StampaPeriodica ,
La
nota
pastorale
del
13
settembre
dell
'
arcivescovo
di
Bologna
,
cardinale
Giacomo
Biffi
,
è
stata
lanciata
così
dall
'
Ansa
,
la
nostra
massima
agenzia
di
stampa
:
«
Immigrazione
.
Biffi
allo
Stato
:
favorite
i
cattolici
»
.
Le
agenzie
di
stampa
devono
,
appunto
«
lanciare
»
.
E
di
quel
lancio
sono
stato
un
po
'
vittima
anche
io
perché
-
subito
intervistato
telefonicamente
-
ho
troppo
precipitosamente
risposto
che
«
quella
tesi
non
mi
convince
per
niente
»
.
Che
non
mi
convinca
resta
vero
.
Ma
dopo
aver
letto
l
'
intero
testo
del
cardinale
devo
fare
ammenda
e
desidero
riconoscere
che
quel
testo
,
nel
suo
insieme
,
fa
onore
al
suo
estensore
.
Per
una
volta
-
mi
succede
oramai
di
rado
-
mi
inchino
.
Certo
,
l
'
ottica
dell
'
uomo
di
Chiesa
è
diversa
da
quella
del
laico
,
e
quindi
da
quella
del
sottoscritto
.
Il
cardinale
Biffi
deve
dare
priorità
alla
sua
fede
,
e
perciò
alla
«
buona
religione
»
.
A
me
interessa
,
invece
,
la
«
buona
società
»
.
Ma
ferma
restando
questa
differenza
di
fondo
e
di
priorità
,
l
'
intervento
del
cardinale
mi
fa
riflettere
su
quanto
una
«
fede
intelligente
»
sia
vicina
e
conciliabile
con
la
«
intelligenza
della
ragione
»
.
Seguo
,
nel
citare
,
l
'
ordine
della
esposizione
del
cardinale
di
Bologna
.
1
.
«
Dobbiamo
riconoscere
che
il
fenomeno
di
una
massiccia
integrazione
ci
ha
colti
un
po
'
tutti
di
sorpresa
.
È
stato
colto
di
sorpresa
lo
Stato
[...]
che
pare
non
abbia
ancora
recuperata
la
capacità
di
gestire
razionalmente
la
situazione
riconducendola
entro
le
regole
irrinunciabili
[...]
di
una
ordinata
convivenza
civile
.
E
sono
state
colte
di
sorpresa
anche
le
comunità
cristiane
[...]
sprovviste
sinora
di
una
visione
non
astratta
,
non
settoriale
[...]
Le
generiche
esaltazioni
della
solidarietà
e
del
primato
della
carità
evangelica
[...]
si
dimostrano
più
bene
intenzionate
che
utili
quando
non
si
confrontano
davvero
con
la
complessità
del
problema
e
la
ruvidezza
della
realtà
effettuale
»
.
Queste
,
è
proprio
il
caso
di
dire
,
sono
parole
sante
.
E
davvero
responsabili
.
2
.
«
Non
è
compito
della
Chiesa
come
tale
di
risolvere
ogni
problema
sociale
»
.
Più
che
vero
.
Ma
fa
piacere
che
sia
un
cardinale
ad
asserirlo
,
e
che
poi
sia
un
alto
prelato
a
ricordare
allo
Stato
quali
siano
i
suoi
doveri
.
Occorre
,
scrive
,
che
«
ci
si
preoccupi
seriamente
di
salvare
l
'
identità
propria
della
nazione
.
L
'
Italia
non
è
una
landa
deserta
senza
storia
,
senza
tradizioni
vive
e
vitali
,
senza
una
inconfondibile
fisionomia
culturale
e
spirituale
,
da
popolare
indiscriminatamente
come
se
non
ci
fosse
un
patrimonio
di
umanesimo
e
di
civiltà
che
non
deve
andare
perduto
»
.
Anche
le
comunità
cristiane
«
non
possono
non
valutare
attentamente
i
singoli
e
i
diversi
gruppi
»
;
ma
,
alla
fin
fine
,
i
criteri
per
ammettere
gli
immigrati
sono
di
competenza
delle
autorità
civili
,
fermo
restando
che
quei
criteri
«
non
possono
essere
solamente
economici
e
previdenziali
»
e
che
«
le
condizioni
di
partenza
dei
nuovi
arrivati
non
sono
egualmente
propizie
»
ai
fini
di
«
una
possibile
e
auspicabile
[...]
integrazione
»
.
Di
nuovo
,
parole
sante
.
E
fa
dispiacere
dover
notare
che
una
lezione
come
quella
impartita
dal
cardinale
di
Bologna
non
ci
sia
mai
o
quasi
mai
arrivata
dai
nostri
politici
.
Tra
l
'
altro
,
non
ci
è
mai
arrivata
dalle
nostre
cattolicissime
Maria
Rosa
Russo
Jervolino
quando
governava
il
Viminale
,
né
tanto
meno
dal
ministro
Livia
Turco
che
ora
risponde
al
cardinale
che
«
la
legge
più
severa
sull
'
immigrazione
porta
il
mio
nome
»
.
