimentichiamo
tutto
ciò
che
accomuna
e
non
divide
le
tre
grandi
religioni
,
il
cristianesimo
,
l
'
ebraismo
e
L
'
islamismo
»
.
In
attesa
che
il
ministro
Turco
mi
ricordi
quel
che
evidentemente
io
dimentico
,
mi
pregio
ricordarle
(
qualora
sia
lei
a
non
saperlo
)
che
la
parola
Islàm
vuol
dire
sottomissione
,
che
la
parola
araba
per
libertà
-
horriayai
-
esprime
soltanto
una
situazione
di
non
schiavitù
(
dal
che
risulta
che
il
nostro
concetto
di
libertà
al
positivo
è
estraneo
alla
concezione
islamica
del
mondo
)
,
e
che
alla
nostra
separazione
tra
Chiesa
e
Stato
il
musulmano
contrappone
la
concezione
dell
'
Eddin
-
Dawa
,
che
vuoi
dire
religione
-
Stato
.
Ciò
posto
,
le
sarei
davvero
obbligato
se
una
volta
tanto
lei
precisasse
che
razza
di
cittadino
italiano
osservante
delle
leggi
italiane
risulterebbe
dalla
«
cittadinizzazione
»
del
suddetto
islamico
.
Per
ora
un
gruppettino
di
studenti
islamici
delle
scuole
genovesi
ha
chiesto
che
il
crocefisso
venga
eliminato
dalle
aule
,
ed
è
stato
subito
accontentato
.
In
barba
alla
vanteria
della
Turco
che
le
leggi
degli
immigrati
devono
sottostare
a
quelle
italiane
.
Io
,
laico
,
del
crocefisso
non
faccio
certo
un
caso
capitale
.
Ma
a
lei
,
cattolica
,
l
'
episodio
non
appare
un
pessimo
esordio
della
integrazione
scolastica
dell
'
islamico
?
Max
Weber
distingueva
tra
etica
della
responsabilità
(
una
moralità
che
mette
in
conto
le
conseguenze
delle
nostre
azioni
)
ed
etica
dei
principi
(
nella
quale
la
buona
intenzione
è
tutto
e
il
cattivo
esito
viene
ignorato
)
.
L
'
etica
della
responsabilità
è
,
se
si
vuole
,
impura
perché
è
pilotata
da
un
capire
,
mentre
l
'
etica
dei
principi
è
pura
,
ma
per
ciò
stesso
ottusa
(
non
sa
,
non
capisce
)
e
irresponsabile
.
La
chiesa
di
Giovanni
Paolo
II
ha
largamente
sposato
un
'
etica
dei
principi
.
Niente
profilattici
,
anche
se
quel
niente
incrementa
l
'
Aids
.
Niente
contraccettivi
,
anche
se
quel
niente
produce
un
eccesso
di
centinaia
di
milioni
di
bambini
destinati
a
morire
di
fame
.
La
giustificazione
è
che
provvederà
la
Provvidenza
.
In
attesa
stravince
l
'
imprevidenza
.
Ben
venga
,
allora
,
un
cardinale
che
si
ricorda
dell
'
etica
della
responsabilità
.
Ne
sia
lodato
il
Signore
.
StampaPeriodica ,
La
crisi
della
sinistra
ha
raggiunto
una
comicità
obiettiva
:
la
sinistra
autocensura
la
sinistra
.
La
candidatura
Rutelli
è
appunto
questo
:
Rutelli
va
bene
come
candidato
premier
perché
si
è
depurato
,
facendo
il
sindaco
di
Roma
,
di
ogni
memoria
della
sinistra
,
della
sua
stessa
sinistra
,
quella
radicale
.
E
con
ciò
si
è
separato
da
ogni
contenuto
politico
:
Rutelli
è
oggi
solo
un
volto
.
Sentire
il
comunista
Diliberto
affermare
seriamente
che
Rutelli
va
bene
appunto
per
questo
pone
la
domanda
:
perché
la
sinistra
si
è
convinta
che
il
modo
per
vincere
elettoralmente
sia
quello
di
annullarsi
politicamente
?
D
'
Alema
si
è
sottratto
al
gioco
con
la
fuga
,
dopo
aver
perso
le
europee
,
le
regionali
e
il
referendum
elettorale
.
La
via
socialdemocratica
dei
postcomunisti
si
è
dissolta
da
sola
a
opera
del
suo
inventore
.
La
sinistra
ha
in
realtà
politicamente
una
forza
maggiore
di
quella
che
i
suoi
dirigenti
le
attribuiscono
.
Il
problema
è
la
viltà
dei
dirigenti
della
sinistra
:
nessuno
di
essi
vuole
rischiare
una
sconfitta
elettorale
.
C
'
è
dignità
anche
in
una
sconfitta
elettorale
.
Se
D
'
Alema
dicesse
«
ci
sto
»
,
avrebbe
ancora
le
migliori
chance
a
sinistra
:
non
quella
di
vincere
ma
quella
di
salvare
la
storia
della
sinistra
.
Solo
chi
sa
reggere
le
sconfitte
merita
la
vittoria
,
Berlusconi
lo
ha
dimostrato
.
Oggi
la
sinistra
preferisce
Rutelli
ad
Amato
:
e
anche
questa
è
una
storia
della
autoliquidazione
della
sinistra
.
Amato
pensava
di
lanciare
lui
,
in
nome
dell
'
eredità
socialista
,
la
linea
socialdemocratica
o
qualcosa
di
simile
.
Lo
respingono
sia
i
socialisti
sia
i
postcomunisti
.
Amato
,
nonostante
le
sue
performance
al
governo
,
è
sempre
l
'
uomo
di
qualcun
altro
;
in
sé
non
ha
immagine
politica
,
è
come
se
non
ne
avesse
mai
raggiunto
lo
status
.
Rutelli
ha
più
chance
perché
è
un
re
gioioso
di
essere
nudo
:
può
essere
candidato
perché
non
rappresenta
nulla
.
La
sinistra
è
giunta
veramente
a
questo
stato
pietoso
:
o
è
lo
stato
di
coscienza
dei
suoi
dirigenti
che
ha
bisogno
della
sconfitta
purificatrice
?
Paradossalmente
l
'
unico
leader
che
emerga
in
questa
maggioranza
è
il
capo
della
lobby
democristiana
campana
:
Clemente
Mastella
.
E
'
divenuto
l
'
unico
capitano
coraggioso
della
sinistra
.
E
mi
meraviglio
che
chi
conosce
Mastella
pensi
di
consigliarlo
di
abdicare
a
questo
ruolo
di
re
in
potenza
per
ritornare
tra
le
braccia
di
Casini
.
