StampaQuotidiana ,
Non
è
dei
poveri
né
per
i
poveri
la
dirigenza
della
Jihad
,
è
agita
da
potentati
politici
e
finanziari
che
degli
States
conoscono
il
funzionamento
.
Si
è
sbagliato
chi
di
noi
ha
pensato
che
l
'
unificazione
capitalistica
facesse
degli
Usa
un
impero
(...)
Mi
si
dirà
antiamericana
?
Sono
antimperialista
,
altra
parola
che
mi
sembra
bollata
di
ostracismo
.
O
siete
con
me
o
siete
con
bin
Laden
,
grida
Bush
,
mentre
si
appresta
a
punire
l
'
Afghanistan
,
talebani
,
non
talebani
e
popolo
inclusi
.
Conosco
il
ricatto
.
Non
ci
sto
.
Non
mi
schiero
con
Bush
e
lascio
agli
stolti
di
dedurne
che
sono
con
bin
Laden
.
Vorrei
ragionare
su
quel
che
è
successo
,
su
quel
che
può
succedere
e
sul
che
fare
.
L'11
settembre
non
è
stata
una
guerra
.
Le
guerre
impegnano
le
nazioni
.
E
'
stato
un
atto
terroristico
e
ne
possiede
tutti
i
lineamenti
:
la
priorità
del
simbolo
,
il
colpire
inatteso
,
la
segretezza
della
mano
,
l
'
intreccio
omicidio
suicidio
,
destinati
a
moltiplicare
il
panico
.
Il
terrore
ha
per
primo
fine
il
terrore
.
Non
tutti
i
molti
attentati
della
storia
sono
terroristici
,
ma
questo
sì
:
chi
lo
ha
compiuto
conosceva
il
bersaglio
,
le
debolezze
del
suo
dominio
dal
cielo
,
la
sicura
amplificazione
dei
media
.
Grazie
ai
quali
le
due
Torri
sono
crollate
non
una
ma
diecimila
volte
sugli
schermi
,
aiutando
a
gridare
:
è
una
guerra
e
chiamando
alla
guerra
.
Gli
attentatori
lo
avevano
certamente
messo
nel
conto
.
Non
è
stata
l
'
apocalisse
.
Non
nell
'
accezione
ingenua
della
devastazione
enorme
:
altre
più
massicce
devastazioni
si
sono
seguite
negli
ultimi
dieci
anni
.
Ma
non
abbiamo
definito
apocalisse
quella
dei
centocinquantamila
sgozzati
in
Algeria
,
dei
sei
settecentomila
Tutsi
uccisi
dagli
Hutu
,
dei
trecentomila
ammazzati
nell
'
Iraq
dall
'
operazione
"
Tempesta
nel
deserto
"
e
il
mezzo
milione
di
bambini
che
muoiono
,
si
dice
,
per
l
'
embargo
dei
medicamenti
.
Tanto
meno
i
trentacinquemila
morti
in
Turchia
e
i
settantamila
in
India
,
in
questo
stesso
2001
,
anche
se
la
speculazione
non
è
estranea
a
quelle
catastrofi
.
Dunque
alcune
stragi
pesano
come
montagne
,
altre
come
piume
?
Se
non
è
corretto
valutare
un
evento
soltanto
dal
numero
delle
vittime
non
è
neanche
lecito
valutarlo
soltanto
dal
vulnus
portato
all
'
idea
di
sé
che
ne
ha
chi
ne
è
ferito
,
in
questo
caso
gli
Stati
uniti
.
Ancora
più
torbido
il
richiamo
colto
all
'
Apocalisse
:
scontro
finale
fra
la
Bestia
e
l
'
Agnello
.
Il
Bene
siamo
noi
la
Bestia
sono
loro
.
Così
ha
detto
Bush
e
ha
aggiunto
"
Dio
è
con
noi
"
.
Non
è
stato
l
'
assalto
dell
'
Islam
alla
cristianità
,
come
sulle
prime
si
è
detto
(
antinomia
veneranda
,
ricorda
Bocca
)
.
Poi
ci
si
è
ritratti
con
imbarazzo
:
non
è
l
'
Islam
ma
il
fondamentalismo
islamico
che
colpisce
l
'
occidente
cristiano
.
Ma
l
'
Islam
è
un
oceano
e
dimostrare
che
ha
i
suoi
fondamentalismi
è
facile
quanto
dimostrare
quelli
del
cristianesimo
e
dell
'
ebraismo
.
E
tuttavia
Ariel
Sharon
non
è
"
gli
ebrei
"
,
Pio
XII
non
è
stato
"
i
cattolici
"
e
neppure
lo
stolto
Bush
è
"
gli
americani
"
,
anche
se
di
queste
aree
sono
o
sono
stati
i
leader
designati
.
Cattiva
polemica
,
confusione
.
In
verità
nulla
fa
pensare
che
quello
alle
due
Torri
sia
un
attacco
al
cristianesimo
,
dubito
che
sia
un
attacco
alla
democrazia
,
certo
non
lo
è
al
mondo
delle
merci
e
dei
commerci
contro
il
quale
nessuno
nell
'
Islam
,
neanche
i
talebani
,
ha
nulla
.
Chi
ha
colpito
ha
voluto
colpire
l
'
arroganza
degli
Stati
uniti
nel
Medioriente
e
metterne
in
difficoltà
gli
stati
arabi
alleati
.
Non
è
stata
una
vendetta
dei
poveri
.
L
'
Islam
non
parla
di
questione
sociale
,
ma
senza
questo
i
poveri
non
sono
in
grado
di
compiere
che
una
jacquerie
.
L
'
attacco
alle
due
Torri
è
tutto
fuorché
una
jacquerie
.
Non
è
dei
poveri
né
per
i
poveri
la
dirigenza
della
Jihad
,
che
traversa
tutto
l
'
Islam
senza
avere
(
ancora
)
uno
stato
proprio
e
gioca
anche
sulla
disperazione
,
ignoranza
ed
oppressione
delle
masse
il
cui
consenso
è
necessario
alle
dittature
arabe
,
costringendo
queste
ultime
a
tirare
il
sasso
e
nascondere
la
mano
.
La
Jihad
è
agita
da
potentati
politici
e
finanziari
che
degli
States
conoscono
il
funzionamento
e
i
mezzi
e
in
questo
senso
Osama
bin
Laden
,
saudita
,
già
agente
della
Cia
,
è
un
modello
.
Viene
da
una
famiglia
che
dal
1940
è
il
più
forte
gruppo
di
costruzione
e
trasporti
dell
'
Arabia
saudita
,
ma
partecipa
a
holding
dell
'
elettricità
(
a
Rihad
e
a
La
Mecca
,
a
Cipro
e
in
Canada
)
,
nei
petroli
,
nell
'
elettronica
,
nell
'
import
-
export
,
nelle
telecomunicazioni
(
Nortel
e
Motorola
)
e
nei
satelliti
(
Iridium
)
.
Famiglia
e
Arabia
saudita
hanno
liquidato
Osama
con
due
miliardi
di
dollari
che
egli
gestisce
sulle
borse
e
nella
miriade
di
società
off
shore
dei
suoi
.
E
alimenta
le
ong
islamiche
Relief
e
Blessed
Relief
.
Questi
sono
"
loro
"
,
la
Bestia
contro
la
quale
ci
leviamo
,
noi
,
il
Bene
.
Sono
quelli
che
gli
Stati
uniti
hanno
creduto
di
utilizzare
in
Afghanistan
e
nel
Medioriente
e
oggi
gli
si
rivoltano
contro
.
E
'
una
lotta
per
il
dominio
in
quello
scacchiere
.
Non
è
fra
i
guai
minori
di
Bush
che
i
saudiani
siano
i
maggiori
finanziatori
della
Jihad
ma
l
'
Arabia
saudita
il
paese
più
intrinsecamente
legato
agli
interessi
americani
.
La
vera
domanda
è
perché
ora
?
Fino
a
dieci
anni
fa
la
Jihad
non
era
così
forte
e
fino
a
dieci
giorni
fa
agiva
solo
all
'
interno
dell
'
Islam
,
ala
ortodossa
contro
le
"
deviazioni
"
,
l
'
Algeria
è
il
più
sanguinoso
esempio
.
Finché
non
ne
è
stato
toccato
,
l
'
occidente
non
se
ne
è
curato
affatto
,
privilegiando
i
rapporti
d
'
affari
,
massacratori
o
fondamentalisti
che
fossero
i
detentori
di
gas
per
l
'
Europa
,
di
armi
contro
l
'
Unione
sovietica
o
gli
alimentatori
di
un
contenzioso
pakistano
contro
l
'
India
.
Non
se
ne
è
curato
quando
sotto
gli
occhi
di
tutti
sono
affluiti
,
negli
ultimi
anni
,
ad
addestrarsi
nell
'
Afghanistan
,
i
fondamentalisti
di
ogni
provenienza
.
E
invece
si
doveva
vedere
come
la
Jihad
assumesse
grandi
dimensioni
da
quando
il
Medioriente
ha
smesso
di
essere
assieme
paralizzato
e
coperto
dal
deterrente
delle
due
superpotenze
e
una
sola
di
essa
è
rimasta
in
campo
,
gli
Stati
uniti
.
I
quali
sono
diventati
parte
in
causa
,
sollecitatori
e
finanziatori
di
tutti
i
conflitti
del
settore
,
per
i
loro
immediati
interessi
o
per
inintelligenza
dei
processi
.
Neanche
l
'
acuto
Noam
Chomski
si
ricorda
che
prima
del
1989
una
guerra
nel
Golfo
sarebbe
stata
impensabile
.
E
che
chi
negli
emirati
vi
ha
chiamato
gli
States
,
da
tempo
non
apprezza
che
essi
così
pesantemente
vi
restino
.
Non
apprezza
,
il
mondo
arabo
,
che
gli
Usa
esigano
il
rispetto
delle
risoluzioni
dell
'
Onu
dall
'
Iraq
ma
non
lo
esigano
(
e
non
occorrerebbe
una
guerra
)
da
Israele
.
La
Jihad
insomma
è
cresciuta
nel
venire
affine
di
qualsiasi
visione
laica
di
riscatto
di
quelle
popolazioni
con
la
caduta
dell
'
Urss
e
col
blocco
assieme
contingente
e
leonino
fra
dirigenze
arabe
e
Pentagono
.
Nazionalismo
,
fondamentalismo
,
concretissimi
interessi
di
alcuni
e
disperazioni
di
molti
hanno
fatto
della
Jihad
la
miscela
esplosiva
che
oggi
è
.
Azioni
e
reazioni
degli
Stati
uniti
le
hanno
facilitato
il
terreno
di
coltura
,
come
lo
accrescerà
la
dissennata
reazione
di
Bush
che
farà
a
pezzi
in
Afghanistan
molti
,
non
bin
Laden
,
e
però
non
oserà
invaderlo
:
i
russi
gli
hanno
spiegato
che
non
ce
la
farebbe
.
Ma
bombarderà
a
destra
e
a
sinistra
Kabul
e
forse
,
secondo
le
abitudini
,
Baghdad
.
Si
è
sbagliato
chi
di
noi
ha
pensato
che
l
'
unificazione
capitalistica
facesse
degli
Usa
un
impero
,
sia
pur
meno
colto
di
quello
che
già
non
piaceva
a
Tacito
,
ma
che
sarebbe
stato
oggettivamente
assimilatore
e
mediatore
.
Gli
Usa
non
sono
questo
.
Si
muovono
in
modo
ancora
più
arrogante
di
Francia
e
Inghilterra
,
che
avevano
spartito
con
l
'
ascia
la
regione
,
e
per
di
più
in
tempi
che
offrono
a
chi
si
sente
umiliato
e
offeso
i
mezzi
e
i
saperi
per
destabilizzare
chi
lo
umilia
o
lo
offende
.
Nulla
è
stato
più
stupido
che
allevare
il
terrorismo
e
pensare
di
servirsene
.
Esso
è
imprendibile
e
lo
resterà
finché
non
avrà
perduto
il
consenso
sul
suo
proprio
terreno
.
Ma
non
lo
perderà
di
certo
mentre
Bush
bombarda
l
'
Afghanistan
.
Anzi
con
questa
azione
gli
Stati
uniti
perderanno
anche
il
sostegno
degli
stati
arabi
finora
amici
.
La
Lega
araba
ha
già
cominciato
.
Bush
si
infila
in
una
guerra
dalla
quale
non
tirerà
fuori
i
piedi
perché
l
'
ha
promessa
ai
suoi
concittadini
,
che
al
92
per
cento
la
vogliono
anche
loro
:
ma
non
dividerà
gli
stati
arabi
,
e
accrescerà
il
potenziale
di
vendetta
della
Jihad
.
La
sola
guerra
che
è
in
grado
di
vincere
è
in
casa
sua
contro
la
tanto
vantata
"
società
aperta
"
:
effetto
fatale
delle
emergenze
.
Si
espone
a
essere
colpito
di
nuovo
,
a
non
vincere
da
nessuna
parte
e
perdere
poco
a
poco
il
consenso
che
la
scossa
dell'11
settembre
gli
ha
dato
.