Davvero
?
Entrare
clandestinamente
in
un
paese
è
un
reato
,
così
come
è
un
reato
rifiutare
di
fornire
le
proprie
generalità
.
E
la
severissima
legislazione
italiana
cosa
fa
?
Fornisce
al
clandestino
anonimo
un
foglio
di
via
e
poi
lo
rilascia
,
e
così
di
fatto
lo
fa
entrare
e
gli
consente
di
sparire
.
Peccato
che
il
cardinale
Biffi
non
la
possa
sostituire
.
Pur
essendo
anche
lui
cattolico
,
farebbe
molto
meglio
di
lei
.
3
.
Il
punto
dolente
dell
'
immigrazione
è
quello
dell
'
immigrazione
islamica
.
Il
presule
di
Bologna
lo
dichiara
senza
perifrasi
:
«
Il
caso
dei
musulmani
va
trattato
con
una
particolare
attenzione
.
Essi
hanno
[...]
un
diritto
di
famiglia
incompatibile
con
il
nostro
,
una
concezione
della
donna
lontanissima
dalla
nostra
(
sino
ad
ammettere
la
pratica
della
poligamia
)
.
Soprattutto
hanno
una
visione
rigorosamente
integralistica
della
vita
pubblica
[...]
la
perfetta
immedesimazione
tra
religione
e
politica
fa
parte
della
loro
fede
irrinunciabile
,
anche
se
a
proclamarla
e
a
farla
valere
aspettano
prudentemente
di
essere
diventati
preponderanti
»
.
Livia
Turco
si
affretta
a
controbattere
così
:
«
Non
dimentichiamo
tutto
ciò
che
accomuna
e
non
divide
le
tre
grandi
religioni
,
il
cristianesimo
,
l
'
ebraismo
e
L
'
islamismo
»
.
In
attesa
che
il
ministro
Turco
mi
ricordi
quel
che
evidentemente
io
dimentico
,
mi
pregio
ricordarle
(
qualora
sia
lei
a
non
saperlo
)
che
la
parola
Islàm
vuol
dire
sottomissione
,
che
la
parola
araba
per
libertà
-
horriayai
-
esprime
soltanto
una
situazione
di
non
schiavitù
(
dal
che
risulta
che
il
nostro
concetto
di
libertà
al
positivo
è
estraneo
alla
concezione
islamica
del
mondo
)
,
e
che
alla
nostra
separazione
tra
Chiesa
e
Stato
il
musulmano
contrappone
la
concezione
dell
'
Eddin
-
Dawa
,
che
vuoi
dire
religione
-
Stato
.
Ciò
posto
,
le
sarei
davvero
obbligato
se
una
volta
tanto
lei
precisasse
che
razza
di
cittadino
italiano
osservante
delle
leggi
italiane
risulterebbe
dalla
«
cittadinizzazione
»
del
suddetto
islamico
.
Per
ora
un
gruppettino
di
studenti
islamici
delle
scuole
genovesi
ha
chiesto
che
il
crocefisso
venga
eliminato
dalle
aule
,
ed
è
stato
subito
accontentato
.
In
barba
alla
vanteria
della
Turco
che
le
leggi
degli
immigrati
devono
sottostare
a
quelle
italiane
.
Io
,
laico
,
del
crocefisso
non
faccio
certo
un
caso
capitale
.
Ma
a
lei
,
cattolica
,
l
'
episodio
non
appare
un
pessimo
esordio
della
integrazione
scolastica
dell
'
islamico
?
Max
Weber
distingueva
tra
etica
della
responsabilità
(
una
moralità
che
mette
in
conto
le
conseguenze
delle
nostre
azioni
)
ed
etica
dei
principi
(
nella
quale
la
buona
intenzione
è
tutto
e
il
cattivo
esito
viene
ignorato
)
.
L
'
etica
della
responsabilità
è
,
se
si
vuole
,
impura
perché
è
pilotata
da
un
capire
,
mentre
l
'
etica
dei
principi
è
pura
,
ma
per
ciò
stesso
ottusa
(
non
sa
,
non
capisce
)
e
irresponsabile
.
La
chiesa
di
Giovanni
Paolo
II
ha
largamente
sposato
un
'
etica
dei
principi
.
Niente
profilattici
,
anche
se
quel
niente
incrementa
l
'
Aids
.
Niente
contraccettivi
,
anche
se
quel
niente
produce
un
eccesso
di
centinaia
di
milioni
di
bambini
destinati
a
morire
di
fame
.
La
giustificazione
è
che
provvederà
la
Provvidenza
.
In
attesa
stravince
l
'
imprevidenza
.
Ben
venga
,
allora
,
un
cardinale
che
si
ricorda
dell
'
etica
della
responsabilità
.
Ne
sia
lodato
il
Signore
.