Mastella
è
l
'
unico
che
rappresenta
a
sinistra
la
volontà
di
vincere
.
Ha
capito
che
il
vero
leader
della
sinistra
,
l
'
unico
macho
della
maggioranza
,
è
lui
:
Ceppaloni
è
divenuto
il
centro
strategico
della
sinistra
italiana
.
Se
Berlusconi
chiedesse
veramente
le
elezioni
,
le
otterrebbe
.
Egli
può
calcolare
che
questa
sinistra
lo
conduce
alla
vittoria
tanto
più
facilmente
quanto
più
a
lungo
possibile
.
Anche
se
questo
fosse
vero
,
come
pare
,
carità
di
patria
dovrebbe
obbligare
il
leader
del
Polo
a
chiedere
subito
le
elezioni
.
Ma
la
sinistra
,
che
accetta
la
sua
liquefazione
al
fuoco
lento
del
governo
Amato
,
mostra
che
alle
sue
parole
orgogliose
non
corrisponde
alcun
vero
orgoglio
di
sé
.
Se
Berlusconi
esita
a
cogliere
la
vittoria
,
la
sinistra
è
paralizzata
dalla
sconfitta
che
non
è
ancora
avvenuta
.
Ma
che
è
già
scritta
nella
sua
grande
paura
:
di
temere
che
,
perso
il
corpo
del
governo
,
essa
si
trovi
a
dover
riconoscere
di
avere
,
in
quel
corpo
,
lasciato
l
'
anima
.
StampaPeriodica ,
Società
aperta
?
Non
demonizziamo
le
idee
di
Biffi
(
e
Sartori
)
.
Ho
ammirato
la
relazione
del
cardinale
Ruini
ai
vescovi
italiani
riuniti
a
Torino
per
un
pellegrinaggio
alla
Sindone
:
una
relazione
di
lucidità
e
di
equilibrio
,
fredda
come
la
ragion
politica
.
Ruini
ha
governato
con
finezza
il
grande
trapasso
dalla
Dc
al
postcomunismo
e
oggi
alla
nascita
del
centrodestra
.
Ha
lasciato
cadere
del
tutto
gli
accenni
del
cardinale
Biffi
alla
questione
islamica
,
perché
è
politicamente
esplosiva
.
E
il
cardinale
Ruini
come
ogni
fine
politico
non
ama
l
'
esplosione
.
Solo
il
grande
ossequio
della
sinistra
per
tutto
ciò
che
è
ecclesiastico
ha
evitato
al
cardinale
Biffi
l
'
accusa
di
razzista
.
Però
il
cardinale
di
Bologna
ha
posto
il
problema
islamico
non
come
un
problema
religioso
ma
come
un
problema
civile
.
E
,
se
avesse
letto
il
testo
di
Giovanni
Sartori
su
pluralismo
e
multiculturalismo
,
avrebbe
potuto
farlo
in
termini
concettualmente
più
ricchi
e
perfettamente
sociologici
.
Esiste
un
problema
islamico
come
problema
religioso
.
I
maggiori
studiosi
dell
'
Islam
in
Italia
si
sono
convertiti
all
'
Islam
,
per
il
fascino
di
questa
religione
.
La
decristianizzazione
della
teologia
che
è
in
corso
da
decenni
nel
nostro
Paese
ha
debilitato
il
Cristianesimo
sino
al
punto
che
esso
vive
solo
con
le
devozioni
alla
Madonna
,
le
reliquie
e
il
Giubileo
:
le
idee
sono
bandite
dalla
catechesi
,
lo
constata
con
gioia
persino
il
vescovo
della
Cei
che
si
occupa
della
catechesi
,
Chiarinelli
.
L
'
Islam
oggi
trova
in
Italia
una
cultura
cristiana
decristianizzata
ed
esercita
il
fascino
del
pensiero
e
quello
della
religione
.
lo
considero
la
sfida
islamica
religiosa
un
bene
.
Prima
o
poi
nella
Chiesa
qualcuno
si
accorgerà
che
ci
sarebbe
bisogno
anche
di
pensiero
cattolico
e
non
solo
di
politica
,
di
giubilei
e
di
devozioni
.
Ben
venga
un
Islam
di
religione
e
di
pensiero
di
fronte
a
dei
cristiani
senza
religione
e
senza
pensiero
.
Ma
il
cardinale
Biffi
ha
posto
il
problema
dei
limiti
della
società
aperta
che
Sartori
ha
analizzato
in
termini
chiarissimi
.
La
società
aperta
può
aprirsi
a
tutti
ma
non
a
coloro
che
contestano
la
società
aperta
.
L
'
Islam
è
la
negazione
della
società
aperta
,
non
vi
è
altra
via
umana
significativa
che
il
Corano
:
come
se
la
società
occidentale
accettasse
ancora
i
cattolici
e
i
protestanti
delle
guerre
di
religione
.
Spero
che
venga
tradotto
in
italiano
il
bel
libro
di
Gilles
Kepel
sulla
«
guerra
santa
»
islamica
.
Anche
se
ne
dubito
.
Esso
mette
ben
in
luce
che
nei
paesi
islamici
il
nazionalismo
arabo
può
limitare
,
anche
se
sempre
meno
,
il
sorgere
dell
'
islamismo
politico
mediante
il
controllo
istituzionale
.
Ma
qui
in
Italia
,
dove
non
c
'
è
alcun
controllo
istituzionale
di
un
regime
arabo
,
abbiamo
il
fiorire
dell
'
Islamismo
politico
che
punta
sulla
differenza
e
sul
conflitto
con
l
'
Occidente
.
Il
cardinale
Ruini
ci
faccia
qualche
riflessione
.
Perché
non
invitare
Sartori
invece
di
Massimo
Cacciari
ai
convegni
dei
vescovi
italiani
?
Io
credo
che
i
vescovi
avrebbero
occasione
di
imparare
qualcosa
invece
di
fare
la
parte
del
pubblico
beota
innanzi
alle
divagazioni
sul
corpo
astrale
del
filosofo
veneziano
.
StampaPeriodica ,
Sì
all
'
autonomia
amministrativa
,
occhio
a
quella
fiscale
I
referendum
regionali
sono
un
prezzo
politico
per
chiudere
la
questione
dello
scisma
del
Nord
,
un
fatto
spirituale
e
sociale
che
ha
dominato
la
vita
italiana
degli
anni
Novanta
;
una
vera
crisi
della
Nazione
come
forma
dell
'
Italia
.
Per
questo
i
referendum
consultivi
sono
ancora
carichi
di
una
potenza
mitica
come
se
essi
dovessero
segnare
un
evento
spirituale
nella
figure
del
rifacimento
istituzionale
.