Ci
sono
errori
senza
rimedi
.
Se
ne
accorge
l
'
Europa
che
ora
lo
sostiene
ora
ne
prende
le
distanze
,
firma
patti
scellerati
con
la
Nato
e
poi
elucubra
sull
'
articolo
5
,
non
vuole
mandare
i
ragazzi
di
leva
nelle
montagne
afghane
né
complicarsi
le
cose
con
i
musulmani
che
si
trova
in
casa
,
né
col
Mediterraneo
,
dove
l
'
Italia
della
seconda
repubblica
-
sia
detto
fra
parentesi
-
fa
ancora
meno
politica
della
prima
.
Dovremmo
accorgercene
anche
noi
,
che
pure
siamo
stretti
fra
la
spada
e
il
muro
,
perché
non
c
'
è
occasione
che
non
sia
buona
per
cercare
di
massacrare
la
poca
sinistra
che
resta
.
Abbiamo
anche
noi
le
nostre
colpe
,
non
fosse
che
di
omissione
.
Scrive
Pintor
che
non
ci
aspettavamo
quel
che
è
successo
:
è
vero
.
Ma
non
è
una
virtù
.
Come
gli
Usa
abbiamo
guardato
a
noi
stessi
e
non
al
mondo
,
dove
pure
nulla
era
nascosto
.
Coprendoci
il
capo
con
la
cenere
dei
comunismi
,
abbiamo
cessato
di
guardare
a
chi
era
incastrato
in
condizioni
materiali
più
delle
nostre
tremende
.
Prendiamo
la
Palestina
:
uno
stato
confusionale
fa
oscillare
la
sinistra
fra
senso
di
colpa
verso
gli
ebrei
,
rigurgiti
di
antisemitismo
e
,
come
ha
scoperto
Mannheimer
,
vorremmo
tanto
che
i
palestinesi
smettessero
di
agitarsi
.
Tale
è
il
peso
del
fallimento
dei
socialismi
reali
che
alcuni
di
noi
si
sono
persuasi
che
nulla
ci
sia
da
fare
,
tanto
il
male
è
nel
mondo
e
il
mondo
è
del
male
,
mentre
alcuni
altri
si
sono
illusi
sulle
virtù
rivoluzionarie
di
identità
arcaiche
,
che
ci
sono
parse
lodevoli
perché
antimoderniste
e
tutte
si
sono
involte
su
sé
stesse
,
fra
degenerazione
e
paralisi
.
Ora
gli
eventi
ci
presentano
i
conti
e
bisogna
rispondere
per
quello
che
siamo
.
Non
siamo
tutti
americani
-
io
almeno
non
lo
sono
.
Non
apprezzo
i
"
valori
"
liberisti
che
gli
Stati
uniti
impongono
,
mi
duole
il
lutto
dei
loro
cittadini
ma
non
mi
piace
che
si
credessero
al
di
sopra
delle
conseguenze
di
quel
che
il
loro
paese
fa
.
Mi
si
dirà
antiamericana
?
Sì
lo
sono
,
e
mi
stupisco
che
esitino
tanto
ad
esserlo
molti
amici
che
più
di
me
in
passato
lo
erano
.
Considero
che
gli
Stati
uniti
stiano
facendo
ancora
una
politica
imperialista
che
ferisce
altre
popolazioni
e
si
rivolterà
contro
loro
stessi
:
sono
antimperialista
,
altra
parola
che
mi
sembra
bollata
di
ostracismo
.
La
verità
è
che
siamo
deboli
.
Ma
questo
non
ci
assolve
dal
dire
no
,
Bush
è
un
pazzo
pericoloso
,
non
colpirà
la
Jihad
ma
molta
gente
senza
colpa
,
e
spingerà
gli
Stati
uniti
a
vivere
assediando
il
mondo
e
ad
esserne
assediati
.
StampaQuotidiana ,
Una
campagna
elettorale
decente
?
Ecco
tre
idee
che
ci
possono
aiutare
.
Nel
confronto
non
ci
sono
nemici
,
solo
avversari
.
Le
regole
vanno
osservate
,
anche
quando
non
ci
piacciono
.
E
ci
vuole
rispetto
tra
i
competitori
.
Negli
anni
Trenta
del
secolo
scorso
Carlo
Rosselli
si
chiede
nel
suo
Socialismo
liberale
quale
fosse
la
natura
del
conflitto
politico
in
una
democrazia
.
Si
chiedeva
anche
perché
fosse
fondamentale
l
'
osservanza
del
"
metodo
liberale
o
democratico
di
lotta
politica
"
.
Vale
la
pena
di
riflettere
sulle
sue
risposte
.
Il
metodo
di
lotta
politica
è
quel
metodo
chi
"
per
la
intima
essenza
,
è
tutto
penetrato
dal
principio
di
libertà
.
E
ancora
:
"
Sul
terreno
politico
si
potrebbe
definire
come
un
complesso
di
regole
di
giuoco
che
tutte
le
parti
in
lotta
si
impegnano
a
rispettare
.
Prima
ancora
di
essere
un
sistema
di
meccanica
politica
,
esso
vuol
essere
una
sorta
patto
di
civiltà
che
gli
uomini
di
tutte
le
fedi
stringono
fra
loro
per
salvare
nella
lotta
gli
attributi
della
loro
umanità
"
.
Ci
sono
almeno
tre
idee
importanti
in
queste
parole
di
Rosselli
pensate
e
scritte
al
confino
di
Lipari
negli
anni
terribili
del
collasso
europeo
delle
democrazie
,
gli
anni
del
consolidamento
e
della
nascita
dei
regimi
totalitari
.
Tre
idee
che
possono
forse
aiutarci
a
fissare
i
minima
moralia
di
una
campagna
elettorale
decente
.
La
prima
riguarda
la
mutua
compatibilità
fra
la
condivisione
di
alcuni
valori
politici
di
base
e
la
sacrosanta
divisione
fra
idee
di
società
e
di
agenda
politica
alternative
fra
loro
.
In
parole
povere
,
non
c
'
è
alcuna
contraddizione
fra
quanto
ci
unisce
e
quanto
ci
divide
.
Dividendoci
nettamente
,
radicalmente
e
duramente
su
promesse
distinte
di
governo
,
noi
non
revochiamo
la
nostra
lealtà
civile
a
quanto
in
ogni
caso
ci
accomuna
.
E
accettare
questa
prima
idea
è
solo
un
atto
dovuto
per
chiunque
accetti
e
sostenga
la
priorità
della
libertà
delle
persone
come
valore
che
non
è
controverso
.
Come
valore
che
è
e
deve
essere
sottratto
alla
controversia
.
Questo
vuol
dire
che
nel
confronto
non
ci
sono
nemici
:
ci
sono
avversari
.
Ci
sono
competitori
,
punto
e
basta
.
Chi
si
confronti
con
gli
avversari
trattandoli
come
nemici
viene
meno
alla
prima
regola
aurea
del
metodo
e
non
prende
sul
serio
nei
fatti
la
priorità
della
libertà
delle
persone
,
per
quanto
liberale
si
dichiari
a
parole
.
Veniamo
alla
seconda
idea
:
essa
chiarisce
la
natura
propriamente
controversiale
della
democrazia
che
proprio
nella
fase
elettorale
assume
un
carattere
di
spicco
.
Non
c
'
è
democrazia
senza
conflitto
.
Il
patto
di
civiltà
,
di
cui
parlava
Carlo
Rosselli
nei
terribili
anni
Trenta
di
un
secolo
in
cui
,
come
si
dice
,
chiunque
desiderasse
una
vita
tranquilla
ha
fatto
male
a
nascere
,
regola
il
conflitto
.
A
che
cosa
servono
le
regole
per
la
competizione
,
le
famose
regole
del
gioco
?
Esse
stabiliscono
quali
mosse
siano
ammesse
e
quali
no
.
E
se
i
partecipanti
vogliono
giocare
a
quel
gioco
,
vogliono
vincere
quella
partita
,
vogliono
prevalere
sugli
avversari
con
un
punteggio
superiore
che
,
fino
a
prova
contraria
,
consiste
nell
'
ammontare
di
fiducia
che
ottengono
dai
votanti
.
Chiunque
sgarri
rispetto
alle
regole
,
le
violi
o
le
usi
opportunisticamente
si
tira
fuori
,
defeziona
dalla
controversia
democratica
.
Contravviene
ai
fondamentali
della
moralità
politica
ed
è
semplicemente
degno
di
biasimo
.
L
'
insofferenza
per
le
regole
è
un
brutto
segnale
.
E
non
vale
l
'
argomento
per
cui
non
ci
piacciono
le
regole
e
,
quindi
,
non
siamo
tenuti
a
osservarle
.
Al
critico
delle
regole
si
dovrà
replicare
che
c
'
è
un
solo
modo
nella
controversia
democratica
,
per
ottenere
il
cambiamento
delle
regole
o
la
loro
abolizione
,
se
è
il
caso
.
E
'
quello
di
far
crescere
il
consenso
e
la
fiducia
a
favore
della
propria
posizione
che
deve
misurarsi
lealmente
con
quella
degli
avversari
.
Osservo
di
sfuggita
che
per
misurarsi
con
gli
avversari
è
sfortunatamente
necessario
che
ci
si
confronti
,
davanti
a
un
uditorio
,
con
gli
avversari
.
Se
no
,
di
che
diavolo
di
confronto
democratico
parliamo
?
E
perché
tirare
in
ballo
la
solenne
natura
controversiale
della
democrazia
?
Che
Berlusconi
insista
nel
rífiutarsi
a
un
confronto
con
Rutelli
è
intrinsecamente
sbagliato
.
Uno
potrebbe
obiettare
:
perché
è
sbagliato
?
Che
male
c
'
è
?
Non
è
forse
libero
di
scegliere
il
leader
della
Casa
delle
libertà
?
Per
replicare
,
ci
viene
in
soccorso
la
terza
idea
sui
minima
moralia
di
una
campagna
elettorale
decente
.
La
terza
idea
è
quella
del
mutuo
riconoscimento
o
dell
'
eguale
rispetto
dovuto
a
chiunque
sia
un
partecipante
alla
competizione
.
L
'
espressione
"
eguale
rispetto
"
è
terribilmente
vaga
.
E
'
curioso
che
noi
sappiamo
benissimo
spiegare
in
quali
circostanze
proviamo
l
'
esperienza
del
deficit
o
della
mancanza
del
rispetto
da
parte
di
altri
e
facciamo
più
fatica
a
chiarire
le
cose
in
positivo
.
Rispettare
una
persona
non
vuol
dire
esprimere
stima
nei
confronti
di
quella
persona
.
La
stima
è
variabile
,
dipende
dal
merito
o
dal
valore
di
mercato
di
una
persona
per
le
sue
capacità
,
le
sue
competenze
o
le
sue
abilità
in
un
qualche
campo
.
L
'
egualitarismo
con
la
stima
fa
dei
brutti
scherzi
.
Ma
il
rispetto
deve
essere
invece
distribuito
ugualmente
:
perché
,
almeno
in
democrazia
,
ciascuno
vale
almeno
quanto
ciascun
altro
.
Mancare
di
rispetto
allora
vuol
dire
o
ritenere
che
le
persone
abbiano
solo
un
valore
di
mercato
o
ritenere
di
valere
,
per
qualche
misteriosa
ragione
,
più
o
molto
più
degli
altri
.
Queste
credenze
sono
del
tutto
legittime
in
molti
campi
della
nostra
vita
individuale
e
collettiva
,
in
amore
,
in
affari
,
in
cucina
e
nello
sport
.
Ma
non
hanno
diritto
di
cittadinanza
nella
sfera
pubblica
della
controversia
democratica
.
E
questo
ce
lo
suggeriscono
le
nostre
tre
idee
a
proposito
dell
'
abc
della
moralità
politica
.
StampaQuotidiana ,
Metti
che
due
filosofi
politici
,
suppergiù
coetanei
,
decidano
di
sedersi
a
un
tavolo
con
un
registratore
.
Per
raccontare
la
loro
parabola
generazionale
,
cosi
come
s
'
è
dipanata
negli
ultimi
decenni
.
E
per
tentare
di
aggiornare
la
rotta
,
riassestando
le
idee
sul
corso
del
mondo
.
Potrebbero
venirne
fuori
sproloqui
.
O
confessioni
reducistiche
,
specie
se
i
due
si
sono
formati
in
pieno
sessantotto
.
In
passato
è
già
accaduto
,
e
con
interlocutori
illustri
.
E
il
tentativo
non
ha
lasciato
tracce
,
se
non
fiumi
di
inchiostro
malinconici
.
Invece
,
nel
caso
di
Angelo
Bolaffi
e
Giacomo
Marramao
,
il
tandem
ha
funzionato
.
E
il
verbale
merita
di
essere
conservato
:
Frammento
e
sistema
(
Donzelli
,
pagine
173
,
lire
18.000
)
.