E
non
sarà
così
perché
le
esigenze
dell
'
unità
di
un
sistema
giuridico
,
economico
,
sociale
nazionale
si
impongono
nella
società
mondiale
molto
più
di
quando
accadesse
quando
vigeva
intatta
la
sovranità
statale
.
I
vincoli
internazionali
rafforzano
,
non
indeboliscono
le
esigenze
della
certezza
e
dell
'
eguaglianza
del
diritto
in
ogni
parte
dello
Stato
.
La
capacità
di
imposizione
fiscale
delle
regioni
non
può
essere
sopravvalutata
.
Le
regioni
a
statuto
speciale
già
esistenti
ce
l
'
hanno
e
non
ne
hanno
mai
fatto
uso
.
L
'
autonomia
regionale
ha
un
senso
solo
se
determina
una
diminuzione
del
peso
burocratico
e
consente
una
maggiore
disponibilità
all
'
esigenza
della
società
civile
.
Ma
si
deve
tenere
conto
che
la
società
civile
non
è
la
terra
degli
angeli
e
che
le
lobby
esistono
ancora
,
rese
più
forti
dalla
fine
dei
partiti
storici
.
Le
decisioni
che
contano
saranno
sempre
prese
a
livello
nazionale
proprio
perché
lo
Stato
nazionale
è
l
'
agente
inevitabile
del
sistema
internazionale
.
In
una
società
ormai
internazionalizzata
,
le
nazioni
acquistano
come
sistemi
economici
e
sociali
il
peso
che
hanno
perso
come
sovranità
nazionale
.
Vi
è
inoltre
il
rischio
che
la
moltiplicazione
delle
fonti
di
diritto
aumenti
i
vincoli
e
quindi
i
poteri
della
burocrazia
e
le
difficoltà
amministrative
poste
all
'
azione
del
cittadino
.
Si
è
visto
che
difficoltà
ha
avuto
a
imporsi
la
legge
Bassanini
,
il
corpo
morto
che
la
burocrazia
ha
contrapposto
all
'
iniziativa
del
governo
.
Quello
che
è
proposto
con
i
referendum
consultivi
delle
regioni
padane
è
un
decentramento
di
compiti
alle
regioni
che
lo
chiederanno
.
Con
ciò
avremmo
altre
regioni
a
statuto
speciale
,
che
comporterà
in
altro
modo
il
trasferimento
di
mezzi
dallo
Stato
alle
regioni
.
Questo
è
un
processo
nazionale
che
deve
essere
governato
a
livello
nazionale
e
che
richiede
un
contratto
tra
le
regioni
settentrionali
a
quelle
meridionali
.
Per
questo
è
valido
l
'
impegno
posto
dal
presidente
del
Piemonte
Ghigo
per
trovare
una
piattaforma
comune
con
le
regioni
di
sinistra
.
Infine
merito
di
Berlusconi
è
di
essere
riuscito
a
porre
in
termini
di
decentramento
ciò
che
era
nato
in
forma
di
rivoluzione
.
Sul
piano
etico
politico
,
la
riforma
ha
importanza
maggiore
che
sul
piano
amministrativo
.
Si
tratta
di
deporre
l
'
ormai
scomposto
mito
del
Risorgimento
e
le
criminalizzazioni
che
ne
sono
seguite
e
di
recuperare
la
storia
dell
'
Italia
preunitaria
.
Sarebbe
un
bel
sogno
se
sul
tricolore
giacobino
che
Ciampi
esalta
si
potessero
porre
i
simboli
delle
repubbliche
marinare
che
combatterono
contro
la
pressione
islamica
.
E
'
certo
che
la
nuova
legislatura
sarà
finalmente
costituente
se
il
centrodestra
,
che
ha
posto
con
la
riforma
regionale
il
superamento
della
Costituzione
del
'48
,
potrà
finalmente
portare
fuori
il
Paese
dalla
crisi
esistenziale
dell
'
identità
della
sinistra
.
StampaPeriodica ,
Queste
votazioni
polacche
segnano
la
fine
di
un
'
epoca
che
coincide
con
la
fine
del
glorioso
movimento
sindacale
e
politico
di
Solidarnosc
.
La
storia
non
è
stata
benevola
nei
confronti
del
movimento
d
'
ispirazione
cattolica
,
creato
da
Lech
Walesa
e
sostenuto
da
Papa
Karol
Wojtyla
,
che
nei
ruggenti
anni
Ottanta
affrontò
il
potere
comunista
a
Danzica
e
a
Varsavia
dando
la
prima
fatale
picconata
allo
sgretolamento
dell
'
impero
sovietico
in
Europa
.
L
'
elettrotecnico
Walesa
,
grande
agitatore
populista
,
colorito
oratore
di
piazza
,
audace
ispiratore
delle
masse
operaie
anticomuniste
,
doveva
rivelarsi
in
seguito
un
capo
di
stato
inadeguato
al
ruolo
e
alla
funzione
che
la
carica
richiedeva
:
il
declino
della
sua
immagine
fu
tale
da
fargli
ottenere
,
nelle
ultime
elezioni
presidenziali
,
l'1
per
cento
dei
voti
.
Il
deserto
in
cui
scompare
Solidarnosc
lo
si
percepisce
fisicamente
nella
crisi
senza
sbocco
in
cui
versano
i
cantieri
di
Danzica
,
che
vent
'
anni
orsono
costituirono
la
piattaforma
e
il
fulcro
dell
'
eroica
ribellione
walesiana
:
privatizzati
nel
1998
,
decimati
dai
licenziamenti
,
hanno
visto
scendere
il
numero
dei
dipendenti
a
3.800
rispetto
ai
18
mila
occupati
nel
1980
.
Danzica
,
già
fucina
di
rivolta
contro
la
non
economia
comunista
,
oggi
è
diventata
un
covo
di
protesta
contro
gli
eccessi
dell
'
economia
di
mercato
.
La
disoccupazione
,
che
impazza
in
diversi
settori
,
colpisce
ormai
il
16
per
cento
della
popolazione
attiva
,
3
milioni
di
persone
.
Offuscano
il
quadro
altre
cifre
poco
allegre
.
L
'
uscente
coalizione
tripartita
guidata
da
Jerzy
Buzek
,
di
cui
facevano
parte
anche
i
resti
di
Solidarnosc
,
lascia
un
buco
finanziario
di
molti
miliardi
di
dollari
,
con
un
tasso
di
crescita
caduto
al
2
per
cento
.
La
situazione
appare
tanto
più
fosca
se
si
pensa
che
la
Polonia
,
fino
a
ieri
la
prima
della
classe
in
campo
economico
nei
territori
ex
comunisti
dell
'
Est
,
aveva
raggiunto
fra
il
1997
e
il
2000
un
ritmo
di
crescita
annuo
oscillante
dal
7
al
5
per
cento
.
Se
aggiungiamo
al
tutto
gli
scandali
e
la
corruzione
,
che
non
hanno
risparmiato
neppure
alcuni
ministri
di
punta
del
dicastero
Buzek
,
avremo
la
spiegazione
del
maggiore
paradosso
che
oggi
emerge
dalla
Polonia
postwalesiana
.
Cioè
il
crescente
successo
elettorale
dei
grandi
nemici
d
'
una
volta
,
i
comunisti
tramutati
in
socialdemocratici
,
che
con
Alexander
Kwasniewski
hanno
già
conquistato
due
volte
di
seguito
la
presidenza
della
repubblica
e
che
ora
si
apprestano
a
occupare
il
governo
con
Leszek
Miller
.
Si
sa
che
lo
strano
fenomeno
non
è
soltanto
polacco
.
La
paradossale
endemia
che
vede
,
in
diversi
paesi
dell
'
Est
,
i
postcomunisti
indossare
vesti
capitaliste
e
sostituirsi
alle
fragili
e
inesperte
classi
dirigenti
della
prima
fase
democratica
,
è
dovuta
essenzialmente
al
fatto
che
dopo
mezzo
secolo
di
comunismo
non
è
facile
reinventare
di
punto
in
bianco
il
mercato
e
la
libertà
.
I
rischi
a
medio
termine
si
sono
rivelati
,
un
po
'
dovunque
,
più
estesi
e
insidiosi
dei
vantaggi
immediati
.
I
politici
e
i
tecnici
comunisti
,
che
sapevano
come
gestire
società
illiberali
,
hanno
poi
sovente
mostrato
di
saper
governare
,
meglio
dei
liberali
veri
o
improvvisati
,
i
travagli
della
transizione
riformista
da
un
sistema
all
'
altro
.
La
Polonia
non
sembra
fare
eccezione
alla
regola
.
Solo
che
nella
Polonia
cattolica
,
il
paese
di
Solidarnosc
benedetto
dal
Papa
,
l
'
ariete
nell
'
assalto
alle
fortezze
totalitarie
dell
'
Est
,
il
fenomeno
assume
connotati
di
contrasto
e
di
visibilità
maggiori
,
poniamo
,
che
in
Lituania
,
in
Ungheria
o
in
Romania
.
Ecco
perché
Leszek
Miller
,
leader
della
vincente
coalizione
di
sinistra
,
uomo
che
fino
all
'
ultimo
conservò
la
sua
poltrona
nel
politburo
del
defunto
partito
comunista
,
si
sforza
oggi
di
apparire
più
realista
del
re
:
più
capitalista
di
George
Bush
,
più
europeista
di
Romano
Prodi
,
più
atlantista
di
Tony
Blair
.
Egli
sa
bene
che
in
un
paese
emblematico
ed
esposto
come
la
Polonia
,
il
cui
sovrano
ombra
resta
pur
sempre
Karol
Wojtyla
,
un
postcomunista
per
essere
governativamente
credibile
e
commestibile
deve
essere
anzitutto
e
soltanto
«
post
»
;
l
'
altra
metà
del
neologismo
meglio
farla
dimenticare
al
più
presto
.
Non
a
caso
lo
slogan
d
'
urto
nella
campagna
elettorale
di
Miller
diceva
:
«
Torniamo
alla
normalità
,
lasciamo
vincere
il
futuro
!
»
.
Slogan
in
verità
piuttosto
contraddittorio
,
ma
quanto
mai
idoneo
a
catturare
il
voto
di
un
elettorato
altrettanto
contraddittorio
.
In
esso
si
esprimeva
il
duplice
desiderio
di
recuperare
una
sicurezza
sociale
perduta
e
di
tentare
una
modernizzazione
riformatrice
graduale
e
controllata
.
Finita
l
'
epopea
di
Solidarnosc
,
comincia
forse
da
adesso
la
fase
in
risalita
più
faticosa
della
terza
repubblica
polacca
.
StampaPeriodica ,
L
'
Italia
non
manderà
truppe
di
terra
nelle
zone
dove
opereranno
gli
americani
a
caccia
di
terroristi
.
Ma
questa
è
una
previsione
,
non
una
decisione
politica
.
Quando
Silvio
Berlusconi
dice
alla
Camera
:
«
Siamo
in
prima
linea
»
e
ripete
lunedì
a
Londra
:
«
Faremo
la
nostra
parte
»
,
vuol
significare
che
siamo
disponibili
a
qualunque
tipo
di
intervento
ci
fosse
richiesto
dalla
Nato
.
Ma
il
ministro
della
Difesa
Antonio
Martino
ancora
martedì
pomeriggio,18
settembre
,
durante
una
visita
in
Macedonia
,
era
furibondo
per
l
'
equivoco
determinato
da
una
sua
dichiarazione
di
due
giorni
prima
a
Domenica
in
.
Rispondendo
a
una
spettatrice
in
ansia
per
il
suo
fidanzato
che
partiva
militare
,
Martino
aveva
detto
di
escludere
l
'
invio
di
truppe
italiane
per
combattere
Osama
Bin
Laden
e
i
suoi
soci
.
In
un
lancio
d
'
agenzia
,
la
previsione
diventò
una
decisione
politica
dell
'
Italia
di
tirarsi
indietro
.
E
il
ministro
trascorse
la
serata
a
trasmettere
smentite
,
a
tranquillizzare
Berlusconi
,
molto
infastidito
,
e
gli
americani
,
infastiditi
e
allarmati
.
Premesso
dunque
che
manderemmo
anche
i
vigili
urbani
se
ce
li
chiedessero
,
l
'
andamento
tecnico
dei
preparativi
lascia
immaginare
che
truppe
di
terra
non
saranno
necessarie
.
Le
basi
aeree
italiane
sono
a
disposizione
degli
alleati
ed
è
verosimile
che
se
fosse
richiesta
una
nostra
presenza
,
essa
sarebbe
affidata
all
'
Aeronautica
.
Eppure
,
la
«
lunga
guerra
di
Bush
»
allo
stato
si
annuncia
molto
diversa
da
quella
del
'91
contro
Saddam
Hussein
.
Berlusconi
ha
detto
a
Londra
che
la
Nato
è
impegnata
a
«
individuare
e
punire
i
colpevoli
e
chi
li
ha
fiancheggiati
,
appoggiati
,
sostenuti
»
.