Conservati
dai
più
giovani
e
anche
da
quelli
-
che
immersi
nella
medesima
temperie
-
volessero
capire
quel
che
hanno
pensato
,
lungo
gli
anni
,
due
ex
giovani
neo
-
marxisti
di
fine
anni
sessanta
.
I
quali
,
pur
senza
essere
«
pentiti
»
,
han
mutato
a
fondo
il
loro
modo
di
pensare
.
Bolaffi
e
Marramao
sono
due
filosofi
politici
,
entrambi
legati
in
origine
all
'
«
impero
filosofico
del
Reich
»
,
alla
Germania
.
Studioso
di
Weimar
e
di
Weber
,
il
primo
.
Direttore
della
Fondazione
Basso
il
secondo
:
ermeneuta
del
«
tempo
»
e
del
nesso
«
potere
-
secolarizzazione
»
,
studioso
di
Mondolfo
.
Allievo
di
Colletti
,
il
primo
.
Di
Eugenio
Garin
il
secondo
.
Due
marxisti
inizialmente
,
autori
vent
'
anni
fa
su
Rinascita
di
un
articolo
intitolato
«
Chi
,
ha
paura
di
Bad
Godesberg
?
»
,
che
suscitò
reprimende
.
Oggi
approdati
a
un
pensiero
di
sinistra
democratica
,
che
fa
perno
sui
diritti
in
era
di
globalizzazione
.
E
sull
'
universalismo
in
era
di
differenze
ed
«
etiche
in
conflitto
.
Frammento
e
sistema
sono
i
due
corni
del
dilemma
ricorrente
nel
libro
.
Quello
profilatosi
con
la
crisi
del
marxismo
già
negli
anni
settanta
.
E
che
vedeva
il
nichilismo
decostruttivo
opporsi
alla
grande
sintesi
ideologica
incrinata
.
Sino
al
dilemma
attuale
,
che
vede
sul
pianeta
lo
scontro
/
incontro
tra
dimensione
globale
e
dimensione
locale
(
il
«
glocale
»
)
.
Con
l
'
avvertenza
però
che
non
di
topografia
si
tratta
.
Bensì
di
«
sinergia
-
allergia
»
.
Compenetrazione
tra
simultaneità
dell
'
economia
mondiale
,
e
«
reazione
allergica
»
di
identità
culturali
attivate
e
schiacciate
dal
global
-
market
.
Prima
di
entrare
in
questa
sindrome
d
'
epoca
,
sprigionata
dal
1989
,
soffermiamoci
sul
cammino
anteriore
dei
due
studiosi
.
E
'
la
crisi
del
marxismo
e
del
comunismo
lo
snodo
.
E
poi
,
in
entrambi
,
la
scoperta
di
alcune
questioni
capitali
.
La
crisi
di
rappresentanza
democratica
.
I
divieti
dei
corporativismi
incrociati
.
La
paralisi
della
decisione
.
Lo
svelarsi
nichilistico
della
politica
«
infondata
»
,
dissolte
ormai
le
filosofie
della
storia
.
E
perciò
,
Schmitt
e
Kelsen
.
Nietzsche
e
Heidegger
.
E
la
tragedia
di
Weimar
,
laboratorio
di
una
democrazia
avanzata
che
collassa
,
plebiscitariamente
,
per
eccesso
di
domande
nel
1933
.
Ma
il
tutto
ben
dentro
lo
scontro
Oriente
-
Occidente
,
nel
cuore
d
'
Europa
.
Notazione
interessante
a
due
:
il
totalitarismo
è
frutto
dell
'
esplosione
moderna
del
pluralismo
.
In
una
realtà
«
massificata
dalla
tecnica
»
(
Marramao
)
.
E
senza
più
il
freno
del
«
diritto
naturale
»
e
dello
«
Ius
pubblicum
europaeum
»
(
Bolaffi
)
.
Cruna
d
'
ago
per
scorgere
il
futuro
cioè
l
'
oggi
-
è
così
il
balzo
nel
passato
della
democrazia
,
«
prima
»
della
catastrofe
continentale
del
'900
.
Gli
addentellati
a
ritroso
?
Ben
prima
del
fascismo
e
del
comunismo
,
stanno
in
due
modelli
:
lo
stato
nazione
«
tellurico
-
continentale
»
,
e
lo
«
stato
«
oceanico
»
di
tipo
anglo
-
americano
.
Sovranità
territoriale
e
arcipelago
sovrano
,
secondo
la
vecchia
profezia
di
Karl
Schmitt
.
E
arriviamo
all
'
altro
fulcro
della
discussione
.
Si
è
eclissato
il
Leviatano
,
sia
nella
forma
territoriale
che
in
quella
«
transmarina
»
?
Marramao
propende
per
il
sì
,
come
pure
Bolaffi
.
E
qui
forse
esagerano
,
benché
poi
il
primo
scorga
nuovi
«
Microleviatani
»
sulla
mappa
del
dopo
'89
.
Infatti
,
non
solo
ci
sono
le
nuove
entità
nazionaliste
,
attivate
dal
crollo
comunista
.
Ci
sono
anche
gli
Usa
,
rimasti
unici
arbitri
.
E
quanto
all
'
Europa
,
ci
son
gli
stati
-
guida
al
suo
interno
,
per
nulla
intenzionati
a
rinunciare
al
loro
«
direttorio
»
.
Poi
c
'
è
la
Russia
,
neo
-
stato
nazionale
,
in
lizza
geopolitica
.
E
la
Cina
.
E
i
fondamentalismi
a
base
etnico
-
nazionale
.
Vince
un
nuovo
bellum
omnium
contro
omnes
,
per
giunta
planetario
?
Bolaffi
ne
è
preoccupato
.
Al
punto
da
rivalutare
l
'
istanza
del
«
diritto
naturale
»
-
contro
il
decisionista
Schmitt
e
contro
il
relativista
Kelsen
-
come
garanzia
cosmopolita
armata
di
forza
.
Marramao
al
contrario
diffida
di
ogni
«
etica
normativa
»
,
da
imporre
con
i
ragionamenti
duri
del
«
contratto
sociale
»
,
e
della
filosofia
analitica
anglosassone
(
John
Rawls
)
.
E
quindi
con
l
'
imperium
degli
stati
più
forti
,
bardati
di
tornado
e
«
diritto
positivo
»
.
E
allora
?
Qui
la
filosofia
sconta
il
suo
limite
sugli
scogli
del
mondo
.
Come
convincere
un
Talebano
ha
gli
stessi
diritti
dell
'
uomo
?
Che
l
'
«
Altro
»
ha
gli
stessi
diritti
dell
'
islamico
?
E
viceversa
,
come
convincere
un
«
leghista
»
,
a
dismettere
la
sua
intolleranza
?
Insomma
,
siamo
tutti
«
stranieri
morali
»
nel
mondo
che
ci
divide
,
e
che
però
ci
avvicina
in
tempo
reale
e
simultaneo
.
Può
bastare
,
come
suggerisce
Marramao
,
lo
scambio
di
reciproche
narrazioni
tra
«
diversi
»
?
O
una
«
fusione
di
orizzonti
»
,
basata
sulla
medesima
«
capacità
simbolizzante
»
che
tutti
ci
accomuna
sotto
ogni
latitudine
?
Forse
no
,
senza
arene
internazionali
del
diritto
,
legittimate
da
forza
e
da
consenso
.
Altra
questione
,
molto
dibattuta
nel
dialogo
:
il
nesso
«
interessi
-
valori
-
identità
»
.
Ebbene
,
è
giusta
la
proposta
di
una
«
politica
universalista
delle
differenze
»
avanzata
da
Marramao
,
inclusiva
di
una
«
Magna
carta
dei
diritti
biologici
»
.
Ma
perché
il
tutto
non
si
risolva
in
un
«
elegante
escamotage
»
o
in
«
deregulation
morale
»
-
come
teme
Bolaffi
-
non
basta
denunciare
le
opposte
prigioni
del
«
comunitarismo
»
e
dell
'
«
individualismo
»
.
Occorre
invece
isolare
un
serie
di
valori
davvero
portanti
e
irrinunciabili
.
A
far
da
filtro
,
al
di
sopra
delle
«
differenze
»
individuali
e
di
gruppo
.
E
perciò
,
libertà
politiche
e
civili
.
Diritto
all
'
«
autorealizzazione
»
,
inclusa
l
'
attuazione
della
propria
specificità
culturale
.
Diritto
alla
fecondazione
assistita
,
nel
rispetto
dei
nascituri
.
Limiti
alle
manipolazioni
genetiche
del
vivente
.
E
diritti
economici
:
lavoro
,
bisogni
di
base
,
welfare
.
In
tal
senso
è
ben
vero
che
l
'
«
interesse
economico
»
,
senza
«
forme
simboliche
»
,
non
si
esprime
(
Marramao
)
.
E
'
cieco
ed
afono
.
Ma
non
per
questo
il
«
conflitto
distributivo
»
finisce
.
Al
contrario
,
proprio
l
'
esplodere
delle
«
differenze
»
segnala
l
'
irruzione
dell
'
«
economia
-
mondo
-
ineguale
»
,
che
acuisce
il
conflitto
di
culture
.
E
impone
quindi
politiche
economiche
post
-
liberiste
,
per
sedare
lo
«
Scontro
di
civiltà
»
che
insidia
dal
di
dentro
e
dal
di
fuori
l
'
Occidente
(
e
Huntington
non
ignora
le
«
faglie
interne
»
all
'
Occidente
!
)
.
Il
capitolo
finale
del
libro
porta
impressa
l
'
eco
delle
Twin
-
Towers
.
E
vi
rimbalzano
tutti
i
temi
precedenti
.
Per
Bolaffi
e
Marramao
è
ormai
fine
del
«
Secolo
americano
»
e
unipolare
.
Una
fase
che
impone
di
rilanciare
il
dialogo
inter
-
culturale
.
Assieme
a
una
nuova
geopolitica
a
più
attori
.
A
partire
-
con
Walter
Benjamin
-
dall
'
«
infelicità
degli
ultimi
»
,
non
dal
Bene
come
«
Virtù
occidentale
»
.
Nondimeno
,
per
capire
la
tragedia
,
non
basta
dire
che
il
primum
movens
del
fondamentalismo
è
la
«
nevrosi
identitaria
»
di
un
certo
Islam
subalterno
(
Marramao
)
.
La
domanda
è
:
da
chi
,
e
perché
,
quell
'
Islam
radicale
,
povero
e
ricco
,
è
stato
eccitato
?
Per
quale
disegno
geopolitico
ed
economico
?
Per
uscire
dal
nuovo
luttuoso
disordine
mondiale
-
oltre
la
guerra
al
terrorismo
-
dobbiamo
continuare
a
chiedercelo
.
Malgrado
gli
inviti
patriottici
al
silenzio
del
professor
Panebianco
.
StampaQuotidiana ,
Una
incredibile
notte
dalle
parti
di
Tuscania
,
a
due
passi
da
Roma
,
tra
raffiche
di
mitra
,
bengala
che
si
alzavano
in
cielo
,
gracidio
di
radio
portatili
,
ordini
imperiosi
gridati
in
un
megafono
e
l
'
allora
colonnello
dei
carabinieri
Mori
che
,
a
grandi
gesti
,
invitava
noi
cronisti
a
buttarsi
per
terra
per
non
essere
presi
in
pieno
dai
colpi
.
Che
anno
era
?
Non
lo
ricordo
più
.
Un
gruppo
di
fuoco
dei
brigatisti
rossi
,
ad
un
posto
di
blocco
della
zona
,
aveva
massacrato
due
giovanissimi
e
inesperti
carabinieri
.
Rivedo
ancora
,
con
gli
occhi
della
memoria
,
la
scarpa
di
uno
di
quei
ragazzi
che
si
era
sfilata
,
la
banda
rossa
sui
pantaloni
della
divisa
e
il
corpo
appoggiato
di
lato
.
Nel
buio
,
nel
gelo
,
tra
forre
,
pozzi
e
alberi
,
i
due
gruppi
armati
avevano
cominciato
a
spararsi
tra
loro
in
un
caos
indescrivibile
e
con
le
pallottole
che
fischiavano
da
tutte
le
parti
.
Ad
un
tratto
,
per
la
sciabolata
di
luce
di
una
torcia
elettrica
,
avevo
visto
Paolo
Zardo
di
«
Paese
Sera
»
che
cercava
di
traversare
una
stradina
,
senza
rendersi
bene
conto
di
quello
che
stava
accadendo
.
Allora
mi
ero
messo
a
gridare
come
un
pazzo
:
«
Paolo
,
Paolo
,
buttati
giù
.
Qui
sparano
tutti
»
.
Il
colonnello
Mori
,
mi
aveva
tirato
per
il
cappotto
per
mettermi
al
riparo
.
Ma
io
continuavo
ad
urlare
:
«
Paolo
,
Paolo
,
attento
»
.
Per
un
attimo
,
mi
si
erano
parati
davanti
i
visi
in
lacrime
di
Lilli
Bonucci
,
la
«
sua
ragazzona
»
e
quelli
dei
loro
figli
piccolissimi
:
Piero
e
Francesco
.