Ma
ce
ne
vorrà
prima
che
la
caccia
a
Bin
Laden
possa
trasformarsi
nel
conflitto
contro
uno
dei
tanti
«
paesi
canaglia
»
.
George
W
.
Bush
ha
fatto
sapere
agli
alleati
di
non
voler
mostrare
la
bandiera
in
una
«
azione
esemplare
»
,
come
è
capitato
talvolta
a
Bill
Clinton
.
La
sua
ambizione
è
assai
più
alta
:
vuole
sradicare
il
terrorismo
e
non
accetta
che
alcuno
possa
tagliargli
la
strada
.
«
Farà
una
serie
di
operazioni
chirurgiche
»
ci
è
stato
detto
martedì
pomeriggio
al
piano
nobile
di
Palazzo
Chigi
.
«
Ma
è
chiaro
che
se
qualcuno
disturberà
il
chirurgo
,
dovrà
fare
i
conti
con
l
'
intero
ospedale
»
.
I
tre
soli
paesi
al
mondo
che
riconoscono
il
regime
dei
talebani
(
Arabia
Saudita
,
Emirati
e
Pakistan
)
si
sono
messi
a
disposizione
di
Bush
.
Muammar
Gheddafi
manda
messaggi
riservatissimi
al
suo
collega
americano
,
via
Roma
,
per
chiarire
che
lui
vuole
restare
fuori
dalla
faccenda
.
Saddam
Hussein
ha
bisogno
probabilmente
dei
tranquillanti
per
dormire
.
Lo
stesso
Yasser
Arafat
,
dopo
aver
donato
il
sangue
per
i
feriti
delle
Twin
Towers
,
il
18
settembre
ha
assicurato
il
suo
sostegno
agli
americani
.
Questo
lascia
intendere
quanto
terrore
si
sia
diffuso
nel
mondo
arabo
,
quanto
sia
ragionevole
la
posizione
congiunta
di
Tony
Blair
e
di
Berlusconi
di
non
fare
vittime
civili
per
rispondere
a
chi
ne
ha
provocate
tante
e
di
coinvolgere
nella
condanna
e
nell
'
azione
di
pulizia
il
maggior
numero
di
paesi
arabi
.
Dietro
le
pieghe
ancora
confuse
dell
'
emergenza
,
c
'
è
tuttavia
da
osservare
che
a
soli
quattro
mesi
dal
13
maggio
le
elezioni
politiche
sembrano
lontanissime
.
Prima
gli
incidenti
di
Genova
,
poi
le
bombe
d
'
agosto
,
oggi
la
tragedia
americana
hanno
prodotto
in
Berlusconi
un
forte
mutamento
psicologico.Egli
è
chiamato
a
rispettare
il
«
contratto
con
gli
italiani
»
sottoscritto
a
Porta
a
porta
l'8
maggio
e
lo
sa
bene
.
Sarà
giudicato
sugli
aumenti
alle
pensioni
minime
e
sulla
riforma
del
sistema
previdenziale
,
sulla
rivoluzione
scolastica
e
quella
sanitaria
,
sui
benefici
fiscali
e
sulle
grandi
opere
pubbliche
.
Ma
gli
ultimi
avvenimenti
lo
hanno
proiettato
su
una
dimensione
imprevista
e
possono
rappresentare
per
lui
un
rischio
,
ma
soprattutto
una
grande
occasione
.
A
quanto
riferiscono
i
testimoni
,
se
a
Londra
il
17
settembre
fosse
andato
Francesco
Rutelli
,
sarebbe
stato
difficile
immaginare
una
maggiore
cordialità
e
un
'
intesa
politica
più
solida
,
fino
alla
conferenza
stampa
congiunta
proposta
da
Blair
e
del
tutto
inconsueta
per
Downing
street
.
L
'
asse
con
Bush
era
nato
in
tempi
non
sospetti
e
poiché
in
questo
momento
Stati
Uniti
e
Gran
Bretagna
(
come
in
tutte
le
occasioni
di
grave
crisi
internazionale
)
sono
i
locomotori
della
Nato
(
e
non
solo
)
,
l
'
Italia
si
trova
al
tavolo
di
una
partita
più
importante
del
solito
.
Saprà
giocarla
Berlusconi
?
L
'
opposizione
teme
di
sì
.
Se
si
leggono
in
controluce
le
alzate
di
spalle
su
questa
o
quella
dichiarazione
del
Cavaliere
o
di
altri
membri
del
governo
,
nel
centrosinistra
si
teme
che
Berlusconi
riesca
a
interpretare
sentimenti
davvero
molto
diffusi
nella
opinione
pubblica
italiana
e
trasversali
agli
schieramenti
politici
.
Decisione
nel
punire
i
terroristi
senza
fare
vittime
innocenti
.
Fermezza
contro
Bin
Laden
e
chiunque
lo
aiuti
.
Mano
tesa
ai
paesi
arabi
di
buona
volontà
.
Difesa
della
nostra
identità
culturale
ed
etica
senza
criminalizzare
religioni
e
civiltà
diverse
.
Sono
pochissimi
quelli
che
se
la
sentono
di
prendere
le
distanze
da
posizioni
come
queste
.
Massimo
D
'
Alema
gestì
bene
la
crisi
del
Kosovo
,
ma
ebbe
bisogno
dei
voti
del
centrodestra
per
l
'
impegno
militare
.
Berlusconi
non
ha
bisogno
di
nessuno
.
Se
apre
all
'
opposizione
,
lo
fa
per
acquisire
punti
di
autorevolezza
,
come
Alcide
De
Gasperi
che
cercava
sostegni
anche
quando
aveva
il
50
per
cento
di
share
.
Se
Berlusconi
saprà
giocare
,
se
la
sua
«
Finanziaria
eccezionale
»
sarà
rassicurante
negli
investimenti
militari
e
nella
costruzione
di
una
nuova
intelligence
che
l
'
Italia
non
ha
mai
avuto
,
senza
stravolgere
alcuna
voce
del
bilancio
sociale
,
l
'
opposizione
potrebbe
trovarsi
davvero
a
mal
partito
.
StampaPeriodica ,
Che
fosse
una
grottesca
telenovela
spionistica
,
quella
che
ha
visto
lo
pseudoimprenditore
italiano
Angelo
Antonio
Piu
e
la
sua
compagna
bielorussa
Irina
Ussak
,
rispettivamente
condannati
a
quattro
anni
di
carcere
ciascuno
,
lo
si
è
capito
perfino
dalle
parole
pronunciate
dopo
la
sentenza
dagli
esponenti
del
durissimo
Kgb
di
Minsk
:
«
Non
aveva
una
grande
esperienza
,
era
impreparato
,
non
parlava
neppure
la
nostra
lingua
.