Allora
avevo
spiccato
la
corsa
e
raggiunto
Paolo
in
mezzo
alla
stradina
.
Lo
avevo
subito
acchiappato
al
volo
scaraventandolo
a
terra
in
mezzo
alla
polvere
nella
quale
eravamo
rotolati
insieme
.
Ricordo
ancora
un
paio
di
insulti
in
veneziano
e
una
specie
di
grido
strozzato
:
«
Ma
che
cazzo
fai
?
»
.
La
spiegazione
aveva
richiesto
solo
qualche
istante
affannoso
.
Quello
era
il
lavoro
,
di
giorno
e
di
notte
,
di
noi
cronisti
,
nel
periodo
più
terribile
e
angoscioso
del
terrorismo
.
Fu
l
'
ultima
volta
che
lavorai
con
Paolo
Zardo
e
non
riesco
che
a
ricordarlo
come
lo
vidi
in
quella
situazione
:
calmo
,
tranquillo
,
con
il
loden
verde
in
quella
notte
maledetta
,
piena
di
freddo
paura
e
angoscia
.
Caro
Paolo
,
quanto
lavoro
e
quanta
fatica
,
in
nome
della
verità
,
della
giustizia
.
E
con
la
profonda
convinzione
che
stavamo
combattendo
per
una
Italia
migliore
,
contro
le
trame
,
le
stragi
,
il
golpismo
imperante
e
per
la
democrazia
del
nostro
scassatissimo
paese
.
Ma
di
quale
giornalismo
distaccato
e
freddo
si
va
raccontando
?
C
'
erano
le
trame
nere
e
i
delitti
infami
dei
brigatisti
rossi
che
,
stranamente
,
sparavano
ai
magistrati
democratici
e
onesti
o
a
semplici
carabinieri
e
poliziotti
da
un
milione
e
mezzo
al
mese
.
Subito
dopo
gridavano
di
aver
«
colpito
al
cuore
lo
Stato
»
.
Ci
facevano
orrore
le
loro
chiacchiere
,
i
loro
documenti
di
rivendicazione
,
così
ridondanti
,
difficili
,
funerei
,
scritti
con
la
puzza
sotto
il
naso
e
molto
,
molto
borghesi
.
Un
anno
fa
,
proprio
in
questi
giorni
,
Paolo
Zardo
è
andato
via
per
sempre
e
all
'
improvviso
.
Era
convinto
che
,
forse
,
ce
l
'
avrebbe
fatta
con
quel
suo
cuore
ballerino
.
Invece
proprio
lui
,
il
cuore
,
lo
aveva
fregato
.
Ma
il
cuore
,
per
convenzione
,
è
anche
sede
di
tante
cose
.
Il
tuo
era
quello
di
uomo
coraggioso
,
di
una
persona
leale
e
onesta
.
Onesta
e
testarda
come
lo
sono
tutti
i
veneziani
.
Quelli
che
,
quando
scelgono
,
scelgono
fino
in
fondo
,
costi
quel
che
costi
.
Viene
da
ridere
a
pensare
che
eri
l
'
unico
cronista
e
inviato
di
«
Paese
Sera
»
che
avrebbe
voluto
lavorare
,
come
atto
di
fede
,
all
'
Unità
dove
,
ai
vecchi
tempi
,
davano
lo
stipendio
di
un
operaio
metallurgico
.
Al
grande
e
diffusissimo
«
Paese
Sera
»
,
la
paga
era
,
invece
,
quella
sindacale
.
Insomma
,
eri
uno
dei
pochi
che
chiedeva
,
in
nome
di
quel
tuo
essere
comunista
e
iscritto
al
Pci
,
di
guadagnare
ancora
di
meno
,
lavorando
-
come
si
diceva
allora
-
nel
giornale
di
Gramsci
e
di
Togliatti
.
Ovviamente
non
ti
accontentarono
mai
.
Tra
i
banconi
della
tipografia
e
le
grandi
stanze
a
vetrate
della
vecchia
sede
di
via
dei
Taurini
,
eri
necessario
per
«
Paese
Sera
»
che
aveva
bisogno
di
cronisti
con
i
fiocchi
che
credevano
davvero
-
senza
puzza
sotto
il
naso
-
in
quel
che
stavano
facendo
.
A
volte
,
negli
intervalli
del
pranzo
,
ne
parlavamo
fuori
,
facendo
due
passi
.
Ci
raggiungeva
Gianni
Rodari
che
,
con
grande
dolcezza
,
ti
diceva
di
piantarla
.
Eri
un
comunista
?
Allora
dovevi
stare
dove
eri
più
utile
al
partito
e
al
giornale
.
E
tu
,
ovviamente
,
brontolando
a
bassa
voce
come
facevi
sempre
,
finivi
per
dire
,
ridendo
:
«
Va
bene
,
obbedisco
»
.
Un
anno
fa
,
quando
Paolo
Zardo
ci
ha
lasciati
,
l
'
Unità
non
era
in
edicola
e
non
abbiamo
potuto
ricordarlo
come
sarebbe
stato
giusto
.
Né
lui
,
né
il
suo
lavoro
.
Lo
facciamo
ora
.
Nato
nel
1928
,
Paolo
Zardo
,
figlio
di
musicisti
,
era
subito
entrato
in
contatto
con
i
giornali
.
Era
orgogliosissimo
di
essere
un
veneziano
puro
,
vero
,
autentico
.
Nel
1958
era
arrivato
a
Roma
e
lo
avevano
piazzato
subito
nella
cronaca
di
«
Paese
Sera
»
.
Era
curioso
,
onesto
.
Scriveva
con
misura
e
senza
esagerazioni
.
Quando
aveva
in
mano
una
qualche
notizia
,
riusciva
sempre
ad
arrivare
fino
in
fondo
.
Dopo
una
certa
attesa
(
allora
non
era
facile
diventarlo
)
lo
avevano
promosso
«
inviato
di
cronaca
per
i
grandi
fatti
»
.
Così
,
Zardo
aveva
seguito
,
con
dolore
,
orrore
e
rabbia
,
la
strage
di
Piazza
Fontana
,
quella
di
Brescia
,
quella
dell
'
Italicus
,
i
neofascisti
di
Pian
di
Rascino
,
il
sequestro
di
Cristina
Mazzotti
,
il
terremoto
in
Friuli
,
i
funerali
di
Togliatti
,
l
'
assassinio
di
Moro
.
Mille
volte
e
a
qualunque
ora
,
ci
incontravamo
sul
lavoro
.
Purtroppo
,
ricordare
un
cronista
e
un
inviato
,
significa
sempre
ricollegarsi
ai
grandi
«
fatti
»
e
alle
tragedie
di
mezzo
mondo
per
raccontare
le
quali
i
giornalisti
-
sia
detto
senza
retorica
-
spendono
tutto
il
loro
tempo
,
la
passione
,
la
fatica
e
,
a
volte
,
persino
la
vita
.
Paolo
Zardo
ha
sempre
dato
con
generosità
e
coraggio
.
Fare
il
cronista
,
per
lui
,
significava
semplicemente
stare
con
la
gente
,
aiutarla
,
capirla
,
dare
una
mano
.
Paolo
,
nella
vita
,
ha
scritto
un
solo
libro
.
Era
intitolato
:
«
Cronaca
addio
»
.
StampaQuotidiana ,
Il
governo
di
un
tema
delicatissimo
come
quello
delle
biotecnologie
è
una
responsabilità
dalla
quale
la
sinistra
non
si
può
sottrarre
.
Sino
ad
oggi
,
e
forse
lo
sarà
ancora
nel
futuro
,
il
confronto
si
è
animato
da
posizioni
che
non
comunicano
,
chiuse
nelle
reciproche
certezze
.
E
l
'
attuale
codificazione
internazionale
non
è
in
grado
di
garantire
i
consumatori
.
Così
prevalgono
i
massimalismi
e
la
sfiducia
nei
processi
regolativi
,
le
stesse
Organizzazioni
internazionali
diventano
uno
strumento
discutibile
di
organizzazione
e
cade
il
consenso
,
prevale
nella
pubblica
opinione
il
contrasto
verso
la
loro
funzione
(
Seattle
,
Ginevra
e
a
Genova
)
.
Le
recenti
scelte
strategiche
adottate
dall
'
Ue
che
apre
agli
Ogm
innescano
una
scelta
strategica
che
rischia
di
essere
irreversibile
per
l
'
intero
pianeta
.
Quale
ruolo
per
il
nostro
Paese
?
Il
patrimonio
di
biodiversità
straordinario
del
nostro
paese
,
da
Sud
a
Nord
,
il
rapporto
che
essa
ha
con
il
territorio
,
con
l
'
agricoltura
,
con
i
microclimi
,
con
le
tecniche
di
lavorazione
,
con
gli
usi
e
costumi
popolari
,
con
le
stesse
attività
agroindustriali
moderne
sono
una
risorsa
per
una
moderna
applicazione
di
"
biotecnologie
sostenibili
"
.
La
ricerca
,
la
sperimentazione
,
l
'
applicazione
di
"
biotecnologie
sostenibili
"
per
aree
di
intervento
di
forte
omogeneità
(
vegetali
su
vegetali
)
può
diventare
la
scelta
italiana
valorizzando
con
ciò
il
nostro
patrimonio
di
biodiversità
.
Penso
alla
riduzione
dell
'
impatto
della
chimica
,
all
'
adattamento
dell
'
agricoltura
al
cambio
climatico
,
alla
capacità
che
hanno
alcuni
prodotti
vegetali
contro
la
desertificazione
,
alla
resistenza
e
capacità
di
eliminazione
di
elementi
patogeni
che
danneggiano
culture
mediterranee
strategiche
come
ulivo
,
pomodoro
,
e
vite
attualmente
trattati
solo
con
i
prodotti
di
derivazione
chimica
;
alla
possibilità
di
operare
anche
in
maniera
più
produttiva
sul
non
food
,
sulle
bio
-
masse
,
tutti
questi
sono
solo
alcuni
aspetti
di
un
uso
intelligente
delle
"
biotecnologie
sostenibili
"
!
Occorre
dunque
orientare
lo
sviluppo
del
modello
di
ricerca
in
questa
direzione
,
coordinando
gli
strumenti
nazionali
,
regionali
,
universitari
e
privati
è
indispensabile
.
Una
ricerca
pubblica
,
cioè
,
finalizzata
a
tracciare
una
"
via
italiana
"
verso
la
valorizzazione
delle
biotecnologie
"
sostenibili
"
,
caratterizzata
da
una
forte
originalità
che
la
differenzi
da
quella
già
in
essere
attualmente
in
altri
paesi
.
In
Europa
,
Francia
,
Germania
e
Gran
Bretagna
hanno
già
scelto
come
azione
strategica
di
impegnarsi
da
qualche
anno
sulle
biotecnologie
,
le
stesse
risorse
del
quinto
programma
quadro
dell
'
Unione
Europea
,
alla
luce
degli
impegni
finanziari
nazionali
di
quei
paesi
,
nella
ricerca
,
sono
marginali
.
Di
questo
passo
i
ritardi
che
l
'
Italia
accumulerà
saranno
pesantissimi
,
ed
anche
la
nostra
opzione
minima
,
quella
della
gestione
intelligente
della
biodiversità
ed
il
suo
utilizzo
sostenibile
,
rischia
di
essere
una
enunciazione
di
principio
.
Il
patrimonio
straordinario
del
nostro
germoplasma
non
basta
solo
declinarlo
,
o
prenderlo
a
riferimento
,
bisogna
rafforzare
le
iniziative
già
avviate
,
quindi
catalogarlo
,
studiarlo
,
verificarne
le
potenzialità
,
considerarlo
"
res
-
pubblica
"
e
prepararci
con
ciò
ad
una
concorrenza
internazionale
che
attraverso
anche
la
rapina
dei
brevetti
e
l
'
utilizzo
del
germoplasma
non
protetto
costruisce
una
nuova
concezione
di
dominio
e
di
negazione
delle
identità
territoriali
.
L
'
Italia
,
in
occasione
del
recepimento
della
direttiva
dell
'
Ue
sulle
biotecnologie
,
deve
presentarsi
con
una
sua
forte
proposta
,
con
un
suo
modello
giuridico
e
con
programmi
precisi
di
sviluppo
delle
biotecnologie
sostenibili
che
modifichi
in
profondità
la
direttiva
,
nonché
con
un
proprio
piano
strategico
sulla
ricerca
.
Guardare
all
'
Europa
con
le
nostre
idee
e
non
dimenticare
mai
la
nostra
natura
di
paese
mediterraneo
,
sono
questi
i
due
nessi
che
devono
orientare
lo
sviluppo
del
piano
sulle
"
biotecnologie
sostenibile
nel
nostro
paese
.
Ad
Ivry
,
Francia
e
Germania
hanno
deciso
di
costruire
un
polo
misto
pubblico
-
privato
di
importanza
strategica
,
attraverso
un
modello
scientifico
molto
avanzato
questo
polo
strategico
non
può
essere
sviluppato
senza
la
partecipazione
del
nostro
paese
,
per
altro
già
sollecitato
e
richiesto
.
Nel
polo
di
Ivry
il
modello
della
nostra
ricerca
può
influenzare
e
orientare
un
nucleo
di
modello
europeo
che
sta
nascendo
,
molto
diverso
dallo
schema
angloamericano
che
sino
ad
ora
ha
condizionato
lo
sviluppo
delle
biotecnologie
.
Nel
Mediterraneo
e
in
Africa
,
avanza
la
desertificazione
e
le
crisi
alimentari
sono
sempre
più
forti
.
I
paesi
del
Nord
Africa
cercano
modelli
di
sviluppo
agroalimentari
e
spazi
di
mercato
sempre
più
orientati
verso
l
'
Europa
.
Al
contrario
l
'
egemonia
nei
grandi
gruppi
internazionali
del
commercio
e
del
modello
quantitativo
dell
'
agricoltura
verso
quei
paesi
rischia
di
essere
totale
orientando
la
produzione
sull
'
uso
indiscriminato
della
chimica
residuale
alla
quale
si
associa
il
dumping
sociale
.
Tutto
ciò
crea
una
spirale
di
insostenibilità
nello
sviluppo
agroalimentare
di
quei
paesi
!
Il
sistema
produttivo
agricolo
del
Nord
Africa
è
inoltre
privo
del
supporto
scientifico
e
della
formazione
-
informazione
,
ed
è
evidente
l
'
impatto
che
si
determina
sulla
sostenibilità
e
sulle
risorse
ormai
fragili
e
rarissime
come
l
'
acqua
e
il
suolo
.
L
'
Italia
può
offrire
una
sponda
fondamentale
come
principale
realtà
mediterranea
a
questi
sistemi
economico
-
sociali
attraverso
il
sostegno
dei
progetti
mirati
:
nella
formazione
e
nella
ricerca
,
ma
soprattutto
sarebbe
davvero
innovativo
proporre
un
progetto
per
la
gestione
-
conservazione
e
brevettabilità
ad
uso
comune
delle
risorse
di
biodiversità
nell
'
area
mediterranea
.
Un
progetto
che
interscambia
e
fa
vivere
al
nostro
paese
una
funzione
di
cerniera
tra
Nord
e
Sud
del
mondo
.
La
nuova
legge
finanziaria
,
"
quella
della
ripresa
"
deve
dare
segnali
importanti
a
questo
nuovo
indirizzo
.
E
'
questa
la
nostra
responsabilità
!
StampaQuotidiana ,
Il
villaggio
globale
vede
circolare
alla
velocità
degli
elettroni
il
denaro
,
gli
ordini
di
merci
,
le
idee
.
Ma
anche
la
paura
.
È
una
delle
lezioni
dell'11
settembre
.
Lezione
che
ai
cristiani
,
tra
le
tante
,
pone
anche
questa
domanda
:
è
possibile
globalizzare
la
speranza
?
Dare
al
mondo
motivi
per
sperare
,
destrutturando
la
paura
?
Questo
pensiero
così
formulato
non
c
'
è
,
nel
libro
di
don
Mario
Toso
,
Umanesimo
sociale
(
Edizioni
Las
,
453
pagine
,
48.000
lire
)
.
Quando
ha
finito
di
scriverlo
,
le
Twin
Towers
erano
ancora
dritte
,
ben
puntate
verso
il
cielo
di
Manhattan
.
Ma
questo
pensiero
è
come
se
ci
fosse
.
Perché
alla
fine
del
poderoso
volume
,
con
la
sua
architettura
forte
e
la
sua
ambizione
di
essere
al
tempo
stesso
analitico
e
sintetico
,
rimane
questa
impressione
:
il
cristianesimo
è
chiamato
a
riprendere
a
produrre
cultura
,
a
dare
al
mondo
un
progetto
di
speranza
e
di
pace
fondato
sull
'
uomo
,
non
su
un
'
ideologia
,
o
una
religione
ideologizzata
.
Gli
strumenti
per
farcela
li
ha
.
Forse
però
li
ha
anche
,
in
parte
,
dimenticati
.
Dove
sono
?
Nella
dottrina
sociale
,
che
Toso
ci
fa
visitare
.
Un
umanesimo
sociale
,
dunque
;
e
teocentrico
:
"
Un
umanesimo
-
spiega
Toso
-
aperto
alla
trascendenza
,
cosa
tutt
'
altro
che
scontata
.
C
'
è
chi
propone
sì
un
umanesimo
,
ma
di
segno
diverso
,
affermando
che
la
democrazia
per
sostenersi
ha
bisogno
di
una
"
religione
civile
"
,
nutrita
di
un
umanesimo
fondato
su
una
ragione
che
prescinda
da
Dio
e
faccia
"
come
se
Dio
non
ci
fosse
"
.
No
.
La
vera
libertà
dell
'
uomo
consiste
non
nel
distaccarsi
da
Dio
,
ma
nella
relazione
con
Dio
.
L
'
umanesimo
in
cui
crediamo
non
è
immanentista
e
chiuso
,
ma
aperto
a
Dio
.
E
proprio
tale
apertura
gli
dà
respiro
,
lo
fa
lievitare
"
.
Toso
insegna
Filosofia
sociale
presso
l
'
Ups
(
Università
Pontificia
Salesiana
)
e
Magistero
sociale
presso
l
'
Istituto
di
pastorale
della
Pontificia
Università
Lateranense
.
Non
è
certo
la
prima
volta
che
sostiene
che
per
un
progetto
capace
di
dare
speranza
al
mondo
non
occorre
andare
lontano
.
Basta
la
dottrina
sociale
,
di
cui
il
suo
ultimo
libro
ripercorre
tutti
i
temi
fondamentali
,
una
gigantesca
sintesi
che
finisce
per
fare
da
piedistallo
all
'
umanesimo
cristiano
,
sociale
,
trascendente
.
Umanesimo
che
si
propone
come
pensiero
forte
.
E
spinge
Toso
ad
affermazioni
controcorrente
,
come
questa
:
lo
scetticismo
genera
intolleranza
.
Non
il
contrario
?
"
Lo
scetticismo
nega
la
possibilità
di
verità
oggettive
.
Ma
in
tal
modo
è
costretto
a
negare
pure
una
verità
del
bene
.
L
'
uomo
perde
l
'
orientamento
e
tutti
i
diritti
diventano
al
tempo
stesso
"
veri
"
e
"
falsi
"
.
Dove
trovare
le
ragioni
per
rispettare
l
'
altro
,
se
un
bene
oggettivo
non
esiste
?
In
questo
modo
ci
si
predispone
all
'
intolleranza
"
.
Toso
conosce
le
obiezioni
.
Non
sarebbe
migliore
una
democrazia
che
si
basasse
sullo
scetticismo
assoluto
?
Non
sarebbe
intollerante
proprio
se
si
basasse
,
invece
,
sulla
verità
?
"
Se
tutto
è
relativo
,
ognuno
si
tiene
la
propria
opinione
e
non
esiste
possibilità
di
confronto
reale
,
perché
,
se
la
verità
non
esiste
,
a
quale
scopo
dovremmo
confrontarci
?
"
.
D
'
accordo
,
ma
per
il
cristiano
con
il
suo
umanesimo
che
cos
'
è
il
confronto
se
non
il
tentativo
di
persuadere
?
Se
il
cristiano
possiede
già
la
verità
,
non
ha
bisogno
di
confrontarsi
per
cercarla
insieme
agli
altri
...
"
Sì
,
la
verità
ci
è
stata
donata
.
La
"
possediamo
"
,
ma
come
esseri
limitati
.
Ne
cogliamo
dei
barlumi
.
E
accanto
alla
verità
,
al
singolare
,
ce
ne
sono
tante
altre
,
al
plurale
,
che
vanno
conquistate
grazie
alla
ragione
"
.
Quindi
il
credente
non
è
un
despota
?
"
Nei
Parlamenti
,
il
credente
fa
ricorso
non
ad
argomenti
teologici
,
ma
persuasivi
.
Deve
mostrare
la
ragionevolezza
di
ciò
in
cui
crede
.
Un
esempio
attuale
?
Il
dibattito
sulla
famiglia
"
.
E
qui
siamo
al
nuovo
umanesimo
cristiano
,
verità
alla
ricerca
di
altre
verità
.
Una
sorta
di
work
in
progress
?
"
In
un
certo
senso
,
sì
.
I
nuovi
modelli
di
vita
ispirati
cristianamente
vanno
realizzati
in
un
contesto
multiculturale
,
in
un
confronto
con
le
altre
religioni
e
visioni
della
vita
.
Di
qui
la
necessità
,
oggi
,
di
mostrare
il
volto
del
proprio
umanesimo
in
termini
chiari
,
comprensibili
anche
da
chi
è
molto
diverso
.
I
contesti
cambiano
,
di
conseguenza
anche
il
nuovo
umanesimo
muta
profilo
.
Sarà
forse
una
nuova
cultura
popolata
di
tante
culture
"
.
E
Jacques
Maritain
?
Toso
non
nega
di
ritenerlo
ancora
il
faro
dell
'
umanesimo
futuro
.
Non
è
datato
?
"
In
parte
sì
,
lo
è
.
Ma
l
'
anima
della
"
città
dell
'
uomo
"
a
ispirazione
cristiana
,
la
città
pluralista
fondata
su
una
libertà
non
radicale
,
non
indifferente
riguardo
al
vero
e
al
bene
,
la
città
fraterna
in
cui
l
'
autorità
è
a
servizio
della
persona
...
Questo
nucleo
rimane
validissimo
"
.
Ma
criticato
,
anche
in
casa
cattolica
.
L
'
idea
di
pluralismo
e
apertura
,
contestano
alcuni
,
nuoce
all
'
identità
cristiana
:
"
Ma
no
.
I
credenti
,
anche
quando
operano
nel
sociale
,
non
possono
spogliarsi
del
loro
essere
.
L
'
errore
consiste
nell
'
intendere
l
'
autonomia
del
credente
come
distacco
dalla
comunione
della
Chiesa
.
E
perché
mai
?
È
proprio
all
'
interno
della
Chiesa
che
il
credente
trova
elementi
per
il
progetto
"
.
L
'
umanesimo
cristiano
è
più
che
mai
vivo
,
dunque
.
E
la
sensazione
è
che
farà
da
fulcro
al
prossimo
compendio
di
dottrina
sociale
in
preparazione
presso
il
Pontificio
Consiglio
"
Giustizia
e
pace
"
.
Originali
e
profetici
,
capaci
di
dare
speranza
a
un
mondo
attanagliato
dalla
paura
:
a
questo
sono
chiamati
i
cristiani
.
Toso
non
ha
dubbi
:
ci
riusciranno
radicandosi
nell
'
umanesimo
trascendente
;
nell
'
uomo
capace
di
guardare
nel
modo
vero
,
giusto
e
buono
agli
altri
uomini
e
alla
storia
perché
rivolto
,
con
gli
occhi
dello
spirito
,
verso
l
'
alto
.
StampaQuotidiana ,
La
matematica
è
la
scienza
che
si
nasconde
.
Tutti
si
dimenticano
che
esiste
.
A
molti
appare
come
una
disciplina
astratta
,
aristocratica
e
distaccata
,
coltivata
da
geni
strampalati
.
Poi
d
'
improvviso
ci
si
rende
conto
che
quanto
di
più
moderno
c
'
è
nella
vita
pratica
,
tante
novità
che
sfrecciano
nella
cronaca
,
presuppongono
l
'
intervento
decisivo
della
matematica
.
Il
bancomat
è
sicuro
grazie
a
numeri
primi
e
curve
ellittiche
.
Le
più
travolgenti
operazioni
di
Borsa
sono
guidate
da
giovani
e
brillanti
matematici
.
Parafrasando
un
pensiero
di
Italo
Calvino
,
si
potrebbe
dire
:
fare
matematica
è
"
nascondere
qualcosa
in
modo
che
poi
venga
scoperto
"
.
Ma
ci
è
voluta
l
'
Unesco
,
proclamando
il
2000
"
Anno
della
matematica
"
,
per
indurre
il
mondo
a
vincere
un
'
inveterata
pigrizia
intellettuale
nei
confronti
di
questa
disciplina
straordinaria
.
Per
spiegare
il
peso
reale
della
matematica
nella
società
,
domani
si
terrà
a
Milano
una
manifestazione
a
cura
dei
dipartimenti
interessati
delle
cinque
università
milanesi
.
L
'
iniziativa
dell
'
Unesco
ha
rotto
il
ghiaccio
.
Finalmente
interpellati
,
i
matematici
hanno
tanto
da
raccontare
.
La
matematica
si
nasconde
proprio
perché
è
essenziale
.
"
La
verità
,
secondo
me
,
è
la
sua
ubiquità
.
La
matematica
è
un
po
'
come
l
'
aria
:
ce
ne
accorgiamo
quando
manca
"
,
rileva
Giandomenico
Boffi
,
ordinario
di
Algebra
all
'
Università
di
Trieste
.