Come
si
fa
a
mandare
in
Bielorussia
una
spia
del
genere
?
»
.
Ma
la
vera
domanda
è
un
'
altra
.
Come
si
fa
a
incriminare
per
spionaggio
uno
straniero
che
non
sa
fare
la
spia
,
accusando
la
sua
amica
bielorussa
di
«
alto
tradimento
»
,
per
poi
comminare
ai
colpevoli
una
pena
assai
blanda
in
un
paese
dove
simili
delitti
vengono
spesso
e
facilmente
puniti
con
la
condanna
a
morte
?
Come
si
fa
a
trasformare
una
cronaca
di
poveri
amanti
in
un
grave
complotto
contro
lo
stato
?
La
risposta
a
tale
miserevole
faccenda
,
di
per
sé
irrilevante
e
quasi
comica
,
in
senso
lato
la
possiamo
trovare
nel
clima
tutt
'
altro
che
comico
che
da
anni
grava
su
questa
che
è
la
meno
ex
e
la
più
sovietica
delle
ex
repubbliche
sovietiche
.
In
senso
più
stretto
troviamo
un
'
ulteriore
risposta
nella
torbida
atmosfera
che
ha
preceduto
e
accompagnato
lo
svolgimento
delle
recenti
elezioni
che
il
9
settembre
hanno
riconfermato
alla
presidenza
del
paese
,
per
altri
sette
anni
,
il
dittatore
bielorusso
Aleksander
Lukassenko
.
Una
vittoria
-
truffa
annunciata
con
intimidazioni
e
brogli
denunciati
dagli
osservatori
dell
'
Osce
(
Organizzazione
per
la
sicurezza
e
la
cooperazione
in
Europa
)
.
Il
prevedibilissimo
risultato
ha
assegnato
a
Lukassenko
il
75,6
per
cento
dei
suffragi
contro
il
15,3
rosicchiato
a
fatica
dal
sindacalista
Vladimir
Goncharik
,
principale
candidato
dell
'
opposizione
.
Non
a
caso
,
la
farsa
processuale
contro
lo
sventurato
italiano
Piu
e
la
sua
amica
ha
avuto
inizio
due
giorni
prima
delle
elezioni
presidenziali
,
stravinte
dal
dittatore
nazistalinista
in
un
clima
di
paranoia
antioccidentale
e
caccia
alle
streghe
.
Il
che
la
dice
assai
lunga
sui
metodi
e
i
soprusi
in
uso
nell
'
infelice
«
ex
»
repubblica
sovietica
.
Lukassenko
,
47
anni
,
un
tempo
amministratore
d
'
una
fattoria
collettiva
di
polli
,
atleta
dilettante
,
portamento
marziale
accentuato
da
un
paio
di
baffi
alla
cosacca
,
gestisce
ormai
da
tempo
come
un
misero
pollame
colcosiano
i
suoi
11
milioni
di
sudditi
(
reddito
mensile
77
dollari
)
.
Nei
modi
primitivi
,
nelle
idee
bellicose
,
nei
metodi
brutali
e
truffaldini
è
una
specie
di
microcaricatura
bielorussa
di
Stalin
,
Hitler
e
Milossevic
.
Sponsorizzata
e
blandita
dalla
madre
Russia
vicina
,
tollerata
non
si
sa
bene
perché
dall
'
Europa
,
pressoché
ignorata
dagli
Stati
Uniti
,
l
'
anacronistica
dittatura
lukasenkiana
è
riuscita
a
instaurare
al
centro
del
continente
un
misto
di
vecchia
Urss
e
di
vecchissimo
principato
tartaro
.
La
sigla
della
ex
polizia
politica
sovietica
,
Kgb
,
è
rimasta
immutata
a
Minsk
:
i
proconsoli
di
Mosca
occupano
posti
di
massima
responsabilità
nel
governo
illiberale
,
nell
'
economia
statizzata
,
nelle
istituzioni
inquinate
dalla
corruttela
.
In
realtà
la
Bielorussia
,
dove
il
popolo
è
costretto
a
parlare
il
russo
nelle
scuole
e
negli
uffici
,
non
è
che
una
colonia
povera
della
Russia
in
cui
Lukassenko
ricopre
il
ruolo
di
un
prefetto
di
polizia
agli
ordini
dei
viceré
di
Putin
.
Le
demoralizzate
opposizioni
democratiche
,
minoritarie
e
perseguitate
,
vorrebbero
riacquistare
l
'
indipendenza
vera
di
cui
la
repubblica
fruì
per
pochi
anni
dopo
il
crollo
del
comunismo
.
Mentre
molti
sudditi
comuni
,
forse
la
maggioranza
,
desidererebbero
farla
finita
con
la
finzione
di
un
'
indipendenza
artificiale
e
venire
assorbiti
formalmente
dalla
grande
e
più
ricca
e
più
debolscevizzata
Federazione
russa
.
Mosca
,
però
,
non
vuole
concedere
a
Minsk
né
la
sovranità
piena
né
il
pieno
incorporamento
alla
Federazione
.
Vladimir
Putin
preferisce
mantenere
la
Bielorussia
a
bagnomaria
come
un
feudo
semi
indipendente
situato
coi
suoi
traffici
illeciti
,
i
suoi
radar
e
le
sue
installazioni
missilistiche
a
mezza
via
fra
Est
e
Ovest
,
a
ridosso
della
Nato
e
dell
'
Unione
Europea
in
procinto
di
allargarsi.Ma
dopo
l
'
attacco
terroristico
contro
l
'
America
,
molte
cose
stanno
cambiando
anche
in
Russia
.
Se
Putin
vorrà
davvero
avvicinarsi
all
'
Occidente
,
per
costituire
una
diga
comune
contro
il
diluvio
islamico
,
potrà
continuare
a
mantenere
il
lazzaretto
bielorusso
come
un
cuneo
di
divisione
e
d
'
infezione
nel
cuore
del
continente
europeo
?
StampaPeriodica ,
Il
quadro
economico
è
cambiato
radicalmente
rispetto
al
10
settembre
.
Abbiamo
preparato
una
Legge
finanziaria
straordinaria
perché
è
straordinario
il
momento
.
Abbiamo
stanziato
alcune
migliaia
di
miliardi
per
potenziare
la
sicurezza
interna
e
i
servizi
di
intelligence
.
Eppure
,
siamo
riusciti
a
tener
fede
agli
impegni
di
migliorare
la
qualità
della
vita
dei
pensionati
e
delle
famiglie
»
.