È
fuori
discussione
che
la
matematica
sia
"
nascosta
"
agli
occhi
della
gente
.
"
Sfugge
perfino
la
natura
dinamica
della
matematica
:
spesso
mi
sento
chiedere
se
c
'
è
qualcosa
di
nuovo
da
scoprire
,
e
noto
stupore
attorno
a
me
se
parlo
di
teoremi
nuovi
"
,
nota
ancora
Boffi
.
"
Sfugge
la
valenza
culturale
della
matematica
:
quanti
si
vantano
di
apprezzare
tutte
le
espressioni
dell
'
ingegno
umano
(
lettere
,
arti
,
diritto
)
ma
confessano
,
con
civetteria
,
di
non
capire
nulla
di
matematica
?
"
.
I
matematici
ci
hanno
provato
a
far
capire
che
la
matematica
è
dovunque
.
Boffi
cita
"
Matematica
e
cultura
"
,
la
manifestazione
che
dal
1997
si
svolge
ogni
anno
a
Venezia
.
Le
numerose
sessioni
hanno
titoli
come
"
Matematica
e
arte
"
,
"
Matematica
e
musica
"
,
"
Matematica
ed
economia
"
,
e
via
dicendo
.
"
Ma
chi
riconosce
in
uno
splendido
design
l
'
influsso
della
geometria
frattale
?
Chi
è
al
corrente
dell
'
analisi
matematica
del
suono
nella
musica
moderna
?
"
.
E
poi
,
proprio
le
persone
colte
tradiscono
la
matematica
.
"
Si
parla
di
particelle
subatomiche
e
di
spazi
intergalattici
,
di
intelligenza
artificiale
,
di
telecomunicazioni
,
di
meccanica
quantistica
.
Ma
si
dimentica
che
sotto
c
'
è
sempre
una
teoria
matematica
.
E
il
trattamento
dell
'
informazione
?
Presenta
problemi
di
natura
squisitamente
matematica
"
,
sottolinea
Boffi
.
"
E
poi
la
matematica
è
un
linguaggio
comune
agli
esseri
umani
di
ogni
luogo
e
di
ogni
tempo
"
.
Nuove
sfide
attendono
questa
scienza
,
che
non
ha
affatto
concluso
il
suo
lavoro
.
Ma
che
cosa
c
'
è
ancora
da
scoprire
,
in
questo
campo
?
"
Moltissimo
.
Sicuramente
molto
di
più
di
quanto
è
stato
scoperto
finora
"
,
interviene
Marco
Andreatta
,
professore
di
Geometria
all
'
Università
di
Trento
.
"
La
matematica
è
una
scienza
che
si
occupa
dell
'
infinito
e
,
per
sua
natura
,
ogni
volta
che
risolve
un
problema
contemporaneamente
ne
apre
altri
,
a
quello
collegati
"
.
Andreatta
avverte
che
la
decisione
dell
'
Unesco
è
un
riconoscimento
da
non
prendere
con
indifferenza
,
un
'
occasione
da
non
sprecare
,
se
si
vuol
dare
sempre
più
slancio
alla
ricerca
matematica
e
rilanciarne
l
'
immagine
.
"
Il
principio
che
ogni
cosa
in
natura
può
essere
misurata
,
tradotta
in
numeri
(
e
in
altri
oggetti
matematici
)
già
appare
in
Galileo
e
forse
anche
prima
di
lui
.
Ma
attenzione
a
non
ridurre
la
matematica
a
soli
numeri
,
magari
elaborati
al
computer
.
La
matematica
comprende
dell
'
altro
:
l
'
intuizione
,
la
bellezza
e
l
'
eleganza
(
ci
sono
dimostrazioni
più
belle
ed
eleganti
di
altre
)
"
.
Il
ruolo
dell
'
educazione
matematica
è
indispensabile
allo
sviluppo
del
pensiero
razionale
.
"
Uno
dei
tratti
più
importanti
della
nostra
disciplina
-
commenta
Andreatta
-
è
la
sua
grande
libertà
di
pensiero
.
Un
pensiero
mosso
dalla
curiosità
della
mente
umana
,
spesso
senza
i
vincoli
dell
'
applicabilità
"
.
Ma
,
proprio
mentre
l
'
Unesco
punta
sulla
matematica
,
in
Europa
,
e
in
particolare
in
Italia
,
lo
spazio
riservato
a
questa
disciplina
viene
ridotto
,
nelle
scuole
superiori
e
nelle
università
(
dove
,
a
Scienza
e
Ingegneria
,
cala
il
numero
degli
iscritti
)
.
"
Ecco
,
io
temo
che
su
questo
piano
il
proposito
dell
'
Unesco
rischi
una
grave
sconfitta
"
,
confessa
ancora
Andreatta
.
E
invece
un
'
educazione
matematica
è
oggi
più
salutare
che
mai
,
"
in
quest
'
epoca
di
faciloneria
,
in
cui
dominano
l
'
irrazionalismo
e
le
pseudoscienze
(
si
pensi
all
'
astrologia
)
"
,
prende
la
parola
Claudio
Citrini
,
ordinario
di
Analisi
matematica
al
Politecnico
di
Milano
.
E
aggiunge
:
"
La
matematica
dovrebbe
richiamare
alla
razionalità
della
logica
e
alla
fantasia
dell
'
invenzione
.
Doti
che
scarseggiano
sempre
più
.
Il
popolo
di
Internet
dovrebbe
essere
molto
accorto
.
La
matematica
potrebbe
aiutarlo
a
non
lasciarsi
incantare
come
il
villano
davanti
all
'
imbonitore
della
fiera
,
a
non
prendere
per
verità
assoluta
tutto
quello
che
incontra
nella
rete
"
.
La
matematica
sostiene
tutte
le
grandi
tecnologie
e
permette
di
affrontare
questioni
finora
invincibili
.
C
'
è
l
'
analisi
numerica
dietro
strutture
complesse
o
imponenti
:
si
va
dalla
scocca
dell
'
auto
ai
grandi
ponti
,
ai
grattacieli
,
alle
piattaforme
petrolifere
.
Questi
calcoli
coinvolgono
centinaia
di
migliaia
,
se
non
milioni
,
di
incognite
.
Le
fenomenologie
nuove
che
s
'
incontrano
nello
studio
di
sistemi
complessi
(
come
quelli
biologici
,
o
il
moto
dei
corpi
celesti
)
possono
essere
investigate
con
tecniche
matematiche
moderne
(
teoria
delle
catastrofi
,
frattali
,
sistemi
dinamici
)
che
conducono
a
risultati
assolutamente
inaspettati
,
spiega
Citrini
.
"
La
matematica
dà
certezze
ma
,
vista
dal
di
dentro
,
appare
assai
più
problematica
"
,
aggiunge
Citrini
.
"
I
suoi
rapporti
con
le
altre
scienze
sono
altrettanto
strani
"
,
osserva
il
professore
.
Cita
Albert
Einstein
:
"
Le
proposizioni
della
matematica
,
se
si
riferiscono
alla
realtà
,
non
sono
sicure
;
se
sono
sicure
,
non
si
riferiscono
alla
realtà
"
.
E
commenta
:
"
A
mio
parere
,
il
fascino
della
matematica
sta
nel
fatto
che
è
terreno
conquistato
palmo
a
palmo
,
dopo
un
continuo
combattere
per
ottenere
un
nuovo
risultato
,
una
nuova
verità
"
.
Matematica
e
fede
.
Citrini
ricorda
che
molti
matematici
si
sono
cimentati
in
dimostrazioni
dell
'
esistenza
di
Dio
.
"
La
più
famosa
è
quella
probabilistica
di
Pascal
(
la
scommessa
secondo
la
quale
,
per
chi
crede
,
il
guadagno
è
di
gran
lunga
superiore
all
'
eventuale
perdita
)
.
Ma
anche
Leibniz
inferiva
l
'
esistenza
di
Dio
dal
sistema
binario
(
l
'
uno
divino
che
,
unendosi
al
nulla
del
creato
,
forma
l
'
immensa
varietà
del
tutto
)
.
Ultimo
è
Gödel
,
il
grande
logico
dei
primi
del
'900
che
matematizzò
in
termini
moderni
la
dimostrazione
ontologica
di
Sant
'
Anselmo
.
Dimostrazioni
interessanti
,
ma
nessuna
di
esse
può
convincere
chi
non
crede
.
Semplicemente
,
Dio
non
è
un
oggetto
matematico
,
come
non
è
un
oggetto
fisico
.
E
non
può
essere
studiato
da
nessuna
scienza
(
né
per
affermarlo
né
per
negarlo
)
.
A
maggior
ragione
,
non
lo
è
il
Dio
rivelato
StampaQuotidiana ,
Ancora
non
siamo
arrivati
alla
mappatura
completa
dei
geni
umani
,
ma
la
notizia
annunciata
ieri
dalla
compagnia
americana
Celera
Genomics
ci
ha
portati
ad
un
passo
da
questo
risultato
.
In
sostanza
,
l
'
azienda
con
sede
a
Rockville
,
nel
Maryland
,
ha
dichiarato
di
aver
finito
la
sequenza
dell
'
intero
genoma
di
un
uomo
.
I
suoi
studiosi
hanno
individuato
le
componenti
chimiche
del
Dna
,
che
costituiscono
i
nostri
geni
.
Ora
devono
metterle
in
ordine
,
capire
le
loro
funzioni
,
e
definire
la
mappa
vera
e
propria
del
genoma
.
Questo
lavoro
potrebbe
prendere
ancora
un
paio
di
anni
,
e
avviene
in
concorrenza
con
lo
Human
Genome
Project
,
ossia
il
progetto
di
ricerca
pubblico
condotto
dai
laboratori
di
sei
paesi
,
compresa
l
'
Italia
.
L
'
iniziativa
per
fare
la
mappatura
era
partita
13
anni
fa
,
e
ha
lo
scopo
di
individuare
tutti
i
geni
dell
'
essere
umano
,
per
capire
come
fanno
funzionare
il
corpo
,
e
come
possono
essere
trattati
per
curare
gravi
malattie
.
Il
Dna
ha
circa
3,5
miliardi
di
paia
di
componenti
chimiche
,
che
creano
un
numero
tra
80.000
e
100.000
geni
,
detentori
delle
informazioni
per
tutti
i
processi
del
nostro
corpo
,
compreso
il
colore
della
pelle
o
degli
occhi
.
Il
consorzio
pubblico
dello
Human
Genome
Project
,
che
ha
avviato
l
'
impresa
,
ha
l
'
obiettivo
di
mettere
i
dati
a
disposizione
degli
scienziati
di
tutto
il
mondo
,
e
pochi
giorni
fa
il
presidente
americano
Clinton
e
il
premier
britannico
Blair
hanno
ribadito
l
'
impegno
a
seguire
questa
linea
.
La
Celera
Genomics
,
invece
,
è
un
'
azienda
privata
,
che
ha
lo
scopo
di
ricavare
profitti
da
questa
operazione
.
L
'
anno
scorso
,
infatti
,
i
suoi
dirigenti
avevano
offerto
al
consorzio
pubblico
di
collaborare
per
accelerare
il
progetto
,
in
cambio
del
diritto
esclusivo
ad
utilizzare
alcuni
risultati
,
che
potrebbero
tornare
utili
sul
piano
commerciale
a
sviluppare
terapie
per
le
malattie
.
Ma
Francis
Collins
,
direttore
del
National
Human
Genome
Research
Institute
,
rifiutò
l
'
offerta
,
e
da
allora
è
cominciata
una
specie
di
competizione
.
Quindi
è
probabile
che
l
'
annuncio
della
Celera
abbia
anche
l
'
obiettivo
di
aumentare
la
pressione
sul
consorzio
pubblico
,
mentre
di
sicuro
ha
già
raggiunto
lo
scopo
di
far
salire
il
valore
delle
azioni
della
compagnia
,
che
ieri
a
Wall
Street
è
cresciuto
subito
del
23%
.
Dopo
la
presa
di
posizione
di
Clinton
e
Blair
,
infatti
,
tutto
il
mercato
delle
aziende
biotecnologiche
aveva
sofferto
una
crisi
.
Ma
mercoledì
il
capo
della
Casa
Bianca
ha
chiarito
che
impegnandosi
alla
pubblicità
dei
dati
,
non
voleva
ostacolare
il
lavoro
delle
aziende
private
impegnate
nello
stesso
progetto
,
e
subito
ieri
è
arrivato
l
'
annuncio
della
Celera
.
Francis
Collins
ha
detto
di
essere
contento
per
il
risultato
raggiunto
dai
concorrenti
,
ma
i
responsabili
dello
Human
Genome
Project
sostengono
che
la
tecnica
usata
da
loro
per
raggiungere
lo
stesso
obiettivo
è
più
precisa
e
affidabile
.
Il
presidente
della
Celera
,
Craig
Venter
,
ha
detto
che
la
sua
compagnia
potrà
completare
una
"
brutta
copia
"
del
progetto
nel
giro
di
poche
settimane
,
e
anche
il
consorzio
pubblico
prevede
di
raggiungere
lo
stesso
risultato
entro
l
'
anno
.
La
mappatura
vera
e
propria
,
però
,
non
dovrebbe
essere
completata
prima
di
due
o
tre
anni
.
L
'
annuncio
della
Celera
,
comunque
,
rende
ancora
più
attuali
due
problemi
chiave
:
primo
,
chi
ha
il
diritto
di
possedere
i
dati
del
genoma
;
secondo
,
come
bisogna
usarli
per
il
bene
degli
esseri
umani
.
Sul
primo
tema
,
la
posizione
presa
da
Clinton
e
Blair
dovrebbe
garantire
la
pubblicità
della
mappatura
,
che
ogni
scienziato
troverà
su
internet
per
utilizzarla
liberamente
nei
suoi
studi
.
Le
terapie
che
verranno
scoperte
,
però
,
sono
un
discorso
diverso
,
e
qui
entreranno
in
ballo
gli
enormi
interessi
economici
delle
grandi
aziende
biotecnologiche
e
farmaceutiche
.
StampaQuotidiana ,
In
questi
giorni
c
'
è
stato
un
turbinio
di
notizie
nel
campo
della
genetica
umana
.
Hanno
iniziato
Clinton
e
Blair
ricordando
che
il
genoma
umano
non
è
brevettabile
e
che
l
'
iniziativa
governativa
anglo
-
americana
renderà
disponibile
la
sequenza
completa
entro
poco
tempo
.
Il
Nasdaq
,
il
listino
di
borsa
americano
che
racchiude
i
titoli
tecnologici
,
ha
reagito
negativamente
all
'
annuncio
,
a
testimoniare
i
legami
sempre
più
stretti
tra
ricerca
biologica
e
investimenti
.
Ha
fatto
seguito
il
24
marzo
l
'
annuncio
che
il
genoma
della
Drosophila
,
il
moscerino
della
frutta
che
riveste
una
grande
importanza
nei
laboratori
di
genetica
,
era
stato
completamente
sequenziato
.
Dei
giorni
scorsi
l
'
annuncio
della
stessa
Celera
Genomics
di
aver
terminato
una
sequenza
quasi
completa
del
genoma
della
nostra
specie
.
Ma
ieri
il
responsabile
della
fondazione
internazionale
"
Progetto
genoma
umano
"
,
Francis
Collins
,
ha
messo
in
dubbio
il
completamento
della
sequenza
.
Il
tutto
mentre
si
rincorrono
voci
e
smentite
sulla
clonazione
umana
.
Per
questo
è
necessario
non
solo
che
vi
sia
un
ampio
dibattito
su
queste
problematiche
,
ma
soprattutto
che
vi
sia
una
corretta
informazione
su
quanto
sta
succedendo
.
Ospitiamo
l
'
intervento
di
Paolo
Raineri
e
Paolo
Vezzoni
,
dell
'
Istituto
di
tecnologie
biomediche
avanzate
del
Cnr
di
Milano
e
collaboratori
di
Renato
Dulbecco
,
e
un
'
intervista
al
decano
dei
genetisti
italiani
,
il
gesuita
Angelo
Serra
.
L
'
ultimo
secolo
ha
segnato
un
tumultuoso
avanzamento
nelle
scienze
della
vita
.
La
genetica
,
la
branca
della
biologia
che
studia
i
meccanismi
ereditari
,
si
è
imposta
all
'
attenzione
dei
ricercatori
e
poi
del
grande
pubblico
non
solo
come
un
insieme
di
conoscenze
tese
ad
interpretare
i
fenomeni
del
vivente
,
ma
anche
come
una
serie
di
tecnologie
che
incidono
fortemente
sulla
nostra
vita
quotidiana
.
Oggi
ci
si
rivolge
alla
genetica
per
investigare
malattie
di
grande
diffusione
come
quelle
tumorali
,
per
diagnosticare
con
grande
precisione
i
pazienti
affetti
da
malattie
ereditarie
o
per
cercare
di
affrontare
piaghe
sociali
quale
quella
dell
'
Aida
.
In
tutte
queste
patologie
,
il
colpevole
si
trova
nel
genoma
delle
nostre
cellule
,
cioè
nel
Dna
,
quella
molecola
di
oltre
tre
miliardi
di
"
lettere
"
che
nel
suo
insieme
racchiude
tutte
le
istruzioni
perché
il
nostro
organismo
si
formi
a
partire
da
un
'
unica
cellula
embrionaria
e
possa
poi
funzionare
nel
migliore
dei
modi
.
L
'
alterazione
anche
di
una
sola
di
queste
lettere
può
segnare
fin
dalla
nascita
la
sorte
dell
'
individuo
e
portarlo
a
morte
o
ad
invalidità
permanente
,
sottolineando
,
se
ancora
ce
ne
fosse
bisogno
,
quanto
aleatorio
sia
il
destino
dell
'
uomo
.
Oggi
,
grazie
al
Progetto
Genoma
iniziato
poco
meno
di
quindici
anni
fa
,
conosciamo
quasi
per
intero
tutto
il
testo
racchiuso
nel
genoma
della
nostra
specie
.
Si
è
trattato
di
un
grande
sforzo
della
comunità
scientifica
internazionale
che
sta
per
giungere
a
compimento
non
una
ma
due
volte
,
in
quanto
all
'
impegno
del
settore
pubblico
si
è
contrapposta
un
'
aggressiva
iniziativa
privata
capitanata
da
Craig
Venter
,
che
da
ricercatore
degli
Istituti
nazionali
di
sanità
di
Bethesda
nel
Maryland
è
passato
a
dirigere
il
progetto
privato
.
Questo
sta
a
dimostrare
non
solo
che
i
benefici
sono
enormi
,
ma
che
essi
sono
anche
potenzialmente
sfruttabili
in
termini
commerciali
.
È
intuibile
che
ogni
nuova
tecnologia
possa
portare
con
sé
costi
e
benefici
.
Sarebbe
ingenuo
pensare
che
le
scoperte
scientifiche
risolvano
problemi
senza
crearne
di
nuovi
.
Un
'
analisi
razionale
tuttavia
consente
in
genere
di
massimizzare
i
vantaggi
e
ridurre
i
danni
.
Cosa
ci
può
dare
la
conoscenza
dei
meccanismi
che
regolano
i
geni
ottenuta
nell
'
ambito
del
Progetto
Genoma
?
Al
momento
attuale
ci
dà
essenzialmente
i
mezzi
per
diagnosi
precise
e
precoci
,
e
in
un
futuro
,
speriamo
prossimo
,
ci
darà
delle
cure
,
che
,
bisogna
ripeterlo
bene
per
evitare
atroci
illusioni
,
non
sono
proprio
dietro
l
'
angolo
.
La
terapia
genica
,
ad
esempio
,
su
cui
si
poggiano
numerose
speranze
,
non
si
è
ancora
rivelata
utile
in
nessun
paziente
.
D
'
altro
canto
si
deve
pensare
al
fatto
che
l
'
insulina
oggi
utilizzata
per
curare
milioni
di
diabetici
è
insulina
umana
,
cioè
il
prodotto
di
uno
dei
nostri
geni
,
ottenuta
con
le
tecniche
dell
'
ingegneria
genetica
.
Cosa
possiamo
aspettarci
di
brutto
dalla
genetica
?
Molti
temono
un
'
invasione
della
privacy
dell
'
individuo
.
Certamente
sarà
possibile
prevedere
la
predisposizione
dell
'
individuo
ad
alcune
malattie
e
conseguentemente
ognuno
conoscerà
di
più
sul
proprio
destino
.
Prendiamo
ad
esempio
il
morbo
di
Huntington
,
una
grave
malattia
ereditaria
in
cui
i
primi
sintomi
si
manifestano
solo
verso
la
quarta
decade
di
vita
.
Il
gene
responsabile
di
questa
malattia
è
stato
individuato
ed
è
così
possibile
predire
alla
nascita
se
un
bambino
si
ammalerà
o
no
.
Le
conseguenze
psicologiche
dell
'
esecuzione
del
test
possono
essere
drammatiche
,
perché
chi
risulterà
sano
trarrà
un
sospiro
di
sollievo
,
ma
chi
ne
uscirà
condannato
potrebbe
cadere
in
una
grave
depressione
.
La
predizione
delle
malattie
però
non
è
una
novità
in
campo
medico
,
anzi
è
lo
scopo
principale
di
una
branca
della
medicina
preventiva
,
basti
pensare
ai
test
per
identificare
i
cosiddetti
"
gruppi
a
rischio
"
per
una
determinata
patologia
.
Con
la
genetica
la
precisione
aumenterà
notevolmente
,
ma
resteranno
sempre
i
criteri
fondamentali
della
pratica
clinica
,
la
volontarietà
dell
'
esame
e
il
segreto
professionale
,
che
sono
già
codificati
dalle
leggi
,
che
,
nel
caso
,
potranno
essere
rinforzate
.
Nel
caso
del
morbo
di
Huntington
,
ad
esempio
,
ognuno
è
libero
di
sottoporsi
o
meno
al
test
diagnostico
e
se
deciderà
di
eseguirlo
rimarrà
l
'
unico
destinatario
dell
'
informazione
.
Lo
stesso
discorso
vale
per
eventuali
discriminazioni
nelle
assunzioni
o
nella
stipula
di
assicurazioni
,
in
quanto
la
legge
può
proibire
la
richiesta
di
esami
da
parte
del
datore
di
lavoro
o
della
compagnia
assicuratrice
.
L
'
ultima
paura
riguarda
infine
la
manipolazione
genetica
dell
'
uomo
.
Questa
può
essere
di
due
tipi
,
quella
tesa
a
ristabilire
la
normalità
,
nel
caso
ad
esempio
di
una
malattia
genetica
(
terapia
genica
)
,
e
quella
tesa
al
miglioramento
della
specie
,
reale
o
immaginario
.
Per
quanto
riguarda
la
terapia
genica
,
quella
eseguita
sul
singolo
individuo
(
terapia
genica
somatica
)
è
ormai
accettata
da
tutti
,
essendo
in
sostanza
uguale
a
qualsiasi
intervento
terapeutico
di
tipo
tradizionale
:
in
questo
caso
la
modificazione
rimane
solamente
nel
paziente
e
non
viene
passata
alla
progenie
.
Vi
sarebbe
tuttavia
la
possibilità
teorica
di
effettuare
una
terapia
genica
sulle
cellule
germinali
o
sugli
embrioni
a
uno
stadio
assai
precoce
,
così
che
non
solo
ne
verrebbe
curato
il
paziente
,
ma
anche
tutta
la
sua
discendenza
.
Questo
approccio
,
detto
di
terapia
genica
germinale
,
è
in
questo
momento
al
di
là
delle
nostre
possibilità
pratiche
,
e
secondo
molti
sarebbe
da
vietare
in
ogni
caso
.
Crediamo
tuttavia
che
,
se
un
domani
si
superassero
gli
ostacoli
tecnici
che
la
rendono
oggi
impossibile
,
essa
non
debba
essere
rifiutata
a
priori
,
ma
attentamente
vagliata
sulla
base
dei
benefici
che
essa
potrebbe
dare
.
In
fondo
,
non
si
tratterebbe
di
un
'
alterazione
del
genoma
umano
ma
semplicemente
di
una
sua
"
restitutio
ad
integrum
"
,
che
è
essenzialmente
lo
scopo
di
tutta
la
scienza
medica
.
Per
quanto
riguarda
invece
la
possibilità
di
migliorare
(
o
peggiorare
?
)
selettivamente
la
specie
umana
sulla
base
delle
conoscenze
acquisite
nell
'
ambito
del
Progetto
Genoma
,
la
prospettiva
è
assai
più
lontana
,
e
per
il
momento
non
è
ben
chiaro
neanche
come
questo
potrebbe
aver
luogo
,
né
con
che
benefici
.
Ma
a
prescindere
da
ciò
,
ogni
intervento
dovrebbe
limitarsi
a
pratiche
terapeutiche
preventive
o
all
'
eliminazione
di
difetti
;
peraltro
non
vi
sono
criteri
assoluti
e
conseguenti
vincoli
riguardo
il
concetto
di
"
miglioramento
"
,
che
si
presterebbe
pertanto
ad
ogni
genere
di
abusi
.
Possibilità
nuove
danno
origine
a
problemi
morali
nuovi
e
,
a
volte
,
inediti
.
Ci
sembra
,
però
,
che
i
tradizionali
metodi
di
valutazione
etica
siano
spesso
insufficienti
o
inadeguati
,
in
ragione
soprattutto
del
loro
riferimento
a
principi
o
norme
troppo
astratte
e
generali
.
Si
ha
l
'
impressione
che
vi
sia
spesso
uno
iato
tra
la
cultura
scientifica
biologica
e
il
pensiero
cattolico
,
il
quale
,
pur
focalizzandosi
su
alcuni
aspetti
peraltro
importantissimi
,
lascia
che
altri
vengano
tranquillamente
ignorati
,
come
se
fossero
qualcosa
che
veramente
non
ci
riguarda
.