Alla
vigilia
della
presentazione
della
prima
Finanziaria
del
governo
Berlusconi
,
Gianfranco
Fini
non
crede
che
la
recessione
economica
possa
compromettere
a
lungo
l
'
economia
italiana
.
«
Per
tranquillizzare
i
mercati
,
è
indispensabile
che
tutti
i
focolai
di
terrorismo
vengano
individuati
e
sradicati
.
Tutti
sanno
che
i
prossimi
mesi
non
saranno
agevoli
.
Ma
è
ragionevole
pensare
che
dalla
primavera
del
2002
possa
ripartire
la
ripresa
economica
internazionale
.
L
'
Italia
sarà
certamente
in
grado
di
cogliere
questa
occasione
»
.
Quanti
provvedimenti
economici
avete
dovuto
rinviare
dopo
gli
attentati
di
New
York
?
Ragioniamo
con
la
logica
di
un
governo
che
ha
cinque
anni
davanti
a
sé
e
che
si
è
trovato
con
un
deficit
imprevisto
grazie
anche
alla
politica
del
centrosinistra
.
Abbiamo
dovuto
graduare
nel
tempo
alcuni
interventi
anche
se
nel
pacchetto
dei
100
giorni
abbiamo
potuto
adottare
misure
come
la
Tremonti
bis
e
la
legge
obiettivo
per
le
opere
pubbliche
finalizzate
ad
aiutare
l
'
economia
e
a
far
ripartire
la
produzione
»
.
Quanto
dovremo
aspettare
per
gli
sgravi
fiscali
che
avete
promesso
in
campagna
elettorale
?
Tutta
la
riforma
del
sistema
fiscale
sarà
oggetto
di
delega
a
margine
della
Finanziaria
e
sarà
messa
a
punto
nell
'
arco
del
2002
.
Alla
base
di
tutto
questo
ci
sono
gli
attentati
di
New
York
.
Il
presidente
egiziano
ha
confermato
l
'
intenzione
dei
terroristi
di
colpire
il
vertice
di
Genova
.
Avevate
avuto
segnalazioni
precise
?
Mubarak
ha
confermato
che
i
servizi
segreti
italiani
avevano
segnalato
,
anche
su
informazioni
di
altri
colleghi
,
che
gli
estremisti
islamici
avrebbero
cercato
di
colpire
Bush
in
aria
.
Il
governo
decise
di
chiudere
lo
spazio
aereo
di
Genova
tirandosi
addosso
una
nuvola
di
polemiche
.
Alla
luce
di
quanto
è
successo
l'11
settembre
quelle
polemiche
si
dimostrano
tragicamente
infondate
e
chi
ci
accusò
di
voler
limitare
la
libertà
di
movimento
dei
cittadini
dovrebbe
riflettere
.
Va
rivisto
anche
il
giudizio
negativo
che
molti
hanno
dato
sull
'
opera
di
prevenzione
dei
nostri
servizi
?
Il
governo
non
lasciò
nulla
al
caso
.
Intervenne
su
indicazioni
precise
e
questo
deve
indurre
tutti
a
essere
meno
superficiali
nella
valutazione
della
supposta
incapacità
dei
nostri
servizi
come
elemento
utile
a
garantire
la
sicurezza
.
Avete
elementi
concreti
per
considerare
l
'
Italia
come
un
obiettivo
dei
terroristi
?
Anche
per
la
sua
posizione
geografica
,
l
'
Italia
è
certamente
uno
degli
obiettivi
di
questa
follia
criminale
.
Ma
la
vigilanza
è
molto
alta
e
l
'
arresto
di
lunedì
scorso
dei
cinque
giovani
afghani
dimostra
che
funziona
.
Però
la
gente
è
inquieta
,
molti
hanno
paura
.
Io
credo
che
abbia
ragione
il
ministro
dell
'
Interno
quando
definisce
del
tutto
fuori
luogo
un
allarmismo
generico
e
immotivato
.
Per
questo
mi
auguro
maggiore
consapevolezza
da
parte
di
chi
ha
il
compito
delicatissimo
di
informare
l
'
opinione
pubblica
.
Si
riferisce
alle
notizie
sull
'
eventuale
uso
da
parte
degli
americani
della
bomba
atomica
?
Appunto
.
Non
c
'
è
alcuna
ipotesi
realistica
in
proposito
.
Qualcuno
dice
che
gli
Stati
Uniti
non
ci
tengono
in
gran
conto
.
Non
è
vero
.
I
rapporti
personali
tra
Bush
e
Berlusconi
sono
un
ulteriore
elemento
di
garanzia
circa
la
lealtà
dell
'
Italia
e
la
sua
capacità
a
tener
fede
agli
impegni
.
Senza
le
doppiezze
e
i
bizantinismi
che
purtroppo
hanno
caratterizzato
la
politica
italiana
in
passato
,
determinando
un
giudizio
complessivo
di
scarsa
serietà
e
affidabilità
.
Debbo
riconoscere
che
,
a
parte
rarissime
eccezioni
,
il
comportamento
responsabile
dell
'
opposizione
concorre
a
garantire
la
piena
tenuta
del
nostro
Paese
.
Il
nostro
sostegno
militare
agli
americani
sarà
virtuale
?
Voglio
dire
:
non
ci
saranno
chiesti
uomini
e
mezzi
?
Noi
faremo
tutto
quello
che
sarà
deciso
in
sede
Nato
.
Se
gli
inglesi
sono
già
operativi
è
perché
il
loro
rapporto
con
gli
Stati
Uniti
è
da
sempre
strettissimo
e
il
loro
potenziale
di
intervento
militare
è
assai
più
elevato
del
nostro
.
Ma
sarebbe
sbagliato
misurare
l
'
affidabilità
dell
'
Italia
sulla
base
del
numero
di
mezzi
che
ci
sarà
richiesto
.
Questo
regolamento
di
conti
con
il
terrorismo
internazionale
non
potrà
limitarsi
solo
ad
aspetti
militari
.
Appunto
.
È
significativo
constatare
che
sulla
legittimità
della
risposta
militare
concordano
tutti
.
Ed
è
estremamente
importante
quel
che
ha
detto
la
gerarchia
cattolica
.
Ma
la
lotta
al
terrorismo
dovrà
servirsi
necessariamente
anche
di
altri
strumenti
come
l
'
individuazione
dei
santuari
finanziari
e
l
'
adozione
di
alcune
misure
di
embargo
.
Anche
qui
l
'
Italia
è
chiamata
a
fare
la
sua
parte
.
StampaPeriodica ,
La
bomba
lanciata
a
Belfast
contro
un
corteo
di
bambine
cattoliche
che
,
nei
giorni
di
riapertura
dell
'
anno
scolastico
,
si
recavano
alla
Holy
Cross
Primary
School
situata
nell
'
infuocato
quartiere
di
Ardoyne
,
è
stata
un
'
imboscata
protestante
certamente
inaudita
quanto
orrenda
.
Mai
,
nella
guerra
civile
che
da
trent
'
anni
continua
a
insanguinare
l
'
Irlanda
del
Nord
,
era
accaduto
che
fanciulli
innocenti
venissero
presi
a
bersaglio
dai
bombaroli
dell
'
una
o
dell
'
altra
fazione
.
Le
analogie
che
vengono
a
mente
esulano
dai
confini
dell
'
Europa
occidentale
:
Little
Rock
,
Bosnia
,
Kosovo
,
Algeria
,
Nigeria
,
Sudan
,
Indonesia
.
Però
,
in
questi
giorni
cruciali
,
il
paragone
che
forse
colpisce
più
l
'
occhio
e
l
'
immaginazione
è
quello
fra
l
'
Irlanda
del
Nord
e
la
Palestina
.
Non
v
'
è
dubbio
che
il
lancio
della
granata
contro
lo
scolaresche
cattoliche
dell
'
Ulster
sia
stato
,
di
per
sé
,
un
gesto
assolutamente
indegno
di
una
società
civile
europea
.
Ma
in
un
certo
senso
ancora
più
inquietante
,
più
emblematica
,
perché
volutamente
intonata
al
clima
d
'
intolleranza
confessionale
generalizzata
che
va
espandendosi
nel
mondo
,
è
stata
la
fitta
sassaiola
che
,
prima
della
bomba
,
i
protestanti
avevano
fatto
piovere
sulle
giovani
alunne
della
Holy
Cross
School.Tale
prima
eccezionale
intifada
anticattolica
non
è
stata
che
un
'
intenzionale
citazione
della
seconda
intifada
mediorientale
:
quella
rilanciata
dai
palestinesi
contro
gli
ebrei
per
motivi
religiosi
un
anno
fa
,
quando
Ariel
Sharon
,
non
ancora
primo
ministro
,
decise
di
compiere
una
passeggiata
attraverso
la
Spianata
delle
Moschee
di
Gerusalemme
.
Da
quel
momento
,
attizzata
da
un
evidente
atto
di
provocazione
religiosa
,
la
lotta
per
la
liberazione
della
Palestina
perdeva
i
suoi
connotati
tradizionalmente
laici
e
assumeva
,
anch
'
essa
,
caratteristiche
religiose
e
fondamentaliste
sempre
più
accentuate
e
indiscriminate
.
Scendevano
in
campo
,
scavalcando
l
'
indebolita
Autorità
palestinese
di
Yasser
Arafat
,
i
fanatici
della
guerra
santa
,
della
Jihad
islamista
,
i
kamikaze
di
Hamas
e
i
guerriglieri
dell
'
Hezbollah
libanese
.
Dai
sassi
si
passava
alle
bombe
,
alle
autobombe
,
agli
uomini
bomba
che
s
'
immolano
nelle
discoteche
,
nelle
pizzerie
e
nei
centri
israeliani
con
la
certezza
di
rinascere
seduta
stante
nei
paradisi
di
Allah
.
Ciò
che
più
impressiona
di
questa
nuova
epidemia
terroristica
è
la
sua
omologazione
nelle
tecniche
e
nei
gesti
simbolici
,
i
sassi
nell
'
Ulster
come
in
Cisgiordania
,
omologazione
pericolosa
che
sembra
scavalcare
i
confini
tra
mondi
culturalmente
diversi
:
non
a
caso
uno
studioso
della
London
school
of
economics
ha
potuto
azzardare
lo
slogan
«
Irlanda
del
Nord
fotocopia
della
Palestina
»
.
Da
un
altro
lato
impressiona
la
virulenza
con
cui
l
'
odio
religioso
,
dilagando
sempre
più
in
primo
piano
,
sembra
prevalere
e
diventare
un
po
'
dovunque
la
fase
suprema
dell
'
astio
etnico
,
il
quale
spesso
poggia
su
basi
surrettizie
o
immaginarie
.
Si
ricorda
distrattamente
che
arabi
ed
ebrei
sono
semiti
,
ma
si
sottolinea
con
più
forza
che
gli
uni
sono
musulmani
e
gli
altri
giudei
.
Si
guardano
le
drammatiche
immagini
di
Belfast
e
si
vedono
bimbe
cattoliche
terrorizzate
che
hanno
gli
stessi
capelli
biondi
o
rossi
delle
bimbe
protestanti
:
più
del
cromosoma
le
distingue
il
marchio
della
religione
.
C
'
è
infine
l
'
aspetto
,
non
meno
preoccupante
,
dell
'
integralismo
religioso
globalizzato
.
Più
le
differenze
confessionali
si
fanno
ampie
e
globali
,
contrapponendo
per
esempio
nel
suo
insieme
l
'
intero
mondo
islamico
a
quello
cristiano
e
giudaico
,
tanto
più
l
'
intolleranza
politicizzata
di
una
parte
tende
a
prevalere
senza
reciprocità
sulla
tolleranza
legale
e
morale
dell
'
altra
.
L
'
Europa
difatti
tollera
l
'
invasione
delle
sue
coste
meridionali
da
parte
di
nomadi
masse
islamiche
,
lascia
che
Parigi
e
Milano
diventino
centri
islamici
mondiali
;
ma
cosa
avverrebbe
se
folle
di
europei
senza
lavoro
invadessero
le
coste
libiche
o
algerine
,
o
se
tentassimo
di
erigere
una
basilica
cristiana
nei
deserti
dell
'
Arabia
Saudita
?
Perfino
alla
conferenza
delle
Nazioni
Unite
di
Durban
abbiamo
visto
trionfare
l
'
intollerante
fondamentalismo
terzomondista
,
fomentato
da
stati
teocratici
che
,
con
l
'
appoggio
di
governi
dispotici
come
quello
castrista
,
sono
riusciti
a
imporre
l
'
equazione
ingiuriosa
del
sionismo
parificato
al
razzismo
.
Le
delegazioni
americana
,
canadese
,
australiana
e
israeliana
hanno
abbandonato
la
conferenza
.
Le
delegazioni
europee
sono
rimaste
.
La
cultura
della
resa
e
del
rimorso
ha
paralizzato
una
volta
di
più
gli
europei
che
,
pur
lapidandosi
a
Belfast
,
rinunciano
poi
a
difendersi
concordi
dall
'
aggressore
esterno
.