StampaQuotidiana ,
"
Il
confronto
con
la
Riforma
ha
messo
in
ombra
l
'
attenzione
alla
"
forma
culturale
"
.
L
'
unico
a
rivalutarla
è
stato
von
Balthasar
"
.
"
Sono
lontano
dalle
posizioni
di
Vattimo
e
di
Prini
.
Sono
convinto
che
occorra
riscoprire
il
rito
cercando
di
liberarsi
delle
proprie
passioni
"
Uno
dei
libri
più
noti
del
filosofo
dell
'
estetica
Mario
Perniola
riprende
il
titolo
da
una
espressione
che
Walter
Benjamin
usa
nel
saggio
sulla
moda
quando
parla
appunto
di
"
sex
appeal
dell
'
inorganico
"
.
Avendo
ben
presenti
le
riflessioni
di
Leopardi
,
Benjamin
coglie
della
moda
la
spinta
mortificante
,
che
costringe
appunto
il
corpo
dentro
un
artificio
,
lo
rende
cosa
morta
.
Perniola
,
rovesciando
la
prospettiva
di
Benjamin
,
pensa
invece
che
la
"
cosa
"
,
proprio
perché
è
inerte
,
possa
costituire
una
metafora
paradigmatica
per
l
'
uomo
contemporaneo
rispetto
a
uno
sviluppo
della
tecnica
che
rompe
la
barriera
tra
naturale
e
artificiale
,
tra
corpo
e
protesi
;
secondo
Perniola
quello
tecnologico
è
il
mondo
dove
la
"
cosa
"
acquista
una
enigmatica
capacità
di
sentire
,
mentre
l
'
uomo
si
trasforma
fino
a
farsi
"
cosa
"
,
ovvero
si
purifica
delle
sue
passioni
.
Il
rimando
al
"
post
-
organico
"
,
tema
di
molteplici
riflessioni
in
questi
ultimi
decenni
,
è
d
'
obbligo
.
Perniola
ha
scritto
un
saggio
che
ci
riguarda
da
vicino
:
s
'
intitola
infatti
"
Del
sentire
cattolico
"
,
e
uscirà
nei
prossimi
giorni
dall
'
editrice
il
Mulino
.
Non
è
un
saggio
da
"
credente
"
,
Perniola
si
definisce
"
laico
"
ma
non
in
quanto
ateo
,
e
la
prima
parte
del
libro
ha
un
titolo
sibillino
:
"
Perché
non
posso
non
dirmi
"
cattolico
"
"
.
Richiamo
a
Croce
che
,
tuttavia
,
rimanda
alla
questione
storica
dello
scisma
protestante
,
"
è
a
partire
da
quella
ferita
storica
-
dice
Perniola
-
che
io
intendo
mostrare
quali
sono
i
caratteri
essenziali
del
cattolicesimo
"
.
Cattolico
,
per
Perniola
,
è
qualcosa
che
si
spiega
solo
nel
contrappunto
con
la
Riforma
.
Il
cattolicesimo
che
Perniola
intende
è
ben
delineato
nel
sottotitolo
del
libro
:
"
La
forma
culturale
di
una
religione
universale
"
.
Inutile
nascondersi
che
la
posizione
del
filosofo
è
critica
verso
il
cattolicesimo
dogmatico
e
la
sua
etica
,
che
secondo
Perniola
si
sono
"
irrigiditi
troppo
negli
ultimi
secoli
,
e
penso
-
dice
-
alla
lettera
apostolica
del
1998
Ad
tuendam
fidem
,
che
ribadisce
l
'
estraneità
alla
piena
comunione
con
la
Chiesa
cattolica
di
chi
respinge
determinate
dottrine
attinenti
al
campo
dogmatico
o
morale
"
.
Per
Perniola
la
forma
dogmatica
che
il
cattolicesimo
ha
assunto
dopo
il
Concilio
di
Trento
è
fondamentalmente
ideologica
,
tesa
al
proselitismo
e
meno
a
determinare
una
cultura
capace
di
arrivare
anche
a
chi
non
è
cattolico
.
"
Pensi
-
mi
dice
-
al
successo
culturale
del
protestantesimo
,
alla
svolta
culturale
che
il
protestantesimo
ha
avuto
con
l
'
illuminismo
e
quanta
influenza
ha
esercitato
sul
pensiero
;
e
dall
'
altro
al
successo
culturale
dell
'
ebraismo
dovuto
al
fatto
che
l
'
ebraismo
è
una
religione
senza
proselitismo
.
A
mio
avviso
sarebbe
una
strada
auspicabile
anche
per
il
cattolicesimo
e
nel
mio
libro
cerco
di
dire
che
questo
è
già
avvenuto
,
che
fa
parte
dell
'
essenza
del
cattolicesimo
,
sta
scritto
nel
XVI
secolo
tra
il
1517
,
anno
in
cui
Lutero
si
distacca
dalla
Chiesa
,
e
il
1563
,
quando
si
chiude
il
Concilio
di
Trento
.
Il
mio
punto
di
vista
è
che
questa
potenzialità
culturale
c
'
era
già
ma
è
stata
emarginata
nel
tempo
con
progressivi
irrigidimenti
dottrinali
,
secondo
un
principio
di
"
rivalità
mimentica
"
che
la
Chiesa
ha
manifestato
verso
il
protestantesimo
,
l
'
illuminismo
,
l
'ideologia..."
.
Perniola
usa
qui
un
concetto
di
René
Girard
,
l
'
antropologo
e
letterato
che
ha
rivisto
le
teorie
del
"
capro
espiatorio
"
nel
sacrificio
primitivo
mettendo
in
luce
la
sostanziale
diversità
e
il
capovolgimento
radicale
portato
da
Cristo
col
proprio
olocausto
;
il
concetto
è
appunto
quello
della
"
rivalità
mimentica
"
:
"
Nel
senso
-
spiega
Perniola
-
dell
'
assunzione
dei
caratteri
dell
'
avversario
per
potersi
mantenere
sullo
stesso
piano
"
.
Se
così
stanno
le
cose
,
dove
sarebbe
il
limite
del
cattolicesimo
attuale
?
Secondo
il
filosofo
consiste
nell
'
aver
sacrificato
gli
aspetti
formali
e
istituzionali
che
gli
erano
propri
a
vantaggio
di
quelli
dogmatici
:
come
esempio
positivo
cita
sant
'
Ignazio
e
il
metodo
pedagogico
gesuitico
.
"
Quando
parlo
di
"
forma
culturale
di
una
religione
universale
"
-
spiega
-
intendo
una
forma
che
consenta
il
confronto
,
per
esempio
,
con
le
religioni
orientali
:
sant
'
Ignazio
dice
che
gli
esercizi
spirituali
possono
essere
fatti
da
tutti
,
credenti
e
non
,
anche
dai
pagani
.
Il
suo
,
in
definitiva
,
era
un
metodo
per
trovare
l
'
equilibrio
spirituale
a
la
propria
strada
nel
mondo
.
In
questo
senso
sostengo
che
il
cattolicesimo
può
mettere
tra
parentesi
le
affermazioni
dogmatiche
e
morali
.
E
in
effetti
,
guardando
bene
,
si
vede
che
l
'
umanismo
gesuitico
è
tattica
più
che
strategia
,
perché
i
gesuiti
si
scoprono
filoumanisti
in
Europa
,
in
India
sono
filoinduisti
,
così
come
in
Cina
sono
filoconfuciani
.
Il
tema
fondamentale
dei
discepoli
di
sant
'
Ignazio
è
la
flessibilità
,
non
la
difesa
rigorosa
dell
'
identità
che
invece
è
tipica
dell
'
intellettuale
umanista
"
.
Non
le
pare
che
un
cattolicesimo
inteso
come
metodo
o
forma
meditativa
rischi
di
diventare
una
religione
dell
'
esteriorità
?
"
No
,
la
vera
contrapposizione
è
tra
una
religione
della
soggettività
,
che
diventa
una
esperienza
"
dal
di
dentro
"
tipica
della
modernità
e
del
protestantesimo
,
e
una
religione
anti
-
soggettiva
,
che
esalta
appunto
il
proprio
coefficiente
di
universalità
,
e
produce
un
'
esperienza
"
dal
di
fuori
"
,
cioè
consente
all
'
individuo
di
liberarsi
dalle
sue
passioni
,
dalle
sue
affezioni
disordinate
,
per
vedere
la
differenza
nel
mondo
e
nella
storia
,
piuttosto
che
,
come
nel
protestantesimo
,
cercare
la
differenza
in
Dio
"
.
Uno
dei
nomi
che
Perniola
evoca
nel
nostro
colloquio
è
quello
del
teologo
svizzero
Hans
Urs
von
Balthasar
,
l
'
unico
,
secondo
Perniola
,
ad
aver
riproposto
nel
nostro
secolo
la
questione
della
"
forma
"
essenziale
del
cattolicesimo
,
forma
che
Balthasar
ritrova
più
spesso
nell
'
opera
di
certi
poeti
o
scrittori
che
nei
teologi
.
Anche
Perniola
,
se
dovesse
indicare
due
nomi
che
nel
Novecento
hanno
espresso
i
caratteri
essenziali
del
cattolicesimo
,
chiamerebbe
in
causa
due
scrittori
piuttosto
che
i
teologi
:
sono
l
'
austriaco
Robert
Musil
e
la
brasiliana
Clarice
Lispector
.
In
particolare
,
a
Perniola
interessa
di
von
Balthasar
il
tentativo
di
mostrare
la
continuità
tra
mondanità
e
sovramondanità
,
tra
ellenismo
e
cristianesimo
.
Mi
domando
se
questa
interpretazione
del
pensiero
di
von
Balthasar
non
sia
conseguente
con
l
'
idea
di
ritrovare
nel
cattolicesimo
una
linea
di
continuità
col
paganesimo
...
Perniola
replica
secco
:
"
Direi
,
piuttosto
,
con
lo
stoicismo
"
.
Allo
stoicismo
-
aggiunge
-
"
si
ricollega
l
'
idea
di
una
"
sensibilità
anti
-
soggettiva
"
che
tende
alla
liberazione
dalle
proprie
passioni
,
senza
essere
per
questo
mera
apatia
,
piuttosto
è
la
dimensione
di
una
"
partecipazione
impartecipe
"
al
mondo
e
alla
storia
.
Il
riferimento
è
ancora
Ignazio
:
non
si
poteva
passare
alla
seconda
settimana
degli
Esercizi
se
non
si
era
raggiunto
un
punto
d
'
indifferenza
ed
essere
così
pronti
ad
assumere
uno
stato
o
un
'
altro
secondo
quale
sarà
la
volontà
di
Dio
,
la
storia
in
sostanza
.
Il
cattolicesimo
come
metodo
o
come
forma
può
fare
a
meno
della
trascendenza
...
"
.
Ma
una
fede
nell
'
ordine
della
pura
immanenza
,
senza
escatologia
,
non
le
sembra
che
si
riduca
a
essere
un
credo
per
intellettuali
,
oppure
una
mera
pratica
meditativa
?
"
La
mia
strada
è
ben
diversa
da
quella
del
cristianesimo
debole
di
Vattimo
o
dallo
"
scisma
sommerso
"
di
Prini
.
Io
metto
tra
parentesi
la
dimensione
del
credere
e
propongo
quella
del
sentire
,
di
un
'
esperienza
distaccata
,
che
però
è
esperienza
.
Mi
chiedo
piuttosto
se
questa
esigenza
religiosa
non
possa
essere
soddisfatta
dalla
dimensione
rituale
e
cerimoniale
che
invece
mi
sembra
sia
stata
messa
in
disparte
negli
ultimi
decenni
...
"
.
Ma
un
rito
senza
contenuto
non
le
pare
un
'
illusione
?
"
No
,
penso
invece
che
sia
un
interrogativo
su
come
andranno
le
cose
,
su
quale
sarà
la
volontà
di
Dio
;
è
un
'
attenzione
al
problema
della
storia
,
e
nel
caso
specifico
,
proprio
per
allontanare
il
sospetto
di
una
religione
per
intellettuali
,
credo
che
il
rito
possa
essere
una
strada
accessibile
a
tutti
"
.
Il
rito
però
ha
come
sfondo
una
comunità
...
"
Secondo
me
no
.
Mi
hanno
molto
aiutato
,
in
questo
senso
,
le
riflessioni
sul
rito
di
Aldo
Natale
Terrin
(
Il
rito
.
Antropologia
e
fenomenologia
della
ritualità
,
Morcelliana
,
1999
,
ndr
)
.
La
mia
attenzione
è
diretta
a
chi
sostiene
che
il
rito
non
ha
altra
funzione
che
produrre
delle
persone
ritualizzate
,
oppure
che
il
rito
non
ha
alcun
significato
,
è
,
come
spiega
Terrin
,
autoreferenziale
e
autotelico
,
quindi
nei
suoi
caratteri
fondamentali
implica
il
distacco
da
tutto
ciò
che
è
vitalistico
,
soggettivistico
.